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Centro Universitario Europeo per i Beni Culturali Ravello Territori della Cultura Iscrizione al Tribunale della Stampa di Roma n. 344 del 05/08/2010 Rivista on line Numero 30 Anno 2017 NUMERO SPECIALE Atti XII edizione Ravello Lab Sviluppo a base culturale. Governance partecipata per l’impresa culturale Ravello 19-21 ottobre 2017

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Centro Universitario Europeoper i Beni Culturali

Ravello

Territori della CulturaIscrizione al Tribunale della Stampa di Roma n. 344 del 05/08/2010 Rivista on line Numero 30 Anno 2017

NUMERO SPECIALE

Atti XII edizione Ravello Lab Sviluppo a base culturale. Governance partecipata per l’impresa culturaleRavello 19-21 ottobre 2017

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Territori della Cultura

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Centro Universitario Europeoper i Beni Culturali

RavelloSommario

Copyright 2010 © Centro UniversitarioEuropeo per i Beni Culturali Territori della Cultura è una testata iscrittaal Tribunale della Stampa di Roma.Registrazione n. 344 del 05/08/2010

Comitato di RedazionePietro Graziani A margine di RAVELLO LAB 2017designing the future 8

Alfonso Andria, Claudio Bocci Ravello Lab 2017: Suggeritore di Politiche 10

ContributiVerso l’Anno Europeo del Patrimonio CulturaleRenzo Iorio Dal privilegio all’impegno: il patrimonio culturale come forte identità competitiva del Paese 18

Valentina Montalto, Carlos Jorge Tacao Moura, SvenLangedijk, Michaela Saisana, Francesco Panella The Cultural and Creative Cities Monitor: a new tool to monitor and foster culture-led policies 22

Panel 1: Pianificazione strategica, progettazione e valutazioneGiorgio Andrian Any future to our past? The challenges of heritage management 30

Maria Grazia Bellisario Ravello Lab 2017: un passo avanti verso l’integrazione e la partecipazione 34

Martina Bovo Un modello di gestione integrata perrafforzare la competitività dell’area interna Garfagnana-Lunigiana 40

Giuseppe Costa Progettazione culturale: un confrontonecessario 42

Oriana Cuccu, Anna Misiani Sviluppo territoriale a base culturale e impresa culturale nelle politiche di coesione: opportunità e convergenze per l’anno europeo del patrimonio culturale 44

Paola Raffaella David Valutare per programmare 52Paola Faroni Franciacorta terre culture e vini: un cantiere di sperimentazione della progettazione culturale integrata 58

Angela Ferroni I Piani di gestione dei Siti UNESCO italianicome possibile modello per la valorizzazione integrataterritoriale 64

Pietro Graziani Considerazioni e proposte 70Salvatore Claudio La Rocca Skills for governance 74Stefania Monteverde Nuove strategie di pianificazione territoriale: l’esempio di Macerata 80

Nadia Murolo, Concetta Di Caterino Beni e siti Unesco easpetti della pianificazione strategica nella realtà dellaCampania. Il progetto per un sistema integrato divalorizzazione del patrimonio Unesco campano 88

Patrizia Nardi Il Patrimonio culturale immateriale. Percorsi UNESCO di valorizzazione, identità, partecipazione, piani di salvaguardia condivisi, sviluppo sostenibile dei territori 94

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Silvia Pellegrini Il valore pubblico del patrimonio culturale:dal progetto di investimento alla coscienza di luogo 98

Fabio Pollice Placetelling® per lo sviluppo di una coscienza dei luoghi e dei loro patrimoni 106

Fabio Pollice Un portale nazionale per gli eventi culturali 112

Gianluca Popolla Il progetto Città e Cattedrali 118Francesco Sbetti La gestione dei Siti Unesco, una opportunità per i territori 124

Mauro Severi Pianificazione strategica, progettazione e valutazione 128

Federica Zalabra L’accordo di valorizzazione per il Sistema Museale Cittadino di Siena. Case-study 134

Massimiliano Zane Dalla Responsabilità alla Fiducia 138

Panel 2: L’impresa culturale tra risultatoeconomico e valore socialeStefania Averni Normativa e impresa culturale 144Ettore Bambi Un progetto di identità territoriale 148Alessandro Beda Il valore sociale ed economicodell’impresa per il territorio 152

Andrea Billi, Giovanna Sonda Impatti sociali delle attivitàculturali: cosa e come valutare 154

Armando Brunini La cultura al centro della businessproposition 156

Francesco Calabrò Un modello di valutazione dellasostenibilità economica per la selezione del soggettogestore negli interventi di valorizzazione dei beni pubblicia valenza culturale 160

Stefano Consiglio L’impresa culturale tra innovazione e accountability 166

Elisabetta Maria Falchetti Cultura, patrimonio, impresa: una visione “integrata” tra vecchi e nuovi paradigmi 168

Andrea Ferraris Spunti per un nuovo Patto tra Pubblico e Privato per valorizzare il Patrimonio culturale italiano 176

Benjamin Gallèpe Sviluppo a base culturale: l’esempiodelle imprese pubbliche locali in Francia 180

Francesco Mannino Imprese culturali non profit: quale valore sociale, e soprattutto come 182

Luciano Monti L’impresa culturale e le vie dell’alternanzascuola lavoro 188

Valentino Nizzo Valori sociali, valori economici e sistemi di valutazione: la prospettiva da un (neo-)museo autonomo 196

AppendiceGli altri partecipanti ai tavoli 208

Centro Universitario Europeoper i Beni Culturali

RavelloSommario

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Centro Universitario Europeoper i Beni Culturali

Ravello

Presidente: Alfonso Andria

Direttore responsabile: Pietro Graziani

Direttore editoriale: Roberto Vicerè

Responsabile delle relazioni esterne:Salvatore Claudio La Rocca

Comitato di redazioneJean-Paul Morel Responsabile settore“Conoscenza del patrimonio culturale”

Claude Albore Livadie Archeologia, storia, culturaMax Schvoerer Scienze e materiali del

patrimonio culturaleBeni librari,

documentali, audiovisivi

Francesco Caruso Responsabile settore “Cultura come fattore di sviluppo”

Piero PierottiTerritorio storico, ambiente, paesaggio

Ferruccio Ferrigni Rischi e patrimonio culturale

Dieter Richter Responsabile settore “Metodi e strumenti del patrimonio culturale”

Informatica e beni culturaliMatilde Romito Studio, tutela e fruizione

del patrimonio culturaleAdalgiso Amendola Osservatorio europeo

sul turismo culturale

Segreteria di redazioneEugenia Apicella Segretario Generale

Monica ValianteVelia Di Riso

Rosa Malangone

InfoCentro Universitario Europeo per i Beni Culturali

Villa Rufolo - 84010 Ravello (SA)Tel. +39 089 857669 - 089 2148433 - Fax +39 089 857711

[email protected] - www.univeur.org

Comitato di Redazione

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Per consultare i numeriprecedenti e i titoli dellepubblicazioni del CUEBC: www.univeur.org - sezionepubblicazioni

Per commentare gli articoli:[email protected]

ISSN 2280-9376

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Centro Universitario Europeoper i Beni Culturali

Ravello

On. Alfonso Andria Presidente

Prof. Jean-Paul Morel Professore Emerito, Université d’Aix-Marseille - Vice Presidente

Dr. Eugenia Apicella Segretario Generale

Ing. Ferruccio Ferrigni Dipartimento Pianificazione e Scienzadel Territorio, Università Federico II, Napoli. Coordinatore delleattività

Prof.ssa Claude Albore Livadie Direttore di Ricerca Emerito -Centre National de la Recherche Scientifique

Prof. Adalgiso Amendola Docente di Filosofia del Diritto,Università di Salerno

Prof. Alessandro Bianchi Rettore, Università Telematica Pegaso

Prof. David Blackman Archeologo

Dr. Mounir Bouchenaki Unesco

Dr. Adele Campanelli Soprintendente Archeologia Campania

Arch. Francesca Casule Soprintendente Archeologia, Belle Arti ePaesaggio per le Province di Salerno e Avellino

Mons. José Manuel Del Rio Carrasco Congregazione del cultodivino e la disciplina dei sacramenti, Curia Romana

Dr. Caterina De La Porta Eforo del Ministero della Cultura inGrecia

Dr. Stefano De Caro Direttore ICCROM, Roma

Prof. Maurizio Di Stefano Presidente Emerito ICOMOS Italia

Prof. Witold Dobrowolski Docente di archeologia classica,Università di Varsavia - già Conservatore del Dipartimentodell’Arte antica del Museo Nazionale di Varsavia

Prof.ssa Rosa Fiorillo ICOMOS Italia, Docente ArcheologiaCristiana e Medievale, Università di Salerno

Dr. Mechthilde Fuhrer Deputy to the Executive Secretary,European and Mediterranean Major Hazards Agreement -Council of Europe

Prof. Pietro Graziani Scuola di Specializzazione in BeniArchitettonici e del Paesaggio, Università La Sapienza - Masterin Architettura, Arti Sacre e Liturgia Università Europea di Romae Ateneo Pontificio Regina Apostolorum

Ing. Salvatore Claudio La Rocca già Vice Direttore della ScuolaSuperiore per la Formazione e la Specializzazione dei Dirigentidell’Amministrazione Pubblica - Roma

Prof. Roger A. Lefèvre Professore Emerito, Université de ParisXII - Val de Marne

Prof. Giuseppe Luongo Professore Emerito Fisica delVulcanismo, Università Federico II, Napoli

Prof. Ernesto Mazzetti già vicepresidente Società GeograficaItaliana

Prof. Mauro Menichetti Docente di Archeologia Classica,Università degli studi di Salerno

Prof. Luiz Oosterbeek Coordinating Professor of Archaeologyand Landscape Management, Instituto Politécnico de Tomar

Prof. Domenico Parente Dipartimento di Informatica, Universitàdi Salerno

Dr. Massimo Pistacchi Direttore Istituto Centrale per i BeniSonori e Audiovisivi

Prof. Piero Pierotti Professore a riposo di Storiadell’Architettura, Università di Pisa

Prof. Fabio Pollice Direttore Dipartimento di Storia, Società eStudi sull'Uomo, Università del Salento

Prof. Dieter Richter Professore Emerito, Università di Brema

Prof.ssa Maria Giovanna Riitano Direttore Dipartimento diScienze del Patrimonio Culturale /DISPAC, Università degli studidi Salerno

Dr. Matilde Romito Archeologo

Prof. Inguelore Scheunemann Coordinatore ProgrammaLatinoamericano di Scienze e Tecnologia per lo sviluppo - CYTED

Prof. Max Schvoerer Académie Européenne des Sciences etdes Arts (Salzburg, Austria); Professeur émérite UniversitéBordeaux Montaigne (France)

Prof. Gerhard Sperl Docente di Archeometallurgia e MaterialiStorici - Università di Vienna - Università di Leoben

Dr. Giuliana Tocco Archeologo

Dr. Françoise Tondre Vice Présidente Institut Européen pour leConseil en Environnement

Dr. Licia Vlad Borrelli Archeologo

Prof. François Widemann Directeur de Recherches au CNRS -Laboratoire de Recherche des Musées de France - Paris

Arch. Giuseppe Zampino Architetto, Presidente ParcoRegionale Partenio

Dr. Gabriel Zuchtriegel Direttore Parco Archeologico Paestum

Comitato Scientifico

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On. Alfonso Andria

Presidente e legale rappresentante

Prof. Jean-Paul Morel

Vice Presidente

Dr. Eugenia Apicella

Segretario Generale

Soci Promotori

Dr. Jean-Pierre Massué

già segretario esecutivo di EUR.OPA Grandi Rischi, Consiglio

d’Europa

Sen. Mario Valiante

già membro Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa

Rappresentanti Enti Fondatori

Secrétaire Général Conseil de l’Europe

Dr. Thorbjørn Jagland

Regione Campania

On.le Vincenzo De Luca, Presidente

Comune di Ravello

Avv. Salvatore Di Martino, Sindaco

Università degli Studi di Salerno

Prof. Aurelio Tommasetti, Rettore Magnifico

Comunità Montana “Monti Lattari”

Luigi Mansi, Presidente

Ente Provinciale per il Turismo di Salerno

Arch. Mario Grassia, Commissario Liquidatore Unico

Azienda Autonoma Soggiorno e Turismo di Ravello

Arch. Mario Grassia, Commissario Liquidatore Unico

Rappresentanti Soci Ordinari

Instituto Politécnico de Tomar (IPT)Prof. Eugénio Manuel Carvalho Pina de Almeida,Presidente

Comune di ScalaLuigi Mansi, Sindaco

Consorzio Ravello SensePasquale Antonio Palumbo, Presidente

Membri Cooptati

On. Alfonso AndriaPresidente

Prof. Jean-Paul MorelUniversité de Provence, Aix-en-Provence

Prof. Francesco CarusoAmbasciatore, Consigliere del Presidente della RegioneCampania per i rapporti internazionali e Unesco

Dr. Marie-Paule Roudil, Direttore Unesco Office in New Yorke The UNESCO Representative to the United Nations

Prof. Sebastiano Maffettone, Presidente Fondazione Ravello

Prof. Filippo Bencardino, Presidente Società Geografica Italiana

Dr. Eladio Fernandez-Galiano Head of Democratic Initiatives Department, Consiglio d'Europa

Prof. Manuel Núñez Encabo, PresidenteAssociazione Europea ex parlamentari del ParlamentoEuropeo e del Consiglio d’Europa

Prof. p. Giulio Cipollone, Ordinario di Storia della ChiesaMedievalePontificia Università Gregoriana

Membri Consultivi

Prof.ssa Claude Albore LivadieRelatore del Comitato Scientifico

Revisore Unico

Dr. Alfonso Lucibello

Centro Universitario Europeoper i Beni Culturali

RavelloConsiglio di Amministrazione

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Territori della Cultura

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Questo numero di “Territori della Cultura”, è doppiamenteimportante, perché raccoglie i contributi delle tre giornate

(19/21 Ottobre 2017), durante le quali si sono svolti i Colloquiinternazionali di Ravello Lab, incentrati sul tema dello sviluppoa base culturale; tema antico sul quale si dibatte da anni mache sempre più si pone come questione politica centrale, nonsolo in Italia: come interpretare lo sviluppo culturale, come ele-mento di crescita sociale ed economica o solo come “svi-luppo” prevalentemente economico? Un altro aspetto della importanza di questo numero della rivi-sta è dato dal fatto di venire dopo lo speciale che ha trattato lavicenda sismica che interessa da sempre la penisola, la vi-cenda non del terremoto, ma dei terremoti, come ci ricorda

A margine di RAVELLO LAB 2017 -designing the future

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Piero Pierotti, autorevole componente del Comitato Scientificodel Centro Universitario Europeo per i Beni Culturali che, dasempre, nella cornice di Villa Rufolo, con Federculture pro-muove Ravello Lab. Qui il discorso ‘sviluppo a base culturalee terremoti’ si ripresenta inevitabilmente, basta infatti riferirsialla situazione degli oltre cinquemila borghi antichi che attra-versano la nostra “Cordigliera delle Ande”, gli Appennini. Idanni prodotti dagli eventi sismici, che hanno colpito vastis-sime aree interne del nostro Paese, e lo spopolamento semprepiù accentuato pongono problemi enormi, di investimenti, maanche, e forse soprattutto, di riconsiderazione del modello disviluppo delle aree interne, vero e proprio patrimonio di inte-resse sia storico-artistico che ambientale-paesaggistico. La questione, dicevo, è certamente politica e riguarda gli in-terventi di sostegno e gli auspicati incentivi, ma è anche unproblema di sviluppo culturale al quale non possiamo più sot-trarci. Questo tema non potrà che investire la prossima edi-zione di Ravello Lab, (Ottobre 2018) che coinciderà con l’AnnoEuropeo del Patrimonio Culturale, in particolare il Patrimonioimmateriale, vera identità proprio di quei territori interni, cosìduramente colpiti. È un investimento non solo necessario madoveroso se si vuole riscoprire identità e valori altrimenti de-stinati all’abbandono e all’oblio.

Pietro Graziani

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Ravello Lab 2017: Suggeritore di Politiche

La dodicesima edizione di Ravello Lab-Colloqui Internazionali,anche quest’anno accompagnato dal prestigioso riconosci-

mento della Medaglia del Presidente della Repubblica, haavuto un suo prologo nell’aprile scorso quando al MiBACT,nel Salone del Ministro, Federculture e il Centro UniversitarioEuropeo per i Beni Culturali presentarono le Raccomandazioni2016 e il numero 26 di questa rivista in cui era pubblicata lasintesi dei contributi. Nella circostanza annunciammo il temadei Colloqui di ottobre 2017 “Sviluppo a base culturale. Governance partecipata per l’impresa culturale” e venne uffi-cializzato il sostegno di Confindustria. Il Presidente VincenzoBoccia, l’On. Silvia Costa e il Ministro Dario Franceschini con-clusero l’incontro.Oltre ai contenuti che come in passato si preannunciavano dielevato spessore e di grande utilità – come evidenziato piùavanti – la vera novità fu rappresentata dalla entusiastica ade-sione di Confindustria. Certo, avevamo avuto cura di porreadeguate premesse: grazie alla presenza di Renzo Iorio, Presi-dente del Gruppo Tematico Cultura e Sviluppo di Confindustria(che aveva già preso parte all’edizione 2016) avevamo incon-trato già mesi addietro il Presidente Boccia, trovandolo moltointeressato alle tematiche di cui da anni ci occupiamo e in par-

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Territori della Cultura

Claudio Bocci e Alfonso Andria.

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ticolare alla Cultura come motore dello Sviluppo locale. Delresto il Ministro Franceschini aveva da tempo manifestatogrande attenzione verso il mondo dell’impresa ed era statopresente all’assemblea confindustriale insediativa della Presi-denza Boccia: la prima volta che un Ministro dei Beni Culturaliabbia preso parte a quelle assise. Così come, per la primavolta, grazie a Ravello Lab, un Presidente di Confindustria in-terveniva ad un incontro - peraltro aperto alla stampa - nellasede istituzionale del MiBACT.Qui di seguito pubblichiamo il testo integrale del video mes-saggio che il Presidente Boccia volle rivolgere ai partecipantidi Ravello Lab, nell’impossibilità di assicurare la personalepresenza a causa della concomitante Convention dei GiovaniIndustriali a Capri:

“Un caro saluto a tutti voi, in particolare ad Alfonso Andria,Presidente del Centro di Ravello.Grazie per aver organizzato Ravello Lab in cui Confindustriaci vuole essere da quest’anno agli anni futuri.Un saluto a Federculture, un ringraziamento anche al MiBACTed un saluto al nostro Renzo Iorio.Perché abbiamo voluto esserci in questa due giorni? Perchéabbiamo un concetto largo di industria, un’industria manifat-turiera sì, ma anche un’industria della cultura e riteniamo chela cultura sia la base rilevante di quello che siamo, bellezza edequilibrio non solo dei nostri territori, non solo del patrimonioartistico-culturale, il design, la bellezza. Il livello alto dei nostriprodotti in termini tecnologici è un po’ quello che è l’Italia eviene dalla sua memoria e da dove viviamo.Potremmo chiamarla una stagione della consapevolezza, es-sere consapevoli del privilegio che abbiamo a vivere in Italia.Ma dobbiamo trasformare questi elementi in elementi digrande potenzialità per il Paese, strutturali in termini di svi-luppo e in termini di occupazione. È una sfida dell’Italia del2018, Anno europeo del patrimonio culturale, ma anche del2019 con Matera Capitale Europea della Cultura. E qui il Sudpuò diventare un laboratorio incredibile, partendo da Ravelloarrivando a Matera e aprendo a contributi di tutti sulla que-stione della cultura. La cultura non è un elemento marginaledi un Paese ma sostanziale, è un modo di essere, anche unmodo di cambiare il modo di approcciare le questioni delPaese. Come abbiamo fatto con il Centro di Ravello: fare si-stema insieme al MiBACT, al Centro di Ravello, Confindustria,

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Federculture, insieme per costruire un progetto condiviso nel-l’interesse di tutti, avendo chiaro quello che immaginiamopossa essere la società del futuro, una società che include,una società aperta, una società che non esclude, e qui la cul-tura gioca un ruolo determinante.Il nostro Paese ha bisogno di più cultura, di più politica, difare sistema. In poche parole questa due giorni che state svol-gendo e in cui siamo orgogliosi ed onorati di esserci come Confidustria, è un elemento di dimensione del futuro, quel fu-turo che è dentro di noi e che vedremo solo domani e che gra-zie alla cultura possiamo immaginare.Grazie.”

Abbiamo assistito in questo tempo ad un’inversione di ten-denza: prima ci si chiedeva che cosa l’Impresa potesse fareper la Cultura; oggi la domanda è: che cosa la Cultura puòfare per l’Impresa?Lo scorso 30 ottobre l’On. Silvia Costa, della quale tutti ap-prezziamo l’intelligente operosità e l’efficacia dell’azione, haorganizzato a Roma un convegno dal titolo “Le relazioni cul-turali internazionali: il ruolo dell’Italia nella nuova strategiadell’UE” con l’intervento dell’Alto Rappresentante per gli AffariEsteri e la Sicurezza Federica Mogherini, del SottosegretarioSandro Gozi e del Ministro Franceschini. È il tema della diplo-mazia culturale lanciato già nel 2016 proprio dall’On. Moghe-rini: nel giugno di quell’anno la Commissione Europea pro-dusse al riguardo una comunicazione congiunta al ParlamentoEuropeo e al Consiglio Europeo. Le relazioni culturali interna-zionali rappresentano un settore che nel territorio dell’Unioneconta innanzitutto sotto il profilo economico e occupazionale:3 milioni di imprese culturali che impegnano 12 milioni di per-sone, cioè il 7,5% della forza lavoro totale dei Paesi dell’Unione.Sullo scenario nazionale italiano, parimenti, la Cultura è unodei settori trainanti dell’economia, uno dei fattori che più ali-mentano la qualità e la competitività del Made in Italy: genera89,9 miliardi euro e dà lavoro a 1,5 milioni di persone; inoltreattiva altri settori dell’economia arrivando a 250 miliardi, cioèil 16,7 % del valore aggiunto nazionale (fonte: “Io sono cultura”a cura di Symbola e Unioncamere con il sostegno di RegioneMarche e FIDA).In questo quadro, Ravello Lab, come sempre evidenziato nellesessioni introduttive e conclusive dei lavori della plenaria,fonda il suo valore nella community che nel corso degli anni

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si è riconosciuta nell’originale metodo di lavoro che, congiun-tamente, il Centro di Ravello e Federculture hanno presceltoper offrire utili ‘Raccomandazioni’ ai decisori politici. Neglianni scorsi, proprio dai nostri tavoli di lavoro è partita l’inizia-tiva delle ‘Capitali italiane della Cultura’ e, ancora, dalle pro-poste di Ravello Lab il MiBACT ha tratto ispirazione per pro-muovere l’innovativo bando ‘Progettazione per la Cultura’, conil quale i territori si sono, per la prima volta, misurati con imetodi di progettazione integrata di area vasta. La stessa arti-colazione in due panel tematici, peraltro quest’anno arricchitada una sessione di lavoro speciale in vista del “2018 Anno Eu-ropeo del Patrimonio Culturale”, ha assicurato a ciascuno deglistakeholders pubblici e privati partecipanti la possibilità diinteragire e di concorrere alla costruzione dei contenuti.Sono innumerevoli le sollecitazioni emerse dai Colloqui e dalledue sessioni plenarie. Proviamo ad elencarne soltanto qual-cuna:• il territorio come elemento centrale dell’osservazione e comeluogo da stimolare nel quale sperimentare modelli di gestionedelle risorse culturali, al fine di liberarne il potenziale di svi-luppo e di nuova occupazione;• l’aderenza alla strategia 2020 UE con programmi tesi a favo-rire un approccio integrato nella governance e nella valuta-zione del patrimonio culturale, a partire dall’esperienza dei

Da sinistra: Alfonso Andria, Claudio Bocci, Pietro Petraroia eCarlo Francini.

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Territori della Cultura

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Piani di Gestione Unesco, come autentica buona pratica cuiispirare la progettualità dei territori; • la specifica attenzione all’impresa culturale che ha necessitàdi appropriati strumenti di valutazione e di rendicontazione(accountability) per restituire il complesso valore economicoe sociale che la contraddistingue;• la partecipazione dei cittadini alla Cultura, come nuova formadi cittadinanza attiva, in applicazione della Convenzione diFaro e nell’auspicio che questa venga al più presto ratificatadal Parlamento italiano;• l’attenzione ai talenti locali e alle industrie creative, anche inriferimento all’attenzione che il Parlamento ha dedicato altema con la proposta di disciplina specifica;• la preparazione ai prossimi appuntamenti: 2018 Anno Euro-peo del Patrimonio Culturale e Matera 2019 Capitale Europeadella Cultura, che il Sindaco Raffaello de Ruggieri, in un ap-passionato e applauditissimo intervento, ha definito “unalunga marcia” verso il futuro, cogliendo un’assonanza conla mission di Ravello Lab 2017, indicata nel sottotitolo “Desi-gning the future”; • il nostro contributo quali “suggeritori di politiche”, come ipartecipanti a Ravello Lab sono stati definiti dall’On. AntimoCesaro, Sottosegretario al MiBACT, nell’intervento tenuto inrappresentanza del Governo.

Al centro Antimo Cesaro.

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Dalla ‘intelligenza connettiva’ che si sprigiona nel Laboratoriodi Ravello emerge, dunque, un valore originale che è sottoli-neato dal senso della community, cui innanzi si faceva cenno,e che trova conferma nella frase di Antonio Gramsci: “Culturanon è possedere un magazzino ben fornito di notizie, ma è lacapacità che la nostra mente ha di comprendere la vita, ilposto che vi teniamo, i nostri rapporti con gli altri uomini. Hacultura chi ha coscienza di sé e del tutto, chi sente la relazionecon tutti gli altri esseri”.

Alfonso Andria Claudio Bocci

Alfonso AndriaDirigente dell’EPT Salerno (dal dicembre 2015 in quiescenza).Consigliere Comunale a Salerno (1985-1993).Presidente della Provincia di Salerno per due mandati (1995-2004). Presidente del Centro Universitario Europeo per i Beni Culturali-Ravello(dal 2001). Eletto Deputato europeo nel 2004. Senatore della Repubblica nella XVIlegislatura (2008-2013).Consigliere di Amministrazione del Parco Archeologico di Paestum.

Claudio Bocci Direttore di Federculture, responsabile delle Relazioni esterne con sog-getti pubblici (Ministeri, Direzioni Regionali BBCC, Regioni ed altri EELL)al fine di sviluppare l’attività associativa e creare le premesse per colla-borazioni e partnership sia sulle attività istituzionali di Federculture, siasulle attività progettuali del suo Ufficio Sportello Cultura. È Consigliere delegato del Comitato Ravello Lab – Colloqui Internazio-nali.È Direttore del Comitato Festival della Letteratura di Viaggio.

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Territori della Cultura

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Contributi

Centro Universitario Europeoper i Beni Culturali

Ravello

Verso l’Anno Europeo del Patrimonio Culturale

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Renzo Iorio

Dal privilegio all’impegno: il patrimonio culturale come

forte identità competitiva del Paese

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Da tanti anni il Ravello LAB si conferma una brillante intui-zione: un momento di riflessione importante nella vita cul-

turale del Paese in cui riunire e mettere a fattor comuneesperienze e competenze di tanti esperti che, in varie sedi, sioccupano di cultura e di creatività. Un luogo dove si espri-mono intelligenze per delineare una visione Paese e ideareprogetti, sollecitando anche leve diverse da quelle legate allasola filiera creativa e culturale.La cultura non è solo un elemento fondante di una comunità.È anche una reale, forte identità competitiva, un motore che,in un processo di autorigenerazione, incoraggia anche l’attitu-dine alla imprenditorialità in questo settore. Per il nostroPaese, in particolare.Confindustria ne è convinta da tempo. Le nostre imprese, nonsolo parlano di cultura, ma sono esse stesse cultura. Le vec-chie e le nuove geografie industriali operano come veri e pro-pri ecosistemi culturali, in cui non esiste più cesura tra l’uomoe il suo sapere e il saper-fare.Queste premesse ci hanno portato a rafforzare l’interlocuzionecon Federculture e a partecipare al Ravello LAB, condividendoin particolare l’obiettivo di fare rete e creare valore dalla con-divisione. Tre giorni in cui, con la voce dei propri rappresen-tanti, Confindustria ha voluto valorizzare il rapporto traimpresa e cultura e la conseguente generazione di valore eco-nomico e sociale.Tra le voci, c’è stata anche quella del Presidente Vincenzo Boc-cia che ha ribadito il concetto di industria larga che non puòprescindere dal legame tra impresa manifatturiera, in sensostretto, e cultura. Da questo incontro nasce bellezza ed equili-brio, non solo del patrimonio storico-artistico. La bellezza èanche l’eccellenza dei nostri prodotti di altissima qualità. Lacultura è la linfa di ciò che siamo e sappiamo fare e non puòessere considerata un elemento marginale nella vita del Paese.È un elemento sostanziale che ci consente di immaginare il fu-turo e una società più inclusiva e aperta, fondata sulla cultura.È innegabile che c’è ancora molto lavoro da fare in questa di-rezione.Per concretizzare questa visione, che richiede profonde siner-gie e strette partnership, è necessario superare il paradigmache contrappone cultura e impresa. Pur caratterizzando uncerto pubblico sentire per molti anni, questa contrapposizionesi sta progressivamente sfaldando per merito di una nuovastagione della consapevolezza. La consapevolezza del privile-

Territori della Cultura

XII edizione

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gio di vivere in un Paese come l’Italia, straordi-nariamente bello in termini culturali e paesag-gistici, e l’impegno a trasformare questa grandepotenzialità in elementi strutturali di crescita esviluppo. Pertanto anche la cultura deve avvici-narsi a nuove metriche di valutazione che, purpreservando le peculiarità dell’impresa cultu-rale, contempli anche una linguistica di tipoeconomico. L’arte e la cultura esprimono un va-lore intrinseco, intangibile ma, non per questo,non misurabile. Si possono trovare le modalitàper declinare i parametri delle metriche senzamortificare l’espressione artistica e culturale. Ilfenomeno è già in atto e apre una favorevole di-mensione di ibridazione.È fondamentale poi realizzare cuciture tra eco-nomia, società e cultura che lasciano ampio spa-zio a processi trasformativi sperimentali dellacontemporaneità. Si stanno producendo lin-guaggi nuovi, caratterizzati da una forte commi-stione delle dimensioni gestionali che ruotanoattorno alla capacità della cultura di essere un elemento realedi business e di competitività. Nel processo di valorizzazionedell’intera filiera culturale si trovano i punti di maggiore con-tatto: le imprese culturali attraggono quelle creative e, in unprocesso ad alimentazione continua, si innescano processi disviluppo integrato in cui viene premiato l’interesse di tutti. Glistessi criteri di gestione di impresa diventano parte necessariadella sostenibilità della gestione e valorizzazione del patrimo-nio culturale.Le cuciture non potrebbero esistere senza un percorso di pro-gettazione comune, privato e pubblico, in vista di una finalitàcondivisa: sia essa la tutela/fruizione del bene o la sua ge-stione. Progettare insieme crea le condizioni per includereprima e non dover operare dopo le cuciture. Esistono giàtante esperienze positive sul campo: una di queste, oggettoanche delle riflessioni sollevate dal Ravello LAB, è il piano digestione dei siti Unesco che riserva un forte ruolo al sistemadelle imprese, fornitrici degli input o utilizzatrici degli outputdel processo di valorizzazione. La visione sviluppata dal Mi-nistero di Dario Franceschini ha favorito e guidato questo av-vicinamento e ha contribuito a sviluppare una consapevolezzadiffusa tra cittadini e imprese. Non è mancata l’attenzione al

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dialogo con il settore privato. Infatti, le esigenze del settoreculturale sono tali da richiedere l’arrivo di capitali privati conforme più ampie e diversificate rispetto al mecenatismo. Maserve un altro passo a livello politico per fare davvero dellacultura il cuore dell’identità competitiva del nostro Paese:l’arma centrale a sostegno del proprio “soft power”, cardinedi diplomazia economica.Ciò che serve è anche la capacità di articolare progetti di re-spiro ampio, in grado di generare valore, non solo identitarioo come elemento di attrazione per visitatori, ma anche un so-lido valore economico, per prospettive di lavoro di lungo pe-riodo sul territorio. Servono competenze in grado diconcepire, organizzare, guidare progetti ed eseguirli. Uno svi-luppo a base culturale è una sfida ed un compito molto piùampio e stimolante della sola governance delle imprese cul-turali. Gli investimenti in cultura non sono capitoli di spesama investimenti di prospettiva per rafforzare la consapevo-lezza e il senso di inclusione dei cittadini: attori e protagonistiattivi di una comunità. La cultura esce nelle strade, è una forza

Territori della Cultura

XII edizione

Renso Iorio e Francesco Caruso.

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vitale che si confronta con il mondo reale, che può e deve fun-zionare da innesco. La cultura non è un predicato, la culturasono le persone, cervelli e mani che lavorano. Una società conpiù cultura è una società più dinamica che crea lavoro e attraetalenti e risorse.A breve, ci attendono degli appuntamenti importanti cheaprono opportunità e richiamano il senso di responsabilità:2018 – Anno Europeo del Patrimonio culturale e Matera - Ca-pitale Europea della Cultura 2019. L’Anno Europeo del Patri-monio culturale ci offre un’occasione preziosa per ribadire, inun contesto non solo nazionale, il ruolo del patrimonio cultu-rale come asse produttivo e catalizzatore di energie imprendi-toriali. Il nostro Paese deve avere un ruolo centrale econfermare la propria leadership naturale in campo culturale.Matera 2019 è una sfida che, se colta e condotta abilmente,può trasformarsi in un’occasione per l’intero Paese. È un os-servatorio privilegiato da cui raccontare le nostre migliori ini-ziative, non solo in campo culturale e non solo nel Sud, e lepiù alte eccellenze produttive, guidate da una solida cultura in-dustriale. Al termine di questi appuntamenti, non dovremo tro-varci nella condizione di commentare, ancora una volta, leragioni per le quali abbiamo lasciato passare il treno. Lo dob-biamo anticipare, concepire, formare, guidare. 21

Renzo IorioPresidente e Amministratore Delegato per Italia, Grecia, Israele e Maltadel Gruppo AccorHotels, leader mondiale nei settori travel & lifestyle.In ambito associativo, è stato Presidente di Confindustria AICA dal 2004al 2008 e Presidente di Federturismo Confindustria dal 2012 al 2016. Èstato inoltre Coordinatore del gruppo di lavoro Turismo Culturale, Attrat-tività e Ricettività nell’ambito del Progetto EXPO di Confindustria. Attualmente è coordinatore del Gruppo Tecnico Cultura e Sviluppo diConfindustria, membro dell’Advisory Board del Comitato Investitori Esterie del Comitato ristretto sulle tecnologie digitali di Confindustria. Fa inoltreparte del Comitato Permanente di promozione del Turismo in Italia nel-l’ambito del MIBACT.

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Territori della Cultura

Economic growth has improved the living standards ofmany people over the last half-century. Yet a model of de-

velopment based solely on economic growth would clearly beinadequate. Prosperity and sustainability have also importantenvironmental, social as well as cultural dimensions.Culture is nowadays seen by policy makers as a major assetin achieving policy objectives beyond economic growth. Sincethe adoption of the first ‘European Agenda for Culture in aGlobalising World’ (2007) culture has been at the heart of Eu-ropean Union policymaking. Culture is understood to be a keydriver of growth and job creation, enhancing creativity and in-novation through processes of cross-fertilisation1 as well asfostering social cohesion and wellbeing2.Governments at all levels (local, regional, national and Euro-pean) are thus increasingly appreciating and investing in cul-ture not only for its ‘art for art’s sake’ or for its entertainmentvalue. Rather, culture is now recognised as being a competi-tive and resilient economic sector in its own right as well ashaving broader impacts on the society as a whole. But it is atcity level that the transformative power of the so called culturaland creative sectors (CCSs) is being best experienced. CCSstend to concentrate around cities to benefit from mutual learn-ing or availability of workers with relevant skills3. In turn, theygenerate positive effects in the areas where they are located,ranging from improved image and better attractiveness ofskilled individuals, investors and tourists to revitalised localeconomies and greater social pride.Data availability at city level thus becomes crucial to under-stand how culture and creativity are spread across Europe, as-sess their impact and ultimately support evidence-basedpolicy making. The new Urban Agenda4 for the EU promotesthe production of reliable data to enhance the knowledge baseon urban issues and exchange of best practices and knowl-edge. However, mapping culture and creativity and measuringtheir value and impact in a systematic and comparable wayacross Europe remains a challenge, with no shared definitionsor metrics, particularly at city level. The Joint Research Centre (JRC) – the in house research centreof the European Commission – has developed the ‘Culturaland Creative Cities Monitor’ in order to start filling this infor-mation gap. Officially released in July 2017, the Cultural andCreative Cities Monitor provides a reliable common evidencebase5 designed to help national, regional and municipal policy

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The Cultural and Creative Cities Monitor: a new tool to monitor

and foster culture-led policiesValentina Montalto,

Carlos Jorge Tacao Moura, Sven Langedijk,

Michaela Saisana, Francesco Panella

European Commission, JointResearch Centre - Directoratefor Competences, Modelling,

Indicators and ImpactEvaluation Unit

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1 See, amongst others, Bakhshi H., McVittieE. & Simmie J. (2008). Creating innovation.Do the creative industries support innovationin the wider economy? NESTA, London;Boschma, R.A. & Fritsch, M. (2009). CreativeClass and Regional economic growth: empir-ical evidence from seven European countries.Economic Geography, 85(4), pp. 391-423;KEA. (2006). The Economy of Culture in Eu-rope. European Commission; Sleuwaegen, L.& Boiardi, P. (2014). Creativity and regional in-novation: Evidence from EU regions. Re-search Policy, 43, pp. 1508–1522; ThrosbyC.D. (2001). Economics and culture. Cam-bridge University Press, Cambridge.

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makers identify local strengths and opportunities, to promotemutual exchange and learning between cities and to inspirefit-for-purpose policies to boost economic development andstrengthen resilience.The first edition allows monitoring and benchmarking the per-formance of 168 ‘Cultural and Creative Cities’ in Europe vis-à-vis their peers6 based on a set of 29 carefully selectedindicators grouped along nine dimensions. These indicatorsmeasure the ‘Cultural Vibrancy’ of a city in terms of cultural in-frastructure and participation of the local population and visi-tors in cultural activities; its ‘Creative Economy’, as regards theextent to which the cultural and creative sectors contribute tojob creation and innovation locally; and its ‘Enabling Environ-ment’ capturing a range of assets (such as human capital andtransport connections) that help cities attract creative talentand stimulate cultural engagement. (Fig. 1)Cities were selected on the basis of their demonstrable en-gagement in the promotion of culture and creativity, whichwas ‘operationalised’ using the three following criteria (Fig. 2):• 93 cities which have been or will be European Capitals of Cul-ture up to 2019, or which have been shortlisted to becomeEuropean Capitals of Culture up to 2021;• 22 UNESCO Creative Cities (including winners until 2015);• 53 cities hosting at least two regular international culturalfestivals.

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Figure 1 – The Cultural andCreative Cities’ Monitorconceptual framework

2 See, for instance, Matarasso, F. (1997). Use orornament? The social impact of participation inthe arts. Blessi, G. T., Grossi, E., Sacco, P. L.,Pieretti, G. & Ferilli, G. (2014). Cultural Participa-tion, Relational Goods and Individual SubjectiveWell-Being: Some Empirical Evidence. Reviewof Economics and Finance (4), pp. 33-46.3 ‘There are several reasons why creative in-dustries are concentrated in urban areas. Themain factors are: (i) importance of specificlocal labour markets; (ii) spillovers from onespecific creative industry to another; (iii) firms’access to dedicated infrastructure and collec-tive resources; (iv) project-based work; (v)synergistic benefits of collective learning; and(vi) development of associated services, infra-structure and supportive government poli-cies.’ Source: European Commission (2010).European Competitiveness Report.4 See more at: http://ec.europa.eu/regional_policy/en/policy/themes/urban-devel-opment/agenda/ 5 Available at: https://composite-indicators.jrc.ec.europa.eu/cultural -creat ive-cit ies-monitor/6 Peer groups are defined based on populationsize (from 50,000 to eight million inhabitants),employment rate (with employment ratesranging from 40% to more than 74%) andwealth levels (from €10,000 to more than€35,000 annual GDP per capita). Cities havethus been classified into five population, em-ployment rate and income groups, makingbenchmarking between peer cities possible.For more information on the city groups, seeChapter 3 of the main report: http://publica-tions.jrc.ec.europa.eu/repository/bitstream/JRC107331/kj0217787enn.pdf

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Key findingsCapitals fly high but not the highestThe results of the analysis show a ‘multi-centric’ map of Eu-rope with culture and creativity to be found across many anddiverse cities.Overall, capitals tend to be the best performing cities on cul-ture and creativity measured by the C3 Index7 in their respec-tive countries. However, contrary to what one might expect,eight countries out of 24 are exceptions, with non-capital citiesoutperforming the capitals: Austria, Belgium, Germany, Italy,the Netherlands, Poland, Spain, and the UK (Fig. 3). In mostcases, the leading cities count fewer than 500,000 inhabitants(Linz, Leuven, Bologna, Florence, Eindhoven, Poznan and Ed-inburgh). One possible explanation for this result may be theexpression of the indicators in per capita terms. This approachis primarily intended to enable cross-city comparability butalso rewards more ‘inclusive’ cities which have more culturaland creative assets per inhabitant.

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Figure 2 – The Cultural and CreativeCities Monitor’s 168 selected cities

– 2017 edition

7 The C3 Index score is the weighted averageof the ‘Cultural Vibrancy’ (40%), ‘CreativeEconomy’ (40%) and ‘Enabling Environment’(20%) sub-indices scores.

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If we look at the different ‘components’ of the C3 Index, it isclear that non-capital cities are particularly well positioned on‘Cultural Vibrancy’8: in fifteen countries, non-capital citiesmostly of medium-sized outperform capitals. The analysis ofthe indicators underlying ‘Cultural Vibrancy’ indeed shows thatthese outperforming cities are particularly rich in terms of cul-tural sites, events or visitors per inhabitant (Fig. 4). Cork (IE),for instance, obtains the maximum score (100) on both Con-certs & Shows and Cinema attendance which correspond toaround 12 concerts per 100,000 inhabitants and 10,700 cinematickets sold every 1,000 inhabitants; Ghent (BE) comes first onTheatres (100) with 12 theatres every 100,000 inhabitants;whilst Florence (IT) comes close to the maximum score on Mu-seums (91.9 over 100) meaning that it hosts 30 museums every100,000 inhabitants.

Note: Cities in Cyprus, Latvia, Luxembourg and Malta omitted due to poordata coverage.

The polycentric pattern of ‘Cultural Vibrancy’, with strong cap-itals and non-capital cities in many parts of Europe, is particu-larly encouraging in terms of the power of smaller or moreperipheral areas of Europe to attract and retain educated andcreative individuals to foster innovation and economic growth

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Figure 3 – C3 Index: ranked cities and related scoreswithin EU countries

Figure 4 – Cultural Vibrancy: rankedcities and related scores within EUcountries

8 The ‘Cultural Vibrancy’ sub-index is theweighted average of two dimensions thatcapture elements of the ‘cultural pulse’ ofcities: D1.1 Cultural Venues & Facilities (50%)and D1.2 Cultural Participation & Attractive-ness (50%).

Note: Cities in Cyprus, Latvia, Luxembourg and Malta omitted due to poordata coverage.

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and strengthen resilience, intended as the city’s capacity toface or recover from challenging circumstances. According torecent literature9, in a post-industrial economy, highly skilledindividuals seem in fact to prefer locations with better educa-tion, heritage, arts, and natural amenities (e.g. green areas).

The ideal Cultural and Creative City in Europe is a mix of eightcities of mostly small and medium sizeThe ‘ideal’ Cultural and Creative City in Europe would be theamalgam of the best performing cities on each dimension.More specifically, it would have the Cultural Venues & Facilitiesof Cork (IE), the Cultural Participation & Attractiveness and theCreative & Knowledge-based Jobs of Paris (FR), the IntellectualProperty & Innovation of Eindhoven (NL), the New Jobs in Cre-ative Sectors of Umeå (SE), the Human Capital & Education ofLeuven (BE), the Openness, Tolerance & Trust of Glasgow (UK),the Local & International Connections of Utrecht (NL) and theQuality of Governance of Copenhagen (DK). Of these eightcities, five have fewer than 500,000 inhabitants, namely Cork,Eindhoven, Umeå, Leuven and Utrecht.

Note: due to its size, London is not among the ‘top’ Cultural and CreativeCities because nearly all the Cultural and Creative Cities Monitor indicatorsare expressed in per capita terms. This approach is primarily intended to en-able cross-city comparability but also rewards more ‘inclusive’ cities whichhave more cultural and creative assets per inhabitant. As London eclipsesother European cities with its population of eight million (almost three timesas big as the second largest EU city, Berlin), it does not lead on any dimen-sion in the overall ranking, but it does reach seventh place among the 21cities in its population group. Also, London comes third in the ranking ofcapital cities, after Paris and Brussels.

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9 See, for instance, Backman, M. and Nilsson,P. (2016). The role of cultural heritage in attract-ing skilled individuals, Journal of Cultural Eco-nomics, 1-28; Nelson, A. C., Dawkins, C. J.,Ganning, J. P., Kittrell, K. G., and Ewing, R.(2015). The Association Between ProfessionalPerforming Arts and Knowledge Class Growth:Implications for Metropolitan Economic Devel-opment, Economic Development Quarterly, 1-11; Clark, T. N., Lloyd, R., Wong, K. K. & Jain, P.(2002). Amenities drive urban growth. Journalof Urban Affairs (24), 493–515.

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Combined with a more in-depth analysis of the cities’ perform-ance on the nine dimensions and the 29 underlying indicators,this finding essentially shows that no city is best at everything.European cities rather rely on different strengths. Mutuallearning and exchange with peer cities could help furtherstraighten their areas of competitive advantage or improvetheir performance on weaker dimensions.

Leading Cultural and Creative Cities are more resilientThe Cultural and Creative Cities Monitor also shows that theEuropean Cultural and Creative Cities scoring higher on theC3 Index kept growing faster despite the crisis. On average, in2013, their annual GDP per capita was almost €750 higher foreach additional point in the C3 Index, compared to 2009.

Note: An econometric model was used (i) to determine whether culture andcreativity (approximated by the C3 Index) generate economic growth forEuropean cities, and (ii) to quantify the impact of these effects. The proposedregression model also takes into consideration other potential explanatoryvariables, such as the size of the cities, previous levels of economic growthand wealth, population and geographical location, to refine the estimationprocess and, consequently, to obtain a more precise assessment of the im-pact of culture and creativity on economic growth.

For more information and full analytical report: https://composite-indicators.jrc.ec.europa.eu/cultural-creative-cities-monitor/

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Valentina MontaltoÈ una ricercatrice specializzata in economia della cultura, sviluppo localee politiche europee per la cultura e la creatività.Attualmente lavora allo sviluppo del “Cultural and Creative Cities Monitor”– uno strumento di valutazione che permette di monitorare e compararela performance di 168 città culturali e creative in 30 paesi europei –presso il Joint Research Centre (JRC) della Commissione europea. Inprecedenza, ha lavorato come project manager con KEA, società diricerca e consulenza nel settore della cultura e delle industriecreative con sede a Bruxelles.

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Centro Universitario Europeoper i Beni Culturali

Ravello

Panel 1: Pianificazione strategica, progettazione e valutazione

Chair:Francesco Caruso Consigliere del Presidente della Regione Campania per iRapporti internazionali e l’UNESCO

Key-note Speaker: Carlo Francini Comune di Firenze-Comitato Scientifico Ass.ne Siti UnescoRoberto Ferrari Direttore Generale Cultura e Ricerca Regione Toscana Paola Raffaella David Direzione Generale Bilancio MiBACT

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Giorgio Andrian

Any future to our past? The challenges of heritage management

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Our cultural and natural heritage are both irreplaceable source of life and inspiration. They are our touchstone, our point of reference, our identity

Irina Bokova, UNESCO Director General

Introduction

Heritage is not about the past, heritage is about the future!The sentence pronounced with emphasis at the opening of theUNESCO Summit for the Italian World Heritage Sites session1

shocked large part of the audience. Most likely, the keynotelecturer, arch. Pietro Laureano2, obtained the desired effect, asthe following debate was a very vivid one. How comes thatwithin the framework of UNESCO – the internationally mostprestigious organisation dealing with heritage – a future ori-ented perspective was so “easily” taken on board? And whichwould eventually be the practical implications of assumingsuch an “heretic” viewpoint? How to determine with the nec-essary precision our future to be taken into consideration inmanaging our past? Who are the stakeholders to be involvedin the heritage management processes? That sentence waspretty much in time: synthetizing a worldwide trend already inplace since a while. From a very sectoral past-oriented, ex-perts-driven and locally focussed practice, to a future-oriented,heritage management is becoming more and more a largerpublic and open spaces process, with very challenging conse-quences in terms of innovative and creative approaches to befurther explored.

The future has other plans3: engineering public participationin heritage management

Throughout the world, local communities possess long historyof interaction with their cultural and natural environments. As-sociated with these people there is a cumulative body ofknowledge, skill, practices and representations. These sophis-ticated sets of understandings, interpretations and meanings,constitute a cultural complex that encompasses languages,naming and classification systems, resources and practices,rituals and spirituality. But this enormous contribution was forthe first time formally recognised by the international commu-

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1 Florence (Italy), 16 December 2007. 2 Arch. Pietro Laureano is currently the ICO-MOS Italia President. 3 Taken from the title (The Future Has OtherPlans: Planning Holistically to Conserve Natu-ral and Cultural Heritage (Applied Communi-cation), of a book written by Johnathan M.Kohl and Stephen F. McCool (2016).

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nity only at the Earth Summit in Rio de Janeiro, Brasil (1992);in particular, the Agenda 21 and the Convention of Biodiversityacknowledged the key role played by the local communities inpreserving and maintaining the traditional knowledge and theindigenous practices, and encouraged the equitable sharingof the benefits derived from the use of this knowledge. A newglobal era on public participation was born. Furthermore, theNara Document on Authenticity (1994) acknowledged thatjudgement about values attributed to cultural heritage, as wellas the credibility of related information sources, may differfrom culture to culture and even within the same culture. Therespect to all the cultures requires that heritage propertiesmust be considered and judged primarily within the culturalcontext to which they belong. Fostering the relationship be-tween the traditional knowledge and the modern science. “Un-derstanding, respect and acceptance the local values ofheritage implies understanding, respect and acceptance of di-versity of identities”4; in this light, heritage is expected to playa fundamental role in defying the identity of people, as well asgroups, creating social cohesion, which in turns should favour

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4 Ele� onore de Merode, Rieks Smeets andCarol Westrik (ed.), Linking Universal andLocal Values: Managing a Sustainable Futurefor World Heritage, A Conference organizedby the Netherlands National Commission forUNESCO, in Collaboration with the Nether-lands Ministry of Education, Culture and Sci-ence, 22–24 May 2003, UNESCO. WorldHeritage Paper, 13, 2004, p. 11.

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32 economic growth and promotion and respect of cultural diver-sity. The “public” dimension entered traditional heritagepreservation discipline bringing innovative management per-spective: for example, public archaeology5 has developedworldwide with interesting results in terms of stakeholders’ in-volvement (e.g. the role of local people and volunteers possi-bly engaged in the excavations) and decision-makingprocesses. The entire sector of heritage management (still largely in pub-lic hands) has been negatively affected by the recent global fi-nancial and economic crisis: this had an immediate result interms of lack of money, time, personnel and, most of all, polit-ical support. To overcome this crisis, there’s a need of a funda-mental paradigm shift in heritage management conceptualand operational frameworks6, similarly to what is happeningin other economic sectors. The traditional cultural manage-ment principles are becoming quickly obsolete; namely, theobsession of measurement and controls7, created a lot ofheavy operational infrastructures, and the anxiety of model-ling to justify any sort of plans (business plans, strategic plans,communication plans, etc.) overcome the which need to adopt

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5 Originally conceptualised in the USA withinthe larger cultural resources management dis-course (MaGimsey, 1972).6 Jon Kohl & Steve McCool, The Future HasOther Plans: Planning Holistically to ConserveNatural and Cultural Heritage, Golden, Col-orado, Fulcrum Publishing, 2016.7 Based on the assumption that “we can man-age only what we know in details”.

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a more resilient “try & learn” approach and the ultimate searchfor efficiency and optimisation, based on the assumption thatif every component of a management system is efficient, au-tomatically the whole systems improves. Most likely, in engineering new forms of heritage managementand public participation can largely benefit the sector from therecent conceptual achievements of other managementbranches; namely, (1) focussing more on the functional inter-connectivity of the various sectors, rather than the individualcomponents themselves (in other words, more attention to therelationships and the competence networking); (2) creatinggenerative contexts to quicker and better respond to the com-plexity (in other words, the leadership has to transform froma top-down strategy imposition to a facilitation and empow-ering role); (3) developing intrinsic motivation, in the light ofthe most innovative open source dynamics (in other words,leaving people free to create and innovate within a more in-spiring context); (4) getting properly equipped to face differentsituations, rather than focussing on (impossible) future pre-dictions (in other words, keep high level of intangible assetsto be more resilient towards possible shocks); (5) reducing thehyper-specialisation in favour of more “hybrid” managers (inother words, promoting interdisciplinary and cross-cuttingcontaminations); (6) challenging orthodoxies and conformism(in other words, encourage the “deviation” and the diversityof opinions); (7) developing the so called cognitive redun-dancy8 (in other words, to face complexity you better createcomplex management contexts) If – and there is no much doubt about it – heritage is about thefuture, the more futures will be able to imagine, the better.

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8 “Only variety can destroy variety” (RossAshby).

Giorgio AndrianGeographer by higher education and traveller by passion, he had an in-ternational higher education, beginning with a Fulbright scholarship atthe University of California (USA), to continue into research (co-tutoringPh.D) in Germany (at the University of Freiburg). Later on, during his in-ternational civil servant mandate at UNESCO, he obtained the Interna-tional Certificate on Advanced Studies in Environmental Diplomacy atthe University of Geneva. Professionally, he began with a junior researchposition at the University of Freiburg (Germany), 2000-2004, and from2004 to 2010 he joined United Nations.More recently, he initiated an international consultancy activity on culturaland natural heritage management.

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Territori della Cultura

Questa edizione di Ravello Lab mirava a ricucire, accre-scendole di nuovi elementi, le valutazioni e le indicazioni

emerse nelle precedenti edizioni in materia di pianificazioneintegrata e partecipata. Lo ha fatto attraverso il racconto dellepiù recenti esperienze vissute nei territori, raccogliendoelementi vincenti e criticità che caratterizzano il processo diintegrazione. Il Panel 1 “Pianificazione strategica, progettazione e valutazione”in particolare, era chiamato ad affrontare le molteplici sfaccet-tature della programmazione integrata: tema impegnativo ecomplesso che ha visto, nella introduzione e nei contributi deipartecipanti, declinazioni diverse, decisamente utili a sviluppareaspetti prevalentemente complementari tra loro. Assicurare un’efficace integrazione delle politiche culturalicon altri ambiti settoriali nelle scelte di pianificazione e tra-sformazione del territorio, non è certo cosa semplice. Non loè per gli amministratori pubblici chiamati ad orientare egestire tali scelte, né per i soggetti che con esse si trovano adinteragire nei diversi ruoli sociali. È richiesta un’attenzionecostante, coerente e perdurante nel tempo, che sappia con-nettersi con più strumenti giuridici e programmatici in ambitonazionale e internazionale. In tema di promozione del patrimonio culturale, l’ambito mu-seale è risultato essere negli ultimi tre anni al centro delle po-litiche nazionali del MiBACT; la riforma Franceschini del 2014ha puntato, com’è noto, le sue carte sulla crescente autonomiadei musei statali, scelta che ha animato il più ampio dibattito,ancora in corso, sull’efficacia della riforma in rapporto allesue complesse ricadute organizzative e funzionali, che incidonosull’intero sistema Cultura.Con riferimento al tema del Panel, può dirsi che debba ancoradecollare quel “sistema museale integrato”, a scala territoriale,che era uno degli obiettivi affidati agli ancora fragili PoliMuseali Regionali, “sistema” ad oggi restato tra i principaliaspetti incompiuti della riforma. Il progetto “MuSST”, promosso dalla Direzione Generale Museie affidato al coordinamento di Manuel Guido, intende colmarequesto ritardo, creando alcune condizioni di base per la costi-tuzione di una rete di supporto e interconnessione tra i territori,che possa favorire l’integrazione tra le funzioni – espositive,ma anche educative e di ricerca –, proprie di una offertamuseale qualificata, che punti alla crescita delle comunità.

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Ravello Lab 2017: un passo avanti versol’integrazione e la partecipazione

Maria Grazia Bellisario

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Un ruolo rilevante nella comune riflessione è stato affidatoancora una volta alla gestione dei siti UNESCO, tema già svi-luppato nell’appuntamento dello scorso anno attraverso nel“Laboratorio UNESCO”, promosso dal MiBACT in sintoniacon il lavoro di avvicinamento alla VII Conferenza Nazionaledei Siti UNESCO. L’introduzione su questo tema – affidata quest’anno nel Panel1 alle considerazioni di Carlo Francini, dell’Associazione deiComuni Siti UNESCO – ci ha riportati ad uno specifico appro-fondimento sulla gestione integrata e coordinata dei beniUNESCO con le più variegate espressioni della cultura a scalaterritoriale regionale.D’altro canto, i principi delle Convezioni UNESCO sulla prote-zione del patrimonio culturale materiale e immateriale intro-ducono alle connessioni con gli altri strumenti nazionali e in-ternazionali di conservazione e promozione della cultura. Come ampiamente ribadito a Ravello, le attività dei Siti UNESCOvanno necessariamente connesse con quelle relative al piùampio contesto del patrimonio culturale e naturale, sia conquello immateriale, con azioni atte a favorire l’integrazione ela cooperazione con i soggetti attivi sul piano culturale attraversoun approccio partecipativo e inclusivo, secondo quanto ci in-segnano, tra le altre, le convenzioni-guida del Consiglio d’Europadi Firenze, per il paesaggio, e di Faro, per l’eredità culturale.In termini di qualità e significatività del patrimonio culturale,siamo chiamati a raccordare costantemente le azioni di tuteladell’intero patrimonio culturale e naturale con il quadro delleeccellenze riconosciute dall’UNESCO. Le responsabilità e leopportunità che ne derivano rispetto alla comunità internazio-nale – che vedono l’Italia consolidare il primo posto con i suoi53 siti iscritti nella WHL – vanno dunque condivise a tutti ilivelli dell’operare delle istituzioni, dei soggetti che con essecollaborano, dei cittadini tutti in termini di consapevolezza edi cura.Tra gli strumenti di buona efficacia, va annoverata senz’altrola legge 77 del 2006 che accompagna oramai da circa 10 annile attività di gestione. Nonostante i limiti oggettivi di questostrumento – negli ultimi anni fortemente limitato nelle dotazionifinanziarie ed oggi peraltro estesa al patrimonio immateriale1 –permangono le potenzialità della legge e si stanno perfezionandoda parte del MiBACT criteri e tecniche di supporto ai siti iscrittiper aumentarne le capacità progettuali.

1 La VII Conferenza Nazionale dei Siti UNESCOorganizzata dal Segretariato Generale del Mi-BACT si è svolta a Roma 8 -10 novembre2017 a Palazzo Barberini che si è espressa perla costituzione di un Osservatorio Nazionaledei Siti UNESCO, quale piattaforma di lavorocomune ai diversi soggetti coinvolti per mi-gliorare la gestione dei siti e per lo sviluppo diprogrammi e progetti condivisi.

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Come più volte affermato, i siti culturali necessitano di cure emanutenzione ed anche e soprattutto di comprensione deivalori da parte di chi vive e opera in questi luoghi. Dunque, diregole certe e facilmente applicabili, di forme di condivisionee partecipazione che durino nel tempo e che ci rappresentinotutti per quella comune condivisa finalità pubblica.E di questo si è parlato anche nel corso degli annunciati“Stati Generali del Paesaggio”, organizzati dal MiBACT aRoma il 25/26 ottobre 2017, che hanno segnato un passaggiorilevante – pur tra difficoltà e alcune contraddizioni – versouna ripresa di attenzione al paesaggio, ed hanno visto un Mi-BACT decisamente impegnato a rilanciare il paesaggio inalcuni appuntamenti significativi già a partire dagli inizi del2017 con l’istituzione della Giornata Nazionale del Paesaggioe del Premio del Paesaggio Italiano (propedeutico alla parte-cipazione al Premio COE).La presentazione del “Rapporto sullo stato delle politiche peril paesaggio”, a cura dell’Osservatorio Nazionale per la Qualitàdel Paesaggio, presieduto dal Sottosegretario Ilaria BorlettiBuitoni, mira in questa fase all’adozione di una Carta Nazionaledel Paesaggio che raccolga le ragioni espresse dalle cinquesessioni tematiche: paesaggio, come diritto collettivo e benecomune, come risorsa economica, visti nei collegamenti conle politiche di trasformazione territoriale, e di come la qualitàprogettuale ed i temi della legalità, dell’inclusione sociale,dell’educazione possano incidere sullo sviluppo sostenibiledei nostri luoghi, per preservarne i valori identitari.Tra i temi e gli obiettivi irrinunciabili quello di una regolamen-tazione sul consumo di suolo per incidere con vigore edurgenza sulla qualità della gestione del territorio, contemperandosviluppo e crescita economica. In materia di turismo, appare ancor più necessaria una gestionecoordinata e integrata delle qualità del territorio per evidenziarnetutte le potenzialità, reindirizzare la domanda e razionalizzaree qualificare l’offerta turistica. Va evidenziandosi al riguardoun nuovo ciclo del cammino avviato nel nostro Paese per unturismo sostenibile, che ha portato il MiBACT a delineareazioni condivise con la maggior parte delle espressioni socialipiù rappresentative. In particolare, il Piano Strategico per ilTurismo, adottato dal Governo italiano nel dicembre 2016,esprime la necessità di integrare la fruizione sostenibile dirisorse diverse e l’impegno verso una visione unitaria dell’Italia.

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La visione del Piano è di portata ampia (2017 -2022) e questoconforta sulla possibilità di operare con un respiro maggiorerispetto alle logiche localistiche, dove la scala troppo ridottapenalizza scelte di pianificazione strategica di più ampia gittatatemporale e territoriale e nuove opportunità di sviluppo.La riflessione in corso ci conduce verso nuovi luoghi, a partiredalle aree interne. Diverse esperienze riferite dai territori (traqueste, emergono gli esiti del Premio Paesaggio COE, la co-stituzione di Reti anche del patrimonio immateriale – comeben ricordato da Patrizia Nardi – l’avvio di nuove imprese cul-turali che recuperano e rilanciano sistemi di produzione so-stenibile,..) applicano gli indirizzi del Consiglio d’Europa e co-stituiscono significative occasioni di confronto e partecipazione,con buoni esempi di gestione. L’esperienza in atto attraversola Strategia per le Aree Interne può anch’essa rappresentareoccasione di rilancio di luoghi ad alta valenza paesaggistica,naturale e culturale.Appare al riguardo necessario cogliere le possibili nuove op-portunità imprenditoriali (tra le altre, nei settori del paesaggioe della impresa culturale) e trarne elementi utili per le comunitàterritoriali meno avanzate/avvedute, secondo quanto a Ravellosi è ampiamente dibattuto.Il tema della valutazione, del confronto, della selezioneragionata, riproposto nel Panel 1 da Paola David, deve permearesempre i percorsi che portano alla programmazione settorialee intersettoriale, per farne esperienze interdisciplinari, elementitrainanti per lo sviluppo dei territori e modelli di gestione daapplicare congiuntamente. Un tema troppo spesso scomodoe non adottato nella concreta politica di gestione delle nostreAmministrazioni.In definitiva, ragionando su cosa occorra per assicurare unabuona conduzione – armonica, sostenibile e non dissonante –delle trasformazioni territoriali, tra i punti emersi sembra dipoter ripercorrere in estrema sintesi i seguenti:

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• regolamentare efficacemente la gestione sostenibile “ordi-naria” del territorio e promuovere il rilancio delle aree conforti potenzialità di crescita economica, connessa alla qualitàculturale, naturale, paesaggistica dei luoghi medesimi;• rilanciare la collaborazione tra i diversi livelli istituzionali egli altri soggetti animati dalla stessa finalità pubblica e pro-muovere nel contempo un’ampia partecipazione dei cittadiniper renderli consapevoli e partecipi nelle scelte di gestionedel territorio per la “cura” dei propri beni culturali materialie immateriali, dei beni naturali, del paesaggio;• fare tesoro delle esperienze di gestione positive e rilanciarle,adattandole se del caso, a luoghi e siti diversi, cogliendo lospirito dei piani di gestione, tante volte evocati per i beniculturali, ma spesso non progettati o mai applicati; la meto-dologia adottata per i siti UNESCO può essere al riguardo diconcreto ausilio;• attivare confronti e laboratori sperimentali centrati sulle in-terazioni virtuose o le criticità emerse nelle esperienze di go-verno del territorio in relazione al rapporto tra i diversisoggetti istituzionali e tra questi e gli altri soggetti attivi (IIIsettore, etc.). Favorire la progettualità e nuove opportunitàdi imprese culturali, a partire dalle esperienze in corso neiterritori che applicano gli indirizzi del Consiglio d’Europa ecostituiscono significative occasioni di confronto e parteci-pazione (esiti del Premio Paesaggio COE, rapporti/ esperienzeCOE /Italia su Convenzione di Faro…);• favorire un reale accesso alle informazioni da parte deicittadini al fine di incrementarne la consapevolezza, l’interessee l’attiva partecipazione.Ed infine, emerge con forza l’esigenza del “ricomincio da tre”,del non disperdere le precedenti esperienze. È necessario so-stenere quei progetti avviati con buon esito verso l’integrazionee la partecipazione, senza avere troppa fretta di vederne irisultati tangibili, ma agendo anche sui tempi lunghi, comeuna sana politica culturale richiede. Ripartire ad esempio dallecosidette “lezioni apprese” nel lontano ciclo di programmazionecomunitaria 2000-2006, dagli esiti di quegli investimenticospicui, per comprendere cosa abbia funzionato o qualierrori o sottovalutazioni furono compiuti2.Le Regioni intanto potrebbero recuperarne e valutarne gliesiti nei rispettivi territori, il MISE e l’Agenzia della Coesionericonsiderane e diffonderne gli esiti di valutazione finale.

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2 Il forte e prezioso investimento del QSN2000-2006 sulle “Risorse Culturali” vedonoobbligatorio lo strumento del PIT (Progetto In-tegrato Territoriale) e la presenza dei piani digestione. Chi ne ha studiato approfonditamentegli esiti in fase di valutazione di impatto?Come e in che misura sono stati diffusi i risul-tati, seppure non tutti positivi o ben centrati,in collegamento con le programmazioni deicicli successivi?

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E poi ancora una volta condividere percorsi di crescita comune,di capacity building, di affinamento delle conoscenze collettive,di confronto su vizi e positività dell’operare comune: ilcontributo di Università e istituzioni non governative potràfare la differenza.In definitiva, ci siamo chiesti nel Panel 1, come attuare almeglio l’integrazione e la partecipazione? Come favorire lacollaborazione tra i diversi livelli istituzionali e un’ampia par-tecipazione dei cittadini e regolamentare efficacemente la ge-stione sostenibile del territorio? Come far incidere le politicheculturali e paesaggistiche nella promozione e diffusione dellacultura della legalità ed educare e rafforzare la percezione delpaesaggio come aspetto qualificante delle nostre vite?Queste alcune delle domande che ci si è posti a Ravello Lab2017 e che dovremo ancora sollecitare per le attività nellequali siamo impegnati nei diversi ruoli. Come istituzioni, as-sociazioni, cittadini, siamo chiamati a costruire coerentementele risposte giuste. La strada che intendiamo percorrere ci pareoramai tracciata: con determinazione, tutti insieme, possiamofarcela.

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Maria Grazia Bellisario Architetto, opera come esperto sulle tematiche della conservazione epromozione del patrimonio culturale, con particolare attenzione al pae-saggio ed alle trasformazioni contemporanee in chiave di sviluppo so-stenibile.Nel ruolo di Dirigente Architetto presso il Ministero dei beni e delleattività culturali e del turismo, ha maturato esperienze di direzione neisettori del paesaggio, dell’arte e architettura contemporanee, del patri-monio UNESCO.Ha altresì operato in ruoli dirigenziali presso la pubblica amministrazionenella programmazione e progettazione territoriale, nelle politiche giovanilie sportive, nella cooperazione internazionale, rivestendo incarichi di rap-presentanza e coordinamento in programmi nazionali e internazionali.

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Ravello Lab 2017 è stata un’interessante occasione per ra-gionare sui temi dell’efficienza nella modalità di gestione

di siti culturali, con una particolare attenzione ai modelli di ge-stione integrata. Tra questi un esempio significativo è costituito dall’esperienzadell’Area interna Garfagnana-Lunigiana, condotta con il sup-porto di Sinloc S.p.A., di perseguire un modello di valorizza-zione dell’intero territorio partendo proprio da una gestioneintegrata dei siti di interesse storico-artistico. La Garfagnana è un’area storico-geografica della provincia diLucca, in Toscana, compresa tra le Alpi Apuane e la catena prin-cipale dell’Appennino Tosco-Emiliano. Confina a nord con laLunigiana – altra area storica suddivisa dal punto di vista am-ministrativo tra Liguria e Toscana – che trae il nome dall’anticacittà romana di Luni, non lontano da dove oggi sorge Sarzana.Garfagnana e Lunigiana dal 2016 stanno compiendo un per-corso per la costituzione dell’area interna Garfagnana-Luni-giana. L’Area Interna Garfagnana-Lunigiana è caratterizzata da feno-meni tipici delle aree interne, come lo spopolamento connessoa problematiche di accessibilità del territorio. Al contempoquest’area si contraddistingue per un ricco patrimonio cultu-rale e artistico diffuso, rappresentato da castelli, rocche emusei, oltre che da luoghi idilliaci dove vivere e trascorrereuna breve vacanza immersi nel verde e nella storia. Al fine di valorizzare l’offerta turistico-culturale complessiva,le amministrazioni dell’Area Interna hanno deciso di impostareun nuovo modello di gestione che si basa sulla convinzionecomune che “la valenza di ogni singolo bene dipenda dalla ca-pacità attrattiva dell’intera area”. Il concetto di integrazione è stato interpretato come un pro-cesso che ha quale primo obiettivo quello di realizzare un si-stema di promozione e di fruizione unitario del territorio, sottoil cappello comune del brand “Terre del fantastico”. Sinloc ha formulato una proposta che ha indirizzato le ammi-nistrazioni verso un sistema unitario di promozione e gestioneche dovrà essere attuato e sostenuto nel tempo, caratteriz-zando altresì il ruolo che verrà svolto da parte degli enti pub-blici e da parte degli operatori privati già attivi nel territorio. Mediante tale sistema si intende inoltre dare risposta alla ne-cessità di migliorare la fruizione di numerosi siti di elevato in-teresse storico culturale diffusi nel territorio, che sono stati

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Un modello di gestione integrata per rafforzare la competitività dell’area

interna Garfagnana-LunigianaMartina Bovo

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oggetto di importanti interventi di conservazione, ma che ri-mangono ad oggi chiusi e poco noti. Nel lungo periodo ci si attende che l’attuazione di tale propostapossa consentire di incrementare i servizi turistici, creare mag-giori occasioni per valorizzare il patrimonio culturale e gene-rare impatti economici diretti e indiretti sul territorio.

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Martina BovoSenior consultant - Sinloc S.p.A.Competenze nella pianificazione strategica e analisi di sostenibilità di ini-ziative di sviluppo locale, con particolare riferimento a iniziative di valoriz-zazione culturale e turistica, nell’analisi immobiliare, urbanistica e territo-riale.Attualmente Responsabile del segmento Fondazioni e altre Istituzionidel Terzo Settore che si occupa principalmente di pianificazione strategicae business planning. Ha seguito e coordinato progetti di advisory in varierealtà territoriali, tra le quali diversi studi di fattibilità inerenti infrastruttureculturali, come ad esempio gli studi a supporto della verifica e imposta-zione strategica e gestionale degli Orti botanici di Padova e Torino, il pro-getto del Polo culturale Sant’Agostino di Modena e il recente piano digestione integrata dei siti culturali dell’Area interna Garfagnana-Luni-giana.

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Nel 2016 la Regione Lombardia ha approvato la l.r.25 “Poli-tiche regionali in materia culturale”: si tratta della più re-

cente legge regionale in materia culturale ed è forse l’unicocaso in cui la normativa è stata riassunta in un’unica legge(anche la Puglia, che è la Regione che ha legiferato recente-mente, ha due leggi distinte, una sui beni culturali, l’altra sulleattività culturali).Da 19 leggi quasi tutte risalenti agli anni ‘70 e ‘80 siamo arrivatiad averne una sola che, tra le altre, contiene nuove norme sullagestione e la promozione dei siti Unesco lombardi, sul patri-monio archeologico, sulle imprese culturali e creative che pre-cedentemente non esistevano e l’integrazione delle normepreesistenti sul patrimonio immateriale.Operativamente, la principale novità è l’istituzione dei Piani in-tegrati della Cultura, strumenti finalizzati all’attuazione di in-terventi integrati – su base territoriale o tematica – dipromozione del patrimonio e delle attività culturali per favorireprocessi di valorizzazione culturali da parte di un partenariatodi soggetti pubblici e privati.L’attuazione della nuova legge e in particolare della norma suiPiani Integrati della cultura, che ben si inseriscono del dibattitodi questa mattina sulla progettazione culturale integrata e par-tecipata, presenta sicuramente alcune criticità: • un necessario cambiamento di mentalità, un ripensamentodell’organizzazione interna della Regione ma anche degli entilocali, abituati a lavorare per settori verticali (beni, musei, bi-

blioteche) e non in maniera integrata e trasversale; • l’assoluta necessità di momenti di ascolto, comu-nicazione, confronto con i territori per poi arrivarea un percorso ragionato di accompagnamento deisoggetti pubblici e privati potenzialmente coin-volti in questa progettazione; • una maggiore integrazione con le altre politicheregionali (territoriali, del paesaggio, turistiche,economiche) che tendono altrimenti a viaggiaresu binari paralleli, depotenziando la novità e laprospettiva di questi Piani integrati. Su questi temi e più in generale su quello della pro-gettazione integrata è stato attivato da parte dellaRegione Lombardia nelle scorse settimane un primotavolo di confronto e di lavoro con UnioncamereLombardia, Fondazione Cariplo, Federculture.

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Progettazione culturale: un confronto necessario

Giuseppe Costa

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Giuseppe CostaLaureato in Filosofia e Master in Relazioni pubbliche, giornalista, iscrittoalla FERPI-Federazione delle Relazioni Pubbliche, membro del LEN-Lom-bardia Executives Network. Nel 1997 diventa dirigente esterno dalla Re-gione Lombardia per strutturare e organizzare il servizio di comunicazione.Nel 1998 passa ad occuparsi di comunicazione istituzionale al Comunedi Milano. Nel 2000 rientra come dirigente in Regione Lombardia alla Di-rezione Cultura, occupandosi per cinque anni di attività culturali e comu-nicazione. Attualmente è Direttore Generale Vicario e Dirigente Valoriz-zazione Culturale della Direzione Culture, Identità e Autonomie dellaRegione Lombardia, occupandosi in particolare di promozione e valoriz-zazione del patrimonio architettonico, artistico, storico, archeologico, li-brario e archivistico e del patrimonio UNESCO lombardo.

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Cultura e sviluppo nelle politiche di coesione

La politica di coesione comunitaria (Fondi strutturali) e nazio-nale (Fondo per lo Sviluppo e la Coesione) ha riconosciuto datempo la cultura come un ambito/settore di policy strutturantee trasversale per lo sviluppo socio-economico dei territori, so-prattutto nella declinazione che ne ha dato l’Italia1. L’Accordodi Partenariato CE-Italia 2014-20202 (di seguito AP), sulla scortadei dibattiti in corso a livello europeo e internazionale, ma so-prattutto sulla base della specificità che caratterizza l’Italia inambito culturale, introduce una serie di novità rispetto agli ap-procci precedenti; elementi di innovazione, sia di tipo tema-tico, sia in termini di più esplicita apertura all’integrazione delledistinte componenti del settore e/o delle filiere dei soggetti chelo popolano nei diversi ambiti di implementazione della policyalle istituzioni, le imprese, le associazioni della società civile ei cittadini, in qualità di fruitori e di produttori di contenuti, benie servizi culturali.L’attenzione e l’impegno che la politica di coesione dedica alsettore culturale in Italia, nelle sue diverse articolazioni (patri-monio culturale, infrastrutture per la conservazione, beni, ser-vizi e attività, …) sono piuttosto evidenti dalla portata dellerisorse attivate: si stima che rispetto alle risorse assegnate peril periodo 2007-20133, il volume finanziario complessivamenteindirizzato a favore del settore culturale ammonti a circa 3,8miliardi di euro (cui si aggiunge 1,83 miliardi di euro investitiin progetti con finalità turistica), mentre la stima degli investi-menti complessivamente programmati nella filiera della valo-rizzazione (sia lato beni e servizi pubblici sia lato impreseoperanti in questi settori) nel corrente ciclo 2014-2020 è di circa3,4 miliardi di euro (cui si aggiunge circa 1,4 miliardi indirizzatisu azioni a favore delle destinazioni turistiche).Ma, al di là dei numeri (che pure rilevano e non poco), che cosasi è concretamente finanziato in passato e cosa si sta finan-ziando attualmente? In che misura sono stati conseguiti gliobiettivi previsti e quali sono stati gli effetti comunque pro-dotti? Come si stanno orientando oggi le politiche, i pro-grammi, e gli interventi alla luce di queste conoscenze? E,soprattutto, come è possibile internalizzare in questi processigli esiti del dibattito di merito relativo al settore e alle politicheculturali, come emerso a Ravello e in altre analoghe sedi di ri-lievo nazionale?

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Oriana CuccuAnna Misiani

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Sviluppo territoriale a base culturale e impresa culturale nelle politiche di coesione:

opportunità e convergenze per l’anno europeo del patrimonio culturale

1 Per una disamina più approfondita si rinvia aO. Cuccu, S. De Luca, A. Misiani, “IL TURI-SMO NELLE POLITICHE DI COESIONE CO-MUNITARIE E NAZIONALI”, in corso dipubblicazione per le edizioni Rogiosi nell’am-bito del XXI Rapporto annuale sul Turismo Ita-liano a cura del CNR.2 http://www.agenziacoesione.gov.it/it/Accor-doPartenariato/3 La spesa è stata effettuata sino a fine 2015,i programmi sono tuttora in fase di chiusuracontabile. Le stime sono state effettuate sudati del Sistema di Monitoraggio Unitario al 30aprile 2017, per cui il dato potrebbe subire ri-duzioni nell’assestamento della definitiva chiu-sura del ciclo (cfr.http://www.opencoesione.gov.it/pillola/pillola-n-38-politiche-di-coesione-e-turismo-focus-sullattuazione-del-ciclo-2007-2013-e-primi-elementi-della-programmazione-2014-2020/).

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Interrogativi questi che sollecitano una vasta e complessa di-mensione valoriale, comportando visioni pluri/interdisciplinarie la presa in conto di diversi punti di vista (policy maker e pro-grammatori, soggetti attuatori, beneficiari, destinatari), allaluce di una corretta e estesa conoscenza dei fenomeni. Questipunti di attenzione trovano nella valutazione - sia come co-strutto teorico sia come campo di applicazione - uno spazio dilegittimazione e di abilitazione, in particolare nel contesto deifondi strutturali, qui tale funzione si configura come un in-sieme di attività ben codificate (nei regolamenti) e abitual-mente praticate, con la finalità di fornire elementi diconoscenza valutativa e di consapevolezza rispetto alla policy,utile a chi decide/programma interventi, a chi deve attuarli, achi ne beneficia e/o ne è destinatario. In questa logica, i pro-grammi di investimento vengono obbligatoriamente valutatipreventivamente (ex ante)4, nel momento stesso del loro con-cepimento e della loro costruzione (in termini di strategie e dilinee di intervento), durante la loro attuazione (in itinere), nellafasi di implementazione degli interventi che li compongono,per analizzare la funzionalità dei meccanismi, per osservare letraiettorie degli interventi verso i cambiamenti e i risultati at-tesi, e a valle dell’attuazione (ex post), quando cioè è possibile(e utile) misurarne gli impatti5.In tale contesto viene sollecitata la discussione su diversiaspetti della ricerca valutativa, attraverso la condivisione dimetodi, teorie e pratiche, e viene favorita l’emersione e l’uti-lizzo della conoscenza che ne deriva a vantaggio delle policy edegli attori di riferimento, anche nello specifico del settore cul-turale.Analisi e valutazione implicano l’esistenza di quadri conoscitiviorganici e quanto più esaustivi dei fenomeni e dei contesti dainterrogare alla luce di specifici quesiti, nonché un solido ba-gaglio di metodologie e strumenti per la misurazione (indica-tori di risultato) e la stima di effetti e impatti, consapevolezzachiara per lo specifico del settore culturale, i cui gap e criticitàsono stati spesso evocati durante i lavori di Ravello (ad es. co-noscenza dei pubblici di riferimento per la fruizione culturale,condivisione delle pratiche sperimentali e innovative, cono-scenza delle opportunità di finanziamento, conoscenza appro-fondita dell’universo di riferimento dei settori produttivi dellafiliera culturale e creativa ecc.). Su questo fronte si registranoalcune novità di interesse, che vanno a rafforzare la cassetta

4 Nel quadro delle attività di valutazione exante rientrano gli adempimenti per le Ammi-nistrazioni centrali previsti dal DLgs 228/2011in materia di pianificazione delle opere pubbli-che attraverso la predisposizione di un Docu-mento pluriennale di pianificazione (DPP) cheinclude e rende coerenti tutti i piani e i pro-grammi d’investimento per opere pubbliche dicompetenza di ciascuna amministrazione (Mi-nistero). Con DPCM del 3 agosto 2012 sonospecificate le modalità di elaborazione di LineeGuida (LG) per la valutazione ed il monitorag-gio degli investimenti nello specifico settoredi riferimento, e del Documento pluriennale dipianificazione (DPP). Il NUVAP e il DIPE hannoavviato già da fine 2013 un’attività di anima-zione e di supporto metodologico per la pre-disposizione delle LG presso i Ministeri (tra cuiil MiBACT); l’impiego dei DPP centrali non ètuttavia ancora esteso a tutte le AACC. 5 Al riguardo si segnala che il NuVAP ha predi-sposto e fatto circolare tra le Amministrazionicentrali e regionali coinvolte nell’attuazionedella politica di coesione il documento “Lineeguida per attività valutative ex post e in itinere.Richiedere e utilizzare conoscenza sugli inter-venti (ottobre 2017).

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degli attrezzi, in termini di utilities per il settore, promosse alivello nazionale nel quadro della politica di coesione6, attra-verso azioni dedicate rispettivamente a:• sostenere le rilevazioni statistiche nazionali sui musei statalie non statali con estensione alle biblioteche (e avvio di unaspecifica riflessione in materia di archivi) che permetterannodi disporre di una anagrafe aggiornata dei luoghi della cul-tura, conoscere l’effettiva apertura al pubblico e i loro livellidi utenza;• monitorare numerosità, tipologia e localizzazione degli inter-venti realizzati in ambito culturale e turistico con le risorsedella politica di coesione7; • osservare i processi valutativi che si attivano nell’ambito deiprogrammi operativi dei fondi strutturali nei diversi contestidi programmazione (nazionali, regionali), oggetto di appositi“Piani delle Valutazioni” previsti dai Regolamenti, infor-mando sui progressi, diffondendo gli esiti delle valutazioni,promuovendo fertilizzazione incrociata dei processi e utilizzodella conoscenza valutativa nelle politiche; tra i focus tematicidi questa attività vi è quello della cultura e del turismo;• approfondire e indagare, anche attraverso ulteriori analisi ericerche valutative promosse e condotte a livello centrale (co-ordinamento NUVAP), specifici aspetti di rilievo per la politicadi coesione e/o accomunanti più ambiti territoriali, più livellidi governo, più settori di policy, anche con uno sguardo tra-sversale a più cicli di programmazione.

Investimenti infrastrutturali e servizi

La gran parte dei progetti finanziati in ambito culturale nel ciclodi programmazione 2007-2013 riguarda opere infrastrutturali,consistenti nel recupero, restauro e valorizzazione di significa-tivi beni del patrimonio storico-architettonico e archeologico,o di infrastrutture culturali, quali musei e altri spazi espositivi,sebbene siano stati finanziati, seppure in misura minore,anche spazi destinati ad ospitare e promuovere la creatività ar-tistica contemporanea, l’acquisto di beni o servizi culturali col-legati alla produzione culturale realizzata dagli stessi musei eda altre infrastrutture culturali e ricreative. Assai ridotta invecela quota assorbita dal sostegno alle imprese, ad indicare unnotevole ritardo nella capacità di affermare una politica espli-

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6 Attività previste nell’ambito di progetti spe-cifici che vedono il coinvolgimento del NUVAP,finanziati dal Programma Operativo NazionaleGovernance 2014-2020.7 Da ottobre 2017 il portale OPENCOESIONErende disponibile, con aggiornamenti perio-dici, l’analisi del dataset degli interventi finan-ziati a titolo della politica di coesione (di fontecomunitaria e nazionale) dal ciclo di program-mazione 2007-2013.

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cita per l’attivazione del settore privato nella filiera dei servizi,sebbene nelle previsioni programmatiche fosse stato con forzaposto all’attenzione del dibattito il potenziale ruolo dei privatiper introdurre innovazioni gestionali e nell’organizzazionedella fruizione.L’esperienza pregressa, su cui si avviano ora prime analisi expost degli effetti conseguiti, sembra quindi indicare che sui ter-ritori si reiterano alcune debolezze e criticità che pregiudicanola piena ed auspicata esplicazione della filiera della valorizza-zione delle risorse culturali quale leva portante per lo sviluppoterritoriale. Tra gli elementi più rilevanti e ricorrenti, da tenerein considerazione per il rafforzamento della policy, emergonol’eccessiva concentrazione degli investimenti sulle opere in-frastrutturali a discapito dei servizi collegati alla loro gestionee fruizione, la scarsa integrazione tra le azioni di tutela e quelledi valorizzazione, e tra le azioni sul patrimonio culturale equelle di sostegno alle imprese delle filiere culturali e creative,nonché di networking territoriale e istituzionale. È importanteevidenziare che l’analisi delle allocazioni finanziarie program-matiche del 2014-2020 conferma nella programmazione neiterritori la predominanza di investimenti rivolti alla protezione,sviluppo e promozione del patrimonio culturale pubblico,anche quali componenti delle strategie di sviluppo urbano so-stenibile, mentre molto più contenuta appare la quota desti-nata allo sviluppo e alla promozione di servizi culturali, intesianche come servizi pubblici digitali (open data nei settori e-culture e e-tourism).Ciò, nonostante l’AP avesse lanciato alle amministrazioni (na-zionali, regionali), responsabili dei programmi di investimento(programmi operativi), importanti sfide nel settore culturalequale elemento chiave per l’attivazione di processi di sviluppoterritoriale, soprattutto nelle regioni del Sud, dove il volumedegli investimenti assume particolare rilevanza, ponendo al cen-tro delle strategie settoriali l’“area di attrazione” con le sue ri-sorse (naturali, culturali, socio-economiche); dimensionerispetto alla quale il progetto di sviluppo deve misurarsi, sia intermini di rafforzamento e consolidamento degli asset (risorsenaturali, culturali, paesaggistiche…), sia di attività economichee filiere imprenditoriali collegate ai settori culturali, creativi e delturismo. Questo tipo di approccio è ben allineato con la visionee la prospettiva indicata dalla discussione sviluppata a Ravellosul tema dello sviluppo territoriale a base culturale (Panel 1).

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3. Governance partecipata per l’impresa culturale

I lavori di RavelloLab 2017 hanno affrontato un tema di forteattualità del dibattito corrente in Italia, sia in sede tecnico-scientifica sia legislativa, relativo alla costruzione, alla codificanormativa e quindi al riconoscimento di un perimetro statuta-rio entro il quale definire i soggetti afferenti alla categoria del-l’impresa culturale (e creativa)8. L’accezione data dai principalisoggetti promotori l’iniziativa - vede l’affermarsi di un nuovoprofilo di “impresa di servizio pubblico” che promuove in sin-tesi forme di alleanze e partenariati di scopo (attorno alla fina-lità del servizio pubblico) tra istituzioni culturali (pubbliche),come i luoghi della cultura, e soggetti del privato (profit e non)che operano nei settori di interesse dell’istituzione pubblicaper sviluppare azioni di co-progettazione e di cooperazione at-tuativa in coerenza con chiare e predefinite strategie di svi-luppo.Si prospetta quindi la nascita di una nuova geometria di filiera,quella dell’impresa culturale di interesse pubblico (e chequindi potrebbe rappresentare un paradigma innovante ri-spetto alla dibattuta e critica questione degli affidamenti in re-gime concessorio a soggetti privati di servizi strategicinell’ambito della gestione e dell’offerta per la fruizione al pub-blico) che si configura per una architettura distribuita e parte-cipata, e si impernia su tre elementi chiave:• la costruzione e la pianificazione di strategie di sviluppo delluogo/servizio della cultura; • la definizione di progetti sostenibili e coerenti; • la gestione e l’attuazione dei progetti in forma partecipata equindi in base a regole di riparto di compiti e di responsabi-lità (nel riconoscimento della finalità comune).L’AP 2014-2020 in coerenza con questa prospettiva prevedeche l’attivazione dei potenziali legati alla cultura si fondi sullefiliere produttive e sui settori economici connessi alle aree diattrazione, che dovrebbero essere interessati da progetti di svi-luppo dell’area nella comune finalità dell’interesse pubblico,promossi dall’attrattore o dal sistema di attrattori di riferi-mento (ad es. alla scala del Polo museale regionale del Mibact)in partenariato con i soggetti imprenditoriali (anche del privatosociale) e gli altri stakeholder territoriali. In questo senso, occorre accompagnare e sostenere la nascitadi nuovi profili e di nuove missioni da associare all’impresa

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8 Ancorché le due componenti impresa cultu-rale e impresa creativa siano assai diversifi-cate, esse vengono al momento tenuteinsieme nel disegno di legge a firma On.Manzi.

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che opera in cultura, anche per le importanti ricadute etiche eper il coinvolgimento di questi soggetti alle tematiche della so-stenibilità e dell’impatto sociale, come afferma ad es. il con-cetto del Cultural Corporate Responsibility9.

4. Spunti e proposte per le raccomandazioni finali di RavelloLab 2017

Nella politica di coesione dei fondi comunitari del correnteciclo – come disegnata dall’AP Italia 2014-2020 - vi è la concretapossibilità di sperimentare modelli innovativi, valorizzando ilpunto di caduta di interessi e l’allineamento di politiche terri-toriali sull’area di attrazione culturale, alla cui scala sono attesigli effetti e le ricadute delle convergenze stabilite tra i livelliistituzionali.È necessario che siano finalizzate a livello nazionale e ben me-tabolizzate a livello europeo (la CE, le sue politiche settoriali, ele altre istituzioni EU) posizioni chiare e coerenti (trovandoquindi poi adeguato riflesso normativo e regolamentare) suquestioni critiche che impattano sulla capacità e sull’efficaciadegli investimenti, come quella relativa alla disciplina in ma-teria di aiuti di Stato, dal 2014 applicata estensivamente agliinvestimenti pubblici in attività/infrastrutture nei settori dellacultura (e del turismo), che ha determinato un intenso dibattitotra gli SM e la CE, nel quale l’Italia è stata particolarmente coin-volta e attiva, ma che vede una serie di rilevanti questioni dimerito tuttora aperte10.Guardando al ciclo di programmazione post 2020, è impor-tante che nel dibattito e nelle fasi di confronto pre-negoziale,nelle diverse sedi nazionali e comunitarie, si sostenga il ruolodel settore culturale e la necessità che a tale settore sia riser-

9 Il Corporate Cultural Responsibility (CCR) èuna specifica e nuova declinazione del Corpo-rate Social Responsibility (CSR) e ha a chefare con le imprese che si impegnano nellapromozione della cultura quale fattore di so-stenibilità nei loro contesti di azione, in coe-renza con i principi di sostenibilità, comeassunti dell’Agenda 21 per la cultura(http://www.agenda21culture.net/).10 Ai sensi del RGEC 651/2014, art. 53, pos-sono ricadere infatti nella disciplina relativaagli aiuti di stato (seppure considerati compa-tibili con il mercato interno e quindi esentatidall’obbligo di notifica), anche gli investimentipubblici rivolti a infrastrutture/servizi a titolarità(proprietà, gestione) pubblica (luoghi della cul-tura come musei, biblioteche, archivi, ….), alricorrere di alcune condizioni (attività econo-mica, principio della concorrenza…) che de-vono essere preventivamente verificate daisoggetti pubblici responsabili; ciò comporta al-cune evidenti criticità per il sostegno al set-tore nonché pesanti adempimenti proceduralida parte delle amministrazioni interessate. Sempre con riferimento agli investimenti in in-frastrutture, ma limitatamente all’impiegodelle risorse comunitarie (FESR), un’ulteriorequestione riguarda il vincolo rappresentatodalle disposizioni dei regolamenti per l’utilizzodei fondi, con riferimento alle “infrastrutturedi piccola scala” nei settori cultura e turismosostenibile, che ha determinato l’introduzionenei programmi operativi di soglie di investi-mento non congrue con i fabbisogni italiani, ecomportato una certa frammentazione degliinvestimenti; al momento si è in attesa di unariforma regolamentare che dovrebbe interve-nire nel corso del 2018 ma che forse non saràdel tutto determinante e risolutiva.

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vata la necessaria attenzione (consentendo quindi di appo-starvi le dovute risorse). Di particolare importanza, rispetto all’efficacia degli investi-menti, e sulla scorta dell’esperienza pregressa, risulta la tema-tica della gestione, sia intesa a livello del singolobene/attrattore, sia a livello di sistemi territoriali; in questosenso, anche sulla scorta della riflessione tecnica sviluppatain fase del negoziato con la CE dell’AP 2014-2020, è necessariocondizionare l’uso delle risorse all’adozione di meccanismi edi strumenti che possano effettivamente assicurare le più ap-propriate forme di gestione e quindi la sostenibilità dei pro-getti di valorizzazione degli asset culturali.In questa prospettiva è importante focalizzare e finalizzare lariflessione per ideare strumenti innovativi di cooperazionepubblico-privato appropriati rispetto al concetto dell’”impresaculturale di servizio pubblico” che si va affermando nel dibat-tito di merito, anche testandoli/sviluppandoli attraverso il ri-corso ad adeguate formule attuative.Un aspetto di fondamentale importanza attiene ai fabbisogniconoscitivi e quindi alla necessità che siano promosse a livellonazionale consistenti e consapevoli azioni di sistema per me-glio quantificare, ma soprattutto, qualificare la conoscenza sta-tistica, rendendole sistemiche e continuative, a partire daquella relativa alla fruizione culturale (con opportune specifi-cazioni delle rilevazioni sul pubblico dei luoghi della culturastatali e non statali, quali ad es. provenienza, classi di età, mo-tivazioni della visita, ...).Una conoscenza più approfondita e organizzata dei fenomenipermetterebbe esercizi di misurazione più sensibili, affinandogli strumenti a ciò dedicati, a partire dalle batterie di indicatori,in particolare quelli di risultato, rendendoli in ultima analisimaggiormente congeniali alle finalità ultime delle politiche,anche in termini di impatti sociali sulla collettività e sui singoli. Parallelamente occorre sviluppare riflessioni dedicate e pro-muovere il confronto pubblico e partecipato alla costruzionedi ricerche valutative ad hoc, sperimentando maggiormenteapprocci e metodi che possano rilevare e misurare in modoadeguato e coerente l’articolato set degli impatti prodotti dal-l’investimento in cultura, e concorrere così al sostegno dellepolicy, alla loro robustezza e credibilità.In conclusione, la dimensione culturale potrebbe altresì esserepromossa quale “priorità trasversale” in ragione delle sue ri-

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cadute per la società, in risposta alle istanze e le sfide postedalla crisi (sociale, economica) e dai cambiamenti che interes-sano l’Europa (nel senso della politica comune, delle sue isti-tuzioni…) e i suoi cittadini (i flussi migratori, la demografia),nonché sulla scorta del fertile dibattito europeo e internazio-nale circa il ruolo della cultura nelle strategie e negli obiettividi sviluppo sostenibile del pianeta.L’anno europeo del patrimonio culturale (2018) rappresentauna rilevante opportunità per portare in emersione, sia in sedenazionale sia europea, le istanze e le questioni sin qui illu-strate, offrendole all’attenzione del dibattito, entrato oramainel vivo, circa la futura stagione della politica di coesione (post2020), ed il contributo al settore culturale che essa continueràad assicurare.

Oriana CuccuEconomista, ha condotto valutazioni di progetti e programmi, studi e ri-cerche principalmente sui temi dell’economia ambientale, dell’economiadelle risorse culturali e del turismo. Ha maturato una lunghissima esperienza nella programmazione e valu-tazione delle politiche di coesione comunitarie e nazionali in qualità diComponente del Nucleo di valutazione e analisi per la programmazione– Dipartimento per le politiche di coesione (NUVAP) presso il Dipartimentoper le politiche di coesione della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Ha svolto attività di valutazione, ricerca e consulenza per Enti pubblici eprivati collaborando stabilmente all’attività del Centro Studi sui problemidel Lavoro, dell’Economia e dello Sviluppo (Cles).

Anna MisianiComponente del Nucleo di valutazione e analisi per la programmazione(NUVAP) presso il Dipartimento per le politiche di coesione della Presi-denza del Consiglio dei Ministri, ha maturato una pluriennale esperienzanella programmazione, analisi e valutazione di politiche, programmi eprogetti aventi finalità di tutela, conservazione e valorizzazione delle ri-sorse culturali, anche nell’ambito di strategie di sviluppo locale e turistico.Ha in particolare seguito queste tematiche nel quadro della politica dicoesione comunitaria, dei programmi della cooperazione territoriale eu-ropea e del partenariato euro-mediterraneo, operando per conto di am-ministrazioni centrali (Ministero dei beni delle attività culturali e del turi-smo, Ministero Affari Esteri), regionali (Regione Lazio), di enti privati(IMED-Istituto per il Mediterraneo, RTI Civita-Ecoter-Cles), e altri soggettinazionali e internazionali coinvolti nei processi di programmazione, at-tuazione e valutazione.

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Nell’ambito dei Colloqui internazionali Ravello Lab di que-st’anno, la Direzione generale Bilancio del Ministero dei

beni e delle attività culturali e del turismo ha proposto una ri-flessione sul tema della “valutazione”, quale componentefondamentale delle politiche di investimento pubblico sul pa-trimonio culturale. Le argomentazioni a favore di un approcciodi tipo valutativo che investa in modo sistemico il processo diprogrammazione delle risorse sono infatti molteplici: dallaconsiderazione che il patrimonio culturale italiano è costituitoda “beni pubblici” che richiedono l’intervento dello Stato acompensazione della mancata o insufficiente sostenibilità eco-nomica degli investimenti; alla consapevolezza che conoscereil suo valore, anche in termini di redditività, serve ad ottimizzarel’impiego delle risorse; alla constatazione che le risorse di-sponibili sono generalmente insufficienti a soddisfare i fabbi-sogni, nonostante l’aumento degli stanziamenti di bilancio edi provvedimenti legislativi emanati ad hoc negli ultimi anni(dal Piano Grandi Progetti previsto dalla legge 106/2014, alFondo Tutela previsto dalla legge 190/2014) ai quali si sono ag-giunte le risorse straordinarie (FSC) e comunitarie (PONCultura, etc.) per non citare che le principali fonti, che portanoil bilancio del MiBACT a circa due miliardi di euro.Peraltro il tema della sostenibilità economica non è nuovo,date le inesauribili necessità del patrimonio culturale italiano,caratterizzato da un’estrema frammentazione e diffusione sulterritorio nazionale. Già nella Carta del restauro di Venezia del1972, per citare il passato più recente, si prevedeva una pro-grammazione annuale dei “lavori di salvaguardia e restaurodel patrimonio culturale ritenuti necessari”, da quantificarsisulla base di precise valutazioni tecniche e finanziarie1. Attual-mente, le norme sugli appalti pubblici, oggi condensate nelD.Lgs. 50/2016 e nelle altre norme di settore2, prescrivonol’obbligo per le Amministrazioni di indicare, all’interno deiprogrammi annuali e triennali di spesa, i criteri utilizzati per ladefinizione dell’ordine di priorità degli interventi e per l’inclu-sione dei lavori nel programma. Alle norme suddette va aggiunta poi una serie di provvedimentivolti ad avviare processi di modernizzazione nelle pubblicheamministrazioni, con particolare riguardo alla misurazione deirisultati delle policies di settore: dall’istituzione di appositi or-ganismi di valutazione, i Nuclei di valutazione e verifica degliinvestimenti pubblici3 ad altri provvedimenti volti a razionalizzarela finanza pubblica, emanati tra il 2009 ed il 2011 ma in vigore

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Valutare per programmare

Paola Raffaella David

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1 Carta di Venezia - Art. 5. - Ogni Soprintendenzaed Istituto responsabile in materia di conser-vazione del patrimonio storico-artistico e cul-turale compilerà un programma annuale especificato dei lavori di salvaguardia e di re-stauro nonché delle ricerche nel sottosuolo esott'acqua, da compiersi per conto sia delloStato sia di altri Enti o persone, che sarà ap-provato dal Ministero della Pubblica Istruzionesu conforme parere del Consiglio Superioredelle Antichità e Belle Arti. Nell'ambito di taleprogramma, anche successivamente alla pre-sentazione dello stesso, qualsiasi interventosulle opere di cui all'art. 1 dovrà essere illu-strato e giustificato (una relazione tecnicadalla quale risulteranno, oltre alle vicissitudiniconservative dell'opera, lo stato attuale dellamedesima, la natura degli interventi ritenutinecessari e la spesa occorrente per farvifronte. Detta relazione sarà parimenti approvatadal Ministero della Pubblica Istruzione, previo,per i casi emergenti o dubbi e per quelliprevisti dalla legge, parere del Consiglio Su-periore delle Antichità e Belle Arti.2 Cfr. il Regolamento n. 374/2017 sugli appaltipubblici di lavori riguardanti i beni culturali, invigore dall’11 novembre 2017, emanato aisensi dell’art. 146 c. 4 del D.Lgs. 50/2016.Cfr. anche le previsioni dell’art. 21 comma 8del D.Lgs. 50/2016 e s. m. i. che prevede undecreto interministeriale MIT-MEF (in itinere)relativo ai criteri di inclusione delle opere pub-bliche nei documenti di programmazione deiMinisteri.3 Ad integrazione della legge 144/1999, istitutivadei Nuclei di valutazione e verifica degli inve-stimenti, nel 2012 è stato emanato il DPCM31.12.12 n.262 che ha fornito ulteriori indicazionisui compiti e sul funzionamento dei Nucleiistituiti presso le amministrazioni dello Stato.I compiti potenzialmente attribuibili ad essiperaltro sono ampi: le amministrazioni, possonoinfatti impiegare le competenze di tali organismianche per il miglioramento dei processi di in-novazione e cambiamento organizzativo ovverocome supporto tecnico-metodologico nellematerie giuridico- amministrative etc.

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dal marzo 20154. Obbiettivo principale di tali previsioni legislativeè stato quello di razionalizzare le procedure di spesa e renderepossibile la tracciabilità dell’iter di realizzazione delle operepubbliche, delineando nel dettaglio l’articolazione dei processidi programmazione, dalle modalità di ricognizione dei fabbisogni,alle metodologie di valutazione dei progetti e degli interventi,dal monitoraggio in itinere alla valutazione ex post degli inter-venti5, attività tutte prescritte da due importanti documentiprevisti in tali norme: le Linee guida standardizzate per la va-lutazione degli investimenti ed il Documento Pluriennale diPianificazione (DPP) contenente il programma triennale degliinvestimenti di ciascuna Amministrazione6.

Le criticità

Tuttavia l’attuazione rigorosa di una prospettiva valutativa ingrado di introdurre meccanismi innovativi nella pianificazionedella spesa pubblica, utilizzando criteri di valutazione chiari,motivati e trasparenti ed efficaci strumenti di controllo dei pro-cessi, nel caso degli investimenti sul patrimonio culturale,comporta alcune criticità. Il primo ostacolo, forse il più difficil-mente aggirabile, è costituito dal problema di valutare – intermini di redditività – investimenti la cui indispensabilità nonderiva da una domanda di mercato ma da precisi obblighi co-stituzionali e dalle normative sulla tutela: non è semplicemisurare il valore economico di investimenti finalizzati al “pub-blico godimento” del patrimonio culturale, come veniva definitala “fruizione” nella vecchia legge di tutela la 1089 del 1939.Inoltre, le misurazioni applicate alla valutazione degli investimenti,nel caso dei “luoghi della cultura”, fondate su dati quantitativi(le tariffe dei biglietti e/o il numero dei visitatori ove presentietc.) non esauriscono il problema del valore economico com-plessivo dell’investimento: la valorizzazione, infatti, è difficilmenteisolabile dal cosiddetto preservation value (valore complessivodi tutela) il cui driver è rappresentato dalla tutela che, non acaso, nella relazione di accompagnamento al Codice del 2004veniva identificata come la “variabile indipendente” del binomiotutela/valorizzazione. Tutto ciò – nel momento in cui ci siaccinge ad una revisione degli strumenti oggi utilizzati in sededi programmazione dal Ministero (circolare della programma-zione di “chiamata” dei progetti, indicazione dei criteri dipriorità etc.) – impone di accrescere gli sforzi per individuare

4 Tra il 2009 ed il 2011 hanno visto la luce, inattuazione della legge delega 31 dicembre2009 n. 196, il Decreto legislativo 29 dicembre2011 n. 228 recante “Attuazione dell’art.30comma 9 lett. a) b) c) e d) della legge 31 di-cembre 2009 n. 196 in materia di valutazionedegli investimenti relativi ad opere pubbliche”(in vigore dal 20/3/2015) e il D.Lgs. 29 dicembre2011 n. 229 recante “Attuazione dell’art.30comma 9 lett. e) f) e g) della legge 31 dicembre2009 n. 196 in materia di procedure di moni-toraggio sullo stato di attuazione delle operepubbliche, di verifica dell’utilizzo dei finanzia-menti nei tempi previsti e costituzione delFondo opere e del Fondo progetti” (in vigoredal 20/3/2015). 5 Ai sensi del D.Lgs.229/2011 la tracciabilitàdell’iter realizzativo degli interventi è assicuratadall’istituzione di un sistema nazionale di mo-nitoraggio delle opere pubbliche, la Bancadati delle amministrazioni pubbliche, detenutadalla Ragioneria Generale dello Stato, conte-nente le informazioni anagrafiche, finanziarie,fisiche e procedurali relative a tutte le operefinanziate.6 D.Lgs. 228/2011

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indicatori di misurazione qualitativi oltre che quantitativi, piùadeguati ai beni culturali. Non vanno dimenticate, ad esempio,le esternalità positive che anche l’attività di tutela può produrrein quanto attività volta alla “conservazione programmata” delpatrimonio, che comporta benefici strutturali differiti nel tempoma direttamente legati ad economie di scala locale, e quindida privilegiare, quando possibile, rispetto al restauro unatantum anche sotto il profilo squisitamente metodologico7.Infine non può non riconoscersi che le difficoltà dell’approcciovalutativo al patrimonio culturale siano in qualche modo ri-conducibili anche ai contenuti specifici delle norme di finanzapubblica su richiamate – predisposte per valutare operepubbliche differenti, per dimensioni e soglie di importo (comegrandi infrastrutture territoriali, porti, aeroporti etc.) da quellerelative alla conservazione, al restauro ed alla valorizzazionedei beni culturali. Il contributo del Ministero alla loro redazione,viceversa, avrebbe reso possibile introdurre in esse prescrizionimirate alla specificità degli investimenti culturali, come delresto è avvenuto per le norme sugli appalti e su quelle inmateria di rischio sismico del patrimonio. In questo senso sa-rebbe auspicabile che dalle giornate di Ravello potesse emergereuna proposta volta a produrre possibili affinamenti delle normein questione per adeguarle alle tipicità ed alla “taglia” ridottadegli investimenti sui beni culturali.

Le azioni avviate

Nel quadro delineato, le azioni che il Ministero ha avviato suitemi della valutazione possono essere ricondotte, da un lato,alle nuove competenze assegnate alla Direzione generale Bi-lancio dal decreto di riorganizzazione del MiBACT8 in materiadi valutazione e monitoraggio degli investimenti e, dall’altro,all’attività di revisione degli strumenti di programmazione at-tualmente utilizzati, che la Direzione generale Bilancio haavviato nel corso di quest’anno con il supporto del Nucleo divalutazione. Per quanto riguarda la revisione dei processi diprogrammazione, obbiettivo dell’Amministrazione è statoquello di definire un modello valutativo, aggiornato, versatilee flessibile, in grado di adattarsi alle diverse tipologie di inter-vento sui beni e di accompagnare tutto il ciclo della program-mazione: dalla ricognizione dei fabbisogni alla valutazione exante delle opere; dalla selezione alla valutazione ex post delle

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7 Cfr. tra gli altri, Stefano Della Torre, Conser-vazione programmata: i risvolti economici diun cambio di paradigma, in: Il capitale culturale,I, 2010, pp. 47-55.8 D.P.C.M. 171/2014, art. 24 e D.M. 27 /11/2014.

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opere, attività indispensabile, accanto al monitoraggio, perverificare l’efficacia degli investimenti e prevedere eventualicorrezioni. A tal fine è stata predisposta una nuova SCHEDAdi programmazione relativa agli interventi che ciascun Istitutointende proporre al finanziamento. La scheda costituisce unostrumento utile ad accrescere, per quanto possibile, l’oggettivitàdelle scelte limitando i livelli di discrezionalità o errore e a“guidare” l’attività di ricognizione del fabbisogno di tutela ela valutazione ex ante di ciascun intervento. La compilazionedi tale scheda è finalizzata alla verifica dei requisiti minimidell’intervento per l’ammissione al finanziamento, requisitibasati su criteri di priorità “pesati” e raggruppati in tre ma-crosettori (articolati a loro volta in ulteriori 27 sotto-criteri):• criteri di priorità ope legis. Comprendono interventi resi ob-bligatori dalle normative di settore, il completamento dilavori etc. La loro valutazione è di competenza del capod’istituto (peso 60%). • ulteriori criteri di priorità. Comprendono la valutazione dellecaratteristiche del bene, dello stato di conservazione, la pre-senza di piani gestionali e di manutenzione, etc. La loro va-lutazione è di competenza del capo d’istituto (peso 30%). • criteri per la valutazione della strategicità e coerenza dell’in-tervento. Sono riferiti alla coerenza con la Direttiva delMinistro, alle strategie di sviluppo locale, etc. (peso 10%). Laloro valutazione è di competenza della Commissione regionaleper il patrimonio culturale, prevista dall’art. 39 del D.P.C.M.171/2014, lett.l). Al fine di rendere più incisive ed oggettive la valutazione dellepriorità e la comparazione tra gli interventi, nella scheda diprogrammazione sono stati anche inseriti indicatori di realiz-zazione riferiti – a seconda del settore di intervento (archeologia,monumenti, biblioteche etc.) – al miglioramento delle condizionidi conservazione, all’adeguamento alle normative, all’incremento

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della fruizione, al miglioramento dell’efficienza gestionale etc.ed indicatori di risultato (diminuzione del numero di interventifuturi a seguito dell’intervento oggetto di valutazione, riduzionedell’indice di rischio sismico, riduzione dei costi di gestione,numero di normative alle quali l’intervento si adegua etc.). Leproposte di intervento di ciascun istituto sono sintetizzate inuna scheda riepilogativa che stabilisce l’ordine di prioritàdegli interventi redatta da ciascun istituto periferico. Talescheda di riepilogo viene successivamente inviata al Segretariatoregionale competente per territorio per il completamentodella valutazione ex ante già espressa in sede di Istitutoperiferico (90%) e per la pianificazione del quadro esigenzialedi tutti gli istituti periferici presenti nella regione. Tale valutazioneresiduale (10%) viene espressa collegialmente in sede di Com-missione regionale per la tutela prevista dall’art. 39 del DPCM171/20149. A conclusione dell’iter “periferico” della prima fasedel processo di programmazione, che segue una modalitàbottom-up, la graduatoria “regionale” di priorità delle propostedi intervento viene inviata alla Direzione generale Bilancio perl’istruttoria definitiva e per la ripartizione territoriale (su baseregionale) delle risorse secondo le priorità pervenute daiterritori. In questa sede vengono utilizzati alcuni criteri di rife-rimento: il fabbisogno potenziale della regione (FP) e lacapacità di spesa degli istituti presenti (CS) con pesi rispetti-vamente di 80 e 20 punti assegnati come segue:• per il Fabbisogno Potenziale (FP) sono stati utilizzati indicatoriquantitativi correlati al patrimonio (numero di beni presentinella regione, numero di dipendenti da pianta organica etc), in-dicatori di vulnerabilità diretta (sismica, pressione antropica);• per la Capacità di spesa (CS) è stato utilizzato l’indicatoredato dal rapporto tra le uscite ed il totale delle somme di-sponibili nel corso dell’anno (velocità di spesa) ed i costimedi parametrici correlati agli interventi.Infine, dopo il prescritto parere del Consiglio Superiore deiBeni Culturali, il decreto di approvazione del Ministro concludeil processo di programmazione.Il modello brevemente sintetizzato, ancora in corso di perfe-zionamento, potrà essere applicato in via sperimentale allaprogrammazione triennale dei lavori pubblici prevista dalCodice dei contratti e degli appalti pubblici (D.Lgs. 50/2016)ed alla programmazione finanziata dalla legge 190/2014 perpoi essere progressivamente esteso eventualmente anchealle altre programmazioni. La scheda-progetto, nell’ambito

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9 La Commissione regionale per il patrimonioculturale, prevista dall’art. 39 del D.P.C.M.171/2014, lett. l) “esprime pareri sugli interventida inserire nei programmi annuali e pluriennalie nei relativi piani di spesa, anche sulla basedelle indicazioni degli uffici periferici del Mini-stero”.

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della nuova strumentazione predisposta, rappresenta comunquelo step iniziale ed essenziale di un processo di programmazioneinnovato da una prospettiva maggiormente orientata alla va-lutazione comparativa degli interventi: essa costituisce infattiun efficace strumento di supporto per la ricognizione del fab-bisogno di tutela/valorizzazione del patrimonio, ricognizionenon più solo affidata a sopralluoghi e ad attività ispettiva maanche alla verifica, ad esempio, dei livelli di efficienza degliistituti in tema di manutenzione/gestione del patrimonio (re-dazione dei piani di manutenzione programmata e dei piani digestione dei siti UNESCO, utilizzo “ragionato” delle schedeICCD, redazione della Scheda Tecnica prevista all’art. 16 delRegolamento per i lavori sui beni culturali etc.). In questo senso, la revisione degli strumenti di supporto al pro-cesso di programmazione può efficacemente contribuire nonsolo all’ottimizzazione dell’azioni di policy di settore ed alla ra-zionalizzazione della spesa per gli investimenti culturali maanche al rafforzamento della capacity buildingdell’amministrazionenei processi di programmazione e valutazione degli investimentirelativi all’attività di tutela, valorizzazione e gestione del patrimonioculturale. In particolare, con riferimento specifico ai temi della“gestione” – spesso sottovalutati a vantaggio delle azioni ditutela /valorizzazione viste come conclusive ed esaustive delciclo degli interventi sul patrimonio culturale – sembra utile ri-cordare anche che nella costruzione della candidatura delMiBACT per l’accesso ai fondi del PON Governance e CapacitàIstituzionale 2014-2020, in corso di attuazione, uno dei principaliobbiettivi dell’Amministrazione sia il miglioramento dei criteri edelle pratiche di gestione dei “luoghi della cultura” e la parallelaricerca di spazi di governance multilivello ove sperimentaremodelli di “progettazione integrata” che coinvolgano insiemeal Ministero i vari stakeholders che a vario titolo sono coinvolti,nei territori, nelle politiche relative ai beni culturali.

Paola Raffaella DavidArchitetto, dirigente del Mibact, Master in Management delle Ammini-strazioni Pubbliche (SDA Bocconi ), è stata Soprintendente in varie sediterritoriali (Campania, Basilicata e Toscana) dove ha sviluppato compe-tenze sulla tutela, la valorizzazione e la gestione diretta del patrimonio.Attualmente è Direttore del Servizio I-AAGG e contratti della Direzionegenerale Bilancio dove si occupa prevalentemente di valutazione e mo-nitoraggio degli investimenti sul patrimonio culturale con il supporto delNUVV del Ministero di recente istituito.Accanto agli incarichi istituzionali nel Ministero ha svolto attività di docenzanella materia del restauro in vari atenei italiani (Ferrara, Roma “La Sa-pienza”, Università di Napoli 2 , Opificio delle Pietre Dure) ed attivitàpubblicistica.

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La Provincia di Brescia, nel ruolo di capofila, FondazioneFranciacorta e Federculture nel ruolo di partner hanno spe-

rimentato il progetto “Franciacorta Terre Culture e Vini. Il can-tiere di progettazione culturale integrata”.Il “Cantiere di progettazione” è un’innovativa iniziativa labo-ratoriale messa a punto da Federculture (Associazione Nazio-nale di enti e aziende che operano per la valorizzazioneculturale) per far emergere le potenzialità della valorizzazioneintegrata delle risorse identitarie del territorio con l’attivo coin-volgimento degli attori locali, pubblici e privati, alla fase pro-gettuale.In Franciacorta una coerente strategia di valorizzazione terri-toriale che sappia coniugare produzione vitivinicola, paesag-gio e cultura, può contribuire concretamente:• a rafforzare i valori identitari e il rapporto tra produzione vi-tivinicola e territorio, contro i pericoli dell’ omologazione edella replicabilità dei prodotti;• ad innalzare la capacità di attrazione dei flussi turistici;• a sostenere lo sviluppo economico locale, perché si lavora esi produce meglio dove c’è una migliore qualità della vita.Il progetto è stato proposto a Fondazione Cariplo e ha ricevutoun contributo nel dicembre 2015 . Con Decreto del Presidentedella Provincia dell’aprile 2016, sono stati approvati lo Schemadi Protocollo d’intenti e il Piano Finanziario fra FondazioneFranciacorta e Federculture ; da quel momento ha preso il viaformalmente il “Cantiere” che ha visto nell’appuntamento diavvio, il primo momento di condivisione con gli operatori dellaFranciacorta.Le fasi del progetto hanno avuto luogo a maggio, (fase di avvioe di analisi) ad ottobre ( fase laboratoriale fra gli operatori) e adicembre 2016 (fase di restituzione finale).Nonostante la Franciacorta venga percepita all’esterno comeun territorio che esprime una forte identità per le produzionivitivinicole, in realtà manca ancora di un’idea condivisa di svi-luppo economico e di una strategia organica che ne valorizzil’identità nelle sue multiformi articolazioni culturali, paesaggi-stiche e produttive. Non vi è dubbio che la valorizzazione dei tratti identitari di que-ste terre, in una visione di area vasta, sia destinato a produrreun duplice effetto: quello di rafforzare la notorietà dei prodottivitivinicoli e quello di conferire al territorio una maggiore com-petitività economica, non solo in campo turistico.

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Franciacorta terre culture e vini: un cantiere di sperimentazione della

progettazione culturale integrataPaola Faroni

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Il risultato più significativo del Cantiere è stato quello di age-volare il recupero di un processo di scambio e confronto fra idiversi soggetti che operano in Franciacorta, pubblici e privati.In molti casi gli oltre cento partecipanti ai diversi incontri e la-boratori, hanno rimosso barriere ideologiche e visioni indivi-dualistiche per mettersi a disposizione del confronto e delCantiere per identificare soluzioni comuni e condivise. I parte-cipanti hanno riconosciuto nel metodo del Cantiere un’impor-tante occasione per tenere alta l’attenzione sui temi dellosviluppo della cultura del paesaggio all’interno di un consessoche non è quello ristretto dei soli addetti ai lavori.

Le azioni prioritarie identificate dal Cantiere

Il dibattito sviluppatosi durante il Cantiere ha fatto emergere ematurare la consapevolezza che nello scenario franciacortinoil patrimonio culturale, i paesaggi, le tipicità produttive locali,la creatività, la crescita del senso di appartenenza, la parteci- Francesco Caruso e Paola Faroni.

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pazione delle comunità, i servizi alla persona (turista o resi-dente che sia), il cibo, il benessere fisico e psicologico e, piùin generale, tutto ciò che può rafforzare l’identità del territorioe la qualità della vita deve essere posto al centro di una rinno-vata e condivisa strategia di sviluppo.Dagli incontri, in particolare, sono emerse 3 parole chiave chedovranno formare il cuore di questa strategia:• centralità,• coordinamento• aggregazioneLa strategia dovrà porre al centro della propria azione le co-munità locali (dei residenti) e il miglioramento della qualitàdella vita, perché non si trasformi la Franciacorta in un parcoa tema (vitivinicolo o commerciale) oppure in un paesaggiomusealizzato, poco attrattivo, ad esempio, per le giovani ge-nerazioni. La centralità della cultura, intesa nella sua accezionepiù estesa, può garantire uno sviluppo sostenibile ed equili-brato quanto a tutela e sviluppo economico. Infine la centralitàdel turista, purché nel rispetto di chi vive e lavora in Francia-corta, del territorio e del paesaggio.La strategia sarà impostata avendo a mente la necessità di co-

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ordinare la programmazione e l’attuazione degli interventi, im-pedendo casi di frammentazione o discrasie i cui effetti, sulterritorio, possono essere anche permanenti. La costruzione diuna rinnovata immagine del territorio e la conseguente pro-mozione dovranno essere coordinate e soprattutto dovrannorispecchiarsi con la realtà territoriale. Infine la strategia dovràricercare di raggiungere un modello di coordinamento e inte-grazione dell’accessibilità fisica, ma anche sui contenuti, svi-luppando quindi, un rinnovato racconto del territoriofranciacortino.La strategia di sviluppo dovrà rispondere all’esigenza di aggre-gazione sia degli enti, pubblici e privati, perché solo in questomodo una strategia condivisa guadagna la sua sostenibilità fu-tura, sia dei servizi e degli operatori, perché l’integrazione è lamodalità attraverso cui si genera sviluppo locale.

Strategie per il futuro

Avendo come base della strategia questi tre concetti, sonostati enunciati alcuni importanti orientamenti, tra cui:• definizione di un innovativo approccio di governance, orien-tato alla cooperazione e alla relazionalità, con una prospettivapluriennale e una natura contrattuale vincolante per i parte-cipanti, in cui le politiche pubbliche siano in grado di suppor-tare azioni relazionali, e, nel contempo, i decisori localiricoprano il ruolo di facilitatori delle medesime, al fine di per-mettere una co-partecipazione anche ai soggetti privati;• creazione di una cabina di regia che si faccia carico dall’im-plementazione della progettazione integrata d’area vasta;• fornire supporto alla governance del PTRA (Piano territorialeregionale d’Area) soprattutto per quanto riguarda gli aspetticulturali e creativi che non trovano nella cornice del Piano ilriconoscimento di fattori leva per lo sviluppo territoriale;• progettazione esecutiva all’interno delle filiere di valorizza-zione di: Wellness/Salute, Risorse Culturali, Servizi turistici,Scuola;• definizione di un piano di capacity building per gli ammini-stratori pubblici e per gli operatori del settore turistico;• realizzazione di un piano di azione interdisciplinare sulla mo-bilità che contribuisca, attraverso una più efficace organizza-zione della mobilità turistica e dei servizi annessi, allo

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sviluppo turistico della Franciacorta, con particolare riferi-mento alla domanda autonoma ed esperienziale. Il pianoverrà attuato, tra gli altri interventi, dalla realizzazione di unsistema informativo, dall’integrazione e completamento deipercorsi ciclopedonali, dalla realizzazione di una rete di ser-vizi turistici di ospitalità a supporto.

“Un paesaggio che risulta frammentato, connotato da contrastistridenti, faticoso da vivere, confuso da percepire, difficoltosoda comprendere e problematico da attraversare, rende evi-dente la difficoltà di produrre, attraverso la molteplicità delleistanze sociali e delle politiche pubbliche, una sintesi di sensocondivisa, e diviene quindi evidente la testimonianza di un pro-cesso di degrado che, originandosi dal decadimento delle com-ponenti fisico-biologiche e strutturali, influisce negativamentesui comportamenti sociali e sulla stessa qualità di vita.”

Le prossime azioni che dovranno essere avviate, dovranno sol-lecitare, perseguendo strade differenti, in primis la program-mazione europea, i contributi finalizzati allo studio, alla ricercae in genere all’innalzamento della conoscenza e della tecnolo-gia di tutti i campi d’intervento identificati.Infatti, se correttamente sviluppati, questi potranno contribuirein modo non marginale all’innalzamento complessivo dellacompetitività territoriale della Franciacorta.

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BibliografiaAnderson B. (1999). Franciacorta. Milano: Mondadori EditoreGalli M. e Rocca A. (2015). Franciacorta. La rigenerazione territoriale attraverso lavalorizzazione del patrimonio dismesso. Tesi di laurea magistrale al Politecnicodi Milano a.a. 2014-2015

La Stampa Italia (2016). Christo moltiplica i turisti: il Lago d’Iseo va di moda. 18agosto

Regione Lombardia. PTRA della Franciacorta. 1° Conferenza di Valutazione. Do-cumento Preliminare di Piano. Direzione Generale Territorio, Urbanistica e Di-fesa del suolo. 12 Ottobre

Teodori C. (2016). “Il Franciacorta stappa altri successi ma ora servono forti inve-stimenti”. Il Giornale di Brescia

Zaidi A. e Zolyomi E. (2012). Quaderni Europei sul nuovo Welfare, n.19

SitografiaAccordo tra comuni Terra di Franciacorta: http://www.terradellafranciacorta.it/

Paola FaroniLaureata in Architettura presso il Politecnico di Milano, ha conseguito ilDottorato di Ricerca in Design e un Master in Management dei Beni edei Sevizi Culturali.Il ruolo di dirigente responsabile dell’Edilizia monumentale e della Valo-rizzazione del Museo di Santa Giulia a Brescia, le ha consentito di appli-care operativamente e per eventi di straordinaria importanza, le compe-tenze di gestione manageriale di un evento culturale in tutti i suoi aspetti.È stata, fra l’altro, al tavolo di coordinamento del percorso per l’otteni-mento della candidatura Unesco del sito di Brescia “Italia Langobardo-rum”; ha coordinato lo studio di fattibilità della valorizzazione del colleCidneo e della fortezza di Brescia e il “Cantiere di Progettazione – Fran-ciacorta Terre, Culture e Vini” con Federculture, Fondazione Franciacortae Fondazione Cariplo.Si occupa ora di valorizzazione al Settore Monumentale della Provincia diBrescia.

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Il titolo del contributo che mi è stato richiesto sintetizza unadelle ipotesi sulla quale si sono confrontati i partecipanti delPanel 1 Pianificazione strategica, progettazione e valutazionenella seconda giornata dei Colloqui Internazionali di RavelloLab Edizione 2017, ossia, se il modello di Piano di gestione,proposto per i Siti UNESCO italiani nel 2004 dall’alloraMinistero per i beni e le attività culturali, possa essere utilizzato,con i dovuti adattamenti, per impostare processi di valorizzazioneintegrata territoriale.La mia opinione in merito è positiva; ciò non solamente per ilcarattere territoriale che caratterizza il modello di Piano di ge-stione, plasmato anche sull’impostazione internazionale el’esperienza dei sistemi culturali territoriali, ma anche e so-prattutto per l’attualità dei criteri che hanno guidato la Com-missione ministeriale che l’ha elaborato.Nel 2002 il Comitato del Patrimonio Mondiale richiese agli StatiParte della Convenzione sulla protezione del patrimonio culturalee naturale del 19721 di sostenere la salvaguardia del patrimoniomondiale attraverso adeguate attività che, in un giusto equilibriotra conservazione, sostenibilità e sviluppo, potessero contribuireallo sviluppo socio-economico e alla qualità della vita delle co-munità ospitanti i beni; tale obiettivo, secondo la Dichiarazionedi Budapest adottata dal Comitato del Patrimonio Mondiale2,doveva essere perseguito mediante azioni e strumenti di tutelae gestione dei beni, ed efficaci strategie di comunicazione, edu-cazione, ricerca, formazione e sensibilizzazione, con il coinvol-gimento attivo degli enti locali a tutti i livelli.L’UNESCO non diede indicazioni operative agli Stati3, lasciandoche ciascun Paese adottasse l’approccio più consono alleproprie tradizioni, istituzioni, normative. Il Ministero italianoistituì quindi una Commissione consultiva4 incaricata di fornireorientamenti e linee guida per la redazione e l’attuazione deiPiani di gestione dei Siti già iscritti nella Lista UNESCO e per iSiti da iscrivere. I componenti della Commissione, appartenentia diverse professionalità ed aree disciplinari, hanno svolto unlavoro preliminare di analisi delle esperienze già attuate inItalia e all’estero, fornendo un contributo concettuale e meto-dologico, ciascuno nel proprio settore di competenza, sintetizzatonelle Linee guida presentate a Paestum nel maggio del 20045.Le Linee guida si fondano su alcuni concetti basilari, alcunidei quali forse solo oggi possiamo definire maturi: • l’imprescindibilità di una efficiente gestione “integrata” dei beni; • la necessità di passare da una mera tutela passiva ad una

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I Piani di gestione dei Siti UNESCO italianicome possibile modello per la

valorizzazione integrata territorialeAngela Maria Ferroni

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1 The 1972 World Heritage Convention(http://whc.unesco.org/en/convention/).2 WHC.02/CONF.202/05 The Budapest Decla-ration on World Heritage (http://whc.unesco.org/en/documents/1334)3 Riferimenti utili su questo tema nel volumepubblicato dall’ICCROM: B.M. Feilden and J.Jokilehto, Management Guidelines for WorldCultural Heritage Sites, Rome, 1998, e in“World Heritage”, 31, 2003, Giora Solar, Sitemanagement plans: What are they all about?,pp. 22 – 23.4 La Commissione era costituita da On.le Ni-cola Bono, Presidente; Dott. Roberto Celli, Di-rigente d’impresa; Prof. Avv. GiuseppeFauceglia, Facoltà di Giurisprudenza -Universitàdi Salerno; Prof. Luca Ferrucci, Facoltà di Eco-nomia – Università di Perugia; Prof. Avv. FeliceGiuffrè, Facoltà di Giurisprudenza - Universitàdi Catania; Arch. Manuel R. Guido, Ministeroper i Beni e le Attività Culturali; Prof.ssa TatianaKirova, Facoltà di Architettura II – Politecnico diTorino; Prof. Arch. Pietro Laureano, Facoltà diArchitettura, Politecnico di Bari; Prof. MassimoPaoli, Facoltà di Economia – Università di Peru-gia; Prof. Walter Santagata, Dipartimento diEconomia – Università di Torino; Prof. Lucio Pa-squale Scandizzo, Facoltà di Economia – Uni-versità Tor Vergata Roma; Dott. AlessandroSchiavone, Dirigente d’impresa; Prof. TommasoSediari, Facoltà di Economia – Università di Pe-rugia; Dott.ssa Anna Maria Trimarchi, Ministeroper i Beni e le Attività Culturali; Prof. Pietro Va-lentino, Facoltà di Economia – Università diRoma “La Sapienza”; Prof. Felice Vertullo, Fa-coltà di Economia – Università di Perugia.5 Ministero per i Beni e le Attività Culturali.Commissione Nazionale Siti UNESCO e Si-stemi Turistici Locali, Il modello del Piano di ge-stione dei Beni Culturali iscritti alla lista delPatrimonio dell’Umanità - Linee Guida, in Attidella 2a Conferenza Nazionale dei siti UNESCOitaliani - Paestum 25-26 maggio 2004. Oltre leLinee guida della Commissione, per la defini-zione del modello vanno ricordati due studi co-ordinati dall’ Ufficio Lista del patrimonioMondiale UNESCO (arch. M.R. Guido e dr.ssaA.M. Ferroni) con l’obiettivo di sperimentare edapprofondire le metodologie individuate. Ilprimo studio e stato indirizzato alla Definizionedi un modello ed alla sua applicazione in duediversi siti “Parco Nazionale del Cilento e delvallo di Diano con i siti archeologici di Paestume Velia e la Certosa di Padula” e “I Sassi di Ma-tera” . Tale studio è stato affidato alla soc. Ernst& Young Financial Business Advisors S.p.A. Ilsecondo studio è stato finalizzato all’avvio ope-rativo del piano di gestione del sito UNESCO“Le città tardo-barocche della Val di Noto”, af-fidato alla Associazione Mecenate 90.

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tutela attiva, capace di coniugare le istanze di protezione econservazione dei beni con le trasformazioni dei territoriindotte dalle dinamiche socio-economiche; • la consapevolezza del ruolo fattivo della cultura e del patri-monio culturale nei processi di sviluppo sostenibile; • l’importanza della partecipazione delle collettività alla valo-rizzazione del patrimonio6; • la percezione dell’utilità sociale del patrimonio, ecc.Su tali fondamenti il Piano di gestione è stato inteso come unprocesso che persegue gli obiettivi richiesti dall’UNESCO intema di tutela, conservazione e valorizzazione dei Siti, ma lideclina in chiave strategica, estendendoli e rafforzandoli conanaloghi obiettivi di tutela, conservazione e valorizzazionedei territori che li hanno generati e sui quali devono ricaderei benefici economici e sociali derivanti dalle azioni e dalleattività pianificate7.Il marcato carattere “territoriale” del modello di Piano di Ge-stione adottato in Italia incontra quella specificità tutta italianain cui il patrimonio culturale integra in un unico continuum imusei, le città, il paesaggio vissuto e il paesaggio dipinto. Ununico tessuto connettivo dove conoscenza, tutela, gestione efruizione non si possono separare, perché sono momenti in-timamente connessi di un unico processo8. Nel modello ministeriale, il Piano di gestione non si limitapertanto a prendere in considerazione il solo perimetro delsito UNESCO e della sua zona tampone (buffer zone), maun’area di riferimento molto più estesa che di volta in voltapuò mutare in relazione agli obiettivi che si intendono perse-guire, costituendo pertanto una delimitazione virtuale “a geo-metria variabile”. L’accento sulla necessità di integrare le risorse a livello terri-toriale non considera il solo patrimonio culturale, materialeed immateriale, ma comprende ovviamente anche il patrimonionaturale, come tutte le altre risorse endogene presenti sui ter-ritori. Nella fase di analisi dello stato di fatto, propedeuticaalla fase pianificatoria, nel Piano di gestione vengono pertantosviluppate indagini conoscitive che approfondiscono sia glielementi di interesse culturale presenti nell’area, sia gli altriaspetti che caratterizzano l’identità territoriale e socio economicadel “territorio di riferimento”; si tratta quindi di un momentodi valutazione di tutte le risorse territoriali, teso a definire lerelative gerarchie e dunque il posizionamento dei vari elementisul mercato di riferimento9.

6 Un criterio veramente innovativo, che anti-cipa le riflessioni sul Patrimonio Mondiale avalle della “Convenzione quadro del Consigliod‘Europa sul valore del patrimonio culturaleper la società”, nota come Convenzione diFaro, che il nostro Governo stenta ancora a ra-tificare.7 Sulla metodologia dei Piani di gestione, oltrealle Linee guida, approfondimenti in: M. Ro-berto Guido, La gestione del paesaggio cultu-rale. Problemi, metodi e strumenti, in P.E.Falini (a cura di), Lucus – Luoghi sacri in Eu-ropa, Spoleto 2006, pp. 181-218; Angela M.Ferroni, I Piani di gestione per i Siti UNESCOitaliani, in M.R. Guido, A.M. Ferroni, S. Patri-gnani (a cura di ), Il libro bianco. Legge n.77/2006, pp. 84-113.8 Settis S., Italia S.p.A. L’assalto al patrimonioculturale, in part. p. 59 e 90.9 Si possono applicare a tal fine specifiche tec-niche di indagine statistica quali l’analisi di tipoSWOT (Strenghs, Weacknesses, Opportuni-ties, Threats), l’analisi cluster , ecc.

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Come evidente, in questo senso il modello proposto dal Mini-stero per il Piano di gestione dei Siti UNESCO si mostra comeun piano di valorizzazione territoriale integrata10. Per le sue fi-nalità il Piano di gestione è infatti uno strumento che informasullo stato dei beni culturali, individua le risorse territoriali daintegrare nel processo di valorizzazione, identifica le potenzialitàma anche le criticità da risolvere per la tutela e la valorizzazione,selezionando le modalità più idonee per attuare un sistema diazioni – strutturate per i differenti ambiti affrontati – e sostenereuna politica di sviluppo locale sostenibile, di cui lo stessoPiano valuta con sistematicità i risultati. Il Piano di gestione si configura anche come strumentooperativo perché accanto agli obiettivi, individua e definiscepuntualmente le strategie e le azioni che si intende mettere incampo, identificando per ogni progetto i soggetti attuatori, lerisorse umane e i mezzi da mettere in campo, le fonti di finan-ziamento, i tempi di attuazione, gli indicatori di risultato. Unaprogrammazione integrata, dunque, fra oggetti e soggettidiversi, sia in termini orizzontali (piani e programmi che ap-partengono allo stesso livello) che verticali (che appartengonoad una gerarchia).L’identificazione dei soggetti competenti o portatori di interessicostituisce, nella fase propedeutica al Piano, un ulteriore, fon-damentale passaggio, insieme all’individuazione degli strumentidi tipo normativo, amministrativo, finanziario, tecnico e di co-municazione già attivati o potenzialmente presenti nel sito enel territorio di riferimento. Nella elaborazione ed attuazionedel Piano di gestione sono chiamati e coinvolti numerosi sog-getti, di natura pubblica e privata; anche su un Sito didimensioni ridotte si possono infatti concentrare molteplicicompetenze ed interessi. In quest’ottica il tema della governance si è rivelato nel tempouno dei principali nodi, soprattutto nella fase di attuazione deiPiani, e negli ultimi anni viene affrontato sin dalle prime fasidi redazione, durante il lavoro di candidatura dei Siti. I Piani digestione più recenti individuano più chiaramente le modalitàdi attuazione e coordinamento del processo, identificandoanche la struttura gestionale più idonea a governarlo: un’as-sociazione nel caso del Sito “I Longobardi in Italia. I luoghidel potere” e del Sito “Paesaggi vitivinicoli del Piemonte.Langhe, Roero e Monferrato”, una fondazione nel caso delle“Dolomiti” e del Sito “Palermo arabo-normanna e le cattedralidi Cefalù e Monreale”. Si tratta, nei casi citati, di siti seriali,

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10 A.M. Ferroni, S. Patrignani, Esperienze dipartenariato nei programmi di valorizzazioneterritoriale integrata, in R. GROSSI (a cura di),Una strategia per la cultura. Una strategia peril paese, IX Rapporto Annuale Federculture,24 Ore cultura, Roma 2013, pp. 201-214; EAD.La valorizzazione territoriale integrata, inNuova progettualità tra cultura e sviluppo “so-stenibile”, FORUM P.A., Roma maggio 2011,Ministero per i beni e le attività culturali 2011,p. 18 ss.

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secondo le definizioni dell’UNESCO, composti cioè da più ele-menti, e di paesaggi culturali, tipologie di beni comunquequasi sempre territorialmente molto estesi ed articolati. Individuare la forma di governancemigliore per i Siti UNESCOè un tema molto dibattuto11, ma di non semplice soluzione. Levariabili in gioco sono molteplici: la tipologia del Sito, la suaestensione, il numero e la varietà dei soggetti coinvolti, lanatura di tali soggetti ed il loro ruolo nell’ambito del sito. Dif-ferenti sono infatti la funzione e la responsabilità del soggettocosiddetto gestore del Sito UNESCO quando esso a tutti glieffetti è “titolare del bene” iscritto nella Lista, come accadenel caso ad esempio di un sito archeologico di proprietà e ge-stione dello Stato (es. “Necropoli etrusche di Cerveteri e Tar-quinia”) o di un sito archeologico interamente dato in conces-sione dallo Stato (“Area archeologica di Aquileia”). Per sommi capi possiamo dire che ad oggi per i Siti UNESCO,oltre alle forme di gestione diretta, sono stati sperimentativari modelli di governance/modalità di coordinamento, chevanno da semplici tavoli di concertazione sanciti da un atto diintesa tra i partner istituzionali (es. per la parte italiana delSito “Siti palafitticoli dell’arco alpino”), ad Uffici UNESCOistituiti ai sensi di un accordo di programma, come nel casodel paesaggio culturale “Portovenere, Cinque Terre e IsolePalmaria, Tino e Tinetto”, o costituiti all’interno delle ammini-strazioni comunali, come nella maggioranza dei centri storicipresenti nella Lista (es. “Centro storico di Firenze”, “Venezia ela sua laguna”, “Città di Verona”, “Centro storico di Siena”,ecc.). Abbiamo poi Siti governati da altri tipi di Enti territoriali- come le regioni (es. Toscana per le “Ville e giardini medicei”),la Comunità montana nel caso dell’ “Arte rupestre della Valca-monica”, gli Enti Parco (es, “Monte Etna”)-, da Associazioni,Fondazioni e, casi isolati, la Società Val d’Orcia s.r.l. e il Centrodi Ateneo per l’”Orto botanico di Padova”12.Certamente, al di là della forma giuridica prescelta per riunire

11 A fine ottobre si è svolto in Valle Camonica,presso il Museo Nazionale di preistoria di ValleCamonica il Convegno “Il soggetto è respon-sabile? Modelli e percorsi di gestione per losviluppo dei siti Unesco”, che ha visto un con-fronto diretto sul tema tra i siti Unesco lom-bardi e non, nel quale Amministrazioni locali,operatori culturali dei territori e soggetti ge-stori di Siti Unesco hanno portato la loro espe-rienza.12 Per una disamina aggiornata, cfr. T. Brasioli,I Piani di gestione italiani dei Siti UNESCO:quadro sinottico, in Rapporto sullo stato dellepolitiche per il paesaggio, a cura del Ministerodei Beni e delle Attività Culturali e del Turismoe dell’Osservatorio Nazionale per la qualità delpaesaggio, 2017.

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tutti gli stakeholder intorno ad uno stesso tavolo per condividereobiettivi e strategie, contano molto le competenze messe incampo. Inizialmente, oltre al limitato interesse da parte deisoggetti coinvolti nel processo di gestione dei Siti UNESCO,si poteva rilevare anche una scarsa comprensione del modellodi Piano di gestione proposto dal Ministero, dovuta forseanche al fatto che le amministrazioni non erano ancora pronteper avviare processi di sviluppo fondati sulle identità locali esulla valorizzazione delle risorse endogene dei territori,mettendo a sistema risorse e mezzi. Con il tempo si è assistitoad un generale innalzamento della capacity building, un in-nalzamento favorito anche dalla crisi economica, ma facilitatodal continuo e proficuo scambio di buone pratiche che daanni ormai si attua sul tema della gestione dei Siti UNESCO,supportato dalle azioni e dalle iniziative messe in campoanche dal Ministero13. Più recentemente alcune Regioni sisono attivate come punto di riferimento e di coordinamentoper i beni iscritti nei loro territori e non solo come entierogatori di finanziamenti per le attività dei Siti14.Nel tempo è cresciuta anche l’attenzione verso i valori ricono-sciuti dall’UNESCO ed è maturata la consapevolezza dell’im-portanza dei Siti UNESCO ai fini dello sviluppo; conseguente-mente si è innalzato l’interesse per la loro salvaguardia. Lafunzione del Piano di gestione, quale strumento di pianificazionecondiviso, strategico ed operativo, è quindi oggi maggiormentesentita; lo testimoniano anche i numerosi aggiornamenti deiPiani esistenti, che mostrano una visione più ampia e strategicaed un coinvolgimento sempre più attivo delle comunità. La gestione, in capo al Ministero - Segretariato generale, dellalegge 77/2006 Misure speciali di tutela e fruizione dei sitiitaliani di interesse culturale, paesaggistico e ambientale,inseriti nella Lista del Patrimonio Mondiale, posti sotto la tuteladell’UNESCO, offre all’Ufficio UNESCO un punto di osservazioneprivilegiato per monitorare l’andamento e l’attività dei SitiUNESCO italiani. Si possono notare, in particolare, negli ultimianni un impegno più stringente da parte delle Amministrazioni,come anche un miglioramento nella progettualità, dovutoproprio alla maggiore chiarezza degli obbiettivi da perseguire,esplicitati nei Piani di gestione. Più in generale si può affermareche anche la legge 77, con l’istituto del soggetto referente15, hacontribuito a stabilizzare i partenariati intorno ai Siti UNESCO ea rafforzare la condivisione e i modelli di governance.Ritornando al quesito iniziale, ritengo dunque che il modello

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13 Il Ministero, che svolge assistenza tecnicaai Siti e ai beni candidati per mezzo dell’UfficioUNESCO, negli anni ha promosso non solo leConferenze Nazionali dei Siti UNESCO, manumerosi workshop, convegni ed incontri avari livelli.14 Ricordo soprattutto la Regione Lombardia ela Regione Piemonte che ha avviato un per-corso di integrazione e coordinamento dei ter-ritori connotati da riconoscimenti UNESCOdiversi (Lista Convenzione 1972; ProgrammaCittà creative; Programma MAB-Man and Bio-sphere).15 Ai sensi dell’art. 2 della Circolare attuativadella legge (Circ. n. 21 del Segretario generaledel 18 maggio 2016) “tutti i soggetti respon-sabili della tutela e/o della gestione di ogniSito UNESCO, nonché gli eventuali altri sog-getti portatori di interesse sul sito e coinvoltia vario titolo nella gestione dello stesso, indi-viduano, con Atto di intesa formalmente sot-toscritto, il soggetto referente”. Tale soggettoè garante presso il Ministero della condivi-sione dei progetti per i quali il Sito UNESCOrichiede i finanziamenti a valere sulla legge edè responsabile della rendicontazione dei pro-getti finanziati.

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di Piano di gestione UNESCO può essere utilizzato perimpostare processi di valorizzazione integrata territoriale anchein aree non caratterizzate dalla presenza di Siti UNESCO o dialtri grandi attrattori culturali. Alcune criticità che solo cinque anni or sono apparivanoancora evidenti nell’elaborazione ed attuazione dei Piani digestione16 si stanno superando, sulla scorta della maggioreesperienza, sul confronto, o anche per indicazioni e riflessioniche pervengono dalla stessa organizzazione internazionale odai suoi organismi consultivi17. Sulla base della normativa vi-gente i modelli di governance si stanno affinando e si stannosperimentando nuove modalità attuative dei processi partecipati;si incrementano le azioni di inclusione sociale, si pianifica dipiù in termini di sostenibilità. Resta ancora da superare il mancato rapporto tra Piano di ge-stione e strumenti di governo del territorio, un aspetto chepuò rivelarsi un vulnus soprattutto per la tutela del paesaggio.Non essendo possibile superare le criticità che si possono ri-scontrare nell’integrare i vari livelli di pianificazione assegnandoefficacia di legge al Piano di gestione (oggi solamente citatonell’art. 3 della legge 77/2006), sarebbe auspicabile che le pia-nificazioni territoriali si integrassero con i Piani di gestione,recependo le perimetrazioni dei Siti e definendo prescrizionid’uso coerenti con le esigenze di salvaguardia dell’OustandingUniversal Value (OUV) riconosciuto dall’Unesco. In questaottica di integrazione sono stati elaborati alcuni Piani Paesag-gistici Regionali (Piemonte, Puglia, Toscana, Friuli VeneziaGiulia), nell’ambito dei quali i Siti Unesco sono stati identificatichiaramente, anche se poi analizzati e trattati in maniera più omeno approfondita18.Un’ulteriore occasione di applicazione/test del modello deiPiani di gestione, che incontra le istanze della valorizzazioneintegrata territoriale, la possiamo trovare nella elaborazionedi quei Piani strategici di cui devono dotarsi i Poli regionalidel Ministero19 per pervenire all’auspicato sistema musealenazionale, nodo non ancora del tutto risolto della riformaFranceschini.

Angela Maria FerroniArcheologo presso il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo,dove si è occupata in particolare di conservazione e gestione del patrimonio,e di valorizzazione territoriale. Dalla fine degli anni Novanta ha seguito le te-matiche legate ai siti del patrimonio mondiale dell’Unesco, coordinandoanche i lavori di candidatura di alcuni beni nella Lista. Esperto ICOMOS eUnesco per la conservazione e la gestione dei siti archeologici.

16 A.M. Ferroni, art. cit. a nota 6.17 Tra i tanti programmi del Centro del Patrimo-nio Mondiale UNESCO citiamo a mo’ di esem-pio World Heritage and SustainableDevelopment; World Heritage and Sustaina-ble Tourism Programm; Sharing best practicesin World Heritage management (disponibili sulsito http://whc.unesco.org/en/convention/).Nell’ambito dei manuali che l’ICCROM dedicaal Patrimonio Mondiale: G.Wijesuriya, J.Thom-pson, C.Young (a cura di), Managing CulturalWorld Heritage, 2013.18 Per una situazione aggiornata della pianifi-cazione paesaggistica in Italia, cfr. Rapportosullo stato delle politiche per il paesaggio, cit.a nota 12.19 Cfr. D.P.C.M. 29 agosto 2014, n. 171, in par-ticolare art. 34 “poli museali regionali”.

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Territori della Cultura

La XII edizione dei colloqui internazionali di Ravello LAB 2017,ha ancora una volta confermato l’assoluto rilievo ed impor-

tanza dei temi affrontati che vanno ad arricchire il già ampiopanorama delle raccomandazione delle edizioni precedenti, inparticolare quella del 2015 e del 2016. Infatti rileggendo le rac-comandazioni di quegli anni, emerge un filo rosso che lega ipercorsi e i Panel, quelli di quest’anno si sono dati come pro-grammi, il primo, La Pianificazione strategica, progettazionee valutazione e il secondo L’impresa culturale tra risultato eco-nomico e valore sociale. Nel seguire il primo Panel, con un occhio rivolto al secondo,ho tratto, da alcuni interventi, spunti di riflessione, alla luce,anche, delle diverse provenienze ed esperienze dei parteci-panti. Il reciproco arricchimento deve innanzi tutto non andaredisperso, deve formare un Forum permanente dove ulterior-mente sviluppare i lavori; questo deve poter essere fatto attra-verso la creazione di un sito dedicato dove raccogliereriflessioni, pensieri, proposte e verifiche sul campo. È certa-mente un lavoro non facile, di stimolo e proposta, che devevedere oltre ad un diretto coinvolgimento di Federculture cheva detto, nel corso di questi ultimi due anni ha visto crescerela sua esperienza ed attendibilità in un campo quello del patri-monio culturale, sempre più oggetto di attenzioni, non sem-pre, a mio parere, disinteressate, l’incontro dell’Aquila, che hapreceduto di alcune settimane Ravello Lab 2017, ha certamenterappresentato la chiave di volta del ruolo e della funzione diFederculture che sempre più deve porsi come “Federazionedelle Federazioni” che si occupano a vario titolo di problema-tiche culturali, non sempre coincidenti e talvolta potenzial-mente in contrasto. È questo il ruolo che immagino per ilfuturo vera e propria stanza di compensazione dei problemi,delle differenze, dei fini da perseguire. Deve vedere anche ilmeritorio coinvolgimento del Centro Universitario Europeoper i Beni Culturali di Ravello che ha promosso nella sede diVilla Rufolo le XII edizioni dell’incontro. Oltre alla pubblica-zione dei lavori di quest’ultima Edizione, la Rivista “Territoridella Cultura” ben si può proporre per la pubblicazione di sin-tesi dei contributi che verranno da chi vorrà partecipare, conproprie riflessioni, nel corso dei mesi che precedono la pros-sima edizione di Ravello Lab, la XIII.Entrando nel merito non si può non rilevare come i due Paneldell’edizione 2017, hanno come radici, il primo i termini Piani-

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Considerazioni e proposte

Pietro Graziani

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ficazione e valutazione ed il secondo risultato economico e va-lore sociale. Dagli interventi e dalla sessione di presentazionedei risultati in vista della predisposizione delle conseguentiraccomandazioni ho tratto alcuni primi convincimenti; aleggianegli interventi, sia nel primo che nel secondo panel, un primoproblema, quello che vede il sistema Italia, tutt’altro che armo-nioso rispetto alle scelte possibili, il ruolo della Tutela e quellodella Valorizzazione, che determinano sempre più una poten-ziale spaccatura sia per le scelte che per i ruoli istituzionali enon. Innanzi tutto va ricordato come la tutela è oggi compe-tenza esclusiva dell’Ente Stato, mentre la Valorizzazione, allaquale potremmo tranquillamente aggiungere la Gestione e laPromozione, sono realtà concorrenti tra l’Ente Stato e gli EntiRegione; è una questione centrale alla quale non si può solorispondere con legislazione ordinaria né con i principi di sus-sidiarietà. Il tema è talmente attuale che un referendum con-sultivo recente (in particolare quello della Regione Veneto), havisto subito porre al centro dei confronti Stato/Regione ancheil tema Beni Culturali, talchè il ministro competente ha ritenutodi sottolineare come, a suo parere, la materia debba essereesclusa dal tavolo di confronto (ovviamente il tema si porràdal 2018, quindi con la prossima legislatura).

Da sinistra: Raffaello De Ruggeri,Pietro Graziani e Roberto Vicerè.

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Territori della Cultura

Si è posto anche l’accento sui ruoli e funzioni che lariforma dell’organizzazione ministeriale del 2014 ele numerose modifiche e integrazioni hanno deter-minato; la separazione, alcuni parlano di spaccaturadel legame tra la Tutela e la Valorizzazione, tra Museie Soprintendenze. La questione è antica di oltre cin-quant’anni, se ne occupò ampiamente la “Commis-sione di indagine per la tutela e la valorizzazione delpatrimonio storico, archeologico, artistico e del pae-saggio“ istituita con Legge 26 aprile 1964, n. 310,raccolta nei tre volumi “Per la salvezza dei Beni Cul-turali in Italia” pubblicati nel 1967 per la Casa Edi-trice Colombo. Ebbene quei tre volumi restano ilpunto di partenza per ogni scelta, nella ovvia con-sapevolezza che il mutare nel tempo dei rapporti(Nel 1970 diventano operative le Regioni a StatutoOrdinario) e mutano anche i rapporti con l’UnioneEuropea e con la relativa legislazione, così comenon possiamo sottovalutare la ratifica che l’Italia hadato a numerose Convenzioni Internazionali, sia inambito Unesco che in ambito Consiglio d’Europa.Occorre ricordare come la Commissione presiedutada Francesco Franceschini, vedeva come Coordina-tori Massimo Severo Giannini (insigne giurista eduno dei padri del Diritto Amministrativo moderrno,

a lui si deve la teorizzazione del concetto di “Interessi diffusi”che tanti effetti produrrà sul tessuto dei rapporti tra le istituzionipubbliche e i cittadini) e Massimo Pallottino (insigne archeo-logo). Proprio questo connubio collaborativo, apparentementeimproponibile, è alla base dei risultati delle Dichiarazioni da va-lere, così venivano definite, come proposte per una revisionenormativa anche delle strutture e degli ordinamenti ammini-strativi (da ricordare che dalla nascita del ministero, allora peri Beni Culturali e Ambientali del 1974/1975 vi sono state sei ri-forme organizzative del ministero). Nel rapporto tra risultatoeconomico e valore sociale della c.d. “Impresa Culturale”, ri-tengo opportuno, come tema di riflessione, richiamare unaspetto della Dichiarazione di Principio della CommissioneFranceschini, laddove ricordando che ogni generazione deveconsiderarsi soltanto depositaria e applicando il principio del“bene comune” debba esserci un controllo e una subordina-zione dei diritti e degli interessi privati alle esigenze, tra l’altro,

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del suo generale godimento; è questo il grande tema che vedei Beni Culturali come chiave di crescita socio-economica e noncome fonte per massimizzare i risultati economici. La Dichiarazione LXXIII –Musei- ci ricorda come particolari di-sposizioni dovranno essere adottate per l’organizzazione e peril funzionamento dei Musei e, in particolare: “Alla direzionedei maggiori musei statali sarà da riconoscere, nell’ambitodelle Soprintendenze, la qualità di Uffici autonomi...”. Il temaquindi Impresa culturale e Museo, risultato economico e va-lore sociale, ma anche ogni altra esperienza di Pianificazionestrategica, dovrebbe informare le proprie scelte basandosi sul-l’assunto che Tutela e Valorizzazione sono parte diversa di unastessa medaglia, non può esistere Valorizzazione se il primatodella Tutela viene ad essere ridotto ad aspetto secondario. IlTema è tutto qui e i preziosi risultati che ci hanno offerto i duePanel sono la base per il prossimo appuntamento di RavelloLab 2018.

Pietro GrazianiGià Direttore Generale del Mibact, dopo una lunga esperienza di v. Capodell’Ufficio Legislativo, ha svolto responsabilità di Direttore Generalepresso il Segretariato Generale, Direttore Generale del Dipartimento perlo spettacolo e lo sport, direttore dell’ Organismo di Controllo Interno, diV. Capo di Gabinetto Vicario dei Ministri, Fisichella, Paolucci, Veltroni,Melandri e Ronchey, è stato componente del Consiglio Nazionale per iBeni Culturali e Ambientali per due mandati e membro del Comitato diPresidenza. Insegna, dal 1985, Legislazione di Tutela dei Beni Culturali,presso La Sapienza, Facoltà di Architettura – Scuola di specializzazioneper il restauro dei beni culturali; è responsabile, dell’Ambito Beni Culturali,del Master in Architettura, Arte Sacra e Liturgia, presso l’Università Eu-ropea di Roma. È direttore responsabile della rivista “Territori della Cul-tura” organo del Centro Universitario Europeo per i beni culturali diRavello di cui è membro del Comitato Scientifico.

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Territori della Cultura

Alcuni anni prima che un autorevole componente del Go-verno italiano pronunciasse la fatidica frase “con la cultura

non si mangia”, che rimarrà nella storia della Repubblica a pe-renne ricordo di una sottocultura dura a morire, il Centro diRavello, unitamente a Federculture ed al Formez, dava inizio(nell’ottobre 2006) alla sequenza dell’evento annuale “RavelloLAB – Colloqui internazionali”, all’insegna del paradigma“Quale Cultura, Quale Sviluppo?”.Va sottolineato che il termine quale è fortemente assertivo, nelsenso che non si fa riferimento ad un qualsiasi intendimentopiù o meno funzionale e si esclude quindi ogni opzione privadi comprovata qualità.Nelle proprie elaborazioni, e non solo per aderire ad un pro-prio specifico connotato istituzionale, il Centro di Ravello è al-tresì impegnato nel promuovere e sostenere la tesi secondocui, per approdare ad un’Unione Europea realmente condivisae solidale, occorra costruire una politica culturale europea che,portando ad un vicendevole riconoscimento delle diversità, di-venga fattore di coesione ed antidoto ai conflitti.Tale filosofia, in questi ultimi anni, quasi in concomitanza conla crisi economico-sociale che ha investito il ricco emisferonord-occidentale del pianeta, si sta progressivamente facendostrada nelle sfere decisionali politico-istituzionali ed in quellescientifico-culturali. L’UE ed i vari stati nazionali stanno incre-mentando i fondi destinati alla cultura ed anche ai suoi riflessisul turismo, accentuando la selettività degli interventi per pun-tare a risultati basati su elevati standard qualitativi.Tutte le edizioni di RL sono state improntate alla ricerca e de-finizione di tali nessi di relazione, sino a quest’ultima, la dodi-cesima: “Lo sviluppo a base culturale”, incentrata sullagovenance, nei suoi diversi aspetti progettuali, organizzativi,attuativi e valutativi.Ritornare sulle motivazioni di fondo che sottendono l’assuntodi RL è oggi persino superfluo, dal momento che sarebbero inpochissimi, pur nella diversità degli approcci ideologici, poli-tici, istituzionali, a negarne l’evidenza, anche sotto il profiloscientifico. Tant’è che l’attuale Ministro italiano della cultura hada tempo affermato, supponiamo non esclusivamente “prodomo sua”, che il suo Ministero andrebbe annoverato tra iprincipali Enti pubblici economici della Nazione. Aggiungendorecentemente che, in quest’ottica, appare indubbio che qua-lunque Esecutivo discendente dall’esito delle ormai prossimeelezioni politiche, incontrerebbe serie difficoltà a fare passi in-

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Skills for governance

Salvatore Claudio La Rocca

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dietro rispetto ad un’a acquisizione concettuale consolidata,che ha portato ad incrementare sensibilmente gli investimentipubblici nel settore. RL 2017, programmaticamente, ha inteso quindi soffermarsi,specie nelle sedute dedicate ai laboratori, sugli aspetti attua-tivi, guardando avanti, “Verso il 2018, Anno europeo per il pa-trimonio culturale”, tema della prima sessione plenaria.Coerentemente alla propria denominazione, il laboratorio“Pianificazione strategica, progettazione, valutazione” ha rica-vato dai partecipanti notevoli ed originali spunti di confronto,a partire da esperienze solide, innovative, avvalorate dai risul-tati. Ciò malgrado, sembra essere rimasto“sotto traccia” unargomento che attiene proprio alla fattibilità delle azioni cui èdedicato il laboratorio, alla quale va ri-volta esplicita e più adeguata tratta-zione; un argomento “trasversale”,non solo in quanto permea i diversicontributi richiesti ai presenti maanche, più in generale, rispetto al per-corso di RL 2017 nel suo complesso.Si tratta della “grande questione” dellerisorse professionali, di cui il settore haurgente necessità. Se è vero, come siva dicendo, che l’Italia è una “superpo-tenza culturale” a scala europea ed in-tercontinentale e vuole assumere, nonsolo idealmente, detto ruolo, è altret-tanto vero che ha bisogno di capacità(skills), competenze, stili e comporta-menti all’altezza di una tale ambizione. Siamo di fronte ad una preoccupazione da tempo avvertita dalCUEBC. Se quello che sembra delinearsi divenisse un vero erisoluto cambiamento, verrebbero ripagati dei loro sforziquanti, studiosi, amministratori, semplici cittadini, struttureformative e culturali, si sono più o meno recentemente prodi-gati nel promuoverlo.Il consistente programma europeo di finanziamenti “Horizon20-20” muove in questa direzione. Le sue direttive sottolineanola necessità di favorire l’accesso alla conoscenza del patrimo-nio, le ricadute economiche e sociali dei beni culturali, la crea-zione di nuovi modelli di gestione, la definizione di strumentiprogettuali, manageriali, attuativi debitamente appropriati.Appare, d’altra parte, impensabile che qualunque idea, qual-

Salvatore Claudio La Rocca

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Territori della Cultura

siasi rilevante iniziativa nel settore, non faccia puntuale edesplicito riferimento all’Europa. È difficile che l’Italia si pro-ponga e si muova come ‘faro internazionale” senza recepirele culture, le politiche ed i principi europei e senza contribuireal loro sviluppo.Serve, prima di tutto, l’ambizione di divenire Paese leader nel-l’ispirazione di linee progettuali e programmatiche, intensa-mente impegnato nel campo della governance del “CulturalHeritage”, sede delle più alte scuole di specializzazione, diagenzie internazionali di promozione, divulgazione, coordina-mento di risorse di provenienza pubblica e privata, distretto diproduzione delle più avanzate tecnologie e innovazioni, anchea sostegno della filiera Cultura/Turismo.Oggi il patrimonio culturale, che comprende evidentemente il

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paesaggio, richiede restauro, manutenzione, gestione, comu-nicazione, marketing, attività tutte basate su sistemi tecnolo-gici avanzati, collegati a strutture formative, di ricerca, diassistenza tecnica di alta qualità, veri e propri poli di eccellenzainternazionali.Il raggio e la complessità del campo d’azione di cui parliamorichiedono un impegno particolare. Non si possono riproporrevecchi schemi. Va introdotta e resa operante una nuova vi-sione, pubblica e privata, interdisciplinare e multisettoriale.Si tratta di ricondurre l’insieme (come tale oggi è trattato) delCH ad un sistema. Il CH, nelle sue molteplici espressioni, paesaggio, archeologia,arti figurative, architettura, musica, letteratura, spettacolo, au-diovisivo e tutto il resto, sembrerebbe richiedere, alla luce diquanto detto, investimenti finanziari più che sugli interventi in-frastrutturali su azioni rivolte allo sviluppo delle risorseumane, fermo restando che le due linee devono marciare dipari passo. Più che i fondi servono capacità politiche, in primoluogo, ma anche professionali, tecniche e gestionali. Serve, inaltri termini, quello che il nostro Paese sta ancora trascurandoe, quindi, depauperando: il capitale umano.È molto chiaro quindi il modello formativo che ne deriva, siasotto il profilo metodologico e strutturale che sotto quello deicontenuti. Un modello che tende a produrre figure professio-nali ad alta specializzazione, che padroneggino esauriente-mente i sistemi ICT, ma al tempo stesso aperte al una visioneumanistica, al riconoscimento della “responsabilità sociale”dell’impresa, in generale al cambiamento, anche per rispon-dere alle esigenze di “outplacement” che possono sempre so-pravvenire nel mondo aziendale. Ispirandosi, in definitiva, allalezione di Adriano Olivetti.Più problematico appare il trasferimento dell’anzidetto mo-dello e della filosofia che lo sottende al settore pubblico, per-ché le istituzioni, ai vari livelli, che dovrebbero governarlo sonoassoggettate alle modalità ed alle normative della contabilitàpubblica, ad un sistema centralizzato di controlli, ai vincolidelle piante organiche con le relative aree di competenza, alrispetto dei patti di stabilità, alle complesse procedure buro-cratiche ed ordinamentali, sovente di non facile applicazione.Occorrerebbe preliminarmente allentare dette ingessature.Il progetto formativo, in linea di massima, dovrebbe prevedereattività modulate sulla base di tali diversità strutturali e le com-petenze distintive del capitale umano dovrebbero tradursi in

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Territori della Cultura

profili professionali d esperti, dirigenti, quadri tecnici ed altrioperatori a vari livelli, il cui habitus mentale, in ogni caso, do-vrebbe assecondare l’obiettivo dell’eccellenza. Secondo le cir-costanze, quindi, le competenze specialistiche e generalidovranno giustapporsi, determinando un adeguato e coerentebilanciamento.Va tenuto conto infine che il settore del patrimonio culturalee della cultura in generale è caratterizzato da una evidente tra-sversalità e non si presta agevolmente ad enucleare ambiti dispecializzazione. In questo complesso e variegato sistemaoperativo, i profili professionali più alti dovrebbero essere co-munque orientati al management ed alla progettazione ed in-novazione di sistema, con particolare riferimento allo sviluppodi applicazioni ICT. Quelli dei quadri e delle altre figure subor-dinate dovrebbero essere improntati alla conoscenza dei variaspetti tecnici e gestionali propri di tali settori, dalla manuten-zione del patrimonio culturale alla ricettività ed alla logistica.Sotto questo profilo potrebbe rivelarsi più che opportuno in-tegrare il sistema universitario con un “Politecnico dei beniculturali e del turismo”.Le due tematiche cui si riferisce la sua denominazione sono at-tualmente trattate, in modo parziale e conseguentemente di-sorganico, in varie facoltà presenti nelle Università statali enella miriade di Università e strutture formative private, laichee religiose, più o meno consistenti.Se si parte dal presupposto che i due campi disciplinari, nonsolo nella percezione del pubblico ma anche nel pensieroscientifico e nello stesso ordinamento istituzionale, ormai ine-vitabilmente si intrecciano, si deve arguire che la loro coniu-gazione diviene una necessità per accrescerne la conoscenza,producendo studi e ricerche specifici e formando dei profes-sionisti capaci di renderla operante.Quanto alla fattibilità, è prematuro aprire questo capitolo. Di-pende da molti fattori: dalla disponibilità di determinati, affi-dabili, soggetti, pubblici e/o privati, propensi a sostenere,anche finanziariamente, l’iniziativa, dalla possibilità di operarein rete attraverso un’apposita piattaforma digitale e così via.Si dovrebbe cercare di raccogliere in un unico contenitore letante valide esperienze condotte in vari Atenei ragionando coni relativi, attuali Dipartimenti. E poi occorrerebbe affrontare i complessi aspetti procedurali.Si dovrebbe puntare, naturalmente, ad una struttura di altis-

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simo profilo, operante a scala internazionale, ambiziosamenteprotesa ad assumere una leadership nel settore, di sicuro ap-peal e forte attrattiva per studiosi ed allievi di provenienza na-zionale, europea e continentale. Si potrebbe anche ipotizzareuna struttura dichiaratamente a carattere euromediterraneo.Ci sono naturalmente da superare tutte le prevedibili difficoltàdi altro ordine ma, ove ci fosse la volontà politica ed accade-mica, l’operazione potrebbe divenire attuabile.

Salvatore Claudio La Rocca Ingegnere civile. Esperto e consulente nel campo della progettazioneformativa e dello sviluppo del capitale umano, con particolare riferimentoai temi della “governance”e valorizzazione del Patrimonio Culturale. Dirigente apicale, Responsabile dell’Area “Programmazione Economicae Pianificazione territoriale del Formez, ha svolto attività didattica, di ri-cerca, di assistenza tecnica nei settori: urbanistica, politiche ambientali,turismo, beni culturali, protezione civile.È stato Vice Direttore della Scuola Superiore della Pubblica Amministra-zione Locale, incentrando la proprio attività sul profilo professionale dellaDirigenza degli Enti territoriali.È componente del Comitato Scientifico del Centro Universitario Europeoper i Beni Culturali di Ravello sin dalla sua fondazione, ove riveste anchel’incarico di Responsabile delle Relazioni Esterne.

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Territori della Cultura

Ravello Lab rappresenta una community di grande valore per-ché fa incontrare gli addetti ai lavori del settore culturale per

entrare nel merito delle questioni, affrontare criticità, valorizzarele buone pratiche, elaborare strategie di sviluppo. Le raccoman-dazioni che ne escono non sono voli immaginifici, ma proget-tualità pragmatiche che vogliono incidere sul cambiamentodelle prassi culturali, economiche e sociali della vita quotidiana.Dunque, incidono sulle città, sul governo dei territori, sul modocon cui i cittadini costruiscono ogni giorno relazioni significativee sulle opportunità per vivere bene. È bene ricordarlo, questo èl’orizzonte dentro cui si collocano i temi della pianificazione, ge-stione e valutazione delle politiche culturali e delle imprese cul-turali: l’orizzonte delle città dentro cui vivono i cittadini nelle loroinfinite vesti, lavoratori, studenti, turisti, bambini, giovani, mi-granti, donne, amministratori, anziani. Per questo ringrazio di essere stata invitata a Ravello Lab 2017,come amministratrice locale, in qualità di addetto ai lavori perrappresentare la vita delle città, complessa e fortemente di-pendente dalle scelte culturali, mai neutre. La città si alimentadi welfare culturale che garantisce la qualità della vita, la mo-bilità sostenibile, la crescita sana ed equilibrata, la società de-mocratica, il benessere sociale. Più teatri, musei, biblioteche,archivi, spazi culturali, significa più benessere, o per megliodire più felicità. Per questo la cultura va pianificata bene, vagestita, va organizzata, orientata a colmare le distanze.Voglio essere pragmatica e portare la mia esperienza nel di-battito intorno a pianificazione strategica, progettazione e va-lutazione, sottolineando alcune raccomandazioni.

Al centro della progettazione la comunità di patrimonio

Centri importanti della pianificazione strategica e della valoriz-zazione del patrimonio culturale sono senza dubbio le Regioni,quando sanno attivare politiche di progettazione partecipataattraverso l’ascolto e l’integrazione delle comunità locali. Lecomunità locali, attraverso le amministrazioni, esprimono in-teressi, bisogni, strategie di sviluppo che vanno integrate, so-stenute, stimolate, sintetizzate. Però, va detto, lo strumento disintesi non sono i bandi regionali che spesso creano un’insanacompetizione, distribuiscono risorse occasionali, non favori-scono la coprogettazione, tantomeno la pianificazione e la ge-stione integrata, ma azioni progettuali occasionali che non

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Nuove strategie di pianificazioneterritoriale: l’esempio di Macerata

Stefania Monteverde

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hanno continuità e di durata limitata all’esiguo finanziamento.Occorre trovare nuove strategie di pianificazione territoriale.Propongo di adottare nel mondo culturale il modello degli Am-biti Territoriali Sociali, stabili aggregazioni di Comuni, struttu-rate e omogenee, su cui vengono indirizzati i fondi regionali,che agiscono come strumento operativo, politico e tecnico perorganizzare la rete e la pianificazione sociale territoriale, rea-lizzare forme integrate di gestione dei servizi, raccordare leazioni secondo un’analisi dei bisogni e un programma di svi-luppo, in cui il più forte sostiene le difficoltà del più piccolo. Sullo stesso modello di pianificazione, propongo la creazionedi Ambiti Territoriali Culturali in cui l’unione di Comuni apra ta-voli di lavoro continuativi, le reti siano stabili ma fluide nellepossibilità sempre aperte di cooperazione, capaci di presen-tare alla Regione progettualità più coerenti con il vissuto e lastoria delle comunità locali, in grado di canalizzare meglio lerisorse. L’esperienza dei distretti culturali, che pure ha rappre-sentato un passaggio utile, non ha sedimentato modelli stabili.Gli ATCulturali possono meglio rappresentare le comunità dipatrimonio, così come definite dalla Convenzione di Faro,quelle comunità di eredità che partecipano alla cura del patri-monio culturale.

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Territori della Cultura

Un esempio che va in questa direzione è l’esperienza delMaMa, che racconto brevemente. Subito dopo il sisma del2016 i Comuni della Marca Maceratese si sono trovati nel-l’emergenza di gestire un immenso patrimonio culturale. Le

questioni erano complesse: lamessa in sicurezza in depositiattrezzati in “tempo di pace”mai stati allestiti, la volontà dievitare l’allontanamento delleopere dalle comunità che si ve-devano espropriate ingiusta-mente, la necessità diprogrammare il recupero e il re-stauro delle opere nel rispettodella vocazione artigianale delterritorio che sa esprimere ot-time professionalità, la valoriz-zazione delle stesse nel contestodel paesaggio entro cui hannorappresentato da sempre un at-trattore turistico, l’attenzioneallo sviluppo dell’economia lo-cale. La Regione e il Mibactnell’emergenza hanno attivatopolitiche percepite come contra-rie agli interessi delle comunitàlocali, con l’allontanamentodelle opere dai territori, la realiz-zazione di depositi e mostre divalorizzazione lontano dallecittà. La reazione delle città èstata la costituzione spontaneadi un gruppo di Comuni che haespresso le proprie esigenze nel

Manifesto della Marca Maceratese, detto MaMa, le ha portatecon vivacità sui tavoli regionali e ministeriali, e ha attivato undialogo fermo fino a ripensare, in parte, le politiche pianificatedalla Regione e dal Mibact. Oggi il MaMa è diventato uno stru-mento operativo che per la prima volta ha messo insiemeoltre quaranta Comuni della Marca Maceratese per la pianifi-cazione di una politica culturale e turistica del territorio, e staprovando ad essere un soggetto stabile per una maggioreforza progettuale riconoscibile dalle politiche regionali. È un

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Macerata, paesaggio (ph. Carlo Torresi)

Macerata, Sferisterio (ph. Alfredo Tabocchini)

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esempio di come una pianificazione integrata tra politiche re-gionali e interessi di comunità, senza bandi, sia possibile erappresenti un modello di buona gestione delle risorse pub-bliche e di buon governo.

La tutela del patrimonio al centro di un piano di gestione

Vengo da Macerata, un territorio bello di natura e ricco d’arte,un territorio che oggi ha a che fare con le conseguenze delsisma del 2016 e con le domande che ha posto: come proteg-gere il patrimonio culturale? come ricostruire? come valoriz-zare i beni? come ricostruire il legame con la comunità?Queste domande, però, non sono questioni locali dettate daglieventi straordinari. È necessario che entrino nel dibattito sullacura del patrimonio non in modo occasionale, mossi dal-l’emergenza, ma in modo strutturale. Per il 2018 Anno Europeodel Patrimonio Culturale un obiettivo deve essere rimettere latutela del patrimonio al centro del piano strategico di valoriz-zazione e gestione. La mancanza di risorse stabili e l’attenzionecentrata sulla priorità della fruizione negli ultimi anni ha con-centrato gli interessi sull’economia della cultura, riducendo gliinvestimenti nella tutela. Occorre un investimento forte sui de-positi di nuova generazione come spazi sicuri, dove il recuperoe la cura siano occasione anche di fruizione e di conoscenza,sia della storia artistica che dei mestieri culturali. Una propo-sta: chiedere al governo un piano di investimenti su un pro-getto che potrebbe dirsi Salva l’arte che sostenga lacostruzione di depositi di nuova generazione, i sistemi di al-larme, i laboratori di restauro, la conservazione e valorizza-zione dei fondi di biblioteche e archivi, i centri didocumentazione per la salvaguardia del patrimonio immate-riale come gli Istituti di storia della resistenza, sempre più de-potenziati, le campagne di conoscenza e di sensibilizzazionecon il rilancio dell’Art Bonus. Un progetto utile a tutti, ma ne-cessario nei piani di ricostruzione dei territori colpiti dal sisma.

Formare una cultura della progettazione

C’è un tema che rappresenta un nodo cruciale: il ruolo dellaformazione finalizzata alla valorizzazione del patrimonio cultu-rale materiale e immateriale. Prima di tutti, la formazione dei

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Territori della Cultura

giovani. Non solo finalizzata ad aumentare la quantità di pub-blico, ma per affrontare la questione più complessa della con-sapevolezza della cura, sempre più distratta, sempre piùridotta o inesistente. Per generare cultura della cura del patri-monio tra i giovani adolescenti occorre fare un investimentosull’affettività e l‘amore per le arti, riconnetendo i fili delle co-munità di patrimonio. Da dove riallacciare una relazione affet-tiva con musei, teatri, biblioteche, archivi, siti culturali? Da unarelazione dinamica che guardi ai giovani non come fruitori pas-sivi (e sdraiati) ma come soggetti creativi e produttori culturali.Cominciamo ad allargare gli spazi della scuola: fare scuolafuori dalle aule, nei musei, nelle biblioteche, nei siti culturali,negli archivi, come laboratori di ricerca e di progettazione,spazi in cui misurare competenze nuove e sperimentare im-prese creative, e non solo mete per le occasionali visite scola-stiche, sempre più rare a causa delle questioni relative allasicurezza. Per il 2018 Anno Europeo del Patrimonio Culturale ilMiur insieme al Mibact lancino un programma speciale perspingere le scuole ad uscire senza paura, perché scoprano ilpatrimonio culturale a cominciare dalle propria città e dai pro-pri territori. L’occasione è propizia anche per progetti speciali:un anno dedicato alla formazione dei docenti di ogni ordine egrado sulla conoscenza e cura del patrimonio culturale; e poiun programma di alternanza scuola – lavoro per gli studenti ditutte le scuole sui luoghi della cultura, pubblici e privati, quasiuna forma di servizio culturale obbligatorio. Ovviamente, tuttol’anno sotto ai 20 anni l’ingresso ai luoghi della cultura è gra-tis!

Non solo numeri per la valutazione

Per spiegare questa raccomandazione voglio raccontare bre-vemente un’esperienza straordinaria, l’Ecomuseo di Villa Fi-cana a Macerata. È un quartiere di case di terra cruda di metàOttocento, poco distante dal centro storico della città, comple-tamente ristrutturato secondo i canoni della bioedilizia e sot-toposto a vincolo di tutela dalla Soprintendenza, in parte diproprietà privata e abitato e in parte di proprietà comunale. Daquattro anni nella parte pubblica è in atto un sistema di ge-stione speciale: il Comune ha affidato per trenta anni la ge-stione a una rete di associazioni culturali che curano i servizimuseali e la promozione con l’ausilio dei giovani del servizio

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volontario europeo (SVE), il progetto europeo che ogni annofinanzia la mobilità dei giovani in Europa per valorizzare gliscambi culturali. I giovani da tutta Europa si fermano a Villa Fi-cana per un anno o più, e insieme ai giovani italiani del serviziocivile, coordinati dal gestore dell’ecomuseo, realizzano pro-getti di promozione e didattica museale in un clima culturalevivace e creativo, dove gli scambi, le lingue, le idee circolanoe si moltiplicano. E l’anno successivo nuovi ragazzi e ragazzecreano altri percorsi in un continuo processo creativo in cuil’ecomuseo di Villa Ficana diventa incubatore culturale. I turistivengono accolti con grande ospitalità, spesso ci sono resi-denze d’artisti, le scuole visitano l’ecomuseo per scoprire lestorie delle tradizioni contadine. Certo, non farà mai i numeridei grandi musei delle città d’arte, ma può dirsi un’esperienzadi gestione positiva? Io dico di sì. Per questo la raccomanda-zione è che nella valutazione delle buone gestioni siano pre-miati non solo i numeri di visitatori e gli indicatori economici,

Macerata, Musei Civici di PalazzoBuonaccorsi, Sala dell’Eneide (ph. Carlo Torresi)

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ma anche la capacità di coinvolgere i giovani, le gestioni inno-vative, la capacità di generare nuove proposte artistiche, il le-game con la città, i percorsi di internazionalizzazione, la retedi relazioni, i contratti di lavoro degli operatori museali.

Pianificazione urbanistica a base culturale

Ormai siamo al quarto anno di una importante esperienza dipianificazione culturale, il progetto di Capitale Italiana dellaCultura, uno straordinario strumento che è stato lanciato pro-prio a Ravello Lab e che ha dimostrato d’essere una strategiavincente per la crescita della cultura della progettazione a baseculturale. La vera scommessa vinta è aver dimostrato che ilpiano culturale in realtà è un piano di sviluppo urbanistico:non è un piano settoriale, né tanto meno un calendario dieventi più o meno attrattivi, ma un progetto di città che attra-verso la cultura ripensa i servizi, la mobilità, la funzione del pa-trimonio pubblico, il ruolo delle imprese, il rapporto con lascuola, il valore della cittadinanza attiva, l’equilibrio con il pae-saggio, lo sviluppo ecosostenibile. Per questo la proposta chelancio è quella di allungare i tempi di progettazione perché di-venti pienamente uno strumento di progettazione integrata,partecipata, consapevole: un anno di tempo dal momentodell’uscita del bando alla consegna, invece degli attuali cinquemesi, e indicare la città prescelta con tre anni di anticipo ri-spetto all’anno da capitale. L’obiettivo della proposta è stimo-lare una progettazione che nasca da percorsi partecipativiampi, dove le riflessioni sullo sviluppo della città possano di-ventare pragmatiche scelte amministrative, realizzabili con bi-lanci indirizzati agli obiettivi, anche dentro i tempi lunghi dellaburocrazia degli appalti e delle gare. Utile che si organizzinoanche scuole di formazione per gli amministratori e per i tec-nici degli uffici regionali e comunali sulla pianificazione a baseculturale, e si creino spazi per la valutazione dell’esperienza dicapitale della cultura e per il confronto delle best pratices.A questo scopo avanzo un’altra proposta: lanciare, sempre conil coordinamento del Mibact, la Capitale Regionale della Culturadestinata alle piccole e medie città, non più di 50/60 mila abi-tanti: avere ogni anno in tutta Italia una rete di piccole e mediecittà che con un investimento regionale straordinario si mettanoin gioco per un progetto di sviluppo a base culturale, dà l‘op-portunità di raccontare l’Italia attraverso la bellezza diffusa di

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Macerata, prospettive(ph. Carlo Torresi)

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una fitta rete di città che vogliono esprimere il bello che c’è. Ho tante altre raccomandazioni, ma mi fermo qui. In tempi incui la sfiducia politica rende difficile attivare sinceri percorsi dipartecipazione per una pianificazione integrata tra città, citta-dini, imprese, regioni, ministero, la vera sfida dell’Anno Euro-peo del Patrimonio Culturale 2018 è riaffermare che ilpatrimonio è di tutti e per tutti.

Stefania MonteverdeDal 2010 assessore alla cultura e vicesindaco del Comune di Macerata,è componente della Giunta esecutiva di Federculture, consigliere di Amat– Associazione Marchigiana Attività Teatrali e nella Form - FilarmonicaOrchestra Regionale Marchigiana. Ha avviato un piano di sviluppo dellacittà fondato sul welfare culturale con la realizzazione di due musei, l’eco-museo di Villa Ficana, il sistema unico museale, la scuola civica di musica,la rete provinciale Nati per leggere, la nuova public library. Dopo il sisma del 2016 nel Centro Italia, ha redatto e promosso il MaMa- Manifesto della Marca Maceratese insieme ai Comuni per affermarel’urgenza della ricostruzione nel rispetto del patrimonio culturale. Ha rac-contato la storia in Ripartire dalla bellezza. Dal MaMa al #futurononcrolla:patrimonio culturale e paesaggio per ricostruire dopo il terremoto (a curadi: Stefania Monteverde e Alessandro Delpriori, Hacca Edizioni, maggio2017). Il MaMa è diventato nell’agosto del 2017 il primo protocollo d’intesatra i comuni della Marca Maceratese per la realizzazione di un Piano perlo sviluppo culturale e turistico del territorio.È coordinatrice del progetto per la candidatura di Macerata a CapitaleItaliana della Cultura 2020.

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Territori della Cultura

Nel fornire, con il nostro intervento, un contributo alla di-scussione del Panel vogliamo prendere le mosse proprio

dalla Risoluzione del Parlamento Europeo del 2015, richiamatanelle linee di indirizzo di Ravello Lab 2017. La Risoluzione Versoun approccio integrato al patrimonio culturale per l’Europa,nel prendere atto che il Patrimonio Culturale è uno dei pilastridella cultura europea e della nostra comune eredità per le ge-nerazioni future, riconosce che qualsiasi politica pubblica inmateria di Patrimonio Culturale deve tener conto di due pro-spettive: innanzitutto il Patrimonio Culturale può essere unafonte significativa di occupazione e di proventi, punti crucialidi cui occorre tener conto nel contesto economico, in secondoluogo il valore principale del Patrimonio Culturale rimane ilsuo valore culturale, pertanto, una strategia integrata idealeper il Patrimonio Culturale deve tener conto di entrambi i latidi questa stessa medaglia e combinare la necessità di unacrescita immediata e di occupazione con la consapevolezzache il Patrimonio Culturale è una risorsa a lungo termine cheha bisogno di un piano di sviluppo sostenibile.Coniugare questi due aspetti, antitetici in apparenza, è la sfidaa cui sono chiamati tutti i soggetti, istituzionali e non, che uti-lizzano le risorse disponibili (pubbliche e private) per sosteneree valorizzare il Patrimonio Culturale sulla base di un approcciointegrato che tenga conto delle componenti culturali, econo-miche, sociali, storiche, educative, ambientali e scientifiche,come auspica il Parlamento Europeo, convinto che tale ap-proccio favorisca il dialogo culturale e la comprensione reci-proca, rafforzando, in tal modo, la coesione sociale, economicae territoriale.Altresì la Convenzione di Faro, incentrata sul diritto di parteci-pazione dei cittadini alla cultura, sostiene che l’eredità culturaledebba essere usata come risorsa per lo sviluppo sostenibile eper la qualità della vita riconoscendole un ruolo fondamentalenella costruzione di una società pacifica e democratica chepreserva e promuove la diversità culturale biologica, geologicae paesaggistica, al fine di ottenere un equilibrio tra questi ele-menti.

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Beni e siti Unesco e aspetti dellapianificazione strategica nella realtà

della Campania. Il progetto per un sistema integrato di valorizzazione

del patrimonio Unesco campano

Nadia MuroloConcetta Di Caterino

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Appare, quindi, evidente che le politiche di sviluppo europeecentrate sull’economia della cultura siano intrinsecamenteconnesse agli obiettivi dello sviluppo locale, volte alla riquali-ficazione dei territori e al miglioramento della qualità dellavita delle popolazioni che li abitano, ovvero ciò che rappresentala principale mission di qualsiasi organismo istituzionale, aqualsiasi livello esso operi. Gli strumenti da utilizzare, in questa ottica di integrazione ecooperazione riguardano principalmente la pianificazione stra-tegica territoriale che, diversamente dagli strumenti urbanisticitradizionali, ha un carattere maggiormente operativo, cioè piùorientato alla promozione di azioni e progetti piuttosto chevincolistico-prescrittivo e le cui decisioni debbono basarsi sulconsenso più ampio possibile dei diversi portatori d’interessi,tenendo conto anche di valutazioni di tipo qualitativo (quali,ad esempio, cura dell’ambiente, conservazione delle risorsenon rinnovabili, potenziamento del capitale umano, qualitàdella vita, rispetto delle identità locali) e la progettazione par-tecipata che prevede il coinvolgimento dei fruitori dell’oggettoo del luogo che si sta progettando.La Regione Campania, come abbiamo avuto già modo di deli-neare nel nostro contributo agli atti del Ravello Lab 20161, no-nostante operi in un contesto territoriale caratterizzato da no-tevoli criticità e con qualche ritardo rispetto all’applicazione

1 N. Murolo, C. Di Caterino – Appendice a:Territori della Cultura n°26 anno 2016, pp. 26-28.

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degli strumenti innovativi nell’ambito della pianificazione eprogettazione partecipata, con la presentazione del documentoVerso il Piano Paesaggistico Regionale (PPR) 4.02 ha dato avvioall’ elaborazione congiunta del Piano Paesaggistico-ex art. 135del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, in virtù dell’intesaistituzionale con il MiBACT3 e quindi sta operando per il rag-giungimento di una governance paesaggistica e territorialeche si tradurrà necessariamente in una maggiore vivibilità delterritorio nonché in una fruizione più appropriata delle risorsenaturali e culturali. Come si può desumere dal predetto documento, propedeuticoalla definizione del preliminare di piano, a cui si sta lavorandoin questi mesi, unitamente all’obiettivo prioritario del PPR checonsiste nel definire un quadro normativo e strumentale uni-voco e condiviso per l’efficace tutela dei caratteri, delle speci-ficità e dei valori identitari connotanti il territorio regionalecampano,(…) l’obiettivo di fondo è quello di indicare un mo-dello di pianificazione urbana e territoriale non più basatosullo zooning (…) ma su una visione strategica, sia alla scalacomunale che di area vasta, che si traduca subito in alcuniprogetti prioritari da realizzare in tempi delimitati.La Regione, altresì, in questi ultimi anni, ha inteso valorizzareil patrimonio culturale, quale rilevante vantaggio competitivodella Campania, attraverso la creazione di un sistema integratodei beni culturali regionali, compresi i Siti UNESCO4 e ha datoun forte impulso alla valorizzazione del patrimonio culturaleattraverso specifiche e significative azioni dirette a migliorarnele condizioni di conoscenza e di conservazione nonché ad in-crementarne la fruizione, riconoscendone il ruolo strategicoper lo sviluppo economico e occupazionale e per una mag-giore competitività del territorio regionale. In particolare, hadato attuazione, all’azione, a titolarità regionale, per la realiz-zazione del Sistema integrato dei Beni e Siti UNESCO dellaCampania, nonché per la predisposizione del dossier di can-didatura all’iscrizione nella World Heritage List del territoriodei Campi Flegrei e del dossier per la procedura di amplia-mento della Core Zone del Sito “Il Palazzo Reale del XVIII sec.di Caserta con il parco, l’acquedotto Vanvitelliano e il com-plesso di S. Leucio”, comprendente il Real Sito di Carditello5.Tale volontà si è concretizzata con la definizione di un progettoche ha la finalità di costituire un sistema unitario per la salva-guardia e il sostegno dei Beni e dei Siti UNESCO della Cam-pania, eccellenze del pur ricco patrimonio regionale di beni

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2 Presentato al Convegno Nazionale I beni cul-turali tra diritto ed economia e tra centro eperiferia - Assessorato al Governo del Territoriodella Regione Campania –Ravello 27/29 otto-bre 2017.3Sottoscritta il 14 luglio 2016 presso il Mi-BACT4 DGR 59/2016 del 08/03/2016- Piano Opera-tivo Complementare per i Beni e le AttivitàCulturali (POC)5 DGR 113/2017 del 07/03/2017 Sistema inte-grato di Valorizzazione dei Beni e Siti Unescodella Campania e predisposizione dei dossierdi candidatura per l’iscrizione dei Campi Fle-grei e del Real Sito di Carditello alla WHL.Modifiche e integrazioni alla DGR n.431/2016.

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culturali, un progetto che mira a mettere a sistema l’intero pa-trimonio UNESCO regionale per la sua migliore conoscenza efruizione e che si propone come un esempio di pianificazionestrategica in senso lato, caratterizzato da azioni concrete e conuna dimensione territoriale di ampio respiro e con un tempi-stica definita, un progetto che potrà fornire un contributo allapianificazione territoriale regionale e che è mirato alla sensi-bilizzazione delle comunità locali e ad un equilibrato sviluppodel turismo culturale .L’azione progettuale, già avviata con i primi interventi e cheavrà attuazione nel corso del prossimo triennio, si articola intre linee di attività integrate tra loro6: la costruzione della retetra i Siti partendo dalla conoscenza e dalla valutazione, perciascuno nello specifico, dei fabbisogni e delle criticità esistenti,con particolare attenzione ai Piani di Gestione, per arrivarealla definizione di servizi integrati di supporto e sostegno;un’attività di valorizzazione, promozione e comunicazione coninterventi volti alla trasmissione dei valori di cui i Beni e SitiUNESCO sono portatori e che permettano le migliori condizioniper la loro conoscenza e fruizione, con una loro chiara ricono-scibilità e con l’impiego di nuove tecnologie, utili alla promo-zione nonché all’assistenza e all’ informazione degli utenti;una nuova proposizione, con le dovute modifiche, del dossierdi candidatura all’ iscrizione nella Heritage List del territoriodei Campi Flegrei, già presente nella tentative list dell’UNESCOe la predisposizione del dossier per la procedura di definizionedel sito UNESCO di Caserta, comprendente il Real Sito di Car-ditello.Mentre le azioni di valorizzazione e promozione dei siti e dicomunicazione integrata sono state già avviate, la sfida mag-giore, ancora tutta da sperimentare, è il superamento delleprincipali criticità, relative, in primo luogo, alla scarsa e co-munque, troppo spesso, inadeguata consapevolezza delle co-munità locali, del valore e della potenzialità dei Siti UNESCOdel proprio ambito territoriale, nonché alla fragilità dei Pianidi Gestione che risultano in fasi diverse di redazione e aggior-namento, per ciascun Sito, scarsamente o non ancora in fasedi concreta applicazione. La non conoscenza del patrimonio culturale del proprio terri-torio, la mancanza di consapevolezza del suo valore, l’assenza,quindi, di un giusto senso di appartenenza e insieme di inte-resse per la condivisione di tale patrimonio sono fattori chetroppo spesso minano alla radice le azioni destinate alla tutela

6 Il progetto, proposto e sostenuto dall’Amba-sciatore F. Caruso, Consigliere del Presidenteper le Relazioni Internazionali e l’UNESCO, eattuato per il tramite della SCABEC (SocietàCampana Beni Culturali), rientra tra le attivitàdella DG Politiche Culturali e Turismo - dir. R.Romano – e nello specifico dell’Ufficio per lapromozione e valorizzazione dei Beni Culturalidella Campania che è impegnato per la suarealizzazione con il contributo, oltre che dellescriventi, di A. Esposito e L. Epulo .

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e alla valorizzazione del patrimonio culturale, depotenziandolee privandole del necessario effetto di disseminazione e di radi-camento dei valori portanti7. Ciò tanto più per i Beni e Siti UNE-SCO per i quali purtroppo ancora, in diversi contesti, si deveprendere atto della non piena o piuttosto della scarsa adesionedelle comunità locali ai valori unescani e quindi alle finalitànonché alle potenzialità dell’ inserimento di un bene nella WHL.E proprio su queste criticità bisogna lavorare, prima di ognialtra cosa, per l’effettiva e duratura efficacia del progetto.Quanto ai Piani di Gestione la metodologia che è alla lorobase, esempio di pianificazione strategica, parte proprio daun approccio integrato, in grado di coniugare la necessità ditutelare e conservare i siti con le esigenze di sviluppo socio-economico dei relativi territori e quindi rendere compatibileun processo locale condiviso da più soggetti e autorità, chepossono avere anche interessi contrapposti8. A tal propositogiova ricordare che il Piano di Gestione non deve essere con-siderato uno strumento di pianificazione urbanistica o un pro-gramma di sviluppo socio-economico in quanto esso si ponecome uno strumento di raccordo tra le varie tipologie di pia-nificazione individuando gli indirizzi di governo dello sviluppoe delle trasformazioni territoriali capaci di equilibrare i diversiinteressi e mantenere nel tempo l’integrità dei valori che hannoconsentito il riconoscimento UNESCO.L’obiettivo che ci si è posti con il progetto di coordinamentoregionale è di facilitare il superamento delle criticità e la fasedi stallo in cui si trovano alcuni dei Piani di Gestione dei SitiCampani sia per quel che riguarda le fasi procedurali sia inambito locale ove occorre dare significato al Piano di Gestione,che non deve essere un semplice documento da presentareall’UNESCO, bensì rappresentare un vero e proprio processoche coinvolge nel tempo tutti gli stakeholder del sito9.Infine un accenno alla predisposizione dei dossier, attività an-cora nelle fasi preliminari, pur se sono già stati organizzati in-contri di studio e tavoli di lavoro ad hoc, dedicati, in particolarmodo, alla riproposizione della candidatura dei Campi Flegrei10,territorio già individuato tra i Grandi Attrattori Culturali dellaCampania nel POR Campania 2000-2006 ed aggregato ProgettoIntegrato Territoriale dei Campi Flegrei11, territorio che attual-mente sta coagulando intorno a sé notevoli risorse di prove-nienza nazionale e comunitaria ed il cui riconoscimento UNE-SCO andrebbe ad aggiungere un tassello importante al sistemadei Beni e Siti a cui stiamo lavorando.

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7 Emblematico, nel suo esito estremo, èquanto avvenuto, lo scorso settembre, nelsito archeologico di Faragola, presso AscoliSatriano (FG) totalmente distrutto da un in-cendio devastante di origine dolosa dopolunga attività di scavo, restauro e valorizza-zione. 8 da: Il modello dei Piani di Gestione- LineeGuida- MiBACT, 20049 Idem.10 Il territorio dei Campi Flegrei a tutt’oggi èun sito inserito nella tentative list dell’ UNE-SCO, dal 01.06.2006, nella categoria sito na-turale (criteri VII, VIII, X), con il titolo Brady-seism in the Flegrea Area nella cui descrizioneviene rappresentato il fenomeno vulcanico,che determina i movimenti verticali del suoloanche in rapporto con il patrimonio archeolo-gico posto lungo la linea di costa dell’epocaromana, oggi sommersa. Attualmente si pre-vede una candidatura come paesaggio cultu-rale, stante la valenza storico-archeologica egeologico-vulcanica dei luoghi, in un contestopaesaggistico di grande rilievo, connotato dallacompresenza di valori ambientali e culturali.La grande valenza archeologica e ambientaledi questi luoghi è confermata altresì dalla re-cente istituzione del Parco Archeologico deiCampi Flegrei, uno dei nuovi istituti autonomicreati con l’ultima riforma del MiBACT e dallapresenza del Parco Regionale dei Campi Fle-grei istituito, da oltre un decennio, dalla Re-gione Campania, con la finalità di tutelare laaree regionali di maggior pregio naturalistico,caratterizzate da un’ elevata biodiversità. 11 Per un bilancio e per le prospettive del Pro-getto integrato si vedano i diversi contributiraccolti in AA.VV., Il Progetto integrato CampiFlegrei, Napoli, 2008.

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Nadia Murolo Archeologa, con interessi prevalenti per la topografia antica e l’archeologiadel paesaggio, si occupa di tematiche relative alla valorizzazione del pa-trimonio culturale e allo sviluppo locale.È il dirigente dell’Ufficio per la promozione e la valorizzazione dei BeniCulturali della Regione Campania.

Concetta Di CaterinoArchitetto, funzionario dell’ Ufficio per la promozione e la valorizzazionedei Beni Culturali della Regione Campania, precedentemente funzionariodella D.G Governo del Territorio e dell’ Ufficio Speciale per i Parchi,Riserve e Siti Unesco della Regione Campania

Carta tematica dei Siti Unesco edei loro ambiti territoriali diinfluenza prodotta nell’ambito delprogetto del Sistema integrato deiBeni e Siti UNESCO dellaCampania

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Il 17 ottobre 2003, a qualche anno dall’adozione del programmadei “Capolavori del patrimonio orale e immateriale dell’uma-nità” (Masterpieces of the Oral and Intangible Heritage of Hu-manity) e dalla Conferenza UNESCO del Messico del 1982, cheper la prima volta aveva introdotto il concetto di patrimonioculturale immateriale come espressione della spiritualità umana,la Conferenza Generale UNESCO approvò a Parigi la Conven-zione per la Salvaguardia del Patrimonio Culturale Immateriale. Superando il concetto elitario dell’unicità e dell’“eccellenza”come criterio di premialità, la Convenzione introduceva un prin-cipio molto democratico che, attraverso la prospettiva della tu-tela UNESCO, incoraggiava di fatto un soggetto antico manuovo, le comunità, a riconoscere e a riconoscersi nella culturadella tradizione e a valorizzare e trasmettere il proprio esserecomunità come erede di una tipologia patrimoniale fino a quelmomento poco considerata nella sua complessità, nella sua di-mensione e nella sua ricchezza.Un documento importante, molto innovativo rispetto alla Con-venzione UNESCO del ’72 sulla tutela del patrimonio materialeed un suo ideale completamento, che metteva le comunità, igruppi, gli individui al centro di un sistema di riferimento valo-riale il cui scopo era quello di renderli consapevoli dell’impor-tanza dell’inventariazione, della salvaguardia e della trasmis-sione di un patrimonio diverso da quello materiale, maintrinsecamente ad esso collegato. Era il patrimonio intangibile, volatile: patrimonio del cuore, pa-trimonio dell’umanità a prescindere, costantemente ricreatodalle comunità e basato sulla ripetizione di processi identitariarricchiti, nei secoli, dalle suggestioni e dai saperi dell’intera-zione, dello scambio, del confronto. Un patrimonio senza precisicontorni perché aperto alle commistioni ed alle contaminazionie per questo anche molto fragile. Patrimonio vivo, sintesi delrapporto tra tradizionale e nuovo attraverso il quale il passatoviene riproposto in rappresentazioni attuali che sottendono aprocessi che però obbediscono a criteri antichi di appartenenza,riconosciuti e condivisi. Espressione di comunità dinamiche,conversazionali, aperte, in cui esprimere la propria identità con-sapevole cercando connessioni di somiglianza, nel rispetto delladiversità di ognuno. Pensare al patrimonio culturale immateriale in questi termini -come intrinsecamente legato alla creatività e all’abilità umananell’essere un caleidoscopio di pratiche, rappresentazioni,espressioni, conoscenze, abilità, prodotto dello scambio tra in-

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Il Patrimonio culturale immateriale. PercorsiUNESCO di valorizzazione, identità,

partecipazione, piani di salvaguardia condivisi,sviluppo sostenibile dei territori

Patrizia Nardi

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dividui e tra culture, tra conoscenze, saperi ed esperienze all’in-terno della stessa comunità e tra comunità diverse - significaavere la possibilità di tracciare il divenire dell’Umanità e dellasua pluralità e diversità e di riferirlo alla forte inscindibile rela-zione e biunivocità tra materiale e immateriale, fonte di identitàcreatività e di diversità: i monumenti, così come le varie e va-riegate espressioni dell’immateriale, non possono essere inter-pretati se non nel loro contesto ambientale e storico ed è l’inte-razione tra questi elementi a produrre i paesaggi culturali neiquali si può individuare lo spirito di una comunità, le sue cono-scenze ed i saperi che creano luoghi di culto e rituali, edifici econoscenze tecniche, monumenti ed estro artistico intrinseca-mente legato anche al saper fare artigiano.Più in generale il patrimonio culturale, in tutte le sue diverseespressioni, può e deve considerarsi il risultato della sintesi tratradizione dei diversi luoghi, peculiarità culturali di ogni comunitàe organizzazione sociale. È lo stretto legame tra cultura materiale,immateriale e contesto ambientale a produrre la pluralità divalori che vengono attribuiti al patrimonio culturale in relazionealla specificità di ogni luogo e di ogni tempo. La Dichiarazionedi Nara del 1994, dando valore al contesto socio-culturale delquale i beni patrimoniali sono espressione, aveva fissato unpresupposto etico molto forte, adottando il principio del rispettodella diversità e del coinvolgimento degli “attori” del patrimonio(i portatori d’interesse) ed evidenziato l’interazione tra gli aspettimateriali ed immateriali dello stesso (Documento di Istanbul,2001), aprendo alla necessità di un approccio multidisciplinareed alla responsabilizzazione delle comunità rispetto all’identifi-cazione ed alla gestione del proprio patrimonio, sulla base delvalore della memoria collettiva e della consapevolezza del pro-prio passato che dà continuità e radicamento ad ogni pratica esignificato ad ogni manufatto. Principio condivisibile. Un ritualeo una pratica, pur esprimendo nella loro riproposizione neltempo continuità e radicamento, non riproducono l’originale,che è la prima realizzazione di qualcosa che è ripetibile ma chenel caso del patrimonio immateriale diventa di volta in volta larisultante della convergenza delle esperienze, dei saperi e delleconoscenze che gli attori si scambiano, sulla base della condivi-sione di una storia e di una identità. Una tipologia patrimonialein continua impercettibile evoluzione, in relazione alla quale gliattori devono porsi il problema non tanto della “conservazione”che attribuisce all’elemento una staticità che non ha se non forsein alcune sue espressioni materiali, quanto del controllo e della

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guida del cambiamento che avviene in ambiti che sono estre-mamente dinamici ed in cui l’autenticità intesa come espressionedi continuità – quindi di cura e attaccamento – e di radicamento,ossia di coinvolgimento consapevole delle comunità, diventanoelementi imprescindibili della salvaguardia.Tutto questo ci dice, con chiarezza, quale debba essere la fun-zione di una comunità o “comunità d’eredità”, come viene in-dicata dalla Convenzione Quadro del Consiglio d’Europa sulvalore dell’Eredità culturale per la società del 2005, sottoscrittadall’Italia nel 2013 e in corso di ratifica da parte del Parlamento;quale funzione debba avere rispetto alla salvaguardia del patri-monio culturale di cui è depositaria, che sia riconosciuto Patri-monio dell’Umanità o meno. Partendo comunque dal presup-posto che i percorsi di candidatura Unesco aiutano le comunitàa prendere coscienza e a dare valore al patrimonio che rappre-sentano, armonizzando gli interventi e le azioni di salvaguardia,valorizzazione e trasmissione. Una funzione centrale, quindi, quella delle comunità, propulsiva,fondamentale per la redazione dei Piani di salvaguardia, chedevono essere la risultante di processi di consapevolezza e dipratiche di condivisione bottom up sia verticale che orizzontaleche coinvolgano i portatori d’interesse così come i soggetti dicompetenza istituzionale ed amministrativa, ognuno nel proprioruolo, in modo da favorire processi di governance misti cheproducano forme di progettazione integrata e partecipata fina-lizzati alla creazione di contesti di impresa culturale, innovativae sostenibile, che operi nel campo della tutela e conservazione,come in quello della documentazione e della ricerca, della sal-vaguardia, della promozione, della valorizzazione e della tra-smissione; che riesca, anche, a contemperare risultati economicie valore sociale delle azioni, ciò che è alla base dei processi disviluppo rispettosi delle comunità, dei territori e della culturache i territori esprimono. In sintesi. La salvaguardia del patrimonio culturale immateriale,se viene concepita come spazio di dialogo e concertazione, nonpuò non essere collegata alla materialità dei contesti di riferi-mento, alla crescita economica e alla coesione sociale dei terri-tori. Una rivoluzione copernicana, che sintetizza l’esigenza di unapproccio attivo, il più possibile globale e integrato ad un patri-monio per il quale è innegabile l’intima interconnessione con ilmateriale ed il paesaggio; che alimenta ed accompagna l’evolu-zione da un’interpretazione statica, ma necessaria, del patrimonio(tutela, conservazione) ad altra dinamica, inclusiva e partecipativa(valorizzazione) che non escluda o ridimensioni la prima; che

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guardi non solo al rafforzamento della consapevolezza identitarianel rispetto della diversità culturale, ma anche alla possibilità diuno sviluppo armonico dei territori, sostenibile nel tempo e nellospazio, soggettivo o plurale, in rete, basato sul valore potenzialedel patrimonio culturale di cui i territori sono espressione e lecomunità le depositarie. Piani di salvaguardia partecipati, con-divisi e costruiti sulla base di questi principi non possono nonassicurare la vitalità di questa delicata, affascinante e potenzial-mente effimera tipologia di patrimonio culturale, che poi è l’obiet-tivo e l’elemento che ne assicura la trasmissione alle giovanigenerazioni e quindi la ripetizione nel tempo. Una sfida che,come ha dimostrato la Rete delle grandi Macchine a spalla ita-liane Patrimonio UNESCO dal 2013 – la prima al mondo di ele-menti seriali del patrimonio culturale immateriale presentati dauno stesso Stato parte e ad insindacabile giudizio del Comitatointergovernativo UNESCO, “modello e fonte di ispirazione” – sipuò vincere, operando in modo comunitario e dal basso, perse-guendo la sostenibilità e la durata nel tempo delle azioni di sal-vaguardia e distribuendone gli effetti su tutta la comunità. Ancheattraverso un percorso di candidatura, quello della rete delle fe-ste, che ha coniugato elementi antichi all’impegno modernodella comunità per la valorizzazione e promozione dei Gigli diNola, della Varia di Palmi, della Faradda dei Candelieri di Sassarie del Trasporto della Macchina di Santa Rosa nel contesto nazio-nale ed internazionale. Un percorso che è stato strumento im-portante di conoscenza, partecipazione e aggregazione che hacontribuito a generare, di fatto, una grande comunità patrimo-niale allargata, un interessante laboratorio sperimentale i cuiprincipi fondanti sono diventati, nei 10 anni dalla sua creazione,la condivisione, la sostenibilità, l’equità, il valore della persona,il rispetto delle culture dei territori coinvolti e il dialogo interge-nerazionale. Un grande lavoro a sostegno del loro Patrimoniodel Cuore, come spesso lo chiamano le comunità della Rete.Che è diventato Patrimonio dell’Umanità.

Patrizia Nardi Esperto in valorizzazione del Patrimonio culturale e candidature UNESCO.Focal point della Rete delle grandi Macchine a spalla italiane PatrimonioUNESCO

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La Regione Puglia ha investito in maniera imponente dal 2000in avanti sulle politiche di tutela e valorizzazione culturale,

integrando finanziamenti di diversa fonte (Programmi OperativiRegionali e Nazionali, fondi nazionali per lo sviluppo, bilancioregionale)1 e con livelli di efficienza crescenti nel corso deglianni. Questo si è tradotto, fra l’altro, in un’ottima capacità dispesa dei fondi (un risultato da mettere in evidenza, conside-rando le difficoltà sperimentate da molte regioni sotto questoprofilo) e nella riduzione dei tempi di realizzazione dei progetti2.La strategia di diffusione territoriale dell’investimento in culturaè stata motivata anche dalle caratteristiche di pluralità ed arti-colazione del patrimonio culturale pugliese. Gli interventihanno riguardato estesamente le province pugliesi, in ragionedella loro dimensione e dell’estensione del loro patrimonioculturale. Tutte le province pugliesi hanno colto l’opportunitàdi tutelare e valorizzare il proprio patrimonio, ponendo le con-dizioni per la gestione sostenibile dei beni culturali diffusi sulterritorio3. Accanto allo sforzo di dare ampiezza, efficienza e valore terri-toriale all’investimento pubblico per cultura e sviluppo, la Re-gione Puglia ha cercato di introdurre (a partire dal 2007-2013)nuovi elementi di qualità, partecipazione e sostenibilità ge-stionale. Una rilevante innovazione, da questo punto di vista,è stata sperimentata in particolare con la realizzazione dei Si-stemi Ambientali e Culturali4. L’esperienza dei SAC è stata im-perniata su un principio di integrazione territoriale (particolar-mente rilevante in una situazione di patrimonio diffuso), hacercato di migliorare la governance territoriale degli interventidi valorizzazione ed ha puntato sulla creazione di condizionidi sostenibilità gestionale del patrimonio. Questa esperienza,sperimentale e complessa, ha prodotto risultati diversificati,come sempre accade negli interventi basati sullo sviluppo ter-ritoriale e sul coinvolgimento degli attori locali. Le lezioni chesi possono trarre da questa esperienza sono rilevanti, ancheper concentrare, rendere più selettivi e migliorare l’efficaciadegli interventi di integrazione territoriale.Si profila adesso una prospettiva di crescita della qualità del-l’investimento pubblico, che può essere sostenuta da una ge-nerazione rinnovata di politiche. La qualità dell’investimento varapportata alla capacità di produrre due grandi risultati: la crea-zione di coscienza/identità di luogo e la generazione di unanuova offerta culturale collegata al patrimonio, ancorata al ter-ritorio e ottenuta mobilitando creatività ed imprenditorialità.

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Il valore pubblico del patrimonio culturale:dal progetto di investimento

alla coscienza di luogoSilvia Pellegrini

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1 Secondo i dati di Open Coesione, il valoreper abitante della spesa per Cultura e Turismoin Puglia è di 426 euro, contro una media na-zionale di 121 euro. Questo rende fra l’altroparticolarmente interessante il “caso Puglia”per riflettere sulla qualità e l’efficacia dell’in-vestimento pubblico per cultura e sviluppo.2 Rispetto ad una durata media di realizzazionedelle opere infrastrutturali pari a cinque anni(fonte Agenzia Coesione Territoriale 2014), laRegione Puglia è andata progressivamente ri-ducendo i predetti tempi, pervenendo ad unadurata pari a 1,8 mesi (dato rilevato con riferi-mento alla procedura di Avviso pubblico a va-lere sulla Scheda 45 dell’Accordo di pro-gramma quadro “Beni ed attività culturali”finanziato dal Fondo Sviluppo e Coesione2007-2013).3 Dal 2000 ad oggi sono stati finanziati in me-dia 190 interventi per provincia e quattro perComune.4 I Sistemi Ambientali e Culturali (SAC) sonoaggregazioni di risorse ambientali e culturalidel territorio organizzate sulla base di una ideaforza capace di attivare percorsi avanzati disviluppo e cooperazione inter-istituzionale perpotenziare l’offerta culturale, migliorare la qua-lità dei servizi, qualificare i flussi turistici edaccrescere l’attrattività del territorio. I SACsono nati all’interno dell’Asse IV del PO FESR2007-2013), dedicato alla valorizzazione dellerisorse naturali e culturali per l’attrattività e losviluppo, ed hanno risposto alla necessità diattivare le potenzialità territoriali e di prevederestrumenti che assicurassero una gestione so-stenibile e durevole del patrimonio culturalenel medio-lungo periodo, unitamente al mi-glioramento qualitativo e quantitativo dei ser-vizi offerti. I SAC hanno rappresentato, per laRegione Puglia, il superamento di una visionetradizionale del patrimonio, fondata su un con-

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Ottenere questi due risultati significa aver conferito maggiorvalore pubblico (o valore collettivo) al patrimonio. Questa de-finizione di valore del patrimonio permette anche di riqualifi-care il termine “valorizzazione” (ossia: conferimento di valore),a volte un po’ abusato in chiave economicistica. Non che lacomponente economica della valorizzazione sia da negare:ma è un mezzo e non un fine; in particolare è un mezzo permigliorare la sostenibilità gestionale e finanziaria del patrimo-nio culturale, che in Italia costituisce un problema di forte di-mensione.Il concetto di coscienza di luogo è stato definito chiaramentein campo accademico (Dematteis, Magnaghi, Becattini ed al-tri)5. Ad esempio secondo Becattini:Se il luogo è una “molla” gravida di saperi, sapienze,identità, culture, accumulate nei tempi lunghi della storia,allora la capacità di riappropriazione della conoscenza deipoteri nascosti di questa “molla” da parte degli abitanti,espropriati dalla globalizzazione da ogni capacità di go-verno della propria vita (trasformati come sono in consu-matori di merci e clienti del mercato), viene definita daBecattini coscienza di luogo: uno strumento di riappro-priazione della capacità di autogoverno di una comunitàche riscopre i propri valori patrimoniali.

In campo culturale, sostenere la coscienza di luogo implicaperseguire la piena e libera accessibilità del patrimonio cultu-rale, assicurare il diritto alla fruizione, rendere la cultura unostrumento di coesione ed inclusione sociale.Naturalmente, se generare questa “capacità di riscoperta deivalori patrimoniali” diventa un obiettivo della politica pubblica,il tema che si pone è come misurarlo. È un tema che va affron-tato perché una politica che non abbia obiettivi misurabili sipresta a derive e deformazioni di ogni tipo. Forse la diffusionedi organizzazioni culturali attive nella valorizzazione dei luoghi,la partecipazione della comunità ad attività culturali del terri-torio, la proattività delle istituzioni locali nella promozionedella cultura del territorio potrebbero essere segnali della co-scienza dei luoghi.La seconda area di grandi risultati delle politiche di valorizza-zione riguarda la generazione di una nuova offerta culturalecollegata al patrimonio, ancorata al territorio e ottenuta mobi-litando creatività ed imprenditorialità. Questo implica ancheun’innovazione dei modelli di fruizione ed uso del patrimonioculturale pugliese.

cetto di bene culturale quale oggetto di meratutela e conservazione e, nel contempo, unarisposta alle esigenze territoriali concretiz-zando lo strumento attraverso cui da azionipuntuali, rivolte a singole emergenze culturalied ambientali, si è passati ad interventi orien-tati alla valorizzazione integrata del patrimonio,alla costruzione di collegamenti qualificati conil contesto territoriale, alla mobilitazione delsistema produttivo ed alla promozione diforme evolute di gestione a livello territorialedelle risorse, ponendo particolare attenzionealla promozione di processi avanzati di inte-grazione funzionale, tecnologica e sostanziale.La costruzione del processo è stata lunga elaboriosa. Essa e si è articolata in due fasi:una di avvio (avviso pubblico risorse FESR/PAC2007-2013, nell’anno 2010); una di consolida-mento (bando risorse FSC 2007-2013 - Scheda49 Accordo di programma quadro Beni e atti-vità culturali, nell’anno 2015). La prima fase siè caratterizzata per un significativo processodi mobilitazione, coinvolgendo tutti gli stake-holder nella partecipazione all’Avviso pubblico,con il risultato di impegnare 18 milioni di euro(Fondi FESR/PAC 2007-2013); le proposte am-messe alla fase negoziale sono state 18; sonostati coinvolti 187 Comuni, cinque Provincie epiù di 1.000 partner. Nel corso del 2015, oltrea dare continuità alle 34 iniziative progettualigià finanziate a valere sulle risorse del PAC(Piano di Azione e Coesione), con la assegna-zione definitiva del finanziamento per 12 in-terventi progettuali, sono state individuate efinanziate nuove proposte progettuali presen-tate dai diversi SAC, a valere sui fondi nazionalinell’ambito dell’Accordo di programma quadro“Beni e attività culturali” (fondi di sviluppo ecoesione 2007-2013), dando avvio alla scheda49 “Interventi materiali ed immateriali deibeni di maggiore rilievo territoriale storico eculturale”. In questo quadro sono stati invitati

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Sostenere un turismo culturale evoluto e consapevole po-trebbe essere una leva (insieme ad altre misure) per scorag-giare i modelli più dannosi e insostenibili di fruizione turistica(per citare casi più noti, quelli che in parte caratterizzano grandimete del turismo internazionale come Venezia e Barcellona).Su questo anche il Piano Strategico del Turismo assume, a li-vello nazionale, posizioni interessanti, promuovendo misuredi alleggerimento della pressione turistica sulle grandi mete edi diffusione sul territorio del movimento turistico. L’innova-zione dovrebbe consistere nello stimolare l’offerta (e la do-manda solvibile) di servizi evoluti ed attraenti di fruizione cul-turale, da destinare ai segmenti del mercato più sensibilirispetto a questo. La potenzialità di intersezione fra valorizza-zione del patrimonio e ICC è, in questo contesto, molto alta.Rispetto all’impatto atteso di questa strategia, cosa ci siaspetta? Probabilmente (non c’è molta univocità quando siragiona di impatti delle politiche di valorizzazione culturale),quello che ci aspettiamo è lo sviluppo di un mercato evolutoed auto sostenuto (non sussidiato) di servizi di fruizione cultu-rale ed ambientale (più valore aggiunto, più servizi) del patri-monio culturale ed ambientale della Puglia. Questo dovrebbeavere degli “spill over” sui settori collegati (ricettività, mobilità).Nel lungo periodo, l’effetto atteso è una trasformazione delmodello di fruizione turistica della Puglia che incrementi laquota di prodotto regionale aumentandone la sostenibilità. In definitiva, le parole chiave potrebbero essere: valorizzazionein un’accezione non banale, che includa la creazione di co-scienza di luogo; sostenibilità nell’uso (ed anche nel non-uso)del patrimonio, inteso come creazione di condizioni per tra-mandare il patrimonio culturale alle future generazioni; soste-nibilità gestionale del patrimonio per garantirne una conser-vazione dinamica (l’ossimoro è solo apparente).

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al Tavolo negoziale con la Regione Puglia 19SAC (17 già beneficiari di finanziamento) e duenuove Aggregazioni territoriali. Fra questi, 16SAC hanno presentato proposte progettuali,valutate e selezionate per un totale di 41 nuoviprogetti ammessi (investimento pari a8.173.171 euro). I progetti finanziati vannodall’allestimento e funzionalizzazione di beniculturali alle start up presso istituti e luoghidella cultura di nuovi servizi di valorizzazionee fruizione culturale integrata, dall’adegua-mento tecnologico ed informativo di musei,biblioteche, siti archeologici alla realizzazionedi interventi di messa in rete dei beni e di co-struzione di itinerari. Alcuni progetti inveceserviranno a creare sistemi di mobilità soste-nibile a rete o attività di studio e monitoraggiodei flussi oltre che servizi e sistemi di infor-mazione, comunicazione e divulgazione delpatrimonio culturale del territorio, finalizzatialla creazione di un’offerta culturale integrataed a rete. Tutte le operazioni dei SAC sonostate destinate ad accrescere, direttamenteed indirettamente, l’offerta di servizi per la va-lorizzazione, l’accessibilità e la fruizione so-stenibile dei beni. In alcuni casi (come le bi-blioteche comunali), i servizi sono stati riferitia beni identificati come piccoli capisaldi terri-toriali di coesione socio-culturale, da integraree valorizzare con allestimenti riqualificati enuovi servizi, rendendone più sostenibile lagestione. In altri casi, gli interventi sono statidiretti a produrre risultati di scala territorialesuperiore, promuovendo servizi del SAC nelsuo complesso, rivolti sia agli utenti del terri-torio sia, per la valenza dei servizi erogati, aipotenziali fruitori esterni.5 Si veda fra gli altri: Marco Bellandi e AlbertoMagnaghi (2017), La coscienza di luogo nelrecente pensiero di Giacomo Becattini, Col-lana Territori n. 27, Università di Firenze, Em-poli.

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Silvia PellegriniÈ dirigente della Sezione valorizzazione territoriale della Regione Puglia,struttura che presidia la pianificazione strategica in materia di interventidi valorizzazione del patrimonio culturale e di innovazione applicata a retidi beni culturali materiali ed immateriali.È responsabile dell’azione 6.7. del Programma operativo POR FESR 2014-2020, riguardante gli interventi tesi a consolidare e promuovere lo svi-luppo a base culturale delle aree di attrazione strategica nonché quelli disostegno alla diffusione della conoscenza e fruizione del patrimonio cul-turale attraverso la creazione di servizi e/o sistemi innovativi.Nel 2015 ha rivestito il ruolo di responsabile dell’Asse I e Asse del pro-gramma POIn 2007-2013 “Attrattori Culturali naturali e turismo”. È Re-sponsabile Unico per la Regione Puglia dell’Attuazione dell’”APQ Beni eAttività Culturali” - Fondo sviluppo e coesione 2007-2013.

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Valorizzazione e comunicazione.

Si è soliti ripetere che l’Italia è una nazione che non riesce amettere in valore l’immenso patrimonio culturale di cui di-spone, a farne un volano di sviluppo economico e sociale,l’elemento su cui incentrare la propria visione strategica; men-tre assai più raramente ci si interroga sulle determinanti, sulle

cause ultime di questa incapacità. Se nella tu-tela del patrimonio culturale il nostro Paese èsenza dubbio all’avanguardia, quantomenosotto il profilo del livello di professionalizza-zione degli operatori e delle imprese che vioperano, non altrettanto può dirsi per la suavalorizzazione che rimane – anche a causa diun quadro normativo ed istituzionale ancoraoggi largamente inadeguato – un fattore diestrema debolezza, soprattutto in confronto aquanto accade proprio sul piano della valoriz-zazione in altri Paesi anche meno avanzati delnostro. Le carenze non riguardano solo l’ini-ziativa pubblica – fortemente limitata da poli-tiche di bilancio sempre più restrittive edall’incapacità di promuovere una gestione in-

tegrata del patrimonio culturale in luogo di interventi limitatinello spazio e nel tempo – , ma anche l’iniziativa privata,troppo spesso inadeguata tanto in termini quantitativi quantoin termini qualitativi, priva cioè di quella connotazione mana-geriale che è invece una condizione imprescindibile per ope-rare in un contesto sempre più dinamico e competitivo. Ilproblema di fondo – e di questo si è discusso ampiamente nelcorso dell’ultima edizione di Ravello Lab – è che le comunitàlocali di cui l’iniziativa pubblica e quella privata non sono chemanifestazioni riflesse, non riescono a cogliere il patrimonioculturale come un’opportunità di sviluppo, anzi, ancora più amonte, come un’espressione della propria identità territoriale.Questa condizione genera infatti un disinvestimento patrimo-niale ed affettivo che rende impossibile o eccessivamente one-rosa tanto la tutela quanto la valorizzazione delle risorseculturali. Il disinvestimento, a sua volta, nasce quasi sempredalla scarsa conoscenza del patrimonio e dei valori di cui èportatore; infatti, com’ è stato spesso sottolineato, il patrimo-nio per essere oggetto di valorizzazione deve tornare al centrodell’attenzione collettiva; la comunità deve essere messa nelle

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Placetelling® per lo sviluppo di unacoscienza dei luoghi e dei loro patrimoni

Fabio Pollice

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condizioni di riconoscerlo e di riappropriarsene, costruendointorno ad esso il proprio progetto di sviluppo1. La narrazionedel patrimonio culturale diviene in tal senso un’azione prope-deutica alla valorizzazione stessa: un modo per stimolarla edorientarla. Ma la narrazione risulta legata alla valorizzazioneanche in termini attrattivi, in quanto è proprio attraverso la nar-razione che il valore si crea e si comunica. Una delle debolezzedelle nostre destinazioni turistiche e del Paese nel suo com-plesso risiede proprio nell’incapacità di descriverne efficace-mente il potenziale attrattivo e/o di accrescerne l’appealattraverso una strategia di comunicazione mirata, capace distimolare l’immaginario dei turisti, partendo dal presuppostoche “la meta viene scelta per soddisfare un bisogno di realiz-zazione dell’immaginario che è in noi, per concretizzare l’im-magine sognata nel desiderio”2. Solo quando la comunicazionedi una destinazione riesce a costruire e veicolare “immagini”in grado di stimolare l’immaginario collettivo, le risorse terri-toriali di cui questo dispone assumono un valore attrattivo peril mercato turistico. L’immagine di un luogo è una componenteessenziale del suo sistema turistico3 e nel contempo è l’ele-mento di raccordo tra la realtà territoriale e la domanda4. Diqui l’importanza della comunicazione. Il “turismo è comunica-zione prima ancora che pratica”5 e i due elementi sono di fattoinscindibili6. La valorizzazione turistica dei nostri territori passadunque attraverso la comunicazione che altro non è se nonuna forma orientata di narrazione7, capace di costruire il sensodei luoghi o di utilizzare, orientandole, narrazioni ad essa pree-sistenti, elaborate con altri fini, ma capaci – proprio per questo– di risultare ancor più credibili ed efficaci sul piano comuni-cativo.

Il ruolo della narrazione.

La narrazione diviene dunque una pratica fondamentale siaper creare una coscienza comunitaria capace di sostenere iprocessi di patrimonializzazione e, più in generale, forme disviluppo endogeno ed autocentrato, sia per rafforzare l’attrat-tività territoriale – turistica, in particolare – a beneficio, anchequi, della comunità locale. Alcune considerazioni possonoforse contribuire a precisare meglio questa affermazione e ilcontributo strategico che la narrazione è in grado di fornire aifini dello sviluppo territoriale.

1 Pollice F. (2014), Heritage communities anddevelopment. A foreword, in Pollice F. e L.Oosterbeek (Eds) (2014), Cultural Heritageand Local Development. Local CommunitiesThrough Heritage awareness And Global Un-derstanding, Coll. Archeologia, Storia e Cul-tura, n.6, Appendice a: Territori della Cultura n.18, pp.10-15.2 Giordana F. (2004), La comunicazione del tu-rismo tra immagine, immaginario e immagi-nazione, coll. «Impresa, comunicazione,mercato» diretta da Fabris G., Franco Angeli,Milano, p.60.3 Pollice F. (2005), “Il ruolo dell’identità territo-riale nei processi di sviluppo locale”, in Boll.Soc. Geogr. Ital., vol.X, n.1, 2005, pp.75-92.4 Pollice F., Spagnuolo F. (2009), “Branding,identità e competitività”, in Geotema, n.37,pp.49-56.5 Giaccomarra M.G.(2005), Turismo e comu-nicazione. Strategie di costruzione del pro-dotto turistico, Sellerio, Palermo, p.14.6 Giordana F., op cit., p.16.7 Per Boyer e Viallon possono individuarsiquattro tipi di opzioni [strategie] comunicative:la strategia informativa, che mira a convincerericorrendo alla ragione; quella seduttrice, chevuole indurre alla decisione senza una rifles-sione cosciente da parte del turista poten-ziale; la strategia estetica, che si propone dipiacere esaltando il gusto e il senso del bello,e infine quella pedagogica [Boyer M., ViallonP. (2000), La comunicazione turistica, adatta-mento, ampliamento e aggiornamento (Titolooriginale: La communication touristique, tra-duzione di Pedon A., Presses Universitairesde France, Paris 1994), Armando Editore,Roma, p. 134-135.

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Raccontare un territorio non vuol dire solo descriverlo, maanche interpretarlo e quell’interpretazione nel momento in cuidiviene «racconto» e viene condivisa, finisce con l’influenzareil modo in cui si pensa a quel territorio, il modo in cui lo si vive;interagisce cioè con i processi di territorializzazione8. È per que-sto che il racconto di un territorio può costituire un potente stru-mento di significazione dei luoghi; da un lato, infatti, puòcontribuire a rafforzarne la dimensione identitaria, sviluppandonella comunità locale il senso di appartenenza e l’investimentoaffettivo sul patrimonio territoriale9, mentre, dall’altro, è ingrado di accrescerne la forza attrattiva nei confronti di flussi tu-ristici, finanziari e risorse strategiche, come la classe creativa,con effetti propulsivi sul piano dello sviluppo. Da sempre il rac-conto è un modo attraverso il quale costruiamo e ricostruiamola storia di un territorio, ne tramandiamo la memoria, favo-rendo il processo di patrimonializzazione di ciò che il territorioracchiude. La tutela e la valorizzazione del patrimonio naturali-stico e culturale di un territorio non possono che fondarsi sullasua conoscenza e il racconto è ciò che consente di trasferirequesta conoscenza alle nuove generazioni, rendendole co-scienti di quello che hanno ricevuto in eredità dal proprio pas-sato e responsabilizzandole in merito alla tutela stessa diquesta eredità. Ma il racconto è anche un mezzo attraverso ilquale poter condividere questa eredità con chi vive in altri con-testi territoriali, per chi è portatore di altre culture; è un modoper costruire «mediazioni» culturali, per gettare ponti tra cul-ture diverse e portarle a dialogare e a contaminarsi reciproca-mente. Infine, il racconto è anche un modo per orientare oriorientare i comportamenti individuali e collettivi, per renderlicoerenti e convergenti in modo da sostenere i processi di cam-biamento che investono la scala locale e quella globale: unmodo attraverso il quale assicurare la resilienza dei sistemi ter-ritoriali e, dunque, la loro capacità di farsi protagonisti attivi delcambiamento, evitando di esserne travolti.Di qui l’obiettivo di sviluppare un metodo creativo di «narra-zione» del territorio sotteso da una duplice finalità:• promuovere una narrazione identitaria dei luoghi che nascadal territorio per il territorio e che possa sostenerne lo svi-luppo endogeno e autocentrato nel rispetto dei principi dellasostenibilità (narrazione orientativa);• promuovere una narrazione che sappia comunicare l’identitàdei luoghi a coloro che sono portatori di altre culture, vivonoin altri contesti, in modo da accrescere l’attrattività territoriale,

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Fig. 1 Il logo della Scuola diPlacetelling

8 Turco A. (2010), Configurazioni della territo-rialità, Franco Angeli, Milano9 Cfr. Pollice (2005), op.cit.

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spingerli ad entrare in contatto con questi luoghi ed instaurareun rapporto empatico con essi (narrazione attrattiva).È bene sottolineare che non può operarsi una distinzione nettatra finalità orientative e finalità attrattive, sia perché spesso ledue finalità coesistono all’interno della medesima narrazione,sia perché altrettanto frequentemente le narrazioni attrattivepossono avere effetti orientativi e viceversa (es.: una narra-zione “turistica” esaltando le qualità territoriali può contribuirea rafforzare nella comunità locale l’impegno nella tutela e nellavalorizzazione di queste qualità distintive).Naturalmente non si esclude che vi possano essere narrazionispontanee, anzi quelle di cui stiamo discutendo dovrebberoattingere ad esse – come del resto accade quando nella narra-zione turistica si attinge a quella letteraria – e stimolarle per-ché, come detto, queste risultano altrettanto determinanti aifini dello sviluppo di immagini e visioni condivise del territorioche è da esse raccontato.

La scuola di Placetelling.

A partire dall’importanza nodale della narrazione come stru-mento di valorizzazione territoriale, il Centro Universitario Eu-ropeo per i Beni Culturali (depositario del marchio), la SocietàGeografica Italiana e l’Università del Salento hanno deciso dicostituire, sulla base di una specifica Convenzione, la Scuoladi Placetelling e di realizzare, a febbraio di quest’anno, il primocorso intensivo di «narrazione dei luoghi». L’iniziativa, natacon il contributo finanziario di una ventina di imprese operantisul territorio salentino – sede delle attività corsuali – , ha ri-scosso un notevole successo tanto da spingere gli organizza-tori a programmare una seconda edizione per giugno 2018 e asviluppare un format specifico per gli enti territoriali.

Fig. 2 Il I corso di Placetelling (fased’aula)

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Territori della Cultura

La proposta formativa, in ossequio alle finalità proprie del Pla-cetelling, si è posta come obiettivo quello di contribuire allavalorizzazione dei nostri territori attraverso la formazione diprofessionalità in grado di raccontarne efficacemente il patri-monio territoriale, materiale ed immateriale, rafforzandone ladimensione identitaria e accrescendone l’attrattività turistica10.Nel progettare il percorso formativo si è pensato ad una pro-fessionalità che possa adeguatamente supportare gli attori ter-ritoriali, operando sia all’interno delle organizzazioni pubblichee private, sia all’esterno di esse in qualità di consulenti di co-municazione, specializzati nella narrazione creativa ed empa-tica del territorio e delle sue risorse. Di qui l’interesse dellemolte aziende che hanno sostenuto finanziariamente laScuola; aziende che hanno visto nel placeteller una figura pro-fessionale in grado di raccontare la propria specificità e farneun elemento centrale della propria proiezione competitiva. Sulpiano più direttamente formativo le finalità del corso possonoriassumersi in tre punti essenziali:• formare una figura specifica di placeteller specializzata sullanarrazione dei luoghi, intesi come “topoi” dotati di identitàdistintive;• sviluppare modalità innovative di narrazione di tipo immer-sivo capaci di restituire la realtà narrata e di agire come sup-porto per un’ermeneutica dei luoghi;• contribuire a sviluppare in chi si occupa di comunicazione, diinformazione e di formazione una capacità di raccontare i ter-ritori in modo che il racconto stesso ne divenga strumento diinterpretazione e di valorizzazione.Il corso si presenta così come un percorso formativo profes-sionalizzante che si rivolge a chi opera o intende operare nelcampo dell’informazione, della comunicazione e della forma-zione e, più in generale, a chi ha esigenza di sviluppare com-petenze specifiche nel campo delle tecniche di narrazione. Idestinatari del corso possono dunque afferire alle seguenti ca-tegorie di soggetti:

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10 La formazione svolge un ruolo fondamen-tale nella valorizzazione del patrimonio cultu-rale in quanto consente di creare a livelloterritoriale le competenze professionali ingrado di attivare il processo di valorizzazionee assicurarne la sostenibilità [Pollice F., EpifaniF., De Siena L. (2017) Training for Beauty. Train-ing as a Strategic Axis for Tourism Enhance-ment of Cultural Heritage, in Almatourism,Special Issue n.7, pp.269-285].

Fig. 3 Gli allievi del corso diPlacetelling 2017

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• giovani giornalisti che vogliano sviluppare una competenzaspecifica nel documentare i territori nei loro caratteri distintivied evolutivi;• docenti che vogliano sviluppare nei propri allievi competenzenarrative;• giovani laureati o laureandi che sentano una vocazione perla narrazione ed intendano costruire intorno ad essa una spe-cifica professionalità;• persone che operano professionalmente nel campo della co-municazione e dell’informazione e vogliano rafforzare ed ar-ricchire il quadro delle proprie competenze.Si tratta naturalmente di un’elencazione non esaustiva, inquanto il quadro dei possibili destinatari – come può intuirsidalle finalità e dai contenuti della Scuola – è sicuramente assaipiù ampio e diversificato.

Conclusioni.

Il successo dell’esperienza formativa, sancito sia dal livello disoddisfacimento dei partecipanti, sia dall’apprezzamento deisuoi sostenitori finanziari che hanno potuto apprezzare le com-petenze acquisite dai partecipanti attraverso le “narrazioni”che questi hanno elaborato su di loro (narrazioni di aziende odi territori, a seconda del tipo di sostenitore) come projectwork conclusivo, è stato pieno. Tuttavia, a convincere gli entipromotori della validità in sé del progetto formativo è statol’interesse manifestato dai territori nel corso delle iniziative dipresentazione della Scuola e delle finalità precipue del Place-telling che si sono realizzate a latere dell’iniziativa. Lo sviluppodi un territorio, a prescindere dalla sua natura e dalle vocazionispecifiche, non può che partire da una visione chiara e condi-visa della prospettiva di sviluppo, della configurazione-obiet-tivo che questo intende assumere e questo richiede lo sviluppodi narrazioni che sappiano indirizzare l’agire individuale e col-lettivo, creare convergenza di azioni e di intenti nella comunitàlocale nel rispetto della loro identità e delle loro aspirazionicollettive. Di qui l’importanza di promuovere una narrazioneidentitaria e tuttavia non autoreferenziale, in quanto deve es-sere un racconto che esprima l’identità del luogo, ma sappiacomunicarla all’esterno e farsi a sua volta elemento di promo-zione del territorio e del suo potenziale attrattivo.

Fig. 4 Pietrapertosa nell’immagine2018 della Scuola

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Territori della Cultura

L’importanza degli eventi culturali.

Gli eventi culturali rientrano a pieno titolo nel novero delle at-tività che vanno a comporre l’offerta culturale di un territorio espesso questi stessi eventi sono un mezzo attraverso il qualela cultura materiale e immateriale si manifesta, si trasmette, sicontamina, si condivide, si racconta, si riconosce e si fa rico-noscere, si produce. Ed è sempre attraverso questi eventi chela cultura diviene una «eredità condivisa» e si attivano processidi patrimonializzazione che investono, a seconda della naturadell’evento, gruppi ristretti di individui, animati da interessispecifici e convergenti, o la collettività nella sua interezza, fun-gendo in questo caso da strumento di pedagogia sociale ingrado non soltanto di diffondere la conoscenza del patrimonioculturale, ma anche di promuovere processi di empowermentche investono la stessa collettività che ne è fruitrice, spingen-dola a farsi carico della sua tutela e valorizzazione. Quando glieventi culturali presentano questa caratterizzazione divengonouna mirabile opportunità per sostenere la costituzione di quelle«comunità di eredità» di cui parla la Convenzione di Faro del2005 e affidare ad esse il compito di mettere in valore questaeredità culturale, facendone volano di sviluppo ed elemento dipromozione sociale, assicurandosi allo stesso tempo che possaessere arricchita e trasmessa alle generazioni future1.Gli eventi rappresentano in generale una componente essen-ziale dell’offerta culturale di un territorio, al pari di altre risorsemateriali ed immateriali che ne costituiscono la dotazione pa-trimoniale, ma nel contempo sono anche un mezzo attraversoil quale questa cultura si manifesta e si propone all’attenzionecollettiva; ed è proprio questa duplice connotazione a raffor-zarne il valore culturale. Se poi si considera che attraversol’evento possono essere rappresentate culture «altre» rispettoa quella del territorio in cui viene a realizzarsi, allora lo si puòleggere come un elemento di connessione tra la scala locale equella globale: una finestra attraverso la quale il territorio entrain contatto con altre culture, in maniera più diretta e coinvol-gente di quanto non possa accadere con altri canali di comu-nicazione quali il cinema2 o la televisione. Di qui l’importanza nodale di promuovere e sostenere, ancheattraverso l’erogazione di contributi finanziari, la realizzazionedi questi eventi, cercando nel contempo di accrescerne le rica-dute territoriali, ossia i benefici che le comunità locali e i loroospiti – turisti in primo luogo – possono trarre dalla loro realiz-

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Un portale nazionale per gli eventi culturali

Fabio Pollice

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1 Cfr. Pollice F. e L. Oosterbeek (Eds) (2014),Cultural Heritage and Local Development.Local Communities Through Heritage aware-ness And Global Understanding, Coll. Archeo-logia, Storia e Culura, n.6, Appendice a:Territori della Cultura n. 18.2 Pollice F. (2012), Il cinema nella costruzionedello spazio turistico, Introduzione al volumeNicosia E., Cineturismo e territorio. Un per-corso attraverso i luoghi cinematografici, Pà-tron, Bologna.

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zazione3. Larga parte degli eventi culturali vengono infatti rea-lizzati con il chiaro intento di rafforzare e/o integrare la capacitàattrattiva dei territori, ossia a scopi prevalentemente turistici4:intercettare nuovi flussi di domanda o accrescere l’attrattivitàcomplessiva del contesto locale. In taluni casi la stessa attrat-tività turistica viene ad essere costruita proprio attorno all’or-ganizzazione di eventi particolarmente significativi (grandieventi), come testimonia lo sviluppo di alcune destinazioni tu-ristiche che è nato proprio in conseguenza del successo delleiniziative culturali che vi si tengono periodicamente, tanto chela denominazione stessa del luogo nell’immaginario collettivoviene ad essere automaticamente associata a quella del-l’evento. Al di là di queste estremizzazioni, il «cartellone deglieventi» è divenuto ormai una componente imprescindibiledella proposta turistica dei territori e sempre più spesso le de-stinazioni vengono valutate dai turisti anche sulla base di que-sta particolare componente dell’offerta culturale. A livello localesostenere e qualificare gli eventi culturali diviene dunque unobiettivo fondamentale dell’agenda politica anche al fine dellapromozione dello sviluppo turistico del proprio territorio5.

L’esigenza di un sistema di monitoraggio degli eventi cultu-rali.

Le difficoltà connesse al sostegno di questi eventi nascono dalfatto che in un sistema di risorse scarse, acuite dai vincoli dibilancio che gravano su tutte le amministrazioni pubbliche, oc-corre necessariamente selezionare gli eventi da sostenere e,soprattutto, investire sulla qualificazione degli stessi, pubblicio privati che siano. I benefici territoriali discendono infatti nondal numero degli eventi che un territorio è in grado di realiz-zare, ma dal valore culturale degli stessi e da fattori di carattereorganizzativo legati, anche e soprattutto, alla loro promozione;una promozione resa assai più complessa dall’eccessiva pro-liferazione di eventi e dalla confusione ingenerata da una co-municazione che risulta spesso inefficace o addiritturaingannevole. A ciò si aggiunga che gli eventi che non rispec-chiano le aspettative generate dalla comunicazione che li ac-compagna, tendono a ridurre la fiducia della domanda ineventi simili, danneggiando chi seriamente opera in questosettore e la stessa immagine del territorio in cui l’evento haluogo.

3 Cfr. Bracalente B., Ferrucci L. (2009), Eventiculturali e sviluppo economico locale. Dallavalutazione d’impatto alle implicazioni di po-licy in alcune esperienze umbre, Franco An-geli, Milano.4 Per una rassegna degli studi sull’argomentoed un’analisi puntuale dell’effetto di questieventi sul turismo si rimanda a Getz D. (2008),“Event tourism: Definition, evolution, and re-search”, in Tourism Management, Vol.29, pp.403–428.5 Dubini P., De Carlo M. (a cura di) (2008), Lavalorizzazione delle destinazioni. Cultura e tu-rismo, Egea, Milano.

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Territori della Cultura

L’azione pubblica a sostegno di questa componente fonda-mentale dell’offerta culturale non può dunque limitarsi al fi-nanziamento delle iniziative più meritorie – o, piùprecisamente, di quelle che in base ad un processo valutativoex ante appaiono come tali – ma deve prevedere, da un lato,interventi più incisivi sul piano della definizione dei criteri diqualità che gli eventi devono rispettare a tutela dell’interessepubblico – ad esempio anche attraverso l’elaborazione di lineeguida – e, dall’altro, azioni di monitoraggio ex post volte a ve-rificare che gli eventi abbiano raggiunto le performance attesee possano essere di conseguenza replicati in futuro6.Considerato che determinati eventi vengono riproposti perio-dicamente, la valutazione ex post può fornire indicazioni utiliper orientare meglio l’azione di sostegno tanto del finanziatorepubblico quanto di quello privato, portando ad un uso più ef-ficiente delle risorse economiche a supporto di questa parti-colare area del settore culturale. Peraltro, un sistema divalutazione degli eventi, può anche contribuire ad individuaredelle buone prassi e farne un riferimento metodologico di na-tura orientativa per gli operatori del settore.Un ulteriore beneficio derivante dall’applicazione di un si-stema di monitoraggio degli eventi sembra potersi individuareanche nella possibilità di valutare la capacità attuativa deglienti proponenti, della loro affidabilità, andando così a suppor-tare la valutazione ex ante dei progetti che tali enti andrannosuccessivamente a sottoporre ai finanziatori pubblici e privati.Le proposte potranno essere infatti valutate, oltre che sullabase della rilevanza in sé dell’iniziativa, anche sulla capacitàdimostrata dall’ente di saper gestire al meglio questa tipologiadi iniziative, raggiungendone gli obiettivi culturali e metten-done in valore le potenzialità.Momento propedeutico all’attivazione di una procedura di va-lutazione degli eventi culturali è tuttavia la veicolazione dell’in-formazione agli utenti potenziali – coloro ai quali l’evento siindirizza o intende indirizzarsi – , perché sono in primo luogoproprio questi soggetti a poter valutare l’evento e la sua va-lenza culturale. Ma la veicolazione dell’informazione, ripren-dendo le considerazioni sviluppate nelle brevi noteintroduttive, ha anche altre finalità che sono legate alla promo-zione dell’evento e, dunque, alla determinazione della sua ef-ficacia. Troppo spesso, infatti, eventi meritori per le finalità cheintendono perseguire e per le professionalità coinvolte, nonhanno successo o perché scontano errori di programmazione

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6 Per un approfondimento sui temi della valu-tazione si rimanda a Cherubini S., Bonetti E.,Iasevoli G, Resciniti B. (2009), Il valore deglieventi. Valutare ex ante ed ex post gli effettisocio-economici, esperienziali e territoriali,Collana Economia e Management, Franco An-geli, Milano.

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(la sede, il periodo etc.) o, assai più spesso, perché non sonodebitamente pubblicizzati e non riescono di conseguenza araggiungere i rispettivi target di utenza. Sostenere la pubbli-cizzazione degli eventi culturali può dunque rivelarsi una stra-tegia particolarmente vantaggiosa per accrescerne le ricadutesociali ed economiche e, contestualmente, per gettare le basidi un meccanismo di valutazione pubblica degli eventi stessi.

Un portale nazionale per la promozione degli eventi culturali.

Un’efficace modalità di pubblicizzazione degli eventi potrebbeessere la creazione di un «Portale nazionale degli eventi cultu-rali» in cui far confluire tutti gli eventi organizzati da enti pub-blici e/o privati sul territorio nazionale. Gli enti accreditati7

potrebbero caricare sul sito, secondo un format predefinito,tutte le informazioni relative all’evento o agli eventi che hannoin programma di realizzare nel corso delle settimane e deimesi successivi, inserendo alcuni elementi di riferimento chepossano aiutare gli utenti ad identificare più facilmente glieventi di loro interesse; elementi che possono essere a lorovolta utilizzati come chiavi di accesso alla banca dati e di scree-ning delle informazioni in essa disponibili: data, luogo, tipolo-gia, parole chiave etc..L’inserimento sul portale nazionale potrebbe essere obbliga-torio per tutti quegli eventi che beneficiano di un contributo fi-nanziario da parte di enti pubblici, mentre la responsabilità delcaricamento delle informazioni sul portale ricadrebbe sull’enteproponente in quanto beneficiario del contributo. In tutti glialtri casi l’inserimento potrebbe essere volontario, ossia staràall’ente privato, previo accreditamento sul sito, decidere libe-ramente se caricare o meno il proprio evento sul portale, nonessendo obbligato a farlo per l’assenza di contributo pubblico.Naturalmente è prevedibile che, trattandosi di una procedurache consente di accrescere la visibilità dell’evento e di contri-buire alla sua promozione, i promotori, ancorché non obbli-gati, tenderanno ad utilizzare il portale, inserendovi l’eventocon il relativo corredo informativo. Peraltro gli enti pubblici eprivati potranno utilizzare il portale anche ai fini di una miglioreprogrammazione dei propri eventi, in quanto la consultazionedella banca dati consentirà loro di evitare che l’evento vada insovrapposizione con altri già programmati, e, prima ancora –ossia in fase di pianificazione – , di verificare se in passato nel

7 L’accreditamento è da ritenersi di fatto im-prescindibile in quanto la responsabilità delleinformazioni inserite sul portale deve neces-sariamente ricadere sul soggetto che le ha ca-ricate e questo deve essere sempreidentificabile. Naturalmente, facendo riferi-mento al settore privato, potranno richiederel’accreditamento tutte le organizzazioni profite non profit regolarmente registrate e che sidedicano in maniera continuativa o occasio-nale all’organizzazione di eventi culturali.

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proprio o in altri territori siano stati organizzati altri eventi si-mili. In questo modo sarà peraltro possibile per l’ente organiz-zatore individuare dalle esperienze già maturate eventualielementi strutturali o procedurali utili ad una migliore realiz-zazione del proprio evento. In altri termini il portale, se debita-mente strutturato, potrebbe consentire l’individuazione di bestpractices e sostenere così il miglioramento progressivo dellaqualità degli eventi.Per fare in modo che il portale possa svolgere anche questafunzione – peraltro fondamentale ai fini della stessa valuta-zione degli eventi – potrebbe ipotizzarsi sia l’obbligo per gli or-ganizzatori di pubblicare ex post sul sito i risultati raggiuntidall’evento assieme ad ogni altro documento utile ad atte-starne l’eventuale successo (es.: rassegna stampa), sia la pos-sibilità di permettere agli utenti di postare sul sito levalutazioni degli eventi a cui hanno assistito, in modo da re-stituire anche la percezione del mercato e fare di tali valuta-zioni un elemento di orientamento per gli utenti, per ifinanziatori e per gli stessi organizzatori che, proprio attraversoqueste valutazioni, potrebbero essere messi nelle condizionidi poter analizzare meglio ed in maniera più oggettiva le per-formance dei propri eventi. Per promuovere la trasparenza in merito all’utilizzo di fondipubblici, dovrebbe essere altresì obbligatorio per gli enti or-

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ganizzatori caricare sul portale tra le informazioni riguardantii singoli eventi anche l’importo complessivo del o dei contri-buti pubblici ricevuti per la realizzazione dell’iniziativa, mentrerimarrebbe invece discrezionale l’indicazione dei fondi privatidi cui l’evento abbia eventualmente beneficiato. Tale proceduradarebbe visibilità al sostegno pubblico e, come detto, assicu-rerebbe maggiore trasparenza.

Una breve nota conclusiva.

Gli eventi costituiscono, come si è avuto modo di sottolinearesin dalle brevi note introduttive di questo contributo, un mo-mento importante del sistema di offerta culturale di un territo-rio e sono un indicatore della sua vitalità, con ricadute positivesul tessuto economico e sociale, ma proprio per questo oc-corre investire sulla loro qualificazione, occorre promuoverliin maniera selettiva, sostenendo quelli più meritori ed evi-tando così una dispersione delle risorse all’uopo disponibili,pubbliche o private che siano. Un portale nazionale contribui-rebbe non solo a promuovere e coordinare quest’offerta cul-turale, dandole massima visibilità e la capacità di raggiungeretempestivamente l’utenza di riferimento, ma anche a monito-rarla in modo da orientare l’azione di sostegno e renderla piùefficace e mirata. L’auspicio che è emerso dall’ultima edizionedi Ravello Lab è proprio questo: realizzare ed implementarequesto portale, facendone un punto di riferimento della nostraofferta culturale.

Fabio Pollice (PhD in Political Geography) geografo dell’Università del Salento; ha in-segnato nelle Università di Napoli “Federico II” e di Roma “La Sapienza”.Dal marzo 2016 è Direttore del Dipartimento di Storia, Società e Studisull’Uomo dell’Università del Salento, dopo essere stato per un triennioCoordinatore del Dottorato di Ricerca in Human and Social Sciences at-tivato dalla medesima Università. È altresì membro del Consiglio Direttivodella Società Geografica Italiana (SGI) e Coordinatore nazionale dei fidu-ciari regionali; componente del Comitato Scientifico del Centro Univer-sitario Europeo per i Beni Culturali (CUEBC) e dell’EURISPES. Dirigeinoltre la Scuola di Placetelling ® nata dalla collaborazione tra il CUEBCla SGI e l’Università del Salento. Si occupa di temi di geografia applicatacon particolare riguardo per i temi legati allo sviluppo territoriale e airapporti locale-globale con approfondimenti sul rapporto tra turismo ecultura e al ruolo della cultura nei processi di sviluppo locale. È autore dioltre un centinaio di pubblicazioni scientifiche di livello nazionale ed in-ternazionale.

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Città e Cattedrali è oggi un Piano di Valorizzazione dei luoghidi storia e di arte sacra aperti e fruibili, organizzati in itineraridi visita geografici e tematici, praticabili anche attraverso larete grazie al portale www.cittaecattedrali.it. Città e Cattedrali è un sistema informativo a tema, è una nar-razione del territorio, è un progetto partecipativo, è un metododi organizzazione del volontariato, è una modalità nuova dicollaborazione tra enti e istituzioni diverse, è un calendario dieventi, è un possibile metodo di programmazione delle attivitàordinarie e straordinarie legate al patrimonio d’arte sacra delPiemonte. Motore ed elemento fondamentale del sistema difruizione del grandissimo numero di siti culturali ecclesiastici,concentrati nei centri urbani o diffusi sul territorio, sono i vo-lontari, che si sono formati e sono maturati nella consapevo-lezza del percorso di crescita delle comunità locali e nel sensodi appartenenza dei beni culturali e del paesaggio. Il sistema di Città e Cattedrali attualmente si articola in 428luoghi aperti e gestiti, 15 itinerari, 16 tematismi artistici, 9 ca-tegorie architettoniche, 1200 volontari diocesani (a cui si ag-giungono oltre 1000 volontari delle associazioni non dioce-sane). La sfida futura del progetto Città e Cattedrali oltrea al consoli-damento del sistema è lo sviluppo di progetti sul patrimonioculturale ecclesiastico capaci di generare valore, a partire daquello ecclesiale per arrivare a quello artistico, sociale ed eco-nomico.Ecco ancuni tra i progetti:

“Misericordia spirituale e corporale. Welfare culturale” è unodei progetti ideati su impulso della diocesi di Ivrea nell’ambitodegli eventi di valorizzazione Città e Cattedrali. L’iniziativa ha tentato di mettere in dialogo la bellezza artisticadella chiesa di San Nicola da Tolentino, prezioso scrigno volutodalla confraternita che fin del XVI secolo lì vi aveva sede,dedita all’assistenza morale e spirituale dei condannati a morte,e un gruppo di ospiti della Comunità “L’Orizzonte Onlus” si-tuata nei locali affianco alla chiesa, che accoglie detenuti afine pena, giovani in uscita da un percorso di disintossicazioneda dipendenze come alcol e droga, in cerca di una nuova op-portunità di collocazione nella società. Grazie all’aiuto di un regista, uno storico dell’arte ed un edu-catore, il gruppo ha preso parte ad un workshop per videoma-ker della durata di due mesi che ha permesso loro di acquisire

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Il progetto Città e Cattedrali

Gianluca Popolla

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un’abilità spendibile nel mondo del lavoro. Utilizzando smar-tphone e tablet già in loro possesso, i ragazzi hanno intera-mente realizzato un video (regia, riprese, montaggio e regi-strazione audio) che racconta in chiave autobiograficaesperienze e testimonianze di vita scaturite dalle storie narratenelle opere d’arte conservate nella chiesa di San Nicola.

“45 metri sopra Alba” è una delle proposte turistiche che datre anni anima con un fitto calendario di appuntamenti diverseserate estive albesi e non solo, permettendo a turisti italiani estranieri di ammirare il panorama della città e delle Langhedalla cima della torre campanaria della cattedrale di San Lo-renzo. La visita guidata coniuga il piacere di esperire la storiaed il patrimonio attraverso l’ascesa alla doppia torre medievale,concludendo il percorso a 45 metri d’altezza con un aperitivo

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accompagnato dalla degustazione di vini locali che coinvolgeogni settimana un diverso produttore vitivinicolo del territorio. L’idea, co-progettata dall’Associazione Colline e Culture e dalMuseo Diocesano di Alba, rappresenta una delle tante iniziativesostenute dal Museo in favore di associazioni culturali under35 che, lavorando in stretta sinergia con la Diocesi, permettonodi creare sviluppo turistico generando lavoro, valore econo-mico e incentivando lo sviluppo imprenditoriale di giovaniprofessionisti che operano nel settore della cultura.

Passaporto del pellegrino. Tra le varie iniziative portate avantidal progetto Città e Cattedrali, troviamo l’attivazione di servizituristici legati al cultural heritage, finalizzati alla creazione diflussi turistici e di nuova imprenditoria giovanile. Partendo da-gli esempi noti e ampiamente sviluppati delle Vie di Pellegri-naggio (Cammino di Santiago, Via Francigena, Via di San Co-lombano, ecc.) è stato studiato il Passaporto del Pellegrino diCittà e Cattedrali. Questo passaporto si propone come stru-mento di accompagnamento per il turista lungo i percorsi diCittà e Cattedrali, proposti sul portale www.cittaecattedrali.it.Si tratta di un progetto pilota, realizzato nella zona dell’ales-sandrino e dell’astigiano e potenzialmente estendibile a tutti ibeni coinvolti nel sistema di Città e Cattedrali, con la possibilitàdi continuare negli anni a proporre nuovi itinerari legati alpassaporto. Ogni bene degli itinerari proposti è dotato di un timbro chesarà posto in una postazione ben visibile all’interno del benee liberamente utilizzabile da chi volesse apporlo sul propriopassaporto. Sono stati fatti riprodurre appositamente per que-sto utilizzo copie dei timbri già in dotazione alle differenti par-rocchie coinvolte nel progetto, con l’aggiunta del riferimentografico di Città e Cattedrali. Il passaporto è distribuito gratui-tamente presso gli Uffici Beni Culturali o nelle Cattedrali delleDiocesi del Quadrante Sud-Est del Progetto Città e Cattedrali. Sono molte le attività che associano la valorizzazione culturalecon azioni potenzialmente economiche. Il progetto Città e Cat-tedrali fin dalla prima progettazione ha inteso lavorare anchesu questo punto. Il portale www.cittaecattedrali.it è stato infattiorganizzato con potenzialità tecniche utili a promuovere servizituristici e culturali al fine di completare o ampliare, persona-lizzandola, la qualità dell’offerta degli Itinerari del sacro (visiteguidate on demand, esperienze sul territorio personalizzate,affitto bici elettriche, affitto pulmini, trasporto bagagli etc.).

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Torna l’apprendista. Al fine di incrementare le opportunità dilavoro e le capacità di orientamento degli studenti, i percorsidi alternanza scuola-lavoro promossi dalle diocesi insiemeagli istituti superiori, creano uno spazio dedicato all’appren-dimento del lavoro; un’esperienza in prima persona durantela quale si imparano i metodi, gli strumenti, le finalità, gli am-bienti e i comportamenti lavorativi in modo responsabile eautonomo. Questa opportunità è per gli studenti un’occasionedi crescita e un’esperienza utile al futuro inserimento nel mer-cato del lavoro anche culturale; per i musei, gli archivi e le bi-blioteche ecclesiastiche, invece, sono uno straordinario inve-stimento sul capitale umano che sta crescendo e costituirà lacomunità futura. Inoltre consente di accreditarsi sul territoriocome enti formativi .Aprire il mondo della scuola al mondo “esterno” trasforma ilconcetto di apprendimento in un’attività permanente e per-mette ai giovani di intraprendere un percorso di conoscenzadel proprio patrimonio culturale che li accompagnerà per ilresto della loro vita .

Storie di riscatto. “L’arte non è ciò che vedi ma ciò che fai ve-dere agli altri”. Le parole di Degas hanno accompagnato lasperimentazione Museo Social Club: un museo, tante storie.Le opere d’arte del Museo Diocesano di Fossano si sono legatealla vita della una comunità locale, alle storie dei nuovi cittadinie al percorso di reinserimento lavorativo di persone ai margini,

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tra cui alcuni detenuti a fine pena. Attraverso una serie diesperienze narrative e artistiche che considerano l’arte comeformidabile strumenti di attivazione del pensiero e di socialità,le persone hanno compreso vissuti e bisogni da più punti divista. Cambiando punto di vista. Indimenticabili apprendimenti:un uomo con un passato difficile scopra il se delle risorse: sa-per perdonare, saper lavorare, saper ricominciare. Un’operad’arte si fa viva perdendo la patina estetica. Un museo si fa at-tore della costruzione di un futuro fatto di integrazione e nondi contrapposizione. Una comunità si fa accogliente e inclusiva. www.museosocialclub.it

Il dialogo con l’arte contemporanea. Il progetto Città e Cattedraliindividua nell’espressione artistica un ponte verso un dialogofra le culture spirituali. Da qui la ricerca e l’identificazione dilinguaggi provenienti dalla creatività contemporanea pluridi-sciplinare e multietnica, che permettano di rendere compren-sibile e ispiratore il patrimonio culturale ecclesiastico. L’obiet-tivo è di animare i siti storici e dare voce ad architetti, artisti,poeti e musicisti che diano voce all’interpretazione spiritualedella nostra età: “L’attività umana nel mondo, si esplica in mol-teplici culture, nelle quali il genio umano produce diversi benipropri e caratteristici delle stesse, ma che sono anche patrimo-nio universale dell’umanità. Tra questi beni culturali occupanoun posto particolare i prodotti attinenti alla sfera religiosa: essi

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Francesco Caruso e Gianluca Popolla.

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sono beni di valore specifico, in quanto rappresentano ed espri-mono, mediante l’opera dell’ingegno umano, il legame stessoche unisce a Dio creatore gli uomini continuatori della suaopera nel mondo”. Concilio Vaticano II (Gaudium et spes, 57:EV 1/1504)Diverse sono i percorsi virtuosi attivati in Piemonte per per-mettere al patrimonio culturale ecclesiastico di tornare a essereun incubatore di creatività e innovazione sociale. Com’è acca-duto nelle mostre collettiva di arte contemporanea “Miserere”(2016) e “IncontrArTi. Simboli e riflessi verso l’Oltre” (2017) al-lestite a Vercelli, con la call “Rodello Arte”, finalizzata alla ricercadi artisti per realizzare opere d’arte ispirate al tema del sacro edella terra, e con la mostra mostra “La Via della Misericordia.Sguardi del Contemporaneo” organizzata ad Asti nel 2017.

Gianluca Popolla Sacerdote della diocesi di Susa in Piemonte, laureato in lettere, licenziatoin teologia dogmatica e diritto canonico alla Pontificia Università grego-riana, ha conseguito il master presso l’istituto superiore di beni culturalidella Pontificia Università Gregoriana. Responsabile del Centro CulturaleDiocesano di Susa.Il progetto Città e Cattedrali, finalizzato a interventi strutturali e di valo-rizzazione del patrimonio culturale ecclesiastico del Piemonte e dellaValle d’Aosta, è stato ideato dalla Fondazione CRT e dalle Diocesi delterritorio, e si è sviluppato grazie alla collaborazione, al sostegno e allapartecipazione della Regione Piemonte, della società Arcus e delle com-petenti Soprintendenze. La Direzione regionale del MIBACT ha garantitoil proprio apporto in tutte le fasi del progetto.

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Territori della Cultura

I siti italiani patrimonio dell’umanità

In Italia al 2017 sono 53 i siti iscritti nella lista Patrimonio mon-diale dell’umanità (WHL), coprono l’intera penisola e interes-sano sia piccoli centri che le città metropolitane. I siti patrimonio in Italia esistono dal 1979 e 7 (13,2%) sonostati iscritti prima del 1990, 27 tra il ’91 e il 2000 (50,9%), e 19dopo gli anni 2000. Per quanto riguarda i piani di gestione 6siti li hanno in lavorazione e quasi la metà (45,3%) sono statipredisposti prima del 2000. Va ricordato che il 2004 rappresentaper l’Italia l’avvio di una nuova stagione dei Pdg.I media descrivono questo patrimonio come il più ricco e con-sistente del mondo; certamente questa è una graduatoria senzasenso, va invece riconosciuto che i beni iscritti alla WHL rap-presentano solo una parte del patrimonio costituito dai centristorici e dai beni presenti in ognuno degli 8.000 comuni italianiper i quali si pone un problema di conservazione e valorizza-zione che deve partire in primo luogo dalla difesa, come ci in-segnano i recenti terremoti e i molti eventi distruttivi di naturaidrogeologica, frane, alluvioni.I centri storici o i “paesaggi urbani storici”, come li definiscel’UNESCO nella Raccomandazione del 2011, affrontano oggiin Italia una fase complessa di mutamento, dovuta alle tra-sformazioni della composizione sociale, al calo demografico,alla perdita di attività produttive e artigianali, alla crisi delcommercio minuto, allo sviluppo del turismo. Processi checomportano rischi per la conservazione del patrimonio urbanoe della struttura sociale delle città e richiedono la definizionedi politiche di intervento in grado di assicurare la tutela fisica,la conservazione dei valori culturali e la rigenerazione socialeed economica delle città storiche, nell’ambito di politiche disviluppo urbano equilibrato.L’Istituto Nazionale di Urbanistica (INU) da sempre ha postoun’attenzione particolare alla città storica, alla sua tutela e allasua valorizzazione, basti ricordare la Carta di Gubbio (1961), lebattaglie ma anche i successi ottenuti con i piani di salvaguardiadei centri storici per i quali, basta ricordare quello di Bolognache vide tra i protagonisti tecnici e politici Giuseppe CamposVenuti, la scommessa era quella di convincere gli amministra-tori, gli operatori, ma anche i cittadini che “il centro storico eranel suo insieme un bene prezioso da salvaguardare, risanandoloe valorizzandolo; concetto oggi pacificamente acquisito, ma al-lora (1969) di fatto rifiutato dall’opinione pubblica”1.

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La gestione dei Siti Unesco, una opportunità per i territori

Francesco Sbetti

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1 Giuseppe Campos Venuti, Amministrare l’ur-banistica oggi, INU Edizioni 2012 Roma

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Oggi di fronte alle nuove criticità che investono i paesaggi ur-bani storici, tutti e non solo quelli inseriti nella WHL dell’Unescoe di fronte ai rischi per la loro conservazione fisica e socialel’INU guarda con attenzione alle politiche messe in campodall’Unesco, quali i Piani di Gestione e le valutazioni di impattodegli interventi sul patrimonio Heritage Impact Assessment(HIA), possibili strumenti di integrazione con la gestione delterritorio per la tutela, la rigenerazione e lo sviluppo urbano.

Natura dei Piani di Gestione

Il Piano di gestione costituisce uno strumento di indirizzo ge-nerale per valutare, prevedere e gestire i fattori e i processinaturali e di trasformazione antropica che possono incideresulla qualità dei beni culturali riconosciuti patrimonio univer-sale dell’umanità. I Piani di gestione hanno funzioni programmatorie e di coor-dinamento, stabilendo la pianificazione degli interventi a tuteladel patrimonio culturale e coordinando tutti gli interessi affe-renti ai Siti.2

Secondo l‘UNESCO tale piano dovrebbe essere focalizzato so-prattutto sulla programmazione degli interventi da attuare permantenere nel tempo l’integrità dei valori che hanno consentitol’iscrizione nella Lista, in modo da preservare il sito per le fu-ture generazioni. Il Piano pone in essere differenti livelli di protezione dei beniricompresi nel patrimonio mondiale dell’umanità, ciascunodei quali corrisponde ad un differente ordine di interessi tutelatidall’Unesco, dai singoli Stati, e da enti territoriali e locali. Il Piano di gestione trova legittimità attraverso formali accordie convenzioni sottoscritti da tutti i soggetti responsabili dellatutela, promozione e valorizzazione del sito e prevede al suointerno anche una serie di strumenti di monitoraggio e di con-trollo periodico delle azioni strategiche perseguite.In sintesi il piano definisce un sistema di gestione che, partendodai valori che hanno motivato l’iscrizione del sito nella Listadel Patrimonio mondiale dell’Umanità, effettua un’analisi in-tegrata dello stato dei luoghi individuando le forze del cam-biamento in atto, identifica poi gli obiettivi futuri raggiungibiliattraverso le opzioni di intervento e le possibili strategie, nevaluta gli impatti probabili sul sistema locale, sceglie i piani diazione per conseguire i traguardi fissati, definisce le modalità 2 Cfr. art. 3, comma 2, della legge 77/2006.

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di coordinamento e di attuazione e ne verifica il conseguimentotramite una serie di indicatori che attuano il monitoraggio si-stematico dei risultati nel tempo3. Il Piano costituisce anche una “dichiarazione di principi”, at-traverso la quale le Autorità responsabili della gestione deisiti e le collettività nazionali e locali alle quali i siti apparten-gono, si impegnano nei confronti dell’UNESCO e dell’interaumanità ad una tutela attiva, alla conservazione ed alla valo-rizzazione compatibile rispetto alle identità culturali delle col-lettività locali.

Tutela e valorizzazione dei beni e l’integrazione con gli stru-menti urbanistici

Il Piano di Gestione di un sito Unesco si propone di promuovereprogetti di tutela e valorizzazione, coordinati e condivisi tra isoggetti responsabili del sito e provvede alla definizione delleazioni da adottare per il loro conseguimento; rappresenta quindiun vero e proprio processo che coinvolge nel tempo tutti glistakeholder del sito. D’altronde, il piano di gestione non vaconfuso con i programmi di sviluppo, le misure e gli interventistrutturali, o con gli strumenti della pianificazione urbanistica.Questi ultimi rappresentano piuttosto delle fonti utili per la ste-sura del piano di gestione, che dovrà necessariamente tenerneconto e realizzare un’integrazione orizzontale e verticale. Inoltre, il piano di gestione, diventa uno strumento strategicoed operativo perché, da un lato, cerca di individuare gli obiettividi conservazione e valorizzazione, di breve e lungo periodo, edall’altro, le strategie e le azioni che si intendono mettere incampo per perseguirli. È pertanto uno strumento la cui funzione non è subordinata ascelte di tipo urbanistico, anche se di queste si avvale per isuoi fini, ma è uno strumento di conservazione dei beni e degliambiti del sito reputati meritevoli di tutela e valorizzazione.La conservazione dei Centri Storici costituisce uno degli esitipiù significativi dell’urbanistica in Italia. Oggi, rispetto ad unastagione passata di giuste battaglie difensive è necessariospingersi oltre nella promozione di politiche e azioni progettualivolte non solo alla salvaguardia ma anche alla riqualificazionee alla rigenerazione e al rilancio del ruolo del patrimonio fisicoe sociale delle città storiche e dei centri storici minori.Il modello sviluppato nei siti patrimonio dell’umanità attraversoi Piani di gestione e le Heritage Impact Assessment (HIA), stru-

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3 “Progetto di definizione di un modello per larealizzazione dei Piani di Gestione dei sitiUNESCO”, Ministero per i Beni e le AttivitàCulturali, Quadro Comunitario di Sostegno2000-2006 Regioni Ob.1, PON Assistenza Tec-nica e Azioni di Sistema, Progetto OperativoMiBAC – misura I.2, MiBAC - Ernst & Young ,Roma, p. 220.

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mento da affiancare in modo ordinario alle Valutazioni di Im-patto Ambientale (VAS), può rappresentare un’utile esperienzada valutare e integrare all’intermo delle pratiche urbanistiche,a patto che si strutturi per essere un insieme flessibile di regoleoperative, di procedure e di idee progettuali, che coinvolganouna pluralità di soggetti e sia in grado di evolvere e di recepireaggiornamenti e modificazioni con il cambiare delle circostanzee l’evoluzione dell’ambiente al quale si rivolge.

Francesco SbettiUrbanista, svolge attività di formazione e di consulenza, dal 1985 dirige la so-cietà di progettazione SISTEMA con sede a Venezia e Bolzano.Dal 2005 è Direttore della rivista “Urbanistica Informazioni” dell’Istituto Na-zionale di Urbanistica.Professore a contratto di urbanistica presso lo IUAV Università di Venezia. Hapartecipato ad importanti ricerche, studi e progetti territoriali, tra i quali: Venicecity region OCSE/OECD, PTRC della regione Veneto, Conspace – rete strategicacomune per lo sviluppo territoriale; Progetto SUSTCULT – Programma SouthEast Europe (SEE) nell’ambito del WP6 per supporto alla rielaborazione deicontenuti del Piano di Gestione del sito UNESCO- “Venezia e la sua laguna”;nel 2016/17 ha condotto la Heritage Impact Assessment HIA) sul sito patrimoniomondiale “La città di Vicenza e le ville del Palladio nel Veneto”.

ANNO DI ISCRIZIONE DEI SITI PATRIMONIO ITALIANI ALLA WHL

Anno istituzione sito Anno approvazione Piano di Gestione Senza piano In corso di lavorazione Totale2000-2005 2006-2010 dopo 2011

prima 1990 1 2 2 1 1 71991-2000 3 9 9 1 5 272001-2011 3 6 4 1 0 14dopo il 2011 0 0 5 0 0 5totale 7 17 20 3 6 53

Valori percentuali

Anno istituzioni sito Anno approvazione Piano di Gestione Senza piano In corso di lavorazione Totale2000-2005 2006-2010 dopo 2011

prima 1990 14,3 11,8 10,0 33,3 16,7 13,21991-2000 42,9 52,9 45,0 33,3 83,3 50,92001-2011 42,9 35,3 20,0 33,3 0,0 26,4 dopo il 2011 0,0 0,0 25,0 0,0 0,0 9,4totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0

Valori percentuali

Anno istituzioni sito Anno approvazione Piano di Gestione Senza piano In corso di lavorazione Totale2000-2005 2006-2010 dopo 2011

prima 1990 14,3 28,6 28,6 14,3 14,3 100,01991-2000 11,1 33,3 33,3 3,7 18,5 100,02001-2011 21,4 42,9 28,6 7,1 0,0 100,0dopo il 2011 0,0 0,0 100,0 0,0 0,0 100,0totale 13,2 32,1 37,7 5,7 11,3 100,0

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Territori della Cultura

L’articolato e intenso confronto di Ravello Lab 2017 ha af-frontato temi di grande attualità che nonostante il loro as-

soluto rilievo faticano a trasformarsi in una strategia nazionalecoerente e perseguita intenzionalmente a ogni livello.Oggi è più che mai indispensabile inquadrare la questione deiBeni Culturali in un’ottica “laica”, priva cioè di visioni elitariee di banalizzazioni commerciali. In una prospettiva come que-sta occorre guardare ai diversi operatori e stakeholder senzapregiudizi, senza gerarchie preconcette e, soprattutto, senzapedanti classificazioni tra beni di serie A e beni di serie B.Ma di cosa stiamo concretamente parlando?Il coupé Cisitalia 202 del 1947, il Piero della Francesca di SanSepolcro, lo stabilimento Fiat Lingotto, le Langhe, Brera, leDolomiti, la nuova Torre Intesa SanPaolo di Torino, i colli delProsecco, la Cappella Sistina, il duomo di Monreale o, ancora,uno Stradivari già di proprietà di Nicolò Paganini, sono tutti“nodi” di una rete nazionale costituita da un numero incalco-labile di capolavori assoluti.La gestione di un territorio morfologicamente straordinario,ricco di microcosmi unici e del lascito di oltre due millenni diineguagliata produzione artistica, culturale e materiale, rap-presenta – per il nostro Paese – una sfida che non ha eguali almondo.La precondizione indispensabile per progettare coerenti poli-tiche nazionali, all’interno di questa oggettiva originalità, è in-tendersi su cosa è oggi un Bene Culturale. Il quadro di riferi-mento non può essere una somma infinita di “cose”, bensìun “ecosistema complesso”. Una definizione, quest’ultima,che non ha nulla a che vedere con la “complicazione” buro-cratica, amministrativa, gestionale e così via.La complessità, infatti, è cosa ben diversa dalla complicazione.Si fonda sulle leggi generali che regolano il funzionamentodei sistemi, in altri termini, un sistema è complesso non perchécostituito da un insieme di soggetti in relazione tra loro, bensìper il numero pressoché infinito delle relazioni che lo determi-nano e, soprattutto, ne condizionano la vita.Nel caso dei beni culturali, artistici e naturali del nostro Paesel’adozione di un approccio sistemico rappresenta una sceltaobbligata se si intendono gestire le sue infinite interconnes-sioni, senza limitare le analisi al solo rapporto causa-effettocircoscritto al singolo caso.Si pensi al paradosso veneziano delle grandi navi: la vitalità

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Pianificazione strategica, progettazione e valutazione

Mauro Severi

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del porto, ovvero il suo traffico,è un fatto positivo; la presenzaincrementale di turisti è un fattopositivo; la promozione dellacittà vista “dal mar” e dal canalGrande è un fatto positivo e, tut-tavia, questi elementi combinan-dosi tra loro producono effetti in-desiderati e pericolosi per il“sistema” veneziano.Se rapportiamo questo esempioalla scala nazionale, ovvero alnostro Paese posto di fronte allagestione del proprio patrimonioartistico e naturale, compren-diamo immediatamente chequando la complessità è elevatanon la si può affrontare con unasola autorità e un solo punto di vista. Al contrario, è necessariodecentrare, puntare sulla partecipazione e sull’assunzione diresponsabilità da parte di tutti. In altri termini, serve intelligenzadistribuita, interconnessa, auto-motivata e auto-attivata. Sonoquesti, infatti, i presupposti indispensabili per la gestione dellacomplessità.In tale prospettiva, invocare il superamento di un concetto or-mai logoro di patrimonio artistico/culturale – quello che ri-comprende “solo” i grandi musei, i cento borghi più belli o ipatrimoni dell’Unesco – vuol dire introdurre implicitamentel’idea di “ecosistema”.La verità è che l’Italia intera è un unico sito di pregio che chiededi essere pensato, narrato, gestito e amministrato con inten-zionalità e coerenza. Premesse indispensabili per metterlo util-mente al lavoro producendo cultura, valori, simboli, emozionie ovviamente profitto.L’idea di “ecosistema” va pian piano emergendo anche se icasi sono ancora troppo pochi. Si pensi alla decisione di gestirecon logica di “sistema” alcuni capolavori assoluti come, perlimitarci ad alcuni esempi, la Reggia della Venaria Reale e larete delle Residenze Sabaude del Piemonte o, ancora, la Reggiadi Caserta, i vicini scavi di Pompei, senza dimenticare i Poli ele Fondazioni museali.Tuttavia, con onestà e con umiltà dobbiamo riconoscere due

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precisi dati di fatto. Il primo è che esiste un ritardo soggettivo,legato cioè ai singoli luoghi e ascrivibile dunque alle singoleamministrazioni. Il secondo è un ritardo oggettivo imputabileall’irrisolta “complessità” nazionale, regionale e provinciale.Accanto a queste considerazioni di metodo, che interroganoseveramente tanto la politica, quanto il mondo amministrativoe l’universo composto da operatori e intellettuali, si poneanche la questione di merito rappresentata dalla richiamatanecessità di ridefinire il “perimetro” dei beni cultuali, artisticie naturali.Una questione tuttora aperta che il successo dell’innovativoconcept distributivo di Eataly ci aiuta a comprendere. Le con-sapevolezze e le visioni elaborate in Italia e promosse su scalaglobale da Slow Food, hanno contribuito a cambiare la perce-zione del cibo, della sostenibilità, della tutela dell’ambiente edella valorizzazione dei saperi produttivi e dei sapori ereditatida tradizioni secolari. Alla luce di tutto ciò possiamo affermareche oggi un sofisticato rivenditore di alimenti può essere in-terpretato e agito anche come soggetto che produce “cultura”.C’è una grande confusione sotto il cielo. Uno stato di cose chenon rappresenta una minaccia bensì una grande duplice op-portunità.La prima è costituita dalla gestione proattiva dei beni culturalie ambientali che può contribuire a determinare non solo formesostenibili di sviluppo, ma anche una migliore qualità dellavita per tutti i cittadini italiani. La seconda è l’avvio di nuovimodelli di business che possono non solo produrre valore,ma anche concorrere a consolidare – in Italia e nel mondo – lareputazione del made in Italy in ogni sua possibile declina-zione.Il riferimento all’industria rimanda all’enorme valore materiale,immateriale e simbolico racchiuso nelle nostre creazioni ma-nifatturiere. Anche in questo caso ci troviamo di fronte allacomplessità e, come in un sistema frattale, la realtà si ripro-pone replicando la medesima “architettura”.Non solo arte, cultura e paesaggio si compenetrano storica-mente alla manifattura e all’agricoltura, ma l’industria stessa– di per se produttrice di “cultura” – può oggi avviare iniziativesussidiarie ascrivibili all’interno di quella intelligenza, diffusa,interconnessa, auto-motivata e auto-attivata, alla quale hofatto riferimento.L’Italia – secondo sistema industriale europeo e uno tra i primi

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dieci al mondo – può e deve valorizzare le sue tante originalità:dalla Ferrari alla lampada ad arco dei Castiglioni, dalla Ducatialle scarpe di Gucci, dal Parmigiano Reggiano alla robotica,dagli elicotteri al caffè, dalle biciclette performanti al Brunellodi Montalcino. Per trasformare in contenuti fruibili questoenorme potenziale è indispensabile definire le cornici norma-tive, gli indirizzi e i vantaggi fiscali indispensabili per metterea valore questo patrimonio.Considerando anche le esperienze di altri paesi – la cui magni-tudo di beni artistici è ben inferiore a quella espressa dall’Italia– appare evidente l’urgenza di prendere in considerazione ilruolo che l’impresa privata potrebbe giocare qualora venisseassunta come uno degli stakeholder di riferimento.Un percorso evolutivo che presuppone una visione sistemicaindispensabile per mettere in relazione la cultura e più in ge-nerale la fruizione dei beni cultuali, l’offerta turistica e le poli-tiche correlate, le attività imprenditoriali a partire da quellecommerciali per arrivare all’industria. Nelle fabbriche di ogni settore è al lavoro ogni giorno la mec-canica del sapere. Veri e propri laboratori di innovazione, disocializzazione e di crescita umana e civile. La meccanica – incui il nostro Paese eccelle – è nell’aratro della società agricola,

Mauro Severi con Andrea Ferraris.

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nella macchina a vapore della prima rivoluzione industriale,nella stampante 3D dell’era digitale. La “fabbrica” è ovunque.In tale prospettiva propagandare la cultura tecnico-industriale,promuovere la bellezza assoluta del nostro design, promuo-vere allo stesso tempo emozioni e fare “spettacolo” può di-ventare non solo un programma capace di dare nuove identitàe attrattività a territori oggi sconosciuti se non dimenticati,ma anche l’opportunità per rigenerare i milioni di metri cubidi edifici “storici” che le nostre molte e sovrapposte “archeo-logie” ci hanno lasciato in eredità.L’approccio deve essere analogo a quello di Michelangelo difronte all’enorme blocco di marmo che turbava le committenzee gli artisti fiorentini alla fine del Quattrocento. Secondo ilBuonarroti l’incredibile David alto più di cinque metri stava lì,preesisteva, bastava “solo” scoprirlo e aiutarlo a uscire dallasua “prigione”.Allo stesso modo noi dobbiamo “scoprire” il patrimonio dicontenuti tecnici e di narrazioni appartenenti a settori mani-fatturieri e agroalimentari che sono già nel cuore di miliardi diuomini, donne e giovani di tutto il modo.Nel considerare tutto ciò è indispensabile tenere a mente cheinnovazioni di tale natura presuppongono, prima di tutto, unarivoluzione culturale da parte di coloro che direttamente o in-direttamente interagiscono con i beni artistici, culturali e pae-saggistici del nostro Paese.Mi riferisco all’affermazione di nuovi modi di pensare e di fareche non possono essere frutto di approcci aziendalistici, madevono necessariamente tener conto di un dato oggettivo: ilnostro universo di riferimento è un sistema a “legame debole”.Ciò significa che è ispirato da logiche organizzative diverse daquelle delle imprese. Queste ultime, infatti, sono organizzazionia “legame rigido” che limitano l’autonomia delle proprie unitàorganizzative imponendo loro di conformarsi a quanto stabilitodalla sede centrale. Nel mondo di cui oggi ci occupiamo, alcontrario, non vi è alcun tipo di interdipendenza gerarchica eogni unità organizzativa può esprimere un livello elevato diautodeterminazione.Siamo di fronte a una frammentazione, comune a ogni sistemacomplesso, che favorisce reazioni conservative a fronte di pos-sibili innovazioni percepite come “minacciose” in quanto im-poste dal cosiddetto “centro”. Ciò significa che le articolazioniverticali e orizzontali – per limitarci a un solo esempio le Re-

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gioni e gli Enti locali – possono far leva sulla loro autonomiaper adottare forme di inerzia organizzativa e di resistenza pas-siva capaci di assorbire e neutralizzare cambiamenti che al-l’apparenza possono apparire anche radicali.Per sbloccare questa situazione è indispensabile elaborare unavisione condivisa di futuro, un altrettanto condiviso progettodi Paese, occorre mettersi in rete per avviare progetti d’areavasta e dunque più grandi, più ambiziosi e dotati di maggioririsorse e capacità attrattive. Si deve incentivare la collabora-zione pubblico-privato. Sono questi i presupposti sui qualifondare la nostra non più rinviabile rivoluzione culturale.In una prospettiva come questa, l’intelligenza diffusa, il capitalefiduciario e la capacità di coordinamento e condivisione –espressa dai distretti industriali italiani che nel corso del temposi sono auto-organizzati – costituiscono la prova provata chequi e ora, nel nostro Paese, è possibile affrontare e vincere lacomplessità a condizione di condividere visioni, innovazioni edestini.

Mauro SeveriLaureato in Architettura, per oltre trenta anni collabora alla gestione del-l’impresa edile di famiglia. Da 26 anni è Socio e Amministratore delGruppo Nexion Corghi. Mauro Severi è delegato, fra l’altro, al Design deiprodotti, alla Comunicazione e alla Gestione delle sedi e dei siti produttivi. Severi affianca all’attività industriale la professione di Architetto attraversoil proprio studio. Tra le varie realizzazioni, l’allestimento della Galleria Na-zionale dell’Umbria in Perugia, il restauro della Cattedrale e del TeatroMunicipale R. Valli di Reggio Emilia. È stato Presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Reggio EmiliaPietro Manodori. Nel luglio 2014 è stato eletto Presidente di Unindustria Reggio Emilia(Confindustria) per il quadriennio 2014-2018, avviando inedite collabora-zioni con le Confindustrie territoriali delle province vicine.

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“ad avere a cuore, che né cosa alcuna sia mai deteriorata, né alienata, né trasportata, né fuori dal Museo, né fuori dalla Città”

Ulisse Aldovrandi, 1603

Il Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio (d. lgs42/2004) all’art. 112 regola e definisce le azioni dicooperazione tra “lo Stato, le regioni e gli altri entipubblici territoriali” per l’identificazione di strategiee obiettivi comuni di valorizzazione locale. La normaprevede un chiaro livello strategico reso operativoda un livello programmatico – l’elaborazione di ac-cordi di valorizzazione e di piani strategici di svi-luppo culturale - e da un imprescindibile piano ge-stionale con la messa in atto delle attività di

valorizzazione identificate. Il ruolo del patrimonio culturale èquindi centrale per l’elaborazione di un modello di sviluppoche faccia dell’identità culturale territoriale il suo punto diforza. I beni culturali e le risorse materiali e immateriali checaratterizzano storicamente un territorio sono riconosciuticome elemento portante di un sistema che, se in grado dicoinvolgere le comunità che a quel territorio appartengono(Convenzione Unesco del 1972), può generare una formidabilespinta identitaria e di sviluppo economico. Resta imprescindi-bile, e non è superfluo ricordarlo, che la valorizzazione nonpuò e non deve esistere senza l’idea di tutela territoriale laquale, sostenuta da un’adeguata base normativa, vede nellaconservazione del patrimonio - intesa nei suoi moltepliciaspetti che vanno dalla ricerca al restauro, dallo studio alleazioni di tutela – lo strumento principe per la trasmissione allenuove generazioni del patrimonio stesso. Così intese, le azionidi valorizzazione divengono dunque più concrete, più rispet-tose del territorio e per questo più partecipate. Il comma 4 dell’art. 112 individua nell’”accordo” il dispositivod’elezione per la definizione delle strategie e degli obiettivicomuni di valorizzazione auspicando l’integrazione dei settoriproduttivi collegati, anche di proprietà privata. Così intesa, lavalorizzazione territoriale integrata è in grado di identificare lastrategia di governance più adatta al territorio preso in esamedisciplinando le attività dirette a promuovere la conoscenzadel patrimonio culturale. Questi presupposti, se traslati all’in-

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L’accordo di valorizzazione per il Sistema Museale Cittadino di Siena.

Case-study.Federica Zalabra

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terno di un microcosmo tanto complesso quanto in continuodivenire come la città, sottolineano il museo come luogo fon-dante dell’identità cittadina. Un’identità che si rispecchia inesso grazie all’enorme potenziale didattico di questo istituto eal suo intrinseco e storico legame con la città. Legame che èrelazione fisica con la città moderna - e per questo nucleo fon-damentale nel quadro dei servizi di quest’ultima - e relazionestorica con la città antica della quale conserva documenti checreano la narrazione diacronica e sincronica della civitas inepoca moderna. La relazione fisica tra Museo e città rientranella problematica della distribuzione sul territorio di serviziculturali e sociali, spesso non sufficienti o non adeguati, e allaposizione del Museo nel quadro urbanistico. La realtà italianaci presenta variegati esempi di correlazione tra contenitore econtenuto, dove il contenitore coincide spesso con l’emergenzaarchitettonica più significativa della città e il contenuto con lacollezione storica identitaria della comunità. Il D.M. 23 dicembre 2014 ha puntato l’attenzione sulla necessitàdi mettere in rete i musei italiani integrandone i servizi e le at-tività. Cosi pensato, l’istituendo Sistema museale nazionaleinclude i musei statali e, tramite convenzioni, ogni altro museodi appartenenza pubblica o privata che risponda agli standarddecretati nel 2001, dall’«Atto di indirizzo sui criteri tecnico-scientifici e sugli standard di funzionamento e sviluppo deimusei». Alla Direzione generale Musei è demandato il compito

Anonimo, Beato AmbrogioSansedoni, particolare, Siena,Palazzo Pubblico.

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di sostenere la nascita di reti territoriali che coinvol-gano diversi attori al fine di valorizzare il “museo dif-fuso” che caratterizza il paesaggio culturale italianoattraverso la promozione di sistemi innovativi di ge-stione dei musei e dei luoghi della cultura. All’internodi questa grande articolazione nazionale, i sistemimuseali cittadini sono il nucleo dell’intero organismo,veri e propri centri propulsori per un’attenzione al pa-trimonio partecipata e fortemente intrecciata al vis-suto delle comunità. Fondamentale diventa allora lacooperazione tra i soggetti pubblici competenti e gliattori presenti sul territorio. L’accordo di valorizzazione per il Sistema Musealecittadino di Siena, firmato dal MiBACT e dal Comunedi Siena il 27 giugno 2017, è un primo progetto pilotache vede l’attuazione operativa di una rete musealecittadina all’interno del Sistema Museale Nazionale.L’accordo ha come oggetto sia musei statali, sia museicomunali (Pinacoteca Nazionale, Museo ArcheologicoNazionale, Complesso museale di Santa Maria dellaScala, Museo Civico, Museo dell’Acqua) e si auspicache in un breve futuro possano entrare a farne partealtri istituti. Le linee strategiche stilate nell’accordo

mirano ad un miglioramento complessivo della gestione mu-seale, all’incremento e alla differenziazione dei pubblici, allosviluppo di relazioni con il territorio. L’accordo ha aspetti ope-rativi di grande interesse che scaturiscono dallo studio deiflussi turistici e dalla volontà di risistemazione delle collezionimuseali. Nello specifico si lavora sulla formalizzazione del de-posito del Museo Archeologico Nazionale già nei locali delComplesso di Santa Maria della Scala, sulla collaborazionenell’ambito dei servizi di bigliettazione, comunicazione, pro-mozione e servizi educativi, sulla creazione di un nuovo per-corso espositivo nel Complesso di Santa Maria della Scala in-centrato sulla cultura figurativa senese tra XIV e XV secolo esulla riunificazione delle opere appartenenti alla collezioneSpannocchi Piccolomini (circa centottanta opere) con il lorotrasferimento e musealizzazione al Complesso di Santa Mariadella Scala. Quest’ultimo progetto, di grande interesse scien-tifico, è partito da una ricerca approfondita che ha portato allaricostituzione documentaria dell’intera collezione. Oggi leopere sono divise tra la Pinacoteca Nazionale e il Complessodi Santa Maria della Scala, parte in esposizione, parte in de-

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Biccherna, Ospedale di Santa Mariadella Scala, Archivio di Stato di

Siena, n. 95.

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posito. Il nuovo progetto prevede l’esposizione di tuttele opere Spannocchi Piccolomini al Santa Maria dellaScala per una loro più organica fruizione e adeguatavalorizzazione. L’accordo, della durata di dieci anni,prevede la stipula di successivi patti per l’elaborazionedi piani strategici di sviluppo culturale, come indicatidall’art. 112 del Codice dei beni culturali. L’idea allabase dell’accordo è quella di creare nel tessuto citta-dino senese un vero e proprio “museo diffuso” cheinglobi non solo l’”acropoli” ma si espanda consape-volmente ad altri settori della città, compreso il terri-torio esterno al centro storico. Si sta lavorando percoinvolgere nuovi attori favorendo forme di partena-riato e sostenendo la progettazione di buone praticheindirizzate alla valorizzazione condivisa di tutte le ri-sorse che rappresentano l’identità del territorio(MuSST). Con l’ampliamento della partecipazionedelle comunità al Sistema Museale Cittadino di Sienaprenderà maggior corpo quella eredità culturale cheè parte integrante del “solo animale completo, contesta, cuore, arterie, zampe, di cui rimane lo scheletroquasi intatto, depositato su tre colli” (B. Berenson).

Federica ZalabraStorico dell’arte con una specializzazione in pittura del ‘600, ha svoltoun’intensa attività sia in Italia che all’estero come curatore e coordinatoredi mostre d’arte e come operatore culturale e didattico. All’interno dellapubblica amministrazione ha ricoperto ruoli di responsabile di collezionimuseali e di ispettore di Soprintendenza. È docente di Storia dell’arteModerna presso la Scuola di Alta Formazione dell’Istituto Superiore perla Conservazione e il Restauro e si occupa, all’interno del MiBACT, di re-stauro, circolazione e prestito di opere d’arte. Per la Direzione generaleMusei si occupa di rapporti internazionali e segue progetti di valorizza-zione. Fa parte del gruppo di lavoro ideatore del progetto Sleeping Beauty,per la valorizzazione all’estero delle opere dei depositi dei musei italiani,e di quello di MuSST volto a sperimentare e favorire lo sviluppo deisistemi museali territoriali.

Camera del Comune, Archivio diStato di Siena, n. 94.

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Territori della Cultura

Dalle numerose Comunicazioni della Commissione Europeadal 2007 ad oggi, fino alla Convenzione di Faro (quasi al

suo pieno riconoscimento anche in Italia, ma non ancora), ri-sulta evidente quanto il nostro momento storico edi suoi protagonisti chiamati in causa – come singolie come collettività – siano sempre più portatori diinteresse verso la cultura. Una cultura intesacome cultural heritage, come retaggio storico cul-turale comune ricevuto e da trasmettere, attraversoil riconoscimento del valore personale (anche, e so-prattutto, non economico) del bene comune e dellaresponsabilità che questo comporta. In particolarmodo l’attenzione di politiche e, conseguentemente,delle gestioni vede oggi l’urgenza di connettere at-tivamente i molteplici processi di conoscenza e stu-dio che fin qui si sono articolati, a nuovi e più con-creti processi attuativi. Una nuova prospettiva che

veda tutti gli attori gravitanti nell’orbita del patrimonio culturale(tutti e ciascuno) responsabili e al contempo beneficiari di ciòche esso può produrre in termini di ritorni ed impatti.Le dinamiche di gestione, accesso e promozione di ogni attivitànel settore culturale sono in continua evoluzione e contami-nazione. Il patrimonio si è fatto via via sempre più un co-rac-conto multidisciplinare, interdisciplinare e multisettoriale ca-pace di far dialogare humanities e science come mai primad’ora. Ed è proprio in questo panorama ad alta complessitàstrumentale e concettuale, che la cultura necessita di allinearetanto i propri elementi strutturali conoscitivi e quanto quelliapplicativi decisionali, per offrire una risposta che sempre piùdeve esser concreta e che guardi ad un’efficace utilizzo delpotenziale di cui è portatrice, sia creativo ed espressivo (anchetecnologico), che collettivo di comunità e territori. Un sistemaaperto e complesso che spinge costantemente ogni istituzionenon solo ad un adeguamento formativo ed informativo conti-nuo, ma anche allo sviluppo di nuove strategie concepite eprogrammate. Un’identità dinamica che dovrà per forza farproprio un incremento crescente del livello qualitativo dellemodalità di coinvolgimento richiesto da una sempre più im-portante molteplicità di soggetti attivi ed una altrettanta mol-titudine ancora da attivare. Ne consegue che la chiave perpoter correttamente interpretare questa evoluzione, passa at-traverso una serie di questioni centrali che le riguardano.Si inizi dunque dalla responsabilità, o meglio, dall’avvio di un

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Dalla Responsabilità alla Fiducia

Massimiliano Zane

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nuovo moto di “assunzione di responsabilità” anche in ambitoculturale e per ciò che riguarda l’intero suo arco di progetta-zione; che si snodi dall’idea all’attuazione, tanto sul piano oriz-zontale delle comunità e dei territori, quando su quello verticaledegli attori, istituzionali e non, che con quei e su quei territoristessi vogliono operare. Per far questo, e che questo sia svoltoin modo ottimale, necessitiamo allora di una vision chiara,che stimoli una mission altrettanto palese a tutti, quindi basatasu obiettivi e reciprocità, ed anche su una equilibrata scalabilitàdegli interventi, da intendersi sempre più flessibili e graduabili.Questo per favorire che, step by step, processi e modalità diattuazione siano correttamente svolti ed incentivati al miglio-ramento attraverso una nuova cultura della valutazione. Unavalutazione interpretata come attenta e puntale verifica delleperformance (culturale, sociale ed economica), pensata e at-tuata con spirito proattivo e non mortificatorio attraverso ladeterminazione di nuovi e più adeguati indicatori, per unanuova consapevolezza ed una sana responsabilizzazione con-divisa. Ma la verifica e la condivisione passano dalla correttainterpretazione di tutti gli elementi concorrenti al buon esitodella progettualità, quindi si guardi anche alla formazione, in-feriore e superiore, scolastica ed universitaria certo, ma nonsolo. Allora meglio parlare di “attività formative strutturali”,di mentoring che accompagni e coinvolga l’intero sistema cul-tura, in un aggiornamento continuo di tutti i suoi elementi atutti i suoi livelli, interni ed esterni, istituzionali e privati, pre-senti e futuri, quali che siano compiti e impieghi cui sono chia-mati a rispondere. E se di formazione si parla, si parli anche dicomunicazione e informazione promossa e veicolata sottoforma di percepibilità dei risultati - vedi alla voce consegui-mento degli obiettivi e assunzione di responsabilità – sia perciò che riguarda l’ottenimento che per il mancato ottenimentodi questi. Così intesa, la comunicazione conduce ad una mag-giore trasparenza dei modelli e nei processi, con un moto diapertura inteso come elemento attuativo di garanzia e veicolodi promozione dell’importanza sociale dell’intervento in cul-tura. Perché solo attraverso il riscontro attivo, il concretarsi ela percezione tangibile di aver contribuito alla costruzione ealla messa in pratica di idee, progetti, passioni, sforzi creativie fisici comuni, si genera l’ultimo elemento fondamentale peruna cultura intesa tanto come asset economico efficace quantocome elemento coesivo comunitario ed identitario: la fiducia. In questo nuovo orizzonte gestionale, dunque, il luogo di cul-

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Territori della Cultura

tura contemporaneo, risulta esser un elemento ad alta com-plessità strumentale, metodologica ma soprattutto intellettuale,con un ruolo unico ed insostituibile di responsabilità socialein quanto parte integrante della società, che della società ne èessenza ed interprete. Interprete non solo di valori storici e ar-tistici ma anche di una nuova “narrativa formativa” fatta diabilità emozionali, capace di spingere il pubblico all’eserciziodel “diritto di fruizione”, attraverso cui riflettere in manierapiù analitica sui processi di costruzione e sviluppo delle proprieed altrui conoscenze, dei propri ed altrui contenuti; capace difacilitare apprendimento e comprensione attraverso una cul-tura che avanza in termini di ricerca, di sperimentazione e dicondivisione per co-progettare, co-produrre e co-generarenuove logiche, formule e metodologie di valorizzazione; conun ruolo di mediazione educativa con una potenzialità espres-siva enorme, capace di promuovere il pensiero critico, soprat-tutto dei più giovani, e di spingerli a ri-appropriarsi di quelloche sarà il loro vissuto e a ri-definire il sentimento comunedella società in cui vivono e di cui sono parte integrante por-tandoli a trovare il proprio percorso di conoscenza attraversometodi non convenzionali; che guarda con efficacia tanto allosviluppo di un buon engagement, quanto ad una corretta pro-mozione del proprio valore aggiunto relazionale. Ed è in questocontesto, e a queste “condizioni” che il “valore” delle istituzionimuseali e culturali, se riconosciuto, può divenirne un potente

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comburente, promuovendo al contempo un nuovo modellodi sviluppo etico, efficace e sostenibile che vada oltre il datonumerico. Perchè dietro i percentili si celano persone e i numerice le raccontano, ma non ce le spiegano. I numeri sono solonumeri, e se non correttamente interpretati, in un momentostorico così ingordo di voti, classifiche e vincitori, possono fa-cilmente divenire uno sterile esercizio di stile dagli effetti di-storsivi. Ora serve re-imparare a leggere quegli stessi numeri,che con così tanta dovizia siamo diventati esperti nell’accu-mulare, con lenti nuove: responsabilità e fiducia. Ecco duenuovi punti cardinali che mi sento di suggerire per tutti i pros-simi processi gestionali riguardanti il patrimonio che davverovorranno dirsi consustanziali e realmente capaci di implemen-tare ogni vera gestione programmata e integrata secondo pro-cessi di partecipazione. Ma anche per apprendere e parlarenuovi linguaggi, anticipare cambiamenti, trend e bisogni deipropri stakeholder. Per sviluppare interconnesioni, multidisci-plinarietà e nuovi percorsi di narrazione consapevole e condi-visa. Per una cultura sempre più galassia comunicativa e for-mativa che si fa multidisciplinarietà attiva e creativa, in unprocesso strategico per la valorizzazione (anche economica)delle proprie risorse.

Massimiliano Zane Progettista Culturale e Consulente Strategico per la Gestione e la Valoriz-zazione dei Processi e delle Attività Culturali di Musei e Patrimonio. Èparte di diversi comitati scientifici museali, membro della Expert of Ma-nagement List of R.E.A. (Research Executive Agency of the EuropeanCommission), Crew Member of Expert List of KEA e opera nello sviluppoe nell’applicazione delle nuove Tecnologie Digitali per la Cultura comeCultural Designer Per ETT S.p.A. Inoltre è membro ICOM, per cui ricopreil ruolo di Coordinatore Nazionale della Commissione Comunicazione eRelazioni di ICOM-Italia.

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Centro Universitario Europeoper i Beni Culturali

Ravello

Panel 2: L’impresa culturale tra risultato economico e valore sociale

Chair:Pierpaolo Forte Presidente Fondazione Donnaregina-Museo MADRE, Napoli

Key-note Speaker: Pietro Petraroia Scuola di Specializzazione Beni Storico-Artistici UniversitàCattolica di Milano

Franco Broccardi BBS-Lombard, dottore commercialista, Milano Stefano Baia Curioni Università Bocconi-Centro Internazionale d’Arte e diCultura di Palazzo Te

Giovanna Barni Presidente Coopculture

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Stefania Averni

Normativa e impresa culturale

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Il Laboratorio promosso da Ravello Lab riguardante “L’im-presa culturale tra risultato economico e valore sociale” sicolloca in una fase interessante dell’innovazione normativache interessa il Terzo Settore e che risulterà particolarmenteutile anche per riaffermare l’importanza del settore culturaleper lo sviluppo socio-economico del Paese. Lo strumento chesi intende accreditare è “l’impresa culturale” che opera in unadimensione di mercato in quanto impresa ma con obiettiviche hanno una dimensione sociale. Alla logica economica tra-dizionale dell’impresa si abbina una logica nuova che è quelladell’utilità pubblica della sua attività. L’impresa culturale persopravvivere svincola la sua operatività da un sistema di sus-sidiarietà e mecenatismo e diventa un Soggetto giuridico chesvolge attività istituzionali di pubblica utilità con modalità com-merciali. Se nell’impresa privata lo scopo è quello della remu-nerazione del capitale investito con una strategia mirata alprofitto per la soddisfazione di interessi proprietari, misurabilein termini squisitamente economici, nell’impresa culturale, laproduttività non è misurabile in termini soltanto economici ei beneficiari non coincidono con la proprietà del capitale in-vestito. La metrica valutativa dell’attività dell’impresa culturaleè misurata dal ritorno in termini di utilità sociale prodotta e di-penderà anche dal grado di soddisfazione degli stakeholder afavore dei quali l’impresa stessa svolgerà la sua opera. D’altro canto, la legge di riforma del terzo settore parla delperseguimento di finalità civiche e di utilità sociale con unamodalità di gestione responsabile e trasparente. Si tratta di fi-nalità affini all’impresa culturale cui viene dato il compito diinteragire con il territorio per aumentare gli scambi tra pubblicoe privato, stimolare le relazioni e le interazioni tra singoli e co-munità. Il suo scopo è la produzione di “ricchezza sociale”. Daqui discende che mentre nell’impresa profit la remunerazionedel capitale passa necessariamente attraverso la sua capacitàdi autofinanziamento, nell’impresa culturale l’autosostenta-mento non è un più un fine ma solo un mezzo per meglio con-seguire i sui obiettivi in termini di ricaduta sociale delle sueattività.Nella maggioranza dei casi, tuttavia, l’impresa culturale ha deivincoli perché gestisce denaro pubblico; alla luce di questapremessa sono previste agevolazioni in termini di maggioriopportunità di intervento da parte dello Stato e in generale intermini di aiuto pubblico con contributi e con l’utilizzo dellaleva fiscale.

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Il mancato esercizio del prelievo sui risultati economici delle“imprese no profit” deve essere compensato dallo svolgi-mento di attività che spingono l’economia e che contribuisconoallo sviluppo economico del territorio e allo sviluppo sociale.E nella coincidenza di questi due obiettivi – economico e so-ciale – l’uno funzionale all’altro e di pari dignità la sfida in ter-mini di crescita dell’impresa culturale.Cosa dobbiamo ricordare nel percorso di definizione della nor-mativa che regolerà l’impresa culturale?Riflettere sui vincoli ed i controlli a cui sarà soggetta.Laddove ci sono delle agevolazioni che riguardano denaropubblico sia in forma di contributi che fiscali, è imprescindibileavere dei controlli a partire dal campo di attività dove l’impresapuò operare.Riflettere sulla struttura proprietaria dell’impresa in termini dicapitale investito e di governance.In proposito, sarebbe opportuno lasciare all’impresa culturalela possibilità di agire con la libertà che le deriva dalla suaforma giuridica privata, ampliando i margini di discrezionalitàdi chi gestisce e rafforzando i controlli e ponendo i vincoli suirisultati della gestione.La discrezionalità è vitale per ottimizzare i risultati valorizzandole potenzialità dell’imprenditore culturale che deve agire conresponsabilità e trasparenza verso il suo “azionariato” cioègli stakeholder di riferimento.

Al centro, Stefania Averni.

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Pretendere un forte sforzo in fase di “programmazione” del-l’attività dell’impresa culturale che dovrebbe essere chiamataa definire su base pluriennale il suo piano di lavoro specifi-cando l’ambito della sua attività, la sostenibilità del progettostesso, gli obiettivi strategici, primari ed eventualmente se-condari da misurare in termini di ricaduta sociale, le risorsestanziate e le fonti di reperimento delle risorse stesse, le mo-dalità per misurare l’avanzamento verso tali obiettivi che sa-ranno certamente di natura economica, in termini di efficaciaed efficienza della gestione e sociali in relazione ai bisogni dasoddisfare evidenziati nella programmazione.Accertare che la rendicontazione di queste attività sia chiaranei suoi contenuti. Il bilancio sociale dovrà essere redatto tro-vando un puntuale riscontro nel bilancio economico dell’Entein una prospettiva generale ed unitaria, degli impegni assunti,dei comportamenti e dei risultati prodotti nel tempo. La sfida è mettere in rete l’esistente sul territorio in una logicadi integrazione pubblico-privata per la migliore riqualifica-zione dell’offerta culturale utilizzando le capacita managerialidel privato unitamente alla grande motivazione e all’entu-siasmo legato ai valori del sociale. Quello che appare e chela meta è chiara, dare valore al nostro patrimonio culturale,valorizzare il Paese, recuperare la nostra identità e dignità. Ilcammino intrapreso.

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Stefania AverniDottore Commercialista e Revisore Contabile esercita la Professione dal1993. Accanto alla attività professionale tradizionale ha una specializza-zione in problematiche relativa agli enti no profit sia per l’aspetto giuri-dico-gestionale che per l’aspetto fiscale, con particolare riferimento aibeni culturali. Ha realizzato diverse pubblicazioni e svolge attività formativapresso diversi enti. Ha collaborato con l’Agenzia delle Onlus per la realiz-zazione del testo le “Linee Guida per la redazione del Bilancio Socialedelle Organizzazioni no Profit” nel settore dei beni culturali. Partecipaalla commissione “enti no profit” dell’Ordine di Roma ed ha partecipatoalla Commissione Economia dell’Arte del Consiglio Nazionale dell’Ordinedei Dottori Commercialisti. Da anni si interessa alle problematiche deglienti locali, alle forme di gestione pubblico/private.

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Ettore Bambi

Un progetto di identità territoriale

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Nel progetto interregionale di sviluppo turistico sostenibile“Itinerari nella cultura, storia, tradizioni, paesaggi del mare

e delle miniere del mare” l’Assessorato al Turismo della Re-gione Puglia doveva dar vita ad un circuito denominato “Bor-ghi storici marinari di Puglia”. Ha affidato questa attività congara pubblica alle società PROÀGO e LINKS di Lecce asse-gnando quindi le seguenti azioni: mappatura e selezione deiborghi - creazione itinerari turistici esperienziali - realizzazioneeducational - cortometraggio - indagine residenziale a cura diartisti fotografi europei - mostra, pubblicazioni, app.Dopo un’indagine volta a verificare l’esistenza di alcuni requisitioggettivi sono stati selezionati 25 borghi: Manfredonia, Vieste,Peschici, Rodi Garganico, le Isole Tremiti, Barletta, Trani, Mol-fetta, Giovinazzo, Bisceglie, Bari, Mola di Bari, Polignano aMare, Monopoli, Savelletri di Fasano, Brindisi, Taranto, Otranto,Santa Cesarea Terme, Castro, Tricase Porto, Santa Maria diLeuca, Gallipoli, Santa Maria al Bagno, Porto CesareoPrima di dar vita agli output di progetto, si è chiesto a Feder-culture di attivare alcuni cantieri di comunità. Si sono svolti afine maggio, chiamando a raccolta associazioni, operatori cul-turali, guide turistiche, direttori di ecomusei, il tema è stato:esiste la consapevolezza di vivere in un borgo marinaro forte-mente identitario? la partecipazione è altissima. È il segno cheanche il privato cittadino avverte la sensibilità e l’esigenza didiventare “un operatore culturale dell’accoglienza”.Nei mesi di giugno e luglio 2017 hanno avuto luogo le princi-pali attività di progetto: cinque educational per “coppie” digiornalisti, narratori e blogger - dieci residenze artistiche perfotografi europei che hanno reintepretato cinque leggende le-gate al mare e realizzato 250 opere inedite che sono confluitein una mostra finale e in una pubblicazione di pregio. Il 13agosto al Castello aragonese di castro si è svolto l’eventofinale del progetto.Queste le riflessioni sul concept che ci hanno riportato al temadi Ravello Lab: l’impresa culturale tra risultato economico evalore sociale. Il progetto è partito dall’assunto che il valoreattrattivo degli antichi insediamenti costieri risiede essenzial-mente nell’essere dei “luoghi” e come tali caratterizzati daforti elementi di distintività: luoghi in cui è possibile leggerela storia del territorio di cui sono espressione e sintesi, unastoria che si racconta attraverso il loro patrimonio culturalemateriale ed immateriale.

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Nel progetto abbiamo puntato ad assegnare unruolo chiave alla “gente del luogo”, prima ancorache agli operatori turistici, culturali o dell’acco-glienza. Nel contatto diretto con i giornalisti, i narra-tori, i fotografi e le troupe, sono stati i pescatori,imarinai, i cultori di memorie, i professori in pen-sione, le donne cuciniere, i maestri pasticcieri a con-dividere storie, usanze, saperiDi fatto abbiamo avuto conferma che il sistema ri-cettivo costiero – per quanto oggi più evoluto – nonfa sistema da solo nè in Puglia nè altrove, se non èaccompagnato dalla dimensione esperienziale e cul-turale diffuse, in virtù della quale la “gente delluogo” diventa la prima impresa culturale del terri-torio, per anzianità, storia, credibilità, autorevolezza,numero di addetti. Da qui l’importanza strategica della narra-zione e la sua duplice valenza: da un lato regola la nuova do-manda turistica e la orienta verso una fruizione consapevolee coinvolgente - dall’altro consente alla comunità locale direinterpretare la propria identità collettiva, regolando stili divita, ridefinendo gli equilibri corretti fra senso di appartenenza,flussi di visitatori, politiche dello sviluppo.E qui il progetto è andato a ritroso, recuperando pezzi di storianon monumentale che sono il valore più autentico dei borghi:i diari dei viaggiatori europei del ‘700 e ‘800, spesso dei veri epropri ispettori del regno, che andavano in cerca di particolariantropici e sociali, piuttosto che artistici di questa estremapropaggine del territorio delle Due Sicilie.Medici, nobili di corte, letterati e letterate (Janet Ross, fra leprime donne ) che affrontavano viaggi a dorso dei muli, ospitatida famiglie più o meno accreditate, qualche volta in locandedi mediocre livello, e raccontavano di cibo, di volti, di caratteri,di costumi, ovvero di “storie di vita” che diventavano il primoesempio di scrittura partecipata di itinerari emozionali.Ma non ci siamo fermati ai diari. Le leggende dei mari pugliesievocano ancora oggi fantasmi e principesse, sirene e animein pena, amanti sfortunati, padri malsani, monaci eremiti e gliimmancabili predoni saraceni. Leggende da terra di confine,un immaginario collettivo che il progetto ha riproposto a foto-grafi, regista, giornalisti, social traveller e destination designere che si è trasformato in un efficace ed inedito approccio crossmediale.

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I territori costieri della Puglia si sono dunque trasformati da“museo diffuso” a “museo goduto”. Chi vive dentro i borghistorici marinari deve percepirne il valore . Valorizzazione si-gnifica attribuire valore culturale a un bene che non l’ha maiavuto, o ne ha avuto meno di quanto meritasse, o l’ha perduto.I facilitatori della memoria diventano in questo processo attorifondamentali perchè concorrono - non più inconsapevolmente,questo è il cambio di regime - a trasformare il valore culturalein valore economico.È così che nei borghi marinari pugliesi abbiamo intercettatoimprese culturali “allargate”, narratori ed interpreti entusiasti,giovani ma non necessariamente, creativi capaci di guidareprocessi di emersione di casi di successo. Il progetto ha potutofar crescere quasi senza volerlo questa schiera di operatori,con loro una certa pratica amatoriale è entrata in contatto conl’eccellenza artistica, ha stimolato la creazione di reti socialiinclusive, ha creato confronti e contraddittori, ha suscitato in-teressi inediti.È questo, un modello assolutamente coerente con la strategiacomplessiva dell’assessore Loredana Capone (si vedano i Pro-grammi Smart In Puglia e Puglia 365) che punta a creare lecondizioni per il successo del’offerta turistica integrata “terri-tori-cultura.Il progetto ha fatto parlare i territori. Davanti a ospiti esigentiha creato condizioni abilitanti per mettersi in sintonia con ilgenius loci mentre si visitavano i luoghi, si assaggiavano icibi, si conoscevano le persone, si dava vita ad una partecipa-zione resiliente. Il progetto ha fatto ragionare e offerto all’os-servatore dati reali, ha smosso imprese formali ed informali,scenari possibili e imprevedibili, ma alla fine ha creato 25 per-corsi etimologici che hanno rivelato i territori nei propri segniautentici.

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Ettore BambiStrategy manager per il Gruppo Proàgo/Innovamenti di Lecce. Espertodi politiche e progetti comunitari per lo sviluppo territoriale, la valorizza-zione culturale ed il turismo sostenibile. Esperto di sistemi di monitorag-gio, Valutatore indipendente di progetti di sviluppo territoriale e politichedel lavoro. Iscritto all’Ordine Nazionale dei Giornalisti dal 1981 e all’Asso-ciazione Italiana Valutazione dal 1997. E’ stato consulente, fra gli altri, perArthur.D.Little, Cotup, Ecosfera, SOGES, Links Management and Techno-logy s.p.a., Betaconsult s.r.l., Confartigianato, S.I.D.A., CISI Puglia, EupolisLombardia, ISFOL. Docente di Sviluppo Locale nell’ambito del MasterASFOR in General Management di Aforisma Business School, autore dipubblicazioni di storia locale.

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Alessandro Beda

Il valore sociale ed economicodell’impresa per il territorio

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Èla prima volta che partecipo a Ravello Lab e sono rimastodavvero impressionato per la bella atmosfera, gli stimolanti

dibattiti e il livello di competenza degli interlocutori. Un verounicum nel panorama culturale italiano. Ho fatto parte del Panel 2 che riguardava “L’impresa culturaletra risultato economico e valore sociale”. I moltissimi interventimi hanno fatto comprendere il mondo vastissimo e complessodell’imprenditoria culturale, le sue aspettative e le sue difficoltà.Anche la Fondazione Sodalitas, a cui appartengo, è una im-presa culturale in quanto diffonde la responsabilità sociale ela sostenibilità tra le aziende italiane cercando di promuoverequesti temi nella cultura di impresa. Riguardo al binomio proposto dal titolo del panel “Risultatoeconomico e valore sociale”, non avrei dubbi nel ritenere cheil valore sociale della cultura è preminente come ricaduta sullacomunità. Valore sociale che si trasforma in valore economicoper il territorio attraverso il turismo, i prodotti locali e così via.Valore economico che, a livello Paese, promuove interi settori,basti pensare alla moda, all’alimentare, all’arredamento e aldesign. Inoltre tutto il mondo economico ne risente positiva-mente perché il livello culturale influisce sulla reputazionecomplessiva del Paese e questo giova all’immagine dei nostriprodotti su tutti i mercati. Ad esempio, l’incremento della quo-tazione della Ferrari al Nasdaq non dipende certamente solodai fondamentali, ma anche dall’immagine di cultura, bellezza,design italiano che quel prodotto esprime. Un caso, tra i tanti,che testimonia come il valore della cultura può influenzareanche la finanza. Tornando poi allo specifico dell’impresa culturale, ritengo siaimportante prendere in esame, oltre alla necessaria sostenibi-lità economica, un ulteriore elemento indispensabile: l’utilità.Restaurare uno spazio espositivo, aprire un museo, un teatro,implica che lo spazio produca mostre, che il museo sia visitato,il teatro produca opere che attraggano il pubblico. Troppe voltegli enti locali investono in opere che non comportano fruizioneda parte del cittadino. Qui il valore sociale viene annullato, almassimo diventa un valore di conservazione che non produceutilità immediata e diretta per la comunità. In questo campo,l’impresa culturale potrebbe avere un ruolo importante nellapromozione di interventi che abbiano un contenuto di utilitàsociale elevato e duraturo nel tempo. Vorrei affrontare adesso un tema che esula dal titolo del panelma che ritengo importante per l’azienda culturale e la cultura

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in genere: il rapporto tra mondo delle imprese e cultura. Fin dall’Ottocento il mecenatismo d’impresa si è sviluppatograzie a singoli imprenditori appassionati che hanno messo adisposizione risorse, talora ingenti, per iniziative culturali digrande livello. Si trattava però di investimenti di singoli im-prenditori che spesso ritenevano non confacente impegnarel’immagine dell’azienda. Oggi il panorama è totalmente cambiato, dagli anni 2000 si èsviluppato il fenomeno della Responsabilità sociale di impresa(Csr), che vede l’impresa fortemente impegnata per lo svilupposostenibile anche attraverso investimenti sociali nel territoriodi riferimento. Sono ormai migliaia le imprese che investonoin quest’ottica. Si tratta di promuovere l’investimento in culturacome parte integrante dello sviluppo sociale del territorio.Questo fenomeno è già in corso: ad esempio, un terzo dellerisorse della Scala è garantito dalle imprese; molti musei,come le Gallerie d’Italia di Milano, sono frutto del sostegno edel contributo di una impresa; l’attuale mostra di Caravaggionasce da una collaborazione tecnologica con un’ impresa.Spesso quindi non si tratta solo di risorse finanziarie ma anchedi un vero supporto tecnico organizzativo, come per esempiole tecnologie di illuminazione. Oggi disponiamo di una leva di accelerazione potente rappre-sentata dall’Art Bonus. Grazie all’ottimo lavoro del MinistroFranceschini disponiamo di una agevolazione fiscale incenti-vante che allinea l’Italia a quanto succede negli altri Paesi eu-ropei. Questa recente legge è ancora poco conosciuta ma al-cune imprese hanno già iniziato ad usufruirne: allo stato attualele domande sono poche migliaia ma in rapida crescita. Ci tro-viamo quindi di fronte ad una congiuntura favorevole di grandepotenzialità ancora da esprimere che potrà rappresentare unaspinta rilevante nel sostenere la promozione della cultura e laconservazione dei beni culturali. Penso che esistano tre condizioni che permetteranno di sfrut-tare a pieno questo congiuntura: • aprire un forte dialogo e confronto tra il mondo dell’impresae le imprese culturali; • promuovere la cultura come investimento sociale per la co-munità e il territorio; • dimostrare l’utilità e il valore economico dell’investire in cultura.Se Confindustria, Federculture e tutti gli attori del settore sa-pranno mettere in campo iniziative significative l’impegnodelle imprese non mancherà.

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Alessandro BedaStudioso della tematica della respon-sabilità sociali di impresa.Autore del volume “La responsabilitàsociale di impresa. Strumenti e stra-tegie per uno sviluppo sostenibiledell’economia” edito dal Sole 24 ore.Responsabile della CSR nella Com-missione Cultura di Confindustria.Coordinatore del centro per corpo-rate social responsibility.Vice presidente dell’AssociazioneSodalitas.Consigliere della GLOBAL CompactFoundation.Presidente della Giuria “ giornalismoper il sociale”.Componente Gruppo Tecnico Culturae Sviluppo Confindustria.

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Andrea BilliGiovanna Sonda

Impatti sociali delle attività culturali:cosa e come valutare

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Quando si parla del ruolo della cultura nell’attivare processidi sviluppo ci si scontra con una questione spinosa: la mi-

surazione dei cambiamenti prodotti da iniziative e progetti amatrice culturale. Che si tratti di attività nell’ambito delle in-dustrie culturali e creative (ICC), del patrimonio storico-arti-stico, di interventi istituzionali o di esperienze spontanee tro-vare degli indicatori è oggetto di dibattito sia a livelloaccademico, sia tra i professionisti che si occupano di questosettore (amministratori, imprese, associazioni).Le strategie di governo dalla scala urbana a quella europea sipropongono di coltivare le potenzialità dei territori e generareopportunità di sviluppo sostenibile attraverso la cultura. Tutta-

via, anche per la segmentazione del comparto cul-turale in specifici settori di attività, si rischia di per-dere di vista la dimensione territoriale degliinterventi a matrice culturale. Invece il senso di ap-partenenza, il capitale sociale, l’emancipazione, lavivibilità dei luoghi sono ricadute positive di inizia-tive a matrice culturale e ci impongono di rifletteresui criteri di valutazione. In questo senso il temadell’impatto sociale sta diventando cruciale per com-prendere a fondo la capacità di certi interventi diprodurre un cambiamento per la collettività. Particolarmente in contesti dove non c’è un attorepubblico forte, molte iniziative culturali di fatto svol-

gono una funzione di welfare con un impatto significativo perla collettività anche se non misurabile secondo indicatori dioccupazione e ricchezza prodotta. Individuare i fattori che favoriscono lo sviluppo di iniziative dicomunità è perciò il primo passo per rivedere e integrare gliindicatori tradizionali; superare, ad esempio il numero di visi-tatori, di biglietti, di pernottamenti per considerare altri aspettidi impatto che possono incidere sulla qualità di vita delle per-sone, sui processi di sviluppo di un territorio e forniscono in-dicazioni sulla sostenibilità e replicabilità di certe iniziative.Affidarsi solo alle evidenze empiriche senza interrogarsi sestanno descrivendo una dinamica positiva o controversa èpiuttosto rischioso. Un aumento del numero di visitatori nonè di per sé un fatto univocamente positivo: i problemi chestanno affrontando città come Venezia ci parlano di una que-stione complessa in cui i flussi turistici hanno innescato dina-miche controverse.

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Sullo sfondo Andrea Billi eGiovanna Sonda.

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Oltre ai criteri per valutare l’impatto, è rilevante porsi anche laquestione della valutazione ex ante perché i criteri di selezionedei bandi incidono sulla qualità progettuale. Implicitamente,la valutazione può svolgere un ruolo educativo/adattivo: lastruttura e i criteri da seguire per predisporre la proposta in-formano un certo modo di elaborare e presentare i contenuti;di pianificare le attività; di immaginare gli impatti e di connet-tersi con attori locali ed esterni. Perciò intervenendo in questafase è possibile innalzare la cultura della progettazione sia daparte delle istituzioni proponenti, sia da parte dei beneficiari. Questa consapevolezza dovrebbe essere quindi incorporatanei bandi a sostegno di iniziative culturali per riuscire ad in-tercettare anche soggetti emergenti e metterli in condizione disperimentare nuovi modelli di sviluppo. I bandi rappresentanodelle opportunità se prima di tutto attivano le risorse del luogoe a queste aggiungono il capitale necessario a farle partire erenderle sostenibili. Questo implica innanzitutto comprenderee sostenere le dinamiche che portano certi attori ad aggregarsi,a sviluppare dei progetti, a dialogare con le istituzioni locali. Di seguito vengono presentate alcune indicazioni per valutaregli interventi culturali e i loro impatti sociali nella prospettivapiù ampia dello sviluppo dei territori e delle comunità.Considerare la cultura un fattore trasversale abilitante la cre-scita, l’innovazione e la coesione sociale permette di superarei confini tra settori di attività e di riportare la valutazione deiprogetti su un altro piano, quello dello sviluppo locale che in-clude anche gli impatti sociali oltre alle ricadute economiche Promuovere processi di innovazione nelle istituzioni affinchési pongano come interlocutori per gli attori locali stimolandoprocessi di innovazione sociale che attivano le risorse endo-gene dei territori.Mappare le risorse locali in termini di soggetti, tematiche, tra-dizioni culturali, patrimonio materiale e immateriale, poten-zialità inespresse per valorizzare e far crescere competenze etalenti locali coerentemente con la strategia e la visione di svi-luppo di un territorio. Le agenzie di sviluppo regionali chehanno come mandato di stimolare il tessuto imprenditorialelocale attraverso specifici bandi e misure a sostegno dellacreatività potrebbero essere degli importanti osservatori e nonsolo degli erogatori di risorse.

Andrea BilliInsegna economia dello sviluppo edeconomia politica all’Università diRoma La Sapienza. I suoi interessidi ricerca sono le politiche di sviluppoper le aree in ritardo dei Paesi indu-strializzati, la coesione sociale e lepolitiche culturali, con particolare at-tenzione ai processi di sviluppo ur-bano. Dal 2009 al 2011 si è occupatodelle crisi aziendali ed i grandi pro-getti strategici alla Presidenza delConsiglio e dal 2014 al 2016 ha cor-dinato per l’OCSE un progetto perla valorizzaizone a fini culturali e turi-stici delle regioni del Sud Italia, fi-nanziato dal MIBACT.

Giovanna SondaDottore di ricerca in Sociologia e Ri-cerca Sociale, svolge attività di studioe ricerca sui temi del welfare di co-munità, dell’economia sociale, del-l’impatto sociale della cultura. Negliultimi anni i suoi interessi di ricercasi sono rivolti allo sviluppo locale cul-ture-driven con particolare attenzioneall’interazione tra innovazione so-ciale, identità territoriali e pratichecreative e culturali. Per la Federa-zione Trentina della cooperazione co-ordina da diversi anni azioni pilotanell’ambito di progetti europei e re-gionali per guidare e stimolare pro-cessi di sviluppo locale che attivanorisorse endogene dei territori.

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Ravello LAB dà voce a quanti credono nella capacità dellacultura di generare progresso, sviluppo e innovazione, so-

prattutto per l’Italia. Tre giorni per discutere di tematiche cheappassionano la vita culturale, quindi sociale ed economica,del Paese. Un’occasione per non fermarsi alle problematicheche gravano sul settore creativo e culturale, pur riconoscen-dole, ma progettare soluzioni basandosi su un processo dicoinvolgimento partecipativo e dinamico. Una delle riflessioniche hanno guidato queste considerazioni è stata incentratasul ruolo dell’impresa, tra valore culturale e sociale.L’impresa e il ruolo che riveste nella, e per la, società sonofortemente cambiati nel tempo. Oggi l’azienda opera comeagente di cambiamento: stimola processi di innovazione e,con maggiore attenzione di prima, cerca di produrre un im-patto positivo anche per la società e per l’ambiente. Anchel’Unione Europea si è spesa fortemente in questo campo e halanciato dei dettami chiari agli Stati membri per “creare lecondizioni per una crescita sostenibile, un comportamentoresponsabile delle imprese e una creazione di occupazionedurevole nel medio e lungo termine”. Questo impulso è statodi fondamentale importanza per introdurre nelle imprese, orafforzare dove esistenti, quei comportamenti responsabiliche portano al progresso e al crescere insieme, dell’impresae della società.L’impresa si mostra così vicina al territorio tanto da assorbirne,in modo naturale e spontaneo, il suo sistema valoriale e cul-turale, che si riflette nelle produzioni e nei manufatti finali. Lasintesi migliore di questa fusione, tra impresa e cultura, è ilMade In, in cui la tradizione manifatturiera e il patrimonio sto-rico-artistico si incontrano divenendo un veicolo di promozionedell’Italia all’estero. I prodotti italiani, serviti sui mercati esteri,raccontano dell’Italia, della storia, dell’arte e della cultura delBel Paese. I marchi, piccoli e grandi, nelle loro creazioni tra-sferiscono lo stile di vita italiano: chi lo compra, cerca un’espe-rienza evocativa, non solo una relazione di natura funzionale-commerciale. E’ sempre più evidente, infatti, che la brandreputation dipenda dal comportamento che l’azienda decidedi assumere nei confronti dell’ecosistema in cui opera. I con-sumi sono orientati non più solo dal rapporto qualità-prezzoma anche dal giudizio comportamentale, attribuito al marchio,che comprende valutazioni di carattere etico e sociale.Con questa consapevolezza, Gesac - Società di gestione del-

La cultura al centro della business proposition

Armando Brunini

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l’aeroporto di Napoli - sensibile alle tematiche della responsa-bilità sociale di impresa, ha deciso di dare il proprio contributoallo sviluppo, aprendo l’aeroporto alla collettività e alla cittàdi Napoli, allontanandosi sempre più dall’essere un corridoiodi frettoloso passaggio. Alla base, la volontà di dedicare at-tenzioni speciali all’arte e alla cultura, resa un elemento por-tante della business proposition. Una delle attività sviluppatein tal senso è diretta a rendere l’aeroporto di Napoli un am-biente di promozione turistica e valorizzazione culturale, at-traverso gli spazi offerti dall’infrastruttura stessa e una piatta-forma digitale che offre ai viaggiatori informazioni sulleattrattività che è possibile visitare a Napoli e dintorni. Da questainiziativa, si è passati ad ospitare, direttamente in sede aero-portuale, una mostra di sei importanti opere artistiche. L’aero-porto diviene un luogo di narrazione, di fermento artistico. Difatto, la prima o l’ultima esperienza culturale che si apre alviaggiatore, al suo arrivo o alla sua ripartenza.Alla base di queste scelte vi è la consapevolezza che l’engage-ment, sul fronte culturale e sociale, si traduca in benefici tan-gibili sul business complessivo. Non è un atto di mecenatismo,bensì un atteggiamento lungimirante, diretto, da un lato a mi-gliorare la brand reputation, dall’altro a dare un senso all’im-pegno, oltre il perimetro aziendale. Raggiungere un risultatoeconomico è fondamentale ma non basta: è necessario cheun’impresa, nell’esercizio delle proprie attività e nella legittima

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ricerca di profitti, persegua anche finalità di utilità collettiva,all’interno della propria azienda, con azioni di welfare, e al difuori con atteggiamenti socialmente responsabili.Queste performance e il miglioramento dei servizi nel 2017hanno portato al riconoscimento Aci Europe Award come mi-gliore aeroporto europeo (categoria da 5 a 10 milioni di pas-seggeri). Le motivazioni sono attribuite all’eccellente combi-nazione tra management e driver economico per il turismoregionale. Oltre questo, il riconoscimento per aver miglioratola passenger experience e aver contribuito ala valorizzazionedei beni artistici e culturali della Regione.Tutto questo non è responsabilità sociale. O meglio, seppurtrovi nella responsabilità sociale la sua genesi, questa visionesupera il confine e va oltre. La responsabilità sociale mostra illato “umano” dell’impresa ma resta ancorata ad una dimen-sione separata dalla regolare gestione del business. Concet-tualmente, ciò che ricade e avviene sotto la responsabilità so-ciale non è business ed è separato dalla ricerca di profitto. Ciòche sta avvenendo oggi, invece, è il tentativo di superare que-sto rigido confine tra il settore profit e no profit. Questo tenta-tivo, che in Italia porta il nome delle Società benefit (introdottenell’ordinamento giuridico italiano con la Legge di Stabilità2016), ha avuto una portata innovativa per superare la strisciadi confine, tra il profit e il no profit. Si legittima una nuovaforma di società in cui la ricerca del profitto si accompagnaalla massimizzazione dell’impatto positivo. Un gioco win-win,in cui gli obblighi di trasparenza e l’assunzione di responsabi-lità sociale, consentono di raggiungere il massimo dei risultatiper l’azienda, la collettività e l’ambiente.Il riconoscimento delle Società benefit segue, anche a livellonormativo, il cambiamento nelle geografie di valore che stadeterminando una dimensione di ibridazione che allontana iparadigmi definitori. In questa fascia ibrida si colloca, ad esem-pio, anche l’intera produzione creative-driven che va dalla ma-nifattura evoluta all’artigianato artistico. Una cerniera che con-sente di stabilire un ponte tra impresa e impresa culturale incui si innesca un processo di generazione di valore condiviso.In questo processo di contaminazione, la cultura è l’elementocentrale di traino, un fattore di coagulazione in grado di attivareuna catena del valore più ampia e trasversale. La logica daportare avanti è quella della cooperazione tra diversi ambiticulturali (interdisciplinarietà) e diversi settori produttivi (inter-settorialità).

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Armando BruniniLaureato con lode in Economia aziendale presso l’Università di NapoliFederico II. Ha iniziato la sua carriera lavorando per importanti società internazionalidi consulenza di management.Nella seconda parte della sua carriera ha ricoperto posizioni managerialiin aziende del settore del trasporto aereo tra Roma, Milano e Bologna.Da Aprile 2013 è Amministratore Delegato di GE.S.A.C. S.p.A. (societàdi gestione dell’Aeroporto di Napoli).Tra gli altri incarichi è attualmente Consigliere d’Amministrazione di SEASpa (Aeroporto di Milano), ACI Europe (Associazione Europa degli aero-porti) e Presidente del Convention Bureau di Napoli.

Da sinistra: Marcello Minuti, Ludovico Solima, Pietro Petraroia,Franco Broccardi e Pierpaolo Forte.

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PremessaGli spunti di carattere valutativo connessi con il tema de “L’Im-presa culturale tra risultato economico e valore sociale” sononumerosi e toccano scale e dimensioni diverse: si passa daiquesiti connessi con l’aggiudicazione di gare per l’affidamentodi servizi di carattere culturale, alle valutazioni di interi pro-grammi, incluse le valutazioni d’impatto. E vengono chiamatein causa dimensioni di carattere quantitativo, in particolaremonetario, e altre più prettamente qualitative, connaturatecon la natura intangibile dei valori in esame.

Si tratta di dimensioni non conflittuali tra loro mache in una visione della valutazione comeprocesso coesistono, a volte in fasi diverse a voltecontestualmente.Di seguito viene sinteticamente illustrato un mod-ello valutativo, ancora in fase sperimentale, dicarattere monetario, il MoGe, messo a punto dallaboratorio di valutazioni economico estimativeLaborEst dell’Università Mediterranea di ReggioCalabria: il modello nasce allo scopo di fornire aldecisore pubblico uno strumento di facile utilizzo,per individuare in via preventiva la tipologia digestore, nell’ipotesi di gestione indiretta dei beniculturali prevista dall’art. 115 del Codice dei BeniCulturali e del Paesaggio.Senza avere la pretesa di presentare soluzioni ri-voluzionarie, viene offerto al confronto con la co-munità degli operatori del settore con il principalescopo di riceverne osservazioni e suggerimentiche ne migliorino l’affidabilità.

Il contesto economico di riferimento

La sostenibilità della gestione del patrimonio culturale costi-tuisce oggi una delle sfide più difficili ai fini della trasmissionealle generazioni future dell’insieme di conoscenze, valori, tra-dizioni insite in esso.La condizione di progressiva contrazione delle risorse pubbli-

Un modello di valutazione della sostenibilitàeconomica per la selezione del soggetto

gestore negli interventi di valorizzazione deibeni pubblici a valenza culturale

Francesco Calabrò

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che disponibili, lungi dall’essere una delle note fasi cicliche, sipresenta sempre più come una condizione strutturale con laquale fare i conti, anche in prospettiva futura, come evidenziatoda numerosi autori. Tale contrazione, come è evidente ormaida tempo e analogamente a quanto avviene per gli altri settori,riguarda anche le risorse pubbliche disponibili per la conser-vazione e valorizzazione del patrimonio culturale. Questa è la realtà di cui occorre prendere atto e che rende in-dispensabile la ricerca di soluzioni innovative, che consentanodi perseguire comunque gli obiettivi di conservazione e valo-rizzazione del patrimonio: di ciò ha preso atto implicitamenteil Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, come traspare inparticolare dalla modalità prevista per il coinvolgimento disoggetti privati nella gestione del patrimonio.

La gestione del patrimonio

Le forme di gestione del patrimonio culturale sono normatedall’articolo 115 del Codice, che ne individua essenzialmentedue, diretta o indiretta: nell’economia del presente contributoci soffermeremo in particolare sulla forma indiretta.La forma di gestione indiretta è attuata ricorrendo all’istitutodella concessione a terzi delle attività di valorizzazione, me-diante procedure di evidenza pubblica, sulla base della valu-tazione comparativa di specifici progetti. Scopo dell’affidamento in gestione indiretta, secondo quantospecificato dal comma 4 dell’articolo, è quello di assicurareun miglior livello di valorizzazione dei beni culturali. Lo stesso comma 4 introduce un concetto fondamentale: lascelta tra gestione diretta e indiretta non è fatta in maniera ar-bitraria, bensì mediante valutazione comparativa in termini disostenibilità economico-finanziaria e di efficacia, sulla base diobbiettivi previamente definiti.Il presente contributo ha come obiettivo l’approfondimentodegli strumenti economico-estimativi e valutativi in grado diverificare la fattibilità e sostenibilità economica di soluzioniinnovative per la gestione del patrimonio culturale, con parti-colare riferimento al patrimonio architettonico e paesaggistico.

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L’esigenza di garantire l’equilibrio economico-finanziario neiprocessi di valorizzazione del patrimonio culturale è ancorapiù avvertita in presenza di forme di partenariato pubblico-privato. L’approccio utilizzato parte da una constatazione difondo: in relazione a soggetti gestori di natura diversa, sonoassociabili diverse strutture dei costi, mentre può essere con-siderata invariabile la struttura dei ricavi per lo specifico benein esame.

Le metriche: un piccolo contributo

Parlando di “Impresa culturale tra risultato economico e valoresociale” può essere utile innanzi tutto comprendere cosa èimpresa e cosa non lo è, pur rientrando nel campo delle attivitàculturali svolte da soggetti di natura privata.Per fare ciò è possibile ricorrere all’ausilio di tecniche valutativedi carattere monetario, usualmente utilizzate nelle analisi azien-dali, come ad esempio l’Analisi Costi-Ricavi e la Break-evenAnalysis.Alla fine della valutazione, ciò che rileverà maggiormente nonsarà la distinzione della natura dei soggetti, tra profit e no-profit, quanto della natura delle attività: cioè tra attività dotatedi capacità di generare flussi finanziari talmente cospicui dagenerare reddito e consentire adeguati rientri degli investi-menti e/o dei costi di gestione e attività, invece, generatrici diflussi finanziari in grado di coprire solo un’aliquota dei costidi gestione.Il momento in cui rileva la natura dei soggetti è solo nella fasedella stima dei costi di gestione, cioè se si tratta di soggettiprofit, per i quali vanno anche convenzionalmente computatiin questa sezione adeguati livelli di profitto, e soggetti per iquali ciò non è necessario.L’ulteriore distinzione, poi, tra i soggetti no profit, è quella cheancora una volta guarda alla natura delle attività: cioè se essehanno rilevanza sotto il profilo economico, determinando per-tanto una struttura dei costi molto simile a quella delle imprese,o se invece hanno natura volontaristica e, come tali, determi-nano una struttura dei costi di gestione (in particolare per ri-sorse umane) profondamente diversa.In quest’ultimo caso, di particolare rilevanza appare la fatti-specie nella quale, in virtù della riduzione dei costi per risorse

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umane, le entrate sono comunque in grado di coprire gli altricosti di gestione, in particolare quelli per la manutenzionestraordinaria dei beni.Si tratta, è evidente, di una fattispecie di particolare rilevanzaai fini della sostenibilità e della trasmissibilità del patrimonioalle generazioni future: è proprio la copertura (anche) dei costidi manutenzione straordinaria che consente la conservazionedei beni nel tempo.In quest’ultima fattispecie, però, sono le comunità locali a ve-nire chiamate direttamente in causa: se esse riconoscono ilvalore del bene e gli effetti, tangibili e intangibili, che può ge-nerare la sua godibilità (fruibilità), allora devono farsi caricodirettamente dei servizi connessi attraverso l’impegno direttoe volontario. In assenza di questo impegno e con gli attuali (efuturi) vincoli di bilancio dei soggetti pubblici, il patrimonio èdestinato inevitabilmente a scomparire.

Il modello di valutazione

Il modello MoGe, già presentato in occasione di conferenzeinternazionali e oggetto di pubblicazioni alle quali si rimanda

Francesco Calabrò eCristina Loglio.

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per una più completa illustrazione, è stato sperimentato in al-cuni contesti della Calabria di particolare valenza, come il cen-tro storico di Gerace, in provincia di Reggio. Il MoGe utilizza un semplice algoritmo applicabile nella faseiniziale del processo decisionale legato alla valorizzazione diun bene, in particolare di natura architettonica. Esso consentedi individuare, in via preliminare, la tipologia di soggetto ge-store più idonea allo specifico bene in esame, in relazione allasua capacità di generare flussi di entrate.Il modello utilizza due variabili:v1: natura delle attività svolte e dei soggetti coinvolti (pubblici;

privati for profit; privati no profit con attività profit e noprofit);

v2: attrattività del bene (attrattività intrinseca; attrattività estrin-seca);

I risultati ottenibili consentono di comprendere:r1: la composizione del capitale d’investimento (pubblico; pri-vato; misto pubblico-privato)

r2: la tipologia di soggetto gestorer3: l’entità degli oneri ponibili a carico del soggetto gestoregarantendo la sostenibilità economica dell’attività e il man-tenimento del bene per le generazioni future.

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Conclusioni

Il modello è suscettibile di miglioramenti, anche alla luce delleosservazioni che eventualmente scaturiranno dal confrontocon la comunità degli esperti ai quali è offerto come strumentooperativo di facile utilizzo.Un aspetto cui verrà dedicato certamente un approfondimento,sotto il profilo della struttura dei costi, è come varia l’incidenzadelle risorse umane, ad esempio, se il soggetto profit ricorrealle nuove forme di contrattualizzazione previste dalle innova-zioni in materia. Ulteriori approfondimenti, poi, riguarderanno una più precisadistinzione tra quelle che sono attività a carattere lavorativo ele attività a carattere volontaristico.É il caso di precisare, infatti, che si tratta di un campo che pre-senta diversi rischi sul piano della sostenibilità sociale: occorredistinguere nettamente ciò che è impegno volontario, gratuito,da ciò che è attività lavorativa. La valorizzazione delle risorseculturali deve costituire per i territori un’opportunità di sviluppoe non un ulteriore terreno di precarizzazione del lavoro o, peg-gio, di incentivazione di forme di lavoro irregolare.

Francesco CalabròDocente di Estimo e Valutazione Economica di Piani, Programmi, Progettipresso l’Università Mediterranea di Reggio Calabria; Visiting Scholarpresso la School of Public Affairs della San Diego State University (CA,USA); altre attività di docenza presso: University of Trás-os-Montes andAlto Douro - UTAD (Vila Real, Portugal); Salford University (UK ; Respon-sabile scientifico, unitamente a Lucia Della Spina, del laboratorio di ricer-che LaborEst, attivo presso il Dipartimento PAU dell’Università Mediter-ranea di Reggio Calabria; Direttore scientifico, unitamente a Lucia DellaSpina, della rivista semestrale “LaborEst. Città Metropolitane e Aree In-terne: la competitività territoriale nelle Regioni in ritardo di sviluppo”;Responsabile scientifico, unitamente a Lucia Della Spina, del simposiointernazionale biennale “New Metropolitan Perspectives”; Presidentedello spin off universitario “Urban Lab srl” ; Membro del Consiglio Diret-tivo di ICOMOS Italia; Direttore, unitamente a Lucia Della Spina, del Cen-tro Ricerche “Roberto Di Stefano” su Piani e Modelli di Gestione del Pa-trimonio Culturale; Direttore, unitamente a Lucia Della Spina,dell’Osservatorio Siti UNESCO “Andrzej Tomaszeski”.

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La questione su cui vorrei dare il mio contributo in questasessione è il legame tra l’esigenza di misurare, valutare e

garantire l’accountability e la capacità di innovare e governareil cambiamento delle imprese culturali.Condividerò con voi alcune personali riflessioni maturate al-l’interno di un gruppo di lavoro costituito dall’ANVUR agenzia

nazionale di valutazione dell’Universitàcreato per definire una serie di criteri edindicatori per misurare la terza missionedell’università intesa come processo digenerazione, trasmissione, applicazionee salvaguardia della conoscenza per il be-neficio della comunità e del territorio (ge-nerazione di capitale sociale). Lo faccionella consapevolezza che le esperienzematurate in altri settori possano essereun utile riferimento alle riflessioni chestiamo facendo. Bisogna imparare daisuccessi e dagli insuccessi propri e deglialtri. La ricerca di indicatori e criteri diportata universale si inserisce all’internodi un framework basato su una idea divalutazione che cerca di essere oggettivae che è funzionale alla necessità di pro-grammare e orientare le scelte del policymaker, così come degli imprenditori cul-

turali e creativi. Indirizzare la distribuzione di risorse con unmetodo che cerchi di giustificare e documentare è sicuramentecondivisibile e consente di arginare comportamenti clientelari,discriminatori e non equi. Rimane tuttavia un aspetto che me-rita di essere sottolineato: un approccio universalista e conun’impronta taylorista rischia di frenare la creatività, l’innova-zione e la sperimentazione nel settore delle imprese culturali.L’enfasi sull’accontability rischia di ostacolare la capacità diinnovare e di gestire il cambiamento nelle organizzazioni cul-turali.Ricordiamoci che un set di indicatori fissi e stabili condizionala definizione degli obiettivi e di conseguenza delle azioni equindi di fatto indirettamente ostacola processi di innovazionee di cambiamento. L’innovazione in ambito culturale, ma nonsolo, è possibile solo se si lascia spazio all’imprevedibile e alnon controllabile. L’introduzione di criteri ed indicatori uni-versali ha condotto ad un preoccupante isomorfismo strategico

L’impresa culturale tra innovazione e accountability

Stefano Consiglio

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e organizzativo. Il sistema universitario, ad esempio, ha intro-dotto un sistema chiuso, prescrittivo ed universale che limitala possibilità alle Università di praticare nuove strade. Recentemente ho avuto modo di leggere alcuni piani strategicidi alcune università italiane, ebbene, emerge una preoccupanteuniformità, sono quasi tutti uguali. Una volta fissati i criteri divalutazione da agenzie esterne all’Università, la possibilità diinnovare e cambiare si ridimensiona e tutti le organizzazionisono spinte a strategie isomorfiche imposte dal frameworkistituzionale. L’introduzione di sistemi di valutazione e misu-razione strutturati innescano, inoltre, un significativo appe-santimento burocratico che ostacola il processo creativo edinnovativo delle organizzazioni. Nel progettare sistemi di mi-surazione e valutazione nel comparto culturale prestiamo,quindi, grande attenzione a questo aspetto e cerchiamo di im-parare dagli errori degli altri. Cerchiamo di non compiere l’er-rore di inibire l’innovazione ed il cambiamento per migliorarel’accountability.Nel definire i criteri di valutazione dobbiamo essere consape-voli che si scontrano due logiche: quella di Lord William Kelvinche diceva “Se non si può misurare qualcosa, non si può mi-gliorarla” e quella del Piccolo Principe che diceva: “Agli adultipiacciono i numeri. Quando raccontate loro di un nuovoamico, non vi chiedono mai le cose importanti. Non vi dicono:«Com’è il suono della sua voce? Quali sono i suoi giochi pre-feriti? Fa collezione di farfalle?» Le loro domande sono:«Quanti anni ha? Quanti fratelli? Quanto pesa? Quanto gua-dagna suo padre?» Solo allora pensano di conoscerlo. (Il Pic-colo Principe di Antoine de Saint-Exupéry). Nel mettere apunto sistemi e metodologie di misurazione e valutazione diun comparto delle imprese culturali, più che in altri, è neces-sario riuscire a contaminare e ibridare le due visioni e rifuggeredalle visioni decontestualizzate ed universalistiche importateacriticamente da altre realtà.È fondamentale identificare metodologie e approcci che ga-rantiscano ad ogni organizzazione culturale il potere di definirei propri obiettivi e spazi per innovare.

Stefano ConsiglioProfessore Ordinario di Organizzazione Aziendale presso l’Università Fe-derico II di Napoli, Dipartimento di Scienze Sociali. E’ il vice-presidentedell’Accademia Italiana di Economia Aziendale (AIDEA). Insegna Orga-nizzazione delle Imprese Culturali nel corso di Studi Magistrali in Mana-gement del Patrimonio Culturale, di cui è stato coordinatore fino al lugliodel 2016. La sua attività di ricerca, in questo ambito, è incentrata su te-matiche collocate nell’area dei modelli di gestione innovativi del patrimonioculturale e la creazione di impresa culturale.

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L’Anno europeo del patrimonio culturale (2018) offre l’occa-sione per ripensare visioni, strategie, politiche ed economie

socioculturali. Gli obiettivi principali, infatti, mirano a promuo-vere il ruolo del patrimonio culturale europeo quale compo-nente essenziale della diversità e del dialogo interculturale; arafforzare il contributo del patrimonio culturale all’economiae alla società, anche migliorando la capacità di sostenere leindustrie culturali e creative, ispirando l’innovazione, promuo-vendo turismo sostenibile e generando occupazione locale ea lungo termine; a considerare il patrimonio culturale comeelemento importante della dimensione internazionale dellaUE. Nelle linee guida di Ravello Lab 2017 la cultura e il patri-monio sono quindi elementi di dibattito in una prospettiva disviluppo e impatto sociale. Il Laboratorio, pertanto, invita aduna riflessione anche sulle imprese culturali. Due “motivi con-duttori” delineano l’orizzonte all’interno del quale ambientarela riflessione e suggerire raccomandazioni in concordanza congli obiettivi europei: un Documento/Direttiva - la Convenzionedi Faro - e un impegno programmatico “progettare/pianificareil futuro”. La Convenzione di Faro (EU Council, 2005) dà delpatrimonio una interpretazione etica, benefica per l’insiemedelle società e la qualità della vita: diritto al patrimonio; patri-monio come fattore di legame sociale, come fonte utile allosviluppo umano, alla valorizzazione delle diversità culturali ealla promozione del dialogo interculturale; patrimonio con unruolo nella costruzione di società democratiche e pacifiche enei processi della sostenibilità. Questo contributo suggeriscealcune strategie di pensiero ed azione centrate sul patrimonioe sulle potenzialità che questo racchiude, in armonia con itemi e gli obiettivi del Ravello Lab, ed esplora percorsi che ri-spondono alle direttive europee, alle esigenze delle persone edelle comunità territoriali, a una visione sostenibile del futuro.

Patrimonio, valori sociali e impresa in una visione sistemica

L’avvio della riflessione non può prescindere da un’idea siste-mica, olistica ed evolutiva del patrimonio culturale, che includae valorizzi non solo oggetti naturali ed artefatti umani, ma an-che tradizioni, competenze, principi etici, modi di vita edespressioni materiali e immateriali delle comunità, in un con-cetto dinamico, trasformativo e di continua co-creazione col-lettiva; patrimonio, quindi, non solo come testimonianza e

Cultura, patrimonio, impresa: una visione“integrata” tra vecchi e nuovi paradigmi

Elisabetta Maria Falchetti

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narrazione del passato, ma anche come riferimento e risorsadella e per la vitalità culturale del presente, come elemento dimeditazione e accompagnamento verso il futuro. Nella identitàeuropea il ruolo sociale del patrimonio è riconosciuto nellaformazione globale del cittadino, della sua cultura ed espres-sione individuale e sociale. Il patrimonio è riferimento e sub-strato per consolidare provenienze, memorie storiche, appar-tenenze, legami sociali, stabilità culturale ed identitaria, valori,responsabilità. È fonte di creatività, innovazione, conoscenze,competenze e forme di pensiero, anche per il XXI secolo. Nu-merose sperimentazioni (ad es. Da Milano e Falchetti, 2014)confermano che sul e attraverso il patrimonio si può costruirecomprensione e dialogo interculturale e sostenere processi diinclusione. Anche nell’aggettivo “culturale” sono integratiobiettivi e principi europei (vedi ad es. L’agenda europea perla cultura): cultura come risorsa e con valore intrinseco e stru-mentale, individuale e sociale; con fini di conoscenza, forma-zione, cittadinanza, partecipazione democratica, inclusione, in-tegrazione, dialogo culturale, benessere, prosperità economica,sostenibilità. In tempi di crisi sociale ed ambientale - dellequali percepiamo soprattutto gli impatti economici - si devesaper capitalizzare il e costruire opportunità sul patrimonioculturale, partendo proprio dai suoi valori e ruoli sociali. Oltrea quello patrimoniale in senso stretto ed alla sua conservazionee fruizione, riconosciamo al patrimonio culturale altri valori eimpegni; primo tra questi, quello educativo, di formazione dicompetenze, comportamenti, attitudini e valori individuali ecollettivi. L’educazione al, sul e attraverso il patrimonio puòavere un impatto unico e insostituibile nel fronteggiare le crisie i loro effetti; va quindi potenziata nelle sue varie espressionie applicazioni. La dimensione educativa implica rapporti e si-nergie tra istituzioni deputate all’educazione, alla formazione,ma anche servizi sociali, professionisti della comunicazione emediazione, dell’editoria anche digitale, ecc. Le alleanze traistituzioni e imprese pubbliche e/o private trovano spazi di im-piego già sperimentati, ma anche intere aree da esplorare,come quella dell’educazione, del dialogo e dell’inclusione in-terculturale, della costruzione di competenze trasversali, deimedia e delle risorse digitali. Il patrimonio, quindi, generanuovi valori sociali nelle e attraverso le alleanze e nelle poten-zialità di impresa che accresce in questi campi. Un’altra di-mensione sociale del patrimonio è quella che riguarda la qua-lità della vita dei cittadini. Al patrimonio culturale viene

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attribuito oggi un grande valore anche come generatore diesperienze: è fonte di benessere fisico, emozionale, mentale edi gratificazione; alimenta creatività e ispirazione. Coinvolgequindi i campi e le istituzioni culturali, ma anche del welfare,della salute, della partecipazione attiva, dell’inclusione socialee le imprese ad essi collegate. Nuove alleanze tra queste e leimprese culturali si possono tessere. Ancora, quindi, altri valorisociali e di impresa. Si confermano le potenzialità del patri-monio culturale di produrre nuove forme di collaborazione,economia, impiego e benessere materiale, nuove modalità difare comunità e società, basate su valori/ruoli sociali vecchi enuovi; oltre al turismo patrimoniale e alle imprese connesse,si intravedono nuovi mestieri, competenze e specializzazionilegate alla conservazione ed alla tutela (ad esempio la digita-lizzazione e condivisione di dati), all’educazione, alla valoriz-zazione, al tempo libero, alla salute, alla cittadinanza ed allasocializzazione, che possono entrare nelle agende 21 localiper la rigenerazione - non solo economica - di comunità e ter-ritori. In queste prospettive programmatiche e strategiche, leimprese culturali possono assumere un ruolo sociale che su-pera il risultato economico, incrementare la produzione di va-lori e di capitale sociale promuovere ricerca ed innovazione diidee, pratiche e progetti.

Piani di azione comunitari, governance collettiva e partecipata

Le implicazioni di questa visione sistemica ed intersettorialedel patrimonio investono politiche multiple, partecipazionepubblica, servizi e organizzazioni sociali e ambientali, reti pro-fessionali, comunità di cittadini... Quali forme di governance,quindi? Quali piani di sviluppo? Nella Dichiarazione di Namur(The Ministers of the States to the EU Cultural ConventionMeeting, 23-24 April 2015) sono indicate le priorità strategichedella UE sul e attraverso il patrimonio e i “focus” di dibattito:contributo all’elevamento della qualità della vita dei cittadinieuropei e dell’ambiente vivente, all’attrattiva e alla prosperitàeuropea basata sull’espressione della sua identità e diversitàculturale, all’educazione e alla formazione permanente; gover-nance partecipata nel campo del patrimonio. Nella EU CulturalHeritage Strategy for the 21st Century (2015), i temi unificantisul patrimonio sono: cittadinanza e società, economia, cono-scenza, governance territoriale, sostenibilità. Il patrimonio cul-

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turale è quindi strategico per numerose aree, oltre quella cul-turale e per diversi livelli e organizzazioni territoriali della vitapolitica e pubblica; reciprocamente, queste/i hanno un impattosul patrimonio. Occorre praticare, quindi, modelli di governanceche sviluppino il potenziale del patrimonio attraverso l’alleanzae la sinergia di tutte queste aree, livelli e organizzazioni. LaCultural heritage and the EU 2020 Strategy – towards an inte-grated approach to cultural heritage for Europe (COM (2014)477) rinforza la dimensione collettiva e sociale del patrimonio;ne riconosce la rilevanza politica intersettoriale con componenticulturali, economiche, sociali, storiche, educative, ambientali,scientifiche, anche nelle relazioni esterne all’Europa; racco-manda un approccio integrato che permetta dialogo culturale,comprensione reciproca, coesione sociale economica e terri-toriale, in vista degli obiettivi di Europa 2020. Il Documentosottolinea il valore del patrimonio come bene comune. Leforme di governance “raccomandate” debbono quindi averecarattere collettivo, partecipativo, inclusivo; devono contem-plare l’intervento attivo di molti stakeholder, di attori pubblicie privati e di gruppi di interesse cittadini; rafforzare la dimen-sione di risorsa condivisa e consolidare il dialogo fra piani eresponsabili politici locali, regionali, nazionali ed europei. L’ap-proccio al mantenimento, gestione e sviluppo del patrimoniodeve essere “community based”. In Europa, vari progetti cosìorientati sono in corso; questi sperimentano il coinvolgimentodelle comunità , la partecipazione della società civile e i parte-nariati pubblico-privato per azioni di restauro, conservazione,salvaguardia, sviluppo e promozione del patrimonio culturale.Le mappe di comunità (oltre ai focus group, ed altre ben notestrategie partecipative) sono tra gli elementi di consultazionee programmazione più attraenti e promettenti per identificarepiani d’azione in modo strategico e partecipato. Queste espli-citano il processo partecipativo; offrono una visione integratadelle necessità, delle azioni e politiche di un territorio, eviden-ziano relazioni, interazioni, obiettivi ed aspirazioni, fornisconoanche un riferimento per i sistemi di controllo della qualità e lavalutazione di impatto, che sono parte integrante di questi pro-cessi di gestione/governance. Dal momento che riconosciamoil valore sociale dell’impresa culturale, i modelli da integrarenei processi di programmazione ed implementazione sonoquelli dell’accountability e del bilancio sociale, cioè forme divalutazione e bilancio “di missione e di qualità” basate sucriteri di responsabilità, attendibilità e trasparenza, elementi

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che legittimano e rendicontano la rispondenza sociale ed am-bientale oltre che economica delle attività e degli obiettivi. L’ac-countability prevede modelli circolari (life cycle models) chehanno come fasi l’identificazione di necessità, priorità e obiettiviin dialogo e collaborazione con tutti gli stakeholder; pianifica-zione e progettazione; definizione di indicatori per valutare ef-ficacia e sostenibilità delle politiche e delle azioni; implemen-tazione; definizione di nuovi obiettivi e strategie per darecontinuità ai processi e/o rivederli alla luce delle esperienze.Inchieste, campionamenti di opinioni, forme di peer reviews,dati sulla partecipazione, case studies, prove di produzione dicapitale sociale, resoconti di gestione, monitoraggi mediatici,focus group, ecc. sono strumenti di indagine e raccolta datiadatti ai processi partecipativi. Altri indicatori possono esserepresi in considerazione, come il valore culturale estetico, sto-rico, sociale, spirituale, il benessere, l’apprendimento, oltre alrisultato economico (vedi ad esempio, Holden, 2004; e il pro-getto della UK MLA Association “Inspiring learning for all”).

Modelli da sperimentare…

In Europa abbiamo attualmente interessanti esempi di gover-nance partecipata e di comunità creative nei musei, con espe-rienze di rete e cooperazione pubblico-privato, coinvolgimentoe partecipazione attiva dei visitatori/pubblici nella co-produzionedi conoscenze e nella gestione di progetti, inclusione e audiencedevelopment. Assistiamo ad un processo trasformativo semprepiù significativo verso un approccio “social museum”, in ri-sposta alle necessità locali. Tuttavia, nuovi modelli integrativi esostenibili vengono proposti, in considerazione delle realtà ter-ritoriali dominanti nel panorama mondiale: le città (54% dellapopolazione mondiale nel 2014, risiedeva in aree urbane) e leloro crescenti caratteristiche multiculturali e multietniche. Lesfide si stanno concentrando proprio nelle aree urbane perrendere gli insediamenti umani sani, inclusivi, resilienti e so-stenibili (UN Agenda for Sustainable Development 2030 e Anew Urban Agenda. Sustainable Development Goals), giusti ediversi. Grande attenzione viene rivolta alle città anche in Eu-ropa, ad esempio con il Progetto URBACT, finanziato dall’UE,che funziona come rete di scambio e programma di apprendi-mento comune per promuovere la sostenibilità urbana, anchein prospettiva delle priorità di Europa 2020; l’Italia è tra i Paesi

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coinvolti. La Recommendation del Committee of Mi-nisters to Member States on intercultural integration(CM/Rec (2015)1) detta le strategie per l’Europa inter-culturale e riconosce l’importanza delle città nell’in-terazione e nella gestione della diversità, nelle inno-vazioni di policy e modelli urbani di integrazione.Quattro Risoluzioni dell’Assemblea Generale delleNazioni Unite nell’Agenda urbana sostenibile (UNGA)hanno attribuito alla cultura e allo sviluppo a baseculturale il ruolo di facilitazione e guida delle dimen-sioni sociali, ambientali ed economiche dello svilupposostenibile, attraverso il patrimonio e la creatività.Anche l’Agenda Europa 2020 ribadisce il ruolo dellacultura come fattore di regolazione della vita cittadina.Cultura e patrimonio culturale, quindi, giocano unruolo fondamentale nel costruire città come spazipubblici aperti e condivisi, incoraggiando le personead esplorare una pluralità di identità attraverso la diversità delpatrimonio e le espressioni culturali contemporanee, soste-nendo un senso di passato condiviso e un’aspirazione ad unfuturo comune (Council of Europe “Living together: Combiningdiversity and freedom in 21st –Century Europe”, 2011). Il bino-mio dell’UNESCO - politiche culturali sul/del patrimonio e crea-tività - definisce un approccio innovativo alla rigenerazione,trasformazione e transizione cittadina e allo sviluppo urbano(Global Report on Culture and Sustainable Urban Development,UNESCO per Agenda 2030). Le infrastrutture culturali comemusei, biblioteche, archivi ecc. dovrebbero essere usate comespazi civici di dialogo e inclusione sociale, di coesione, dicultura di pace, come anche di sviluppo economico. Nel-l’Agenda urbana sostenibile le industrie creative e culturalisono la base per la sostenibilità economica. Nuove forme digovernance sono basate proprio su scambi, reti e costruzioniculturali, con la partecipazione di istituzioni, società civile etutti gli stakeholder cittadini. Guardiamo alle città, quindi, comelaboratori territoriali di nuove politiche, governance e forme diimpresa, contesti dove una molteplicità di attori condividonoobiettivi e capitale sociale, costruiscono valori culturali, eco-nomici, ambientali e innovazioni basate sul patrimonio e l’in-dustria creativa culturale. Un modello simile è quello delle Le-arning Cities e delle Learning Communities propostodall’UNESCO (Beijing Declaration, 2013), fondato proprio sulconcetto di qualità della vita e sostenibilità nelle città attraverso

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la cultura e il patrimonio. Il modello è in sperimentazione at-traverso reti che uniscono numerose città in varie parti delmondo (in Italia, Bari e Agrigento). L’apprendimento perma-nente, costruito sul patrimonio tangibile e intangibile è la forzache promuove i cambiamenti cittadini, la coesione sociale, lapartecipazione pubblica e privata. Le Learning Cities e le Lear-ning communities “comunità di apprendimento, comunità cul-turali” appaiono come nuovi orizzonti all’interno dei quali col-locare mandati, ruoli, attività, politiche e gestione delpatrimonio e dell’impresa culturale ad esso legata. Nelle Lear-ning Cities l’approccio integrato al patrimonio, le reti di colla-borazione multisettoriali e multidisciplinari e la partecipazionedella società civile possono esplicitarsi in programmi e strate-gie; la condivisione di conoscenze, obiettivi, significati, strutturee risorse unisce tutti in un grande progetto comune.

Verso il futuro… quali paradigmi per la sostenibilità?

Il concetto di futuro è, almeno dal 1992, anno della Conferenzadi Rio de Janeiro, “per definizione” legato a quello della soste-nibilità, cioè ad una programmazione, un percorso ed un usodi risorse ambientali che tengano conto delle generazioni future;la sostenibilità include e contempla (ugualmente per definizione)livelli di interesse e campi d’azione economici, sociali ed am-bientali. La relazione tra cultura, patrimonio, impresa e sosteni-bilità appare evidente in una dimensione sociale ed economica(molto di meno considerata quella ambientale), ma in qualiprospettive? Oltre la crescita competitiva del Programma Bar-roso 2005, la Convenzione di Faro introduce esplicitamentenuovi obiettivi di sostenibilità “sociale” nell’uso del patrimonio.Nella Dichiarazione di Namur cultura e patrimonio culturalevengono riconosciuti come elementi chiave dello sviluppo so-stenibile. Oggi la cultura viene considerata il quarto pilastrodella sostenibilità, accanto ad ambiente, società, economia. An-cora, tuttavia, la cultura, come risorsa di sostenibilità, vienedopo l’economia. Ma ci sarebbero nuovi paradigmi da intro-durre. I modelli dominanti della sostenibilità sono “figli” diquello dello sviluppo sostenibile: economia, società e ambientesono tre domini (graficamente rappresentati come sfere o ellissi)che si intersecano alla pari tra loro. Dove questi si intersecanodefiniamo lo sviluppo sostenibile. Questo modello ha ricevutonumerose critiche e potrebbe essere sostituito o integrato, cam-

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biando alcuni paradigmi. Esistono altri modelli della sostenibi-lità, ad esempio quelli “a nido”, che vedono concentricamenteinclusi uno dentro l’altro e interdipendenti domini con più livellid’interesse ed aree di azione: il più interno è quello individuale,incluso in quello sociale, a sua volta incluso in quello ambien-tale. In questi modelli l’economia è all’interno (e parte inte-grante) del livello sociale. La qualità della vita e la sostenibilitàdipendono da tutti e tre i livelli e dalle loro relazioni. Adottandoi modelli “a nido” la cultura e il patrimonio, invece che confinatinel solo dominio sociale, diventano elementi caratterizzanti edi relazione e regolazione di e tra tutti e tre i livelli gerarchici. Lacultura può assicurare la sostenibilità dei/ai/tra i tre livelli e puòcrescere illimitatamente senza intaccare le risorse individuali,sociali ed ambientali. Il patrimonio è prodotto in e legame tratutti e tre i livelli, ed è elemento di sostenibilità individuale, so-ciale ed ambientale. L’economia costituisce un valore e una ri-sorsa del livello sociale ed interagisce “sostenibilmente” congli altri due. Ragioniamo, quindi, all’interno di una visione si-stemica, integrata, complessa della cultura, del patrimonio edell’economia, interconnessa con i tre livelli di sostenibilità del-l’individuo, della società e dell’ambiente. L’impresa culturaledovrebbe essere armonizzata con questa visione multilivello emultidimensionale, che non contempla più opposizione, masolo sinergie tra risultato economico e valore sociale.

Riferimenti bibliografici Da Milano C., Falchetti E., 2014. Musei per le storie, Storie per i Musei. Vetrani

Editore, NepiHolden J., 2004. Capturing Cultural Value. DEMOS, London. ISBN 1 84180 139 9UK MLA Association “Inspiring learning for all. http://www.artscouncil.org.uk/ad-

vice-and-guidance/inspiring-learning-all

Elisabetta Maria FalchettiAttualmente è ricercatrice e project manager presso ECCOM (EuropeanCentre for Cultural Organization and Management). Di formazione scien-tifica, ha lavorato al Giardino Zoologico e al Museo Civico di Zoologia diRoma, come curatrice e dirigente del Dipartimento educativo. Ha inse-gnato in Università italiane, in corsi universitari e post-universitari, Edu-cazione e comunicazione scientifica e museale, Museologia e museo-grafia naturalistica, Educazione ambientale ed alla sostenibilità. Le suericerche si concentrano sull’impatto delle esperienze culturali -in partico-lare legate al patrimonio- sull’apprendimento permanente, l’inclusionesociale, il dialogo interculturale e la sostenibilità individuale, sociale, am-bientale. In questi ambiti di ricerca sperimenta nuove strategie per l’ac-cessibilità e la partecipazione culturale e sistemi di valutazione qualitativa.È autrice di contributi e libri nei vari campi della sua specializzazione, inparticolare sull’educazione e comunicazione museale.

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PATTONecessario ripartire da un patto tra istituzioni pubbliche, im-prese culturali, soggetti del terzo settore, università e sindacatiper affrontare in modo positivo, costruttivo ed evolutivo iltema della buona gestione e fruizione allargata del patrimoniopresente in ogni città e borgo italiani.Non più parti contrapposte secondo lo schema cliente/forni-tore, ma partner impegnati nella stessa “mission”.

BELLO EVEROCategorie fondamentali da rimettere all’inizio e al centro delleanalisi e degli approfondimenti necessari per ricostruire unmodello adeguato ai tempi per valorizzare in modo inclusivo,accessibile e sostenibile il patrimonio culturale italiano, mate-riale ed immateriale.

FIDUCIAFondamentale componente nel rapporto di partenariato traEnti pubblici e soggetti privati.Bene seguire sistemi di norme per garantire controlli e vigi-lanza tipici di altri comparti economici, ma aiutiamo i prota-gonisti del PATTO ad esprimersi secondo le proprie peculiaricaratteristiche che hanno nella creatività, inventiva ed innova-zione, anche secondo doti artistiche, i principali punti di forzapropulsiva.

DISCREZIONALITÀ DI VALUTAZIONE (MA NON PRETESTUOSITÀ)Introdurre in tal senso criteri discrezionali di valutazione deiprogetti proposti per la gestione di siti e patrimonio non per-fettamente ascrivibili a soli criteri economici volti al risparmio,in base a valutazioni affidate a figure professionali note di ex-pertise acclarata.Prestando peraltro attenzione a non cadere nella facile prete-stuosità di valutazioni troppo soggettive, estrose e non suffi-cientemente congrue.

PREMIALITÀ PER LA COMPETITIVITÀ DEL SISTEMA CULTURALEIntrodurre criteri di premialità per i soggetti gestori, impreseed associazioni private, che nel corso degli anni hanno rispet-tato le normative vigenti su fiscalità e tassazione, rispetto delleforme di lavoro utilizzate, rispetto dell’ambiente, ecc.Introdurre una innovazione dei criteri di finanziamento e even-

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Spunti per un nuovo Patto tra Pubblico e Privato per valorizzare il

Patrimonio culturale italianoAndrea Ferraris

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tuali forme di agevolazione fiscale legati a bilancio ed impattosociale, buona occupazione creata.

IMPRESA CULTURALE E IMPRESA SOCIALEFavorire la trasformazione e l’utilizzo delle attuali imprese cul-turali in imprese a vera vocazione sociale creando nuove op-portunità di sinergia progettuale e partenariato gestionale trarealtà di origine pubblica e privata.

RETI TRA IMPRESE PROFIT E NO PROFITLOCALI NAZIONALI EUROPEEImmaginare e accelerare la messa in rete e la creazione disoggetti profit e no profit a livello italiano ed europeo percreare nuove opportunità di sviluppo e di progettualità localeed internazionale per valorizzare le competenze e le profes-sionalità che le nostre imprese hanno sviluppato negli anni.

REGOLE CHIARE PER LA QUALITÀDefinire in modo univoco i criteri inerenti ai COSTI del LA-VORO, individuando nei due CCNL principali in uso (Federcul-ture per gli Enti, Multiservizi per le cooperative e le imprese)gli unici riferimenti accettabili.Rispetto rigoroso delle normative italiane ed europee per itempi di pagamenti affinché le problematiche inerenti agli

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Territori della Cultura

aspetti di FINANZA non uccidano le imprese culturali coin-volte.Nello stesso senso va formulato un impegno volto al rigorosorispetto dei TEMPI dei FINANZIAMENTI deliberati dagli Entipubblici di ogni ordine e grado.

FORMAZIONE FUNZIONARI E ASSISTENZA TECNICARiteniamo sia urgente ed importante promuovere un pianonazionale di formazione e riqualificazione specifica per tutti ifunzionari pubblici che hanno a che fare con procedure di evi-denza pubblica inerenti il patrimonio culturale.Inoltre crediamo che sia contestualmente necessario l’impiegodi forme di “assistenza tecnica” ad Enti e Istituzioni culturaliper la definizione di piani economici e procedure di selezionee assegnazione di contributi e gare di servizi e concessioni,troppo spesso altrimenti gestite secondo modalità non appro-priate.

RENDICONTAZIONE PUBBLICA DEL VALORE E IMPATTO SOCIALE.Tenendo fermi i fari dei criteri primari della buona OCCUPA-ZIONE e della QUALITÀ, va reso utilizzabile in tempi brevi unsistema condiviso di criteri di rendicontazione e valutazionedel valore e dell’impatto che un progetto di restauro e gestioneculturale ha in un territorio, in aree urbane o in aree internesecondo criteri specifici.

SPERIMENTAZIONESono ipotizzabili le creazioni di AREE di PROVA in TEMPI DEFI-NITI ove sperimentare tali nuove regole e parametri di valuta-zioni a cui poi far riferire l’intero sistema culturale pubblico.

PARTENARIATI PUBBLICO-PRIVATOFONDAZIONI DI PARTECIPAZIONEDIALOGO COMPETITIVOPROJECT FINANCINGSono i principali strumenti che come sistema cooperativo cre-diamo sia indispensabile iniziare ad utilizzare in una concreta,urgente collaborazione sistemica tra mondi che finora si sonotroppo poco coinvolti in una co-progettazione innovativa.

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ALTERNANZA SCUOLA LAVOROL’utilizzo adeguato ed intelligente dello strumento dell’alter-nanza scuola-lavoro nella triangolazione virtuosa tra Scuola,Istituzioni culturali e soggetti economici gestori può crearequella diffusione positiva di conoscenza e attenzione nellenuove generazioni verso il patrimonio culturale oggi così ne-cessario.

Andrea FerrarisUn’esperienza quasi trentennale nel settore dei servizi culturali.Dal 2014 Presidente dell’Alleanza delle Cooperative Italiane Turismo eBeni Culturali, coordinamento settoriale delle tre principali Centrali coo-perative, che rappresenta le imprese cooperative operanti nel settoreculturale e turistico. Oltre 1.500 le cooperative aderenti, circa 15.000 glioccupati ed un fatturato di 1,6 miliardi di euro.Presidente di FederCultura di Confcooperative.

Al centro da sinistra: Pietro Petraroia, Pierpaolo Forte, Antimo Cesaro e Stefano Baia Curioni.

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Le imprese della cultura in Francia

Nel 2014, il peso economico diretto della cultura, compresocome il valore aggiunto globale di tutti i rami della cultura,era di 44 milliardi di euro. Il taglio della cultural nell’economianazionale (2,3 %) rimane stabile, dopo una diminuzione forteosservata durante la crisi degli anni 2008-2013.Guardando nel dettaglio, questa calata è dovuta principal-mente al peso sempre più importante dell’offerta digitale perla stampa, l’architettura e il libro. I rami del patrimonio e dellacreazione invece si mettono in evidenza con une crescita con-tinua sin dal 1995, con un peso economico maggiore rispettoall’inizio degli anni 2000.Il livello di occupazione, nonostante una diminuzione globaledel 5 % rispetto all’anno precedente, totalizzava 615.000 postidi lavoro nel 2014, rappresentando il 2,4 % della popolazioneattiva del paese.

Il ruolo delle imprese pubbliche locali

Le 1.254 imprese pubbliche locali (acronimo francese “Epl”)sono strutture di diritto privato a forma di Spa, con un capitaledetenuto parzialmente o integralmente da governi locali (co-muni, provincie, regioni), con un taglio medio del 65 %, in-sieme con altri azionisti generalmente minoritarie (cassa de-positi e prestiti, banche, operatori privati di oltre 15 settoridell’economia). Sociétà di capitale misto, le Epl sanno anchecombinare la cultura del management privato con le esigenzedell’interesse pubblico, al servizion di tutti i cittadini.Le Epl contano tra le imprese più controllate di Francia, es-sendo sottoposte sia ai vincoli di ogni società privata, sia agliorgani di controllo dell’uso dei fondi pubblici (ex ante dai ser-vizi dello Stato tramite i prefetti, ed ex post dalla corte deiconti e dalle camere regionail).Con un valore aggiunto totale di oltre 26 milliardi di euro e unpeso di 276.000 posti di lavro diretti ed indiretti, il modello“Epl” rappresenta un peso socio-economico superiore a quellodell’industria automobilistica, con una presenza in una decinadi settori dell’economia (edilizia, pianificazione urbana, tra-sporti, energia, rifiuti, aqua, cultura, turismo, economia digi-

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Sviluppo a base culturale: l’esempio delle imprese pubbliche

locali in FranciaBenjamin Gallèpe

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tale). Poco visibili nell’insieme delle 4 millioni di imprese pri-vate francesi, le strutture Epl rappresentano circa 1,5 % delPIL. Il valore aggiunto prodotto da una struttura Epl corri-sponde ad una cifra 8 volte superiore rispetto a quello di unimpresa privata media.Le Epl si distingono anche da un effeto moltiplicatore di primolivello per l’economia dei territori. Su un totale di 1,9 milliardidi euro di contratti ricevuti annualmente tramite bandi pubblici,le 1.254 Epl contrattano per 3,7 milliardi di euro con oltre35.000 piccole e medie imprese attive nel loro econsistema(fornitori di beni e servizi, consulenze varie...), con un effettodiretto sul dinamismo e lo sviluppo economico.

Combinare cultura di gestione e valorizzazione del patrimonioculturale

Con un totale di 307 società operative e per la prima volta nel2017, le Epl dei settori della cultura, del turismo e delle strutturericreativi (sale concerti, centri congressi, impianti sportivi...)arrivano numericamente al primo posto davanti a tuti gli atlrisettori. Controllate direttamente dai rappresentanti dei governilocali, le imprese pubbliche locali rappresentano una sceltasempre più pregiata tra i vari modelli di gestione, in un am-biente costituito principalmente da musei nazionali, fondazioniprivate, e dal terzo settore.Come società distinte sebbene al servizio delle istituzioni pub-bliche, le Epl hanno la capacità sia di ottenere finanziamentidalle banche, sia di attrare altri investitori pubblici e privatiper realizzare e fare crescere i progetti, tramite un vero e pro-prio effetto di leva prendendo appoggio su un business modelspecifico rispetto ad altre realtà.Tra le Epl più innovative si trovano proprio quelle che cercanodi combinare gestione dell’offerta turistica e valorizzazione delpatrimonio culturale, seguendo l’esempio della Tour Eiffel,della città papale di Avignon, dell’abbazia di Fontevraud, delsito paleolitico di Lascaux e di tante altre realtà.Questa dinamica dimostra la capacità del modello Epl a com-binare cultura di gestione e sviluppo a base culturale, in mododi offrire le risorse e la flessibilità di oggetti di diritto privato aigoverni locali, al beneficio dei territori e di tutti i cittadini.

Benjamin GallèpeAttualmente Responsabile relazioniesterni, cooperazione ed affari eu-ropee della FedEpl, Federazione na-zionale delle imprese pubbliche lo-cali in Francia.Attiva da più di 60 anni, la FedEplpromuove il modello particolare delleimprese private di servizio pubblicocontrollate dai governi locali (co-muni, province, regioni).È stato consulente per il settore pub-blico presso Ernst&Young, prima diessere coinvolto per 10 anni nellaregolazione del settore dell’energiaelettrica e del gas a Parigi e Milano,in particolare come Direttore del Se-gretariato MedReg (Associazionedei Regolatori del Mediterraneo).

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Stefano Baia Curioni, in conclusione del suo intervento nelpanel 2 di RavelloLab 2017 “L’impresa culturale tra risultato

economico e valore sociale”, ha ricordato che una possibileagenda per il futuro del comparto culturale non potrà pre-scindere da tre assi fondamentali: 1. l’individuazione di stru-menti finanziari per sostenere una sperimentazione sociale atraino culturale per almeno 6 anni; 2. la messa a punto di unset di strumenti di valutazione dell’efficacia e degli impattidelle attività culturali; 3. una definizione chiara degli strumentidi partenariato tra pubblico e privati, partendo dall’art. 151 delnuovo codice dei lavori pubblici, ma non solo. Senza questipilastri, la cultura rischia di restare un oggetto di scarsa rile-vanza per la maggior parte della popolazione, che non necoglie la ricaduta sulla “traiettoria della propria vita” (Cit.Roberto Covolo).Partendo dalla condivisione piena dell’assunto di Baia Curioni,il presente contributo proverà ad integrare quell’agenda conun paio di riflessioni, dal punto di vista di un piccolo “arti-giano” delle imprese culturali, che condivide il suo percorsocon i suoi soci e dipendenti (10 CCNL Federculture, per inciso).Officine Culturali, associazione culturale che opera con glistrumenti dell’impresa, facendosi carico dei relativi oneri siprende cura di alcuni luoghi significativi per le proprie comu-nità, in una attività costante di mediazione culturale e inclu-sione, operando nella traccia della terza missione dell’univer-sità di Catania: un ventaglio di azioni sempre più codificateistituzionalmente (MIUR; ANVUR) per progettare e valutaregli impatti degli atenei sul benessere delle persone e dellecomunità.A RavelloLab Officine Culturali non ha portato una testimoni-anza di pratiche per contribuire al dibattito sulle forme dellasostenibilità dell’intrapresa, avendo abbandonato l’ansia dabreak even point ormai da tempo. Certo, inseguiamo il mer-cato, spesso lo anticipiamo, ma il contributo economico deinostri pubblici non è sufficiente a rendere pienamente sosteni-bile economicamente la nostra attività, almeno per ciò cheriguarda la remunerazione dei fattori produttivi, il lavoro deglioperatori in testa. Riusciamo in tal senso solo per una parte, ilresto è abbondantemente ciò che creativi consulenti defini-scono “lavoro benevolo”.Ma il panel 2 di RavelloLab 2017 non si è occupato solo delrisultato economico del patrimonio pubblico, ma del valore

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Imprese culturali non profit: qualevalore sociale, e soprattutto come

Francesco Mannino

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sociale che il patrimonio può contribuire a creare, anche al dilà del mero campo degli indotti e delle filiere culturali e creativepiù performative. In quella sede Officine ha quindi portato altre questioni: in chemodo le organizzazioni culturali possono essere utili al proprioecosistema sociale? Cosa serve e cosa esse possono dare? Achi quindi si rivolgono? Ai pubblici già abituali e abituati a par-tecipare? Ai potenziali che potrebbero partecipare? Agli esclusi?Si tenterà di abbozzare qui una risposta aperta, in considera-zione ad esempio del contesto siciliano. Quello che un’orga-nizzazione culturale come la nostra sa fare, può essere utilead esempio in Sicilia a quei 300mila minori in condizioni dipovertà educativa (secondo Save the Children, minori in etàscolastica che non sono in grado di comprendere il significatodi un semplice testo scritto, di svolgere elementari operazionimatematiche, esclusi culturalmente perché non messi nellecondizioni di partecipare, e che spesso vivono in contesti dipovertà assoluta)? Se sì, quanti ne può fare emergere? Puòessere utile ai 900mila siciliani in condizioni di povertà asso-luta? Come può creare un loro potenziamento contro l’esclu-sione sociale? Può essere utile al milione di studenti di ogniordine e grado? Ne può accrescere la loro formazione, la par-tecipazione attiva e consapevolezza sulla complessità del no-stro presente? E alle diverse migliaia di disabili? può aumen-

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tare e qualificare la loro inclusione attiva e la loro qualità dellavita? E ai nuovi cittadini in cerca di integrazione: può aumen-tare la qualità e le occasioni di convivenza? E ai milioni di sici-liani che vivono tra le periferie e le aree interne: può rafforzareil senso di appartenenza civica e attivismo? Ai ragazzini di al-ternanza scuola lavoro che vivono ascoltando YouTube, guar-dando Netflix, facendo parkour negli spazi pubblici o rappandoo graffitando i muri dei palazzi storici: può ridurre il rischio diesclusione e fortificare il senso di futuro?È fondamentale a questo punto fare una precisazione: al nettodelle attività di fruizione che producono un flusso di ricaviadeguato a remunerare circa il 50% dei fattori produttivi, ognivolta che noi lavoriamo con una delle suddette categorie so-ciali le nostre attività producono uno scarso o nullo risultatoeconomico (come è normale che sia), e una parziale rilevanzasociale, perché spesso circoscritte nel tempo e pertanto di li-mitata efficacia. Ma con grandi potenzialità di espansione edi sperimentazione, perché di esse avvertiamo la forza coesivae aggregativa tra le persone, la capacità disvelatrice dellacomplessità, la potenza dell’atto creativo quando si è messiin condizioni di esercitarlo. Non solo conoscenza, ma parteci-pazione.

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Che fare, quindi? E come? Per affrontare questo complessoquadro servirà innanzitutto la volontà da parte di “artigiani”come noi di lavorare nella direzione della utilità sociale. Rimanepur sempre una scommessa sulla rilevanza del mettere le pro-prie competenze al servizio delle comunità di riferimento, inparticolar modo se si opta per la rinuncia alle finalità lucrative.Il nuovo codice del terzo settore e la normativa sulle impresesociali sono già di ampio indirizzo in questo senso, definendostrutture formali possibili, declarando precise gamme di attivitàriconosciute e individuando forme di agevolazioni fiscali; maciò che serve ancora è un riconoscimento pieno dell’operatodi queste organizzazioni e delle professionalità che le animano:non solo agevolazioni fiscali ma anche una riflessione sul costodel lavoro e sul relativo cuneo fiscale, che permetta di dis-tinguere questo tipo di lavoro dal volontariato. Che è un’altracosa, terza rispetto all’intervento delle imprese culturali nonprofit: il volontariato è l’impiego del proprio tempo libero enon del tempo lavoro professionale, seppur senza scopo dilucro (ebbene sì, perché la remunerazione dei fattori produttivi,comprese le retribuzioni al personale impiegato, non coinci-dono affatto alla distribuzione degli utili di impresa: sembrabanale ma spesso si fa grande confusione in merito).Servirà inoltre un indirizzo pubblico chiaro riguardo al fattoche la fruizione, la partecipazione e la produzione culturalesiano considerate definitivamente driver affidabili per raggiun-gere obiettivi strategici di inclusione e coesione sociale sullungo periodo. Ad oggi le performance economiche quantita-tive dominano le reportistiche ministeriali, regionali, comunali,universitarie: che si dimostri che la creazione di coesione e in-clusione sia davvero una finalità pubblica, e che l’articolatocomplesso delle attività culturali può, se opportunamente in-dirizzato, dare il proprio contributo in tal senso. Gli esempi cisono e non sono neanche isolati. Quindi servirà individuare un condiviso ed efficace indice divalutazione di questi impatti da applicare al lavoro delle im-prese culturali. Di valutazione degli impatti sociali delle attivitàculturali e ne parla da tempo (ArtLab, RavelloLab, MantovaCapitale Italiana della Cultura 2016, etc.), si conoscono anchei limiti delle applicazioni in altri paesi (come la Gran Bretagna),ma ancora tali metodologie non sono state assunte dai decisoripubblici come metri di valutazione. Se continuiamo a misurarei risultati della gestione dei luoghi e delle attività culturali solo

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in termini econometrici, non riusciremo a cogliere la com-plessità dei suoi risultati possibili e ipotizzarne gli impatti sullungo periodo, oltre che valutarli in corso d’opera e ex post.Per capirci dovremmo passare dal concetto di Return Of Inve-stiment (ROI) al Social Return Of Investiment (SROI, già appli-cato) ad una sorta di Social Return Of Cultural Investiment. Oanche dalla classificazione delle ATTività ECOnomiche (ATECO)a definizioni istituzionalizzate di ATtività di Utilità Sociale (giàpresenti a dire il vero nella definizione di Impresa Sociale -Art. 2 del DECRETO LEGISLATIVO 3 luglio 2017, n. 112, ma ul-teriormente approfondibili per una migliore applicazione).In terzo luogo servirà avviare la sperimentazione di cui parlavaBaia Curioni, dotandola di adeguata copertura finanziaria e diorizzonti tragardabili: un indirizzo pubblico chiaro e consape-vole sulle opportunità di una certa gestione del comparto sitrasformi in scelte coraggiose anche per ciò che riguarda ilbudget pubblico destinato ad esso, comparto ancora conside-rato alternativamente afferente al “bello” o al “profittabile”.Una sperimentazione che consenta a studiosi (academics) eoperatori (practitioners) di collaborare sul fronte dell’elabora-zione e della sperimentazione, ragionando e provando suitemi dei pubblici, dei bisogni, delle forme di partecipazione eproduzione, sui risultati e sugli impatti di lungo corso. Ma an-che sul ruolo di artisti e performers, ed anche di nuove profes-sioni come i mediatori culturali, comunicatori e manager delsettore.Tutto ciò in un chiaro quadro di collaborazione e partenariatotra pubblico (soggetti proprietari e gestori di patrimonio pub-blico culturale) e privato (imprese culturali con finalità pubbli-che e sociali). Alcuni strumenti stanno emergendo (art. 151nuovo codice dei lavori pubblici, Codice del Terzo Settore, etc.),ma servirà coordinarli ed uniformarli.E possibile che in futuro si sostituisca l’attuale orientamentopubblico alla delega del welfare con una collaborazione informa di Partenariato Pubblico-Privati? Partenariati in cui il ri-schio di fallimento degli obiettivi sociali prefissati possa es-sere seriamente condiviso tra diversi stakeholders, che sianopratiche di comunità, partecipazione sociale, strategie pub-bliche, contributo degli imprenditori culturali? Le imprese cul-turali, soprattutto e spesso (ma non solo) se non profit, sonopronte alla responsabilità sociale: in che modo le istituzioni

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culturali pubbliche si stanno orientando verso altrettanta re-sponsabilità?A queste domande, ricorrenti e centrali per molti operatoridelle organizzazioni culturali non profit, segua un umile macoraggioso dibattito che diventi nuove politiche pubbliche.Loro, le organizzazioni, sono già schierate sul campo.

Francesco Mannino Dottore di ricerca in storia urbana, vive a Catania dove lavora con lo staffdi Officine Culturali, l’associazione di cui è co-fondatore, presidente eproject manager. Officine Culturali si occupa tra l’altro delle attività difruizione del Monastero dei Benedettini: l’edificio, sede universitaria espazio pubblico tra i più permeabili della città, funge anche da grande la-boratorio dell’associazione. Dentro Officine ha portato la propria forma-zione dei master in storia e analisi del territorio (UniCT), in managementdell’arte e dei beni culturali (Sole 24 ORE) e di ADESTE (Audience Deve-loper: Skills and Training in Europe, Fon. Fitzcarraldo), nonché un bagaglioumano e sociale in gran parte proveniente dall’Antico Corso, lo spaziourbano che ospita il Monastero. Dal 2016 collabora stabilmente con IlGiornale delle Fondazioni.

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Forse è superfluo ricordare come L’Europa, continente po-vero di materie prime, possa contare sul maggiore patri-

monio storico, artistico e culturale del mondo. L’Italia in primis.Molte delle nuove professioni del futuro si sviluppano nel-l’ambito della filiera delle imprese creative e culturali, nelleorganizzazioni non profit e nelle fondazioni1. Un tessuto sem-pre più variegato, come testimoniato anche dagli interventialla dodicesima edizione di RavelloLab di quest’anno. Io stesso

ho portato al tavolo alcune iniziativeche potrei entrambe definire dicrowdworking in ambito culturale. Realtà nelle quali è difficile definirecon chiarezza chi è il datore di la-voro dell’impresa e chi i suoi lavo-ratori, chi il fornitore e chi il benefi-cario dei servizi. Per capire meglioquanto i vecchi paradigmi distampo novecentesco siano ora in-sostenibili, accenno a una di questeiniziative, cioè quella delle passeg-giate creative2 promosse dall’Asso-ciazione del Sentiero dei Sogni3.L’iniziativa, partita l’anno scorso èvolta a(ri)scoprire e (ri)connettere(questi i termini usati dai promotori)la poesia intrinseca agli esseriumani con quella dei luoghi.L’obiettivo è stato quello di realiz-zare percorsi inediti, frutto di ricerca

e reinterpretazione creativa, attraverso narrazioni, poesie, mu-sica, arti visive) del genius loci. I percorsi (Vedi Figura a latoper una schematizzazione di alcuni di essi) si sono articolatiattorno varie tipologie di passeggiate4.I risultati di questa iniziativa assolutamente destrutturata (l’as-sociazione il Sentiero dei Sogni è nata solo in corso d’opera ele passeggiate sono state promosse e organizzate medianterete social) sono stupefacenti e in poco più di un anno sonostate organizzate sul territorio Lariano 35 passeggiate, con unamedia di oltre 150 partecipanti e circa 2.100 presenze nel 2016e 3.200 nell’anno in corso5. Una dimostrazione questa di comee quanto rilevanti siano i fabbisogni culturali talora inespressi:è stato sufficiente mettere in relazione un numero di cittadiniaccomunati (senza saperlo) da un interesse comune per dare

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L’impresa culturale e le viedell’alternanza scuola lavoro

Luciano Monti

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1 MONTI L., “Serve un codice per valorizzarel’impresa culturale”, IlSole24ore del 17 feb-braio 2017.2 www.passeggiatecreative.it3 https://www.facebook.com/SentieriodeiSo-gni/4 Sulle orme di… (es. Alessandro Volta) Poeti-che (es. Alda Merini); Cineturistiche (es. I setdel Lago di Como) e Tematiche (es. notturna«Alla Luna» – poesia/scienza).5 Stime Il Sentiero dei Sogni.

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vita a una impresa culturale, ora ovviamentechiamata a strutturarsi ma che farà della dina-micità e “deconcentrazione” la sua principalecaratteristica.Questo esempio dimostra ancora una voltacome anche e soprattutto nel settore culturale ecreativo si debbano superare le dicotomie tra-dizionali tra imprenditore e lavoratore, tra im-presa profittevole e no profit, tra impresa privatae ente pubblico economico. Vanno superate lerigide classificazioni delle professioni che ruo-tano attorno a questa filiera ed è meglio parlaredi competenze. Competenza e impresa sono anche i punti car-dine dai quali partire per riempire di contenuti ipercorsi di alternanza scuola lavoro introdottidalla riforma sulla Buona Scuola6 e a regime, da quest’annoscolastico, per tutti gli studenti della III, IV e V classe dellescuole superiori. Parliamo di 1,5 milioni di studenti.Negli ultimi due anni la Fondazione Bruno Visentini, assiemeall’Associazione Dimore Storiche Italiane (ADSI) ha iniziato astudiare e poi a monitorare possibili percorsi di AlternanzaScuola lavoro proprio in questo ambito; l’iniziativa che hacoinvolto anche il MIUR, firmatario di apposito protocollo l’8giugno 20167.Il menzionato studio preliminare ha fatto perno sul capitalestorico, artistico culturale e naturale rappresentato da dimorestoriche e giardini a rischio di degrado, diffuse su tutto il terri-torio nazionale. In particolare, secondo le stime della Fonda-zione Bruno Visentini8 si tratterebbe di oltre 15.000 unità abi-tative in palazzi, 7.000 castelli, rocche e torri, circa 7.800 ville eoltre 1.100 altre dimore diversamente qualificate9.Per la definizione del contesto di riferimento generale si sonoinvece acquisiti i dati elaborati dall’ADSI nel portale “dimore-storicheitaliane.it” e dalla Sovraintendenza ai Beni Culturali,nonché dagli ulteriori portali istituzionali, quali INDIRE, ISTATe MIUR. Per la campionatura, infine si è scelta la Regione To-scana identificando 98 dimore storiche, che svolgono sul ter-ritorio anche attività d’impresa. È stata, quindi, sviluppata unametodologia strutturata in vari livelli di indagine: dalla map-patura delle dimore storiche associate ADSI della regione To-scana a livello sub-regionale, all’Identificazione dei principaliservizi offerti dalle predette dimore storiche. Alla messa in re-

6 Legge 107 del 13 luglio 2015. 7 http://www.adsi.it/wp-content/uploads/2016/06/QUI-Il-Protocollo-dIntesa.pdf8 Elaborazioni su censimento dell’AssociazioneDimore Storiche Italiane - ADSI e dati fornitidall’Istituto Italiano Castelli - IIC).9 Faccio riferimento ai risultati di uno studiorealizzato nell’anno precedente dalla Fonda-zione Bruno Visentini su dati del CensimentoADSI 2015. Vedi Monti L., Il futuro dei giovaninella tutela del patrimonio storico privato, Fon-dazione Bruno Visentini, 2015.

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lazione del campione gli studenti toscani potenzialmente coin-volgibili in un percorso dedicato di alternanza scuola-lavoro einfine a una prima analisi qualitativa sulla rilevazione dellecompetenze tecniche e trasversali acquisite tramite i percorsidi alternanza scuola-lavoro presso le dimore storiche cam-pione. Dallo studio è emerso un panorama di attività assolutamenteinteressante e variegato, che, a fini semplificatori, è stato rag-gruppato in sette macro-categorie10 rappresentate nella primacolonna a sinistra della tabella qui sotto. Le sette macro-cate-gorie identificate, quindi, rappresentano la potenziale oppor-tunità che le dimore storiche toscane potrebbero garantire,aderendo ai percorsi di alternanza scuola-lavoro in qualità distrutture ospitanti.La stessa tabella permette anche di rilevare come i servizi cheoffrono le dimore storiche oggetto dell’indagine, e le conse-guenti competenze tecniche e trasversali acquisibili nell’ambitodei percorsi di alternanza scuola-lavoro, ben si adattino sia airagazzi provenienti da istituti tecnici e professionali, sia aglistudenti liceali. Infatti, delineando le figure professionali disettore, le attività che gli studenti potrebbero svolgere presso

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10 Ecco nel dettaglio le sette tipologie: I. Risto-razione: comprende tutte le attività legate allaproduzione e distribuzione di pasti per la clien-tela, comprensive di quelle su scala industrialee di catering; II. Organizzazione eventi: rappre-senta la molteplicità di funzioni e criteri di ge-stione necessari per la produzione e creazionedi eventi di diversa tipologia (commerciale,aziendale, culturale, celebrativo); III. Hospitality:rappresenta l’insieme delle modalità e delle re-gole utili all’accoglienza e all’interazione con gliospiti, nonché al rispetto e alla cura delle loroesigenze; IV. Storytelling: rappresenta l’attivitàdi organizzazione di visite della location e di sitiadiacenti, comprendendo la narrazione di infor-mazioni ad essi correlati, a seguito di un vastoassortimento di strumenti cartacei, digitali edesperienziali; V. Turismo eco-sostenibile: com-prende l’insieme delle attività volte alla curadell’ambiente circostante, integrando le risorsedisponibili con tutte le necessità sia economicheche sociali, cercando di soddisfare i bisogni deituristi nel rispetto dell’ambiente circostante; VI.Turismo esperienziale: comprende tutte quelleattività che, generando un vasto assortimentodi strumenti cartacei, digitali e relazionali appli-cabili a diverse aree o funzioni, consentono alvisitatore di poter beneficiare, sia visivamenteche materialmente, di un’esperienza turisticaunica, autentica e personale. VII. Vendita prodottie artigianato: include tutte le attività necessarieper il supporto nella produzione e nella venditadi prodotti tipici del territorio.

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le dimore storiche permetterebbero loro di svi-luppare quelle competenze trasversali molto ri-chieste nel mercato del lavoro. Naturalmente,come per l’analisi quantitativa, anche l’indaginequalitativa non vuole fornire risultati definitivi,bensì mira a evidenziare le potenzialità di un ca-pitale storico-culturale, come quello delle dimorestoriche, troppo spesso sottovalutato dalle prin-cipali istituzioni e attori economici del nostroPaese. Alla luce dello studio appena citato si è avviatauna fase attuativa a campione. L’azione Pilotaa.s. 2016-2017 si è rivolta da un lato agli Studentiiscritti al III, IV e V anno degli istituti secondari diII grado e ha interessato 7 scuole in 4 differentiregioni Italiane (Piemonte, Veneto, Lazio e Puglia).Sono stati previsti Percorsi Laboratoriali dedicatia: Turismo eco-sostenibile, turismo esperienzialeed eco-gastronomia; Event Management, Hospitality e Story-telling nella filiera artistico-culturale. Work-based learning eco-working come strumenti di apprendimento: Il monitoraggiodei percorsi di alternanza scuola-lavoro rilevati in questa azionepilota evidenzia come le attività laboratoriali (vedi figura afianco tratta dal monitoraggio) abbiano assorbito quasi la metàdelle ore del percorso il coinvolgimento degli studenti in pro-getti concreti, rivolti ai fabbisogni specifici della struttura ospi-tante (dimora storica) e del territorio locale di riferimento.Coinvolgimento che è uno strumento fondamentale per l’ac-quisizione di competenze tecniche e trasversali. I principali ri-sultati dei percorsi laboratoriali attivati sono stati i prodottimultimediali (un dato questo emerso prepotentemente anchedurante la dodicesima edizione di RavelloLab), a conferma dicome lo storytelling audiovisivo e digitale sia al centro dell’in-teresse delle dimore storiche («valorizzazione del proprio pa-trimonio storico culturale e artistico») e degli istituti scolastici(«acquisizione da parte degli studenti di competenze tecniche,trasversali, sociali e civiche»). Voglio allora concludere con un’affermazione di Orhan Pamuk,premio Nobel Turco per la letteratura e autore, tra gli altri, deIl Museo dell’Innocenza: “Visitando le città europee ho capitoche i musei, come i romanzi, possono raccontare gli individui.Sono tesori del genere umano, ma sono contro l’utilizzo chene viene fatto (…). Lo scopo dei musei statali è quello di rap-

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presentare lo Stato: e questo non è né buono né innocente.(…) I musei nazionali mostrano la storia delle nazioni, secondola teoria per cui questa sia più importante della storia degli in-dividui. Ma solo le storie individuali riescono a dipingere laprofondità della nostra umanità (…) I musei devono diventarepiù piccoli, meno costosi: così possono raccontare storie a li-vello umano (…) il futuro del museo è dentro le nostre case”.Chissà se i nostri studenti sapranno “ricostruire” questo pa-trimonio cominciando proprio dal sito storico che si trova a500 metri dalla loro scuola e imparando a raccontarlo per sé eper i visitatori, impareranno a raccontare e rappresentare an-che un po’ se stessi.

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Sullo sfondo a sinistra Umberto Groppi e a destra Alessandro Leon.

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Luciano MontiHa collaborato con numerosi Ministeri e Regioni italiani in qualità di coor-dinatore scientifico e valutatore di progetti europei ed è stato titolare dimolti incarichi istituzionali e associativi in Confindustria.Docente di Politiche dell’Unione Europea alla Luiss Guido Carli di Roma,dove insegna dal 1998, è inoltre condirettore scientifico della FondazioneBruno Visentini e membro del Comitato di Presidenza dell’AssociazioneDimore Storiche Italiane (ADSI).È autore di numerosi studi e ricerche in tema di politica economica euro-pea, integrazione, coesione europea e valorizzazione del patrimonio cul-turale, di oltre 80 pubblicazioni tra contributi a riviste specializzate e saggi,un romanzo e tre sillogi di poesie.

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Territori della Cultura

Gli organizzatori del Panel nel reinvitarmi a distanza di unanno a RavelloLab mi hanno posto di fronte a una sfida

che, devo ammettere, mi crea qualche imbarazzo. Nella scorsaedizione1, infatti, la mia prospettiva era quella di un funzionariodella Direzione generale Musei, responsabile della comunica-zione, della promozione e dell’accessibilità culturale del si-stema museale nazionale. Questa esperienza, durata due anni,era stata preceduta da cinque anni di “frontiera” come funzio-nario archeologo presso una di quelle soprintendenze non an-cora olistiche ma che, per chi come me aveva l’opportunità dilavorare anche in un Museo (nel mio caso lo splendido Museoarcheologico nazionale di Ferrara), si occupavano a tempopieno sia di tutela che di valorizzazione. Oggi prendo inveceparte a RavelloLab nelle vesti di direttore di un museo auto-nomo, uno degli ultimi dieci in ordine di tempo ad essere isti-tuiti, il Museo nazionale etrusco di Villa Giulia, dove ho co-minciato a lavorare dallo scorso 2 maggio. È dunque forsefacile comprendere, e me ne perdonerà il lettore, quanto lamia prospettiva possa risultare in questo momento frammen-tata e divisa tra le diverse anime del mio percorso professio-nale all’interno del Ministero dei beni e delle attività culturalie del turismo, con un inevitabile sbilanciamento sulle espe-rienze che hanno preceduto il mio ingresso nel novero dei 30direttori autonomi.A tale imbarazzo si aggiunge anche quello derivante dal fattodi essere l’unico in questa sede a rappresentare la prospettivadi un direttore di museo statale; un organismo che, tuttavia, inmodo più o meno indipendente dalla prerogativa dell’autono-mia, ne fa a tutti gli effetti una “impresa culturale”, con tuttele peculiarità e i problemi del caso.Poste tali doverose premesse, sono rimasto colpito nel con-statare come a distanza di un anno e in un contesto tematica-mente diverso rispetto a quello in cui ero stato coinvolto nel2016 – dedicato a una riflessione sull’Audience development– siano tornati anche quest’oggi nel dibattito e, soprattutto,nelle relazioni dei key note speaker, alcuni concetti chiave cheavevano colpito la mia attenzione nella passata edizione. Come ha ben evidenziato nel suo intervento Pete Kercher, lasemantica non va mai trascurata e, parafrasando Nanni Mo-retti, potremmo semplificare dicendo che “le parole sono im-portanti” e meritano sempre una compiuta riflessione. Comeha fatto in apertura Petraroia, soffermandosi sul termine “di-letto” – traduzione oggi comunemente adottata per l’inglese

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Valori sociali, valori economici e sistemi di valutazione: la prospettiva

da un (neo-)museo autonomoValentino Nizzo

XII edizionePanel 2

1 Cfr. V. Nizzo, “...il Ministero economico piùimportante del Paese”, in RAVELLO LAB2016, Cultura e Sviluppo. Progetti e strumentiper la crescita dei territori. Contributi dai panel,appendice a: Territori della Cultura. Rivista online, n. 26, 2016, pp. 68-75.

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“enjoinment” – e sull’intraducibile concetto tutto italiano di“valorizzazione”, per proporre, a nostro avviso molto oppor-tunamente, di rapportarli piuttosto alla sfera semantica del“godimento” e della “godibilità”, che dovrebbe caratterizzareogni esperienza culturale. Parole, queste ultime, che derivanodalla medesima matrice etimologica, il latino gaudium/gaudia,da cui discendono sia il sostantivo gioia (pervenuto all’inglese– en-joy – per tramite del francese antico joie) che il sostantivogioco. Il primo termine è – come ho avuto modo di accennare in piùoccasioni2 – una delle innovazioni più importanti e rivoluzio-narie della riforma avviata da Franceschini. Con un ritardo chesarebbe meritevole di una riflessione dedicata, esso è infattisolo di recente entrato a far parte del vocabolario ministeriale,nella definizione di Museo adottata a partire dal D.P.C.M. 171del 29 agosto 2014 che, all’art. 35, comma 1, recita: “I museisono istituzioni permanenti, senza scopo di lucro, al serviziodella società e del suo sviluppo. Sono aperti al pubblico ecompiono ricerche che riguardano le testimonianze materialie immateriali dell’umanità e del suo ambiente; le acquisiscono,le conservano, le comunicano e le espongono a fini di studio,educazione e diletto”3. Si tratta, come noto, della recezionetardiva della definizione di Museo elaborata da ICOM nel 2007ma che, per quel che concerne il termine “enjoinment”, ha ra-dici che si spingono fino alla definizione di Museo propostanel 1961. Una innovazione avvenuta pochi anni prima che nelnostro Paese la Commissione d’indagine per la tutela e la va-lorizzazione del patrimonio storico, archeologico, artistico edel paesaggio (attiva dal 1964 al 1967 e nota come Commis-sione Franceschini perché presieduta dall’on. Francesco Fran-ceschini, omonimo dell’attuale Ministro) coniasse il concettodi valorizzazione, un termine tutto italiano e molto difficile datradurre nella sua accezione applicata ai beni culturali; beniche, è bene ricordare, fu la stessa commissione a intendereper la prima volta come “testimonianza materiale avente va-lore di civiltà”.Negli interventi che si sono succeduti, ho notato sostanzialecoincidenza di vedute nella percezione di cosa sia o cosa debbaessere il “diletto” che una impresa culturale dovrebbe tentaredi suscitare nei fruitori del nostro patrimonio.Ma è proprio questa armonia delle prospettive che, da rappre-sentante di un museo statale, mi induce a sollecitare gli orga-nizzatori a invitare alle prossime riunioni qualcuno di quelli

2 V. Nizzo, “iPat: idee per il Patrimonio”, in F.Pignataro, S. Sanchirico, C. Smith (a cura di),Museum Dià. Politiche, poetiche e proposteper una narrazione museale, Atti del convegnointernazionale (Roma 23-24 Maggio 2014),Roma 2015, pp. 454-479; Id., “Sognai tal-mente forte che mi uscì il sangue dal naso”,Discussant in V. Curzi, L. Branchesi, N. Man-darano (a cura di), Comunicare il Museo oggi:dalle scelte museologiche al digitale, Milano2016, pp. 411-422.3 Poi ripresa con qualche modifica e integra-zione nell’art. 1 del cosiddetto Decreto Musei(D.M. del 23 dicembre 2014): “Il museo è unaistituzione permanente, senza scopo di lucro,al servizio della società e del suo sviluppo. Èaperto al pubblico e compie ricerche che ri-guardano le testimonianze materiali e imma-teriali dell’umanità e del suo ambiente; le ac-quisisce, le conserva, le comunica e le esponea fini di studio, educazione e diletto, promuo-vendone la conoscenza presso il pubblico ela comunità scientifica”.

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che sono soliti pubblicamente ostracizzare forme di valorizza-zione dei luoghi della cultura che abbiano come fine e mezzoanche il “diletto”, nella loro offerta. Credo che potrebbe esseremolto istruttivo un serio confronto su queste tematiche, apertoall’ascolto della prospettiva di quanti ritengono prevalente senon esclusiva la componente educativa dei musei e intendonoquesti ultimi come “templi delle muse”, assimilando – nelleinvettive sulla stampa o sulla rete – a un luna park ogni inizia-tiva bollata di blasfemia. Tralasciando del tutto la possibilitàche l’educazione possa talvolta avvalersi dell’arma del dilettoo che la godibilità di un museo possa passare anche solo at-traverso la possibilità di usufruire di un pasto gradevole in unristorante ospitato al suo interno.Lo dico dopo aver sperimentato poche settimane fa, con in-credibile successo, un evento insolito per un museo statale,

un “aperitivo etrusco”, organizzatocon la collaborazione dell’archeologoCiro Marra, un allievo di Daniele Ma-nacorda, che da quattro anni è diven-tato imprenditore grazie alla fortu-nata formula dell’“aperitivoarcheologico”4, che consiste in degu-stazioni tematiche ispirate o fondatesu ricette antiche, rese ulteriormenteevocative dal fatto di essere ospitatein importanti luoghi della cultura(dalle case romane del Celio, al tem-pio di Antonino e Faustina nel ForoRomano, alle Mura Aureliane, adesempio).Certo è che la ricostruzione della ga-stronomia etrusca non è cosa facile,

in primis per la penuria di fonti dirette e l’esiguità dei dati ar-cheologici. Tuttavia, anche per il tramite della collaborazionescientifica con lo Scrivente, è stato possibile elaborare unaserie di pietanze coerenti con la documentazione in nostropossesso, facendo precedere la degustazione da un’ora di vi-sita guidata tematica all’esposizione museale e accompagnan-dola con spiegazioni dedicate; il tutto al costo di una tesseraassociativa di 20 euro, comprensiva del biglietto che, nelledue serate di apertura straordinaria in cui si svolgeva l’evento,era ridotto alla formula simbolica di “tre ore a tre euro”; l’unicoricavato introitato dal Museo (Fig. 1).

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Fig. 1 Una immagine dell’“aperitivoetrusco” organizzato presso il

Museo Nazionale Etrusco di VillaGiulia nell’ottobre del 2017.

4 Sul “caso” si è soffermato da ultimo G. Volpe,Un patrimonio italiano. Beni culturali, paesag-gio e cittadini, Novara 2016, pp. 131 ss.

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L’adesione all’iniziativa (che puntava a un pubblico non supe-riore alle 120 persone per ciascuna serata) è stata sorpren-dente, al punto che si è dovuta estendere la capienza a ca. 150persone per serata, lasciandone fuori un numero ben supe-riore. Sui social network che hanno trainato e pubblicizzatol’iniziativa non sono tuttavia mancati, oltre agli apprezzamenti,anche i commenti negativi, di quanti, solo per l’utilizzo di untermine – aperitivo5 – velato di tonalità ritenute non consonea un museo, hanno considerato l’iniziativa alla stregua diun’inappropriata forma di mercificazione desacralizzante, senzain alcun modo prendere in considerazione gli scopi educativisottesi all’evento: un modo inconsueto per apprendere tra-scorrendo in allegria una serata in museo.Analoghe ostilità ho avuto modo di sperimentarle anche inaltre occasioni, ma sempre attraverso il filtro distorto dellarete, visto che chi ha preso parte agli eventi ha espresso tonidi sorpresa ammirazione. Come è avvenuto in occasione delleultime giornate europee del patrimonio (23-24/9), nel corsodelle quali oltre cento rievocatori provenienti da tutta Italiahanno animato il museo dando vita a postazioni didattiche ocontribuendo allo spettacolo di chiusura, tutto incentrato sulracconto (affidato a chi scrive) dell’evoluzione del rapportotra cultura e natura (tema generale a livello europeo dellamanifestazione) dall’epoca etrusca alla contemporaneità (Fig.2). Uno spettacolo di un’ora al quale i rievocatori6 hanno con-tribuito offrendo immagini viventi di grande efficacia, che

Fig. 2 Immagine conclusivadell’evento di rievocazione “ASpasso nel tempo”, organizzato alMuseo Etrusco il 23-24 settembrein occasione delle GiornateEuropee del Patrimonio (GEP) sultema “Cultura e natura”.

5 Dal latino medievale aperitivus, «che apre levie per l’eliminazione», derivativo di aperire,«aprire», alludente all’apertura della dige-stione, solitamente stimolata da una bevandain grado di “aprire” la sensazione della fame,come accadeva con il vinum hippocraticumin Grecia o con il mulsum a Roma.6 Con il coordinamento della Federazione deiRievocatori storici, del Cers e di MoroEventi,sotto la supervisione scientifica del Museo.

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hanno dato vitalità e profondità a un racconto che poteva es-sere tranquillamente il contenuto di una conferenza divulga-tiva. La presenza di rievocatori – tema allo scrivente notoria-mente molto caro sin dal suo esordio a Ferrara7 – ha costituitoanche il supporto d’eccezione per visite tattili dedicate ai nonvedenti, che hanno potuto toccare con mano riproduzioni dioggetti antichi o, tra le altre, una riproposizione vivente delsarcofago degli sposi. Ed è proprio l’immagine estemporaneadi quest’ultimo allestimento, da me volutamente condivisasui social al principio senza l’accompagnamento di alcunaspiegazione (fornita solo il giorno dopo con un breve videoesplicativo), che ha scatenato apprezzamenti e critiche, favoriteda una viralità spontanea davvero sorprendente. Tale da in-durmi, a un mese di distanza, ad accettare la proposta di uncollega e fare un nuovo esperimento sulla rete, questa voltaancor più provocatorio anche perché accompagnato da unamoderata sponsorizzazione, i cui risultati saranno in futurooggetto di una analisi strutturata che non è possibile né per-tinente anticipare in questa sede, ma che si è rivelata dienorme successo nel reclutare nuovi followers virtuali e nelsuscitare una riflessione sulle dinamiche della comunicazionemuseale sui social e sulla superficialità di molti commentatorinella decodifica dei molteplici registri linguistici sottesi aquella immagine e ai propositi originari per cui quell’iniziativaera scaturita: un allestimento per ipovedenti (Fig. 3).Ho fatto questi due esempi per portare all’attenzione dei lettoridue casi tra i tanti che un direttore di museo si può trovare adaffrontare, per suscitare il diletto o, semplicemente, per ga-rantire reali forme di accessibilità culturale, pensate in primisper quel “non pubblico” (in cui rientrano loro malgrado anchei cittadini disabili) che tutti i musei avrebbero l’obbligo moraledi cercare di avvicinare, non certo per fare cassa ma per sti-molarne l’interesse e la curiosità, garantendo la massima in-clusione possibile.

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Fig. 3 Rievocazione del “Sarcofagodegli Sposi” accanto all’originale

allestita in occasione delle GEP perscopi didattici e per consentire una

esperienza tattile ai non vedenti(riconoscibile nell’immagine piccolain basso a destra). La foto è statasuccessivamente riproposta sullapagina facebook del Museo in unpost sponsorizzato costruito allo

scopo di monitorare e analizzare lereazioni degli utenti e intercettarel’attenzione del “non pubblico”.

7 V. Nizzo, “Dall’arena del Colosseo alla storiadi Ferrara: un’occasione per riflettere e con-frontarsi su tendenze, limiti, potenzialità easpirazioni del reenacting”, in Forma Urbis,XX, 2, Febbraio 2015, pp. 4-7; Id., “Da Ferraraa Faro; esperienze e strategie per la costru-zione di una percezione partecipata dell’ar-cheologia”, in S. Pallecchi (a cura di), Raccon-tare l’Archeologia. Strategie e tecniche per lacomunicazione dei risultati delle ricerche ar-cheologiche, Atti del convegno Policastro Bus-sentino (SA) – Cineteatro 14-15 maggio 2016,in corso di stampa.

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In questo senso mi sono trovato estremamente d’accordo conl’analisi condotta da Baia Curioni, della quale, in particolare,mi hanno colpito sia il riferimento a Foucault (il teorico di queiluoghi chiusi deputati al controllo e/o alla guarigione dalla“devianza”, come le carceri o i manicomi, ai quali i nostri mu-sei rischiano troppo spesso di assomigliare) che il richiamocritico al concetto di reificazione. Un’analisi che, pur non aven-dolo esplicitato nel corso della relazione, ha evidentementealla base anche le riflessioni di Bourdieu sul rapporto tra capi-tale culturale e capitale simbolico, essenziale per comprenderequelle che sono le dinamiche del “consumo culturale” in unasocietà che da troppo tempo vive in una condizione di emar-ginazione rispetto al proprio patrimonio.I processi di “reificazione” del reale che presiedono alla co-struzione ideologica di qualsivoglia luogo della cultura hannoinfatti progressivamente determinato una lacerazione tra lepersone comuni e un patrimonio che sempre meno ai loro oc-chi ne rappresenta l’identità. Per invertire questa tendenza, amio avviso, è necessario restituire personalità al nostro patri-monio, letteralmente personificandolo, ossia accrescendonele potenzialità comunicative e narrative affinché dalle “cose”“aventi valore di testimonianza di civiltà” riemergano le per-sone che le hanno prodotte, usate, plasmate o, più in generale,sono nel corso del tempo e a vario titolo entrate in contattocon esse. È questo il tema dell’agency sul quale mi sono giàsoffermato in altra sede8 e che, in particolare per gli archeologi,costituisce un importante argomento di confronto, soprattuttoin quei contesti in cui la storia, attraverso i suoi resti materiali,diviene potenziale oggetto di manipolazione ideologica.Come dimostra proprio il caso del museo che ho l’onore di di-rigere che, pur nella splendida e unica miscela tra contenitoree contenuto, fatica ad affermarsi in una città che – sino almenodal 509 a.C. – ha in tutti i modi cercato di cancellare o negareil proprio passato etrusco, salvo poi appropriarsene in molteforme del culto e della disciplina religiosa e non solo.Veniamo infine al tema – sollevato da molti in questa sede –della “valutazione”. Poche settimane fa anche io per la primavolta ho dovuto passare il giogo dell’autovalutazione dirigen-ziale, indispensabile per attestare il conseguimento di quegliobiettivi strategici affidati ai vari gangli del dicastero dal Mini-stro. I parametri di giudizio sono tutti di grande rilevanza e co-prono adeguatamente le varie sfide che il MiBACT sta cercandonegli ultimi anni di affrontare, per accrescere la vitalità e l’in- 8 In particolare nei lavori sopra cit. alla nota 2.

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clusività dei musei, potenziarne l’accessibilità e la capacità co-municativa, valorizzare i beni conservati nei depositi anche al-l’estero, sviluppare reti territoriali e favorire la collaborazionetra pubblico e privato, anche con l’ausilio di strumenti impor-tanti di fundraising come l’art bonus. Tutte voci di grandissimarilevanza. Peccato che l’autovalutazione, essendo correlata an-che alla performance dirigenziale (con i vari correlati econo-mici), sia in parte inficiata da parametri inevitabilmente og-gettivi che invitano tendenzialmente il dirigente a esserebenevolo e compiacente con il proprio operato o, di converso,non offrono al valutatore strumenti adeguati per verificare leeventuali criticità che non gli hanno reso possibile il conse-guimento di un determinato risultato. Come ad esempio, nelcaso dello scrivente, la mancata consegna dei depositi chefrustra ogni progettualità sul fronte della loro auspicata valo-rizzazione o della stessa progettualità che dovrebbe caratteriz-zare la vita culturale di un Museo.Altro punto dolente è quello correlato alla natura e alla com-posizione del “capitale umano”, tema come noto ben caroalle ricerche di Pietraroia. Il direttore di un museo statale, in-fatti, a differenza di qualsiasi impresa culturale privata, nonè posto nelle condizioni di scegliere o costruire la sua squa-dra. E non solo per questioni correlate alle ben note carenzeorganiche e strutturali del MiBACT. I profili professionali trac-ciati negli organici sono infatti troppo poco approfonditi perconsentirne una distribuzione che corrisponda adeguata-mente alle esigenze e alle peculiarità di ciascun istituto. Inol-tre è un fatto ben noto che, nell’ambito della II fascia, defini-zioni quali “assistente amministrativo gestionale” o“assistente tecnico” non rendono sufficientemente l’idea delgrado di specializzazione di dipendenti che costituiscono laspina dorsale di un istituto e la cui professionalità può spa-ziare da quella del geometra a quella del grafico, del fotografoo dell’assistente restauratore. L’assegnazione a un istituto, afronte di distinzioni così generiche, non sempre segue le pe-culiarità o l’interesse dell’istituto stesso, come dimostra laprocedura di mobilità interna in corso di espletamento, che– a parità di requisiti di anzianità o di altri fattori discriminanti– rischia di favorire la scelta delle sedi ritenute più “comode”dai dipendenti e non logiche correlate al loro possibile ap-porto professionale. In un quadro complessivo che evoca pe-ricolosamente la morale del celebre film Quo Vado, di Checco

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Zalone, precedentemente richiamato dalla consigliera Logliocome esempio propulsivo per l’industria culturale cinemato-grafica nella passata stagione.È parimenti difficile, se non con meccanismi delicati e carichidi responsabilità come quelli della consulenza esterna, ancheper un direttore autonomo reclutare soggetti esterni all’am-ministrazione, seppur di riconosciuta professionalità, quali adesempio il bravissimo Ciccio Mannino che, paradossalmente,potrebbe anche non avere i requisiti per partecipare a unagara o a una procedura di selezione pubblica, nonostantel’esperienza e i risultati maturati in questo settore. L’inclusione nell’ultimo concorso per funzionari MiBACT diprofili legati alla comunicazione è senza dubbio un segnale diapertura molto positivo, nonostante nell’ambito della mede-sima procedura si siano registrate alcune défaillances nelladistinzione tra i profili di antropologo fisico e demoetnoantro-pologo.Un dato positivo emerso in più punti della discussione in me-rito al tema della valutazione delle imprese culturali è quellorelativo alla non centralità della quantificazione numerica deivisitatori. Come noto, uno dei cavalli di battaglia di molti con-testatori della riforma è quello relativo all’accusa che essa ab-bia come principale movente quello di una monetizzazionedel patrimonio, tesa a renderlo a tutti i costi redditizio a scapitodelle sue preminenti valenze culturali. Una denuncia che alcuniricollegano alle prime dichiarazioni rilasciate da Franceschiniin occasione della sua nomina, quando si dichiarò onoratoper essere stato “chiamato a guidare il Ministero economicopiù importante del Paese”. Le cose a mio avviso non dovreb-bero essere semplificate in questi termini. Lo dimostra, adesempio, l’autonomia conferita al Museo di Villa Giulia chenello storico dei visitatori (nel 2016 pari a 70.386 visitatori,32.388 paganti, con una punta storica risalente all’ormai lon-tano 1998, quando si arrivò a 98.973 utenti, 49.055 paganti)9

non tocca certo quote tali da evidenziarne la redditività. Al-meno in questo caso, dunque, la scelta sembrerebbe aver pri-vilegiato in assoluto le connotazioni culturali dell’istituto, fon-damentali per quella che è la rilevanza storica avuta dallacultura etrusca nella storia del nostro Paese fino all’età con-temporanea10, tale da consentire al Museo di identificarsi inuna realtà territoriale sovraregionale, con pochi confronti tragli altri Musei dotati di autonomia.

9 Fonte dati Ufficio statistico MiBACT. Nonsono disponibili informazioni prima del 1996.10 Ne è prova, da ultimo, un bel documentariorealizzato da Rai Cultura in collaborazione conil MiBACT espressamente dedicato all’affasci-nante tema della “Fortuna degli Etruschi” dal-l’antichità alla contemporaneità, con pernosulle raccolte del Museo di Villa Giulia.

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Se, da un lato, ritengo davvero importante chegrazie alla riforma, tra le occupazioni di un di-rettore di Museo, rientri anche una specifica at-tenzione per gli aspetti economici legati al bi-lancio e agli introiti diretti che la sua azione puòconsentire di riversare sul potenziamento del-l’istituto (dalla bigliettazione, alle varie forme diconcessione al crowdfunding ecc. ecc.), nonvedo in questa innovazione un rischio per la so-lidità e la reputazione culturale del museo. Pur-ché il tutto venga condotto con spirito di respon-sabilità, evitando, come si è detto in questa sede,mostre discutibili volte unicamente a far cassa,senza relazione con l’ente ospitante e/o conscarsa attenzione per l’arricchimento del baga-glio culturale del visitatore. Non è a questo chesi deve puntare. Una mostra su Picasso (artistarichiamato in questa sede da Baia Curioni) a VillaGiulia, ad esempio, potrebbe a mio avviso averevalore soltanto se rivolta a evidenziare l’influenzaesercitata dall’arte etrusca nell’evoluzione dellasua arte, documentata nel 1917 dall’ammirazioneda questi espressa in occasione di una visita aRoma che lo portò a visitare gli specchi etruschie la Cista Ficoroni all’epoca appena acquisiti alleraccolte del Museo di Villa Giulia11. La misurazione del gradimento dei visitatorireali (un discorso a parte meriterebbero invecequelli virtuali) sta nella loro propensione al ri-torno. È quest’ultimo il parametro migliore per

misurare la godibilità dei nostri luoghi della cultura. Ed è atal fine che una delle mie prime azioni è stata quella di intro-durre un abbonamento semestrale al museo, da me giustifi-cato proprio in virtù di quei valori richiamati dalla convenzionedi Faro che mirano alla costruzione di vere e proprie comunitàdi eredità intorno al nostro patrimonio comune. Una sfidaappena cominciata ma che mi sta dando già la soddisfazionedi aver potuto assistere allo sviluppo e alla nascita di questacomunità (Fig. 4).Una riflessione critica, infine, vorrei spendere riguardo quellache mi appare una insidia particolarmente rilevante per i nostrimusei. L’introduzione in una recente circolare a doppia firma

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Fig. 4 Locandina ideata per lapromozione dell’abbonamento al

Museo introdotto per la prima voltail 1° luglio 2017.

11 P. Daverio, Il secolo spezzato delle avan-guardie, Milano 2015.

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della Direzione generale Musei e della Direzione generale Ar-cheologia, belle arti e paesaggio12, che introduce come discri-mine per la composizione delle raccolte di un museo (e, con-seguentemente, della spartizione dei depositi tra questi ultimie le soprintendenze da cui sono stati staccati) il concetto peri-colosissimo di “collezioni storiche”, in merito al quale, permancanza di spazio, preferisco non soffermarmi in questasede, con la speranza che prima del prossimo RavelloLab que-sto pericoloso concetto sia stato cancellato e sostituito da unapiù matura e armoniosa compenetrazione tra Musei e territorie tra tutela e valorizzazione.

Valentino Nizzo Archeologo-Direttore del Museo Archeologico Nazionale Etrusco di VillaGiulia. Laureato con lode presso l’Università di Roma “La Sapienza” nel2000, dove nel 2007 ha conseguito la specializzazione e il PhD in Ar-cheologia (curriculum etruscologico). Ha conseguito il post-dottorato in“Archeologia globale e memoria del passato” presso l’Istituto Italiano diScienze Umane di Firenze pubblicandone i risultati nel volume: Archeo-logia e antropologia della Morte: storia di un’idea, edito nella collana Bi-bliotheca Archaeologica di Edipuglia (Bari 2015).Dal 2010 è funzionario archeologo del Ministero dei Beni e delle AttivitàCulturali e del Turismo, prestando servizio prima (2010-2015) presso laSoprintendenza Archeologia dell’Emilia Romagna con sede a Ferrara e,dal 2015 al 2017, presso la Direzione generale Musei a Roma con l’incaricodi responsabile della promozione, comunicazione e accessibilità culturaledel sistema museale nazionale.

12 Circolare 42/2017, luglio 2017, che, in parti-colare al punto 3/h, dispone quanto segue:“le Soprintendenze effettueranno la consegnadei reperti appartenenti alle collezioni storichedei Musei autonomi o di pertinenza dei Polimuseali entro il termine del 31 dicembre 2017;nel caso di materiali archeologici non facentiparte delle collezioni storiche dei Musei o pro-venienti da sequestri o di scavo, di pertinenzadelle Soprintendenze e al momento conser-vati presso i depositi di Musei autonomi e diMusei afferenti ai Poli museali, procederanno,con ogni consentita urgenza, a trasferire glistessi (unitamente alla relativa documenta-zione d’archivio e fotografica) presso proprilocali. [..]”. Il testo di questa circolare va ne-cessariamente confrontato con quanto dispo-sto dal D.M. 43 del 2016, art. 1, comma e),che aveva dato una impostazione diversa aquello che è uno dei maggiori problemi inne-scati dalla riorganizzazione Franceschini in me-rito alla gestione dei depositi e alla configura-zione delle pertinenze e delle responsabilitàdei Musei.

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Territori della Cultura

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Gli altri partecipanti ai tavoli

Centro Universitario Europeoper i Beni Culturali

Ravello

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ANTONELLA AGNOLIAssessore alla Cultura, creatività, valorizzazione del patrimonioculturale del Comune di Lecce.Membro del Consiglio Superiore dei Beni Culturali e Paesag-gistici, dell’Associazione Forum per il Libro, Presidente dellaFondazione Federiciana di Fano, vicepresidente della Fonda-zione Rusconi di Bologna, fa parte del bord della SOS (schoolof sustainability) con sede a Bologna. Nel 2016 ha vinto il premio nazionale Non sprecare.Negli ultimi 17 anni ha collaborato e collabora a numerosiprogetti per la costruzione e ristrutturazione di edifici e servizidi biblioteche di nuova concezione in varie città italiane e constudi di architettura per progetti di nuove biblioteche o di rige-nerazione di aree urbane.

ROSSELLA ALMANZACollabora attualmente con l’Agenzia per la Coesione Territorialecome esperto tematico per il settore cultura e turismo se-guendo, per gli aspetti di competenza, l’attuazione dei pro-grammi operativi cofinanziati dai fondi strutturali e in generaledegli investimenti a valere sulla politica di coesione.Ha collaborato con il Ministero dei Beni e delle Attività culturalie del Turismo affiancando gli uffici competenti del SegretariatoGenerale e di altre Direzioni generali in materia di program-mazione e nell’attuazione dei programmi di investimento. Dal2016 è componente del Nucleo di Valutazione e Verifica degliinvestimenti pubblici del MiBACT, avendone già fatto partenegli anni 2010-2012.

AURELIO ANGELINIÈ docente di Sociologia dell’Ambiente e del Territorio nel-l’Università di Palermo, dove insegna anche Ecologia. È presi-dente del Comitato Nazionale Educazione Sostenibile UNE-SCO, direttore della Fondazione UNESCO Sicilia, Coordinatoredella gestione del sito UNESCO “Palermo Arabo-normanna ele cattedrali di Cefalù e Monreale”, fondatore della SummerSchool in Migrants Human Rights And Democracy, di cui èpresidente del Comitato scientifico.

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MAURIZIO ASTUNIDottore commercialista, con particolare esperienza nella con-sulenza aziendale alle PMI profit /cooperative sociali, con in-carichi anche di temporary manager.Consulente della Filse (Finanziaria Ligure Sviluppo Economico)per le startup innovative e docente/coordinatore didattico incorsi per creazione d’impresa. Cofondatore di Social HUB Ge-nova s.c.r.l, incubatore per startup innovative a vocazione so-ciale, operante da febbraio 2016, con una mission specifica:favorire la nascita di nuove realtà imprenditoriali, anche informa cooperativa, in grado di coniugare innovazione socialee innovazione tecnologica, coinvolgendo giovani ad elevatascolarità e adottando sistemi organizzativi capaci di mettereinsieme il meglio del mondo profit (CSR oriented) e quello noprofit (impresa sociale); tra gli ambiti delle Siavs c’è anchequello della valorizzazione del patrimonio culturali e i serviziculturali.

STEFANO BAIA CURIONIProfessore associato presso il dipartimento di Analisi Istitu-zionale e politiche pubbliche dell’Università Bocconi di Milano,ha concentrato negli ultimi quindici anni le sue ricerche nelcampo della trasformazione dei sistemi di produzione e scam-bio culturale. È docente in Bocconi nel triennio Cleacc e nelbiennio di specializzazione di Arts Management (ACME), visi-ting professor ad IMT Lucca per il dottorato Heritage Manage-ment and Development, nel management committee del Glo-bal Heritage Conservation Network dell’Università di Yale.Ha svolto attività di servizio istituzionale come consigliere delministro Franceschini (2014), membro del Consiglio Superioredei beni culturali (2015 e 16) , responsabile della commissioneper la nomina di capitale italiana della Cultura (2016/17). È presidente del Centro Internazionale di Arte e cultura di Pa-lazzo Te dal 2016.

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Territori della Cultura

GIOVANNA BARNIEsperta in project management, comunicazione e fruizionedel patrimonio culturale, è dal 2010 Presidente e Responsabilebusiness development di CoopCulture, la più grande coope-rativa italiana operante nei servizi per i beni culturali e nellavalorizzazione integrata dei territori.Nel 1990 è stata tra i fondatori di Pierreci (prima società diprogettazione, produzione e promozione servizi culturali) ri-coprendo la carica di Presidente e Direttore commerciale emarketing; dal 2006 al 2010 è stata amministratore delegatodi Scabec S.p.A. (prima società mista per la valorizzazione delpatrimonio culturale della Regione Campania).Impegnata nella promozione del modello cooperativo nel set-tore e nella realizzazione di progetti di rete con partenariaticomplessi, è oggi Vicepresidente del Settore Cultura, Turismoe Comunicazione di Legacoop.

FRANK BELDERBOSFrank Belderbos (1955) studied townplanning and political sci-ences at the University of Amsterdam. He is working for thelocal government of Rotterdam at the department of City De-velopment. In 2014 he became on behalf of Rotterdam site-holder of the Van Nellefabriek UNESCO World Heritage, wherehe accompanied the UNESCO-dossier. He is responsible forthe execution of the UNESCO Managementplan in collaborationwith the owner, the CV Van Nelle Ontwerpfabriek. He is realisinga new visitorsfacility in the Van Nellefabriek and a new visi-torsguide. Frank is responsible for the management of thebuffer-zone around the Van Nellefabriek and he is initiating newcommercial and social development in the environment.

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FABIO BORGHESEFabio Borghese is the Founder and Director of Creactivitas -Creative Economy Lab. His research interests and professionalskills are focused on business creation, local development, in-novation processes and methodologies design oriented in thecontext of cultural and creative industries. He currently workswith Campania Innovazione for which he designed and coor-dinated the project Creative Clusters awarded by EBN (TheEuropean Business & Innovation Centre Network) and the Eu-ropean Commission as a best practice in business incubationmodels. He collaborates with Federculture and FondazioneSymbola.He is a member of the scientific committee of Ravello Lab In-ternational Forum.He teaches Event Management and Event Marketing at theUniversity of Salerno.

FRANCO BROCCARDISanremo 1964 - Dottore commercialista iscritto all’Ordine diMilano e revisore legale. Esperto in economia della cultura,arts management e gestione e organizzazione aziendale, rico-pre incarichi come consulente e revisore di musei, teatri, gal-lerie d’arte, fondazioni e associazioni culturali. Partecipa a con-vegni, talks, workshop. È partner dello studio Lombard DottoriCommercialisti Associati di Milano, membro del gruppo di la-voro Economia e cultura presso il Consiglio Nazionale dei Dot-tori Commercialisti e Esperti Contabili e della commissioneFisco e Finanza presso Federculture.

AURELIO BRUNOAvvocato amministrativista, per 19 anni dirigente apicale diamministrazioni regionali, provinciali e di strumenti di sviluppolocale (Gal Leader, PIT, Patti Territoriali, etc.), materia per laquale è stato selezionato quale esperto per l’Italia della Com-missione Europea, DG Politiche Regionali ed Urbane, è statodocente in materia di diritto dei beni culturali alla LUMSA diPalermo e consulente dal 2006 al 2009 dell’Assessorato Re-gionale Beni Culturali della Regione Siciliana. Dal dicembre2016 è esperto legale del Nucleo di Valutazione degli Investi-menti Pubblici del Ministero dei Beni, delle Attività Culturali edel Turismo.

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VITTORIO CALAPRICERappresentanza in Italia della Commissione Europea. È stato consulente – fra gli altri - del Senato della Repubblica,del Centro Italiano di Documentazione Europea, del Formez,della Società Italiana per l’Organizzazione Internazionale. Do-cente a contratto presso l’Università degli Studi di Napoli“L’Orientale” e Roma Tre sui temi della programmazione fi-nanziaria europea 2014-2020.

FRANCESCO CARUSOLaurea in Scienze Politiche, Diploma in Alti Studi Europei (Col-lege of Europe - Bruges), 1963-1968 Funzionario Internazionalepresso la Commissione delle Comunità Europee in Bruxelles.1968-2007 in Carriera Diplomatica, ha raggiunto il Grado diAmbasciatore. Incarichi diplomatici: in Francia (Ambasciata eConsole Generale) in Sud Africa (Console) in Belgio (Portavocepresso la CEE di Bruxelles e presso il Parlamento Europeo.)Nominato quattro volte Ambasciatore: in Cile, in Tunisia, a Pa-rigi presso l’UNESCO e in Svezia. Incarichi a Roma: ConsigliereDiplomatico del Ministro del Commercio Estero; del Ministrodella Giustizia; del Vice Presidente del Consiglio a palazzoChigi. Capo di gabinetto del Ministro degli Affari Esteri allaFarnesina. Incarichi attuali dall’Ottobre 2007: Consigliere Spe-ciale presso le Nazioni Unite, Organizzazione per l’Educazionela Scienza e la Cultura UNESCO in Parigi (Delega per progettidella Cultura, della Salvaguardia del Patrimonio Universale,dei Negoziati mediterranei.) Incaricato di Corsi (“Visiting Pro-fessor”) presso l’Università degli Studi Politici “Sciences Po”di Parigi (Antenna di Mentone) presso la cattedra “Mediterra-neo e Medio Oriente”. Corsi sulle politiche Mediterranee di-plomatiche, economiche, sociali e culturali. Membro del Con-siglio di Amministrazione del Centro Universitario Europeoper i Beni Culturali. Consigliere del Presidente della RegioneCampania per i rapporti internazionali e l’UNESCO.

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ANTIMO CESAROAccademico, politico e scrittore italiano.Docente di Scienza e filosofia politica ed Ermeneutica del lin-guaggio politico presso il Dipartimento di Scienze politichedella Seconda Università di Napoli, attualmente è in aspettativapoiché Sottosegretario di Stato al Ministero dei beni e delleattività culturali e del turismo e deputato della XVII Legislatura(è stato componente della Commissione Lavoro pubblico eprivato, Segretario della Commissione bicamerale per l’Infan-zia e l’Adolescenza, Segretario della Giunta delle elezioni emembro del comitato per le incompatibilità, le ineleggibilità ele decadenze).

UMBERTO CROPPIConsulente per la comunicazione e il management culturale èPresidente di Federculture Servizi Srl e Presidente – Ammini-stratore Delegato della Cosmec Srl, società di comunicazione;è stato Direttore Generale della Fondazione Valore Italia e Di-rettore Editoriale e Amministratore Delegato della casa editriceVallecchi Spa di Firenze. È stato docente a contratto per il corso “Organizzazione deglieventi”, presso la Facoltà di Scienze della Comunicazione, LaSapienza Università di Roma, insegna nel Master “Manage-ment, promozione, innovazioni tecnologiche nella gestionedei beni culturali”, Università di Roma3. È stato assessore alle Politiche Culturali e alla Comunicazionedel Comune di Roma.

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ALBERTO D’ALESSANDROMember of the Bord of the Italian European Movement. Albertod’Alessandro has a long professional experience in EuropeanAffairs, specialised in European Cultural Policies and CulturalRoutes Development. Between 2011 and 2015 he has been Di-rector of the Council of Europe Office in Venice, representingthe Intergovernmental Organisation in Italy and East Mediter-ranean. He has been Director for the International Relations ofthe Italian Ministry of Culture Heritage and Tourism acting asRepresentative of the Italian government to the EU Council ofMinisters Committee for Cultural Affairs (CAC) and the Councilof Europe (CDCULD). He directed the European National Cultural Contact Point forthe EU programme “Culture” and was the National Coordina-tor of the European Year of Intercultural Dialogue 2008. Hehas been founder of the European Route of Historic ThermalTowns of the Council of Europe and Secretary General of theEuropean Historic Thermal Towns Association.

GIULIANA DE FRANCESCOResponsabile delle relazioni europee multilaterali per il Se-gretariato generale del MiBACT. Rappresenta l’Italia nel Comi-tato direttivo cultura, patrimonio e paesaggio del Consigliod’Europa, di cui è stata eletta vicepresidente nel 2017, nel Go-verning board dell’Accordo parziale allargato Itinerari Culturalidel Consiglio d’Europa ed è l’esperto delegato dalla Capitale apartecipare alle negoziazioni nel Comitato affari culturali delConsiglio dell’Unione Europea. È stata nominata focal point nazionale per l’Anno europeo delpatrimonio culturale 2018.

PAOLO DE NIGRISSociologo specializzato nella comunicazione pubblica ed isti-tuzionale, giornalista, project manager, ha collaborato con isti-tuzioni ed enti locali in programmi di sviluppo e valorizzazioneterritoriale.

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RAFFAELLO DE RUGGIERITra i fondatori del circolo culturale La Scaletta di Matera (Isti-tuto Culturale, con nomina ministeriale), e promotore del-l’istituzione del Parco della Murgia Materana e di varie propo-ste di legge relative ai Sassi e alla loro conservazione.È inoltre il fondatore e direttore della fondazione Zetema, chesotto la sua guida ha inaugurato il Museo della Scultura Con-temporanea in Matera, ha promosso il restauro della Criptadel Peccato Originale (e di altri edifici nella città) e l’aperturadella Scuola di Alta Formazione e Studio dell’Istituto Centraledel Restauro nella città di Matera, la prima nel meridione. Inol-tre la fondazione ha istituito la Casa di Ortega (museo-labora-torio delle arti applicate nei Sassi di Matera), con conseguenterestauro del quattrocentesco palazzo Gattini che lo ospita.Il 15 giugno 2015 è stato eletto sindaco di Matera.

MARCO D’ISANTODottore Commercialista in Napoli, è stato Vice Presidente dellacommissione Enti Non Profit dell’Ordine dei Dottori Commer-cialisti di Napoli. È iscritto all’albo dei revisori legali. È redattoredella rivista “Fiscosport”, collaboratore della Rivista A & S -Mensile di aggiornamento e approfondimento sugli enti as-sociativi – Ed. Euroconference, autore di diversi articoli pub-blicati sul Corriere del Mezzogiorno Ed. Corriere della Sera ,promotore di diversi convegni sul trattamento tributario e ci-vilistico degli enti culturali, sportivi e degli Enti Non Profit edocente di materie tributarie in Master post-universitari.

MAURIZIO DI STEFANOIngegnere, Architetto specializzato in Restauro dei Monumentipresso l’Università Federico II di Napoli, Esperto UNESCO. Pro-fessionista di chiara fama con nomina D.M. MIBACT. Docentepresso la Facoltà di Architettura dell’Università Mediterranea diReggio Calabria, corso di “Siti patrimonio mondiale dell’UNE-SCO”. Presidente Emerito di ICOMOS Italia. Membro del Gruppodi Governance della Regione Campania per l’attuazione del pro-getto “Sistema Integrato di Valorizzazione dei Beni e Siti UNE-SCO della Campania”. La sua attività professionale copre diversisettori: dalla pianificazione economica e ambientale all’interna-zionale e alle grandi infrastrutture, dal recupero architettonicoe restauro dei monumenti, all’assistenza, al coordinamento ealla gestione di grandi opere, in diverse posizioni come respon-sabile di progettazione e direzione dei lavori.

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ROBERTO FERRARIDirettore Cultura e Ricerca - Regione Toscana. Competenze: Spettacolo e attività culturali; Patrimonio cultu-rale; Politiche per musei, archivi e biblioteche,Istituzioni cultu-rali, arte contemporanea, siti Unesco; Cultura della memoria;Politiche per il diritto allo studio universitario e per il sostegnoalla ricerca; Alta formazione. Economista della cultura (laureato alla Università Bocconi diMilano), PhD in Management alla Luiss G. Carli di Roma, èstato Amministratore delegato di Struttura Consulting.

PIERPAOLO FORTEPresidente della Fondazione Donnaregina per le arti contem-poranee che gestisce il Museo MADRE di Napoli, laureato ingiurisprudenza, è componente di Collegio e Commissioni didottorato e di diversi master, ha svolto relazioni in diversi con-vegni nazionali ed internazionali ed innumerevoli docenzepresso la Scuola Superiore della P.A., la Scuola Superiore del-l’Amministrazione dell’interno, la Scuola Superiore della Pub-blica Amministrazione Locale, il FORMEZ ed ha tenuto nume-rose conferenze, seminari in Italia ed all’estero. É stato membro della commissione scientifica per diversi corsi-concorsi per l’assunzione di dirigenti, funzionari e procuratorilegali. Autore di saggi e pubblicazioni scientifiche, ha svoltoricerche presso molte Università italiane. È stato consiglieregiuridico presso il MiBACT, esperto per la Presidenza del Con-siglio dei Ministri, componente di Commissioni ministerialied interministeriali.

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CARLO FRANCINICarlo Francini, storico dell’arte, dal 2005 è responsabile del-l’Ufficio UNESCO del Comune di Firenze e site manager delCentro Storico di Firenze Patrimonio Mondiale UNESCO. Dal2009 è coordinatore scientifico dell’Associazione Beni ItalianiPatrimonio Mondiale UNESCO. Membro del comitato scienti-fico di “Casa Buonarroti” a Firenze, è membro ordinario dellaClasse di Storia dell’Arte dell’Accademia delle Arti del Disegnoe dal 2013 al 2016 è stato nel consiglio direttivo di ICOMOSItalia.

PETE KERCHERLaurea in giurisprudenza in GB. In Italia nel 1978, apre lo studiodi consulenze in comunicazioni e design strategico (ora KSDC).Segretario Generale del BEDA (Bureau of European DesignersAssociations www.beda.org) nel 1988-94, vi rappresenta l’Italianel Consiglio Direttivo fino al 2002 (Segretario Onorario, 1999-2000). Socio fondatore di EIDD – Design for All Europe(www.designforalleurope.org) nel 1993 (Presidente dal 2003al 2007) e dell’associazione nazionale italiana Design for AllItalia www.dfaitalia.it nel 1994 (Presidente, 1997-1999), dal 2007ricopre il ruolo di Ambasciatore Europeo. Da alcuni anni, insegna Design Strategico per l’inclusione so-ciale e l’audience development nel campo culturale in diverseuniversità e scuole parauniversitarie in Italia e all’estero.Dal 2016, ricopre l’incarico di co-chair alla Conferenza Interna-zionale Design for Inclusion, che si tiene negli USA nel quadrodella conferenza AHFE (Applied Human Factors and Ergono-mics).

ALESSANDRO LEONPresidente e legale rappresentante del CLES S.r.l., economista.Ha sviluppato competenze nella definizione, analisi e valuta-zione delle politiche pubbliche a livello regionale, nazionale ecomunitario, rivolte al mercato del lavoro, alle politiche indu-striali e alle politiche di welfare. Ha inoltre conseguito unaparticolare conoscenza nel campo del benessere sociale siadal punto di vista generale che settoriale: beni culturali, spet-tacolo, non profit. Ha svolto anche un’intensa attività di valu-tazione di supporto alla progettazione e assistenza tecnicanell’ambito dei fondi strutturali dell’Unione Europea, con par-ticolare riferimento alle aree in ritardo di sviluppo.

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Territori della Cultura

TIZIANA MAFFEIArchitetto, Presidente di ICOM Italia dal 2016. Particolarmenteattenta alle problematiche conservative in rapporto al contestoambientale, alla manutenzione e sostenibilità delle strutture,ai problemi gestionali. Ha curato allestimenti museali, mostreed eventi culturali, progettato e coordinato progetti editorialianche in ambito ICT. Numerose sono state le attività di pro-gettazione, coordinamento, valorizzazione in rete del patrimo-nio diffuso in progetti di sviluppo territoriale. Docente di comunicazione, valorizzazione e gestione dei beniculturali, comunicazione espositiva, museologia, museografiain corsi di laurea negli atenei di Bologna, Torino, Roma.

MICHELA MAGLIACANIProfessore Associato confermato di Economia Aziendalepresso il Dipartimento di Scienze Economiche e Aziendali –Università di Pavia; Docente di Business Plan, Analisi finan-ziaria, Economia-Bilancio e Controllo delle AmministrazioniPubbliche – Laurea Magistrale in “Economia e Legislazioned’Impresa” Direttore del Museo della Tecnica Elettrica, SistemaMuseale d’Ateneo (http://www- 3.unipv.it/museotecnica/)Rettore del Collegio Castiglioni – Brugnatelli, EDiSU Pavia

MASSIMO MANERALaureato in Giurisprudenza presso l’Università di Bologna; Av-vocato iscritto presso l’ordine degli avvocati di Lecce.Da aprile 2014: Sindaco del Comune di Sternatia (LE).Da luglio 2013: Presidente della Fondazione “La Notte dellaTaranta”.2004 – 2009: Portavoce del Presidente della Provincia di Lecce.2004 – 2009: Assessore dei Comuni della Grecìa Salentina.2001 – 2004: Presidente Unione Comuni Grecìa Salentina.1995 - 2004: Sindaco del Comune di Sternatia.

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MARCO MARINUZZIConsulente esperto di programmazione e progettazione ita-liana ed europea con studio professionale a Trieste. Dal 2002si occupa di elaborazione, gestione e valutazione di programmie progetti di sviluppo regionale e cooperazione transnazionalesoprattutto in ambito culturale e creativo (gestione e valoriz-zazione di aree archeologiche, teatro di prosa e di figura, sitiUNESCO, industrie culturali e creative, itinerari culturali, au-dience development, politiche culturali). Collabora con il Mi-nistero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo qualecomponente del Nucleo di Valutazione e Verifica degli Investi-menti Pubblici e con la Regione Friuli Venezia Giulia, Fonda-zione Aquileia, CoopCulture, Città di Cividale del Friuli, VeniceInternational University e Théâtre de la Massue.

MARCELLO MINUTIEconomista della cultura, phd, membro del nucleo di valuta-zione degli investimenti pubblici del Mibact e consulente perle attività culturali e l’innovazione di istituto luce cinecittà srl.Già fondatore di iniziative imprenditoriali nel settore (Strutturasrl, Not For Tourist Rome). Docente in corsi di formazione emaster (Economia della Cultura, Università Tor Vergata) e au-tore di monografie e saggi nelle materie di sua competenza.

FRANCESCO MONACOFrancesco Monaco, esperto di diritto degli EE.LL. e di politichepubbliche, è capo dell’Area politiche di coesione territorialedell’Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI).Coordina, altresì, il Dipartimento Fondi UE e investimenti ter-ritoriali della Fondazione per la Finanza e l’Economia Locale(IFEL) e l’Osservatorio sull’attuazione delle politiche territorialidi coesione, istituito presso la Fondazione. È membro del Se-gretariato tecnico dell’Agenda Urbana, dei CdS del PON Go-vernance e Metro e del Comitato Nazionale per le “aree in-terne”, organismi attivati nell’ambito dell’Accordo diPartenariato 2014-2020. Rappresenta, infine, ANCI nel Comitatonazionale di indirizzo e sorveglianza della politica di coesione2014-2020. È docente del Master “URBAN” della facoltà di Architetturadell’Università “La Sapienza” di Roma. Scrive per Il Quotidianodegli EE.LL. del Sole 24 Ore.

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Territori della Cultura

ALDO PATRUNODirettore del Dipartimento “Turismo, Economia della Culturae Valorizzazione del Territorio” della Regione Puglia cura la va-lorizzazione del patrimonio artistico, storico ed architettonicoregionale; presidia la cooperazione territoriale, la valorizza-zione turistica; promuove la cultura e lo spettacolo nel territo-rio, l’attrattività del territorio; gestisce e attua le opportune po-litiche di marketing territoriale; gestisce le linee di sviluppodel settore turistico pugliese al fine di accrescerne l’attrattivitàe la competitività nel contesto internazionale; trasforma ilvasto patrimonio culturale tangibile ed intangibile pugliese damero centro di costo in una delle principali sorgenti di valoreeconomico per la Regione.

SABRINA PEDRINIPhd in economia politica, dopo il dottorato si è occupata pre-valentemente di microeconomia, economia dell’arte e dellacultura insegnando presso le università IUAV, IULM e a Bolo-gna, dove attualmente tiene due corsi di economia della culturae cultural economics. Si è occupata di ricerca a livello accade-mico, nella progettazione europea e per istituzioni non profit,italiane ed europee, seguendo i temi dello sviluppo del terri-torio, dell’investimento in cultura e del crowdfunding ancherivolto a piccole e medie imprese. Ha lavorato per alcuni annisul tema della valutazione e valorizzazione del paesaggio. At-tualmente si sta occupando di social network applicato alledinamiche tra artisti, con particolare attenzione all’arte con-temporanea, alla musica (pop e techno) e alla poesia prodottida giovani artisti e del loro accesso alle pratiche culturali.

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PIETRO PETRAROIAAD di “Cultura Valore Srl” (Milano - consulenza per progetti divalorizzazione), collabora con organismi governativi per la tu-tela e valorizzazione dei beni culturali. Docente a contratto dilegislazione dei beni culturali dal 1995 in poi presso l’UniversitàCattolica del Sacro Cuore di Milano, è stato Soprintendenteper i Beni artistici e storici per Milano e altre sette provincedella Lombardia, nonché responsabile della Pinacoteca di Brera(1991-97). È stato componente di consigli di amministrazionedi istituzioni culturali, tra le quali la Triennale di Milano e ilMuseo Poldi Pezzoli. Ha diretto i lavori del restauro del Cena-colo Vinciano (1991-’99). Direttore generale Cultura in RegioneLombardia per dieci anni dal 1997, ha poi curato lo start-up delConsorzio Villa Reale e Parco di Monza. Ha ideato e, con SerenaRomano, curato la mostra “Giotto, l’Italia” (Milano 2015-2016).

ANDREA PUGLIESEAndrea Pugliese opera come consulente e formatore. Espertodi servizi per il lavoro e sviluppo territoriale, si occupa di poli-tiche e servizi, specie nei settori creativo e culturale. Si occupadell’analisi, studio e codifica di nuove competenze e profes-sionalità. Impegnato nell’implementazione dell’InnovazioneSociale, ha accompagnato ETT Spa, società leader nello svi-luppo di applicazioni e servizi tecnologici di valorizzazione deiBeni Culturali, nella certificazione come Benefit Corporation;con essa collabora da anni anche nello sviluppo di esperienzee narrazioni anche con Realtà Virtuale e Aumentata. È stato dirigente al Ministero del Lavoro e manager nel settoredella comunicazione pubblica e d’impresa. È co-fondatore del-l’incubatore di innovazione sociale Impact Hub Roma e di ArtHub Carrara, sulle professioni dell’arte contemporanea. È con-sulente di Federculture per l’innovazione.

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Territori della Cultura

AGOSTINO RIITANOCultural Manager, sperimenta nuovi modelli di rigenerazioneurbana mediante la valorizzazione del patrimonio culturale edelle imprese creative, attivando processi di co-creazione eprogetti di innovazione sociale. Dal 2006 ad oggi è stato diret-tore di festival culturali e centri di produzione per la promo-zione delle arti contemporanee. Si è occupato del managementculturale del progetto di rigenerazione del quartiere Rione Sa-nità di Napoli, sperimentando un approccio mediterraneo dellestrategie di pianificazione di una smart-city. Ha collaborato inqualità di esperto con l’OECD - per l’attuazione del progetto“ACTORS: Attrattori Culturali per il Turismo e l’occupazionenelle Regioni del Sud Italia”. Dal 2014 al 2015 è stato coordinatore di staff dell’Assessoratoalla Cultura e al Turismo del Comune di Napoli. Attualmente èmembro del team “Matera 2019 - Capitale Europea della Cul-tura” per lo sviluppo del programma culturale del dossier dicandidatura; project manager di Rural Hub, cluster di innova-zione sociale finanziato dal MIUR – PONREC che favorisce l’af-fermazione di change maker rurali; direttore dell’AssociazioneCulturale Jazzi per la promozione dei processi di innovazioneculturale nelle aree interne.

ERMINIA SCIACCHITANOArchitetto, Policy Officer presso la Commissione Europea, Di-rezione generale dell’istruzione e della cultura, dal febbraio2014. È oggi il principale consulente scientifico della Task Forceper l’Anno europeo dei beni culturali 2018. Funzionario Mi-BACT, dal 2000 al 2013 si occupa di cooperazione culturale eu-ropea, in particolare, ha presieduto nel 2013 il Comitato diret-tivo per la cultura, il patrimonio e il paesaggio del Consigliod’Europa, dove è stata delegata nazionale dal 2008. Il fil rougeche la guida è il desiderio di nutrire una più profonda consa-pevolezza che la cultura, il patrimonio culturale e il paesaggiosono risorse fondamentali per l’identità e la qualità della vitain Europa. Tra i suoi risultati, la firma italiana della Convenzionequadro del Consiglio d’Europa sulla valorizzazione del patri-monio culturale Società (Faro 2005).

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LUDOVICO SOLIMAProfessore associato di Economia e gestione delle imprese edocente di “Management delle imprese culturali” presso l’Uni-versità della Campania “Luigi Vanvitelli”, Dipartimento di Eco-nomia. Da circa venti anni svolge attività di coordinamento e partecipaalla realizzazione di studi teorici e ricerche sul campo, perconto di istituzioni pubbliche e private, in particolare su temiquali: marketing dei musei, comportamento dei visitatori;nuove tecnologie applicate al settore culturale; accountabilitye pianificazione strategica. È autore di circa 100 contributiscientifici su libri e riviste nazionali ed internazionali. Per il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, ha recente-mente curato, tra l’altro, la redazione del “Piano Strategico2016-2019” e del “Rapporto Annuale di Attività - 2016”.

FRANCESCO SPANOAvvocato, PhD alla Scuola superiore Sant’Anna di Pisa.Da anni si occupa di diritti umani, di politiche legate al multi-culturalismo ed all’integrazione.Ha ricoperto funzioni di advisor e ruoli dirigenziali presso Isti-tuzioni internazionali e nazionali quali l’UNICRI, la Presidenzadel Consiglio dei Ministri e la Fondazione MAXXI, di cui e’statosegretario generale dal 2013 al 2015.Attualmente è consulente per gli affari giuridici e le relazioniistituzionali di Human Foundation.

ANTONIOTAORMINALaurea magistrale in Organizzazione ed Economia dello Spet-tacolo presso l’Università di Bologna. Insegna Progettazionee Gestione delle attività di Spettacolo (LM Discipline del Teatroe della Musica) presso il Dipartimento delle Arti dell’Universitàdi Bologna ed è coordinatore generale del Master in Impren-ditoria dello Spettacolo istituito dallo stesso Dipartimento. Ha svolto ruoli direttivi negli ambiti della formazione, della ri-cerca e del management, in imprese nazionali ed enti pubblicidell’area culturale. È membro del Comitato di direzione dellarivista Economia della Cultura, del Comitato Scientifico dellaFondazione Symbola, della Commissione Spettacolo di Feder-culture e del Ces.co.com del Dipartimento di Sociologia del-l’Università di Bologna.

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Territori della Cultura

FABIOVIOLACoordinatore del Master in “Engagement e Gamification De-sign” per IED Milano, docente a contratto per il “Master in Di-gital Heritage” presso la Sapienza di Roma ed il “Master inEconomia e Management dei Beni Culturali” presso Unipa-lermo, è stato tra i pionieri nel riconoscimento dei videogiochicome espressione artistica e culturale della contemporaneitàoltre che come strumento di valorizzazione museale e turistica.Nel 2016 fonda l’associazione culturale Tuomuseo, subito vin-citrice del bando Innovazione Culturale di Fondazione Cariploper sviluppare progetti di audience engagement in ambito cul-turale. Nascono le esperienze di Italytodo.it, portale che raccoglie tuttii punti di interesse culturale italiani grazie agli open data, lasala cinematografica 4D nel museo di Annibale a Tuoto e Fatherand Son, il primo caso di videogioco prodotto da un museo almondo in collaborazione con il Mann di Napoli.

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ISSN 2280-9376