Territori 28

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Periodico dell'Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Frosinone. ISSN 2284-0540. Magazine of the Architects in the Province of Frosinone (Italy) directed by Giovanni Fontana. In this issue, contributions by Giovanni Fontana, Francesco Cianfarani, Daniela Morone, Andrea Bastoni, Luca Porqueddu, Bruna Dominici, Giorgios Papaevangeliu and others. Graphic design: D'Amico Graphic Studio.

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S O M M A R I O

EDITORIALE

Le fabbriche della conoscenzaSperimentazioni nel verde Giovanni Fontana pag. 2

L’ARCHITETTURA E LA STORIA

Amleto Cataldi: architettura e scultura decorativa a Roma nel primo Novecento Francesco Cianfarani pag. 4

TESI DI LAUREA

Recupero energetico ambientale di spazi residenzialiL’ex colonia solare di Cassino Daniela Morone pag. 14

Una nuova centralità urbanaTrasformazione e riqualificazione del complesso del Centro Carni di Roma Andrea Bastoni pag. 22

ESPERIENZE DIDATTICHE

La casa e le muraII progetto della casa nella costruzione del paesaggio romano Luca Porqueddu

Bruna Dominici pag. 29

RIFLESSIONI

Luoghi della trasfigurazioneTeresa Pollidori a Corviale Giovanni Fontana pag. 36

ALTRI LINGUAGGI

Intervista ad Alvaro SizaUn incontro a margine dell’inaugurazione della mostra“Personaggi. Alvaro Siza / Linde Burkhardt” Francesco Cianfarani

Giorgios Papaevangeliu pag. 42

Quadrimestrale dell’Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Frosinone Reg. Tribunale di Viterbo n. 408 del 31/05/1994 aprile 2014 - anno XX - n. 28

In copertina: Amleto Cataldi, gruppo scultoreo “La Corsa”, 1929Direttore responsabileGiovanni FontanaComitato Scientifico RedazionaleDaniele BaldassarreLuigi BevacquaFrancesco Maria De AngelisAlessandra DigoniGiovanni FontanaWilma LaurellaStefano Manlio ManciniGiorgios PapaevangeliuMaurizio PofiAlessandro M. TarquiniMassimo TerziniResponsabile DipartimentoInformazione e ComunicazioneLaura CoppiSegreteria di redazioneAntonietta DrogheiSandro LombardiImpaginazione e graficaGiovanni D’AmicoCoordinamento pubblicitàD’Amico Graphic Studio03100 Frosinone - via Marittima, 187tel. e fax 0775.202221e-mail: [email protected] StampaTipografia Editrice Frusinate03100 Frosinone - via Tiburtina, 123

ORDINE DEGLI ARCHITETTI, PIANIFICATORI, PAESAGGISTIE CONSERVATORI DELLA PROVINCIADI FROSINONE

Presidente: Bruno Marzilli Vice Presidente: Alessandro Tarquini Segretario: Laura CoppiTesoriere: Felice D'AmicoConsiglieri: Lucilla Casinelli

Francesco Maria De Angelis Maurizio Gattabuia Valentina Gentile Debora PatriziPio Porretta

Consigliere Junior: Valeria Ciotoli

Segreteria dell’Ordine03100 Frosinone - piazzale De Matthaeis, 41Grattacielo L’Edera 14o pianotel. 0775.270995 - 0775.873517fax 0775.873517sito Internet: www.architettifrosinone.ite-mail: [email protected]: [email protected]

ISSN 2284-0540

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di Giovanni Fontana

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a fabbrica della conoscenza, pubblicatada “La scuola di Pitagora editrice”, èuna collana fondata e diretta da Carmine

Gambardella, architetto e saggista, direttoredel Dipartimento di Architettura e DisegnoIndustriale della Seconda Università di Napo-li. Il titolo scelto si lega al concetto di cono-scenza come fattore produttivo primario. Ilche la dice lunga sul taglio delle pubblicazio-ni, che di volta in volta affrontano temi e pro-blemi dell’architettura e del territorio in nettocontrasto con la scarsa lungimiranza deisostenitori dell’idea che “con la cultura non simangia”. Le potenzialità della cultura (e misembra inutile, qui, affannarsi a documentar-lo) si articolano e si sviluppano nell’economiadella conoscenza, che innegabilmente è unpilastro della produttività. L’idea portante è diguardare al futuro facendo tesoro del patri-monio culturale. Quello immateriale, in parti-colare, costituisce, come ben specificato daEnzo Rullani, la materia prima di quella spe-ciale fucina che è la “fabbrica della conoscen-za”, dove il processo produttivo elabora ilnuovo, alimentato dalle conoscenze prece-denti, che forniscono dispositivi e indicanoproblematiche, che offrono supporti metodo-logici e strumenti interpretativi. Ma, benché laconoscenza, da sempre ritenuta patrimoniocentrale dell’uomo, sia stata riconosciutacome determinante risorsa produttiva da piùdi qualche secolo, mai come ora ha sostenu-to lo sviluppo, assumendo, anche grazie aimoderni sistemi di reti, un elevato valore eco-nomico. La conoscenza è una risorsa fluida emoltiplicabile in grado, tra l’altro, di liberarequella “grande bellezza” che si pone comequalità e sostanza, materia ed energia deinostri beni culturali, tangibili e intangibili. Inquest’ultima categoria, storia e tradizioni,pensiero e gesto creativo costituiscono con-temporaneamente l’humus e lo strumentooperativo. Quando ambiente e architettura,luoghi e oggetti sono messi a sistema, per-corsi e alimentati dall’impulso di sapienza edesperienza, innervati dalle linee forza dei pro-cessi comunicativi, ecco allora che i beni cul-

turali, già frutto di conoscenza, diventano aloro volta fabbrica di conoscenza.Il numero 40 della collana è Nuovi paesaggi diMario Pisani (Napoli, 2013 - postfazione diAlessandra Sgueglia), dove è offerta una ras-segna critica di interessanti architetture cheaffrontano il rapporto natura/cultura. Abituatiallo sviluppo fuori controllo delle periferie del-le nostre città, allo squallore delle aree dis-messe, al disastro paesistico di zone ad altadensità, dove l’abusivismo edilizio ha fatto dapadrone divorando il territorio, fa piaceresapere che da qualche parte la realtà ci riser-va sorprese positive. Lì, la natura stimola lacreatività e l’intelligenza esalta la natura. Sitratta di un gioco di reciprocità sostenuto daun lato dalla funzione assegnata, dall’altra dal-le dinamiche stagionali del verde.L’autore esamina realizzazioni che dimostra-no come si possano mettere a frutto sul pia-no pratico ed estetico, ma anche produttivo,operazioni compiute nel pieno rispetto del-l’ambiente. Le opere si presentano comeecosistemi dove il verde è a servizio dell’ar-chitettura e da questa è valorizzato, secondostrategie che rappresentino un volano socio-economico e uno stimolo culturale. Si passadalla straordinaria macchina per il tempolibero del Millennium Park di Chicago, che siestende per oltre 24 ettari su una ferrovia esu immensi parcheggi, caratterizzato dal tea-tro all’aperto di Frank Gehry, al recupero del-la High Line di New York, una sopraelevataferroviaria in disuso che attraversava per 2km i quartieri ad ovest di Manhattan. Questasgradita presenza si è trasformata per i citta-dini in un insolito parco pensile a 10 metridal piano stradale.Valida operazione di recupero è anche quelladel Porto di Tel Aviv, dove è stata colta l’op-portunità per trasformare un luogo degradatoin uno spazio articolato sul contrasto tra svi-luppo pubblico e privato, in una vera e propriasfida di tipo economico, suggerendo nellostesso tempo un nuovo modo di concepire glispazi aperti di uso collettivo. Con un anda-mento flessuoso e cromaticamente accatti-

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vante, si svolge il lungomare di Benidorm, cit-tà a sud di Valencia, che nel giro di pochi de-cenni si è fortemente sviluppata, subendouna mutazione radicale, sia sul piano urbani-stico che economico. Con i suoi 270.000 abi-tanti si è trasformata, per strutture destinateal turismo e per numero di presenze, in unodei massimi poli turistici europei.Denominatori comuni dei progetti illustratisono la godibilità nel rispetto del genius loci ela libertà di linguaggio, che si esprime, tra l’al-tro, integrandosi con oggetti d’arte di fortevalenza simbolica. È il caso delle Cattedralivegetali di Giuliano Mauri o della Jueberg To-wer di Stephan Birk e Liza Heilmeyer, nellostesso tempo punto di riferimento e di osser-vazione del verde nel verde.Decisamente sperimentali, alcuni interventisuscitano meraviglia per l’assoluta originalitàdel concept. Molto curioso quello realizzato aXian, in Cina, dai Topotek 1, che sembra ma-terializzare il sogno assurdo di attraversare ilglobo terrestre da parte a parte, da Berlino aXian. L’opera si presenta come una voragine,un vuoto profondo nel terreno, simile a unavecchia tromba di grammofono ricopertad’erba. Dal buco escono i suoni della Stazio-ne Centrale di Berlino in una sorta di scherzosurreale e ironico che sembra dare sostanzareale a un’operazione impossibile. Altra cu-riosità è l’hotel-albero di Bolle Tham e MartinVidegård al circolo polare artico, una sorta dioasi per la mente, un rifugio tra gli alberi, rea-lizzato con una struttura in alluminio che siaggrappa al tronco per formare una scatolacubica rivestita da cristalli a specchio riflet-tenti il verde circostante e il cielo. Si crea, co-sì, un affascinante gioco di rimandi che annul-la la geometria del volume. Un’architetturaevanescente, addirittura invisibile. Sempre intorno a un albero si svolge la strut-tura per il gioco infantile ideata da TezukaArchitects. Una pianta, una storia, una funzio-ne. Cinquant’anni fa l’albero, investito da untifone, era quasi morto. Sopravvissuto a quel-l’evento, oggi è cresciuto in modo tale chedue adulti non riescono ad abbracciarlo. Il

suo tronco è al centro di una struttura ellitticache offre ai bambini particolari occasioni didivertimento.Natura, sperimentazione, riqualificazione, gio-co, ironia: nuova cultura del paesaggio, im-perdibili occasioni d’impresa, una buona ar-chitettura per esercizi fisici e mentali.

1. Bolle Tham e MartinVidegård, Albergosull'albero, Villaggio di Harads, Svezia.2. Topotek 1, The big dix, Xian (China).3. Stephan Birk e LizaHeilmeyer, Torrebelvedere Juberg.

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sperazione plastica dipilastri, travi, infissi,sempre più consideraticome masse indipen-denti da modellare nellospazio, ed esaltandol’espressività di questielementi attraverso lequalità fisiche dei nuovimateriali da costruzio-ne. L’impiego decorati-vo della scultura all’in-terno di uno spazio ar-chitettonico è stato cosíprogressivamente ban-dito, in nome di unapresunta capacità dellaforma architettonica dipoter fare a meno di

quell’insieme di ele-menti comunicativi tra-dizionalmente costituitidagli apparati ornamen-tali. Eppure, come han-no più volte sostenutoRobert Venturi e DeniseScott Brown, gli archi-tetti moderni, mossi dalrifiuto totale dell’orna-mento, hanno ideatoedifici essi stessi orna-mento, opere scultoreein cui la ridondanza e laspesso ingiustificata ar-

costituito nel tempo co-me una sorta di sapien-te sovrascrittura, ingrado non solo di vi-sualizzare e rimarcare lestrutture essenziali del-l’edificio, quanto di for-nire quell’insieme di in-formazioni ritenute ne-cessarie per comuni-carne al fruitore la ra-gione sociale e la desti-nazione d’uso (fig. 1).Come è noto, l’evolu-zione delle tecniche co-struttive e la conse-guente, progressiva astra-zione dei linguaggi edi-lizi tradizionali, ha por-

tato l’architettura con-temporanea ad assorbi-re interamente l’apportodelle arti figurative nellasua stessa articolazioneformale. In altre parole,a partire dal secoloscorso, il progetto diarchitettura ha progres-sivamente introiettatovalori scultorei e pittori-ci all’interno del dise-gno degli elementi co-struttivi tradizionali, la-vorando cioè sull’esa-

a scultura è una del-le possibili attività delfare umano che contri-buiscono ad elevareuna costruzione al ran-go di architettura. Dasempre, infatti, il posi-zionamento di un grup-po scultoreo o di unapparato plastico risul-ta essenziale per ladefinizione espressiva efunzionale di uno spa-zio architettonico; adesempio, per conferiremaggiore leggibilità adun nodo costruttivo,sottolineando figurati-vamente l’intersezione

delle sue componentistrutturali, oppure perdefinire le parti portantie portate su una super-ficie muraria o, piùsemplicemente, per ri-verberare le fattezze diun elemento edilizio,quali un marcapiano,un cornicione o unaparasta, ricalcandone ilprofilo. Il disegno dicorredi plastici all’inter-no di un manufatto ar-chitettonico si è così

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L ’ A R C H I T E T T U R A E L A S T O R I A

di Francesco Cianfarani

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ARCHITETTURA E SCULTURA DECORATIVA A ROMA NEL PRIMO NOVECENTO

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ticolazione spaziale sisostituivano ai simbolie ai temi decorativi tra-dizionali. Tuttavia, alle inibizionidelle più radicali ipotesirazionaliste come dellepiú esasperate autono-mie espressive, l’archi-tettura moderna italianaha risposto con nuove efeconde interpretazionidel tema che hanno rin-novato i consolidati rap-porti tra progetto di

architettura e disegnodi apparati decorativi.In particolare, le piùacute sensibilità dell’ar-chitettura italiana delsecolo scorso, da Edo-ardo Persico a Cesare

Cattaneo, da Luigi Mo-retti a Carlo Scarpa,hanno affrontato questotema con una rarissimacapacità di sintesi, spes-so assegnando agli ele-menti scultorei un ruolodecisivo nei processi difruizione di uno spazioarchitettonico.Ma oltre a citare questeisolate biografie, perun’esaustiva ricognizio-ne sull’evoluzione delrapporto tra architetturae arti plastiche nel No-vecento italiano, oc-corre necessariamentefar riferimento alla cul-tura architettonica ro-mana nel primo tren-tennio del secolo scor-so, in cui la decorazio-ne scultorea e, soprat-tutto, la statuaria hannoassunto un ruolo cen-trale. Numerose sono letestimonianze a Romadi questa felice relazio-ne, memoria e riletturadei monumenti classicie, al tempo stesso,espressione di una con-cezione, antichissimaquanto estremamenteaggiornata del manufat-to architettonico. Dalleingenue riscritture ba-rocchette di progettistisia pur diversi tra loro,come Oriolo Frezzotti,Innocenzo Sabbatini,

1. Lelio Gelli, Le TreArti, 1926, bassorilievoposto all’ingressodell’edificio inLungotevere Tor di Nona3, Roma, sede dellostudio professionale diMarcello Piacentini. 2. Domenico Filippone,Palazzina in PiazzaTrento, Roma, 1929.

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Gaetano Vinaccia, allepiù colte reinterpreta-zioni del tema dell’at-tacco al cielo compiuteda brillanti professioni-sti come Marcello Pia-

centini1, Mario De Ren-zi, Domenico Filippone(fig. 2), passando per letrascrizioni celebrativedei vari Alessandro Li-mongelli, Felice Nori,Alfio Susini, la scuolaromana di architetturaha considerato il contri-buto della scultura fon-damentale per la defini-zione dei repertori edili-zi dell’epoca. Questoaspetto, è bene ribadir-lo, caratterizza l’immagi-ne dell’architettura rap-presentativa di Statocome della più banaleedilizia cittadina, le più

rare occasioni proget-tuali come la più spon-tanea produzione collet-tiva ed inoltre, è benesottolinearlo, costitui-sce uno tra gli ingre-dienti fondamentali del-la formazione accade-mica e professionaledei futuri maestri dellacultura architettonicaromana del dopoguerra(fig. 3).Non stupisce allora co-me a questi eminentiprogettisti siano legatele biografie dei più im-portanti scultori attivinella capitale in quel

3. Mario Ridolfi,Progetto di concorso peruna palazzina in uno deinuovi quartieri di Roma,1927, prospettiva.4. Amleto Cataldi,Galatea, 1926, GalleriaComunale d’ArteModerna, Roma,particolare.5. Amleto Cataldi,Cappella funeraria per laFamiglia Fraccacreta,Cimitero di San Severo,1923.

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tempo, come AlfredoBiagini, Arturo Dazzi,Publio Morbiducci, Gio-vanni Prini, RomanoRomanelli, Attilio Selva,Attilio Torresini: artistiche, grazie anche allepiù ordinarie occasionilavorative, hanno realiz-zato una vera e propriaimmagine per la Romadi quegli anni. Tra questi protagonisti,la parabola professio-nale di Amleto Cataldi,scultore di origini cio-ciare nato nel 1882 aNapoli e prematura-mente scomparso nel1930 a Roma, può dirsiesemplare per il costan-te intrecciarsi della suavicenda umana e artisti-ca con i destini profes-sionali dei maggioriarchitetti dell’epoca.Ad oggi Amleto Cataldiresta uno degli artistiitaliani meno conosciutied indagati del secoloscorso2. Il cono d’om-bra in cui la recente cri-tica ha relegato Cataldi,nonché la sfortuna dellesue maggiori opere, inparte dimenticate nei de-positi dei musei di tutto ilmondo, non hanno spie-gazione se comparatealla fama da lui provatain vita e all’eccezionalequalità delle sue sculture.

6. Amleto Cataldi,Cappella funeraria per laFamiglia Fraccacreta,Cimitero di San Severo,1923, particolare.7. Armando Brasini,Padiglione Italiano perL’EsposizioneInternazionale di ArtiDecorative di Parigi,1925, particolare delVestibolo, sculture inbronzo Le DivinitàFluviali di AmletoCataldi, zoccolatura inmarmo di Carrara sudisegno di ArmandoBrasini.8. Salone d’Onore dellaSeconda Mostra d’ArteMarinara, Palazzo delleEsposizioni di Roma,1928, allestimento diAlessandro Limongelli,vasi decorativi di AlfredoBiagini, sculture diAmleto Cataldi.

ca3, precursore del Ri-torno all’Ordine e tra imaggiori testimoni del-la temperie Decò in Ita-lia (fig. 4), Cataldi è sta-to - occorre affermarlo

Indiscusso protagonistadelle cronache del tem-po, interlocutore privi-legiato sin dalla giovaneetà dei maggiori artistiinternazionali dell’epo-

senza troppi indugi -uno degli interpreti api-cali della scultura italia-na nel primo Novecen-to, una figura propulsi-va non solo per le artiplastiche, quanto per icampi delle arti applica-te e dell’architettura. Inparticolare, il suo in-confondibile modellato,il suo caratteristico mo-do di formare il bronzoe il marmo, sono statitra le più alte testimo-nianze del rinnovatoruolo della scultura nel-la città e, quindi, nell’ar-chitettura dell’Italia fa-

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scista. Totalmente estra-neo ai temi delle avan-guardie storiche, Catal-di per tutta la vita si èdedicato principalmentead un solo tema sculto-reo, ossia alla figuraumana, ed è attraversoquesta personalissimaricerca che l’artista haaffrontato il rapporto trascultura e architettura,segnatamente nell’ulti-ma stagione della suacarriera4. Il periodo delle commit-tenze architettonicheche si intende analizza-re in questo testo coin-cide ed è, forse al tem-

9. Amleto Cataldi,Monumento ai Finanzieriin Largo XXI Aprile,Roma, 1930, dettagliodei bronzi posti sulsecondo livello delmonumento. 10. Amleto Cataldi,Donna in corsa. statuaposta sul portale diaccesso in Via Parmaalla Seconda EsposizioneInternazionaledell’Automobile di Roma,1929. 11. Pablo Picasso, DeuxFemmes Courant Sur LaPlage, 1922, MuséeNational Picasso, Parigi.12. AlessandroLimongelli, Padiglionedel Governatorato diRoma alla Fiera diTripoli, 1929, sculturacentrale La Dea Roma di Amleto Cataldi, altresculture di AttilioTorresini.13. Marcello Piacentinicon Angelo Guazzaroni,Stadio Nazionale, Roma,1927, prospetto con lestatue degli Atleti diAmleto Cataldi,posizionate nel 1929.

po stesso, causa del-l’evoluzione stilistica del-l’artista5. La scultura diCataldi, sin dall’iniziocontrassegnata dal fe-condo incontro tra mas-sività neomichelangio-lesca e politezza clas-sica, si caratterizza sulfinire degli anni Ventiper una ricerca anacro-nistica e solitaria, di-stinta sia dall’esperien-za delle avanguardie siadai coevi artisti romaniallora operanti negliatelier di Villa StrohlFern. Le opere delloscultore ciociaro da quiin avanti perdono pro-gressivamente quellacelebre “plastica bellez-za”6 per assumere fat-tezze sproporzionate edespressioni enigmati-che (fig. 5). Due aspettifondamentali descrivo-no allora la vocazionearchitettonica della tar-da scultura di Cataldi. Ilprimo aspetto riguardala progressiva monu-mentalizzazione dellesue statue, non più ca-ratterizzate da rapportiarmonici tradizionali mada una forma spropor-zionata che cerca il pro-prio equilibrio non piùin se stessa ma in rela-zione alla forma del-l’ambiente architettoni-

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N O T E1. Marcello Piacentini è il vero perno attorno al quale si svolgeil dibattito relativo al rapporto tra architettura, arti figurative earti applicate nell’Italia di quegli anni. È infatti opera di Piacen-tini la rivista Architettura e arti decorative, fondata nel 1921,così come l’organizzazione di eventi accademici e convegni sulsistema delle arti: tra tutti, il convegno internazionale “Rappor-ti dell’architettura con le arti figurative”, tenutosi a Roma dal 25al 31 ottobre del 1936, a cui partecipano artisti di spicco del-l’epoca, tra gli altri gli stranieri Le Corbusier, Henry Matisse egli italiani Armando Brasini, Carlo Carrà, Felice Casorati, Giu-seppe Pagano, Giò Ponti, Mario Sironi. Vedi: Reale Accademiad’Italia, Fondazione Alessandro Volta: Atti dei convegni 6, Con-vegno di Arti 25-31 ottobre 1936-XIV. Tema: Rapporti dell’ar-chitettura con le arti figurative, Roma, 1937-XV.2. Amleto Cataldi nasce a Napoli, il 2 novembre 1882. Figlio diun intagliatore in legno originario di Castrocielo, si trasferiscein giovane età a Roma. Iscrittosi alla Scuola libera del nudo invia Ripetta, entra presto nel circuito delle esposizioni. Pochis-sime informazioni del suo apprendistato romano e dei primis-simi incarichi. Le cronache dell’epoca segnalano tuttavia ungiovanissimo Cataldi esporre sin dal 1904 all’Esposizione Uni-versale di Saint Louis e successivamente a Parigi, BuenosAires, Bruxelles, Monaco, Londra, Barcellona. Cataldi muore aRoma il 31 Agosto 1930. 3. A proposito, è importante citare il rapporto privilegiato che ilgiovane Cataldi ebbe con il celebre scultore francese AugusteRodin. Cataldi collaborò con Rodin disegnando per lui unabase di uno dei suoi Pensatori, da collocare nel cortile di Palaz-zo Farnese a Roma. Rodin fu inoltre uno dei più autorevoli esti-matori dell’arte di Cataldi, definita dal maestro francese, cosìcome riportato dal critico Piero Scarpa, “espressione viva maidisgiunta da ritmica armonia”. Vedi: Scarpa P., (1951), Catalo-go della mostra postuma dello scultore Amleto Cataldi nellaGalleria della Associazione Artistica Internazionale, Roma, ViaMargutta 54, Roma. 4. In realtà la prima importante committenza architettonica diCataldi coincide con la realizzazione di una delle quattro vitto-rie alate per il Ponte Vittorio Emanuele II a Roma nel 1911.Vedi: Nardini R., (1910), I gruppi decorativi per il ponte sulTevere, in “Emporium”, XXXII, 187 pp. 77-80; Lancellotti A.,(1910), Le Vittorie pel nuovo ponte V. E. A Roma, in “Empo-rium”, XXXII, 189, settembre p. 236. 5. Possiamo distinguere tre distinti momenti artistici nella bre-ve eppur ricca produzione di Cataldi. Si può individuare netta-mente una prima stagione eclettica in cui l’artista indaga i limi-ti espressivi della materia scultorea, del marmo e del bronzo,senza fare propria una precisa scelta linguistica e tecnica, unperiodo in cui Cataldi sembra guardare con interesse all’operadi Vincenzo Gemito e dei maestri napoletani del tardo Ottocen-to. A questa prima fase segue una seconda stagione creativa, apartire dalla metà degli anni ‘10, in cui Cataldi sposa totalmen-te i dettami della statuaria classica, adattandoli ai temi figurati-vi dell’alta borghesia contemporanea. In questo periodo, nel-l’arte di Cataldi assume un ruolo fondamentale la composizio-ne e la ricerca del bilanciamento perfetto dei movimenti dei sin-goli arti della figura umana. Tuttavia, differentemente dai coeviscultori attivi in Italia che propugnano il ritorno al classicismo,l’opera di Cataldi si caratterizza per una figurazione più asetti-ca, traduzione di un’idea enigmatica e ieratica dell’antico, piùconfacente alla modernità che l’artista sentiva avanzare. La ter-za ed ultima fase, consumatasi negli anni della completa matu-rità, registra la commissione di opere monumentali di grande

co che la ospita. Il se-condo aspetto è legatoall’impiego di tecnichescultoree, mai usateprecedentemente dal-l’Autore, per la stilizza-zione e la schematizza-zione dei dettagli anato-mici delle figure, al finedi favorire la percezionedi opere pensate pernon essere più viste adaltezza uomo (fig. 6).Come si relaziona dun-que questo tipo di scul-tura con lo spazio in cuiè collocata e qual è ilplusvalore offerto alprogetto architettoni-co? Da una rapida rico-gnizione delle ultimeopere di Cataldi emergechiaramente un dupliceruolo svolto dalla suascultura in rapportoall’architettura. Primo,la scultura rientra nellacomposizione dell’edifi-cio, ossia la statua ade-risce alla forma genera-le del manufatto, evi-denziandone le geome-trie e le linee di forza equindi guidandone lapercezione e la leggibili-tà; essa è altresì sinoni-mo di ornamento, ossiaordinamento e descri-zione dello scheletro tet-tonico costituente l’edi-ficio. Secondo, la scul-tura partecipa alla defi-

nizione dell’opera archi-tettonica contribuendoa veicolare all’osser-vatore concetti come ilcarattere o la destina-zione d’uso dell’edificio;in questo caso essa èsinonimo di decoro,coscienza stessa delladignità e del ruolo so-ciale del manufatto.Al primo modo di esse-re della scultura di Ca-taldi, ad esempio, ap-partengono quattro suoibronzi collocati nelpadiglione italiano perl’Esposizione interna-zionale delle arti deco-rative di Parigi nel 1925(fig. 7). Il padiglione,progettato dall’architet-to Armando Brasini7,ospitava nel saloned’ingresso quattro sta-tue di Cataldi, raffigu-ranti le Divinità fluviali,ideale prosecuzione ver-ticale delle semicolonnedel Salone d’ingresso.Nel padiglione parigino,così come in altri alle-stimenti a cui Cataldipartecipa in quegli anni,le sculture sondano lepossibilità di piegare lecertezze policletee del-l’Autore - abitualmenteespresse per le operedestinate ai circuiti gal-leristici – alla formadegli spazi monumen-

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14. Stadio Nazionale,particolare del grupposcultoreo La Corsa. 15. Stadio Nazionale,particolare dei gruppiscultorei visti dall’internodello stadio.

tali in cui queste insi-stono. Particolarmentea partire da quest’ope-ra, Cataldi comincia adistorcere inverosimil-mente i corpi delle pro-prie figure, cercandouna relazione formalecon lo spazio circostan-ze. Ripercorrendo inbreve le ultime occasio-

ni lavorative dell’artistaciociaro, dal bassorilie-vo noto come l’Italiache brucia incenso peri suoi figli, scolpito perla cappella votiva realiz-zata da Antonio Muñoznel San Francesco diCapranica8, alle statueper l’allestimento delSalone d’Onore dellaSeconda Mostra d’ArteMarinara9 (fig. 8), almonumento ai Caduti diFoggia10, si può notarefacilmente come le scul-ture si deformino consempre maggiore deci-sione, per partecipare,con la loro fisicità, allacostruzione dell’am-biente architettonico. Lefigure di Cataldi deten-gono perciò un ruolocompositivo all’internodello spazio; esse fun-gono da elementi cheesasperano la percezio-ne di alcuni particolarielementi architettonici,contribuendo a raffor-zarne la generale imma-gine del manufatto. Sot-to quest’ottica vannoperciò riletti anche i nu-merosi memoriali rea-lizzati dall’artista neglianni ‘20, tra cui, su tut-ti, il Monumento ai fi-nanzieri in Largo XXIAprile a Roma (fig. 9),opera di scarsa fortuna

critica anche perchéquasi del tutto sottova-lutata nella sua vocazio-ne urbana11. Al valore compositivodella scultura segue ilsecondo importante ar-gomento critico che l’o-pera di Cataldi permettedi sondare, ovvero lapossibilità per la scultu-ra di far comprendereall’osservatore il carat-tere di un edificio mo-derno. La statuaria vie-ne in soccorso degli ar-chitetti nel momento incui questi sembranoaver smarrito la capaci-tà di conferire ad un edi-ficio quelle qualità lin-guistiche e quella cono-scenza tipologica in gra-do di comunicare al-l’esterno la funzione delmanufatto.Sintomatico di questoaspetto è la sculturaDonna in corsa (fig. 10)che Cataldi impiega, inaccordo con l’architettoAlessandro Limongelli,per la definizione delportale di accesso inVia Parma della Secon-da Esposizione Interna-zionale dell’Automobi-le12. La statua, collocatasu una base posta incima al portale, denun-cia, già nel suo temacompositivo, la corsa e

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respiro e le collaborazioni con i più importanti architetti e arti-sti dell’epoca. Ciò conduce Cataldi alla messa a punto di unapropria inequivocabile cifra stilistica. È proprio in quest’ultimaintensa stagione progettuale che l’opera dell’artista ciociaropuò dirsi sintomatica del profondo sodalizio tra scultori edarchitetti dell’epoca.6. Vedi: Scarpa P., (1951), op. cit., p. 5. 7. Con Armando Brasini Cataldi parteciperà alla decorazionedegli ambienti interni del translatlantico Conte Biancamano,varato nel 1925. Di nuovo in collaborazione con l’architettoromano Cataldi avrà anche modo di realizzare nel 1926 il bustodella lapide in onore di Goffredo Cionni, posizionata ancoraoggi sulla facciata di un villino in Via Mangili a Roma. Per unregesto delle opere di Cataldi, si rimanda alla voce curata daSalvagnini per il dizionario biografico Saur Allgemeine Kün-stlerlexikon, aggiornamento della precedente voce del Thieme-Becker Künstler Lexikon. Vedi: Salvagnini G., (1997), s.v. Am-leto Cataldi, in: Saur, Allgemeine Künstlerlexikon, Band 17 Car-ter-Cesaretti, K. G. Saur, Munchen, Leipzig, p. 280.8. Vedi: Salvagnini G., op. cit., p. 280.9. L’allestimento del Salone d’onore è curato dall’architettoAlessandro Limongelli presso il Palazzo delle Esposizioni diRoma. Le due statue scolpite da Cataldi sono l’ideale prosecu-zione delle colonne del Salone d’ingresso. Esse sono un Nudomaschile, l’altra una Figura femminile in peplo, sistemate sualte basi marmoree quadrate. Vedi: Papini R., (1928), Crona-che romane. La mostra d’arte marinara, in “Emporium”, Vol.LXVII, n. 398, pp. 118-126. 10. Un’altra importante opera ambientale, riportata in diversiregesti di Cataldi, sembra essere stata un fregio decorativo peril Salone d’onore della Banca d’Italia di Roma nel 1928. Ariguardo, vedi: Salvagnini G., (1997), op. cit., p. 280. cfr.: Ric-coboni A., (1942), Roma nell’Arte: la scultura nell’evo moder-no; dal quattrocento ad oggi, Casa Editrice Mediterranea,Roma. Tuttavia, ad oggi di questo fregio non si hanno notiziepresso l’Archivio Storico della Banca d’Italia. 11. Qui infatti l’artista posiziona i quattro bronzi principali, ilCombattente, l’Alpino, la Scolta e il Soldato tenendo principal-mente conto delle visuali offerte dalle strade circostanti, cer-cando un possibile dialogo tra le pose delle statue, i tracciativiari e le emergenze preesistenti. Sul Monumento ai finanzie-ri, vedi: Coccia B., (2008), Le caserme storiche della Guardia diFinanza nel Lazio, Apes, Roma, pp. 131-136.12. La mostra si svolge nel 1929 presso il Palazzo delle Espo-sizioni di Roma. Di questa scultura oggi si sono perse le trac-ce ma un'altra statua di Cataldi molto simile a questa, notacome Donna che corre, può essere ammirata a Milano, pressoil Grand Hotel di Viale Manzoni.13. La scultura è nota anche con il nome di Roma Madre. Vedi:Testa V., (1929), Il Padiglione di Roma alla Fiera di Tripoli, in“Capitolium”, vol. 5, pp. 225-228. Cfr.: N. D. R., (1929), Il Padi-glione del governatorato di Roma alla fiera di Tripoli, in “Archi-tettura e Arti decorative”, vol. 11, pp. 515-520.14. Un’altra opera presente a Roma che occorre restaurare, ri-pensandone anche la posizione, è il Monumento agli studenticaduti della Sapienza, realizzato da Cataldi nel 1921 per il Cor-tile di Sant’Ivo alla Sapienza e oggi posto nella Città Universita-ria, nei pressi della facoltà di Geologia.

N.B. L’Autore intende ringraziare il prof. Giorgio Muratore, ilprof. Michele Santulli e l’arch. Francesco Sessa per aver mes-so a disposizione i loro archivi di immagini e le loro conoscen-ze relative all’opera di Amleto Cataldi.

il movimento, concettisinonimi, sin dal Futuri-smo, della macchina edell’industria automobi-listica. Ma a differenzadelle figurazioni futuri-ste, Cataldi reinterpreta iltema della corsa affi-dando alla scultura uncarattere di instabilità epesantezza, deforman-do le fattezze del corpofemminile a tal punto daconferirgli la monu-mentalità propria delleantiche menadi danzan-ti come del coevo Pi-casso dei balletti russi(fig. 11).Lo stile e la composi-zione dell’opera quindisi modellano per asse-condare il carattere del-l’edificio da decorare,soprattutto per quellecommissioni pubblicheche hanno il compito dicelebrare il nuovo statofascista. Fra le tanteopere pubbliche, anco-ra con l’architetto Ales-sandro Limongelli, lacoeva Dea Roma, po-sta sulla sommità delPadiglione del Gover-natorato di Roma a Tri-poli13, traduce al megliola natura istituzionale esolenne del manufatto,riverberandone al mas-simo grado la naturaretorica (fig. 12). Ma la

sintesi di questa ricercaè raggiunta nella mas-sima opera di Cataldi,la realizzazione degliAtleti, ovvero di quattrogruppi bronzei posticome ideale attacco alcielo dello Stadio Na-zionale di Roma (fig.13). L’incarico consistenel completare l’im-magine del nuovo fron-te dello stadio, realizza-to dall’architetto Mar-cello Piacentini nel1911 e ristrutturato daPiacentini stesso nel1927. Si tratta, ancorauna volta, come per laDonna in corsa e per laDea Roma, di idearequattro segnali urbani,ossia quattro gruppi mo-numentali pensati peressere colti da lontano edal basso verso l’alto.Sui quattro capitelli del-le semicolonne che se-gnano verticalmente ildiaframma murario diPiacentini, Cataldi ipo-tizza quattro coppie disculture, raffiguranti lediscipline che si svolgo-no abitualmente all’in-terno dello stadio: laCorsa, la Lotta, il Pugi-lato e il Calcio. Que-st’opera magistrale, co-sì come testimoniatodalle foto dell’epoca, èquindi il risultato di

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le vette di un classici-smo novecentesco cheproprio in quegli anniregistra la piena matu-razione in tutta Europa.Quest’opera, così sin-golare quanto rappre-sentativa del clima cul-

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un’attenta mediazionetra valori percettivi le-gati alla vista ravvicina-ta delle figure e visualidi ampio raggio, perce-pibili dalle strade circo-stanti. I bronzi, nitida-mente stagliati sul cie-lo romano, sono infattifacilmente osservabilidalla Via Flaminia co-me dai piedi della colli-na Parioli, rispondendoperfettamente anche alsottinsù visibile ai pie-di dalla facciata (fig.14) e alla vista internadagli spalti dello stadio(fig. 15). Ma è chiarocome il senso dellesculture sia anche ren-dere leggibile al pas-

sante distratto la fun-zione stessa del manu-fatto, il suo ruolo, altri-menti ambiguo, all’in-terno della città. Gli Atleti costituisconoil capolavoro del Cataldiscultore, il testamentoin cui è scritta l’ereditàartistica dell’Autore,ovvero la ricerca, ormaidecennale, di una tra-duzione moderna dellamitologia arcaica comedella stessa fisicità de-gli antichi. Difatti, cosìcome nel già citato uni-verso antico di PabloPicasso o di Carlo Car-rà, di Jean Cocteau o diMario Sironi, gli Atletidi Cataldi raggiungono

turale romano dell’epo-ca, testimonia un’inter-pretazione moderna maancora tutta italianadella classicità, un sen-timento del passatoambivalente in cui lacentralità del mondo

mediterraneo convivecon la consapevolezzadi una inedita margina-lità e in cui l’arcaicamonumentalità del cor-po umano coesiste conl’effimerità e l’instabili-tà dell’età industriale.

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lorizzare queste opereambientali, travalican-do la conservazione delloro mero valore og-gettuale e preservandoanche le relazioni chetali capolavori sono ingrado di detenere conil proprio contesto edi-lizio. Trovare una siste-mazione definitiva perqueste opere14 testimo-nierebbe oggi un pri-mo passo verso il ri-torno ad una concezio-ne più profonda delfare architettonico, ov-vero ad un’ipotesi dilavoro in cui i concettidi arte e ambiente con-corrono a farsi un tut-t’uno (fig. 19).

congruo riposiziona-mento di molte operedi Cataldi attualmentepresenti nella capitale;su tutte, i gruppi diAtleti che, alcuni annidopo la demolizionedello Stadio Nazionale,sono stati ubicati al-l’interno dei giardinidel Villaggio Olimpico,in una posizione cheoggi compromette to-talmente la fruizionedelle loro qualità scul-toree. Una cultura ar-chitettonica pienamen-te consapevole dellasua eredità storica do-vrebbe piuttosto farsipromotrice di progettie azioni in grado di va-

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Per questo i corpi degliAtleti perdono qualsiasiequilibrio di parti giu-stapposte, per mostrar-si come figure goffe esproporzionate (figg.16-17). Gravità, forza,precarietà, leggerezza,concetti apparentemen-te antitetici o lontani traloro, trovano qui un’i-nedita traduzione di ec-cezionale modernità.Ma forse, al di là delloro valore puramenteoggettuale, gli Atletirendono esemplare l’i-dea stessa che la cultu-ra architettonica roma-na dell’epoca avevadella decorazione: di-mensione, ancora rite-nuta adatta, per innal-zare il manufatto a stru-mento di conoscenzadel proprio intorno, mo-mento progettuale privi-legiato per creare conquest’ultimo risonanzee allusioni, memorie eprefigurazioni (fig. 18).In conclusione, l’operadi Cataldi costituisceuna tappa critica fonda-mentale per quegli stu-diosi che oggi intendo-no ricostruire un “di-verso guardare” a tuttiquei manufatti del se-colo scorso rappresen-tativi del rapporto traarchitetti ed artisti visi-

vi. Nel caso di questiesempi, scultura e ar-chitettura, ciascuna re-stando fedele ai propristatuti tradizionali, con-tribuiscono parimentialla definizione di unospazio urbano più iden-titario e relazionale. Ma, oltre a ciò, le con-siderazioni sviluppatein questo testo voglio-no sottolineare l’im-portanza e l’urgenza diuna maggiore sensibi-lità nelle opere di tute-la e restauro di questetestimonianze artisti-che. Ad esempio, allaluce di queste conside-razioni, risulta total-mente inaccettabile l’in-

16-17. Stadio Nazionale,il posizionamento deibronzi sulla facciata,1929. 18. Immagine recentedel gruppo scultoreo La Corsa dopo l'ultimorestauro del 2012.19. Giorgio de Chirico,Paesaggio romano,1922, collezione privata,New York.

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C T E S I D I L A U R E A

ricerca delle traccesmarrite per la riconfi-gurazione dell’immagi-ne della città moderna”.L’obiettivo era quello diavviare una serie diinterventi circoscritti epuntiformi, sia a livellourbano che extra-

urbano, finanziati dallaRegione Lazio ed affida-ti ad alcune importantipersonalità della culturaarchitettonica. Tra gliinterventi, il recupero eil ripristino dell’ex colo-

enni storiciLa “Colonia solare” fucostruita per volere diGiovanni Conte (S. Pie-tro Infine, 1913 – Pari-dera de Arriba - Arago-na, 1937), tenente nel 1o

Battaglione Misto d’As-salto “Frecce Azzurre”,che durante la sua car-riera volle devolvere ilsuo stipendio di ufficialeper abbellire il LiceoClassico e per realizzareuna colonia per i ragazzidi Cassino che non pote-vano permettersi una

vacanza. Nel 1936 siarruolò volontario inSpagna, dove cadde me-ritandosi una medagliad’oro al valor militare.L’edificio fu realizzatonei pressi dell’anfiteatroromano e dell’antica ViaLatina con lo scopo diospitare soprattutto figlidi operai e famigliepovere. Con lo scoppiodella Seconda GuerraMondiale e il completobombardamento dellacittà di Cassino non furisparmiato nulla, e lacolonia, così come ogni

altro edificio, venne rasaal suolo.Nel 1946 iniziarono i la-vori di ricostruzione del-la città e anche la colo-nia venne ripristinataassumendo però unanuova configurazione,completamente diversadalla prima costruzione.L’opera fu intitola-ta alla me-moriadi Alcidede Gasperi.La colonia ripresela sua funzione origina-ria fino al 1960 circa,anno in cui venne defini-tivamente chiusa e suc-

cessivamente abbando-nata. Solamente nel1994 venne promossodal comune di Cassinoun laboratorio di pro-gettazione intitolato “Unvolto per Cassino, alla

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di Daniela Morone

RECUPEROENERGETICO AMBIENTALE DI SPAZI RESIDENZIALI

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nia e dell’area pertinen-ziale da destinare a casadello studente. I lavori,iniziati nel 2000, dove-vano concludersi entroe non oltre la data del 6settembre 2005. Pur-troppo, invece, ormai dasei anni, la colonia ènuovamente in stato diabbandono: un “ecomo-stro che domina dall’al-to la vallata del Cassina-te”, ridotto a rudere.

Stato di fattoL’edificio è ubicato lun-go la SS per Montecas-

sino al Km 1,560 ed èriportato in Catasto Ur-bano al foglio n. 31,mappale n. 603.Il corpo principale del-l’edificio, a triplice ele-vazione, ha forma ret-tangolare con dimensio-ni di m 33,37 x 5,84. Ilcorpo secondario, conun piano fuori terra e unpiano seminterrato, hadimensioni di m 5,89 x13,14.Originariamente il pianoterra era destinato a re-fettorio, cucina, dispen-sa, ufficio del dirigente e

deposito. Il piano primoe il secondo erano adi-biti a camerate per dor-mitorio dei ragazzi, conservizi igienici sistematinelle parti terminali delcorpo di fabbrica.I collegamenti tra i di-versi piani avvenivanotramite una bellissima

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DI SPAZI RESIDENZIALIL’EX COLONIASOLAREDI CASSINO

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scala a forbice posizio-nata al centro dell’edifi-cio principale.

Descrizione del progettoIl progetto prevede l’in-serimento, nella partecentrale del prospettosud-ovest, di un corpocon struttura in acciaioracchiusa da una vetrata,a triplice altezza, con

funzione di buffer spacedi dimensioni al pianoterra di m 1,00 x 9,50,con parete inclinata. Nel-le parti laterali dello stes-so prospetto sono previ-ste dieci logge a moduliprefabbricati di dimen-

sioni di m 1,90 x 1,50, inposizioni sfalsate suipiani primo e secondo.Nel prospetto nord/nord-est, che sovrasta la cit-tà, è inserita una strut-tura in acciaio, con tam-ponamento di pannellicon rivestimento in le-gno, con funzione di bal-latoio e porticato al pia-no terra.Il progetto trasforma inluoghi vivibili anche glispazi abitualmente ri-tenuti solo di passaggio,come l’atrio ed il corri-doio, rendendoli luoghidi incontro e di scambio.Al piano terra sono col-locati tre alloggi per di-sabili, spazi relax e stu-dio; al piano primo, do-dici alloggi con servizi espazi comuni (cucina esoggiorno di piano); alpiano secondo altri quat-tordici alloggi, per un to-tale complessivo di ven-tinove alloggi.Al piano copertura/ter-razzo, nella parte cen-trale, in aderenza al tor-rino della scala sonoinseriti due corpi vetratiadibiti a bar ed ufficiodirigente.Nella parte terminale èaggiunto un corpo construttura in acciaio, inte-ramente vetrato, destina-to a contenere l’ascen-

Università degli Studidi Roma “La Sapienza”Prima Facoltà diArchitettura L. QuaroniTesi di laurea Relatore: prof. Salvatore Dierna

Rilievo - stato di fatto,prospetto: sud-ovest,nord-ovest, sud-est e nord-est.Nella pagina a fianco,progetto: pianta pianoterra, sezione e prospettosud-ovest.A pag. 14-15, progetto:planimetria generale ee vista tridimensionalesulla parete nord-est.

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sore; in aderenza è col-locata la scala di sicu-rezza esterna in acciaio.Lo spazio esterno, orga-nizzato con particolareattenzione, è dotato diattrezzature per il tempolibero e per attività ma-nuali a diretto contattocon la natura (orti, colti-vazione, ecc.).

ObiettiviLa finalità del progettoè quella di restituire al-la città di Cassino l’edi-ficio nella sua interezzae funzionalità, mante-nendo la destinazionedi tipo collettivo conl’obiettivo di realizza-re un “Ostello dellagioventù ed albergoestivo” e di riqualificare

Progetto, sezione,“baffer space”, pareteventilata conrivestimento in pannelliAbet laminati.In alto, vistatridimensionale del“buffer space”: ungrande ambiente serrasull’atrio, con la duplicefunzione di produzione di energia da fontesolare in inverno e dispazio tampone per la riduzione delladispersione termica verso l’esterno.Nella pagina a fianco,progetto: pianta dellacopertura, sezioni e prospetto nord-est.

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zione acqua calda sani-taria e riscaldamentocon pannelli radianti apavimento. Particolare attenzione èrivolta allo studio delsoleggiamento e dellaventilazione naturale, alfine di contenere al mi-nimo i valori di surri-scaldamento.

Le caratteristiche tecni-che e prestazionali delprogetto sono impostatecon i seguenti requisiti:- Contenimento energe-tico;- Recupero acque pio-vane;- Produzione energiaelettrica da fotovoltaico;- Geotermico per produ-

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l’area dalpunto di vi-sta ambien-tale; ma nello

stesso tempotenta di dare una rispo-sta al problema dellacarenza di strutture resi-denziali per gli studentiche frequentano l’Uni-versità di Cassino.

Esploso con l’abaco deimateriali e i camini diaerazione, in basso i prospetti ambientati.

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Sezione: tetto giardino,parete in pannelliprefabbricati, pareteventilata conrivestimento in legno.Viste tridimensionalidell’esterno e degliinterni.

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I nquadramento

territorialeL’ambito urbano di rife-rimento, collocato traquartieri ad alta densitàcome Tor Sapienza, Col-li Anieni, Quarticciolo,Centocelle, presenta unaforte vocazione a svol-gere il ruolo di CentralitàUrbana e ad accoglierel’insediamento di servizidi eccellenza e indurreprocessi di riqualifica-zione su dimensione lo-cale nei quartieri limitro-fi, caratterizzati da pro-fonde differenze riguar-

do all’epoca di realizza-zione, alla morfologiaurbana e ai caratteri so-ciali. Il sistema insedia-tivo di questo settoreurbano si presenta di-versificato e frammenta-

to. Le ragioni della con-figurazione sono da im-putare ad uno sviluppodel tessuto urbano che,nel tempo, si è andatoconsolidando per parti,secondo logiche auto-

nome, lasciando un am-pio vuoto fra il tessutopiù compatto della cittàconsolidata e quello pe-riferico più rarefatto.L’idea progettuale na-sce dall’intento di unire

di Andrea Bastoni

T E S I D I L A U R E A

UNA NUOVACENTRALITÀ URBANA

TRASFORMAZIONE E RIQUALIFICAZIONE DEL COMPLESSO DEL CENTRO CARNI DI ROMA

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la nuova centralità allepreesistenze, prolun-gandone i tracciati edeterminando un dise-gno solido e compattoche aggiunge qualitàurbana all’area. Questa

unità e compattezzaviene, però, arrestatadall’apertura di un conovisivo (completamenteverde) e di un terzoasse, che interromponoil legame con le preesi-

L’idea progettuale nascedall’intento di unire la nuova centralità allepreesistenze,prolungandone i tracciatie determinando undisegno solido ecompatto per aggiungequalità urbana all’areadi interesse.

Università degli Studidi Roma “La Sapienza”Facoltà di Architettura“Valle Giulia”Tesi di laurea Relatore: prof. arch.Franco Purini

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stenze venendo a de-terminare due momentiurbani differenti, carat-terizzati dalla torre(elemento simbolico diriconoscibilità ed iden-tità del quartiere) e dal-

la residenza universita-ria. La proposta è fina-lizzata alla ridefinizionedi una identità locale eal miglioramento dellaqualità di vita nei quar-tieri, generando luoghi

che costituiscano iltessuto connettivo del-la vita collettiva, attra-verso la nascita di piaz-ze, verde, residenze,viabilità e servizi utilialla società.

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Il tema progettuale èincentrato sul rapportodialettico tra poeticadell’unità e poetica delframmento.

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La residenza universitariaIl tema progettuale èincentrato sul rapportodialettico e di contraddi-zione tra poetica del-l’unità e poetica delframmento. Il volumedell’edificio, nel suo im-pianto a corte, si pre-senta come un bloccounitario, fortemente com-

patto. Tale apparentesolidità viene sovvertitada frammenti che inne-standosi nell’impianto,con cesure improvvise,ne corrodono l’integrità,trasformando la corteda luogo e spazio chiu-so ed introverso a spa-zio aperto e permeabile.Tali frammenti, però, ri-spettano il margine o

recinto della corte, sen-za stravolgerlo comple-tamente, essendo sola-mente elementi destrut-turanti che non si pon-gono come protagonistidella composizione, masi limitano ad introdurreun certo disequilibriocalcolato. Quindi la scel-ta compositiva è dimantenere vivo il tipo

La compattezza delblocco unitario èsovvertita da cesure chene corrodono l’integrità.

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Attraverso questo pro-cedimento le piazzeinterne danno l’idea diavere l’attuale confor-mazione a seguito didiverse stratificazionitemporali.

no origine ad una auto-stratificazione che con-ferisce alla composi-zione architettonica ca-rattere narrativo ed unaelevata complessità ar-chitettonica degli spazi.

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abitativo a corte, che sibasa sul gesto elemen-tare di appropriazionedello spazio attraverso iltracciamento di un re-cinto protettivo. Inoltre, i frammenti dan-

La composizione adottail tipo abitativo a corte.Il recinto protettivo ne caratterizza lo spaziointerno.

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a alcuni anni all’interno del corso di Architettura e Composizione Archi-tettonica 1, tenuto dalla professoressa Elisabetta Collenza nella Facoltà di inge-gneria di Roma “Sapienza”, il progetto di una casa unifamiliare diviene occasio-ne per impostare un dibattito più ampio, che parte dalle ricerche intraprese daidiversi tutor coinvolti attivamente nel processo formativo degli studenti. Noi stes-si, come tutor, all’interno di questo corso accompagniamo un gruppo ristretto distudenti verso l’elaborazione di un progetto; ogni anno ponendoci il problema dicome sviluppare eventuali (pre)disposizioni alla composizione, di come stimola-re la pulsione creativa, di come scampare alla pigrizia dell’ingenuità. Questionialle quali gli stessi studenti sono chiamati a dare risposta definendo la forma delprogetto come previsione costruita, come pratica di esclusione di infinite ed equi-valenti possibilità, come occasione di costante ri-costruzione di acquisite perce-zioni della realtà. Domande da attraversare, quelle poste dal progetto, perché por-tatrici di significati e strumenti utili all’interpretazione della realtà, per la trasfor-mazione del già esistente. “Scontro con la realtà” e “idea”, coppia di termini che

E S P E R I E N Z E D I D A T T I C H E

LA CASA E LE MURAIL PROGETTO DELLA CASA NELLA COSTRUZIONE

DEL PAESAGGIO ROMANO

D di Luca Porqueddu e Bruna Dominici

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del progetto fondano lepremesse, si pongonoalla base della crescitadello “studente progetti-sta”. Da tale connubio,infatti derivano la diffe-renza di potenziale e larelativa energia utili adavvicinare il presente alfuturo. Compito della di-dattica è pertanto quellodi aiutare lo studente anon disperdere questapreziosa risorsa, a do-sarne la quantità di rila-scio e ad indirizzarne lapropagazione, per pre-servare la tensione ori-ginata dall’idea. Il pro-getto, in questosenso, si avvaledella costante co-struzione di limi-ti, di impedimen-ti, di argini atti adelimitare, inca-nalare, concen-trare elementi pre-disposti alla re-golazione dei flus-si, per il conteni-mento delle spin-te. Una vera epropria azione diascolto della real-tà, della quale ilprogettista intercetta ne-cessità, ostacoli e pos-sibilità.Da questa riflessione sulfondamento del conte-nere, sul limitare fisico e

su quello circoscritto alcampo del pensiero,deriva la scelta di porregli studenti a strettocontatto con le MuraAureliane, nel tratto

compreso tra la Pirami-de Cestia e il Tevere. LeMura, infatti, nel mo-mento in cui vengonoscelte come luogo dellatrasformazione, costi-

tuiscono un limite pree-sistente, dal caratterefortemente progettuale.Programmaticamente as-sertive, ma al tempostesso aperte ai nume-

Progetto di unaresidenza unifamiliarelungo le Mura Aureliane.Proposte degli studenti:Elena Sofia Chelli,Flavio Bellone, MarcoBelenchia, FrancescaBianchi, MicheleBattaglia, BenedettaBaruzzi. Tutor: Bruna Dominici,Luca Porqueddu.Parallelismo tra ipaesaggi delle MuraAureliane e le proposteprogettuali.A pag. 29, le MuraAureliane a piazza Fiume(foto degli autori).

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LA C

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MUR

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GLOB

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rosi racconti sedimenta-ti nella loro forma fisica,le Mura dividono la real-tà geografica in un inter-no e un esterno, defi-nendo l’insieme di ap-partenenze attraversol’imposizione di una di-stanza dal circostante,dal tutto ciò che è fuori.Metafora del progetto,rappresentano il limitefisico da indagare me-diante la costruzione dinuove forme e relazioni;definiscono il campodelle scelte, degli schie-ramenti, degli adatta-menti, degli scontri.Uno specchio nel qualelo studente visiona emisura i suoi movimen-ti, le sue mosse; in cuiverifica le strategie.Ma questo primo pro-gramma di intenzioni,d’altro canto, ricercanelle mura il supportoper definire nuove confi-gurazioni progettuali,per cogliere suggeri-menti tematici dalla se-colare storia del lorotracciato.L’ambito dell’esperienzadidattica si allarga dun-que al confronto con iltempo, con la succes-sione delle tecniche edelle forme di cui essosi popola e si sostanzia;ma non nel timore di

Progetto di unaresidenza unifamiliarelungo le Mura Aureliane.Studente Elena SofiaChelli, tutor BrunaDominici, LucaPorqueddu. “Inglobare”,piante dei vari livelli,prospetti e sezioni.

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un’impari battaglia tra ilpresente e il passato, incui il primo inibisce leproprie ambizioni sottola pressione ponderaledel secondo, bensì con-vinti che la pratica pro-gettuale possa costruireun valido sviluppo dellastoria, lasciando spazioalla ricerca del nuovo.Questa liberazione con-sente al progetto e aglistudenti di metabolizza-re il passato attraverso ilfiltro critico del presen-

te, per verificarne ericonfermarne (o negar-ne), volta per volta, ilvalore. Come un distilla-to della realtà, che portaa riflettere sui processi,sulle strategie, sullecause alla base dellescelte compositive erelazionali, il progettorivela i suoi elementi pri-mari, cardinali, destinatialla costruzione dellalunga durata. Nel farequesto le esperienzeprogettuali individuano

strategie relazionali chesostanziano l’azione tra-sformativa, ne diventa-no il “tema”, il limite checonferisce senso allascelta configurazionale.Temi che come affer-ma Franco Purini sonospesso contenuti nellastoria, ma che chiedonocaparbiamente una loroespressione vitale nellaricerca di nuove forme.Si circoscrive così l’am-bito problematico attor-no al quale incentrare ilprogetto della casa co-me ri-disegno delle Mu-ra. Progetto del conte-sto, non solo dell’ogget-to, che delle Mura sfrut-ta l’estensione per allar-gare il proprio raggiod’azione alla città. Au-menta così la consape-volezza dello studentenel considerare il proprioruolo di futuro pianifica-tore fondato sulla capa-cità di integrare diversilivelli della realtà, annul-lando i limiti scalari chesolitamente isolano ilprogetto dell’oggetto sin-golo. Centro di questaesperienza didattica è laricerca dei significati delprogetto attraverso lacostruzione di relazionitra le sue parti, e tra ilsuo insieme e la realtà.Significati che emergonoda un confronto dialetti-co tra il progetto e il cir-costante e dalle succes-sive esclusioni da cuiprende forma l’unica, manon la sola possibile,soluzione: quella cheambisce alla condizionemateriale.

Tema del corso è dun-que la progettazione diuna casa unifamiliare,che con le Mura com-ponga una realtà signifi-cante, nel completare enell’alterare l’equilibriodella preesistenza.Interpretando tale pro-gramma, le risposte ela-borate dagli studenti,vengono sedimentate eraccolte a definire diver-si “progetti”: progetto di“innesto”, progetto di“stratificazione”, pro-getto di “traguardamen-to”, progetto di “delimi-tazione”, progetto di“passaggio”, progetto di“argine”, progetto di“inclusione”, progetto di“nascondimento”, pro-getto di “autonomia”.Progetti che nascono dauna questione essenzia-le: quale relazione puòesistere tra la casa e leMura? E quale configu-razione può rappresen-tare al meglio la naturaespressiva di una talenecessità di rapporto?Due domande connessee dalle risposte logica-mente consequenziali.Da un lato esiste, infatti,la necessità di identifi-care un tema nell’intui-zione o nella costruzio-ne di una relazionesignificativa tra esisten-te e potenziale; dall’altroemerge la volontà dideclinare tale nucleotematico in uno specifi-co insieme di scelte, for-mali, funzionali, costrut-tive, che ne garantisca-no l’efficacia espressivae informativa. Un per-

Le Mura Aureliane,superfetazioniresidenziali, via di PortaTiburtina (foto degliautori).A pag. 34, Le MuraAureliane, torrioneabitato, Corso d’Italia(foto degli autori).

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Progetto di unaresidenza unifamiliarelungo le Mura Aureliane.Studente FrancescaBianchi, tutor BrunaDominici, LucaPorqueddu. “Attraversare”,piante dei vari livelli,prospetti e sezioni.

corso, questo, che legail significato del proget-to di architettura all’indi-viduazione di elementisignificanti, alla scelta ealla selezione, e alla de-finizione dei nessi rela-zionali che permettonoai vari elementi di unirsiin una nuova configura-zione. I lavori frutto del labora-torio sono, dunque, larappresentazione dellepossibili riflessioni esoluzioni al primario du-plice quesito. Quesitoche diviene unitario nel-l’obiettivo ultimo di rag-giungere la nuova con-dizione abitativa. Perciòogni studente, nell’in-staurare una specificarelazione con le Mura,costruisce criticamenteil proprio bagaglio stru-mentale direttamentesul campo, sperimentae consolida le proprieidee e i propri strumen-ti. È il momento proget-tuale in sé a stabilire lenecessità di attacco e didifesa del progettista e adefinire la forma delprogetto come tracciatangibile e misurabile diuna successione conti-nua di scontri, una par-titura delle strategie edelle scelte. Alcuni studenti, nel loro

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lavoro, cercano un’alle-anza tra progetto e ar-chitettura delle Mura,configurando uno spa-zio delimitato, interno,concluso, che ha comepriorità l’isolamento e lariflessione; c’è chi, inve-ce, si distanzia fisica-mente e concettualmen-te dall’antica preesisten-za, per sondare l’effica-cia di un discorso fon-dato su divergenze in-conciliabili. L’azione del “contene-re”, quella più propriadelle Mura, in talunicasi viene esaltata dalconfronto tra tessutoresidenziale minuto edimensione gigante del-le Mura; mentre in altreproposte è la forma del-l’abitare a subire unadilatazione per fronteg-giarne la presenza. Ca-pita che la casa si possasovrapporre alle fortifi-cazioni Aureliane pertrasformare la residen-za in una loro naturalestratificazione storica,una loro prosecuzioneartificiale; oppure cheessa si innalzi per supe-rare il limite visivo. Del-le stesse Mura un pro-getto identifica la de-bolezza di una fessura,di una porta, di un at-traversamento, trasfor-

mando quella mancan-za in occasione di pas-saggio, per cui la casa èla porta, è elementodistintivo che trova nel-la discontinuità dellasuperficie un’occasionedi continuità. Un pro-getto addirittura acqui-sisce il nascondimentooperato dalle Mura co-me tratto distintivo, ce-lando esso stesso lavisione di una porzionedel tracciato aureliano.Il lavoro del laboratorioha trovato ulterioreevoluzione in una cam-pagna fotografica fina-lizzata ad intercettareed evidenziare quei mo-menti in cui il rapportotra la casa e le Mura si

arricchisce di valenzetematiche e didattiche,a mostrare logiche direlazione, spesso spon-tanee, tra il manufattoresidenziale e naturaurbana delle Mura.Un’operazione che, aposteriori, riscopre mol-te delle strategie adot-tate dagli studenti nelloro tentativo di instau-rare un dialogo con lapreesistenza e di inter-pretare le potenzialità disviluppo del rapportoMura città in chiavecontemporanea. Dallasuccessione degli scat-ti le Mura appaionocome il luogo sul qualeil vivere urbano sedi-menta le tracce dello

scorrere del tempo,degli usi, quelle dettatedal necessario adatta-mento alla realtà chemutando trasforma isignificati degli oggettie delle architetture. Ilriquadro grafico dellafotografia costringe co-lui che guarda a con-centrare la propria at-tenzione su una porzio-ne della realtà, senzalasciare la possibilità diuna sua alterazione adopera del circostante. Iproblemi, o meglio, itemi, vengono indivi-duati, isolati, distillati,per trovare nuova for-ma e attualità ideativa.A partire da questacapacità di identificare

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Progetto di unaresidenza unifamiliarelungo le Mura Aureliane.Studente Flavio Bellone,tutor Bruna Dominici,Luca Porqueddu.“Delimitare”, piante dei vari livelli e sezioni.

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Enodi centrali nella co-struzione di una rela-zione critica tra didatti-ca della “Composizio-ne” e trasformazionedella realtà, parte deiprogetti e degli scattifotografici ha trovatouna prima occasione diconfronto durate il con-vegno “Verso il Proget-to. L’insegnamento del-la Composizione Archi-tettonica nelle Facoltàdi Ingegneria Edile eArchitettura”. Occasio-ne che ha coinvolto do-centi delle facoltà diArchitettura e di Inge-gneria per discutere at-torno alle principaliquestioni legate alla di-dattica del progetto. Lagiornata di studi, orga-nizzata dalla facoltà diIngegneria dellla “Sa-pienza”, alla quale han-no partecipato, oltre adElisabetta Collenza, pro-motrice dell’incontro,Franco Purini, Paolo Ca-vallari, Maria Argenti,Ruggero Lenci, AldoBenedetti, ha riservato aquesti lavori uno spazioespositivo all’interno del-la mostra dedicata al-l’attività del corso diComposizione Architet-tonica e una successivariflessione al momentodel dibattito.

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famosa Unità d’abitazio-ne concepita da Le Cor-busier tra il 1947 e il1952, anche se Fiorenti-no ha sempre tenuto aspecificare la distanzatra questa concezionearchitettonica e quellache ha guidato il suoprogetto romano. Men-tre l’intervento di Marsi-glia nasce come unità ri-proponibile, come “mac-china dell’abitare” orien-tata alla produzione inserie, quello di Fiorenti-no è progettato in stret-ta relazione con il luogo.Lo stesso architettoscrive: «In questo senso[…] va sventato subitol’equivoco che il Corvia-le sia qualcosa come

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l centro di un dibat-tito molto serrato, che siè protratto per decenni,a partire dai primi annisettanta, Bruno Zevi,talvolta schivando attac-chi durissimi, ha volutosempre difendere l’in-tervento di Corviale, ilprogetto di Mario Fio-rentino, che si inserivanel filone delle macro-strutture, dell’architettu-ra a “grande dimensio-ne” che in quegli anniguadagnava largo con-senso. Era il momentoin cui gli architetti cer-cavano di confrontarsidirettamente con leragioni socio-economi-che e politiche che inve-stivano una realtà pienadi contraddizioni e ditensioni. Lo spirito eraquello che ispirava loZen di Vittorio Gregotti

a Palermo, le Vele diFranz Di Salvo a Secon-digliano, gli interventi diGiancarlo De Carlo aTerni o il Gallaratese diAymonino e Rossi aMilano. Ma le radici diquesta operazione sonoda rintracciare soprat-tutto a Marsiglia, nella

R I F L E S S I O N I

A viale nasce come ununicum per quel sito eper questa città diRoma». In realtà più diun elemento accomunale due realizzazioni e iloro destini. Da una par-te la tensione utopica,dall’altra le difficoltà digestione di queste gran-di strutture, delle quali èfacile perdere il control-lo e nelle quali è facileperdersi.Visioni ideologiche epoetiche, sia pure di-stanti tra loro, favoriva-no il superamento dellazonizzazione, promuo-vendo un tipo di cittànuova, che potesse su-perare, se non altro sulpiano dell’immagine, il di-

lagare a macchia d’oliodelle caotiche periferieurbane. Il fatto è che,sia nell’uno sia nell’altrocaso, aspetti inquietantihanno contribuito a te-nere vive le discussioni.Se l’unità d’abitazione diMarsiglia era percorsanei suoi corridoi semi-

un’unità di abitazione.Corviale si pone proprioal contrario dell’unità diabitazione, che è statapensata come elementoripetitivo, come un ele-mento che viene studia-to nella sua complessitàe funzionalità e puòessere ripetuto. Il Cor-

di Giovanni Fontana

LUOGHIDELLATERESA POLLIDORI A CORVIALE

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donato in preda ad abu-sivi disperati. Insomma: in un chilo-metro di acciaio e ce-mento, una folla di per-sonaggi, migliaia di sto-rie variamente intrec-ciate, dislocate in 1200appartamenti dispostisu nove piani, ma spes-

bui da studenti con latesta piena di sogni e ilsuo giardino pensile erameta di sparuti turisti, ilquarto piano di Corvia-le, che doveva costituireil polmone pulsante delcomplesso, con i suoiservizi e i suoi centricommerciali, era abban-

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so anche ritagliate nel-l’isolamento più asso-luto e drammatico neipochi metri cubi di unsingolo alloggio. Le uto-pie sociali espresse insede progettuale nonriuscivano purtroppo adincontrare le aspirazionidegli abitanti, anche se

in realtà le premesseteoriche erano traditesolo dall’incapacità de-gli amministratori: ope-re incompiute, ritardi,difetti di assegnazione,discrasie funzionali, ca-renze infrastrutturali,cattiva gestione, ma so-prattutto mancanza diuna visione prospetticalungimirante. Non rarain questa nostra Italia.Teresa Pollidori scegliel’edificio come oggettod’indagine per questosuo libro di immagini,che però non vorreidefinire tout court foto-grafico. Mi sembra, in-fatti, doveroso conside-rare nel complesso ilvalore più ampio del-l’operazione estetica.Direi che si tratta di unvero e proprio librod’artista in cui la se-quenza degli scatti èintercalata a pagine cro-maticamente caratteriz-zate che ospitano unascelta di sentenze d’au-tore. A sollecitare Tere-sa Pollidori ci sono ra-gioni diverse: estetiche,socio-politiche, cultura-li. In effetti, Corvialerappresenta, nel bene enel male, un segno mol-to forte, certamentecoinvolgente. E per que-sto motivo ha suscitato

TRASFIGURAZIONE

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38 TERRITORI

Teresa Pollidori sceglieCorviale come oggettod’indagine per un libro di immagini pubblicatoda Gangemi editore.

più volte l’interesse diartisti, letterati, filmaker.Ma per Teresa ha agitoanche il dato biografico,che ha favorito la perce-zione dell’edificio inchiave diacronica, ren-dendone più chiara eviva la dimensione esi-stenziale dei suoi abi-tanti. L’insediamento ma-terializza un pezzo distoria sociale e si ponecome simbolo dell’uto-pia novecentesca, chesulla scia del razionali-smo, puntava alla ma-crostruttura nel tentati-vo di fondere urbani-stica e architettura, con-trastando la speculazio-ne edilizia dilagante,favorendo istanze de-mocratiche, operandouna forte concentrazio-ne degli investimenti,con interessanti risvoltieconomici finalizzati alrisparmio delle risorse

(Zevi parlò di “urbatet-tura”); ma, soprattutto,questo oggetto sui ge-neris riesce ad convo-gliare input straordina-ri sull’immaginario perla sua scala e la sua ec-cezionalità, accenden-do la curiosità dell’arti-sta e alimentandone lacreatività.Anche se per anni que-sto enorme contenitoreè stato considerato luo-go inospitale, macchinaalienante, attaccato dadestra e da manca, ad-dirittura sotto minacciadi demolizione e ridico-lizzato dai media, perfi-no oggetto di leggendemetropolitane che vole-vano che per la suamole fosse responsabiledel blocco del ponenti-no romano, resta uncoraggioso esempio diarchitettura sociale, pie-namente coinvolgentedal punto di vista cultu-rale, anche se traditodalla stessa committen-za. Oggi all’abbandonoe al degrado si vannosostituendo, finalmente,interventi di recuperosotto la spinta di unaenergia vitale che puntaprincipalmente alla ri-qualificazione civile, gra-zie alle iniziative di sva-riati gruppi di giovani e

di operatori culturali, trai quali certamente unruolo importante è statosvolto dalla stessa Tere-sa Pollidori. Come inse-gnante nella localescuola media, l’artista ètestimone, per una deci-na di anni, delle difficol-tà degli abitanti del“Serpentone”. Ne os-serva il funzionamento ene coglie i significati piùsottili. A proposito diquella esperienza, fon-damentale per questaoperazione artistica, so-no interessanti le suetestimonianze: “Un po’per eccesso di malevo-lenza dell’opinione pub-blica e un po’ per unarealtà obiettiva questagrossa costruzione ve-niva vissuta come unlager in cui erano statiraccolti tutti i disperatidella città: sfrattati, di-soccupati, emarginatidelle varie periferie ro-mane”. Sulla scia dellasua forte esperienza divita Teresa imbastisceun discorso figurale suquella realtà, ma indu-giando più sulle formeche sui contenuti socia-li, di cui però si percepi-scono chiaramente gliechi. L’artista, infatti,seleziona le immagininell’intento di trasfigu-

rare gli spazi architet-tonici, facendo leva supochi ma efficaci ac-corgimenti tecnici, tra iquali l’elaborazione delcolore. Ma gli elementiche più contano nellasua opera sono il tagliodel fotogramma e lascelta della luce, chenell’inquadratura svolgeun ruolo strutturale,specialmente quando,attraverso forti contra-sti, individua nervaturein silhouette o, al con-trario, segna le strutturecon bianchi abbacinanti.Teresa Pollidori riduce itoni medi ed assegna lamassima importanza al-le luci e alle ombreestreme, che entrano ingioco con la medesimadignità espressiva. Insintonia con questomodus operandi, in unapagina del libro si sta-glia una massima diOtto Ludwig che attri-buisce pari valore alleluci e alle ombre. Luci eombre che segnano lefasi di un percorsoesplorativo alla ricercadi dettagli che offranopretesti per scelte diforma.Più che l’architettura insé (progetto, funzione eideologia), sembra che aTeresa Pollidori interes-

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sino i suggerimenti pla-stici che da essa deriva-no (articolazioni forma-li). La sua, infatti, non èfoto di architettura insenso tecnico. E del re-sto non appare nemme-no come fotografia didocumentazione a carat-tere sociologico, di ta-glio giornalistico, perintenderci, anche se ilcontesto avrebbe certa-mente offerto numerosi

spunti, potendo osser-vare le dinamiche delle7000 persone che abita-no nel complesso. Leimmagini non dannospazio a figure umane,se non in una rara ecce-zione, dove tre persone,che si percepiscono dispalle, vanno a perdersiin una luce abbaglianteconcentrata in riquadrolaterale, lasciandosi die-tro un ampio spazio

buio. Qui ciò che apparestrano è che tale riqua-dro illuminato, forseproprio per il suo inten-so bagliore, estrema-mente aggressivo, èmeno rassicurante delbuio che si distendeampio sulla maggiorparte del fotogramma eche, generalmente, nellesimbologie correnti, èsegnale di mistero e diincertezze. Il fatto è chequi sembra che le figureseguano un percorsoche le conduce ad unavera e propria sublima-zione; procedono versouna sorta di disintegra-zione nell’impatto con laluce. Una luce, pertanto,che rapisce, che disgre-ga in atomi i corpi. Men-tre lo spazio oscuro, percontro, esprime tutto ilsuo spessore protettivo,vagamente umido, quasifosse un geometricosacco amniotico. Certo,si tratta di impressioni,che in questa dimensio-ne assumono un’inver-sione di segno rispetto algiudizio negativo che diCorviale molti hanno vo-luto dare. Questa im-magine, infatti, si fa em-blematica della tendenzaal rinnovamento in atto,privilegiando la “nuova”certezza dell’interno al-

l’incertezza dell’esterno,la ritrovata sicurezzadello spazio chiuso con-tro l’insicurezza dellavita quotidiana fuori dal-le mura, quasi Corvialefosse una rocca di dife-sa della comunità inse-diata, finalmente padro-na di una dimensione divita riconquistata dopostrenue battaglie. Quan-do questa gente fu con-vogliata nel “Serpento-ne” (così viene ironica-mente denominato l’edi-ficio), ci ricorda TeresaPollidori, era priva diqualsiasi organizzazionesociale. “Non c’era postodi polizia, nessun ambu-latorio medico, nessunesercizio commerciale enessun mezzo di tra-sporto pubblico, nonfunzionavano gli ascen-sori, la corrente venivarubata. Il famoso quartopiano, destinato nel pro-getto all’organizzazionedelle varie attività socia-li, fu preso d’assalto daisenza tetto e definitiva-mente occupato. Se maiin questo complesso cifosse stato qualchebuon aspetto dal puntodi vista architettonico edurbanistico, tutto si tra-sformò ben presto inuna sommatoria di ca-ratteristiche negative. In

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gini, notiamo che la se-quenza proposta nellibro svela solo sul fina-le l’ambito architettoni-co di cui si sta trattan-do. Teresa Pollidori, purdichiarando il tema neltitolo, solo alla fine apreil campo lambendo unadelle facciate del “Ser-pentone”, con prospet-tiva esasperata che ren-de immediatamente ri-conoscibile l’edificio.Tutto ciò che precede èun gioco di dettagli, chepassano per lo più permomenti che cedonoalla dimensione astrat-ta, preferendo l’eviden-ziazione di linee, super-fici, volumi, luci e om-bre, presi per quello cherappresentano di per sé,rinunciando a qualsiasielemento dichiarativo,narrativo, e concedendosolo rare sottolineaturedi tipo socio-culturale,

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Corviale materializza un pezzo di storia socialee si pone come simbolodell’utopia novecentesca,che sulla scia delrazionalismo, puntavaalla macrostruttura nel tentativo di fondereurbanistica earchitettura.A sollecitare TeresaPollidori hannocontribuito ragionidiverse: estetiche, socio-politiche, culturali.

un covo di ladri e spac-ciatori, le famiglie nor-mali si ritrovarono pri-gioniere nelle proprieabitazioni e uscivanosolo di giorno per po-tersi approvvigionaredell’essenziale per vive-re”. Un quadro dram-matico che oggi sembrafinalmente solo un brut-to ricordo. Una delle

massime scelte percontrappuntare le im-magini (quella di JohnTyndall) recita: “noi ve-diamo nella materia, finqui coperta di obbro-brio, la promessa e lapotenza d’ogni forma equalità di vita”. Unachiara allusione e unaconcreta speranza.Ma tornando alle imma-

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come per esempio ipanni stesi nell’ultimofotogramma o i graffiti ole cassette della posta: iltutto immerso in undrammatico silenzio. Sitratta di trasfigurazioniche, però, non rinuncia-no a sottendere un valo-re allegorico.Intriganti, i giochi dellenervature metalliche incontroluce richiamanoatmosfere costruttivi-ste, mentre i setti incemento armato, ripre-si con prospettive dalbasso e sottolineati daluci violente che neesaltano gli spigoli,evocano certi bozzettidi scena del bragaglia-no “Teatro degli Indi-pendenti”, individuan-do, così, anche le sug-gestioni scenografichedi un assurdo teatrodell’assenza. Trasfigu-razioni in senso assolu-to che, però, non esclu-dono i termini proble-matici del soggetto inesame.Ma c’è anche un che disacro in alcune di que-ste immagini, deman-dato alla scelta pro-spettica dal basso e acerti tagli di luce nellosfondo oscuro, chesembrano alludere alle

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strette finestre delleromaniche “fortezze diDio”. In altre immaginisi rivela maggiormenteil gusto per la composi-zione volumetrica, esal-tato dal trattamento“brutalista” delle super-fici del calcestruzzo.Inquietanti, invece, al-cune rappresentazionidei passaggi porticati,che vivono l’ambiguitàdel loro status funzio-nale. Forse, però, il mo-mento di maggioreinteresse si svela quan-do la teoria dei vani dipassaggio, infilati l’unonell’altro in lunghis-sima prospettiva, sischiaccia sul piano ac-consentendo a una per-cezione bidimensiona-le, che richiama soprat-tutto nozioni astratte,specialmente perchésovverte il meccanismopercettivo stesso. Pro-prio come accade neglieffetti ottici da manua-le, si perde la certezzadel percepito, perché ilgioco dei quadrangoli,definiti dall’alternanzadelle luci e delle ombre,a scalare, afferma enega la sua profonditàstrutturale. In fin dei conti, pur es-sendo molto forte la

sollecitazione dovutaalla già ricordata espe-rienza professionale vis-suta a Corviale, e puressendo altrettanto so-lido l’interesse per lavicenda architettonica,per l’unicità di quell’og-getto, per la sua straor-dinaria identità compo-sitiva, per le sue artico-lazioni spaziali e volu-metriche, sembra cheTeresa Pollidori vogliaprincipalmente prende-re a pretesto l’incontrocon il “Serpentone” pertrarne opere che tra-scendono dal referentenella generalità del suosignificato. Le sue ope-re cercano la loro giu-stificazione nel valorecompositivo, espressoattraverso le soluzioniarchitettoniche adottatenei dettagli, che si fan-no però luoghi di silen-zio, luoghi del pensiero

creativo, ancore di sal-vezza formale lungo unitinerario di smarrimen-ti, già inquietanti e pre-occupati. Ciò appare,forse in modo ancorapiù esplicito, in unaserie di immagini inbianco e nero, a taglioquadro, che non sonoincluse in questa pub-blicazione, ma che, perla maggior parte, nerappresentano dettagliinsistenti su scatti acampo più aperto. Lì,infatti, si gioca la cartadel puro significante.L’immagine esprime sestessa, contraddicendol’asserzione gidiana se-condo cui “la linea ed ilcolore che non espri-mono nulla sono inutili:ed in arte ciò che è inu-tile è nocivo”. Fortunache certe regole abbia-no lasciato tanto spazioalle eccezioni!

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in corso, pressola Pinacoteca Comunaled’Arte Contemporanea“Giovanni da Gaeta” del-la città di Gaeta (LT), lamostra “Personaggi.Sculture e disegni diAlvaro Siza e Linde Bur-khardt”. L’esposizione,che rimarrà aperta alpubblico sino all’11maggio 2014 è curatadal prof. François Bur-khardt e promossa dalComune di Gaeta, dal-l’Associazione CulturaleNovecento e dalla Pina-coteca Comunale “Gio-vanni da Gaeta”. Inaugu-

rata il 26 ottobre 2013alla presenza delle auto-rità locali, degli organiz-zatori, del curatore edegli artisti, la mostra“Personaggi” si articolasecondo due allesti-menti indipendenti. Laprima sezione del per-corso espositivo è in-centrata sulla recente at-tività artistica di AlvaroSiza, maestro dell’archi-tettura contemporanea,

che espone a Gaeta ottosculture, di cui sei inedi-te. Le opere, realizzate inlegno brasiliano, ebano,pino e castagno, sonointrodotte e commentateda una serie di schizzi edisegni preparatori re-

datti per l’occasione dal-l’architetto portoghese.La seconda parte dellamostra accoglie le operedi Linde Burkhardt, arti-sta e designer tedesca dirilievo internazionale, dasempre legata all’univer-so figurativo della Greciaarcaica. La sezione cura-ta dalla scultrice berline-se è stata pensata appo-sitamente per la Pinaco-teca Comunale di Gaeta

ed è composta da vasi inceramica, vetri e statuet-te in alluminio, che co-stituiscono tre distintiracconti ispirati alla mi-tologia greca classica,intitolati: La discesa del-le fanciulle dai vasi; Il

gioco delle donzelle; Il ri-sveglio di Odisseo. L’inaugurazione del 26ottobre scorso ha per-messo al pubblico ac-corso presso i locali del-la Pinacoteca di incon-trare Alvaro Siza e LindeBurkhardt in un clima digrande cordialità. In par-ticolare, Siza ha conces-so agli architetti France-sco Cianfarani e GiorgiosPapaevangeliu un’inter-

UN INCONTRO A MARGINEDELL’INAUGURAZIONE DELLA MOSTRA

“PERSONAGGI. ALVARO SIZA / LINDE BURKHARDT”

INTERVISTA AD

ALVARO SIZA

A L T R I L I N G U A G G I

di Francesco Cianfarani,Giorgios Papaevangeliu

È

1. GiorgiosPapaevangeliu e AlvaroSiza durante l’intervista.2. Le sculture di Sizaallestite nelle sale dellaPinacoteca.3. Schizzi di progetto di Siza per le scultureesposte.

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vista per la rivista Terri-tori, riguardante diversitemi inerenti la sua re-cente produzione sculto-rea e l’attuale condizionedell’architettura contem-poranea.G.P. Questa mostra, cheregistra l’attuale mo-mento della sua intensaattività artistica, ci offreinnanzitutto l’occasioneper interrogarla sul suorapporto con il mondodell’arte. Sappiamo chele relazioni tra architettu-ra e arti visive sono stateda sempre fondamentalinella formazione e nellavita professionale di un

architetto. Ad esempio,alla Bauhaus di Weimar,tutto l’insegnamento dellaprogettazione architet-tonica era incardinatosulla forte convinzioneche potesse esistere uncomune bagaglio didatti-co tra architettura, scul-tura e pittura. Oggi inve-ce quale rapporto vedetra l’architetto e gli altri

artisti? Esistono ancorainsegnamenti di baseche possano accomuna-re la formazione di archi-tetti e artisti?A.S. Per me non esisto-no frontiere tra arte e ar-

chitettura. Forse anch’ioin questo sono un po’bauhausiano, perché se-condo me architetti eartisti di base condivido-no molte cose. Oggi ve-do una tendenza allar-mante alla specializza-zione che è terribile perl’attività dell’architetto.La specializzazione cheoggi c’è tra arte e archi-tettura è anche la stessache differenzia il saperedell’architetto dal saperedell’ingegnere. In unprogetto l’architetto nonpuò essere chiamatosolo a dare il suo contri-buto per la parte artisti-

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ca, ma dovrebbe esseresempre il centro di unlavoro di equipe. Guar-diamo quella finestra infondo a questa sala. Nonè stata costruita cosìsolo perché permetteuna splendida vista sulmare, ma anche perchéla sua forma è buona per

illuminare ed aerare lasala e sono sicuro cheda fuori crea un bellissi-mo prospetto sulla città.L’architettura è un tutto.L’architettura non si puòpensare a partire daipezzi come non dovreb-be essere sinonimo disola arte o sola scienza.G.P. Con le sue sculturelei dimostra quasi l’in-tenzione estetica di volerrappresentare un equili-brio precario, uno statolimite in cui le forzeinterne che attraversanoi materiali piegati da unaforma sembrano conge-larsi nell’attimo prima dismembrarsi. Alcune suesculture, in particolare,per far interagire linee ecurve, sembrano quasiricalcare forme diagram-matiche derivabili da leg-gi scientifiche. Ritienecorretta questa mia in-terpretazione? A.S. Non guardo maiconsapevolmente a que-sti diagrammi di forze.Devo dire che però iofaccio un progetto discultura. In questo lemie sculture hanno qual-cosa di diagrammatico.Attraverso schizzi e ap-punti mi soffermo sualcuni temi formali chemi interessano, dopodi-ché insieme ai miei col-

laboratori lavoro i mieidisegni al computer inmodo da verificare leproporzioni di quanto hoimmaginato su carta.Poi, dopo aver costruitoun modello tridimensio-nale della scultura, miservo di macchine acontrollo numerico chetagliano i pezzi come dadisegno. Perciò nonvedo differenza tra l’iterdi progetto di una casa equello di una scultura,tranne per il fatto chepensare una scultura èmeno problematico per-ché non ho mai un pro-gramma funzionale darispettare e perciò misento più libero. G.P. Torno ancora sulrapporto tra arte e scien-za che molti maestri delmoderno, a cui lei haguardato sin dagli inizidella sua carriera, consi-derano centrale, soprat-

4. Schizzi di progetto di Siza per le scultureesposte.5. 6. 7. Le sculture diSiza allestite nelle saledella Pinacoteca.8. Disegni preparatoridelle sculture espostinelle sale dellaPinacoteca.

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tutto per le questioni re-lative al processo pro-gettuale ma anche aquestioni di linguaggio.Penso soprattutto aMies van der Rohe. Cherapporto stabilisce con ilmondo scientifico equanto l’ha influenzatanella maturazione del

suo punto di vista sul-l’architettura?A.S. Ho sicuramente unrapporto con il mondoscientifico, anche perchéspesso mi sono trovatoa lavorare con ingegnerie tecnici di aree discipli-nari molto specialistiche.Quindi per forza di cose

mi interesso di meccani-ca, acustica, illuminotec-nica... Tuttavia non con-sidero il sapere scien-tifico come qualcosa chepossa influire diretta-mente sulle mie scelteprogettuali. G.P. E il pensiero mate-matico e geometrico?

Sappiamo, ripercorren-do la storia dell’architet-tura, da Vitruvio a LeCorbusier, che da sem-pre sussiste un legametra proporzione e archi-tettura.C’è un rapporto strin-gente tra gli studi pro-porzionali e le sue scul-ture, così come tra laproporzione e le sue ar-chitetture? A.S. Credo di si. Devodire che però nel pro-getto di architettura il ri-spetto della domanda diun committente vieneprima di tutto, prima delrispetto ad esempio diun ordine proporziona-le. La funzione per me èla prima cosa ed è ilpunto di partenza diogni mio progetto. Poiperò bisogna liberarsitotalmente dalle que-stioni legate alla funzio-ne e dimenticare tutto

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per tentare di coniugare ilprogramma imposto dalcommittente con que-stioni d’arte, che poi so-no quelle che legano l’ar-chitettura anche alla scul-tura e alla pittura. Rap-porti e proporzioni, colo-ri, giunti, arrivano dopo ilrispetto della funzionema trasformano radical-mente le prime forme

9. 10. Le sculture di Sizaappena realizzate pressola falegnameria SerafimPereira Simões, Suc. Lda. di Vila NovaDe Gaia.11. GiorgiosPapaevangeliu, AlvaroSiza, FrancescoCianfarani.

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pensate. Almeno per me. F.C. Dunque qual è l’a-spetto che più le sta più acuore quando deve pro-gettare un allestimentoper le sue sculture?A.S. Per me la cosa chepiù conta è che ogniscultura sia posizionataall’interno di uno spaziometricamente congruocon la sua forma. Perciòchiedo sempre un rilievomolto dettagliato deglispazi che devono ospita-re le mie sculture. L’hofatto anche per questamostra. Non c’è niente dipeggio di una sculturapensata per uno spaziocon determinate propor-zioni all’interno di unasala senza i giusti rap-porti. Poi penso anche alcolore degli intonaci, alposizionamento degliingressi, all’illuminazio-ne, ma devo dire chequesti aspetti vengonoleggermente dopo. Miinteressa principalmentecome una scultura fun-ziona all’interno di unospazio in termini di pro-porzioni e quindi di vi-suali. F.C. A riguardo, può dirciun’opera scultorea chel’ha colpita recentemen-te per la sua capacità diinteragire con lo spaziocircostante? A.S. Penso che uno deipiù bravi scultori in gra-do non solo di fare beglioggetti ma opere nellospazio sia stato EduardoChillida. Lui ha fatto unascultura per un mio pro-getto, un giardino a San-tiago de Compostela (il

Giardino di Santo Domin-go de Bonaval, N.d.R.).Ho visto come ha lavora-to, facendo disegni sulposto e scrivendo consi-derazioni sul rapportotra la sua scultura, ilgiardino e i monumenticircostanti. Così facendoha posizionato la suascultura (A porta damúsica, N.d.R.) secondouna precisa angolazioneed una precisa altezza, inmodo da istituire unanuova relazione tra la cit-tà e il giardino. In generale, quindi, nelmio rapporto con lascultura non è l’oggettoin sé che mi interessama la relazione che es-so instaura con l’intor-no. Il mio interesse na-sce da come le cose sirelazionano tra loro nel-lo spazio.G.P. Torniamo alla for-mazione dei giovani ar-chitetti e, per esteso,degli artisti. Lei attual-mente sta portandoavanti diversi progettiper la città di Napoli. Inquesta città nel 1911 èpassato un giovane LeCorbusier, che ha avutoinoltre l’occasione di vi-sitare nello stesso viag-gio le rovine di Pompei.Lei crede che i giovaniarchitetti oggi si debba-no ancora formare sullostudio dell’architetturaantica?A.S. Sicuramente lo stu-dio delle architetture an-tiche può avere ancoraoggi un ruolo fonda-mentale nella formazio-ne di un architetto. Par-

12. Immagine d’insiemedella prima sezione diopere di LindeBurkhardt, intitolata “La discesa dellefanciulle dai vasi”.13. Particolare di alcunestatuette allestite nellaseconda sezione di operedi Linde Burkhardt,intitolata “Il gioco delledonzelle”.14. Particolare di alcunestatuette allestite nellaterza sezione di opere di Linde Burkhardt,intitolata “Il risveglio diOdisseo”.

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lando prima della Bau-haus, c’è da dire che inquella scuola l’insegna-mento della storia fubandito. Ma quelli eranogli anni in cui lo stessoLe Corbusier progettavail Plan Voisin per Parigi,in cui proponeva di de-molire l’intero centrostorico salvandone solotre o quattro monumen-ti. Sono sicuro che LeCorbusier abbia dise-gnato il Plan Voisin co-me un manifesto e ioconsidero questo pro-getto non tanto come unreale piano di urbanisti-ca quanto come un mo-mento speciale, neces-sario nella costruzionedel pensiero moderno inarchitettura. Erano ap-procci secondo me pro-vocatori, non realmenteoperativi. Infatti gli stes-si architetti come LeCorbusier, che già primadegli anni ‘30 studiavale tracce dell’antichitàclassica e bizantina, so-no col tempo ritornati aporre la storia al centrodel progetto. Ma per mestudiare la storia del-l’architettura vuol direstudiare la continuitàdell’architettura nellastoria dell’uomo, ovve-ro studiare come gliedifici del passato sono

15. Una scultura di Sizaappena realizzata pressola falegnameria SerafimPereira Simões, Suc. Lda. di Vila NovaDe Gaia.

stati riutilizzati o abbia-no ispirato gli architetticontemporanei. Infattioggi uno dei temi piùimportanti per l’architet-tura è il recupero e l’ag-giornamento del patri-monio edilizio. In unacittà come Napoli que-sto aspetto è fondamen-tale. Napoli è una cittàper cui lavorare con l’ar-chitettura vuol dire cer-care nel passato, nonsolo perché questoaspetto è un obbligoculturale quanto una ne-cessità e una condizionedi praticità. A Napoli,come in tutte le altre cit-tà italiane, anche le ar-chitetture distrutte o letracce rimaste sottoter-ra non spariscono deltutto ma in qualche mo-do riescono sempre adinfluenzare il progetto.F.C. A tale proposito,vorrei parlare di unaspetto a mio avvisomolto importante dellasua attività artistica. Nelcomunicato stampa del-la mostra così come nel-l’intervento di FrançoisBurkhardt durante la con-ferenza stampa di oggi,si è parlato molto delconcetto di realismo,definito più volte comel’elemento connotante lasua poetica. È d’accordocon questa definizione?Cosa vuol dire per leiavere un approccio rea-lista all’arte?A.S. Un approccio al rea-le. Per me si può para-gonare allo stesso ap-proccio che prima de-scrivevo per il patrimo-

nio edilizio. Reale per meè anche sinonimo dipassato e quindi di sto-ria, ma anche di altriaspetti umani, come peresempio le tradizioni e iriti costruttivi. Un’attenzione al reale èun’attenzione a ciò cheesiste già. Per me questoè il vero alimento delprogetto, che non è maiuna cosa astratta ma unapratica piena del reale. Ilprogetto è reale quandoriesce ad essere parte ditutta una serie di proces-si già in corso nella vitadi un luogo, di una co-munità, di una città... F.C. In conclusione, vor-rei ritornare su unadomanda accennata pre-cedentemente, relativa alrapporto tra proporzionee architettura. La figuraumana è certamente unaltro tema centrale intutta la sua ricerca scul-torea. Questo tema, inrealtà, è basilare anchenella sua produzione diarchitetto. Infatti, l’antro-pomorfismo e il rimandoalla figura umana è benevidente nel disegno dimolti suoi edifici, pensoalla torre dell’acqua diAveiro, ai padiglioni dellafacoltà di architettura diPorto, ma anche alla re-cente Fondazione IberêCamargo. Secondo leiquali valori può rappre-sentare in un’opera d’ar-te questo dialogo tra fi-gura umana e materia?Valori di atemporalità, diarcaicità, di monumenta-lità?A.S. Devo dire che per

me questo aspetto è unelemento di continuità intutta la storia dell’arte.Anche nelle miglioriopere d’arte astratta sipossono individuare ele-menti antropomorfi. Maquesto non credo siauna caratteristica inten-zionale, è qualcosa che èfortemente connotato intutti noi ogni volta che citroviamo a voler realiz-zare degli oggetti armo-nici. Se si vuole farequalcosa di armonicoper forza alla fine si rea-lizza qualcosa che ri-manda al corpo umanoperché il corpo è quantodi più armonioso l’uomopossa conoscere. Leo-nardo ce lo insegna. Perme l’architettura è lapratica che rende questoaspetto maggiormentericonoscibile. Pensiamoal più universale archi-tetto italiano della storia,Andrea Palladio. Ognisuo elemento architetto-nico rappresenta uncontinuo rimando all’in-tero corpo umano e allesue parti, alle mani co-me al volto, agli occhi, alnaso... Io credo peròche questo aspetto, al-meno per me, sia un ele-mento inconscio, mairicercato consapevol-mente. Comunque que-sta era una domandamolto difficile!

N.B. Si ringrazia AntonioLieto, direttore della Pinaco-teca Comunale “Giovanni daGaeta”, per avere gentilmen-te fornito le foto dell’allesti-mento e dell’inaugurazionedella mostra.

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“Territori” compie vent’anni. La rivista ringrazia gli autori dei testi e dei progetti finora pubbli-

cati. Antonio Abbate - Antonio Alfani - Mariano Apa - Daniele Baldassarre - Carlo Baldassini - Andrea

Bastoni - Paolo Emilio Bellisario - Mirella Bentivoglio - Luigi Bevacqua - Sergio Bonamico - Marco

Bussagli - Giuseppina Pieri Buti - Luca Calselli - Marina Campagna - Claudio Canestrari - Roberto Capal-

do - Renato Caparrelli - Angelo Capasso - Matteo Capuani - Marcello Carlino - Tulliano Carpino - Sergio

Carretta - Gianfranco Cautilli - Massimiliano Celani - Benedetta Chiarelli - Francesco Cianfarani - Ivan

Coccarelli - Laura Coppi - Giacomo Cozzolino - Paolo Culla - Vincenzo D’Alba - Angela D’Alessandris -

Olindo D’Alvito - Felice D’Amico - Francesco Maria De Angelis - Attilio De Fazi - Nicoletta Degani - To-

nino De Luca - Cinzia De Paulis - Gaetano De Persiis - Giuseppina D’Errico - Roberta

Di Fazio - Tiziana Di Folco - Alessandra Digoni - Mario Di Sora - Bruna Dominici -

Gillo Dorfles - Laura Fabriani - Ezia Fabrizi - Gio Ferri - Pierluigi Fiorentini - Giovan-

ni Fontana - Fulvio Forlino - Marco Garofalo - Maurizio Gattabuia - Luigi Gemmi-

ti - Dario Giovini - Alessandro Marco Gisonda - Claudio Giudici - Anna Guillot -

Francesco Gurrieri - Ugo Iannazzi - Giuseppe Imbesi - Giovanni Jacobucci - Wilma

Laurella - Danilo Lisi - Mario Lunetta - Alfonso Maiolino - Stefano Manlio Mancini -

Raffaele Manica - Angelo Marcoccia - Marco Mariani - Bruno Marzilli - Paola Mas-

sa - Cinzia Mastroianni - Margherita Mazzenga - Francesco Melaragni - Guido

Moretti - Mario Morganti - Massimo Mori - Daniela Morone - Maria Claudia Nardo-

ni - Manfredi Nicoletti - Marco Odargi - Alberto Paglia - Mauro W. Pagnanelli -

Francesca Pagliuca - Giorgios Papaevangeliu - Fabrizio Papetti - Caterina Parrello -

Maurizio Pascucci - Maurizio Petrangeli - Ernesto Pirri - Mario Pisani - Debora Plo-

mitallo - Maurizio Pofi - Luca Porqueddu - Ugo Pulcini - Loredana Rea - Angelo Ricciardi - Antonella

Santori - Marta Scuncio - Giancarlo Simoni - Alessio Sirizzotti - Alfredo Spalvieri - Felice Maria Spirito -

Maria Cristina Tarantino - Alessandro M. Tarquini - Livia Tarquini - Massimo Terzini - Luigi Trasolini -

Pietro Angelo Travaglini - Emanuele Vendetti - Paolo Venditti - Franco Zagari - Franca Zoccoli

20ANNI

1994-2014