Territori 24

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Periodico dell'Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Frosinone. Magazine of the Architects in Province of Frosinone (Italy) directed by Giovanni Fontana. In this issue, contributions by Giovanni Fontana, Francesco Cianfarani, Giorgios Papaevangeliu, Alessio Sirizzotti, Emanuele Vendetti, Gaetano De Persiis and others.

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S O M M A R I O

EDITORIALE

Un viaggio per immagini nella terra delle grandi pietreLe architetture megalitiche del Latium Vetus et Adiectum Giovanni Fontana pag. 2

L’ARCHITETTURA E LA STORIA / MOSTRE

Attualità di Antonio Valente Francesco Cianfarani pag. 6

MOSTRE

Antonio Valente Archiscenotecnicopittorcinecostumistartista Giorgios Papaevangeliu pag. 12

TESI DI LAUREA

Frosinone: Area del “Casaleno”Progetto di impianto sportivo e riqualificazione urbana Alessio Sirizzotti pag. 18

Archeologia industriale: progetto e recupero della ex Cartiera Visocchi di AtinaUna biblioteca per la Valle del Comino Emanuele Vendetti pag. 27

NATURA

“L’animato fiore senza stelo”L’impalpabilità microstrutturale nell’occhio dell’entomologo Gaetano De Persiis pag. 36

ALTRI LINGUAGGI

I cento anni del Fotodinamismo Bragagliano& Hermes Intermedia Sotto il segno dell’intermedialità Giovanni Fontana pag. 44

Quadrimestrale dell’Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Frosinone Reg. Tribunale di Viterbo n. 408 del 31/05/1994 gennaio-aprile 2011 - anno XVIII - n. 24

In copertina: la porta maggiore dell'acropoli diAlatri in una fotografia di Daniele BaldassarreDirettore responsabileGiovanni FontanaComitato Scientifico RedazionaleDaniele BaldassarreLuigi BevacquaFrancesco Maria De AngelisAlessandra DigoniGiovanni FontanaWilma LaurellaStefano Manlio ManciniGiorgios PapaevangeliuMaurizio PofiAlessandro M. TarquiniMassimo TerziniResponsabile DipartimentoInformazione e ComunicazioneFrancesco Maria De AngelisSegreteria di redazioneAntonietta DrogheiSandro LombardiImpaginazione e graficaGiovanni D’AmicoCoordinamento pubblicitàD’Amico Graphic Studio03100 Frosinone - via Marittima, 225tel. e fax 0775.202221e-mail: [email protected] StampaTipografia Editrice Frusinate03100 Frosinone - via Tiburtina, 123

ORDINE DEGLI ARCHITETTI, PIANIFICATORI, PAESAGGISTIE CONSERVATORI DELLA PROVINCIADI FROSINONE

Presidente: Bruno Marzilli Vice Presidente: Alessandro Tarquini Vice Presidente: Giulio Mastronardi Segretario: Francesco Maria De Angelis Tesoriere: Laura CoppiConsiglieri: Lucilla Casinelli

Maurizio Ciotoli Felice D'Amico Roberto De DonatisDario Giovini

Consigliere Junior: Adamo Farletti

Segreteria dell’Ordine03100 Frosinone - piazzale De Matthaeis, 41Grattacielo L’Edera 14o pianotel. 0775.270995 - 0775.873517fax 0775.873517sito Internet: www.fr.archiworld.ite-mail: [email protected]

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aniele Baldassarre, architetto, foto-grafo, ricercatore appassionato diantichi documenti sulle realtà

megalitiche del Lazio, profondo conoscitoredel territorio, negli ultimi anni ha condottouna sistematica rassegna delle costruzionipoligonali, addirittura ri-scoprendone alcunitratti dimenticati e non documentati. Di que-sto suo straordinario lavoro ci dà conto inuna particolarissima pubblicazione, che seda un lato si pone come il catalogo fotogra-fico di un osservatore attento che non finiscemai di stupirsi di fronte ad un patrimonioarchitettonico eccezionale, dall’altro è il rac-conto per immagini di un cultore che offreinteressanti occasioni di riflessione e lanciasottili messaggi critici. Sfogliando il suo sin-golare album si subisce tutto il fascino diqueste sorprendenti opere, ancora misterio-sissime, che hanno sfidato i secoli e sfidanoancora oggi gli studiosi che non riescono astabilirne con certezza le datazioni. Il giocodi Daniele Baldassarre è di accostare le suesplendide fotografie a vecchi reperti fotogra-fici e ad antiche stampe, che raffigurano lecostruzioni megalitiche così come percepitedall’occhio pervaso di stupore degli studiosie dei viaggiatori estrosi di un tempo.Baldassarre ricerca corrispondenze, stabiliscerelazioni con quelle antiche immagini persottolineare le trasformazioni avvenute neltempo o per evidenziare l’imperturbabilitàstrutturale di questi stupefacenti manufatti,che ancora oggi intrigano la nostra intelligen-za con l’enigma della loro tecnica costruttiva.Nel volume si ritrovano gli scatti di ThomasAshby e si passano in rassegna opere di inci-sori, disegnatori, cultori dell’immagine comeDodwell e Hullmandel, Middleton, Weller ocome Brockedon, Gell, Catel, Knapp, e anco-ra Edward Jones, Reber, fino ad EdwardLear, noto come giocoso inventore di limerik,

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di Giovanni Fontana

D

o a Marianna Candidi Dionigi, la nobildonnaromana pittrice e archeologa, autrice del fon-damentale studio Viaggi in alcune città delLazio che diconsi fondate dal Re Saturno,stampato in fascicoli a partire dal 1809. Aduecento anni di distanza Daniele Bal-dassarre vuole celebrare quella pubblicazio-ne riconoscendone tutto il valore storico. Ilvolume, chiuso nel 2009, ma stampato nel2011 dalla Ars Graphica Tofani, è definitodal suo autore un “Viaggio ‘per immagini’ inuna Terra di Grandi Pietre”, operando cosìuna scelta tematica in ossequiente coinci-denza con quella della Dionigi. E che il viag-gio costituisca il tema centrale appare chia-rissimo al primo impatto, trattandosi di unaricognizione appassionata che ricerca inqua-drature preziose di scorci rari, fuori dai taglidi repertorio, senza tralasciare o sottovaluta-re i dettagli; ma al di là dell’accezione geo-grafica, qui si tratta anche di viaggiare neltempo, attraverso il confronto, passo perpasso, con i numerosi documenti iconografi-ci cui abbiamo accennato, ma anche conuna quantità di mappe storiche, di antichirilievi, di progetti dimenticati, di testimonian-

In alto, copertina delvolume di DanieleBaldassarre, "LatiumVetus et Adiectum", Ed. Ars Graphica Tofani,2011.Nella pagina accanto,Tempio di Giove Anxur a Terracina.

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Riproduzioni dellepagine del volume diDaniele Baldassarre.In questa pagina, in altosi riconosce un disegnodi Sergio Toppiraffigurante il miticoguerriero ernico.Al centro, gli archi di"Casamari" a Ferentino.In basso, la doppiapagina dedicata allaparete occidentaledell'antica Circeii.A fianco, dall'alto inbasso, pagine del volume dedicate alle opere megalitiche di Ferentinum(Grottapara), Arpinum,Cora (in un'immagine di Dodwell e Hullmandel,1834), Ferentinum(Porta Portella).

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ze letterarie, il tutto montato sotto le spogliein uno zibaldone tematico composto con ilgusto del collezionista, ma che, in realtà, sipone come il lavoro competente di un pro-fessionista preoccupato della sorte di unpatrimonio inestimabile, ancora in buonaparte non studiato quanto sarebbe giustoche fosse, spesso trascurato, non valorizza-to, in molti casi minacciato da un degradoinesorabile. Ma Daniele Baldassarre, checon la metafora del viaggio ha voluto richia-mare direttamente il “viaggio” storico dellaDionigi e quello degli studiosi del passato,tanto avventurosi quanto entusiasti, intesseanche un percorso nel mito, lasciandosi tra-scinare in chiave fantastica dal fascino difigure sibilline e inquietanti, uscite dallapenna di valenti illustratori, quali SergioToppi o Sandro Scascitelli, che dicono senzadire, che lanciano messaggi fantasiosi oipotesi azzardate alle quali ogni tanto è giu-sto cedere per alimentare il bisogno disognare, una necessità irrinunciabile ancheper i più accaniti realisti e i più lucidi razio-nalisti. Il fascino dell’ignoto, il mistero deltempo e delle ombre che hanno sfioratoqueste pietre, per certi versi, infatti, ten-

gono vive le nostrecapacità creative, conrisvolti importantianche sul piano tec-nico, perché il sape-re scientifico provie-ne per grande parteproprio dalla capaci-tà di guardare il mon-do con l’occhio del

poeta. E non a caso il libro offre pagine aVirgilio e al mito di Enea, che sotto l’aladel dio Nettuno conclude il suo viaggioequoreo sulle spiagge dell’antico Lazioper iniziarne subito un altro, le cui traccesono rimaste scolpite nella pietra.

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Daniele BaldassarreLatium Vetus et AdiectumArchitetture megaliticheAssociazione Culturale“Bottega della Memoria”, Ars GraphicaTofani, 2011Le

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Apoco più di un

anno dalle celebrazioni per l’ot-tantennale dei “Carri di Tespi”,una serie di mostre ed incontritenuti nella Capitale e nellecittà di Frosinone e Sora2 haofferto l’occasione per fare ilpunto sulla figura dell’architettoAntonio Valente, personaggioinnovatore del linguaggio tea-trale e artistico del secolo scor-so, nonché testimone privilegia-to della cultura scenotecnica inItalia. I recenti studi dedicatiall’architetto sorano mostranocome, ad un’ampia produzionecritica biografica, tesa ad inda-gare ormai da più di un trenten-nio non solo le opere quanto laproduzione teorica del Valentescenografo, si vada finalmenteaffiancando, da parte delle isti-tuzioni politiche e culturali, unaimportante riflessione sul vastis-simo corpus di architetture rea-lizzate a partire dalla metàdegli anni Trenta. Il seguente testo intende perciòregistrare attraverso la descri-zione di quattro progetti – trerealizzati ed uno rimasto sullacarta – disegnati nel decenniotra il 1929 e il 1939, i caratte-ri peculiari del lavoro dell’archi-tetto Valente. Professionista dispicco oltretutto impegnato nel-l’insegnamento e nella pubblici-stica,3 Antonio Valente testimo-nia al meglio la cultura proget-tuale della sua epoca, in parti-colare quel carattere “integra-le” proprio del mestiere di

architetto, figura a metà stradatra plurime specificità: manuali-tà artistica, astrazione teorica esapienza costruttiva vengonocosì a fondersi nell’ideale delprogetto di architettura, intesocome momento di estrema sin-tesi tra più arti. La produzione architettonica diValente potrebbe apparire fintroppo innovativa, e quindilegata ad intuizioni personali,avulse dalle ricerche italiane,senza una ricostruzione coeren-te della sua educazione artisti-ca, maturata negli anni succes-sivi alla prima guerra mondiale.I continui spostamenti dallacittà natale a Roma e successi-vamente i viaggi in Europa, per-

mettono al giovane Valente diregistrare incontri ed esperienzelavorative che gli valgonoimportanti collaborazioni configure chiave, sia nel mondodella Drammaturgia e della Sce-nografia quali Léon Bakst,Jaques Copeau, Raymond Ber-nard, Erwin Piscator, sia del-l’Arte e dell’Architettura: OskarSchlemmer, Walter Gropius,Lazslo Moholy Nagy. A Berlino,in particolare, la frequentazionedell’ambiente “Der Sturm”, con-sente all’Autore di avvicinarsi aquel côté cinematografico orbi-tante nel quartiere di Nol-

lendorfplatz, dal quale Valenteapprende gli studi sulla sceno-grafia costruita di Schlemmer,che possono definirsi punto dipartenza per le ricerche teori-che dell’architetto sorano suun possibile rinnovamentodella scenografia teatrale. At-torno alla memoria di taliesperienze, il contenuto deiprimi contribuiti artistici edarchitettonici dell’Autore si in-cardina sulle stesse tematichecaratterizzanti l’avvento inGermania della Bauhaus, i cuiprodotti estetici riflettono sullestesse coppie oppositive og-getto di indagine per Valente.Dicotomie come natura e artifi-cio, imitazione e creazione,

permanente ed effimero, il cuicontinuo confronto è alla basedel progetto artistico moderno,sono riscontrabili in tutta laloro problematicità, sin daiprimi lavori dell’architetto,assieme ad una costante inda-gine teorica indirizzata adinvestigare il rapporto tra pro-getto, nuovi materiali costrutti-vi e produzione industriale.

Il carro di TespiStanti tali premesse, si ritieneconveniente iniziare a tracciareseppur brevemente la peculiari-tà e l’attualità di Valente archi-

di Francesco Cianfarani

L ’ A R C H I T E T T U R A E L A S T O R I A / M O S T R E

ATTUALITÀ DI

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tetto con la progettazione deiCarri di Tespi (fig. 3), occasio-ne tanto sintetica per la straor-dinarietà del programma fun-zionale che il progetto dovevaassolvere, quanto familiareall’artista sorano, in quantoopera di architettura teatrale.Compito del progettista, allorapoco più che trentenne, incari-cato dall’O.N.D., è dare formaad una serie di palcoscenici iti-neranti, mobili e smontabili, alfine di promuovere il teatro diprosa ed il teatro lirico nei cen-tri minori della penisola italia-na. Il progetto di un apparato

effimero temporaneo implicaperciò diversi nodi problematiciche l’architetto è chiamato asciogliere, non solo sottol’aspetto tecnico costruttivo,ma soprattutto riguardo l’im-magine da affidare ad unaopera così innovativa per l’epo-ca. Il Carro infatti pone diverseproblematicità: il vincolo dimontare e smontare le sceno-grafie teatrali velocemente(non più di tre ore); la leggerez-za e la dimensione ridotta deisingoli componenti affinchésiano trasportati da un singolomezzo di trasporto; l’esigenza

di conferire maggiore ampiezzaalla scena, dovuta al grannumero di spettatori da ospita-re.4 Tale programma offre l’occa-sione a Valente per mettere afrutto la sua ormai decennaleesperienza di architetto sceno-grafo, costruendo un teatroambulante per le masse con imateriali più innovativi chel’epoca potesse offrire. L’esi-genza di un rapido montaggio esmontaggio del carro obbligal’utilizzo di sistemi costruttivileggeri componibili: da qui lascelta di utilizzare per la copertu-ra della scena la Cupola Fortuny

(fig. 2), rivestita inmateriale tessile im-permeabile, ottimiz-zata per il rapidosmontaggio grazieall’impiego di capriate pieghe-voli e retrattili. Oltre ad ottene-re rimarchevoli risultati al finedi suggerire l’illusione di unascena infinita grazie al fondalecurvo, il teatro, una volta ulti-mato, suggerisce l’idea di unperfetto dispositivo, un macchi-nario scenico dalla forte icastici-tà, di cui la cupola ne è il coro-namento. All’interno della cupo-la, Valente può attuare l’intera-

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1. Antonio Valente,Centro Sperimentale diCinematografia, Roma.

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zione tra azionescenica, luce e for-me libere nello spa-zio: la costruzioneempirica di quella“scienza del tea-tro” ricercata dal-l’architetto. L’im-magine dell’innova-tio mobile fascistaviene affidata ad

una cupola “in lunghi telai ditubi in ferro”, contribuendo alprocesso di radicalizzazionedelle forme moderne che siimpongono attingendo ad unasorta di memoria collettiva, delquale la semisfera, forma estruttura di per sé statica e per-manente, viene messa in crisidalla mobilità e dall’effimeritàdel Carro.

La Sala dei Martiri allaMostra del DecennaleCon l’esperienza Tespi Valentesi impone alla scena romanacome progettista di apparatiscenici legati allo spettacolo:tale successo è simboleggiatodalla successiva qualità degliincarichi affidatigli e dalla rela-zione con la più affermata cul-tura architettonica nella capita-le. Valente ha modo di proget-tare durante gli anni Trentaimportanti allestimenti, realiz-zati con la collaborazione diprogettisti quali AdalbertoLibera, Mario De Renzi, BrunoErnesto La Padula. Su tutti,l’esperienza della Mostra deldecennale della Rivoluzione nel

1932,5 tenutasi all’interno delPalazzo delle Esposizioni diRoma, rappresenta una tappafondamentale per la formazio-ne dell’architetto sorano, non-ché un passaggio sintomaticoper la sua fortuna professiona-le. Il tema propagandistico dellaMostra, la celebrazione dellaricorrenza della Marcia su Romaattraverso documenti ed imma-gini, viene svolto all’internonelle grandi sale del Palazzo edillustrato dai migliori protagoni-sti della cultura figurativa del-l’epoca, quali l’artista MarioSironi e l’architetto GiuseppeTerragni. Lo spazio centraledella Mostra, la Sala dei MartiriFascisti (fig. 4), viene affidatoproprio a Valente, che, in colla-borazione con Libera, allestisceun Sacrario temporaneo inonore delle vittime dellaRivoluzione, uno spazio a pian-ta centrale fulcro dell’interaesposizione. L’architetto pensaad un percorso museale che col-

leghi il salone d’onore, affidatoa Sironi, alla Sala, attraversouno spazio intermedio, un’anti-camera anulare ribassata rispet-

to al Sacrario vero e proprio(fig. 5). Lo spazio di collega-mento alto tre metri viene rive-stito sulle pareti da tremilagagliardetti, recanti i nomi deimartiri scritti a lettere d’oro. Lelinee dei gagliardetti, si sovrap-pongono tra loro come unaselva da attraversare, magistral-mente illuminata da una lucesoffusa. Il percorso catarticodella mostra culmina così nellasala a tutta altezza (7,20metri), autentico dispositivoinscenante la continuità tra imartiri passati della Rivoluzionee le nuove leve del Regime. Lo

spazio è trattato come un palco-scenico, una macchina teatralenel cuore della città; Valentecaratterizza la scena all’interno

tramite un grande volume cilin-drico a base ellittica dalla strut-tura plastica, rialzato su ottopilastri rivestiti in lamiera metal-lica e rimarcato a terra da undisco rosso bruno, un podio sulquale si erige, come conficcata,una croce metallica luminosa.Le pareti del cilindro sono inte-ramente ritmate da sei fascealte 60 cm, rivestite da unastruttura ellittica ad anelli oriz-zontali paralleli recanti l’osses-siva serialità della scritta retroil-luminata “presente”. La sapien-za scenotecnica di Valentecostruisce un quadro sospeso,

nel quale la luce ed i colori,ancora una volta, giocano unruolo fondamentale. I corpi illu-minanti vengono infatti celati

2, 3. Antonio Valente,Carro di Tespi.L’esigenza di un rapidomontaggio e smontaggiodel carro obbligal’utilizzo di sistemicostruttivi leggericomponibili: da qui lascelta di utilizzare per la copertura della scenala Cupola Fortuny.

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bienti luministici e sonori con-dotte in Europa dall’esperienzaBauhaus. La Sala dei Martiri èforse il progetto che testimoniapiù di tutti in Italia la prima sta-gione dei padiglioni celebrativifascisti, la virtualità delle com-posizioni effimere e la curadelle scene, “cinematografica-mente” pensate in ogni detta-glio. Le diverse proposte di padi-glioni effimeri sviluppati neiprimi anni Trenta, che seguonol’esperienza della Mostra, rap-presentano un ulteriore appro-fondimento delle ricerche tra-sversali che Valente applica con-sapevolmente a tutte le scaledel progetto.

Il Padiglione Italiano perl’Esposizione di ChicagoIl carattere “integrale”, sinteti-

co di tale approccio al progettoè ancor più testimoniato dallamodernità delle linee del Pa-diglione Italiano per l’ExpoInternazionale di Chicago, “ACentury of Progress” (fig. 6),disegnato da Valente nel 1933ma realizzato solo idealmentenel successivo progetto di De

all’interno delle fasce su cuisono poste le scritte: ciò valeanche per la totemica croce,illuminata dal basso attraversofiochi accenti luministici, nelquale i bagliori rossastri proven-gono da apparecchi nascostinella base circolare. L’unione tral’immagine statica architetto-nica, uno spazio dalla classicamonumentalità, e il vibrantegioco luministico (Valente ag-giunge un soffitto scenico illumi-nato da luci filtrate da gelatinebleu-verdi, riverberanti in tuttol’ambiente) insieme all’utilizzodi un sottofondo musicale rie-cheggiante le voci perdute deimartiri, forma un autentico spa-zio persuasivo, che, seppur nel-l’inevitabilità della retorica fa-scista, contribuisce ad appro-fondire le ricerche sugli am-

Renzi e Libera. L’Autore risolvebrillantemente la complessitàdel programma funzionale sot-toposto dalle autorità italianeall’architetto – esigenza rap-presentativa e di rappresentan-za contrapposta a spazi allesti-tivi – componendo un’architet-tura dalla icastica monumentali-

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tà. Affiancando semplicementead un basso corpo, trasversaleall’accesso principale, un volu-me slanciato in verticale rimar-cato da tre fasci littori alti 35metri e scavato all’interno daun grande arco scanalato lumi-noso, Valente testimonia chia-ramente nella forma del proget-to le duplici funzioni del padi-glione, rinunciando ad unoschema tipologico classico, pre-ferendo piuttosto la caratteriz-zazione e l’autonomia formale.Il volume verticale, segnato dal-l’ingresso principale nei diversischizzi progettuali da una pen-silina aerea, permette l’accessodiretto ai padiglioni lateraliaffacciati lungo la strada, non-ché ad un grande Salone delleFeste di 800 mq circa, dalla cuicopertura vetrata sono visibiligli archi a tutta altezza. Nelbasso corpo orizzontale, conte-nente i padiglioni del Turismo edella Bonifica, nonché la dire-zione e gli uffici, l’utilizzo diampie superfici vetrate consen-te la massima illuminazionediurna e la possibilità dall’ester-no di scorgere gli allestimenti.Valente prefigura così unapotente immagine per la propa-ganda italiana in America,memore certo della soluzione diDe Renzi e Libera per la faccia-ta della mostra della Rivo-luzione, tuttavia personalizzatae resa ancor più convincentenella riproposizione di temi efigure biografiche, proprie dellapoetica dell’Autore. L’immaginedi un rudere, un alto arco diispirazione classica, un portatodella memoria di quei Forisezionati dalla retorica di regi-me, viene innestato su unbasso corpo trasversale, unbrano di modernità di ispirazio-ne razionalista, testimoniatanella trasparenza delle superfici

vetrate e nella controllata chia-rezza volumetrica. Il progettorestituisce così, nell’unità delprospetto principale, l’immagi-ne di un aeroplano, simbolofuturista caro alla dittatura ericordo celebrativo delle trasvo-late atlantiche compiute dal-l’aviazione italiana.

Il Centro Sperimentale diCinematografia di RomaI teatri di posa Pisorno e la chie-sa di San Francesco, immediata-mente successivi al progettoamericano, rappresentano lacrescente attività di Valente nelcampo della progettazionearchitettonica. In particolare,con l’incarico di realizzare glistabilimenti cinematografici aTirrenia, la prima città del cine-ma italiano tra Livorno e Pisa,commissionati direttamente daGiovacchino Forzano, Valenteha finalmente l’occasione di rea-lizzare un edificio progettato perdurare nel tempo e non peressere immediatamente smon-tato dopo l’uso. Degli studitoscani, il Centro Sperimentaledi Cinematografia di Roma (fig.1) rappresenta la possibile sin-tesi finale, la summa di ricercateorica e pratica costruttivaapplicata all’edilizia per lo spet-tacolo. Il complesso, progettatonel 1936 in collaborazione congli architetti Pietro Aschieri eGiuseppe Capponi ed inauguratonel 1940 sulla Via Tuscolana,consiste di diverse attrezzaturedestinate alla didattica ed allarealizzazione di qualsivogliaprodotto cinematografico. Va-lente disegna un impianto cen-trale di chiaro respiro classicheg-giante. La composizione degliambienti gravita principalmentesu un asse di simmetria cheattraversa due corti aperte,poste in rapida successione,

separate tra loro da un diafram-ma costituito dai laboratori pergli scenografi. Al grande teatrodi posa, reale fulcro della com-posizione posto centralmente inasse rispetto alla monumentalefacciata d’ingresso, vengonoaffiancati lateralmente i labora-tori cinematografici, gli spaziper lo studio della recitazione, lesale per gli stuccatori e gli sce-nografi, i magazzini, nonché ilristorante, la biblioteca, a com-porre un insieme di volumiermetici, paratatticamente acco-stati. Ripensando le tipologieconsolidate dei precedenti cine-teatri, l’Autore preferisce unnuovo schema, dettato dalle esi-genze di una progettazionemoderna, suggerita dalla com-posizione modulare delle strut-ture in cemento armato utilizza-te. I lavori in questione, oltre adinnovative articolazioni tipologi-che in pianta, presentano moda-lità aggregative potenzialmenteadatte per potersi arricchire divani aggiuntivi, costituendo ulte-riori variazioni volumetricheall’impianto di base. Il CentroStudi, perciò, assieme alle solu-zioni proposte per i successiviteatri degli Stabilimenti ElicaFilm e Rancati, più che all’ester-no, presenta all’interno spuntiformali innovativi, nel quale glielementi del progetto, struttura,tamponatura, rifiniture, sonorisolti tramite l’utilizzo di formesradicate dal passato, sottoli-neate da espedienti compositividel tutto moderni, quali l’isola-mento degli elementi portanti(pilastri d’angolo, travi estrados-sate) o il “salto di scala” (fine-stre ingrandite in lunghezza,pareti interne lisce come pianiastratti, pilastri isolati a sottoli-neare la separazione tra struttu-ra e rivestimento), direttamenterimandanti il mondo della fab-

N O T E

1. “Collarile L., Muratore G.,

(a cura di), Antonio Valente

Archiscenotecnicopittorcinecostu-

mistartista, Palombi, Roma, 2010”,

pp. 75-94.

2. Si fa riferimento alla mostra

itinerante Antonio Valente Archisce-

notecnicopittorcinecostumistartista,

curata da Lucia Collarile e Giorgio

Muratore tenutasi presso la Sala

Santa Rita di Roma, con

allestimento di Zetema Cultura, e

presso il Palazzo della Provincia di

Frosinone e il Museo della Media

Valle del Liri di Sora, con

allestimento di Giorgios

Papaevangeliu, nei mesi tra ottobre

2010 e febbraio 2011.

3. Antonio Valente ricopre la

cattedra di Scenotecnica e

Scenografia presso il Centro

Sperimentale di Cinematografia di

Roma da lui stesso progettato, dal

1940 al 1968. Numerosi sono i

suoi contributi teorici e manualistici

relativi alla progettazione dei

cineteatri di posa e la scenotecnica

cinematografica.

4. “Il Carro di Tespi e la cultura

teatrale italiana”, in “Collarile L.,

Muratore G., (a cura di), cit.”, pp.

95-107.

5. Per un inquadramento generale

sulla Mostra del Decennale vedi

“Fioravanti G., Mostra della

Rivoluzione Fascista, Roma, 1990”,

nonché la relazione sui concetti

estetici e costruttivi per la Sala dei

Martiri e la relazione artistica del

Sagrario dei Martiri, conservate

nell’Archivio Del Favero-Valente,

riportate nel testo di Giovanni Isgrò.

Cfr. “Isgrò G., Antonio Valente

architetto scenografo e la cultura

materiale del teatro in Italia

fra le due guerre, Palermo, 1988”,

pp. 146-149.

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brica e dei pezzi forniti in seriedalla razionalizzazione indu-striale. Nel caso dei teatri diposa, i temi costruttivi edespressivi, si intrecciano, appro-fondendo nel campo dell’archi-tettura per i cinema, con uncerto anticipo rispetto alle ricer-che europee, i concetti ancorainespressi dall’indagine architet-tonica internazionale. L’istan-taneità della costruzione, lamobilità delle parti e la tempo-raneità delle immagini, i valoriatmosferici delle strutture inacciaio, la vita notturna degliedifici esplorata grazie all’inven-zione illuminotecnica, sonoargomenti che in sostanzaValente riconosce nella cittàmoderna e che dispiega nellesue opere attraverso forme

architettoniche archetipiche etradizionali (cupole, piante cen-trali, spazi disposti su corti) giàcodificate e sedimentate nell’im-maginario collettivo. Le immagi-ni estetizzanti la macchina,indagate già in pittura dai futuri-sti e in architettura da Sant’Elia,vengono riprese e in qualchemodo riaggiornate dalle opereeffimere di Valente. Costruzionieffimere si è detto, ma al tempostesso figlie della migliore cultu-ra architettonica italiana, in bili-co tra astrazione futurista e figu-ratività metafisica. I nuovi segniurbani, le mostre, i carri, i padi-glioni, celebrano la dimensionetransitoria di una modernitàtutta italiana, che, seppurmossa da ingenui intenti propa-gandistici, anticipa quella cultu-

ra pop affermatasi nell’imme-diato dopoguerra, restituendouna dimenticata paternità agliedifici per lo spettacolo, nonchéalle strutture per le emergenzecomunicative del contempora-neo, destinate oggi a maxicon-certi e manifestazioni pubbliche.Il risvolto mediatico rappresen-tato dall’avventura dell’Archi-tetto, tanto oggetto all’epocadi quotidiane attenzioni distampa e cinegiornali, quantoad oggi ignorato da una cultu-ra dell’immagine informatizza-ta, rivela quanto i temi del pro-getto di Antonio Valente,moderno Tespi, abbiano costi-tuito un curioso antecedenteper tante esperienze testimo-niate oggigiorno dall’architet-tura contemporanea.

4, 5. Sala dei MartiriFascisti alla Mostra del Decennale dellaRivoluzione (1932).L’architetto Valentepensa ad un percorsomuseale che colleghi ilsalone d’onore, affidatoa Sironi, alla Sala,attraversoun’anticamera anulareribassata rispetto alSacrario vero e proprio.6. Padiglione Italianoper l’ExpoInternazionale diChicago, “A Century of Progress”, disegnatoda Valente nel 1933 ma realizzato soloidealmente nel successivoprogetto di De Renzi eLibera.

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bile in futuro per altri eventinegli stessi spazi, ma ancheutilizzabile per l’allestimentodella mostra di Sora, cittànatale di Valente, la cui sedeinizialmente non era definita. La mostra ha proposto una rac-

a mostra itinerante AntonioValente Archiscenotecnicopit-torcinecostumistartista1, curatada Lucia Collarile e Giorgio Mu-ratore, già proposta a Romapresso la Sala Santa Rita, conallestimento di Zètema Cultu-ra, è stata presentata in Cio-ciaria, prima presso il Palazzodella Provincia di Frosinone,poi nel Museo della MediaValle del Liri di Sora, con alle-stimento di Giorgios Papaevan-geliu. Queste ultime due espo-sizioni, realizzate per volontàdell’Assessorato alla Culturadella Provincia di Frosinone,hanno accolto una serie di di-segni di Antonio Valente2 aven-ti come tema la danza.Per le due mostre in Provinciadi Frosinone è stato necessarioprogettare uno specifico siste-ma espositivo che tenesseconto delle particolari esigenzefunzionali e distributive del-l’atrio del Palazzo della Pro-vincia di Frosinone (spaziopolifunzionale che ha accoltola mostra), che fosse riproponi-

colta3 di 32 disegni eseguiti trail 1920 e il 1925, periododurante il quale Valente sog-giorna nelle maggiori capitalieuropee e volge il suo interes-se ai nuovi linguaggi e allesperimentazioni di scenografie

teatrali. Nel 1920 a Parigiespone i suoi lavori alla XIIIExposition des Artistes Déco-rateurs e nel 1923 alla galleriaDer Sturm di Berlino, mentrenel 1925 dirige e disegna icostumi per uno spettacolo

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ANTONIO VALENTE

Ldi Giorgios Papaevangeliufoto di Antonella Aravinie Giorgios Papaevangeliu

M O S T R E

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d’avanguardia della compa-gnia di balletto italo russa alteatro La Fenice di Venezia. Le opere d’arte hanno trovatoaccoglienza in una nitida“scrittura spaziale” definitadall’essenzialità di quattropannelli bifacciali ad “L” posi-zionati ai vertici di un virtuale

quadrato ruotato di 45°, chestabilisce subito uno “scarto”rispetto alle rigide assialità del“contenitore” espositivo del-l’atrio: ortogonalità versusobliquità, ma anche opacitàversus trasparenza, sono le let-ture immediate che l’interven-to esplica, coppie di opposti

che non vogliono stabilire apriori una differenza con lospazio dato, ma facilitarne lalettura seppure mediata. Vo-lendo sottolineare il caratteredi architettura effimera, comedenota lo stesso etimo (ilsostantivo allestimento richia-ma l’aggettivo lesto, veloce), i

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ARCHISCENOTECNICOPITTORCINECOSTUMISTARTISTApannelli di larghezza di 120cm e altezza 260 cm, realiz-zati con profilato in ferro40x40 mm, sono smontabili,facilmente trasportabili e ri-componibili. Nate dalla neces-sità di evitare il ribaltamentoper eventuali colpi accidentali,ma comunque guidate dalla

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volontà di volere affermare for-malmente la continuità idealedell’incastro, due alette lunghe30 cm continuano la geome-tria del pannello e proiettano

virtualmente oltre la propriafisicità gli espositori. Gli apparati espositivi, come sidiceva sopra, non pensati co-me “semplice supporto” a ser-

vizio delle opere, sono staticoncepiti come “mediatori” tral’austero spazio architettonicodell’atrio del Palazzo dellaProvincia4, caratterizzato dallapresenza permanente della“Danzatrice” di Amleto Catal-di5, e le opere da esporre. Inverità l’occasione di proporreuna “sinfonia” tra architettura,scultura e disegni è stata l’ideacentrale che ha fatto da guidaal progetto dell’allestimento.Dalla “contaminazione” deidiversi linguaggi artistici è sca-turita un’opera d’arte totale.L’intenzione di creare un “uni-verso comunicativo totalizzan-te” più volte riproposto nellastoria degli allestimenti italia-ni, è stata, peraltro, un princi-

5

1. 2. 3. 4. 5. 6. Giorgios Papaevangeliu,fotografie e disegnidell'allestimento dellamostra di AntonioValente al Palazzodell'AmministrazioneProvinciale di Frosinone.

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pio espresso già nel 1931 daPietro Maria Bardi: «riaffiatarearchitettura, pittura e scultura,ed escogitare delle ‘forme’ dimostre che siano, intanto nel-

l’insieme, arte».6

In questa alchimia artistical’apparato di allestimento si èritagliato un ruolo di spettro ditrasformazione della materia

artistica: allineamenti, accosta-menti e sovrapposizioni hannogenerato un “plusvalore” spa-ziale tale da svelare le “valen-ze nascoste” del contenitore

6

espositivo; ma anche un “plu-svalore” nelle opere stesse: as-sonanze e interferenze hannomesso in risonanza e reciprocaoscillazione visiva le opere.

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Sospesi nella leggerezza enella trasparenza, i disegni,distribuiti in maniera coreogra-fica nei quattro pannelli metal-lici ad “L”, hanno avvolto,mimando un virtuale abbraccio,la “Danzatrice” di Cataldi, col-locata in posizione gerarchicasu un piedistallo al centro dellasala; mentre da punti di vistadifferenti la stessa coreografiapresentava, non più la figuradel cerchio, ma della lineaaperta, seguendo le direzionidiagonali dell’allestimento.L’intervento progettuale, senzaentrare in “competizione” conle opere, si pone come un “pro-cesso interpretativo e comunica-tivo” e “veicolo dinamico di let-tura”. Lasciando libere le diret-trici di transito verso gli ambien-ti di rappresentanza dell’Ammi-nistrazione Provinciale, i percor-

si espositivi sono plurimi e dilibera scelta, favorendo una let-tura soggettiva delle opereesposte. Al percorso periferico,dove l’esposizione si mostra percontinui e calibrati fotogrammiinquadranti la griglia dei pannel-li e il dialogo intrecciato tra figu-re danzanti, fa da contrappuntoil cammino circolare interno al“recinto” dei pannelli, con cen-tro la statua bronzea, mentreuna più libera e casuale visita,secondo un percorso ad 8 oppu-re ad S tra l’allestimento e l’ar-chitettura dell’atrio, suscita uneffetto di sinestesia spaziale conil “corpo di ballo” della coppiaValente-Cataldi, facendo cosìdiventare lo “spettatore” a suavolta “attore”.Una teca contenente altri dise-gni, riviste e documenti insie-me al film biografico di An-tonio Mantova “Antonio Va-

lente. L’architettoche inventò il futuro”

hanno completato la mostra. Ortogonalità/verticalità ver-

sus obliquità è il tema cheemerge nell’allestimento dellamostra presso la nuova sededell’auditorium del Museo

della Media Valle del Liri diSora, che prende il posto deldemolito ex-cinema Capitol. Alla rigida geometria dellamostra frusinate, accentuatadalla disposizione simmetrica,qui il posizionamento dei pan-nelli e il relativo percorsoespositivo sfrutta alcune fon-damentali direzioni sghembedella sala, opera dello studiosorano Cautilli-Morganti, man-tenendosi tuttavia in una posi-zione distante dagli accenti“decostruttivisti” dello spazioespositivo. Sfruttando la complessità spa-ziale in planimetria così comein alzato, è stata adottata unafelice soluzione collocandol’esposizione “a pannello”nella parte a doppia altezza,mentre teche e video sonostati disposti nella parte piùraccolta individuata dal soppal-

co. Le teche so-no state collo-

cate a mo’di leggio

verso l’espo-sizione con

pannelli. Queste, infatti,sono state disposte in modo

da avere una visuale d’insiemedell’allestimento della sala dalpiano terra e un affaccio dalsoppalco. I pannelli, invece,hanno trovato la loro naturalecollocazione nelle assialitànascoste, sottintese nella pluri-direzionale geometria dellospazio espositivo.

7. 8. 9. 10. Disegni e fotografiedell'allestimento diGiorgios Papaevangeliuper la mostra di Valenteal Museo della MediaValle del Liri di Sora. 7

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N O T E

1. Roma, Sala Santa Rita, dal20 ottobre al 15 novembre2010; Frosinone, Palazzodella Provincia, dal 20dicembre 2010 al 12 gennaio2011; Sora, Museo dellaMedia Valle del Liri, dal 15gennaio al 6 febbraio 2011.2. Antonio Valente (Sora1894 – Roma 1975). 3. Le opere esposte facenti

parte del fondo AntonioValente, dal 1999 consideratedi notevole interesse storicodalla SoprintendenzaArchivistica per il Lazio, sonostate catalogate, restaurate econservate nell’archivio curatodalla moglie dell’Arch.Valente, Sig.ra Maddalena Del Favero, presso la suaabitazione romana. Lacuratrice del prestito è stataFrancesca Di Fazio.4. Realizzato dall’Arch.Giovanni Jacobucci (Supino1895- Roma 1970).5. La “Danzatrice” di AmletoCataldi (Napoli 1882 – Roma1930) è stata esposta aParigi. L’autore è nato dagenitori originari diCastrocielo. 6. Pietro Maria Bardi, Nuove esigenze delleesposizioni, «Ambrosiano»,20 marzo 1931.

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I FROSINONE: AREA DEL “CASALENO”

PROGETTO DI IMPIANTO SPORTIVOE RIQUALIFICAZIONE URBANA

di Alessio Sirizzotti

T E S I D I L A U R E A

anche da una serie di serviziquali lo Stadio del nuoto, ilPalasport, edifici amministrativi,Teatro, Conservatorio ed areecommerciali, inseriti in un conte-sto frammentato, frutto diun’evoluzione urbana ricca diaggregazioni spontanee e formespesso complesse, non in grado

l progetto scaturisce dal-la necessità di dotare il capoluo-go ciociaro di un nuovo stadio,in sostituzione dell’impiantosportivo esistente, il cosiddetto“Matusa”, ormai non conformeall’odierna normativa di sicurez-za e, soprattutto, privo dellecaratteristiche di polifunzionalità

degli impianti contemporanei.L’area d’intervento, nota come“Casaleno”, è posta ai marginidella città, in posizione strategi-ca rispetto al sistema urbano,ambientale ed infrastrutturale.Tale area è interessata, oltre cheda una struttura preesistente,incompleta, destinata a stadio,

Università degli Studi di Roma “La Sapienza”Facoltà di Architettura“Vallegiulia”Tesi di Laurea in Architetturae Ingegneria EdileRelatore: Prof. Arch. A. Giancotti

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di fornire una lettura unitaria.L’obiettivo è di procedere allaprogettazione di un nuovo im-pianto sportivo che contribuiscaad una riqualificazione urbani-stica. Ratio dell’intervento è,pertanto, quella di operare una

fusione con il paesaggio circo-stante, in una visione armonio-sa del Landscape, funzionalealle esigenze degli abitanti edespressione di un’aggregazio-ne tra ambiente, sport e città,ipotizzando la realizzazione di

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una vera e propria integrazionetra natura e cultura.Finalità principale è di una “cittàdello sport”, ovvero di uno spa-zio pubblico dedicato al tempolibero e alle attività sportive ericreative, anche in assenza di

In questa pagina,masterplan e renderingdello stadio.Nella pagina accanto,analisi dell'area: stato di fatto, alterazionemorfologica,determinazione dellagiacitura dello stadio nel punto di massimatensione del sistema,completamento deltessuto.Nelle pagg. 18 e 19,masterplan.A pag. 22, rendering.A pag. 23, esploso elogo.

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manifestazioni calcistiche, ingrado di combinare due differen-ti tipologie: quella dello stadio equella del parco. Questi due pro-grammi intrecciati e fusi tra loroformano una struttura duttile,predisposta a molteplici usi ecaratterizzata dalle mutevolisfaccettature. La nuova “Polari-tà di servizi”, da collegare con ilcentro, con la stazione ferrovia-ria e la rete autostradale, èoggetto di nuovi tracciati viari,alterazioni morfologiche e com-pletamento del tessuto urbano.Tali interventi contri-buiscono a riequilibra-re il territorio e adindividuare il punto dimassima tensione delsistema, ovvero il luogo di giaci-tura dello stadio. Esso è situatosu un lieve rialzo del terreno,scavato al suo interno, dise-gnando il suolo attraverso curva-ture gentili, che ben si confron-tano con lo scenario circostante,ed è posto nel centro di un com-plesso polifunzionale. Tale scel-ta crea una connessione armoni-ca con il parco, soprattutto inrelazione all’orientamento eall’esposizione del campo digioco e della città.Questo assetto architettonicodeclina lo sviluppo dello sta-dio, basato principalmentesu due principi proget-tuali. Il primo è fonda-to sul suo riferirsi adue ambienti –l’uno esterno,

l’altro interno – senza indivi-duare un centro o un margine,un fronte o un retro, dove larelazione con il paesaggioassume un ruolo fonda-mentale e si costruisce nelrapporto con la terra el’orizzonte, marcando l’im-portanza del dialogo tranatura e artificio, tra territorioe costruzione. L’altro principio èdato dall’intento di dissolvere ilconfine tra interno ed esterno.Gli anelli delle gradinate nonsono completi, risultano “inter-

rotti”, in modo darealizzare una per-meabilità verso il pae-saggio: uno spazionon “letteralmente

costruito”, punto di incontro traterreno e costruzione. La co-struzione allora non è altro cheuna leggera alterazione del ter-reno, un complesso con unadoppia essenza, un nucleo diattività sportive ed una cornicedi attività “urbane”, aperte sulpaesaggio circostante.Il concept pro-gettua-

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stampa, spogliatoi, locali UEFA,negozi e magazzini. I requisiti vincolanti richiestidagli impianti sportivi sonogeneralmente dettati dalledimensioni del campo, dalnumero degli spettatori, dallapresenza o meno di altre struttu-re sportive, come gli spazi per

l’atletica e, comeaccadeva negli anfi-teatri romani (dal gre-co “anphithéatron” =teatro intorno), dallacostruzione di unospazio centrale circon-dato da posti destinatiagli spettatori.L’organizzazione pla-

nimetrica degli spazi e dellefunzioni è stata interessatadalla volontà di fornire unpunto di vista privilegiato adogni spettatore, a prescinderedalla divisione in settori, rispet-to al campo. Ciò ha comportatol’assenza delle piste dell’atleti-ca a vantaggio della vicinanzatra lo spettatore ed il campo.In tal senso i due bracci presen-tano un raggio di curvatura taleda favorire la visione, distac-candosi dai classici modelli aforma ellittica o rettangolare, edettano le linee di costruzionedelle tribune.La capienza complessiva, inosservanza alle normative vi-genti, è pari a 25000 posti asedere suddivisi in settori: cur-ve, distinti, tribune, tribuned’onore e stampa.

le, infatti, sorge dall’idea direalizzare una struttura che,pur convergendo l’attenzionedegli spettatori verso il centro,non crei una forte chiusura trainterno ed esterno. Lo stadio è pensato e suddivisoin due bracci, che “avvolgono”il campo da gioco e si apronoverso la città, i quali presenta-no una distinzione dimensiona-le, funzionale e logistica: l’unoriservato alla tifoseria ospite,più piccolo, composto da dueanelli con accessi ai settorigarantiti da penetrazioni nelterreno, con un sistema dicopertura volto a creare unacompenetrazione tra natura ecostruito ed in grado di celareal suo interno lo stadio; l’altroinvece, riservato alla tifoseriadella squadra del Frosinone, più

grande, composto da tre anelli,rivolto verso il centro storicodella città, con al suo internodiversi servizi e funzioni.Le scelte architettoniche sonolegate alla necessità di rispon-dere ad uno scopo ed alle atti-vità legate ad esso. Da questopunto di vista le tipologie comele arene, connotate da un

carattere di immutabilità delmodello, dato dalle gradinatedestinate alla partecipazionedella folla, sono interessate dasostanziali ricerche per sistemidi copertura ed inserimento dialtre attività legate al commer-cio ed al tempo libero, che tro-vano spazio nelle sotto-gradi-

nate, definendo un nuovo rap-porto tra il basamento dellostadio ed il contesto urbano incui si inseriscono. La soluzioneprogettuale prevede a talescopo una galleria polifunziona-le con diversi servizi, quali bar-caffetterie, museo dello sportdella squadra, uffici ammini-strativi, servizi, ristoranti, sale

In questa pagina,rendering dello stadio.Nelle pagg. 24 e 25,piante a quota m 2,52;m 9,27; m 13,27 e m22,77; prospetti sud-ovest e nord-est,nord-ovest e sud-est.

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T E S I D I L A U R E A

I di Emanuele Vendetti l tema della tesi di lau-

rea è stato scelto per indagareil concetto stesso di archeolo-gia industriale, nonché gliambiti di applicazione scientifi-ca e pragmatica delle disciplinecollegate.Nata agli inizi degli anni Cin-quanta in Gran Bretagna, con leprime associazioni per la tuteladei reperti materiali della primaindustrializzazione (fabbriche,

macchinari, canali, ferrovie, mi-niere, case operaie, fornaci,ecc.), l’archeologia industriale,oggi, non è limitata a questoambito, sconfinando presto ver-so orizzonti più vasti. La stessa proposta, provenienteda nuovi indirizzi della discipli-na, di puntualizzarne la defini-zione come “archeologia delleattività produttive”, e non sem-plicemente archeologia indu-striale, testimonia la consapevo-lezza della necessità, o quantomeno dell’opportunità, di esten-dere la proiezione dell’indagine

diacronica oltre il complessodelle testimonianze che il pro-cesso di industrializzazione haprodotto e lasciato sul territorio,aprendosi nei confronti deglieventi tecnologici e produttividelle società preindustriali.Quella del recupero e del riuso èforse la frontiera più interessan-te dell’attuale processo di ridefi-nizione del complesso di attivitàconnesse all’attività industriale.

Siamo infatti convinti che ilriuso dell’architettura industrialee delle sue tracce storiche dovràsempre più assumere, nel pros-simo futuro, la veste di metodo-logia culturale finalizzata allariapertura del dibattito intorno

alla gestione e all’utilizzazionedel territorio, in particolare inaree che, come Frosinone, of-frono una significativa testimo-nianza di attività produttive pre-industriali.Atina è situata nella Valle diComino, una conca attraversatadal fiume Melfa, affluente disinistra del Liri, e dal torrenteMollarino, ai piedi dell’Appen-nino laziale meridionale con la

vicina Valle del Liri. Già partedel Regno delle due Sicilie, rica-deva nell’area che i Normannidefinirono “Terra di Lavoro”:zona di confine e importantecrocevia di popoli e traffici tra ilNord ed il Sud della penisola,collegamento obbligato tra ilmar Tirreno e l’Adriatico attra-verso i passi di Forca d’Acero edella Marsica. La recente storio-grafia ha messo in evidenzacome la Valle non fosse chiusain un’economia di autoconsu-mo, ma fosse invece parte atti-va nei traffici commerciali tra il

Università degli Studi di Roma “La Sapienza”Prima Facoltà di Architettura“Ludovico Quaroni”Corso di laurea inProgettazione e Architettura degli InterniAnno Accademico 2009 - 2010Relatore Prof. Arch. Andrea Grimaldi

UNA BIBLIOTECA PERLA VALLE DEL COMINO

ARCHEOLOGIA INDUSTRIALE: PROGETTO E RECUPERO DELLA EX CARTIERA VISOCCHI DI ATINA

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Regno delle due Sicilie e gli altristati della penisola, nonchésnodo importante della transu-manza estiva. Grazie alla pre-senza naturale di materie primee, soprattutto, alla sovrabbon-dante presenza di corsi d’acqualimpida, con regime costante ecascate di notevole altezza chepotevano essere sfruttate per laforza motrice, la diffusione delleattività industriali ebbe un note-vole incremento nel bassoLazio, dove la produzione dellacarta divenne una realtà indu-striale considerevole.La cartiera Visocchi di Atinaprende il suo nome dalla fami-glia fondatrice. Il complesso ècomposto da numerosi fabbrica-ti e pertinenze, occupa unasuperficie totale di mq 37.000di cui mq 12.350 costruiti peruna volumetria di mc 90.000. Grazie allo studio delle fonti ico-nografiche e d’archivio (i catastidel 1878, degli inizi del ‘900 edel 1930) e soprattutto allaluce delle tecnologie costruttiveutilizzate nelle varie epoche, èpossibile avanzare delle ipotesisull’evoluzione del complesso.I momenti costruttivi che sidistinguono vanno dall’architet-

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dei quali addossati alla cartiera.La proposta progettuale si situanell’ambito di un percorso natu-ralistico pedonale e ciclabile checosteggia il fiume, spina dorsaledi un progetto di risanamento edi valorizzazione ambientale,che prevede la creazione del“Parco fluviale del Melfa”, e di

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tura della mimesi delle attivitàproduttive tipiche del nucleo sto-rico originario (costruito comeuna qualsiasi abitazione del-l’epoca), all’architettura funzio-nalista (caratterizzata da volu-mi razionali puri e semplici,dalle grandi dimensioni, cheenunciano chiaramente le attivi-

tà che si svolgevano al lorointerno) e all’architettura indu-striale contemporanea (di scarsiinteresse e valore architettoni-co). Le fasi evolutive, cheabbracciano un arco di tempo di170 anni, sono legate impre-scindibilmente al progressodella produzione della carta.

In questa pagina, analisi evolutivadell'insediamento, dal1840 al 1960, e studi su geometria evolumetria dell'impianto.Nella sequenzafotografica, da sinistra a destra, la cartiera vistadal fiume Melfa, la centrale elettrica, il reparto allestimentocon i macchinari per il taglio, reparto dellamacchina continua.A pag. 28, CartieraVisocchi ad Atina:planivolumetria e assonometria dellostato di fatto.

Lo spunto progettuale dell’inter-vento di recupero è stato fornitodal dibattito circa la concessionein comodato d’uso di questastruttura alla Facoltà di ScienzeMotorie dell’Università degliStudi di Cassino, cui sono statigià affidati gli impianti sportiviubicati nella stessa zona, alcuni

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In questa pagina, in alto,schema generale diprogetto conindividuazione di areefunzionali e percorrenze;in basso, indicazionedelle demolizioni degliedifici di scarsointeresse.Nella pagina accanto,rendering dellabiblioteca.

un percorso culturale, che con-templa il recupero e la conserva-zione degli ambienti della car-tiera con la creazione di unacentralità culturale attrattivaunita al bisogno di spazi perl’Università. È auspicabile chetale realizzazione inserisca lacartiera in un progetto di ampiorespiro, che sappia creare undialogo tra i vari elementi chelo compongono, ossia il fiume,la città, il centro ippico, gli

impianti sportivi ed il territoriocircostante. Un’attenta analisi e una miratastrategia d’intervento hannoportato a prevedere, in fase pro-gettuale, la demolizione di tuttele strutture di scarso interessedal punto di vista storico-costrut-tivo, oltre alle superfetazioniche hanno fatto perdere unitàall’impianto e riconoscibilità geo-metrica ai volumi.Il progetto in una prima fase ha

indagato le carenze di spazi aduso universitario e si è posto loscopo di risolvere queste esi-genze con scelte funzionalilegate alle percorrenze per poiconcentrarsi, ad una scala piùdettagliata, sul tema dellabiblioteca.La scelta di progettare unabiblioteca sottolinea la volontàdi creare un polo attrattivo, siaper gli studenti del complessouniversitario, sia per l’intera

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comunità. L’edificio scelto perottemperare a questa funzioneha caratteristiche che si adatta-no benissimo allo scopo.La biblioteca è stata progettatanell’edificio che accoglieva lamacchina continua, centro dellaproduzione della carta e, allostesso tempo, metafora dellaproduzione del pensiero. Postoin una posizione centrale rispet-to al complesso della cartiera,così da rispettare quelle funzio-

ni attrattive e di richiamo deglistudenti, l’edificio è facilmentericonoscibile grazie ad unaforma molto allungata e ad unanotevole altezza che rende l’in-terno ancora più caratterizzantee suggestivo. Gli ambienti che formano que-sto edificio sono principalmentedue:- il piano terra, contraddistintoda una vera e propria selva dipilastri, che scandendo ritmica-

mente tutta la lunghezza ave-vano lo scopo di sopportarel’impressionante peso dellamacchina continua; questiripartiscono il piano in tre cam-pate: una, laterale, più largaper il passaggio, una, laterale,più stretta per la stipa dellematerie prime e delle bobine dicarta prodotte e una terzacampata centrale ancora piùstretta che, posta proprio sottola macchina continua, serviva

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Sei bella anche tu, fabbrica nella verde valle

anche se simbolo e patria di cose odiate:

caccia al denaro, schiavitù, prigionia tetra.

Anche tu sei bella! Rallegra a volte l’occhio

il rosso tenero dei tuoi tetti e la tua

bandiera e insegna: l’orgogliosa

ciminiera! Io ti saluto ed amo,

gentile, tenue blu sulle povere case

dove tutto sa di sapone, di vino e di bambini!

Nel verde dei prati, sul viola dei campi

giocano i cubi delle case, il rosso dei tetti,

festosi dentro, festosi e anche teneri,

musica a fiato mista di oboe e flauto.

Rido, intingo il pennello in lacca e cinabro,

passo sui campi un verde polveroso,

ma più bella di tutto splende la ciminiera

rossa, ritta piantata in questo stolto mondo,

immensamente fiera, bella quanto ridicola,

asta della meridiana infantile d’un gigante.

Anonimo

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In questa pagina,rendering degli interni.Nella pagina accanto,prospetto nord, prospettoovest, sezione trasversalee longitudinale del corpodella biblioteca.

alla manutenzione di quest’ul-tima. Lo smantellamento dellamacchina continua ha lasciatotagli molto suggestivi nel sof-fitto che fanno intravedere ilpiano superiore in tutta la suaaltezza;- il primo piano, unico spazio,che può essere colto nella suainterezza con un solo sguardo,alto circa 10 m (una lunghezzadi 80 m per 12 m di larghezza)e caratterizzato da pilastri mol-to esili, in proporzione all’interastruttura, che partendo da terradiventano paraste posizionateritmicamente ogni 5 m per tuttala lunghezza dell’ambiente.Ogni campata presenta unafinestra che, date le considere-voli dimensioni, forma una verae propria parete vetrata. Nellaparte superiore, i pilastri si iso-lano dalla parete e creanoun’asola di luce, sostenendo unsoffitto molto pesante, chesembra invece levitare nell’am-biente grazie alla sagomaturaplastica che lo contraddistingue;nella parte centrale il soffitto èulteriormente plasmato tramitecinque camini per l’areazionedell’ambiente e della macchinacontinua.L’intervento progettuale rispettal’esistente senza mai sovrastar-lo, rimanendo il più possibile inarmonia con le sensazioni pro-vate nel visitarlo e nello studiar-lo; per questo motivo la sceltadei materiali utilizzati ha avvici-nato alla matericità del cemen-

to armato, solido e pesante, laleggerezza dell’acciaio del vetroe il calore del legno.Il progetto è caratterizzato for-temente dalla conformazionedell’edificio, sia in pianta sia insezione; l’ingresso principale, inposizione baricentrica rispetto a

tutto il complesso universitario,avviene nel piano terra, chenonostante le dimensioni dilata-te è caratterizzato da una scan-sione di ambienti vetrati e con-secutivi, che danno la possibilitàdi cogliere tutta la lunghezzadel piano. Questi ambienti

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sono: il punto d’accoglienza, ilguardaroba, salette audiovisivemultiple e salette audiovisivee/o per la consultazione privatadei libri. La salita al primo pianova ad esaltare la sensazione deitagli nel solaio che traguardanoil piano superiore, con una scalamolto leggera di travi sagomatein ferro e gradini in legno, conparapetto trasparente in ferro

quasi impalpabile, come se lasalita al piano superiore fosseuna salita di consapevolezza,quindi una salita verso la lucedella conoscenza. Il grande spa-zio interno del primo piano èuna sorta di ampia hall dovesono concentrate le principalifunzioni e le dotazioni di servi-zio della biblioteca, nonché laconservazione dei libri.

Tutti i libri sono sistemati in duegrandi librerie a giorno su trelivelli, poste sulle pareti lateralidel grande ambiente, accessibi-li da ballatoi continui; i lettoripossono scegliere il libro deside-rato, consultarlo nelle postazio-ni di consultazione veloce –integrate nei parapetti dei balla-toi – e poi raggiungere lepostazioni di lettura. Possono

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poi restituire il libro al punto dicontrollo o lasciarlo nei punti diraccolta al piano.L’intervento così unitariamenteproposto va ad indagare in qual-che modo il tema della “finestraarredata”; infatti la libreria posta,su tre livelli, incornicia le finestredella campata e i ballatoi vengo-no sospesi con dei tiranti, ancora-ti alla mensola che portava il car-

roponte per il trasporto dellebobine di carta finita; i ballatoisospesi servono anche ad au-mentare quella leggerezza che siintendeva dare con l’uso delferro, del vetro e del legno.Il progetto è punto di arrivodello studio del “wall-system”,che da fastoso sistema d’arredodiventa soluzione architettonicae spaziale strettamente funzio-

Biblioteca per la Valle di Comino. Sezionitrasversali e dettaglicostruttivi.La biblioteca è stataprogettata nell’edificioche accoglieva lamacchina continua,centro della produzionedella carta e, allo stessotempo, metafora dellaproduzione del pensiero.

nale; in questa soluzione rag-giunge una dimensione ciclopi-ca: i libri si fanno realmente ar-chitettura, rappresentazione delsapere universale e sono decora-zione necessaria e sufficiente, ilresto è solo spazio vuoto e luce,dando vita ad un progetto dibiblioteca che ha l’audacia divoler conservare tutto il patrimo-nio librario a vista.

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ci” delle strutture fisiche dellefarfalle. Dirò subito al lettore, però, chenon ho competenze del giustolivello per soddisfare in modoesaustivo le sue domande; cre-do, tuttavia, di averne sufficienti

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’animato fiore senzastelo. È, questa, la definizioneche il poeta-entomologo GuidoGozzano dà della farfalla nellasua Storia di cinquecento Va-nesse, uno dei suoi innumerevoliempiti d’amore nei confronti diuna vita che sentiva, tuttavia,inesorabilmente sfuggirgli: perricordare a se stesso la meravi-glia e, al tempo stesso, la cadu-cità dell’esistenza.Sarei tentato di lasciarmi subitorapire da lui (poeta prediletto damio padre), da chi lo ha precedu-to o da chi lo ha seguito in quei“voli” sostenuti dalle tenui ali diuna farfalla. Anche nel ricordodelle mie prime compagne digioco, che sono state proprio lefarfalle.Ma lo sguardo che si sta oraposando su queste pagine saràquasi certamente, è ovvio, quel-lo di un architetto: un professio-nista aduso a confrontarsi construtture e ornamentazioni.Sarà, quindi, preferibile che iom’impegni nel sottoporre allasua attenzione gli aspetti “tecni-

testo e foto di Gaetano De Persiis

N A T U R A

L

Adrian Bejan, docente di inge-gneria meccanica alla DukeUniversity (North Carolina), nonera di certo ispirato alle ali di far-falla quando, riferendosi alla“divina” ispirazione che guidòAntoni Gaudí nel concepimento

per stimolare, piuttosto, le suecuriosità e dargli stimoli perapprofondire gli argomenti.Provi, allora, il lettore, a conside-rare la stupefacente semplicitàed efficienza della struttura alaredelle farfalle! Il pensiero di

“L’ANIMATO FIORE

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dall’apparenza così fragile e deli-cata, eppure capace di trasporta-re una farfalla con precisione perogni dove: può assisterla persinoin viaggi di migrazione su percor-si di migliaia di chilometri.Praterie, boschi, dirupi, rovi non

della sua Sagrada Familia, laparagonò a quella di “un funam-bolo, che camminava sulla sotti-le linea, che unisce l’arte allascienza. Sapeva che tutte leforme della natura obbedisconoa leggi matematiche. Le costru-

zioni più forti sono le più legge-re, le più efficienti, e di conse-guenza, le più belle”. Ma il pen-siero calza alla perfezione aquella doppia e fine membranaalare sostenuta dalle sue sottilis-sime nervature tubulari (tav. A),

SENZA STELO”

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l’impalpabilitàmicrostrutturalenell’occhiodell’entomologo

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impensieriscono il nostro piccolofolletto; né gli dà pensiero ilvento, né la pioggia. Il suo volo,da specie a specie, può esseremolle e cadenzato oppure velocee vibrante, ma le ali che lo ren-dono possibile lo assistono conefficacia, fino allo spirar del ter-mine che Madre Natura le haconcesso. (“La farfalla non di-spone di mesi, ma di attimi. E iltempo le basta”. Così meditavaRabindranath Tagore).E che dire di quei disegni e diquei colori per i quali le farfallesono da sempre celebrate!Disegni, che sembrerebbero ispi-rati proprio da raffinati e fanta-siosi architetti, se non fosse che,in quell’era lontana in cui unascintilla (quale?) scoccò, gliarchitetti ancora non v’erano.Eppure qualcuno, allora, in lorovece, concepì un’idea che qual-cun altro, oggi, crede di poterspiegare attraverso un meccani-smo basato su un modello a duegradienti: un piano e un cono(tav. B). Chi fu, allora, in queltempo lontano, l’artefice? Ma-dre Natura? Il Supremo Archi-tetto? Sarebbe bello avere cer-tezze. Ma è, forse, su questeincerte certezze che l’umanosentire si nobilita e può avereoccasione di elevarsi.E che dire, ancora, dei colori! Ho

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1. Aporia crataegi, lapieride del biancospino.2. Heodes virgaureae,maschio.3. Argynnis paphia,maschio.4. Parnassius apollo,maschio.5. Papilio machaon:particolare del rectodell'ala posteriore dx.6. Clossiana dia.7. Volo dicorteggiamento diArgynnis paphia.

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abbondanti, responsabili deirossi brillanti, arancioni, gialli ealcuni bianchi. Molte colorazionimetalliche e iridescenti delle far-falle hanno, invece, una originefisica (o strutturale) determinatadalla particolare microstrutturadelle squame, tale da renderepossibile il manifestarsi di feno-meni d’interferenza, diffrazione,riflessione e diffusione della luce(tav. C). Ognuna di esse èl’escrescenza appiattita di unasola cellula e misura circa 100

micrometri (=100 millesimi dimillimetro) di lunghezza per 50di larghezza. Le squame sisovrappongono come tegole ecoprono completamente lasuperficie membranosa delle alicon una densità di 200-600 permillimetro quadrato. Sono pro-prio quelle squame multicolori la“polverina” che rimane sulledita, il “detrito di quella farfalla”che la Vispa Teresa “un giornoghermiva, stringendola viva”.Sulla piccola ala di una farfalla

sempre creduto che nessuna libe-ra e sfrenata fantasia di bambinosaprebbe riempire un foglio bian-co con tonalità, sfumature, abbi-namenti di colori paragonabiliall’infinita e ricchissima gammadi quelli che troviamo sulle alidelle farfalle! Colori, peraltro di diversa origine.Chimica, innanzitutto: melanine,per le colorazioni essenzialmen-te nere e grigie; flavoni, omocro-mi e carotenoidi, che produconoil giallo e il bruno; pterine, meno

ce ne sono, quindi, di fonti d’ispi-razione per un architetto! Strut-ture, forme, colori...Ma accennavo, all’inizio, a Goz-zano ed ai tanti artisti, poeti eletterati che dalle farfalle si sonolasciati ispirare: da Chuang Tse(III sec. a C.) ad Arakida Mo-ritake (1473-1549), da WilliamBlake (1757-1827) a JulesRenard (1864-1910), da Vladi-mir Nabokov (1899-1977) aSalvador Dalì (1904-1989):tanti, molti di più di quanto s’im-

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Tavola ATipologie di ali.

Tavola BIl meccanismo mediante il qualesi generano gli ocelli marginali èun modello a due gradienti.Sotto ognuno dei quattrodisegni alari, si trova undiagramma, in cui i duegradienti P e Q sono raffiguraticome un piano e un conointersecantisi. La sezione conica,che nasce dall’intersezione deipiani, non è il disegno sull’ala,che nasce, invece, dallaproiezione della sezione conicasull’ala. (Cfr. LE SCIENZE - Scientific American, n. 161,1982).

Tavola CLa serie di disegni, in scalacrescente, raffigura in dettagliola struttura delle squame diMorpho rhetenor dell’Americameridionale. I disegni sullasinistra rappresentano il latosuperiore dell’ala, che, nelmaschio, si presenta di coloreblu metallico. Il colore èstrutturale, deriva, cioè,dall’interazione della luce con lesquame delle ali, ed è dovutoalla struttura delle crestepresenti sulla loro superficie.Queste hanno numerosi solchiorizzontali, le cui superficisuperiori e inferiori distano circa0,22 micrometri: circa la metàdella lunghezza d’onda dellaluce blu, il che fa in modo chequesto tipo di lunghezze d’ondainterferisca costruttivamentequando la luce viene riflessadalle loro superfici. I disegni adestra mostrano il lato inferioredell’ala, che è marrone: questocolore dipende dai pigmenticontenuti nella squama. (Cfr. LE SCIENZE - ScientificAmerican, n. 161,1982).

C

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8. Zerynthia polyxena.9. Parnassiusmnemosyne.10. Iphiclides podalirius,mio compagno di giochiinfantili.11. Euphydryas aurinia,femmina.12. Euchloe simplonia.13. Aporia crataegi, involo.14. Anthochariseuphenoides, su fiore dinarciso.15. Lysandra bellargus,maschio.16. Polygonia c-album,con le sue mimetiche alifrastagliate.17. Melanargia arge:particolare verso alaposteriore. 18. Zygaena carniolica.19. Gonepteryx rhamni,maschio.

magini. Fra essi, HermannHesse, premio Nobel per la lette-ratura nel 1946. Questo unbreve saggio del suo pensiero:“«Sono qui per stupirmi!» affer-ma un verso di Goethe. Con lostupore si inizia e anche con lostupore si termina, e tuttavianon è un cammino vano. Seammiro un muschio, un cristallo,un fiore, un coleottero dorato,oppure ... un’ala di farfalla conle sue ben ordinate nervature cri-stalline, il taglio e le coloritedecorazioni ai suoi bordi, lavarietà di caratteri e di ornamen-ti del disegno e le infinite, morbi-de, mirabilmente ispirate grada-zioni e ombreggiature dei colori;ogni volta che riesco a vivere insintonia con un frammento dinatura grazie all’occhio o unaltro senso, ogni volta che sonoda essa attirato e incantatoaprendomi per un attimo alla suaesistenza e alla sua rivelazione,allora dimentico – in quello stes-so istante – tutto l’avido, ciecomondo delle umane ristrettezze,

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“essenza”. Incanto che, sinora,non mi ha mai abbandonato eche, anzi, oggi si accresce nellaconsapevolezza di ciò che stia-mo perdendo. Giacché le farfal-le vanno scomparendo: in silen-zio, poco per volta, anno dopoanno, in una lunga e muta ago-nia, cui noi, responsabili, assi-stiamo distratti senza capire cheè la Vita che sta scomparendo,e non soltanto un bel turbine digioiosi colori.

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e, invece di pensare o di imparti-re ordini, invece di conquistare odi sfruttare, di combattere o diorganizzare, in quell’istante nonfaccio altro che “stupirmi”, comeGoethe; e con questo stuporenon sono solo divenuto fratellodi Goethe e di tutti gli altri poetie saggi; no, sono anche il fratel-lo di tutto ciò che ammiro e spe-rimento come mondo vivente:della farfalla, dello scarabeo,della nuvola, del fiume e dei

monti: perché, lungo il camminodello stupore, sfuggo per un atti-mo al mondo della divisione edentro nel mondo dell’unità, doveuna cosa, una creatura dice aogni altra: «Quello sei tu – Tattwam asi – »...”Avrei voluto usare io stesso que-ste espressioni; avrei voluto chefossero le mie parole a lasciartrasparire l’incanto provatodinanzi al volo di una farfalla, aisuoi colori, alla sua semplice

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Bibliografia breveGaetano de Persiis, Le farfallediurne della provincia di Frosi-none, Museo di Storia Naturale diPatrica (FR), 1991. Herman Frederik Nijhout, Gli sche-mi di colorazione delle ali dellefarfalle, Le Scienze (ScientificAmerican) n. 161, gennaio1982.Guido Gozzano, Poesie e Prose,Milano, Garzanti, 1978. Valerio Sbordoni e SaverioForestiero, Il mondo delle farfalle,Milano, Arnoldo MondadoriEditore, 1984.

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non trovò di meglio che sconfessa-re l’idea bragagliana. Nella famo-sa lettera che indirizzò al galleri-sta Sprovieri il 4 settembre 1913,l’artista scrisse: “Mi raccomando,te lo scrivo a nome degli amicifuturisti, escludi qualsiasi contattocon la fotodinamica di Bragaglia.È una presuntuosa inutilità chedanneggia le nostre aspirazioni diliberazione dalla riproduzioneschematica o successiva della sta-tica e del moto. Per l’iniziazioneelementare quello che Balla HAFATTO. Quello che farà sarà certa-mente superiore. È giustissima lasuddivisione che tu fai nella lette-ra a Marinetti - immagina dunquese abbiamo bisogno della grafo-

mania di un fotografo positivistadel dinamismo… Dinamismosperimentale. Il suo libercolo mi èsembrato, e così agli amici, sem-plicemente mostruoso. Grottescala prosopopea e l’infatuazione sul-l’inesistente -”.6

A questo ingeneroso giudizio feceseguito la pubblicazione su “La-cerba” dell’avviso firmato dalgruppo dei pittori futuristi (Boc-cioni, Balla, Carrà, Severini, Rus-

tanto che, quando ebbe l’incaricodi curare la mostra storica del futu-rismo per la Biennale di Venezia,chiese che le fotodinamiche diBragaglia fossero esposte con iquadri dei pittori futuristi, noncome documenti, ma come vere eproprie opere.3 E quando Rag-ghianti, per contrasti con l’Enteveneziano, ritirò il suo progetto, sirivolse a Bragaglia sottolineandoche nella “mostra era parte orga-nica e insostituibile anche la foto-dinamica, presentata alla paridelle produzioni pittoriche e scul-torie”.4 Avendo “rievocato la va-lenza della fotodinamica, anzi lasua precedenza rispetto ad altrifenomeni caratteristici del futuri-

smo ed alle ricerche di molti pitto-ri futuristi”, Ragghianti esprimeràil suo rammarico per l’impossibili-tà “di dare al pubblico questavisione nuova e più obbiettiva”.5

Come si era reso conto Ragghian-ti della portata del fotodinami-smo, a quasi cinquant’anni dallasua creazione, se ne era, sincroni-camente, ben reso conto Boccioni,che, temendo implicazioni negati-ve per la propria ricerca artistica,

nton Giulio Bragaglia, nelsuo fondamentale saggio Fotodi-namismo futurista (di cui que-st’anno ricorre il centenario dellapubblicazione)1 innesca un proces-so che trasforma radicalmente il“modus videndi” e l’intero siste-ma della visione. Apre all’occhiodimensioni straordinarie che, sot-tese da illuminanti riflessioni teori-che, inaugurano una nuova conce-zione dell’immagine, che trascen-de lo stesso specifico tecnico dellafotografia. Se ne era reso benconto Carlo Ludovico Ragghianti,quando nel dicembre del 1958,sulla base della fortuita scopertadi un articolo di Edoardo diSambuy in un vecchio numero

della rivista “La Fotografia Arti-stica”2 (maggio 1913, V numero,anno X), trovato in una bottegaantiquaria, indaga sul Fotodinami-smo e lo rilancia all’attenzionedegli studiosi evidenziandonetutto lo spessore, fermamenteconvinto di trovarsi di fronte ad unfenomeno artistico, che avrebbemodificato posizioni e giudizi criti-ci sul futurismo e che avrebbeaperto nuovi orizzonti culturali,

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A L T R I L I N G U A G G I

di Giovanni Fontana A

I CENTO ANNIDEL FOTODINAMISMO BRAGAGLIANO& HERMES INTERMEDIA SOTTO IL SEGNO

DELL’INTERMEDIALITÀ

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solo e Soffici), dove achiare lettere si stabi-liva la distanza dal fo-todinamismo: “Datal’ignoranza generalein materia d’arte, eper evitare equivoci,noi pittori futuristi di-chiariamo che tutto ciò che si rife-risce alla fotodinamica concerneesclusivamente delle innovazioninel campo della fotografia. Taliricerche puramente fotografichenon hanno assolutamente nulla ache fare col Dinamismo plasticoda noi inventato, né con qualsia-si ricerca dinamica nel dominiodella pittura, della scultura e del-l’architettura”.7

In realtà questo atteggiamento dirifiuto, come rilevato dallo stessoRagghianti e come sottolineatoin successivi studi a riguardo, piùche da divergenze teoriche, eramotivato dal timore di Boccioni divedere sminuite le sue innovazio-ni in campo artistico. OltretuttoBoccioni, ponendosi in deprecabi-le ritardo rispetto a Bragaglia,non riconosceva valore artisticoalla fotografia, considerandolauna mera tecnica di riproduzionedel reale. Cosa assolutamentenon vera, come del resto lo stes-so Bragaglia stava dimostrandoin teoria e in pratica. Che la chiusura boccioniana, adun’attenta lettura critica, non siaaffatto giustificabile può esserechiaramente dimostrato dal fattoche lo stesso Bragaglia distingue-va nel suo saggio un “dinamismo

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1. 2. 3. 4. 5. 6. Da"Habeas Corpus", operaintermediale presentatada Hermes Intermediaalla 54a Biennale diVenezia, PadiglioneItalia, Roma, PalazzoVenezia, 2011.

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effettivo” da un “dinamismo vir-tuale”, il primo riferito agli “og-getti in evoluzione di motoreale”, il secondo agli “oggetti instatica”.8 Se il primo sembraavere maggiore attinenza con il“movimentismo” di Balla, il se-condo è perfettamente organicoalla concezione di Boccioni. Ineffetti la teoria del “movimenti-smo” e il “dinamismo” boccio-niano erano contigui e tra di lorocompatibili, iscrivendosi nel me-desimo progetto innovativo, nel-l’ambito di una comune conce-zione dell’immagine, tanto darisultare a volte addirittura com-plementari. Insomma, sia purconsiderando le differenze tral’idea bragagliana e il progettoboccioniano, quella scomunicanon è affatto giustificabile.Nell’introduzione ai saggi pubbli-cati in appendice nell’edizioneeinaudiana di Fotodinamismo

futurista, Giulio Carlo Argan scri-verà: “L’ingenerosa scomunicanon si giustificava col futile argo-mento dell’arte che si fa conl’anima e non con la macchina(lo stesso Bragaglia respingevacon sdegno la qualifica di foto-grafo), né col dissenso teorico sulvero essere del dinamismo futuri-sta. Era un gesto politico, in séscandaloso ma motivato daun’ipotetica necessità superiore:un segno evidente che il Futu-

rismo non era più un’idea, mauna chiesa o un partito”.9

Come si resero conto Eduardo DeSambuy nel ’13, Ragghianti allafine degli anni 50, studiosi comeGiulio Carlo Argan, Maurizio Cal-vesi, Filiberto Menna, MaurizioFagiolo nel 1970, ci rendiamo benconto, noi, oggi, a distanza dicento anni, nel momento in cui lastagione dei nuovi media condizio-na la cultura e l’arte, che la porta-ta delle intuizioni e riflessioni diAnton Giulio Bragaglia si profilano

come ampiamente anticipatricidelle nuove concezioni dell’imma-gine e della visione, trascendendolo stesso specifico tecnico dellafotografia e dimostrandosi adattead essere adottate in altri ambitiartistici, dalle arti visive al teatro,dal cinema al video. “Il moto e la luce distruggono lamaterialità dei corpi”, scriveAnton Giulio Bragaglia. Si tratta diun’osservazione che, all’epocasottovalutata, avrebbe aperto alla

ricerca e alla sperimentazioneartistica strade del tutto impreve-dibili. Ispirato dal manifesto tecni-co della pittura futurista, Bra-gaglia si occupa della visualizza-zione del movimento, reale e vir-tuale, registra e valorizza la tra-iettoria come “spirito del gesto” ecome sintesi di spazio e tempo,intuendo le straordinarie poten-zialità delle pratiche luministichenella ricerca visiva e anticipandoquella stagione della “modernamagia” che pone la luce al centro

dell’universo tecnico ed espressi-vo. Per Bragaglia “l’opacità deicorpi” non è più credibile.Egli pone in evidenza le generalirelazioni tra oggetto e spazio, tracorpo in movimento e ambientecircostante, assegnando valore disegno alle traiettorie, da unaparte scie impalpabili della mate-ria in moto, dall’altra, tracce tan-gibili dello scorrere del tempo, cheattraverso valenze visive vengonoa porsi come vere e proprie coordi-nate spaziali. La dimensione tem-porale è considerata in chiave lin-guistica. Per Bragaglia il tempo è“tradotto in spazio”, il tempo è“portato decisamente come unaquarta dimensione nello spazio”,per ricercare “nuove sensazioni diritmo”, per ottenere un “risultatodinamico”: perché “il dinamismoè tanto essenziale che, spesso,solo il ritmo di un movimento èsufficiente per tutto un quadro e

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possiede la forza di comporre, dasolo, un immenso poema di armo-nia”.10 In questa prospettiva Bra-gaglia può essere considerato apieno titolo uno dei padri delle artiintermediali.Hermes Intermedia [Giovanni Fon-tana, Giampiero Gemini, ValerioMurat, Antonio Poce, gruppo pre-sente quest’anno nel PadiglioneItalia della Biennale di Venezia]11

valuta e acquisisce l’esperienzafotodinamica bragagliana per me-tabolizzarla oltre i confini dell’im-magine fotografica e al di là dellamera esperienza movimentista,che tanta parte ha avuto cent’annior sono nella configurazione delfuturismo. Per Hermes Intermediaconta la sapienza visiva come car-dine per una scrittura del moltepli-ce. Intorno ad essa, infatti, si inne-sta e si articola un complesso uni-verso di segni che interagisconoscambiandosi ruoli. Per tornare aBragaglia si potrebbe ricordare lanozione di “sinopsia”, ma perrestare nell’ambito del gruppo, èopportuno citare l’esperienza della“flash opera” (1994-2001),12 dadove prende ufficialmente lemosse l’attività del collettivo edove svolge un ruolo importantel’impatto tra vocalità, musica,corpo in movimento e tecnologieelettroniche.La flash opera si profila comeun’ottima palestra per affinare glistrumenti della coscienza e dellasapienza intermediale, che per gliautori del gruppo avrebbe determi-nato una significativa spinta versola scelta della dematerializzazionedello spazio scenico, fino alla per-formance digitale.Ilya Prigogine13 parlava del saperescientifico come “ascolto poetico”e come “processo aperto di produ-zione e d’invenzione”: un’indica-zione che, se ricondotta al sapereintermediale, è perfettamente fun-zionale alla riflessione sul metodo.

L’opera intermediale, infatti, carat-terizzata dall’intersezione di codiciin una prospettiva polidimensiona-le, ha una struttura pulsante chefavorisce la costruzione di sistemiche ri-condizionano di volta involta la dinamica degli elementiconsiderati, proprio come avvienenella fisica delle particelle. Non sipuò parlare, allora, di mero luogodi confluenza di discipline artisti-che, bensì di dispositivi elastici cheabbiano la capacità di relazionarsiattraverso connessioni profonde enon per semplice sovrapposizionedi fasce. E qui, è d’obbligo ricolle-garsi all’intuizione di Dick Higgins,quando, trattando il tema dell’inte-grazione dei linguaggi, elabora ilconcetto di intermedium,14 termineriferito esclusivamente all’opera incui tale integrazione è completa-mente attuata, opponendolo amixed-medium, termine riferito adun oggetto artistico in cui il fruito-re può distinguere i vari aspetti lin-guistici (verbale, visivo, sonoro,ecc.) in condizione di completoappiattimento; nell’opera interme-diale, invece, i diversi elementi sifondono in un unicum che nonconsente letture differenziate, pursalvaguardando l’autonomia e lasingolarità dei segni.In un certo senso la scrittura inter-mediale è un ingranaggio che fun-ziona come i meccanismi dellamemoria, dove l’illusione deltempo naufraga nel presente atti-vando una miriade di sinapsi chedistillano suoni, immagini e perce-zioni diverse in essenze della mol-teplicità e della simultaneità.Si tratta certamente di una scrittu-ra più consona alla contemporanei-tà, ma nello stesso tempo forte-mente critica e oppositiva all’ap-piattimento mediatico e alternati-va alle forme di video arte chefanno il verso al multimediale glo-balizzato, imitandone acriticamen-te, se non inconsapevolmente, le

tecniche, cedendo ai canti vuotidelle sirene dell’elettronica. Nell’ottica dell’idea di “processoaperto” di Prigogine e della fisicadelle particelle, è come se il pro-cesso di invenzione e produzionefosse realizzato da particulae, por-tatrici di senso solo in quanto rife-rite alla dimensione totale del-l’opera, che si vuole come concen-trazione assoluta di energie. Tuttoè in funzione del tutto. Si potreb-be parlare, perciò, di entità tran-smateriali innervate da linee-forzache provocano tensioni inattese evibrazioni del senso. È un po’quello che accade nelle particellesubatomiche secondo la “teoriadelle stringhe”, dove si ipotizzache tutta la materia e tutte leforze nascano da un unico costi-tuente di base.Secondo questa teoria le particellesubatomiche non sono puntiformi,ma sono costituite da filamentiunidimensionali (stringhe) infinita-mente sottili che oscillano freneti-camente. Queste vibrazioni conti-nue, che hanno ampiezze e fre-quenze caratteristiche, si manife-stano come “particelle”. Ma la co-sa più sorprendente è che la loromassa e la loro carica siano deter-minate dalle differenti oscillazioni.Da ciò deriva che le proprietà fisi-che non sono che la conseguenzadiretta di quelle oscillazioni; sono,per così dire, la musica delle strin-ghe. Per le forze vale lo stessoprincipio, cosicché ogni particellamediatrice di forza è associata aduna vibrazione specifica. Insom-ma, sia le forze, sia le particelleelementari sono fatte della stessa“materia”.15

Nell’opera intermediale, le dinami-che interne ed esterne, le intera-zioni rivolte verso il proprio bari-centro come verso la periferia,comportano l’esigenza di una sin-cronica vibrazione degli elementi,in un’incessante esplorazione,

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che, reiterata e spinta fino ad indi-viduare le ampiezze e le frequen-ze delle particulae della materialinguistica, finisce per coinciderecon una vera e propria trasgressio-ne nell’uso dei linguaggi medesi-mi. Quello di trasgressione (otrans-gressione), infatti, è un con-cetto che implica pulsioni indagatri-ci. Esplorare significa spesso doversuperare frontiere precluse, pas-saggi interdetti. Oltrepassare que-sti confini “invalicabili” è compie-re un gesto di sfida, sia dal puntodi vista artistico checulturale. Nell’opera di HermesIntermedia, in questospirito, codici e lin-guaggi interagisconoin visioni sincretiche.Ambiti diversi vengo-no rivisitati e riorga-nizzati in un unicoprocesso creativo, do-ve la reciproca inte-grazione degli ele-menti determina unsimultaneismo acusti-co-visivo, sulla stradadi una sincronia meto-dologica e di un con-trappunto parasine-stetico, che sfugge ameri parallelismi, op-tando, invece, per in-terrelazioni sghembeche prediligono la sor-presa, pur nell’assolu-to rispetto della coe-renza formale del pro-getto.La lingua di Hermes Intermedianasce, in effetti, dalla leggerezzadi stringhe in vibrazione che, ta-gliati i cordoni dai loro ambiticaratteristici, si ricompongonoarmonicamente in un contesto dirisonanze e di bagliori, dove l’im-magine si fa musica e la musicasi fa immagine.Hermes Intermedia è oltre il vi-

7. Fotogramma da "LesMachines Spirituelles",opera intermedialepresentata da HermesIntermedia al CentrePompidou ed eseguitadall'EnsembleIntecontemporaine,Parigi 2007.8. Copertina delcatalogo della mostradedicata ad Anton GiulioBragaglia in occasionedell'intitolazione delLiceo Artistico diFrosinone, città nataledell'artista. Frosinone,1982.9. Copertina dellaseconda edizione di"Fotodinamismofuturista. Sedici tavole"di A. G. Bragaglia,Nalato, Roma, 1913.10. Copertinadell'edizione di"FotodinamismoFuturista" pubblicata daEinaudi, Torino, 1970.In terza di copertina:Manifestino di unaconferenza del 1913 con esposizione difotodinamiche.

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deo. Il suo atteggiamento tran-slinguistico lo pone al di là dellecategorie del video d’artista e/odella video-arte, spesso riconduci-bili all’area concettuale o alladimensione della sperimentazio-ne tecnologica, talora fine a sestessa e spesso stancamente rei-

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terata. Quello di Hermes Inter-media è un processo di sintesi chenon lascia spazio alla reversibili-tà, che però abbraccia la dimen-sione del molteplice non sottova-lutandone gli aspetti metamorfici.Ecco, allora, apparire il video “insituazione”, aperto a rivisitazioniperformative che ne snervano lestrutture, ne amplificano i ranghi,pur nel rispetto della matrice origi-naria. Tutto ciò in coerenza con lavolontà espressiva del gruppo,che articola un pensiero non-linea-re, prediligendo strutture tridi-mensionali aperte, forme stellariorganiche alla trasversalità, che,tuttavia, non cedono un millime-tro alla provvisorietà, pur espo-nendosi ed autoalimentandosisulla strada della ricerca dellacompiutezza, ma secondo la pro-spettiva dell’opera aperta. Ed èper questo che le matrici audiovideografiche del gruppo si predi-spongono e si dispongono al trat-tamento della spazializzazionedel suono, della multiproiezione,dell’interattività tra immaginedinamica, corpo e voce, in un fer-tile processo di esplorazione dispazi e di contesti.Del resto, in L’art a perte de vue,16

Paul Virilio ha ben chiarito il pro-cesso della visione in relazioneall’allontanamento dell’oggettodal punto di vista. Oggi, l’occhio siperde oltre l’orizzonte. Nel mondoglobalizzato, infatti, si privilegiauna visione a distanza, perdendodi vista tutto ciò che è vicino. Siesercita, letteralmente, una tele-visione. Alla visione a perdita d’oc-chio si va sostituendo la visionefrontale, limitata al piccolo scher-mo, che in realtà riduce il campovisivo (o campo d’interesse),obbligandoci ad una concentrazio-ne che ci impedisce di guardare ciòche è percepibile nello spazioesterno ai confini del monitor, lospazio del quotidiano.

La visione dello spazio euclideo,tipico della prospettiva quattro-centesca, è stata praticamentesostituita dalla visione del temporeale: lo spazio-tempo del mondoè compresso nel piccolo schermo.Ne deriva una sostanziale perditadi vista, un reale accecamento. Eanche l’arte è attirata in questoperverso vortice. Hermes Inter-media, invece, intende scommet-tere sull’allargamento del cam-po, visivo e non, sperimentandonuovi equilibri dinamici di segni,che possano perfino aprirsiall’esperienza tattile, predispo-nendo una superficie di contattocon il corpo della poesia materi-ca. Ciò può avvenire coinvolgen-do spazi non canonici, proiettan-do sugli stessi spettatori, inven-tando spazi a geometria virtualeattraverso la spazializzazione delsuono, proponendo metamorfi-smi audio-visuali tramite l’inter-vento performativo.Quello di Hermes Intermedia èun gesto “plurale” e non è mairiferito alla mera interdisciplinari-tà o al banale concetto di multi-medialità; esso comporta mo-menti di vera e propria destabi-lizzazione dei rapporti istituzio-nalizzati, siano essi di tipo lingui-stico, spaziale, temporale, me-diatico, per il fatto che alle suefondamenta è sempre viva la ne-cessità della continua riformula-zione di codici e di categorie.Insomma, l’obiettivo è quello diindividuare nuove potenzialitànelle pratiche artistiche scardi-nando convenzioni ed eludendo-ne i condizionamenti, ma, nellostesso tempo, formulando pro-getti in cui il concetto di “plurali-tà” (e anche di “totalità”, persegnare un link con la storia)non sia solo riferito all’insiemedegli elementi coinvolti, maanche a quello delle loro possibi-li organiche relazioni.

N O T E1. Sulla scorta degli esperimenti condot-ti nel 1910, in collaborazione con il fra-tello Arturo, suo operatore, pubblicanell’11 il saggio Fotodinamismo, cheviene riproposto, più ampio, in secondae terza edizione, nel ‘13 per i tipi del-l’editore romano Nalato con il titoloFotodinamismo futurista sedici tavole.2. Rivista internazionale illustrata, fon-data nel 1904, diretta da AnnibaleCominetti.3. “Le principali prove della fotodinami-ca di Bragaglia siano esposte insieme aiquadri futuristi […] non come docu-mento, ma come vere opere”, C. L.Ragghianti, Lettera ad A. G. Bragaglia,24 febbraio 1960, Centro Studi AntonGiulio Bragaglia, Raccolta AntonellaVigliani Bragaglia, Roma [per gentileconcessione della Sig.a ViglianiBragaglia].4. C. L. Ragghianti, Lettera ad A. G.Bragaglia, 15 aprile 1960, Centro StudiAnton Giulio Bragaglia, RaccoltaAntonella Vigliani Bragaglia, Roma [pergentile concessione della Sig.a ViglianiBragaglia].5. Ivi. Cfr. anche C. L. Ragghianti,Mondrian e l’arte del XX secolo, Edizionidi Comuntità, Milano 1962.6. In Archivi del futurismo, a cura di M.Drudi Gambillo e T. Fiori, De Luca,Roma 1957.7. Riprodotto in A. G. Bragaglia,Fotodinamismo futurista, Einaudi, Torino1970.8. A. G. Bragaglia, cit.9. Nell’introduzione ai tre saggi pubbli-cati in appendice all’edizione einaudianadi Fotodinamismo futurista.10. Tutte le citazioni da A. G.Bragaglia, cit.11. Roma, Palazzo Venezia, 24 giugno– 22 settembre 2011.12. Nata da un’idea di Antonio Poceper l’Europafestival di Ferentino (1994-2001), la “flash-opera”, è da conside-rare, a tutti gli effetti, un nuovo generedi composizione poetico-musicale, fon-dato sugli scambi e sui rapporti possibilitra musica, testo, immagine, azione estrumentazioni elettroniche.13. La nascita del tempo, Bompiani,Milano, 1991.14. “Something Else Newsletter”,vol.1, n. 1, New York, 1966.15. B. Greene, L’universo elegante,Torino, Einaudi, 2000. 16. Edition Galilée, Paris, 2005.Ringrazio la Signora Antonella ViglianiBragaglia per la preziosa consulenza eper aver più volte messo gentilmente adisposizione i documenti da lei custoditipresso il “Centro Studi Anton GiulioBragaglia, Raccolta Antonella ViglianiBragaglia”, Roma.

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