Termodinamica Applicata 1 - Sistemi aperti regime stazionario.pdf

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Università di L’Aquila Facoltà di Ingegneria Corso di Laurea in Ingegneria per l’Ambiente ed il Territorio Anno Accademico 2008 - 2009 Appunti dalle Lezioni di Fisica Tecnica A mbientale TERMODINAMICA APPLICATA Parte I: I sistemi aperti in regime stazionario

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Prof. Fulvio Marcotulliocorso di FISICA TECNICA AMBIENTALEUniversità degli studi di L'Aquila 67040 Poggio di Roio (AQ) - Italy

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Università di L’AquilaFacoltà di Ingegneria

Corso di Laurea inIngegneria per l’Ambiente ed il Territorio

Anno Accademico 2008 - 2009

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Appunti dalle Lezioni di

Fisica Tecnica Ambientale

Termodinamica Applicata

Capitolo 1:

Sistemi aperti in

regime stazionario

Prof. F. Marcotullio

A.A. 2008 - 2009

Indice

Testi consigliati iii

1 Sistemi aperti 11.1 Equazione di conservazione dell’energia . . . . . . . . . . . . . . . 11.2 Lavoro di una macchina . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 61.3 Moto dei liquidi nei condotti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 71.4 Effetto Joule-Thomson . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 81.5 Dimensionamento di un camino . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 101.6 Scambiatori di calore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12

i

Avvertenze

La presente dispensa didattica e rivolta agli allievi dei Corsi di Fisica Tecnica(Corsi di Laurea in Ingegneria Elettrica, Civile ed Ambiente e Territorio) ecostituisce la raccolta completa degli argomenti svolti in aula.Disporre della dispensa tuttavia non esime ne dai doverosi approfondimenti

sui testi consigliati, ne soprattutto dalla frequenza delle lezioni e delle esercita-zioni.Saranno graditi suggerimenti nonche la segnalazione di errori ed inesattezze.

ii

Testi consigliati

Testi consigliati in lingua italiana:

1. M.W. Zemansky, M.M. Abbott e H.C. Van Ness, Fondamenti di Termo-dinamica per ingegneri, Zanichelli, Bologna 1979

2. M. Felli, Lezioni di Fisica Tecnica - Volume I: Termodinamica, Macchine,Impianti, Morlacchi Editore, Perugia 1998

3. G. Moncada Lo Giudice, Termodinamica applicata, Masson, Milano 1999

4. A. Cavallini, L. Mattarolo, Termodinamica applicata, Cleup, Padova 1992

5. Yunus A. Cengel, Termodinamica e trasmissione del calore, McGraw-Hill- Libri Italia, Milano 1998

iii

Capitolo 1

Sistemi aperti in regimestazionario

1.1 Equazione di conservazione dell’energia

L

Q

z z

z( wA) ( wA)

( wA)

T

i,1

i,1 i,2

u,1

u,1

i,2

Figura 1.1: Schema di un tipico sistema aperto a piu ingressi e piu uscite

Nello studio termodinamico di sistemi aperti complessi1 puo risultare utilefare ricorso al cosiddetto volume di controllo2. Con volume di controllo si in-tende qui una regione fissa nello spazio oggetto di studio la quale e delimitatada una superficie arbitrariamente scelta, reale e/o immaginaria, detta superficiedi controllo. Nel caso piu generale (vedi Fig.1.1) la superficie di controllo e dia-termica cosicche una certa potenza termica netta Q puo penetrare nel volumedi controllo e come tale viene assunta positiva.

1Ricordiamo che un sistema si definisce aperto se sono presenti scambi di materia tra ilsistema e l’ambiente che lo circonda.

2Lo studio di sistemi aperti puo anche essere effettuato, ovviamente, facendo riferimentoalle equazioni generali ricavate per un sistema chiuso. Si consulti, ad esempio, M.W. Zeman-sky et Al. Fondamenti di termodinamica per ingegneri o anche A. Cavallini, L. MattaroloTermodinamica applicata.

1

CAPITOLO 1. SISTEMI APERTI 2

Inoltre della massa entra nel volume di controllo attraverso un certo numeroN di sezioni di ingresso ricavate sulla superficie di controllo ognuna di area Ai,j

(j = 1, 2, . . . , N) e baricentro alla quota zi,j . Contemporaneamente della massafuoriesce dal volume di controllo attraverso un certo numero M di sezioni diuscita ricavate sulla superficie di controllo ognuna di area Au,k (k = 1, 2, . . . ,M)e baricentro alla quota zu,k. Infine, la superficie di controllo puo racchiudere un

dispositivo in grado di trasferire, per unita di tempo, lavoro meccanico LT dalvolume di controllo all’ambiente e come tale assunto positivo. Tale lavoro vienedenominato lavoro tecnico allo scopo di distinguerlo da quello dovuto alle forzedi pressione in conseguenza della deformazione della superficie di confine.La Fig.1.2 riporta alcuni esempi tipici di sistemi aperti e per ciascuno di

essi una ipotesi di scelta del volume di controllo e della relativa superficie dicontrollo.

V.C.

Q

Q

L

L

m

m

mm

m

mmc,i

c,uf,i

i

i

i

u

u

u

f,u

m

m

m

T

T

Q = 0

Q = 0

L = 0

L = 0

T

T

V.C.

V.C.

V.C.

Figura 1.2: Alcuni esempi tipici di sistemi aperti e i corrispondenti volumi dicontrollo

Per le applicazioni che qui interessano si assumera che in corrispondenzadella generica sezione di ingresso o di uscita le grandezze cinematiche e termo-dinamiche del fluido presentino in ogni punto un valore uguale a quello mediodella sezione. Inoltre si ipotizzera che il processo sia in regime permanente ilche equivale a ritenere:

CAPITOLO 1. SISTEMI APERTI 3

• invariabile la geometria della superficie di controllo. Da cio discende im-mediatamente che il lavoro delle forze di pressione e diverso da zero soloin corrispondenza delle sezioni di ingresso e di uscita come si vedra;

• costanti le quantita di calore e di lavoro scambiate tra volume di controlloed ambiente circostante;

• costanti le proprieta cinematiche e termodinamiche del fluido (pressio-ne, temperatura, densita, composizione, velocita, . . .) in ogni punto delsistema sebbene esse possano assumere valori diversi da punto a punto;

• costante la massa presente all’interno del volume di controllo. Cio com-porta che, nel caso considerato, la massa che attraversa, in un prefissatointervallo di tempo ∆t, le N sezioni di ingresso sia uguale alla massa che,nello stesso intervallo di tempo, attraversa leM sezioni di uscita (principiodi conservazione della massa). In formule:

NXj=1

(ρw∆tA)i,j =MXk=1

(ρw∆tA)u,k

con ρ ( kgm3 ), w (ms ) e A (m2) il valore medio della densita, il valore medio

della velocita del fluido nella sezione considerata e l’area della medesimasezione. Eliminando ∆t si ottiene3:

NXj=1

(ρwA)i,j =MXk=1

(ρwA)u,k (1.1)

ovvero:NXj=1

mi,j =MXk=1

mu,k

dove con m = ρwA (kgs ) si e indicata la portata massica ossia la massache attraversa una certa sezione nell’unita di tempo.

• costante l’energia contenuta all’interno del volume di controllo. Cio com-porta che, con riferimento ad un prefissato intervallo temporale ∆t, siaverificato il seguente bilancio:µ

Energia totale associata

alla massa entrante

¶+

µEnergia fornita

al sistema

¶=

=

µEnergia totale associata

alla massa uscente

¶+

µEnergia resa

dal sistema

¶(1.2)

che esprime il principio di conservazione dell’energia (primo principio del-la termodinamica) per il volume di controllo considerato. Se si indica con

e³Jkg

´l’energia associata all’unita di massa e pari a ρw∆tA · e l’ener-

gia associata alla massa che transita attraverso la generica sezione. Ne

3Il risultato del bilancio e indipendente dall’estensione dell’intervallo temporale per lasupposta stazionarieta del deflusso.

CAPITOLO 1. SISTEMI APERTI 4

consegue che la (1.2) si puo scrivere come:

NXj=1

(ρw∆tA · e)i,j +Q =MXk=1

(ρw∆tA · e)u,k + LT

con Q ed LT l’energia termica ed il lavoro tecnico scambiati al nettotra ambiente e volume di controllo. Ancora per un intervallo temporaleunitario l’equazione di conservazione dell’energia (1.2) si scrive:

NXj=1

mi,jei,j + Q =MXk=1

mu,keu,k + LT (1.3)

dove ciascun termine ha le dimensioni di una potenza (W).

L’energia totale e associata all’unita di massa e data dalla somma dell’ener-gia potenziale gz, dell’energia cinetica 1

2w2, dell’energia interna u, del lavoro

compiuto dall’ambiente per immettere l’unita di massa di fluido nel volume dicontrollo o, al contrario, compiuto sull’ambiente per espellere l’unita di massadal volume di controllo. Tale lavoro vale:

(pA)v

A= pv

in cui p e v rappresentano i valori medi della pressione e del volume specificodel fluido in corrispondenza della sezione considerata. Si ha, quindi, che per laj−esima sezione di ingresso e per la k−esima sezione di uscita valgono le:

ei,j = gzi,j +1

2w2i,j + ui,j + pi,jvi,j = gzi,j +

1

2w2i,j + hi,j

eu,k = gzu,k +1

2w2u,k + uu,k + pu,kvu,k = gzu,k +

1

2w2u,k + hu,k

in cui si e indicato con h = u+ pv l’entalpia specifica³Jkg

´. Con tali premesse,

il bilancio espresso dalla (1.3), si scrive:

MXk=1

mu,k

µgzu,k +

1

2w2u,k + hu,k

¶+

−NXj=1

mi,j

µgzi,j +

1

2w2i,j + hi,j

¶= Q− LT (1.4)

la quale ha validita generale.E’ frequente, nelle applicazioni, il caso in cui sia N = M = 1 ovvero che il

volume di controllo preveda una sola sezione di ingresso ed una sola sezione diuscita (vedi Fig.1.3). In tale ipotesi per la (1.1) si ha che:

m1 = m2 = m

e la (1.4) si riduce alla:

g (z2 − z1) +1

2

¡w22 − w21

¢+ (h2 − h1) = q − T

CAPITOLO 1. SISTEMI APERTI 5

lp

p

q

A

Az

z

wh

hw

1

2

1

2

T

1

1

1

2

2

2

1

1

2

2

Figura 1.3: Sistema aperto con una sola sezione di ingresso ed una sola sezionedi uscita

in cui q = Qm e T = LT

m

³Jkg

´rappresentano l’energia termica e meccanica

riferite all’unita di massa.Nei casi in cui non siano dati i valori dell’entalpia puo essere utile ricavare

h2 − h1 in funzione di grandezze di stato misurabili (come p e v). Allo scopo siricorda che, per il primo e secondo principio, si puo scrivere anche:

dh = du+ d(pv) = Tds+ vdp

cosicche la variazione di entalpia h2 − h1 subita dal fluido quando passa dallostato termodinamico relativo alla sezione di ingresso a quello relativo alla sezionedi uscita puo essere calcolata con riferimento ad una qualunque trasformazionereversibile tra i medesimi due stati:

h2 − h1 =

Z 2

1

Tds+

Z 2

1

vdp

Sostituendo nella (1.4) si ottiene:

g (z2 − z1) +1

2

¡w22 − w21

¢+

Z 2

1

Tds+

Z 2

1

vdp = q − T (1.5)

valida per i soli processi reversibili. In questo caso essendoR 21Tds = q la

precedente diventa:

g (z2 − z1) +1

2

¡w22 − w21

¢+

Z 2

1

vdp = − T (1.6)

che esprime il mimino lavoro tecnico necessario per mantenere il moto del fluidoin regime stazionario purche in assenza di cause di irreversibilita.Nei casi in cui nel processo sia presente un grado di irreversibilita non trascu-

rabile, la (1.6) fornisce risultati solo grossolanamente approssimati in quanto illavoro − T a secondo membro identifica l’insieme di quello necessario per man-tenere il moto del fluido in regime stazionario e di quello che viene dissipato per

CAPITOLO 1. SISTEMI APERTI 6

le supposte cause di irreversibilita. Cio puo essere evidenziato ricordando che in

presenza di irreversibilita il secondo principio afferma cheR 21Tds > q o ancheR 2

1Tds = q + qirr per cui sostituendo nella (1.5) si ottiene:

g (z2 − z1) +1

2

¡w22 − w21

¢+

Z 2

1

vdp+ qirr = − T (1.7)

L’equazione precedente costituisce l’equazione di conservazione dell’energia mec-canica per sistemi aperti in regime stazionario e qirr, sempre positivo, rappre-senta il termine dovuto all’attrito. La valutazione di questo termine costituisceun problema di fluidodinamica e non sara trattato in questa sede.

1.2 Lavoro di una macchina

Consideriamo il sistema aperto mostrato in Fig.1.4 nel quale e presente un dispo-sitivo capace di trasferire lavoro tecnico al o dal sistema ( T 6= 0). Supporremoche sia lecito trascurare la variazione di energia cinetica e potenziale subita dal-l’unita di massa del fluido tra le sezioni di ingresso e di uscita. Se, inoltre, ilprocesso di deflusso e adiabatico, allora la (1.4) fornisce:

h2 − h1 = − T h1 − h2 = T

L’equazione precedente ci dice che la diminuzione di entalpia subita dall’unita dimassa del fluido tra la sezione 1 e 2 misura il lavoro tecnico fornito all’ambiente(macchina motrice). Nel caso in cui e l’ambiente a fornire lavoro tecnico alsistema (macchina operatrice) questo e pari all’incremento di entalpia che l’unitadi massa di fluido subisce tra le sezioni di ingresso e di uscita.

z1

222

11

2

1

1

2 zh

hw

w

Figura 1.4: Schema di una tipica macchina

CAPITOLO 1. SISTEMI APERTI 7

1.3 Moto dei liquidi nei condotti

L’equazione (1.7) puo essere impiegata per lo studio del moto di liquidi neicondotti. In questi casi:

• non esiste un dispositivo capace di raccogliere lavoro meccanico ( T = 0);

• il fluido e incomprimibile (v =cost);

In tali ipotesi si ha:Z 2

1

vdp = v (p2 − p1) =1

ρ(p2 − p1)

dove con ρ si e indicata la densita del liquido. Se la precedente si sostituiscenella (1.7) si ottiene la:

g (z2 − z1) +1

2

¡w22 − w21

¢+1

ρ(p2 − p1) +R1,2 = 0 (1.8)

in cui il termine R1,2 = qirr rappresenta la perdita di carico per le cause diirreversibilita localizzate tra le sezioni di ingresso e di uscita.Diverso e il caso in cui si possa supporre trascurabile il termine dovuto

all’attrito (qirr = 0). In tale ipotesi si ha:

g (z2 − z1) +1

2

¡w22 − w21

¢+1

ρ(p2 − p1) = 0 (1.9)

o, equivalentemente, la:

gz +1

2w2 +

p

ρ= cost (1.10)

che e nota come equazione di Bernoulli. I medesimi risultati possono essereapplicati anche ad un gas se le variazioni di pressione in gioco sono tanto modesteda poter considerare costante la densita.

p pT T

1 2

1 2

Figura 1.5: Valvola di laminazione

CAPITOLO 1. SISTEMI APERTI 8

1.4 Effetto Joule-Thomson

Consideriamo un tubo, ad esempio orizzontale, termicamente isolato (adiabati-co) a pareti rigide percorso da un fluido. Nel tubo sia inserito un setto porosoo un diaframma o sia praticata una strozzatura come mostrato in Fig.1.5. Ilsistema descritto costituisce un sistema aperto per il quale e lecito porre a tut-ti gli effetti pratici z1 = z2; inoltre se le sezioni di ingresso e di uscita sonoopportunamente dimensionate (A1ρ1 = A2ρ2) si ha anche che w1 = w2. E’nullo per ipotesi il calore scambiato q e, palesemente, il lavoro tecnico T . Poi-che il processo di deflusso e evidentemente irreversibile l’applicazione della (1.7)comporta: Z 2

1

vdp+ qirr = 0 ovvero vdp+ δqirr = 0

Essendo sempre qirr > 0 si ha:vdp < 0

e poiche e sempre v > 0 si ha che dp < 0 il che equivale a dire che la pressionediminuisce nel senso del moto. Questo effetto e detto di strozzamento o dilaminazione adiabatica.Se si fa eccezione dei vapori saturi4, non e noto a priori il legame tra la dimi-

nuzione della pressione dovuta allo strozzamento e la variazione di temperaturaconseguente.Tale legame puo essere ricavato considerando che la (1.4) applicata al caso

specifico fornisce che:

h2 − h1 = 0 ⇒ h1 = h2

la quale ci dice che il processo di laminazione e isoentalpico. Cio premesso eutile porre h = h(T, p) per cui vale la:

dh = cpdT +

µ∂h

∂p

¶T

dp

che per un processo isoentalpico diventa:

cpdT +

µ∂h

∂p

¶T

dp = 0 ⇒µ∂T

∂p

¶h

= − 1cp

µ∂h

∂p

¶T

(1.11)

La derivata³∂T∂p

´hesprime il legame cercato tra la temperatura e la pressione

nel corso di una trasformazione isoentalpica e prende il nome di coefficiente diJoule-Thomson αa:

αa =

µ∂T

∂p

¶h

(1.12)

Analogamente, la variazione della temperatura conseguente alla variazione dipressione nella medesima trasformazione costituisce l’effetto Joule-Thomson.Osserviamo immediatamente che essendo per un gas ideale h = h(T ) conse-

gue che: µ∂h

∂p

¶T

= 0

4Per i vapori saturi il legame e rappresentato dalla curva delle tensioni p = p(T ) che emonotona crescente.

CAPITOLO 1. SISTEMI APERTI 9

Figura 1.6: Curve isoentalpiche. Curva di inversione

e αa = 0 per la seconda delle (1.11).Per qualsiasi altro fluido, al contrario, il coefficiente di Joule-Thomson risulta

in genere diverso da zero ed assume valori ampiamente variabili a seconda delcampo di temperatura e di pressione considerato.Supponiamo di sottoporre a laminazione un fluido inizialmente caratteriz-

zato da una pressione p1 ed una temperatura T1. Se misuriamo la pressione ela temperatura che si stabiliscono a valle della strozzatura (p2, T2) e possibilerappresentare su di un diagramma di stato T − p gli stati iniziale e finale delprocesso che, ovviamente, giacciono su una isoentalpica5. Immaginando di ope-rare con modalita tali da poter controllare la caduta di pressione si puo pensaredi ripetere la laminazione piu volte fissando ad ogni esperimento p2 e misurandola temperatura T2. Si ottiene in tal modo una curva (curva isoentalpica) cheassume, in genere, l’andamento mostrato in Fig.1.6.a. Come si vede, la curvapresenta un massimo, detto punto di inversione, in corrispondenza del quale siha αa = 0.Se l’esperimento viene ripetuto variando le condizioni iniziali del fluido sot-

toposto alla laminazione si ottiene una famiglia di curve isoentalpiche ognunacaratterizzata dal proprio punto di inversione come mostrato in Fig.1.6.b. Lacurva che unisce i punti di inversione e detta curva di inversione e la tempe-ratura che corrisponde alla intersezione della curva di inversione e l’asse delleordinate e detta temperatura massima di inversione.La curva di inversione divide il piano in due regioni: quella in cui αa > 0 e

quella in cui αa < 0.Ora, se si sottopone a laminazione un fluido il cui stato iniziale (p1, T1) cade

nella regione alla sinistra della curva di inversione (αa > 0), si otterra sempreun raffreddamento del fluido stesso (T2 < T1).Diverso e il risultato se si sottopone a laminazione un fluido il cui stato

iniziale si trova nella regione alla destra della curva di inversione. In questocaso si puo avere riscaldamento, raffreddamento o costanza della temperatura aseconda della caduta di pressione p1 − p2 operata.

5Poiche la trasformazione e irreversibile, essa non e rappresentabile su di un diagramma distato. Sono tuttavia rappresentabili gli stati di equilibrio iniziale e finale della trasformazione.

CAPITOLO 1. SISTEMI APERTI 10

Osserviamo che non si ha mai raffreddamento, qualunque sia la pressione p1,se la temperatura T1 e maggiore della temperatura massima di inversione

6.L’effetto Joule-Thomson viene impiegato per la liquefazione dei gas e sfrut-

tato nella realizzazione delle macchine frigorifere.

1.5 Dimensionamento di un camino

Un camino e un condotto verticale il cui scopo e quello di disperdere ad unaaltezza opportuna i prodotti di un processo di combustione. Esso puo essererealizzato in metallo o piu spesso in struttura cementizia.

Figura 1.7: Schema di un camino

Alla base del camino viene normalmente realizzata una camera di calma do-ve si depositano eventuali incombusti solidi. Come e chiaramente schematizzatoin Fig.1.7, il camino puo essere visto come un sistema aperto compreso tra duesezioni (1 e 2 ) e percorso, in regime stazionario, dai prodotti della combustione.E’ assente qualsiasi dispositivo in grado di scambiare lavoro tecnico mentre unostrato coibente permette di considerare il sistema adiabatico. La ridotta diffe-renza di pressione (p2 − p1) esistente tra le sezioni estreme del camino consentedi impiegare la (1.8). Se scegliamo la sezione di ingresso 1 nella camera di calmasi puo porre w1 ≈ 0 e si indica con H = z2 − z1 l’altezza del camino, si ottiene:

gH +1

2w22 +

(p2 − p1)

ρf+R1,2 = 0 (1.13)

dove con ρf si e indicata la densita dei fumi. La differenza di pressione p1 − p2tra le sezioni estreme del camino puo essere espressa come peso di una colonna di

6Per l’elio, ad esempio, la temperatura di inversione alla pressione atmosferica e pari a -220◦C. Ne consegue che l’elio si riscaldera se viene laminato partendo dalla temperatura epressione ambiente.

CAPITOLO 1. SISTEMI APERTI 11

aria di altezza H. Se indichiamo con ρa la densita dell’aria alla sua temperaturarappresentativa Ta, si ottiene:

p1 − p2 = ρagH

Sostituendo nella (1.13) si ha:

gH

µρaρf− 1¶=

w222+R1,2 (1.14)

Ulteriori sviluppi sono possibili tenendo presente che le perdite di carico di-stribuite R1,2 possono essere poste proporzionali al quadrato della velocita diefflusso dei fumi. Assumendo una velocita media di efflusso w si ha:

R1,2 = kw2 = k

µw1 + w2

2

¶2= k

w224= k

w222

essendo w1 ≈ 0. Con tali ultime posizioni, la (1.14) diventa:

gH

µρaρf− 1¶= (1 + k)

w222

(1.15)

La velocita di efflusso puo essere espressa per il tramite della portata volumicadei fumi Vf (m

3s−1) e dell’area A (m2) della sezione retta del camino secondola:

w2 =VfA

m

s

Ponendo la precedente nella (1.15) si ottiene infine:

2gH

µρaρf− 1¶= (1 + k)

V 2f

A2

la quale consente di determinare, ad esempio, la sezione A del camino purchesiano fissate:

1. l’altezza H;

2. le modalita costruttive (k);

3. la portata volumica dei fumi da smaltire (Vf );

4. la temperatura media dei fumi (ρf );

5. la temperatura media dell’aria (ρa).

In tale ipotesi, infatti, si ottiene:

A =Vf√H

sρf¡1 + k

¢2g¡ρa − ρf

¢la quale mostra che la sezione retta del camino e tanto piu piccola, a parita diogni altra condizione, quanto piu e grande la differenza di densita (e quindi di

CAPITOLO 1. SISTEMI APERTI 12

A

m

m m

mB 1

12A

A

B

B2 A

B

Figura 1.8: Schema di uno scambiatore di calore

temperatura) tra l’aria e i fumi. E’ questo il motivo per cui le pareti del caminovengono coibentate.Generalmente si usa porre:

A = kcVf√H

nella quale la costante di proporzionalita kc esprime una costante caratteristicadel camino determinata sperimentalmente caso per caso e raccolta in tabelle.

1.6 Scambiatori di calore

Gli scambiatori di calore sono apparecchiature che consentono il trasferimentodi calore tra due fluidi a temperature diverse evitandone il mescolamento. Gliscambiatori di calore trovano impiego in numerose applicazioni termotecnichequali le centrali di produzione del vapore, gli impianti chimici, il riscaldamentoe condizionamento degli edifici, le macchine termiche per citarne solo alcunitra i piu comuni. In questa sede non affrontiamo i problemi connessi con laprogettazione di uno scambiatore che esulano dalla termodinamica, ma solo lacaratterizzazione di queste apparecchiature alla luce delle (1.4, 1.7).Senza togliere generalita ai risultati che si otterranno, ma solo per fissare le

idee, consideriamo lo schema di Fig.1.8. Un fluido caldo A di portata massicamA entra nella sezione A1 ed esce dalla A2. Analogamente per il fluido freddo Bdi portata massica mB. Le portate massiche sono costanti ed in generale si hache mA 6= mB . Tenuto conto dello scopo di uno scambiatore di calore, si ha in-teresse a coibentarne il mantello esterno cosicche il sistema racchiuso dalla lineaa tratti di Fig.1.8 costituisce un sistema aperto adiabatico in regime stazionarioa due ingressi e due uscite per il quale puo essere impiegata l’equazione (1.4).E’ lecito trascurare, al solito, le differenze tra le quote baricentriche delle

sezioni di ingresso e di uscita nonche le differenze di velocita tra le medesimesezioni. E’ nullo il lavoro tecnico (LT ) e il calore (Q) scambiato tra sistema eambiente. Ne deriva che la (1.4) si riduce alla:

mAhA1 + mBhB1 = mAhA2 + mBhB2

CAPITOLO 1. SISTEMI APERTI 13

ovvero:mA (hA1

− hA2) = mB (hB2

− hB1) (1.16)

L’equazione precedente mostra che le variazioni di entalpia subite dai due fluiditra la sezione di ingresso e quella di uscita hanno segni contrari: se uno diminui-sce la sua entalpia (fluido caldo), l’altro l’aumenta (fluido freddo) in una misurache dipande dalle portate massiche.Una grandezza caratteristica degli scambiatori di calore e la potenza termica

scambiata tra i due fluidi. Tale grandezza puo essere ricavata considerando checiascuna corrente costituisce singolarmente un sistema aperto ad un solo ingressoed una sola uscita. Cosı, per la corrente calda (A) la (1.4) fornisce:

mAhA1− Q = mAhA2

ovvero mA (hA1− hA2

) = Q (1.17)

ed analogamente per la corrente fredda (B):

mBhB1 + Q = mBhB2 ovvero mB (hB2 − hB1) = Q (1.18)

Concludiamo osservando che l’applicazione della (1.7) ad una qualsiasi delle duecorrenti mostra che: Z 2

1

vdp+ qirr = 0

e quindi, in condizioni ideali (qirr = 0), la pressione si mantiene costante. Tut-tavia, anche in condizioni reali e lecito supporre lo scambiatore di calore comeuna apparecchiatura isobara essendo le variazioni di pressione limitate alle soleperdite di carico comprese tra le sezioni di ingresso e di uscita.