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T & P | Circolare approfondimento 1/2017 – Termini di accertamento e riscossione da parte dell’Erario e dei servizi di riscossione (ver.2017) 1 Studio Tomassetti & Partners TERMINI DI DECADENZA PER LA NOTIFICA DEGLI ATTI TERMINI DI DECADENZA PER LA NOTIFICA DEGLI ATTI TERMINI DI DECADENZA PER LA NOTIFICA DEGLI ATTI TERMINI DI DECADENZA PER LA NOTIFICA DEGLI ATTI IMPOSITIVI E DI PRESCRIZIONE DELLE ATTIVITA’ DI IMPOSITIVI E DI PRESCRIZIONE DELLE ATTIVITA’ DI IMPOSITIVI E DI PRESCRIZIONE DELLE ATTIVITA’ DI IMPOSITIVI E DI PRESCRIZIONE DELLE ATTIVITA’ DI RISCOSSIONE RISCOSSIONE RISCOSSIONE RISCOSSIONE (Aggiornamento all’anno di (Aggiornamento all’anno di (Aggiornamento all’anno di (Aggiornamento all’anno di imposta 2017) imposta 2017) imposta 2017) imposta 2017) Gli atti impositivi devono essere notificati al contribuente entro termini previsti a pena di decadenza, e ciò vale sia per gli avvisi di accertamento che per le cartelle di pagamento. L’articolo 43 del DPR n.600/73 stabilisce le regolare per le imposte dirette, mentre l’articolo 57 del DPR 633/72 quelle per l’IVA. L’articolo 36 bis e 36 ter del DPR 600/73 rispettivamente quello per la rettifica automatica dei dati dichiarati nelle dichiarazioni dei redditi e quello del controllo formale. Entro il prossimo 31 dicembre 2017: - devono essere notificate la cartelle di pagamento relative ai periodi d’imposta 2013 (UNICO 2014), per ciò che concerne le attività di liquidazione automatica, oppure 2012 (UNICO 2013), per le attività di controllo formale; - e dopo le modifiche introdotte dalla L. 208/2015, devono essere notificati, a pena di decadenza, gli avvisi di accertamento relativi all’anno d’imposta 2012 (modello Unico 2013), ovvero 2011 nel caso di dichiarazione omessa, operando in questo caso ancora la normativa ante L.208/2015; Poiché quest’anno il 31 dicembre cade di domenica opera l’articolo 2963 del codice civile richiamato dall’articolo 66 del DPR 600/73, nel senso che se il termine cade in giorno festivo è prorogato di diritto al giorno seguente non festivo. Per tale richiamo, il termine per la notifica degli atti in scadenza al 31 dicembre 2017 slitta in automatico al 2 gennaio 2018, siccome il primo dell’anno è anch’esso festivo. Autore: Marco Tomassetti Autore: Marco Tomassetti Autore: Marco Tomassetti Autore: Marco Tomassetti STUDIO COMMERCIALE TRIBUTARIO STUDIO COMMERCIALE TRIBUTARIO STUDIO COMMERCIALE TRIBUTARIO STUDIO COMMERCIALE TRIBUTARIO TOMASSETTI TOMASSETTI TOMASSETTI TOMASSETTI & & & & PARTNERS PARTNERS PARTNERS PARTNERS Corso Trieste 88 Corso Trieste 88 Corso Trieste 88 Corso Trieste 88 – 00198 Roma 00198 Roma 00198 Roma 00198 Roma Tel. 06/8848666 (RA) Fax 068844588 Tel. 06/8848666 (RA) Fax 068844588 Tel. 06/8848666 (RA) Fax 068844588 Tel. 06/8848666 (RA) Fax 068844588 info@mt info@mt info@mt [email protected] partners.it partners.it partners.it

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TERMINI DI DECADENZA PER LA NOTIFICA DEGLI ATTI TERMINI DI DECADENZA PER LA NOTIFICA DEGLI ATTI TERMINI DI DECADENZA PER LA NOTIFICA DEGLI ATTI TERMINI DI DECADENZA PER LA NOTIFICA DEGLI ATTI

IMPOSITIVI E DI PRESCRIZIONE DELLE ATTIVITA’ DI IMPOSITIVI E DI PRESCRIZIONE DELLE ATTIVITA’ DI IMPOSITIVI E DI PRESCRIZIONE DELLE ATTIVITA’ DI IMPOSITIVI E DI PRESCRIZIONE DELLE ATTIVITA’ DI

RISCOSSIONERISCOSSIONERISCOSSIONERISCOSSIONE

(Aggiornamento all’anno di(Aggiornamento all’anno di(Aggiornamento all’anno di(Aggiornamento all’anno di imposta 2017)imposta 2017)imposta 2017)imposta 2017) Gli atti impositivi devono essere notificati al contribuente entro termini previsti a pena di decadenza, e ciò vale sia per

gli avvisi di accertamento che per le cartelle di pagamento.

L’articolo 43 del DPR n.600/73 stabilisce le regolare per le imposte dirette, mentre l’articolo 57 del DPR 633/72 quelle

per l’IVA. L’articolo 36 bis e 36 ter del DPR 600/73 rispettivamente quello per la rettifica automatica dei dati dichiarati

nelle dichiarazioni dei redditi e quello del controllo formale.

Entro il prossimo 31 dicembre 2017:

- devono essere notificate la cartelle di pagamento relative ai periodi d’imposta 2013 (UNICO 2014), per ciò che

concerne le attività di liquidazione automatica, oppure 2012 (UNICO 2013), per le attività di controllo formale;

- e dopo le modifiche introdotte dalla L. 208/2015, devono essere notificati, a pena di decadenza, gli avvisi di

accertamento relativi all’anno d’imposta 2012 (modello Unico 2013), ovvero 2011 nel caso di dichiarazione omessa,

operando in questo caso ancora la normativa ante L.208/2015;

Poiché quest’anno il 31 dicembre cade di domenica opera l’articolo 2963 del codice civile richiamato dall’articolo 66

del DPR 600/73, nel senso che se il termine cade in giorno festivo è prorogato di diritto al giorno seguente non festivo.

Per tale richiamo, il termine per la notifica degli atti in scadenza al 31 dicembre 2017 slitta in automatico al 2 gennaio

2018, siccome il primo dell’anno è anch’esso festivo.

Autore: Marco TomassettiAutore: Marco TomassettiAutore: Marco TomassettiAutore: Marco Tomassetti

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Come di consueto la fine dell’anno coincide, con un’accelerazione dell’attività di accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate finalizzata, soprattutto, a contestare eventuali violazioni commesse in periodi di imposta per i quali, al 31 dicembre, decade l’azione di accertamento dell’Amministrazione Finanziaria. Entro la fine del 2017, devono essere notificati, a pena di decadenza, gli avvisi di accertamento relativi all’anno d’imposta 2012, ovvero 2011 nel caso di dichiarazione omessa. Per “notifica” si deve intendere la data di spedizione a mezzo posta dell’atto o di consegna all’agente notificatore; se, ad esempio, l’atto è spedito il 31 dicembre (quest’anno per via che il 31 dicembre è domenica, il termine slitta al 2 gennaio) e ricevuto il 6, si considera notificato nei termini. Regole speciali valgono per alcune categorie di contribuenti (si vedano gli appositi provvedimenti direttoriali delle Entrate, tra cui non figurano ad esempio i professionisti), se congrui e coerenti con gli studi di settore; in tal caso, salvo violazioni penali tributarie, i termini di decadenza sono ridotti di un anno. Si ricorda che: - il termine per la contestazione delle sanzioni amministrative non connesse all’evasione è del 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di commissione della violazione, si pensi al caso delle comunicazioni sulle minusvalenze, o al monitoraggio fiscale non connesso all’evasione (art. 20 del DLgs. 472/97); - il termine per la contestazione delle sanzioni relative alle omissioni da quadro RW

1 della

dichiarazione dei redditi e delle imposte sui redditi che si presumono corrispondentemente evase è

raddoppiato se le violazioni sul monitoraggio fiscale riguardano investimenti detenuti in paradisi fiscali (art. 12 del DL 78/2009); - il termine per la notifica degli avvisi di recupero dei crediti d’imposta inesistenti indebitamente compensati è del 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello in cui è avvenuta la

compensazione; - il termine per l’accertamento dell’evasione e dell’omesso versamento di tributi locali coincide con il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere

presentata o il versamento avrebbe dovuto essere effettuato (art. 1 comma 161 della L. 296/2006).

Considerato questo insieme di disposizioni diverse, riteniamo quindi opportuno riepilogare le disposizioni in materia le quali hanno effetti che gravano tanto sulla pubblica amministrazione che sul contribuente. Per la prima vengono in mente soprattutto le attività legate all’emissione di atti impositivi quali gli avvisi d’accertamento e le cartelle di pagamento. Ma anche il contribuente è onerato dal compimento di determinati atti o azioni in funzione delle attività svolte in tal senso dalla pubblica amministrazione, tra cui sicuramente la meno impegnativa ma altrettanto importante è quella della opportuna conservazione dei documenti contabili per verificare adeguatamente la fondatezza di eventuali contestazioni.

1 Il quadro RW del modello Redditi Persone Fisiche è dedicato al monitoraggio annuale delle attività finanziarie e degli investimenti patrimoniali detenuti all’estero da

parte di persone fisiche residenti in Italia, nonché per la determinazione di Ivie ed Ivafe, ovvero le relative imposte patrimoniali.

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Il contributo della presente circolare è finalizzato a fornire un breve vademecum di massima e riepilogare i principi generali delle disposizioni in materia che devono fare i conti con norme speciali, non concepite sempre in una visione unitaria del problema e fornire elementi sintetici con cui confrontarsi all’occorrenza anche con uno specifico riferimento (aggiornato) alla giurisprudenza di riferimento relativa a tali argomenti.

*** Indice degli argomenti:

I. ATTIVITA’ DI ACCERTAMENTO - Termini per l'accertamento per le imposte sui redditi e l'iva

(art. 43 dpr 600/73 e art. 57 dpr 633/72); - Termine lungo in presenza di reati: Raddoppio dei termini; - I nuovi termini per l’accertamento delle Imposte dirette e

IVA; - Termini di accertamento e dichiarazioni integrative; - Novità in termini di riduzione dei termini di accertamento dal DL 193/2106 - Accertamento esecutivo; - Casi particolari di accertamento imposte sui redditi e IVA; - Recupero crediti di imposta;

II. ATTIVITA’ DI CONTROLLO FORMALE E LIQUIDAZIONE

DELLE IMPOSTE DA DICHIARAZIONE DEI REDDITI E IVA - Termini per la notifica della cartelle di pagamento derivanti

dall’accertamento formale art. 36-bis e 36-ter dpr n. 600/73; - Attività di controllo automatico ex art. 36-bis del DPR

600/73; - Attività di controllo formale ex art. 36-ter dpr n. 600/73; - Considerazioni sulla notifica delle cartelle di pagamento; - Altre attività di controllo e recupero; - Cartelle di pagamento: Nuovi termini di decadenza

III. TERMINI DI ACCERTAMENTO IMPOSTE INDIRETTE E TRIBUTI LOCALI

− Irap − Imposta di registro, ipotecarie e catastali − Successioni e donazioni − Tributi locali

IV. TERMINI DI CONSERVAZIONE DOCUMENTI E SCRITTURE

CONTABILI;

V. CENNO AI TERMINI DI PRESCRIZIONE E DECADENZA;

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L’attività di accertamento può comportare l’emissione da parte della Amministrazione Finanziaria di provvedimenti finali che potenzialmente generano contenzioso tra la stessa Amministrazione ed i contribuenti. L’Amministrazione esercita, entro un determinato termine di decadenza, sulle dichiarazioni presentate dai contribuenti un attività di controllo definita appunto accertamento; l’accertamento si può sostanziare: - in una attività di indagine più incisiva sull’operato del contribuente, il cosiddetto

controllo di merito che può assumere le caratteristiche dell’accertamento analitico, ovvero dell’accertamento induttivo ecc.- attività di ACCERTAMENTO;

- in una attività di mero controllo cartolare della dichiarazione, cosiddetto controllo formale che può assumere le caratteristiche dell’iscrizione a ruolo e quindi della successiva CARTELLA DI PAGAMENTO

L’attività di accertamento ed il controllo formale hanno per oggetto l’insieme complessivo della imposte facenti parte del corpus tributario dello stato; quindi le imposte dirette (Irpef, Ires, ed Irap), indirette (Iva, registro, ecc.), erariali e locali (Ici). Con riferimento all’accertamento avente per oggetto le imposte dirette le norme che regolano il relativo accertamento sono contenute nel DPR n. 600/1973; molte norme ivi contenute sono richiamate anche dalla normativa in tema di iva. Il termine entro il quale, a pena di decadenza dalla facoltà di esercitare le attività sopra richiamate, gli uffici dell’amministrazione finanziaria devono notificare è normalmente il 31 dicembre dell’anno conclusivo del computo. È necessario osservare che se il 31 dicembre cadesse di sabato alcuna proroga si potrebbe verificare, siccome l’art. 2963 del codice civile, a differenza dell’art. 155 del codice di procedura civile, non fa riferimento al sabato bensì ai soli giorni festivi. In tutte le ipotesi in cui si applica un termine decadenziale, per il contribuente è necessario prestare attenzione al momento in cui la notifica si considera perfezionata nei confronti dell’ente impositore, siccome può accadere che, sebbene il contribuente riceva l’atto a termini “decaduti”, la norma che prevede la decadenza sia stata comunque rispettata. È principio consolidato, infatti, che la notifica, quale che sia la sua forma, si perfeziona: − per il notificante/ente impositore, con la consegna dell’atto all’agente notificatore o momento

della spedizione postale;

− per il notificatario/contribuente, al momento della ricezione. Quindi, se il contribuente riceve un atto impositivo successivamente all’1.1.2018, i cui termini scadono il 31.12.2017, il termine di decadenza è rispettato se il provvedimento è stato consegnato all’agente notificatore (messo comunale, ufficiale della riscossione) entro il 31 dicembre. Esaminiamo in dettaglio le varie attività ed i successivi eventuali provvedimenti.

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I. ATTIVITA’ DI ACCERTAMENTO DELLE IMPOSTE DIRETTE E IVA

TERMINI PER L’ACCERTAMENTO PER LE IMPOSTE SUI REDDITI E L’IVA

Art. 43 dpr 600/73 e art. 57 dpr 633/72 A partire dall’annualità 1998, i termini di accertamento ai fini delle imposte sui redditi, prima più lunghi, sono stati ridotti di un anno, risultando equiparati a quelli Iva. Tuttavia esaminiamo in

dettaglio le disposizioni concernenti i vari comparti delle imposte e tasse.

La regola per le Imposte Dirette Fino all’annualità di imposta 2015, ai sensi dell’articolo 43 del Dpr n. 600/1973, come modificato dal D. Lgs 9/7/1997, n. 241, gli avvisi di accertamento, ai fini reddituali, devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata

presentata la dichiarazione (disposizione così modificata dall’articolo 15 del Dlgs n. 241/97; in precedenza, la notifica poteva essere effettuata entro il 31 dicembre del quinto anno successivo). Nei casi di omessa presentazione della dichiarazione o di presentazione di dichiarazione nulla, ai sensi delle disposizioni del titolo I del Dpr n. 600/1973, l’avviso di accertamento può essere notificato fino al 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione

avrebbe dovuto essere presentata (in precedenza, entro il 31 dicembre del sesto anno successivo). Le regole per l’IVA Anche in questo ambito, fino al periodo di imposta 2015, gli avvisi relativi alle rettifiche e agli accertamenti Iva devono essere notificati, ai sensi del citato articolo 57 del Dpr n. 633/72, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la

dichiarazione. In caso di omessa presentazione della dichiarazione, l’avviso di accertamento dell’imposta può essere notificato fino al 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione

avrebbe dovuto essere presentata. ***

Con l’articolo 10 comma 9 del DL 201/2011 convertito in legge 214/2011 (c.d. “Manovra Monti”) è stato introdotta una disposizione che introduce una novità nel quadro giuridico. La nuova disposizione è volta a premiare i contribuenti che dichiarano ricavi o corrispettivi in linea con le attese dell’amministrazione finanziaria. Infatti viene disposto che nei confronti dei contribuenti soggetti al regime di accertamento basato sugli studi di settore, ai sensi dell’articolo 10, della legge 8 maggio 1998, n. 146, che dichiarano, anche per effetto dell’adeguamento, ricavi o compensi pari o superiori a quelli risultanti dell’applicazione degli studi medesimi:

a) sono preclusi gli accertamenti basati sulle presunzioni semplici di cui all’articolo 39,

primo comma, lettera d), secondo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica 29

settembre 1973, n. 600, e all’articolo 54, secondo comma, ultimo periodo, del decreto del

Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633;

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b) sono ridotti di un anno i termini di decadenza per l’attività di accertamento previsti

dall’articolo 43, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre

1973, n.600, e dall’articolo 57, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1972, n. 633; la disposizione non si applica in caso di violazione che comporta obbligo di denuncia ai sensi dell’articolo 331 del codice di procedura penale per uno dei reati previsti dal decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74;

Tuttavia ai sensi del successivo comma 10 viene disposto che quanto previsto al comma 9 si applichi a condizione che:

b) il contribuente abbia regolarmente assolto gli obblighi di comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore, indicando fedelmente tutti i dati previsti;

c) sulla base dei dati di cui alla precedente lettera a), la posizione del contribuente risulti coerente con gli specifici indicatori previsti dai decreti di approvazione dello studio di settore o degli studi di settore applicabili.

Le disposizioni di cui ai citati commi 9 e 10 si applicano con riferimento alle dichiarazioni relative all’annualità 2011 ed a quelle successive. Per le attività di accertamento effettuate in relazione alle annualità antecedenti il 2011 continua ad applicarsi quanto previsto dal previgente comma 4-bis dell’articolo 10 e articolo 10 ter della legge 8/5/1998 n.146. Di seguito in una tabella sintetica vengono riepilogati i termini delle predette disposizioni al fine di una rapida consultazione, evidenziando in grigio i periodi per cui, in assenza di intervenute contestazioni, sarebbero decaduti i termini dell’Amministrazione Finanziaria per procedere alla notifica di accertamenti ed avvisi di liquidazione:

TERMINI PER L’ACCERTAMENTO – IMPOSTE SUI REDDITI E IVA

Periodo d’imposta

Anno presentazione della dichiarazione

Termine accertamento sulla dichiarazione

Termine accertamento (dichiarazione omessa)

2005 2006 2010 2011

2006 2007 2011 2012

2007 2008 2012 2013

2008 2009 2013 2014

2009 2010 2014 2015

2010 2011 2015 2016

2011 2012 2016 (*) 2017(*)

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2012 2013 2017 (*) 2018(*)

2013 2014 2018 (*) 2019(*)

2014 2015 2019(*) 2020(*)

2015 2016 2020(*) 2021(*)

2016 2017 2022(*) (**) 2024(*) (**)

In grigio i periodi di imposta per cui è decaduta la facoltà di accertamento per l’Amministrazione.

(*) riduzione di un anno nel caso previsto all’articolo 14 comma 9, 10 e 13: vedi nota sopra per “Manovra Monti” (**) Nuovi termini di cui alla L.208/2015 – vedi paragrafo successivo

***

Termine lungo in presenza di reati: Raddoppio dei termini

Il raddoppio dei termini è entrato a far parte del panorama legislativo nel 2006 allorquando il Legislatore, nell’obiettivo di assicurare all’Amministrazione finanziaria un più ampio lasso temporale per la propria attività di controllo, ha disposto l’allungamento dei termini per l’accertamento al ricorrere di determinate condizioni. In particolare, la vecchia formulazione degli articoli 43 D.P.R. n. 600/1973 e 57 D.P.R. n. 633/1972 prevedeva che nel caso in cui, nel corso delle operazioni d’indagine dell’Amministrazione finanziaria, fosse emersa una violazione comportante obbligo di

denuncia ex articolo 331 c.p.p.2 per uno dei reati previsti dal D.Lgs. 74/2000, gli ordinari termini

dovevano essere raddoppiati. La prassi dell’Erario è stata quella di adoperare il raddoppio nella maniera meno garantista, prevedendo una sorta di applicazione “automatica” ogni qual volta si fosse prospettata semplicemente una condotta in grado di far insorgere l’obbligo di denuncia. Ed è proprio attorno a tale tema che si sono riscontrate le maggiori distonie interpretative. Sul punto, è intervenuta anche la Corte Costituzionale che, con la storica sentenza n. 247 del 25

luglio 2011, ha dichiarato infondata la questione di legittimità costituzionale statuendo che il raddoppio dei termini prescindeva dall’effettiva presentazione della denuncia o dall’inizio dell’azione penale, ma conseguiva ad un mero riscontro dei fatti comportanti l’obbligo di denuncia penale. A porre rimedio ai contrasti giurisprudenziali sorti sul punto, è intervenuto il D.Lgs. 128/2015 il quale ha statuito che il raddoppio dei termini deve essere applicato solo in presenza di effettiva

presentazione della denuncia penale entro il termine previsto per la scadenza ordinaria dell’accertamento.

2 Articolo 331 del codice di procedura penale “Denuncia da parte di pubblici ufficiali e incaricati di un pubblico servizio”

1. Salvo quanto stabilito dall’articolo 347, i pubblici ufficiali e gli incaricati di un pubblico servizio che, nell'esercizio o a causa delle loro funzioni o del loro servizio, hanno

notizia di un reato perseguibile di ufficio, devono farne denuncia per iscritto, anche quando non sia individuata la persona alla quale il reato è attribuito.

2. La denuncia è presentata o trasmessa senza ritardo al pubblico ministero o a un ufficiale di polizia giudiziaria.

3. Quando più persone sono obbligate alla denuncia per il medesimo fatto, esse possono anche redigere e sottoscrivere un unico atto.

4. Se, nel corso di un procedimento civile o amministrativo, emerge un fatto nel quale si può configurare un reato perseguibile di ufficio, l'autorità che procede redige e

trasmette senza ritardo la denuncia al pubblico ministero.

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I nuovi termini di accertamento per le imposte Dirette e IVA

Il comma 3 dell’articolo 2 del D.Lgs. 128/2015 ha altresì previsto un regime transitorio il quale prevedeva che “sono comunque fatti salvi gli effetti degli avvisi di accertamento, dei provvedimenti

che irrogano le sanzioni amministrative tributarie e degli altri atti impugnabili con i quali l’Agenzia

delle entrate fa valere una pretesa impositiva o sanzionatoria, notificati alla data della entrata in

vigore” dello stesso decreto e “dei processi verbali di constatazione… dei quali il contribuente abbia

avuto formale conoscenza entro la stessa data, sempre che i relativi atti recanti la pretesa impositiva

o sanzionatoria siano notificati entro il 31 dicembre 2015”.

Dal testo dell’art. 2 del D.Lgs. n. 128/2015, risultano quindi due diversi regimi applicabili ai fini del raddoppio dei termini accertativi, il cui discrimine è rappresentato dalla data del 2 settembre 2015, ossia la data di entrata in vigore del medesimo decreto. La norma da ultimo citata, infatti, ha introdotto una specifica disciplina, finalizzata a salvaguardare gli atti accertativi già notificati e le attività ispettive in corso alla data del 2 settembre 2015 e, quindi, a tutelare gli interessi erariali per talune tipologie di accertamento già attivate, facendo affidamento sulle linee interpretative coniate dalla Consulta sul tema del raddoppio dei termini per le attività di accertamento degli Uffici. Più in dettaglio:

− per gli atti impositivi relativi ad annualità ordinariamente decadute, notificati a partire dal 3

settembre 2015, opera il raddoppio dei termini ove in relazione a tali annualità il contribuente sia incorso in violazioni tributarie di natura penale, comunicate (ai sensi degli artt. 331 o 347 c.p.p.) entro la scadenza degli stessi termini ordinari;

− per gli stessi atti impositivi, notificati entro il 2 settembre 2015, la clausola di salvaguardia di cui all’art. 2, comma 3 del D.Lgs. n. 128/2015 ne faceva salvi gli effetti, a prescindere dalla data di denuncia alla competente Autorità giudiziaria (e anche dalla circostanza che tale obbligo fosse stato o meno adempiuto dal pubblico ufficiale o dall’ufficiale di polizia giudiziaria incaricato del controllo o dell’accertamento).

In particolare, ai sensi del citato comma 3, l’Ufficio poteva legittimamente invocare il raddoppio dei termini accertativi, in merito a pretese impositive o sanzionatorie relative ad annualità decadute secondo le regole ordinarie, in presenza di una denuncia depositata oltre i medesimi termini ordinari: - negli avvisi di accertamento, negli atti irrogativi di sanzioni amministrative tributarie e negli

atri atti impugnabili (ad esempio gli atti di recupero dei crediti di imposta), notificati al

contribuente entro il 2 settembre 2015 (data di entrata in vigore del decreto in esame);

- negli avvisi di accertamento, negli atti irrogativi di sanzioni amministrative tributarie e negli

atri atti impugnabili, notificati al contribuente anche oltre il 2 settembre 2015, ma entro il 31

dicembre 2015, qualora conseguenti ad inviti a comparire di cui all'articolo 5 del D.Lgs n.

218/1997 (ai fini del procedimento di adesione) notificati entro il 2 settembre 2015, ovvero

conseguenti a processi verbali di constatazione redatti ai sensi dell'articolo 24 della legge 7

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gennaio 1929, n. 4 dei quali il contribuente abbia avuto formale conoscenza entro tale ultima

data.

La legge di stabilità 2016 è intervenuta cancellando il meccanismo del raddoppio dei termini ed ha contestualmente previsto nuovi termini di decadenza applicabili a partire dal periodo d’imposta in corso alla data del 31 dicembre 2016, sia ai fini delle imposte sui redditi e ai fini IVA. Gli atti impositivi dovranno essere notificati entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione, ovvero entro il 31 dicembre del settimo anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata (in caso di dichiarazione omessa o nulla). Più in dettaglio, i commi 130 e 131 riformulano i primi due commi dei citati artt. 43 del DPR n. 600/1973 e 57 del DPR n. 633/1972 che disciplinano rispettivamente i termini di accertamento delle imposte dirette e dell’IVA, concedendo all’Amministrazione finanziaria, in futuro, di notificare i propri atti accertativi in tempi più lunghi rispetto al previgente regime, ossia: - entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la

dichiarazione; ovvero - entro 31 dicembre del settimo anno successivo a quello in cui la dichiarazione doveva

essere presentata (in caso di omissione o nullità della stessa). Non viene invece, di contro, riproposta la norma contenuta nel “vecchio” terzo comma delle due disposizioni sopra richiamate, che prevedeva il raddoppio dei termini accertativi in presenza di responsabilità penali per reati tributari. Per espressa previsione normativa, tali nuovi termini decadenziali si applicheranno a partire dal

periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2016; in altre parole, per i contribuenti ccdd. “solari”, le nuove regole opereranno con riferimento alle dichiarazioni relative all’anno 2016 (Unico, IVA, IRAP, 730, 770 / 2017) e a quelle successive. Per le società o enti che hanno l’esercizio a cavallo d’anno, le nuove regole si applicheranno con riferimento all’anno d’imposta 2016/2017 e successivi. Il successivo comma 132 dell’unico articolo della Legge di Stabilità 2016 introduce, invece, ex novo il regime decadenziale applicabile ai periodi d’imposta precedenti quello da cui operano le nuove regole introdotte dai commi 130 e 131, ossia al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2015 e

precedenti. Per le “vecchie” annualità, la norma testè citata prevede la decadenza accertativa secondo il regime pregresso (quattro o cinque anni a seconda che la dichiarazione sia stata presentata od omessa), con la possibilità per l’Amministrazione di agire con il raddoppio (otto o dieci anni), in presenza di reati tributari, purché “tempestivamente” rapportati alla competente Autorità Giudiziaria (ossia, comunicati entro il 31 dicembre del quarto o del quinto anno a seconda che la dichiarazione sia stata presentata od omessa).

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Da quanto riportato, si potrebbe affermare che, ai sensi dell’art. 15 delle Preleggi al Codice Civile, il comma 132, art. 1, Legge n. 208/2015 abbia travolto, abrogandolo, il regime transitorio di cui all’art. 2, comma 3, d.lgs. n. 128/2015 trattandosi di norma successiva che interviene sulla medesima materia trattata dalla norma precedente. Infatti, ai sensi dell’art. 15 delle Preleggi, il criterio cronologico (secondo il brocardo lex posterior

derogat legi priori) viene assunto quale criterio di risoluzione del conflitto delle leggi nel tempo e cioè di quelle antinomie che possono verificarsi tra disposizioni normative successive. La Corte di Cassazione però, con la pronuncia n. 16728 del 9 agosto 2016, ha ritenuto che il regime transitorio sarebbe “… articolato su due piani:

a.- qualora gli avvisi di accertamento, sia pure relativi a periodi d'imposta precedenti a quello

in corso alla data del 31 dicembre 2016, non siano stati ancora notificati, si applica la

disciplina dettata dalla L. n. 208 del 2015, art. 1, comma 132; b.- qualora, invece, gli avvisi di accertamento relativi a periodo d'imposta precedenti a quello

in corso alla data 31 dicembre 2016 siano stati già notificati, si applica la disciplina dettata

dal D.Lgs. n. 128 del 2015, art. 2. Per effetto della riportata sentenza, a giudizio dei giudici della Cassazione, i due regimi transitori coesisterebbero indipendente dal tenore letterale di cui al comma 132, art. 1, Legge n. 208/2015, sebbene lo stesso testualmente si riferisca a tutti gli avvisi di accertamento relativi ai periodi d’imposta anteriori al 2016. Nonostante ciò, con riferimento al comma 132, art. 1, Legge n. 208/2015, si riporta uno stralcio degli atti parlamentari relativi al tema in trattazione al fine di individuare la ratio seguita dal Legislatore della Legge di Stabilità per il 2016 con la riscrittura della disciplina dei termini di accertamento, secondo il quale: “… Il comma 132 chiarisce che le norme così novellate si applicano agli avvisi relativi al periodo d'imposta in

corso alla data del 31 dicembre 2016 e ai periodi successivi. Viene disposta la seguente disciplina transitoria

relativa ai periodi d'imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2016:

gli avvisi di accertamento devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quarto anno

successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione ovvero, nei casi di omessa presentazione della

dichiarazione o di dichiarazione nulla, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la

dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata”. Ed ancora: “… per i predetti periodi d’imposta viene

mantenuto il raddoppio dei predetti termini per l’accertamento, in caso di violazioni che comportino obbligo

di denuncia ai sensi del codice di procedura penale per uno dei reati tributari previsti dal decreto legislativo

10 marzo 2000, n. 74. Il raddoppio riguarda il periodo di imposta in cui è stata commessa la violazione e non

opera qualora la denuncia da parte dell'Amministrazione finanziaria, in cui è ricompresa la Guardia di

finanza, sia presentata o trasmessa oltre la scadenza ordinaria dei termini per l’accertamento.

Si ricorda che la disciplina del raddoppio dei termini per l’accertamento era stata di recente modificata ad

opera dell’articolo 2 del D.Lgs. n. 128 del 2015, in attuazione della legge delega fiscale n. 23 del 2014. In

particolare è stato previsto, sia in ambito IVA che in ambito di imposta sui redditi, che in caso di reato

tributario, il raddoppio non avrebbe operato qualora la denuncia da parte dell'amministrazione finanziaria,

in cui è ricompresa la Guardia di finanza, fosse stata presentata o trasmessa oltre la scadenza ordinaria dei

termini …”

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Dall’analisi del testo riportato emerge come la citazione effettuata da parte dello stesso legislatore delle previsioni di cui al d.lgs. n. 128/2015, ad eccezione del relativo regime transitorio ivi previsto, avvalora la tesi della abrogazione implicita del comma 3, art. 2 del medesimo decreto ad opera del comma 132, art. 1, Legge n. 208/2015. D’altra parte, ove l’abrogazione non fossa stata voluta dal legislatore sarebbe stato sufficiente il mero richiamo alla salvezza degli effetti di cui all’art. 2, comma 3, del d.lgs. n. 128/2015; disposizione che invece, sia dalla norma come anche dai relativi atti parlamentari, non è dato riscontrare. Sul punto, quindi, il silenzio del comma 132 relativamente alla salvaguardia degli effetti degli atti precedentemente emessi potrebbe essere ben interpretato come assenza di volontà del legislatore di tenere esenti gli effetti degli atti precedentemente emessi anche se notificati anteriormente al 2

settembre 2015. Per effetto di ciò, risulterebbero pertanto illegittimi tutti quegli avvisi di accertamento per i quali la denuncia di reato ex art. 331 c.p.p. sia stata omessa ovvero presentata successivamente alla scadenza dei termini ordinari di accertamento coincidenti, come visto, con il 31 dicembre del quarto, o quinto anno (a seconda dei casi concreti) successivo a quello in cui è stata o avrebbe dovuto essere presentata la dichiarazione. Sotto tale profilo, si rileva ancora come anche l’orientamento della giurisprudenza di merito, via via delineatosi fin dai primi mesi del 2016, prendendo le distanze da quanto affermato dalla Corte di Cassazione, si sia uniformato (in coerenza con quanto riscontrabile dagli Atti Parlamentari sulla Legge n. 208/2015) sulla abrogazione implicita del regime transitorio di cui all’art. 2 del d.lgs. n. 128/2015 ad opera dell’art. 1, comma 132, Legge n. 208/2015 (cfr. ad esempio, CTR Lombardia,

sentenza n. 386 del 22 gennaio 2016; CTR Lombardia, sentenza n. 2898 del 16 maggio 20163).

Nella stessa direzione, tra le pronunce più recenti si colloca la sentenza 23 giugno 2016, n. 4061,

della Commissione tributaria regionale del Lazio, la quale ha sottolineato che con la legge di stabilità per il 2016 il legislatore ha voluto dare finalmente certezza ai rapporti tra Fisco e contribuente disciplinando ex novo la materia dei termini di accertamento sia per l’avvenire, sia per i periodi di imposta precedenti. In particolare, nella pronuncia da ultimo richiamata, si legge che: “se il

legislatore … nulla ha detto in ordine agli accertamenti già notificati alla data di entrata in vigore

della legge di stabilità, vuol dire che anche per i predetti accertamenti ha ritenuto necessario il

requisito della presentazione o trasmissione della denunzia penale prima della scadenza dei termini

ordinari”4. D’altra parte, osserva il Collegio, la coesistenza di entrambe le norme transitorie determinerebbe un’ingiustificata disparità di trattamento tra i contribuenti, in quanto finirebbe per rimettere la valutazione sulla legittimità o meno dell’avviso di accertamento unicamente alla sua data di notificazione. 3 “Anche se il comma 132 nulla dice sulla vigenza dell'art. 2 del D.Lgs. n. 128/2015 - entrato in vigore il 2.9.2015 - poiché le norme disciplinano la

stessa materia e non è applicabile il criterio della specialità, questo Collegio ritiene che debba intendersi implicitamente abrogato il terzo comma del

medesimo articolo 2, laddove precisava che "Sono comunque fatti salvi gli effetti degli avvisi di accertamento, dei provvedimenti che irrogano sanzioni

amministrative tributarie e degli altri atti impugnabili con i quali l'Agenzia delle entrate fa valere una pretesa impositiva o sanzionatoria, notificati alla

data di entrata in vigore del presente decreto". In maggior dettaglio, se non fosse intervenuto il comma 132 della Legge di Stabilità la disciplina

applicabile al caso di specie sarebbe stata quella indicata dal previgente art. 57 DPR n. 633/72”.

4 Aderendo all’orientamento espresso dal Collegio regionale della Lombardia, anche la Commissione tributaria regionale del Lazio conclude per

l’abrogazione implicita della norma transitoria, in base alle seguenti motivazioni: “In base al principio generale di cui all'art. 15 delle preleggi al c.c.

secondo cui la legge successiva abroga quella precedente se regola l'intera materia già regolata da quella anteriore, deve ritenersi che la legge di

stabilità abbia abrogato la disciplina di cui all'art. 2 del D.L. n. 128 del 2015, compresa la clausola di cui al comma 3. Né si dica che si tratta di una

legge posteriore generale che non può abrogare la legge speciale anteriore, in quanto certamente non può porsi in dubbio che la legge di stabilità ai

commi 130-132 dell'art. 1 abbia inteso ridisciplinare l'intera materia”.

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In ultimo si segnala anche la recentissima pronuncia della Commissione Tributaria Regionale della Lombardi (Ctr Lombardia, sentenza 3486/14/2017) pronunciata il 4/5/2017 e depositata il 1/9/2017, che ha confermato lo stop al raddoppio per la denuncia oltre il termine ordinario. Secondo i giudici lombardi dal punto di vista positivo, la legge di Stabilità 2016, che ha eliminato il raddoppio dei termini in presenza di violazioni comportanti l’obbligo di denunzia a partire dal periodo di imposta 2016, ha introdotto un regime transitorio in cui ha chiaramente disposto che per i periodi d’imposta sino al 2015 il raddoppio opera solo se la denunzia penale è presentata entro il termine ordinario di accertamento (commi 130-131-132 dell’articolo 1 della legge 208/2015). Dal punto di vista negativo, è da ritenersi implicitamente abrogata la previgente disciplina disposta dall’articolo 2 del Dlgs 128/20155, che rendeva salvi gli accertamenti notificati sino al 2 settembre 2015 (clausola di salvaguardia), dato che tale clausola non è stata riproposta nella legge di Stabilità 2016, la quale ha disposto per l’applicazione del raddoppio dei termini solo se la comunicazione del reato è presentata entro i termini ordinari di accertamento. La sentenza conclude che è illegittimo l’accertamento emesso dall’amministrazione che intende

usufruire del raddoppio dei termini se la notitia criminis (relativa a fatture per operazioni

inesistenti relative al periodo d’imposta 2007) è presentata oltre il termine ordinario di

accertamento (nel caso specifico la denuncia di reato è stata presentata nell’ottobre 2013)6.

Se tale orientamento venisse confermato in sede di legittimità7, risulterebbero sostanzialmente nulli tutti gli atti impositivi fondati su un raddoppio dei termini accertativi connesso a denunce presentate in modo non tempestivo, ancorché notificati entro il 2 settembre 2015 (ossia quegli stessi accertamenti fatti salvi dalla disciplina transitoria disegnata dal D.Lgs. 128/2015). In conclusione, quindi, con le modifiche introdotte dalla Legge n. 208/2015 (commi 131 e 132), in caso di regolare presentazione della dichiarazione (nei termini o tardiva), i tempi di accertamento sono passati al 31 dicembre del 5° anno successivo a quello di presentazione (sono, quindi, modificati gli art. 43 del DPR 600/1973 e 57 del DPR 633/1972). Anche per l’omessa dichiarazione sono stati allungati i termini per l’accertamento dal 31° dicembre del 5° anno successivo a quello in cui la dichiarazione sarebbe dovuta essere presentata, al 31 dicembre del 7° anno successivo. Si ricorda che il legislatore considera “non omessa” bensì tardiva (e quindi regolare) la dichiarazione NON presentata nei termini ordinari ma, comunque, presentata entro i 90 giorni successivi. Quindi, ad esempio con riferimento al Modello Unico/2016, che andava presentato entro il 30/09/2016, si configurerà omessa dichiarazione solo se non si è presentato il Modello “tardivo” entro il 29/12/2016.

5 La previsione di tale clausola era stata peraltro ritenuta inapplicabile dalla CTP di Torino che nella sentenza n.2018/15/15 ha sancito l’illegittimità

del raddoppio dei termini operato avvalendosi della menzionata clausola (quindi in virtù della presentazione della denuncia penale a termine ordinario

scaduto) ed ha affermato che “la clausola di salvaguardia prevista dalla nuova normativa è inapplicabile perché presenta, oltre all’evidente ed unico

fine di tutela della casse erariali, gravi profili di incostituzionalità in quanto configura un’ingiustificata disparità di trattamento tra contribuenti

assoggettati a diversi termini di accertamento ed a diverse modalità di raddoppio deli stessi solo in conseguenza del momento in cui viene formulata la

notizia di reato e/o del momento in cui hanno subito la notifica dell’avviso di accertamento”.

6 Oltre le già citate sentenze si segnala l’orientamento assunto nella giurisprudenza tributaria con le sentenze della CTP di Reggio Emilia n.90/2016,

della CTR del Lazio sentenza 751/2016, della CTR della Lombardia Sezione staccata di Brescia sentenza 2838/2016, dopo che la Legge di stabilità per

il 2016 (L.208/2015) ha modificato sul tema quanto previsto dall’articolo 2 D. Lgs. 128/15.

7 Sul tema è però già intervenuta la Cassazione, secondo la quale la disciplina transitoria del D. Lgs 128/2015 permane dopo la L.208/2015 (cass.9

agosto 2016 n.16728).

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Modifica termini per l’accertamento

situazione Ante Legge 208/2015 Post Legge 208/2015

Dichiarazione regolare

31 dicembre del 4° anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione

31 dicembre del 5° anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione

Dichiarazione Omessa

31° dicembre del 5° anno successivo a

quello in cui la dichiarazione sarebbe dovuta essere presentata

31° dicembre del 7° anno successivo a

quello in cui la dichiarazione sarebbe dovuta essere presentata

Si tenga, tuttavia, presente che i predetti nuovi termini (di accertamento) sono applicabili solo a decorrere dal periodo d‘imposta in corso al 31 dicembre 2016 (comma 132 Legge n. 208/2015).

Il che significa che, ad esempio:

→ con riferimento al “regolare” Modello Unico/2016 (o 730/2016) periodo d’imposta 2015, il termine per l’accertamento resta quello precedente, ossia il 31 dicembre del 4° anno successivo quello di presentazione e, quindi, il 31/12/2020;

→ per la dichiarazione “regolare” da presentare il prossimo anno (ossia Modello Unico/2017 e Modello 730/2017) riferita al 2016, il termine per l’accertamento sarà, invece, il 31 dicembre del 5° anno successivo, ossia il 31/12/2022.

Di seguito una tabella di riepilogo sui nuovi termini.

Termini per l’accertamento “Dichiarazione regolare”

Situazione Termini

Raddoppio termini violazioni penali

Modello Unico/2016

(anno 2015) e precedenti

31 dicembre del 4° anno successivo a quello

di presentazione del modello

SI

Modello Unico/2017

(anno 2016) e successivi

31 dicembre del 5° anno successivo a quello

di presentazione del modello

NO

Termini per l’accertamento “Dichiarazione omessa”

situazione Termini

Raddoppio termini violazioni penali

Modello Unico/2016

(anno 2015) e precedenti

31 dicembre del 5° anno successivo a quello

in cui sarebbe dovuta essere presentata

SI

Modello Unico/2017

(anno 2016) e successivi

31 dicembre del 7° anno successivo a quello

in cui sarebbe dovuta essere presentata

NO

Al termine della presente circolare riportiamo delle pratiche tabelle per il riscontro rapido delle scadenze dettate dal tipo di atto, dalla specifica imposta e dalle norme che si sono susseguite nel tempo come sopra evidenziato (TABELLA A e TABELLA B).

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Termini di accertamento e dichiarazioni integrative

Una circostanza che può incidere sui termini di decadenza riguarda la presentazione delle

dichiarazioni integrative. Occorre preliminarmente ricordare che fino al 23/10/20168, l’art. 2, comma 8, del D.P.R. n. 322/1998, prevedeva che le dichiarazioni potessero essere integrate dal contribuente per correggere errori ed omissioni (c.d. dichiarazione a sfavore), mediante successiva dichiarazione da presentare entro il termine di decadenza di cui all’art. 43, del D.P.R. n. 600/1973, fatta salva l’applicazione di sanzioni. Il decreto legge 22 ottobre 2016, n.193, dal titolo “Disposizioni urgenti in materia fiscale e per il finanziamento di esigenze indifferibili” pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 249, del 24 ottobre 2016, all’art. 5 prevede novità in materia di dichiarazione integrativa a favore. Sono stati infatti “allineati” i termini per la presentazione di dichiarazioni integrative “correttive”; in sostanza anche l’integrativa a favore del contribuente, come già accade per quella a sfavore, può essere presentata entro cinque anni dal 2016 in poi ed entro quattro anni dal 2011 al 2015. Il comma 2, dell’articolo 5, del Decreto Legge 193 in commento, aggiorna i riferimenti normativi della disciplina del termine dell’accertamento in caso di presentazione di dichiarazione integrativa (Legge di stabilità 2015). Va evidenziato che l’art. 1, c. 640, della legge di Stabilità 2015, dispone un allungamento dei termini sia relativi alla notifica delle cartelle di pagamento, sia dei termini relativi all’accertamento, coerenti con le modifiche in materia di dichiarazione integrativa e di ravvedimento. In particolare la norma precisa che, ove sia presentata una dichiarazione integrativa (ai sensi dell’articolo 2, comma 8 del richiamato D.P.R. n. 322 del 1998) e in tutti i casi di regolarizzazione dell’omissione o dell’errore, i termini per la notifica delle cartelle di pagamento relativi, rispettivamente, all’attività di liquidazione delle imposte, dei contributi, dei premi e dei rimborsi dovuti in base alle dichiarazioni e di controllo formale delle dichiarazioni, decorrono, dalla

presentazione di tali dichiarazioni (comma 640, lettera a). Inoltre (comma 640, lettera b) limitatamente agli elementi oggetto dell’integrazione, i termini per l’accertamento decorrono dalla presentazione della dichiarazione integrativa. La legge di stabilità 2017, allineando termini di presentazione delle dichiarazioni a sfavore e a favore oltre il termine di scadenza della dichiarazione del periodo successivo, fino entro 5 anni dal 2015 ed entro 4 anni dal 2011 al 2014, ha modificato, con gli opportuni richiami, l’art. 1 comma 640 della L. 190/2014, che ora prevede: “Nelle ipotesi di presentazione di dichiarazione integrativa ai sensi

((degli articoli 2, comma 8, e 8, comma 6-bis)), del regolamento di cui al decreto del Presidente

della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, e successive modificazioni, e 13 del decreto legislativo 18

dicembre 1997, n. 472, e successive modificazioni, ovvero, quando non è prevista dichiarazione

periodica, nei casi di regolarizzazione dell'omissione o dell'errore:

8 Dal 24 ottobre 2016 è in vigore il DL 22/10/2016 n.193 “Disposizioni urgenti in materia fiscale e per il finanziamento di esigenze indifferibili” –

Legge di Bilancio;

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a) i termini per la notifica delle cartelle di pagamento di cui all'articolo 25, comma 1, lettere a) e

b), del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive

modificazioni, relativi, rispettivamente, all'attività di liquidazione delle imposte, dei contributi, dei

premi e dei rimborsi dovuti in base alle dichiarazioni e di controllo formale delle dichiarazioni,

concernenti le dichiarazioni integrative presentate per la correzione degli errori e delle omissioni

incidenti sulla determinazione e sul pagamento del tributo, decorrono dalla presentazione di tali

dichiarazioni, limitatamente agli elementi oggetto dell'integrazione;

b) i termini per l'accertamento di cui agli articoli 43 del decreto del Presidente della Repubblica 29

settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, e 57 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, decorrono dalla presentazione della

dichiarazione integrativa, limitatamente ((ai soli elementi)) oggetto dell'integrazione;”

Pertanto, per effetto della predetta modifica, i termini di decadenza per l’accertamento delle

imposte sui redditi/IVA e per la notifica della cartella per le attività di rettifica delle

dichiarazioni, sono computati prendendo come riferimento la dichiarazione integrativa e in particolare gli elementi oggetto dell’integrazione e non quella originaria.

Novità in termini di riduzione dei termini di accertamento dal DL 193/2016

Sempre con la legge di stabilità 2017 o meglio con il decreto collegato 193/2016, ci sono state delle variazioni importanti circa i vantaggi in termini di semplificazioni fiscali prodotti dall’opzione per la trasmissione dei dati delle fatture attive e passive. Una di queste riguarda, tra l’altro, la riduzione di due anni (da cinque a tre) del termine di decadenza degli accertamenti dell'IVA di cui all'articolo 57, primo comma, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, e delle imposte dirette di cui all'articolo 43, primo comma, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600. La riduzione si applica solo per i soggetti che garantiscano la tracciabilità dei pagamenti oltre 30 euro e che quindi garantiscono la completa tracciabilità di tutti i movimenti finanziari.

L’Accertamento esecutivo

Nell’ambito dell’analisi che si svolge con la presente circolare riteniamo di approfondire anche gli aspetti riguardanti l’accertamento esecutivo. L’accertamento esecutivo è stato introdotto nel nostro ordinamento dall’articolo 29 del D.L. 78/2010 (convertito dalla L. 122/2010), allo scopo di ridurre i tempi di recupero coattivo del credito tributario. In forza di tale modifica, gli atti emessi dall’Agenzia delle Entrate dal 1° ottobre 2011 (relativi al periodo d’imposta in corso al 31/12/2007 e successivi) hanno assunto efficacia esecutiva, in quanto decorso il termine utile per la proposizione del riscorso legittimano l’esecuzione forzata nei confronti del contribuente. Sin dalla loro emanazione, gli atti assumono la veste di provvedimenti impositivi, di precetto

(intimazione ad adempiere) e di titolo esecutivo (che consente di promuovere l’esecuzione

forzata, unitamente al precetto), e una volta notificato l’avviso di accertamento il contribuente deve

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provvedere (entro i termini) al versamento delle somme dovute, senza che sia necessario attendere la notifica della cartella di pagamento. Deve essere assunta quale data di emissione quella in cui il provvedimento viene datato e sottoscritto dal responsabile dell’Ufficio. Sebbene il carattere esecutivo degli atti abbia determinato la concentrazione negli stessi dell’attività

di riscossione, sono rimaste invariate le disposizioni per la riscossione delle somme in pendenza di

giudizio e, con alcune particolarità, gli istituti tipici della riscossione a mezzo ruolo (come, p.e., la dilazione delle somme, i ruoli straordinari, ecc…). L’esecutività è efficace per gli avvisi di accertamento emessi dall’Agenzia delle Entrate per imposte dirette (Irpef, Ires, Iri – quest’ultima dal 2017), Irap, Iva, ritenute (sia a titolo di acconto che d’imposta), imposte sostitutive, nonché per i relativi provvedimenti di irrogazione delle sanzioni. Il riferimento a tale ultima tipologia di provvedimenti è individuabile nelle modifiche agli articoli 16 e 17 del D.Lgs. 472/1997, introdotte dal D.L. 98/2011 per la razionalizzazione del procedimento. A seguito di tali modifiche il procedimento di irrogazione immediata delle sanzioni di cui all’articolo

17 non è più alternativo al procedimento di previa contestazione della sanzione, ma diviene obbligatorio quando la sanzione risulti correlata al tributo. Non trova, invece, applicazione per i contributi previdenziali (sebbene gli stessi possano essere comunque inseriti nel medesimo atto di accertamento), né per l’imposta di registro, l’imposta sulle

successioni e donazioni, i tributi locali e le altre entrate non tributarie, che rimangono soggette alla riscossione in base a ruolo. Con particolare riferimento ai contributi previdenziali, sebbene gli stessi siano determinati e liquidati in connessione con i redditi e siano ammessi alla definizione per acquiescenza e in adesione (di cui all’articolo 2, comma 3 del D.Lgs. 218/1997), in ambito di riscossione si assiste ad una dicotomia posto che:

• le imposte sui redditi, Iva e Irap rientrano nell’alveo degli accertamenti esecutivi la cui competenza è attribuita all’Agenzia delle Entrate;

• i contributi Inps formano oggetto di un avviso di addebito (esecutivo ai sensi dell’articolo

30 del D.L. 78/2010) e rientrano nella competenza dell’Inps. In caso di omissione dei versamenti, le somme relative ai contributi non devono essere affidate all’Agente per la riscossione, ma sono oggetto di apposito avviso di addebito emesso dall’Inps, che deve contenere l’intimazione ad adempiere entro sessanta giorni. In costanza di inadempimento del contribuente, l’Inps provvederà all’affidamento del carico all’Agente per la riscossione con modalità proprie ed in deroga alla disciplina di cui al D.Lgs. 46/1999. In materia di imposte sui redditi e Iva, la riscossione in base a ruolo rimane tuttavia confermata

per le liquidazioni e i controlli formali (ex articoli 36-bis e 36-ter D.P.R. 600/1973 e articolo 54-

bis del D.P.R. 633/1972), per la riscossione delle sanzioni irrogate con la procedura di cui

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all’articolo 16 D.Lgs. 472/1997 e per la riscossione delle sanzioni non connesse con

l’accertamento del tributo. La nota dell’Agenzia delle Entrate prot. 2011/141776 del 30/09/2011, ha chiarito come non assumano natura esecutiva:

− gli atti di contestazione delle sanzioni ex articolo 16, D.Lgs. 472/1997, posto che il D.L.

98/2010, modificando l’articolo 17 del D.Lgs. 472/1997, ha previsto che qualora siano

collegate all’evasione (si pensi alle sanzioni per dichiarazione omessa o infedele) le sanzioni

debbano essere irrogate unitamente all’accertamento e non in via separata. La contestazione

separata, per la quale continuerà ad applicarsi il ruolo, opera pertanto in via principale per

le sanzioni non connesse all’evasione come, per esempio, quelle relative all’omessa

cancellazione della partita Iva o alle violazioni relative al modulo RW;

− gli accertamenti con adesione non preceduti da avviso di accertamento e pertanto derivanti

da istanza presentata dal contribuente nelle more della verifica fiscale (articolo 6, D.Lgs.

218/1997);

− gli atti previsti dagli istituti definitori di cui agli articoli 5, comma 1- bis, e 5- bis del D.Lgs.

218/1997 (questi ultimi applicabili ai soli processi verbali di constatazione in materia di

imposte sui redditi e Iva consegnati entro il 31 dicembre 2015);

− gli atti di recupero delle somme erroneamente rimborsate di cui all’articolo 43, comma 1,

del D.P.R. 602/1973, in quanto la logica della norma appare assimilabile al procedimento di

liquidazione automatica.

Nulla è specificato per gli avvisi di recupero dei crediti d’imposta. La norma ha altresì stabilito che gli avvisi di accertamento, ed i relativi provvedimenti d’irrogazione delle sanzioni nonché i successivi atti di rideterminazione degli importi dovuti, debbano contenere:

− l’intimazione ad adempiere entro il termine di presentazione del ricorso;

− l’indicazione dell’obbligo di pagamento degli importi negli stessi indicati ovvero, in caso di tempestiva proposizione del ricorso ed a titolo provvisorio, degli importi stabiliti dall’articolo

15 del D.P.R. 602/1973;

− l’espresso avvertimento che, decorsi trenta giorni dal termine ultimo per il pagamento (rectius per la proposizione del ricorso), la riscossione delle somme richieste sarà affidata, in deroga alle disposizioni in materia di iscrizione a ruolo, in carico agli Agenti della

riscossione, anche ai fini dell’esecuzione forzata. Con la riforma approvata dal Governo con l’articolo 5 del d.lgs 159/2015, cambiano i termini entro i quali l’Agente della riscossione può avviare la riscossione successivamente a un avviso di

accertamento esecutivo; la riforma vale però solo per quegli avvisi emessi a partire dal 22 ottobre 2015.

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Se in passato la legge disponeva che gli accertamenti dell’Agenzia delle Entrate diventavano esecutivi decorsi sessanta giorni dalla loro notifica, oggi si stabilisce che essi costituiscono titolo esecutivo una volta decorso il termine per la proposizione del ricorso. L’agente della Riscossione, a questo punto, sulla base del titolo esecutivo così divenuto definitivo, senza bisogno della previa notifica della cartella di pagamento, può procedere ad espropriazione

forzata con i normali poteri che le spettano per legge anche con riferimento alle cartelle stesse. Prima di tale momento, tuttavia, deve inviare al contribuente l’avviso di presa in carico; la notifica può avvenire anche tramite posta elettronica (non certificata). Inoltre, a differenza di quanto avveniva in passato, dopo il passaggio di consegne dall’Agenzia delle Entrate all’Agente della riscossione per la materiale riscossione dell’accertamento esecutivo e l’invio, da parte di questa, dell’avviso di presa in carico, non è più necessario attendere 180 giorni prima di procedere al pignoramento. La sospensione di 180 giorni per l’espropriazione forzata a seguito di avviso di presa in carico, non si applica, in caso di accertamento divenuto definitivo, anche a seguito di sentenza passata in

giudicato o di recupero di somme derivanti da decadenza della rateazione. Non è più previsto alcun termine di decadenza per l’inizio dell’espropriazione forzata a seguito di accertamento esecutivo (si applica dunque il solo termine di prescrizione).

PARTICOLARI CASI PER I TERMINI DI ACCERTAMENTO PER LE IMPOSTE SUI REDDITI E IVA

Il termine per notificare determinati atti ai contribuenti non residenti non è quello decadenziale per l’accertamento, bensì quello di prescrizione decennale. In questo modo, la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 25264 depositata il 25 ottobre 2017, conferma a pieno titolo un orientamento della giurisprudenza di merito che “Per l’accertamento ai non residenti si applica la prescrizione decennale”. Si chiarisce che nella sentenza citata non si afferma, tour court, che se si tratta di un contribuente non residente, non operano gli ordinari termini di accertamento ma la prescrizione decennale, bensì che, nella situazione descritta, si trattava di un atto di recupero di un credito e che, per l’assenza di una normativa specifica, si aprono le vie della prescrizione. Da questo principio non è nemmeno possibile asserire che, per gli avvisi di recupero dei crediti d’imposta, operi la prescrizione, intendendo per tali gli atti con cui, principalmente, si recuperano i crediti compensati in violazione della normativa vigente oppure inesistenti, o quelli da quadro RU (nel senso della decadenza depone chiaramente il tenore dell’art. 27 comma 16 del DL 185/2008; in giurisprudenza, Cass. 22 luglio 2016 n. 15190 stabilisce senza mezzi termini che trovano applicazione i termini decadenziali). Alla luce di quanto esposto, si può ragionevolmente affermare che, pure dopo la sentenza in commento, l’accertamento del reddito prodotto in Italia da un contribuente non residente (esempio, locazione non dichiarata) deve soggiacere ai normali termini di accertamento, salvo casi del tutto specifici.

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La fattispecie oggetto della sentenza riguardava un atto emesso dal COP ( Centro operativo

Pescara) attraverso cui “fu imposto alla società il pagamento di una somma a titolo di restituzione del rimborso di una ritenuta” e “di altra somma relativa alla ritenuta non versata”. La tesi della prescrizione decennale prende le mosse dall’orientamento formatosi in tema di aiuti di

Stati recuperati, ove, in breve, viene sancito che per il credito erariale opera il termine descritto. Assumendo che sia corretta l’esclusione dei termini dell’art. 43 del DPR 600/73, come avanzato dai giudici, ci si chiede come mai non si è ritenuto di applicare l’art. 43 del DPR 602/73, concernente il recupero di somme erroneamente rimborsate. Detta norma richiama esplicitamente i consueti termini decadenziali per l’accertamento, dunque potrebbe essere tirata in gioco anche se occorre segnalare che per la C.T. Prov. Pescara 31 dicembre 2009 n. 415/1/09, l’art. 43 del DPR 602/73 si applica agli importi “erroneamente” rimborsati, e non a quelli “indebiti”. Tornado alla decisione della Cassazione citata bisogna però contestualizzare la situazione e, comunque, rammentare che il sistema fiscale, in merito ai termini decadenziali per l’accertamento, non prevede termini maggiori per i non residenti, a differenza di alcune legislazioni estere. L’unica norma che si rinviene è l’art. 16-bis del DLgs. 472/97, che raddoppia il termine (da 90 a 180 giorni) per la notifica dell’atto di contestazione per violazioni inerenti agli scontrini fiscali per i non residenti. Forse, viene da dire, il legislatore avrebbe dovuto considerare il tema dei termini per la notifica degli atti ai non residenti in relazione a casistiche più significative.

ATTIVITA’ DI RECUPERO DEI CREDITI DI IMPOSTA

Gli atti finalizzati al recupero del credito di imposta hanno natura di accertamento, e l’iscrizione a ruolo deve avvenire in via frazionata e non per l’intero. Al fine di disconoscere la fruibilità dei vari crediti d’imposta previsti dalla legislazione speciale (si pensi al bonus assunzioni, al bonus ricerca e svilupppo e così via), gli Uffici sono legittimati a emettere apposito atto ai sensi dell’art. 1, comma 421, della L. n. 311/2004. Detti provvedimenti hanno sostanziale natura accertativa, in quanto, per le più varie ragioni, disconoscono la debenza del credito d’imposta e, di conseguenza, l’eventuale utilizzo in compensazione. Per questo motivo, occorre che venga rispettata la procedura contemplata dal Legislatore per gli accertamenti, e ciò vale soprattutto per:

I. i termini di decadenza II. per l’iscrizione a ruolo.

In merito al primo punto, l’Agenzia delle Entrate deve rispettare i termini di cui all’art. 43 del DPR n. 600/1973, e il termine ultimo previsto, a pena di decadenza, entro cui notificare l’atto può essere ricavato dall’art. 27, comma 18 del DL n. 185/2008, norma che riguarda la specifica ipotesi degli avvisi di recupero emessi per contrastare l’indebito utilizzo in compensazione dei crediti inesistenti. Quest’ultima disposizione prevede che l’avviso possa essere notificato entro il 31 dicembre

dell’ottavo anno successivo a quello di utilizzo del credito, quindi, per gli avvisi “ordinari” (intendendosi per tali quelli emessi al di fuori del peculiare caso dei crediti inesistenti indebitamente

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compensati) il termine dovrebbe coincidere con il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello di utilizzo. Leggermente più articolato si presenta il secondo problema, che riguarda la riscossione delle somme richieste mediante l’avviso di recupero. La L. n. 311/2004, al riguardo, si profila alquanto ambigua, visto che si limita a specificare che la riscossione avviene secondo le regole del DPR n. 602/1973, non indicando di che tipologia di iscrizione a ruolo si tratti. Secondo una parte della dottrina, non si può che optare per l’applicabilità dell’art. 15 del DPR n. 602/1973, norma valevole per la riscossione delle somme richieste mediante accertamento, e per l’art. 19 del DLgs. n. 472/1997 in punto sanzioni amministrative. Pertanto, se viene presentato il ricorso, le sanzioni non possono essere riscosse se non dopo la sentenza di primo grado che respinge il ricorso e nella misura dei due terzi, mentre le imposte subito per un terzo del loro ammontare, e non per l’intero. Attenzione ai termini di decadenza Una conferma la si rinviene nella pronuncia C.T. Prov. Taranto del 9 febbraio 2006 n. 505, ove si evidenzia giustamente che l’art. 14 del DPR 602 è norma eccezionale valevole solo per le liquidazioni/controlli formali delle dichiarazioni (in base a tale disposizione, le somme sarebbero iscrivibili a ruolo immediatamente per la totalità, nonostante il ricorso). Ulteriore riscontro deriva dal Legislatore. Infatti, con l’art. 27, comma 18 del DL n. 185/2008, è stato previsto che l’atto di recupero emesso ai sensi della L. n. 311/2004, se inerente crediti inesistenti utilizzati in compensazione, legittimi la riscossione immediata e integrale ai sensi dell’art. 15-bis del DPR n. 602/1973 (norma che riguarda i ruoli straordinari, adottabili, in genere, quando vi è fondato pericolo per la riscossione), il che sarebbe pleonastico se fosse stato applicabile l’art. 14 del DPR n. 602/1973, che, del pari, consente subito la totale esigibilità degli importi. Altra conseguenza della natura accertativa dell’atto è la possibilità di definizione agevolata delle sanzioni e, a nostro avviso, anche dell’accertamento con adesione/acquiescenza, visto che, pur ravvisando la presenza di opinioni contrarie, il DLgs. n. 218/1997 non pare contenere inibizioni alla sua applicabilità.

II. ATTIVITA’ DI CONTROLLO FORMALE E LIQUIDAZIONE IMPOSTE DOVUTE DALLE DICHIARAZIONI DEI REDDITI E IVA

TERMINI PER LA NOTIFICA DELLA CARTELLE DI PAGAMENTO

derivanti dall’accertamento formale ex art. 36-bis e 36-ter DPR n. 600/73 ed ex art.54 bis del DPR 633/72

Le somme che risultano dovute a seguito dei controlli, di qualsiasi tipo, e degli accertamenti effettuati dall’Amministrazione finanziaria vengono iscritte a ruolo. Il ruolo non è altro che un elenco, formato dall’ente impositore, dei debitori e delle somme da essi dovute. Come noto l’Agenzia delle Entrate svolge l’attività di riscossione “coattiva” dei tributi - in mancanza

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del pagamento spontaneo del contribuente - tramite la società per azioni “Agente della riscossione”9, presente su tutto il territorio nazionale, tranne che in Sicilia. Il ruolo viene quindi trasmesso all’Agente della riscossione che provvede alle seguenti operazioni:

− predisposizione e notifica delle cartelle; − riscossione delle somme e riversamento nelle casse dello Stato e degli altri enti impositori; − avvio dell’esecuzione forzata, in caso di mancato pagamento;

Non si procede all’accertamento, all’iscrizione a ruolo e alla riscossione dei crediti relativi ai tributi erariali e regionali quando la somma dovuta, comprensiva di sanzioni e interessi, non è superiore, con riferimento a un singolo periodo d’imposta, a 30 euro. Questa disposizione non si applica se il credito deriva da ripetuta violazione degli obblighi di versamento relativi a un medesimo tributo. L’attività principale dell’Agenzia delle Entrate che attiva il processo qui sopra richiamato è quello del controllo e dell’accertamento formale dei dati dichiarati dal contribuente nei modelli di dichiarazione dei redditi. L'accertamento formale, quindi, consiste essenzialmente in un mero riscontro cartolare delle dichiarazioni ed è finalizzato alla verifica della correttezza degli adempimenti in sede di dichiarazione a carico dei contribuenti. Tale tipologia di controllo formale è stato introdotto nell'ordinamento tributario con gli artt. 36-bis e 36-ter del D.P.R. n 600 del 1973. L’attività di controllo formale consiste nella seguenti tipologie:

− Liquidazione delle imposte sulla base dei dati emergenti dalla dichiarazione dei redditi.

Viene eseguita su tutte le dichiarazioni presentate ed in particolare sulla corretta

liquidazione (versamento) delle imposte, dei contributi, dei premi e dei rimborsi dovuti

in base alla dichiarazione dei contribuenti o dei sostituti di imposta (770). La norma che disciplina questa attività di accertamento è contenuta nell’articolo 36 bis del DPR n.

600/1973 per le imposte dirette e nell’articolo 54 bis DPR 633/72 per IVA; il termine per esperire l’attività di controllo formale da parte dell’Amministrazione Finanziaria, che dovrà avvenire mediante procedure automatizzate, è previsto entro l’inizio del periodo di presentazione delle dichiarazioni aventi per oggetto imposte dirette ed Iva, relative all’anno successivo, sulla base dei dati e degli elementi direttamente desumibili dalle dichiarazioni presentate e di quelli in possesso dall’Anagrafe tributaria (commi 1-2 dell’art 36-bis). Ad esempio: anno di imposta 2012, dichiarazione successiva anno 2013, controllo eseguito dall’agenzia entro luglio 2014.

− Controllo formale vero e proprio delle dichiarazioni presentate dai contribuenti e dai

sostituti di imposta. La norma che disciplina questa attività di accertamento è contenuta

9 Come noto la Legge di Stabilità 2017 ha previsto che dal 1° luglio 2017 Agente della riscossione viene sciolta (con l'esclusione di Agente della

riscossione Giustizia, che si occupa del Fondo unico giustizia): competenze e personale passano all'Agenzia delle Entrate-Riscossione, ente pubblico

economico vigilato dal Mef.

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nell’articolo 36 ter del DPR n. 600/1973; il termine per esperire l’attività di controllo formale da parte dell’Amministrazione Finanziaria è il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione. Tale controllo viene eseguito solo su dichiarazioni individuate in base a criteri selettivi e a specifiche analisi di rischi. Ad esempio: anno di imposta 2012, presentata nel 2013, controllo eseguito dall’agenzia entro il

31/12/2015.

Successivamente a questa attività di controllo, l’agente della riscossione, su mandato dell’agenzia delle entrate, notifica le relative cartelle di pagamento ai contribuenti. Vediamo più in dettaglio le formalità.

Attività di liquidazione della dichiarazione di cui all’art. 36-bis del DPR n. 600/1973 e 54 bis del DPR 633/72.

La liquidazione dell’imposta dovuta è una fase autonoma di controllo ed è finalizzata la controllo del corretto versamento delle imposte dichiarate ed emergenti dal modello di dichiarazione. Dalle modifiche apportate all’art. 36-bis, la liquidazione dell’imposta dovrà avvenire, come detto, mediante procedure automatizzate, entro l’inizio del periodo di presentazione delle dichiarazioni relative all’anno successivo, sulla base dei dati e degli elementi direttamente desumibili dalle dichiarazioni presentate e di quelli in possesso dall’Anagrafe tributaria (commi 1-2 dell’art 36-bis). L’emanazione di un successivo decreto legislativo ha disciplinato le modalità e i tempi di riscossione delle somme spettanti al Fisco a seguito dei controlli automatici. È previsto che l’esito della liquidazione sia resa nota al contribuente attraverso l’emanazione di un avviso di comunicazione contenente l’indicazione degli aspetti formali sanabili e i motivi della liquidazione, nel caso di una maggiore imposta. Nello stesso avviso, l’Amministrazione fisserà, inoltre, un termine di 30 giorni che permetterà al contribuente di regolarizzare la dichiarazione presentata, ovvero determinare anche l’interruzione del procedimento nei suoi confronti o la modifica dei risultati già acquisiti, attraverso l’esibizione di ulteriori dati ed elementi. Entro tale termine di

trenta giorni il contribuente potrà l’importo richiesto, indicato nella comunicazione, versando

la sanzione ridotta del 10% (cioè 1/3 del 30%), oltre al pagamento degli interessi fino all’ultimo

giorno del mese antecedente a quello di elaborazione della comunicazione. L’art 36-bis (così come il 54 bis), però, nulla dispone né in relazione al contenuto della comunicazione, né specifica il comportamento che l’Ufficio deve tenere. La prassi seguita dall’Amministrazione Finanziaria è - in assenza di ulteriori chiarimenti da parte del contribuente ovvero del pagamento in via breve da parte dello stesso - quella della iscrizione a ruolo, da parte dell’Ufficio, delle maggiori imposte, delle sanzioni e degli interessi derivanti dalla liquidazione della dichiarazione;

Successivamente l’agente della riscossione notifica le relative cartelle di pagamento entro il 31

dicembre del terzo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione.

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Attività di controllo formale della dichiarazione di cui all’articolo art. 36-ter del DPR n. 600/1973.

L’attività di controllo formale della dichiarazione, tenderà alla verifica della corretta determinazione delle imposte, delle ritenute, dei contributi o premi dichiarati, senza però entrare nel merito dell’effettiva individuazione dei presupposti impositivi; ma, nel contempo è riconosciuta la possibilità di poter acquisire anche ulteriori elementi desunti dal contenuto della dichiarazione presentata da altri soggetti o dagli elenchi forniti da determinati enti o, ancora, dall’esame di altri documenti richiesti al contribuente stesso. Seppure sia stato previsto un maggior margine di controllo, tale attività rimane comunque legata al controllo formale della dichiarazione, non comportando così limitazione all’azione di accertamento che gli uffici finanziari potranno effettuare successivamente; difatti, il comma 2 del nuovo art. 36-ter dispone “senza pregiudizio dell’azione accertatrice ai sensi degli artt 37 e seguenti” del D.P.R. n 600 del 73”. Il controllo formale delle dichiarazioni, a differenza dell’attività di liquidazione, si incentrerà, non sulla totalità delle dichiarazioni presentate, ma solo relativamente ai contribuenti individuati sulla base di criteri selettivi fissati dal Ministero delle Finanze. Il termine per esperire l’attività di controllo formale da parte dell’Amministrazione

Finanziaria è, come detto, il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di presentazione

della dichiarazione. Il comma 2 dell’art. 36-ter dispone che gli uffici delle entrate provvedono a:

a) escludere in tutto o in parte lo scomputo delle ritenute d’acconto non risultanti dalle dichiarazioni dei sostituti d’imposta, dalle comunicazioni di cui all’articolo 20, terzo comma, del decreto del Presidente della Repubblica, 29 settembre 1973, n. 605, dalle certificazioni richieste ai contribuenti ovvero delle ritenute risultanti in misura inferiore a quella indicata nelle dichiarazioni dei contribuenti stessi; b) escludere in tutto o in parte le detrazioni d’imposta non spettanti in base ai documenti richiesti ai contribuenti o agli elenchi di cui all’art. 78, comma 25, della legge 30 dicembre 1990, n. 413; c) escludere in tutto o in parte le deduzioni dal reddito non spettanti in base ai documenti richiesti ai contribuenti o agli elenchi menzionati nella lettera b); d) determinare i crediti d’imposta spettanti in base ai dati risultanti dalle dichiarazioni e ai documenti richiesti ai contribuenti; e) liquidare la maggiore imposta sul reddito delle persone fisiche e i maggiori contribuenti dovuti sull’ammontare complessivo dei redditi risultanti da più dichiarazioni certificati di cui all’art. 1, comma 4, lettera d), presentati per lo stesso anno dal medesimo contribuente; f) correggere gli errori materiali e di calcolo commessi nelle dichiarazioni dei sostituti d’imposta.

Inoltre il comma 3 dell’articolo in parola prevede che - ai fini dei commi 1 e 2 - il contribuente o il sostituto d’imposta è invitato, anche telefonicamente o in forma scritta o telematica, a fornire chiarimenti in ordine ai dati contenuti nella dichiarazione e ad eseguire o trasmettere ricevute di versamento e altri documenti non allegati alla dichiarazione o difformi dai dati forniti da terzi. Inoltre il comma 4 dell’articolo in commento prevede l’obbligo dell’Amministrazione di esporre i motivi della rettifica operata in un apposito avviso da notificare al contribuente. L’obbligo della

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motivazione costituisce senz’altro un’importante garanzia per il soggetto passivo, il quale, avendo conoscenza dei motivi, può, sia regolarizzare il contenuto della dichiarazione in rettifica, sia esercitare i propri diritti di difesa in sede contenziosa, o addirittura interrompere la procedura segnalando dati ed elementi non comunicati o valutati erroneamente nella fase di controllo; infatti in caso di errore da parte della Amministrazione finanziaria, la stessa potrà eventualmente esercitare il proprio potere di autotutela attraverso l’eventuale rinuncia all’imposizione in caso si accerti l’illegittimità dell’atto o dell’imposizione. Il contribuente ha la possibilità di regolarizzare il maggior debito emesso nei suoi confronti, pagando le somme dovute entro i successivi 30 giorni dal ricevimento della comunicazione, ottenendo in tal modo il pagamento della sanzione ridotta del 20% (cioè i 2/3 del 305), oltre al pagamento degli interessi fino all’ultimo giorno del mese antecedente a quello di elaborazione della comunicazione. In assenza di ulteriori chiarimenti da parte del contribuente ovvero del pagamento in via breve

da parte dello stesso, è prevista l’iscrizione a ruolo, da parte dell’Ufficio, delle maggiori

imposte, delle sanzioni e degli interessi derivanti dalla liquidazione della dichiarazione;

Successivamente l’agente della riscossione notifica le relative cartelle di pagamento entro il 31

dicembre del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione.

Si segnala un interessante orientamento giurisprudenziale sul termine in caso di disconoscimento di detrazioni d’imposta ripartite su più anni (si pensi a quelle su spese per ristrutturazione edilizia). È stato ritenuto che occorre sottoporre a controllo formale l’anno in cui la spesa è stata sostenuta, e non i successivi periodi d’imposta in cui essa è stata ripartita, pena un surrettizio ampliamento dei termini decadenziali (C.T. Prov. Reggio Emilia 6 febbraio 2013 n. 36/3/13 e C.T. Reg. Milano 16 aprile 2015 n. 2597/49/15). Il tema del termine di notifica delle cartelle formate a seguito della liquidazione delle imposte e del controllo formale delle dichiarazioni, è stato oggetto di molteplici interventi normativi che si sono susseguiti nel tempo, rendendo estremamente complesso illustrare in modo sistematico la disciplina. Omettendo una completa ricostruzione dell'evoluzione storica della fattispecie, che oggi forse non è più di rilevante interesse, occorre focalizzare l'attenzione sull'ultimo e, forse, risolutivo mutamento normativo operato dalla legge n. 156 del 2005. Questa legge ha delineato un "nuovo" sistema di riferimento maggiormente "certo" e conforme alle indicazioni fornite dalla Corte costituzionale con la sentenza del 7 luglio 2005, n. 280, che ha dichiarato costituzionalmente illegittimo il dettato dell'articolo 25 del Dpr n. 602 del 1973, nel testo così come risultante dalla modifiche introdotte dall'articolo 1, comma 1, lettera b), del decreto legislativo del 27 aprile 2001, n. 193. L'intervento normativo operato risulta duplice, in quanto introduce una disciplina "a regime" e una transitoria. La disciplina a regime è quella sopra illustrata in dettaglio passando in rassegna le modalità di rettifica delle dichiarazione presentate dal contribuente. Secondo tali principi le cartelle di pagamento emesse per la riscossione di imposte dirette e Iva, devono essere notificate entro i predetti termini che variano in relazione ai tipi di controllo:

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TERMINI DI NOTIFICA DELLE CARTELLE DI PAGAMENTO

Tipo di cartella di pagamento Termine per la notifica

Somme dovute a seguito dei controlli automatici delle dichiarazioni (articoli 36-bis del Dpr n. 600/1973 e 54-bis del Dpr n. 633/1972)

31 dicembre del terzo anno (*) successivo a quello di presentazione della dichiarazione (o a quello di scadenza del versamento dell'unica ultima rata se il termine di versamento delle somme scade oltre il 31 dicembre

Somme dovute a seguito del controllo formale delle dichiarazioni (articolo 36-ter del Dpr n. 600/1973)

31 dicembre del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione

(*) o del quarto anno, in caso di liquidazione delle imposte sulle indennità di fine rapporto e sulle prestazioni in forma di capitale.

Per completezza di esposizione e poiché è facile imbattersi ancora in qualche contestazione (o in qualche fase di riscossione esecutiva) relative a periodi di imposta precedenti al 2005, è opportuno passare in rapida rassegna anche la così detta disciplina transitoria. A riguardo il legislatore ha prestato particolare attenzione al termine per la notifica della cartella per somme dovute a seguito della liquidazione delle dichiarazioni ai sensi dell'articolo 36-bis del Dpr 600 del 1973. In particolare, per quanto riguarda le dichiarazioni presentate a decorrere dal 1 gennaio 2004, il regime transitorio si sovrappone a quello ordinario, in quanto la notifica della cartella esattoriale doveva avvenire entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione (ossia entro il 31 dicembre del 2007). Quanto, invece, alle dichiarazioni presentate negli anni 2002 e 2003, la cartella doveva essere notificata entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello della presentazione della dichiarazione (ossia il 31 dicembre 2006 e il 31 dicembre 2007 per quanto riguarda, rispettivamente, le dichiarazioni presentante negli anni 2002 e 2003). Infine, "per le dichiarazioni presentate fino al 31 dicembre 2001", il termine per la notifica della cartella di pagamento viene fissato nel 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione. La notifica della cartella esattoriale, nel periodo che precede il 1 gennaio 1999, andava effettuata entro il termine di decadenza di cui all’art. 17 DPR n. 602 del 1973. Detto termine, ancorché riguardante l’esecutività dei ruoli, deve intendersi riferito anche alla notifica della cartella esattoriale, non potendosi ritenere che il privato rimanga assoggettato sine die al potere impositivo dell’amministrazione finanziaria. Sul tema, dopo una lunga altalenanza di pronunce giurisprudenziali, sulla contestata decorrenza dei termini per la notifica della cartella dalla data consegna del ruolo (atto interno) e non entro un termine definito che quindi lasciava il contribuente esposto al decorso del tempo senza certezze soltanto sulla base di un atto interno, con la pronuncia della Cassazione a

sezioni Unite n.21498 del 12/11/2004, la rettifica delle imposte relative agli anni anteriori al 1999, fu confermata come necessariamente da eseguire entro il quinquennio stabilito, a pena di decadenza, per la notifica delle cartelle. Nella TABELLA C tra quelle riportate in coda alla circolare, riassumiamo i termini relativi sia alla disciplina transitoria, che interessò i periodi di imposta dal 1999 al 2002, che quella a regime sia per

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le attività di liquidazione (ex art. 36 bis e ter del DPR 600 e art.54 dpr 633) che di accertamento sostanziale.

CONSIDERAZIONI GENERALI CIRCA LA NOTIFICA DELLA CARTELLA DI PAGAMENTO

Nel sistema attuale, la fase di riscossione, per determinati tributi come le imposte sui redditi, l’IRAP e l’IVA, è soggetta, in primis, a termini decadenziali. Infatti, la cartella di pagamento, che, dopo l’avvento degli accertamenti esecutivi, segue di norma alla liquidazione automatica/controllo formale della dichiarazione, è soggetta a termini decadenziali. Solo dopo la notifica del suddetto provvedimento trovano applicazione i termini di prescrizione (in genere di dieci anni per le imposte e di cinque anni per le sanzioni), entro i quali, salvo eventi interruttivi, deve essere notificato il pignoramento. Dal punto di vista giuridico si distinguono infatti:

– i termini di decadenza che costituiscono il tempo massimo entro cui Agente della riscossione deve notificare la cartella esattoriale al contribuente. Se la cartella viene notificata dopo tali termini, la cartella è nulla e non può più essere rinotificata (infatti, se è invalida la prima notifica, a maggior ragione lo saranno anche quelle successive); – i termini di prescrizione costituiscono il tempo massimo entro cui, una volta notificata (correttamente) la cartella di pagamento, Agente della riscossione deve riscuotere esecutivamente il proprio credito attraverso, per esempio, il pignoramento. In tal caso, la notifica della cartella è valida, ma ad essere invalido è il pignoramento, il fermo o l’ipoteca. Di fatto, quindi, è come se la cartella fosse ormai privata di ogni efficacia e farà bene Agente della riscossione ad annullarla autonomamente, perché non più azionabile.

I termini decadenziali per la cartella di pagamento sono ora indicati dall’art. 25 del DPR 602/73 e coincidono, come sopra rappresentato, con il 31 dicembre:

− del secondo anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo; − del terzo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, in caso

di liquidazione automatica ex artt. 36-bis del DPR 600/73 e 54-bis del DPR 633/72; − del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, in caso di

controllo formale ex art. 36-ter del DPR 600/73. Entro il prossimo 31 dicembre, pertanto, devono essere notificate la cartelle di pagamento relative ai periodi d’imposta 2013 (UNICO 2014), per ciò che concerne le attività di liquidazione automatica, oppure 2012 (UNICO 2013), per le attività di controllo formale. Invece, per le società che non hanno l’esercizio sociale coincidente con l’anno solare, il termine decorre non dal periodo d’imposta successivo alla presentazione della dichiarazione, bensì da quello di “scadenza del versamento dell’unica o ultima rata se il termine per il versamento delle somme

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risultanti dalla dichiarazione scade oltre il 31 dicembre dell’anno in cui la dichiarazione è stata presentata”. Con riferimento a ciascun periodo di imposta e secondo l’attività di accertamento formale svolta, abbiamo allegato al termine della presente circolare le TABELE C e D per la sintetica consultazione riepilogativa dei termini sopra esposti. Nel caso in cui la notifica debba raggiungere più persone (cosiddetti obbligati in solido), la tempestiva notifica ad uno dei coobbligati impedisce la decadenza anche nei confronti degli altri coobbligati10. Per verificare se la notifica sia avvenuta nel rispetto dei termini è necessario prendere a riferimento la data in cui l’Agente della riscossione ha spedito la cartella e non il giorno in cui il destinatario l’ha ricevuta. Se l’Agente della riscossione non notifica la cartella entro la scadenza dei termini, decade dal

diritto alla riscossione e la pretesa di pagamento è nulla. In pratica, si avrà la definitiva impossibilità per l’Agente della riscossione di richiedere il pagamento del tributo iscritto a ruolo. Qualora, nonostante il decorso del termine di decadenza, l’Agente della riscossione notifichi ugualmente la cartella, il contribuente, per evitare che la stessa divenga definitiva e di subire il pignoramento, deve comunque impugnarla con ricorso al giudice tributario. Eventualmente, in via preventiva, si può tentare la carta dell’istanza in autotutela da presentare allo stesso Agente della riscossione: soluzione di certo più agevole e meno costosa, ma che non garantisce un risultato certo, posta la nota inefficienza. Come visto, se la cartella di pagamento segue a un accertamento (può essere il caso di accertamenti antecedenti alla disciplina dell’art. 29 del DL 78/2010, sugli accertamenti esecutivi), la decadenza si verifica spirato il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo. In base a un orientamento giurisprudenziale che allo stato attuale appare consolidato, la norma richiamata non si applica qualora la definitività si sia formata grazie a una sentenza passata in giudicato, posto che il titolo legittimante la riscossione non sarebbe più il ruolo ma la sentenza, per cui opera il termine di prescrizione decennale (Cass. 19 luglio 2013 n. 17669, 21 febbraio 2014 n. 4153 e 9 agosto 2016 n. 16730). Se c’è il giudicato opera la prescrizione decennale.

CARTELLE DI PAGAMENTO – ALTRE ATTIVITA’ DI CONTROLLO E RECUPERO

L’attività di controllo del corretto adempimento degli obblighi fiscali dei contribuenti rientra tra i compiti istituzionali affidati all’Agenzia delle Entrate la quale, oltre quelli automatico e formale, effettua altre verifiche sui versamenti delle imposte che il contribuente effettua direttamente, senza cioè la necessità di compilare una dichiarazione (come accade, per esempio, per l’imposta di registro, l’imposta di bollo, le tasse automobilistiche), determina l’imposta dovuta su determinati redditi

10 Cass. sent. n. 27005/2007.

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assoggettati a un regime di favore ed effettua anche il controllo di merito, un’ulteriore attività finalizzata a contrastare l’evasione totale o parziale di base imponibile. Anche tale attività deve avvenire entro un determinato termine, così come anche la successiva attività di riscossione. In pratica

– In caso di controllo e liquidazione della tassazione separata (dei redditi) sulle indennità di fine rapporto e altre11 la notifica deve avvenire entro il 31 dicembre del 4° anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione del sostituto d’imposta; la liquidazione delle imposte sui redditi soggetti a tassazione separata è l’operazione con la quale l’Agenzia determina l’imposta dovuta su determinati redditi assoggettati a un regime di favore e per i quali sono state già versate delle somme a titolo d’acconto (per esempio, il trattamento di fine rapporto e le indennità equipollenti, gli arretrati di lavoro dipendente o di pensione, eccetera). Sulla base dei redditi dichiarati dal contribuente nel quadro RM del modello Unico o nel quadro D del modello 730, o di quelli riportati dal sostituto d’imposta nel modello 770, viene calcolata definitivamente la somma dovuta o il rimborso spettante. Se emergono somme da versare, è inviata direttamente al contribuente, mediante raccomandata con ricevuta di ritorno, una comunicazione contenente la richiesta di pagamento (senza sanzioni e interessi). Queste comunicazioni si distinguono da quelle relative al controllo delle dichiarazioni, alle quali possono eventualmente aggiungersi. Può accadere, pertanto, che il contribuente abbia prima ricevuto la comunicazione di regolarità (o di irregolarità) relativa alla dichiarazione, e che, successivamente, ne riceva un’altra relativa a somme ancora dovute su redditi soggetti a tassazione separata.

– in caso di atto di recupero a seguito di utilizzo in compensazione di crediti inesistenti12

la notifica deve avvenire entro il 31 dicembre del 2° anno successivo a quello in cui l’atto è divenuto definitivo.

L’Agente della riscossione deve notificare la cartella di pagamento entro termini che, secondo la giurisprudenza, sono differenti se la definitività dell’atto deriva dalla mancata impugnazione o dal rigetto (integrale o parziale) del contenzioso: – per mancata impugnazione di un atto impositivo: la notifica della cartella di pagamento portante le somme accertate deve essere effettuata entro il termine il 31 dicembre del 2° anno successivo a quello in cui l’atto è divenuto definitivo13. – a seguito di sentenza: in questo caso, secondo una parte della giurisprudenza, la notifica deve essere effettuata entro il termine di decadenza del 31 dicembre del 2° anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo con il passaggio in giudicato della sentenza14.

11 Artt. 19 e 20 DPR 917/86 12 Art. 36 ter DPR 600/73. 13 Art. 25 c. 1 lett. c) DPR 602/73.

14 Applicando l’art. 25 c. 1 lett. c) DPR 602/73, Cass. sent. n. 23614/2011, n. 1126/2009 e n. 8998/2007.

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Tuttavia, in senso contrario, altra giurisprudenza ritiene invece applicabile il termine di prescrizione di 10 anni decorrente dal passaggio in giudicato della sentenza15.

CARTELLE DI PAGAMENTO – NUOVI TERMINI DI DECADENZA

Si tratta di ipotesi previste per alcuni casi particolari che vanno a integrare quelli, invece, previsti dalla disciplina generale.

In particolare l’art. 4 del D.lgs. 159/2015 “Termini per la notifica della cartella di pagamento. Casi particolari” modifica l’art. 25 D.p.r.602/1973. Al comma 1 dopo la lettera c) viene aggiunta infatti la c) bis, e al termine del comma 1 sono inseriti il comma 1-bis e 1-ter: art. 25 comma 1 c) bis: “conseguentemente agli inadempimenti di pagamenti rateizzati ex art. 15-ter, la cartella deve essere

notificata entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello di scadenza dell’ultima rata

prevista dal piano di rateazione.

Ossia in caso di contribuente che abbia ottenuto dall’Agenzia delle Entrate la dilazione

(cosiddetta rateazione) del debito emergente dalla comunicazione bonaria, qualora questi sia successivamente decaduto dal beneficio della sanzione ridotta e della eventuale rateazione

adottata, con conseguente iscrizione a ruolo (emissione della cartella di pagamento) dei residui importi dovuti a titolo di imposta, interessi e sanzioni in misura piena, per somme dovute a seguito di controllo e accertamento, Agente della riscossione deve notificare la cartella entro il 31 dicembre del terzo anno successivo alla scadenza dell’ultima rata del piano. In caso di procedure per la risoluzione della crisi d’impresa, Agente della riscossione deve notificare la cartella entro il 31 dicembre del terzo anno successivo: – alla pubblicazione del decreto di revoca o mancata approvazione del concordato preventivo, ovvero alla pubblicazione della sentenza che dichiara la risoluzione o l’annullamento del concordato, per i crediti anteriori alla data di pubblicazione del ricorso per l’ammissione al concordato; – alla pubblicazione della sentenza che dichiara l’annullamento, per i crediti rientranti negli accordi

di ristrutturazione dei debiti non ancora iscritti a ruolo alla data di presentazione della proposta di transazione fiscale; – alla pubblicazione del decreto che dichiara la risoluzione o l’annullamento dell’accordo o della proposta di piano del consumatore, per quanto riguarda i crediti non ancora iscritti a ruolo anteriori alla data di pubblicazione dell’accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento o della proposta. SOMME DOVUTE IN BASE AGLI ACCERTAMENTI DELL'UFFICIO

N.B. NON È STATA PREVISTA ALCUNA DISCIPLINA TRANSITORIA

2003 E SUCCESSIVI

DICHIARAZIONI PRESENTATE A

DECORRERE DAL 1 GENNAIO 2004

ENTRO IL 31 DICEMBRE DEL SECONDO ANNO SUCCESSIVO

A QUELLO IN CUI L'ACCERTAMENTO È DIVENUTO

DEFINITIVO

15 Cass. sent. n. 8380/2013.

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III) TERMINI DI ACCERTAMENTO PER IMPOSTE INDIRETTE

E TRIBUTI LOCALI

Nel settore impositivo diverso dalle imposte sui redditi e IVA, ovvero per quello relativo alle imposte indirette, i provvedimenti devono essere notificati anche essi entro termini previsti a pena di decadenza, che variano a seconda del tributo nonché della fattispecie considerata.

Per la fiscalità locale, invece, i termini sia per l’accertamento che per la riscossione sono stati utilmente unificati per tutti i tributi dalla L. 296/2006.

Irap

Nell'Irap trovano applicazione i termini previsti per le imposte sui redditi, posto che l'art. 25 del

D.Lgs. n. 446/1997 rinvia, per l'accertamento, alla disciplina del D.P.R. n. 600/1973.

Alla stessa stregua, l'art. 30, comma 6 del D.Lgs. n. 446/1997 prevede che, in materia di

riscossione, si applichino le norme previste per le imposte sui redditi, quindi la cartella di pagamento dovrà essere notificata entro i termini previsti dall'art. 25 del D.P.R. n. 602/1973. In materia di accertamento per l’imposta Irap, un aspetto di particolare rilevanza riguarda il termine di decadenza in caso di notitia criminis. Il raddoppio dei termini di decadenza per la notifica degli accertamenti vigente fino al periodo

di imposta 2015 non si applica alle dichiarazioni Irap in quanto si tratta di una imposta per la

quale non sono previste sanzioni penali. A confermare questo principio è la Corte di cassazione

con l’ordinanza 20435 del 25.08.201716

.

Secondo i giudici di legittimità il raddoppio dei termini decadenziali, prima dell’abrogazione, non era applicabile alle contestazioni Irap. Ciò in quanto le violazioni per tale imposta non possono generare ipotesi delittuose. I reati tributari riguardano infatti esclusivamente le imposte dirette e l’Iva. La normativa sul raddoppio faceva poi riferimento soltanto a dette imposte e non anche all’Irap. Ne consegue che la pretesa Irap contenuta in accertamenti emessi nel maggior termine, è illegittima. La pronuncia conferma l’orientamento già espresso dalla Cassazione sulla specifica questione (per tutte sentenza 4775/2016). Vi è ora da sperare che gli uffici prendano atto di tale orientamento per i contenziosi pendenti e si astengano per i periodi di imposta antecedenti il 2016 (a partire dal quale è stato abrogato il regime del raddoppio) dall’emissione di nuovi accertamenti Irap avvalendosi dei maggiori termini. La sentenza ribadisce poi che per far scattare i termini decadenziali più lunghi (nel regime previgente) era sufficiente la sussistenza di «seri» indizi di reato idonei a far insorgere l’obbligo di presentazione della denuncia penale anche se questa sia stata archiviata o presentata oltre i termini. L’inapplicabilità di tale termine “lungo” all’Irap discende dal mancato inserimento delle violazioni relative all’imposta regionale tra le ipotesi delittuose previste dal D.Lgs. 74/2000, testo che ricomprende in modo espresso solamente i reati in materia di imposte sui redditi e sul valore 16 “Non essendo l’IRAP un’imposta per la quale siano previste sanzioni penali è infatti evidente che in relazione alla stessa non può operare la

disciplina del "raddoppio dei termini" di accertamento quale applicabile ratio ne temporis.”

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aggiunto; la disciplina penale tributaria risulta pertanto non applicabile all’Irap in quanto le violazioni riferibili a tale imposta non sono idonee a porre in essere fatti penalmente rilevanti ed una diversa interpretazione si pone in contrasto con il divieto di analogia, ai sensi di quanto espressamente previsto dal comma 2 dell’articolo 25 Costituzione. Al riguardo la Corte di Cassazione, Sez. III, con sentenza n. 12810/2016, ha rideterminato il quantum del profitto confiscabile escludendo da detto calcolo proprio l’importo evaso relativo all’Irap, poichè “ai fini della quantificazione del profitto del reato è irrilevante l’evasione dell’imposta regionale

sulle attività produttive (Irap), che non è un’imposta sui redditi in senso tecnico (cfr. Cass., Sez. III,

n. 11147 del 22 marzo 2012)”.

Tra l’altro è la stessa Amministrazione finanziaria, nella C.M. 154/E del 04.08.2000, a precisare che sono escluse dalla fattispecie criminosa le dichiarazioni ai fini Irap (oltre che le dichiarazioni periodiche Iva e le dichiarazioni di successione) e che nel caso in cui la dichiarazione sia presentata in forma unificata, acquistano rilievo (penale) solamente le violazioni in materia di imposte dirette e Iva. In altri termini, in presenza di una condotta che comporti il superamento delle soglie di punibilità dei delitti previste dal D.Lgs. 74/2000, sia ai fini delle imposte dirette e Iva, sia ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive, l’applicabilità del termine “lungo” si verifica esclusivamente per le prime imposte, in quanto le eventuali violazioni in ambito Irap non hanno, appunto, rilevanza penale. In tal senso si sono espresse anche diverse commissioni regionali e provinciali, come ad esempio CTR di Cagliari, sentenza n. 365/2016, CTP di Lecce, sentenza n. 3736/2015, CTR di Milano, sentenza n. 255/2014, CTP di Milano, sentenza n. 6464/2014. Di diverso avviso è la CTR Lazio che, con sentenza n. 1224/2014, ha respinto l’eccezione sollevata dal contribuente relativamente alla decadenza dell’azione fiscale per decorso dei termini di notifica dell’accertamento e alla non applicabilità all’Irap del c.d. “raddoppio dei termini”, ritenendo applicabile anche a tale imposta la disciplina di cui al 3 comma dell’articolo 43 D.P.R. 600/1973. La Cassazione ha poi affrontato anche la portata delle modifiche intervenute successivamente con il Dlgs 128/2015 (che ha subordinato il raddoppio alla presentazione della denuncia entro la decadenza ordinaria) e con la legge di Stabilità 2016 (che ha abrogato l’istituto prevedendo un nuovo regime transitorio). Secondo i giudici di legittimità le regole contenute nel Dlgs 128/2015 trovano applicazione agli atti impositivi notificati successivamente all’entrata in vigore del decreto (2 settembre 2015). La legge di Stabilità 2016 (abrogando l’istituto) ha previsto espressamente che per il passato valessero le vecchie regole sul raddoppio solo se la notizia di reato fosse stata inoltrata entro la scadenza ordinaria del termine di decadenza. I giudici hanno al riguardo ribadito che le due citate norme non sono in conflitto: la legge di Stabilità ha regolato le ipotesi non incluse nel precedente regime transitorio (casi in cui non era stato notificato un atto impositivo entro il 2 settembre 2015). Solo la nuova previsione transitoria subordina il raddoppio alla presentazione o trasmissione della denuncia entro i termini ordinari, con la conseguenza che per il passato è confermata la legittimità anche quando la denuncia sia stata inviata oltre tali termini.

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Imposte di registro, Ipotecarie e Catastali

Per ciò che riguarda l'imposta di registro, l’art. 76 del D.P.R. n.131/1986 stabilisce che a pena di decadenza:

− l'imposta relativa agli atti che non sono stati presentati per la registrazione deve essere richiesta entro cinque anni dal giorno in cui avrebbe dovuto essere richiesta la registrazione o si è verificato il fatto che legittima la registrazione d'ufficio;

− l'avviso di rettifica e di liquidazione della maggiore imposta deve essere notificato entro due

anni dal pagamento dell'imposta proporzionale; − salvo il caso relativo al punto precedente, l'imposta deve essere richiesta entro tre anni

decorrenti, per gli atti presentati per la registrazione o registrati per via telematica: • dalla richiesta di registrazione, se si tratta di imposta principale; • dalla data in cui è stata presentata la denuncia di cui all'art. 19 del D.P.R. n. 131/1986

(eventi successivi alla registrazione), se si tratta di imposta complementare; dalla data di notifica della sentenza della commissione tributaria, ovvero dalla data in cui la stessa è divenuta definitiva, qualora sia stato proposto ricorso avverso l'avviso di liquidazione o di rettifica; dalla data di registrazione dell'atto, in ipotesi di occultazione di corrispettivo;

• dalla data di registrazione dell'atto, ovvero dalla data di presentazione della denuncia di cui all'art. 19 del D.P.R. n. 131/1986 (eventi successivi alla registrazione), se si tratta di imposta suppletiva.

Inoltre, ai sensi dell'art. 76, comma 2 bis del D.P.R. n. 131/1986, introdotto dall'art. 8, comma 10

del D.L. 2 marzo 2012, n. 16 convertito nella L. 26 aprile 2012, n. 44, le somme relative al mancato pagamento dell'imposta di registro sulle locazioni in merito ad annualità successive alla prima, così come nel caso di cessioni, risoluzioni e proroghe, vanno richieste, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di scadenza del pagamento. Per le imposte ipotecaria e catastale valgono, in linea generale, i termini previsti per l'imposta di registro.

Imposta sulle successioni e donazioni

Per l'imposta sulle successioni, l'art. 27 del D.Lgs. n. 346/1990 prevede che: − la liquidazione dell'imposta deve essere notificata entro tre anni dalla presentazione della

dichiarazione di successione o della dichiarazione sostitutiva o integrativa;

− la rettifica della dichiarazione infedele o incompleta deve essere notificata entro due anni dal

pagamento dell'imposta principale;

− in caso di omissione della dichiarazione, l'avviso deve essere notificato entro cinque anni dalla

scadenza del termine previsto per la dichiarazione omessa.

L'art. 60 del D.Lgs. n. 346/1990 stabilisce che, per l'imposta sulle donazioni, vale la normativa operante in tema di imposta di registro.

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Tributi Locali

L’ art. 1, comma 161 della L. n. 296/2006 (Finanziaria 2007) dispone che la notifica degli avvisi di accertamento dei tributi locali (Imu, Ici, Tosap, Tarsu, oblazione per condono edilizio, Imposta di scopo, Contributo di soggiorno) deve avvenire a pena di decadenza entro il 31 dicembre del quinto

anno successivo a quello in cui la dichiarazione o il versamento è stato o avrebbe dovuto essere effettuato. Invece, il titolo esecutivo (cartella di pagamento o ingiunzione fiscale) deve essere notificato, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello in cui l'accertamento è divenuto definitivo.

IV.TERMINI DI CONSERVAZIONE DOCUMENTI E SCRITTURE CONTABILI

Legato al tema della decadenza da parte dell’Amministrazione Finanziaria di procedere alla verifica fiscale di annualità per le quali si prescrivono i termini dell’accertamento, vi è senza dubbio quello annoso legato alla possibilità di eliminare e smaltire i libri e la documentazione contabile e fiscale riferibile ai vari periodi di imposta. L’obbligo di conservazione dei libri e dei documenti contabili risponde a due diversi termini uno di

natura civilistica ed uno di natura fiscale. Le imprese, infatti, devono conservare le scritture contabili per almeno 10 anni dalla data della registrazione dell’ultima operazione, anche se nel frattempo l’impresa cessi l’attività (articolo 2220 del codice civile). In ambito fiscale, le scritture contabili obbligatorie e la relativa documentazione devono essere conservate fino a quando non siano definiti gli accertamenti relativi al corrispondente periodo d'imposta (articolo 22 del Dpr 600/1973 e articolo 39 del Dpr 633/1972). Pertanto, a tal fine, occorre verificare se la società sia interessata da qualche accertamento per gli anni precedenti. In caso positivo, la conservazione delle scritture contabili è, dunque, obbligatoria fino alla definizione dei medesimi, eventualmente anche oltre il termine decennale previsto dal codice civile. L'obbligo di conservazione, negli stessi termini, si estende anche agli originali delle lettere, dei fax

inviati e ricevuti e delle fatture ricevute ed emesse e della documentazione contabile in generale (contabili bancarie, ricevute quietanze etc…) Nell’ipotesi in cui la società non sia soggetta ad accertamenti, la documentazione andrà comunque conservata ai fini fiscali fino allo scadere del periodo entro il quale è esperibile l’attività di controllo.

Le regole del codice civile

Sotto il profilo civilistico, la conservazione dei documenti contabili è disciplinata dall’articolo 2220 del codice civile, che stabilisce l'obbligo, per l'imprenditore commerciale, di custodire e conservare i documenti e le scritture contabili per un determinato periodo di tempo, così da poter documentare esaurientemente i fatti aziendali, qualora sorgano controversie di ordine fiscale, societario e commerciale. In particolare, l’articolo suddetto prevede che:

− le scritture devono essere conservate per dieci anni dalla data dell'ultima registrazione;

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− per dieci anni devono conservarsi, altresì, le fatture, le lettere ed i telegrammi ricevuti e le copie

delle fatture, delle lettere e dei telegrammi spediti; Trascorso tale periodo, pertanto, non è più possibile contestare all'imprenditore la mancanza di tale documenti. In particolare devono essere conservati per dieci anni:

→ libro giornale, libro degli inventari e scritture contabili (libri obbligatori per l’imprenditore

commerciale);

→ libro soci, libro delle obbligazioni, libro delle adunanze delle assemblee, del consiglio di amministrazione (o del consiglio di gestione), del collegio sindacale (ovvero del consiglio di sorveglianza o del comitato per il controllo sulla gestione), del comitato esecutivo, dell’assemblea degli obbligazionisti, libro degli strumenti finanziari (libri obbligatori per le società per azioni) ;

→ libro soci, libro delle decisioni dei soci, degli amministratori, del collegio sindacale o del revisore (libri obbligatori per le società a responsabilità limitata).

Con riferimento alle modalità di computo del termine decennale va osservato che l’articolo 2963 del codice civile prevede che i termini di conservazione dei documenti e delle scritture contabili si computano secondo il calendario comune; ai fini del calcolo non viene computato il giorno in cui ha inizio il periodo di prescrizione; la prescrizione si verifica con lo scadere dell’ultimo giorno; Nel caso di istanze di ispezione e di esibizione delle scritture contabili provenienti dall'Amministrazione finanziaria, la parte è tenuta a conservare la documentazione richiesta fino al momento in cui il giudice non abbia definitivamente e negativamente provveduto sull'istanza stessa; in tale ipotesi, il termine di prescrizione decennale di cui all'art. 2220 del codice civile può essere derogato (Corte di cassazione: 7 marzo 1997, n. 2086 e 19 novembre 1994, n. 9839). Le regole fiscali

In ambito fiscale, la conservazione di scritture e documenti contabili è disciplinata dall'art. 22 del DPR n. 600/1973, a cui peraltro fa riferimento anche l'art. 39 del DPR n. 633/1972 relativamente alla tenuta e conservazione dei registri e dei documenti rilevanti ai fini dell'IVA. L'articolo 22 del citato decreto stabilisce che, fatto salvo quanto previsto dalla normativa civilistica, le scritture contabili obbligatorie e la relativa documentazione devono essere conservate fino a

quando non siano scaduti definitivamente i termini per gli accertamenti relativi al

corrispondente periodo d'imposta. Sempre ai fini fiscali, tuttavia, occorre verificare se la società in esame è interessata da qualche accertamento per gli anni precedenti o abbia qualche contenzioso in corso. In caso di accertamenti in corso o impugnati dinanzi ai giudici tributari, la conservazione delle scritture contabili è, dunque, obbligatoria, come detto sopra, fino alla definizione dei medesimi,

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eventualmente anche oltre il termine massimo di dieci anni stabilito dall'articolo 2220 del codice civile. Ai sensi dell'articolo 22, comma secondo, del DPR n. 600/1973, l'Autorità adita in sede contenziosa può, comunque, imporre l'obbligo di conservazione limitatamente ai documenti ed alle scritture rilevanti per la risoluzione della controversia in corso. Nell’ipotesi in cui la società non sia soggetta ad accertamenti, la documentazione va comunque conservata ai fini fiscali sino allo scadere del periodo entro il quale è esperibile l’attività di controllo.

Quindi riepilogando si può riassumere che tre norme, in apparente contraddizione tra loro,

disciplinano quest’ultimo aspetto:

- l’art. 2220 c.c., a detta del quale le scritture devono essere conservate per dieci anni dalla data

dell’ultima registrazione, e per lo stesso periodo devono conservarsi le fatture, le lettere e i

telegrammi ricevuti e le copie delle fatture, delle lettere e dei telegrammi spediti;

- l’art. 22 del DPR 600/73 (a cui rinvia l’art. 39 del DPR 633/72), in base al quale le scritture

contabili obbligatorie, le fatture, le lettere e i fax devono essere conservati fino a quando non siano

definiti gli accertamenti relativi al corrispondente periodo d’imposta, anche oltre il termine stabilito

dall’art. 2220 c.c. o da altre leggi tributarie;

- l’art. 8, comma 5 della L. 212/2000, secondo cui l’obbligo di conservazione di atti e documenti,

stabilito a soli effetti tributari, non può eccedere il termine di dieci anni dalla loro emanazione o dalla

loro formazione.

Nel tentativo di interpretare in modo sistematico il complesso normativo indicato, la Cassazione, con

la sentenza n. 9834 del 2016, aveva affermato che l’Erario non può disconoscere la deducibilità delle

quote di ammortamento ultradecennali per l’omessa esibizione delle fatture di acquisto dei relativi

cespiti, posto che l’obbligo di conservazione della documentazione fiscale è di dieci anni e la sua

ultrattività è giustificata solo in relazione ai documenti riguardanti accertamenti iniziati prima del

decimo anno, ma non ancora definiti allo scadere di tale termine.

L’AIDC, con la Norma di comportamento n. 200, fornisce una ulteriore specificazione sul tema,

giungendo a conclusioni condivisibili, che danno il giusto peso ai termini decadenziali per

l’accertamento.

In breve, si afferma che se viene disconosciuta una quota di ammortamento di un bene strumentale

acquistato in un anno non più accertabile, l’onere della prova “è assolvibile sulla base della

produzione da parte del contribuente di un’ordinata e coerente documentazione contabile e

tributaria riguardante i periodi di imposta per i quali sono ancora pendenti i termini di

conservazione obbligatoria delle scritture e della documentazione contabile e tributaria”. Sul

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versante pratico, dovrebbe essere sufficiente la produzione delle scritture contabili regolarmente

tenute, del registro dei beni ammortizzabili oppure del libro degli inventari. Non è invece necessario

produrre documenti risalenti all’anno di acquisto del bene, in quanto decaduto.

Tuttavia, come specificato nella massima dell’AIDC, rimane ferma, come peraltro naturale, la

“volontaria conservazione” dei documenti. Dunque, tirando le somme, da un lato, al contribuente non

può essere rimproverato alcunché se non esibisce, nel caso descritto (anno di entrata in funzione del

bene ormai decaduto), l’atto di acquisto o altra documentazione; dall’altro, nulla vieta che egli

conservi comunque il documento, al fine di valutare l’opportunità di esibirlo all’occorrenza.

Di seguito un rapida tabella di consultazione riferita i termini ordinari previsti per la conservazione dei libri e documenti contabili, senza riferimento ad eventuali contenziosi in corso:

TERMINI ORDINARI PER LA CONSERVAZIONE

DEI DOCUMENTI E SCRITTURE CONTABILI

Periodo d'imposta

Termine civilistico di conservazione Termine ultimo fiscale di conservazione

2004 Termine scaduto Termine scaduto

2005 Termine scaduto Termine scaduto

2006 Termine scaduto Termine scaduto

2007 2017 Termine scaduto

2008 2018 Termine scaduto

2009 2019 Termine scaduto

2010 2020 Termine scaduto

2011 2021 Termine scaduto

2012 2022 2017

2013 2023 2018

2014 2024 2019

2015 2025 2020

2016 2026 2021

2017 2027 2022

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Si consiglia comunque di conservare i documenti per uno o due anni in più rispetto a quanto indicato nella tabella, perchè spesso intervengono leggi (o condoni, sanatorie e sentenze) che allungano i termini di prescrizione oltre che impreviste o imprevedibili contestazioni di cui, come spesso è accaduto, si può venire a conoscenza solo fortuitamente e dopo diverso tempo.

V. CENNO AI TERMINI DI PRESCRIZIONE E DECADENZA

Per quanto trattato sin d’ora, è utile tornare ad affrontare, anche se con un breve cenno, le tematiche e gli aspetti essenziali riguardanti le definizioni di prescrizione e decadenza proiettate in particolare nell’ambito della materia tributaria. In linea di principio si può affermare che:

− La prescrizione è un mezzo con cui l’ordinamento giuridico opera l’estinzione dei diritti

quando il titolare non li esercita entro il termine previsto dalla legge (codice civile, art.2934

e segg.).

− La decadenza consiste nella perdita della possibilità di esercitare un diritto per il mancato

esercizio in un termine perentorio (codice civile, art.2964 e segg.)

Più in particolare si intende: - per Prescrizione: che il diritto è già sorto ossia un diritto acquisito, ma non esercitato nei

termini; la prescrizione è la sanzione per non aver esercitato un diritto; - per Decadenza: che il diritto non è stato acquisito ovvero un diritto non ancora acquisito, ma

per poterlo acquisire è necessario esercitare una facoltà nei termini; la decadenza è una sanzione per non aver esercitato la facoltà di acquisire il diritto.

In termini temporali viene prima la decadenza e poi la prescrizione. Differenze fra decadenza e prescrizione In termini pratici i due concetti sono molto simili, ma giuridicamente no. La prescrizione, infatti, è stabilita solo dalla legge mentre la decadenza può anche essere frutto di accordi tra due parti. Per quello che ci occupa, in materia tributaria possiamo dire che: In termini pratici, nell’ambito della materia fiscale e tributaria, si parla di decadenza con riferimento: - per l’Amministrazione Finanziaria al

→ Potere di accertamento; → Potere di liquidazione; → Potere di iscrizione a ruolo;

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- Per il contribuente al

→ Diritto al rimborso da parte del contribuente. Deve ritenersi invece soggetto a prescrizione il diritto di credito già definitivamente sorto e non ancora attuato per l’inadempimento del debitore (sia esso il privato contribuente, sia l’A.F.) Per Agente della riscossione si parla sempre di prescrizione mentre per l'Agenzia delle Entrate si parla per la maggior parte dei casi di decadenza. Esempio: se l'Agenzia delle Entrate notifica un accertamento oltre i termini, si parla di decadenza perché il diritto (ovvero il diritti di accertare) non è stato acquisito nei termini. Se l’Agente della riscossione notifica oltre i termini la cartella di pagamento per omesso versamento di imposte, si parla di prescrizione, perchè il diritto è già stato acquisito dall'ufficio; la dichiarazione dei redditi è infatti costitutiva del diritto e con la consegna dei ruoli al concessionario si da corso al diritto acquisito di riscuotere l’importo dichiarato e dovuto. E ancora più specificatamente si riepiloga quanto segue:

− Accertamenti tributari Sono in genere di decadenza i termini per accertare o per liquidare un tributo o una sanzione tributaria. Talvolta la legge non lo precisa, ma la natura va ricavata dalla funzione dell`atto (Cassazione, 3941 del 2011). Fa eccezione a questa regola l`accertamento per le tasse auto, esplicitamente assoggettato a prescrizione (articolo 5, comma 51, Dl 953/1982).

− Cartelle e ingiunzioni fiscali

Come regola generale, una volta impedita la decadenza (con l`accertamento o con la liquidazione), il diritto è soggetto a prescrizione (articolo 2967 del Codice civile). E' tuttavia soggetta a decadenza l`intimazione di pagamento di tributi (e sanzioni) dichiarati o accertati in via definitiva, solo in materia di imposte sui redditi, Irap ed Iva (articolo 25 Dpr 602/1973), e di tributi locali (articolo 1, comma 163, legge 296/2006). Ricade nella prescrizione ogni altro credito tributario dichiarato o definitivamente accertato (per esempio, imposta di registro).

− Avvisi di mora o d`intimazione

Sono da notificare quando è decorso un anno dalla notificazione della cartella, e sono sempre soggetti a prescrizione.

È importante sapere che sia la prescrizione che la decadenza non possono essere rilevate d’ufficio da un giudice. Ciò significa che è necessario contestare attivamente il decorso dei termini (personalmente o attraverso un professionista), senza aspettare che sia il giudice a rilevare il fatto.

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È bene tener presente, in quest’ottica, che il pagamento preclude la possibilità di opporre la prescrizione. Il versamento del debito prescritto non può essere chiesto a rimborso (art. 2940 del codice civile). Quanto esposto vale anche per i crediti tributari, specie in virtù del fatto che, per essi, non è rinvenibile una norma analoga all’art. 3, comma 9, della L. 8 agosto 1995, n. 335 che, per i contributi Inps prescritti, ne contempla espressamente l’impossibilità di versamento. Prescrizioni estintive e prescrizioni presuntive

Prescrizioni estintive. Per legge esiste una prescrizione ordinaria di 10 anni a cui sono riferibili tutti i crediti per i quali la legge non specifica qualcosa di diverso. Per determinati crediti, invece, vengono specificate delle prescrizioni brevi (di solito di cinque anni). Si chiama estintiva in quanto al debitore è sufficiente invocare il decorso del termine per far scattare la prescrizione ed estinguere il debito.

Le prescrizioni presuntive sono quelle per le quali la legge presume che dopo il decorso del termine il debito sia stato pagato. Quasi tutte le prescrizioni inferiori ai 5 anni sono presuntive (sei mesi, un anno, tre anni, etc.) I tributi (Irpef, Iva, Imposta di Registro) si prescrivono ognuno in un determinato termine previsto dalla singole leggi d’imposta; se la legge non prevede un termine si applica la prescrizione ordinaria decennale 2946 c.c, ad esempio per i diritti camerali, per i quali non è previsto un termine di prescrizione. Se la legge non stabilisce diversamente si possono identificare due tipi di prescrizioni:

− la prescrizione ordinaria 10 anni (2946 c.c) − la prescrizione breve 5 anni (2948 c.c)

Si discute se la prescrizione delle cartelle di pagamento sia di 5 o 10 anni. In linea di massima la prescrizione per tutte le cartelle è di 5 anni mentre il termine più lungo di 10 si applica solo alle sentenze. La giurisprudenza continua a pronunciarsi in materia di prescrizione delle cartelle di pagamento, tema sempre moto sentito dai contribuenti. Le tesi si dividono tra quella prevalente favorevole al termine più lungo di 10 anni e quella minoritaria per i 5 anni. Tra quelle a favore del termine minore, ricordiamo la Cassazione a SSUU del 2009, che pronunciò che per tutte le cartelle il termine è di 5 anni mentre il termine più lungo di 10 si applica solo alle sentenze. I giudici di Piazza Cavour – con l’ordinanza n. 20213/15, depositata in data 08.10.2015 – hanno affrontato nuovamente la dibattuta questione circa la prescrizione da applicare ai crediti erariali (fiscali e contributivi/previdenziali), ossia se quella quinquennale (art. 2948 c.c.) o decennale (art. 2946 c.c.). Ebbene, con una motivazione estremamente concisa, la Corte di Cassazione – in questa circostanza processuale – ha “virato” verso un orientamento a favore del contribuente, stabilendo che

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opera la prescrizione quinquennale, laddove il titolo esecutivo sia unicamente costituito dalla cartella esattoriale dell’Ente di Riscossione (ad esempio Agente della riscossione). In particolare, la prescrizione ordinaria (decennale) “è tutta riferibile a titoli di accertamento- condanna

(amministrativi o giudiziali) divenuti definitivi” (inclusi quindi, a titolo esemplificativo, gli avvisi di accertamento dell’Agenzia delle Entrate) e “non già invece le cartelle esattive” (ovvero quelle notificate a mente dell’art. 36bis - art. 36ter, D.P.R. n° 600/73). In effetti, proseguono i giudici su tale aspetto, i provvedimenti esattoriali di Agente della riscossione (ma non solo) sono “adottati in virtù di procedure che consentono di prescindere dal previo

accertamento dell’esistenza del titolo” (atto di accertamento emesso direttamente dall’Ente impositivo) e pertanto le cartelle di pagamento “non possono per questo considerarsi rette

dall’irretrattabilità e definitività del titolo di accertamento”. A ciò si aggiunga – ad ogni modo – un ulteriore elemento di valutazione: al fine di rendere pacifica l’applicabilità del termine di prescrizione ordinario (dieci anni), il creditore chiamato in causa (sia l’Ente della Riscossione, sia l’Ente impositivo, come vedremo in seguito) dovrà produrre in giudizio il “titolo definitivo” della pretesa, ossia “il provvedimento amministrativo di accertamento o la

sentenza passata in giudicato”, emessi “antecedentemente all’emissione delle cartelle”; in difetto opererà la prescrizione quinquennale. In considerazione di questo aspetto prettamente processuale (ossia il deposito in corso di causa dell’originario titolo esecutivo emesso dal creditore), potrebbe rilevarsi una valida strategia difensiva quella di “coinvolgere” (nel contenzioso) esclusivamente l’Ente di Riscossione, escludendo il “reale” creditore della pretesa erariale. La base normativa di detta scelta è rinvenibile nell’art. 39, D. Lgs. n° 112/99 (rubricato difatti come “chiamata in causa dell’ente creditore”), il quale stabilisce che “il concessionario, nelle liti promosse

contro di lui che non riguardano esclusivamente la regolarità o la validità degli atti esecutivi, deve

chiamare in causa l’ente creditore interessato; in mancanza, risponde delle conseguenze della lite”. A ben vedere, di sovente l’Ente della Riscossione sostiene – erroneamente - che non può/non deve replicare alle eccezioni formulate in tema di estinzione del credito (prescrizione), in quanto rappresentano contestazioni da ricondurre direttamente al titolare della pretesa (Agenzia delle Entrate, Inps, Inail, ect), dunque adotta una condotta processuale disinteressata ed inerte; detto scenario convergerà a tutto vantaggio del contribuente. In buona sostanza, l’onere della prova (il deposito del titolo esecutivo originario, al fine di usufruire della prescrizione decennale) dovrà essere assolto dall’Ente di Riscossione (laddove sia l’unica controparte processuale), pertanto in caso di assenza di tale produzione documentale – secondo l’orientamento della S.C. espresso nel provvedimento in commento – la prescrizione che opererà sarà quella quinquennale. Ancora di recente la Cassazione con l’ordinanza n.12715/2016 ha sostenuto, in breve, la presenza di 2 termini di prescrizione per le sanzioni e gli interessi relativi alla cartella di pagamento che diviene definitiva e per la sentenza non più impugnabile. La cartella di pagamento non opposta non può essere parificata ad una sentenza passata in giudicato. Una buona occasione quindi per ricordare anche che la prescrizione per l'iscrizione a ruolo è differenziata a secondo dell’origine del tributo. Si ricorda, ad esempio, la prescrizione quella quinquennale per i contributi INPS, triennale per il bollo auto, decennale per l’IRPEF.

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Il caso sottoposto all’attenzione della Cassazione ha riguardato l’impugnazione di un avviso di pagamento notificato nell’anno 2012. Il contribuente ha proposto ricorso in CTP (Commissione Tributaria Provinciale) evidenziando l’avvenuta prescrizione delle somme (interessi e sanzioni) relative alla cartella notificata nell’anno 2002 e non opposta. Erano infatti decorsi 10 anni tra la notifica della cartella di pagamento e il relativo l’avviso di pagamento. Dopo l’accoglimento del ricorso in CTP e il rigetto in CTR, che ha sostenuto che per le sanzioni divenute definitive debba applicarsi la prescrizione di 10 anni, la vicenda è finita in Cassazione. La CTR ha sottolineato infatti che il termine di prescrizione entro cui si può far valere l'obbligazione tributaria principale e quella accessoria che si riferisce sanzioni sono sempre di tipo unitario (di 10 anni). I giudici di Piazza Cavour hanno al contrario ritenuto che la prescrizione del diritto alla riscossione delle sanzioni amministrative pecuniarie per la violazione di norme tributarie è di 10 anni se deriva da sentenza passata in giudicato. E questo in virtù dell'art. 2953 cod. civ., che prevede la prescrizione decennale per le la sanzione che deriva da una sentenza oramai non impugnabile. Viceversa se la definitività della sanzione amministrativa non deriva da un provvedimento giurisdizionale irrevocabile (es. sentenza), come nel caso di specie deve applicarsi il termine di prescrizione di 5 anni, previsto dall'art. 20 del d.lgs. n.472/ 1997. Tale termine decorre dalla notifica dell'atto esattoriale. Secondo gli Ermellini quindi è da ritenersi pacifico, in tal caso, il decorso del termine quinquennale di prescrizione, posto anche che gli effetti di cui all’articolo 295317 cod. civ sono diversi da quelli prodotti da una cartella divenuta definitiva proprio perché non opposta. Gli effetti che ne conseguono sono che, in assenza di atti interruttivi della prescrizione, dopo i 5 anni, Agente della riscossione non può più richiedere le somme per sanzioni ed interessi, spesso poi più alti dell’originario debito tributario. Sul tema segnaliamo tuttavia anche che il 17/11/2016 finalmente la Cass. a SSUU è intervenuta di nuovo stabilendo che: La cartella esattoriale, pur avendo le caratteristiche di un titolo esecutivo, resta un atto

amministrativo privo dell'attitudine ad acquistare efficacia di giudicato, il che significa che la

decorrenza del termine per l'opposizione, pur determinando la decadenza dalla possibilità di

proporre impugnazione, produce soltanto l'effetto sostanziale della irretrattabilità del credito,

mentre non determina alcun effetto processuale, sicchè non può trovare applicazione l'art. 2953

cod. civ. ai fini della operatività della conversione del termine di prescrizione breve (quinquennale)

in quello ordinario decennale (Cass. civ. Sez. Unite, Sent. n. 23397 del 17/11/2016).

Con la citata sentenza, la Corte di Cassazione, Sezioni Unite, è intervenuta a sancire che la decorrenza del termine, nel caso di specie pari a 40 giorni, per opporsi alla cartella di pagamento determina, come unico effetto, l’irretrattabilità del credito ma non anche la conversione del

termine da prescrizione breve quinquennale a prescrizione lunga decennale.

17 Art. 2953 C.C.: I diritti per i quali la legge stabilisce una prescrizione più breve di dieci anni, quando riguardo ad essi è intervenuta sentenza di

condanna passata in giudicato, si prescrivono con il decorso di dieci anni.

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Si tratta di nuovi principi che valgono non soltanto per i contributi INPS, ai quali è riferito il procedimento in esame, ma si estendono a tutte le entrate dello stato, tributarie e non, e degli enti locali, incluse le sanzioni amministrative.

Come detto il caso di specie riguardava un commerciante che aveva ricevuto una cartella di

pagamento per alcune annualità di contributi previdenziali personali dovuti all’INPS: la cartella venne notificata con un ritardo di oltre 5 anni, ovvero oltre il termine prescrizionale breve. Il contribuente si è opposto alla cartella ma oltre il termine perentorio di 40 giorni previsto per l’impugnazione. Il tribunale di Catania dichiara l’opposizione non ammissibile richiamando l’applicazione della prescrizione ordinaria decennale per via del ritardo nell’impugnazione; non così la Corte d’Appello che dichiara prescritto il credito vantato dall’INPS con quella cartella di pagamento e non applicabile il termine di prescrizione ordinario.

A questo punto è l’INPS a ricorrere in Cassazione e la questione viene affidata alle Sezioni Unite. La Suprema Corte stabilisce che la conversione della prescrizione da breve ad ordinaria è legittima soltanto per effetto di:

a) sentenza passata in giudicato;

b) decreto ingiuntivo che abbia acquisito efficacia di giudicato formale e sostanziale;

c) decreto o sentenza penale di condanna divenuti definitivi.

Non bisogna infatti dimenticare che la cartella di pagamento, invece, pur avendo le caratteristiche

di un atto esecutivo, è e rimane un atto amministrativo, espressione del potere di autotutela ed autoaccertamento della Pubblica Amministrazione, e come tale inidonea ad acquisire efficacia di

giudicato.

La decorrenza del termine per opporsi alla cartella di pagamento, dunque – osserva la Cassazione – produce solo l’effetto dell’irretrattabilità del credito, ma non anche l’allungamento dei termini prescrizionali.

Sulle cartelle di pagamento, secondo quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, con il citato intervento a Sezioni Unite del 17 novembre 2016, la prescrizione rimane sempre e comunque

breve. Non è possibile dunque applicare i termini di prescrizione ordinaria neanche quando la cartella di pagamento è stata impugnata oltre il termine perentorio di quaranta giorni. Si tratta di un principio importante che si estende a tributi e contributi di ogni genere ed include anche le sanzioni amministrative. Dopo l’arresto della Suprema Corte, con la sentenza n. 23397 del 17.11.2016, i Giudici di merito iniziano a disallinearsi dall’orientamento prevalente secondo cui il diritto alla riscossione dei crediti erariali si prescriverebbe con il decorso del termine ordinario decennale. In particolare, la CTP di Prato, con la sentenza n. 38/01 del 20.03.2017, ha accolto le doglianze del contribuente interpretando in maniera “allargata” il disposto di cui all’art. 2948, n. 4, codice civile18,

18 art. 2948 Codice civile Si prescrivono in cinque anni:

1) le annualità delle rendite perpetue [1861] o vitalizie [1872] (1);

1bis) il capitale nominale dei titoli del debito pubblico emessi al portatore (2);

2) le annualità delle pensioni alimentari [433, 445];

3) le pigioni delle case, i fitti dei beni rustici e ogni altro corrispettivo di locazioni [1587 n. 2, 1607, 1639] ;

4) gli interessi [1282] e, in generale, tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi [960];

5) le indennità spettanti per la cessazione del rapporto di lavoro [2118, 2120, 2121].

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a tenor del quale: “Si prescrivono in cinque anni..4) gli interessi e, in generale, tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno in termini più brevi.”.

Richiamando il decisum degli Ermellini, unitamente alla pronuncia della CTP di Reggio Calabria n.

2634/2014, il Collegio toscano ha affermato il seguente principio di diritto: “Risulterebbe irrazionale

un sistema con prescrizioni di 5 anni per tributi locali e sanzioni (per le sanzioni, per i diritti

camerali, vedi d. M. 27 gennaio 2005, n. 54, art. 10), e di 10 anni per i tributi erariali, IRPEF, IVA

e altro.

Tutti i tributi, in oggetto, hanno adempimenti (scadenze) annuali, e quindi ex art. 2948, n. 4 cod.

civ. la prescrizione è di 5 anni. Sostenere (vedi Cass. 13080/2011) che ”…la prestazione tributaria

attesa l’autonomia dei singoli periodi d’imposta e delle relative obbligazioni, non può considerarsi

una prestazione periodica, derivando il debito anno per anno, da una nuova ed autonoma

valutazione in ordine alla sussistenza dei presupposti impositivi…” non risulta ragionevole ed è

palesemente illogico, poiché ciò che muta, anno per anno, non è il dovere della prestazione, ma la

misura, l’entità il quantum, da pagare – sempre anno per anno – . Pertanto anche i tributi erariali

sono pienamente disciplinati nell’art. 2948, n. 4 cod. civ.”.

Infine, è opportuno ricordare all’uopo che in tal senso si erano già espresse CTR Roma, sentenza n.

1229/17; CTP Catania, sentenza n. 13229/2016; CTP Ferrara, sentenza n. 256/2013, sintomo del

fatto che il principio, come ribadito dalla Corte pratese, non può che ritenersi meritevole di giustizia.

In definitiva i termini variano a seconda della natura del tributo/entrata oggetto della cartella di pagamento non oggetto di impugnazione innanzi agli organi della giustizia tributaria. Alla prescrizione si applicano gli istituti della sospensione e della interruzione, secondo l’ordinaria disciplina civilistica. L' interruzione può avvenire per diversi motivi. Ad esempio si ha interruzione della prescrizione, quando, a fronte di una cartella di pagamento non impugnata (che si prescrive in 5 o 10 anni a seconda dei casi), prima dello spirare del termine, l’Agente della riscossione notifica un’intimazione di pagamento, che interrompe la prescrizione e si ricomincia a conteggiare il termine daccapo. Esempio di sospensione della prescrizione invece è il contenzioso. Gli effetti sono sostanzialmente diversi, perché mentre la sospensione crea una parentesi (il periodo anteriore al verificarsi della causa di sospensione si somma con quello successivo), l'interruzione toglie ogni valore al tempo anteriormente trascorso. Tutte le volte che il termine si interrompe, infatti,

inizia un nuovo periodo prescrittivo analogo al precedente. Come si calcola

La prescrizione decorre dal giorno in cui si può far valere il diritto e termina quando si è compiuto l'ultimo giorno. Il calcolo dev'essere fatto considerando il calendario comune (quindi comprendendo sabati e festivi) e non deve considerare il giorno nel corso del quale cade il momento iniziale del

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termine. Se il termine cade in un giorno festivo il diritto è prorogato al giorno successivo non festivo. Per i termini a mesi la scadenza cade nello stesso giorno del mese iniziale o, in mancanza, nell'ultimo giorno del mese. Il calcolo, ovviamente, deve prendere in considerazione tutte le possibili interruzioni. A tal fine è importante chiarire alcuni punti fondamentali riguardanti il concetto di notifica. In termini generali, quindi indipendentemente dal tipo di atto o comunicazione, la notifica:

− può avvenire anche tramite consegna fatta a persona diversa dal destinatario (anche non parente), purchè questa sia abilitata -per legge- a ricevere l'atto e siano state rispettate le regole della privacy ;

− può avvenire anche per giacenza postale. In tal caso devono verificarsi due condizioni, ovvero deve risultare inviato un secondo avviso di giacenza (a parte il primo lasciato in occasione del primo tentativo di consegna) da parte delle poste per raccomandata a/r e devono risultare decorsi 10gg senza che sia stato effettuato il ritiro (che, comunque, può avvenire entro sei mesi se si tratta di un atto amministrativo);

− per il mittente, in caso di invii postali e se non vi sono vizi di procedura, la notifica si perfeziona alla data di consegna dell'atto alle poste o, se la notificazione è diretta, alla data della spedizione.

Tutto ciò ha conseguenze determinanti sia ai fini del conteggio dei termini, sia nei casi in cui, per esempio, giunga una cartella esattoriale riguardante oneri del tutto sconosciuti per i quali non ricordiamo sia giunta alcuna precedente richiesta o per il quali abbiamo il dubbio che sia decorsa la prescrizione. Non solo può risultare una corretta notifica per giacenza postale, ma per chi ci ha inviato l'atto (un verbale di multa al codice della strada, per esempio), tale notifica risulterà perfezionata alla data in cui esso è stato consegnato alle poste, a prescindere dal fatto che risulti ritirato o meno. Come ricordato al paragrafo appositamente dedicato, La Legge di Stabilità 2016 (Legge n. 208/2015) ha apportato modifiche alla disciplina dei termini di decadenza per l’accertamento in materia di imposte sui redditi e Iva. In particolare:

• sono stati prolungati i termini di decadenza per l’accertamento di imposte sui redditi e Iva 5 anni ordinario 7 anni se omessa ; La nuova normativa si applicherà a partire dal periodo d'imposta 2016 ossia da Unico 2017 in poi.

• è stato eliminato il raddoppio dei termini di decadenza per l’accertamento in caso di violazioni che comportano l’obbligo di denuncia per uno dei reati tributari di cui al D.Lgs. n. 74/2000

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Di seguito uno schema riepilogativo sulla base delle considerazioni svolte

IMPOSTA / TASSA / CONTRIBUTO

TERMINE DI PRESCRIZIONE per l'ESECUZIONE FORZATA (in assenza di atti

interruttivi)

RIFERIMENTI NORMATIVI E/O GIURISPRUDENZIALI

Crediti erariali (IRPEF, IRAP, IRES, IVA, Ritenute, eccetera)

Tesi prevalente Tesi minoritaria Tesi prevalente Tesi minoritaria

10 anni dalla scadenza del pagamento (60 gg) della

cartella di pagamento notificata

5 anni dalla scadenza del pagamento (60 gg) della

cartella di pagamento notificata

Cass., Ord., 8.6.2015, n. 11749; 6.7.2012, n.

11380; 31.8.2011, n. 17877; 23.2.2010, n.

4283.

Cass. 6.7.2012, n. 11380. CTP di Pavia 30.3.2015,

n. 913; Giudice di Pace di Gela,

4.3.2015; Tribunale di Brindisi,

6.3.2014, n. 509

Sanzioni su crediti erariali 5 anni dalla scadenza del pagamento (60 gg) della

cartella di pagamento notificata Art. 20, D.lgs. 18/12/1997, n. 472.

Crediti per imposte locali (IMU, TASI, TARSU,

TOSAP, Imposta pubblicità, eccetera)

5 anni dalla scadenza del pagamento (60 gg) della cartella di pagamento notificata

Art. 2948, n. 4 c.c.; Cass. 8.10.2015, Ord. n. 20213; Cass. 23.02.2010, n. 4283

Diritti camerali 10 anni dalla scadenza del pagamento (60 gg) della

cartella di pagamento notificata Art. 2967 c.c.

Contributi previdenziali 5 anni dalla scadenza del pagamento (60 gg) della

cartella di pagamento notificata Art. 3, co. 9, legge 8.08.1995, n. 335

Proviamo a schematizzare i termini che risulterebbero derivare dai diversi argomenti trattati nelle tabelle predisposte nelle pagine seguenti, suddivise per atti e ambiti.

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TABELLA A

(Accertamento imposte dirette IVA: Termine allungabile in presenza di reato; c.d. Raddoppio dei termini)

ACCERTAMENTI ANNO 2015 E PRECEDENTI – IN PRESENZA DI REATO

Periodo di imposta

Modello Unico

Termini per presentare

denuncia di reato con

dichiarazione presentata

(*)

Termini per presentare

denuncia di reato con omessa dichiarazione

(*)

TERMINI DI DECADENZA DELLA NOTIFICA AI FINI ACCERTATIVI

IIDD E IVA

Dichiarazione valida con

presenza di reato (**)

Dichiarazione omessa con

presenza di reato (**)

2005 UNICO 2006 DECADUTI DECADUTI DECADUTI 31/12/2016

2006 UNICO 2007 DECADUTI DECADUTI DECADUTI 31/12/2017

2007 UNICO 2008 DECADUTI DECADUTI 31/12/2016 31/12/2018

2008 UNICO 2009 DECADUTI DECADUTI 31/12/2017 31/12/2019

2009 UNICO 2010 DECADUTI DECADUTI 31/12/2018 31/12/2020

2010 UNICO 2011 DECADUTI DECADUTI 31/12/2019 31/12/2021

2011 UNICO 2012 DECADUTI 31/12/2017 31/12/2020 31/12/2022

2012 UNICO 2013 31/12/2017 31/12/2018 31/12/2021 31/12/2023

2013 UNICO 2014 31/12/2018 31/12/2019 31/12/2022 31/12/2024

2014 UNICO 2015 31/12/2019 31/12/2020 31/12/2023 31/12/2025

2015 (1) UNICO 2016 31/12/2020 31/12/2021 31/12/2024 31/12/2026

(*)Per la corretta verifica della data entro cui considerare tempestiva la denuncia che convalida il raddoppio dei termini si consideri che:

− per gli atti impositivi, notificati entro il 2 settembre 2015, la clausola di salvaguardia di cui all’art. 2, comma 3 del D.Lgs. n. 128/2015 ne fa(rebbe) salvi gli effetti, a prescindere dalla data in cui è avvenuta la propedeutica denuncia alla competente Autorità giudiziaria (e anche dalla circostanza che tale obbligo fosse stato o meno adempiuto dal pubblico ufficiale o dall’ufficiale di polizia giudiziaria incaricato del controllo o dell’accertamento).

− per gli atti impositivi relativi ad annualità ordinariamente decadute, notificati a partire dal 3 settembre 2015, opera il raddoppio dei termini ove in relazione a tali annualità il contribuente sia incorso in violazioni tributarie di natura penale, comunicate (ai sensi degli artt. 331 o 347 c.p.p.) entro la scadenza degli stessi termini ordinari;

(**) data computata in ipotesi di presentazione della denuncia penale considerata tempestiva ai sensi della precedente nota.

(1) Come evidenziato nei paragrafi precedenti, la legge di stabilità 2016 è intervenuta

cancellando il meccanismo del raddoppio dei termini ed ha contestualmente previsto nuovi

termini di decadenza applicabili a partire dal periodo d’imposta in corso alla data del 31

dicembre 2016 (quindi applicabili per la prima volta al periodo di imposta 2016), sia ai fini

delle imposte sui redditi e ai fini IVA che si riportano distintamente (ante 2016 e post) nella

seguente tabella.

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In seguito alle variazioni normative intervenute con la legge di stabilità 2016, si avranno le seguenti diverse scadenze riepilogate nelle due seguenti tabelle per anni precedenti al 2016 e dal 2016 in poi:

TABELLA B Accertamento ai fini IIDD e IVA

ANNO 2015 E PRECEDENTI

Periodo di imposta

TERMINI DI DECADENZA AI FINI ACCERTATIVI IIDD E IVA

Modello Unico Ordinari con dichiarazione presentata(**)

Ordinari con dichiarazione

omessa

Dichiarazione valida con

presenza di reato (*)

Dichiarazione omessa con

presenza di reato (*)

2005 UNICO 2006 DECADUTI DECADUTI DECADUTI 31/12/2016

2006 UNICO 2007 DECADUTI DECADUTI DECADUTI 31/12/2017

2007 UNICO 2008 DECADUTI DECADUTI 31/12/2016 31/12/2018

2008 UNICO 2009 DECADUTI DECADUTI 31/12/2017 31/12/2109

2009 UNICO 2010 DECADUTI DECADUTI 31/12/2018 31/12/2020

2010 UNICO 2011 DECADUTI 31/12/2016 31/12/2109 31/12/2021

2011 UNICO 2012 31/12/2016 31/12/2017 31/12/2020 31/12/2022

2012 UNICO 2013 31/12/2017 31/12/2018 31/12/2021 31/12/2023

2013 UNICO 2014 31/12/2018 31/12/2019 31/12/2022 31/12/2024

2014 UNICO 2015 31/12/2109 31/12/2020 31/12/2023 31/12/2025

2015 UNICO 2016 31/12/2020 31/12/2021 31/12/2024 31/12/2026

(*) Segnalato all’Autorità giudiziaria entro i termini ordinari di decadenza; (**) Riduzione di un anno in caso di applicazione art.10 comma 8 DL 201/2011 per i contribuenti soggetti a studi di settore, “congrui e coerenti”;

ANNO 2016 E SUCCESSIVI (ART.1 C.130 E 131 L.208/2015)

Periodo di imposta

TERMINI DI DECADENZA AI FINI ACCERTATIVI IIDD E IVA

Modello Unico Ordinari con dichiarazione presentata(*)

Ordinari con dichiarazione

omessa

Dichiarazione valida con

presenza di reato

Dichiarazione omessa con presenza di

reato

2016 UNICO 2017 31/12/2022 31/12/2024 31/12/2022 31/12/2024

2017 UNICO 2018 31/12/2023 31/12/2025 31/12/2023 31/12/2025

2018 UNICO 2019 31/12/2024 31/12/2026 31/12/2024 31/12/2026

2019 UNICO 2020 31/12/2025 31/12/2027 31/12/2025 31/12/2027

2020 UNICO 2021 31/12/2026 31/12/2028 31/12/2026 31/12/2028

(*) Riduzione di un anno in caso di applicazione art.10 comma 8 DL 201/2011 per i contribuenti soggetti a studi di settore, “congrui e coerenti”;

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TABELLA C Cartelle di pagamento relative all’iscrizione a ruolo delle imposte da liquidazione e

controllo formale delle Dichiarazioni dei redditi Nella seguente tabella riassumiamo i termini relativi sia alla disciplina transitoria, che interessò i periodi di imposta dal

1999 al 2002, che quella a regime sia per le attività di liquidazione (ex art. 36 bis e ter del DPR 600 e art.54 dpr 633) che

di accertamento sostanziale:

ARTICOLI PERIODO

D'IMPOSTA DICHIARAZIONE TERMINE PER NOTIFICA

CARTELLA SCADENZA

PERIODO TRANSITORIO (ART. 36 BIS D.P.R. N.600/1973)

1999 E 2000 DICHIARAZIONI PRESENTATE FINO AL 31 DICEMBRE 2001

ENTRO IL 31 DICEMBRE DEL QUINTO ANNO SUCCESSIVO A QUELLO DI PRESENTAZIONE DELLA DICHIARAZIONE

- PER LE DICHIARAZIONI PRESENTATE NEL 2000 LA SCADENZA È FISSATA AL 31 DICEMBRE 2005 - PER LE DICHIARAZIONI PRESENTATE NEL 2001 LA SCADENZA È FISSATA AL 31 DICEMBRE 2006

PERIODO TRANSITORIO (ART. 36 BIS D.P.R. N. 600/1973)

2001 E 2002 DICHIARAZIONI PRESENTATE NEGLI ANNI 2002 E 2003

ENTRO IL 31 DICEMBRE DEL QUARTO ANNO SUCCESSIVO A QUELLO DI PRESENTAZIONE DELLA DICHIARAZIONE

- PER LE DICHIARAZIONI PRESENTATE NEL 2002 LA SCADENZA È FISSATA AL 31 DICEMBRE 2006 - PER LE DICHIARAZIONI PRESENTATE NEL 2003 LA SCADENZA È FISSATA AL 31 DICEMBRE 2007

36 BIS D.P.R. N. 600 DEL 29 SETTEMBRE 1973

2003 E SUCCESSIVI

DICHIARAZIONI PRESENTATE A DECORRERE DAL 1 GENNAIO 2004

ENTRO IL 31 DICEMBRE DEL TERZO ANNO SUCCESSIVO A QUELLO DI PRESENTAZIONE DELLA DICHIARAZIONE

36 TER D.P.R. N. 600 DEL 29 SETTEMBRE 1973 N.B. NON È STATA PREVISTA ALCUNA DISCIPLINA TRANSITORIA

2003 E SUCCESSIVI

DICHIARAZIONI PRESENTATE A DECORRERE DAL 1 GENNAIO 2004

ENTRO IL 31 DICEMBRE DEL QUARTO ANNO SUCCESSIVO A QUELLO DI PRESENTAZIONE DELLA DICHIARAZIONE

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TABELLA D

TERMINI PER LA NOTIFICA DELLE CARTELLE DI PAGAMENTO EMESSE PER ISCRIZIONE A IMPOSTE DIRETE E IVA

EX ART. 36 BIS DPR 600/73 E 54 BIS 633/72 Periodo

d'imposta Anno di presentazione della

dichiarazione Termine di notifica

2005 2006 2009

2006 2007 2010

2007 2008 2011

2008 2009 2012

2009 2010 2013

2010 2011 2014

2011 2012 2015

2012 2013 2016

2013 2014 2017

2014 2015 2018

2015 2016 2019

2016 2017 2020

2017 2018 2021

In grigio i periodi di imposta per cui già risultano decorsi i termini di decadenza da parte dell’agente di riscossione per notificare la

cartella;

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TABELLA E

TERMINI PER LA NOTIFICA DELLE CARTELLE DI PAGAMENTO EMESSE PER ISCRIZIONE A IMPOSTE DIRETTE E IVA

EX ART. 36 TER DPR 600/73

Periodo d'imposta

Anno di presentazione della dichiarazione Termine di notifica

2005 2006 2010

2006 2007 2011

2007 2008 2012

2008 2009 2013

2009 2010 2014

2010 2011 2015

2011 2012 2016

2012 2013 2017

2013 2014 2018

2014 2015 2019

2015 2016 2020

2016 2017 2021

2017 2018 2022

In grigio i periodi di imposta per cui già risultano decorsi i termini di decadenza da parte dell’agente di riscossione per notificare la

cartella;

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Per praticità può essere consultato lo specchietto riportato qui appresso dove sono state riportate le prescrizioni e le decadenze riguardanti i diritti (nonché' crediti e debiti) più comuni in materia fiscale, tributaria, previdenziale e commerciale.

TERMINI DI PRESCRIZIONE E DECADENZA

Oggetto del diritto Termine Note e riferimenti

Avvisi di accertamento

Ai sensi dell’art. 43 del D.P.R. n. 600/1973 gli avvisi di accertamento, per le imposte sui redditi, devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del:

• quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione;

• quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata, nei casi di nullità o di omessa presentazione della dichiarazione (6).

La stessa disciplina è contemplata per l’Iva e per l’Irap

In caso di denuncia penale per reati tributari i termini si raddoppiavano. Tuttavia il raddoppio dei termini è stato abrogato e a partire dal 1.1.2016, gli avvisi di accertamento devono essere notificati, a pena di decadenza:

• entro il 31 dicembre del quinto (e non più quarto) anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione; da Unico 2017

• entro il 31 dicembre del settimo (e non più

quinto) anno successivo a quello in cui la dichiarazione doveva essere presentata. da Unico

2017

Attenzione: L’art. 1, commi da 130 a 132, della Legge di Stabilità 2016 (Legge n. 208/2015) ha modificato, con effetto a partire dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2016 ossia da Unico 2017

Cartelle di pagamento

termine per la notifica

L’Agente della Riscossione deve, per quanto riguarda le imposte sui redditi e l’Iva, notificare la cartella di pagamento entro il 31 dicembre del: • terzo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, per le attività di liquidazione automatica; • quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, per i controlli formali; • secondo anno successivo a quello in cui l’avviso di accertamento è divenuto definitivo

Cartella di pagamento Prescrizione

• per le imposte sui redditi e per l’Iva, opera il termine decennale; • per i tributi locali, secondo il più recente orientamento della giurisprudenza, opera il termine quinquennale; • per le sanzioni, opera il termine quinquennale; • per le somme accertate da sentenze passate in giudicato, opera il termine decennale, a prescindere dalla loro natura.

La prescrizione della cartella dovrebbe seguire quella del tributo a cui si riferisce non essendoci novazione .

In ogni caso è 5 anni la prescrizione.

La cartella esattoriale, pur avendo le caratteristiche di un titolo esecutivo, resta un atto amministrativo privo dell'attitudine ad acquistare efficacia di giudicato, il che significa che la decorrenza del termine per l'opposizione, pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, produce soltanto l'effetto sostanziale della irretrattabilità del credito, mentre non determina alcun effetto processuale, sicchè non

può trovare applicazione l'art. 2953 cod. civ. ai fini della

operatività della conversione del termine di prescrizione

breve (quinquennale) in quello ordinario decennale. Cass.

civ. Sez. Unite, Sent. n. 23397 del 17/11/2016

Sanzioni Tributarie La sanzione Tributaria irrogata si prescrive nel termine di cinque anni art 20 D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472,

Contributi Inps

L'articolo 3, comma 9, della legge 335 dell'8 agosto 1995, stabilisce che il termine decennale relativo alla prescrizione dei contributi, a decorrere dal 1° gennaio 1996 e con effetto retroattivo in mancanza di atti interruttivi, viene ridotto a cinque anni.

Diritti Camerali della

10 anni nel silenzio della legge si applica il termine di prescrizione ordinario decennale ex art. 2967 del codice

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Camera di Commercio civile

Diritto al rimborso errato versamento

Quarantotto mesi dalla data del versamento stesso, nel caso di errore materiale, duplicazione ed inesistenza totale o parziale dell'obbligo di versamento Art.38 D.p.r. 600/73, Ai sensi dell'art. 19, D.Lgs. n. 46/1999 le

disposizioni dell' articolo 38 D.p.r. 600/73 si applicano

alle sole imposte sui redditi

Contestazione vizi su acquisti di beni

Contestazione: 8 giorni dalla scoperta Prescrizione del diritto: 1 anno dall'acquisto, art.1490 e segg. c.c.

Tale termine riguarda gli acquisti in generale (anche tra privati). Quando l'acquirente è un consumatore e il venditore un negozio -o comunque una ditta- i termini cambiano (vedi più avanti).

Tasse di Concessione Governativa (es. sui cellulari)

L'amministrazione finanziaria può procedere all'accertamento delle violazioni alle norme del presente decreto entro il termine di decadenza di tre anni decorrenti dal giorno nel quale è stata commessa la violazione. Art.13

D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 641

Bollo auto, tasse automobilistiche

3 anni articolo 5, commi 51-56, legge 953/82

Ici

In base all’art 11 del Dlgs 504/92 gli avvisi di liquidazione dell’imposta, per errori materiali o di calcolo devono essere emessi obbligatoriamente:

Entro il secondo anno successivo alla presentazione della dichiarazione o al versamento se la dichiarazione è regolare.

Entro il terzo anno successivo alla presentazione della dichiarazione o al versamento se la dichiarazione è infedele, incompleta o inesatta.

Entro il quinto anno successivo alla presentazione della dichiarazione o al versamento se la dichiarazione è omessa

TERMINE CHE RIGUARDA GLI AVVISI DI LIQUIDAZIONE

Tarsu / Tia

3 anni se è stata presentata la denuncia

4 anni se non è stata presentata la denuncia

Art.71 Dlgs 507/93

Attenzione tutti i termini dei tributi locali ad eccezione della tassa automobilistica (che è statale) sono stati elevati a 5 anni, dalla finanziaria 2007 (legge 296/06, articolo 1 commi dal 161 al 167) .

I tributi locali si prescrivono nel termine di 5 anni dal giorno in cui il tributo è dovuto o dal giorno dell'ultimo atto interruttivo tempestivamente notificato (articolo 2948 comma 4 del Codice civile). L'applicazione del termine breve di cinque anni (in luogo di quello ordinario di dieci anni) è stata affermata dalla Cassazione con sentenza del 23 febbraio 2010. In particolare la Cassazione sostiene che i tributi locali (a differenza di quelli erariali) sono "prestazioni periodiche" e, come tali, rientrano nell'ambito di applicazione dell'articolo 2948 comma 4 del Codice civile.

IUC

( e i suoi componenti IMU, TARI e TASI)

Nei primi giorni del 2014 sono arrivati alcuni avvisi di accertamento IMU relativi al periodo d’imposta 2008, spediti dalle Amministrazioni competenti negli ultimi giorni del 2013.

La domanda che sorge spontanea e che viene posta è se l’azione accertatrice dell’Amministrazione Comunale che ha emesso l’avviso sia decaduta o meno.

A tal riguardo si ricorda che la Finanziaria 2007 (L. n. 296 del

27.12.2006) ha previsto una disciplina uniforme per tutti i tributi locali in relazione a liquidazione, accertamento, riscossione e rimborsi.

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In particolare, la norma suddetta ha previsto che gli avvisi di accertamento in rettifica e d'ufficio devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione o il versamento sono stati o avrebbero dovuto essere effettuati.

Più esattamente, l'art. 1, c.161, L. n. 296/2006 stabilisce che "gli enti locali, relativamente ai tributi di propria competenza, procedono alla rettifica delle dichiarazioni incomplete o infedeli o dei parziali o ritardati versamenti, nonché all'accertamento d'ufficio delle omesse dichiarazioni o degli omessi versamenti, notificando al contribuente, anche a mezzo posta con raccomandata con avviso di ricevimento, un apposito avviso motivato. Gli avvisi di accertamento in rettifica e d'ufficio devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31/12 del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione o il versamento sono stati o avrebbero dovuto essere effettuati".

Con la suddetta norma si è proceduto a rendere uniformi termini decadenziali per l'accertamento in rettifica e d'ufficio, che prima di allora risultavano differenti tra loro, portando gli stessi al quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione o il versamento sono stati o avrebbero dovuto essere effettuati.

Multe auto

L'art.28 della Legge 689/81, stabilisce Il diritto a riscuotere le somme dovute per le violazioni indicate dalla presente legge si prescrive nel termine di cinque anni dal giorno in cui è stata commessa la violazione.

Assegno Bancario

L'assegno bancario è pagabile a vista e deve essere presentato in banca per il pagamento entro i seguenti termini: 8 giorni (se è pagabile nello stesso comune - assegno su piazza), 15 giorni (se pagabile in un comune diverso - assegno fuori piazza), 20 giorni (se è pagabile in una nazione diversa ma nello stesso continente di emissione), 60 giorni (se la nazione è di un altro continente). trascorso il termine l'assegno non è più

protestabile. La scadenza del termine non impedisce la presentazione dell'assegno al pagamento, e colui che ha emesso l'assegno - traente - può revocare l'ordine di pagamento. Trascorso tale termine è sempre possibile l'azione causale, che è l'azione derivante dal rapporto fondamentale che ha dato causa all'emissione dell'assegno, soggetta ai termini di prescrizione propri del rapporto obbligatorio sottostante. Trascorsi 6 mesi l'assegno non può più essere incassato.

Reati tributari

6 anni - Tutti i delitti tributari si prescrivono in sei anni (8

anni vedi a margine)giacché ai sensi del nuovo art. 157 del codice penale "La prescrizione estingue il reato decorso il tempo corrispondente al massimo della pena edittale stabilita dalla legge e comunque un tempo non inferiore a sei anni se si tratta di delitti ...".L. 5 dicembre 2005, n.251

per tutte le fattispecie dichiarative, per il reato di emissione di fatture relative ad operazioni inesistenti e per quello di occultamento o distruzione di documenti contabili sono elevati di un terzo e quindi passano a 8 anni, modificato dal DL 13.8.2011 n. 138 (c.d. “manovra di Ferragosto”), entrato in vigore il 13.8.2011, è stato convertito nella L. 14.9.2011 n. 148, entrata in vigore il 17.9.2011. nulla cambia per ·omesso versamento di ritenute certificate; · omesso versamento IVA; · indebita compensazione; · sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte. per i quali la prescrizione resta di 6 anni

Contestabilità estratti conto bancari

60 giorni dal ricevimento, art.119 d.lgs.385/93.

Nei casi di errori di scritturazione, calcolo, omissioni e duplicazioni il termine è di sei mesi dalla ricezione (decadenza del diritto sancita dal codice civile art.1832). Per errori sostanziali (per esempio spese non dovute per contratto od in generale addebiti indebiti, errata applicazione degli interessi, etc.), il termine può arrivare anche a 10 anni (si vedano le sentenze di Cassazione civile 8989/97 e 10185/94). Questa regola vale anche per la Banca riguardo agli accreditamenti indebiti, quindi il termine cautelativo di conservazione degli estratti conto è di 10 anni.

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Vizi su beni acquistati da consumatori

Per contestare: due mesi dalla scoperta Prescrizione del diritto: 26 mesi dall'acquisto

Fatture e ricevute relative a prestazioni alberghiere (o per servizi di alloggio con o senza pensione).

6 mesi, art.2954 c.c.

È il termine di prescrizione presuntiva entro il quale l'albergatore può richiedere il pagamento del vitto e dell'alloggio.

Assegni (azioni di regresso).

6 mesi (art.75 Regio Decreto 1736/1933)

Le azioni di regresso fatte contro i giranti, il traente e gli altri obbligati si prescrivono in sei mesi dallo scadere del termine di presentazione dell'assegno al pagamento. Quelle fatte tra i diversi obbligati al pagamento dell'assegno bancario gli uni contro gli altri si prescrivono in sei mesi calcolati dal giorno in cui l'obbligato ha pagato l'assegno bancario o dal giorno in cui l'azione di regresso è stata fatta contro di lui.

Vizi e difformità di lavori in genere e contratti d'opera (manutenzioni, interventi di artigiani, riparazioni varie, etc.)

Contestazione: 8 giorni Prescrizione del diritto: 1 anno, art.2226 c.c.

Riguarda vizi di esecuzione o di conformità (rispetto ad un preventivo o comunque ad un accordo) di tutti i tipi di lavori od opere, dalla ristrutturazione edile alla riparazione di un'auto all'intervento di un idraulico.

Conservazione scontrini d'acquisto

Dipende, minimo 2 anni.

Entro un anno i commercianti possono richiedere il pagamento delle merci vendute, art.2955 c.c. Il termine più indicativo, però, è quello di scadenza delle garanzie sui beni. Per quanto riguarda quelle dei produttori va visto il contratto (si può spaziare da un anno fino a cinque od oltre), mentre la garanzia di legge scade in 26 mesi. Quando lo scontrino è legato ad una detrazione fiscale, invece, il termine di conservazione può arrivare anche a cinque anni.

Contestazione del danno derivante dalla circolazione dei veicoli

2 anni dall'evento, art.2947 c.c. Se vi è un reato per il quale la legge prevede una prescrizione più lunga, si applica quella.

Contestazione danni e vizi su contratti di appalto

Denuncia entro 60gg dalla scoperta; Prescrizione: 2 anni, art.1667 c.c.

La prescrizione decorre dalla consegna dell'opera.

Contestazione danno da prodotti difettosi

3 anni dalla scoperta, codice del consumo d.lgs.206/2005 art.114 e segg.

Il diritto al risarcimento -da far valere nei confronti del produttore- si prescrive in 10 anni da quando il bene è stato messo in circolazione. Attenzione, quando si rilevano atti illeciti (vizio conosciuto o conoscibile dal produttore al momento della messa in commercio) il termine di prescrizione è di 5 anni.

Parcelle di professionisti (notai, avvocati e commercialisti, etc.)

3 anni, art.2956 e 2957 c.c.

Il termine decorre, in generale, dalla prestazione. Per gli avvocati può decorrere dalla sentenza passata in giudicato, dall' accordo conciliativo o dalla revoca del mandato. Per tutti gli affari non terminati la prescrizione decorre dall'ultima prestazione.

Restituzione documenti da parte di avvocati, cancellieri, procuratori, etc

3 anni, art.2961 c.c.

È il termine entro il quale è possibile chiedere la restituzione di incartamenti relativi a liti. Decorre quando queste liti sono decise o comunque terminate. Per gli ufficiali giudiziari il termine è di 2 anni.

Cambiali (tratte e pagherò) 3 anni, art.94 Regio decreto n.1669/1933

A decorrere dalla scadenza. È il termine in cui si prescrive il diritto all'azione cambiaria diretta fatta nei confronti dell'accettante o dei suoi garanti. Nel caso di azioni cambiarie di regresso, ovvero verso il traente o i giranti, il termine è di un anno dal protesto o dalla scadenza (se la cambiale è "senza spese").

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Bollo auto, pagamenti e rimborsi

3 anni dalla scadenza

È in pratica di quattro anni, perché' cade alla fine del terzo anno successivo a quello in cui doveva avvenire il versamento (d.l.2/86). Il termine vale anche se l'auto è stata venduta nel frattempo. Vanno attentamente considerati gli eventuali provvedimenti regionali di proroga o di condono. Essi potrebbero far slittare anche il termine di prescrizione, benché' vi sia della giurisprudenza che contesta, non riconoscendolo, l'esercizio di un tale potere da parte delle Regioni (per es.sentenza corte costituzionale n.311/2003). Attenzione! Nello stesso termine si prescrive il diritto del contribuente al rimborso delle tasse indebitamente corrisposte.

Acquisti in genere Almeno 5 anni

Un'azienda ha cinque anni di tempo per richiedere il pagamento di merci o prestazioni. Il termine parte dalla data di scadenza e riguarda fatture commerciali (art.2948 c.c.). Attenzione! Per gli acquisti fatti da consumatori presso commercianti la prescrizione è di un anno (art.2955 c.c.)

Bollette relative ad utenze (gas, acqua, luce, telefono) nonché' tutto ciò che dev'essere pagato in riferimento all'anno o alla frazione di anno.

5 anni, art.2948 c.c. A partire dalla data di scadenza. Se le fatture sono oggetto di controversia il termine è di 10 anni.

Affitti, pigioni e ogni altro onere legato alla locazione

5 anni, art.2948 c.c.

Attenzione! ci sono delle sentenze (es. Cassazione n.5795/1993) che hanno fissato, come deroga, un termine inferiore -di due anni- per il rimborso del credito del locatore (relativo a spese condominiali) per i contratti ad equo-canone.

Spese condominiali 5 anni, art.2948 c.c.

Contravvenzioni stradali 5 anni, art.209 del codice della strada.

A decorrere dal giorno in cui è stata commessa la violazione. Gli atti notificati successivamente (verbale e cartella esattoriale) fanno ogni volta decorrere un ulteriore termine di cinque anni.

Contestazione del danno derivante da fatto illecito, doloso o colposo

5 anni, art.2947 c.c.

Rate di mutuo o finanziamento e -in generale- pagamenti rateali

5 anni, art.2948 c.c.

Il termine valido ai fini fiscali è di cinque anni dalla scadenza. Per quanto riguarda i rapporti con la Banca, però, è bene conservare tutta la documentazione del mutuo (contratto e ricevute di pagamento) per 10 anni dalla sua scadenza.

Interessi su obbligazioni pecuniarie

5 anni, art.2948 c.c. Definizioni utili agli art.1277 e segg. del codice civile.

Documenti relativi alla ristrutturazione della casa con detrazione fiscale (bonus del 41% o del 36%).

5 anni

Termine -calcolato a partire dall'anno successivo alla dichiarazione dei redditi- di conservazione di tutta la documentazione prevista per usufruire delle detrazioni (fatture, ricevute, bonifici bancari, etc.).

TRIBUTI LOCALI (ICI, TARSU, TOSAP, Imposta comunale sulla pubblicità e diritto pubbliche affissioni)

decadenza massima per gli avvisi di accertamento: 5 anni. termine di prescrizione cartella: 10 anni.

Cinque anni sono l'attuale termine -massimo di decadenza- che riguarda la prima notifica degli avvisi di accertamento, con emissione delle cartelle esattoriali nei successivi tre. Esso parte dalla fine dell'anno di riferimento. Il termine di conservazione delle ricevute di pagamento che consigliamo è comunque quello della prescrizione ordinaria, ovvero dieci anni, visto che in merito la norma non è chiara e definita e che numerose interpretazioni giurisprudenziali fissano per questi tributi la prescrizione decennale (Cassazione 18432/2005 e

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18110/2004).

Fatture o ricevute relative a prestazioni di artigiani o manutentori

10 anni dal compimento della prestazione

Si tratta del termine di prescrizione ordinaria applicabile in mancanza di altre specifiche di legge. È il tempo consigliato di conservazione delle prove di pagamento dei conti dei vari artigiani (elettricisti, meccanici, etc.).

Canone RAI 10 anni dalla scadenza Il canone Rai, così come la quasi generalità dei tributi, si prescrive con il decorso di 10 anni. Il periodo decorre dalla fine di gennaio dell’anno in cui va corrisposto il canone.

Nota: Si consiglia, di conservare i documenti per uno o due anni in più rispetto a quanto indicato nella tabella perché spesso intervengono leggi (o condoni, sanatorie e sentenze) che allungano i termini di prescrizione.

Lo studio rimane a disposizione per ogni chiarimento e approfondimento di vostro interesse.

Per ogni ulteriore chiarimento, Vi invitiamo a contattare il Vostro professionista di riferimento

dello Studio.

Cordiali Saluti.

T. & P. Consulting S.r.l. T. & P. Consulting S.r.l. T. & P. Consulting S.r.l. T. & P. Consulting S.r.l.

A cura di Marco Tomassetti

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