L'istituto della Notifica tra presente e futuro

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L’Istituto della Notifica tra presente e futuro Proposte per migliorare, modificare e riformare l’istituto nell’ordinamento italiano Università IULM, Milano, 18 luglio 2012 Presentazione dei risultati dalla seconda indagine “Gli impatti economici della notifica nel mercato dell'arte italiano” Area Research Monte dei Paschi di Siena

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L’Istituto della Notifica tra presente e futuro

Proposte per migliorare, modificare e riformare l’istituto nell’ordinamento italiano

Università IULM,

Milano, 18 luglio 2012

Presentazione dei risultati dalla seconda indagine “Gli impatti economici della notifica nel mercato dell'arte italiano”

Area Research

Monte dei Paschi di Siena

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Indice

Obiettivi e premessa metodologica del report

Il Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n.42 - Codice dei beni culturali e del paesaggio

L’Istituto giuridico della “Notifica”

La genesi della “Notifica”: dall’antica Roma ai giorni nostri si tutela il patrimonio artistico

L’indagine: gli impatti economici della Notifica nell’arte Italiana

L’opportunità della “dichiarazione d’interesse culturale” come strumento di tutela del patrimonio artistico

Quanto vale un’opera “notificata”?

Gli svantaggi della “Notifica”: mercato nero e discrezionalità

Quando e per quanto tempo far valere la “Notifica”?

Migliorare l’attuale normativa o affidarsi alla “mano invisibile” del mercato?

L’esigenza di un registro dei beni notificati. Beni artistici immobiliari: si vuole una fiscalità agevolata.

Il patrimonio architettonico è meno meritevole di tutela?

Conclusioni

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0% 10% 20% 30% 40% 50%60%

Studiosi***

Collezionisti

Operatori-sell side**

52,4%(19,4%)

28,5%(48,7%)

19,1% (31,9%)

Nello specifico il nuovo questionario mira ad individuare le posizioni degli intervistati riguardo:

gli impatti economici della notifica nell’arte italiana,

come riformare la notifica nell’ordinamento italiano,

modifica del principio di tutela dei beni immobili.

La presente indagine segue quella condotta a marzo 2011* e si pone l’obiettivo di approfondire alcuni temi emersi durante la prima analisi riguardo i possibili impatti economici che l’istituto giuridico della “Notifica” determina sul mercato nazionale, come pure, proporre una serie di spunti di riflessione per rendere più flessibile la legislazione in materia ad oggi vigente in Italia.

Si riporta ancora una sintesi del decreto legislativo più recente che disciplina i meccanismi attuativi di questo istituto (d. leg. 42/2004), facendo una breve digressione storica sull’evoluzione della materia e sulle ragioni che hanno portato via via il Legislatore a disciplinare la proprietà privata di interesse culturale.

Rispetto alla precedente edizione, la presente indagine si compone di 14 domande a modalità chiusa. Le categorie di stakeholder interpellate rimangono immutate (Collezionisti, operatori sell side e studiosi), ma varia sensibilmente la composizione del campione di riferimento: il focus è rivolto alla categoria degli “studiosi”, in linea con lo scopo del report di proporre migliorie normative in materia. I rispondenti in questa indagine si dividono secondo le seguenti percentuali (tra parentesi le quote relative alla scorsa indagine):

Obiettivi e premessa metodologica del report

* “La Proprietà Dimezzata - L’Istituto della Notifica” , presentato a Roma il 24 marzo 2011, presso la sede dell’ABI, disponibile sul sito web: http://www.mps.it/Investor+Relations/ResearchAnalisis/Settori/MercatoArte/IndaginiPeriodiche/default.htm ** Operatori d’asta e galleristi *** Giuristi, accademici , curatori, specializzandi presso scuole di formazione e masteristi

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Il Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n.42 Codice dei beni culturali e del paesaggio

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L’Istituto giuridico della “Notifica”

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“In attuazione dell'articolo 9 della Costituzione, la Repubblica tutela e valorizza il patrimonio culturale.[…] La tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale concorrono a preservare la

memoria della comunità nazionale e del suo territorio e a promuovere lo sviluppo della cultura.”

I beni culturali che siano opera di autore non più vivente e la cui esecuzione risalga ad oltre cinquanta anni, sono sottoposti alla verifica della sussistenza dell'interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico da parte di competenti organi del Ministero, sulla base di indirizzi di carattere generale stabiliti dal Ministero medesimo al fine di assicurare uniformità di valutazione.

La Dichiarazione dell'interesse culturale accerta la sussistenza, nella cosa che ne forma oggetto, dell'interesse sopra citato. Mentre il procedimento è avviato da un soprintendente, la dichiarazione dell'interesse culturale è adottata dal Ministero e notificata al proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo della cosa che ne forma oggetto, tramite messo comunale o a mezzo posta raccomandata con avviso di ricevimento.

Avverso il provvedimento conclusivo della verifica o la dichiarazione è ammesso ricorso amministrativo al Ministero, per motivi di legittimità e di merito, entro trenta giorni dalla notifica della dichiarazione.

Il Ministero, la regione o gli altri enti pubblici territoriali interessati hanno il potere di intervenire nelle alienazioni a titolo oneroso e nei conferimenti di beni culturali di proprietà privata in società, esercitando il diritto di prelazione, al medesimo prezzo stabilito nell'atto di alienazione o al medesimo valore attribuito nell'atto di conferimento.

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L’Istituto giuridico della “Notifica”

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“Il controllo sulla circolazione internazionale è finalizzato a preservare l'integrità del patrimonio culturale in tutte le sue componenti e, […] con riferimento al regime della

circolazione internazionale, i beni costituenti il patrimonio culturale non sono assimilabili a merci.”

È vietata l'uscita definitiva dal territorio della Repubblica di gran parte dei beni culturali mobili oggetto di dichiarazione. L'interessato ha tuttavia l'onere di comprovare al competente ufficio di esportazione che le cose da trasferire all'estero sono opera di autore vivente o la cui esecuzione non risalga ad oltre cinquanta anni, secondo le procedure e con le modalità stabilite con decreto ministeriale.

Può essere autorizzata l'uscita temporanea dal territorio della Repubblica delle cose e dei beni culturali, per manifestazioni, mostre o esposizioni d'arte di alto interesse culturale, sempre che ne siano garantite l'integrità e la sicurezza. Non possono comunque uscire: i beni suscettibili di subire danni nel trasporto o nella permanenza in condizioni ambientali sfavorevoli e i beni che costituiscono il fondo principale di una determinata ed organica sezione di un museo, pinacoteca, galleria, archivio o biblioteca o di una collezione artistica o bibliografica.

Chi intende far uscire in via definitiva dal territorio della Repubblica i beni di interesse culturale deve farne denuncia e presentarli al competente ufficio di esportazione, indicando, contestualmente e per ciascuno di essi, il valore venale, al fine di ottenere l'attestato di libera circolazione. Avverso il diniego dell'attestato è ammesso, entro i successivi trenta giorni, ricorso al Ministero, per motivi di legittimità e di merito.

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La Notifica è un istituto conforme con i principi costituzionali di “tutela del patrimonio storico e artistico della Nazione” (art. 9 Costituzione), in quanto impedisce la fuga dei capolavori italiani all’estero. Una breve digressione storica può aiutare a capire le varie fasi, modalità e ragioni che hanno portato alla formulazione di una normativa a tutela del patrimonio culturale, definito come quell’insieme di beni, che per particolare rilievo storico culturale ed estetico sono di interesse pubblico e costituiscono la ricchezza di un luogo e della sua popolazione.

Già nella antica Roma si raccoglievano capolavori d’arte e testimonianze del glorioso passato, ma bisogna arrivare al XVII secolo per avere le prime e più significative forme d’intervento diretto del Governo Pontificio in materia di tutela delle ricchezze dell’arte e dei resti archeologici. L’editto del cardinale Pacca, risalente al 1820, è ritenuto il primo organico provvedimento legislativo di protezione artistica e storica, teso a rendere obbligatoria la registrazione dei delle diverse opere d’arte a livello territoriale. Al contrario, il Regno d’Italia trasfuse nello Statuto Albertino il proprio spirito liberista, sancendo che “tutte le proprietà, senza alcuna eccezione, sono inviolabili”. È solo negli ultimi anni dell’Ottocento che inizia a svilupparsi la crescente attenzione del legislatore italiano verso la protezione del patrimonio artistico. Questa crescente attenzione permane, anche nelle modifiche legislative che fino ad oggi si sono succedute.

Un passo epocale per l’Italia è rappresentato dalla attuazione della c.d. legge Bottai, (1939) che per prima distingue i beni del patrimonio culturale in: beni artistici, beni storici, beni architettonici,centri storici, archivi, musei, biblioteche. In tale norma il termine “notifica” si sostanziava in una comunicazione formale diretta a rendere noto al suo destinatario mediante un atto della Pubblica Amministrazione competente, il riconoscimento del “pregio” o dello “importante interesse” dell’oggetto d’arte o della “cosa d’antichità” in suo possesso.

L’impropria formulazione della “legge Bottai”è stata ormai superata dalla disposizioni del Codice dei beni culturali e del paesaggio (di cui a pagina 4).

La genesi della “Notifica”: dall’antica Roma ai giorni nostri si tutela il patrimonio artistico

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L’indagine: gli impatti economici della Notifica nell’arte

Italiana

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È stato chiesto agli intervistati un parere circa l’opportunità della “Notifica” come istituto atto ad evitare la fuga dei capolavori italiani all’estero. Come evidenziato dal grafico sotto riportato, le opinioni a riguardo pendono nettamente verso l’opportunità di tale forma di tutela mentre nella precedente indagine il pool di intervistati si spaccava quasi a metà, con una lieve maggioranza a favore di una salvaguardia delle opere italiane (52,4% vs 47,6%). E’ indubbio che la dichiarazione d’interesse culturale di un’opera d’arte sia stata introdotta anche per scoraggiare la fuoriuscita dei beni culturali, anche se lo scopo primario di tale istituto è quello di permettere allo Stato Italiano di sottoporre a tutela (e acquisire) un bene “di interesse culturale” anche se questo non è minacciato da esportazione.

Ritiene la Notifica un istituto opportuno?

0,0%

20,0%

40,0%

60,0%

80,0%

100,0%

SI NO

97,7%

2,3%

La notifica funge da deterrente nel prestare/esporre?

0,0%

10,0%

20,0%

30,0%

40,0%

50,0%

SI NO

72,7%

27,3%

Dall’indagine si rileva che il 97,7% (in linea con il 78,6% della precedente edizione) degli intervistati ritiene che la “Notifica” funga da deterrente per i collezionisti, i quali eviterebbero di prestare o esporre le proprie opere nel timore che queste vengano poi dichiarate di interesse culturale e quindi penalizzate nella commercializzazione e nella loro valorizzazione. Tale indicazione era già ampliamente emersa anche nella precedete indagine (78,6% vs 21,4%). Va precisato che l’attuale normativa supera l’impropria formulazione del concetto di “Notifica” espresso nella “Legge Bottai”, distinguendo tra attività di accertamento dell’interesse e la successiva comunicazione (Notifica in senso stretto): è dunque più corretto parlare di “beni dichiarati d’interesse culturale” che di “beni notificati”.

L’opportunità della “dichiarazione d’interesse culturale” come strumento di tutela del patrimonio artistico

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Quanto vale un’opera “notificata”?

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Per quanto riguarda invece le opere di fascia media, il 58,1% (in linea con il 56,0% dell’anno precedente) dei rispondenti vede nella Notifica di opere dal mercato locale una sorta di certificazione di valore da parte dello Stato, ammettendo possibili effetti positivi sui prezzi, mentre il restante 41,9% del campione ritiene alternativamente che 1) il mercato sia di per se efficiente nella determinazione del valore, 2) l’atteso incremento del valore resta comunque inferiore al costo della “certificazione” dell’opera stessa, 3) mancando un registro ufficiale e condiviso delle opere notificate, tale “certificazione” non può trasferirsi nel valore.

Il controllo sulla circolazione internazionale è finalizzato a preservare l'integrità del patrimonio culturale in tutte le sue componenti (d. leg. 42/2004). La limitazione di trasferimento fa sì che le opere “notificate” vengano tagliate fuori dal mercato internazionale, ciò conduce ad un’inevitabile svalutazione del valore dell’opera stessa.

Anche nella presente indagine, la maggioranza del campione (82% vs 90,3% della scorsa edizione) ritiene che la “Notifica” abbia un impatto economico sulle opere di fascia elevata. Ben il 27,5% ritiene che l’impatto sia superiore al 40% del valore, mentre solo il 17,6% (10,7% scorsa edizione) ritiene che tale impatto sia nullo.

A prescindere dall’entità di tale svalutazione, è indubbio che il mercato (sia nella componente dei collezionisti che in quella degli studiosi) attribuisce un effetto negativo all’applicazione della “dichiarazione di interesse culturale”. Questa percezione diffusa si traduce inevitabilmente in una reale debolezza del mercato dell’arte italiano.

0,0% 10,0% 20,0% 30,0%

0-10%

10-20%

20-30%

30-40%

OLTRE IL 40%

NULLA

2,0%

11,8%

23,5%

17,6%

27,5%

17,6%

Per opere di fascia media, la notifica può avere effetti positivi sul prezzo ?

Quale impatto in termini di svalutazione su opere di elevato valore?

0,0%

20,0%

40,0%

60,0%

SI

NO

58,1%

41,9%Per il 82,4% la Notifica ha

impatto economico

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SI88,6%

NO 11,4%

La notifica favorisce il mercato nero? Segue criteri di valutazione oggettivi?

0,0%

20,0%

40,0%

60,0%

80,0%

100,0%

SINO

SI11,9%

NO88,1%

pag. 11

Se i principi teorici che ispirano l’istituto della Notifica sono in gran parte condivisi, viene unanimemente bocciata l’applicazione dello stesso negli anni, anche nella presente indagine. Emergono, altresì, considerazioni sulla mancanza di criteri oggettivi sanciti per legge per stabilire se un’opera meriti o meno la Dichiarazione di interesse culturale e quindi il divieto di espatrio. L’88,1% del campione (perfettamente il linea con l’84,5% dello scorso anno) ritiene che la dichiarazione è segnata da un elevato grado di discrezionalità sia a livello di sovraintendenze che a livello di ministero. Una volta accertato l’interesse culturale (ma i margini discrezione sono troppo ampi tra le sovraintendenze), il ministero non potrebbe astenersi dal dichiararlo. In realtà l’accertamento implica sempre un livello di opinabilità e la mancanza di un registro condiviso impedisce la formazione di una prassi condivisa da seguire *.

Oltre alle critiche riguardanti la discrezionalità lasciata alle Sovraintendenze, si rileva il bisogno di istituire un organo competente e preparato al quale poter far ricorso, che non sia il Tribunale Amministrativo come previsto da Decreto. I Giudici amministrativi non sono, infatti, tenuti ad essere preparati in materia d’arte e normalmente non contrastano le decisioni del Ministero dei Beni Culturali.

Rispetto alla precedente edizione, cresce anche il numero degli intervistati che ritiene che l’istituto della “Notifica” favorisca la fuoriuscita illegale di opere d’arte: ad oggi l’88,6% dei rispondenti, contro il 78,6% dell’anno scorso. Il restante 11,4%, invece, non crede che la Notifica possa favorire il mercato nero, considerando quest’ultimo un problema che esisterebbe a prescindere.

Coloro che sostengono la prima ipotesi considerano l’esistenza di una qualunque forma di norma protezionistica come di per sé causa dell’implementazione di espedienti per raggirarla.

Gli svantaggi della “Notifica”: mercato nero e discrezionalità

* Il Codice dei beni culturale (art. 12, comma 2) sancisce che “I competenti organi del Ministero, d'ufficio o su richiesta formulata dai soggetti cui le cose appartengono e corredata dai relativi dati conoscitivi, verificano la sussistenza dell'interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico nelle cose di cui al comma 1, sulla base di indirizzi di carattere generale stabiliti dal Ministero medesimo al fine di assicurare uniformità di valutazione.” Le cose di cui al comma 1 sono i beni dell'art. 10, comma 1: Sono beni culturali le cose immobili e mobili appartenenti allo Stato, alle regioni, agli altri enti pubblici territoriali, nonché ad ogni altro ente ed istituto pubblico e a persone giuridiche private senza fine di lucro, ivi compresi gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico. Il riferimento ai beni di proprietà privata (a fini di lucro) compare però all'art. 10, commi 3-4. Pertanto gli "indirizzi di carattere generale" servono unicamente per verificare l'interesse culturale dei beni di proprietà pubblica o appartenenti a soggetti privati che non perseguono un lucro, e non per dichiarare l'interesse culturale di beni di privati. Infatti il decreto 27 settembre 2006 "definisce i criteri e le modalità per la verifica dell’interesse culturale dei beni mobili appartenenti allo Stato, alle regioni, agli altri enti pubblici territoriali, nonché ad ogni altro ente ed istituto pubblico e a persone giuridiche private senza fine di lucro". Pertanto, non ci sono criteri "di carattere generale" stabiliti per notificare l'interesse culturale di un bene in mano a privati.

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42%

26%

9%

9%14%

NO Si 10 anni Si 15 anni Si 20 anni Si 25 anni

50,0%

13,6%

11,4%

9,1%

15,9%

SI NO, Abolire la notifica per le opere successive al 1940

NO, Abolire la notifica per le opere successive al 1910 NO, Abolire la notifica per le opere successive al 1800

NOTIFICA ABOLITA

Quando e per quanto tempo far valere la “Notifica”?

pag. 12

Il vincolo temporale dei 50 anni è corretto/ragionevole?

Sarebbe auspicabile il carattere temporaneo della Notifica?

Il limite temporale della “Notifica” oggi esistente, che si concretizza nella tutela di opere di autori non più viventi la cui esecuzione risale ad oltre cinquant’anni, è stato così fissato per demarcare il confine tra le opere d’arte contemporanea e opere d’arte appartenenti a periodi più remoti. Il fine è quello di garantire la circolazione delle opere d’arte contemporanea, tuttavia il limite vigente non risulta efficiente a tal fine infatti decorsi cinquant’anni dalla loro realizzazione anch’esse possono essere soggette a “Notifica”.

Per le ragioni sopra esposte si è proposto agli intervistati di esprimersi sulla correttezza/ragionevolezza del vincolo temporale della “Notifica”. Il campione si è schierato per il 50% a favore della situazione odierna (contro il 21,4% della scorsa edizione) mentre il restante 50% ritiene opportuno modificare tale limite temporale, tra questi ultimi il 15,9% abolirebbe l’istituto della notifica (nella precedente analisi la percentuale era di 39,3%) mentre il 13,6% del campione ritiene che il vincolo temporale debba essere spostato al 1940.

Per quel che concerne, invece, il carattere temporaneo della “Notifica” il 58,1% dei rispondenti si è espresso in suo favore, auspicando la possibilità di una nuova valutazione e dichiarazione dell’opera “notificata”. Tra questi la maggioranza, il 25,6%, ritiene come limite temporale opportuno 10 anni.

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Accertate alcune criticità che oggi il mercato dell’arte attribuisce alla “Notifica” , l’indagine si concentra nella ricerca di possibili alternative alla stessa.

L’alternativa più accreditata, secondo il 41,9% del campione, consiste, nel caso di vendita all’estero di un’opera “notificata” nell’implementazione di un’asta di durata massima sei mesi al fine di trovare un acquirente interno (sia esso un soggetto pubblico o privato). Se al termine dei sei mesi l’asta non ha prodotto il risultato sperato, l’opera può uscire dai confini nazionali. Il 14,0% del campione (in linea con il 14,3% della scorsa edizione) si schiera a favore di una normativa completamente liberista. Questa soluzione ancorché risponde alle esigenze della libera circolazione richiesta dal mercato non sarebbe compatibile con l’art. 9 della Costituzione. Il 44,2% del campione si esprime a favore del mantenimento della normativa vigente seppur con delle migliorie che si sostanziano 1) nel 18,6% dei casi nell’acquisto da parte dello Stato delle opere notificate e 2) nel 25,6% dei casi nel predisporre un “indennizzo” per la notifica al privato possessore dell’opera.

Migliorare l’attuale normativa o affidarsi alla “mano invisibile” del mercato?

pag. 13

Per il 72,7% del campione una possibile forma di compensazione della “Notifica” è ravvisabile nella detrazione totale dall’imponibile dell’acquisto di beni “notificati”.

0,0%

20,0%

40,0%

60,0%

80,0%

SI

NO

72,7%

27,3%

41,9%

25,6%

14,0%

18,6%

In caso di vendita all'estero aprie un'asta per trovare un acquirente "interno"

Attuale con "indennizzo" per la notifica

Normativa liberista

Attuale con acquisto da parte dello Stato delle "opere notificate"

Quale alternativa alla notifica? E' opportuno prevedere detrazione totale per i beni notificati?

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pag. 14

Dall’indagine, infine, emerge con forza la necessità di maggior trasparenza sui beni sottoposti a “notifica”. Il 97,7% del

campione (in linea con l’85,7% della scorsa edizione) riterrebbe opportuno rendere fruibile al pubblico un archivio generale dei beni notificati consultabile online. Solo una minoranza non ritiene, al contrario, necessario un intervento in tal senso.

L’esigenza di un registro dei beni notificati. Beni artistici immobiliari: si vuole una fiscalità agevolata.

E' opportuno prevedere totale esenzione per i beni artistici ed ambientali di natura

immobiliare?

SI

61,4%

NO

38,6%

E’ opportuno un archivio generale dei beni notificati consultabile online?

0,0%

20,0%

40,0%

60,0%

80,0%

100,0%

SI NO

97,7%

2,3%

Per controbilanciare gli “effetti collaterali” dell’applicazione dell’istituto della notifica, si è proposto agli intervistati di prevedere anche per i beni artistici ed ambientali di natura immobiliare la totale esenzione da imposte e tasse. Il 61,4% del campione si è dichiarato favorevole alla soluzione proposta contro il 38,6% dei contrari.

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Sapete che la tutela del patrimonio architettonico di proprietà pubblica è

slittata da 50 a 70 anni?

Pensate che la tutela di un bene architettonico sia meno importante di

quella di un'opera d'arte?

0,0%

20,0%

40,0%

60,0%

80,0%

SI NO

25,0%

75,0%

0,0%

50,0%

100,0%

SI NO

4,4%

95,6%

Il patrimonio architettonico è meno meritevole di tutela?

L’art. 4 co. 16 del Decreto Legge sullo sviluppo D.L. 13 maggio 2011 n. 70, approvato dalla Commissione Studi Civilistici dell’8 giugno 2011, ha introdotto modifiche agli artt. 10 co. 5, 12 co. 1 e 54 co. 2 lett. a) del D.Lgs 22/01/2004, n. 42 (Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio), portando da cinquanta a settanta anni il periodo temporale occorrente ai fini della presunzione dell’interesse culturale degli immobili appartenenti alle amministrazioni pubbliche o alle persone giuridiche private senza scopo di lucro, ivi compresi gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti.

La finalità sottesa nel comma sembrerebbe quella di riconoscere massima attuazione al federalismo demaniale. In questo modo si sottrae al meccanismo dell’art. 5, comma 5, del d.lgs. 85 del 2010 (che prevede la necessità di un apposito accordo di valorizzazione con il Ministero per i beni e le attività culturali) una ampia quantità di immobili statali o di enti pubblici non economici realizzati subito dopo la II Guerra Mondiale e quasi sempre privi di effettivo interesse culturale. Non rientrando nella categoria di "beni culturali”, essi sono dunque alienabili.

Solo il 25% del campione è a conoscenza di tale modifica alla disciplina che viene condivisa solo dal 4,4% dei rispondenti, i quali sostengono che le opere architettoniche, data la loro natura di beni immobiliari, non sarebbero minacciate dall’espatrio.

Il 95,6% del campione, invece, non ritiene che i beni artistici immobiliari siano meno meritevoli di tutela, ravvisando nella modifica la finalità di risanare le casse dello Stato attraverso l’alienazione di taluni edifici.

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Conclusioni

pag. 16

Le opinioni riguardo l’adeguatezza dell’istituto della “Notifica” pendono nettamente verso l’opportunità di tale forma di tutela mentre nella precedente indagine il pool di intervistati si spaccava quasi a metà. E’, infatti, indubbio che la dichiarazione d’interesse culturale di un’opera d’arte sia stata introdotta anche per scoraggiare la fuoriuscita dei beni culturali.

La maggioranza del campione (82%) ritiene che la “Notifica” abbia un impatto economico sulle opere di fascia elevata: ben il 27,5% ritiene che l’impatto sia superiore al 40% del valore, mentre solo il 17,6% ritiene che tale impatto sia nullo. A prescindere dall’entità di tale svalutazione, è indubbio che il mercato attribuisce un effetto negativo all’applicazione della “dichiarazione di interesse culturale”.

Cresce anche il numero degli intervistati che ritiene che l’istituto della “Notifica” favorisca la fuoriuscita illegale di opere d’arte: ad oggi l’88,6% dei rispondenti, contro il 78,6% dell’anno scorso.

Se i principi teorici che ispirano l’istituto della Notifica sono in gran parte condivisi, viene unanimemente bocciata l’applicazione dello stesso negli anni, anche nella presente indagine. Emergono, altresì, considerazioni sulla mancanza di criteri oggettivi sanciti per legge per stabilire se un’opera meriti o meno la Dichiarazione di interesse culturale e quindi il divieto di espatrio.

Per quel che concerne il limite temporale della “Notifica” oggi esistente, che si concretizza nella tutela di opere di autori non più viventi la cui esecuzione risale ad oltre cinquant’anni, il campione si è schierato per il 50% a favore della situazione odierna mentre il restante 50% ritiene opportuno modificare tale limite temporale, tra questi ultimi il 15,9% abolirebbe l’istituto della notifica.

L’alternativa alla “notifica” più accreditata, secondo il 41,9% del campione, consiste, nel caso di vendita all’estero di un’opera “notificata”, nell’implementare un’asta di durata massima sei mesi al fine di trovare un acquirente interno. Se al termine dei sei mesi l’asta non ha prodotto il risultato sperato, l’opera può uscire dai confini nazionali.

Dall’indagine, infine, emerge con forza la necessità di maggior trasparenza sui beni sottoposti a “notifica”. Il 97,7% del campione riterrebbe opportuno rendere fruibile al pubblico un archivio generale dei beni notificati consultabile online. Solo una minoranza non ritiene, al contrario, necessario un intervento in tal senso.

Solo il 25% del campione è a conoscenza della modifica al Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio che porta da cinquanta a settanta anni il periodo temporale occorrente ai fini della presunzione dell’interesse culturale degli immobili e solo il 4,4% dei rispondenti la ritiene condivisibile.

Page 17: L'istituto della Notifica tra presente e futuro

pag. 17

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Contatti

Autori della Pubblicazione Pietro Ripa Dirigente Addetto area Research & Investor Relations Email: [email protected] Tel:+39 0577-298886 Si ringrazia Sabrina Famularo per la preziosa collaborazione alla realizzazione del report Si ringrazia inoltre per la preziosa consulenza il pool di esperti interpellato composto da: Filippo Cavazzoni, Martha Friel, Giancarlo Graziani, Giulio Volpe, Michela Cocchi, Marilena Pirrelli e Federico Pontiroli

Responsabile Area Pianificazione Strategica, Research & Investor Relations

Alessandro Santoni, PhD

Email: [email protected]

Tel:+39 0577-293753

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