Terapie con Cellule Staminali per le Malattie...

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Terapie con Cellule Staminali per le Malattie Neurodegenerative Sala Zuccari - Palazzo Giustiniani Senato della Repubblica Roma, 10 novembre 2015 evento promosso e organizzato dal consorzio europeo di ricerca Neurostemcellrepair coordinato da Università degli Studi di Milano

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Terapie con Cellule Staminali

per le Malattie Neurodegenerative

Sala Zuccari - Palazzo GiustinianiSenato della Repubblica

Roma, 10 novembre 2015

evento promosso e organizzatodal consorzio europeo di ricerca

Neurostemcellrepaircoordinato da

Università degli Studi di Milano

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Questo incontro pubblico segue un evento scientifico organizzato dal consorzio europeo Neurostemcellrepair (2013-17), i cui ricercatori si sono riuniti l’8 e 9 Novembre, a Roma, insieme a colleghi di altri istituti e consorzi internazionali per condividere, finalizzare e rafforzare gli studi e i risultati prima della loro pubblicazione nella direzione dell’impiego di staminali per il Parkinson e altre malattie neurodegenerative. All’incontro hanno partecipato i seguenti ricercatori provenienti da 5 Paesi nel mondo e 15 differenti Istituti di Ricerca: Ernest Arenas (Svezia), Roger Barker (Gran Bretagna), Abdellatif Benraiss (U.S.A.), Dario Besusso (Italia), Ida Biunno (Italia), Anders Björklund (Svezia), Andreas Bosio (Germania), Vania Broccoli (Italia), Oliver Brüstle (Germania), Annalisa Buffo (Italia), Elena Cattaneo (Italia), Paola Conforti (Italia), Charles ffrench-Constant (Gran Bretagna), Pasquale De Blasio (Italia), Jonas Doerr (Germania), Steve Dunnett (Gran Bretagna), Andrea Faedo (Italia), Claire Henchcliffe (U.S.A.), Catherine Jomary (Gran Bretagna), Mariah Lelos (Gran Bretagna), Meng Li (Gran Bretagna), Malin Parmar (Svezia), Daniella Rylander (Svezia), Alessandro Vercelli (Italia).

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Indice Testo introduttivo di Charles Sabine 5 Programma 6 Introduzione ai lavori 9 Cosa sono le malattie neurodegenerative? 11 I consorzi europei, fare insieme, fare prima, per la collettività 15 I trapianti con le cellule staminali embrionali umane per le

malattie di Parkinson e Huntington e l’approccio del consorzio di ricerca europeo Neurostemcellrepair 17

I trapianti con le cellule fetali dopaminergiche e l’approccio del consorzio di ricerca europeo Transeuro 19

Gforce – un’alleanza planetaria per il Parkinson 21 Cellule staminali in biologia e nella medicina rigenerativa 23 Cronologia essenziale della ricerca sulle cellule staminali e

della regolamentazione dei trattamenti con farmaci 32 Elenco dei relatori e cenni biografici 40 Selezione di articoli e interviste apparsi sulla stampa 53 Glossario 66

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Nancy Wexler, neuropsicologa e ricercatrice – pioniere nello studio dell'Huntington, con un ragazzo affetto dalla malattia, Venezuela – anni 80’

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Testo introduttivo di Charles Sabine Per generazioni le famiglie come la mia hanno sofferto la totale mancanza di trattamenti in grado di prevenire o rallentare i devastanti effetti che la Còrea di Huntington porta con sé. Oggi, uno sforzo collaborativo senza precedenti, che travalica i confini delle discipline scientifiche ha acceso la prima reale speranza di una terapia per il futuro. La Còrea di Huntington mette a dura prova lo spirito, perché sprofonda la speranza in un vortice. Eppure, questo stesso spirito non ne è mai uscito sconfitto perché il meglio dell’umanità lo circonda. L’infinita pazienza degli affetti, la straordinaria devozione dei ricercatori e dei medici, tutto questo è frutto del desiderio istintivo e della necessità degli uomini di dedicarsi e cercare di migliorare le condizioni di salute di pazienti e cari. Questo è il campo di battaglia su cui le più grandi qualità dello spirito umano brillano maggiormente, e così facendo, ci regalano ogni ragione di esistere. Il diritto alla salute dei malati e la tensione spesa nel tentativo di assicurare loro una vita migliore non è meno sacra del diritto di generare. Nessuno e nessuna organizzazione può ergersi ad autorità morale se si frappone al raggiungimento di obiettivi di chi potrebbe offrire una migliore qualità di vita. Più di una dozzina di guerre, cinque rivoluzioni, quattro terremoti e più attacchi suicidi di quanti ne possa contare mi hanno condotto a una cruda verità sull’umanità: gli esseri umani perdono la propria bussola morale – il proprio equilibrio sociale – quando vengono privati di due cose: la dignità e la speranza. La privazione della dignità con la quale la Corea di Huntington ha colpito mio padre, non era né più né meno vivida di quella di ciascun altro malato. Mio padre, il fiero soldato di una volta ora vede amici e familiari trasalire ogni volta che il suo corpo e la sua mente si torcono fino a divenire irriconoscibili. Mia madre, i cui polsi si sono entrambi rotti nel sollevarlo ogni giorno, prima che trovasse nella morte il beato sollievo dal tubo che lo alimentava. E dunque che ne è della speranza? Le nostre famiglie Huntington ne hanno? La risposta è nelle mani dei ricercatori, i custodi della scienza, e in quelle dei Parlamenti, dei Governi e delle Confessioni che disporranno dei modi in cui le nostre società si prenderanno cura degli infermi nel XXI secolo. Nessuno dovrebbe sottovalutare ciò che la ricerca significa per le famiglie nel mondo che soffrono di malattie incurabili, famiglie che scrutano ogni angolo di giornali, TV e siti internet alla ricerca del più piccolo frammento di notizia dai laboratori. In un mondo di completa oscurità, il più indistinto barlume di luce rincuora e ci permette di andare avanti. Abbiamo un debito di gratitudine nei confronti di coloro che hanno il coraggio di non piegarsi di fronte ai dogmi e che dovrebbero essere oltremodo fieri di spingere le frontiere della medicina sempre in avanti grazie anche alla ricerca con le cellule staminali. Per conto di quella generazione di malati di Huntington che ancora deve nascere, e per conto di coloro che se ne prenderanno cura, vorrei dire a questi pionieri: grazie.

Charles Sabine per 25 anni corrispondente di guerra per la NBC News,

Rappresentante della Comunità dei malati Huntington, UK

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Programma Sala Zuccari, Palazzo Giustiniani - Senato della Repubblica Roma, 10 novembre 2015

Terapie con Cellule Staminali per le Malattie Neurodegenerative Programma dei lavori della mattinata Apertura 9.00 – 9.30 Saluti delle Autorità presenti Elena Cattaneo e Anders Björklund Prospettiva storica dei trapianti cellulari per le malattie neurodegenerative Università degli Studi di Milano, Senato della Repubblica, IT Lunds Universitet, SE I – Ricerca per i pazienti 9.30 – 9.55 Charles Sabine Perché i pazienti necessitano di OGNI progresso scientifico Corrispondente di guerra NBC News Rappresentante della Comunità dei malati Huntington, UK 9.55 - 10.20 Roger Barker Terapie con le cellule staminali per il Parkinson nel 2015 University of Cambridge, UK 10.20 – 10.45 Tom Isaacs Le percezioni dei pazienti: fatti, finzioni e l’importanza della comunicazione The Cure Parkinson’s Trust, UK 10.45 – 11.10 Coffee Break II – Nuove tecnologie e nuove regole. Dove si situa l’Europa nel XXI secolo? 11.10 – 11.35 Oliver Brüstle Cellule staminali da pazienti per studiare i meccanismi della malattia Universitätsklinikum Bonn, DE

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11.35 – 12.00 Ruxandra Draghia-Akli Ricerca e innovazione per la salute – Una priorità dell’Unione Europea Directorate Health, DG Research and Innovation, European Commission, BE 12.00 – 12.25 Guido Panté Dai test clinici all’autorizzazione alla vendita attraverso le necessità dei pazienti: l’approccio italiano ai prodotti medicinali per le terapie avanzate Agenzia Italiana del Farmaco, IT 12.25 – 14.00 Pausa lavori Programma dei lavori pomeridiano III – Malattie Neurodegenerative: le nuove frontiere delle cellule staminali e della medicina rigenerativa 14.00 – 14.25 Vania Broccoli Riprogrammazione cellulare diretta: dalla ricerca di base alle nuove terapie CNR-Institute of Neuroscience/Istituto Scientifico San Raffaele, IT 14.25 – 14.50 Malin Parmar Generare nuovi neuroni per riparare le lesioni cerebrali Lunds Universitet, SE 14.50 – 15.15 Gianvito Martino Plasticità terapeutica delle cellule staminali neurali nelle malattie neurologiche Istituto Scientifico San Raffaele, IT 15.15 – 15.40 Giuseppe Testa Uno sguardo molecolare alle terapie personalizzate: ripensare l’innovazione in medicina con le cellule staminali Università degli Studi di Milano, Istituto Europeo di Oncologia, IT 15.40 – 16.00 Considerazioni conclusive e chiusura lavori L’evento si svolge in lingua inglese con servizio di traduzione simultanea.

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Diagramma che illustra le reti di ricerca scientifica e le collaborazioni sulle staminali tra i principali istituti di ricerca nel mondo

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Introduzione ai lavori Negli ultimi anni, la ricerca sulle malattie neurodegenerative ha reso possibile scoperte in grado di sviluppare approcci di medicina rigenerativa con le cellule staminali embrionali umane per il potenziale trattamento terapeutico di malattie quali il Parkinson. È stato infatti dimostrato che esse possono generare neuroni autentici, la cui qualità e quantità non è paragonabile e ottenibile da nessuna altra staminale. Questo genere di scoperta non sarebbe stata possibile, o si sarebbe prodotta molto più lentamente, in assenza di un coordinamento della ricerca a livello internazionale e intercontinentale. Riveste una grande importanza in tal senso, l’operato congiunto delle istituzioni a livello Europeo, poiché in gioco vi è la lotta contro la sofferenza dei malati. Risulta cruciale non abbandonare gli studi sulle cellule staminali e sulle loro potenzialità ora che sono state sviluppate e consolidate le strategie per istruirle in modo millimetrico affinché divengano il tipo di cellula specializzata del corpo di cui si ha necessità. Tra i diversi tipi di cellule staminali che potranno essere utili nelle diverse applicazioni di medicina rigenerativa, le cellule staminali embrionali si distinguono perché sono le uniche in grado di generare i neuroni che muoiono, per esempio, nel Parkinson o nell’Huntington. Lo fanno seguendo un percorso di sviluppo in vitro che deve mimare, il più fisiologicamente possibile, il normale sviluppo neuronale umano. Far sì che ciò avvenga è oggetto del lavoro dello studio degli scienziati. Poiché nessuna strada razionale viene lasciata intentata, alcuni studi sfruttano l’espressione forzata di alcuni marcatori neuronali per convertire cellule del cordone in neuroni, riuscendoci anche se la qualità, solidità e funzionalità delle cellule ottenute resta sotto la lente dell’indagine scientifica. Altri studiosi analizzano le potenzialità delle staminali di rilasciare molecole anti-infiammatorie. Ogni laboratorio, ciascuno con le proprie competenze, contribuisce ad aggiungere un pezzo di conoscenza nel complesso studio finalizzato alla comprensione e riparazione di un tessuto danneggiato. È grazie a questo sforzo planetario congiunto che si risparmiano risorse, tempo, si alimenta la speranza. I parlamenti nazionali e quello europeo e le istituzioni che finanziano la ricerca hanno il potere di decidere del destino di finanziamenti ingenti e degli sforzi per la conoscenza realizzati dalla comunità scientifica internazionale per il futuro delle società. Questo potere reca con sé la responsabilità di decidere delle speranze di chi oggi soffre, speranze alle quali si vuole rispondere continuando a impiegare i pensieri, i talenti, la creatività e la volontà di condividere per aumentare le possibilità di successo.

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Immagine tridimensionale del cervello umano

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Cosa sono le malattie neurodegenerative? Le malattie neurodegenerative costituiscono un insieme di patologie a carico del sistema nervoso centrale caratterizzate da un processo cronico e selettivo di morte cellulare dei neuroni, le cellule specializzate del sistema nervoso. Il deterioramento neuronale è causa di un inevitabile danno delle funzioni cerebrali che si manifesta, a seconda del tipo di malattia, con deficit cognitivi, demenza, alterazioni motorie e disturbi comportamentali, più o meno gravi. Anche se la sintomatologia e alcune fasi della progressione patologica sono spesso sovrapponibili, si distinguono tuttavia patologie ben definite, tra cui si annoverano il morbo di Parkinson, la malattia di Alzheimer, la malattia di Huntington, la sclerosi laterale amiotrofica. Il morbo di Parkinson, dal nome del medico inglese che per primo la descrisse nel 1817, si deve alla degenerazione dei neuroni della substantia nigra, una particolare regione del cervello importante per la produzione di dopamina. L’assenza di questo neurotrasmettitore ha profonde ripercussioni su comportamento, cognizione e movimento involontario. I soggetti affetti da morbo di Parkinson manifestano tremore, rigidità, lentezza dei movimenti e instabilità di posizione. La malattia è presente in tutto il mondo ed in tutti i gruppi etnici. Si riscontra in entrambi i sessi, con una lieve prevalenza, forse, in quello maschile, con un’età media di esordio intorno ai 58-60 anni. La patologia può presentare occasionalmente un esordio giovanile tra i 21 ed i 40 anni. La malattia di Alzheimer pregiudica progressivamente la funzionalità delle cellule cerebrali, rendendo a poco a poco l'individuo che ne è affetto incapace di una vita normale e provocandone alla fine la morte. La malattia è dovuta a una diffusa distruzione di neuroni, principalmente attribuita alla proteina beta-amiloide che, depositandosi tra i neuroni, agisce come una sorta di collante, inglobando placche e grovigli “neurofibrillari”. In Italia ne soffrono circa 492 000 persone e 26,6 milioni nel mondo secondo uno studio americano. Anche se il decorso clinico della malattia di Alzheimer è in parte specifico per ogni individuo, la patologia causa diversi sintomi comuni alla maggior parte dei pazienti, tra cui l'incapacità di acquisire nuovi ricordi, la difficoltà nel ricordare eventi osservati recentemente, confusione, irritabilità e aggressività, sbalzi di umore, difficoltà nel linguaggio. La còrea di Huntington è una malattia genetica neurodegenerativa ad insorgenza tardiva che colpisce la coordinazione muscolare e porta ad un declino cognitivo. La mutazione della proteina Huntingtina, coinvolta nel processo di sviluppo del sistema nervoso, porta alla distruzione delle cellule di

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una particolare regione del cervello, definita striato, nota per il suo ruolo nella pianificazione e nella modulazione dei movimenti e coinvolta in una varietà di processi cognitivi che coinvolgono la funzione esecutiva. I primi sintomi esordiscono tipicamente tra i 35 e i 44 anni, con sottili problemi di umore o di cognizione, a cui segue una generale mancanza di coordinazione e un’andatura instabile. Con l’avanzare della malattia, i movimenti non coordinati del corpo diventano sempre più evidenti e si accompagnano ad un netto calo delle capacità mentali con problemi comportamentali e psichiatrici, che determinano un’aspettativa di vita generalmente non superiore ai 20 anni dall’insorgenza dei primi sintomi. La sclerosi laterale amiotrofica (SLA) colpisce i motoneuroni, cioè le fibre nervose che collegano il sistema nervoso ai tessuti muscolari, provocando una paralisi progressiva dei muscoli, volontari e involontari. Le origini della SLA sono ancora in fase di studio, trattandosi di una patologia la cui insorgenza dipende da una serie di concause, tra cui una probabile predisposizione genetica, la carenza di alcuni fattori di crescita neuronali e la possibile esposizione ad agenti tossici. La SLA colpisce circa una persona su 20mila, con una incidenza di circa 1000 nuovi casi all’anno in Italia. La sclerosi multipla (SM) è una malattia neurodegenerativa con lesioni a carico del sistema nervoso centrale. Alla base della SM dunque vi è un processo di demielinizzazione che determina danni o perdita della mielina e la formazione di lesioni (placche) che possono evolvere da una fase infiammatoria iniziale a una fase cronica, in cui assumono caratteristiche simili a cicatrici, da cui deriva il termine «sclerosi». La SM può esordire a ogni età della vita, ma è diagnosticata per lo più tra i 20 e i 40 anni e nelle donne, che risultano colpite in numero doppio rispetto agli uomini. Per frequenza è la seconda malattia neurologica nel giovane adulto e la prima di tipo infiammatorio cronico. La causa o meglio le cause sono ancora in parte sconosciute, tuttavia la ricerca ha fatto grandi passi nel chiarire il modo con cui la malattia agisce, permettendo così di arrivare a una diagnosi e a un trattamento precoce che consentono alle persone con SM di mantenere una buona qualità di vita per molti anni. La SM è complessa e imprevedibile, ma non riduce l’aspettativa di vita, infatti la vita media delle persone ammalate è paragonabile a quella della popolazione generale. Al momento, non esiste una cura per le malattie neurodegenerative ma sono disponibili trattamenti farmacologici in grado di contrastarne alcuni sintomi. Lo sforzo della comunità scientifica è quello di comprendere i meccanismi molecolari alla base di queste patologie, al fine di intervenire con nuovi approcci terapeutici anche genetici. Lo studio delle cellule staminali e

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l’avvento di nuove metodiche in grado di indurne il differenziamento neuronale, sta avendo in questi anni un notevole impatto in questo senso, offrendo la prospettiva di trapianti di cellule sane e perfettamente funzionali, in grado di sostituire quelle malate. Tuttavia, è bene ricordare che, come per ogni esplorazione di ciò che non si conosce, nessuno può fornire garanzie di successo prima della disponibilità delle prove. E’ quindi doveroso perseguire ogni ambito della ricerca alla sola condizione che si tratti di studi razionali, verificabili e metodologicamente appropriati.

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I consorzi europei Fare insieme, fare prima, per la collettività La biologia non è come la meccanica. Per capire il comportamento delle cellule sane e di quelle malate, dobbiamo studiare come rispondono ai differenti stimoli e nei diversi ambienti, a partire dai primi istanti della vita. È importante comprenderne i meccanismi di sviluppo che le accompagneranno per tutto il ciclo vitale. Le cellule staminali rappresentano il portone d’ingresso alla comprensione di come ci formiamo e di come i nostri tessuti ad un certo punto degenerano ed è per questo motivo che sono al centro del panorama degli investimenti in ricerca di tutti i Paesi industrializzati. Rappresentano altresì una grande opportunità di ricerca per il potenziale trattamento di malattie oggi incurabili. Ne consegue che da molti anni ormai, la Commissione Europea supporta la ricerca e l’innovazione promuovendo le collaborazioni internazionali che nascono nei consorzi di ricerca. Imprese dalla vita breve e il cui impatto si riverbera invece molto a lungo: i consorzi di ricerca europei riuniscono scienziati di tutto il mondo, leader comprovati in settori che l’Unione ritiene strategici, sia nel settore delle ricerche pubbliche, sia in quello industriale e della piccola e media impresa private. Per un numero limitato di anni, i ricercatori all’interno di un consorzio lavorano insieme, come se facessero capo ad un solo Istituto. L’obiettivo è dunque quello di aumentare la condivisione, lo scambio, ridurre gli sprechi e l’isolamento e ottimizzare gli sforzi per migliorare la competitività europea rispetto a quella di altri continenti. Nel 2013, L’Unione Europea ha avviato il nuovo programma quadro per la ricerca, lo sviluppo e l’innovazione Horizon2020 allo scopo di promuovere l’eccellenza e stimolare la crescita. Si tratta del più grande programma quadro di investimento in ricerca mai realizzato che prevede uno stanziamento di circa 80 miliardi di euro per la durata del programma – 7 anni. Di primaria importanza nella vita dei consorzi europei è l’obbligo morale e contrattuale della comunità scientifica di informare il pubblico sugli sviluppi e gli avanzamenti delle ricerca promossa e sostenuta con investimenti pubblici.

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Proiezioni da neuroni umani ottenuti da staminali embrionali dopo trapianto nel cervello di un modello murino di Parkinson (gentile concessione di Malin Parmar, Svezia)

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I trapianti con le cellule staminali embrionali umane per le malattie di Parkinson e di Huntington e l’approccio del consorzio di ricerca europeo Neurostemcellrepair Neurostemcellrepair è un consorzio di ricerca composto da 12 laboratori da 4 Paesi europei che lavorano insieme per 4 anni grazie a un finanziamento della Commissione Europea di 6 milioni di euro nell’ambito del 7° programma quadro, coordinato dalla Prof. Sen. Elena Cattaneo. Le attività prevedono ricerche congiunte, scambi di risultati e prodotti, attività di disseminazione e divulgazione. Il consorzio Neurostemcellrepair ha l’obiettivo di migliorare le conoscenze e le tecniche di impiego delle cellule staminali sino alla fase pre-clinica, passaggio obbligato prima che le stesse possano essere utilizzate per curare i pazienti affetti da malattia di Parkinson (PD), così come per realizzare progressi importanti nel loro utilizzo per la terapia della Còrea di Huntington (HD). Gli studi per l’applicazione di cellule staminali per il trattamento di queste due malattie sono a due stadi diversi di conoscenza, ma hanno un obiettivo comune: dare un giorno un beneficio ai pazienti e alimentare una solida e unitaria base di conoscenza capace di fornire istruzioni per il trattamento di altre patologie neurodegenerative. La malattia di Parkinson è presa come prototipo, in quanto esistono prove sull’animale che dimostrano l’efficacia del trapianto di neuroni fetali umani da tessuto abortito in pazienti parkinsoniani. L’esperienza proveniente dagli studi clinici condotti dal trapianto di cellule di mesencefalo dopaminergico di origine fetale (DA), ha dimostrato che c’è un effettivo beneficio proveniente dal tessuto trapiantato. In particolare, i neuroni DA trapiantati riescono ad inserirsi correttamente nello striato danneggiato, ripristinano il rilascio di dopamina e, in alcuni pazienti, inducono miglioramenti clinici a lungo termine (Politis, Sci Transl Med, 2010; Barker, Lancet Neurology, 2013). Studi più recenti hanno individuato un protocollo da applicare alle cellule staminali per ottenere neuroni di qualità e renderle potenzialmente applicabili al trattamento dei pazienti. Allo stesso tempo, il consorzio sviluppa strategie esistenti per favorire l’integrazione delle cellule da trapiantare nel tessuto ospitante e ne individua di nuove. Le scoperte recenti dei membri del consorzio, hanno portato all’identificazione di elementi critici per l’ottenimento di specifiche tipologie di neuroni e per il loro potenziale uso a livello terapeutico. Queste scoperte hanno permesso di mettere a punto protocolli di differenziamento che, in questo momento, rappresentano il “gold standard” per la terapia cellulare con i neuroni ventrali

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mesencefalici DA (Kriks, Nature, 2011; Kirkeby, Cell Reports, 2012). Ispirato a questo lavoro, è stato sviluppato dai membri del consorzio, un protocollo per generare neuroni GABAergici medi spinosi (MSN) (Delli Carri, Development, 2013) e identificata una fonte espandibile di progenitori neurali in grado di maturare in neuroni funzionali (Koch, PNAS, 2009). Con l’avvento delle cellule pluripotenti inducibili e la riprogrammazione diretta di cellule somatiche, sono diventate disponibili ulteriori risorse di cellule trapiantabili. Il consorzio ha aperto la strada della riprogrammazione di fibroblasti in neuroni DA (Pfisterer, PNAS, 2011), e dell’identificazione di molecole che aumentano l’efficienza della conversione neurale (Ladewig, Nat Methods, 2012). Neurostemcellrepair riunisce i gruppi leader mondiali negli studi di medicina rigenerativa per le malattie neurodegenerative basati sull’impiego di cellule staminali. Pertanto, obiettivo ultimo è quello di ottimizzare e standardizzare i protocolli attuali per generare cellule e incorporare strumenti, metodi e tecnologie per garantire che i trapianti di neuroni derivati da cellule staminali umane siano sicuri, efficaci e funzionali al fine di promuovere la riparazione cerebrale e il recupero funzionale nel Parkinson e nella malattia di Huntington. Maggiori informazioni sono disponibili sul sito del consorzio di ricerca. www.neurostemcellrepair.org

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I trapianti con le cellule fetali dopaminergiche e l’approccio del consorzio di ricerca europeo Transeuro Transeuro è un consorzio di ricerca composto da 16 laboratori da 5 Paesi europei che hanno lavorato insieme per 5 anni grazie a un finanziamento della Commissione Europea nell’ambito del 7° Programma Quadro. Costituitosi nel 2010 sotto il coordinamento del Prof. Roger Barker dell’Università di Cambridge e formato dai maggiori esperti internazionali del settore, il consorzio è focalizzato sullo sviluppo di approcci innovativi per il trattamento del morbo di Parkinson. I sintomi motori della malattia sono provocati dalla morte delle cellule che generano la dopamina, nella zona del cervello chiamata substantia nigra. Al momento, non esistono cure per il Parkinson, anche se alcuni trattamenti farmacologici, possono alleviarne i sintomi. Uno degli approcci più promettenti si basa sul trapianto di cellule fetali dopaminergiche, cioè produttrici di dopamina. I primi studi in tal senso non hanno fornito tuttavia risultati univoci, mostrando spesso variabilità nell’esito del trapianto ed effetti collaterali. L’obiettivo principale del consorzio Transeuro è quindi quello di sviluppare metodiche e trattamenti sicuri che consentano il trapianto di cellule staminali fetali nei soggetti affetti dal morbo di Parkinson. I risultati fin qui ottenuti includono un metodo per la dissezione e la preparazione del tessuto fetale, ottenuto da donazioni spontanee in seguito ad aborti, che assicura la massima sopravvivenza delle cellule dopaminergiche durante il trapianto. Per favorire lo scambio di informazioni e l'ottimizzazione delle ricerche future, Transeuro ha costituito un database sulla dissezione dei tessuti fetali, in cui i parametri riferiti ai diversi gruppi possono essere confrontati, favorendo così il processo di convalida dei protocolli. I ricercatori hanno inoltre ottimizzato i supporti di ibernazione dei tessuti derivati dalle cellule ventrali mesencefaliche prima dell'uso clinico, con l’utilizzo di specifici fattori neuroprotettivi. Transeuro ha già avviato la selezione per il programma clinico che prevede soggetti con meno di 65 anni e senza altre malattie mediche o deficit cognitivi significativi. Dopo 12 mesi di monitoraggio in uno studio di osservazione, i partecipanti potranno accedere a un innesto neurale. Gli scienziati sono riusciti a raggiungere gli obiettivi della prima parte del programma, che mira al continuo perfezionamento della terapia

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basata sulle cellule staminali, nella speranza di migliorare le condizioni di vita tanto difficili dei pazienti affetti da malattia di Parkinson e delle loro famiglie. Maggiori informazioni sono disponibili sul sito del consorzio di ricerca. http://www.transeuro.org.uk

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G-Force – un’alleanza planetaria per il Parkinson

Ricercatori che partecipano al G-Force (New York 2015) La ‘Parkinson’s Disease Global Force’ o ‘G-Force’ nasce come iniziativa globale che riunisce i gruppi di ricerca leader nel mondo nella messa a punto di una terapia basata sul trapianto neuroni derivati da cellule staminali per la cura del Parkinson. Ideato e promosso dal consorzio Neurostemcellrepair nel 2014, ne fanno parte gruppi di ricerca in Europa, America e Giappone (Neurostemcellrepair, Transeuro, Nystem, Cira e Cirm). Il G-Force si è già riunito in 2 occasioni, a Londra nel 2014 e a New York nel 2015, per discutere aspetti di ricerca comuni e per armonizzare a livello planetario le possibili strategie, delineando una roadmap verso la clinica. Il meeting di New York ha messo in luce quanto sia importante - per affrontare in maniera efficace una sfida ambiziosa quale la terapia cellulare per il Parkinson - riunire le energie, condividere competenze e conoscenza e organizzare gli sforzi su una sfida comune. Un tale approccio da una parte consente di rallentare e prevenire trials clinici prematuri, dall’altra persegue che le ricerche con solida base razionale procedano in maniera più efficiente e rapida. Un tale sforzo collaborativo consente di conseguire gli obiettivi di ricerca con maggiore consenso della comunità scientifica, per il beneficio di tutti.

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Coltura di cellule staminali embrionali umane

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Cellule staminali in biologia e nella medicina rigenerativa “La medicina rigenerativa oggi” Appendice al Documento a cura dei relatori Cattaneo e Lettieri approvato dalla 12a Commissione Permanente Senato della Repubblica (Igiene e sanità) a conclusione dell’indagine conoscitiva su origine e sviluppo del cosiddetto caso Stamina (18 Febbraio 2015). Il termine «medicina rigenerativa» identifica quella branca della medicina il cui obiettivo e` portare al recupero permanente dei tessuti e degli organi danneggiati sfruttando le potenzialità rigenerative delle cellule staminali. Gli avanzamenti della medicina rigenerativa sono quindi strettamente correlati ai progressi delle conoscenze sulla biologia di base delle cellule staminali in quanto le cellule staminali ed i loro derivati specializzati, naturali o ingegnerizzati, forniscono le componenti funzionali di un regime terapeutico rigenerativo. Due sono le strategie di intervento della medicina rigenerativa sulle quali la comunità scientifica sta lavorando. Il primo, meno perseguito, prevede l’approccio in vivo e si basa sulla stimolazione farmacologica delle cellule staminali residenti nei tessuti endogeni di interesse, al fine di stimolarne il potenziale riparativo. Il secondo approccio, ex vivo, mira al trapianto di cellule staminali, o progenitrici, espanse e/o modificate geneticamente in vitro, in laboratorio, che vadano a colonizzare il distretto di interesse e ne sostengano l’aspetto rigenerativo-riparativo. Questo secondo approccio si basa quindi sull’innesto di nuove cellule nel tessuto malato e mira soprattutto a rimpiazzare le cellule degenerate presenti con cellule specializzate ottenute in laboratorio partendo da staminali. Il termine «medicina rigenerativa» si intende quindi mirato a «rigenerare circuiti» immettendo nuove cellule al posto di quelle morte. L’impianto di cellule tuttavia potrebbe anche generare una risposta positiva nel tessuto circostante semplicemente come conseguenza dell’eventuale rilascio di molecole benefiche da parte delle cellule donatrici che sarebbero, quindi, in grado di preservare o migliorare lo stato del tessuto. Questo secondo meccanismo, i fattori rilasciati (benefici o meno), e la sua stabilità nel tempo sono ancora poco chiari. In questa sezione ci focalizzeremo principalmente sugli aspetti di terapia cellulare in medicina rigenerativa, tralasciando le strategie in vivo in quanto ancora difficili da immaginare a scopo terapeutico per la maggior parte delle malattie. In questa sezione sono riassunte alcune sperimentazioni innovative e un caso di successo, la cura delle lesioni alla cornea, cui si è giunti dopo anni di

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lavoro su un ceppo particolare di staminali. Approcci di medicina rigenerativa per il trattamento delle lesioni degli epiteli di rivestimento. Uno degli ambiti con sicure applicazioni cliniche oggi è quello della riparazione degli epiteli squamosi. Questi includono l’epidermide e la cornea. In questi casi, già da diversi anni è possibile effettuare dei trapianti di pelle autologa. Il nuovo tessuto cutaneo viene generato in vitro su matrici di collagene e matrigel, a partire da progenitori e staminali cutanee derivanti da piccole biopsie della cute del paziente. Pioniere di questo filone di ricerca è stato Howard Green. Fu proprio Green, a Boston nel 1983, a eseguire il primo trapianto di pelle coltivata su tre bambini ustionati gravi1. Da allora centinaia di pazienti hanno beneficiato di questo trattamento salvavita che viene applicato ai pazienti con ustioni di terzo grado. Tuttavia, ancora oggi predire l’efficacia di un trapianto è impossibile e le linee guida per il trapianto non si sono evolute in modo significativo negli ultimi 25 anni. Ciononostante nel 1987 uno studio di Yann Barrandon ha proposto una metodologia efficiente per la crescita di cellule staminali della pelle in vitro e la produzione di cheratinociti a partire da esse, anche se i costi elevati e la necessità di diversi mesi per ricostruire lembi di pelle estesi, di fatto ne limitano la piena diffusione in clinica. In aggiunta, sebbene questo oggi rappresenti uno straordinario trattamento salvavita, i malati trapiantati chiedono una vita migliore. La pelle così rigenerata, infatti, non e` ottimale in quanto priva di ghiandole sudoripare e di bulbi piliferi. La pelle inoltre è secca, provocando anomalie nella termoregolazione e nella fisiologia di questo importante tessuto. Ecco quindi che è necessario capire la normale fisiologia di sviluppo e rigenerazione della pelle e capire la biologia delle staminali della pelle. Oggi sappiamo che le staminali cheratinocitiche sono localizzate in diverse zone dell’epidermide. Queste cellule si propagano generando olocloni che possono sostenere anche 200 divisioni e che quando trapiantati riescono a rigenerare pelle o cornea. Altre staminali sono presenti nel bulbo pilifero e nelle ghiandole sudoripare. Quelle del bulbo pilifero sembra partecipino attivamente anche alla riparazione dell’epidermide in seguito a danno. Un altro epitelio che è possibile rigenerare completamente è l’epitelio corneale. In caso di lesioni alla cornea, l’epitelio congiuntivale, che costituisce la parte visibile bianca dell’occhio, prende il sopravvento portando alla formazione di quello che in termini clinici si chiama «pannus» e che copre tutto il bulbo, causando cecità. In molti casi, è possibile ricostruire la cornea partendo da staminali presenti a livello del limbus dell’occhio, una striscia di cellule, di cui circa il 10% con caratteristiche staminali, che circonda la cornea. Sebbene il prelievo non possa essere mirato al prelievo delle sole staminali limbari, il sistema di espansione in vitro studiato dai ricercatori seleziona le staminali corrette le quali, una volta messe in coltura, sono in grado di ricostruire in circa 3-4 settimane un lembo di epitelio corneale che viene impiantato al posto di

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quello compromesso. Tra i pionieri di questa tecnologia vi sono Graziella Pellegrini e Michele De Luca ora all’Università di Modena e Reggio Emilia che nel 1997 pubblicarono il primo studio sulla coltivazione e la caratterizzazione della cornea a partire da staminali. Più di recente, questi ricercatori, insieme a Paolo Rama, del San Raffaele di Milano hanno perfezionato la tecnica arrivando a confermare il recupero totale della vista anche 6 anni dopo il trapianto2. Staminali e terapia genica. Due ulteriori esempi di terapie attraverso le staminali e la terapia genica per due gravi malattie genetiche, la sindrome di Wiskott-Aldrich raro disordine genetico che causa immunodeficienza e trombocitemia, e la leucodistrofia metacromatica, una severa malattia neurodegenerativa dell’infanzia causata da mutazioni nel gene ARSA, provengono dal San Raffaele di Milano e dal lavoro condotto dal gruppo di Luigi Naldini insieme ad Alessandro Aiuti e Alessandra Biffi. I ricercatori hanno utilizzato cellule staminali ematopoietiche dai pazienti e usato un vettore lentivirale per introdurre la versione sana del gene responsabile della malattia. Poi hanno infuso le staminali di nuovo nei pazienti dopo una preparazione con chemioterapia. L’osservazione dei primi pazienti trattati a oltre 3 anni dall’inizio della sperimentazione e` favorevole. Nel caso della leucodistrofia metacromatica le staminali geneticamente modificate e la loro progenie hanno trasportato l’enzima ARSA nel sistema nervoso e arrestato così precocemente la progressione della malattia nei bambini trattati. Nella sindrome di Wiskott-Aldrich le manifestazioni della malattia si sono attenuate o scomparse dopo la terapia genica. Anche queste strategie terapeutiche derivano da anni di studio di queste malattie e degli strumenti idonei per affrontarle, con risultati pubblicati sulle maggiori riviste internazionali3. Approcci di medicina rigenerativa per il trattamento delle disfunzioni cardiache. Il cuore è uno degli organi che si pensava dispensato da processi rigenerativi. In realtà, alcuni studi hanno suggerito che nel miocardio umano potrebbero risiedere dei progenitori, evidenziabili grazie all’espressione di marcatori quali ad esempio c-kit o sca-1, i quali potrebbero rigenerare, in condizioni normali, l’intero gruppo di miocardiociti di un cuore adulto in circa 4-5 anni. Tuttavia questi risultati sono molto dibattuti, sia per quel che riguarda l’effettiva capacità rigenerativa sia per la presenza concreta di progenitori nel cuore adulto4. Nonostante ciò, l’utilizzo delle cellule staminali per riparare il tessuto cardiaco rappresenta uno degli ambiti applicativi che ha attratto i maggiori interessi, anche se non e` ancora chiaro come ottenere cellule del miocardio che siano il più possibile simili a quelle della sede cardiaca lesionata. Le cellule cardiomiocitiche differiscono infatti tra loro a seconda della zona del

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cuore da esse popolata e della specifica funzione. Per esempio, le cellule cardiache che conducono lo stimolo elettrico e sono responsabili del battito cardiaco sono diverse da quelle che si contraggono. Ad oggi, l’unico tipo di cellule da cui si possono ottenere i cardiomiociti sono le cellule staminali embrionali (e le loro omologhe surrogate, le iPS). Altre tipologie, quali le staminali adulte, non sono in grado di formare cardiomiociti ma, se trapiantate, si pensa possano aiutare la ripresa della funzionalità cardiaca con un’azione comunque molto limitata nel tempo e attraverso meccanismi ancora ignoti. Tuttavia il campo non ha ancora fornito prove convincenti. Fu uno studio del 1992, firmato dal gruppo di Piero Anversa a stimolare l’interesse verso il trapianto di staminali come terapia per l’infarto al cuore. Quello studio proponeva infatti che le cellule del midollo osseo fossero in grado di trasformarsi in cellule cardiache. Subito iniziarono le prime sperimentazioni sull’uomo. Tuttavia, studi successivi smentirono il dato originale. Oggi, e in assenza di solide evidenze precliniche, alcuni ospedali offrono trapianti di staminali (di diverso tipo) post-infarto. Guardando ai più recenti risultati di sperimentazioni controllate sembra che l’effetto, se presente, sia modesto, specialmente a lungo termine. Si presume inoltre che le staminali trapiantate possano limitare il danno ischemico successivo all’infarto miocardico o stimolare l’angiogenesi e quindi aumentare l’afflusso di sangue al muscolo cardiaco5. Tutto ciò non sminuisce il concetto e l’importanza di investire su strategie che stimolino la rigenerazione intrinseca o estrinseca del cuore, basando ogni approccio su solide basi biologiche. In questo panorama, le cellule embrionali (ES) umane (o le iPS) offrirebbero una marcata capacità di trasformarsi nel tipo cellulare corretto. Tuttavia, una volta differenziate in vivo, potrebbero contrarsi spontaneamente, producendo aritmie. A queste problematiche si aggiunge la necessità di eliminare ogni rischio che una quota di cellule donatrici rimaste indifferenziate produca teratomi. Infine, non essendo autologhe, esse rendono necessaria una terapia immunosoppressiva. Le cellule iPS potrebbero risolvere quest’ultimo aspetto, come del resto succede al caso di molti trapianti d’organo. Tuttavia è bene ricordare che l’impiego delle iPS prevede modalità di terapia cellulare personalizzata, la quale, anche laddove si riveli efficace, resterebbe probabilmente per lungo tempo inaccessibile ai più. Il successo delle ES (o delle iPS) a livello preclinico sembra comunque passare da protocolli che permettano l’isolamento prospettico delle tipologie di progenitori cardiaci desiderati e in grado di crescere e differenziare in modo omogeno. Il primo trapianto di cardiomiociti ottenuti da ES fu effettuato nel cuore del maiale. In questo studio si dimostrò che le cellule donatrici potevano funzionare da pacemakers biologici e quindi da veri cardiomiociti in grado di «battere» dopo trapianto. Tuttavia evidenziò anche il potenziale rischio di aritmie locali. I successivi studi, estesi al tentativo di riparare l’intero miocardio infartuato, dimostrarono la capacità di sopravvivenza delle cellule

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donatrici ma anche la formazione di sincizi tra le cellule umane donatrici che non si connettevano con quelle dell’ospite roditore. In conclusione, diverse tipologie cellulari sono in studio per la terapia del cuore infartuato6. Uno dei primi obiettivi sarà garantire la sopravvivenza delle cellule donatrici al fine di ottenere un effetto rilevante e a lungo termine. L’efficacia potrebbe derivare dall’inserimento delle nuove cellule nel circuito cardiaco ma anche dalla formazione di nuovi vasi e da effetti paracrini. Sarà necessario studiare il meccanismo al fine di migliorarne l’eventuale beneficio. Potrebbe inoltre essere interessante concepire strategie combinate con le staminali disposte in matrici cellulari al fine di «preallineare» i cardiomiociti in modo da garantire una corretta contrazione dopo il trapianto. L’effetto della terapia cellulare potrebbe anche essere prolungato attraverso l’impiego di cocktails composti da fattori di sopravvivenza oppure effettuando il trapianto dopo la fase postinfiammatoria iniziale. Tutti questi studi e l’interpretazione dei risultati dipendono comunque dalla risposta ad una semplice domanda: i roditori sono modelli utili per le patologie del cuore? Il cuore del roditore batte 400-600 volte al minuto mentre quello dell’uomo presenta 60-100 battiti. È quindi probabile che cellule umane trapiantate degenerino o muoiano per tachicardia locale, anche qualora riescano a creare sincizi con le cellule endogene. In ambito preclinico, alcuni laboratori perseguono il trapianto in animali di grossa taglia e quindi con una fisiologia cardiaca più simile all’uomo. Approcci di medicina rigenerativa nel diabete. L’interesse sulle staminali si estende al diabete e l’idea di sostituire le cellule producenti insulina per trattare il diabete di tipo 2 è addirittura del 1894. Tuttavia il primo trapianto efficace di cellule delle isole pancreatiche nel ratto è del 1972. Ma furono Shapiro e collaboratori nel 2000 a pubblicare il primo dato di successo sull’uomo usando isole da tre donatori. I risultati, buoni inizialmente, tornavano pero` allo stato di insulina dipendenza dopo 5 anni, anche se si stima che l’80 per cento dei pazienti conservava una funziona residua del trapianto. Ancora piu` rimarchevoli sono gli esempi di pazienti in cui la sopravvivenza e funzione permaneva a lungo termine (> 10 anni), dimostrata con la capacita` di mantenere una normale glicemia. Nonostante le ragioni di questa efficacia sia ignota, questi esempi dimostrano che e` possibile ottenere indipendenza dall’insulina a lungo termine attraverso il trapianto allogenico di isole di Langherans. Tuttavia, il maggior problema di questa strategia risiede nella scarsa disponibilitaà del tessuto donatore essendo derivato da cadaveri. In ambito di staminali in grado di produrre cellule beta pancreatiche insulina producenti, esistono alcune possibilità ma nessuna completata ad oggi7. Alcuni studi iniziali dimostrarono la capacità di cellule staminali adulte di generare cellule beta. Tuttavia queste dimostrazioni non includevano prove di

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funzionalità convincenti così come non discutevano l’espandibilità delle cellule, requisito necessario al fine di una applicazione clinica. Ma la speranza risiede nella possibilità di ricapitolare in vitro lo sviluppo normale delle cellule beta a partire dell’endoderma, utilizzando le cellule ES. Alcuni studi recenti mostrano che è possibile ottenere endoderma a partire dalle cellule ES. Queste vengono poi convertite in progenitori pancreatici e cellule simili alle beta pancreatiche che si dimostrano responsive ai livelli di glucosio dopo trapianto. Un risultato importantissimo è stato ottenuto di recente dal gruppo di Doug Melton, e pubblicato su «Cell» a ottobre del 2014, in cui si dimostra di avere ottenuto cellule Beta pancreatiche umane funzionali in vitro. Altre strategie, per ora sperimentali, dimostrano che e` possibile convertire cellule esocrine acinari in cellule endocrine beta pancreatiche attraverso l’espressione forzata di tre fattori di trascrizione. E con un solo fattore di trascrizione sembra possibile trasformare in vitro cellule alfa che producono glucagone in cellule beta insulina secernenti. Altre strategie sperimentali parlano in favore della conversione di fibroblasti in cellule beta insulina producenti8. Approcci di medicina rigenerativa per il trattamento del muscolo scheletrico. Il muscolo scheletrico è il tessuto preponderante del corpo umano e contiene una popolazione di progenitori muscolari, le cosiddette «cellule satellite» che sono in grado di provvedere al riparo fisiologico di questo tessuto mediante l’aggiunta di nuove fibre muscolari. Per il trattamento delle patologie degenerative del muscolo sono state analizzate diverse cellule staminali con attività miogenica. Tra queste vanno annoverate le cellule satellite, ma anche le cellule CD133+ estratte dal muscolo scheletrico o dal midollo osseo, oltre ai progenitori endoteliali e ai «mesangioblasti». Tutte queste popolazioni mostrano capacità miogenica in vitro; tuttavia una vera e consistente capacità miogenica in vivo in seguito a trapianto è stata evidenziata solo per le cellule satellite ed i mesangioblasti, anche se le prime sono caratterizzate da una limitata sopravvivenza. I mesangioblasti, isolati dal topo nel 2003 dal gruppo di Giulio Cossu, sono cellule capaci di differenziare in diversi tipi cellulari del mesoderma, incluso il muscolo scheletrico. Il loro trapianto, per via endovenosa, in topi distrofici produce un recupero funzionale dei muscoli iniettati e un miglioramento clinico nel cane spontaneamente distrofico. Sulla base di queste evidenze pre-cliniche sull’animale è stata di recente avviata la prima sperimentazione clinica su un ristretto numero di pazienti distrofici9. Approcci di medicina rigenerativa per il trattamento del sistema nervoso centrale (SNC). Le malattie del SNC sono un’eterogenea famiglia di malattie con caratteristiche ezio-patologiche e sintomatologiche ben distinte tra loro e prive di cura. Gli approcci saranno quindi diversi e le staminali più o meno indicate a seconda della malattia. Detto questo, è importante sottolineare come negli ultimi vent’anni, l’approccio trapiantologico in clinica, mediante

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l’utilizzo di tessuto nervoso fetale umano, sia stato sperimentato per il Morbo di Parkinson e per la Corea di Huntington ottenendo risultati eterogenei in termini di sopravvivenza del materiale e di recupero funzionale per il paziente. Questo anche come conseguenza della limitata standardizzazione della procedura che, come nel caso del trapianto di isole nel diabete, poteva produrre risultati ottimi in alcuni limitati casi di pazienti ai quali fu addirittura sospesa la terapia farmacologica ma nessun risultato o peggioramenti in numerosi altri pazienti. Negli ultimi anni, grazie alla possibilità di isolare ed espandere in vitro cellule staminali neurali umane ottenute da cervello fetale o adulto o da cellule pluripotenti (ES ed iPS), le speranze di raggiungere risultati più soddisfacenti si sono moltiplicate. Probabilmente la malattia candidata al trapianto di staminali è il Parkinson. Questo per la selettività della lesione e per il numero relativamente limitato (solo un milione, nel cervello umano) e circoscritto di neuroni (dopaminergici) da sostituire. Diverse staminali sono state proposte, a partire dalle mesenchimali o dalle cordonali, ma le evidenze disponibili in ambito preclinico non parlano a favore di un loro impiego10. Gli unici risultati consolidati e via via migliorati nel tempo nel modello animale sono stati ottenuti con i progenitori dopaminergici ottenuti da cellule ES, dalle quali nel 2011 e nel 2012 è stato possibile ottenere neuroni dopaminergici autentici funzionalmente attivi. Sulla base di queste scoperte ulteriori risultati ottenuti nel 2014 da gruppi svedesi par-lano a sostegno di queste strategie per il Parkinson ed è probabile che una sperimentazione clinica venga avviata presto nell’uomo. I risultati pubblicati il 6 novembre 201411 dimostrano infatti che neuroni dopaminergici autentici ottenuti da staminali embrionali sono in grado, dopo trapianto nell’animale Parkinson, di maturare rigenerando connessioni neurali con aree bersaglio distanti e inducendo un recupero comportamentale nell’animale lesionato. Tuttavia è bene sottolineare che gli eventuali successi di una staminale per una malattia non potranno mai garantire che le staminali possano diventare una panacea per tutte le malattie. È certamente possibile che alcune (molte) malattie non saranno mai candidate o mai trattabili con staminali. Ed è quindi altrettanto importante che ogni altra strategia che prescinda dalle staminali venga egualmente perseguita in base alla sua forza sperimentale e ai risultati ottenuti. Già nel 2008 la ISSCR (International Society for Stem Cell Research) esprimeva le preoccupazioni della comunità scientifica relativamente ad un apparente eccesso di ottimismo nelle informazioni che spesso si rendono disponibili attraverso web e si è organizzata per fornire tutte le informazioni disponibili, anche sui rischi relativi per il paziente che intende avvicinarsi a una di queste strategie. Emblematico è il caso, riportato recentemente, di un bambino israeliano di 9 anni con una malattia rara del cervello (atassia

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telangectasica) trattato con (presunte) cellule staminali fetali in una clinica russa. Quattro anni dopo i ripetuti trapianti, in seguito all’insorgenza di una sintomatologia neurologica grave, una TAC evidenziava lo sviluppo di un tumore al cervello e al midollo spinale provocato dall’eccessiva proliferazione delle cellule trapiantate12. Altri rischi emersi a seguito di trattamenti improbabili riguardano casi di encefalopatie fulminante o di formazione di tessuto osseo a seguito dell’iniezione nella palpebra di presunte staminali per uso estetico13. ———————— 1 Rochat A., Claudinot S., Nicolas M. et al. Stem cells and skin engeneering. Swiss Med Wkly. 2007; 155:49S-54S. 2 Rama P., Matuska S., Paganoni G. et al. Limbal stem-cell therapy and long-term corneal regeneration. N Engl J Med. 2010; 363:147-55; Chien KR. Lost and found: car- diac stem cell therapy revisited. J Clin Invest. 2006;116:1838-40. 3 Naldini L., Biffi A., Montini E. et al. Lentiviral hematopoietic stem cell gene the- rapy benefits metachromatic leukodystrophy. Science. 2013 Aug 23;341(6148):1233158. doi: 10.1126/science.1233158. Epub 2013 Jul 11. 4 Chien KR. Lost and found: cardiac stem cell therapy revisited. J Clin Invest. 2006;116:1838-40; Chien KR. Regenerative medicine and human models of human di- sease. Nature. 5 Passier R., van Laake L.W., Mummery CL. Stem-cell-based therapy and lessons from the heart. Nature. 2008; 453:322-9. 6 Menasche P. Cardiac cell therapy: lessons from clinical trials. J Mol Cell Cardiol. 2011; 50:258-65.

7 Borowiak M, Melton DA. How to make beta cells? Curr Opin Cell Biol. 2009; 21:727-32.

8 Pennarossa, Proceedings of the National Academy of Sciences, 110, 8943, 2013. 9 Cossu G., Tedesco FS, Stem cell therapies for muscle disorders. Curr Opin Neurol. 2012 Oct;25(5):597-603. doi: 10.1097/WCO.0b013e328357f288.

10 Dyson SC, Barker RA. Cell-based therapies for Parkinson’s disease. Expert Rev Neurother. 2011;11: 831-44; Brundin P, Barker RA, Parmar M. Neural grafting in parkin- son’s Disease: Problems and Possibilities. Prog.Brain Res 2010; 184: 265-294.

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11 Grealish et al., Human ESC-Derived Dopamine Neurons Show Similar Preclinical Efficacy and Potency to Fetal Neurons when Grafted in a Rat Model of Parkinson’s Di- sease, Cell Stem Cell, 15, 653-665, 2014.

12 Amariglio N, Hirshberg A, Scheithauer BW et al. Donor-derived brain tumor follo- wing neural stem cell transplantation in an ataxia telangiectasia patient. PLoS Med. 2009;6(2):e1000029; Goldring CE, Duffy PA, Benvenisty N et al. Assessing the safety of stem cell therapeutics. Cell Stem Cell. 2011;8: 618-28.

13 Scientific American, Dec 17, 2012.

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Cronologia essenziale della ricerca sulle cellule staminali e della regolamentazione dei trattamenti con farmaci Adattato e modificato da P.Bianco, M. Capocci, G. Corbellini, Cronologia della ricerca sulle cellule staminali mesenchimali (MSC) in rapporto agli sviluppi della scienza delle staminali e della ricerca medica. In M. Capocci e G. Corbellini (a cura di), Le cellule della speranza. Il caso Stamina tra inganno e scienza. Codice Edizioni, Torino, 2014.

Cronologia Staminali Cronologia regolamentazioni 1868

Ernst Haeckel usa il termine stamzell per indicare un “organismo ancestrale unicellulare” da cui sono derivati gli organismi multicellulari.

1892 Theodor Boveri e Valentin Hecker usano il termine stamzell per identificare le cellule cui maggiormente è ascrivibile lo sviluppo ontogenetico. Nel 1894 Jacob Keller associa le stamzellen anche alla rigenerazione e alla riproduzione asessuale nella planaria.

1896 Edmund Wilson usa il termine inglese “stem cell” in The Cell in Development and Inheritance.

1906 US Pure Food and Drug Act: lo scopo è di smascherare farmaci adulterati e con etichette ingannevoli. L’incarico di controllare viene affidato al Bureau of Chemistry del Dipartimento dell’Agricoltura.

1930 Viene creata la Food, Drug and Insecticide Organization del Dipartimento dell’Agricoltura statunitense, che nel 1927 aveva incorporato il Bureau of Chemistry, assume il nome di Food and Drug Administration (FDA).

1938 Hans Spemann immagina per la prima volta l'esperimento di clonazione per trasferimento nucleare.

Il US Food, Drug and Cosmetic Act, accentua i controlli sui farmaci che sono commercializzati sul piano della sicurezza, e amplia i poteri dell’FDA.

1945- Gli effetti delle bombe atomiche lanciate su Hiroshima e Nagasaki, aprono la strada a ricerche finanziate pubblicamente sugli effetti delle radiazioni e sulla radioprotezione: studi strategici finanziati dal Department of Defense danno inizio agli studi che porteranno all’identificazione della cellula staminale ematopoietica (HSC, hematopoietic stem cell). Studi simili condotti per la stessa ragione in URSS, porteranno al lavoro di Alexander

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Friedenstein, allievo di Maximow e alla scoperta delle staminali mesenchimali (MSC, mesenchymal stem cell).

1947 Il tribunale di Norimberga condanna i medici nazisti sulla base di un codice etico che diverrà noto come Codice di Norimberga, e che giudica illecito sperimentare su soggetti umani in assenza di “consenso volontario”.

1952 Briggs e King realizzano l’esperimento immaginato da Spemann e ottengono girini normali trapiantando nuclei da cellule della blastocisti in oociti enucleati di Rana pipiens.

1957 Edward Donnall Thomas pubblica i dati dei primi trapianti di midollo osseo nell’uomo.

1961-1963

Ernest A. McCulloch e James E. Till dimostrano l’esistenza di progenitori multipotenti nel midollo osseo (CFU-S): prima prova (incompleta) dell’esistenza della cellula staminale ematopoietica.

1962 John Gurdon ottiene la nascita di rospi (Xenopus laevis) mediante trapianto nucleare di cellule differenziate in oociti enucleati.

Il caso della talidomide induce gli Stati Uniti a integrare il Food, Drug and Cosmetic Act del 1938, con un emendamento che richiede una “substantial evidence” di efficacia dei farmaci per cui si chiede l’autorizzazione.

1964 La World Medical Association emana la Helsinki Declaration, che aggiorna le basi etiche della sperimentazione clinica sull’uomo, periodicamente aggiornata e oggi alla sesta edizione. La Dichiarazione di Helsinki stabilisce gli standard etici che devono essere rispettati per garantire la protezione dei soggetti arruolati nelle sperimentazioni cliniche.

1968 L’Organizzazione Mondiale della Sanità inizia a elaborare delle linee guida internazionali per la valutazione clinica dei farmaci.

1978 Il 25 luglio nasce Louise Brown, la prima bambina concepita in vitro. L’equipe di Edwards è in grado di coltivare un embrione umano.

1980 Viene approvato negli USA il Bayh-Dole Act, che permette il brevetto di invenzioni realizzate con fondi federali. Ciò consente anche alle università pubbliche di brevettare i propri risultati.

1981 Martin Evans e Matt Kaufman isolano e coltivano cellule staminali derivate da blastocisti di topi.

1984 Eugene Bell del MIT conia il termine “tissue

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engineering”. 1985-1993

Maureen Owen contribuisce a formulare il concetto di “sistema stromale” e “cellula staminale stromale”, in analogia con l’ematopoiesi. Definisce “sistema stromale” l’insieme delle vie (lineage) generate da un progenitore stromale comune (adipociti, cartilagine, osso, fibroblasti), e il progenitore comune come una putativa cellula staminale. Alla fine degli anni Ottanta Alexander Friedenstein si trasferisce in sabbatico a Oxford, da Owen, e ipotizza che i progenitori multipotenti da lui identificati siano delle possibili cellule staminali osteogeniche.

Europa e Giappone sviluppano le loro linee guida di good clinical practice. Le differenze tra US, Europa e Giappone sul piano regolatorio comportano una perdita di efficienza economica per le imprese farmaceutiche che devono investire in trials diversi se vogliono vendere un farmaco su un mercato che è globale.

1987 La Congregazione per la Dottrina della Fede rilascia l’istruzione Donum Vitae – Il rispetto della vita umana nascente e la dignità della procreazione.

1988 Elaine Gluckman esegue in Francia il primo trapianto di cellule staminali emopoietiche del cordone ombelicale per curare un bambino seienne con anemia di Fanconi. Il risultato è possibile grazie alle ricerche di Edward A. Boyse, che lavorando negli anni Ottanta allo Slona-Kettering Institute di New York dimostra che le cellule del cordone ombelicale possono essere trapiantate al posto del midollo per ricostituire il sistema immunitario umano. L’uso delle staminali del cordone ombelicale ha dei limiti tecnici, che non giustificano l’eccitazione circa l’utilità di bancare i cordoni ombelicali come riserva “personale” di staminali per il titolare biologico, se non in rari casi molto selezionati.

1994 L’NIH Human Embryo Reearch Panel dichiara che la creazione di embrioni umani solo per scopi di ricerca non incoraggerà gli aborti, e sull’onda delle reazioni pubbliche il Presidente Clinton annulla il documento NIH e ribadisce la moratoria sui finanziamenti alla ricerca su cellule derivate da embrioni umani.

1995 Con il Dickey-Wicker Amendment, il Congresso degli Stati Uniti mette al bando il finanziamento federale della ricerca su cellule ottenute da embrioni umani.

1996 Nasce la International Conference on Harmonisation (ICH) che riunisce le autorità regolatorie di Europa, US e Giappone, insieme a esperti dell’industria farmaceutica, per uniformare gli standard per l’accettazione dei risultati degli studi

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clinici. 1997 Il 23 febbraio viene annunciata su Nature la

nascita di Dolly, il primo mammifero clonato utilizzando il nucleo di una cellula somatica adulta. Michele De Luca e Graziella Pellegrini pubblicano su Lancet di avere ottenuto la rigenerazione di un epitelio corneale funzionale trapiantando cellule staminali limbali coltivate in pazienti con ustioni che hanno distrutto il limbus.

1998 James Thomson isola e coltiva cellule embrionali pluripotenti umane (Science 1988). Il suo lavoro è stato finanziato da Geron Corporation, che acquisisce, insieme alla Wisconsin University, i relativi brevetti per sviluppare commercialmente le “cellule staminali embrionali umane”.

1999-2000

Vengono pubblicati studi che dimostrerebbero la “transdifferenziazione” di staminali del sangue in neuroni o di staminali neurali in cellule del sangue attraverso semplice impianto delle cellule. Gli studi non sono confermati e/o vengono abbandonati.

2001 Un gruppo di medici e ricercatori cinesi, con appoggi universitari e governativi, effettua il primo trattamento di un caso di SLA con staminali da cordone ombelicate manipolate, e nel 2005 darà vita a Beike Biotech, un’impresa privata che ha ricevuto però oltre 100 milioni di dollari di finanziamento governativo, e che rifornisce diversi ospedali cinesi con preparati a base di staminali da cordone ombelicale per trattare un’amplissima gamma di malattie. Non esistono studi controllati e nemmeno un razionale scientifico relativamente all’efficacia e agli effetti di questi trattamenti.

Il biologo, imprenditore e filantropo William A. Haseltine utilizza l’espressione “medicina rigenerativa”, inventata nel 1992 da Leland Kaiser, per raggruppare le tecnologie (dalla terapia genica alla terapia con staminali all’ingegneria tissutale alla prostetica biomeccanica) che hanno il comune obiettivo di ripristinare la funzione normale di organi, tessuti e cellule danneggiati da traumi, malattie e o “consumati” dal tempo. Il 9 agosto, dal suo ranch in Texas, George W. Bush emette la prima ordinanza del suo mandato presidenziale, vietando il finanziamento con fondi federali di ricerche che impiegano cellule staminali embrionali umane prodotte dopo quella data, comunicando che erano disponibili circa 64 linee cellulari per fare ricerche su staminali embrionali, tutte derivate da embrioni soprannumerari abbandonati in cliniche ginecologiche. Analisi successive dimostrarono che le linee di cellule effettivamente disponibili erano nell’ordine di alcune unità.

2002 Nasce l’International Society for Stem Cell Research (ISSCR), un’organizzazione indipendente per promuovere la comunicazione pubblica e professionale

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sulla ricerca di base e applicativa delle cellule staminali.

2003 L’Unione Europea vara il il VI programma quadro della ricerca con l’obiettivo di formare grandi consorzi di ricerca e aumentare la competitività dell’eurozona. Il Programma parte però con un anno di “moratoria” per quanto riguarda le ricerche che includono staminali embrionali. Alcuni ministri – tra cui quello italiano - degli allora 15 stati membri chiedevano tempo per definire una politica comunitaria sulla ricerca che faceva uso di queste cellule affascinanti e controverse. Al termine, durante il semestre italiano, l’ex Ministro Moratti si presentò a Bruxelles con un nulla di fatto. La Commissione UE diede quindi seguito al mandato del Parlamento Europeo di finanziare anche la ricerca che include cellule staminali embrionali umane, nel rispetto di linee guida tuttora in vigore e sono adottate da tutti i ricercatori che fanno parte dei consorzi di ricerca finanziati dai fondi comunitari.

2004 Nello stato della California viene approvata la Proposition 71, attraverso un referendum che si tiene il 2 novembre e con il 59% di voti favorevoli. La Proposition 71 autorizza quello stato a finanziare con 3 miliardi di dollari per un periodo di 10 anni la ricerca su cellule staminali embrionali.

2005 Esplode il caso di Woo Suk Hwang della Seul National University, che sostiene di aver trovato il modo di ottenere la clonazione terapeutica – cioè cellule staminali embrionali umane geneticamente identiche ai pazienti che necessitano la terapia cellulare – ma gli scienziati indagano e i risultati si rivelano manipolati. Hwang verrà estromesso dai circuiti scientifici, processato e espulso dall’Università.

Il 25 maggio entrano in vigore le norme previste dalla Good Tissue Practice della US Food and Drug Administration. L’ultimo aggiornamento risale al dicembre 2011. Prima designazione di FDA per un iter Fast Track (che accorcia i tempi per l’uso clinico di un farmaco) assegnato a un prodotto a base di cellule staminali.

2006 Shinya Yamanaka pubblicando su Cell, dimostra che i geni Oct4, Klf4, Sox2, Myc (OKSM) riprogrammano cellule somatiche adulte in cellule pluripotenti. Giulio Cossu e collaboratori pubblicano su Nature i risultati di studi su cani distrofici, dimostrando che le staminali mesangioblastiche producono beneficio dopo trapianto. Gli studi aprono alla sperimentazione clinica tuttora in corso.

2007 I ricercatori dell’Oregon National Primate Il 13 novembre l’Unione Europea

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Research Center pubblicano su Nature il risultato di esperimenti in cui ottengono embrioni clonati di scimmia e cellule staminali embrionali dagli stessi.

ribadisce che le cellule estensivamente modificate ex vivo sono medicinali per terapie avanzate (e non trapianti cellulari): Regulation EC (No) 1394/2007 on advanced therapy medicinal products and amending Directive 2001/83/EC and Regulation (EC) No 726/2004.

2008 All’università di Bristol viene effettuato in una giovane donna il primo trapianto di una trachea ottenuta ingegnerizzando le cellule staminali della stessa paziente.

L’ISSCR pubblica le nuove Guidelines for the Clinical Translation of Stem Cells. Alla loro stesura partecipano alcuni scienziati italiani.

2009 . Il 9 marzo il nuovo presidente USA Barack Obama, come primo atto del suo mandato presidenziale firma l’Ordine Esecutivo che rimuove il veto al finanziamento pubblico della ricerca su staminali derivate da embrioni.

2010 FDA approva le prime due sperimentazione cliniche di cellule staminali embrionali, condotte da Geron e da Advanced Cell Science. La sperimentazione di Geron viene interrotta per dichiarati problemi economici.

2011 Lorenz Studer dello Sloan-Kettering di New York pubblica su Nature il primo studio che dimostra la produzione di neuroni dopaminergici autentici da staminali embrionali umane e da cellule iPS. I progenitori dopaminergici trapiantati in modelli animali di Parkinson (topo e ratto) funzionano con risultati nell’animale mai visti prima. Il trapianto nella scimmia dimostra la sopravvivenza e la maturazione delle cellule trapiantate.

In maggio viene chiusa dalle autorità tedesche l’XCell Center di Dusseldorf, che somministrava trattamenti a base di staminali derivate da cordone ombelicale per trattare diversi tipi di malattia, al costo di circa 25mila € a trattamento. Nel 2010 nella clinica tedesca si era verificato un caso di morte in un bambino di 18 mesi appena sottoposto alla procedura.

2012 Paolo Rama del S.Raffaele di Milano e Graziella Pellegrini insieme a Michele De Luca dell’Università di Modena e Reggio Emilia pubblicano su New England Medical Journal i risultati dei loro trapianti di staminali limbari nelle lesioni della cornea, dimostrando il recupero della vista anche molti anni dopo il trapianto.

2012 Su Lancet sono riportati i miglioramenti della visione in due pazienti colpiti da degenerazione maculare, che da quattro mesi hanno ricevuto impianti di cellule epiteliali pigmentate retiniche ottenute a partire da staminali embrionali umane.

2013 Il team di Luigi Naldini del San Raffaele di Milano pubblica due lavori su Science, dimostrando l’efficacia della terapia genica in staminali in due malattie genetiche.

Esplode in Italia il caso Stamina. Un ospedale del nord Italia autorizza un ente non medico e un professore di lettere indagato dai NAS a iniettare preparati ignoti in pazienti con malattie rare e degenerative incurabili. L’ordinanza di

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In Gennaio, Nature Medicine pubblica un’articolata discussione sulla natura e possibile funzione terapeutica di MSC (Bianco et al Nat Med 2013), che è fortemente critica dell’uso indiscriminato di infusioni di MSC per malattie diverse, del proliferare di trial clinici senza fondamento scientifico, e della confusione concettuale e metodologica in tema di MSC.

blocco dell’AIFA e dei NAS è aggirata da diversi tribunali che ordinano all’ospedale la somministrazione del “trattamento” non controllato. Un decreto ministeriale (57/2013) sancisce la continuazione del trattamento non provato per coloro che l’hanno iniziato. Dopo una serie di vicissitudini il Parlamento approva la sperimentazione clinica del preteso “metodo Stamina”, che nel frattempo si scopre essere copiato da artefatti russi, oltre che respinto dall’ufficio brevetti USA. Una commissione scientifica voluta dal Ministero della Salute dirà, si spera, l’ultima parola, insieme alle indagini del PM di Torino Guariniello.

Intanto il 24 maggio tredici studiosi di staminali pubblicavano un articolo su The EMBO Journal in cui partendo dalle vicende del caso Stamina italiano, avvertono che anche in Europa la regolazione delle terapie con cellule staminali è sotto attacco, come negli Stati Uniti, e ribadiscono le ragioni e le prove per cui si dovrebbe continuare a regolare queste terapie come farmaci (Paolo Bianco et al., Regulation of stem cell therapies under attack in Europe: for whom the bell tolls, The Embo Journal 2013, 32, 1489-1495).

2014 Dal 2006 ad oggi la ricerca sulla riprogrammazione di cellule adulte ha compiuto enormi passi attraverso verifiche e convalide multiple, e ha dimostrato che è possibile riprogrammare anche una cellula specializzata (fibroblasto) in un’altra specializzata (esempio in un neurone) direttamente, senza “passare” per lo stadio di pluripotenza e attraverso l’espressione forzata di geni specifici del destino cellulare desiderato.

2014 Il gruppo di Malin Parmar (Svezia) pubblica su Cell Stem Cell che neuroni dopaminergici da staminali embrionali sono in grado di sopravvivere, differenziare, migliorare l’anomalia motoria e ricostruire circuiti lesi nell’animale Parkinson. Questi studi hanno aperto alla programmazione di trial clinici nell’uomo.

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Elenco dei relatori e cenni biografici Roger Barker Department of Clinical Neurosciences - Cambridge

Centre for Brain Repair

Anders Björklund Wallenberg Neuroscience Center - Division of Neurobiology - Lund University

Vania Broccoli CNR - Consiglio Nazionale delle Ricerche – Istituto di Neuroscienze, Milano & unità di ricerca Cellule staminali e Neurogenesi dell’Istituto Scientifico San Raffaele

Oliver Brüstle Institute of Reconstructive Neurobiology, LIFE & BRAIN Center, University of Bonn

Elena Cattaneo Laboratorio di Biologia delle Cellule Staminali e Farmacologia delle Malattie Neurodegenerative – Università degli Studi di Milano

Ruxandra Draghia-Akli Health, DG Research and Innovation, European Commission

Tom Isaacs The Cure Parkinson’s Trust

Gianvito Martino Istituto Scientifico San Raffaele

Guido Pantè Agenzia Italiana del Farmaco (A.I.F.A.)

Malin Parmar Wallenberg Neuroscience Center, Division of Neurobiology and Lund Strategic Center for Stem Cell Biology and Cell Therapy Lund University

Charles Sabine HD Advocate

Giuseppe Testa Università degli Studi di Milano, Istituto Europeo di Oncologia

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Roger Barker Roger Barker è professore di Scienze Neurocliniche all’Università di Cambridge e Principal Investigator al John Van Geest Centre for Brain Repair (Cambridge). Studia medicina all’Università di Oxford e alla St Thomas’ Medical School di Londra. Nel 1991 a Cambridge, lavora con James Fawcett e Stephen Dunnett allo sviluppo di metodiche per il trapianto di cellule neurali.

Si specializza in neurologia e concentra la propria attività sugli xenotrapianti neurali. Nel 2000, insegna Neurologia all’Università di Cambridge per poi diventare Professore di Scienze Neurocliniche. Leader del Consorzio di Ricerca Europeo TRANSEURO e partner nei Consorzi Neurostemcell (2008-13) e Neurostemcellrepair (2013-17), il suo gruppo studia la malattia di Parkinson e la Córea di Huntington, focalizzandosi in particolare sullo studio dei deficit clinici connessi alle due patologie e la variabilità della loro insorgenza, al fine di determinare un modello accurato della progressione della malattia, al fine di sviluppare approcci terapeutici mirati. Le strategie di ricerca del gruppo di Barker vanno dallo sviluppo di protocolli per i trapianti cellulari, alla terapia genica e allo studio di potenziali nuovi farmaci. Presidente della commissione giudicatrice per i bandi ERC Advanced Grants per le Neuroscienze, è autore di libri e di oltre 250 pubblicazioni scientifiche e membro dei board editoriali di prestigiose riviste scientifiche.

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Anders Björklund

Anders Björklund è professore di Istologia al Wallenberg Neuroscience Center dell’Università di Lund. Dopo gli studi in medicina e il dottorato in istologia, intraprende la carriera accademica e di ricerca nel campo delle neuroscienze, focalizzando i propri interessi verso lo sviluppo di approcci per la terapia cellulare e trasferimento genico a scopo neuroprotettivo e riparativo del

cervello. Già sul finire degli anni ’70, il suo gruppo compì studi pioneristici per il trapianto cellulare a livello cerebrale, ottenendo risultati fondamentali su sopravvivenza, integrazione e connettività dei neuroblasti fetali trapiantati nel cervello di ratti e in modelli animali delle malattie di Parkinson e Huntington. Questi studi, insieme agli importanti risultati ottenuti nei decenni successivi, costituiscono oggi la base degli attuali progetti volti ad ottenere precursori dei neuroni dopaminergici da cellule staminali embrionali e neurali allo scopo di sviluppare efficaci strategie per il trapianto cellulare in pazienti affetti dalla malattia di Parkinson. Björklund è stato vice coordinatore del progetto europeo Neurostemcell, al quale ha contribuito profondamente con la generazione di popolazioni di cellule neuronali da utilizzare nei nuovi approcci terapeutici per il morbo di Parkinson, attraverso la messa a punto di protocolli sicuri e efficaci in grado di consentire la sopravvivenza delle cellule trapiantate, al fine di correggere i difetti motori e contribuendo attraverso la messa a punto delle tecniche per il differenziamento di cellule staminali in neuroni dopaminergici.

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Vania Broccoli

Vania Broccoli è leader dell’unità di ricerca Cellule staminali e Neurogenesi dell’Istituto Scientifico San Raffaele. Autore di numerose e importanti pubblicazioni sulle principali riviste scientifiche del settore, il suo gruppo si interessa da anni dei meccanismi molecolari che controllano il differenziamento dei neuroni e lo sviluppo del cervello, la cui deregolazione è causa di malattie cerebrali

complesse. Un risvolto di questi studi è stata l’individuazione di una combinazione di geni capace di indurre il differenziamento di cellule della pelle in neuroni dopaminergici attivi capaci di produrre e secernere dopamina, neurotrasmettitore essenziale per la trasmissione degli impulsi nervosi connessi al comportamento e al movimento volontario. Tali studi rappresentano una nuova possibilità di cura per la sostituzione cellulare dei neuroni dopaminergici, la cui degenerazione è la causa principale dei severi deficit motori caratteristici della malattia di Parkinson. L’obiettivo principale delle sue attività di ricerca è quello di raffinare ulteriormente questi approcci, al fine di ottenere neuroni umani pienamente funzionali, da utilizzare per trapianti in soggetti affetti da disturbi neurologici o malattie neurodegenerative.

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Oliver Brüstle Oliver Brüstle è professore di Neurobiologia Ricostruttiva all’Università di Bonn. È inoltre co-fondatore e direttore scientifico di Life & Brain GmbH, impresa nata come hub dell’Università di Bonn per gli approcci traslazionali. Medico, Brüstle ha focalizzato la sua iniziale attività di ricerca e clinica nel campo della neuropatologia e neurochirurgia, all’Università di Zurigo e Erlagen. Nel 1993 è nel gruppo di ricerca di Ron McKay, a Bethesda (USA), dove studia le cellule staminali neurali. Nel 1997 torna in Germania per aprire il proprio laboratorio; nel 2002, diviene infine direttore del nuovo istituto di Neurobiologia ricostruttiva.

Le sue attività si concentrano principalmente sulla ricerca sulle cellule staminali e sul loro utilizzo come modelli per lo studio di malattie neurodegenerative e dei meccanismi di riparazione del sistema nervoso. Nel 2013, Brüstle è eletto presidente del neonato Network tedesco sulle cellule staminali. È inoltre membro del consiglio direttivo dello Stem Cell Network North Rhine Westphalia, membro dell’Organizzazione Europea di Biologia Molecolare (EMBO) e senatore dell’accademia Leopoldina tedesca delle scienze. Primo ricercatore tedesco ad aver lavorato sulle cellule staminali, Brüstle contribuisce in maniera determinante al dibattito sul tema, sensibilizzando l’opinione pubblica sull’importanza e il potenziale della ricerca in questo campo. Il suo impegno lo ha portato a condurre numerose battaglie per la libertà di ricerca (caso Brüstle vs. Greenpeace e le battaglie presso la Corte di Giustizia Europea).

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Elena Cattaneo

È Professore Ordinario dell’Università degli Studi di Milano dove dirige il Laboratorio di Biologia delle Cellule Staminali e Farmacologia delle Malattie Neurodegenerative. Ha lavorato presso il Department of Brain and Cognitive Sciences, M.I.T. (USA), nel laboratorio del Prof. Ronald Mckay, dove ha avviato studi sul differenziamento delle cellule staminali e successivamente nel laboratorio del Prof. Anders Björklund, imparando tecniche sperimentali di trapianto intracerebrale di cellule staminali. È cofondatrice e direttore di UniStem, Centro di Ricerche sulle Cellule Staminali dell’Università di

Milano, attivo anche nell’integrare, coordinare e promuovere l’accesso alle informazioni relative allo studio delle cellule staminali e del loro potenziale applicativo. Da oltre vent’anni il laboratorio studia la malattia di Huntington con l’obiettivo di contribuire alla comprensione dei meccanismi patogenici e allo sviluppo di strategie farmacologiche, geniche e cellulari in grado di interferire con la malattia. E’ autrice di oltre 160 articoli pubblicati su riviste scientifiche peer-review. Elena Cattaneo è stata coordinatore del progetto europeo Neurostemcell (2008-2013) e attualmente coordina il consorzio europeo Neurostemcellrepair, (2013-2017), promotore dell’evento. Elena Cattaneo è attiva nell’organizzazione di eventi di divulgazione e di training diretti alla comunità scientifica, agli studenti delle scuole superiori e alla società civile.

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Ruxandra Draghia-Akli Ruxandra Draghia Akli è il direttore del Direttorato Generale per la ricerca e l’innovazione della Commissione Europea. Laureata in medicina alla Carol Davilla medical school, ottiene il dottorato all’Accademia Rumena delle Scienze Mediche. Lavora in Francia all’Università Descartes di Parigi e negli Stati Uniti, al Baylor College of Medicine di Houston, conducendo attività di ricerca nel campo della biologia molecolare, con particolare riferimento agli sviluppi della terapia genica e di nuove metodiche vaccinatorie, divenendo un’esperta di livello internazionale. Un passato da vicepresidente della VGX (ora Inovio) e VGX

Animal Health, membro onorario dell’Accademia Rumena per le Scienze Mediche, è autrice di numerosi articoli scientifici e proprietaria di oltre cento brevetti. È inoltre attiva come valutatore per enti finanziatori e membro di board editoriali di giornali scientifici europei e americani.

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Tom Isaacs

Tom Isaacs scopre a soli 27 anni di essere affetto dal morbo di Parkinson. Da quel momento, si impegna attivamente allo scopo di raccogliere fondi per la ricerca ed aumentare la consapevolezza dell’opinione pubblica sul morbo di Parkinson, al fine di trovare una cura. Nel 1999, intraprende un viaggio che lo porta a percorrere a piedi, nonostante i disturbi legati alla malattia, oltre 1250 miglia lungo le coste della Gran Bretagna, per raccogliere

fondi. Nel 2002 lascia il suo lavoro di direttore di una compagnia immobiliare londinese per proseguire nel suo progetto. Dall’aprile 2003, Tom percorre oltre 4500 miglia lungo le coste britanniche, attraversando le più alte montagne di Inghilterra, Galles e Scozia, correndo anche una maratona e riuscendo nell’intento di raccogliere oltre 350.000 sterline. Nel 2006 fonda, insieme a un altro paziente affetto da Parkinson, The Cure Parkinson’s Trust, associazione che nel corso di questi anni ha già distribuito oltre 9 milioni di dollari nel mondo per la ricerca contro il morbo di Parkinson. Tom è stato membro dal 2005 al 2010 del comitato direttivo dell'Associazione europea per la malattia di Parkinson, ed ha presieduto quello a sostegno dei pazienti per il congresso mondiale sul Parkinson nel 2010 e nel 2013, tenendo in totale ben 15 discorsi nel corso dei due eventi. Isaacs è anche il principale promotore del progetto Sense Park, iniziativa finanziata dall’Unione Europea, che offre ai pazienti con il Parkinson ed ai loro medici strumenti personalizzati per le loro esigenze. Inoltre, è anche co-fondatore del Parkinson’s Movement, organizzazione che rappresenta un punto di riferimento importante e indipendente per i malati e che ha contribuito significativamente ai progressi della sperimentazione clinica, per il reclutamento dei pazienti e le misure dei risultati ottenuti. Nel 2012 Tom ha ricevuto il prestigioso premio Dr Rana International Parkinson's Community e l’onore di essere tedoforo in occasione delle Olimpiadi di Londra. Isaacs è autore del libro “Shake Well before Use”, dove racconta, con passione, ottimismo ed umorismo, la sua vita affetta da Parkinson. Parla spesso della sua condizione e della vita dei pazienti con il Parkinson per cercare di progredire nella ricerca e nello sviluppo di nuove terapie per la clinica. Ha pubblicato vari articoli sulle riviste Lancet Neurology, Journal of Clinical Investigations e Journal of Parkinon's disease, del cui comitato editoriale fa parte.

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Gianvito Martino È professore ordinario di Biologia Applicata presso l’Università Vita-Salute di Milano e professore onorario presso la School of Medicine and Dentistry della Queen Mary University di Londra. È stato tra i fondatori dell’Associazione Italiana di Neuroimmunologia (AINI), di cui è stato Presidente dal 2009 al 2012, e dell’European School of Neuroimmunology (ESNI) e della Global Schools of Neuroimmunology (GSNI) delle quali è tutt’ora il coordinatore scientifico. Dal 2010 al 2012 è stato Vice Presidente e dal

2012 al 2014 è stato Presidente dell’International Society of Neuroimmunology (ISNI). È membro del consiglio scientifico di numerose società scientifiche nazionali ed internazionali e ha conseguito negli anni numerosi premi scientifici tra i quali il Premio Rita Levi-Montalcini. È autore di oltre 250 pubblicazioni scientifiche. I suoi interessi scientifici vanno dallo studio dei meccanismi patogenetici alla base dei disturbi del sistema nervoso centrale di tipo immunomediato allo sviluppo di strumenti di terapia genica e di innovative terapie utilizzanti cellule staminali neurali per il trattamento di questi disturbi. Attivo nel campo della divulgazione scientifica, è stato tra i fondatori di associazioni no-profit – SINAPSI e BergamoScienza – attive nell’organizzazione di eventi e iniziative per la diffusione della cultura scientifica. La sua attività divulgativa si è poi concretizzata nella pubblicazione di vari libri tra i quali “Il cervello. La scatola delle meraviglie” (2008), “La medicina che rigenera. Non siamo nati per invecchiare” (2009), “Identità e mutamento. La biologia in bilico” (2010), libro vincitore del Premio Fermi Città di Cecina 2011 per la divulgazione scientifica, e “Il cervello gioca in difesa: storie di cellule che pensano (2013)”, libro vincitore del 1° Premio per la Divulgazione Scientifica dell’Associazione Italiana del Libro.

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Guido Pantè Consulente per l'Agenzia Italiana del Farmaco AIFA dal 2009 presso cui ha contribuito ad organizzare e monitorare le sperimentazioni cliniche finanziate dall'AIFA. Dal 2012 ricopre il ruolo di assessor di qualità dei medicinali biotecnologici sperimentali e dei medicinali per terapia avanzata. Nel 2012 è nominato componente della commissione per l’ammissibilità alla Sperimentazione Clinica di fase I dell'Istituto Superiore di Sanità ed esperto del Comitato per le terapie avanzate (CAT) presso l'Agenzia Europea per i Medicinali. Attualmente ricopre il ruolo di dirigente biologo dell'AIFA: si occupa principalmente della valutazione, e scientific advice, della parte di qualità dei prodotti sperimentali

bioteconologici e dei medicinali per terapia avanzata. Da circa un anno ricopre il ruolo di ispettore osservatore di Good Manufacturing Practice (GMP). L’AIFA è l’agenzia che in Italia svolge tutte le attività connesse alla registrazione e autorizzazione all’immissione in commercio dei farmaci, inclusa la verifica della sicurezza e appropriatezza d’uso delle sostanze e della qualità della fabbricazione. L’AIFA ha inoltre un ruolo fondamentale nel controllo della spesa farmaceutica nazionale e nel garantire l’equo accesso ai farmaci da parte della popolazione. L’Agenzia promuove con impegno costante la diffusione di un’informazione corretta e indipendente, dialogando con la comunità delle associazioni dei malati e con il mondo medico-scientifico e delle imprese produttive e distributive, anche attraverso il ricorso a campagne di comunicazione e sensibilizzazione all’uso consapevole e responsabile dei farmaci.

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Malin Parmar Malin Parmar dirige il Laboratorio di Neurobiologia Rigenerativa e dello Sviluppo, all’Università di Lund in Svezia. Il suo gruppo studia da anni i meccanismi alla base del differenziamento cellulare nel cervello in via di sviluppo, allo scopo di identificare metodi sicuri ed efficienti per indurre il differenziamento delle cellule staminali in specifiche popolazioni di neuroni.

Appassionata fin dall’infanzia di scienza e tecnologia, dedica i suoi studi dapprima ai meccanismi di sviluppo del cervello, per poi concentrarsi sulle potenzialità delle cellule staminali, ottenendo da subito risultati affascinanti. Membro dei Consorzi Europei Transeuro e Neurostemcellrepair, il suo lavoro ha portato allo sviluppo di protocolli sperimentali che consentono di produrre neuroni dopaminergici perfettamente funzionali in grado di sostituire il tessuto danneggiato e di creare nuove connessioni nervose nei modelli animali della malattia di Parkinson. Risultati che aprono interessanti prospettive terapeutiche per i malati. Nel 2014 è autrice e coordinatrice di un importante studio pubblicato su Cell Stem Cell che apre alla sperimentazione clinica delle staminali neuralizzate per il Parkinson. Il suo obiettivo è ora quello di risolvere i problemi connessi alla sicurezza ed efficacia dei trattamenti e migliorare i protocolli di differenziamento per ottenere cellule neuronali su larga scala, al fine di avviare i necessari trial clinici.

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Charles Sabine Charles Sabine, giornalista televisivo vincitore di numerosi riconoscimenti, ha lavorato per 26 anni per l’emittente televisiva americana NBC. Nella fotografia, con il fratello John, affetto da Còrea di Huntington. Nella sua lunga carriera da corrispondente, iniziata negli anni ’80, ha raccontato e vissuto in prima persona dodici guerre, sei rivoluzioni e quattro gravi terremoti, oltre ai principali fatti di cronaca di Europa,

Medio Oriente, Africa ed Asia. La sua esperienza in prima linea lo porta ben presto a comprendere quali siano i limiti estremi verso i quali lo spirito umano può spingersi di fronte ad una tragedia, sia questa naturale o causata dall’uomo. Nel 2008, decide di mettere a frutto gli insegnamenti derivanti dalle esperienze accumulate nel tempo per un uso diverso, a favore della ricerca scientifica, divenendo pioniere e portavoce per la libertà della ricerca, e per quelle persone che soffrono di malattie neurodegenerative - in particolare la Corea di Huntington, che ha devastato la sua famiglia e di cui porta il gene che scatenerà la malattia. Questo ruolo ha portato Sabine a parlare in sedi prestigiose in tutto il mondo, tra le quali il Parlamento Europeo e Britannico, alla Royal Institution e al Congresso mondiale per la libertà e la ricerca scientifica.

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Giuseppe Testa Giuseppe Testa è il direttore dell’Unità di Epigenetica delle cellule Staminali dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milano e docente all’Università degli Studi di Milano. Il suo gruppo studia i meccanismi alla base della programmazione e riprogrammazione cellulare, che consentono di conferire a ciascuna cellula la sua specificità, con l’obiettivo di sviluppare nuovi modelli sperimentali per lo studio del cancro e delle

malattie del sistema nervoso. Si laurea in medicina a Perugia e consegue il dottorato conseguito all’EMBL, prestigioso istituto europeo di biologia molecolare, svolgendo poi significative esperienze di ricerca al Max Planck di Dresda e negli Stati Uniti. Nel 2013, Testa ha ottenuto un significativo finanziamento europeo per lo sviluppo dei cosiddetti disease avatars, unendo la riprogrammazione cellulare ai più avanzati strumenti di ingegneria genetica, per generare un modello cellulare della Sindrome di Williams (una malattia neurologica che causa disabilità mentale, preservando tuttavia gran parte delle capacità linguistiche e di socializzazione), partendo dalle cellule prelevate dalla cute dei bambini malati. Simili approcci sono particolarmente rilevanti per le malattie del cervello, perché consentono di ottenere quantità illimitate di cellule portatrici del difetto genetico, che non sarebbe possibile prelevare direttamente dai pazienti. Attraverso lo studio di questi avatars, sarà quindi possibile definire i meccanismi responsabili delle malattie e identificare possibili nuove terapie. Attivo anche nel campo della bioetica, Testa è autore di varie pubblicazioni sui delicati rapporti tra etica, politica e ricerca, tra cui “Geni a nudo” (2012) riflessione sulle conseguenze sociali del progresso scientifico.

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Selezione di articoli e interviste apparsi sulla stampa Che cosa si può fare davvero con le staminali per la sclerosi multipla Corriere della Sera, 26 Novembre 2013 di Gianvito Martino Riuscire a raggiungere i tessuti cerebrali danneggiati per “ripararli”: è questa la promessa delle cellule staminali, ma che cosa si può fare già oggi con queste cellule? «Innanzitutto bisogna fare chiarezza, - risponde Gianvito Martino, direttore della Divisione Neuroscienze dell’Ospedale San Raffaele di Milano, tra i ricercatori italiani più impegnati in questo settore - non esiste un solo tipo di cellule staminali: ci sono le ematopoietiche, le mesenchimali e le neurali. Le staminali ematopoietiche sono state le prime ad essere utilizzate nella sclerosi multipla come terapia immunosopressiva. In pratica queste cellule, estratte dal sangue, e iniettate per via endovenosa, vengono usate per “sedare” l’attività di un sistema immunitario fuori controllo che distrugge quello che dovrebbe difendere, in questo caso, la guaina mielinica deputata a proteggere le fibre nervose. Sono circa 500 i pazienti che, in tutto il mondo, sono stati trattati con questa tecnica e i risultati sono buoni: in circa il 60% dei malati, almeno per qualche anno, la progressione della patologia rallenta, ma poiché prima di trattare i pazienti con queste cellule bisogna “azzerare” l’attività del loro sistema immunitario, rendendoli fragilissimi nei confronti delle infezioni, la procedura non è esente da rischi. Si calcola che la percentuale di mortalità possa raggiungere l’1,5-2%, ecco perché questo tipo di trapianto va riservato a quel 5% di malati, in genere giovani, in cui la sclerosi progredisce molto rapidamente». MESENCHIMALI - Come si opera invece con le staminali mesenchimali e che cosa sono ? “Le staminali mesenchimali, estratte dal midollo osseo - risponde Martino - vengono pure iniettate per via endovenosa, e a tutt’oggi ,sempre nel mondo, sono una cinquantina i malati trattati in questo modo. Anche in questo caso, come per le cellule ematopoietiche, si utilizza “materiale” proveniente dallo stesso malato e quindi non ci sono problemi di rigetto. Le cellule mesenchimali dovrebbero ridurre l’infiammazione che danneggia i tessuti cerebrali. Il limite di queste cellule sta nel fatto che possono appunto proteggere i tessuti ma non rigenerarli. Per ora sappiamo solo che questa metodica è sicura, ma per sapere se è anche efficace dovremo attendere. È in corso un grande studio multicentrico guidato dal collega italiano, Antonio Uccelli dell’Università di Genova e i risultati sono attesi tra un paio di anni”. NEURALI - E le staminali neurali? Già il loro nome fa ben sperare…

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“Utilizzare cellule neurali per riparare il sistema nervoso dovrebbe essere più efficace che ricorrere a cellule del sangue o del midollo osseo, ma le difficoltà non mancano - sottolinea Martino. Cellule neurali trapiantabili oggi si possono ottenere solo da tessuti fetali e quindi il paziente dovrebbe sottoporsi a un trapianto eterologo con tutti i problemi di rigetto che comporta. Però, si è visto che - con la tecnica del giapponese Yamanaka, vincitore del Nobel nel 2012 - anche le cellule adulte della pelle si possono riprogrammare, facendole diventare staminali neurali. Con il mio gruppo di ricerca, qui al San Raffaele di Milano, abbiamo trasformato cellule delle pelle di topo prima in embrionali e poi in cellule neurali che, somministrate con una procedura simile alla puntura lombare e arrivate a livello cerebrale hanno cominciato a secernere una molecola capace di proteggere le cellule che producono la mielina. E soprattutto di stimolarne la produzione di nuova. Certo senza pretendere di ricostruire i neuroni danneggiati irreversibilmente dalla malattia”. “È facile capire - continua Martino - che se questo metodo funzionasse anche sull’uomo avremmo a disposizione cellule neurali autologhe , facilmente prelevabili dalla cute, che grazie al fatto di essere immesse con una puntura lombare (e non per via sistemica, endovena) andrebbero ad agire direttamente là dove servono, senza dispersioni». TEMPI - Ma quando queste tecniche arriveranno al paziente? “Per l’utilizzo delle neurali da tessuti fetali - conclude Gianvito Martino - è lecito ipotizzare due o tre anni di attesa per iniziare a testarne la sicurezza, decisamente di più per le neurali ottenute dalla cute che richiedono procedimenti assai complessi di lavorazione, ma molti laboratori in tutto il mondo sono oggi impegnati in questo tipo di ricerche”.

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Mai più disperati: la lezione inizia da Dallas Buyers Club Come le organizzazioni dei malati possono influenzare (bene) la ricerca TuttoScienze – La Stampa 20 Febbraio 2014 Giuseppe Testa, intervistato da Gabriele Beccaria A metà della conversazione spunta la figura scheletrita di Matthew McConaughey. Il professor Giuseppe Testa evoca “Dallas buyers club”: il film racconta la storia vera di Ron Woodroof, il cowboy ammalato di Aids che negli Anni 80 ingaggia una guerra privata per la sopravvivenza, quando del virus si sapeva pochissimo. Tra scene di strazio e violenza c’è il frammento di una storia più grande, altrettanto autentica: quella di alcuni gruppi di attivisti americani - racconta il direttore del laboratorio di Epigenetica delle Cellule Staminali dell’Istituto Europeo di Oncologia - che si trasformarono in esperti al punto di spingere la Food & Drug Administration (l’ente che dà luce verde ai farmaci) a ridefinire i criteri per la sperimentazione clinica e quindi a velocizzare l’approvazione di nuove terapie. «Un caso da manuale», sottolinea Testa nel suo ufficio milanese, che dimostra come la scienza sia una macchina più sofisticata rispetto agli stereotipi a cui hanno creduto tanti italiani, vittime del truffaldino metodo Stamina. «Il caso americano, in effetti, fa da contraltare al caso italiano. L’uno, un successo di inclusione intelligente dei non addetti ai lavori, l’altro un fallimento che ha diviso il Paese sul nulla». Stamina, tuttavia, resta per molti un’ossessione e Testa è lo studioso giusto per riflettere su uno scandalo del quale non ci si è ancora liberati. Di lui si è parlato nelle scorse settimane per il progetto, finanziato dall’UE, che punta a trasformare proprio le staminali in «cavia perfetta» con cui studiare cure innovative contro alcune malattie neurologiche. Sempre lui ha contribuito al libro considerato la bibbia sul tema, «Stem cells: from basic research to therapy»: lì, in un capitolo alla frontiera tra ricerca, etica e politica, Testa spiega perché le staminali siano il caso-simbolo di come le bio-scienze - che promettono di riparare le parti di noi che non funzionano più e di svelare la logica delle malattie che ci angosciano, dal cancro all’Alzheimer - richiedano una logica innovativa, che coinvolga scienziati, cittadini e politici. «Una scienza che sia più inclusiva dei bisogni di una cittadinanza sempre più consapevole». Professore, lei sostiene che la qualità di una democrazia si misura anche dal modo in cui affronta le questioni aperte dalla scienza: perché l’Italia fa fatica

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a gestirla, tra l’indifferenza per i tagli alla ricerca e le psicosi per le cure miracolose? «Per un problema che si sintetizza sotto una formula oscura solo in apparenza: epistemologia civica». Spieghi cosa significa. «Ho intitolato il mio capitolo “Democrazia della staminalità” perché analizzo come le staminali siano state affrontate e regolamentate e cosa rivelino di una società: non si riflette abbastanza su come una collettività decida - con la scienza e sulla scienza - organizzando il processo con cui si arriva a conoscere attraverso il contributo di tanti. Uso quindi il concetto di “epistemologia civica” per indicare come si stabiliscono gli standard del sapere, come vengono definiti e da chi, e attraverso quali canali vengono certificati in modo pubblico. Ecco perché l’epistemologia è civica: viviamo nella “knowledge intensive society”, la società ad alta intensità di conoscenza, che richiede l’esercizio di questa virtù - civica, appunto - di confronto e scambio. E gli scontri sulle staminali sono significativi per capire quanto diversa sia l’Italia da molti altri Paesi: da noi l’epistemologia civica è frammentata, non rodata e vive con inquietante regolarità momenti di crollo». Come nel caso Stamina? «Sì ed è emblematico: mancano evidentemente quei canali di tipo istituzionale che permettono di fare della conoscenza una pratica orgogliosamente vissuta come patrimonio comune. E così è successo che Stamina sia entrata nel sistema sanitario, aggirando una serie di soglie che sono sia di affidabilità scientifica sia, appunto, di responsabilità civica. E, una volta esplosa nello spazio pubblico, ha creato un’enorme controversia. Tanto che si era inizialmente arrivati, per volontà di un governo, a proporre una sperimentazione - atto che è per antonomasia parte del processo della ricerca - seguendo un percorso radicalmente diverso da ciò che è codificato come corretta pratica scientifica. Mancano, quindi, i meccanismi con cui arrivare a una conoscenza condivisa e pubblica, in cui scienza e politica dialoghino, generando un percorso comune che includa le priorità dei cittadini e sia radicato nell’evidenza». E i cittadini? Come li si coinvolge? «Quando si parla di scienza e democrazia - il tema di questa serie di “Tuttoscienze” - si deve partire dal fatto che i luoghi del sapere si moltiplicano e non sono più solo università e laboratori. Un esempio è l’azienda californiana “23andMe”, che vende test genetici online ed è al centro di molte controversie su come regolare la distribuzione di questo tipo di informazioni. Creata dall’ex moglie di Sergey Brin, uno dei fondatori di Google, incarna - non a caso - la convergenza tra ricerca genetica e tecnologie digitali. Partita tra l’incredulità generale, ha raccolto così tanti dati da trasformarsi, al punto che oggi produce

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anche ricerche di punta sulle basi genetiche delle malattie. È uno dei modi, pur non esente da problemi, attraverso cui la conoscenza sta diventando “scienza partecipata”. Il punto è farla bene». Che cosa insegnano i casi americani? «Di fronte all’Hiv molti attivisti si trasformarono in esperti tra gli esperti, influenzando i criteri di ricerca e sperimentazione. Ma non è il solo caso. Nei Paesi a forte vocazione scientifica diverse organizzazioni di pazienti hanno smesso di essere semplici associazioni che raccolgono soldi: lavorano fianco a fianco con gli studiosi e divengono parte integrante del processo della ricerca. In Italia, invece, è successo che il dolore dei malati finisse stravolto e strumentalizzato, come con Stamina». Come si rimedia? «In due modi. Il primo è l’inclusione. È impensabile che un dibattito sulla scienza ponga i pazienti con la ricerca. Un esempio è stata l’Authority inglese per la fertilizzazione e l’embriologia (Hfea), che coinvolge nei propri pareri tanti pezzi della società civile. Il secondo è la responsabilità. Ogni decisione dev’essere tracciata con un iter istituzionale chiaro e trasparente per tutti». E i verdetti spesso sconcertanti della magistratura? «Quando c’è di mezzo la “biopolitica”, la magistratura non può agire come se fosse avulsa dalla sfera decisionale della scienza. Il diritto deve incontrare le scienze della vita. Cito ancora l’Inghilterra. Quando, un decennio fa, il caso della pecora Dolly suscitò una serie di interrogativi sulle somiglianze e sulle differenze tra cloni ed embrioni, fu la Camera dei Lord a decidere, ma lo fece con un processo che integrava prove scientifiche e ragionamenti giuridici». Perché in Italia gli scienziati non fanno il primo passo? «A volte lo fanno, ma mi piacerebbe che si offrissero sempre di più come risorsa civica, di “civil servants”. E che trovassero, tra i politici più illuminati, non solo una sponda, ma un vero e proprio attracco». Perché sulle staminali abbondano equivoci e litigi? «Perché spesso non si capisce che c’è bisogno di tempo, almeno 15-20 anni. La riprogrammazione cellulare apre orizzonti unici. Di fronte a queste sfide è necessario costruire un consenso diffuso e rigoroso. Solo così si ridurranno le probabilità di nuovi e pericolosi scollamenti nella società».

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Neuroni umani dalle staminali nuova frontiera per il Parkinson La Repubblica 7 Novembre 2014 di Elena Cattaneo L'ipotesi di rimpiazzare i neuroni persi in una specifica malattia neurodegenerativa, il morbo di Parkinson, con nuovi neuroni preparati in laboratorio, è da oggi più vicina. Su Cell Stem Cell, i colleghi dell'Università di Lund, in Svezia, guidati dalla giovane scienziata Malin Parmar, dimostrano di poter ottenere in laboratorio i neuroni dopaminergici che degenerano nel Parkinson, partendo da staminali embrionali umane. Le studiano da anni con il consenso e il supporto dei loro governi e quello consapevole e correttamente informato dei loro concittadini. Le derivano da blastocisti soprannumerarie, embrioni umani in un piattino di laboratorio, composti da poche centinaia di cellule indifferenziate, prodotti da fecondazione in vitro e non utilizzati dalla coppia, che li destina alla ricerca invece che alla distruzione. Dalle staminali embrionali si possono ottenere tutte le cellule dei nostri tessuti. I ricercatori hanno capito come "convincerle" a diventare specificamente i neuroni dopaminergici che muoiono nel Parkinson. In tanti ci avevano provato prima e hanno ottenuto neuroni: ma non erano "autentici". Mancavano di alcuni "vestiti" specializzati, e dopo trapianto erano poco efficaci. C'era anche il rischio che potessero sfuggire al controllo e proliferare. Oggi questi due problemi sembrano risolti. Si è quindi affrontato il terzo. Possono quei neuroni umani "autentici", ottenuti in un piattino di laboratorio, funzionare dopo trapianto nel modello animale di Parkinson come se fossero i neuroni "naturali"? E saranno in grado di ristabilire le connessioni e i circuiti in un tessuto danneggiato dalla malattia? Sta qui l'avanzamento conoscitivo svedese. I colleghi dimostrano che le cellule trapiantate funzionano così bene da generare una straordinaria rete di ramificazioni nervose che si dipartono dai nuovi neuroni innestati. Nell'esperimento le cellule trapiantate sono umane, mentre il tessuto ospite è ratto. Utilizzando un marcatore per cellule umane è possibile vedere questa fitta rete di connessioni che irradiano le aree cerebrali corrette e distanti. Questo significa la possibilità di ricostituire i circuiti cerebrali lesionati dalla malattia. Il lavoro del gruppo di Malin Parmar prova che è possibile ottenere in laboratorio, neuroni umani, bellissimi, veri e della tipologia desiderata (per quello che la ricerca ci consente di dimostrare), che funzionano esattamente come ci aspettiamo. Di neuroni il nostro cervello ne contiene centinaia di tipologie diverse, ciascuna con una sua storia e una funzione. A secondo dei tipi di neuroni che muoiono si hanno diverse diverse malattie. È la ricerca di base che ci spiega come generarne di nuovi partendo dalle staminali. È dalla

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ricerca di base che ci aspettiamo le conoscenze su come si sviluppano, per esempio, i neuroni dei sei strati della corteccia cerebrale, che stanno nella parte più dorsale del cervello. O i neuroni più basali, che muoiono nella malattia di Huntington o nel Parkinson, o quelli più posteriori, quelli motori, che degenerano nella Sclerosi Amiotrofica Laterale. Abbiamo imparato che via via che queste cellule si specializzano acquisiscono abiti aggiuntivi, che tracciamo, riconosciamo, studiamo. Queste conoscenze le trasferiamo poi in vitro. E sono state applicate a un tipo particolare di staminale, quella capace di rispondere a queste sollecitazioni come nessun'altra staminale ha mai saputo fare: la staminale embrionale umana. Aggiungiamo a queste cellule in vitro quella manciata di "morfogeni" che la ricerca di base ci consegna con dettagli inimmaginabili fino a pochi anni fa, e che scopriamo al timone della formazione del nostro cervello. Ed è in base alle loro combinazioni e dosi che succede qualcosa di meraviglioso: le staminali embrionali si specializzano in neuroni dorsali o basali o più posteriori come se seguissero una mappa stradale in grado di portarle verso la giusta destinazione e funzione. È ancora un enigma come questo accade. Ma capirlo vale la vita di studio di un ricercatore, anche se lui o lei non dovesse mai arrivare a curare alcunché, perché consegnerà altre solide prove a chi raccoglierà il testimone. Stiamo parlando di momenti entusiasmanti per la ricerca di base in medicina rigenerativa. Il caso svedese dimostra quanto la strada della scienza sia lunga e difficoltosa, e quanto importante sia spiegare le conquiste, la fatica, i fallimenti e il tempo necessario per studiare ciò che ancora non si conosce. E che si lavori come scienziati per mantenere credibilità e fiducia. Bisogna continuare a parlare ai cittadini, piedi per terra ed "ego" sotto controllo. Ai cittadini e alla politica. Non basta studiare una cellula o un atomo o il Big Bang in laboratorio per essere scienziati: la scienza è per tutti. Forse, così facendo, un giorno anche noi avremo un Governo e un Parlamento che sapranno investire nella conoscenza, incorporando scienza e innovazione nelle maglie legislative. Lo avremo tanto prima quanto più i cittadini saranno informati e potranno far sentire la loro voce e il loro supporto alla scienza, quella che studia per conoscere, capace di catalizzare cambiamenti. Ambiziosa, visibile, dimostrata, pubblica e di tutti.

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Dal fronte dell’Huntington Il corrispondente di guerra della Nbc ha scoperto di avere il gene di questa malattia, letale per sé e per i suoi familiari. Le sue speranze e le sue paure, confrontate con quelle del suo difficile mestiere Il Sole 24 Ore – 22 marzo 2009 di Charles Sabine (traduzione di Sylvie Coyaud) Nel 2005, mentre l’inverno romano lasciava il posto alla primavera, mi sono ritrovato spesso di sera davanti al Vaticano, sotto la pioggia. Il corpo di Giovanni Paolo II si arrendeva al tempo, alla malattia e alla pallottola di un assassino. Da giornalista, avevo visto finire il comunismo nella sua patria e respirato fumi d’incenso mentre lo seguivo nel suo ultimo pellegrinaggio in Terra Santa. Nonostante queste affinità non stavo pensando alla sua salute ma alla mia: dovevo fare un esame che avrebbe determinato il corso della mia vita. Ne ho trascorso più di metà come inviato della televisione Nbc, spesso in posti dove i dogmi religiosi si scrivono nel sangue, di recente anche a Baghdad dove la buona salute non è mai scontata. I miei non la davamo più per scontata dal 1994, quando avevamo saputo che mio padre era affetto dal morbo di Huntington. Non ne avevamo mai sentito parlare, ci dissero che era incurabile, e da allora ogni giorno ha avuto il sapore di quella rivelazione. Non solo è incurabile, è di origine genetica. Avevo un 50% di probabilità di soffrirne anch’io dopo dieci o quindici anni. L’indipendenza che avevo coltivato così a lungo mi era caduta dalle spalle all’improvviso, lasciandomi vulnerabile e fragile come non ero mai stato prima. Per descrivere il morbo di Huntington, i superlativi non bastano. Per un uomo, qual è la perdita di dignità peggiore? Vedere gli amici trasalire davanti al suo corpo e alla sua mente che si contorcono, mentre il suo cuore grida aiuto e nessuno lo sente? No. Sono certo che mio padre avrebbe sopportato volentieri un’indegnità cento volte peggiore se gli fosse stato risparmiato un dolore ancora più grande: la consapevolezza di aver trasmesso quell’incubo ai suoi figli. Mio fratello John ha cinque anni più di me e lavora in uno dei più prestigiosi studi legali d’Inghilterra. Adesso, prima di andare dalla sua neurologa, si allena a camminare in linea retta perché sa che lei gli chiederà di farlo, e gli riesce sempre più difficile. Nessuno pensi che la ricerca su una malattia come quella che ha colpito la mia famiglia non lo riguardi. Le vite distrutte dalla demenza di un parente sono molte, nascoste in una comunità che si vergogna, che ha perso la stima di sé. È più vasta di quanto si pensi e crescerà ancora. Tra quarant’anni, prevedono alcuni esperti, metà della popolazione europea soffrirà di una forma di demenza prima di morire.

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Venticinque anni passati a osservare gli uomini uccidersi l’un l’altro mi hanno insegnato che le società perdono la propria bussola morale quando sono private di dignità e di speranza. Chi soffre di demenza perde ogni dignità. E la speranza? Ecco, siamo a una svolta potenziale nella storia della medicina. È possibile, per esempio, che il morbo di Huntington abbia le risposte a molte domande che riguardano il futuro di tutti. Se mutazioni genetiche consentissero di prevedere altre patologie, trattarne i sintomi potrebbe diventare l’ultimo ricorso. Le cellule staminali promettono molto di più, come ha riconosciuto il nuovo governo statunitense quando ha deciso di abrogare una legge arcaica che limitava le ricerche. In Europa, qual è l’ostacolo? Sempre lo stesso, una cappa accecante, fatta di paura e di disinformazione. Quando 150 anni fa Charles Darwin pubblicò l’Origine delle specie, venne accusato dai teologi cattolici di aver insultato la specie umana. Ma come ebbe a dire, «preferirò sempre la reverenza indotta dalla conoscenza alla reverenza indotta dall’ignoranza». Oggi la Chiesa ha paura della ricerca sulle cellule staminali. La paura ormai, so riconoscerla. Nel marzo 1996, erano gli ultimi giorni della guerra nell’ex-Jugoslavia, sono stato catturato insieme alla troupe televisiva da un commando di mojahidin. Al tramonto, lanciarono razzi contro le linee serbe, due chilometri più a nord, poi uno di loro chiamò alla preghiera. Dal finestrino della nostra auto blindata, potevo vedere il sangue sul muro contro il quale due stranieri di un’agenzia internazionale per lo sviluppo erano stati uccisi il giorno prima. Il giovane guerrigliero che per cinque ore mi aveva puntato contro un AK 47 tolse la spoletta di una bomba a mano che mi appoggiò sulla testa mentre chiudeva gli occhi e pregava Allah. Ho provato paura vera, ma né quel momento né altri che ho vissuto installano un terrore simile al morbo di Huntington. Sono andato via da Roma, ho fatto quell’esame e ho scoperto che la malattia che ha colpito mio padre e che comincia a colpire mio fratello colpirà anche me. Non passa ora senza che m’immagini il degrado della mia vita, o mi chieda se potrò ancora ballare quando mia figlia più piccola compirà 16 anni. Ogni giorno, migliaia e migliaia di persone si rendono conto che forse i frutti della ricerca arriveranno troppo tardi per aiutarle e scivolano in una disperazione senza ritorno. Non sottovalutate il significato di quella ricerca per tutti quelli che nel mondo soffrono di malattie simili, e per quelli ancora più numerosi che li amano e li accudiscono: leggono avidamente i giornali, i siti internet, in cerca di qualche briciola di notizia uscita da un laboratorio. In un mondo di tenebre il minimo bagliore di luce è un incoraggiamento per lo spirito.

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Nel 2003, ho voluto capire cos’era successo ai malati di mente durante l’invasione dell’Iraq. Nell’unico asilo psichiatrico del Paese, le porte erano state rubate, la maggior parte dei malati se n’erano andati, restavano solo le donne, senza né acqua né farmaci, e molte erano state violentate dai ladri. Tutto il personale era fuggito, meno un’infermiera chiamata Leyla che per non essere scoperta aveva indossato la divisa da paziente pur di continuare ad assistere le donne che, senza di lei, non sarebbero sopravvissute. Mi è venuta in mente l’espressione "abbandonate da Dio" e mi parve quella giusta. Ripensandoci però, mi sono reso conto che non lo era. Un dio personale era manifesto nel coraggio, nella bontà, nel puro e semplice amore di quell’infermiera. Nel tempo delle tenebre, sono queste qualità dello spirito umano a illuminarci e a darci speranza. È nella nostra natura accudire gli invalidi, cercare di aiutarli e nessuna autorità al mondo ha il diritto di frustrare questo istinto. Il morbo di Huntington è un attacco allo spirito umano, ma sarà respinto perché contro di esso si mobilita l’umanità migliore. Coloro che in nome di qualunque organizzazione provano a intralciarla, saranno puniti dalla propria coscienza: posso solo pregare perché né loro, né un loro familiare soffra mai di una malattia per la quale vogliono proibire la ricerca di terapie. Gli scienziati sono capaci di mutare quella sentenza definitiva. Sappiamo di cos’è capace lo spirito umano. Alla fine di un’altra guerra che non rimosse Saddam, sono andato alla frontiera con l’Iran verso il quale, si diceva, fuggivano i curdi. E ho visto una marea umana superare le montagne, un milione di persone, in maggioranza donne e bambini, che scappavano dai bombardamenti con le armi chimiche. Era inverno, il freddo era tremendo, nessuno avrebbe creduto a quello che stava accadendo se non l’avessimo filmato. Mi è rimasta in mente una ragazzina, di dodici anni forse, che si issava sulle rocce con in spalla la sorella di tre anni che aveva perso conoscenza e sembrava non respirare più. L’aveva portata così per quasi centocinquanta chilometri. Siamo capaci di fare anche di più, se pensiamo di procedere verso un mondo migliore. Forse per me è troppo tardi, ma non per i bambini di oggi e per quelli che devono ancora nascere. Anche in Europa esiste una comunità che ha perso la stima di sé e tutti noi abbiamo la responsabilità morale di restituirle dignità e speranza.

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Il viaggio. Dalla diagnosi alla cura del Parkinson Epdaplus – Winter 2014 di Tom Isaacs Vincere la battaglia psicologica contro il Parkinson e superare lo shock della diagnosi è possibile. Tom Isaacs, malato e co-fondatore del Movimento Parkinson, descrive il suo personale viaggio: dalla diagnosi, all’introspezione, alla negazione, fino alla completa accettazione della patologia. Per me, il Parkinson è uno strano viaggio, caratterizzato da momenti di profondo sconforto e da altri davvero straordinari. Ho vissuto la maggior parte dei miei momenti difficili nei primi anni successivi alla diagnosi, quando i sintomi della malattia erano solo lievemente invalidanti e non avevano alcuna ripercussione sul mio stile di vita. Riflettendo su questo e confrontandomi con le esperienze di altri pazienti che ho incontrato negli anni ho creato il “viaggio”, che ritengo possa rappresentare un positivo e ragionevole percorso comune a tutti quelli che vivono questa condizione. 1. Diagnosi La diagnosi è il punto di partenza, anche se a precederla, naturalmente, ci sono molti sintomi. Credo, tuttavia, che il viaggio inizi proprio quando la diagnosi viene effettuata, perché è in quel momento che viene attribuito un nome alla propria condizione e si ha l’idea di ciò che ha in serbo il futuro. 2. Shock, rabbia, negazione Comune all’esperienza di tutti, credo che molte persone con il Parkinson, in realtà, non vadano mai oltre questa fase. Lo shock, la rabbia, la negazione sono momenti di profonda introspezione. Costruiamo delle barriere attorno a noi stessi, pensando di curare così le “ferite” inflitte dalla diagnosi. Tutto pesa sulle nostre spalle e, in una certa misura, ci rendiamo egoisti, perché pensiamo che nessun altro capisca cosa stiamo attraversando. Viviamo quotidianamente la tragedia, o quello che noi pazienti percepiamo come tale. 3. Comunicazione Questo è il momento chiave nella transizione dalla disperazione alla ricostruzione di una nuova vita. Lentamente, ma inesorabilmente, si comincia a condividere con la gente vicino a noi la propria condizione, ci si apre. Si comincia a realizzare, forse inconsciamente, che l'unico motivo per cui la gente non comprende quello che stai attraversando è perché non lo hai mai esternato. La comunicazione è una buona terapia, perché un problema condiviso è un problema dimezzato. Si comprende inoltre che chi ci è vicino, ma anche chi

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non lo è poi così tanto, è pronto ad ascoltare e a condividere senza in alcun modo avere pietà della nostra condizione, e senza trattarci in modo diverso rispetto a prima della diagnosi. In effetti è l'atto stesso di condividere lo stato d’animo con gli amici e la famiglia, che vi garantisce di essere trattati allo stesso modo. 4. Consolidamento A poco a poco, si inizia ad affrontare il futuro e ad imparare un po’ di più sul Parkinson. Se ne parla in termini più costruttivi e, ci si abitua all'idea e ci si predispone mentalmente al lungo periodo di degenerazione neurologica che ci aspetta. 5. Accettazione Accettare la malattia è un altro momento chiave della propria condizione. Consapevoli di non essere più la persona di una volta, si accetta l’irrimediabile cambiamento, a modificare le proprie ambizioni per il futuro in funzione della malattia. Si comincia così a concentrarsi sugli aspetti positivi della nuova vita, interessandosi di più alle cose che si possono ancora fare, piuttosto che a quelle che il Parkinson ci impedirà di fare. 6. Impegno Questa è la fase in cui il morbo di Parkinson diventa un problema più ampio, che non interessa più solo il singolo individuo. Si comincia a parlare con altre persone, a confrontare le proprie storie, ascoltare le esperienze di altri. Si comincia a guardare oltre il proprio destino personale e a rendersi conto che le proprie esperienze potrebbero effettivamente aiutare gli altri. 7. Partecipazione In questa fase si comprende come contribuendo costruttivamente alla “comunità Parkinson”, si possa aiutare se stessi e gli altri, per sentirsi meglio. È così che ci si avvicina ad associazioni o ci si interessa ad un aspetto particolare della propria condizione o alla ricerca scientifica per lo sviluppo di nuovi trattamenti. 8. Supporto A questa fase si può essere un punto di riferimento per la comunità e per tutti gli altri malati. La gente è pronta ad ascoltare quello che hai da dire e tutti sono grati per il tuo contributo. Si è sempre più occupati e questo costituisce una carica positiva.

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9. Influenza Ora si è parte di un gruppo che può fare la differenza. La passione, la partecipazione, la capacità di sensibilizzare gli altri e di raccogliere fondi possono avere un’influenza diretta sul futuro della ricerca e sulla cura delle persone affette da Parkinson. Ecco perché è stato costituito il Movimento Parkinson. 10. Cambiamento/cura Questo è ciò che il Movimento Parkinson spera di raggiungere. Conclusioni Questa, quindi, è la mia percezione del viaggio che inizia con la diagnosi del Parkinson. Stranamente, più passa il tempo dalla diagnosi e peggiorano i miei sintomi, più divento determinato e positivo. L’accettazione della malattia non è uguale per tutti – il Parkinson si manifesta in modo diverso in ognuno di noi. Il mio, in particolare, è caratterizzato da molti sintomi visibili, che sono bilanciati perfettamente dal mio forte ed allegro atteggiamento che molti descriverebbero come “cieco ottimismo”. Cieco ottimismo o no, io sono ancora qui e in forma!

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Glossario Termini e locuzioni comunemente in uso nella ricerca su cellule staminali pubblicata sul sito web del consorzio Europeo EuroStemCell (www.eurostemcell.org), finanziato dall’Unione Europea, Horizon2020. Analisi clonale: analisi delle proprietà delle singole cellule. Essenziale per la dimostrazione formale della potenza e della capacità di auto-rinnovamento. Vedi anche: potenza, auto-rinnovamento. Auto-rinnovamento: capacità di una cellula staminale di dividersi e produrre copie di se stessa per un periodo di tempo indefinito. Questa è una capacità caratteristica delle cellule staminali. Vedi anche: analisi clonale, nicchia, cellula staminale. Blastocisti: uno stadio precoce dell’embrione di circa 100 cellule che non si è ancora impiantato nell’utero. La blastocisti è una sfera costituita da uno strato esterno di cellule, una cavità piena di liquido ed una formazione cellulare all’interno, definita massa cellulare interna Cellula figlia: una delle due o più cellule che derivano dalla divisione di una singola cellula. Vedi anche: divisione asimmetrica. Cellula iniziatrice del tumore: cellula che produce un nuovo tumore a seguito di trapianto. E’ una proprietà chiave delle cellule staminali tumorali. Vedi anche: cellula staminale tumorale. Cellula progenitrice: termine generico per una cellula senza capacità di auto-rinnovamento che contribuisce alla formazione di un tessuto. In alcuni casi genera le cellule staminali del tessuto stesso. Sinonimo: precursore. Cellula progenitrice: termine generico per ogni cellula in divisione che ha la capacità di dare origine ad un altro tipo cellulare. Il termine si può riferire anche a probabili cellule staminali delle quali la capacità di auto-rinnovamento non è stata ancora dimostrata. Sinonimi: progenitore, cellule progenitrici, progenitori. Cellula somatica: qualunque cellula di una pianta o di un animale diversa dalle cellule germinali (cellule riproduttive). Vedi anche: cellule staminali pluripotenti indotte (iPS). Cellula staminale: una cellula che può produrre continuamente cellule figlie

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uguali a se stessa oppure cellule con proprietà differenti e più ristrette. Vedi anche: auto rinnovamento, staminalità. Cellula staminale embrionale: linee cellulari staminali pluripotenti derivate dall’embrione prima della formazione dei tre foglietti germinativi. Vedi anche: pluripotente. Cellula staminale tissutale: cellula staminale derivata o residente in un tessuto fetale o adulto con capacità di differenziamento limitata all’ambito delle cellule che appartengono al suddetto tessuto. Queste cellule sostengono il mantenimento e la riparazione durante il corso della vita in alcuni tessuti. Sinonimo: cellula staminale adulta. Cellula staminale tumorale: cellula dotata di capacità di auto-rinnovamento responsabile del mantenimento del tumore e che dà origine ad una progenie differenziata costituente la maggior parte del tessuto neoplastico. Le cellule staminali tumorali identificate nelle leucemie ed in alcuni tumori solidi rappresentano target terapeutici critici. Vedi anche: cellula tumorale di origine, cellula iniziatrice del tumore. Cellula tumorale di origine: cellula pre-cancerosa che dà origine ad una cellula staminale cancerosa. Può essere una cellula staminale mutata o un precursore che ha acquisito proprietà di auto-rinnovamento attraverso una mutazione. Vedi anche: cellula staminale tumorale Cellule germinali: cellule riproduttive in organismi multicellulari. Vedi anche: zigote. Cellule staminali emopoietiche: cellule staminali che danno origine a tutte le cellule del sangue. Cellule staminali pluripotenti indotte (iPS): un tipo di cellula staminale pluripotente derivata da una cellula non pluripotente, tipicamente una cellula somatica adulta, attraverso la manipolazione di alcuni geni. Leggi in nostro documento sulle cellule iPS. Vedi anche: pluripotente, cellula somatica. Sinonimi: cellule iPS, pluripotenza indotta. Clonazione terapeutica: produzione di cellule staminali embrionali da cellule adulte ottenute da un paziente. Ciò viene ottenuto tramite una tecnica chiamata trasferimento del nucleo da cellula somatica. Coltura cellulare: crescita delle cellule in supporti da laboratorio, per ricerca sperimentale. Le cellule vengono fatte crescere in una soluzione o terreno di

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coltura che contiene nutrienti e fattori di crescita. Diversi fattori possono essere aggiunti al terreno per indurre cambiamenti nel comportamento cellulare. Vedi anche: linea cellulare. Determinazione: coinvolgimento in un programma mirato al differenziamento. Per una cellula staminale questo implica la perdita della capacità di autorinnovarsi. Vedi anche: differenziamento. Differenziamento: processo attraverso il quale le cellule diventano differenziate per eseguire delle funzioni particolari. Vedi anche: determinazione. Discendenza (Lineage): termine utilizzato per descrivere cellule con un progenitore comune, cioè originate dallo stesso tipo di cellula immatura. Divisione asimmetrica: divisione cellulare che dà origine a due cellule figlie con proprietà differenti. Osservata in alcune ma non in tutte le cellule staminali, può verificarsi anche in altri tipi di progenitori. Vedi anche: cellula figlia, filamento immortale. Epatocita: la cellula funzionale del fegato. Gli epatociti producono enzimi per la detossificazione dai cataboliti, sintetizzano le proteine del plasma, producono la bile e contribuiscono al controllo dei valori ematici degli zuccheri entro limiti ristretti. Epitelio: un tipo di tessuto che riveste le superfici e le cavità del corpo. Esempi di epitelio includono la cornea dell’occhio, gli strati della pelle e le pareti dei polmoni. Il tessuto epiteliale può anche formare le ghiandole. In greco, “epi” significa “sopra”, mentre “theli” significa “tessuto”. Fattore di trascrizione: una proteina che si lega a specifiche sequenze del DNA e quindi attiva o reprime la formazione di RNA messaggero (processo conosciuto come trascrizione del DNA a RNA). L’RNA messaggero porta il codice per la produzione di nuove proteine. Vedi anche: proteina. Filamento immortale: ipotesi del mantenimento del filamento di DNA parentale durante la divisione asimmetrica. Rappresenta un potenziale meccanismo per la protezione delle cellule staminali dalle mutazioni associate alla replicazione. Vedi anche: divisione asimmetrica. Linea cellulare: una popolazione di cellule che esprimono gli stessi geni, espanse in laboratorio per diversi cicli di crescita e divisioni cellulari. Vedi anche: coltura cellulare.

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Macrofago: un tipo di cellula bianca del sangue ed un componente versatile del sistema immunitario. Costantemente in ricognizione, i macrofagi sono in grado di individuare ed uccidere diversi tipi di batteri. Rappresentano solitamente la prima risposta ad ogni attacco all’organismo. Medicina rigenerativa: ricostituzione di un tessuto malato o compromesso attraverso l’attivazione di cellule residenti, oppure attraverso il trapianto di cellule. Vedi anche: terapia cellulare sostitutiva. Multipotente: capace di formare la moltitudine di cellule mature che costitituiscono un intero tessuto o più tessuti. Esempio cellule staminali emopoietiche (del sangue). Vedi anche: potenza. Nicchia: Microambiente cellulare che fornisce il supporto e gli stimoli necessari per sostenere l’auto-rinnovamento. Vedi anche: auto-rinnovamento. Oligopotente: Capace di formare due o più cellule mature in un tessuto. Ad esempio, le cellule staminali neurali che possono dare origine a diversi tipi di neuroni nel cervello sono oligopotenti. Vedi anche: potenza. Plasticità: nozione non ancora dimostrata secondo la quale le cellule staminali di un tessuto possono dare origine ai tipi cellulari di un altro tessuto in alcune condizioni. Pluripotente: capace di formare tutte le discendenze cellulari dell’organismo, incluse le cellule germinali ed alcune, se non tutte, le cellule degli annessi extraembrionali. Esempio: cellule staminali embrionali. Vedi anche: cellula staminale embrionale, cellule staminali pluripotenti indotte (iPS). Potenza: insieme di opzioni per la specificazione disponibile per una cellula. Vedi anche: analisi clonale, multipotente, oligopotente, totipotente, unipotente. Proteina: vedi anche: fattore di trascrizione. Ricostituzione a lungo termine: la capacità di cellule trapiantate di rinnovare continuamente un tessuto. Rappresenta il test definitivo per le cellule staminali emopoietiche, epiteliali e spermatogoniali. Riprogrammazione: incremento nella potenza. Si verifica naturalmente negli organismi con capacità rigenerative (dedifferenziamento). Si può indurre sperimentalmente nelle cellule di mammifero attraverso il trasferimento nucleare, la fusione cellulare, la manipolazione genetica o la coltura in vitro.

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Staminalità: nozione non dimostrata secondo la quale diverse cellule staminali sono regolate da geni e meccanismi comuni. Vedi anche: cellula staminale. Terapia cellulare sostitutiva: ricostituzione di un tessuto attraverso l’integrazione funzionale di una progenie di cellule staminali trapiantate. Diverso da effetto trofico “bystander”, anti-infiammatorio o immunomodulatorio delle cellule trapiantate. Vedi anche: medicina rigenerativa. Totipotente: sufficiente per formare un intero organismo. Lo zigote è totipotente; non dimostrato per le altre cellule staminali dei vertebrati. Vedi anche: potenza, zigote. Traslazione clinica: processo che prevede l’applicazione clinica della conoscenza scientifica attraverso una ricerca attentamente controllata e diversi passaggi di approvazione. Trial clinico: studio in soggetti umani per rispondere a specifiche domande su vaccini, nuove terapie o nuovi metodi per utilizzare trattamenti già conosciuti. I trial clinici sono utilizzati per determinare se nuovi farmaci o trattamenti sono efficaci e sicuri. I trial si svolgono in quattro fasi: nella Fase I il nuovo farmaco viene testato su un piccolo gruppo; la Fase II espande lo studio ad un gruppo più grande di persone; la Fase III estende lo studio ad un gruppo di persone ancora più ampio. La Fase IV ha luogo dopo che il farmaco o trattamento è stato brevettato e messo in commercio. Unipotente: che dà origine ad una singola cellula matura. Ad esempio le cellule staminali spermatogoniali sono unipotenti, dal momento che possono dare origine solo agli spermatozoi. Vedi anche: potenza. Zigote: una singola cellula che risulta dalla fusione dei gameti maschili e femminili (spermatozoo ed oocita) durante la fecondazione. Vedi anche: cellule germinali, pluripotente.

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