terapia numero 10

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musica & terapia numero 10 direttore editoriale Gerardo Manarolo comitato di redazione Claudio Bonanomi Massimo Borghesi Ferruccio Demaestri Alfredo Raglio Andrea Ricciotti Ferdinando Suvini segreteria di redazione Ferruccio Demaestri comitato scientifico Rolando O. Benenzon Università San Salvador, Buenos Aires, Argentina Leslie Bunt Università di Bristol, Gran Bretagna Giovanni Del Puente Sez. di Musicoterapia, Dip. di Scienze Psichiatriche Università di Genova Denis Gaita Psichiatra, Psicoanalista, Milano Roberta Gatti Direttore Sanitario A.N.F.F.A.S., Sez. di Genova Franco Giberti Psichiatra, Psicoanalista, Università di Genova Marco Iacoviello Consulente Teatro Carlo Felice, Genova Edith Lecourt Università Parigi V, Sorbonne, Francia Giandomenico Montinari Psichiatra, Psicoterapeuta, Genova Pier Luigi Postacchini Psichiatra, Neuropsichiatra Infantile, Psicoterapeuta, Bologna Oskar Schindler Ordinario di Foniatria, Università di Torino Frauke Schwaiblmair Istituto di Pediatria Sociale e Medicina Infantile, Università di Monaco, Germania Segreteria di redazione: Ferruccio Demaestri • C.so Don Orione 7, 15052 Casalnoceto (AL) tel. 347/8423620

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musica & terapianumero

10direttore editorialeGerardo Manarolo

comitato di redazioneClaudio BonanomiMassimo Borghesi

Ferruccio DemaestriAlfredo Raglio

Andrea RicciottiFerdinando Suvini

segreteria di redazioneFerruccio Demaestri

comitato scientificoRolando O. Benenzon

Università San Salvador, Buenos Aires, Argentina

Leslie Bunt Università di Bristol,

Gran Bretagna

Giovanni Del PuenteSez. di Musicoterapia, Dip. di Scienze Psichiatriche

Università di Genova

Denis GaitaPsichiatra, Psicoanalista, Milano

Roberta GattiDirettore Sanitario A.N.F.F.A.S., Sez. di Genova

Franco GibertiPsichiatra, Psicoanalista,

Università di Genova

Marco IacovielloConsulente Teatro Carlo Felice, Genova

Edith Lecourt Università Parigi V, Sorbonne, Francia

Giandomenico MontinariPsichiatra, Psicoterapeuta, Genova

Pier Luigi Postacchini Psichiatra, Neuropsichiatra

Infantile, Psicoterapeuta, Bologna

Oskar SchindlerOrdinario di Foniatria,

Università di Torino

Frauke SchwaiblmairIstituto di Pediatria Sociale

e Medicina Infantile, Università di Monaco, Germania S

egreteria di redazione: Ferruccio Dem

aestri • C.so Don Orione 7, 15052 Casalnoceto (AL) tel. 347/8423620

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pag 1Editoriale

pag 2Espressione dello spazio e del tempo in musicote-rapia: sintonizzazioni ed empatiaPier Luigi Postacchini

pag 18Intrattenimento, educazione, preghiera, cura…Quante funzioni può svolgere il linguaggio musi-cale?Laura Quattrini

pag 25Musicoterapia in fase preoperatoriaGiovanna Canepa

pag 40L’improvvisazione sonoro-musicale come esperien-za formativa di gruppoAlfredo Raglio, Maria Santonocito

pag 46Musicoterapia e anzianiAlessandra Varagnolo, Riccardo Melis, Silvia Di Pierro

pag 56Recensioni

pag 58Notiziario

pag 60Articoli pubblicatisui numeri precedenti

sommar

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10numero

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& terapia

Nel 2000 Musica et Terapia ha cambiato veste e di-mensioni collocandosi all’interno della collana dedi-cata alle artiterapie delle edizioni Cosmopolis. Il se-condo numero del 2004, il numero dieci del nuovoformato, ricorda questo percorso di crescita e di dif-fusione, percorso ulteriormente sollecitato dall’av-vio di una fruttuosa collaborazione con l’A.I.M., ilcui notiziario trova spazio all’interno di Musica etTerapia. Questo numero si apre con l’articolo di PierLuigi Postacchini; l’autore ricorrendo a citazionipoetiche ed artistiche cerca di delineare le qualitàdel linguaggio sonoro/musicale, la sua capacità dimuovere le emozioni, di descriverle, di ordinarle.Laura Quattrini, docente presso il Conservatorio diCagliari, descrive le molteplici funzioni del linguag-gio musicale; queste funzioni sono determinate dal-la peculiarità dell’elemento sonoro, dal suo artico-larsi in diversi linguaggi musicali,ognuno con unasua specifica potenzialità “semantica”, dai contestiin cui la musica viene praticata, dagli usi che se nefanno. Gli articoli che seguono si spostano da unadimensione prevalentemente teorica ad un contestoteorico-esperienziale. Il contributo di Giovanna Ca-nepa introduce un tema complesso, fonte di frain-tendimenti e mistificazioni, vale a dire il potenzialeeffetto ansiolitico insito in certe strutture sonoro/musicali; la trattazione dell’autrice sconferma ogniqualità pseudofarmacologica del musicale e ribadi-sce la centralità dell’identità sonoro/musicale indi-viduale e del contesto nell’amplificare o scotomiz-zare le potenziali funzioni attivanti o rilassanti del-l’ascolto proposto e le diverse valenze parasemanti-che. La musicoterapia viene spesso considerata unapratica riabilitativa indicata in situazioni clinichecaratterizzate anche da intensi livelli di compromis-sione psicofisica. Tale peculiarità rischia però di far-ci sottovalutare le potenzialità psicoterapiche insitenell’approccio musicoterapico. Il contributo di Al-fredo Raglio e Maria Santonocito si prefigge perl’appunto di delineare ulteriori ambiti applicativi,non necessariamente clinici, dove l’improvvisazionesonoro/musicale possa divenire l’occasione per unpercorso di crescita personale. L’ultimo articolo èdedicato al trattamento delle demenze senili. Il con-tributo di Alessandra Varagnolo, Riccardo Melis, Sil-via Di Pierro, descrive un intervento musicoterapicosvolto presso l’IPAB Giovanni XXIII di Bologna; la lo-ro testimonianza, rigorosa sotto il profilo teorico emetodologico, colpisce per l’intensa dimensione af-fettiva ed umana che la connota. G

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The author considers the psychodynamicconcepts of "inner world" and "inner objects"acording to the space and time categories,looking for tunings with some expressive forms.Thus, he takes examples from poetry (P. Eluard, E.Montale, G. Cavalcanti, Dante) from music(Mozart, Beethoven) and from painting (G.Romano) to show how the musical, plastic,pictorial, linguistic forms may tune in with theworld of affections. The use of poetic and artisticlanguage gives a more sudden correspondenceand evocation between forms and contents inthe expression of the Self. Of this concept theauthor gives a definition linked to the concept ofempathy.

L’argomento non è dei più semplici, ho pertantopensato di ricorrere ampiamente al linguaggio deipoeti, per cogliere le qualità evocative ed ineffa-bili (Jankélévich, 1961) della musica che consen-tono di abitare i suoni, collocandoli in una pro-spettiva interpersonale, e di facilitare così lacostruzione di relazioni.

O amici non più questi suoni, ma intoniamone altri più graditi e più gioiosi! Gioia, bella scintilla divina, figlia dell'Elisio,ebbri di fuoco noi entriamo,o celeste, nel tuo santuario…

Gioia libano tutti gli esserial seno della Natura;tutti i buoni, tutti i cattiviseguono la sua traccia di rose…

Vi prosternate, milioni?Presenti tu il Creatore, o mondo?Cercalo sopra il padiglione stellato!Sopra le stelle dev’egli abitare.

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Ho pensato

di ricorrere

ampiamente

al linguaggio

dei poeti,

per cogliere

le qualità

evocative

ed ineffabili

(Jankélévich,

1961) della

musica che

consentono

di abitare i suoni,

collocandoli

in una prospettiva

interpersonale,

e di facilitare così

la costruzione

di relazioni.

Espressione dello spazio e del tempo in musicoterapia: sintonizzazioni ed empatia

Pier Luigi Pos

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renana, con la celebra-zione della Gioia cheaiuta a superare gliostacoli e l'esortazionealla fratellanza di unaumanità mai apparsacosì statuaria, non fa

che rendere manifesta la premessa ideologica pre-sente in tutto Beethoven; è proprio una scelta illu-ministica quella del Finale della Nona, approdo diuna meditazione sul rapporto musica/parola dura-ta decenni: ‘ciò che la moda ha crudelmente divi-so’ gli incanti della Gioia riuniscono; restringendol'obbiettivo, la crudele divisione potrebbe ancheessere quella di musica e poesia, su cui tanto spe-culavano i teorici del linguaggio, ora riunite in unacomunione apodittica e più che mai densa di pro-messe" (Pestelli, 1991). Secondo la lettura di Mila"l’ode di Schiller, nella versione definitiva usata daBeethoven (quella dove si dice che la parola Freudeabbia sostituito la parola Freiheit), consta di 24quartine, delle quali una ogni tre è destinata ad unimmaginario Coro, per un riallacciamento ideale aimodi dell'antica lirica corale greca. Ogni quartina…solistica… è a rime alterne (A-B-A-B), mentre laquartina corale è rimata secondo lo schema A-B-B-A…” Secondo Baensch, "il testo è diventato unpoema quasi di Beethoven, che ha utilizzato i versidi Schiller alla maniera di un architetto delRinascimento che utilizzi le forme antiche per edi-ficarne costruzioni affatto diverse". Beethovenscorse nell'ode di Schiller probabilmente "lo scopofinale della storia umana, l’adempimento idealedell'umanità" piuttosto che il senso banale d'un aldi là nel cielo, esterno all'uomo e non frutto dellasua collaborazione fattiva.

È l’ideale della solidarietà che, in maniera quasiincredibile, si farà strada anche nel nero pessimi-smo leopardiano, quando nell'estremo canto dellaginestra, il poeta, di fronte alla cieca violenzadella natura, nemica dell'uomo, …invece di uscire

È questo il Coro finalecomposto, su testo diBeethoven, sull’ode"Alla Gioia" di Schiller.Come è noto alla finedella IX sinfonia, dedi-cata al re FedericoGuglielmo III di Prussia, Beethoven inserisce lacoralità intensa e potente dell’Inno alla Gioia,conferendo alla parola un valore aggiuntivo, erisolutivo, per la definizione della trascendenza ela gloria del "cielo stellato" di kantiana memoria.In questo modo, Beethoven realizza un desiderioche abitava fin dai suoi esordi di compositore ipiù profondi recessi del suo inconscio, spinto daun incontenibile bisogno di superare ogni limite,ma anche quasi non confidasse nella potenzadrammatica della musica. Così facendo, il "sinfo-nico" Beethoven, si complica però non poco lavita: in effetti l’Inno schilleriano non segue i pro-cedimenti della variazione così tipici e cari all'ul-timo Beethoven. Rispetto ai tempi precedenti èuna sezione non trasfigurata, bensì ripresa circo-larmente. Mila (1977) ha fortemente rivalutatoquesto censurato finale, assumendone nella dis-organicità un po’ farraginosa, la condizione tipi-ca che avvicina questa sinfonia beethoveniana,più delle precedenti, "all’uomo moderno e allacondizione di crisi che lo travaglia".Nel movimento conclusivo della Sinfonia "i temiprincipali dei tre movimenti precedenti, primavolta nella storia della sinfonia, sono richiamaticome simboli alla luce di un grande teatro, incal-zati da frammenti di recitativo strumentale, finchéuna voce umana (reale, di baritono) rompe l'asso-lutezza strumentale della sinfonia vocalizzando leparole: ‘O amici non più questi suoni, ma altri into-niamone più graditi e più gioiosi’; è l’invito a into-nare l’ode An die Freude di Schiller (1785), a lascia-re la metafora strumentale per la parola compren-sibile e sociabile. Il ricorso all'ode Schilleriana, pre-sente nel cuore di Beethoven fin dalla giovinezza

La possibilità insitanella musicalità è di "muovere"

emozioni più dellaparola stessa

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Energia pura quindi, Amore, gioia della vista, del-l'udito, dei sensi, che organizza e rende rappre-sentabile, in forma emotiva dapprima e cognitivasuccessivamente, la percezione delle categoriedello spazio e del tempo. Così il pellegrino Dante sembra vivere e rappre-sentarci il percorso del suo farsi umano, in unaprogressiva acquisizione di consapevolezza ecoscienza, in altre parole proponendoci in formapoetica, ma non solo, una profonda esperienzamutativa del Sé.

Ancora ci soccorre la metafora del linguaggiopoetico volendo affrontare il mondo interno daun altro punto di vista: Paul Eluard nella lirica "Didettaglio in dettaglio" tratta dalla raccolta: "Ilduro desiderio di durare", che fu scritta per esse-re illustrata da disegni di Marc Chagall, e nellaquale riprende modi poetici lorchiani, così espri-me la rappresentazione dell’onda riferendosi alleforme del sogno:

All’ora del risveglio vicino al nido della terraUn raggio di sole scava una via per il mare

Molle d’alba una foglia segna il paesaggioIngenua come un occhio dimentico del viso

E il giorno presente cogliendo i dormientiRende alla notte le ombre loro addormentate.

La poesia rappresenta così, con le forme che lesono proprie ed in modo molto più “impressio-nante” del linguaggio verbale, il concetto diombra. Va da sé che tale rappresentazione è avvi-cinabile al concetto di "Ombra dell’oggetto"postulato dallo psicoanalista Bollas (1987).

Ancora possiamo ricorrere alla letteratura perillustrare il concetto di "Oggetti interni", che dob-biamo alla ricerca psicoanalitica (Meltzer 1986;Kernberg 1980, 1984). Guido Cavalcanti è uno dei

soltanto nei consueti, sconsolati lamenti, esalta la"nobil natura" di chi "a sollevar s'ardisce / gliOcchi mortali incontra / Al comun fato" e… “nonsi perde d’animo, ma scorge il rimedio, appunto,nella solidarietà" (Mila 1977).

Per contrappasso possiamo considerare comeDante, profondo conoscitore di musica e compo-sitore egli stesso (Russo, 1988), abbia affrontatolo stesso problema, confidando diversamentenella possibilità che è insita nella musicalità, cheappartiene al preconscio1, di "muovere" emozionipiù della parola stessa. Così allora conclude laCantica dell’Inferno, con un immagine che puòsembrare apparentemente statica:

salimmo sù, el primo e io secondo,tanto ch’i’ vidi de le cose belleche porta ‘l ciel, per un pertugio tondo.E quindi uscimmo a riveder le stelle. (Inferno XXXIV, 136-139).

Nella chiusa della Cantica del Purgatorio, dopoaver proposto infinite forme uditive e visive, ilpoeta, nell’accentuazione del movimento, così"in-forma" il verso, che pur si conclude sullamedesima "forma" linguistica:

io ritornai dalla santissima ondarifattosi come piante novellerinovellate di novella fronda,puro e disposto a salire a le stelle.(Purgatorio XXXIII, 142-145).

In conclusione del poema, Dante sembra sovra-stato dall’accelerazione del movimento e così latrasfigura in una rappresentazione che apparemossa da pura energia:

A l’alta fantasia qui mancò possa;ma già volgeva il mio disio e ‘l velle,sì come rota ch’igualmente è mossa,l’amor che move il sole e l’altre stelle.(Paradiso XXXIII, 142-145).

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che non sdegn(i)ate di tenerci noitanto ch'un poco di pietà vi miri.

Il piccolo paziente Jacopino, sembra subire inseduta una inevitabile frustrazione: subisce ungol, inopinato, nel gioco della palla. Inesorabilesarà la sua vendetta: alla uscita, aperta la portasulle scale e constatato il momento in cui qual-cuno sta scendendo, si rivolge alla mamma a vocealta e parlando molto velocemente: "Mamma, losai che Pier Luigi ha un pene piccolo piccolo?".Qui il tema dell’aggressività è reso con il ricorso aiparametri classici del fonosimbolismo (Fonagy,1983; Dogana, 1984): alta intensità della voce,breve durata dei suoni, alta velocità di emissione(Imberty 1988).

Volendo proseguire con queste sinestesie(Postacchini, 2002) e sintonie, recentemente,ascoltando i canti dei pellegrini in viaggio versoSantiago de Compostela, mi è sembrato di coglie-re in quei canti la forte impressione di incisi rit-mici che evocavano, richiamandoli alla mente, ipiedi della metrica greco-romana, con le scansio-ni agogiche tipiche dei metri trocaici e degli ana-pesti, dei dattili, dei giambi, degli spondei, ecc. Èbello sorprendersi impegnati in questo eserciziodi riconoscimento e di identificazione di formemetriche pertinenti la nostra "identità musicale". Tutta la forma musicale (Michels 1977, 1985,1991; Rosen 1971) è costruita per derivazione dauna forma di partenza, seguendo i principi dellaripetizione, della ridondanza e della variazione diquesto stesso tema. Roman Vlad (1987; ma siveda anche Mila 1988), ha segnalato come talesviluppo si ritrovi nella partitura del DonGiovanni, là dove ogni tema dei personaggi,donna Anna, donna Elvira, Don Ottavio, ecc.,appare ruotare e partecipare in qualche misuradell’essere di Don Giovanni intorno alla cui figu-ra tutte le altre ruotano prive di una loro auto-noma individualità, ma costruite per diretta deri-

più grandi lirici della letteratura italiana, ma lasua opera offre indizi, segnali di quell'alto gradodi simbolicità specifica della cultura medievaledel XIII secolo (Corti, 2003). Il sonetto XVIII dell’e-dizione a cura di Gianfranco Contini nei "Poeti del200", è quello a cui sono dedicate le prime duerighe di un saggio di Italo Calvino intitolato "Lapenna alla prima persona": "Il primo a considera-re gli strumenti e i gesti propri della sua attivitàdi scrittore come il soggetto vero del testo, cioèdell'opera, è stato nel XIII secolo un poeta. GuidoCavalcanti scrive un sonetto nel quale sono lepenne e ciò che serve a tagliarle e ad appuntirle,i soggetti che parlano in prima persona, così pre-sentandosi, nei primi versi. Con questi versi GuidoCavalcanti apre la porta alla poesia moderna enello stesso tempo la richiude. Bisogna attendereMallarmè, perchè il poeta si accorga che la sua poe-sia ‘avviene, cioè si produce sulla pagina vuota chela sua bianchezza difende’ e in nessun altro luogo(Calvino, 1977)2. È così dunque che viene segnalatoil valore segnico della scrittura e dei suoi strumentida farne oggetto di poesia" (Corti). Secondo quan-to segnala Maria Corti, il sonetto consente di riflet-tere sul singolare rapporto tra livello tematico elivelli formali, mantenendo la separazione tra larealtà, cioè i fenomeni e le cose, ed i segni che sonoi simboli e insieme i significati effettivi delle cosenella cultura e quindi nella poesia:

Noi siàn le triste penne isbigotite,le cesoiuzze 'l coltellin dolentecavemo scritte dolorosamentequelle parole che vo' Avete udite.Or vi diciàn, perchè noi siàn partiteE a voi qui di presente siàn venute:la man che ci muovea dice che senteCose dubbiose nel core apparite;Le quali hanno destrutto sì costuiEd hannol posto sì presto a la morteCh'altro non è rimaso che sospiriOr vi preghiàn quanto possiàn più forte

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peraltro è pertinente a una dimensione quantita-tiva, più che non alla disposizione degli accenti),va integrata da altre complesse considerazioni dinatura armonica. Ad esempio: nell’ouverture del-l’opera il tema del "Nome di Don Giovanni” appa-re rappresentato da accordi consonanti, cioè dacadenze perfette, che sembrano indicare in formapiù statica quanto viene, viceversa, rappresentatonel secondo atto dell’opera, sulla stessa lineamelodica, con accordi fortemente dissonanti,quali la settima diminuita e rivolti di accordi checontengono note totalmente estranee alla tona-lità di impianto. È questa la grandezza drammati-ca e squisitamente teatrale con la quale Mozartsa "farsi trovare" dai suoi personaggi, calarsi inessi immedesimandosi con essi, essere ognuno diloro. Questa straordinaria lucidità, con la qualeMozart esprime i caratteri e la qualità affettivadei suoi personaggi, l’umore, le emozioni fonda-mentali ed i sentimenti che queste rappresenta-no, con forme esclusivamente musicali, senzaaver alcun bisogno dell’ausilio e del rinforzo dellaparola, in una accentuazione di espressivitàdrammatica, la possiamo definire espressionistica.Mozart riprende gli incisi dattilici diminuendoli inmodo trocaico, inverte il trocheo nel giambo, tra-sforma il dattilo, per sua natura discendente eanticamente definito anapesto a maiore, nell’a-napesto, per sua natura ascendente e anticamen-te definito anapesto a minore.Non è forse un caso che anche Thomas Mann ipo-tizzi analoghi sopraggiungimenti formali nellascoperta demoniaca che Adrian Leverkühn(Manzoni, 1988) va facendo della dodecafonia,già contenuta, peraltro inconsapevolmente, nelcelebre passo mozartiano: "Non si pasce di cibomortale chi si pasce di cibo celeste". Se da un lato può essere ora opportuno fermarsicon le analogie, è necessario tuttavia segnalarecome sia profondamente inadeguato e privo difondamenti scientifici continuare a parlare di"effetto Mozart", come spesso succede di trovare

vazione di quella su un piano di drammatica edemoniaca grandezza: “per amore o per odio, persimiglianza o per contrasto, in maniera diretta oindiretta”. Ha ragione Fedele D’Amico quandonelle sue dispense universitarie attorno al “DonGiovanni” di Mozart (1977-78) scrive “in tuttiscorre qualcosa del sangue di Don Giovanni:anche se ognuno lo assimila ed elabora in sensodiverso e, al limite, opposto. Qui è l’arcano supre-mo di quest’opera… di qui il suo fascino unico”. Vlad segnala ancora la presenza di alcuni motivi,non ancora certo il leitmotiv di wagnerianamemoria, del quale costituisce peraltro una anti-cipazione, quali il “Tema del Destino di Don Gio-vanni” come lo chiama, caratterizzato da unmetro trocaico, ed il “Tema del Nome di Don Gio-vanni”. Quest’ultimo è costruito in modo moltocomplesso. “Le note che fanno melodia sono… lestesse dell’inizio: Re e La. Esse si dispongono però,questa volta, in ottave armoniche e melodiche. Ilprimo Re viene intonato dai due flauti, raddop-piati all’ottava inferiore dai due clarinetti, convalori di semibrevi che colmano l’intera battuta.Nella misura successiva ognuno di questi stru-menti scende di un’ottava disegnando un ampioarco melodico. Dopodiché due oboi, raddoppiatiall’ottava sotto dai clarinetti e a due ottave più inbasso da due fagotti, disegnano un arco analogopoggiato sulle dominanti La. Una terza arcatadiscendente viene tracciata, partendo nuovamen-te dalla tonica Re, da oboi, fagotti, corni e trom-be”. Ne risulta così un “gigantesco motivo” (Abert,1955, 1956) a tre campate digradanti i cui divari-cati intervalli verranno poi ulteriormente tesinella scena del Commendatore fino a limiti chesono stati giustamente qualificati come espres-sionistici. L’intero disegno melodico viene soste-nuto dall’ostinata scansione da parte degli archidi un inciso ritmico di tipo trocaico”, già trovatonel “Tema del Destino” di Don Giovanni.Naturalmente l’analisi degli incisi ritmici derivataper analogia dalla metrica greco-romana (che

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nose assonanze con quello mozartiano; o sullascrittura di Dante, come in esordio abbiamo ricor-dato; o anche sul verso dell’"intraducibile"Shakespeare. Verso la fine del “Riccardo II”, quan-do il re ha ormai perduto la corona e ha l’incom-bente prospettiva del carcere, facendolo parlarecon Bolingbroke, seppure inconsapevolmente,Shakespeare, "inventore" dell'uomo, (Bloom,1998), introduce un discorso sul mondo interno esu una possibile distinzione tra emozione e senti-mento: il re chiede uno specchio e guarda il pro-prio volto, studiando lo spettacolo della devasta-zione. Poi osserva che le “forme esteriori di ram-marico” espresse dal suo volto non sono che“ombre della pena che non si vede”, una pena che“cresce in silenzio nell’animo torturato”. Il suo dolo-re, egli dice, sta “tutto dentro” (Damasio, 2003).

In pittura si è usi distinguere le ombre proprie e leombre portate. Le prime rimandano al "viluppochiaro-scurale che edifica la tridimensionalitàdella forma, il peso plastico che risucchia intornoa sé lo spazio"; le seconde rimandano alla "assen-za o attenuazione di luce prodotta da un corpoche frappone la propria fisicità ad una sorgenteluminosa" (Caroli). Entrambe queste concezionidell'ombra rimandano a due differenti concezionidel realismo; il realismo mediterraneo di Masaccioe quello nordico di Van Eyck. Questi concetti ven-gono in mente ripensando al problemamente/corpo; uno dei tanti dualismi che hannocaratterizzato il dibattito filosofico e culturaleoccidentale, come ad esempio nella distinzionetra erklaren (spiegare) e verstehen (comprendere),o nella distinzione tra scienze nomotetiche escienze idiografiche, o nella battaglia tra innati-smo ed empirismo da Cartesio, Locke, Leibniz(Postacchini-Uguzzoni, 1996).

Consideriamo ora il quadro di Giulio Romano, raf-figurante la Vergine Maria col Bambino eSant’Anna, ora alla Galleria del Castello di Praga,

nella letteratura di facile effetto. Tale concetto ètotalmente estraneo a queste nostre riflessioni.Del resto basti ricordare che la partitura diBeethoven, piena di correzioni e ripensamenti, èla cifra di un concetto di sviluppo e di evoluzionedel materiale musicale del tutto estraneo allo stiledi Mozart, il quale sa correre direttamente allafine, senza ripensamenti e cancellature. E ancorapotremmo ricordare le variazioni continue diBach, riproducibili anche secondo modelli mate-matici, i quali possono, peraltro, rendere solo l'a-spetto formale di questa musica che va altrimen-ti interpretata e sofferta, così come Glenn Gouldci ha magistralmente, anche se irritualmente, egenialmente mostrato.

Possiamo a questo punto prendere in considera-zione la sostanziale differenza tra linguaggio ver-bale e linguaggi non verbali, o espressivi, di tipoplastico-scultoreo, pittorico, musicale, psicomo-torio, ecc. (Mancia 1990).

Sempre pensando a Mozart e al "Don Giovanni",ci è utile ricordare la celebre aria:"Vorrei e non vorrei mi trema un poco il core".Tale aria, è intonata su quarte giuste. Potremmoanche provare a cantarla intonandola con le solevocali: "o e i, e, o, o e i…" Una qualche memoriadella melodia è ancora presente. Ma se proviamoa intonarla con le consonanti, da sole, ne usciràun confuso suono vibrante: "v r r, n n, v r r". È evi-dente come la vocalità consenta un parziale recu-pero del valore segnico che le consonanti nonpermettono (Jakobson, 1944; De Saussure, 1962).Così pertanto si giustifica la scelta della linguaitaliana, così come per le "Nozze di Figaro" o per"Così fan tutte"; non però per "Il Flauto magico"che evidentemente trova nella lingua tedesca unapiù precisa aderenza alle intenzioni espressive delcompositore (Barthes, 1985).È pertinente allora proporre una ricerca sul versodi Leopardi (Severino 1998), per trovarne le fasci-

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nato che pone il proprio ginocchio nel tepore del-l'ascella materna e con il pollice e l'indice sinistrostrofina il velo di stoffa morbida della mamma,ricordandoci il pensiero di Winnicot (1964, 1970,1971) ed i fenomeni transizionali. E Sant'Anna?Una nonna che può essere letta in chiave simbo-lica: essa può rappresentare la supervisione, unterzo sguardo più meditativo e distaccato cheosserva non senza coinvolgimento e con vibrazione.

Le sintonizzazioni si appoggiano su parametrisonoro-musicali e ci danno notevoli informazionicirca l’energia veicolata verso uno scopo (Intensi-tà), informazioni sul chi abbiamo davanti (SceltaTimbrica) o sul come (Suoni gravi o acuti). Ognirelazione intersoggettiva avrà dei parametripeculiari distintivi che creano dei riconoscimenti.Stern li definisce RIG, cioè rappresentazioni diinterazioni generalizzate, processi mentali aponte tra memoria, imitazione ed affetto. Imitarein questo caso rappresenta già un modo diapprendere da parte del neonato. C’è una forteanalogia tra la vita interiore e le proprietà forma-li dei patterns di movimento e di riposo, di ten-sione-distensione, di piacere-dispiacere. Questosintonizzarsi armonico sull’altro dà significazionedella vita mentale dell’altro, indipendentementedal tipo e quindi dal livello, di codifica o di deco-difica che è in gioco. La maggior parte delle sin-tonizzazioni avvengono sul piano prelinguisticodel fonosimbolismo. Un esempio molto evidente,che notiamo tutti i giorni, è rappresentato dal lin-guaggio che gli adulti usano con i bambini: defi-nito baby talk. L'intonazione cresce "ma come seibeeellooo!, il ritmo dell'eloquio rallenta, alcuneparole tornano rindondanti: "hai giocato con lapalla? Ma che bella la palla! Mi dai la tua palla?".Mentre ci rivolgiamo ai fanciulli in questo modo(non lontano da quello degli innamorati) agitia-mo le braccia, sgraniamo gli occhi, apriamo a dis-misura la bocca, introduciamo rumorini, suoni,respiri che aumentiamo se il bebè che abbiamodavanti inizia ad agitarsi tutto e ci batte le mani-

e ammirato durante l'evento artistico mantovano"La Celeste Galleria" (Palazzo Te, Mantova, 2002)."È una opera dichiaratamente raffaellesca, un po'come tutte le madonne di Giulio Romano, erimanda in particolare, alla Madonna della Rosadel Prado. Dal punto di vista iconografico il qua-dro appartiene al tipo di madonna bizantina chia-mata Glykophilusa, la Madonna dell’Amorevole.Le sue versioni note, conservate in Dalmazia apartire dal Duecento, esprimono il tenero rappor-to tra madre e figlio per mezzo del solo contattodei volti. Entrambe le figure sono in genere raffi-gurate frontalmente il che esclude uno scambiodi sguardi tra loro. Per contro sulla nostra tavolasono raffigurate di profilo e si guardano negliocchi. In questo modo Giulio Romano avevadipinto anche la coppia degli "Amanti"(Pietroburgo, Ermitage) in cui all’eccitante scenaassiste dalla porta socchiusa una vecchietta ras-somigliante alla Sant’Anna del nostro quadro.Una stretta analogia, con le teste della vergineMaria e del Bambino collegate dal reciprocosguardo, si ritrova in alcune opere grafiche la cuicreazione era stata attribuita al Correggio", alquale "rimanda del resto anche il quadroPraghese, e ciò per quanto riguarda il ritmo deimossi drappeggi, il modo di rendere i capelli e ladelicatezza della pittura" (Morselli, 2002). Èstraordinario come l’artista abbia saputo cattura-re quello scambio di sguardi, quel tuffarsi negliocchi dell’altro tra una mamma ed il suo bambi-no. Qui non viene soltanto esaltato il tenero rap-porto fra madre e bambino. Giulio Romano hafotografato una sintonizzazione che comprendein un solo nucleo originario la compartecipazionedell’attenzione, della intenzione e degli affetti. Inquel sonoro, caldo e morbido abbraccio ritrovia-mo quanto scrive Stern (1985) ne "Il mondointerpersonale del bambino", che corrisponde aquanto, come terapeuti, dovremmo ricercare eperseguire quotidianamente. Par di "avvertire"l’umidità dei due respiri, i gorgheggi di quel neo-

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prendere i funzionamenti mentali dell'autismo edel ritardo mentale, con le loro strategie rigidemonodimensionali (Meltzer 1975, 1979): "Ilmondo monodimensionale (autismo) tratta diimpulsi, tropismi, gratificazioni, frustrazioni, ed èapplicabile anche agli animali. Nella monodimen-sionalità il tempo non è possibile distinguerlodalla distanza, dato lo stato di assenza di pensie-ro, una miscela di distanza e velocità.Gratificazione e fusione con l’oggetto sono indif-ferenziate" (Fusività Simbiotica o PosizioneAmbigua, secondo Bleger, 1967).Sempre secondo Meltzer, il mondo bidimensio-nale (psicosi) è un "mondo senza significato, unmondo con sole qualità sensoriali che consento-no un adattamento alle apparenze del mondo cir-costante allo scopo di prendere parte di quelmondo (Identificazione Adesiva). Questa teoria,che tratta di modalità imitative, si potrebbeapplicare agli animali superiori, quali le farfalleche prendono le colorazioni del mondo circostan-te per adattarvisi, per inserirvisi… Dal punto divista della storia umana corrisponde alla vita tri-bale, prima della formazione della costellazionefamiliare. Qui il tempo raggiunge una specie divaga continuità o circolarità dal muoversi dapunto a punto sulla superficie del mondo. Il Séappare danneggiato nella memoria e nel deside-rio o nella facoltà di prevedere ed è incapace diconcepire un cambiamento durevole e perciò unosviluppo o una cessazione"."Nella tridimensionalità (border-line, nevrosi)appare la descrizione di spazi interni e l’afferma-zione che ognuno abita due mondi diversi: unmondo interno ed un mondo esterno. Nel mondotridimensionale si pone il problema filosofico seil significato derivi dall'esterno, oppure dall'in-terno, per poi applicarsi al mondo esterno. Inquesto modo nasce l'emotività. La vita ad una odue dimensioni è costituita solo da livelli quanti-tativi di eccitazione. Il lavoro terapeutico dellopsicoanalista consiste nel discernere tale emo-

ne. In queste cornici di senso, all'interno di scam-bi interattivi che già Bruner aveva evidenziato neisuoi "format", universali per tutte le culture,come il cucù/settete o il cut/bau, vengono getta-te le fondamenta del comunicare. Un comunicareche passa dall'esprimere all'esprimersi, un comu-nicare dinamico che cresce all'interno di ognirelazione significativa.

Possiamo a questo punto immaginare che unapproccio relazionale, fondato sulla espressivitàmusicale, funziona perchè riproduce "forme felici",informandoci sugli affetti e sulla rappresentazionedei sentimenti in forma variata e sintonica. Quipoco contano il normale ed il patologico, ma piut-tosto il naturale sviluppo delle forme, il loro rin-corrersi e perdersi, il loro ritrovarsi attraverso lacontinua mimesi della vita. Stern (1985), infatti,richiama la nostra attenzione sul bambino norma-le, o "osservato", e non più soltanto sul bambino"clinico": il bambino patologico della Mahler(1975) e di Meltzer (1975, 1979) i quali, peraltro, cihanno "donato" straordinari modelli della mente e,con essi, usatissimi modelli didattici. Più recente-mente viene proposto un modello catamnestico,quale è quello dell’attaccamento (Ammaniti-Stern, 1992) fondato su basi relazionali e riprodu-cibili, falsificabili e controllabili, che si colloca aponte tra la teoria pulsionale (Freud 1895, 1899,1925, 1934-1938) e quella delle relazioni ogget-tuali (Kernberg 1980, 1984). Il diastema (De Nata-le, 1978) ed il metro (Azzaroni, 1997) divengonoallora i luoghi della forma musicale, che articola edesprime affetti ed emozioni, vitali e categoriali(Frijda 1986, Galati 1993, Ricci Bitti 1988 a,b,Postacchini 2001, Postacchini-Ricciotti 1998,Postacchini-Ricciotti-Borghesi 2001). La menteche li viveva nello spazio e nel tempo, li collocaora nel vissuto del movimento effimero dei suoni;effimero e variabile, continuo ed evanescente. Ecco allora che, proprio collocandoli in questadimensione spazio-temporale, si possono com-

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fonde durante il proprio giro di dovere, e recupe-ra, se vi sono, le tracce dell'autenticità residua,dato che l'invidia pervasiva che ha trasformato lacittà in una città siffatta (mimetica, nel lessico diGirard, 1990) ha assottigliato il margine di credi-bilità e fa sentire tutti inconsistenti, tutti che rin-corrono tutti (trottola), e il linguaggio è diventatoun flatus vocis privo di ogni referenzialità". Questeconsiderazioni rimandano al controverso concettodi “infinito”, mirabilmente indagato nella suaaccezione linguistica e filosofica rispettivamenteda Semerano (2001), e da Severino (1998).

Possiamo a questo punto compiere un lavoro diintegrazione concettuale tra forme musicali eforme affettive. Se cerchiamo di analizzare i fon-damentali parametri percettivi, comuni alla sim-bolizzazione musicale, a quella plastica, a quellapittorica e a quella psicomotoria (Mancia 1995)ne troveremo sempre tre: Forma, Intensità eDurata (F, I, D). Questi andranno valutati, percoglierne i caratteristici profili di attivazione, infunzione di forme in movimento, sia attraverso lapercezione amodale, cioè incurante della specifi-cità degli analizzatori sensoriali, sia attraverso lapercezione modale-sinestesica, strettamentelegata e dipendente alla specifica modalità per-cettiva considerata.Inoltre, nei termini della moderna riabilitazione(Liberman 1992), dobbiamo anche considerare edanalizzare i fattori di vulnerabilità (tra i qualivanno compresi l’aggressività istituzionale e l’ag-gressività familiare) ed i fattori di protezione, checi consentono più funzionali prognosi, che nonquelle basate, ad es., sul concetto di strutturarigida di personalità. Così Giovanni, che "ascoltacon gli occhi" (Schneider, 1955), pur se "grave"insufficiente mentale, chiuso in casa con madre esorella che lo imboccano e lo lavano, dopo uncorso di musica ed ormai non più giovanissimo,impara a suonare le campane, divenendo unesperto solista. Perduto il mestiere, a causa della

zionalità e nel trovare un linguaggio per descri-verla e darle significato. Qui il tempo cominciaad assumere una tendenza direzionale propria,un movimento implacabile dal dentro al fuoridell'oggetto, in virtù degli orifizi del Sé e dell'og-getto permeabili alle Identificazioni Proiettive.La chiave di questo linguaggio sembra la forma-zione dei simboli… (Meltzer 1975, 1979).Una volta che la lotta contro il narcisismo è stataingaggiata ed è diminuita l'onnipotenza con cuil'intrusione ed il controllo sono imposti suglioggetti buoni nel mondo sia interno che esterno,può cominciare la realizzazione di un mondoquadrimensionale (normalità): fondato sulla"Identificazione Introiettiva".Boccanegra (2003) sembra sintonizzarsi sull’ideadello spazio bidimensionale quando ricorda,citando Girard (1998), come nella ronda di nottedi "Molto rumore per nulla" viene presa in giro lacittà dell’invidia e del conflitto mimetico."Carruba, il personaggio aristofanesco che guidala ronda, pone l'accento sull'arte di entrare incontatto senza essere intrusivi, dato che altri-menti il conflitto si propaga: si tratta di esercita-re una presenza discreta, perchè ogni vicinanzarischia di scatenare una invidia latente che gene-ra subito delle falsità per essere negata. Dato chetutti i personaggi sono immersi in un conflittomimetico generalizzato, cioè tutti hanno paura ditutti, perchè sentono di essere esposti ad uneccesso di stimolazione invidiosa (narcisismo edesibizionismo), solo la paradossalità di una ronda,che cammina di notte in punta di piedi, realizzala possibilità di cogliere i pochi sentimenti veririmasti che ristabiliscono l’identità di ciascuno.Attraverso il dialogo di Carruba con le sue guar-die, Shakespeare descrive come si possa esercita-re egualmente la funzione di una presenza vigileed onesta, rendendo meno solenne la propria pre-senza, cioè evitando di prendersi troppo sul serio,fino ai limiti del ridicolo… In questo modo laronda rimane immune dal contagio, non lo dif-

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ampiamente recepite ed elaborate da Edelman(1993): "Sono i fatti stessi della biologia che cicostringono a concludere che la mente non è tra-scendente", elaborando una teoria neo-darwinia-na dello sviluppo delle funzioni del cervello, per laquale i neuroni vengono considerati come unapopolazione sottoposta a diversi meccanismi diselezione successiva. Tale ipotesi evoluzionista delcervello è per l'A. estensibile alla mente e allacoscienza dell'uomo. La mente non va ridotta allamateria, ma spiegata in termini materiali. E talespiegazione non impedirebbe la efficacia dellacoscienza e preserverebbe la unicità di ognimente individuale, nonché la sua infinita creati-vità. Ritroveremo tale impostazione anche nelpensiero di Tyson, come vedremo.La intenzionalità della coscienza implica, inoltre,in senso etimologico, un doppio significato: da unlato una essenzialità, dall'altro una direzionalità.Naturalmente non vogliamo qui ipotizzare unafinalità precostituita della coscienza, che sarebberiducibile ad un telefinalismo autoreferenziale, nelcontesto di una linearità istintuale, ma possiamoipotizzare, al di là di un possibile progetto checaratterizzerebbe ogni organismo vivente, che isistemi regolativi (Ricci Bitti, 1988, a), quali lafiducia di fondo, volti a regolare la espressivitàemozionale, costituiscano di per sé un possibilemodello evolutivo, inquadrabile nella teoria rela-zionale dell’attaccamento (Sameroff-Emde 1989,Stern 1992, Kumin 1996, Ammaniti 2001), cheprevede le differenti forme di Attaccamento Sicu-ro, che implica il sistema regolativo della fiducia difondo; di Attaccamento Insicuro Resistente; diAttaccamento Insicuro Evitante; di AttaccamentoInsicuro Disorganizzato. Integrare le ricerche sul-l’attaccamento, in una accezione evolutiva ecatamnestica di tipo prospettico, ed i moderniconcetti di patologia dei sistemi regolativi, costi-tuisce la punta più avanzata dell’attuale ricerca inpsicologia dello sviluppo (Ammaniti, 2001).Soffermandosi sulla idea della mente, un concet-

sostituzione delle campane acustiche con quelleelettroniche, sarà capace di inventarsi anche unsecondo mestiere: frequentando le corriere otter-rà la fiducia di tutti imparando a portare pacchicon solerte precisione.Anche la piccola paziente Anna Lisa impara laninna nanna che la farà dormire, ma, di più, che leconsentirà di tollerare le vicissitudini della separa-zione che si presentificano con pianti angosciatied incontenibili, ogni volta che la madre scompa-re alla vista della piccola, sulla soglia del cancellodi casa. I nostri pazienti, comunque, sono maestridella imitazione e della identificazione adesiva,come la piccola Lisa che è un mostro di attentaripetizione di ogni suono ambientale, e possonomimare, imitandolo, ogni suono, conservando laprosodia, pur in assenza del senso. Così, ad esem-pio, "Ma ma ma" sarà puro suono prima di dive-nire mamma; "tavolo, tavolo, tavolo", ripetutomille volte diviene suono senza senso, pura sen-sualità amodale senza significato.

Volendo ora compiere un passo successivo ènecessario introdurre il concetto di coscienza, cheimplica l’idea della propria soggettività o dicoscienza dell’Io.Nell'attuale ed acceso dibattito tra naturalisti edidealisti (Damasio 1995, 2000, 2003, Di Francesco1998, Putnam 1987, Severino 1998, Siegel 1999,ecc.) il concetto di coscienza secondo Searle(1998) implica una naturalizzazione non riduzio-nistica della coscienza. Questo autore, il qualeipotizza che la coscienza ha una realtà epistemi-camente oggettiva ed ontologicamente soggetti-va, oppone forti, anche se talora ambigui, argo-menti al riduzionismo puro ad es. di Dennett(1992): "Per giungere a comprenderla (la coscien-za) è pertanto necessaria una ridefinizione dellecategorie di causazione, del rapporto mente-corpo e linguaggio-realtà, a partire da una ridefi-nizione dei concetti di materiale e mentale"(Fornero-Tassinari, 2002). Tali posizioni sono state

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tempo, si configura come una struttura internadella psiche, nella quale peraltro ha una colloca-zione complessa: varie e non di rado contrastantirappresentazioni del Sé sono distribuite nell’Es,nell' Io e nel Super Io (Kohut 1950, 1971). In rela-zione a ciò il Sé risulta essere in parte conscio, inparte inconscio. Personalmente ritengo vantag-giosa e veritiera una definizione più ampia delconcetto di Sé, che non corrisponda tout courtalla personalità totale, così come fu sostanzia-mente proposto dalla Klein (1959), ma a quellarealtà interna (includente rappresentazionioggettuali) che si riveli duratura, caratterizzantee costitutiva del mondo mentale della persona, eche possa essere oggetto della sua esperienzasoggettiva. Da un lato, dunque, mi sento in sinto-nia con il pensiero di Bollas (1987) quando descri-ve il Sé come: "una serie di rapporti intrasogget-tivi che si ripetono nel corso della vita e danno ilsenso della presenza nel corso del tempo”. Da unaltro lato, ritengo che il Sé, come realtà internaduratura, caratterizzante e costitutiva possa esse-re teoricamente rappresentato attraverso unatopografia spaziale che va dal "nucleare introiet-tivo" all’"orbitale interiorizzato".Stern ha fornito una personale, ed ormai acqui-sita, concettualizzazione del concetto di Sé,consentendo di percorrere tutte le tappe chevanno dalla sensazione, alla percezione, allaconsapevolezza ed alla conoscenza. Ha pertantoipotizzato un:1) Sé emergente, 0-2 mesi, descrivendo gli

accoppiamenti u-v, t-v, u-t (udito-vista,tatto-vista, udito-tatto);

2) Sé nucleare, 2-6 mesi, che comprende:a) senso del sé agente, responsabile di voli-

zione e programmi;b) senso del sé coeso, che consente coesione

di schemi temporali, e corrispondenza diintensità;

c) senso del sé continuo, che permette lamemoria di rievocazione;

to molto interessante, sul piano filosofico, è statoproposto da Brentano allorquando (Fornero-Tassinari, 2002) ipotizza che: "solo i fenomenimentali hanno un contenuto come oggetto pro-prio: ad es. il desiderio ha il desiderato". Su que-sta base possiamo dunque sostenere che il con-cetto di Sé, che per noi ora risulta più funzionaleed aderente al discorso che stiamo sviluppando,che non il concetto di Io, contiene nello stessotempo la idea di luogo dello spazio (Es, Io, SuperIo) e di luogo del tempo (Grinberg, 1975, 1976;Bolognini, 2002).

(Ripresa da Grinberg, 1975)

Seguendo lo sviluppo storico del pensiero psicoa-nalitico è utile ricordare che, da un lato, Laplanchee Pontalis (1967) hanno definito l’Io come: 1)nucleo di coscienza e fascio di funzioni mentali; 2)istanza organizzatrice delle difese; 3) istanzamediatrice tra realtà esterna, Es e Super Io. Più recentemente, dall’altro, Bolognini (2002) hadato una ampia definizione del Sé come contenutodell’apparato che comprende il tempo e lo spazio:"Il Sé (è un) insieme di rappresentazioni riguar-danti la persona allorché è oggetto (potenziale ofattuale) della propria esperienza soggettiva. Il Sénon è una istanza psichica (come Es, Io e Super Ioche sono componenti dinamiche dell'apparatopsichico), ma un contenuto dell’apparato, allostesso modo delle rappresentazioni degli oggetti”.Essendo un contenuto dotato di continuità nel

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2) Sintonizzazioni inesatte o traduttive, ottenuteper variazione diastematica, metrica, intensi-va, timbrica, agogica, etc. Qui operano la iden-tificazione proiettiva, e la equazione simbolica.

3) Sintonizzazioni sinestesiche o traduttive,ottenute per modalizzazione. Qui operano laidentificazione introiettiva, ed il simbolo.

Perchè possa verificarsi una sintonizzazioneaffettiva, tanto nello sviluppo relazionale precocedella comunicazione reciproca tra la madre e ilbambino, quanto nella interazione terapeutica, ènecessario che si verifichi una sintonizzazionecomplementare ed integrativa su tre differentipiani, e cioè su quello della attenzione, su quellodella intenzione e su quello degli affetti. Alcuniricercatori hanno recentemente proposto unamisurazione quantitativa di tali profili di sinto-nizzazione (Raglio, 2001) fornendo così un preci-so modello per la valutazione dei risultati, inaggiunta a quanto già proposto da Stern (1985)per quanto concerne la “misurazione” del tonoedonico e del grado di intensità degli affetti vita-li. Altri AA. si sono soffermati sulla descrizione diraffinati criteri analitici applicati al materialeimprovvisativo (Primadei-Suvini, 2003) o di ascol-to (Manarolo, 1996).Recentemente Tyson (2003) ha riproposto ilpunto di vista evolutivo come sviluppo della teo-ria psicoanalitica, correlandolo, con lo studio deiprecursori del funzionamento mentale. In questosenso la "teoria segnale" degli affetti (Freud 1895,1899, 1925, 1934-1938) viene associata alla com-prensione dello sviluppo che veniva emergendodall'analisi dei bambini e dalla ricerca sull'infan-zia e che avrebbe condotto alle prime (1960) for-mulazioni di Bolwby, confluite poi negli studisuccessivi (1969, 1973, 1980) e di Sandler (1960),ponendo in discussione il primato della teoria deldualismo pulsionale (Sandler, 1989). L’attenzionedella ricerca si è così concentrata su stadi di svi-luppo sempre più precoci e contemporaneamentesugli effetti duraturi degli scambi affettivi pato-

d) senso del sé affettivo, contraddistintodalla mimica facciale;

3) Sé soggettivo, 9-12 mesi, che comporta una"teoria delle menti separate" un "decentra-mento" e la compartecipazione della atten-zione, della intenzione e degli stati affettivi;

4) Sé verbale, 15-18 mesi, che è autoriflessivo;5) Sé narrativo, 36 mesi, del bambino che narra

la sua storia.Nello studio delle fasi del Sé l’A., sottolinea laimportanza di considerare i parametri Forma (F)Intensità (I) e durata (T) nel contesto del movi-mento.Anche Gaita (1985) si è soffermato sul concettodi Forma, proponendo il concetto di Forma cheinforma e di "forma felice" che in musica e nellearti pittoriche, ma anche in quelle plastiche, gra-fiche, psicomotorie (Mancia, 1985), descrivono informe artistiche le emozioni sottese al linguaggioespressivo che in quel momento viene utilizzato.Divengono così disponibili i percorsi di sintoniz-zazione alle stesse forme correlabili.

I recenti sviluppi delle ricerche musicologicheconsentono di delineare un percorso integrativotra le conoscenze relative agli studi sull’analisimusicale (Everett 2002, Forte 2002), musicologi-ci (Nattiez 1977, 1987; Stefani e Alii 1990;Stefani e Marconi 1992; Delalande 1993;Marconi 2001) e le più recenti conoscenze sullosviluppo dell’apprendimento musicale nei bambi-ni piccolissimi (Gordon, 2003) e la psicologiadello sviluppo (Stern 1985, Emde 1990, Fonagy-Target 1996, Trevarthen 1999). In base a talistudi è possibile ipotizzare un modello di analisidelle sintonizzazioni affettive che potranno cosìessere distinte in:1) Sintonizzazioni esatte o non traduttive, otte-

nute per ripetizione della forma espressiva;qui operano la identificazione adesiva, la imi-tazione, la impressione sensoriale, secondoKumin (1996).

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logici fra bambini e figure di accudimento (effet-ti dimostrati in modo convincente dalle ricerchesull’attaccamento) portando ad un interesse cre-scente per la ricerca sugli affetti e per il dialogocon la neurobiologia. Ecco così che studiosi diaree diverse, sono giunti a riconoscere in modoindipendente, il ruolo di quello che chiamiamo lafunzione segnale, e cioè, il riconoscimento del-l’affetto e la riflessione del Sé nella regolazionedell’affetto. Un ulteriore contributo può venire damodelli concettuali che si rifanno ai principi deisistemi dinamici complessi non lineari, che sem-pre secondo Tyson, possono fornire un'impalcatu-ra per una evoluzione naturale della teoria strut-turale, ed una migliore struttura organizzativaper la teoria dello sviluppo, in quanto preservanoi concetti dinamici centrali della psicoanalisi, inaccordo con Emde, Fonagy e Friedman (2001).Meltzer (1975) parla di un linguaggio imitativo disuperficie, connesso con le spinte sociali all’adat-tamento, e di un linguaggio musicale profondo,in contatto con le emozioni reali, le quali sonoradicate nel vissuto corporeo. La possibilità disostenere queste ultime, che è un’esperienza dellabellezza, ha talvolta un prezzo molto elevato perla mente umana. Meltzer (1981) ripropone con unaltro linguaggio il tema di Winnicott della dolo-rosa riscoperta del Vero Sé. Questo tema si puòricollegare alla possibilità di vivere nella terzadimensione della mente, che comporta la accet-tazione del mondo interno. Egli ha attinto questeriflessioni sul linguaggio dalla filosofia di S.Langer (1941, 1953) che ipotizzava delle fasi nellaevoluzione dell’umanità, che si ripeterebberonello sviluppo del bambino, nelle quali sarebbecomparso inizialmente un linguaggio corporeo digesti e di danza. Il ritmo avrebbe così preceduto ilcanto e la musica; in seguito sarebbero comparsila parola e la narrazione di miti. La Langer sotto-lineava che le acquisizioni più elevate si inaridi-scono, se perdono il contatto con quelle piùarcaiche, che danno linfa vitale.

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Tra la madre ed il bambino diversi tipi di linguag-gio precederebbero l'acquisizione della parola.Uno è quello degli sguardi descritto da Haag(1989, 1994 c), la quale sottolinea l’importanzapsichica del sostegno corporeo che la madre dà albambino quando lascia che la sua schiena siaappoggiata al suo petto, mentre il piccolo, tran-quillizzato, può esplorare lo spazio intorno con losguardo. Questo facilita la consapevolezza del-l'asse vertebrale interno, sottolineata anche dallaTustin. La madre diviene prototipo di quello cheGrotstein, dal quale Haag attinge, chiama l’og-getto del piano dietro, o oggetto di sfondo.Un altro sfondo importante è il "bagno di suoni"rappresentato dalla voce materna, di cui parlaAnzieu (1985), che avvolgerebbero il piccolo in uninvolucro sonoro. Il bio-psicologo Trevarhen (1999)ha osservato in un gran numero di madri e lattan-ti, questi scambi musicali che egli chiama proto-conversazioni. La presenza di ninne-nanne e canti-lene in tutte le culture, confermerebbe l’universaleempatia con il bisogno del bambino di ritrovaredopo la nascita una continuità con la esperienzaritmico-musicale vissuta all'interno dell'utero. Taleesperienza è stata documentata dagli studi eco-grafici, che confermerebbero la priorità delle per-cezioni uditive, cenestesiche e tattili.Ancora Anzieu (1985) parla di altri involucri sen-soriali oltre a quello uditivo, forniti dalle curematerne, visivi, tattili, olfattivi (Suskind, 1988)ecc., in un clima di dialogo intenso tra madre ebambino, che contribuirebbero alla formazione diuna pelle psichica individuale, connessa con l’e-voluzione del senso della separatezza corporea dicui parla la Tustin, e con l’accesso alla terzadimensione di Meltzer. L’acquisizione della capa-cità di parlare appare connessa con la interioriz-zazione di tutte queste esperienze pre-verbaliappena descritte, che sostengono nel bambino lacertezza della continuità dell’esistere (Tustin,1986, 1996; Ciccone-Lhopital, 1991).S. Maiello (1993) fa l'ipotesi che una proto-espe-

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rienza pre-natale dell’alterità sarebbe in relazionealla percezione della voce materna, intermittentesullo sfondo dei ritmi costanti dell’organismo edel battito cardiaco, che il feto sarebbe in gradodi udire già dal quarto mese di vita. La rotturaprimordiale di quel vissuto di oneness (Tustin1986, 1996) attraverso tale proto-esperienza udi-tiva, talvolta disarmonica, dunque può attivare inalcuni bambini particolarmente vulnerabili delledifese dalla frustrazione, che Bion (1962, 1965,1970) ha chiamato legami negativi (-L, -H, -K),così violente da compromettere un sano sviluppodella capacità di pensare. La mente si appiattiscein un apprendimento bidimensionale (Meltzer,1979) nel caso dell'autismo, o resterebbe prigio-niera di un mondo confuso pieno di oggetti biz-zarri, come nella schizofrenia. Secondo Bion lacuriosità e il bisogno di relazioni appassionaterappresenterebbero delle tendenze esteticheinnate nell'essere umano, alla base dello sviluppodella mente. A questi elementi ha dato il nome dilegami positivi: Amore, Odio, Conoscenza (L, H, K).“La intrinseca potenzialità ritmica dello organi-smo psico-fisico, scrive M. Milner (1987), puòdiventare fonte di un ordine che proviene dall’in-terno, ponendo le basi di quella qualità musicaledel linguaggio che può esprimere le esperienzeprofonde”.Tale impostazione corrisponde, con profonda sin-tonia, a quelle di Severino (1998), di Jankélévich(1961) e Gaita (1991), ed è quanto ci interessavain questa sede approfondire, per indicare qualiprocessi affettivi (emozioni e sentimenti), e cioèquale energia vitale (l’Amore per Dante eCavalcanti, la Gioia per Beethoven, la "leggerez-za" per Mozart, la "umanità" per Shakespeare, la"tenerezza" per Giulio Romano, in altre parole lacapacità di sintonizzazione empatica degli arti-sti), sia sottesa ad ogni discriminazione dello spa-zio e del tempo che implichi tanto la dimensionesensoriale, quanto quella percettiva, quanto quel-la rappresentativa-simbolica, ciascuna correlabile

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ai rispettivi vissuti, attraverso "forme felici", comeammonisce Montale in Ossi di seppia:

Sbarbaro, estroso fanciullo, piega versicoloriCarte e ne trae navicelle che affida alla fanghigliaM obile d'un rigagno; vedile andarsene fuori.Sii preveggente per lui, tu galantuomo che passi:col tuo bastone raggiungi la delicata flottiglia,che non si perda; guidala a un porticello di sassi.

1 Si vedano i concetti di rappresentazione di cosa e di rappre-

sentazione di parola, (Freud, 1895, 1915).

2 Vorrei solo segnalare di passaggio la straordinaria espressività

con la quale Pierre Boulez (1963), che è certamente una delle

menti più lucide e penetranti nel campo della ricerca musicale

contemporanea, ha ricalcato il verso di Mallarmè nelle compo-

sizioni al poeta dedicate ed ispirate; lo stesso Boulez ha fornito

una analisi linguistica molto accurata ed illuminante, con la

quale chiarisce come si possano generare forme musicali sinto-

nizzate alle liriche dalle quali traeva ispirazione.

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Segue a pag. 62

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Sound and music accompany us in every momentof our life, from the conception to the death. Toput aside from the touch, that is essential for thesame life, the hearing is the organ of sense thatless of all can be excluded by our perceptivesphere, not only because it is impossible totightly close the ears, but also because percep-tion of sounds happens through hearing andacross the skin and everything of our body asvibration that strikes us and induces the body toco-vibration. Through the sounds all the livingbeings read the world that surrounds them andaccordingly activate usually the most consistentreaction to the instinct of survival. Partly inter-pretation of the sonorous universe meaning issubscribed in genetic code. But the most consi-stent part is tied to the memory, therefore to theexperiences done during life, included body’sinner sounds. The human being, as a reasoninganimal, has “organised” the sound channelling itin logical and meaningful schemes, musical andextra-musical, “to contain” the external andinternal world. This way, music has assumed initself consolatory, cathartic, pedagogical, spiri-tual, thaumaturgic functions…

In un articolo di recente pubblicazione (1995), imusicoterapeuti Maria Sikstrom e Olav Skille sot-tolineano che fare musica è contemporaneamen-te un gioco senso-motorio, un gioco simbolico eun gioco di regole. Questo mi pare renda piùchiaro il perché del fascino che l’umanità ha sem-pre sentito nei confronti, appunto, del far musica.Non è questione di età, sesso, cultura, capacitàfisiche o psichiche: tutti quanti cantiamo e suo-niamo almeno qualche volta e proviamo piacerenel farlo e esprimiamo, dunque comunichiamo,qualcosa mentre lo facciamo.L’esperienza musicale però può anche essere sol-tanto passiva, come si suol dire. Cioè, se quandonoi produciamo i suoni evidentemente li ascol-

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I musicoterapeuti

Maria Sikstrom

e Olav Skille

sottolineano che

fare musica è

contemporaneamente

un gioco

senso-motorio,

un gioco simbolico

e un gioco di regole

Intrattenimento, educazione, preghiera,cura… Quante funzioni può svolgere il linguaggio musicale?

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percepire le vibrazioni,grazie ad alcuni sensoripresenti nella nostrapelle e al fatto che ilcorpo è esso stesso uncorpo elastico chequindi convibra – che

lo voglia o no- con ciò che vibra intorno a lui.Sappiamo che i suoni più gravi convibrano con laparte più bassa del nostro tronco (la regioneaddominale) e le frequenze via via più acute nellazona toracica e poi nella testa.In natura la percezione dei suoni è fortementelegata alla sopravvivenza: è fondamentale potersapere che il nemico – o la merenda - si sta avvi-cinando, quanto è vicino e dove si trova rispettoallo spazio intorno a noi. Così come può esserefondamentale percepire la vibrazione della terra efuggire prima che avvenga un terremoto.Alcune informazioni sul significato di certi segna-li vibratori/acustici ci sono state trasmesse per viafilogenetica – gli animali hanno una reazione diterrore e di fuga sentendo il ruggito di un leoneanche se non ne hanno mai incontrato uno in vitaloro, per esempio - anche se noi esseri umanisembriamo spesso averle perse, o quantomenodimenticate.Anche la conoscenza dei suoni interni al nostrocorpo, dei quali magari abbiamo scarsa consape-volezza, ci è nota certamente da sempre (è diffi-cile stabilire se e quanto questa coscienza possaessere innata), così come permane in noi certa-mente la memoria inconscia dei suoni che ci cir-condavano durante la vita fetale.Così, è stato sperimentato che le frequenze gravia bassa intensità, o il ritmo ternario in tempolento generalmente aiutano il rilassamento,riportandoci a uno stadio fetale e alla primissimainfanzia (la mamma che ci cullava cantando laninna-nanna e tenendoci vicini al suo cuore),nonché al nostro corpo e ai suoi suoni.Generalmente. Non sempre.

tiamo, talvolta capitadi ascoltarli soltanto.

È mia intenzione, inquesto contesto, foca-lizzare l’attenzione prin-cipalmente su questoaspetto, tralasciando quindi di parlare di quantoconcerne più specificamente musica e creatività.

Mi pare che si possa pensare alla fruizione, ascol-to è piuttosto riduttivo, a mio avviso, della musi-ca come a qualcosa che comprende un livello cor-poreo-sensoriale, un livello simbolico-emotivo euno razionale-intellettuale, e che questi tre livel-li sono per molti versi inscindibili.Se per musica si intende una qualche organizzazio-ne dei suoni, in cui è implicito dunque un pensie-ro, un intento comunicativo di qualche tipo e unacostellazione più o meno ampia di referenti extra-musicali, essa sta inscritta in un universo sonoromolto più ampio nel quale viviamo immersi.Com’è noto, il silenzio inteso come punto 0, real-tà scientificamente sperimentabile, non esiste.Non per nulla l’unità di misura dell’intensità deisuoni, il decibel, è un’unità di misura di rapportoe non un’unità di misura assoluta. Se anchepotessimo ottenere intorno a noi un silenzioassoluto, continueremmo a percepire i suoni cheprovengono dall’interno del nostro corpo, cheevidentemente non può smettere di produrresuoni finché siamo vivi.Il suono è, dal punto di vista fisico, una vibrazio-ne, o meglio la somma di più vibrazioni prodotteda un corpo elastico e propagate dai corpi elasti-ci che lo circondano, per esempio l’aria.Tutti gli essere viventi percepiscono queste vibra-zioni. Diversi di essi, fra cui l’uomo, possiedono unapparato uditivo preposto a una particolaredecodifica delle vibrazioni – o meglio di alcune diesse- e alla percezione di esse sotto forma di“suoni”. Non abbiamo però perso la capacità di

la fruizione della musicacomprende un livellocorporeo-sensoriale, un livello simbolico-

emotivo e unorazionale-intellettuale

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capire immediatamente che i due temi di unprimo tempo di sonata di Mozart si intreccianofra di loro seguendo un percorso armonico chegira intorno a una certezza di base, la tonalitàd’impianto. E può darsi che l’ascolto gli risultipoco comprensibile.E quanti di noi potranno immediatamente capirecome è fatto un brano musicale di culture lonta-ne dalla nostra? Per esempio alcune tribù africa-ne hanno delle musiche fatte così: diversi esecu-tori stanno seduti in circolo e suonano su stru-menti identici lo stesso suono per un certo perio-do di tempo. Che senso può avere? Qual è laforma di tutto ciò? Tutto diventa più chiaroquando si scopre che gli esecutori si alternano fradi loro seguendo regole prestabilite. Dunque, ese-cutori e ascoltatori seguono un gioco di regole, econoscendolo possono valutarlo e apprezzarlo.D’altra parte, conoscere le regole del gioco nonsignifica necessariamente saperle descrivere econoscerle tecnicamente. Per tutta la vita noioccidentali abbiamo ascoltato brani musicali cheseguono un gruppo abbastanza limitato di regole– armoniche, melodiche, ritmiche, timbriche - esiamo sufficientemente capaci anche inconscia-mente di riconoscerle, sempre che il gioco nonvenga reso troppo complicato.Dopo ripetuti ascolti, comunque, una musica chesegue regole sconosciute può divenire comprensi-bile:la memoria infatti ci aiuta a svelarle.Parte della suggestione che ci procura l’ascolto èlegata a un aspetto peculiare della musica: il suoessere incorporea e il suo scorrere nel tempocreandosi e svanendo attimo dopo attimo. Perquesto motivo all’interno di un brano musicale cisono – e ci devono essere - degli elementi ricor-renti di base: melodici e/o armonici e/o ritmici e/otimbrici. Una melodia dovrà essere sentita più diuna volta perché la nostra mente gli possa annet-tere un significato importante, riconoscerla cometema, per esempio. Perciò la forma è data anchedalla organizzazione delle ricorrenze. Quando

Se le nostre primissime esperienze del mondosono state per qualche motivo traumatiche, pos-siamo anche, inspiegabilmente, sentirci precipita-re in stati di angoscia profonda.Tutti gli studi e gli esperimenti fatti sulle reazioniemotive ai suoni, per ciò che mi risulta, sono con-cordi nell’evidenziare delle costanti, ma mai dellecertezze assolute. La memoria ci mette lo zampino. Quando poi i suoni che stiamo ascoltando diven-gono una sequenza, allora la mente comincia alavorare per dar loro un “senso” più ampio, musi-cale e extramusicale.Se stiamo camminando nel bosco e sentiamocantare un uccellino, anche se non abbiamo ideadi che uccellino sia, possiamo immaginarci chestia cantando per la sua compagna, oppure permandare un segnale alla nidiata, o per tessere lelodi della vita e di Dio, o molte altre cose che cipossono venire in mente. L’esperienza dell’ascoltodiventa una sorta di canovaccio sul quale inscri-viamo le nostre conoscenze, le nostre esperienze,i nostri desideri, le nostre emozioni. Una buonaparte di questi potranno certamente essere con-divisi, e una parte certamente no. E qualcosa di molto simile capiterà se siamo inuna sala da concerto o in una Chiesa, o in came-ra nostra con il registratore acceso. Non è indi-spensabile conoscere come sono fatti gli stru-menti che stanno producendo i suoni che ascol-tiamo, non occorre conoscere il modo in cui ven-gono utilizzati – la tecnica esecutiva- né saperechi ha scritto e chi sta eseguendo quella musica. Poiché si tratta di suono organizzato a un livellopiù complesso del canto dell’uccellino, l’unicacosa importante è sapere come è fatta, cioè cheforma ha, che regole segue.Molto spesso si dice e si sente dire: “quella musi-ca (di solito la musica “classica”) non la capisco”.Capire la musica significa prima di tutto averedelle informazioni di base su quale sia la struttu-ra logica sulla quale quella sequenza di suoni èmodellata. Un eschimese difficilmente potrà

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“conoscere” la musica si è sviluppato parallela-mente ma separatamente dalla sua conoscenzapratica. Il vero musicista è colui che conosce lateoria, la fisica e la metafisica della musica, men-tre l’esecutore “non è diverso da una bestia”,come dice Guido d’Arezzo e ripetono per moltisecoli i teorici. Dunque, almeno fino al rinasci-mento il musicista o è un saggio che vive in cimaal Parnaso, al di sopra della vile umanità, oppureè un mentecatto che si guadagna il pane venden-do la propria agilità delle dita o la propria bellavoce. L’umanesimo ha riportato a una integrazio-ne della figura del musicista, ma alcuni strascichidi quella visione dualistica, oserei dire un po’schizofrenica, sembrano perdurare ancora: quan-te volte abbiamo incontrato –nelle cronache senon nella vita – compositori che disprezzano gliesecutori, dolendosi di non poterne quantunquefare a meno, per esempio?D’altra parte, capita spesso ai musicisti di sentirsidire da chi musicista non è, magari con lo sguar-do triste: “Beato! Io purtroppo non ne capisconiente!”. Praticamente nessuna professione, per quantocomplessa possa essere, gode di cotanta profondaammirazione! Un repertorio musicale può essere scritto conregole particolari perché si rivolge a un pubblicoparticolare – intendo particolarmente colto e/oparticolarmente snob –: il madrigale cinquecen-tesco, per esempio, o la musica di corte nellaFrancia di Luigi XIV, o alcune delle ultime compo-sizioni di Bach, che solitamente vengono non acaso indicate come “opere teoriche”. Più in generale qualunque repertorio segue rego-le specifiche perché è pensato per svolgere fun-zioni diverse all’interno della vita sociale.La musica molto spesso ha il compito di “intratte-nerci”, di fare da cornice ad altre attività. Ascol-tiamo musica anche per svagarci, divertirci,“tirarci su il morale”, consolarci degli affanni delnostro vivere quotidiano, distrarci da pensieri

sono troppe, solitamente arriviamo alla conclu-sione che il brano è scontato, noioso, poco inte-ressante. Come un gioco che sappiamo già comeva a finire. E la logica di un brano musicale ha inquesto delle forti somiglianze con lo scorrere deinostri pensieri quando stiamo rimuginando suqualcosa. Dobbiamo a Hegel (1967) l’intuizione diquesta affinità – di procedimento, intendo- conla riflessione filosofica su un’idea, il ché forse nonha valenza universale ma certamente è fortemen-te significativo per la musica tedesca almeno daBach in poi.La musica quindi in un certo senso ci offre unoschema di azione nel quale si susseguonomomenti di maggiore o minore tensione - sonorae di conseguenza emotiva - in cui ognuno di noipuò immedesimarsi e inscrivere i propri contenu-ti: qualcosa di simile alla fiaba per il bambino oalle saghe epiche o ai racconti mitologici.Infine, se pensiamo alla musica da un punto divista “scientifico”, astratto per così dire, possiamodarle una logica attraverso la scienza astratta pereccellenza, la matematica, e spiegarla attraverso inumeri, come la civiltà occidentale non ha maismesso di fare almeno da Pitagora in poi.Oppure correlarla a una visione cosmologica incui come parte di un Tutto universale è l’energiadivina e la rappresenta attraverso il suo linguag-gio (dalla teoria del Big Bang ai Veda indiani, allostesso evangelico “In principio era il Verbo”, a uncospicuo numero di testi sacri di ogni parte dellaterra, la nascita del mondo è correlata al suono, ein moltissime culture – per esempio quella cinesee quella indiana- ogni suono prodotto dagli stru-menti e dalla voce dell’uomo è correlato a uncorpo celeste, o a qualche divinità, o a qualcheanimale sacro o altro ancora).Attraverso la mitologia e poi il pensiero filosoficogreco, anche la cultura occidentale ha letto il lin-guaggio musicale in chiave metafisica, con unasua peculiarità: nel mondo occidentale, fin daitempi della Grecia classica, questo modo di

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ascoltare o fare e a che scopo è destinata. In altreparole ci poniamo in un certo atteggiamentomentale atto ad annettere altri significati – dinuovo prevalentemente extramusicali – allanostra esperienza.Un canto molto elaborato, può essere recepitocome una preghiera che ci porta in uno stato diestasi mistica – uno jubilus gregoriano, per esem-pio, o un raga indiano -, oppure ci può dare lapiacevole sensazione di star partecipando a un’e-sperienza speciale, per pochi eletti capaci digoderne, quindi di sollecitare il nostro orgoglio ela nostra vanità di far parte di una sorta di clubmolto esclusivo.E anche di dover essere grati a una società che ciprocura simili esperienze. Per esempio, si sa che ilmelodramma è sempre stato un veicolo di propa-ganda politica, solitamente della classe al potere,qualche volta dell’opposizione. Poiché è noto che è più semplice capire e/omemorizzare un testo se è intonato su una melo-dia abbastanza semplice, si utilizzerà questomodo per insegnare dei testi di grande importan-za, per esempio testi sacri. L’ascoltatore, una voltainteriorizzata la struttura musicale, si concentre-rà più facilmente sul senso delle parole e ne inte-riorizzerà il contenuto. Non è molto diverso ilcaso delle filastrocche con le quali vengono inse-gnati per esempio i numeri ai bambini.Innanzitutto quindi una funzione pedagogica,con implicazioni più complesse di ordine sociale emorale, naturalmente. Si insegnano anche le regole grammaticali e sin-tattiche della musica stessa, attraverso la musica.Molta musica, soprattutto degli ultimi due secoli,è stata scritta per insegnare a suonare, a cantaree a comporre.È evidente che se la musica è connessa a un testoo a delle immagini (teatro e cinema), i significatimusicali si sovrappongono a quelli testuali e aquelli visivi, sottolineandoli o aggiungendo anco-ra altri significati all’esperienza.

ossessivi, riempire il nostro tempo libero, sincro-nizzarci con il ritmo del lavoro che stiamo svol-gendo, eccetera. Grazie alla tecnologia oggi pos-siamo scegliere in qualunque momento qualetipo di musica desideriamo utilizzare come sfon-do ai nostri pensieri e alle nostre azioni. Sembre-rebbe dunque che oggi qualunque repertoriomusicale possa svolgere questa funzione. Quandonon esisteva la possibilità di riprodurre la musicaa proprio piacimento, musiche diverse venivanocomposte per situazioni sociali diverse, e dunquele musiche destinate alle feste, o allo svago priva-to di chi se lo poteva permettere, erano scritteprincipalmente a questo scopo. Le musiche per ladanza avevano una struttura formale solitamen-te abbastanza semplice, nella quale l’aspetto piùemergente era la reiterazione di una cellula ritmi-ca sulla quale gli altri parametri erano facilmentericonoscibili e poco elaborati. Pensiamo ancoroggi ai repertori destinati alle discoteche, tal-mente semplici e ripetitivi da suscitare in noi oreazioni di noia o stati semiipnotici, in cui le ansiee le angosce vengono dimenticate e si vieneproiettati in una sorta di stato di estasi.Le composizioni da camera venivano scritte persoddisfare i gusti di chi le pagava e ascoltava e avolte anche eseguiva. Se il committente era unraffinato conoscitore della musica e magarianche un capace esecutore, questo repertoriopoteva anche divenire una sorta di palestra diardite sperimentazioni, raggiungendo tali livelli dicomplessità da renderlo ancora oggi scarsamenteapprezzato dal grande pubblico, perché pocofacilmente comprensibile.Per quanto oggi si sia abituati a ascoltare musicasoprattutto attraverso gli impianti di riproduzio-ne, in qualunque luogo ci possiamo trovare, seandiamo a teatro, o in Chiesa, o in piazza per unafesta o per un concerto rock, o nello studio delnostro musicoterapeuta, noi evidentementenutriamo delle aspettative musicali ed extramu-sicali: sappiamo grosso modo che cosa stiamo per

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Il senso che noi diamo all’esperienza musicaleè legato dunque anche a un “dove” e a un“quando”.Infine, vorrei accennare al fatto che la musica haancora un’altra peculiarità: tra il compositore el’ascoltatore si può frapporre l’esecutore, il qualeattraverso la sua interpretazione di ciò che staeseguendo trasmette anche dei messaggi propri,che interferiscono sia con le intenzioni del com-positore che con quelle dell’ascoltatore.Tutti questi fattori, ed altri ancora di cui sipotrebbe parlare a lungo, contribuiscono dunquea fare dell’esperienza musicale una operazione digrande complessità. Ed essendo sempre unamiscela di componenti diversa per ognuno di noie diversa di momento in momento, è impossibilea mio avviso fare delle classificazioni di significa-to univoco e immutabile.

Per quanto riguarda la musicoterapia, si tratta diun uso della musica mirato al conseguimento diuno scopo.Non si tratta certo di un’idea particolarmentenuova né originale.In molte culture, compresa la nostra ai suoi albo-ri, si è esplicitamente annessa alla musica unafunzione terapeutica, curativa. Di solito, il compi-to di curare attraverso le musica è affidato a unsaggio – il mitologico Orfeo non era certo un“semplice” musicista, né il biblico Davide – oppu-re a uno sciamano, o a un sacerdote. È implicitoche può curare chi sa, non solo di musica, ma bendi più. Lo sciamano è “l’uomo della medicina”,conosce l’essere umano nel corpo e nell’anima, hasviluppato una concezione, per dirla con un ter-mine piuttosto in voga negli ultimi anni, olisticadell’uomo e del mondo nel quale vive.Chi usa la musica come mezzo per intervenire insituazioni di sofferenza fisica e mentale devesaper scegliere con cognizione di causa qualimezzi usare concretamente e deve avere un’ideaabbastanza precisa di quale sia il grado della sof-

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ferenza dell’individuo col quale interagisce.Si parla di tecniche di musicoterapia attiva ericettiva, cioè attraverso il fare e far fare musicadurante le sedute, oppure attraverso la sommini-strazione di un ascolto predefinito. In ambedue icasi mi sembra che in primo piano ci sia un rap-porto di interazione diretta tra terapeuta epaziente, nel quale il terapeuta sceglie le regoledel gioco e legge le risposte del paziente in rela-zione a quanto si è prefisso di ottenere, nonchélegge quello che lui stesso sta facendo e si sforzadi capire come viene letto dal paziente stesso. Masoprattutto, il musicoterapeuta deve essere pron-to ad affrontare l’incognita di una reazioneimprevista. Il linguaggio musicale, proprio perchéprofondamente connesso col mondo emozionale,può infatti repentinamente e inaspettatamentefar emergere stati emotivi intensi e non necessa-riamente “pacifici”.In linea generale, l’unica certezza che l’operatoreha quando inizia la seduta è che la musica pro-durrà qualche effetto sul paziente. Lungi da me voler affermare che il musicotera-peuta, un professionista fra i tanti che operanooggi nella nostra società, sia o debba essere dota-to di conoscenze o saggezze specialissime.L’esperienza insegna che oggi i risultati migliorivengono ottenuti in situazioni di lavoro d’équipe,in cui evidentemente le competenze specifichedel musicoterapeuta e degli altri operatori diven-gono ingredienti di un progetto comune d’inter-vento terapeutico. Vorrei però sottolineare cheper operare efficacemente attraverso la musicaoccorre che chi la guida e propone non possa farea meno di affiancare alle conoscenze musicalianche delle conoscenze mediche e psicologiche.Troppi fattori concorrono a produrre in qualun-que essere umano una qualsivoglia reazione –emotiva, corporea e razionale –, talvolta moltodiversa dalle nostre aspettative e difficile da com-prendere, perché si possa pensare a questa pro-fessione con leggerezza.

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This study is a panoramic about music therapy inpresurgical situation. At first are indicate someresearches about relaxation before surgicaltreatment, then the neurological and psycho-analytic vision. The panoramic of musictherapy inpresurgical moment is exposed in the successiveparagraphes. Then is examined the application ofmusictherapy in odontological situation and, atthe end, a brief experimental study about effectsof music in the dentistry cabinet.

PremessaL’idea di questa ricerca nasce nell’ambito di uncorso per assistenti dentali realizzato dalla Dr.Birardi, pedodonzista di Genova, particolarmenteinteressata ad argomenti inerenti la psicologia delbambino e motivata ad ottenere la migliore col-laborazione possibile dell’intero staff. All’interno di questo corso di studio, è stato inse-rito uno “stage di ascolto”. Il laboratorio ha parti-colarmente interessato la pedodonzista, che haquindi proposto di inserire questa esperienzaall’interno del suo studio professionale, per veri-ficare se fosse possibile favorire il rilassamentodei bambini nella sala di attesa. Così è nata anchela breve indagine esposta al termine dell’articolo. Nel presente contributo ci è parso opportuno,esaminare dapprima alcuni studi relativi allericerche sul rilassamento in fase preoperatoria,descrivere, sotto il profilo neurologico e neurofi-siologico, l’influenza della musica sul cervello esulle variazioni dei parametri fisiologici, presen-tare alcune riflessioni psicodinamiche sull’ascolto.Vengono poi descritti alcuni studi relativi al“Rilassamento in fase preoperatoria con uso dellamusica”.Per entrare nel merito sono quindi esposte leapplicazioni della musicoterapia in odontoiatriasia all’interno dello studio dentistico che in repar-to ospedaliero.Infine, nel paragrafo conclusivo è esposta una

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L’idea di questa

ricerca nasce

nell’ambito

di un corso

per assistenti

dentali realizzato

dalla Dr. Birardi,

pedodonzista

di Genova,

particolarmente

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inerenti

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dell’intero staff.

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subito. Maynande edaltri (1995) riferisconoinvece che la tecnica del-l’immaginazione guidatapuò far nascere nelpaziente la sensazione diessere in grado di far

fronte allo stress. Il Benson’s Relaxation Responsee le diapositive informative utilizzati da Daltroyet altri nel 1998 hanno dato risultati inaspettati:la risposta di rilassamento non influenza il risul-tato post – operatorio, mentre l’intervento edu-cativo ha influenzato positivamente la rispostadei pazienti che rifiutavano l’intervento. Anche inquesto caso, comunque, la risposta è soggettiva equindi difficilmente quantificabile. Infine l’F.P.I.(Heye et altri 2002) su pazienti isterectomizzateha dato risultati positivi, soprattutto in relazioneal recupero dell’autonomia funzionale.

II. ASCOLTO E RILASSAMENTONel nostro percorso dal rilassamento raggiuntocon l’utilizzo di tecniche diverse, quali ad esempiol’ipnosi, al rilassamento indotto dalla musica, esa-miniamo ora l’ascolto dal punto di vista neurolo-gico, neurofisiologico e psicodinamico.

II.1 Il punto di vista neurologico e neurofisiologico

II.1.1 La percezione sonoro-musicalePer quanto riguarda la localizzazione della perce-zione musicale riportiamo lo studio fondamenta-le di Isabelle Peretz: “La musica e il cervello”.(“Enciclopedia della musica” Einaudi, 2003).L’autrice, partendo da due casi di pazienti affettida patologia cerebrale, giunge a conclusionimolto interessanti sulla specializzazione cerebra-le in relazione alla musica. Dagli sudi compiutipare che ogni minima parte del cervello sia depu-tata ad un’attività specifica e dunque si cerca dicapire se la musica sia un settore specifico delsapere umano. Le ricerche neurologiche hanno

breve indagine sperimen-tale sul rilassamento incampo odontoiatrico, conpiccoli pazienti.

I. IL RILASSAMENTO IN FASE PREOPERATORIAEcco ora esposti, in sintesi, alcuni studi effettuatisulle tecniche di rilassamento in fase preoperato-ria. In essi vengono sperimentate varie tecnicheche possono favorire una diminuzione del livellodi ansia, una migliore collaborazione da parte delpaziente e, a volte, determinare una riduzionedella richiesta di analgesici o, semplicemente,ottenere un atteggiamento più sereno e collabo-rativo da parte dei pazienti sottoposti ad inter-vento chirurgico. Le strategie utilizzate sono molteplici: l’ipnosi,l’uso della Benson’s relaxional response, la pro-spettiva educativa, l’istruzione preoperatoria, lapreparazione comportamentale alla chirurgia. È stata inoltre studiata e sperimentata l’impor-tanza della risposta relazionale con pazienti chi-rurgici ambulatoriali, l’effetto della preparazionementale, l’uso di prove preoperatorie di attivitàimmaginativa e infine gli effetti del rilassamentopreoperatorio in pazienti sofferenti alla spinadorsale.

Si può dire che le varie tecniche di rilassamentopossono avere effetti positivi: ciò può dipenderedalla tipologia del paziente (Wilson 1981) e del-l’intervento chirurgico (Mogan et altri 1985).Lawlis, Selby, Hinnaut (1985) rilevano che leistruzioni sul rilassamento possano influire sulladurata della degenza e sulla richiesta farmacolo-gica. Due studi relativi a pazienti ambulatoriali,forniscono risposte differenti: per Domar, Noe,Benson (1987) la risposta al rilassamento è sog-gettiva; per Marklan e Hardy (1983) il trattamen-to dà risultati positivi sia come riduzione dei livel-li di anestesia, sia sulla percezione dell’intervento

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Il proposito di questaindagine è di verificarese l’ascolto della musicapuò influenzare i com-portamenti ansiogenidei piccoli pazienti.

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Peretz prende in esame il riconoscimento di un’a-ria familiare da parte di un soggetto normale e diuno cerebroleso: il primo considera in modo con-giunto la doppia struttura di altezze e durate,mentre il secondo analizza la struttura temporaledella musica, dimostrando che è possibile separa-re il percorso melodico da quello temporale,durante la prima analisi. Per il percorso melodico vi sono tre tipi di tra-sformazioni: l’identificazione di profilo, attraver-so le traiettorie e l’altezza del suono, che ha unruolo importante nella selezione e nella memoriaa breve termine, l’identificazione degli intervalli,cioè la distanza tra due suoni consecutivi, che haun ruolo critico e il riconoscimento della tonalità.In seguito ad ascolto dicotico si è avuta una dis-sociazione tra gli emisferi cerebrali che convalidaquanto detto prima. Dallo studio compiuto emer-ge che l’individuazione del profilo avviene nellearee temporali della parte destra, per poi esseretrasmessa a strutture omologhe dell’emisferosinistro, in cui è definita come intervalli separati.L’emisfero destro è deputato all’organizzazionemelodica della musica, perché è la sede prelimi-nare della percezione, anche le serie cantate ven-gono distinte dal profilo, non dai nomi delle note.Nelle aree frontali dell’emisfero destro vienemantenuta in memoria l’informazione melodica,mentre nell’emisfero sinistro sembra avvenire lacodificazione tonale dell’altezza dei suoni. Per il percorso temporale vi sono due livelli diorganizzazione: metrica, che si riferisce all’alter-nanza di tempi forti e tempi deboli, e ritmica, cheriguarda le durate relative, non la regolarità deitempi.

Secondo la Peretz il fattore determinante peraccedere al repertorio (una sorta di lessico in cuisiano contenute le rappresentazioni memorizzatedi tutte le musiche conosciute dal soggetto)potrebbe essere la rappresentazione che derivadalla serie di trasformazioni melodiche. Se si con-

appurato che la localizzazione della percezionemusicale e della sua memorizzazione sia all’inter-no o nelle vicinanze della circonvoluzione tempo-rale superiore.Per quanto riguarda lo studio del cervello normale,la Peretz analizza le tecniche più comuni di questocampo di ricerca: l’ascolto dicotico (ogni orecchioriceve una diversa sollecitazione) e la tecnica deipotenziali evocati. L’ascolto dicotico ci permette didedurre quale emisfero venga prevalentementecoinvolto in questa fase: ad esempio se ad esserestimolato è l’orecchio sinistro, l’emisfero coinvoltoè l’opposto (il nervo acustico si proietta in granparte all’emisfero controlaterale). Da un esperi-mento, effettuato da Peretz, è risultato che ungruppo di ascoltatori, tutti musicisti, utilizzavanoin prevalenza l’orecchio destro. Quindi sembraconfermata la dominanza dell’emisfero sinistro(quando la musica è analizzata nei suoi aspetti for-mali e strutturali) e sembra anche che i moduli lin-guistici e musicali si attivino in parallelo e indipen-dentemente dalle informazioni ricevute.Anche la tecnica dei “potenziali evocati”, (analisispecifica dei segnali rilevati nell’EEG), dà risultatisimili. Le variazioni elettriche sono determinatedai potenziali di azione dei neuroni in attività.Registrando i potenziali evocati in associazione auno stimolo sonoro, è possibile registrare le varia-zioni dovute al nuovo evento. Dall’analisi di que-sto studio la Peretz conclude che le aree cerebralicoinvolte dalla musica sono diverse e adiacenti aquelle del linguaggio: questo significa che lamusica è autonoma rispetto al linguaggio, sia chesi utilizzi il codice uditivo che quello visivo.L’organizzazione cerebrale parallela sembra spie-gare che i moduli specifici della musica e del lin-guaggio seguono un percorso simile. Un ulterioreapprofondimento conferma che la musica ha deicircuiti neuronali specifici, che sembrano esserecollocati nei lobi temporali, più specificatamentenella parte superiore. Per quanto riguarda l’orga-nizzazione della musica all’interno del cervello la

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invece, dal ritmo. Terminiamo con l’affermazionedi Del Puente ed altri: “l’apprezzamento dellamusica non è esclusivamente sostenuto da unasingola rete neuronale e vi è un notevole grado diindipendenza funzionale tra le componenti del-l’elaborazione musicale qui investigate”.

II. 1. 2 Esperienza musicale e variazioni fisiologicheSecondo l’opinione di G. Harrer ed H. Harrer (in“Musica, emozioni e funzioni vegetative” 1987) leesperienze musicali provocano variazioni fisiolo-giche. Sono state studiate frequenza cardiaca,pressione arteriosa, respirazione e riflesso psico –galvanico ed altre funzioni vegetative per vederele loro variazioni durante l’ascolto della musica. Le conclusioni raggiunte da questi autori sonoche tali variazioni dipendono dalla “reattivitàindividuale”, dalla “reattività emozionale” e “dal-l’atteggiamento verso la musica”.La reattività individuale, cioè la labilità o la stabi-lità dei processi di regolazione vegetativa, èinfluenzata da età, sesso, tipo di vita, stato di salu-te, stanchezza, assunzione di eccitanti o alcool,mentre l’atteggiamento verso la musica dipendedall’importanza che essa ha nella vita dell’indivi-duo e dalle sensazioni che un determinato branopuò provocare. La situazione di laboratorio puòmodificare la risposta sia fisiologica, che psicolo-gica, tanto da fornire risultati falsi e lo stessobrano, ascoltato in situazioni emotive diverse,porta a risultati a volte diametralmente opposti. Harrer e Harrer rilevano che la musica provocarisposte vegetative anche quando viene percepitanel sonno o viene ascoltata come “musica di sot-tofondo”; inoltre il tipo di percezione dipendedalla disposizione individuale, indifferente oemozionale, nei confronti della musica, dal mododi ascoltarla e dalla disposizione del momento. Èimportante anche la qualità di riproduzione delbrano musicale e il volume, adatto al singolo sog-getto. Le variazioni del volume modificano, infat-

sidera l’azione parallela per l’organizzazionemelodica e temporale di una musica conosciuta,interrompendo la via d’accesso melodica, sidovrebbe riconoscere la musica dalla sua struttu-ra temporale. Ma questo non avviene, perchénella musica occidentale il parametro fondamen-tale è la melodia. Il cervello, una volta analizzatala struttura melodica e paragonata al repertoriomemorizzato, è in grado di riconoscere la melodiae di riprodurla.Nell’ascolto musicale interviene anche un pianoemotivo; studiato in pazienti cerebrolesi è risulta-to non danneggiato; perciò potrebbero esisteremoduli connessi alle emozioni, autonomi ma rela-tivi al riconoscimento di cui la Peretz ha parlato.

A questo punto ci sembra interessante inserire illavoro di Del Puente ed altri (2003). Questi auto-ri sottolineano l’importanza del lavoro di Plateled al. (1997) in relazione alle risposte emotive,cioè “alle strutture cerebrali interessate nell’ap-prezzare la musica”. La percezione della musica èun processo cognitivo complesso, basato su diver-si modi di categorizzare stimoli uditivi; ciò sugge-rirebbe che l’ascolto della musica possa esserebasato su distinti processi neuronali, corrispon-denti a componenti di base della musica.All’interno della percezione musicale alcune abi-lità specifiche possono risultare rovinate seletti-vamente: afasia senza amusia o amusia senzaafasia, ad esempio. Dall’esperimento di Platel edaltri emergono i seguenti risultati: familiarità,prove di tono e ritmo provocano attivazioni nel-l’emisfero sinistro, prove di timbro nell’emisferodestro. L’accesso lessico – semantico alle rappre-sentazioni melodiche avviene presumibilmentenel giro frontale inferiore sinistro, nell’area diBrodmann 47, nel giro temporale superiore. Ilriconoscimento del tono attiva il cuneo – precu-neo sinistro. Allora Platel ed altri ipotizzano chesia utilizzata una strategia mentale immaginaria.L’area di Broca inferiore sinistra viene attivata,

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Al termine dello studio Harrer e Harrer affermanoche il loro studio non è esaustivo, ma può rite-nersi un valido punto di appoggio per l’utilizza-zione terapeutica della musica e per un amplia-mento degli studi che riguardano il rapportomente - corpo.

II. 2 Il punto di vista psicodinamicoSecondo l’opinione di Manarolo (2002) “L’ascoltomusicale è espressione della relazione che siinstaura tra l’oggetto musicale e il suo fruitore”.Infatti egli afferma che il senso in musica è frut-to dell’incontro tra gli elementi della strutturasonoro - musicale del brano e quelli del soggetto.Le modalità di ascolto della musica, d’altronde,sono molteplici e possono provocare risonanzesenso – percettive, nostalgia, avere qualità perse-cutorie o dare vita a trasformazioni benefiche omalefiche, avere qualità attivanti, stimolanti, sen-soriali e sensuali. Per l’autore la nostalgia si riferisce a una “dimen-sione preverbale in cui suono e oggetto hanno unrapporto di continuità; ricreare quel momentosignifica riviverlo”. La musica, infatti, “rappresenta uno strumento dimediazione tra il caos originario delle emozioni eil linguaggio articolato dell’intelletto”. La dimen-sione temporale della musica è il divenire neltempo e nello spazio, ma anche assenza di tempoe di spazio. Per quanto riguarda le modalità di ascolto,Manarolo cita Mancia (1990) che distingue traascolto fusionale (con la musica romantica) eascolto distaccato (con la musica contempora-nea); ed afferma che può esistere un ascolto“intermedio”, che favorisce un’interazione creati-va con l’oggetto musicale, ma che è legato allecaratteristiche strutturali del brano.Per l’appropriazione dell’oggetto musicale Rauhe(1987) distingue l’ascolto semiconscio (appro-priazione distratta, musica di sottofondo), e l’a-scolto conscio (appropriazione empatica, struttu-

ti, le risposte vegetative. Viene analizzato anche ilsistema di rapporto massimale (la comparazionedelle risposte vascolari con quelle respiratorie egalvaniche): esso dipende dal carattere dellerisposta vegetativa individuale del soggetto e daltipo di musica che viene suonata. L’esecuzioneattiva della musica, invece, determina rispostevegetative più marcate, che non possono esseresoppresse. Nelle risposte vegetative vengonoinvestiti il sistema cardiovascolare, la respirazio-ne, il riflesso psicogalvanico e l’attività motoria. La frequenza cardiaca muta durante l’ascoltodella musica e ciò potrebbe significare sia un’e-spressione di piacere che di sensazioni opposte. Lamusica sincopata può scatenare le extrasistoli; icambiamenti di volume, di ritmo o i “crescendo” ei “diminuendo” possono provocare un mutamen-to della frequenza cardiaca. Il ritmo respiratorio simodifica, a volte, sincronicamente a livello car-diaco, ad esempio durante i passaggi finali di unbrano. In questo studio non è stata studiata l’e-ventuale variazione della pressione arteriosa. Imovimenti respiratori mutano durante l’ascoltodella musica sia nella frequenza che nella profon-dità; gli autori sottolineano anche che vi sonovariazioni nell’inspirazione e nell’espirazione. Il riflesso psicogalvanico, secondo gli autori, èrisultato l’indicatore più sensibile. L’attività moto-ria, registrata durante l’ascolto della musica hadato risultati interessanti: aumentano i potenzialid’azione muscolari differenziati tra i vari segmentimuscolari. Durante l’ascolto di “ballabili” si muovo-no le gambe, se si aumenta bruscamente il volumeaumentano i potenziali d’azione muscolari nellegambe e nella fronte. È stato rilevato, inoltre, cheanche immediatamente prima che la musica inizici sono delle variazioni dell’attività muscolare.Un’ultima riflessione degli autori evidenzia come lasomministrazione controllata di tranquillanti pro-vochi la soppressione quasi completa delle rispostevegetative indotte dalla musica, pur mantenendoinalterata l’esperienza musicale emozionale.

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sugli studi relativi a questo argomento, gli autorisollevano alcune critiche: la presunta esistenza dibrani musicali potenzialmente rilassanti per tuttigli ascoltatori, cosa confutata da Peretti e Zweifel(1983) che hanno rilevato l’importanza delle pre-ferenze musicali dei soggetti per determinarequale tipo di musica sia ritenuto rilassante; laclassificazione a priori della musica come “rilas-sante”, ritenendo che prima di una tale classifica-zione occorra una validazione empirica; infine ilfatto che le varie indagini descritte non risultanofacilmente confrontabili per l’utilizzo di materia-le musicale disomogeneo. L’obiettivo della ricercadi Porzionato e Altafini è “verificare se la musicaabbia un reale effetto rilassante, utilizzandocome parametro di riferimento l'ansia di stato”. Identificati sei brani rilassanti da usare nella ricer-ca e sei brani eccitanti da usare come controllo, siè provveduto a verificare l’effetto dei brani stessisu soggetti caratterizzati da elevata ansia di trat-to, confrontandolo sia con l’effetto dei branimedesimi su soggetti a bassa ansia di tratto, siacon l’effetto dei brani eccitanti “di controllo”. Irisultati della ricerca inducono ad affermare cheuna mera combinazione di caratteristiche musica-li apparentemente “rilassanti” (tempo lento, ritmosemplice ecc.) non sembra di per sé stessa suffi-ciente a determinare, nei giudizi, un rilassamentomaggiore rispetto ad altri brani che non hannoqueste caratteristiche; probabilmente altri fattori,tra i quali comunque non pare rilevante la cono-scenza precedente dei brani, intervengono a pro-durre l’effetto. Si mette così in luce il fatto che ilgrande successo ottenuto in questi tempi dallamusica “relax” potrebbe attribuirsi solo parzial-mente ad effettive proprietà rilassanti dei brani,mentre potrebbero rivestire importanza altrevariabili, come la possibilità di disporre facilmentedi un vero e proprio “sedativo” musicale.Dai risultati ottenuti nella fase sperimentale verae propria (tenuto conto che la ricerca miravaprincipalmente a determinare la variazione tem-

rale, orientata al soggetto).Infine Manarolo analizza gli stili di ascolto e leloro implicazioni psicodinamiche: ascolto idealiz-zato, intellettuale, scisso, parziale, proiettivo,commovente e nostalgico. I brani che favoriscono l’ascolto idealizzato, “unasorta di mitico Eden”, “sono di comprensioneimmediata, espliciti ed armonici”; quelli relativiall’ascolto intellettuale (rapporto emotivo rifiuta-to che provoca un’elaborazione razionale) sonocomplessi, drammatici o imprevedibili; nell’ascoltoscisso (si scindono i vari aspetti peculiari) la musi-ca ha “una tonalità emotivo – affettiva ambigua oambivalente”; in quello parziale sono predilettealcune caratteristiche del brano, perché le altresuscitano difese molto forti; nell’ascolto proiettivoil soggetto proietta “modelli e contenuti persona-li”, scindendoli dalle caratteristiche dell’oggettomusicale. L’ascolto commovente dipende dallastruttura musicale del brano che è “connessa all’i-dentità sonoro – musicale del soggetto e/o dellasua storia personale”, per cui l’interazione con ilbrano provoca emotività irruente; infine l’ascoltonostalgico è favorito da brani musicali dai conte-nuti nostalgici e depressogeni che possono riatti-vare un lutto o favorirne la rielaborazione.In sintesi si può dire che ogni brano musicalepossa suscitare emozioni o reazioni psicologiche,perché interagisce con il soggetto che ascolta, siaa livello conscio che inconscio. Ma ciò dipendeanche dallo “stile dell’ascolto”, cioè dall’identitàsonoro-musicale del soggetto e dalla sua relazio-ne con la musica stessa.

II. 3 Ascolto, rilassamento e ansia di stato,una ricercaCi sembra infine interessante citare la ricercaeffettuata da G. Porzionato e P. Altafini:“L’influenza di brani rilassanti sull’ansia di stato”. Di questa ricerca ci sembra rilevante sia la parterelativa agli studi sul rapporto musica e rilassa-mento, sia quella sperimentale. Dopo un excursus

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chirurgico. Janis nel 1958 e Rinzler nel 1978 ave-vano rilevato l’esistenza di un nesso tra ansiapreoperatoria e quella post operatoria. La ricerca presentata da Kamin si basa su espe-rienze effettuate prima della somministrazionedell’anestesia. Il lavoro presentato è di Spintge eDroh ed è del 1981. Lo scopo è quello di rilevarein che modo la musica agisca sul paziente e aquesto scopo sono stati esaminati dati endocri-nologici, fisiologici e psicologici. I soggetti diquesto studio, erano 50 e dovevano essere sotto-posti ad intervento chirurgico ortopedico conanestesia totale. La loro età andava dai 18 ai 50anni. Furono suddivisi in due gruppi. Il primogruppo riceveva la preparazione all’interventochirurgico ascoltando musica con un ricevitore acuffia prima dell’operazione. Il genere di musicaera scelto dai pazienti e variava dalla musica clas-sica, a quella pop, alla leggera ecc.; il livello delvolume era anche esso a scelta del soggetto. Ipazienti ascoltavano la musica prima della prepa-razione all’anestesia. Il secondo gruppo era diconfronto ed era preparato all’intervento secon-do il metodo classico. Il giorno antecedente l’operazione ogni pazientericevette un questionario medico e un foglio diinformazioni relativo alla preparazione all’aneste-sia, all’intervento e alla fase post–operatoria. Ilgruppo scelto sapeva di avere la possibilità diascoltare musica durante il tempo di attesa e dipoter scegliere tra quattro programmi diversi. Nelpomeriggio ai pazienti sono stati misurati la fre-quenza del battito cardiaco e la pressione. Alla serahanno compilato lo State- Trait- Anxiety Inventory(Spielberger et al. 1970). Un’ora prima dell’inter-vento fu iniettato l’anestetico; trenta minuti primadell’intervento i pazienti furono condotti in salaoperatoria. Il primo prelievo del sangue fu effet-tuato 10 minuti prima dell’anestesia, il secondoimmediatamente prima dell’anestesia, il terzoquindici minuti dopo l’incisione cutanea e l’ultimoventi minuti dopo la sospensione dll’intubazione

porale dell’ansia di stato), si nota che gli ascolta-tori di brani rilassanti hanno mostrato valori diansia di stato molto inferiori rispetto agli ascolta-tori di musica eccitante, e che la musica rilassan-te non provoca effetti differenziali tra ansiosi enon ansiosi. Ma il dato più rilevante emerso dallaricerca è il seguente: gli ansiosi hanno registratouna notevole diminuzione dei valori medi dell’an-sia di stato rispetto ai non ansiosi indipendente-mente dal tipo di musica ascoltata. Le cause diquesto effetto possono ovviamente essere molte-plici; si può ipotizzare una interazione tra diversifattori, quali le caratteristiche stabili della perso-nalità, l’effettiva potenzialità distensiva dellamusica, l’effetto catartico che essa può produrrein determinati luoghi (es. discoteche), la disposi-zione verso un determinato brano e l’effettivodesiderio di rilassamento.

III. IL RILASSAMENTO IN FASE PREOPERATORIACON L’USO DELLA MUSICA

La letteratura sull’argomento offre una serie diricerche relative a questa tematica, sia per quan-to riguarda l’ansia pre-operatoria, sia sugli effet-ti della musica per la diminuzione dello statod’ansia al punto di eliminare gli ansiolitici.Vediamo ora alcuni contributi che pongono inrisalto il ruolo attivo della musica nel favorire ilrilassamento.

Un intervento all’interno del convegno interna-zionale “Musica, realtà e futuro” (1985) ha sotto-lineato gli effetti della musica nella preparazioneagli interventi chirurgici. Premesso che l’ansia siauna risposta emotiva ad una situazione che incu-te timore, Adelheid Kamin rileva come ciò possaessere tipico dei pazienti sottoposti a interventochirurgico. Nel 1982 Berlin e i suoi collaboratoriavevano rilevato che il sistema cardiovascolaredei pazienti con grande ansia pre-operatoria erasottoposto a maggiori sforzi durante l’intervento

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ansia, ma danno motivazioni diverse: Koch e Kainattribuiscono importanza al fatto che l’uso dellecuffie possa eliminare i rumori della sala operato-ria; Lapage ed al. sottolineano la combinazionedella musica con i medicinali somministrati eAugustin e Hains l’importanza delle istruzionioperatorie.L’effetto della combinazione musica – Ketamina èstato studiato da Kumar ed al. nel 1992 con esitipositivi: gli effetti post operatori (di pazientiginecologiche) sono stati accertati più facilmen-te. Anche Nillson ed al. (2001) con pazienti iste-rectomizzate hanno ottenuto risultati favorevoli,ma hanno attribuito importanza rilevante alleistruzioni terapeutiche.Wang et al. (2002) presentano una ricerca moltorigorosa e misurano sia lo STAI che le variazionifisiologiche ottenendo risultati che si allineanocon quelli degli studi precedenti. Yung ed altri(2002), invece, introducono un’innovazione: è ilprimo studio sull’ansia preoperatoria in uominicinesi che dovevano subire un intervento allaprostata. In questo caso il risultato più importan-te è relativo ai livelli della pressione arteriosa, chediminuiscono sensibilmente nei pazienti del“rilassamento musicale”.In stretta relazione con l’indagine sperimentale diquesta ricerca è il risultato dell’esperimento diChetta (1981): la musica usata come parte dell’i-struzione operatoria è stata efficace per la ridu-zione dei livelli di ansia anche nei bambini.

IV MUSICOTERAPIA IN ODONTOIATRIAPresentiamo una breve rassegna di alcuni articolisull’uso della musica all’interno dello studioodontoiatrico. Partiamo dal testo di Gabai e Jost(1972), che hanno introdotto un modello pluridi-mensionale di musicoterapia teso a favorire ilrilassamento. Verranno poi esposte le opinioni diGiangregorio, Malevoci, Chambord, Zanibellato eSpinato, Robin e Vinard, Dalla Zuanna e Parkin,Lelloche, Hugly e Guichard. In ciascuno di questi

endotracheale nel reparto di rianimazione. Neglistessi momenti erano misurati frequenza del bat-tito cardiaco e pressione. Il giorno dopo l’intervento i pazienti hanno com-pilato lo STAI, descrivendo anche i loro stato d’a-nimo durante il tempo di attesa prima dell’opera-zione. Inoltre fu dato loro anche un questionariopost-anestesiologico. Dall’analisi dei risultati ildato più rilevante è relativo alla frequenza delbattito cardiaco risulta molto più alta nel gruppodi controllo. I pazienti che hanno ascoltato musi-ca avevano inoltre una minore traspirazione pal-mare rispetto alla sera precedente. Nel gruppo dicontrollo la reazione è stata opposta. Le opinionipersonali sull’ansia pre-operatoria nei due gruppinon differivano molto, nell’intervista fatta il gior-no seguente l’intervento. Il livello di ansia, la seraprima dell’intervento, era pressoché uguale neidue gruppi, ma i pazienti del gruppo di controllohanno detto di essersi sentiti molto ansiosi nellafase immediatamente precedente l’anestesia.In conclusione i dati di questa ricerca dimostranoche la musica trasmessa in cuffia può essereimpiegata al fine di ridurre l’ansia pre-operatoria.

Dagli articoli relativi a questo argomento si puòaffermare che, in generale, l’ascolto della musicain fase preoperatoria renda più piacevole l’attesadell’intervento chirurgico (Verheecke e Troch1980; Kamin 1985). Updike e Charles (1987)osservano che l’effetto più significativo, neipazienti sottoposti a chirurgia plastica, è a livelloemotivo e che la consapevolezza delle proprieemozioni favorisce il rilassamento. Due studihanno testato il ricordo della musica ascoltatadurante la preanestesia ottenendo risultati simili:Obby ed altri (1993) e Winograde ed al. nel 1991,infatti, hanno riscontrato che nessun pazientericordava la musica ascoltata. Per quanto riguar-da i pazienti ambulatoriali Koch ed altri (1998),Augustin ed altri (1996) e Lapage et al. (2002)rilevano che la musica possa diminuire il livello di

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Lo studio di Gabai e Jost (1972) descrive unmodello pluridimensionale definito da loro stessipsicomusicale. Secondo Giangregorio (1983), invece, la sceltadelle musiche per l’ascolto va personalizzata, indi-viduando il biotipo, seguendo le indicazioni dellapsicologia psicosomatica. Inoltre, per quest’auto-re, occorre tenere conto della reazione iperemoti-va odontoiatrica, che va da un’ansia attenuata allafobia vera e propria; per questo motivo suggeriscedi evitare brani ritmicamente ossessivi (Bolero diRavel), o sensuali (Tanhauser di Wagner) e depres-sivi (Notturni di Chopin). Malevoci (1984) compieun esperimento utilizzando due brani musicali(uno sconosciuto e l’altro molto caratterizzato) eun questionario relativo alle emozioni suscitatedall’ascolto. Dai risultati ottenuti trae la seguenteconclusione: la musica diffusa nello studio odon-toiatrico non serve a raggiungere gli scopi prefis-sati, ma può essere utile al medico che ha la facol-tà di sceglierla e di interromperla a suo piacimen-to e quindi utilizzarla come mezzo di scarico dellatensione psichica. Sulla stessa linea, sebbene con una diversa inter-pretazione, sono Zanibellato e Spinato (1984): aloro avviso occorre infatti utilizzare la musica concriteri psicodinamici per non confondere osserva-zioni empiriche con esperimenti scientifici.Zanibellato e Spinato rilevano, comunque, che ipazienti, che ascoltano la musica nello studioodontoiatrico, manifestano minore agitazione altermine del trattamento. Dalla Zuanna nel 1975 aveva rilevato che la musi-ca riduceva l’ansia nei pazienti odontoiatrici soloeccezionalmente, ma che poteva essere utile almedico o all’équipe. Invece, secondo Chambord(1983) è necessario “umanizzare” lo studio denti-stico e la musica può diminuire la tensione nervo-sa, a patto che sia in rapporto con le conoscenzemusicali del paziente, abbia caratteri melodici,proceda con movimenti lenti (adagio o andante)per favorire l’ipotonia muscolare e il rilassamento.

articoli ci è parso importante evidenziare le tec-niche utilizzate e le opinioni relative all’influenzadella musica sul comportamento dei pazienti.

IV. 1 EsperienzeAll’interno della letteratura relativa alle possibiliapplicazioni della musicoterapia nella fase pre-operatoria, ci è sembrato interessante lo studioche Gabai e Jost hanno effettuato sul rilassamen-to psicomusicale in odontostomatologia nel1975. Gli autori hanno proposto un modello plu-ridimensionale della musicoterapia, e consideratola musica uno strumento in più a disposizione deldentista, che deve essere utilizzato seguendo letecniche terapeutiche proposte dalle scuole fran-cesi di musicoterapia (Guilhot, Jost e Lecourt;1974). Gabai e Jost propongono una “sonorizza-zione” degli ambienti di lavoro odontostomatolo-gici e riportano un ampia casistica di pazientitrattati con il “rilassamento” psicomusicale e altermine forniscono un repertorio di brani musica-li, prevalentemente di musica classica. Gli autorihanno applicato questo metodo anche ai bambi-ni, sottolineando l’importanza della relazionemedico e paziente e fornendo alcuni suggerimen-ti per l’approccio con il bambino: avere moltapazienza, saper creare un clima favorevole albambino e a lui stesso, sforzarsi di rappresentareper il bambino l’immagine di un amico, addirittu-ra di un parente; questo transfert dovrà esserepositivo e manifestarsi con un sentimento di gra-titudine; secondo gli autori, infatti, è necessariauna franca cooperazione. Infine suggeriscono dipresentare le sedute come un gioco. Per gli auto-ri il ruolo dell’assistente è fondamentale: dovràpassare gli strumenti dietro la schiena del bambi-no – ciò se il bambino non avrà familiarizzato congli strumenti – e soprattutto contribuire a creareun clima favorevole; si dovrà fare in modo che lamusica di sottofondo sia gradita al bambino,oppure si dirà al bambino stesso di portare unacassetta con la musica preferita.

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paziente” si sono toccati vari argomenti quali lavisione del bambino da parte dell’adulto, le pauredegli adulti nei confronti dei bambini e le pauredei bambini verso tutto ciò che è dolore e “vistadel sangue”. È stata analizzata la comunicazione, facendo unexcursus sulle principali teorie relative alla comu-nicazione stessa, i meccanismi che intervengononel processo di comunicazione e gli ostacoli chepossono intervenire all’interno della comunicazio-ne. È stata sottolineata l’importanza dell’ascolto,come strategia per una comunicazione efficace. Aquesto proposito, poi, si è voluto fare un esperi-mento di “ascolto musicale” e di relativo commen-to per dimostrare come la musica possa suscitaresentimenti, emozioni e desideri in coloro che sipongono in ascolto.Per rendere più favorevole l’attesa dei piccolipazienti, lo studio odontoiatrico della Dott.ssaBirardi è stato attrezzato come una stanza perbambini, con un tavolo ad angolo, cosparso digiocattoli, costruzioni, fumetti e libri per bambi-ni. Anche le pareti sono state colorate di celeste esono state disegnate nuvole bianche. L’ambienteappare dunque molto rilassante e allegro. Tutto lostaff, che lavora in questo studio, ha un’attenzio-ne particolare per i bambini ed è molto affiatato.Così la comunicazione sia con i bambini, che coni genitori o accompagnatori risulta diretta edefficace. Il metodo utilizzato dall’odontoiatra per crearenei bambini maggiore confidenza con la stanzadetta “operativa” e con gli strumenti di lavoro èdefinito: “tell, show, do” cioè spiego, dimostro efaccio; consiste, appunto, nello spiegare il funzio-namento dei vari strumenti, nel mostrare loro, adesempio lo spruzzo dell’acqua sulla mano o il ruo-tare del trapano, a bassa velocità ovviamente, epoi utilizzarlo sulla parte da trattare; in questomodo si conquista la fiducia del bambino e sicerca di diminuirne la tensione. Per quantoriguarda invece gli strumenti che possono incute-

Hugly e Guichard (1983) consigliano, invece, perottenere il rilassamento, una tecnica di decontra-zione a induzione multipla, rilevando come unaconcentrazione sensitiva sufficiente possa indur-re uno stato di rilassamento più o meno profon-do. Per Robin e Vinard (1986) la musica, nello stu-dio odontoiatrico, può essere utile sia al medicoche al paziente, purché la scelta dei brani possasoddisfare entrambi. Dal questionario propostodagli autori emerge che mentre il medico preferi-sce la musica all’interno del gabinetto odontoia-trico, il paziente la preferisce in sala d’attesa. Imedici, comunque si sono dimostrati favorevolialla diffusione di una sequenza musicale persona-lizzata per ciascun paziente. In conclusione Robine Vinard affermano che “la musica rappresenta unmodo di lottare contro il dolore perché distogliel’attenzione del paziente e ciò può migliorare irapporti tra medico e paziente”. Anche la Lellouche (1988), come Chambord, mettein luce i criteri di scelta del brano musicale: suonigravi, movimenti lenti (adagio o andante) e impie-go di “assoli strumentali” alternati, per evitarel’assuefazione; infine suggerisce di evitare la voceumana ritenuta eccitante e di lasciare trascorrere12 secondi tra un brano e l’altro della sequenza.Per gli adolescenti la Lelloche suggerisce la perso-nalizzazione della sequenza di ascolto, in modoche essi si sentano direttamente coinvolti.Infine, ai fini di questa ricerca, ci è sembratoimportante l’esperimento di Parkin (1981) nelquale si è notata una significativa riduzione del-l’ansia apparente, durante il trattamento dentisti-co, in 25 bambini esposti all’ascolto musicale per5 minuti in fase preoperatoria. L’autore comun-que sottolinea il fatto che i risultati devono esse-re interpretati con cautela.

V UNA BREVE INDAGINE SPERIMENTALE V.1 IntroduzioneAll’interno della giornata di lavoro “Odontoiatriainfantile: aspetti psicologici nella gestione del

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comportamenti ansiogeni dei piccoli pazienti. Il metodo utilizzato ha previsto l’ascolto di duesequenze di brani musicali all’interno della salad’attesa: una scelta da noi e l’altra contenente lamusica preferita del piccolo pazienteL’unico parametro di verifica possibile è statol’osservazione, da parte mia e delle assistenti,delle eventuali modifiche negli atteggiamenti deibambini, non avendo a disposizione una strumen-tazione atta a misurare la pressione arteriosa o ilbattito cardiaco.L’ipotesi di partenza presupponeva che l’ascoltodella musica, soprattutto quella scelta dai sog-getti stessi, potesse essere uno strumento effica-ce per ottenere un maggiore rilassamento.La presente indagine tiene conto delle letteraturaesposta nei capitoli precedenti ed anche di unesperimento del 2002, effettuato presso un ospe-dale statunitense, nel quale i piccoli pazientierano studiati durante la prima e la seconda visi-ta in relazione a comportamenti distruttivi e noncollaborativi.

V. 2. 2 – Soggetti e materialeI soggetti, 25 bambini tra i 6 e i 10 anni, eranosuddivisi in due gruppi: ai soggetti del primogruppo, dopo la prima visita, veniva proposto diportare una cassetta contenente la musica prefe-rita da ascoltare in sala d’attesa; 15 bambini (10femmine e 5 maschi) hanno risposto a questarichiesta fornendo il loro materiale preferito; aisoggetti del secondo gruppo, 10 bimbi (7 femmi-ne e 3 maschi) veniva proposto l’ascolto di braniscelti da noi. I bambini sono stati selezionati attraverso un’in-tervista preliminare, nella quale veniva chiestoloro di portare, alla seduta successiva, una casset-ta o un cd contenente le loro musiche preferite.Questo tipo di approccio rientra nell’atteggia-mento generale dello staff; viene attribuita,infatti, molta importanza alla funzione dei varicomponenti che collaborano tra di loro in modo

re paura, quali la siringa o l’estrattore, vengonopassati dall’assistente alla dottoressa dietro laschiena del bambino. Inoltre il bambino, durantela seduta, potrà guardare quello che succede nellasua bocca con un piccolo specchio che tiene inmano. A volte sarà necessario far giocare il bam-bino con le leve che sollevano la sedia a variealtezze o con lo spruzzatore, per rilassarlo, masarà soprattutto la pazienza e l’esperienza delmedico a suggerire la giusta strategia. Nei bambi-ni molto piccoli non è necessario l’uso della pol-trona, ma solo giocare con loro. Anche le radio-grafie, per non suscitare paure, vengono definite“fotografie”.Ultimamente lo studio è stato dotato di un com-puter che è in grado di mostrare “in diretta” labocca del bambino, attraverso una penna ottica.Tale strumento è più utile di molte parole, adesempio per ottenere una corretta igiene orale!Un’altra strategia utilizzata dalla titolare dellostudio è quella di motivare ulteriormente i bam-bini, premiandoli se hanno un comportamentoadeguato in seduta o promettendo loro un picco-lo gioco alla seduta successiva, se eseguiranno il“compito” loro affidato, che potrà essere, adesempio, un atteggiamento più coraggioso.

All’inizio di ogni seduta viene spiegato al bambi-no tutto quello che sarà fatto e ci si atterrà rigo-rosamente a questo, perché sappiamo bene chenon si può tradire la fiducia dei bambini, altri-menti si rischia di non conquistarla più.Lo studio dentistico è dotato di un impianto ste-reo presente in tutte le stanze, che diffonde lamusica, di solito, a basso volume. Ciò ha favoritola fase della sperimentazione in cui è stata utiliz-zata la musica.

V.2 Una breve indagine sperimentaleV.2.1 Ipotesi e metodoIl proposito di questa breve indagine era di verifi-care se l’ascolto della musica poteva influenzare i

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efficiente e armonioso, in modo che il soggettorecepisca una comunicazione diretta ed efficaceda parte di tutto lo staff.

I bambini venivano scelti a seconda del tratta-mento a cui dovevano essere sottoposti: la primavisita forniva informazioni terapeutiche e com-portamentali. Se il soggetto aveva bisogno di untrattamento successivo gli veniva proposto di for-nire la cassetta con le sue musiche preferite. Ingenerale i genitori, coinvolti direttamente dall’o-dontoiatra, accettavano di buon grado di colla-borare.Alle assistenti dello studio è stato chiesto diosservare le eventuali differenze di comporta-mento rispetto alla prima visita. Al termine della seconda visita i soggetti veniva-no premiati ed intervistati sulle loro impressioni,soprattutto in relazione alla musica.

La sequenza scelta dallo staff conteneva iseguenti brani: 1) The Dancer & The Mood (Kim Skovbye Band,

Fonix Musik, in Celtic Harp, Laserlight, 1996); 2) Childhood Days (Kim Skovbye Band, Fonix

Musik, in Celtic Harp, Laserlight, 1996); 3) Canone in Re Magg. di J. Pachelbel

(Orchestra Pro Arte di Monaco Dir. KurtRedel, Fontana, 1975);

4) Largo II tempo dall’Inverno (Quattro stagio-ni) di A.Vivaldi (I solisti veneti. Dir. P. Toso,Erato Disques, 1983);

5) Sleivenamon (Trad. irlandese / arr.Winterflood, Fonix Musik, in Celtic Harp,Laserlight, 1996).

Tra un brano è l’altro si è lasciato lo spazio diqualche secondo.

Le caratteristiche dei vari brani ci sono sembrateidonee al rilassamento: il primo ha infatti unandamento ternario, l’arpa è solista, la melodia èsemplice, ma si arricchisce a mano a mano, ed ha

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una conclusione sulla tonica; “Childhood Days”, èun brano ricco di suoni della natura, misterioso,ricco di sfumature. Ha un’introduzione solenne,un tempo ternario e un carattere sognante; si puòdefinire un brano “aperto”. Il Canone di Pachelbelè semplice, allegro, scherzoso, e ci sembrava difacile ascolto. Il secondo tempo dell’Inverno(Vivaldi) è un “largo” ed è caratterizzato dal cantodisteso del solista, dall’arpeggio, dal controcantoaffidato alle viole, da veloci biscrome affidate alvioloncello e da regolari crome ribattute comefondamento armonico ai bassi. L’ultimo brano(Sleivenamon) ci sembrava legato al primo per lecaratteristiche strumentali: infatti l’arpa è solista;il brano ha un introduzione strumentale, unamelodia cantabile, un carattere nostalgico e ter-mina in modo cullante e sfumato.

Le caratteristiche dei brani scelti dai bambini sipossono così riassumere: in prevalenza sigle deicartoni animati, canzoni molto ritmate, con con-tenuti romantici o avventurosi; tra i bambini visono alcuni che preferivano canzoni di AdrianoCelentano, degli 883, di Gianni Morandi. Nessunodei bambini ha scelto brani di musica classica.Ho chiesto ad alcuni il perché e mi hanno rispo-sto che è musica per i vecchi!In ogni modo le musiche scelte si possono defini-re “attivanti”.

V. 2. 3 - RisultatiDall’osservazione del comportamento dei piccolipazienti e dalla intervista effettuata al terminedella seconda seduta, sia alle assistenti che aibambini, si può dire che la musica può essere con-siderata uno degli elementi che possono favorireil rilassamento solo in relazione al “contesto” ealla comunicazione. Infatti la musica, soprattuttoquella portata dai soggetti, favorisce una diversacontestualizzazione della seduta odontoiatrica ela arricchisce di contenuti familiari e gratificanti. I comportamenti in sala d’attesa sembrano essere

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sempre gli stessi: gioco con le costruzioni, com-menti con la mamma, apparente distacco dalcontesto, ma orecchio teso ad ogni rumore. La presenza della musica preferita favorisce ilcoinvolgimento personale, suscita la voglia di can-tare, e quindi può essere un elemento favorevolead “un’attesa” più gradevole. L’atteggiamento deibambini, comunque, sembra molto influenzato daquello del genitore o di chi li accompagna. Inoltre in sala d’attesa il comportamento si modi-fica soprattutto durante la seconda visita ed inpresenza di altri piccoli pazienti.

Nell’intervista finale i bambini affermano chepreferiscono ascoltare i brani scelti da loro stessi,mentre le assistenti e l’odontoiatra gradiscono dipiù la nostra sequenza ritenuta più rilassante.

V. 2. 4 ConclusioneIn generale si può dire che i risultati si allineinosostanzialmente con quelli di Aitken JC, Wilson S.Coury D., Moursi (2002) nel quale si rileva, attra-verso vari test, che l’ascolto della musica noninfluisce sul comportamento dei bambini, duran-te il trattamento odontoiatrico, ma che i bambinigradiscono molto ascoltare la musica in sala d’at-tesa, in particolar modo quella scelta da loro.

Come già rilevato da Chambord “il comporta-mento di un bambino in stato di rilassamento èmolto diverso da quello dell’adulto, perché sigratta, si gira, parla, si agita, si comporta cioè inun modo che in un adulto farebbe pensare all’a-gitazione” e quindi non è di facile lettura. In ognimodo l’effetto dell’ascolto guidato da noi non hasuscitato comportamenti distruttivi, né poco col-laborativi, sia in sala d’aspetto che nel gabinettodentistico.

Paragonando queste risultati con l’esperimento diParkin (1981) si può dire che il tipo di ambienteha un’influenza rilevante sul comportamento dei

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bambini; infatti mentre la ricerca di Parkin è stataeffettuata in un reparto odontoiatrico, senza lapresenza di figure parentali, utilizzando le cuffiee non un impianto stereo, la nostra piccola inda-gine è avvenuta in un ambiente con varie fonti didisturbo: i rumori provenienti dal gabinetto den-tistico, il suono del telefono, la presenza di altrepersone in sala d’aspetto e il rumore del traffico.

Nella scelta dei brani musicali abbiamo tenutoconto anche delle indicazioni di Lelloche sulrepertorio: infatti i brani selezionati contengonosuoni e strumenti che ci sono sembrati non trop-po lontani dalle conoscenze dei bambini.

Un’implicazione di questa breve indagine speri-mentale è che un’esperienza di questo tipo puòinfluire sulla visione dello studio dentistico.Infatti, sovente, si immagina lo studio dentisticocome una stanza di tortura, mentre è necessariocapire che collaborazione e atteggiamento positi-vo possono influire sulla riuscita della terapia econnotare positivamente una situazione stressan-te, qual’è la terapia odontoiatrica.

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In the formative environment the groups ofmusical improvisation can encourage a way ofpersonal growth. The article ,with reference tothe thinking of Napolitani, Benenzon, Lo Verso,identifyes in the group’s context a spacesuitable for the overcoming of stereotypedbehaviour and for the emerging of originalrelationship’s formalities. The improvisationgroups consists of 15 persons most and are leadedfrom a musictherapist and a psycotherapist. Tothe phase of musical improvisation follow theverbal phase mediated from the conductors anddirected towards the grouth of the personalconsciousness

PremessaLo spunto per la stesura di questo articolo nascefondamentalmente da due ragioni.La prima è relativa alla lettura di un articolo di A.Martin, pubblicato su un numero della rivistaPerform (vol.2 n.3, 83-87), nel quale si affermache “l’ambito della formazione non riguarda soloil campo del sapere cognitivo, ma anche quellorelazionale, in cui sempre più il medico devemigliorare le competenze”; la seconda riguardal’associazione immediata tra quanto detto e laperfetta sovrapposizione (seppure in ambitidiversi) con l’esperienza musicoterapica non soloeffettuata in ambito clinico, ma anche nel conte-sto della formazione alla tecnica (“MusicoterapiaDidattica”), in cui la disciplina viene utilizzatanon solo per l’acquisizione di conoscenze e meto-diche, ma anche per effettuare un percorso diformazione personale.Tale formazione è ritenuta indispensabile perpoter operare nell’ambito della relazione attra-verso l’impiego del mediatore sonoro-musicale.Questo impiego della musicoterapia in ambitoformativo ci riconduce all’idea della musicoterapiaintesa come terapia relazionale, quindi non neces-sariamente ed esclusivamente applicabile in ambi-

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In ambito

formativo

i gruppi

musicoterapici

autocentrati

possono favorire

un percorso

di crescita

personale

L’improvvisazione sonoro-musicale come esperienza formativa di gruppo

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uta, m

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nismi di identificazioneadesiva/proiettiva, lacui caratteristica è l’as-senza di un reale desi-derio e di un pensierooriginale, soggettivo. Il pericolo è l’annulla-

mento di quelle istanze individuali che racchiudononuclei di potenzialità creativa, che sovente riman-gono bloccati all’interno di ciascuno a causa delladifficoltà ad utilizzare codici, parlanti o silenti, chepaiono racchiudere già in sé ogni significazione. La possibilità di esperire un “luogo” tra l’organiz-zazione, rappresentata dal gruppo/comunità diappartenenza, con i suoi codici, e l’istituzione,rappresentata dal linguaggio, ci pare apra una viaverso il recupero di una creatività in cui si espri-me l’individuo all’interno del gruppo.L’incontro tra le originalità di ciascuno, i modellicomunicativi personali, consente di ripensare esperimentare l’appartenenza alle proprie istitu-zioni interne ed esterne, in maniera nuova, poichénon “saturata” da attribuzioni che tendono achiudere ogni possibile intervento creativo. Ciò che da un lato rassicura poiché consente dirimanere nell’alveo del noto, del codificato, dal-l’altro lato vincola e sacrifica la reale possibilità diapporti autentici e innovativi. Ma perché ciò possa avvenire è necessario offrire“spazi mentali” che consentano di esplorare alcontempo le modalità comunicative proprie,intrecciandole con quelle altrui, per rintracciaresia sedimenti culturali comuni, sia le elaborazionipersonali su questi; dall’incontro tra questi ele-menti nel gruppo si può giungere all’esplicitarsi dimodalità relazionali nuove, poiché scaturite daicontributi dei componenti del gruppo in un con-testo non verbale. Ciò, dal nostro punto di vista, è psicodinamica-mente concepibile come la creazione di uno spa-zio di esperienza “transizionale” nell’accezionewinnicottiana.

ti patologici o grave-mente patologici (comeeffettivamente accadeattualmente), ma anchein contesti in cui siintende utilizzare lepotenzialità della tecni-ca per effettuare un lavoro che riguarda la dimen-sione intrapersonale e quella interpersonale.Ciò può rappresentare a nostro avviso un’evolu-zione del possibile impiego della musicoterapiaoltre che una reale modalità di intervento forma-tivo in ambito socio-sanitario e non solo.Alla luce di queste premesse saranno di seguitoesposte le ragioni teoriche e le basi metodologi-che di queste convinzioni.

Aspetti teoriciÈ possibile concepire il linguaggio come un’istitu-zione in quanto esso si costituisce come un siste-ma di segni comune a tutti gli individui, un codi-ce socialmente istituito di cui tutti gli uomini siservono per il loro adattamento; tale concetto èassimilabile a quello di “langue” elaborato da F.Saussurre (1967). Parallelamente il concetto di “parole” è l’apportoindividuale, ciò che ognuno immette nella “lan-gue” rendendola così più originale, più soggettivae più evoluta.Mutuando il pensiero di D. Napolitani (1987)diremo che la “langue” è quello che ereditiamo,quello che ci viene trasmesso, ciò che è già isti-tuito: “l’idem”; mentre la “parole” è il nostro ela-borato, ciò che può nascere solo dall’acquisizionedella “langue”, del codice, dell’istituito, per dive-nire poi “altro”, soggettivo, non identico, autenti-co: “l’autòs”.Da questo punto di vista sembra necessario riflet-tere sulla possibilità di espressione creativa del-l’individuo all’interno delle istituzioni.Il rapporto tra soggetto ed istituzione rischiaspesso di essere risucchiato all’interno di mecca-

Lo spazio intermedio tral’organizzazione e l’istitu-zione può essere il gruppo

di formazione che si avvale della tecnica dell’improvvisazionesonoro-musicale

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Le ragioni del pensiero psicoanalitico affondanole loro radici in un mondo arcaico in cui, il fetoprima e il neonato poi, sperimentano le primeprotorappresentazioni proprio attraverso la per-cezione del suono e di tutte le sue componenti(rtimo, melodia, timbro, etc.).Ci si riferisce a tutte quelle esperienze sensoper-cettive che caratterizzano la relazione madre/feto– madre/bambino e che gradualmente strutture-ranno il Sé dell’indivduo.L’esperienza sonoro-musicale richiama questarelazione precoce e recupera quell’ “universoaffettivo primario” (D. Stern, 1987) che si collocanel periodo pre-verbale dello sviluppo, ma chepermane in tutta la vita dell’individuo.Tale universo è caratterizzato da fattori quali: la“percezione amodale”, una sorta di a-specificitàpercettiva per cui la sensazione tende a globaliz-zarsi; le “sinestesie”, fenomeno per il quale unostimolo attiva contemporaneamente più canalisensoriali; gli “affetti vitali”, definiti come qualitàdinamiche e cinetiche degli stati d’animo (cresce-re, decrescere, fluttuare, svanire…).Il suono e la musica si collocano nell’ambito diqueste esperienze arcaiche facilitando quelle cheStern definisce “sintonizzazioni affettive”.Per sintonizzazione si intende quel processoinconsapevole attraverso il quale è possibile sta-bilire una relazione fortemente empatica, unaprofonda risonanza, basata sulla condivisionedegli stati d’animo e delle loro qualità.Attraverso i momenti di sintonizzazione si giungealla “relazione intersoggettiva” espressa attraver-so la “compartecipazione dell’attenzione”, la“compartecipazione delle intenzioni” e la “com-partecipazione degli stati affettivi”.

Concepiamo il formarsi in senso simmetrico,riflessivo e reciproco del “formar-si” cioè trovareuna nuova forma, “ri-trovarsi” nel riattraversa-mento delle proprie matrici istituzionali dei pro-pri codici istituiti.

Utilizzando i concetti di “spazio transizionale” edi “area del gioco” possiamo ritrovare quel sensodi possibile apertura al nuovo in quanto: “ il lavo-ro creativo ha luogo solo nell’area di confine trail soggetto e l’ambiente, tra l’interno e l’esterno,tra il passato e il futuro” (1989)Afferma Pagliarani (1989) che: “il lavoro creativoè contemporaneamente esperienza di grembo eseme proprio, in quanto ha luogo in quell’areatransizionale tra il soggetto e l’ambiente dove nonè dato sapere che cosa è il grembo e che cosa è ilseme, qual è il contenitore e quale il contenuto”.Lo spazio intermedio tra l’organizzazione (rappre-sentata dal gruppo) e l’istituzione (rappresentatadal linguaggio) può essere il gruppo di formazio-ne che si avvale della tecnica dell’improvvisazio-ne sonoro-musicale.Infatti il linguaggio di cui parliamo in questocontesto è il linguaggio sonoro-musicale con lesue non trascurabili peculiarità.Come afferma la Langer (1995) la musica possie-de una dimensione sintattica e una dimensionesemantica.Fubini sottolinea che questa non è data da termi-ni convenzionali e dotati di un unico punto diriferimento: la semanticità della musica rimandaa qualcosa di indeterminato, di complesso ed èfondata su una plurivalenza contestuale (Mancia,1995).Il suono e la musica esprimono attraverso un lin-guaggio metaforico un “significato simbolico cherappresenta i nostri sentimenti e quindi la nostravita emotiva” (Mancia, 1995).La stessa Langer (1995) sostiene che la musica èuna forma significante le cui strutture sono iso-morfe, cioè presentano una somiglianza, nelleloro forme logiche, con la nostra vita emotiva.Appare evidente anche come questa visione psi-coanalitica della musica rimandi alla possibilità dicogliere intuitivamente, attraverso metaforesonoro-musicali, il mondo interno dell’altro come“sentimento controtransferale” (Mancia, 1995).

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bilità e ad un migliore funzionamento della qua-lità del lavoro all’interno del gruppo. L’accento va posto sulle dinamiche specifiche delgruppo e dei suoi componenti, lavorando quindiall’interno con un autocentramento del grupposu stesso. Nel caso di gruppi omogenei in quanto a ruologerarchico e con specifiche competenze nellagestione e nel coordinamento del personale, lacentratura si pone sulla visualizzazione delleimpasse comunicative legate al ruolo, alle varia-bili personali, ai vissuti e alle idee che si struttu-rano con meccanismi che impediscono l’espres-sione reciproca e cristallizzano le relazioni. La possibilità di sperimentare inversioni di ruolo,attraverso tecniche sonoro-musicali specifiche,consente di guardare dall’esterno la propria posi-zione e di sperimentare quella dell’altro, aumentan-do così la capacità di riflettere su eventuali ostaco-li che si frappongono all’interno della relazione.Per quanto riguarda i gruppi che curano relazionicon clienti ed utenti è importante utilizzare l’e-sperienza del gruppo di formazione come labora-torio all’interno del quale ripensare le propriecapacità relazionali con l’esterno, lavorandoquindi attraverso il gruppo.Qualsiasi gruppo compia un’esperienza basatasull’improvvisazione sonoro-musicale di gruppofocalizzerà l’attenzione sul potenziale amplia-mento dei canali comunicativo-espressivi, nell’ot-tica di accedere alla possibilità di affrontare sia lerelazioni, sia i problemi legati al lavoro, con unapproccio maggiormente aperto a nuove soluzio-ni e che metta in gioco le proprie qualità e poten-zialità talvolta inespresse. Recuperiamo così l’idea che “il linguaggio creati-vo ha bisogno contemporaneamente di quellosistematico-descrittivo e di quello insaturo e alle-gorico, poiché solo quest’ultimo può alludere aciò che non è ancora pensabile, ma senza il primonon potrebbe avere alcun significato”. (Lo Verso,Ruvolo, 1989).

Il gruppo basato sull’improvvisazione sonoro-musicale, si costituisce come un luogo di sospen-sione dal già noto, dal detto e dall’agito; esso è illuogo dell’ascoltare/ascoltarsi, che passa attraver-so le esperienze della pausa, del silenzio, del caos,della creatività per giungere alla relazione e allacomunicazione intese come scambio ed incontro. Il gruppo di formazione se da un lato pone comecentrale l’esperienza stessa, dall’altro lato vuoleintegrarla con uno spazio elaborativo che vadaoltre il livello individuale dell’esperienza compiu-ta all’interno del gruppo. Infatti la dimensione gruppale irrompe nelle pro-duzioni improvvisative, in quanto il gruppo stes-so nel suo assetto è pregnante, con le sue dina-miche legate al “qui ed ora”, lasciando emergeree “visualizzare sonoramente” quelle che non sonoaltro che riproposizioni relazionali “altre” (fami-liari, istituzionali, fantasmatiche).Tali riflessioni sono corroborate in ambito musi-coterapico dalla teoria di R.O. Benenzon (1992) ein ambito clinico dalla teoria gruppoanalitica diG. Lo Verso (1989). Se le concezioni di R.O. Benenzon ( 1992) sull’ISO(identità sonora) consentono di rintracciare per-corsi che vanno dall’universale, all’individuale, algruppale, e che sono reperibili nelle dinamichedei gruppi di musicoterapia, altresì l’elaborazionesui livelli del transpersonale di Lo Verso segnaparallelamente il senso di un’evoluzione possibiledel gruppo che ritrova in sé gli elementi biologi-co-genetici, etnico-antropologici, transgenera-zionali ed istituzionali. Il gruppo s’incentra così sulla possibilità di acce-dere a quell’universo comunicativo fecondo poi-ché aperto alle donazioni di senso che la creazio-ne di simboli (sonori) rende manifesto.L’esperienza di improvvisazione condotta congruppi di lavoro si focalizza su alcuni punti: age-volare il flusso comunicativo, consentendo allepersone di trovare un terreno comune di incontro,che permetta di giungere ad una maggiore flessi-

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terapeuta e in considerazione delle verbalizza-zioni del gruppo, pone l’accento sulle dinami-che relazionali che si sono create durante l’e-sperienza, nonché sui contenuti emotivi emer-si a livello gruppale e individuale.

L’elaborazione verbale dell’esperienza costituisceuna tappa fondamentale nel percorso di consape-volizzazione dei processi e dei cambiamenti, purmantenendo l’elemento sonoro-musicale il fon-damentale e peculiare ruolo di mediatore nell’e-spressione personale e nella relazione con l’altroda sé.

ConclusioniNell’opinione di chi scrive, l’intervento, per il suospecifico ambito applicativo, deve integrare ilivelli di lettura: musicale, musicoterapica e psi-cologica.Riteniamo infatti che nel percorso formativo leproduzioni sonoro-musicali siano imprescindibilidalle dinamiche che si sviluppano nel qui ed oradel gruppo lasciando emergere e “visualizzare”quelle modalità relazionali che ognuno porta in sé. In linea con questo progetto ci sembra la rifles-sione secondo la quale: “nell’improvvisazione col-lettiva si trovano così associate l’espressione per-sonale, l’individuo e l’appartenenza al gruppo edil margine di improvvisazione sarebbe proporzio-nale al modo in cui una cultura ammette l’impre-visto nella sua musica e, senza dubbio, ancoraprima, nelle occasioni che lo richiedono”(Dehaunoy, 1992).L’esperienza musicoterapica di gruppo offre,infatti, la possibilità di sperimentare un livellocomunicativo altro rispetto a quello abituale, chemette in gioco le proprie specifiche modalitàrelazionali ed al contempo, essendo una situazio-ne meno codificata, è atta a dischiudere spazielaborativi nuovi. In particolare è possibile pensare a questo pro-getto come a una sorta di percorso che va dall’a-scoltare/ascoltarsi alla comunicazione/relazione.

Indicazioni metodologicheIl gruppo di lavoro può essere composto da unmassimo di 15 persone. Gli incontri (almeno 6) possono avere una caden-za mensile o bimestrale e si articolano in giorna-te di 8 ore ciascuna. Gli incontri, condotti dal musicoterapeuta e dallapsicoterapeuta potranno essere così configurati:nella prima parte si effettuerà l’improvvisazionesonoro-musicale, nella seconda vi sarà l’elabora-zione verbale dei contenuti emotivi e sonoro-musicali emersi dall’esperienza.Musicoterapeuta e psicoterapeuta assumono,durante l’improvvisazione sonoro-musicale, ilruolo di osservatori (non interagiscono con ilgruppo). Il musicoterapeuta dà una consegna, general-mente di tipo verbale non direttivo, invitando icomponenti del gruppo a interagire attraversol’impiego degli strumenti e dell’elemento sonoro-musicale.Si tratta di strumenti ritmico-melodico-armoniciappartenenti allo strumentario Orff (concepitoper la didattica e per la terapia) e di strumentietnici (meno riconoscibili dal punto di vista cul-turale e convenzionale). Al termine dell’improvvisazione che avrà unadurata massima (espressa nella consegna) di 45minuti seguiranno 3 fasi verbali:1) fase verbale in cui i componenti del gruppo

esprimono sensazioni, vissuti emotivi e libereassociazioni legate all' esperienza;

2) fase verbale in cui il musicoterapeuta elaborai rimandi derivanti dall’improvvisazione sono-ro-musicale del gruppo e dei singoli. Si trattadi una esplicitazione dei contenuti derivantidall’ascolto, da parte del musicoterapeuta,delle produzioni sonoro-musicali, di una let-tura del “senso” del suono e della musica chehanno caratterizzato l’improvvisazione;

3) fase verbale in cui lo psicoterapeuta, in modocomplementare a quanto espresso dal musico-

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In virtù delle nostre esperienze riteniamo quindiche la tecnica musicoterapica dell’improvvisa-zione sonoro-musicale costituisca un valido edefficace mezzo di formazione personale e pro-fessionale.

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Benenzon R.O.

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The Authors describe an activity of music therapywith groups of elderly people in the nursing homeGiovanni XXIII in Bologna. The experience includesthree groups of patients suffering from differentdiseases: dementia, depression and mentaldisease; it lasted about one year. The objectivesof musical therapy activity were: the creation ofa context, to encourage the expression of theSelf, cognitive activeness, memory activeness.They used a combined technique based onlistening to songs and the use of musicalinstruments. First the group would listen toItalian popular songs the patients were familiarwith, then they would make a rhythmicalaccompaniment with instruments, voice andmovements of parts of the body on the musicalbase of the song just listened. The use of musical material belonging topatients' everyday life helped support theiridentity and personal motivation, plus stimulatedmemory and remembrance, while the rhythmicalaccompaniment with instruments, voice andbody movements guided them through cognitiveand physic activeness. So the song (musical base)would then seem to be ‘the container’, in whichthe group unity is achieved through rhythm usedas an effective means of integration.

IntroduzioneI nostri presupposti teorici concepiscono la musi-coterapia come una particolare relazione sono-ro/musicale che si instaura tra musicoterapista epaziente, sia che si tratti di un singolo individuo,sia che si tratti di un gruppo; la nostra esperienzaè pertanto tributaria di una matrice relazionaleche si ispira alla teoria psicologica di Stern (1985)e a quella musicoterapica di Benenzon (1997).La prima fa riferimento ad un “universo affettivoprimario” appartenente al periodo pre-verbaledello sviluppo, ma che permane durante tutta lavita dell’individuo.

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I nostri

presupposti

teorici

concepiscono

la musicoterapia

come

una particolare

relazione

sonoro/musicale

che si instaura tra

musicoterapista

e paziente,

sia che si tratti

di un singolo

individuo,

sia che si tratti

di un gruppo

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Nel novembre 2001 ècominciata la nostracollaborazione con l’I-pab Giovanni XXIII diBologna in qualità dimusicoterapisti.Dopo aver presentato

un progetto siamo stati contattati dalla responsa-bile/coordinatrice delle quattro strutture bolo-gnesi per dare inizio ad un percorso “Sperimenta-le” della durata di 10 incontri presso la casa pro-tetta di viale Pepoli.Al termine di questo progetto ne è stato attivatoun altro, sempre di dieci incontri, nella strutturadi via Saliceto e subito dopo una seconda fase inviale Pepoli.Tutto ciò per dare la possibilità a tutte le struttu-re di sperimentare l’attività di musicoterapia edavere un range più vasto di utenti in modo dadare una valutazione delle risposte.

L’equipe nei tre progetti prevedeva la presenza ditre musicoterapisti con funzioni di conduttore,co-conduttore e osservatore coadiuvati da unaR.A.A. (Responsabile Attività Assistenziale) dellastruttura, che aveva il compito di dare continuitàed essere punto di riferimento sia per i condutto-ri che per gli ospiti.I progetti sono stati realizzati coinvolgendo grup-pi di circa dodici persone. La scelta degli anzianida coinvolgere in questi cicli di musicoterapia,individuando ospiti dei vari reparti in modo dacreare un mix eterogeneo includendo sia personelucide con patologie motorie invalidanti sia per-sone con deficit cognitivo, è stata effettuata dallecoordinatrici delle strutture e dalle RAA che par-tecipavano al gruppo.Ogni progetto è stato strutturato in un ciclo didieci incontri a cadenza settimanale della duratadi due ore ciascuno, di cui un’ora di effettiva atti-vità con gli anziani e trenta minuti precedenti esuccessivi per la preparazione del setting e la ste-

Il modello musicotera-pico di Benenzon, inve-ce, si basa sul concettodi Identità sonoro-musicale, ossia quel“complesso di energiesonore, acustiche e dimovimento che appartengono ad un individuo elo caratterizzano” e su quello di OggettoIntermediario, inteso come tutto ciò che è ingrado di trasmettere l’energia sonora apparte-nente all’ISO.Negli anziani e in particolare in coloro affetti dademenza le due funzioni che sembrano esseremaggiormente interessate dalla stimolazionemusicale sono l’umore, (che può stimolare la per-cezione di benessere nei malati e agire anche sulmantenimento delle loro capacità cognitive, oltreche sulle condizioni fisiche generali) e la memo-ria (la musica sembra avere il dono di tener vival’attività cerebrale e quindi le funzioni cognitive)(Raglio-Manarolo-Villani, 2001). La musicoterapiapuò dunque consentire il recupero di alcune dellemolte perdite causate dalla demenza in quantofavorisce le reazioni comportamentali, rafforzal’attenzione e la prontezza, favorisce importanticambiamenti nella qualità della vita dell’anziano,facilita l’interazione e lo sviluppo di contattisociali, consente l’espressione dei sentimenti.La musica dà alla persona malata la possibilità diesprimere il proprio stato d’animo e i propri sen-timenti attraverso il linguaggio non-verbale.Persone che non sono più in grado di esprimersiverbalmente in modo fluido e coerente, spesso rie-scono a cantare correttamente le strofe di canzoninote legate al proprio vissuto emotivo. Per questimotivi lo scopo della musicoterapia con i malati didemenza è quello di aprire nuovi canali di comuni-cazione che permettano all’individuo di accederealle proprie risorse nascoste per favorire una mi-gliore sintonia fra mondo interno e mondo esternoe migliorare, o più spesso recuperare, l’autostima.

Negli anziani le funzioniche sembrano essere

maggiormente interes-sate dalla stimolazionemusicale sono l’umore

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riferimento solo a quella corporea, anche se que-sta rappresenta un aspetto essenziale, ma ci rife-riamo più in generale all’attivazione di tutte lefunzioni cognitive. Abbiamo considerato quantosia importante la relazione esistente tra il livellodi attivazione di un individuo e il suo comporta-mento, che ne può venire incentivato o inibito.Nel nostro lavoro quindi non abbiamo potutoastenerci dal considerare e valutare con attenzio-ne le variabili che hanno un’influenza diretta sullivello di attivazione: l’emozione, la motivazione el’interesse. Le scelte relative alle diverse attivitàda proporre sono state fatte tenendo sempre pre-senti quelli che erano i gusti e le preferenzeespressi dal gruppo e le emozioni messe in giocodai singoli (Postacchini, 1995).

All’inizio del percorso eravamo tutti e tre intimo-riti all’idea di rapportarci con una realtà per certiversi così lontana da noi per età, esperienze divita ed identità sonora.Ritrovarsi in un gruppo nel quale spesso i pazien-ti più lucidi si dimostravano insofferenti nei con-fronti di coloro che a causa dei deficit cognitivistentavano nell’affermare la loro presenza e,com’è comprensibile, dilatavano i tempi e i ritmi,creava un problema di gestione di tempi più chedi attività.C’era chi abbisognava di tempi incalzanti e chi dicontro per esprimersi, sia verbalmente che musi-calmente, necessitava di continui stimoli da partedei conduttori e di spazi temporali più rallentati.All’interno del gruppo c’era anche chi necessitavadi un contenimento e chi di stimolazione.

Metodologia e tecnicaNel decidere il nostro approccio musicoterapico cisiamo innanzitutto avvalsi di esperienze altrui intale ambito (Delicati, 1993, 1997, 2000. Downie,1996) oltre ad una nutrita discografia degli anni’50 e ’60.Sicuramente ciò che maggiormente ci ha aiutati

sura dei protocolli; questi ultimi includono l’elen-co delle attività svolte e le osservazioni generaliinerenti l’andamento dell’incontro e le reazionidel gruppo.Per meglio documentare l’esperienza sono stateutilizzate delle “schede di musicoterapia” indivi-dualizzate, contenenti la presentazione degliutenti da parte degli operatori della struttura,alcune informazioni relative all’identità sonora diognuno, uno spazio dedicato alle osservazionirelative ai singoli incontri e una valutazione fina-le inerente le risposte e le reazioni degli utentidurante il percorso.

Finalità e obiettiviLe finalità del nostro progetto consistevano nellacreazione di un contesto che facilitasse la liberaespressione di sé, l’attivazione cognitiva attraver-so la produzione di ritmi e suoni con gli strumen-ti musicali e la stimolazione della memoria attra-verso gli ascolti e le verbalizzazioni.Il primo obiettivo che ci siamo posti è stato quel-lo di dare al gruppo una propria identità.Questo significava lavorare sulle forze centripeteche spingono l’anziano a rivolgere la propriaattenzione dal mondo esterno verso sè stesso,concentrandosi sulla propria individualità, e chelo portano a rispondere maggiormente agli sti-moli interni che a quelli esterni, a ritrarsi dallesituazioni che implicano una compartecipazioneed un investimento emotivo, ad evitare di met-tersi in gioco.Un altro aspetto su cui lavorare era quello delsenso d’inadeguatezza e d’impotenza che glianziani manifestavano rispetto alle attività pro-poste, in particolare quelle che richiedevano l’usodegli strumenti. L’obiettivo era dunque quello difornire all’anziano uno spazio nel quale potessesentirsi competente, pronto a mettersi in gioco,facendolo sentire indispensabile per la vita delgruppo e per la buona riuscita di ogni attività.Per quanto riguarda l’attivazione, non facciamo

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canzone ha costituito il “contenitore” all’internodel quale cercare la coesione e l’unità del gruppoattraverso l’elemento integratore del ritmo(Postacchini, Ricciotti, Borghesi, 1997).La scelta di utilizzare la canzone come base musi-cale (e non solo come materiale di puro ascolto) èstata motivata proprio dall’esigenza di trovarequalcosa che potesse fare da “sfondo” e allo stes-so tempo da traccia per il gruppo, sul quale poterfacilitare la funzione integrativa del ritmo.Si è riscontrato che l’uso della base musicale offrela possibilità ad ogni individuo di partecipareall’esperienza musicale fruendo del solo ascolto oscegliendo liberamente la propria modalitàespressiva, ad esempio cantando e/o suonandoe/o muovendo parti del corpo.Tutto questo supportato dallo stimolo motivazio-nale favorito dall’ascolto di canzoni e, più ingenerale, da un mondo sonoro/musicale legato aipropri ricordi e vissuti emotivi.Sono stati utilizzati principalmente brani tra i piùconosciuti della canzone italiana del periodo cheva dagli anni ‘50-’60 fino ai giorni nostri (canzo-ni di autori come Domenico Modugno, ClaudioVilla, Carlo Buti, Nilla Pizzi, Rita Pavone, GianniMorandi…) con l’obiettivo di creare un ponte traun materiale sonoro che fosse strettamente lega-to alla vita dell’anziano, ai suoi ricordi e a certicontenuti emotivi e la novità dell’uso degli stru-menti, completamente sconosciuti alla maggiorparte degli ospiti delle strutture .Questo ha sicuramente stimolato i gruppi ad atti-varsi con maggior coinvolgimento.Degli autori sopra citati sono stati scelti quei branicaratterizzati dal ritmo ben marcato e chiaramen-te riconoscibile, dalla durata media di tre minuti enon troppo veloci, onde evitare l’affaticamentofisico e mentale, dall’andamento regolare perquanto concerne le variazioni ritmiche o di tempo;eseguite con un organico strumentale “povero”, inmodo da favorire la percezione della pulsazione.A volte chiedevamo agli anziani di scegliere una

è stata l’osservazione meticolosa delle reazionidegli ospiti e il continuo confronto e dialogo siafra di noi che con le RAA.

All’inizio del percorso abbiamo ritenuto indispen-sabile dare ampio spazio alla presentazione indi-viduale, musicale e personale degli ospiti nelgruppo, in modo che la reciproca conoscenzapotesse contribuire alla creazione di un conteni-tore nel quale la fiducia e l'apertura al prossimofossero il filo conduttore degli incontri a venire.Successivamente alla presentazione del proprionome si chiedeva di ricordare anche il nome del-l’ospite seduto alla propria sinistra e di quello allapropria destra, questo sia per stimolare la memo-ria sia per una più esplicita accettazione del pros-simo e di sé da parte del gruppo.Un altro aspetto caratteristico degli incontri erala verbalizzazione iniziale utilizzata per stimolareil gruppo a ricordare le attività svolte durantel’incontro precedente; essa permetteva anche diridefinire di volta in volta le regole di base: chie-dere la parola per intervenire, aspettare il proprioturno, ascoltare l’altroNei tre laboratori è stata utilizzata una tecnicad’intervento musicoterapico di tipo “misto”, cioèbasata sia sull’ascolto, sia sull’utilizzo degli stru-menti musicali. La scelta dell’utilizzo di tale tec-nica è stata determinata da un’attenta osserva-zione dei partecipanti e dalla constatazione che ivari membri di ogni gruppo possedevano caratte-ristiche molto diverse sia a livello di competenzeche dal punto di vista caratteriale; le risposte, cosìcome il grado di partecipazione alle attività pro-poste, erano molto variabili da persona a persona.

Sono state utilizzate canzoni e/o brani strumen-tali appartenenti all’ISO gruppale, ascoltate piùvolte per rispolverarne la memoria, sulle quali si ècostruito un accompagnamento ritmico di tipostrumentale, vocale e/o corporeo da parte delgruppo. In questo modo la base musicale della

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cantare contemporaneamente.Rispetto all’ascolto più rigido su basi preregistra-te, la stessa attività mediante l’impiego della chi-tarra permetteva la variazione delle dinamiche edella velocità del brano e l’adattamento alle esi-genze del gruppo in quel particolare momento.Un’attività utile per lavorare sul livello di ascol-to/attenzione e sui tempi di attesa si è rivelataquella di suonare solo in alcune parti del brano.Questo si può realizzare ad esempio limitatamen-te al ritornello, dato il suo aspetto ritmico rispet-to alla strofa che risulta invece melodica (adesempio “Nel blu dipinto di blu”).Durante questa attività abbiamo notato comespesso per l’anziano risulti problematico alterna-re i due momenti. Questo accade tanto a causa dideficit di coordinazione motoria, quanto per dif-ficoltà di comprensione della consegna o, piùsemplicemente, per un irrefrenabile desiderio disuonare. Quest’ultimo a volte è espresso verbal-mente con esplicite richieste, altre volte a livellonon verbale con agitazione corporea (ad esempiocontinuare a muovere la mano con la quale sistava tenendo lo strumento o tenere il ritmo conmovimenti delle gambe o dei piedi).In aggiunta all’ascolto e all’accompagnamentostrumentale sono state utilizzate anche le improv-visazioni, i rispecchiamenti e i dialoghi sonori.Un’altra attività proposta è stata quella del giocodel direttore d’orchestra, che consiste nel propor-re ad ogni ospite, o comunque a chi se la senteall’interno del gruppo, di dirigere gli altri, utiliz-zando semplici gesti scelti precedentemente. Sipuò decidere se far suonare piccoli gruppi, tuttal’orchestra o i solisti, tutto ciò senza l’ausilio delleparole.

Al fine di una migliore comprensione del tipo dicoinvolgimento e delle dinamiche venutesi acreare durante le diverse attività, riportiamo diseguito alcuni frammenti di protocolli che rite-niamo essere particolarmente significativi.

canzone tra quelle proposte e aventi le caratteri-stiche sopra citate, questo allo scopo di rendereogni utente elemento indispensabile e attivo allavita del gruppo.

Prima dell’uso degli strumenti ogni canzone veni-va ascoltata più volte in modo da consentirne ilrecupero nella memoria; seguivano delle breviverbalizzazioni durante le quali emergevano i vis-suti personali, le preferenze musicali e a volteanche delle vere e proprie disquisizioni sulla bra-vura e la professionalità dei vari cantanti.Dopo la fase di ascolto ogni utente sceglieva lostrumento musicale che avrebbe poi utilizzatoper l’accompagnamento ritmico del brano. Talescelta avveniva seguendo un rituale ben preciso:gli strumenti erano riposti su un carrello a duepiani spinto dal conduttore all’interno del cerchioe ogni utente, giunto il suo turno, veniva invita-to a scegliere. Per alcuni la preferenza veniva datasempre allo stesso strumento, per altri invece si ènotata una continua sperimentazione e curiositànei confronti di strumenti diversi.Subito dopo aver scelto lo strumento, ognunoesplorava il proprio attendendo la fine del girodel carrello e, non appena il conduttore riprende-va il suo posto vicino allo stereo, tutti simulta-neamente si interrompevano dando spazio ad unattimo di attesa silenziosa prima dell’inizio dellabase musicale.In questa fase si sono potute osservare le diversemodalità di utilizzo dello strumento; valutare esviluppare la capacità di ascolto e di attenzionedei singoli utenti, il livello di partecipazione e diinteresse, la messa in gioco durante la successivaverbalizzazione.A volte è stato utile riprovare il canto con il soloaccompagnamento della chitarra mentre il grup-po cantava seguendo le parole riportate su unalavagna o su fogli distribuiti ai singoli; questafase è stata centrata principalmente sul canto,data la difficoltà dimostrata a volte a suonare e

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musicale.La maggioranza ha scelto “Nel blu dipinto di blu”.Appena distribuiti i fogli del testo della canzone,Giuliana, Ettorina e Bruno, dicono di non esserecapaci, mentre Augusto, per contro, mette subitogli occhiali. Tutti leggono il foglio con lo sguardo tranneNazarena, che ha problemi all’occhio destro, edEttorina che sembra un po’ pigra.Viene fatta ascoltare la prima strofa mentre il grup-po segue le parole con gli occhi e qualcuno cantic-chia a bassa voce. Si prova a cantare la strofa senzala musica ma il risultato è deludente: non c’è coe-sione e manca completamente l’intonazione.Si riprova ma con la base musicale della primastrofa e del ritornello. Ettorina sussurra le parolequa e là mentre il resto del gruppo canta leggen-do e seguendo la base. Va molto meglio!Giuliana rimane un po’ indietro rispetto allamusica, forse per le difficoltà di lettura.Appena viene spenta la base Ettorina esclama“Siamo zero… non aspettiamo il cantante”. Laconduttrice dice che è necessario ascoltare e cer-care di seguire la base e conclude dicendo:“Riproviamo!” Ettorina risponde: “Va bene, aspet-to il cantante!”Riparte la base ed Ettorina canta seguendo abba-stanza bene le parole del brano, ma continua adavere lo sguardo perso: sembra stanca e svogliatarispetto alle altre volte.L’intensità vocale del gruppo aumenta nel ritor-nello poiché qui la musica ha un ritmo più scandi-to ed un andamento più regolare. Cantano perfet-tamente a tempo Augusto, Giuliana ed Ettorina,mentre smettono di cantare Bruno, Luciana eNazarena; quest’ultima continua però a battere iltempo col braccio destro sulla carrozzina (…). Siriprova tutto da capo; Giuliana è più decisa e sicu-ra e Nazarena, che col braccio sinistro si tiene latesta e col destro dirige il brano, segue la pulsa-zione del ritornello aprendo il palmo destro eoscillando perfettamente a tempo il braccio.

Nel protocollo del 30 novembre 2001 è descrittala dinamica di una verbalizzazione iniziale:durante la verbalizzazione per il recupero dellamemoria dell’ultimo incontro assistiamo ad unaconversazione a due fra Elio e Renata. Il primo siconfonde con le attività svolte durante l’incontrodel 16/11, viene corretto da Renata che però nonè in grado di aggiungere altro se non che ciò chedice Elio si riferisce a due settimane fa. Tutti stan-no in silenzio fino a quando intervengono primaAnna, dicendo che durante la canzone “VecchioFrak” si suonava e poi Marisa che ricorda chenelle pause fra una sequenza e l’altra ci si scam-biava lo strumento con il proprio vicino. Anna ci fa sapere che “ieri, alla festa, l’altopar-lante (la radio, n.d.r.) ha trasmesso la musica cheabbiamo fatto noi” (“Vecchio Frack”, n.d.r.), maRenata smentisce dicendo che invece “hannosuonato musica del Tirolo, ma non “VecchioFrack”. Marisa ricorda che alla festa hanno suona-to “Mamma”. Ornella, la RAA, ci spiega quindi cheieri c’è stata la festa dei compleanni con i canti ei balli di un gruppo musicale proveniente da fuori. Renata sollecita il conduttore chiedendogli se hascelto la canzone di oggi, come al solito è impa-ziente di cominciare.Teresa dice che oggi sta poco bene ma, quando ilconduttore le fa notare che anche la volta scorsaaveva detto la stessa cosa e poi invece se ne èandata sorridendo, lei risponde che le piace moltoqui e che ci sta bene, riferendosi ai nostri incontri.Goliardo, quando viene interpellato, dice che oggiè la prima volta che vede gli strumenti; non sap-piamo se sia un momento di amnesia o se inveceabbia fatto capolino la sua tipica ironia.

Il 26 aprile 2002, durante il secondo progetto dimusicoterapia, abbiamo fatto ascoltare tre can-zoni (“Nel blu dipinto di blu”, “Piccolissima sere-nata” e “Pietre”) fra le quali il gruppo dovevavotare per alzata di mano quella che desideravacantare, con l’ausilio del testo scritto e della base

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Chiede poi a Quinto se vuole provare a suonarecon sua moglie, ma lui risponde di no.Iole, sempre molto attiva, sceglie di dialogare conTeresa. Durante il loro dialogo si inserisce ancheQuinto che segue sempre ciò che fa la moglie.Anche Anna Maria non resiste e riprende a suo-nare dando il tempo “ùno, due, trè, quattro!”.È il turno di Silvano che sceglie di dialogare conl’osservatrice. Anche ora non riesce a trattenersidal canticchiare mentre suona e sembra che suoniper sè stesso senza ascoltare la sua interlocutrice.Teresa sceglie di dialogare con Maria. I suoi batti-ti sono rapidi e molto leggeri mentre Maria, conla maracas, ha un ritmo molto lento e costante.Dopo aver suonato con Teresa, Maria sceglie didialogare con Elio. Sembra che si ascoltino l’unocon l’altra ed Elio in particolare riesce a seguire lapulsazione di Maria. Intanto Anna Maria continuacon il suo sottofondo.Elio a sua volta sceglie di suonare con la condut-trice. È molto attento e rispecchia perfettamenteciò che lei propone, aumentando e rallentando lavelocità.L’osservatrice sceglie di suonare con Marisa cheperò sembra molto stanca e suona solo per pochisecondi.È il turno della conduttrice che prova a convince-re Mafalda a suonare con lei, ma non riesce.Mafalda come al solito si rifiuta. Anche Quintodice che non vuole suonare e alla fine la sceltadella conduttrice ricade su Iole. Anche in questodialogo, come in quello con Elio, c’è molta sinto-nia in quanto Iole è molto attenta e riesce aseguire piuttosto bene la conduttrice.Enrico dice che non vuol suonare e la conduttri-ce decide di non insistere.

Per rendere meglio l’idea di come si è arrivati alcoinvolgimento personale dell’anziano in questaparticolare attività, riportiamo i passaggi dei pro-tocolli delle relative sedute, dai quali risultamolto chiaro il passaggio dal senso di inadegua-

(…) Il brano viene riproposto e la coesione delgruppo risulta molto buona nel ritornello anchecon la base a volume zero. Durante le strofe fa daguida al gruppo la voce della musicoterapista checanta per tutto il brano. (…) Giuliana dice consoddisfazione di essere riuscita in qualcosa chepensava di non saper fare.

Protocollo del 10/07/2002: dialoghi sonori. Laconduttrice chiede al gruppo: “avete mai comuni-cato con qualcuno senza parlare?” e Silvanorisponde: “si, con i gesti”.La conduttrice spiega che oggi proveremo a dia-logare con gli strumenti. Ognuno dovrà scegliereuna persona con cui parlare dicendone il nome etutto il resto del gruppo dovrà stare in silenzio.La conduttrice propone a Marisa di cominciare elei sceglie come interlocutore Silvano.Marisa comincia a suonare il triangolo mentreSilvano accompagna il suono del tamburello conla voce canticchiando “Piccolissima serenata”. Adun certo punto vista la difficoltà di Marisa nelsuonare il triangolo, viene dato anche a lei il tam-burello con il battente: i battiti sono leggeri e ve-loci. Dopo pochi minuti Marisa si ferma perché èun po’ stanca e la conduttrice commenta: “vistoMarisa, Silvano ti ha cantato anche la serenata!”e lei sorride.È il turno di Giuliana che in un primo momento sce-glie di dialogare con Quinto ma subito dopo ci ripen-sa e dice che è troppo stanca e non vuole suonare.Si passa quindi ad Anna Maria che fa un po’ fati-ca a capire la consegna. Dopo ripetute spiegazio-ni da parte della conduttrice sceglie finalmente disuonare con Silvano. In realtà lei è convinta di tro-varsi in una lezione di pianoforte con un suo allie-vo e comincia a dare a Silvano il tempo contando:“ùno, due, trè, quattro!” e battendo il tamburellosu uno e tre. Continua a chiedere a Silvano: “iltempo ti va bene? È troppo lento?”. Dopo qualcheminuto la conduttrice fa i complimenti adentrambi e in particolare ad Anna Maria.

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molto rapidamente.Il secondo protocollo è relativo ad una sedutaavvenuta dopo un mese (18.01.2002); anche inquesta occasione il gruppo era composto dallostesso numero di persone, sia ospiti che musico-terapisti, con l’aggiunta di un obiettore incarica-to di fare le riprese video. Il gruppo viene suddi-viso in tre sottogruppi a seconda del tipo di stru-mento, e quando il conduttore chiede se qualcu-no vuole fare il direttore d’orchestra, con granslancio si offrono immediatamente prima Elio epoi Marisa (gli stessi ospiti dell’incontro prece-dente) che dirigono, in modo consecutivo, la can-zone “Alla mia età” di Rita Pavone. Assistiamo adun po’ di confusione dovuta al fatto che moltiospiti non guardano i gesti del direttore Elio esuonano continuamente senza rispettare i turnidi intervento; per questo motivo, prima che inizila direzione di Marisa, il conduttore richiama l’at-tenzione del gruppo sulle regole fondamentaliper la buona riuscita di questo “gioco”, cioè suonasolo il gruppo indicato dal direttore mentre glialtri due fanno silenzio e aspettano il proprioturno (…); è indispensabile guardare il direttore.Le cose sembrano andare un po’ meglio; Marisa èmolto precisa nel dare le indicazioni ma la suaconduzione dura solo un paio di minuti in quan-to lei stessa chiede di interrompere dicendo diessere stanca.

Conclusione e osservazioniDurante il percorso abbiamo avuto conferma delfatto che la tecnica mista fosse la più adatta.Abbiamo potuto osservare come alcuni anziani,che mostravano notevoli difficoltà ad esprimersicon il linguaggio parlato durante le verbalizzazio-ni, utilizzavano invece con estrema facilità il lin-guaggio sonoro-musicale partecipando attiva-mente alle attività che richiedevano l’uso deglistrumenti.L’uso degli strumenti musicali, che assumono ilvalore di oggetti intermediari, è stato comunque

tezza (rifiuto di esporsi) al sentirsi capaci e soste-nuti (esporsi solo se affiancati) al sentirsi prota-gonisti (esporsi spontaneamente e senza paura). Il primo protocollo si riferisce alla seduta del21.12.2001; quel giorno il gruppo era formato daotto ospiti della casa di Cura, la Responsabiledelle Attività Assistenziali (RAA), il conduttore, laco-conduttrice e un’osservatrice: Per l’accompa-gnamento strumentale della canzone “Reginella”il gruppo viene diviso in tre sottogruppi in base altipo di strumento: sonagli, legni, pelli. A questopunto il conduttore dà indicazioni riguardo aigesti del direttore d’orchestra, per ora impersona-to dal conduttore stesso, che farà suonare ungruppo alla volta (…). Quando viene chiesto chivuole provare a fare il direttore, nessuno si pro-pone; allora gli utenti vengono interpellati singo-larmente e dicono di non sentirsela e di non esse-re capaci (…) persino Elio si rifiuta! (Elio è unutente particolarmente egocentrico e disinibito).Ad un certo punto Marisa si lascia convincere daOrnella (RAA), la quale si offre per affiancarla neldirigere, cosi stabiliscono che Marisa indicheràcon il dito il gruppo che dovrà suonare, mentreOrnella interromperà facendo il segno di ‘stop’con le mani. (…) al termine della direzione Marisasi commuove fino alle lacrime. Quando vienefatta una seconda proposta per provare a fare ildirettore, Elio continua ad incitare gli altri perfarli dirigere ma alla fine si lascia convincerechiedendo però l’aiuto del conduttore. Sceglie didirigere la canzone “Gesù Bambino” perché vuoleuna canzone allegra dicendo di essere stato ispi-rato dal titolo; alla domanda di Ornella (RAA) chegli chiede: ”E se non fosse allegra?” lui risponde“Ci addormentiamo!”. Decide Elio stesso i gesti perfare iniziare e far finire di suonare i piccoli grup-pi. Durante la direzione Elio punta il dito in mododeciso verso il gruppo che deve suonare e a volte,per attirare l’attenzione di chi si distrae, chiamagli ospiti per nome. Alcuni, come Marisa e Renata,mettono più energia rispetto a prima e suonano

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all’attività aspettando il nostro arrivo.Nel protocollo del 7 dicembre 2001 leggiamo:Teresa e Anna, arrivate con mezz’ora di anticipo,chiacchierano fino a qualche istante prima dell’i-nizio dell’attività di problemi quotidiani e diquanto sia difficile stare al mondo.E ancora il 5 aprile 2002 (con un nuovo gruppo):Gabriella arriva da sola nella stanza di musicote-rapia con largo anticipo e viene invitata ad aspet-tare gli altri utenti fuori mentre viene predispostoil setting.Spesso durante la preparazione del setting e men-tre aspettavamo l’arrivo di tutti gli ospiti, quelligià presenti chiedevano informazioni su quelleche sarebbero state le attività del giorno o into-navano le canzoni suonate o ascoltate durantel’incontro precedente.

L’attività di musicoterapia ha indubbiamenteincontrato il favore degli anziani, tanto che oggisono in corso tre progetti in tre diverse strutturedella Giovanni XXIII, non più sotto forma di ciclidi dieci incontri sperimentali, bensì come veri epropri percorsi che si sviluppano da ottobre a giu-gno, sempre a cadenza settimanale.A distanza di un anno e mezzo circa dai tre labo-ratori iniziali, le attività proseguono in modoregolare e costante con la maggior parte degliospiti che vi hanno partecipato. Possiamo affer-mare che le esperienze qui riportate hanno rap-presentato la preparazione del terreno sul quale ècresciuto il forte entusiasmo di trovarsi a “faremusica” riscontrabile oggi.È possibile notare un notevole incremento dellamotivazione nel partecipare agli appuntamenti,dimostrata dalla richiesta avanzata dagli stessiospiti di rimandare ad esempio le visite dei paren-ti o i controlli medici ai giorni in cui non si famusicoterapia, dal piacere di stare insieme in unospazio/tempo in cui esprimere pensieri ed emo-zioni, dal grado di divertimento e di soddisfazio-ne nell’utilizzo degli strumenti come conseguen-

utile anche con quegli anziani che erano invecemolto loquaci e che avevano la tendenza adintervenire spesso e in maniera incontrollatadurante le verbalizzazioni; suonando infatti laconcentrazione si sposta sulla modalità di suona-re lo strumento e l’uso della parola perde valore.All’interno del gruppo c’erano poi quegli anzianiche non erano disposti a mettersi in gioco inmaniera attiva per cui, pur prendendo lo stru-mento, non suonavano e durante le verbalizza-zioni, non intervenivano.Durante gli ascolti però era facile osservare comequeste persone muovevano i piedi a tempo, don-dolavano la testa, muovevano leggermente lelabbra, dimostrando di essere non solo presentinella stanza ma anche attenti e partecipi, sinto-nizzandosi bene col gruppo e nel gruppo.

Soprattutto durante i primi incontri e in generalequando proponevamo attività nuove abbiamoriscontrato la tendenza degli anziani ad un’insicu-rezza che li portava a priori a dire di non esserecapaci, di non ricordare, di non essere all’altezza.Questo richiedeva una continua rassicurazione daparte nostra e alla fine notavamo la soddisfazioneda parte dell’anziano e una maggior fiducia in sestesso che lo portava a mettersi sempre più in gioco.Ad esempio, proponendo l’attività del “direttored’orchestra”, abbiamo notato che la prima voltanessuno si offriva per dirigere, fino a che non èstata proposta una direzione di coppia, ovvero unospite affiancato dalla RAA o dal conduttore. Aquel punto l’anziano si sentiva sostenuto e riusci-va a vincere la timidezza e il timore della novità,tanto che negli incontri successivi tale affianca-mento non risultava più necessario e neancheveniva richiesto dagli ospiti.

Con il passare del tempo gli ospiti riconoscevanoil venerdì come il giorno in cui si faceva musica,ricordandosi anche l’orario; spesso i più autonomiarrivavano con largo anticipo nella sala destinata

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za del superamento (nel tempo) del senso di ina-deguatezza ed incapacità di fronte alla novità. Glianziani oggi si sentono orgogliosamente parte diun gruppo e talvolta di “un’orchestra”, comealcuni di loro sostengono, che per noi corrispon-de al concetto di Oggetto Intermediario.Più in generale possiamo dire che è cresciuta con-siderevolmente la consapevolezza del gruppocome di uno spazio-contenitore di suoni, dimodalità espressive, di ricordi, emozioni e fram-menti di storie personali e della loro condivisionein un clima di ascolto e fiducia. Citando alcuni degli ospiti: Renata: “… ci troviamo insieme a parlare perchénessuno di solito ha tempo di ascoltare… e poi quil’anima si eleva [riferendosi alla musica], ci man-teniamo in forma, stiamo allegri e non pensiamoad altro!”;Sebastiano: “… perché si canta! …per tenere alle-gria, vengo per la musica e per stare insieme”;Elio: “Ascoltiamo musica e suoniamo. [Gli incon-tri] servono a conoscere la musica, a conoscercinoi e a stare uniti”;Iris: “A passare bene il tempo”;Delves: “Mi diverto e canto”. Zilla: “Questo è il momento più bello; si ascoltadella bella musica, si canta e si suona. Ci si diverte.”Vedere il gruppo cambiare in tutti questi aspettirende molto concreto il senso e l’importanza dellavoro musicoterapico con gli anziani.

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Benenzon R.La nuova musicoterapia,Phoenix Editrice, Roma, 1997.

Delicati F.Gli anziani e le campane, inPUM n.3, Pro Civitate Chri-stiana, Assisi 1993, pp. 39-45.

Delicati F.Il canto fa venire fuori il pae-se più in fretta. Esperienza dimusicoterapia con gli anzianidi una casa albergo, Pro Civi-tate Christiana, Assisi, 1997.

Delicati F.Musicoterapia e demenzasenile, Musica & Terapia, 1,2000, pp. 27-38

Downie G.Musica in una casa di riposo,in PUM n.9, Pro Civitate Chri-stiana, Assisi 1996, pp. 38-42.

Postacchini P.L.La musicoterapia tra espres-sione e regolazione delleemozioni, in P. Ricci Bitti (acura di) La arte terapia traespressione e regolazionedelle emozioni, La Nuova Ita-lia Scientifica, Roma, 1995.

Postacchini P.L., RicciottiA., Borghesi M.Lineamenti di musicoterapia,La Nuova Italia Scientifica,Roma, 1997.

Raglio A., Manarolo G.,Villani D. (a cura di), Musicoterapia emalattia di Alzheimer.Proposte applicative e ipotesidi ricerca, EdizioniCosmopolis, Torino, 2001.

Stern D.N.The interpersonal World ofthe Infant, Basic Books, NewYork, 1985 (trad. it. Il mondointerpersonale del bambino,Boringhieri, Torino, 1987)

Tagg P.Popular music. Da Kojak alRave, CLUEB, Bologna, 1994.

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cologa, psicoterapeuta adleriana, svolge attivitàdi musicoterapia fin dal 1981 (in vari istituti conhandicap mentale, disturbi psicosomatici, psi-chiatrici e nevrotici).Dal 1989 è docente di musicoterapia (con lezioniteoriche, tirocini e supervisioni) all'Università diVienna per Musica ed Arti configurative; è docen-te al Corso Quadriennale di Musicoterapia di Assi-si, al Cesfor di Bolzano e al MusicSpace Italy-Uni-versity of Bristol di Bologna. È autrice di numero-se pubblicazioni di musicoterapia in lingua tede-sca, inglese e italiana. Dal 1997 è coeditrice edautrice della Collana "Wiener Beitràge zur Musik-therapie" (Contributi viennesi alla musicoterapia).Rezzadore Giovanna, insegnante di scuola ele-mentare, dal 1994 ha introdotto e applicato lamusicoterapia per la prevenzione del disagio sco-lastico. È coautrice (Lattes, 2001) di un'operamultimediale di educazione con la musica per lascuola dell’obbligo. È formatrice e relatrice incorsi di aggiornamento per insegnanti sulla musi-coterapia preventiva, e docente al Corso Qua-driennale Cesfor di Bolzano. Collabora alla realiz-zazione del progetto "Orpheus" organizzato dalConservatorio di Verona e con il Cep Crisis delDipartimento di Scienze dell'Educazione dell'Uni-versità degli Studi di Verona, di cui è membroattivo”.

(dalla nota di copertina)

La musica: natura e storiaEnrico Fubini, Einaudi, Torino, 2004.

“Non si può non rimanere stupiti e perplessi nelconstatare come, nella stona del pensiero musica-le occidentale, filosofi, pensatori, musicologi emusicisti, si siano richiamati alla natura per spie-gare l'essenza del fenomeno musicale, imbasten-do curiosi intrecci e sposalizi più o meno riusciti.Perché la musica avrebbe un cosi stretto legamecon il mondo della natura? A quale idea di natu-

Il potere di EuterpeDorothea Oberegelsbacher, Giovanna RezzadoreFranco Angeli, Milano, 2004

“Volti di bambini deprivati, impauriti, in corpo unarabbia antica, incontrano la musicoterapia. Soffe-renza e disagio tra i banchi di scuola e oltre nelmondo dell'handicap trovano l’orecchio che ascol-ta, la voce che risponde, il suono che abbraccia.Con linguaggio metaforico, in ambiente sonoro,particolarmente evocativo, ove le parole intrec-ciate a suoni penetrano sentimenti lisi, le autricisi raccontano. La speranza di riuscita che le animacostituisce una ricchezza ed uno stimolo per chilavora in ambito musicoterapico vicino ai bambi-ni figli dell'inquietudine umana.La Musicoterapia può essere via privilegiata allaprevenzione e alla riabilitazione? La risposta spe-rimentata in collaborazione interdisciplinare conPsicologia e Pedagogia evidenzia i contatti e ireciproci stimoli disciplinari, in un progetto dialto valore creativo e terapeutico.Le vicende fanno parte di una realtà sociale vis-suta all'interno di istituzioni coraggiose nel rico-noscere alla musicoterapia il significato educati-vo e rieducativo dei suoi interventi.Gli esempi aprono ad approfondimenti di caratte-re legislativo, professionale e formativo, pernuove realtà che contribuiscano ad arricchire ilpanorama scientifico e didattico della disciplina,superando visioni superficiali e banalizzantiofferte a volte dai massmedia.Il lavoro si rivolge non solo al mondo della musi-coterapia e alle sue scuole di formazione, maanche a musicisti, psicologi, medici, pedagogisti,insegnanti, assistenti ed operatori nei vari campidelle discipline collaterali.... e, non per ultimo, aigenitori.Dorothea Oberegelsbacher, musicoterapeuta, psi-56

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recensioni

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quello originario, che mirava a decodificarla ed acoglierne un significato nascosto. Egli propone diaccostarvisi con atteggiamento ricettivo, tale percui sia l’opera a suggerire nuove chiavi interpre-tative all’analista e non questi ad applicare adessa quelle tradizionalmente usate nella cllnica.In virtù delle sue eccezionali risorse di notazionepsichica l’arte può ispirare la psicoanalisi, aiutan-dola a riscoprire le sue radici intuitivo-poetiche eoffrendole forme, immagini e suoni atti a rappre-sentare fugaci momenti introspettivi, istantaneedi insight pre-verbale.Gli aspetti pre-simbolici dell’introspezione stimo-lati dall’oggetto estetico vengono illustrati esami-nando alcuni famosi capolavori: gli affreschi dellaLoggia di Psiche nella villa Farnesina a Roma, IlFlauto magico di W.A. Mozart, Sei personaggi incerca d'autore ed Enrico IV dì L. Pirandello.Tra le varie arti la musica sembra la più idonea adaffinare l’ascolto della comunicazione affettivainconscia. Le emozioni più profonde, non intelligi-bili, cominciano a rappresentarsi mentalmente ead acquistare senso neIl’orecchio di un analistasensibile alle inflessioni musicali del discorso,prima che si sia in grado di formularle verbalmen-te. Tre resoconti clinici mostrano le modalità di unascolto psicoanalitico musicalmente orientato”.

(dalla nota di copertina)

ra si vorrebbe rapportare la musica? Perché pro-prio il concetto di natura è stato infinite volteaccoppiato a quello di musica? Esiste una qualchesegreta affinità tra i due campi? Quale tipo dicomplicità mostra la musica nei confronti dellanatura? Quanto nella musica può essere attribui-to a un suo fondamento naturale e quanto è frut-to invece della sua lunga e complessa storia, pro-dotto della civiltà umana?Si tratta di una serie molto ampia di quesiti,dubbi, interrogativi che vengono trattati da Enri-co Fubini in questo saggio, in parte storico inparte teorico, e i tentativi di risposta generano aloro volta quesiti d'ordine storico, antropologico,filosofico. L'obbiettivo non è di cercare soluzionie di offrire risposte, quanto piuttosto di chiarire edipanare una complessa matassa gettando luce suun insieme di problemi che portano al cuore delmultiforme fenomeno musicale”.

(dalla nota di copertina)

Prima della parolaAntonio Di Benedetto, FrancoAngeli, Milano, 2000

“Le arti offrono all’uomo occasioni di svelamentoa se stesso. Ma, se da una parte gettano luce sullasua più riposta affettività, dall’altra suscitanointerrogativi sui lati oscuri dell'oggetto artistico edel soggetto che ne fruisce.La psicoanalisi si è sempre occupata dei mistericonnessi alle personalità geniali, alla loro creati-vità e ai processi psichici implicati nell’esperienzadel bello, pur non avendo prodotto un saperesistematico.L'autore del libro riesamina sinteticamente gliapprocci psicoanalitici all’opera d'arte, per pro-porre infine un atteggiamento ribaltato rispetto a 57

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notiziarioLettera aperta a soci e simpatizzanti A.I.M.

Carissimi colleghi, 1) siamo lieti di comunicarvi il successo degliStati Generali delle Professioni organizzati dalColap (Coordinamento delle Libere AssociazioniProfessionali) il 5 e 6 Maggio 2004 a Roma. Lapresenza di oltre 2400 professionisti nelle duegiornate ha coronato quattro anni di lavoro nelquale il coordinamento ha sviluppato una propo-sta politica unitaria.Obiettivo primario - ampiamente raggiunto - eraquello di renderci visibili e credibili a tutte leforze politiche (maggioranza e opposizione).Sono intervenuti in prima persona: De Rita, ExPresidente Cnel; Pillitteri, Presidente Cnel; On.Castelli, Ministro Giustizia (che ha assicurato ilsuo personale impegno per l’approvazione intempi brevi della Legge); On. Fassino, SegretarioDS; On. Rutelli, Segretario Margherita; EpifaniSegretario CGIL; Billè, Presidente Confartigianato;etc. Tutti concordano sulla necessità di approvarela legge (anche in virtù della massa di elettoricoinvolti); inoltre la CEE sollecita il governo inmateria ormai da tempo. La stampa ha datomolto rilievo all’evento: sono state presenti 18testate giornalistiche e pubblicati articoli anchesul Sole 24 ore, Italia oggi e Il mondo. Relativamente alla nostra area di appartenenza,risulta essere stato fin qui un punto di forza l’es-sere insieme a tutte le altre associazioni afferentialla medesima area. Tuttavia, l’area socio-sanitaria è molto ampia el’interesse comune del riconoscimento potrebbeentrare in collisione con le troppe e troppo pro-fonde diversità. A titolo di esempio, rientrano inquesto stesso gruppo di associazioni, categorieprofessionali che si definiscono come alternativealla medicina, diversamente dal nostro intendi-mento di apportare contributi specifici all’internodi una équipe multidisciplinare. Gli Stati Generali hanno quindi permesso l’emer-

gere di alcune differenze ed evidenziare richiestearticolate per gruppi più ristretti di associazioni. E’ significativo l’invito del Presidente A.I.M. all’in-contro programmatico del 27 luglio 2004 pressogli Uffici del Senato della Repubblica – in vistadell’organizzazione del Forum delle Professioni datenersi a settembre; all’incontro hanno partecipa-to, tra gli altri, il Segretario Nazionale dell’UDCOn. Marco Follini, il sottosegretario alla Giustiziacon delega alle professioni On. Michele Vietti edil Presidente del gruppo UDC On. Luca Volontè.

2) La nostra opera di ripristino dei contatti conpersonalità e istituzioni della musicoterapia euro-pea prosegue produttivamente: a) il 15 Giugno si è svolta in Finlandia l’Assembleadella E.M.T.C. (European Music Therapy Confede-ration) alla quale abbiamo partecipato in qualitàdi rappresentanti italiani. Si sono svolte le elezioni delle cariche interne peril prossimo triennio:Jos De Backer, Presidente; Monika Nocker-Ripaubierre, Segretario; Julie Sutton, Tesoriere;Jaakko Erkila, Rappresentante Nord Europa;Regina Halmer-Stein, Rappresentante CentroEuropa; Teresa Paula Leite, Rappresentante SudEuropa (Port./Sp./It./Gr.)b) Il 9 Marzo 2004 l’ E.M.T.C. è stata riconosciutaufficialmente dal Dipartimento di Giustizia dellaComunità europea.I rappresentanti delle singole Associazionipotranno d’ora in poi partecipare alle AssembleeE.M.T.C. ma ogni Paese deve concordare un rap-presentante nazionale unico che ha diritto divoto all’Assemblea Generale E.M.T.C.Salvo differente indicazione delle associazionirappresentate, viene eletto come RappresentanteNazionale il presidente dell’associazione piùnumerosa e maggiormente rappresentativa. Nelcaso tuttavia che le altre Associazioni esprimanoformale disaccordo rispetto a tale scelta, esiste ilrischio che il BOARD dell’E.M.T.C. (C.D.) revochi il

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diritto di voto al Paese in questione.Attualmente è stato eletto come Rappresentanteper l’Italia il Presidente A.I.M. Ferdinando Suvini.In tale consesso è rappresentata, oltre all’A.I.M.,anche la F.I.M.. c) Abbiamo preso visione dei criteri definiti dal-l’ E.M.T.C. per la definizione dei Music therapist edei Supervisor che potranno appartenere alRegistro Europeo. Ci è stato concesso tempo finoal 1 Dicembre 2004 per esprimere parere in meri-to. Appare fondamentale poter discutere in tempibrevi in merito a tali criteri all’interno del C.D.A.I.M. e, possibilmente, anche in AssembleaGenerale.d) L’A.I.M. ha versato regolare quota di iscrizione pertutti i propri associati all’E.M.T.C., cosicché questipossano ora arricchire il proprio curriculum anchedi quest’appartenenza europea per l’anno 2004.e) Il Riconoscimento ottenuto obbliga l’E.M.T.C. asvolgere almeno una Assemblea all’anno. Per il 2005 l’A.I.M. ha offerto una candidaturaitaliana.f) In merito al Congresso, crediamo si possanoesprimere un parere estremamente positivo siaper l’organizzazione sia per i contenuti, per lavastità dei quali si rimanda alla pubblicazioneufficiale degli atti che è già in corso.g) Vi informiamo inoltre che sono state diffuse edistribuite durante il Congresso le numerosissimecopie della Rivista A.I.M. – Conf.I.A.M. apposita-mente preparata in lingua inglese per la diffusio-ne di una corretta immagine rappresentante lavariegatezza e vivacità del confronto musicotera-pico italiano. La medesima rivista è stata speditaa numerosissime personalità della musicoterapiamondiale, molte delle quali hanno risposto connotevoli apprezzamenti a riguardo dello svilupporaggiunto dalla disciplina nel nostro paese.h) Sempre nell’ambito del congresso europeo èstata svolta una relazione a nome dell’A.I.M. illu-strante la realtà politico/culturale della musicote-rapia italiana.

3 - Il nostro sito sta crescendo. E’ stato recente-mente implementato un “data base” dei soci, chedovrebbe consentire a tutti una maggior visibili-tà: in questa maniera chi fosse alla ricerca di unprofessionista, sia per motivazioni cliniche chedidattiche (come ad esempio il tutoring o lasupervisione) potrà interrogare il data base perzona di residenza o per competenze del terapista.Invitiamo pertanto i soci ad inserire i propri datinel data base, accessibile dalla home page delnostro sito.

4 – Abbiamo ritenuto opportuno attivare unServizio consulenza ai soci, via e-mail [email protected] e telefonico al numero338/7746947; l’accesso telefonico è aperto dalle09.30 alle 17.30 dei giorni feriali.

5 – Sollecitati da molti soci che si trovano cir-condati da una concorrenza sleale e non qualifi-cata, abbiamo predisposto un servizio comunica-zioni verso quegli enti che, ignari dello stato del-l’arte della professionalità musicoterapica italia-na, si avvalessero della collaborazione di personele cui competenze musicoterapiche fossero esclu-sivamente frutto di autoaccreditamento.

6 – Dal 3 al 5 dicembre 2004 si terrà presso laCittadella di Assisi un seminario con la presenzadi Mercedes Pavlicevic. I nostri associati potran-no beneficiare di uno sconto sul costo d’iscrizio-ne all’evento.

7 - Ricordiamo a tutti coloro che non avesseroancora provveduto al versamento della quota d’i-scrizione per l’anno 2004 che potranno trovare lemodalità per regolarizzare la loro situazione econtinuare a beneficiare dei servizi A.I.M. sul sitowww.aiemme.it

Distinti salutiMassimo Borghesi

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musicoterapeutica (A. Raglio) • Esperienze di musicoterapia:nascita e sviluppo di una comunicazione sonora con soggettiportatori di handicap (C. Bonanomi)

Volume IV, Numero 1, Gennaio 1996Armonizzare sintonizzandosi (P.L. Postacchini) • Dalla percezio-ne uditiva al concetto musicale (O. Schindler, M. Gilardone, I.Vernero, A.C. Lautero, E. Banco) • La formazione musicale (C.Maltoni, P. Salza) • Gruppo sì, gruppo no: riflessioni su dueesperienze di musicoterapia (M. Mancini) • Musicoterapia e statidi coma: riflessioni ed esperienze (G. Garofoli) • Il caso di Luca(L. Gamba) • Disturbi del linguaggio e Musicoterapia (P.C. Piat,M. Morone)

Volume IV, Numero 2, Luglio 1996Il suono della voce in Psicopatologia (F. Giberti, G. Manarolo) •La voce umana: prospettive storiche e biologiche (M. Gilardone,I. Vernero, E. Banco, O. Schindler) • La stimolazione sonoro-musicale di pazienti in coma (G. Scarso, G. Emanuelli, P. Salza, C.De Bacco) • La creatività musicale (M. Romagnoli) • Musicotera-pia e processi di personalizzazione nella Psicoterapia di un casodi autismo (L. Degasperi) • La recettività musicale nei pazientipsichiatrici: un’ipotesi di studio (G. Del Puente, G. Manarolo, S.Remotti) • Musica e Psicosi: un percorso Musicoterapico con ungruppo di pazienti (A. Campioto, R. Peconio).

Volume V, Numero 1, Gennaio 1997La riabilitazione nel ritardo mentale ed il contributo della Musi-coterapia (G. Moretti) • Uomo Suono: un incontro che producesenso (M. Borghesi, P.L. Postacchini, A. Ricciotti) • La Musicote-rapia non esiste (D. Gaita) • L’Anziano e la Musica. L’inizio di unapproccio musicale (B. Capitanio) • Riflessioni su una esperien-za di ascolto con un soggetto insufficiente mentale psicotico (P.Ciampi) • Un percorso musicoterapico: dal suono silente alsuono risonante (E. De Rossi, G. Ba) • La comprensione dell’into-nazione del linguaggio in bambini Down (M. Paolini).

Volume V, Numero 2, Giugno 1997Gli effetti dell’ascoltare musica durante la gravidanza e il trava-glio di parto: descrizione di un’esperienza (P.L. Righetti) • Aspet-tar cantando: la voce nella scena degli affetti prenatali (E.Benassi) • Studio sul potenziale terapeutico dell’ascolto creati-vo (M. Borghesi) • Musicoterapia e Danzaterapia: le controindi-cazioni al trattamento riabilitativo di alcune patie neurologiche(C. Laurentaci, G. Megna) • L’ambiente sonoro della famiglia edell’asilo nido: una possibile utilizzazione di suoni e musichedurante l’inserimento (M. G. Farnedi) • La Musicoterapia Prena-tale e Perinatale: un’esperienza (A. Auditore, F. Pasini).

Volume VI, Numero 1, Gennaio 1998Le spine del cactus (C. Lugo) • L’improvvisazione nella musica, inpsicoterapia, in musicoterapia (P.L. Postacchini) • L’improvvisa-zione in psicoterapia (A. Ricciotti) • L’improvvisazione nella pra-tica musicoterapica (M. Borghesi) • La tastiera elettrica fra edu-cazione e riabilitazione: analisi di un caso (Pier Giorgio Oriani) •Ritmo come forma autogenerata e fantasia di fusione (G. DelPuente, S. Remotti) • Aspetti teorici e applicativi della musico-terapia in psichiatria (F. Moser, G. M. Rossi, I. Toso).

Volume VI, Numero 2, Luglio 1998Modelli musicali del funzionamento cerebrale (G. Porzionato) •La mente musicale/educare l’intelligenza musicale (J. Tafuri) •Reversibilità del pensiero e pensiero musicale del bambino (F.

Numero 0, Luglio 1992Terapie espressive e strutture intermedie (G. Montinari) •Musicoterapia preventiva: suono e musica nella preparazione alparto (M. Videsott) • Musicoterapia recettiva in ambito psichia-trico (G. Del Puente, G. Manarolo, C. Vecchiato) •L’improvvisazione musicale nella pratica clinica (M. Gilardone)

Volume I, Numero 1, Gennaio 1993Etnomusicologia e Musicoterapia (G. Lapassade) • Metodologiemusicoterapiche in ambito psichiatrico (M. Vaggi) • Aspetti diun modello operativo musicoterapico (F. Moser, I. Toso) • La vocetra mente e corpo (M. Mancini) • Alcune indicazioni bibliografi-che in ambito musicoterapico (G. Manarolo)

Volume I, Numero 2, Luglio 1993Musicoterapia e musicoterapeuta: alcune riflessioni (R. Benen -zon) • La Musicoterapia in Germania (F. Schwaiblmair) • LaMusicoterapia: proposta per una sistemazione categoriale eapplicativa (O. Schindler) • Riflessioni sull’analisi delle percezio-ni amodali e delle trasformazioni transmodali (P.L. Postacchini,C. Bonanomi) • Metodologie musicoterapiche in ambito neuro-logico (M. Gilardo ne) • I linguaggi delle arti in terapia: lo spaziodella danza (R. De Leonibus) • La musicoterapia nella letteratu-ra scientifica internazionale, 1ª parte (A. Osella, M. Gilardone)

Volume II, Numero 1, Gennaio 1994Introduzione (F. Giberti) • Ascolto musicale e ascolto interiore(W. Scategni) • Lo strumento sonoro musicale e la Musicotera-pia (R. Benenzon) • Ascolto musicale e Musicoterapia (G. DelPuente, G. Manarolo, P. Pistarino, C. Vecchiato) • La voce comemezzo di comunicazione non verbale (G. Di Franco)

Volume II, Numero 2, Luglio 1994Il piacere musicale (M. Vaggi) • Il suono e l’anima (M. Jacoviello)• Dal suono al silenzio: vie sonore dell’interiorità (D. Morando) •Gruppi di ascolto e formazione personale (M. Scardovelli) •Esperienza estetica e controtransfert (M.E. Garcia) • Funzionepolivalente dell’elemento sonoro-musicale nella riabilitazionedell’insufficiente mentale grave (G. Manarolo, M. Gilardone, F.Demaestri)

Volume III, Numero 1, Gennaio 1995Musica e struttura psichica (E. Lecourt) • Nessi funzionali eteleologici tra udire, vedere, parlare e cantare (Schindler, Verne-ro, Gilardone) • Il ritmo musicale nella rieducazione logopedica(L. Pagliero) • Differenze e similitudini nell’applicazione dellamusicoterapia con pazienti autistici e in coma (R. Benenzon) •La musica come strumento riabilitativo (A. Campioto, R. Peconio)• Linee generali del trattamento musicoterapico di un caso di“Sindrome del Bambino Ipercinetico” (M. Borghesi) • Strumentidi informazione e di analisi della prassi osservativa in musicote-rapia (G. Bonardi)

Volume III, Numero 2, Luglio 1995Il senso estetico e la sofferenza psichica: accostamento striden-te o scommessa terapeutica? (E. Giordano) • L’inventiva delterapeuta come fattore di terapia (G. Montinari) • La formazio-ne in ambito musicoterapico: lineamenti per un progetto dimodello formativo (P.L. Postacchini, M. Mancini, G. Manarolo, C.Bonanomi) • Il suono e l’anima: la divina analogia (M. Jacoviel-lo) • Considerazioni su: dialogo sonoro, espressione corporea edesecuzione musicale (R. Barbarino, A. Artuso, E. Pegoraro) •Aspetti metodologici, empatia e sintonizzazione nell’esperienza

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articoli pubblicati

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zia: “Dalla disarmonia evolutiva alla neuropsicopatologia (G.Boccardi) • Musicoterapia e ritardo mentale (F. Demaestri, G.Manarolo, M. Picozzi, F. Puerari, A. Raglio) • Indicazioni al trat-tamento e criteri di inclusione (M. Picozzi) • L’assesment inMusicoterapia, il bilancio psicomusicale e il possibile intervento(G. Manarolo, F. Demaestri) • L’assessment in musicoterapia,osservazione, relazione e il possibile intervento (F. Puerari, A.Raglio) • Tipologie di comportamento sonoro/musicale in sog-getti affetti da ritardo mentale (A.M. Barbagallo, C. Bonanomi)• La musicoterapia per bambini con difficoltà emotive (C.S. LutzHochreutener)

Numero 6, Luglio 2002Relazione, disagio, musica (M. Spaccazocchi) • Musicoterapia ascuola (M. Borghesi, E. Strobino) • Musicoterapia e integrazionescolastica (E. Albanesi) • Un intervento Musicoterapico in ambi-to scolastico (S. Melchiorri) • L’animazione musicale (M.Sarcinella) • L'educazione musicale come momento di integra-zione (S. Minella) • L’improvvisazione vocale in musicoterapia(A. Grusovin) • L'approccio musicoterapico nel trattamento delritardo mentale grave: aspetti teorici e presentazione di un’e-sperienza (Karin Selva) • Musicoterapista e/o Musicoterapeuta?(M. Borghesi, A. Raglio, F. Suvini)

Numero 7, Gennaio 2003La percezione sonoro/musicale (G. Del Puente, F. Fiscella, S.Valente) • L’ascolto Musicale (G. Manarolo) • La composizionemusicale a significato universale. Considerazioni cliniche (G.Scarso, A. Ezzu) • Validità del training musicoterapico in pazien-ti in stato vegetativo persistente: studio su tre casi clinici (C.Laurentaci, G. Megna) • L’approccio musicoterapico con unbambino affetto da grave epilessia. Il caso di Leonardo (L. Torre)• Co-creare dinamiche e spazi di relazione e comunicazioneattraverso la musicoterapia (M.M. Coppa, F. Santoni, C.M. Vigo)• L’evoluzione musicale in Musicoterapia (B. Foti, I. Ordiner, E.D'Agostini, D. Bertoni) • L’intervento musicoterapico nelle fasi direcupero dopo il coma (R. Meschini)

Numero 8, Luglio 2003Gli Istituti Superiori di Studi Musicali e la formazione inMusicoterapia… paradigma e curriculum musicale… (MaurizioSpaccazocchi) • Dialogo riabilitativo fra la Musicoterapia el’età evolutiva (P.L. Postacchini, A. Ricciotti) • Musicoterapia eriabilitazione in età evolutiva (R. Burchi, M.E. D’Ulisse) •Musicoterapia e psicomotricità: un’integrazione possibile (R.Meschini, P. Tombari) • L’intervento di musicoterapia nellapsicosi (R. Messaglia) • Terapia sonoro-musicale nei pazientiin coma: esemplificazione tramite un caso clinico (G. Scarso,A. Ezzu) • Musicoterapia preventiva e profilassi della gravi-danza e del puerperio (F. Pasini, A. Auditore) • Musicoterapiae disturbi comunicativo-relazionali in età evolutiva (F.Demaestri)

Numero 9, Gennaio 2004Psicologia della musica e adolescenza (O. Oasi) • Formemusicali e vita mentale in adolescenza (A. Ricciotti) •Musica e Adolescenza (G. Manarolo, M. Peddis) • Un inter-vento di Musicoterapia con un gruppo di adolescenti (L.Metelli, A. Raglio) • L’approccio musicoterapico in ambitoistituzionale: il trattamento dei disturbi neuropsichici del-l’adolescenza (F. Demaestri) • Dal rumore al suono, dallaconfusione all’integrazione (R.Busolini, A.Grusovin, M.Paci,F.Amione, G.Marin)

Rota) • Musica, Elaboratore e Creatività (M. Benedetti) • Inchio-stro, silicio e sonorità neuronali (A. Colla) • Le valenze del pen-siero musicale nel trattamento dei deficit psico-intellettivi (F. DeMaestri).

Volume VII, Numero 1, Gennaio 1999E se la musica fosse…(M. Spaccazocchi) • Una noce poco fa (D.Gaita) • L’ascolto in Musicoterapia (G. Manarolo) • La musicaallunga la vita? (M. Maranto, G. Porzionato) • Musicoterapia esimbolismo: un’esperienza in ambito istituzionale (A.M. Bagalà)

Volume VII, Numero 2, Luglio 1999Dalle pratiche musicali umane alla formazione professionale(M. Spaccazocchi) • Formarsi alla relazione in Musicoterapia (G.Montinari) • Formarsi in Musicoterapia (P.L. Postacchini) • Pro-spettive formative e professionali in Musicoterapia (P.E. RicciBitti) • Un coordinamento nazionale per la formazione in Musi-coterapia (G. Manarolo)

Numero 1, Gennaio 2000Malattia di Alzheimer e Terapia Musicale (G. Porzionato) • L’u-tilizzo della Musicoterapia nell’AIDS (A. Ricciotti) • L’interventomusicoterapico nella riabilitazione dei pazienti post-comatosi(R. Meschini) • Musicoterapia e demenza senile (F. Delicato) •Musicoterapia e AIDS (R. Ghiozzi) • Musicoterapia in un Servi-zio Residenziale per soggetti Alzheimer (M. Picozzi, D. Gaita, L.Redaelli)

Numero 2, Luglio 2000Conoscenze attuali in tema di etiopatogenesi dell’autismoinfantile (G. Lanzi, C.A. Zambrino) • Il trattamento musicotera-pico di soggetti autistici (G. Manarolo, F. Demaestri) • La musi-calità autistica: aspetti clinici e prospettive di ricerca in musi-coterapia (A. Raglio) • Il modello Benenzon nell’approccio alsoggetto autistico (R. Benenzon) • Autismo e musicoterapia (S.Cangiotti) • Dalla periferia al centro: spazio-suono di una rela-zione (C. Bonanomi)

Numero 3, Gennaio 2001Musica emozioni e teoria dell’attaccamento (P. L. Postacchini) •La Musicoterapia Recettiva (G. Manarolo) • Manifestazioniossessive ed autismo: il loro intrecciarsi in un trattamento dimusicoterapia (G. Del Puente) • Musica e adolescenza Dinami-che evolutive e regressive (I. Sirtori) • Il perimetro sonoro (A.M.Barbagallo, L. Giorgioni, L. Mattazzi, M. Moroni, S. Mutalipassi,L. Pozzi) • Musicoterapia e Patterns di interazione e comunica-zione con bambini pluriminorati: un approccio possibile (M.M.Coppa, E. Orena, F. Santoni, M.C. Dolciotti, I. Giampieri, A. Schia-voni) • Musicoterapia post partum (A. Auditore, F. Pasini)

Numero 4, Luglio 2001Ascolto musicale, ascolto clinico (A. Schön) • Musicoterapia etossicodipendenza (P.L. Postacchini) • Il paziente in coma: sti-molazione sonoro-musicale o musicoterapia? (G. Scarso, A.Visintin) • Osservazione del malato di Alzheimer e terapia musi-cale (C. Bonanomi, M.C. Gerosa) • Due storie musicoterapiche (L.Corno) • Il suono del silenzio (A. Gibelli) • Il setting in Musico-terapia (M. Borghesi, A. Ricciotti)

Numero 5, Gennaio 2002Riabilitazione Psicosociale e Musicoterapia aspetti introduttivi(L. Croce) • Evoluzione del concetto di riabilitazione in Musico-terapia (P.L. Postacchini) • Prospettive terapeutiche nell’infan- 61

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Gli articoli pubblicati dal 1992 al 1998 sono ora raccolti in “Musica & Terapia, Quaderni italiani di Musicoterapia”edizioni Cosmopolis Corso Peschiera 320 - 10139 Torino - http://www.edizionicosmopolis.com

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Per le norme redazionali vedi i numeri precedenti