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AUTORI VARI TEOLOGIA del POPOLO GLI SCOIATTOLI N.01 FEBBRAIO 2017 I.R.

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AUTORI VARI

TEOLOGIAdel POPOLO

GLI SCOIATTOLI N.01 FEBBRAIO 2017 I.R.

TEOLOGIAdel POPOLO

AUTORI VARI

5TEOLOGIA DEL POPOLO

Indice

PRESENTAZIONE di MARIO DE MAIO 7

BERGOGLIO: “VI SPIEGO LA TEOLOGIA DEL POPOLO

di CIRO ENRIQUE BIANCHI 9

TEOLOGIA DEL POPOLO, UNA FORMA ORIGINALE

DI TEOLOGIA DELLA LIBERAZIONE

di CARLO MOLARI 19

AUTORI 27

Presentazione

Dopo essere entrati in una chiesa o aver assistito aduna messa e ascoltato l’omelia, possiamo chiederciqual è il modello teologico di riferimento del sacerdoteche anima quella comunità. Numerosi sono i segni che ce ne parlano: l’organiz-zazione degli spazi della chiesa e dell’altare, le pa-role che ritornano più spesso nell’omelia. Tutti noisacerdoti, in modo più o meno consapevole, ab-biamo interiorizzato un modello di riferimento.I modelli teologici sono tanti e vanno da quelli tradi-zionalisti a quelli ultra innovatori.Dopo l’elezione di papa Francesco, molti si sono do-mandati quale fosse il suo modello teologico.In un discorso del 2012, quando era ancora arcive-scovo di Buenos Aires, Bergoglio aveva affermato che“nei poveri si trova un senso trascendente della vita”.Da queste parole, gli esperti dedussero che la teolo-gia del popolo era il suo punto di riferimento.

7MARIO DE MAIO

Cosa è la teologia del popolo? Abbiamo fatto delle ricerche e vi riportiamo in questoscoiattolo la recensione di un libro e numerosi articoliche ci aiuteranno a chiarire la prospettiva che orientail papa.

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Bergoglio: vi spiegola teologia del popolo«Bergoglio si ispira alla teologia del popolo». Questoritornello è stato ripetuto fin dal minuto dopo l’elezionedi papa Francesco. Ma pochi hanno cognizione pre-cisa dei contenuti della teologia del pueblo, una dellecorrenti della teologia della liberazione di matrice su-damericana. Ora per la prima volta arriva in Italiaun’opera sistematica di Introduzione alla teologia delpopolo (Editrice Missionaria Italiana), testo del teologoargentino Ciro Enrique Bianchi, che ha studiato sottola guida di Víctor Manuel Fernández, attuale rettoredell’Università Cattolica d’Argentina e da tempo strettocollaboratore di papa Francesco. Il testo di Bianchi si presenta (così recita il sottotitolo)come Profilo teologico e spirituale di Rafael Tello, pen-satore argentino che è da considerarsi uno dei fonda-tori della teologia del popolo. E che Bergoglio stimamoltissimo: infatti, oltre a scrivere la prefazione al testo

9CIRO ENRIQUE BIANCHICAPITOLO UNO

di Enrique Bianchi, volle anche intervenire con un di-scorso alla prima presentazione ufficiale di tale vo-lume. Quel testo funge da prefazione all’edizioneitaliana di Introduzione alla teologia del popolo. Quine presentiamo ampi stralci.

Sotto il profilo storico, il nostro continente latinoa-mericano è marcato da due realtà: la povertàe il cristianesimo. Un continente con molti poveri

e con molti cristiani. Ciò fa sì che nelle nostre terre lafede in Gesù Cristo assuma un colore speciale. Le pro-cessioni affollatissime, la fervida venerazione di im-magini religiose, il profondo amore per la VergineMaria e tante altre manifestazioni di pietà popolaresono una testimonianza eloquente. Puebla esprimequesta stessa consapevolezza dicendo che l’incarna-zione del Vangelo in America ha prodotto una «origi-nalità storico-culturale» (cfr . DP 446). In cinque secolidi storia, nel nostro continente è andato sviluppandosiun nuovo modo culturale di vivere il cristianesimo, ilcristianesimo ha trovato un nuovo volto. Quando ciavviciniamo al nostro popolo con lo sguardo del buonpastore, quando non veniamo a giudicare ma adamare, troviamo che questo modo culturale di espri-

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mere la fede cristiana resta tuttora vivo tra noi, spe-cialmente nei nostri poveri. E questo, fuori da qualsiasiidealismo sui poveri, fuori da ogni pauperismo teolo-gale. È un fatto. È una grande ricchezza che Dio ciha dato. Aparecida (città del Brasile) ha fatto un passoavanti nel riconoscerla. Se prima si parlava di religio-sità popolare (il termine resta in uso), Paolo VI fa unpasso avanti e dice: sarebbe meglio chiamarla pietàpopolare. Aparecida fa un altro passo avanti e lachiama spiritualità popolare. In una prospettiva sto-rica, se guardiamo a questi cinque secoli di storia, ve-diamo che la spiritualità popolare è una stradaoriginale sulla quale lo Spirito Santo ha condotto econtinua a condurre milioni di nostri fratelli. Non sitratta soltanto di manifestazioni di religiosità popolareche dobbiamo tollerare, si tratta di una vera spiritualitàpopolare che deve essere rafforzata secondo le sueproprie vie. Dopo Aparecida non possiamo più trat-tare la pietà popolare come la Cenerentola di casa.È singolare: nella redazione di Aparecida, quattro etre giorni prima della votazione definitiva, il docu-mento aveva ricevuto 2440 «modi», cioè emenda-menti, che andavano risolti entro quei giorni. E tuttaviail capitolo sulla spiritualità popolare ricevette soltanto

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due o tre osservazioni, ma stilistiche, secondarie.Venne rispettato esattamente così com’era uscito dallacommissione in cui si era visto rispecchiato tutto l’epi-scopato che era là presente. Questo è un segno.Non è la Cenerentola della casa. Non sono quelliche non capiscono, quelli che non sanno. Mi dispiacequando qualcuno dice: «Quelli dobbiamo educarli».Ci perseguita sempre il fantasma dell’Illuminismo, quelriduzionismo ideologico-nominalista che ci porta anon rispettare la realtà concreta. E Dio ha voluto par-larci tramite realtà concrete. La prima eresia dellaChiesa è la gnosi, che già l’apostolo Giovanni criticae condanna.

Anche al giorno d’oggi possono darsi posizionignostiche davanti a questo fatto della spiritua-lità o pietà popolare. Sul tema pietà popolare

negli ultimi tempi ci sono due pilastri insuperati, a cuibisogna ricorrere come fonti: la Evangelii nuntiandi(che come esortazione apostolica sull’evangelizza-zione ancora non è stata superata nel suo insieme) eAparecida. Occorre fare ricorso a quelle fonti. Apa-recida riprende e attualizza per la realtà del nostrocontinente l’insegnamento di Paolo VI nella Evangelii

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nuntiandi. Vi raccomando di leggere i punti in cuitratta il tema. Ciascuno di quei passi merita di esseremeditato con attenzione. Dice, per esempio: «I nostripopoli si identificano particolarmente con il Cristo sof-ferente, lo guardano, i suoi piedi feriti, come a dire:questi è colui “che mi ha amato e ha dato sé stessoper me” (Gal 2,20). Molti di essi, colpiti, ignorati edepredati, non abbassano le braccia. Con la loro ca-ratteristica religiosità si aggrappano all’immensoamore che Dio ha per loro e che li fa tornare consa-pevoli della propria dignità. Trovano anche la tene-rezza e l’amore di Dio nel volto di Maria. In leivedono riflesso il messaggio essenziale del Vangelo».Inoltre: «La pietà popolare è una modalità legittima divivere la fede, un modo di sentirsi parte della Chiesae una forma dell’essere missionari; in essa si sentonole vibrazioni più profonde della profonda America.Essa è parte dell’“originalità storico-culturale” dei po-veri di questo continente, e frutto di “una sintesi tra leculture [dei popoli originari] e la fede cristiana”».Un’ultima citazione, molto importante: «Non possiamosvalutare la spiritualità popolare o considerarla unamodalità secondaria di vita cristiana, perché sarebbecome dimenticare il primato dell’azione dello Spirito

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e l’iniziativa gratuita dell’amore di Dio». La pietà po-polare è lo schiudersi della memoria di un popolo. Èessenzialmente deuteronomica. Non possiamo com-prenderla senza un inquadramento deuteronomico. Equella memoria si schiude in diverse maniere.Monsignor Tavella, arcivescovo di Salta negli anniQuaranta, racconta un aneddoto. Entra nella sua cat-tedrale e vede un indio che prega con enorme con-centrazione davanti al Signore dei Miracoli. Lui recitail suo ufficio e l’indio se ne resta là, tranquillo. In-somma, si incuriosì e aspettò per vedere che cosa sa-rebbe successo. Dovette aspettare un buon tratto ditempo, finché l’indio non terminò. Allora gli si avvi-cinò. «La benedizione, padrecito», gli disse subito l’in-dio. Cominciando a conversare gli domandò: «Leiche cosa stava pregando?». «Il catechismo, padre-cito», rispose l’indio. Era il catechismo di san Toribio(secolo XVI). La memoria di un popolo. Un ricordo per-sonale sulla pietà popolare.

Per due anni sono stato confessore nella resi-denza di Córdoba. La residenza della Com-pagnia a Córdoba si trova in pieno centro,

accanto all’università. Vi si confessano gli studenti uni-

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versitari, i professori e persone dei quartieri popolariche quando vanno in centro ne approfittano per con-fessarsi perché il prete del quartiere non ha tempo perconfessare alla domenica, visto che fa una messadopo l’altra. E notavo che tra questi ultimi c’erano per-sone che si confessavano «bene». Non facevano per-dere tempo. Dicevano quel che c’era da dire. Nondicevano mai qualcosa che non fosse peccato. Nonsi vantavano. Parlavano con molta umiltà. Un giornochiesi a uno di questi di dove fosse. Ed era di Trasla-sierra. La memoria catechetica di don Brochero. Unpopolo che si esprimeva così nel sacramento della ri-conciliazione (sono contento di ricordare quell’episo-dio proprio oggi, il giorno in cui a Roma è statoriconosciuto il miracolo del cura Brochero). La pietà popolare affluisce dalla memoria di un po-polo e – ripeto – dobbiamo interpretarla in una cor-nice deuteronomica. La Chiesa ha fatto un’opzionepreferenziale per i poveri e questo deve portarci a co-noscere e ad apprezzare le loro maniere culturali divivere il Vangelo. È bene – ed è necessario – che lateologia si occupi della pietà popolare, è il «preziosotesoro della Chiesa cattolica in America Latina», ci di-ceva Benedetto XVI inaugurando la Conferenza di

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Aparecida. Padre Tello offre un pensiero teologico so-lido del quale possiamo valerci per apprezzare que-sta spiritualità nelle sue vere dimensioni. Il punto dipartenza è pensare all’uomo come un essere socialeper natura. Nessuno può vivere assolutamente isolato,tutti gli atti delle persone si danno in un ambiente sto-rico che li condiziona, l’operato concreto è contras-segnato dalla cultura in cui si svolge. Nella dinamicadella storia l’uomo crea la cultura e la cultura influiscesull’uomo. Con parole di Giovanni Paolo II: «L’uomoè insieme figlio e padre della cultura in cui è immerso» (FR 71). In questo la fede non fa eccezione. La fedesi esprime sempre culturalmente. Il bambino l’imparadai genitori, dai maestri, dai catechisti, dall’ambiente.La fede è soprattutto una grazia divina. È anche unatto umano, e pertanto un atto culturale. Perciò si puòparlare di un modo culturale di apprendere ed espri-mere la fede. Perciò si può dire, come dice Tello, chequanto i nostri poveri esprimono nella loro pietà po-polare sgorga da una fede vera, e che da questafede sgorga anche un atteggiamento cristiano davantialla vita. Quando come Chiesa ci accostiamo ai poveri per ac-compagnarli, constatiamo – al di là delle enormi dif-

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ficoltà quotidiane – che vivono con un senso trascen-dente della vita. In qualche modo il consumismo nonli ha ancora ingabbiati. La vita mira a qualcosa cheva oltre questa vita. La vita dipende da Qualcuno (conla maiuscola) e questa vita ha bisogno di essere sal-vata. Tutto questo si trova nel più profondo della nostragente, anche se è incapace di formularlo in terminiconcettuali. Il senso trascendente della vita che si vedenel cristianesimo popolare è l’antitesi del secolarismoche si diffonde nelle società moderne. È un puntochiave. Se volessimo parlare in termini antagonistico-aggressivi, diremmo che la fede del nostro popolo èuno schiaffo agli atteggiamenti secolarizzanti. Pertantosi può dire che la pietà popolare è una forza attiva-mente evangelizzatrice che possiede nel suo internoun efficace antidoto davanti all’avanzare del secola-rismo. Aparecida si esprime con parole simili: «Lapietà popolare, […] nell’ambiente secolarizzato in cuivivono i nostri popoli, continua a essere una gran-diosa confessione del Dio vivente che agisce nella sto-ria, e un canale di trasmissione della fede». La Chiesaè chiamata ad accompagnare e a fecondare inces-santemente questo modo di vivere la fede dei suoi figlipiù umili. In questa spiritualità c’è un «ricco potenziale

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di santità e di giustizia sociale» di cui dobbiamo va-lerci per la Nuova Evangelizzazione. Come direbbelo stesso Tello: il cristianesimo popolare deve essererafforzato con una pastorale popolare.

Discorso del 2012 dell'allora arcivescovo di Buenos AiresJorge Mario Bergoglio (edito da EMI) – domenica 26 aprile2015

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Teologia del popolo,una forma originale diteologia della liberazione

Il giorno 10 maggio 2012 l'Arcivescovo JorgeMario Bergoglio visitò per la prima volta la Fa-coltà teologica di Buenos Aires. L'occasione fu la

presentazione di una ricerca sul pensiero e l'opera delteologo Rafael Adolfo Tello (1917-2002) che egli, an-cora diciasettenne, aveva conosciuto ed apprezzato.Le coincidenze della storia l'avevano condotto a in-contrarlo ancora, alla fine della vita, quale sacerdotedella sua diocesi. Disse di lui: è uno dei teologi «tra ipiù fecondi, della nostra Chiesa argentina, ma... nonha ancora ricevuto il riconoscimento sufficiente» (Ber-goglio, Prefazione in E.C. Bianchi, Introduzione allateologia del popolo, Emi, Bologna 2015 p. 13).Tello, infatti, era stato esonerato dall'insegnamento perdecisione del Cardinale Juan Carlos Aramburu (1912-

19CARLO MOLARICAPITOLO DUE

2004) che il 6 marzo 1979 aveva comunicato ver-balmente al decano della facoltà: «il prof. Sac. RafaelTello mi ha presentato la rinuncia all'incarico di pro-fessore associato della Facoltà di Teologia» (ib., p.45 n. 11). Il Cardinale Bergoglio con parole chiareha fatto capire che le cose erano più complesse diquanto il comunicato telegrafico lasciava supporre:«Sospettato, calunniato, castigato, messo da parte,non è sfuggito al destino di croce con cui Dio segnai grandi uomini della chiesa» (ib. p. 20). «Gli è toc-cato di vivere tempi difficili. Le agitazioni degli anniSettanta furono una vera e propria prova del fuocoper gli operatori della pastorale che lavoravano neisettori popolari» (ib. p. 21). Gli fu anche proibito disvolgere attività pastorali e fu solo Bergoglio, divenutosuo Arcivescovo, che gli fece pervenire per scritto «lelicenze ministeriali» dopo che il predecessore AntonioQuaraccino gliele aveva concesse a voce. Bergogliopoteva così attestare: «ho avuto la gioia interiore dicompiere quell'atto di riparazione» (ib. p. 20). Alcunecoincidenze sono significative. Già nel 1973 Telloaveva cessato la sua consulenza alla Coepal (com-missione episcopale per la pastorale). «L'anno 1973è quello del colpo di stato in Cile, con la presa di po-

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tere da parte del generale Pinochet. Poco prima erastata la volta dell'Uraguay, poi sarà quella del Perù(1975), dell'Ecuador e dell'Argentina (1976). La mag-gior parte dei paesi dell'America Latina si ritrova sottol'oppressione dei militari. È l'epoca del terrore, dellatortura, delle sparizioni e degli assassini. ...Dal 1973al 1979, ossia in cinque anni, la chiesa dell'AmericaLatina ha avuto più martiri di quanti ne ebbe durantei primi cinque secoli della sua esistenza. Viene fattodi tutto per screditare coloro che hanno sposato lacausa dei poveri» (Br. Chenu, Teologie cristiane, o.c.,p. 37).

Oggi sono note le influenze degli Usa in que-ste operazioni e anche l'appoggio dato aglisquadroni della morte da parte della Cia.

Nello stesso marzo 1979 nel quale Tello fu estromessodall'insegnamento, Mons. Eduardo Pironio fu sostituitoalla presidenza del Celam da Mons. Lopez Trujillo,che aveva forti riserve nei confronti della teologia la-tinoamericana. «Per la teologia della liberazione que-sti sono anni di cattività e di esilio, di sofferenza e dipazienza. La teologia entra nell'epoca della croce.Alcuni teologi devono andare in esilio, per costrizione

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o per prudenza. Dussel deve lasciare l'Argentina, As-smann e Richard il Cile» (Br. Chenu, Teologie cristianedei terzi mondi (GdT 181), Queriniana, Brescia1988 p. 40). il popolo nel cammino di liberazioneL'aspetto più significativo della difesa postuma di«padre Tello» fatta dal Cardinale Bergoglio, è il ri-chiamo alla terminologia della liberazione. Egli hacosì descritto l'attività dell'amico: «in quel delicato con-testo, Tello cercò fedelmente strade per la liberazioneintegrale del nostro popolo portando fino in fondo lanovità evangelica senza cadere nei riduzionismi delleideologie» (ib. p. 21). Ha poi precisato «Oggi, conla prospettiva che ci dà la storia, possiamo dire senzaalcun dubbio che la riflessione e la pastorale che ani-mavano Padre Tello intendevano accompagnare l'a-zione liberatrice di Dio, evitando gli estremidell'attivismo secolarizzato-politicizzato da un lato edella rassegnazione fatalista dall'altro» (ib p. 21). Hapotuto infine attestare autorevolmente: «Non lo riguar-dano le condanne né i sospetti delle due Istruzionisulla teologia della liberazione emanate dalla Con-gregazione per la dottrina della fede» (Id., ib.). In que-gli anni anche il piccolo fratello italiano Arturo Paoliin Argentina scrisse Dialoghi della liberazione (Mor-

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celliana, Brescia 1969, Aragno, Torino 2012) che ri-portano i suoi colloqui con un giovane in ricerca diun orientamento di vita. Enrique Bianchi, pur convintoche Tello, rifiutando ogni personalismo, «non si sa-rebbe presentato come un teologo della 'scuola ar-gentina' e tantomeno della 'teologia dellaliberazione', sostiene che «per comprendere meglio»il suo pensiero «può esserci utile ricordare che esso sidà nel contesto latinoamericano della teologia dellaliberazione, più precisamente in Argentina, dovesorge una corrente teologica che lo vede protagonistanegli esordi, che cerca di fare teologia tramite la cul-tura del popolo latinoamericano» (pp. 70-71). Cisono infatti diverse correnti nella teologia della libera-zione. Bianchi cita il gesuita argentino Juan CarlosScannone (già insegnante di Bergoglio, ora collabo-ratore della Civiltà Cattolica) che ha inserito la teolo-gia argentina in quella particolare corrente dellateologia della liberazione che parte «dalla prassi deipopoli latinoamericani» (ib. p. 68) alla quale appar-tiene anche il noto teologo italo argentino Lucio Gera(Teologia de liberación y dottrina social de la Iglesia,Christiandad, Guadalupe, Madrid-Buenos Aires1987 pp. 53-66). Bianchi nota che essa «è stata

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anche chiamata teologia del popolo (Juan Luis Se-gundo [teologo uruguaiano]), teologia della pastoralepopolare (J. C. Scannone) o scuola argentina (JoquinAlliende)» (ib. p. 69). Alcuni dubitano che essa possaessere inclusa nella teologia della liberazione.

Il 30 aprile scorso, ad esempio, l'editoriale delsito internet Aleteia pur presentando nel sottotitolola teologia del popolo come un ramo della teolo-

gia della liberazione le contrapponeva titolando,Papa Francesco ha sposato la Teologia del Popolonon della Liberazione. Credo tuttavia che non vi sianodubbi: la riflessione presentata da Bianchi come teo-logia del popolo, è una teologia della liberazione siaper la centralità dei poveri che per il metodo seguito.Lo stesso Gustavo Gutiérrez la considera «una correntecon propri lineamenti all'interno della teologia della li-berazione» (La fuerza histórica de los pobres , Si-gueme, Salamanca 1972 p. 377). Le suecaratteristiche specifiche sono due: l'opzione preferen-ziale per i poveri, che ha caratterizzato fin dai pri-mordi la teologia della liberazione, e l'insistenza sulvalore della pietà popolare come punto di riferimentosignificativo per la riflessione teologica. La formula op-

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zione preferenziale per i poveri entrata in uso correntedopo l'assemblea di Puebla (1979), afferma la cen-tralità dei poveri in ordine alla missione nel senso chela chiesa si sviluppa là dove i poveri, vivendo la fedein Cristo, diventano essi stessi soggetti della loro libe-razione. «Sono i poveri che, almeno di fatto in Ame-rica latina, conservarono come strutturante la propriavita e la propria convivenza la cultura propria del po-polo, e i cui interessi coincidono con un progetto sto-rico di giustizia e di pace». E ancora, «sono gli ultimiche preservano meglio la cultura comune e i suoi va-lori e simboli religiosi, che di per sé tendono a esserecondivisi da tutti, potendo essere nei nostri Paesi ilgerme – anche per i non poveri – di una conversioneai poveri per la liberazione loro e, così, di tutti. Per-tanto, la religione del popolo – se autenticamenteevangelizzato – lungi dall'essere considerata unoppio, non solo ha un potenziale evangelizzatore, maanche di liberazione umana, come del resto lo ha mo-strato e continua a mostrarlo la lettura popolare dellaBibbia» (Juan Carlos Scannone, Vatican Insider 28marzo 2014 riassume il suo intervento in un convegnosulle Radici di Papa Francesco, Roma: Civiltà Catto-lica-Università Gregoriana). La seconda componente

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(la spiritualità popolare) che ancora a Puebla avevasuscitato qualche riserva, per le possibili ambiguità,nella quinta assemblea del Celam (Aparecida, Brasile2007) è stata in modo pieno valorizzata, anche peril contributo della teologia argentina. Il Cardinale Ber-goglio nel citato intervento ne ha evidenziato l'impor-tanza leggendo tra gli altri questi testi: «non possiamosvalutare la pietà popolare o considerarla una moda-lità secondaria di vita cristiana, perché sarebbe comedimenticare il primato dell'azione dello Spirito e l'ini-ziativa gratuita dell'amore di Dio» (Da n. 263). «Lapietà popolare è una modalità legittima di vivere lafede, un modo di sentirsi parte della Chiesa e unaforma di essere missionari; in essa si sentono le vibra-zioni più profonde della profonda America. Essa èparte dell'originalità storico culturale dei poveri di que-sto continente e frutto di una sintesi tra le culture [deipopoli originari] e la fede cristiana» (Da n. 264 cit.ib. P 16).

Dalla rivista Rocca n. 11 del 1° giugno 2015, CittadellaCristiana

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Rafael Adolfo TelloRafael Adolfo Tello è nato in La Plata nel 1917. Nel 1918la famiglia si trasferisce a Buenos Aires, città dove Tello fre-quenta la facoltà di Legge. Si laurea nel 1944, a 27 anni,ottenendo il titolo di avvocato. Collabora con la gioventùdi Azione Cattolica nella chiesa di Santa Elena. Entra nelseminario dell’arcidiocesi di Buenos Aires nel 1945 e vieneordinato sacerdote il 23 settembre 1950. Nel 1953 è no-minato Assistente della Gioventù dell’Azione Cattolica e sitrasferisce in un pensionato per giovani universitari. Nel1958 è designato professore della facoltà di Teologia diBuenos Aires. Dal 1966 al 1973 svolge il ruolo di espertodella Coepal (Commissione episcopale per la pastorale).

Lucio GeraNato in provincia di Pordenone, nel 1924; muore a Bue-nos Aires, nel 2012. Emigrato in Argentina con la sua fa-miglia all’età di cinque anni è ordinato sacerdote nel1947. Nel 1956 consegue il dottorato in Teologia all’Uni-versità di Bonn. Dal 1957 al 2010 insegna teologia dog-matica e pastorale all’Università Cattolica Argentina. È ilprimo decano della Facoltà di Teologia di questa Univer-sità, è il primo Direttore della Rivista Teología, ed è il primoDirettore dell’Istituto di Ricerche Teologiche creato nel1996. Nel 1970 è uno dei fondatori della Società Argen-tina di Teologia. Partecipa alla II Conferenza Generaledell’Episcopato Latinoamericano a Medellín (1968) e alla

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III Conferenza Generale dell’Episcopato Latinoamericanoa Puebla (1979). È assessore della Commissione Episco-pale di Pastorale (COEPAL) e della Commissione Episco-pale di Fede e Cultura.

Enrique Ciro BianchiEnrique Ciro Bianchi (1970) è sacerdote della diocesi di SanNicolás de los Arroyos, in Argentina. Ha ottenuto la licenzain teologia all’Università Cattolica d’Argentina sotto la guidadi Víctor Manuel Fernández, rettore dello stesso ateneo. Èmembro della Società teologica argentina. Ha collaboratocon il cardinal Bergoglio sul tema della pastorale popolare.

Juan Carlos ScannoneNato a Buenos Aires nel 1931, è il più importante teologoargentino vivente. Teologo gesuita ha diretto l’Istituto di ri-cerca della Facoltà di Filosofia di San Miguel (BuenosAires) e insegnato alla Pontificia Università Gregoriana. E’stato uno degli insegnanti che hanno più influenzato Bergo-glio. All’inizio del 1970, Scannone ha fondato, insiemead altri filosofi e sociologi argentini, un movimento denomi-nato "filosofia de la liberación" (FL). Il movimento è diventatopubblico nel II Congresso Nazionale di filosofia. (Córdobanel 1972). Nel 1973 il gruppo pubblica il libro collettivoHacia una filosofía de la liberación latinoamericana, con-siderato il primo manifesto della filosofia latinoamericana

della liberazione.Già professore nonché superiore del giovane Jorge MarioBergoglio, oggi vive a Roma, e dal 2014 è un collabora-tore permanente della Civiltà Cattolica.

Antonio QuarracinoNato a Pollica, in provincia di Salerno, l'8 agosto 1923, èordinato sacerdote il 22 dicembre 1945 nella basilica diLuján nella diocesi di Mercedes in Argentina.Papa Giovanni XXIII lo nomina vescovo di Nueve de Julio,nella provincia di Buenos Aires, l'8 aprile 1962. Il 7 agosto1968 Paolo VI lo trasferisce alla sede di Avellaneda. NelConsiglio Episcopale Latinoamericano (Celam) ha collabo-rato come membro e presidente di diversi dipartimenti; nel1978 viene scelto come segretario generale. Dal 1982 al1987 è presidente del Celam.Il 28 dicembre 1985 papa Giovanni Paolo II lo promuovearcivescovo di La Plata e il 10 luglio 1990, lo nomina arci-vescovo di Buenos Aires e primate d'Argentina, compito cheassunse il 22 settembre 1990. Nel concistoro del 28 giugno1991 Giovanni Paolo II lo eleva al rango di cardinale pre-sbitero di Santa Maria della Salute a Primavalle. Il 27 giugno1992 conferisce la consacrazione episcopale a Jorge MarioBergoglio, futuro papa Francesco.È stato presidente della Conferenza Episcopale Argentina eordinario per i fedeli di rito orientale.Muore il 28 febbraio 1998 a Buenos Aires, all'età di 74anni. È sepolto nella cattedrale.

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Eduardo PironioVentiduesimo figlio di Giuseppe ed Enrica Buttazzoni emi-grati friulani di Percoto. Francisco nasce il 3 dicembre1920 a Nueve de Julio, in Argentina, e viene ordinato sa-cerdote nel 1943.Nel 1964 è eletto vescovo titolare di Ceciri e ausiliare diLa Plata e nel 1972 vescovo di Mar del Plata. Dal 1968al 1975 è dapprima segretario generale e poi presidentedel Celam (Consiglio Episcopale Latinoamericano).Chiamato a Roma da papa Paolo VI come prefetto dellaCongregazione per i Religiosi e degli Istituti Secolari, è no-minato cardinale nel 1976.Nel 1984 è nominato da Giovanni Paolo II presidente delPontificio Consiglio per i Laici, dove tra l'altro collabora aideare le Giornate mondiali della gioventù.Muore a Roma il 5 febbraio 1998. È sepolto nel santuariodi Nostra Signora di Luján, in Argentina.

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I Quaderni di Ore undici - Inserto 01 2017Direttore editoriale: Mario De Maio

Progetto grafico: Enzo MeroniRedazione: Ore undici

Impaginazione: Silvia PettitiCollaborazione redazionale: Pierina Secondin

Associazione Ore undici onlusVia Civitellese km 9,6 - 00060 Civitella San Paolo (RM)

[email protected] - www.oreundici.org

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GLI SCOIATTOLI

TEOLOGIAdel POPOLOAUTORI VARI

Allegato a “Ore undici” n. II - febbraio 2017 - reg. Trib. Roma 585 - 21/1/89 I.R.

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