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p e r c o r s i
t u r i s t i c o - c u l t u r a l i
Il TEMPOORMEe le sue
Università di Lecce
Dipartimento dei Beni Culturali
Consorzio Universitario Interprovinciale Salentino
Comuni di:
Otranto
Carpignano
Cursi
Giurdignano
Maglie
Mesagne
Muro Leccese
S. Pancrazio Salentino
Scorrano
Uggiano la Chiesa
S O G G E T T I P A R T E C I P A N T I// I N F O P O I N T
Castello Aragonese
O t r a n t o
M a g l i e
Sala Convegni, Piazza Mercatotel. 0836-489203
M e s a g n e
Vico Cantelmotel. 0831-775981
C u r s i
Palazzo De Donno, Piazza Pio XIItel. 0836-322014
G i u r d i g n a n o
Piazza Municipiotel. 0836-813116
C a r p i g n a n o
Municipio, piazza duca d’Aostatel. 0836-586017
U g g i a n o l a C h i e s a
Municipio, Piazza Umberto Itel. 0836-812108
S c o r r a n o
Piazza V. Emanueletel. 0836-460238
S . P a n c r a z i o S a l e n t i n o
Assessorato alla Cultura, P.zza Umberto I 1, tel. 0831-660220
M u r o l e c c e s e
Convento S. Domenicotel. 0836-343824; 0836-444607
//
Porto Cesareo
Brindisi
Mesagne
S. PancrazioSalentino
Lecce
Torre dell’Orso
MaglieMuroLeccese
Scorrano
Giurdignano
Uggianola Chiesa
Cursi
Carpignano
Taranto
Gallipoli
S. Maria di Leuca
S. CesareaTerme
Otranto
N
EO
S
i l t e m p o e l e s u e o r m ep e r c o r s i t u r i s t i c o - c u l t u r a l i n e l S a l e n t o
i l S a l e n t o
l a M o s t r a
Estremo lembo orientale della penisola italiana, proteso
nel Mediterraneo verso i Balcani e la Grecia, il Salento ha
sempre rappresentato un ponte naturale tra Oriente ed
Occidente. Seppure in forme e modi diversi nei singoli
periodi storici, questa regione ha sempre svolto il ruolo di
punto di approdo e di incontro tra popoli e culture.
Micenei, Greci e Romani, Longobardi e Bizantini, Normanni
e Svevi, Angioini e Aragonesi, ma anche Albanesi e
Veneziani hanno raggiunto il Salento, intrecciando contatti
e rapporti con le popolazioni locali o insediandosi
stabilmente e segnandone, con tratti nuovi, l’identità
culturale.
Nonostante ciò, o forse proprio per questo, il Salento si è
sempre presentato come un’area regionale culturalmente
omogenea, con una propria speci�ca identità, ben distinta
dal resto della stessa Puglia in tutti i momenti della sua
lunga storia: dalla preistoria al barocco, passando
attraverso l’età messapica e romana e quella bizantina e
medievale.
Del suo patrimonio culturale fanno parte anche diverse
attività produttive, tuttora vitali.
Alcune di esse, come l’olio, il vino e la ceramica, o
l’estrazione e la lavorazione della pietra presentano una
forte continuità di tradizione con il passato più remoto;
altre, come la cartapesta, l’industria dolciaria, la tessitura
e il ricamo, la coltivazione del tabacco, hanno una storia
che, in confronto, appare relativamente recente.
Il Tempo e le sue orme vuole essere il punto di ingresso a
una serie di percorsi turistico-culturali che si sviluppano
nel territorio salentino.
Progettata da un consorzio di dieci Comuni delle province
di Brindisi e di Lecce e realizzata dal Dipartimento di Beni
Culturali dell’Università di Lecce, la Mostra o�re al visitatore
una gamma di informazioni di tipo diverso (pieghevole,
brochure, pannelli), con l’aiuto delle quali egli può
‘ripercorrere’ la storia del Salento attraverso le ‘orme’
lasciate dal tempo: dalle enigmatiche e a�ascinanti pitture
preistoriche alle trionfali espressioni architettoniche del
barocco; dai monumenti megalitici alle architetture urbane
e funerarie dei Messapi; dalla policromia delle immagini
sacre delle cripte al buio operoso dei frantoi ipogei. La
narrazione si sviluppa, con testi e immagini, attraverso
sette percorsi tematici: la preistoria e protostoria; le città
messapiche; i luoghi di culto bizantini; il medioevo; castelli,
mura, palazzi e torri colombaie (XV-XVI secolo); il barocco;
le attività produttive. Ciascun percorso rappresenta un
‘�lo’ che collega tra loro i Comuni partecipanti.
Alla Mostra si a�anca l’info point, ossia un punto
informativo presente in ogni Comune, �nalizzato ad
assistere il visitatore nei percorsi proposti e a fornirgli
strumenti per una conoscenza, il più possibile completa,
del patrimonio culturale di cui il Comune è in possesso.
i l S a l e n t o l a M o s t r a
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p r e i s t o r i a e p r o t o s t o r i a
I gruppi umani che abitarono il Salento in questo
periodo hanno lasciato tracce della loro quotidianità
nei luoghi frequentati, negli oggetti creati
lavorando la pietra, l’argilla e i metalli, nelle capanne
che hanno costruito. La loro sfera simbolica si riflette
nelle pitture parietali, negli ornamenti, nei modi di
seppellire. La posizione geografica della penisola
salentina ha favorito lo sviluppo di attività di
scambio e di contatti culturali, particolarmente
intensi in alcuni periodi (neolitico, età del bronzo).
Nei Musei di Lecce, Maglie e Mesagne, nella
Biblioteca di Carpignano è possibile ammirare le
testimonianze più importanti di questa lunga storia.
Il popolamento del Salento inizia nel paleolitico medio
(130.000-35.000 anni fa). L’uomo di Neanderthal è
il primo ad apprezzarne le grotte e i ripari che si
affacciano sul mare o dominano il paesaggio
interno; a sfruttarne le risorse animali e vegetali
con caccia e raccolta; a lavorarne la materia
prima per realizzare i propri strumenti in pietra. Agli
inizi della glaciazione würmiana, l’area è ricoperta
da foreste e popolata da grandi pachidermi
(ippopotamo, rinoceronte, elefante antico).
Nel paleolitico superiore (35.000-10.000 anni fa) homo
sapiens, accanto a strumenti in selce, crea immagini
zoomorfe, geometriche e astratte, incise su pietre,
e lascia sepolture ricoperte di ocra.
Dopo il periodo glaciale, le mutate condizioni
ambientali determinano anche nel Salento
cambiamenti nei modi di vita e nei comportamenti
simbolici dei cacciatori-raccoglitori del mesolitico.
Essi diventano più recettivi nei confronti di fenomeni
come sedentarietà e neolitizzazione, che poco dopo
arriveranno in Europa dal Vicino Oriente, attraverso
Balcani e Mediterraneo. Alla fine del VII millennio
sorgono i primi villaggi di capanne costruite con
pali, canne e argilla mista a paglia; si avvia
un’economia basata su agricoltura e allevamento e
si introducono innovazioni tecnologiche come la
produzione ceramica.
L a P r e i s t o r i a e
P r o t o s t o r i a n e l S a l e n t o
Nel neolitico (VI-IV millennio) il Salento fa da tramite in un’intensa attività di scambio
di materie prime (ossidiana). L’uomo continua a frequentare le grotte, ma solo per
motivi funerari e cultuali. L’esempio più noto è la Grotta dei Cervi (Porto Badisco), le
cui pitture parietali rappresentano il complesso d’arte pittorica post-paleolitica più
importante in Europa. Sempre d’uso funerario è il sito all’aperto di Serra Cicora (metà
V millennio), sulla costa neretina.
L’età del rame (III millennio) è documentata nel suo periodo più recente (cultura di Laterza)
e i corredi funerari della Grotta Cappuccini indicano già un’influenza dei movimenti
culturali della prima età del bronzo.
L’età del bronzo (fine III-II millennio) registra il formarsi di una fitta rete di insediamenti,
spesso fortificati, sorti lungo le coste adriatica e ionica, o nel territorio interno. Per alcuni
si tratta del momento più antico di una occupazione tuttora presente (Otranto).
Ancora una volta il Salento svolge un ruolo primario nei rapporti con il Mediterraneo.
La presenza locale di Greci (Micenei) indica rapporti di ospitalità, fornitura di prestazioni
tecnologicamente avanzate e vincoli di alleanza, intrecciati con lo scambio vero e proprio.
I corredi di alcune tombe ipogeiche (S. Vito dei Normanni) suggeriscono il formarsi di
gruppi sociali emergenti.
I monumenti megalitici del Salento sono rappresentati da dolmen e menhir. I primi, di
dimensioni inferiori rispetto ad altre aree, sono attribuiti al II millennio a.C. per analogia
con quelli maltesi. I secondi, costituiti da lunghi parallelepipedi monolitici confitti nella
roccia, sono attribuiti da alcuni studiosi ad età medievale.
C a r p i g n a n o
C u r s i
G i u r d i g n a n o
M a g l i e
M e s a g n e
M u r o
L e c c e s e
O t r a n t o
S c o r r a n o
U g g i a n o
l a C h i e s a
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l e g e n d a
Gr. MontaniFondo Focone
Le Pazze
Cardigliano
S.M. della Grotta
TaurisanoGr. della Trinita'S. Ermete
Gr. ZinzulusaGr. Romanelli
Gr. Le StriareGr. Cosma
Gr. dei Diavoli
Gr. dei Cervi
Torre Sabea
SamariRiparo Bosco
Gr. delle Veneri
Gr. Uluzzo
Gr. Torre dell'AltoGr. Bernardini
Gr. Serra Cicora
Gr. M. ZeiGr. del Cavallo Gr. Capelvenere
Gr. del Fico
Gr. Marisa
S. Sidero Cattie
Gr. Cappuccini
Oria
Otranto
Egnazia
Gr. del Diavolo
Gr. del Ciolo
Gr. delle Cipolliane
Gr. delle Prazziche
Gr. dei Giganti
Gr. TittiGr. Tre Porte e del
Bambino
Rocavecchia
S. Foca
Torre Guaceto
Torre S. Sabina
Spigolizzi
Torre Testa
Torre CanneFontanelle
Donna Lucrezia
Serra Cicora
Morelli
Lama Morelli
S. Maria di AgnanoGr. S.Angelo
Gr. del Gatto Selvatico
Gr. Laurito
Francavilla Fontana
Cavallino
Scala di Furno
Arnesano
Muro Maurizio
Mass. S. Gaetano
Masseria Guidone
Sito all’aperto
Sito in grotta
Paleolitico
Mesolitico
Neolitico
Eta' dei metalli
N
EO
S
Maglie, MuseoLa spirale della vita
Il Museo di Maglie narra la storia del territorio salentino
nel periodo compreso tra il Paleolitico e l’età del Bronzo.
Pannelli didattici illustrano l’evoluzione della vita dal
Paleozoico al Quaternario (rocce e fossili) e dal Cretaceo
al Pleistocene (fauna dalle ventarole di Melpignano e da
S. Sidero). La tecnologia e l’arte del Paleolitico sono
documentati da materiali litici (Cattìe, Grotte del Cavallo
e Romanelli) e da pietre incise. Alla ritualità del neolitico
e al culto delle acque rimandano i vasi provenienti dalla
Grotta Zinzulusa.
La Grotta dei Cervi, vero e proprio santuario della preistoria,
è illustrata attraverso la riproduzione alle pareti di alcuni
dei suoi dipinti e con l’offerta di una visita virtuale (la grotta
non è accessibile al pubblico).
La Grotta dei Cervi si trova nei pressi di Porto Badisco, 6
Km a sud di Otranto, e i suoi tre corridoi si sviluppano quasi
parallelamente a quasi 20 metri di profondità dal piano di
campagna. Frequentata dal neolitico fino all’età dei metalli,
essa ha sempre avuto una destinazione cultuale e ha
attratto genti provenienti da punti diversi del Mediterraneo:
le trasformazioni apportate dall’uomo all’ambiente
sotterraneo, la grandiosità delle sue opere pittoriche
(immagini naturalistiche - soprattutto scene di caccia - che
vanno sempre più schematizzandosi fino a diventare figure
simboliche), la quantità e varietà dei resti ceramici, litici ed
ossei ne sono la evidente conferma.
A Carpignano Salentino nel neolitico recente è stata scavata
nel banco roccioso una ‘grotticella’ a destinazione
9
OtrantoGrotta dei Cervi
OtrantoPorto Badisco
funeraria. Il calco della cavità artificiale e dei
resti umani in essa contenuti è esposto nella
Biblioteca Comunale, insieme agli oggetti
di corredo: vaghi di collana in osso, un
pendente in corallo, asce in pietra levigata
e lame in ossidiana.
A Mesagne, nel Museo Archeologico è stato
di recente aperto uno spazio destinato alle
testimonianze preistoriche e protostoriche
provenienti dal territorio. Esse gettano luce
sulla vita quotidiana delle genti neolitiche
e dell’età del Bronzo. Frammenti di intonaco
parietale di capanna, con impronte di canne,
consentono, ad esempio, di conoscere i
materiali e i modi di costruire di una
comunità da poco divenuta sedentaria. Alla
fase protoappenninica appartengono i vasi
del villaggio di Muro Maurizio, molto simili
a quelli di Spigolizzi (Salve), esposti nel
Museo di Maglie.
Otranto offre un esempio di abitato costiero
dell’età del Bronzo, e le numerose ceramiche
greche rinvenute, d’importazione o di
produzione italo-micenea, ne attestano
l’intenso rapporto con le genti egee. Al suo
momento iniziale (XIV-XIII secolo a.C.)
appartengono le poche tracce rinvenute
presso la chiesa di S. Pietro. Tra il 1200 e
p r e i s t o r i a e p r o t o s t o r i a
CarpignanoSepoltura di età neolitica
1000 a.C. l’abitato si estende fino ad occupare le pendici
del pianoro che domina l’attuale insenatura portuale.
I dolmen salentini (II millennio a.C.) sono concentrati
soprattutto nella zona di Giurdignano. I più noti sono il
dolmen Stabile, con lastra di copertura poggiante su due
pilastri monolitici ed una serie di blocchi; e i dolmen Grassi
e Chiancuse, conservati solo in parte.
Nei territori di Carpignano, Cursi, Maglie, Muro Leccese,
Scorrano e Uggiano La Chiesa si trovano molti menhir, alti
fino a 4 m. Racchiusi in un’area molto ristretta e con una
disposizione che tende a definire cerchi concentrici, sono
interpretati come segnali di percorso.
La loro cronologia è stata di recente messa in discussione
da alcuni studiosi.
Riferimenti bibliogra�ci
M. Cipolloni Sampò, Dolmen. Architetture preistoriche in Europa,
Roma 1990.
P. Graziosi, Le pitture preistoriche della grotta di Porto Badisco,
Firenze 2002.
E. Ingravallo, Lontano nel tempo. La preistoria nel Salento, Lecce
1999.
E. Ingravallo (a cura di), Il museo racconta. Il Salento e la
preistoria, Lecce 2004.
M. A. Orlando (a cura di), L’Alca. Guida al Museo Civivo di
Paleontologia e Paletnologia D. De Lorentiis di Maglie, Maglie
pr
eis
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ria
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GiurdignanoDolmen Stabile
l e c i t t a ’ m e s s a p i c h e
Tra l’età del Ferro (IX-VIII sec. a.C.) e quella della
romanizzazione (II-I sec. a.C.) la penisola salentina
è occupata da una popolazione che sviluppa una
cultura propria, ben distinta da quelle coeve della
Puglia centrale e settentrionale e caratterizzata da
un insediamento diffuso, strutturato in numerosi
centri, per lo più nell’entroterra con i loro approdi
costieri, da un’economia agricola e pastorale, dalla
produzione di peculiari ceramiche decorate, dall’uso
della scrittura e, nel periodo più recente, dalla
coniazione di monete. Messapi (Messapioi) è il nome
con cui i coloni greci chiamano questa popolazione,
considerandola parte, insieme a Peucezi e Dauni,
della più ampia etnia degli Iapigi (Iapyges), abitanti
l’area dell’attuale Puglia.
Dei Messapi ci parlano le fonti letterarie greche e
latine, trasmettendo un’immagine complessa,
focalizzata su alcuni temi: quello delle ‘origini’,
riportate per lo più all’antico e ‘civile’ orizzonte
della Creta minoica e collegate alle vicende di celebri
eroi del mito (Minosse, Dedalo, Teseo, Idomeneo);
quello dei rapporti politico-militari coi Greci, come
il lungo conflitto con Taranto, culminato verso il
470 a.C. nella “più grande strage di Greci di cui si
abbia conoscenza” (Erodoto), o come il trattato di
amicizia stipulato tra gli Ateniesi e il dinasta Artas
(seconda metà V secolo a.C.); quello, infine, della
‘descrizione’ etnico-geografica del Salento, con le
sue coste e i suoi porti (Otranto, insieme a Leuca,
costituiva il terminale delle rotte più antiche da e
per la Grecia); le sue città, un tempo numerose e
popolose, come rileva il geografo di età augustea
Strabone, sottolineandone la feracità del territorio;
i suoi templi e luoghi di culto, immersi nel paesaggio
di rocce e alberi che allora, come in qualche caso
fortunato ancora oggi, doveva caratterizzare la
terra dei Messapi.
Sin dall’età più antica gli Japigi-Messapi hanno
significativi rapporti e scambi con l’altra sponda
dell’Adriatico; naviganti e commercianti greci
frequentano le coste del Salento, dove già dall’800
circa a.C. Otranto sembra proporsi come l’approdo
adriatico più importante, svolgendo anche il ruolo
L e c i t t a ’ m e s s a p i c h e
n e l S a l e n t o
di centro di redistribuzione verso gli abitati del retroterra. A partire dal VI secolo a.C.
le trasformazioni dovute all’influenza della cultura greca diventano sempre più evidenti:
alcuni abitati assumono un’organizzazione di tipo urbano (Cavallino, Oria); le monete
greche circolano in Messapia e vengono tesaurizzate; manufatti (soprattutto bronzi)
sono importati dalle città greche dell’Italia meridionale e deposti nelle tombe (Ugento)
o offerti nei santuari (Oria); una parte della produzione ceramica riprende forme e
motivi decorativi greci. Tra V e III a.C. alcuni centri iniziano a coniare moneta (Valesio,
Brindisi, Nardò, Oria, Ugento e i non identificati Graxa, Kasarium, Samadi e Sturnium).
Nel IV secolo i centri messapici si cingono di imponenti cerchie murarie costruite
alla greca.
Fino all’età romana i Messapi conservano la propria identità culturale, che si manifesta
soprattutto nella forma e articolazione degli insediamenti, che inglobano anche tombe
e aree agricole (Vaste), e nella tecnica costruttiva delle case (Cavallino); nella tipologia
dei luoghi di culto, frequentemente ubicati in grotta (S. Maria di Leuca, Ruffano, Oria,
Rocavecchia); nella persistenza della lingua e delle produzioni ceramiche, come la
‘trozzella’, una piccola anfora per l’acqua caratteristica dell’area messapica.
Le testimonianze scritte lasciate dai Messapi consistono quasi esclusivamente in iscrizioni
funerarie o cultuali, ampiamente diffuse nel territorio dal VI al I secolo a.C. Esse
documentano il culto di divinità dai nomi in parte simili a quelli greci (Damatra, Aprodita,
Zis), in parte locali (Thaotor). Gli antroponimi sono invece di matrice epicoria ed anche
le formule onomastiche (prenome + gentilizio: e.g. Dazet Thaotorres) si differenziano da
quelle in uso presso i Greci (prenome + patronimico) o i Romani (praenomen + nomen +
cognomen).
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M e s a g n e
M u r o
L e c c e s e
O t r a n t o
S . P a n c r a z i o
S a l e n t i n o
l e g e n d a
Mesagne
S. PancrazioSalentino
Lecce
Otranto
MuroLeccese
Leuca
Egnazia
S. Vito dei Normanni
Muro Maurizio
Muro Tenente
Manduria
Li Castelli
Valesio
CavallinoRudiae Rocavecchia
Nardo' Soleto
Alezio
Castro
Ugento
Vereto
Brindisi
Carovigno
Oria
Ceglie Messapico
Ostuni
I Fani
Ru�ano
Vaste
Porto Cesareo
Torre S. Giovanni
S. Pietro
Masseria Vicentino
Monte Salete
Gr. di Agnano
Torre dell'Orso
Abitati
Luoghi di culto
età del ferro (IX-VIII a.C.)
età arcaica (VI-V a.C.)
età ellenistica (IV-III a.C.)
età romana (III a.C.)
N
E
S
O
Punto di partenza del percorso sui Messapi non può che
essere Otranto, il centro più orientale d’Italia, la “Porta
d’Oriente”. Prima della fondazione della colonia latina di
Brindisi (metà III secolo a.C.) e, in misura diversa, fino ai
nostri giorni, il suo porto ha rappresentato lo sbocco
privilegiato dei contatti con l’Oriente, nonché il simbolo
della vocazione naturale del Salento come crocevia di popoli
e civiltà. Ne rappresentano una evidente conferma le
ceramiche di produzione greca (corinzie, attiche, orientali)
presenti in numero consistente in tutte le fasi di vita
dell’abitato, a partire dalla fine del IX secolo a.C. Nella
seconda metà del IV secolo a.C., al pari delle altre città
messapiche, il centro viene racchiuso entro una cinta muraria
a blocchi squadrati. A ridosso di una delle porte e ai bordi
di una strada che collegava l’abitato al porto sono stati
trovati di recente alcuni cippi funerari (inizi III secolo a.C.),
relativi a una necropoli monumentale extraurbana: alti fino
a due metri, essi recano incise formule onomastiche
messapiche (prenome + gentilizio maschile). In assenza di
un Museo locale, le uniche testimonianze oggi visibili ad
Otranto della sua lunga e intensa storia sono le due iscrizioni
romane inglobate nel portale di una casa del centro storico.
L’insediamento ubicato nei pressi di S. Pancrazio (Li Castelli),
oggetto di una recente e preliminare indagine, rappresenta
un esempio di abitato di piccola estensione, la cui continuità
di occupazione va dall’età del Ferro all’età romana.
L’anonimo centro individuato a Muro Leccese ripropone al
visitatore l’immagine di una città messapica di IV secolo
Muro LecceseParticolare delle mura messapiche
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Muro LecceseCratere attico a figure nere
Muro LecceseL’area archeologica in località Cunella
a.C. di grande estensione (oltre i 100 ettari):
le mura, un settore abitativo e un nucleo
funerario ‘gentilizio’ posto all’interno
dell’abitato. Il percorso delle mura, spesse
tre metri e visibili per un’altezza di 2-3 metri,
affiora sul terreno per oltre 1 km. Esse sono
realizzate a grandi blocchi squadrati e sul
lato nord (località Sitrie) è visibile l’unica
porta finora riportata alla luce. All’interno
delle mura, in località Cunella, è in corso di
scavo un settore dell’abitato: una strada dal
tracciato rettilineo è fiancheggiata da una
casa che, secondo un modello ampiamente
diffuso in Messapia, è costituita da pochi
ambienti allineati sulla strada e da un grande
cortile. Poco lontano, due tombe a
semicamera scavate nel banco roccioso
documentano un altro aspetto tipico degli
abitati messapici: l’alternanza di spazi
abitativi e spazi funerari. Da quest’area
proviene un cratere a figure nere di
produzione attica, che rappresenta uno dei
primi documenti della presenza di
aristocrazie a Muro Leccese già a partire
dall’età arcaica (fine del VI secolo a.C.).
Mesagne integra perfettamente la
documentazione di Muro Leccese attraverso
una ricca testimonianza sulle necropoli.
l e c i t t a ’ m e s s a p i c h e
OtrantoCippo funerario messapico con iscrizione
Mesagne, via S. PancrazioTomba a semicamera
I corredi funerari esposti nel locale Museo (ospitato nelle
sale del Castello) riflettono le trasformazioni economiche
che hanno interessato la società messapica di Mesagne tra
l’età arcaica e la conquista romana: l’omogeneità delle
sepolture e la sobrietà dei corredi nel VI e V, l’affermarsi
delle aristocrazie nel IV e la persistenza di alcune di esse
fino al II secolo a.C. La tomba di via S. Pancrazio, ricostruita
all’interno dello stesso Museo, esemplifica il rituale
funerario messapico di IV a.C.: in grandi tombe a
semicamera dipinte sono deposti, nel corso del tempo, i
defunti di una stessa famiglia, ciascuno accompagnato da
un proprio corredo funerario; ogni nuova deposizione
comporta la rimozione e la conservazione, nella stessa
tomba o in un deposito creato accanto, degli elementi di
quella precedente (oggetti di corredo, ossa). Il numero e
la qualità dei 33 oggetti che hanno accompagnato le diverse
deposizioni definiscono la continuità d’uso della sepoltura
(metà IV - II secolo a.C.) e rappresentano un chiaro
indicatore delle capacità economiche dei proprietari.
Riferimenti bibliogra�ci
Autori Vari, I Messapi, Atti del XXX Convegno di studi sulla
Magna Grecia – Taranto 1990, Taranto 1991.
F. D’Andria, Messapi e Peuceti, in Autori Vari, Italia omnium
terrarum alumna, Milano 1988, pp. 653-715.
M. Lombardo, I Messapi e la Messapia nelle fonti letterarie greche
e latine, Galatina 1992.
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Mesagne, via S. PancrazioCratere con decorazione sovraddipinta
l u o g h i d i c u l t o b i z a n t i n i
Tra la fine del IX e la seconda metà dell’XI secolo il
Salento è una provincia bizantina, con Bari capitale
e Otranto sede arcivescovile (968 d.C.), dipendente
direttamente dal patriarcato di Costantinopoli.
Le numerose chiese rupestri che costellano la regione
risalgono, con ogni probabilità, a questo periodo.
La storiografia romantica ha spesso legato questi
luoghi di culto alla presenza di monaci eremiti.
In realtà le chiese ‘in rupe’ sono per lo più legate a
forme di devozione privata e hanno una funzione
funeraria, come si evince dalle iscrizioni in greco,
campite presso gli affreschi e che ricordano i
committenti e le loro famiglie.
Commoventi dediche votive si trovano dipinte, per
esempio, presso gli affreschi della tomba ad arcosolio
della cripta di S. Cristina a Carpignano, di piena età
bizantina, o emergono dallo sfondo blu notte che
accoglie la rappresentazione di S. Nicola di Myra e
della Vergine con Bambino (XI secolo), conservata
nel museo degli affreschi di Poggiardo e proveniente
dalla cripta di S. Maria degli Angeli.
Le cripte sono state frequentate per lungo tempo,
come dimostra il sovrapporsi degli strati di affresco
e la lenta evoluzione dello stile pittorico.
Ciò appare evidente nella cripta dei SS. Stefani di
Vaste, dove si possono scorgere i bei volti degli
apostoli Filippo e Andrea, stilisticamente affini ad
opere greche di X secolo, o i fieri Arcangeli campiti
presso la navata sinistra e ascrivibili all’XI secolo e,
per finire, la decorazione dell’abside centrale, di
pieno XIV secolo e di segno marcatamente
occidentale. Il programma decorativo delle cripte
si polarizza sulle rappresentazioni di santi, mentre
sono quasi del tutto assenti i cicli pittorici sulla vita
di Cristo o dei santi; l’unica scena evangelica è quella
dell’Annunciazione. Nelle absidi è molto diffusa
l’iconografia di Cristo in Trono (Deisis ), affiancato
dalla Vergine e da S. Giovanni Battista, tipica degli
edifici funerari.
G l i a f f r e s c h i d i e t à
b i z a n t i n a e n o r m a n n a
n e l S a l e n t o
Le chiese costruite in superficie hanno invece una funzione pubblica e seguono il principio
caro a Papa Gregorio Magno di usare la pittura come forma di scrittura (pictura quasi
scriptura). Sulle pareti, infatti, ricorrono spesso i cicli evangelici, che ricordano la vita di
Cristo ai fedeli, come, per esempio, nella chiesa di S. Pietro ad Otranto o di S. Maria
della Croce a Casaranello.
Più rari sono i cicli dedicati alla vita dei santi. Il più importante si trova nella chiesa di
S. Marina a Muro Leccese ed è dedicato alla vita di S. Nicola di Myra che inizialmente
era il santo titolare dell’edificio di culto.
La grecità si radica fortemente fra la popolazione salentina che continua a parlare,
scrivere e pregare in greco ben oltre la fine della dominazione bizantina.
Ciò viene favorito dalla diffusa presenza di monaci italo-greci e dalle ulteriori fondazioni
di monasteri bizantini da parte di conti, principi e sovrani normanni.
Gli esempi più interessanti sono costituiti dall’abbazia di S. Maria di Cerrate, fondata
(secondo le recenti scoperte) alla fine dell’XI secolo e ricostruita all’epoca di Tancredi,
ultimo re di Sicilia; e dal monastero dedicato a S. Nicola presso Casole (1098 - 1099),
nelle immediate vicinanze di Otranto, oggetto di importanti donazioni da parte di
Boemondo I d’Altavilla, principe di Antiochia.
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S. PancrazioSalentino Lecce
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MuroLeccese
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Brindisi
OriaS. Maria di Cerrate
Surbo
S. CesarioCopertino
GalatinaCursi
Carpignano Salentino
Giurdignano
Alezio Vaste
Casarano
Patù
Fasano
Torre S. Susanna
S. Vito dei Normanni
Sanarica
Soleto
UggianoLa Chiesa
Poggiardo
Sannicola
Supersano
Miggiano
Specchia
S. Cassiano
Sternatia
Veglie
Cripte
Chiese
Abbazie
Cattedrali
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S
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Otranto, chiesa di San PietroLavanda dei Piedi
Carpignano Salentino, cripta SS. Marina e CristinaVergine Annunciata
21
La dominazione bizantina ha lasciato una testimonianza
significativa nella suggestiva chiesetta di S. Pietro ad Otranto,
la cui architettura a croce greca inscritta in un quadrato si
ispira a modelli greci di X secolo.
La decorazione ad affresco si compone di numerosi strati
e copre un arco di tempo che va dal X al XVI secolo.
Al periodo più antico vanno ricondotti i due brani del ciclo
cristologico (Ultima Cena, Lavanda dei Piedi), collocati nella
volta a botte del presbiterio e affrescati, con ogni
probabilità, da un pittore di origine greca.
La narrazione evangelica per immagini viene ripresa nel
XIII secolo e, benché il periodo bizantino sia un lontano
ricordo, lo stile aggiornato ed elegante degli affreschi (la
Resurrezione, la Pentecoste), campiti nella volta a botte
del presbiterio (bema), fa riferimento a opere greche della
fine del Duecento.
La preghiera spesso si svolge in luoghi di culto sotterranei,
come, per esempio, a Carpignano nella cripta dedicata a
Santa Cristina. La prima fase decorativa interessa l’abside
di sinistra dov’è raffigurato Cristo in Trono, fra la Vergine
Annunziata alla sua sinistra e l’arcangelo Gabriele a destra.
Un’iscrizione ricorda che l’affresco è stato eseguito nel 959
dal pittore Teofilatto per volere del prete Leone e di sua
moglie Crisolea.
All’XI secolo risale la tomba ad arcosolio con la
raffigurazione di Santa Cristina, affiancata da una lunga
iscrizione metrica in greco che ricorda Stratigoulés, figlio
defunto di un dignitario locale che affida l’anima del
l u o g h i d i c u l t o b i z a n t i n i
Giurdignano, cripta di San SalvatoreSanto vescovo
Muro Leccese, chiesa di Santa MarinaPadre della chiesa
giovane alla “vittoriosa Vergine Cristina”, a
San Nicola e alla Vergine Maria, campiti nei
sottarchi.
A Muro Leccese, nella chiesa dedicata in epoca
moderna a Santa Marina, è rappresentata
l’Ascensione di Cristo, databile al X secolo
per affinità formali e iconografiche con
opere della Cappadocia. Nella navata sono
affrescate scene della vita di S. Nicola di Myra
(XI secolo), al quale era consacrata in origine
la chiesa e le cui reliquie sono conservate,
dal 1087, nella Basilica di Bari a lui dedicata.
Nella chiesa paleocristiana di San Lorenzo,
a Mesagne, sono rimasti pochi tratti di
affresco, con la rappresentazione di due sante
martiri, campite presso l’abside di destra (XI
secolo).
Alla fine del XII secolo lo stile pittorico
salentino comincia ad evolversi, aprendosi
verso orizzonti latini. A Giurdignano, la chiesa
ipogea dedicata al Salvatore è uno dei più
alti esempi di architettura in rupe di Terra
d’Otranto: la pianta richiama dichiaratamente
quella di edifici greci come San Pietro a
Otranto. Il soffitto è inciso con croci che
sovrastano le absidi e la decorazione pittorica
va datata alla prima metà del XIII
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uo
gh
i d
i c
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to
b
iza
nt
ini
23
secolo. Gli affreschi meglio conservati sono quelli della
Vergine fra Angeli, nel catino absidale, e dell’Annunciazione
presso la navata destra.
Allo stesso periodo risalgono gli evanescenti affreschi
campiti presso la cripta dedicata a S. Solomo a Uggiano la
Chiesa, la cui architettura ricorda gli edifici sopra terra di
ascendenza orientale, nei quali la zona sacra è separata
dalle navate con alte partizioni in pietra.
Di grande interesse è la cripta di S. Giorgio a Cursi, unico
esempio nel Salento di chiesa rupestre dove il simbolo della
croce viene più volte ripetuto, inciso o dipinto. Le immagini
dei santi raffigurati sulle pareti presentano dei tratti
nostalgicamente bizantini.
La cripta di Sant’Angelo nei pressi di San Pancrazio
Salentino ha una decorazione pittorica che si polarizza su
pannelli con ritratti di santi vescovi ed eremiti e la figura
di San Vito. Una seconda cripta, dedicata a S. Antonio
Abate, è sulla strada per Mesagne.
Riferimenti bibliogra�ci
C. D. Fonseca, A. R. Bruno, V. Ingrosso, A. Marotta, Gli
insediamenti rupestri medievali nel basso Salento, Galatina 1979.
M. Falla Castelfranchi, Pittura monumentale bizantina in Puglia,
Milano 1991.
F. Dell’Aquila, A. Messina, Le chiese rupestri di Puglia e Basilicata,
Bari 1998.
Cursi, cripta di S. GiorgioSanta Parasceve
San Pancrazio, cripta di S. AngeloS. Vito martire
i l m e d i o e v o
Il Salento è stata la regione italiana più a lungo
sotto la dominazione dell’Impero Bizantino, dalla
riconquista dell’Italia da parte di Giustiniano (VI
secolo) sino all’invasione normanna (XI secolo). Dopo
la guerra greco-gotica (535-554), il territorio entra
nelle mire dei Longobardi, arrivati in Italia nel 568.
Agli inizi dell’VIII secolo la Puglia è suddivisa tra
l’occupazione longobarda (a nord) e il controllo dei
Bizantini (a sud).
Per tutta l’età bizantina Otranto rimane il centro
più importante del Salento, sia a livello
amministrativo che economico; nel 967/8 viene
elevata ad arcivescovado autocefalo, ricoprendo
così un ruolo di rilievo anche sul piano ecclesiastico.
A partire dall’VIII secolo è un centro produttore di
ceramiche (anfore da trasporto) per l’esportazione
dei prodotti agricoli del suo hinterland.
L’occupazione normanna è condotta da Roberto il
Guiscardo e, a partire dal 1068, vengono occupate
I l M e d i o e v o
n e l S a l e n t o
in successione Otranto, Lecce, Taranto, Brindisi ed
Ostuni. Con la presa di Bari (1071) si chiude
definitivamente il dominio bizantino nell’Italia
meridionale. La conquista normanna comporta una
riorganizzazione dell’assetto fondiario e dal XII
secolo si registra una crescita numerica dei villaggi
(casali). Il lungo controllo di Bisanzio aveva portato
ad una grande diffusione del rito greco tra la
popolazione; i Normanni, alleati della Chiesa
romana, non mostrano alcuna ostilità verso questo
credo religioso, ma al tempo stesso avviano e
perseguono un processo di latinizzazione del
territorio: costruiscono chiese nei villaggi, sia di
nuova fondazione che già esistenti (Quattro Macine,
Aurìo), e cattedrali nelle più importanti città del
Salento (Otranto, Taranto, Brindisi), dando anche
un forte impulso al monachesimo benedettino (S.
Maria di Nardò, SS. Niccolò e Cataldo).
Federico II (prima metà del XIII secolo) rivolge
un’attenzione particolare alla Puglia, dovuta
soprattutto alla posizione strategica di questa
regione nei rapporti commerciali con l’Oriente. Sono pertanto i due porti sull’Adriatico,
Brindisi ed Otranto, a vedere aumentare progressivamente il proprio ruolo come punti
di imbarco, anche in relazione alle spedizioni dei Crociati e ai pellegrinaggi alla volta
della Terra Santa.
Con l’ascesa al trono di Carlo I d’Angiò, figlio del re di Francia, il Salento rafforza la sua
posizione di testa di ponte con l’altra sponda dell’Adriatico, dove gli Angioini avevano
forti interessi politici ed economici.
La diffusione in Grecia, tra XIII e XIV secolo, di ceramiche prodotte nel Salento e la
presenza in Italia di monete coniate nei regni latini in Grecia, rispecchiano con evidenza
gli stretti legami esistenti tra le due sponde. In questo clima di scambi si colloca anche
l’arrivo di popolazione dai Balcani che portano nuova linfa alla liturgia greca.
Nel corso del XIV secolo la congiuntura economica negativa che attraverserà tutta
l’Europa, a cui non fu estraneo lo scoppio della peste, crea le basi per un cambiamento
del paesaggio agrario.
All’abbandono di molti villaggi si associa la riorganizzazione di altri (Muro Leccese,
Acaya, Roca) che si trasformeranno in abitati pianificati e fortificati (Terre),
presagi al Rinascimento.
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Castro
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Surbo
Trepuzzi
Acaya
Galatina
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Martano
Giurdignano
Gallipoli Parabita
Casarano
Presicce
Latiano
Torre S. Susanna
Manduria
Squinzano
Soleto
Nociglia
Taurisano
Leverano
Specchia
S. Foca
Palmariggi
Castello/torre
Borgo fortificato
Monastero
Menhir
Chiesa
Cattedrale
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MesagneChiesa di S. Lorenzo
La chiesa di S. Lorenzo a Mesagne, ubicata a ridosso
dell’antica via Appia, rappresenta una delle rare
testimonianze del paesaggio tardoantico nel Salento.
Oggi essa si articola in un’aula longitudinale divisa in tre
navate, con abside triconca coperta da cupola, ma la
trichora sembra sia da ricondurre ad un edificio di V-VI
secolo d.C., a cui nel Medioevo (XI secolo) viene aggiunto
il corpo longitudinale.
Sempre in età tardoantica (V-VI secolo) comincia la
costruzione della chiesa basilicale dei SS. Cosma e Damiano,
nota come le Centoporte, a Giurdignano. L’edificio, a tre
navate divise da pilastri e precedute da un nartece, conserva
un’abside poligonale di tradizione orientale, realizzata con
blocchi sottratti ad un edificio di età classica.
La basilica non è stata mai portata a termine e nel VII-VIII
secolo viene trasformata in una piccola chiesa che occupa
la navata centrale e che riutilizza l’abside più antica; un
altro vano è da identificare come refettorio e dormitorio.
Abitato da una piccola comunità monastica di rito greco,
il complesso è abbandonato nell’XI secolo, quando entra
a far parte dei possedimenti del monastero italo-greco di
S. Nicola di Casole, fondato nel 1099 nell’entroterra
di Otranto.
La cattedrale di Otranto, consacrata nel 1088, rientra nel
progetto normanno di diffondere la liturgia latina nel
Salento con la costruzione di nuove chiese e monasteri.
A pianta longitudinale a tre navate absidate e transetto,
essa è dotata di una cripta i cui capitelli, in gran parte di
GiurdignanoMonastero dei SS. Cosma e Damiano (Centoporte)
27
Otranto, CattedraleMosaico di Pantaleone
reimpiego, sono databili dal V-VI secolo alla
fine dell’XI.
Nel 1163-1165 Pantaleone, su commissione
dell’arcivescovo Gionata, realizza il grande
pavimento musivo dove, ai lati di un albero
frondoso si snodano animali e figure
mostruose, personaggi storici e scene bibliche,
in un compendio di fonti iconografiche
occidentali, orientali e arabe.
Come in gran parte dell’Europa, anche nel
Salento la crisi economica del Trecento
comporta sostanziali trasformazioni
nell’economia e nelle forme di insediamento.
Nel territorio di Muro Leccese, il paesaggio
rurale è popolato da villaggi (Brongo,
Miggiano, Polisano) abitati da poche famiglie
dedite ad un’economia agricola variegata. Tra
XV e XVI secolo i villaggi vengono abbandonati
e i contadini spostati in un luogo centrale,
fortificato, che diventerà l’attuale Borgo Terra.
Questa trasformazione è promossa dalla
famiglia feudataria, con l’intento di
riorganizzare la produzione agricola, puntando
soprattutto sull’uliveto, che rappresenta la
ricchezza del Salento post-medievale.
Il territorio salentino è ricco dei caratteristici
menhir, pietre verticali a sezione
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GiurdignanoMenhir San Paolo
Muro LeccesePlastico del Borgo Terra (Marco Travaglini)
quadrangolare, la cui altezza può anche superare i tre
metri. Alcuni, ben costruiti e con angoli smussati,
potrebbero essere stati punti di riferimento religioso
nelle campagne altomedievali, prima che la popolazione
si raccogliesse in villaggi con chiese e cimiteri. Vari
menhir conservano segni di croce incisi lungo le facce ed
un incavo sulla sommità per incastrare una croce in
pietra, o forse in legno.
A Muro Leccese, il menhir in Largo Trice, punto di
congiunzione di tre strade, era posto vicino alla chiesa di
S. Nicola. A Giurdignano, il menhir S. Paolo corona una
piccola cappella rupestre ed è circondato da tombe,
mentre il menhir S. Angelo è situato nei pressi della
chiesa bizantina di S. Salvatore.
Riferimenti bibliogra�ci
P. Arthur, La città in Italia meridionale in età tardoantica:
riflessioni intorno alle evidenze materiali, in Atti del
XXXVIII Convegno di Studi sulla Magna Grecia (Taranto,
2-6 ottobre 1998), Taranto 1999, pp.167-200.
P. Belli D’Elia, Puglia Romanica, Milano 2003.
C. D. Poso, Il Salento normanno. Territorio, istituzioni,
società, Galatina 1988.
C. A. Willelmsen, L‘enigma di Otranto. Il mosaico
pavimentale del presbitero Pantaleone nella Cattedrale,
Galatina 1980.
il
me
dio
ev
o29
Muro LecceseRicostruzione grafica del frantoio (Inklink, Firenze)
c a s t e l l i
Nel XVI secolo la Puglia si pone come terra di
frontiera contro il pericolo turco.
Questo ruolo determinerà, soprattutto in Terra
d’Otranto, conseguenze non secondarie sull’assetto
difensivo delle città e del territorio.
Lecce diviene un centro importante, a scala regionale
e nella geografia dell’intero Mezzogiorno. Il disegno
del suo castello - al pari di quello delle sue mura - si
lega al nome di Gian Giacomo dell’Acaya, architetto
al quale è assegnata anche la realizzazione del borgo
e del castello di Acaya (1536).
Lo stesso impianto planimetrico del castello di Lecce,
caratterizzato da una forma quadrangolare con
possenti baluardi agli angoli e circondato da un
profondo fossato, ricorre nel castello di Copertino
(una delle più grandi fortezze pugliesi del XVI
secolo), commissionato da Alfonso Granai Castriota
al copertinese Evangelista Menga.
Il portale, realizzato nel 1540 e tradizionalmente
attribuito a Francesco Bellotto, è stato definito da
Manieri Elia “il documento centrale della koinè
prebarocca formatasi nel Salento quale eclettica
risultante dell’intreccio di flussi culturali figurativi”.
Allo stesso artista è assegnato anche il portale della
chiesa dei Domenicani di Mesagne, con scena di
Trion� sul fregio (1555).
Anche il territorio subisce nel XVI secolo profonde
trasformazioni a causa della realizzazione di un
sistema di difesa che comprende una linea di torri
lungo la costa e masserie fortificate nell’immediato
entroterra. Queste ultime colmano il vuoto fra la
difesa costiera e i centri fortificati dell’interno.
Le torri colombaie, strutture architettoniche peculiari
del paesaggio salentino, presentano all’esterno una
struttura che le avvicina molto alle opere di difesa.
Dotate di scale interne ad andamento elicoidale,
sono quasi sempre di forma cilindrica; non mancano
tuttavia esempi di forma quadrangolare, soprattutto
nel territorio di Nardò, come la torre in località
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e t o r r i c o l o m b a i e
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Trappito, animata da motivi zoomorfi sui quattro angoli, e quella nelle vicinanze della
Masseria Brusca, contraddistinta da una base scarpata e cordolo.
A volte le torri colombaie sono arricchite da iscrizioni: in quella annessa alla masseria
di Celsorizzo, presso Acquarica, un motto fatto incidere dal feudatario Fabrizio Guarino
inneggia all’amicizia.
A partire dalla seconda metà del Cinquecento l’aristocrazia salentina, sull’esempio di
quella napoletana, trasforma le antiche strutture difensive in lussuose residenze mediante
l’apertura in facciata di logge e finestre, la costruzione di “gallerie”, la sistemazione di
giardini e la realizzazione di eleganti portali di accesso.
Ne è un esempio il castello di Corigliano, unico tra i castelli di Terra d’Otranto a resistere
nel 1480 all’assalto dei Turchi, che perde il proprio carattere di fortilizio a seguito
dell’inserimento, ad opera di Francesco Manuli nel 1667, di una facciata scenografica
sulla quale si dispongono, come in una galleria, una serie di figure allegoriche e di eroi
legati alla Spagna, con al centro la figura del committente Francesco Trane.
Altri esempi significativi di questa trasformazione sono la residenza dei Castromediano
a Cavallino, il palazzo dei D’Amato a Seclì, i palazzi baronali di Muro Leccese
e di Mesagne.
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G i u r d i g n a n o
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Surbo
Trepuzzi
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Acaya
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Galatina
Galugnano
Galatone
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Cutro�ano
Scorrano
MartanoCarpignano Salentino
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GallipoliParabita
Casarano
Tricase
Andrano
Spongano
Acquarica del Capo
Presicce Alessano
Morciano di Leuca
Corigliano d'Otranto
Cannole
Borgagne
MelendugnoVernole
Carovigno
S. Vito dei Normanni
Ostuni
Ceglie Messapico
Francavilla Fontana
palazzi
palazzi baronali
castelli
torri colombaie
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S
OtrantoIl castello e le mura aragonesi
La Puglia è terra di castelli.
Il nostro percorso può partire da Otranto. Escluso dal
processo di riconversione che coinvolge gran parte dei
fortilizi, il castello aragonese di Otranto, dominante la città
e il porto, ha mantenuto i suoi caratteri originari: un
impianto quadrangolare rinforzato agli angoli da tre
torrioni circolari. Nel 1574 un intervento dell’architetto
senese Tiburzio Spannocchi porta all’aggiunta di un
imponente bastione a sud-est, inglobando uno dei torrioni.
Sul portale di ingresso campeggia il grande stemma di Carlo
V e, più in basso, quello del vicerè don Pedro de Toledo.
La cinta muraria della città è tuttora ben visibile e il fossato
è stato di recente recuperato. Sul lato opposto al castello
è la Porta Alfonsina, che prende nome da Alfonso,
duca di Calabria, liberatore della città dai Turchi nel 1481.
In altri centri la tipologia del castello coesiste con quella
del palazzo nobiliare. A Casamassella è leggibile la base
scarpata con il cordone marcapiano. Il blocco compatto
dell’edificio (XV-XVIII secolo) è ingentilito dal loggiato
centrale, che sovrasta il portale d’ingresso con stemma del
casato dei De Viti-De Marco. All’interno è un giardino con
piante di varie specie.
Complesse stratificazioni caratterizzano, tra XV e XVIII, il
castello-palazzo di Muro Leccese, che si connota all’esterno
per la raffinata decorazione delle finestre del piano
inferiore e, nell’atrio, per il portale datato al 1546.
A Scorrano, nel XVII secolo l’antico castrum medievale è
inglobato nel palazzo baronale dei Guarini, attualmente
Uggiano La Chiesa, CasamassellaPalazzo baronale
33
ScorranoPorta nelle mura del Quattrocento
sede di una delle più importanti raccolte
d’arte private del Mezzogiorno. Del circuito
murario resta solo una Porta.
Il castello di Giurdignano, trasformato dai
Capece in Palazzo Baronale, rientra in
un’operazione settecentesca di maquillage
che coinvolge anche lo spazio esterno della
piazza sulla quale prospettano la Matrice
(1705) e la guglia dedicata a San Rocco
(1772), eretta “fuori centro”, in asse con la
strada per Palmariggi.
L’itinerario castelli e palazzi baronali si
conclude a Mesagne, trasformata nel
Quattrocento in città-fortezza dal principe
di Taranto Giovanni Antonio Orsini del Balzo,
che amplia il castello normanno e rafforza
le difese cittadine con la costruzione di solide
mura e torri. I rifacimenti attuati tra XVII e
XVIII secolo per adattare il castello a
residenza nobiliare della famiglia De Angelis
sono opera dell’architetto Francesco
Capodieci. L’edificio ospita oggi il Museo
Civico Archeologico “U. Granafei”.
L’architettura civile di Terra d’Otranto è
caratterizzata dalle case a corte, presenti in
tutti i centri dei ‘Percorsi’, e dai palazzi, sulle
cui facciate portali, finestre, architravi,
colonne e capitelli si connotano per le
i c a s t e l l i
Muro LeccesePalazzo dei Protonobilissimo, particolare
GiurdignanoPalazzo baronale
abbondanti decorazioni vegetali, zoomorfe e
antropomorfe. Esempi significativi sono a Mesagne il
cinquecentesco palazzo Granafei con portale bugnato e
decorazione delle finestre simile a quelle del palazzo del
Monte di Pietà (1626); palazzo Gaza con la loggia
cinquecentesca formata da eleganti mensoloni a volute,
con decorazione fitomorfa.
Fra le torri colombaie, assume le caratteristiche tipiche delle
torri di difesa quella di Carpignano Salentino, databile alla
metà del Quattrocento, la più imponente tra le circa ottanta
torri censite nella provincia di Lecce. Segnata da due grosse
cornici e con merlature sul fastigio, presenta quattro finestre
e, all’ingresso, gli stemmi degli Orsini del Balzo, signori di
Carpignano.
Riferimenti bibliogra�ci
M. Cazzato, Guida ai Castelli Pugliesi. 1. La Provincia di Lecce,
Galatina 1997.
M. Cazzato, Guida ai Palazzi Aristocratici del Salento. Residenze
giardini collezioni d’arte, Galatina 2000.
R. Congedo, Le torri columbarie nel paesaggio umanizzato
salentino, Manduria 1986.
i c
as
te
ll
i35
CarpignanoTorre colombaia
i l b a r o c c o
Alcuni anni or sono fu avanzata da Antony Blunt
la proposta di mutare la corrente definizione di
"Barocco leccese" in "Maniera salentina".
Questa esigenza nasceva dal fatto che
l'architettura salentina tra XVII e XVIII secolo,
ancorché un fenomeno di grande fascino, gli
appariva in sostanza estraneo agli ideali barocchi
della Roma e perfino della Napoli del Seicento.
Per lo studioso inglese il solo convento delle
Paolotte di Lecce (1764) denotava una chiara
influenza dell'idioma del Barocco romano, in
antitesi con tutti gli sviluppi architettonici del
capoluogo e dei centri minori postulati su piante
e elementi derivati da modelli cinquecenteschi.
Questa discutibile ipotesi sul barocco leccese
conteneva una innegabile verità: in un momento
in cui altrove già era affermato il Neoclassicismo,
nel Salento maturava il linguaggio barocco che
si sarebbe protratto sino agli inizi dell'Ottocento.
I l B a r o c c o
n e l S a l e n t o
In realtà l'atteggiamento di rinnovamento
culturale della penisola salentina non giunse in
ritardo ma lo si trova radicato nel clima di
rinascita e di libertà che la popolazione di questa
terra si trovò a respirare successivamente alla
battaglia di Lepanto (1570), quando le mutate
circostanze socio-politiche produssero un nuovo
inurbamento.
É l'architettura dei grandi e piccoli centri più
dell'urbanistica, per la quale poche sono le novità
e gli aggiornamenti dei tessuti viari
tardo-medioevali e ancor più raramente
rinascimentali, a rispecchiare questo nuovo
atteggiamento.
Le nuove soluzioni architettoniche danno vita
alla rinascita edilizia di cui l'aristocrazia locale e
soprattutto i vescovi, furono i maggiori promotori,
senza dimenticare il peso rilevante assunto anche
dagli antichi ordini religiosi e da quelli nati a
seguito del rinnovamento controriformista.
La stagione tardo-rinascimentale si concludeva
nella seconda metà del '500 con le personalità di Giovanni Maria Tarantini e Gabriele
Riccardi quando già si proponevano le nuove fabbriche tardo-manieriste mutuate
dall'esperienza romana, in un contesto, quello della crisi demografica, delle carestie
e delle epidemie del primo Seicento, che non arrestò il sistema di rinnovamento
architettonico già innestato.
Lo scenario delle città tende a mutare.
Chiese, palazzi, conventi appaiono sempre più sontuosi e fastosi grazie all'opera
e alla perizia di scalpellini e capimastri, più che di architetti, che seppero creare
spazi e scenografie di forte suggestione, innestando su un tessuto viario inviolato
vere quinte architettoniche nelle quali la pietra locale, liberata e scolpita, ben si
prestava al virtuosismo delle ricche ed articolate rappresentazioni scultoree e
decorative di protagonisti come gli Zimbalo, i Penna e il Cino.
C a r p i g n a n o
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Monumenti del barocco
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Squinzano
Campi Salentina
Sternatia
Martignano
Matino
Fasano
Mesagne
S. PancrazioSalentino
Lecce
Otranto
MuroLeccese
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BrindisiCeglie Messapico
Ostuni
Ru�ano
Francavilla Fontana
Surbo
Lequile
S. Cesario
Copertino
Galatina
GalatoneCutro�ano Maglie
Scorrano
Martano
Carpignano Salentino
UggianoLa Chiesa
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GallipoliParabita
Casarano
Tricase
Presicce Alessano
Melpignano
Vernole
Minervino
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Mesagne, piazza Orsini del BalzoVeduta d’insieme della chiesa di S. Anna e del palazzo Parisi
Un itinerario che parte da San Pancrazio, al limite tra la
provincia di Brindisi, quella di Taranto e quella di Lecce
(dove le tracce del barocco appaiono esigue e limitate ad
alcuni decori all'interno della chiesa Matrice), ha una tappa
obbligatoria a Mesagne che rappresenta uno tra i più
raffinati ed eleganti centri della cultura barocca, grazie
anche ad artefici come Giuseppe Cino, attivo nella chiesa
di Sant'Anna.
Il centro è tutto un tessuto edilizio coerente, all'interno
del quale si alterna un'architettura di rango per la ricchezza
dei palazzi, chiese e monasteri, con un'architettura minore
dettata da sobria eleganza.
Un'area omogenea appare, in provincia di Lecce, il territorio
su cui si estendono i comuni di Maglie, Muro Leccese,
Scorrano, e Uggiano la Chiesa, al limite del quale i centri
di Otranto, Cursi, Giurdignano e Carpignano, pur
caratterizzati da importanti presenze medioevali, quando
non di età più antica con quelle enigmatiche presenze che
sono i menhir, presentano notevoli rinnovamenti di età
barocca. A Cursi sono la chiesa Matrice dedicata a S. Nicola,
impreziosita dalla presenza delle sculture di Placido Buffelli,
e l'elegante chiesa santuario dedicata alla Madonna
dell'Abbondanza; a Giurdignano la fabbrica della chiesa
Matrice, che custodisce un dipinto del Catalano, è il
contrapposto barocco alla cripta di San Salvatore e ai menhir
sparsi nel territorio; a Carpignano la chiesa Matrice e il
palazzo baronale dei Ghezzi giganteggiano su un tessuto
viario bizantineggiante.
39
Cursi, santuario dell’AbbondanzaProspetto
Muro Leccese, chiesa dell’ImmacolataParticolare della facciata
Infine Otranto, con la sua cattedrale
medioevale rinnovata dal vescovo De Aste,
contrappone il soffitto a cassettoni lignei di
gusto barocco al monumentale mosaico
pavimentale, mentre nella chiesa di
Sant'Antonio gli altari policromi sono opere
seicentesche di Ambrogio Martinelli.
È però lo spazio della piazza di Muro Leccese,
antico sito messapico, a rappresentare una
suggestiva novità e modello nello sviluppo
urbano ed architettonico del Salento, dove
contrapposti appaiono la chiesa Matrice, il
palazzo baronale e la chiesa confraternita
dell'Immacolata. A pochi chilometri è la chiesa
Matrice di Uggiano, trionfo di stucchi
settecenteschi contrapposti alla grande tela
della controfacciata e a quelle del secondo
ordine della navata, opera di Oronzo Tiso, e
disposte sul modello della cattedrale di Gallipoli.
Non lontano si trova Scorrano dove il seicentesco
palazzo Frisari si presta, con le ristrutturazioni
settecentesche, a diventare modello di
un'architettura dal gusto scenografico,
legandosi strutturalmente con la chiesa Matrice,
all'interno della quale gli altari in pietra del '600
si mescolano a quelli più pregiati
i l b a r o c c o
Otranto, Chiesa di S. Antonio da PadovaAltare di S. Antonio da Padova (scultore Ambrogio Martinelli)
il
ba
ro
cc
o
Scorrano, MatriceStucchi della volta
realizzati nel '700 in tarsie marmoree. A Maglie l'area più
fortemente caratterizzata dal modello barocco è quella
organizzata tra la chiesa delle Grazie, la guglia e la facciata
della Collegiata, nel cui interno sfarzosi arredi del '700
furono realizzati in pietra a imitazione delle più pregiate
decorazioni marmoree napoletane.
Riferimenti bibliogra�ci
C. Brandi, Pellegrino di Puglia, Roma 2002.
M. Calvesi - M. Manieri Elia, Architettura Barocca a Lecce e in
Terra di Puglia, Milano - Roma 1971.
A. Cassiano (a cura di), Il Barocco a Lecce e nel Salento, cat.
Mostra (8 aprile-30 agosto), Roma 1995.
M. Cazzato, Guida ai palazzi aristocratici del Salento: residenze,
giardini, collezioni d'arte, Galatina 2000.
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Scorrano, MatriceParticolare dell’altare maggiore
l e a t t i v t a ’ p r o d u t t i v e
Il Salento è terra operosa e laboriosa e i suoi abitanti
“un popolo quieto, attivo, intelligente” dedito da
sempre alla cultura del fare.
Fiorenti realtà industriali e artigianali si sono
conservate e tramandate per secoli: frantoi,
distillerie, stabilimenti vinicoli, tabacchifici, fabbriche
di ebanisteria, mulini e pastifici, cave. Di questa
realtà restano oggi delle ‘orme’, sufficienti a
costruire una mappa dei luoghi ancora attivi.
La presenza di immense distese dorate di oliveti
segna profondamente il paesaggio salentino e la
produzione dell’olio ne rappresenta una delle
principali risorse economiche.
La civiltà rurale di un tempo (XV – XVIII secolo) rivive
tuttora nei frantoi ipogei, "miniere di oro liquido"
dove l’uomo trascorreva interminabili giornate di
lavoro.
Essi sono presenti in ogni paese e un recente
censimento ne ha schedati quasi un centinaio.
A t t i v i t a ’ p r o d u t t i v e
n e l S a l e n t o
Alcuni sono stati mirabilmente musealizzati e illustrano
ai visitatori l’antico processo produttivo, recuperando
così una preziosa memoria industriale.
Più limitata è l’industria dell’alcol, nata a San Cesario,
un piccolo centro a pochi chilometri da Lecce, nella
prima metà dell'Ottocento e attiva per tutto il
Novecento.
I segni del suo florido passato sono tuttora evidenti
e l'ultimo nome attualmente imperante è quello delle
Distillerie e Liquorificio Cappello.
Un’altra attività produttiva molto diffusa ed
apprezzata è quella del vino.
A Galatina, lo stabilimento di Luigi Vallone offre una
visita rigenerante.
Per gli "enonauti", amanti del turismo del vino,
esistono inoltre percorsi collaudati in cui spiccano
l'Azienda Agraria Duca Guarini a Scorrano e la Vinolea
di Alezio, una delle cantine più importanti del basso
Salento, nata nei primi anni del Novecento. A Salice
Salentino si può visitare l'Azienda Vitivinicola dei Conti
Leone De Castris, la più antica del Salento,
C a r p i g n a n odensa di storia e onorificenze, con annesso un museo degli strumenti anticamente usati
nella viticultura.
Il panorama delle produzioni alimentari è completato dalla pasta e dai dolci, questi ultimi
famosi quanto il Barocco. Uno dei pastifici più antichi, tuttora attivo, è a Maglie (Cavalieri).
La tradizione dolciaria affonda le sue radici nella ditta Cesano, produttrice di un
particolare tipo di marmellata (cotognata). Nata a Lecce e diventata l’industria più
propulsiva e più rappresentativa nel ramo dei dolci salentini, in una mostra mondiale
del 1926 essa ha potuto contare sull’approvazione di esponenti della Casa Reale.
L’artigianato è un altro settore produttivo tipico del Salento. La tessitura ha il suo centro
più attivo a Casamassella, presso Uggiano La Chiesa, dove vengono create stoffe pregiate
che conservano una tradizione tramandata dall’Ottocento. Ancora più diffusa è la
produzione della ceramica. A Cutrofiano, San Pietro in Lama, Lucugnano e Torrepaduli
questa attività ha una storia secolare.
Nel paesaggio salentino le cave sono voragini disseminate nella pianura. La pietra viene
estratta per costruire, ma anche per creare e scolpire. Estese e famose sono le cave di
carparo di Gallipoli (località Mater Gratiae); quelle di pietra leccese di Lecce (località Marco
Vito), Cavallino (località Duca di Torrevecchia), Cursi e Melpignano. Alcune cave, dismesse
da tempo, sono state recuperare e valorizzate, trasformandosi in spazi destinati a
rassegne culturali estive.
C u r s i
G i u r d i g n a n o
M a g l i e
M e s a g n e
M u r o
L e c c e s e
O t r a n t o
S c o r r a n o
U g g i a n o
l a C h i e s a
43
l e g e n d a
Molini e pastifici
Palmenti e stabilimenti vinicoli
Cave
Distillerie
La carta di distribuzione dei frantoi non è inclusa in
quanto in ogni paese ne è presente almeno uno.
N
E
S
O
Alezio
Salice Salentino
Lecce
Vernole
Morciano di Leuca
Leverano
Calimera
Maglie
Martano
Corigliano d'Otranto
Ugento
Collepasso
Casalabate
Parabita
Tuglie
Trepuzzi
Veglie
Guagnano
NovoliCampi Salentina
MonteroniCarmiano
MelissanoMatino
Copertino
S. Donato
Arnesano
Cursi
Gallipoli
Galatina
Villa Convento
S. Pietro Vernotico
Cutro�ano
Nardo'
Galatone
Squinzano
Cavallino
Tricase
Alessano
Acquarica del Capo
Muro Leccese, Palazzo dei ProtonobilissimoFrantoio
La presenza di frantoi ipogei in tutti i Comuni del percorso
documenta come la produzione dell’olio sia sempre stata
una delle prime risorse economiche del Salento. Cosimo
Moschettini parla di “grotte sotteranee scavate nel tufo o
in una pietra calcarea più o meno dura, detta volgarmente
leccese”. In alcuni paesi salentini questi luoghi sono stati
recuperati e resi visitabili.
L’edificio più grande, ma anche il più caratteristico per le
sue modalità costruttive è il frantoio di Giurdignano, mentre
quello di Uggiano La Chiesa ha una pietra molare gigante
(m. 2.20).
I frantoi ipogei di Scorrano e di Carpignano Salentino hanno
entrambi un rapporto con il vino, dato che il primo è stato
riconvertito in cantina per la conservazione del vino
e il secondo è diventato celebre per aver ospitato per anni
la settembrina “festa del vino”. Ben conservati sono anche
i frantoi di Mesagne e di Muro Leccese, quest’ultimo
interamente edificato con conci di pietra locale.
L’attività vitivinicola, altro fiore all’occhiello della produzione
salentina, è ormai inserita a pieno titolo nei circuiti più
famosi del Movimento del Turismo del Vino. Una sosta
nell’Azienda del Duca Guarini di Scorrano permette di
partecipare a tutto il processo produttivo, dalla viticultura,
alla pigiatura, alla conservazione, all’imbottigliamento. In
alcune ville di campagna appartenenti a famiglie benestanti
si conservano ancora piccoli palmenti con pigiatrice,
simbolo di una cultura ben radicata e diffusa nel territorio.
Uno dei più antichi pastifici salentini è Cavalieri di Maglie.
Scorrano, Azienda del Duca GuariniFrantoio riconvertito in cantina
45
MagliePastificio Cavalieri
Il suo stabilimento fu progettato e
inaugurato nel 1918 dal nonno Benedetto
Cavalieri col preciso intento di produrre pasta
di qualità.
La conduzione familiare è andata avanti e
ancora oggi nello stesso stabilimento,
ristrutturato accuratamente per conservare
l’antico metodo di lavorazione, viene
prodotta pasta di semola extra, venduta con
un’accattivante etichetta bluette dotata di
tutte le informazioni per il consumatore,
rigorosamente autografate dall’autore. Il
metodo di lavorazione, chiamato ‘delicato’,
comporta una prolungata impastatura, una
lenta gramolatura, pressatura, trafilatura ed
essiccazione a bassa temperatura.
La tradizione dolciaria salentina è
degnamente rappresentata a Maglie dalla
Ditta Maglio. Nel suo show-room questa
particolare arte si esibisce con una ricca
gamma di prelibatezze per palati raffinati.
Da preferire i dolcetti con pasta di mandorla,
le “delicatezze” al caffè o al croccante, il
“delizioso” alla nocciola o alla mandorla.
Sfiziose anche le fave di cacao, selezionate,
tostate, sbucciate una ad una e ricoperte di
cioccolato fondente.
A Casamassella, a pochi passi da Uggiano
l e a t t i v i t a ’ p r o d u t t i v e
Uggiano La ChiesaTessitrice al lavoro
CursiCave per l’estrazione della pietra
La Chiesa, la Fondazione Le Costantine, immersa in un parco
e inserita in un vecchio complesso masserizio, conserva e
ripropone tutte le forme della tessitura. Mani che
scandiscono la giornata a ritmo di pettine e navetta su
antichi telai producono stoffe dai mille colori, di lino o di
cotone, a strisce, a fiori, a quadretti o con figure
geometriche, rifinite a punto giorno, con merletti, ricami
o pizzi “chiacchierini”. La pietra di Cursi è ancora oggi
estratta e ampiamente utilizzata nell’edilizia, e un
importante ecomuseo dedicato alla pietra leccese ne illustra
le diverse forme di utilizzazione. Solo per un decennio, tra
il 1960 e il 1970, è stata invece attiva la cava di bauxite nei
pressi di Otranto: immensi depositi di terra rossa, oggi simili
a un piccolo Gran Canyon salentino.
Riferimenti bibliogra�ci
A. Monte, L’antica industria dell’olio, Lecce 2003.
Autori Vari, I monumenti dell’industria a San Cesario di Lecce,
San Cesario di Lecce 2003.
U. La Pietra, Dieci anni di territori di pietra per l’ecomuseo della
pietra leccese, Roma 2000.
F. A. Mastrolia, Società e risorse produttive in Terra d’Otranto
durante il XIX secolo, Napoli 1998.
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OtrantoCava di bauxite
I N D I C E
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G l i a f f r e s c h i d i e t à b i z a n t i n a e n o r m a n n a
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