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p e r c o r s i turistico-culturali Il T EMPO ORME e le sue

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p e r c o r s i

t u r i s t i c o - c u l t u r a l i

Il TEMPOORMEe le sue

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Università di Lecce

Dipartimento dei Beni Culturali

Consorzio Universitario Interprovinciale Salentino

Comuni di:

Otranto

Carpignano

Cursi

Giurdignano

Maglie

Mesagne

Muro Leccese

S. Pancrazio Salentino

Scorrano

Uggiano la Chiesa

S O G G E T T I P A R T E C I P A N T I// I N F O P O I N T

Castello Aragonese

O t r a n t o

M a g l i e

Sala Convegni, Piazza Mercatotel. 0836-489203

M e s a g n e

Vico Cantelmotel. 0831-775981

C u r s i

Palazzo De Donno, Piazza Pio XIItel. 0836-322014

G i u r d i g n a n o

Piazza Municipiotel. 0836-813116

C a r p i g n a n o

Municipio, piazza duca d’Aostatel. 0836-586017

U g g i a n o l a C h i e s a

Municipio, Piazza Umberto Itel. 0836-812108

S c o r r a n o

Piazza V. Emanueletel. 0836-460238

S . P a n c r a z i o S a l e n t i n o

Assessorato alla Cultura, P.zza Umberto I 1, tel. 0831-660220

M u r o l e c c e s e

Convento S. Domenicotel. 0836-343824; 0836-444607

//

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Porto Cesareo

Brindisi

Mesagne

S. PancrazioSalentino

Lecce

Torre dell’Orso

MaglieMuroLeccese

Scorrano

Giurdignano

Uggianola Chiesa

Cursi

Carpignano

Taranto

Gallipoli

S. Maria di Leuca

S. CesareaTerme

Otranto

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i l t e m p o e l e s u e o r m ep e r c o r s i t u r i s t i c o - c u l t u r a l i n e l S a l e n t o

i l S a l e n t o

l a M o s t r a

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Estremo lembo orientale della penisola italiana, proteso

nel Mediterraneo verso i Balcani e la Grecia, il Salento ha

sempre rappresentato un ponte naturale tra Oriente ed

Occidente. Seppure in forme e modi diversi nei singoli

periodi storici, questa regione ha sempre svolto il ruolo di

punto di approdo e di incontro tra popoli e culture.

Micenei, Greci e Romani, Longobardi e Bizantini, Normanni

e Svevi, Angioini e Aragonesi, ma anche Albanesi e

Veneziani hanno raggiunto il Salento, intrecciando contatti

e rapporti con le popolazioni locali o insediandosi

stabilmente e segnandone, con tratti nuovi, l’identità

culturale.

Nonostante ciò, o forse proprio per questo, il Salento si è

sempre presentato come un’area regionale culturalmente

omogenea, con una propria speci�ca identità, ben distinta

dal resto della stessa Puglia in tutti i momenti della sua

lunga storia: dalla preistoria al barocco, passando

attraverso l’età messapica e romana e quella bizantina e

medievale.

Del suo patrimonio culturale fanno parte anche diverse

attività produttive, tuttora vitali.

Alcune di esse, come l’olio, il vino e la ceramica, o

l’estrazione e la lavorazione della pietra presentano una

forte continuità di tradizione con il passato più remoto;

altre, come la cartapesta, l’industria dolciaria, la tessitura

e il ricamo, la coltivazione del tabacco, hanno una storia

che, in confronto, appare relativamente recente.

Il Tempo e le sue orme vuole essere il punto di ingresso a

una serie di percorsi turistico-culturali che si sviluppano

nel territorio salentino.

Progettata da un consorzio di dieci Comuni delle province

di Brindisi e di Lecce e realizzata dal Dipartimento di Beni

Culturali dell’Università di Lecce, la Mostra o�re al visitatore

una gamma di informazioni di tipo diverso (pieghevole,

brochure, pannelli), con l’aiuto delle quali egli può

‘ripercorrere’ la storia del Salento attraverso le ‘orme’

lasciate dal tempo: dalle enigmatiche e a�ascinanti pitture

preistoriche alle trionfali espressioni architettoniche del

barocco; dai monumenti megalitici alle architetture urbane

e funerarie dei Messapi; dalla policromia delle immagini

sacre delle cripte al buio operoso dei frantoi ipogei. La

narrazione si sviluppa, con testi e immagini, attraverso

sette percorsi tematici: la preistoria e protostoria; le città

messapiche; i luoghi di culto bizantini; il medioevo; castelli,

mura, palazzi e torri colombaie (XV-XVI secolo); il barocco;

le attività produttive. Ciascun percorso rappresenta un

‘�lo’ che collega tra loro i Comuni partecipanti.

Alla Mostra si a�anca l’info point, ossia un punto

informativo presente in ogni Comune, �nalizzato ad

assistere il visitatore nei percorsi proposti e a fornirgli

strumenti per una conoscenza, il più possibile completa,

del patrimonio culturale di cui il Comune è in possesso.

i l S a l e n t o l a M o s t r a

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p r e i s t o r i a e p r o t o s t o r i a

I gruppi umani che abitarono il Salento in questo

periodo hanno lasciato tracce della loro quotidianità

nei luoghi frequentati, negli oggetti creati

lavorando la pietra, l’argilla e i metalli, nelle capanne

che hanno costruito. La loro sfera simbolica si riflette

nelle pitture parietali, negli ornamenti, nei modi di

seppellire. La posizione geografica della penisola

salentina ha favorito lo sviluppo di attività di

scambio e di contatti culturali, particolarmente

intensi in alcuni periodi (neolitico, età del bronzo).

Nei Musei di Lecce, Maglie e Mesagne, nella

Biblioteca di Carpignano è possibile ammirare le

testimonianze più importanti di questa lunga storia.

Il popolamento del Salento inizia nel paleolitico medio

(130.000-35.000 anni fa). L’uomo di Neanderthal è

il primo ad apprezzarne le grotte e i ripari che si

affacciano sul mare o dominano il paesaggio

interno; a sfruttarne le risorse animali e vegetali

con caccia e raccolta; a lavorarne la materia

prima per realizzare i propri strumenti in pietra. Agli

inizi della glaciazione würmiana, l’area è ricoperta

da foreste e popolata da grandi pachidermi

(ippopotamo, rinoceronte, elefante antico).

Nel paleolitico superiore (35.000-10.000 anni fa) homo

sapiens, accanto a strumenti in selce, crea immagini

zoomorfe, geometriche e astratte, incise su pietre,

e lascia sepolture ricoperte di ocra.

Dopo il periodo glaciale, le mutate condizioni

ambientali determinano anche nel Salento

cambiamenti nei modi di vita e nei comportamenti

simbolici dei cacciatori-raccoglitori del mesolitico.

Essi diventano più recettivi nei confronti di fenomeni

come sedentarietà e neolitizzazione, che poco dopo

arriveranno in Europa dal Vicino Oriente, attraverso

Balcani e Mediterraneo. Alla fine del VII millennio

sorgono i primi villaggi di capanne costruite con

pali, canne e argilla mista a paglia; si avvia

un’economia basata su agricoltura e allevamento e

si introducono innovazioni tecnologiche come la

produzione ceramica.

L a P r e i s t o r i a e

P r o t o s t o r i a n e l S a l e n t o

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Nel neolitico (VI-IV millennio) il Salento fa da tramite in un’intensa attività di scambio

di materie prime (ossidiana). L’uomo continua a frequentare le grotte, ma solo per

motivi funerari e cultuali. L’esempio più noto è la Grotta dei Cervi (Porto Badisco), le

cui pitture parietali rappresentano il complesso d’arte pittorica post-paleolitica più

importante in Europa. Sempre d’uso funerario è il sito all’aperto di Serra Cicora (metà

V millennio), sulla costa neretina.

L’età del rame (III millennio) è documentata nel suo periodo più recente (cultura di Laterza)

e i corredi funerari della Grotta Cappuccini indicano già un’influenza dei movimenti

culturali della prima età del bronzo.

L’età del bronzo (fine III-II millennio) registra il formarsi di una fitta rete di insediamenti,

spesso fortificati, sorti lungo le coste adriatica e ionica, o nel territorio interno. Per alcuni

si tratta del momento più antico di una occupazione tuttora presente (Otranto).

Ancora una volta il Salento svolge un ruolo primario nei rapporti con il Mediterraneo.

La presenza locale di Greci (Micenei) indica rapporti di ospitalità, fornitura di prestazioni

tecnologicamente avanzate e vincoli di alleanza, intrecciati con lo scambio vero e proprio.

I corredi di alcune tombe ipogeiche (S. Vito dei Normanni) suggeriscono il formarsi di

gruppi sociali emergenti.

I monumenti megalitici del Salento sono rappresentati da dolmen e menhir. I primi, di

dimensioni inferiori rispetto ad altre aree, sono attribuiti al II millennio a.C. per analogia

con quelli maltesi. I secondi, costituiti da lunghi parallelepipedi monolitici confitti nella

roccia, sono attribuiti da alcuni studiosi ad età medievale.

C a r p i g n a n o

C u r s i

G i u r d i g n a n o

M a g l i e

M e s a g n e

M u r o

L e c c e s e

O t r a n t o

S c o r r a n o

U g g i a n o

l a C h i e s a

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l e g e n d a

Gr. MontaniFondo Focone

Le Pazze

Cardigliano

S.M. della Grotta

TaurisanoGr. della Trinita'S. Ermete

Gr. ZinzulusaGr. Romanelli

Gr. Le StriareGr. Cosma

Gr. dei Diavoli

Gr. dei Cervi

Torre Sabea

SamariRiparo Bosco

Gr. delle Veneri

Gr. Uluzzo

Gr. Torre dell'AltoGr. Bernardini

Gr. Serra Cicora

Gr. M. ZeiGr. del Cavallo Gr. Capelvenere

Gr. del Fico

Gr. Marisa

S. Sidero Cattie

Gr. Cappuccini

Oria

Otranto

Egnazia

Gr. del Diavolo

Gr. del Ciolo

Gr. delle Cipolliane

Gr. delle Prazziche

Gr. dei Giganti

Gr. TittiGr. Tre Porte e del

Bambino

Rocavecchia

S. Foca

Torre Guaceto

Torre S. Sabina

Spigolizzi

Torre Testa

Torre CanneFontanelle

Donna Lucrezia

Serra Cicora

Morelli

Lama Morelli

S. Maria di AgnanoGr. S.Angelo

Gr. del Gatto Selvatico

Gr. Laurito

Francavilla Fontana

Cavallino

Scala di Furno

Arnesano

Muro Maurizio

Mass. S. Gaetano

Masseria Guidone

Sito all’aperto

Sito in grotta

Paleolitico

Mesolitico

Neolitico

Eta' dei metalli

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Maglie, MuseoLa spirale della vita

Il Museo di Maglie narra la storia del territorio salentino

nel periodo compreso tra il Paleolitico e l’età del Bronzo.

Pannelli didattici illustrano l’evoluzione della vita dal

Paleozoico al Quaternario (rocce e fossili) e dal Cretaceo

al Pleistocene (fauna dalle ventarole di Melpignano e da

S. Sidero). La tecnologia e l’arte del Paleolitico sono

documentati da materiali litici (Cattìe, Grotte del Cavallo

e Romanelli) e da pietre incise. Alla ritualità del neolitico

e al culto delle acque rimandano i vasi provenienti dalla

Grotta Zinzulusa.

La Grotta dei Cervi, vero e proprio santuario della preistoria,

è illustrata attraverso la riproduzione alle pareti di alcuni

dei suoi dipinti e con l’offerta di una visita virtuale (la grotta

non è accessibile al pubblico).

La Grotta dei Cervi si trova nei pressi di Porto Badisco, 6

Km a sud di Otranto, e i suoi tre corridoi si sviluppano quasi

parallelamente a quasi 20 metri di profondità dal piano di

campagna. Frequentata dal neolitico fino all’età dei metalli,

essa ha sempre avuto una destinazione cultuale e ha

attratto genti provenienti da punti diversi del Mediterraneo:

le trasformazioni apportate dall’uomo all’ambiente

sotterraneo, la grandiosità delle sue opere pittoriche

(immagini naturalistiche - soprattutto scene di caccia - che

vanno sempre più schematizzandosi fino a diventare figure

simboliche), la quantità e varietà dei resti ceramici, litici ed

ossei ne sono la evidente conferma.

A Carpignano Salentino nel neolitico recente è stata scavata

nel banco roccioso una ‘grotticella’ a destinazione

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OtrantoGrotta dei Cervi

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OtrantoPorto Badisco

funeraria. Il calco della cavità artificiale e dei

resti umani in essa contenuti è esposto nella

Biblioteca Comunale, insieme agli oggetti

di corredo: vaghi di collana in osso, un

pendente in corallo, asce in pietra levigata

e lame in ossidiana.

A Mesagne, nel Museo Archeologico è stato

di recente aperto uno spazio destinato alle

testimonianze preistoriche e protostoriche

provenienti dal territorio. Esse gettano luce

sulla vita quotidiana delle genti neolitiche

e dell’età del Bronzo. Frammenti di intonaco

parietale di capanna, con impronte di canne,

consentono, ad esempio, di conoscere i

materiali e i modi di costruire di una

comunità da poco divenuta sedentaria. Alla

fase protoappenninica appartengono i vasi

del villaggio di Muro Maurizio, molto simili

a quelli di Spigolizzi (Salve), esposti nel

Museo di Maglie.

Otranto offre un esempio di abitato costiero

dell’età del Bronzo, e le numerose ceramiche

greche rinvenute, d’importazione o di

produzione italo-micenea, ne attestano

l’intenso rapporto con le genti egee. Al suo

momento iniziale (XIV-XIII secolo a.C.)

appartengono le poche tracce rinvenute

presso la chiesa di S. Pietro. Tra il 1200 e

p r e i s t o r i a e p r o t o s t o r i a

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CarpignanoSepoltura di età neolitica

1000 a.C. l’abitato si estende fino ad occupare le pendici

del pianoro che domina l’attuale insenatura portuale.

I dolmen salentini (II millennio a.C.) sono concentrati

soprattutto nella zona di Giurdignano. I più noti sono il

dolmen Stabile, con lastra di copertura poggiante su due

pilastri monolitici ed una serie di blocchi; e i dolmen Grassi

e Chiancuse, conservati solo in parte.

Nei territori di Carpignano, Cursi, Maglie, Muro Leccese,

Scorrano e Uggiano La Chiesa si trovano molti menhir, alti

fino a 4 m. Racchiusi in un’area molto ristretta e con una

disposizione che tende a definire cerchi concentrici, sono

interpretati come segnali di percorso.

La loro cronologia è stata di recente messa in discussione

da alcuni studiosi.

Riferimenti bibliogra�ci

M. Cipolloni Sampò, Dolmen. Architetture preistoriche in Europa,

Roma 1990.

P. Graziosi, Le pitture preistoriche della grotta di Porto Badisco,

Firenze 2002.

E. Ingravallo, Lontano nel tempo. La preistoria nel Salento, Lecce

1999.

E. Ingravallo (a cura di), Il museo racconta. Il Salento e la

preistoria, Lecce 2004.

M. A. Orlando (a cura di), L’Alca. Guida al Museo Civivo di

Paleontologia e Paletnologia D. De Lorentiis di Maglie, Maglie

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GiurdignanoDolmen Stabile

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l e c i t t a ’ m e s s a p i c h e

Tra l’età del Ferro (IX-VIII sec. a.C.) e quella della

romanizzazione (II-I sec. a.C.) la penisola salentina

è occupata da una popolazione che sviluppa una

cultura propria, ben distinta da quelle coeve della

Puglia centrale e settentrionale e caratterizzata da

un insediamento diffuso, strutturato in numerosi

centri, per lo più nell’entroterra con i loro approdi

costieri, da un’economia agricola e pastorale, dalla

produzione di peculiari ceramiche decorate, dall’uso

della scrittura e, nel periodo più recente, dalla

coniazione di monete. Messapi (Messapioi) è il nome

con cui i coloni greci chiamano questa popolazione,

considerandola parte, insieme a Peucezi e Dauni,

della più ampia etnia degli Iapigi (Iapyges), abitanti

l’area dell’attuale Puglia.

Dei Messapi ci parlano le fonti letterarie greche e

latine, trasmettendo un’immagine complessa,

focalizzata su alcuni temi: quello delle ‘origini’,

riportate per lo più all’antico e ‘civile’ orizzonte

della Creta minoica e collegate alle vicende di celebri

eroi del mito (Minosse, Dedalo, Teseo, Idomeneo);

quello dei rapporti politico-militari coi Greci, come

il lungo conflitto con Taranto, culminato verso il

470 a.C. nella “più grande strage di Greci di cui si

abbia conoscenza” (Erodoto), o come il trattato di

amicizia stipulato tra gli Ateniesi e il dinasta Artas

(seconda metà V secolo a.C.); quello, infine, della

‘descrizione’ etnico-geografica del Salento, con le

sue coste e i suoi porti (Otranto, insieme a Leuca,

costituiva il terminale delle rotte più antiche da e

per la Grecia); le sue città, un tempo numerose e

popolose, come rileva il geografo di età augustea

Strabone, sottolineandone la feracità del territorio;

i suoi templi e luoghi di culto, immersi nel paesaggio

di rocce e alberi che allora, come in qualche caso

fortunato ancora oggi, doveva caratterizzare la

terra dei Messapi.

Sin dall’età più antica gli Japigi-Messapi hanno

significativi rapporti e scambi con l’altra sponda

dell’Adriatico; naviganti e commercianti greci

frequentano le coste del Salento, dove già dall’800

circa a.C. Otranto sembra proporsi come l’approdo

adriatico più importante, svolgendo anche il ruolo

L e c i t t a ’ m e s s a p i c h e

n e l S a l e n t o

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di centro di redistribuzione verso gli abitati del retroterra. A partire dal VI secolo a.C.

le trasformazioni dovute all’influenza della cultura greca diventano sempre più evidenti:

alcuni abitati assumono un’organizzazione di tipo urbano (Cavallino, Oria); le monete

greche circolano in Messapia e vengono tesaurizzate; manufatti (soprattutto bronzi)

sono importati dalle città greche dell’Italia meridionale e deposti nelle tombe (Ugento)

o offerti nei santuari (Oria); una parte della produzione ceramica riprende forme e

motivi decorativi greci. Tra V e III a.C. alcuni centri iniziano a coniare moneta (Valesio,

Brindisi, Nardò, Oria, Ugento e i non identificati Graxa, Kasarium, Samadi e Sturnium).

Nel IV secolo i centri messapici si cingono di imponenti cerchie murarie costruite

alla greca.

Fino all’età romana i Messapi conservano la propria identità culturale, che si manifesta

soprattutto nella forma e articolazione degli insediamenti, che inglobano anche tombe

e aree agricole (Vaste), e nella tecnica costruttiva delle case (Cavallino); nella tipologia

dei luoghi di culto, frequentemente ubicati in grotta (S. Maria di Leuca, Ruffano, Oria,

Rocavecchia); nella persistenza della lingua e delle produzioni ceramiche, come la

‘trozzella’, una piccola anfora per l’acqua caratteristica dell’area messapica.

Le testimonianze scritte lasciate dai Messapi consistono quasi esclusivamente in iscrizioni

funerarie o cultuali, ampiamente diffuse nel territorio dal VI al I secolo a.C. Esse

documentano il culto di divinità dai nomi in parte simili a quelli greci (Damatra, Aprodita,

Zis), in parte locali (Thaotor). Gli antroponimi sono invece di matrice epicoria ed anche

le formule onomastiche (prenome + gentilizio: e.g. Dazet Thaotorres) si differenziano da

quelle in uso presso i Greci (prenome + patronimico) o i Romani (praenomen + nomen +

cognomen).

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M e s a g n e

M u r o

L e c c e s e

O t r a n t o

S . P a n c r a z i o

S a l e n t i n o

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l e g e n d a

Mesagne

S. PancrazioSalentino

Lecce

Otranto

MuroLeccese

Leuca

Egnazia

S. Vito dei Normanni

Muro Maurizio

Muro Tenente

Manduria

Li Castelli

Valesio

CavallinoRudiae Rocavecchia

Nardo' Soleto

Alezio

Castro

Ugento

Vereto

Brindisi

Carovigno

Oria

Ceglie Messapico

Ostuni

I Fani

Ru�ano

Vaste

Porto Cesareo

Torre S. Giovanni

S. Pietro

Masseria Vicentino

Monte Salete

Gr. di Agnano

Torre dell'Orso

Abitati

Luoghi di culto

età del ferro (IX-VIII a.C.)

età arcaica (VI-V a.C.)

età ellenistica (IV-III a.C.)

età romana (III a.C.)

N

E

S

O

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Punto di partenza del percorso sui Messapi non può che

essere Otranto, il centro più orientale d’Italia, la “Porta

d’Oriente”. Prima della fondazione della colonia latina di

Brindisi (metà III secolo a.C.) e, in misura diversa, fino ai

nostri giorni, il suo porto ha rappresentato lo sbocco

privilegiato dei contatti con l’Oriente, nonché il simbolo

della vocazione naturale del Salento come crocevia di popoli

e civiltà. Ne rappresentano una evidente conferma le

ceramiche di produzione greca (corinzie, attiche, orientali)

presenti in numero consistente in tutte le fasi di vita

dell’abitato, a partire dalla fine del IX secolo a.C. Nella

seconda metà del IV secolo a.C., al pari delle altre città

messapiche, il centro viene racchiuso entro una cinta muraria

a blocchi squadrati. A ridosso di una delle porte e ai bordi

di una strada che collegava l’abitato al porto sono stati

trovati di recente alcuni cippi funerari (inizi III secolo a.C.),

relativi a una necropoli monumentale extraurbana: alti fino

a due metri, essi recano incise formule onomastiche

messapiche (prenome + gentilizio maschile). In assenza di

un Museo locale, le uniche testimonianze oggi visibili ad

Otranto della sua lunga e intensa storia sono le due iscrizioni

romane inglobate nel portale di una casa del centro storico.

L’insediamento ubicato nei pressi di S. Pancrazio (Li Castelli),

oggetto di una recente e preliminare indagine, rappresenta

un esempio di abitato di piccola estensione, la cui continuità

di occupazione va dall’età del Ferro all’età romana.

L’anonimo centro individuato a Muro Leccese ripropone al

visitatore l’immagine di una città messapica di IV secolo

Muro LecceseParticolare delle mura messapiche

15

Muro LecceseCratere attico a figure nere

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Muro LecceseL’area archeologica in località Cunella

a.C. di grande estensione (oltre i 100 ettari):

le mura, un settore abitativo e un nucleo

funerario ‘gentilizio’ posto all’interno

dell’abitato. Il percorso delle mura, spesse

tre metri e visibili per un’altezza di 2-3 metri,

affiora sul terreno per oltre 1 km. Esse sono

realizzate a grandi blocchi squadrati e sul

lato nord (località Sitrie) è visibile l’unica

porta finora riportata alla luce. All’interno

delle mura, in località Cunella, è in corso di

scavo un settore dell’abitato: una strada dal

tracciato rettilineo è fiancheggiata da una

casa che, secondo un modello ampiamente

diffuso in Messapia, è costituita da pochi

ambienti allineati sulla strada e da un grande

cortile. Poco lontano, due tombe a

semicamera scavate nel banco roccioso

documentano un altro aspetto tipico degli

abitati messapici: l’alternanza di spazi

abitativi e spazi funerari. Da quest’area

proviene un cratere a figure nere di

produzione attica, che rappresenta uno dei

primi documenti della presenza di

aristocrazie a Muro Leccese già a partire

dall’età arcaica (fine del VI secolo a.C.).

Mesagne integra perfettamente la

documentazione di Muro Leccese attraverso

una ricca testimonianza sulle necropoli.

l e c i t t a ’ m e s s a p i c h e

OtrantoCippo funerario messapico con iscrizione

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Mesagne, via S. PancrazioTomba a semicamera

I corredi funerari esposti nel locale Museo (ospitato nelle

sale del Castello) riflettono le trasformazioni economiche

che hanno interessato la società messapica di Mesagne tra

l’età arcaica e la conquista romana: l’omogeneità delle

sepolture e la sobrietà dei corredi nel VI e V, l’affermarsi

delle aristocrazie nel IV e la persistenza di alcune di esse

fino al II secolo a.C. La tomba di via S. Pancrazio, ricostruita

all’interno dello stesso Museo, esemplifica il rituale

funerario messapico di IV a.C.: in grandi tombe a

semicamera dipinte sono deposti, nel corso del tempo, i

defunti di una stessa famiglia, ciascuno accompagnato da

un proprio corredo funerario; ogni nuova deposizione

comporta la rimozione e la conservazione, nella stessa

tomba o in un deposito creato accanto, degli elementi di

quella precedente (oggetti di corredo, ossa). Il numero e

la qualità dei 33 oggetti che hanno accompagnato le diverse

deposizioni definiscono la continuità d’uso della sepoltura

(metà IV - II secolo a.C.) e rappresentano un chiaro

indicatore delle capacità economiche dei proprietari.

Riferimenti bibliogra�ci

Autori Vari, I Messapi, Atti del XXX Convegno di studi sulla

Magna Grecia – Taranto 1990, Taranto 1991.

F. D’Andria, Messapi e Peuceti, in Autori Vari, Italia omnium

terrarum alumna, Milano 1988, pp. 653-715.

M. Lombardo, I Messapi e la Messapia nelle fonti letterarie greche

e latine, Galatina 1992.

le

c

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Mesagne, via S. PancrazioCratere con decorazione sovraddipinta

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l u o g h i d i c u l t o b i z a n t i n i

Tra la fine del IX e la seconda metà dell’XI secolo il

Salento è una provincia bizantina, con Bari capitale

e Otranto sede arcivescovile (968 d.C.), dipendente

direttamente dal patriarcato di Costantinopoli.

Le numerose chiese rupestri che costellano la regione

risalgono, con ogni probabilità, a questo periodo.

La storiografia romantica ha spesso legato questi

luoghi di culto alla presenza di monaci eremiti.

In realtà le chiese ‘in rupe’ sono per lo più legate a

forme di devozione privata e hanno una funzione

funeraria, come si evince dalle iscrizioni in greco,

campite presso gli affreschi e che ricordano i

committenti e le loro famiglie.

Commoventi dediche votive si trovano dipinte, per

esempio, presso gli affreschi della tomba ad arcosolio

della cripta di S. Cristina a Carpignano, di piena età

bizantina, o emergono dallo sfondo blu notte che

accoglie la rappresentazione di S. Nicola di Myra e

della Vergine con Bambino (XI secolo), conservata

nel museo degli affreschi di Poggiardo e proveniente

dalla cripta di S. Maria degli Angeli.

Le cripte sono state frequentate per lungo tempo,

come dimostra il sovrapporsi degli strati di affresco

e la lenta evoluzione dello stile pittorico.

Ciò appare evidente nella cripta dei SS. Stefani di

Vaste, dove si possono scorgere i bei volti degli

apostoli Filippo e Andrea, stilisticamente affini ad

opere greche di X secolo, o i fieri Arcangeli campiti

presso la navata sinistra e ascrivibili all’XI secolo e,

per finire, la decorazione dell’abside centrale, di

pieno XIV secolo e di segno marcatamente

occidentale. Il programma decorativo delle cripte

si polarizza sulle rappresentazioni di santi, mentre

sono quasi del tutto assenti i cicli pittorici sulla vita

di Cristo o dei santi; l’unica scena evangelica è quella

dell’Annunciazione. Nelle absidi è molto diffusa

l’iconografia di Cristo in Trono (Deisis ), affiancato

dalla Vergine e da S. Giovanni Battista, tipica degli

edifici funerari.

G l i a f f r e s c h i d i e t à

b i z a n t i n a e n o r m a n n a

n e l S a l e n t o

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Le chiese costruite in superficie hanno invece una funzione pubblica e seguono il principio

caro a Papa Gregorio Magno di usare la pittura come forma di scrittura (pictura quasi

scriptura). Sulle pareti, infatti, ricorrono spesso i cicli evangelici, che ricordano la vita di

Cristo ai fedeli, come, per esempio, nella chiesa di S. Pietro ad Otranto o di S. Maria

della Croce a Casaranello.

Più rari sono i cicli dedicati alla vita dei santi. Il più importante si trova nella chiesa di

S. Marina a Muro Leccese ed è dedicato alla vita di S. Nicola di Myra che inizialmente

era il santo titolare dell’edificio di culto.

La grecità si radica fortemente fra la popolazione salentina che continua a parlare,

scrivere e pregare in greco ben oltre la fine della dominazione bizantina.

Ciò viene favorito dalla diffusa presenza di monaci italo-greci e dalle ulteriori fondazioni

di monasteri bizantini da parte di conti, principi e sovrani normanni.

Gli esempi più interessanti sono costituiti dall’abbazia di S. Maria di Cerrate, fondata

(secondo le recenti scoperte) alla fine dell’XI secolo e ricostruita all’epoca di Tancredi,

ultimo re di Sicilia; e dal monastero dedicato a S. Nicola presso Casole (1098 - 1099),

nelle immediate vicinanze di Otranto, oggetto di importanti donazioni da parte di

Boemondo I d’Altavilla, principe di Antiochia.

C a r p i g n a n o

G i u r d i g n a n o

M e s a g n e

M u r o

L e c c e s e

O t r a n t o

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l e g e n d a

Mesagne

S. PancrazioSalentino Lecce

Otranto

MuroLeccese

Nardo'

Castro

Ugento

Brindisi

OriaS. Maria di Cerrate

Surbo

S. CesarioCopertino

GalatinaCursi

Carpignano Salentino

Giurdignano

Alezio Vaste

Casarano

Patù

Fasano

Torre S. Susanna

S. Vito dei Normanni

Sanarica

Soleto

UggianoLa Chiesa

Poggiardo

Sannicola

Supersano

Miggiano

Specchia

S. Cassiano

Sternatia

Veglie

Cripte

Chiese

Abbazie

Cattedrali

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Otranto, chiesa di San PietroLavanda dei Piedi

Carpignano Salentino, cripta SS. Marina e CristinaVergine Annunciata

21

La dominazione bizantina ha lasciato una testimonianza

significativa nella suggestiva chiesetta di S. Pietro ad Otranto,

la cui architettura a croce greca inscritta in un quadrato si

ispira a modelli greci di X secolo.

La decorazione ad affresco si compone di numerosi strati

e copre un arco di tempo che va dal X al XVI secolo.

Al periodo più antico vanno ricondotti i due brani del ciclo

cristologico (Ultima Cena, Lavanda dei Piedi), collocati nella

volta a botte del presbiterio e affrescati, con ogni

probabilità, da un pittore di origine greca.

La narrazione evangelica per immagini viene ripresa nel

XIII secolo e, benché il periodo bizantino sia un lontano

ricordo, lo stile aggiornato ed elegante degli affreschi (la

Resurrezione, la Pentecoste), campiti nella volta a botte

del presbiterio (bema), fa riferimento a opere greche della

fine del Duecento.

La preghiera spesso si svolge in luoghi di culto sotterranei,

come, per esempio, a Carpignano nella cripta dedicata a

Santa Cristina. La prima fase decorativa interessa l’abside

di sinistra dov’è raffigurato Cristo in Trono, fra la Vergine

Annunziata alla sua sinistra e l’arcangelo Gabriele a destra.

Un’iscrizione ricorda che l’affresco è stato eseguito nel 959

dal pittore Teofilatto per volere del prete Leone e di sua

moglie Crisolea.

All’XI secolo risale la tomba ad arcosolio con la

raffigurazione di Santa Cristina, affiancata da una lunga

iscrizione metrica in greco che ricorda Stratigoulés, figlio

defunto di un dignitario locale che affida l’anima del

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l u o g h i d i c u l t o b i z a n t i n i

Giurdignano, cripta di San SalvatoreSanto vescovo

Muro Leccese, chiesa di Santa MarinaPadre della chiesa

giovane alla “vittoriosa Vergine Cristina”, a

San Nicola e alla Vergine Maria, campiti nei

sottarchi.

A Muro Leccese, nella chiesa dedicata in epoca

moderna a Santa Marina, è rappresentata

l’Ascensione di Cristo, databile al X secolo

per affinità formali e iconografiche con

opere della Cappadocia. Nella navata sono

affrescate scene della vita di S. Nicola di Myra

(XI secolo), al quale era consacrata in origine

la chiesa e le cui reliquie sono conservate,

dal 1087, nella Basilica di Bari a lui dedicata.

Nella chiesa paleocristiana di San Lorenzo,

a Mesagne, sono rimasti pochi tratti di

affresco, con la rappresentazione di due sante

martiri, campite presso l’abside di destra (XI

secolo).

Alla fine del XII secolo lo stile pittorico

salentino comincia ad evolversi, aprendosi

verso orizzonti latini. A Giurdignano, la chiesa

ipogea dedicata al Salvatore è uno dei più

alti esempi di architettura in rupe di Terra

d’Otranto: la pianta richiama dichiaratamente

quella di edifici greci come San Pietro a

Otranto. Il soffitto è inciso con croci che

sovrastano le absidi e la decorazione pittorica

va datata alla prima metà del XIII

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ul

to

b

iza

nt

ini

23

secolo. Gli affreschi meglio conservati sono quelli della

Vergine fra Angeli, nel catino absidale, e dell’Annunciazione

presso la navata destra.

Allo stesso periodo risalgono gli evanescenti affreschi

campiti presso la cripta dedicata a S. Solomo a Uggiano la

Chiesa, la cui architettura ricorda gli edifici sopra terra di

ascendenza orientale, nei quali la zona sacra è separata

dalle navate con alte partizioni in pietra.

Di grande interesse è la cripta di S. Giorgio a Cursi, unico

esempio nel Salento di chiesa rupestre dove il simbolo della

croce viene più volte ripetuto, inciso o dipinto. Le immagini

dei santi raffigurati sulle pareti presentano dei tratti

nostalgicamente bizantini.

La cripta di Sant’Angelo nei pressi di San Pancrazio

Salentino ha una decorazione pittorica che si polarizza su

pannelli con ritratti di santi vescovi ed eremiti e la figura

di San Vito. Una seconda cripta, dedicata a S. Antonio

Abate, è sulla strada per Mesagne.

Riferimenti bibliogra�ci

C. D. Fonseca, A. R. Bruno, V. Ingrosso, A. Marotta, Gli

insediamenti rupestri medievali nel basso Salento, Galatina 1979.

M. Falla Castelfranchi, Pittura monumentale bizantina in Puglia,

Milano 1991.

F. Dell’Aquila, A. Messina, Le chiese rupestri di Puglia e Basilicata,

Bari 1998.

Cursi, cripta di S. GiorgioSanta Parasceve

San Pancrazio, cripta di S. AngeloS. Vito martire

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i l m e d i o e v o

Il Salento è stata la regione italiana più a lungo

sotto la dominazione dell’Impero Bizantino, dalla

riconquista dell’Italia da parte di Giustiniano (VI

secolo) sino all’invasione normanna (XI secolo). Dopo

la guerra greco-gotica (535-554), il territorio entra

nelle mire dei Longobardi, arrivati in Italia nel 568.

Agli inizi dell’VIII secolo la Puglia è suddivisa tra

l’occupazione longobarda (a nord) e il controllo dei

Bizantini (a sud).

Per tutta l’età bizantina Otranto rimane il centro

più importante del Salento, sia a livello

amministrativo che economico; nel 967/8 viene

elevata ad arcivescovado autocefalo, ricoprendo

così un ruolo di rilievo anche sul piano ecclesiastico.

A partire dall’VIII secolo è un centro produttore di

ceramiche (anfore da trasporto) per l’esportazione

dei prodotti agricoli del suo hinterland.

L’occupazione normanna è condotta da Roberto il

Guiscardo e, a partire dal 1068, vengono occupate

I l M e d i o e v o

n e l S a l e n t o

in successione Otranto, Lecce, Taranto, Brindisi ed

Ostuni. Con la presa di Bari (1071) si chiude

definitivamente il dominio bizantino nell’Italia

meridionale. La conquista normanna comporta una

riorganizzazione dell’assetto fondiario e dal XII

secolo si registra una crescita numerica dei villaggi

(casali). Il lungo controllo di Bisanzio aveva portato

ad una grande diffusione del rito greco tra la

popolazione; i Normanni, alleati della Chiesa

romana, non mostrano alcuna ostilità verso questo

credo religioso, ma al tempo stesso avviano e

perseguono un processo di latinizzazione del

territorio: costruiscono chiese nei villaggi, sia di

nuova fondazione che già esistenti (Quattro Macine,

Aurìo), e cattedrali nelle più importanti città del

Salento (Otranto, Taranto, Brindisi), dando anche

un forte impulso al monachesimo benedettino (S.

Maria di Nardò, SS. Niccolò e Cataldo).

Federico II (prima metà del XIII secolo) rivolge

un’attenzione particolare alla Puglia, dovuta

soprattutto alla posizione strategica di questa

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regione nei rapporti commerciali con l’Oriente. Sono pertanto i due porti sull’Adriatico,

Brindisi ed Otranto, a vedere aumentare progressivamente il proprio ruolo come punti

di imbarco, anche in relazione alle spedizioni dei Crociati e ai pellegrinaggi alla volta

della Terra Santa.

Con l’ascesa al trono di Carlo I d’Angiò, figlio del re di Francia, il Salento rafforza la sua

posizione di testa di ponte con l’altra sponda dell’Adriatico, dove gli Angioini avevano

forti interessi politici ed economici.

La diffusione in Grecia, tra XIII e XIV secolo, di ceramiche prodotte nel Salento e la

presenza in Italia di monete coniate nei regni latini in Grecia, rispecchiano con evidenza

gli stretti legami esistenti tra le due sponde. In questo clima di scambi si colloca anche

l’arrivo di popolazione dai Balcani che portano nuova linfa alla liturgia greca.

Nel corso del XIV secolo la congiuntura economica negativa che attraverserà tutta

l’Europa, a cui non fu estraneo lo scoppio della peste, crea le basi per un cambiamento

del paesaggio agrario.

All’abbandono di molti villaggi si associa la riorganizzazione di altri (Muro Leccese,

Acaya, Roca) che si trasformeranno in abitati pianificati e fortificati (Terre),

presagi al Rinascimento.

G i u r d i g n a n o

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i l m e d i o e v o

Mesagne

Lecce

Otranto

MuroLeccese

Nardo'

Castro

Ugento

Brindisi

Oria

Ru�ano

Surbo

Trepuzzi

Acaya

Galatina

Galatone

Martano

Giurdignano

Gallipoli Parabita

Casarano

Presicce

Latiano

Torre S. Susanna

Manduria

Squinzano

Soleto

Nociglia

Taurisano

Leverano

Specchia

S. Foca

Palmariggi

Castello/torre

Borgo fortificato

Monastero

Menhir

Chiesa

Cattedrale

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MesagneChiesa di S. Lorenzo

La chiesa di S. Lorenzo a Mesagne, ubicata a ridosso

dell’antica via Appia, rappresenta una delle rare

testimonianze del paesaggio tardoantico nel Salento.

Oggi essa si articola in un’aula longitudinale divisa in tre

navate, con abside triconca coperta da cupola, ma la

trichora sembra sia da ricondurre ad un edificio di V-VI

secolo d.C., a cui nel Medioevo (XI secolo) viene aggiunto

il corpo longitudinale.

Sempre in età tardoantica (V-VI secolo) comincia la

costruzione della chiesa basilicale dei SS. Cosma e Damiano,

nota come le Centoporte, a Giurdignano. L’edificio, a tre

navate divise da pilastri e precedute da un nartece, conserva

un’abside poligonale di tradizione orientale, realizzata con

blocchi sottratti ad un edificio di età classica.

La basilica non è stata mai portata a termine e nel VII-VIII

secolo viene trasformata in una piccola chiesa che occupa

la navata centrale e che riutilizza l’abside più antica; un

altro vano è da identificare come refettorio e dormitorio.

Abitato da una piccola comunità monastica di rito greco,

il complesso è abbandonato nell’XI secolo, quando entra

a far parte dei possedimenti del monastero italo-greco di

S. Nicola di Casole, fondato nel 1099 nell’entroterra

di Otranto.

La cattedrale di Otranto, consacrata nel 1088, rientra nel

progetto normanno di diffondere la liturgia latina nel

Salento con la costruzione di nuove chiese e monasteri.

A pianta longitudinale a tre navate absidate e transetto,

essa è dotata di una cripta i cui capitelli, in gran parte di

GiurdignanoMonastero dei SS. Cosma e Damiano (Centoporte)

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Otranto, CattedraleMosaico di Pantaleone

reimpiego, sono databili dal V-VI secolo alla

fine dell’XI.

Nel 1163-1165 Pantaleone, su commissione

dell’arcivescovo Gionata, realizza il grande

pavimento musivo dove, ai lati di un albero

frondoso si snodano animali e figure

mostruose, personaggi storici e scene bibliche,

in un compendio di fonti iconografiche

occidentali, orientali e arabe.

Come in gran parte dell’Europa, anche nel

Salento la crisi economica del Trecento

comporta sostanziali trasformazioni

nell’economia e nelle forme di insediamento.

Nel territorio di Muro Leccese, il paesaggio

rurale è popolato da villaggi (Brongo,

Miggiano, Polisano) abitati da poche famiglie

dedite ad un’economia agricola variegata. Tra

XV e XVI secolo i villaggi vengono abbandonati

e i contadini spostati in un luogo centrale,

fortificato, che diventerà l’attuale Borgo Terra.

Questa trasformazione è promossa dalla

famiglia feudataria, con l’intento di

riorganizzare la produzione agricola, puntando

soprattutto sull’uliveto, che rappresenta la

ricchezza del Salento post-medievale.

Il territorio salentino è ricco dei caratteristici

menhir, pietre verticali a sezione

i l m e d i o e v o

GiurdignanoMenhir San Paolo

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Muro LeccesePlastico del Borgo Terra (Marco Travaglini)

quadrangolare, la cui altezza può anche superare i tre

metri. Alcuni, ben costruiti e con angoli smussati,

potrebbero essere stati punti di riferimento religioso

nelle campagne altomedievali, prima che la popolazione

si raccogliesse in villaggi con chiese e cimiteri. Vari

menhir conservano segni di croce incisi lungo le facce ed

un incavo sulla sommità per incastrare una croce in

pietra, o forse in legno.

A Muro Leccese, il menhir in Largo Trice, punto di

congiunzione di tre strade, era posto vicino alla chiesa di

S. Nicola. A Giurdignano, il menhir S. Paolo corona una

piccola cappella rupestre ed è circondato da tombe,

mentre il menhir S. Angelo è situato nei pressi della

chiesa bizantina di S. Salvatore.

Riferimenti bibliogra�ci

P. Arthur, La città in Italia meridionale in età tardoantica:

riflessioni intorno alle evidenze materiali, in Atti del

XXXVIII Convegno di Studi sulla Magna Grecia (Taranto,

2-6 ottobre 1998), Taranto 1999, pp.167-200.

P. Belli D’Elia, Puglia Romanica, Milano 2003.

C. D. Poso, Il Salento normanno. Territorio, istituzioni,

società, Galatina 1988.

C. A. Willelmsen, L‘enigma di Otranto. Il mosaico

pavimentale del presbitero Pantaleone nella Cattedrale,

Galatina 1980.

il

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Muro LecceseRicostruzione grafica del frantoio (Inklink, Firenze)

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c a s t e l l i

Nel XVI secolo la Puglia si pone come terra di

frontiera contro il pericolo turco.

Questo ruolo determinerà, soprattutto in Terra

d’Otranto, conseguenze non secondarie sull’assetto

difensivo delle città e del territorio.

Lecce diviene un centro importante, a scala regionale

e nella geografia dell’intero Mezzogiorno. Il disegno

del suo castello - al pari di quello delle sue mura - si

lega al nome di Gian Giacomo dell’Acaya, architetto

al quale è assegnata anche la realizzazione del borgo

e del castello di Acaya (1536).

Lo stesso impianto planimetrico del castello di Lecce,

caratterizzato da una forma quadrangolare con

possenti baluardi agli angoli e circondato da un

profondo fossato, ricorre nel castello di Copertino

(una delle più grandi fortezze pugliesi del XVI

secolo), commissionato da Alfonso Granai Castriota

al copertinese Evangelista Menga.

Il portale, realizzato nel 1540 e tradizionalmente

attribuito a Francesco Bellotto, è stato definito da

Manieri Elia “il documento centrale della koinè

prebarocca formatasi nel Salento quale eclettica

risultante dell’intreccio di flussi culturali figurativi”.

Allo stesso artista è assegnato anche il portale della

chiesa dei Domenicani di Mesagne, con scena di

Trion� sul fregio (1555).

Anche il territorio subisce nel XVI secolo profonde

trasformazioni a causa della realizzazione di un

sistema di difesa che comprende una linea di torri

lungo la costa e masserie fortificate nell’immediato

entroterra. Queste ultime colmano il vuoto fra la

difesa costiera e i centri fortificati dell’interno.

Le torri colombaie, strutture architettoniche peculiari

del paesaggio salentino, presentano all’esterno una

struttura che le avvicina molto alle opere di difesa.

Dotate di scale interne ad andamento elicoidale,

sono quasi sempre di forma cilindrica; non mancano

tuttavia esempi di forma quadrangolare, soprattutto

nel territorio di Nardò, come la torre in località

C a s t e l l i , m u r a , p a l a z z i

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Trappito, animata da motivi zoomorfi sui quattro angoli, e quella nelle vicinanze della

Masseria Brusca, contraddistinta da una base scarpata e cordolo.

A volte le torri colombaie sono arricchite da iscrizioni: in quella annessa alla masseria

di Celsorizzo, presso Acquarica, un motto fatto incidere dal feudatario Fabrizio Guarino

inneggia all’amicizia.

A partire dalla seconda metà del Cinquecento l’aristocrazia salentina, sull’esempio di

quella napoletana, trasforma le antiche strutture difensive in lussuose residenze mediante

l’apertura in facciata di logge e finestre, la costruzione di “gallerie”, la sistemazione di

giardini e la realizzazione di eleganti portali di accesso.

Ne è un esempio il castello di Corigliano, unico tra i castelli di Terra d’Otranto a resistere

nel 1480 all’assalto dei Turchi, che perde il proprio carattere di fortilizio a seguito

dell’inserimento, ad opera di Francesco Manuli nel 1667, di una facciata scenografica

sulla quale si dispongono, come in una galleria, una serie di figure allegoriche e di eroi

legati alla Spagna, con al centro la figura del committente Francesco Trane.

Altri esempi significativi di questa trasformazione sono la residenza dei Castromediano

a Cavallino, il palazzo dei D’Amato a Seclì, i palazzi baronali di Muro Leccese

e di Mesagne.

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l e g e n d a

Ru�ano

Maglie

Melpignano

Villanova

Mesagne

S. PancrazioSalentino Lecce

Otranto

MuroLeccese

Cavallino

Nardo'

Castro

Ugento

Brindisi

OriaS. Maria di Cerrate

Surbo

Trepuzzi

Arnesano

Lequile

S. Cesario

Acaya

Copertino

Galatina

Galugnano

Galatone

Aradeo

Cutro�ano

Scorrano

MartanoCarpignano Salentino

Casamassella

Giurdignano

GallipoliParabita

Casarano

Tricase

Andrano

Spongano

Acquarica del Capo

Presicce Alessano

Morciano di Leuca

Corigliano d'Otranto

Cannole

Borgagne

MelendugnoVernole

Carovigno

S. Vito dei Normanni

Ostuni

Ceglie Messapico

Francavilla Fontana

palazzi

palazzi baronali

castelli

torri colombaie

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OtrantoIl castello e le mura aragonesi

La Puglia è terra di castelli.

Il nostro percorso può partire da Otranto. Escluso dal

processo di riconversione che coinvolge gran parte dei

fortilizi, il castello aragonese di Otranto, dominante la città

e il porto, ha mantenuto i suoi caratteri originari: un

impianto quadrangolare rinforzato agli angoli da tre

torrioni circolari. Nel 1574 un intervento dell’architetto

senese Tiburzio Spannocchi porta all’aggiunta di un

imponente bastione a sud-est, inglobando uno dei torrioni.

Sul portale di ingresso campeggia il grande stemma di Carlo

V e, più in basso, quello del vicerè don Pedro de Toledo.

La cinta muraria della città è tuttora ben visibile e il fossato

è stato di recente recuperato. Sul lato opposto al castello

è la Porta Alfonsina, che prende nome da Alfonso,

duca di Calabria, liberatore della città dai Turchi nel 1481.

In altri centri la tipologia del castello coesiste con quella

del palazzo nobiliare. A Casamassella è leggibile la base

scarpata con il cordone marcapiano. Il blocco compatto

dell’edificio (XV-XVIII secolo) è ingentilito dal loggiato

centrale, che sovrasta il portale d’ingresso con stemma del

casato dei De Viti-De Marco. All’interno è un giardino con

piante di varie specie.

Complesse stratificazioni caratterizzano, tra XV e XVIII, il

castello-palazzo di Muro Leccese, che si connota all’esterno

per la raffinata decorazione delle finestre del piano

inferiore e, nell’atrio, per il portale datato al 1546.

A Scorrano, nel XVII secolo l’antico castrum medievale è

inglobato nel palazzo baronale dei Guarini, attualmente

Uggiano La Chiesa, CasamassellaPalazzo baronale

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ScorranoPorta nelle mura del Quattrocento

sede di una delle più importanti raccolte

d’arte private del Mezzogiorno. Del circuito

murario resta solo una Porta.

Il castello di Giurdignano, trasformato dai

Capece in Palazzo Baronale, rientra in

un’operazione settecentesca di maquillage

che coinvolge anche lo spazio esterno della

piazza sulla quale prospettano la Matrice

(1705) e la guglia dedicata a San Rocco

(1772), eretta “fuori centro”, in asse con la

strada per Palmariggi.

L’itinerario castelli e palazzi baronali si

conclude a Mesagne, trasformata nel

Quattrocento in città-fortezza dal principe

di Taranto Giovanni Antonio Orsini del Balzo,

che amplia il castello normanno e rafforza

le difese cittadine con la costruzione di solide

mura e torri. I rifacimenti attuati tra XVII e

XVIII secolo per adattare il castello a

residenza nobiliare della famiglia De Angelis

sono opera dell’architetto Francesco

Capodieci. L’edificio ospita oggi il Museo

Civico Archeologico “U. Granafei”.

L’architettura civile di Terra d’Otranto è

caratterizzata dalle case a corte, presenti in

tutti i centri dei ‘Percorsi’, e dai palazzi, sulle

cui facciate portali, finestre, architravi,

colonne e capitelli si connotano per le

i c a s t e l l i

Muro LeccesePalazzo dei Protonobilissimo, particolare

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GiurdignanoPalazzo baronale

abbondanti decorazioni vegetali, zoomorfe e

antropomorfe. Esempi significativi sono a Mesagne il

cinquecentesco palazzo Granafei con portale bugnato e

decorazione delle finestre simile a quelle del palazzo del

Monte di Pietà (1626); palazzo Gaza con la loggia

cinquecentesca formata da eleganti mensoloni a volute,

con decorazione fitomorfa.

Fra le torri colombaie, assume le caratteristiche tipiche delle

torri di difesa quella di Carpignano Salentino, databile alla

metà del Quattrocento, la più imponente tra le circa ottanta

torri censite nella provincia di Lecce. Segnata da due grosse

cornici e con merlature sul fastigio, presenta quattro finestre

e, all’ingresso, gli stemmi degli Orsini del Balzo, signori di

Carpignano.

Riferimenti bibliogra�ci

M. Cazzato, Guida ai Castelli Pugliesi. 1. La Provincia di Lecce,

Galatina 1997.

M. Cazzato, Guida ai Palazzi Aristocratici del Salento. Residenze

giardini collezioni d’arte, Galatina 2000.

R. Congedo, Le torri columbarie nel paesaggio umanizzato

salentino, Manduria 1986.

i c

as

te

ll

i35

CarpignanoTorre colombaia

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i l b a r o c c o

Alcuni anni or sono fu avanzata da Antony Blunt

la proposta di mutare la corrente definizione di

"Barocco leccese" in "Maniera salentina".

Questa esigenza nasceva dal fatto che

l'architettura salentina tra XVII e XVIII secolo,

ancorché un fenomeno di grande fascino, gli

appariva in sostanza estraneo agli ideali barocchi

della Roma e perfino della Napoli del Seicento.

Per lo studioso inglese il solo convento delle

Paolotte di Lecce (1764) denotava una chiara

influenza dell'idioma del Barocco romano, in

antitesi con tutti gli sviluppi architettonici del

capoluogo e dei centri minori postulati su piante

e elementi derivati da modelli cinquecenteschi.

Questa discutibile ipotesi sul barocco leccese

conteneva una innegabile verità: in un momento

in cui altrove già era affermato il Neoclassicismo,

nel Salento maturava il linguaggio barocco che

si sarebbe protratto sino agli inizi dell'Ottocento.

I l B a r o c c o

n e l S a l e n t o

In realtà l'atteggiamento di rinnovamento

culturale della penisola salentina non giunse in

ritardo ma lo si trova radicato nel clima di

rinascita e di libertà che la popolazione di questa

terra si trovò a respirare successivamente alla

battaglia di Lepanto (1570), quando le mutate

circostanze socio-politiche produssero un nuovo

inurbamento.

É l'architettura dei grandi e piccoli centri più

dell'urbanistica, per la quale poche sono le novità

e gli aggiornamenti dei tessuti viari

tardo-medioevali e ancor più raramente

rinascimentali, a rispecchiare questo nuovo

atteggiamento.

Le nuove soluzioni architettoniche danno vita

alla rinascita edilizia di cui l'aristocrazia locale e

soprattutto i vescovi, furono i maggiori promotori,

senza dimenticare il peso rilevante assunto anche

dagli antichi ordini religiosi e da quelli nati a

seguito del rinnovamento controriformista.

La stagione tardo-rinascimentale si concludeva

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nella seconda metà del '500 con le personalità di Giovanni Maria Tarantini e Gabriele

Riccardi quando già si proponevano le nuove fabbriche tardo-manieriste mutuate

dall'esperienza romana, in un contesto, quello della crisi demografica, delle carestie

e delle epidemie del primo Seicento, che non arrestò il sistema di rinnovamento

architettonico già innestato.

Lo scenario delle città tende a mutare.

Chiese, palazzi, conventi appaiono sempre più sontuosi e fastosi grazie all'opera

e alla perizia di scalpellini e capimastri, più che di architetti, che seppero creare

spazi e scenografie di forte suggestione, innestando su un tessuto viario inviolato

vere quinte architettoniche nelle quali la pietra locale, liberata e scolpita, ben si

prestava al virtuosismo delle ricche ed articolate rappresentazioni scultoree e

decorative di protagonisti come gli Zimbalo, i Penna e il Cino.

C a r p i g n a n o

G i u r d i g n a n o

M e s a g n e

M u r o

L e c c e s e

O t r a n t o

U g g i a n o

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l e g e n d a

Monumenti del barocco

N

EO

Oria

Squinzano

Campi Salentina

Sternatia

Martignano

Matino

Fasano

Mesagne

S. PancrazioSalentino

Lecce

Otranto

MuroLeccese

Cavallino

Nardo'

BrindisiCeglie Messapico

Ostuni

Ru�ano

Francavilla Fontana

Surbo

Lequile

S. Cesario

Copertino

Galatina

GalatoneCutro�ano Maglie

Scorrano

Martano

Carpignano Salentino

UggianoLa Chiesa

Giurdignano

GallipoliParabita

Casarano

Tricase

Presicce Alessano

Melpignano

Vernole

Minervino

S

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Mesagne, piazza Orsini del BalzoVeduta d’insieme della chiesa di S. Anna e del palazzo Parisi

Un itinerario che parte da San Pancrazio, al limite tra la

provincia di Brindisi, quella di Taranto e quella di Lecce

(dove le tracce del barocco appaiono esigue e limitate ad

alcuni decori all'interno della chiesa Matrice), ha una tappa

obbligatoria a Mesagne che rappresenta uno tra i più

raffinati ed eleganti centri della cultura barocca, grazie

anche ad artefici come Giuseppe Cino, attivo nella chiesa

di Sant'Anna.

Il centro è tutto un tessuto edilizio coerente, all'interno

del quale si alterna un'architettura di rango per la ricchezza

dei palazzi, chiese e monasteri, con un'architettura minore

dettata da sobria eleganza.

Un'area omogenea appare, in provincia di Lecce, il territorio

su cui si estendono i comuni di Maglie, Muro Leccese,

Scorrano, e Uggiano la Chiesa, al limite del quale i centri

di Otranto, Cursi, Giurdignano e Carpignano, pur

caratterizzati da importanti presenze medioevali, quando

non di età più antica con quelle enigmatiche presenze che

sono i menhir, presentano notevoli rinnovamenti di età

barocca. A Cursi sono la chiesa Matrice dedicata a S. Nicola,

impreziosita dalla presenza delle sculture di Placido Buffelli,

e l'elegante chiesa santuario dedicata alla Madonna

dell'Abbondanza; a Giurdignano la fabbrica della chiesa

Matrice, che custodisce un dipinto del Catalano, è il

contrapposto barocco alla cripta di San Salvatore e ai menhir

sparsi nel territorio; a Carpignano la chiesa Matrice e il

palazzo baronale dei Ghezzi giganteggiano su un tessuto

viario bizantineggiante.

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Cursi, santuario dell’AbbondanzaProspetto

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Muro Leccese, chiesa dell’ImmacolataParticolare della facciata

Infine Otranto, con la sua cattedrale

medioevale rinnovata dal vescovo De Aste,

contrappone il soffitto a cassettoni lignei di

gusto barocco al monumentale mosaico

pavimentale, mentre nella chiesa di

Sant'Antonio gli altari policromi sono opere

seicentesche di Ambrogio Martinelli.

È però lo spazio della piazza di Muro Leccese,

antico sito messapico, a rappresentare una

suggestiva novità e modello nello sviluppo

urbano ed architettonico del Salento, dove

contrapposti appaiono la chiesa Matrice, il

palazzo baronale e la chiesa confraternita

dell'Immacolata. A pochi chilometri è la chiesa

Matrice di Uggiano, trionfo di stucchi

settecenteschi contrapposti alla grande tela

della controfacciata e a quelle del secondo

ordine della navata, opera di Oronzo Tiso, e

disposte sul modello della cattedrale di Gallipoli.

Non lontano si trova Scorrano dove il seicentesco

palazzo Frisari si presta, con le ristrutturazioni

settecentesche, a diventare modello di

un'architettura dal gusto scenografico,

legandosi strutturalmente con la chiesa Matrice,

all'interno della quale gli altari in pietra del '600

si mescolano a quelli più pregiati

i l b a r o c c o

Otranto, Chiesa di S. Antonio da PadovaAltare di S. Antonio da Padova (scultore Ambrogio Martinelli)

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il

ba

ro

cc

o

Scorrano, MatriceStucchi della volta

realizzati nel '700 in tarsie marmoree. A Maglie l'area più

fortemente caratterizzata dal modello barocco è quella

organizzata tra la chiesa delle Grazie, la guglia e la facciata

della Collegiata, nel cui interno sfarzosi arredi del '700

furono realizzati in pietra a imitazione delle più pregiate

decorazioni marmoree napoletane.

Riferimenti bibliogra�ci

C. Brandi, Pellegrino di Puglia, Roma 2002.

M. Calvesi - M. Manieri Elia, Architettura Barocca a Lecce e in

Terra di Puglia, Milano - Roma 1971.

A. Cassiano (a cura di), Il Barocco a Lecce e nel Salento, cat.

Mostra (8 aprile-30 agosto), Roma 1995.

M. Cazzato, Guida ai palazzi aristocratici del Salento: residenze,

giardini, collezioni d'arte, Galatina 2000.

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Scorrano, MatriceParticolare dell’altare maggiore

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l e a t t i v t a ’ p r o d u t t i v e

Il Salento è terra operosa e laboriosa e i suoi abitanti

“un popolo quieto, attivo, intelligente” dedito da

sempre alla cultura del fare.

Fiorenti realtà industriali e artigianali si sono

conservate e tramandate per secoli: frantoi,

distillerie, stabilimenti vinicoli, tabacchifici, fabbriche

di ebanisteria, mulini e pastifici, cave. Di questa

realtà restano oggi delle ‘orme’, sufficienti a

costruire una mappa dei luoghi ancora attivi.

La presenza di immense distese dorate di oliveti

segna profondamente il paesaggio salentino e la

produzione dell’olio ne rappresenta una delle

principali risorse economiche.

La civiltà rurale di un tempo (XV – XVIII secolo) rivive

tuttora nei frantoi ipogei, "miniere di oro liquido"

dove l’uomo trascorreva interminabili giornate di

lavoro.

Essi sono presenti in ogni paese e un recente

censimento ne ha schedati quasi un centinaio.

A t t i v i t a ’ p r o d u t t i v e

n e l S a l e n t o

Alcuni sono stati mirabilmente musealizzati e illustrano

ai visitatori l’antico processo produttivo, recuperando

così una preziosa memoria industriale.

Più limitata è l’industria dell’alcol, nata a San Cesario,

un piccolo centro a pochi chilometri da Lecce, nella

prima metà dell'Ottocento e attiva per tutto il

Novecento.

I segni del suo florido passato sono tuttora evidenti

e l'ultimo nome attualmente imperante è quello delle

Distillerie e Liquorificio Cappello.

Un’altra attività produttiva molto diffusa ed

apprezzata è quella del vino.

A Galatina, lo stabilimento di Luigi Vallone offre una

visita rigenerante.

Per gli "enonauti", amanti del turismo del vino,

esistono inoltre percorsi collaudati in cui spiccano

l'Azienda Agraria Duca Guarini a Scorrano e la Vinolea

di Alezio, una delle cantine più importanti del basso

Salento, nata nei primi anni del Novecento. A Salice

Salentino si può visitare l'Azienda Vitivinicola dei Conti

Leone De Castris, la più antica del Salento,

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C a r p i g n a n odensa di storia e onorificenze, con annesso un museo degli strumenti anticamente usati

nella viticultura.

Il panorama delle produzioni alimentari è completato dalla pasta e dai dolci, questi ultimi

famosi quanto il Barocco. Uno dei pastifici più antichi, tuttora attivo, è a Maglie (Cavalieri).

La tradizione dolciaria affonda le sue radici nella ditta Cesano, produttrice di un

particolare tipo di marmellata (cotognata). Nata a Lecce e diventata l’industria più

propulsiva e più rappresentativa nel ramo dei dolci salentini, in una mostra mondiale

del 1926 essa ha potuto contare sull’approvazione di esponenti della Casa Reale.

L’artigianato è un altro settore produttivo tipico del Salento. La tessitura ha il suo centro

più attivo a Casamassella, presso Uggiano La Chiesa, dove vengono create stoffe pregiate

che conservano una tradizione tramandata dall’Ottocento. Ancora più diffusa è la

produzione della ceramica. A Cutrofiano, San Pietro in Lama, Lucugnano e Torrepaduli

questa attività ha una storia secolare.

Nel paesaggio salentino le cave sono voragini disseminate nella pianura. La pietra viene

estratta per costruire, ma anche per creare e scolpire. Estese e famose sono le cave di

carparo di Gallipoli (località Mater Gratiae); quelle di pietra leccese di Lecce (località Marco

Vito), Cavallino (località Duca di Torrevecchia), Cursi e Melpignano. Alcune cave, dismesse

da tempo, sono state recuperare e valorizzate, trasformandosi in spazi destinati a

rassegne culturali estive.

C u r s i

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M a g l i e

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l e g e n d a

Molini e pastifici

Palmenti e stabilimenti vinicoli

Cave

Distillerie

La carta di distribuzione dei frantoi non è inclusa in

quanto in ogni paese ne è presente almeno uno.

N

E

S

O

Alezio

Salice Salentino

Lecce

Vernole

Morciano di Leuca

Leverano

Calimera

Maglie

Martano

Corigliano d'Otranto

Ugento

Collepasso

Casalabate

Parabita

Tuglie

Trepuzzi

Veglie

Guagnano

NovoliCampi Salentina

MonteroniCarmiano

MelissanoMatino

Copertino

S. Donato

Arnesano

Cursi

Gallipoli

Galatina

Villa Convento

S. Pietro Vernotico

Cutro�ano

Nardo'

Galatone

Squinzano

Cavallino

Tricase

Alessano

Acquarica del Capo

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Muro Leccese, Palazzo dei ProtonobilissimoFrantoio

La presenza di frantoi ipogei in tutti i Comuni del percorso

documenta come la produzione dell’olio sia sempre stata

una delle prime risorse economiche del Salento. Cosimo

Moschettini parla di “grotte sotteranee scavate nel tufo o

in una pietra calcarea più o meno dura, detta volgarmente

leccese”. In alcuni paesi salentini questi luoghi sono stati

recuperati e resi visitabili.

L’edificio più grande, ma anche il più caratteristico per le

sue modalità costruttive è il frantoio di Giurdignano, mentre

quello di Uggiano La Chiesa ha una pietra molare gigante

(m. 2.20).

I frantoi ipogei di Scorrano e di Carpignano Salentino hanno

entrambi un rapporto con il vino, dato che il primo è stato

riconvertito in cantina per la conservazione del vino

e il secondo è diventato celebre per aver ospitato per anni

la settembrina “festa del vino”. Ben conservati sono anche

i frantoi di Mesagne e di Muro Leccese, quest’ultimo

interamente edificato con conci di pietra locale.

L’attività vitivinicola, altro fiore all’occhiello della produzione

salentina, è ormai inserita a pieno titolo nei circuiti più

famosi del Movimento del Turismo del Vino. Una sosta

nell’Azienda del Duca Guarini di Scorrano permette di

partecipare a tutto il processo produttivo, dalla viticultura,

alla pigiatura, alla conservazione, all’imbottigliamento. In

alcune ville di campagna appartenenti a famiglie benestanti

si conservano ancora piccoli palmenti con pigiatrice,

simbolo di una cultura ben radicata e diffusa nel territorio.

Uno dei più antichi pastifici salentini è Cavalieri di Maglie.

Scorrano, Azienda del Duca GuariniFrantoio riconvertito in cantina

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MagliePastificio Cavalieri

Il suo stabilimento fu progettato e

inaugurato nel 1918 dal nonno Benedetto

Cavalieri col preciso intento di produrre pasta

di qualità.

La conduzione familiare è andata avanti e

ancora oggi nello stesso stabilimento,

ristrutturato accuratamente per conservare

l’antico metodo di lavorazione, viene

prodotta pasta di semola extra, venduta con

un’accattivante etichetta bluette dotata di

tutte le informazioni per il consumatore,

rigorosamente autografate dall’autore. Il

metodo di lavorazione, chiamato ‘delicato’,

comporta una prolungata impastatura, una

lenta gramolatura, pressatura, trafilatura ed

essiccazione a bassa temperatura.

La tradizione dolciaria salentina è

degnamente rappresentata a Maglie dalla

Ditta Maglio. Nel suo show-room questa

particolare arte si esibisce con una ricca

gamma di prelibatezze per palati raffinati.

Da preferire i dolcetti con pasta di mandorla,

le “delicatezze” al caffè o al croccante, il

“delizioso” alla nocciola o alla mandorla.

Sfiziose anche le fave di cacao, selezionate,

tostate, sbucciate una ad una e ricoperte di

cioccolato fondente.

A Casamassella, a pochi passi da Uggiano

l e a t t i v i t a ’ p r o d u t t i v e

Uggiano La ChiesaTessitrice al lavoro

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CursiCave per l’estrazione della pietra

La Chiesa, la Fondazione Le Costantine, immersa in un parco

e inserita in un vecchio complesso masserizio, conserva e

ripropone tutte le forme della tessitura. Mani che

scandiscono la giornata a ritmo di pettine e navetta su

antichi telai producono stoffe dai mille colori, di lino o di

cotone, a strisce, a fiori, a quadretti o con figure

geometriche, rifinite a punto giorno, con merletti, ricami

o pizzi “chiacchierini”. La pietra di Cursi è ancora oggi

estratta e ampiamente utilizzata nell’edilizia, e un

importante ecomuseo dedicato alla pietra leccese ne illustra

le diverse forme di utilizzazione. Solo per un decennio, tra

il 1960 e il 1970, è stata invece attiva la cava di bauxite nei

pressi di Otranto: immensi depositi di terra rossa, oggi simili

a un piccolo Gran Canyon salentino.

Riferimenti bibliogra�ci

A. Monte, L’antica industria dell’olio, Lecce 2003.

Autori Vari, I monumenti dell’industria a San Cesario di Lecce,

San Cesario di Lecce 2003.

U. La Pietra, Dieci anni di territori di pietra per l’ecomuseo della

pietra leccese, Roma 2000.

F. A. Mastrolia, Società e risorse produttive in Terra d’Otranto

durante il XIX secolo, Napoli 1998.

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ivit

a’

pr

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OtrantoCava di bauxite

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I N D I C E

I l S a l e n t o - L a m o s t r a

La pr e i s t o r i a e p r o t o s t o r i a

L e c i t t à m e s s a p i c h e

G l i a f f r e s c h i d i e t à b i z a n t i n a e n o r m a n n a

I l m e d i o e v o

C a s t e l l i , m u r a , p a l a z z i e t o r r i c o l o m b a i e ( X V I s e c . )

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