Brochure Barocco Festival 2014

32
BaroCCo FeStiVal LEONARDO LEO 2014 early Music experience XVii FeStiVal iNterNazioNale Di MUSiCa aNtiCa

description

www.baroccofestival.it

Transcript of Brochure Barocco Festival 2014

Page 1: Brochure Barocco Festival 2014

BaroCCo FeStiVal LEONARDO LEO 2014

early Music experience

XVii FeStiVal iNterNazioNale Di MUSiCa aNtiCa

Page 2: Brochure Barocco Festival 2014
Page 3: Brochure Barocco Festival 2014

Premio di Rappresentanzadel Presidente della Repubblica

Giorgio Napolitano

Page 4: Brochure Barocco Festival 2014

Conferenze, mostre e concerti sul repertorio musicaledei sec. XVII e XVIII

Direzione artistica | Cosimo Prontera

a cura di

Centro Studi e Documentazione Leonardo Leo

dal 21 agosto al 14 settembreBrindisi, San Vito dei Normanni, Mesagne

PRODUZIONE

unione euroPea f.e.s.r. Puglia

Investiamo nel vostro futuro.

regione PugliaAss. Cultura e Mediterraneo

Provincia di brindisi

città di brindisi

IN COLLABORAZIONE

città di san vitodei normanni

CON LA PARTECIPAZIONE

comune di mesagne

Page 5: Brochure Barocco Festival 2014

coordinamento musicologicoMaria grazia Melucci

segreteria artisticagianlorenzo Sarno

uffi cio stampaMaria Vincitorio

direttore di produzioneMonica D’ambrosio

segreteria di produzioneUffi cio Cultura Città di S. Vito dei N.nni

antonella Schina, elisa amaro, Federica Caniglia, rosario lania

documentazione fotografi caMax Frigione

comunicazione webSimone aretano

progettazione grafi ca - advertisingletizia taveri

edizionela Concordia - Brindisi

MAIN PARTNERS

SPECIAL THANKS

PATROCINIO

GRANDE ALBERGOINTERNAZIONALE

Marina MilitareBrindisi

Info: 347 0604118 baroccofestival.it

Page 6: Brochure Barocco Festival 2014

Viviamo tempi diffi cili dove tutti siamo obbligati a dare il meglio per lasciarli alle spalle e proiettarci oltre. L’occasione è ghiotta per rifarsi alle parole di Einstein: Non possiamo pretendere che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose.  La crisi è la più grande benedizione per le persone e le nazioni, perché la crisi porta progressi. La creatività nasce dall’angoscia come il giorno nasce dalla notte oscura. E’ nella crisi che sorge l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera sé stesso senza essere ‘superato’.La musica può aiutarci a cambiare le cose, a superare noi stessi. Se poi rientra nei tesori da offrire al fi anco delle bellezze paesaggistiche, storiche e culturali che la Puglia possiede e condivide, diventa volano di sviluppo per cancellare quell’angoscia di cui scriveva Einstein.Il Barocco Festival Leonardo Leo, perla nello scrigno della nostra terra, questi stimoli ce li offre: sta a noi coglierli.

Silvia GodelliAssessore al Mediterraneo, Cultura e Turismo - Regione Puglia

E siamo a diciassette: tante sono, infatti, le edizioni del nostro festival, pronto a regalarvi altre magiche serate all’insegna della musica barocca, della musica del nostro concittadino Leonardo Leo, grande Maestro del Settecento.Il festival, dunque, sta per diventare maggiorenne. È cresciuto notevolmente in tutti questi anni, ed è riuscito, di edizione in edizione, a calamitare sempre maggiore attenzione da parte dei numerosi appassionati di musica antica.La formula itinerante e la scelta di luoghi che, proprio come i repertori eseguiti, suscitano emozioni e suggestioni, sono alla base del suo successo.Viviamo tempi diffi cili ed è per questo che gli sforzi di questa Amministrazione, quelli degli altri Enti coinvolti e il prezioso sostegno degli sponsor devono essere rivolti a prodotti di qualità, quale è il Barocco Festival Leonardo Leo.L’apprezzamento di qualifi cati addetti ai lavori e l’affetto del pubblico ci dicono che stiamo percorrendo la strada giusta.A nome dell’intera comunità cittadina, un cordiale benvenuto nella terra natale di Don Lionardo.

Alberto MagliSindaco di San Vito dei Normanni

SalUti

Page 7: Brochure Barocco Festival 2014

Il sistema dell’edilizia per la Cultura.

Page 8: Brochure Barocco Festival 2014

aPPUNtaMeNtiGiovedì 21 Agosto - ore 21.00 - S. Vito dei N.nni - Chiostro dei Domenicani

DroSilla e NeSSoscene buffe e intermezzi nell’opera orismenemusica di LEONARDO LEOlibretto di Carlo De Palmapersonaggi ed interpretiDrosilla: Agata Bienkowska mezzosoprano.Nesso: Carlo Torriani baritono.orchestra barocca LA CONFRATERNITA DE’ MUSICICosimo Prontera dir. al cembalo

Sabato 23 agosto - ore 21.00 - Brindisi - Castello Svevo PRENOTAZIONE OBBLIGATORIA: 347 0604118

Pazzo per aMorecantate, arie e danze nell’italia del xvii e xviii sec.Alessandro Giangrande tenoreorchestra barocca LA CONFRATERNITA DE’ MUSICICosimo Prontera dir. al cembalocoreografi e originali Maria Chiara Di Giulio Compagnia CDG DANZA

Domenica 24 agosto - ore 21.00 - Brindisi - Convento Santa Chiara, atrio interno

DiMiNUtiola pratica dell’improvvisazioneEnsemble le NUOVE MUSICHE Rolf Lislevand direzione.

Mercoledì 27 agosto - ore 21.00 - Mesagne - Chiesa Matrice

artiS MagNae CoNSoNi & DiSSoNi le tarantelle “sacre” del salentoLiuwe Tamminga organo; Luigi Mangiocavallo violino; Ottavia Rausa violino.

Sabato 30 agosto - ore 21.00 - Brindisi - Zona Sciabiche - Porta Ravel

Vorria che tU CaNtaS’ una CaNzoNadalla villanella alla canzona napoletanaRosario Totaro tenore;Giuseppe Naviglio baritono;Nando Di Modugno chitarre.

Domenica 31 agosto - ore 21.00 - S. Vito dei N.nni - Chiostro dei Domenicani

Follie e StraVagaNze alla VeNeziaNai concerti, le sonate di vivaldi e omaggio a l. leoEnsamble L’ARTE DELL’ARCOFederico Guglielmo violino solo e maestro di concerto.

Martedì 2 settembre - ore 21.00 - S. Vito dei N.nni - Chiostro dei Domenicani

leo, Soler e Mozart for tWeNtY FiNgerSmusiche per cembalo a quattro maniDUO: Rossella Policarpo; Basilio Timpanaro clavicembali.

Domenica 14 settembre - ore 20.00 - S. Vito dei N.nni - Chiostro dei Domenicani

tUrCHerie BaroCCHe ad oriente della musica anticaLorenzo Mattei, musicologoEnsemble barocco ReMAOP

Page 9: Brochure Barocco Festival 2014
Page 10: Brochure Barocco Festival 2014

Gli intermezzi drosilla e nesso nacquero come interpolazioni comiche del dramma serio orismene, composto da Leonardo Leo su libretto di Carlo Di Palma e andato in scena nel 1726 al Teatro Nuovo di Napoli. Rispetto al repertorio serio del Teatro San Bartolomeo, orismene rappresentava un caso un po’ particolare. Il teatro Nuovo si sarebbe di lì a poco specializzato nella commedia per musica, genere affi ne all’intermezzo, ma più ambizioso per durata, struttura e ricchezza linguistica. Dal settembre 1725 al carnevale 1726, il Nuovo volle invece sperimentare la riuscita del dramma per musica in un circuito alternativo rispetto al teatro di corte. L’impresario Angelo Carasale produsse così un’opera eroica con un cast tipico di una commedeja pe mmuseca: così come il librettista Di Palma, solitamente non attivo nel genere serio, i cantanti erano specialisti comici. I soli che in orismene per registro drammatico si trovavano già “a casa loro” erano così Marianna Monti e Giuseppe Fiorillo, interpreti delle parti buffe Drosilla e Nesso. La vicenda di orismene ruota intorno al desiderio di vendetta dell’eponima principessa armena, che ha perso il padre Tigrane per mano di Rodobano, re di Cilicia, e all’incontrollabile amore che ella prova proprio per l’autore del delitto. Prima di cadere vittima dei suoi sentimenti, Orismene si presenta a Rodobano in spoglie maschili, accompagnata dalla principessa Alidora, sua complice. Ma qui nascono le complicazioni: Ersilia, sorella di Rodobano, alla vista di Aldimiro/Orismene, ne rimane infatuata; Orismene stessa, in barba a ogni impulso vendicativo, si innamora appunto dell’acerrimo nemico; e Rodobano arde altrettanto improvvisamente di passione per Orismene, ma credendola Aldimiro, non sa spiegare la natura dei suoi sentimenti. Solo dopo che Arsete, zio di Orismene, si rassegna ad accettare l’unione tra la nipote e Rodobano, la vicenda trova la tradizionale conciliazione fi nale: insieme alla coppia principale, si uniscono in matrimonio Alidora e il suo antico amore, il principe Arbace; Ersilia, avendo rinunziato al sedicente Aldimiro, è destinata ad Arsete. Come spesso accade per gli intermezzi ancora legati al relativo dramma, non è diffi cile scorgere tra azione principale e scene buffe un legame fatto di situazioni “raddoppiate” e allusivi rispecchiamenti delle gesta compiute nella sfera elevata dei personaggi seri. Il mondo “basso” della coppia servile appare come una riproduzione in miniatura delle azioni eroiche: nel (ri)vivere duelli, complicate seduzioni a base di

«… Quanti sono li genii, di chi va a sentir l’opera …». Metateatro e altri motivi drammaturgici negli intermezzi Drosilla e Nesso.

DroSilla e NeSSoSCENE BUFFE E INTERMEZZI NELL’OPERA ORISMENE

giovedì 21 agosto - ore 21.00S. Vito dei N.nni - Chiostro dei Domenicani

musica di LEONARDO LEO (1694 - 1744)

libretto di Carlo De Palma

personaggi ed interpretiDrosilla: Agata Bienkowska mezzosoprano

Nesso: Carlo Torriani baritono

orchestra barocca LA CONFRATERNITA DE’ MUSICI

Cosimo Prontera dir. al cembalo

regia Carlo Torriani

scenografi a e costumi Gerardo Spinelli

coreografi e originali Maria Chiara Di GiulioCompagnia CDG DANZA

trascrizione e revisione del testo musicaleCosimo Prontera

revisione del testo letterario Angelo De Leonardis

Prima esecuzione in tempi moderni---

conduce Raffaele Romano

prima esecuzione 19, gennaio 1726napoli, teatro nuovo.

Grati al M.O. Giuseppe A. Pastore. Questo appuntamento è a Lui dedicato.

Page 11: Brochure Barocco Festival 2014

mascheramenti e invenzioni, i personaggi socialmente svantaggiati sembrano sublimare il divario tra la loro realtà quotidiana e l’irraggiungibile mondo dei “grandi”. L’incontro tra Drosilla e Nesso ha luogo nella scena I, 14, per mezzo di un’arietta monostrofi ca a due, o bella mia speranza, uno di quei canti dal testo volutamente generico, che negli stessi anni venti e trenta del Settecento introducono, con più ampie ambizioni, il genere affi ne della commedia per musica. Nesso si spaccia per un valoroso soldato, attribuendosi quelle doti che più tardi, all’inizio del primo intermezzo (I, 26), egli esalta nel suo stesso padrone Arbace. Nel duetto, Signor alfi ere la riverisco, Drosilla ha immediatamente compreso l’indole fanfarona del “capitano”, e lo motteggia elencando i suoi presunti titoli militari in cellule motiviche iterate ogni volta un tono sopra, con un’idea tecnicamente tanto semplice quanto effi cace per effetto comico. Ma è il duetto nel suo complesso a meritare attenzione, poiché esso sfugge alla forma tradizionale del Da Capo per adottare quella “durchkomponiert”, priva di riprese motiviche interne. Il tema, infi nitamente sfruttato, del soldato che si pavoneggia per nascondere la sua codardia, è un topos nato con la fi gura del miles gloriosus della commedia latina ed ereditato poi dalla Commedia dell’Arte, della cui cultura gli inserti comici del teatro musicale serio sono largamente debitori. E insieme a Capitan Tempesta, gli stereotipi caratteriali, le tirate elocutorie, i mascheramenti e le parlate in improbabili lingue maccheroniche sono tutti elementi drammaturgici sviluppati dall’intermezzo sul terreno fecondo dell’Improvvisa. Intenzionata a spaventare lo smargiasso, Drosilla si è mascherata (ma non sappiamo come) e ha assoldato dei complici, che tuttavia si mostrano paurosi quanto lo stesso Nesso. Nell’aria, Vedrai s’io monto in collera, il servo dispiega i tipici mezzi intimidatori di tutti i soldati fanfaroni, lasciandosi però sfuggire in ripetuti a parte il suo vero stato emozionale: egli «trema di paura» e «sente gelarsi il core». Qui Leo lavora sul contrasto musicale tra apparenza boriosa e il dilagare sotterraneo del panico: per gli a parte prescrive una dinamica sottovoce, mentre, all’estremo opposto, sul verso «l’invitto mio valor», che conclude la sezione centrale, la voce si lancia in un arpeggio picchettato, apice della vanagloria. Ma Drosilla non è affatto impressionata dalla sortita: la sua burla va avanti, e all’approssimarsi dei suoi complici – misteriosi “etiopi” – fi nalmente Nesso confessa di non potersi battere, poiché egli è, in verità, un «poltronissimo». Drosilla si appropria qui della veste testuale e musicale dell’aria appena udita dalla voce di Nesso, Vedrai s’io monto in collera, per adoperare ella stessa, in una breve ripresa del numero, il tono bonariamente minaccioso dell’interlocutore, e soprattutto per scimmiottarlo con i suoi stessi mezzi espressivi. La vera aria di Drosilla giunge quando Nesso ha umilmente deposto le armi; qui la servetta si toglie la maschera e pone così fi ne alla burla. In Vedrai un milordo, Drosilla demolisce impietosamente l’immagine maschile apparentemente “vincente” fornita da Nesso, prendendosi lo sfi zio di una seconda parodia musicale dell’interlocutore, più sottile della prima perché praticata a distanza: nella sezione centrale, laddove ricorda che il “milordo” sa fare, ma solo a parole, «a Marte la guerra», ella riprende gli arpeggi picchettati dalla precedente

aria di Nesso; e questa volta Leo partecipa fra le righe al motteggiamento, lasciando intervenire nervosamente gli archi in stile “concitato”. All’inizio del secondo intermezzo Drosilla fa il suo ingresso in un nuovo travestimento: sostiene ora di chiamarsi Lindora, si fa passare per venditrice di infusi terapeutici, e per via delle sue origini moresche parla una lingua italiana storpiata “alla turca”, ma colorata di occasionali inflessioni napoletane («nautru sclavu mi piliar»). Lindora provoca Nesso, ricordandogli il suo legame con Drosilla, sino al momento in cui, nuovamente, la maschera cade. Nel duetto conclusivo del secondo intermezzo, Vezzosetta drosilla mia bella, in particolare nel passaggio creato sulle parole «mi struggo mi moro», con cui Nesso vorrebbe riconquistare la sua bella, Leo crea una breve progressione dissonante in uno stile pseudo-contrappuntistico; le parole di Nesso, eccessive e proprio per questo poco credibili, acquisiscono così un riuscito tono artifi cioso. Nelle sue commedie per musica Leo sa essere maestro di tali passaggi, sempre realizzati con sottile umorismo. Con il terzo intermezzo entriamo nella dimensione metateatrale: il teatro musicale comico riflette sui suoi meccanismi produttivi, le sue mode e le sue pecche. Drosilla sarebbe ora pronta alle nozze, ma né lei, serva, né Nesso, servo-soldato, possiedono qualcosa per iniziare una vita a due. Nesso suggerisce l’idea di trasformarsi in impresario e di lanciare Drosilla come cantante, dal momento che ella sembra aver talento per le parti serie. Il teatro – afferma Drosilla – è il mondo in cui si dipende dai più soggettivi e disparati giudizi («Il recitare … sta soggetto / a tante, e tante critiche / quanti sono li genii / di chi va a sentir l’opera»); e anche i regali degli ammiratori sembrano passati di moda, poiché «milordi, dilettanti e innamorati» non hanno più mezzi per grandeggiare con le canterine. Dopo aver messo da parte altri progetti, Drosilla e Nesso pensano infi ne che «il ciel li aiuterà», e confi dando nella loro arte di arrangiarsi, paiono allontanarsi quasi in un’immagine in dissolvenza. Ma le convenzioni formali del genere richiedono qui un duetto fi nale: con «Mio Nesso caro caro» i due innamorati si abbandonano con candore alla gioia, in un tempo Allegro che neutralizza i possibili eccessi sentimentali, ma anche in melanconici abbassamenti della terza sulle parole «un non so che mi sento». Come mostrano questi brevi cenni, il genere dell’intermezzo, lungi dall’essere una forma, per modestia di mezzi, marginale, appare invece come uno scrigno carico di motivi che travalicano le sue dimensioni miniaturizzate. Le sorprese non si trovano nella convenzionalità degli intrecci o nella vincolante struttura formale, piuttosto nei continui suggerimenti che rimandano ad altro: dalla parodia dell’opera seria e dello stile severo al verso delle culture europee ed extraeuropee, dalla riflessione metateatrale all’elaborazione della cultura popolare attraverso una visuale medio- e alto-borghese. Gli innumerevoli «genii» di cui si lamenta Drosilla sono così da intravedere non solo negli umori del pubblico, ma ancor prima nell’inestinguibile ricerca di soluzioni drammaturgiche da parte di generazioni di artefi ci del teatro musicale comico napoletano.

Roberto Scoccimarro

Page 12: Brochure Barocco Festival 2014

Sabato 23 agosto - ore 21.00 Brindisi - Castello Svevo

Programma

Andrea Falconieri (1585/6 – 1657)Ciaccona. Da Il primo libro di canzoni, sinfonie, fantasie… napoli 1650

Giovanni Stefani (15??-1626)L’amante felice.Da Affetti amorosi. canzonette ad una voce sola... Venezia 1618-1626

Claudio Monteverdi (1567 –1643)Si dolce è il tormento. Madrigale per voce sola e bc. dal Quarto scherzo delle ariose vaghezze (1624)

Gaspar Sanz (1670s -90s)Canarios.Da Libro primero del Instrucción de música sobre la guitarra española...

Simone Coya (16 ? ? - 1679)L’amante impazzito. cantata in lingua napolitana a voce sola e bc

Antonio Vivaldi (1678-1741)La Follia, Tema e Variazioni Op.1 no.12 per 2 violini e BcAdagio, andante, allegro, adagio, vivace, allegro, larghetto, allegro, adagio, allegro.

AnonimoLa canzone del Guarracino.Su moduli tradizionali del XVII sec.

CANTATE, ARIE E DANZE NELL’ITALIA DEL XVII E XVIII SEC.

Cosa non si è disposti a fare per amore? E quante sono le reazioni che questo sentimento suscita? Basterebbe enumerare le risposte per riconoscere che in pochi ambiti del genere umano il moto dell’amore riunisce, senza distinzione alcuna, razze, culture, religioni. Questo concerto non sarà di certo esaustivo dei moti dell’animo che l’amore suscita (sino, appunto, alla follia) ma vuole descrivere momenti seri e faceti, ognuno dei quali rileva, comunque, un ventaglio di quelli che sono i sentimenti e i risvolti psicologici che questo antico sentimento muove.

Pazzo per aMore

Alessandro Giangrande tenore

LA CONFRATERNITA DE’ MUSICICosimo Prontera direzione al cembalo

Raffaele Tiseo, Giovanni Rota violini primiLaura Scipioni, Cristiano Brunella violini secondi

Gaetano Simone violoncelloMaurizio Ria violone

Giuseppe Petrella tiorba, chitarreFedele De Palma colascione, chitarra battente

Vincenzo Gagliani percussioni

coreografi e originaliMaria Chiara Di Giulio

Compagnia CDG DANZA

conduce Raffaele Romano

PRENOTAZIONE OBBLIGATORIA: 347 0604118

Page 13: Brochure Barocco Festival 2014

Tutto il concerto è incentrato, attraverso le differenti generazioni e repertori, sul rapporto tra il linguaggio musicale e l’espressione “sentimentale”, cifra ultima di tutta la produzione del Seicento, secolo degli affetti. Suonare e cantare “con accenti”, “con affetti”, realizzare una “imitazione dei sentimenti con le parole” (Caccini, 1600), ... acciò con questo mezzo siano i loro concetti introdotti negli animi degli ascoltanti. (Durante, 1608): questi i propositi del secolo che inventa il dramma per musica. Dal pianto alla solitudine, dal singhiozzo al lamento, dal fuoco alla morte, dalle lacrime ai sospiri: il catalogo degli affetti d’amore (e delle loro pitture musicali) trova nella monodia e nelle sue illimitate possibilità espressive nuova vita, in una varietà di soluzioni formali pressoché infi nita. I brani che sono accolti in questo concerto, nell’alternare forme strumentali e vocali di diversa provenienza, in buona parte sono legati alla ricezione e all’utilizzo che l’epoca fece del “popolare”, anzi è ques to il vero intento dell’impianto. Si apre nella Napoli di Andrea Falconieri, liutista e compositore dalla biografi a piuttosto lacunosa, certamente attivo alla Reale Cappella napoletana dopo la morte di Trabaci (1647), ma già apprezzato in diverse corti italiane (almeno Firenze, Genova e Parma) ed europee. Probabilmente veneziano fu, invece, Giovanni Stefani, al quale si devono vari libri di musica vocale, tutti dichiaratamente “amorosi” (l’aggettivo contrassegna le tre principali raccolte di Scherzi, 1620; concerti, 1623; Ariette a

voce sola, 1626), oltre questa Affetti amorosi, silloge di canzonette a voce sola. Non poteva ovviamente mancare in questo percorso un “passaggio” per la produzione del grandissimo Monteverdi. Sì dolce è il tormento è una breve pagina, composta dall’allora maestro di cappella della basilica di San Marco per una raccolta (Quarto scherzo delle ariose vaghezze…, 1624) dell’organista della chiesa di S. Stefano Carlo Milanuzzi. Si giunge poi nel regno di Napoli con l’“intermezzo chitarristico” del canarios di Gaspar Sanz, compositore ed ecclesiastico spagnolo, forse avviato allo studio del suo strumento proprio nella città partenopea. Pochissimo si sa di Simone Coya della città di gravina del regno di napoli, come viene indicato nell’edizione (1679) de L’amante impazzito con altre cantate, Serenate… . La sua cantata in lingua napolitana è una pagina ampia e coinvolgente, in cui la forma, di nobile e aulica origine, si piega, in un continuo oscillare tra stile “alto” e “basso”, all’adozione di stilemi popolari, tra cui quello, inconfondibile, della tarantella. Appartiene a tutt’altro genere la Sonata dodicesima dell’op. I di Antonio Vivaldi, raccolta di trio-sonate edite nel 1705 dallo stampatore veneziano Sala. La travolgente canzone del guarracino (che narra la storia del coracino, pesce brutto e scuro, innamorato di una sardella già promessa sposa, pretesto per un’irresistibile parata di specie ittiche, in un bestiario tutto da ridere) chiude, nel segno della tarantella, questo ricco e raffi nato viaggio musicale.

Page 14: Brochure Barocco Festival 2014

DiMiNUtioLA PRATICA DELL’IMPROVVISAZIONE

Domenica 24 agosto - ore 21.00Brindisi - Convento Santa Chiara, atrio interno

Ensemble le NUOVE MUSICHE

Programma

Johann Hieronymus Kapsberger (1580 ca – 1651) Toccata Ottavadal Libro primo d’intavolatura di chitarrone...1611� Bernardo Gianoncelli (? – prima 1650). Corrente (roma 1611) Alessandro Piccinini (1566 –1638 ca.) Toccata da Intavolatura di chitarrone, Bologna...1624

Johann Hieronymus Kapsberger Canarios.da Libro Quarto d´Intavolatura di chitarone... roma 1640

Girolamo Frescobaldi (1583 - 1643) ToccataPassacallesda Il primo libro di toccate d’intavolatura... 1615

Alessandro Piccinini Ciaccona Caponada Intavolatura di chitarrone, Bologna, ... 1639 Anonym Home Again manoscritto Board Francesco Canova da Milano (1497 - 1543) CanonLa Spagnada Intabolatura di lauto del divino ... 1543

Thomas Robinson (1560 ca – 1610) Passamezzoda the Schoole of musicke, London, ...1603

Diego Ortiz (1510 – 1570) Recercada IIda trattado de glosas, ... 1553 Johann Hieronymus Kapsberger Toccata arpeggiata.dal Libro primo d’intavolatura di chitarrone...1611

Anonimo (sec. XVII) Aria di Firenze

Anonimo Gwelz

Santiago de Murcia (1673 – 1739) Tarantellasda codex Saldivar, mexico, ... 1730

Rolf Lislevand tiorba e chitarraAndrè Lislevand viola da gamba bassa,

David Mayoral percussione

Page 15: Brochure Barocco Festival 2014

Rolf Lislevan

Page 16: Brochure Barocco Festival 2014

Programma

Giorgio Mainerio (1535-1582)Todesca, Saltarello (1578) (due violini e organo)

Samuel Scheidt (1587-1654)Alamanda (ms. Torino)(organo solo)

August Nörmiger (c. 1560-1613)Ein Teuttscher Tanntz, Der Sprungkh Drauff (1598) (due violini e organo)

Jan Pieterszoon Sweelinck (1562 -1621) Fantasia op de manier van een echo in re min(due violini e organo)

Giovanni Battista Ferrini (1600 ca -1670Ballo di Mantova, 3 variazioni (ms. Roma) (organo solo)

Giuseppe Giamberti (1600 ca – 1662 ca)Ballo di Mantua. Due canti (1657) (due violini e organo)

Leonardo Leo (1694 -1744)Toccata in solPastorale (ms. San Severo)(organo solo) Biagio Marini (1594 -1663)Sonata in Eco (1629)(due violini e basso continuo)

Mercoledì 27 agosto - ore 21.00Mesagne - Chiesa Matrice

Athanasius Kircher (1602 – 1680)Antidotum Tarantulae (1672)(organo solo)

Biagio Marini Sonata I a 3 sopra Fuggi dolente core (1655)(due violini e basso continuo)

Anonimo Tarantella pugliese (1824) (organo solo) Stefano Storace (1725 – 1781) Tarantella di Torre Annunziata (The Tarantula Tune, 1753)(violino, organo)

Anonimo La vera tarantella napoletana (1881)(organo solo) Anonimo popolare Pizzica tarantata minore (violino, organo)

Cristoforo Caresana (1640 ca -1709) Tarantella (1693) (due violini, basso continuo)

Liuwe Tamminga organo, Luigi Mangiocavallo violino,

Ottavia Rausa violino.

artiS MagNaeCoNSoNi & DiSSoNi

LE TARANTELLE “SACRE” DEL SALENTO

Page 17: Brochure Barocco Festival 2014

«Questa è la terra di Puglia e del Salento spaccata dal sole e dalla solitudine. È terra di veleni animali e vegetali: qui esce nella calura il ragno della follia e dell’assenza, si insinua nel sangue di corpi delicati che conoscono solo il lavoro arido della terra, distruttore della minima pace del giorno. Qui cresce tra le spighe di grano e le foglie del tabacco la superstizione, il terrore, l’ansia di una stregoneria possibile, domestica. I geni pagani della casa sembrano resistere ad una profonda metamorfosi tentata da una civiltà durata millenni». Così Salvatore Quasimodo commentava, nel 1961, un documentario sui tarantolati pugliesi, in specie donne “pizzicate” dal morso vero o presunto di un ragno velenoso (Lycosa tarentula), che trovavano guarigione alle loro sfrenate manifestazioni d’erotismo sessuale, prive d’ogni inibizione e talora autolesionistiche, nella «certissima» terapia (Epifanio Ferdinando) di una musica ossessiva e ipnotica. Tarante, morsi, rimorsi, veleni, antidoti, trance, follie, guarigioni. Questi rituali folklorici, fatti di magia e religione, si sono conservati in Puglia più a lungo che altrove, per essere stata questa regione terra di frontiera e di scambio tra terra e mare, luogo d’invasione e accoglienza, di scontri e incontri: uno straordinario laboratorio etno-antropologico su una stratifi cazione complessa di civiltà e culture – popolazioni indoeuropee, colonizzazioni greche, conquiste romane, domini bizantini, longobardi, saraceni, normanni, svevi, angioini, aragonesi, spagnoli, austriaci e francesi.Da secoli il tarantismo è al centro di una vexata quaestio culturale, dibattuta su più fronti (storia, musicologia, etnologia, antropologia, medicina, psichiatria), che ha trovato varie ipotesi esplicative: isterismo, latrodectismo, possessione, esorcismo, adorcismo, bovarismo. Una

complessa fenomenologia che è stata magistralmente indagata da Ernesto De Martino nel 1959 (La terra del rimorso) e sviscerata in una lunga serie di studi per i nomi (almeno) di Athanasius Kircher, Francisco Xavier Cid, Marius Schneider, Clara Gallini, Annabella Rossi, Luigi Lombardi Satriani, Diego Carpitella, Roberto Leydi. Un fervore d’osservazioni, polemiche, dissertazioni, diatribe, casi clinici, confluiti in una straordinaria

proliferazione saggistica che s’intende oggi raccogliere in una Biblioteca del Tarantismo a Melpignano (Lecce), grazie all’Istituto “Diego Carpitella”.Questo concerto è una summa storica, geografi ca, teorica ed estetica sulla tarantella e sul tarantismo, fenomeno antropologico diffuso nel Mediterraneo e peculiare dell’Italia meridionale, riscontrato in Campania (senza rimorso e senza S. Paolo), Sardegna (argia), Calabria e Sicilia, in Spagna (talora senza coreutica) e Corsica, ma specialmente radicato in Puglia e nel territorio salentino. Nelle sue più rappresentative declinazioni, le varie facies della tarantella si traducono in melodie e ritmi genuini pugliesi (garganiche) e del Salento (tarantine e leccesi), napoletane veraci, calabresi, siciliane, spagnole, in commistioni e scambi tra sacro e profano, in elaborazioni erudite o colte.Le musiche trascelte per questo itinerario jatrophonico rivivono sul “manuale” dell’organo Ferdinando de Simone, 1793, della chiesa matrice di Mesagne alcuni tra i più preziosi organi storici del Salento restituito alla piena funzionalità da recenti restauri, grazie all’opera di studio, recupero e valorizzazione condotta negli ultimi decenni da musicologi, organari e organisti variamente impegnati sul territorio.

Elsa Martinelli

Page 18: Brochure Barocco Festival 2014

ProgrammaAnonimo              Villanella ch’all’acqua vai

Giovanni Domenico da Nola (1510-20 ca – 1592)Faccia mia bellavillanella da canzon napolitane a tre voci, Libro secondo ... Venezia 1566

Antonio Scandello (1517 – 1580)Voria che tu cantas’una canzonavillanella

Giovan Tomaso di Maio (1490 ca - dopo 1548)Ho vist’una marmotta fa ‘na danzaVoria che tu ... (a due)

Santiago de Murcia (1673 – 1739)Tarantela da codex no. 4, mexico 1730 ca

Michelangelo Faggiuoli (1666 - 1733) Sto paglietta presuntuoso.Cantata in lingua napolitana per voce e bc Aria, rec., aria.

Leonardo Leo (1694 - 1744)Pare che ba cantanno.Aria dall’opera Le fente zengare

Giovanni Battista Pergolesi (1710 -1736)Barba cappuccinorum.Scherzo ai frati cappuccini di Pozzuoli (a due)

Mauro Giuliani (1781 – 1829) dalle ore di Apollo op. 111Allegro vivace

Sabato 30 agosto - ore 21.00Brindisi - zona Sciabiche - Porta ravel

Vorria che tU CaNtaS’ una

CaNzoNaDALLA VILLANELLA

ALLA CANZONE NAPOLETANARosario Totaro tenore

Giuseppe Naviglio baritonoNando Di Modugno chitarre

Questo appuntamento tenterà di delineare musical-mente, se pur nel limitato tempo di un concerto, un percorso sulla nascita e successiva storia della canzone napoletana. Ne abbiamo l’obbligo, visto che fi n’ora abbiamo proposto solo una parte della sua trasformazione impegnandoci a esplorare quegli spazi che vanno oltre i perimetri cronologici che il festival si è imposto. Già Ulisse dovette lottare duramente con le sirene per sottrarsi al loro incantesimo. Sì, perché una fatale attrazione vive la città di Napoli e la musica. La sua fondazione sarebbe avvenuta sul corpo senza vita di Partenope, una delle sirene sconfi tte da Ulisse, giunta sulla odierna spiaggia di Posillipo. In onore di Partenope fu eretto un altare e poi organizzati dei giochi, e da questi simboli sarebbe nato il culto della sirena sparso in tutta l’Italia meridionale, ed eretta la città chiamata appunto Partenope.

Leonardo Vinci (1690 - 1730)So’ le ssorva e le nespol’amare.Aria dall’opera Lo cecato fauzo

Domenico Cimarosa (1749 - 1801) Mio signor.Aria dall’opera Il matrimonio segreto

Anonimo (1839 ca)Te voglio bene assajecanzone

Pietro Labriola (1820 - 1900)Lo tuoccocanzone

Vincenzo Valente (1855 - 1921) Lla’ggiu ditto: levatilltarantella (a due)

Alirio Díaz (1923- )arrangiamenti: tu ca nu chiagne, michelemmà.

Gabriele D’Annunzio (1863 –1938) / Paolo Tosti (1846 - 1916)‘A vucchellaromanza

Salvatore Di Giacomo (1860 – 1934) / Paolo TostiMarechiareromanza

Mario Pilati (1903 – 1938)‘Na nenna Setteciento se chiammavatammurriata (a due)

Page 19: Brochure Barocco Festival 2014

Al fi anco di una Napoli medievale, racchiusa tra il porto, le pendici del Vomero ed il Castelcapuano, dove risuonavano mattina e sera le voci e i suoni dei trovatori e dei menestrelli, troviamo una delle istituzioni culturali più dinamiche, l’Università creata da Federico II (1224), alla quale si deve la diffusione della passione per le arti e per la poesia in particolare.Spesso i più bravi musicisti di strada erano chiamati a corte per suonare le loro composizioni, già famose per le strade di Napoli, durante banchetti e feste. Tali composizioni erano trasmesse oralmente e non di rado i musicisti di corte trascrivevano parzialmente le melodie ascoltate o ne traevano ispirazione, modifi cando testo e musica per proporle “alla moda” ed assecondare il gusto di chi ne avrebbe fruito. Giovanni Boccaccio, che soggiornò a Napoli dal 1327 al 1339, vide e sentì: … qui i marini liti et i graziosi giardini… d’infi niti stromenti, d’amorose canzoni, così da giovani come da donne fatte sonate e cante, risuonano. Probabilmente Boccaccio ascoltò almeno una volta un canto eseguito già dal 1200 e ancora oggi cantato: Jesce sole, jesce sole, nun te fa cchiù suspirà! Siente maje che le fi gliole hanno tanto da prià?... È il cosiddetto “canto delle lavandaie del Vomero” un’invocazione corale al sole, canto che manifestava la diffi cile compatibilità tra le bellezze naturali e le diffi coltà oggettive di vita. Nel Quattrocento la lingua napoletana divenne la lingua uffi ciale del regno e numerosi musicisti, ispirandosi alla musica popolare, iniziarono a comporre farse, frottole, ballate, e alla fi ne del Cinquecento, villanelle alla napolitana appunto, forma che conquistò l’Europa. Componimento semplice con la caratteristica di possedere una condotta parallela delle parti melodiche, con accompagnamento di liuto o di arpa portativa, calascioni, tiorba a taccone o sordelline (una particolare zampogna tipica del meridione d’Italia, in particolare della Calabria) che perdurò sino alla fi ne del Seicento. Questa espressione artistica popolare era carica di contenuti positivi e ottimistici e raccontava la vita, il lavoro, i semplici e genuini sentimenti. Per poter comprendere cosa fossero realmente le villanelle eseguite dai musicisti ambulanti e dal popolo, con le relative modalità esecutive, bisogna ricorrere alle descrizioni che ne fanno gli scrittori napoletani dell’epoca come ad esempio Giovanni Battista Basile.All’inizio della V Giornata del Pentamerone scrive: Auzatese Zeza se jette a agenocchiare nnante la Principessa, la quale l’ordenaie pe ppenetenza, che cantasse na Villanella napuletana, la quale fattosi venire lo tammorriello, mentre che lo cocchiere de lo Princepe sonava na cetola, cantaie sta canzone: Si te credisse …. (Basile 1788, tomo XXI: 133) (Alzatasi Zeza si andò ad inginocchiare avanti alla Principessa, la quale le ordinò, per penitenza, che cantasse una Villanella Napoletana, ed allora ella fattosi portare il tamburello, mentre il cocchiere del Principe suonava una citola, cantò questa canzone: “Se ti credessi ...”). In particolar modo la villanella alla napolitana rappresentò un fondamentale antefatto per gli sviluppi della canzone ottocentesca, sia per la sua produzione originariamente popolaresca, ben accolta dalla classe colta, sia per il suo carattere scherzoso e l’ampio spettro componentistico, che variava dalla polifonia all’accompagnamento strumentale per una

sola voce. La più famosa villanella, giunta a noi adespota, è probabilmente Si li femmene purtassero la spada. Nel ‘600 anche l’inesauribile creatività dei cantori di villanelle si esaurì a causa delle profonde inquietudini sociali che questo secolo portò a Napoli. Proprio il 1647 fu infatti l’anno della rottura degli equilibri tra i bassi ceti sociali e quelli dominanti, arroccati intorno al potere vicereale: i giorni della rivoluzione di Masaniello lacerarono con violenza un già fragile scenario di convivenza civile e da allora la cultura popolare fu tenuta al bando in quanto ritenuta pericolosa per la stabilità politica. In questo periodo ci fu un vero e proprio rifi uto di tutto ciò che proveniva dal popolo e che fi no ad allora aveva conquistato anche le classi sociali benestanti. La villanella venne sostituita dal madrigale anch’esso al termine della sua parabola storica. La sordellina, simbolo di una cultura pastorale e agreste non venne più usata a corte ed altri strumenti come la tiorba a taccone o il colascione vennero soppiantati dalla vihuela e solo a pochi musicisti popolari, cantori e posteggiatori (artisti di strada) fu permesso di esibirsi ancora a corte e nei luoghi di potere. Quindi il Seicento vide sminuire l’attenzione verso la villanella ma vide apparire i primi bassi ostinati di tarantella, una tra tutte: michelemmà, che pare ispirata da una canzone di origine siciliana, ma attribuita al poeta, musicista, pittore Salvator Rosa. Nel secolo successivo possiamo rintracciare alcuni antefatti della canzone napoletana ottocentesca: il cospicuo numero di cantate (forma musicale che pose l’aristocrazia napoletana al pari delle altre capitali europee); la nascita dell’opera buffa che influenzò non solo il canto ma anche la teatralità (l’aria la Palummella utilizzata da Niccolò Piccinni nell’opera La molinarella; l’ aria Vorria addeventare sorecillo di Leonardo Vinci nell’opera Li Zite ‘ngalera, la Bella che ghieva pe’ maro e li turche se la pigliaro, sono alcuni esempi); le arie tratte dall’opere serie che divennero un faro per la produzione popolare. Intorno al 1768 autori non individuati composero Lo guarracino, divenuta una delle più celebri tarantelle, rielaborata come molte altre nel secolo seguente. Due altri elementi favorirono il successo di questa attività musicale ossia la nascita delle case editrici musicali – Guglielmo Cottrau, brenardo Girard, Calcografi a Calì, Fratelli Fabbricatore, Fratelli Clausetti e Francesco Azzolino, che ebbero il merito di recuperare, raccogliere, talvolta aggiornandoli, centinaia di brani – e il veicolo di diffusione della canzone costituito dai cosiddetti “posteggiatori”, ossia dei musici vagabondi che suonavano le canzoni o in luoghi chiusi o davanti alle stazioni della posta o lungo le vie della città, talvolta spacciando anche le copielle, fogli contenenti testi e spartiti dei brani anche modifi cati.Per quanto riguarda gli elementi caratterizzanti, invece, fra la seconda metà dell’Ottocento, così come la prima metà del Novecento, la canzone fu oggetto di inclusione, nei suoi temi, di decadentismo, pessimismo ad opera di intellettuali che ne modifi carono lo spirito originario. In quel periodo i maggiori musicisti e poeti si cimentano nella composizione di numerose canzoni ponendo le basi per la nascita della canzone classica napoletana, importante ramo della canzone italiana con repertori tra i più conosciuti.

Page 20: Brochure Barocco Festival 2014

Domenica 31 agosto - ore 21.00S. Vito dei N.nni - Chiostro dei Domenicani Follie

e StraVagaNze alla VeNeziaNa

Ensemble L’ARTE DELL’ARCOFederico Guglielmo violino solo e maestro di concerto

Gianpiero Gianocco violino primoAlessia Pazzaglia violino secondo

Olga Arzilli violaLuigi Puxeddu violoncelloMauro Zavagno violone

Federica Bianchi cembalo

Programma

Antonio Vivaldi (1678 – 1741)Concerto in Si bemolle maggiore Op.4 no.1, RV 383a per violino, archi e Bcda “La Stravaganza”Allegro, largo e cantabile, allegro

Concerto in Fa maggiore Op.4 no.9, RV 284 per violino, archi e Bc da “La Stravaganza”Allegro, largo, allegro

Leonardo Leo (1694 - 1744)Concerto in La magg. per violoncello, archi e BcAndante piacevole, allegro, larghetto e gustoso, allegro

Antonio VivaldiLa Follia, Tema e Variazioni Op.1 no.12 per 2 violini e BcAdagio, andante, allegro, adagio, vivace, allegro, larghetto, allegro, adagio, allegro.

Concerto in Re maggiore Op.4 no.11, RV 204 per violino, archi e Bc da “La Stravaganza”Allegro, largo cantabile, allegro assai

Concerto in la minore Op.4 no.4, RV 357 per violino, archi e Bc da “La Stravaganza”Allegro, grave e sempre piano, allegro

Page 21: Brochure Barocco Festival 2014

L’opera 4 vivaldiana non può essere apparsa dopo il 1715. E’ di quell’anno infatti la pubblicità della nuova edizione a stampa a cura dell’editore Estienne Roger di Amsterdam. Questa raccolta che segna la definitiva consacrazione di Vivaldi come autore di concerti per violino di livello europeo dopo le ancora acerbe e talvolta sperimentali Op.1 e 2 dedicate al genere sonatistico giunge alle stampe solo due anni dopo la fortunatissima raccolta de L’Estro Armonico Op.3. Anche La Stravaganza godette di ottima fortuna e fu ristampata diverse volte, anche se mai integralmente. I concerti sono dedicati a Vettor Delfino: in realtà la denominazione esatta sarebbe secondo l’uso veneziano quella di Vettor Dolfin, un giovane patrizio veneto già allievo e sodale del Prete Rosso.L’opera 4 rappresenta finalmente in modo maturo l’espressione di quel concerto per violino vivaldiano che nell’Estro Armonico veniva ancora sviluppato verso diverse tendenze stilistiche che di volta in volta gli studiosi vivaldiani hanno riferito all’universo romano o a quello bolognese. Molti movimenti (si pensi ad esempio ai concerti no.1 e 9 qui proposti) riecheggiano gli stilemi e la forma dei concerti di Tomaso Albinoni. Quello che accomuna questi concerti sotto il titolo di Stravaganza (anche se non vi è una totale corrispondenza al tema in ognuno dei concerti della raccolta) è il gusto per il “bizzarro” e per la fuga fuori dai sentieri più comunemente battuti nei concerti di quel periodo che si esplica nel gusto per alcuni ricercati effetti, per soluzioni timbriche particolari, per giustapposizioni e contrasti, per armonie insolite.Ad inframezzare la pur omogenea raccolta di concerti abbiamo collocato la Follia, raccolta di variazioni ardite ed in certo qual modo “bizzarre”,  posta a conclusione della prima raccolta di Sonate vivaldiane ed il raro Concerto per violoncello di Leo, i cui timbri delicati e sensibili costituiranno un modo di forte contrasto con il caleidoscopio violinistico vivaldiano.

Federico Guglielmo

I concErtI , LE SonAtE dI AntonIo VIVALdI

E omAggIo A LEonArdo LEo

Page 22: Brochure Barocco Festival 2014

Programma

Antonio Soler (1729-1783)Concerto n. 3 in Sol min. Andantino, minué

Leonardo Leo (1694 – 1744)dai “50 Solfeggi” (Ms. Mus.A 313xpa, Db 4 Königliche Privat-Musikaliensammlung - Dresden)Solfeggi:n.11 (alla francese); n. 12 (allegro) in Do min.; n. 3 (cantabile); n. 4 (allegro) in Do min.;n.18 (larghetto e cantabile); n. 19 (allegro) in Mi min.

Antonio Soler Concerto n. 2, in La min.Andante, allegro, tempo de minuéConcerto n. 1, in Do min.Andante, minué

Leonardo Leo  Solfeggi:n. 46 (senza ind. di tempo); n. 47 (allegro), in Fa magg.Solfeggi n. 5 (cantabile); n. 6 (allegro) in Fa min.

Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791)Sonata in Si bem magg. KV 358Allegro, adagio, molto presto

Martedì 2 settembre - ore 21.00S. Vito dei N.nni - Chiostro dei Domenicani

leo, Soler e Mozart for tWeNtY FiNgerS

MUSICHE PER CEMBALO A QUATTRO MANI

L’idea di far suonare insieme due strumenti a tastiera, alternando momenti dialoganti a momenti “sinfonici”, è molto antica e trova la sua origine soprattutto nella pre-senza nelle chiese dei cosiddetti “organi battenti”, cioè collocati l’uno di fronte all’altro. Quasi sconosciuta in-vece, almeno fi no alla fi ne del ‘700, e segnatamente fi no a Mozart, vero inventore della sonata “ a quattro mani”, la pratica che vede due esecutori suonare insieme sul-la stessa tastiera (il solo esempio secentesco è quello della Fancy “for two to Play” di Thomas Tomkins).Il programma di questo concerto presenta il “duo ta-stieristico” nelle sue diverse declinazioni:- due strumenti dialoganti su un piano di parità solistica- due strumenti di cui uno svolge la funzione “melo-

dica”, comparabile a quella dello strumento solistico ad arco o a fi ato, mentre l’altro svolge la funzione di accompagnamento (il cosiddetto “basso continuo”, normalmente affi dato alla tastiera)

- infi ne il cosiddetto duo “a quattro mani”. Al primo di questi casi appartengono i conciertos de dos organos obligados (il termine organo essendo qui usato come sinonimo di “strumento a tastiera”) di An-tonio Soler, compositore spagnolo che raccoglie nella sua vasta produzione di musica per cembalo l’eredità di Domenico Scarlatti, di cui fu allievo, enfatizzandone il carattere virtuosistico e il colore strumentale spagnolo, evidente nell’uso di ritmi di danza, nelle armonie, nella scintillante ornamentazione. Proprio il virtuosismo, a tratti scatenato, e il carattere sensuale della sua musi-ca (famosissimo per queste sue caratteristiche il Fan-dango per clavicembalo) valsero a Soler, già alla sua epoca, il soprannome di El diablo vestido de frai . Que-ste caratteristiche si fondono e vengono attenuate nei

DUORossella Policarpo, Basilio Timpanaro clavicembali

Page 23: Brochure Barocco Festival 2014

conciertos da un carattere galante, quasi Rococò, che mira alla immediata e leggera piacevolezza.Della vita e della produzione di Leonardo Leo, caposti-pite della celebre Scuola napoletana e sommo compo-sitore di musica vocale, è qui superfluo parlare. Tutta la sua musica, anche quella strumentale, ha un carattere di nobile e appassionata cantabilità; questo carattere si conserva anche nelle composizioni di carattere di-dattico, come i cosiddetti Solfeggi, di cui Leo scrisse diverse raccolte. Si tratta di composizioni in cui la me-lodia da cantare (vocalizzando su una sola sillaba) si trova sopra una linea di basso continuo. La melodia dei Solfeggi di Leo, tuttavia, presenta un carattere così vario e articolato, con figurazioni ritmiche complesse e arditi salti melodici, con passaggi di tipo virtuosistico e arricchiti da abbondante ornamentazione, da andare sicuramente ben al di là del semplice “esercizio” didat-tico; insomma una scrittura di tipo “strumentale”, tale da poter anche essere efficacemente eseguita da uno strumento melodico e basso continuo o come sonata di cembalo. Da qui nasce l’idea di un adattamento di queste musiche per due clavicembali. Infatti era prassi abbastanza diffusa in epoca barocca quella di eseguire a due tastiere musica originalmente composta come triosonata (sonata a due strumenti melodici e basso continuo); ognuno dei due esecutori suonava con la mano sinistra lo stesso basso e con la destra una delle due differenti parti melodiche (una chiara istruzione è data, a questo riguardo, da F. Couperin nella prefazione a l’ Apothéose de Lully: «Ce Trio […] peuvent s’exécuter à deux Clavecins […] en jouant le premier dessus et la Basse sur un des Clavecins et le Second, avec la même Basse sur un autre à l’unisson»). Anche sonate a stru-

mento solista e b.c. potevano essere adattate a due tastiere; in tal caso entrambi gli strumenti suonavano lo stesso basso e, mentre l’uno eseguiva con la de-stra la parte melodica “obbligata”, l’altro realizzava il basso continuo (vedi i Concerti di Telemann per flauto e due clavicembali). E’ proprio in tal modo che abbia-mo “trattato” i Solfeggi di Leo, come delle “sonate” per strumento solista e b.c., affidando l’uno e l’altro ruo-lo ai due clavicembali. Come i Concerti di Soler anche questi Solfeggi di Leo presentano una forma bipartita, con un primo tempo di solito cantabile e un secondo “allegro”. Il concerto si conclude con un illustre esem-pio di sonata per duo “a quattro mani”: la sonata in Si b M, KV 358, di Mozart. Considerando che la sonorità e le tecniche esecutive del fortepiano di fine settecen-to si avvicinano più a quelle del clavicembalo che del moderno pianoforte, l’esecuzione al clavicembalo di molta musica per tastiera di Mozart non solo è per-fettamente pertinente e filologica ma anche di sicuro effetto musicale. Ciò è particolarmente vero proprio per le sonate a quattro mani, genere di cui Mozart può essere considerato il creatore. Le edizioni originali di queste sonate recano infatti tutte la doppia indicazio-ne (clavecin ou Forte-piano) o addirittura, sul mano-scritto, solo l’indicazione “Cembalo primo” e “Cembalo secondo”. In particolare, poi, questo repertorio con la sua scrittura, che mira a ricreare sonorità più “sinfoni-che” rispetto alla più intima sonata solistica e cerca anche spesso di riprodurre la dialettica di solo e tutti, trova una perfetta realizzazione nella differenziazione di piani sonori possibile grazie alle due tastiere del cla-vicembalo.

Basilio Timpanaro

Page 24: Brochure Barocco Festival 2014

Programma

Christoph Willibald Gluck (1714 – 1787)Je cherche à vous faireair di Amine da La rencontre imprévue (1764) Franz Joseph Haydn (1732 – 1809)Salamelica Semprugna caraaria di Volpino da Lo speziale (1768) Wolfgang Amadeus Mozart (1756 – 1791)Ruhe sanft, mein holdes Leben aria di Zaide da Zaide (1779) Andrè Ernest Modeste Grétry (1741 – 1813)Je souffrirais qu’une rivaleair di Almaide da La caravane du Caire (1783) Wolfgang Amadeus MozartSonata K 331

Domenica 14 settembre - ore 20.00S. Vito dei N.nni - Chiostro dei Domenicani

tUrCHerie BaroCCHeAD ORIENTE DELLA MUSICA ANTICA

LA PRIMA DI 6 LEZIONI CONCERTO SULL’IMMAGINARIO ESOTICO NELLA MUSICA EUROPEA

La prima di 6 Lezioni concerto sull’immaginario esotico nella musica europeaLa Rete dei Festival di Musica Antica di Puglia promuove, sei incontri su alcuni aspetti delle relazioni tra repertorio storico europeo e musiche orientali.Il tema ha una lunga storia che attraversa almeno quattro secoli della musica colta occidentale: dall’immaginario moresco del primo barocco fi no a Debussy e Ravel, passando per Les Indes galantes di Rameau, la musica occidentale ha sempre teso l’orecchio all’Oriente. Prima che il mercato inventasse la Word music, l’Oriente, vero o inventato, ha sollecitato costantemente la creazione musicale occidentale.Ad oriente della musica Antica, con le parole e i suoni di autorevoli studiosi e musicisti, intende suggerire alcuni spunti divulgativi sul tema, oggi più interessante che mai, dei confi ni tra i mondi musicali.Nel processo di incuriosito avvicinamento della musica europea barocca a quella dell’Oriente (vicino e lontano),  lo stile “alla turca” venne stilizzato per primo dai compositori e reso riconoscibile con immediatezza all’ascolto. La conferenza-concerto si propone di esemplifi care l’immagine sonora della “turcheria” sedimentatasi nel corso di due secoli dal mondo di Lully a quello di Rossini. Per quanto durante il periodo barocco con l’aggettivo “turco” ci si riferisse a tutto quello che accadeva ad est di Brindisi, in questa sede si tenterà di eleggere un repertorio circoscritto e chiaramente improntato a precisi elementi musicali, tutti derivati dalle musiche militari del corpo dei giannizzeri, unico tramite reale tra Europa e Impero Ottomano. Sventati i progetti d’invasione armata, i “turchi” infatti non furono più considerati una minaccia e nel loro relazionarsi all’Occidente attraverso ambasciatori e diplomatici, favorirono un’osmosi tutt’altro che lineare. Stabilire i percorsi di questo interscambio, individuare rimandi orientaleggianti e suggestioni esotiche signifi ca tracciare ipotesi di interculturalità feconde anche per la nostra attualità.

dialogo conLorenzo Mattei, musicologo.

con la partecipazione del Duo Barocco ReMAOPValeria La Grotta soprano; Attilio Cantore clavicembalo

Page 25: Brochure Barocco Festival 2014
Page 26: Brochure Barocco Festival 2014

leoNarDo leoBiograFia

Sono nato in una piccola cittadina, a 20 chilometri da Brindisi, San Vito degli Schiavoni, il 5 agosto del 1694. Mia madre, Rosabetta Pinto e mio padre Corrado non se la passavano tanto male. Possedevamo un bel po’ di terre, diverse delle quali coltivate a ulivi e viti. Come tutti i ragazzini, a San Vito si frequentava il convento dei Do-menicani e la Chiesa madre. Mio zio prete, don Stanislao, che era il cantore della Chiesa madre, sentendomi canta-re disse a mia madre: “questo fi glio tuo ha proprio stoffa”. Avevo 6 anni quando cominciai ad avere le prime le-zioni di musica; poi, come a tanti altri giovani del-la mia terra, mi parlarono di una magnifi ca città dove tutti ci andavano per far avverare i propri sogni: Na-poli. Questa era la capitale, non quella che intende-te oggi, ma quella del 1700 che per noi del sud Italia era Napoli. Ci soprannominavano regnicoli perché abitavamo nel regno di Napoli e il viaggio, che intra-presi nel 1709, mi procurò non poche sorprese. Ar-rivai a Napoli. Avevo15 anni! Mio padre non c’era più. Tramite zio Teodomiro, doctor fi sicus, ma non ho mai capito che cosa facesse realmente nella vita (doveva comunque essere uno che contava perché fu lui che si interessò – con i superiori del conservatorio della Pietà dei Turchini - per ospitarmi nel convitto; in altre parole, ...mi raccomandò!) mi trovai iscritto, appun-to, ad uno dei quattro conservatori napoletani, San-ta Maria della Pietà dei Turchini, per poter imparare il bellissimo mestiere della musica! Sì, perché a Napo-li tutto era musica! Tutto era teatro! Tutto era bello!E ogni occasione era buona per fare festa… Avevano detto ai miei genitori: “... il ragazzo ha spiccate doti musicali e solo a Napoli questo talento può esplode-re”. Insomma possedevo… l’X Factor. Beh, con un po’ di immodestia, forse, ma non avevano poi visto male! Altri ragazzi come me, moltissimi pugliesi, tra il 1600 e il 1700 vennero a Napoli (allora fare il viaggio per arrivare a Napoli era molto pericoloso: prima di intraprendere il viaggio, spesso, ci si recava dal notaio per fare testa-mento) e divennero bravissimi maestri come Giovanni Maria Sabino (di Turi), Pomponio Nenna (di Bari), Gae-tano Veneziano (di Bisceglie), Nicola Fago (il “Taranti-no”, divenne il mio maestro); ed inoltre Gaetano Latilla e Niccolò Piccinni, entrambi di Bari (Niccolò è stato uno dei miei migliori allievi) Tommaso Traetta (di Bitonto), Giovanni Paisiello (di Taranto). Ah, dimenticavo colui che divenne un mio carissimo amico, Domenico Sarro, della bellissima Trani. E tanti altri.Dunque, al Conservatorio della Pietà dei Turchini - si chiamava così perchè lì vicino c’era una chiesa dove si venerava una Madonna che indossava un manto di color turchese - studiai con Andrea Basso e Nicola Fago tastiere (clavicembalo, organo), violoncello, contrappunto e canto. Man mano che superavo gli

ostacoli e raggiungevo tappe sempre più elevate raggiunsi il grado di MASTRICIELLO. I mastricielli erano gli allievi più bravi, quelli di cui fi darsi e che potevano quasi sostituire l’insegnante. Terminati gli studi, nei due anni di tirocinio, come era d’uso per i migliori allievi, proposi, nel teatrino del mio conservatorio, due composizioni: il dramma sacro L’infedeltà abbattuta e l’oratorio Il trionfo della castità di S. Alessio. Un SUCCESSONEEEEE!!!Immaginate che tra il pubblico c’era anche il Vicerè che mi disse: “Giovinotto, questo lavoro si replica nel teatro di Palazzo Reale”. Non credevo alle mie orecchie :)) Il sogno si stava mano a mano realizzando... e dopo la replica il viceré mi nominò organista soprannumerario della Reale Cappella. Organista soprannumerario signifi cava...? Signifi cava...? Che nella Cappella Reale quasi non esistevo, ma mi ero guadagnato qualcosa! Pensate un po’, Leonardo Leo alla CAPPELLA REALE. La Cappella Reale era il sogno di tutti. Era molto, molto diffi cile entrarci. Venivano scelti solo i più bravi.Signifi cava stare al fi anco del mitico Alessandro Scarlatti.Siamo nell’aprile del 1713, avevo 31 anni e, da questo momento, inizio a godermi tutti i frutti dei sacrifi ci che avevo compiuto. Devo dire, sinceramente, che non me la passai affatto male. Continuai a studiare e a comporre e poiché, in molti preferivano le mie opere e in tanti desideravano la mia presenza – come insegnante o come direttore e altro –, Il 14 giugno del 1713 compio il fatidico passo: mi SPOSOOOOOOOOOO.Giugno era il periodo migliore. Per il mare e per il clima del golfo di Napoli: uno sballo !!!. La mia sposa Anna Teresa, la signorina Losi. Con Teresina ebbi 5 fi gli: e be’ ho mantenuto una buona media. Rosa, nacque nel 1714; poi Gaetano nel 1716; Gennaro, 1717; nel 1721 Pasquale, e per ultima Maria Maddalena nel 1724.L’anno dopo nel ’25 sapete cosa accade? Un miracoloooo! Una notizia bomba: muore Alessandro Scarlatti. Esultai semplicemente perchè presi il suo posto come primo organista alla CAPPELLA REALE!!! Cinque anni dopo, nel 1730, altra bella notizia :)) muore Leonardo Vinci, un mio caro amico, e mi offrirono l’incarico di pro-vice maestro della Cappella. Dopo Francesco Mancini (Franceschiello), nel 1737, mi nominano vice maestro e alla morte di Domenico Sarro nel gennaio del 1744 mi nominano... tieniti, tieniti: MAESTRO della REAL CAPPELLA.LEONARDO LEO PRIMO MAESTRO ALLA CAPPELLA REALE. WOWWWWWW!Avevo l’onore di stare spesso al fi anco del Viceré. Tutti mi portavano rispetto; non me la passavo affatto male: guadagnavo circa 35 ducati all’anno. Una cifra

DA UN PUNTO DI VISTA MOLTO KINDER Leon

ardo

Leo

, ritr

atto

san

guig

na, (

part

.) co

llezi

one

dav

alos

Page 27: Brochure Barocco Festival 2014

notevole per quei tempi! Oh, intendiamoci, con tutti questi morti mica portavo sfiga! L’incarico che veniva affidato alla Cappella Reale si ricopriva fino alla morte. Per arrivare ad essere il Primo Maestro erano previsti diversi step da superare. Bisognava fare tanta gavetta al fianco dei migliori musicisti di Napoli e Napoli allora era considerata come New York o Parigi. C’era una particolare formula musicale che andava molto di moda non solo a Napoli ma un po’ in tutta Europa: l’Opera. Cosa era l’opera? Abili scrittori, i librettisti (oggi li chiamereste forse... sceneggiatori?) che scrivevano una storia. A me spettava il compito di musicare questa storia scritta dal librettista. Naturalmente, più la musica era bella più le Opere piacevano e più il mio successo aumentava insieme con la fama. Quando l’argomento trattato era leggero, giocoso, venivano indicate come Commedia per musica o Opere buffe; quando trattavano argomenti seri, profondi, venivano indicati come Drammi per musica o Opere serie. Devo dire che per la musica che componevo per queste opere ero molto apprezzato. Composi 27 commedie per musica (Opere buffe) e 42 drammi per musica (Opere serie). I titoli delle Opere serie erano i più impensati per voi ve ne cito qualcun: Il Pisistrato, Sofonisba, Cajo Gracco, Zenobia in Palmira, Eumene, Sesostri e Bajazet, Arianna e teseo, Turno Aricino e altri simili. Veri e propri titolacci, forse direte! Titoli e storie così diverse ma tutte con un elemento in comune e fondamentale, l’Amore. Sì, l’Amore per qualcuno o per qualcosa, per i genitori, per il proprio amato o amata, per la propria terra, per la propria patria. Tale sentimento era lì, al centro! Intorno all’Amore ruotava tutto. E’ inutile nasconderlo! Anche per voi oggi non è cambiato affatto! I titoli delle Opere buffe erano più estrosi, quasi tutti in dialetto napoletano: La ‘mpeca [imbroglio] scoperta, Lo pazzo apposta e L’ammore fedele, Le fente zingare e donna Violante; e ancora La semmeglianza de chi l’ha fatta; Lo matremmoneio annascuso; orismene ovvero dalli sdegni l’amore; La pastorella commattuta e La schiava per amore. Anche queste opere tutto ruotava intorno all’Amore, certo, con una trama più semplice, con parole meno complicate, più genuine, ma sempre l’Amore era… Il tema principale!Arrivano gli anni Trenta del 1700. Sono gli anni più fortunati della mia vita. Divento figura stabile presso la Real Cappella ed in questo ruolo scrivo molte composizioni. Devo dire che ero molto apprezzato nello scrivere musica sacra o Opere sacre che si chiamavano Oratori o Drammi sacri. Mi arrivarono richieste da Bologna, nel 1734: La gloria restituita al calvario; da Lecce, nel 1738: S. Francesco da Paola nel deserto; da Firenze,

nel 1741: Il Verbo eterno e la religione; poi l’Opera di S. genoviefa, nel 1743. La Santa maria maddalena la scrissi circa dieci anni prima per la città di Atrani. Anche l’attività didattica nei conservatori mi portò fortuna e il mio prestigio aumentò, infatti dal 1734 al 1737, alla morte di Nicola Fago, mi offrono il ruolo di vicemaestro e dal 1741 primo maestro al conservatorio della Pietà dei Turchini; dal 1739 fui nominato primo maestro anche al S. Onofrio a Capuana succedendo a Francesco Feo. Non era mai successo prima: insegnavo in due dei quattro conservatori napoletani!Compongo altre opere: nitocri regina d’Egitto (1733), Il castello d’Atlante (1734), Lucio Papirio (1735), Farnace (1736), Semiramide (1730); Il demetrio (1732), l’Emira (1735), olimpiade (1737). Nello stesso periodo m’invitarono a riorganizzare la buca dell’orchestra (la buca è quello spazio sotto il palcoscenico dove si posizionano gli orchestrali e il direttore) di uno dei teatri più tosti e fico del mondo, il San Carlo. Allargo il numero degli elementi sino a 55 (4 oboi, 3 fagotti, 4 trombe e corni, 30 violini, 6 viole, 2 violoncelli, 4 contrabbassi e 2 cembali). Un’innovazione mai vista! Insomma: da pischello a San Vito degli Schiavi sono passato poi ad essere mastriciello a Napoli e ora maestro della Reale Cappella e Primo Maestro in due conservatori: sono un grande!!! The Top l k jE non è finita! Nel 1739 sono a Torino al Teatro Regio a sorvegliare sulla messa in scena di un’altra mia opera: ciro riconosciuto, e per ringraziare Carlo Emanuele III (era lui che pagava XD) compongo il miserere concertato a doppio coro, e gliene faccio dono. Questa composizione era uscita dalla mia penna di getto, così, senza un ripensamento, in una parola? Un’opera d’arte! A Carlo Emanuele gli piacque e sapete cosa fa? Mi offre una ricompensa di 100 once d’argento: quasi 3 chili, una fortuna! Dello stesso anno è la Commedia per musica: Amor vuol sofferenza. Un altro capolavoro! Il tema è sempre quello dell’Amore, intrecciato, non corrisposto, tradito, sofferto, travagliato, spasimato, riconquistato, perso definitivamente... Altro che le soap opera, o le fiction dei vostri giorni! Nel 1744, mi chiedono di riscrivere alcune arie di quest’ultima opera ma il buon Dio mi chiama e passo a miglior vita il 31 ottobre. Che storia ragazzi! Ma ora tocca a voi: premete lo switch on dei neuroni, studiate e godetevi tanta musica, mia e degli altri. La musica è una delle arti che ha creato l’uomo non esisteva in natura e ricordate che senza quelle palline sul rigo non si può vivere. E’ stata la musica a farmi diventare una star e,... IL MAESTRO DI MAESTRI.

Puntiamo sulla Cultura

www.giobet.it

Page 28: Brochure Barocco Festival 2014

riNgraziaMeNti

Page 29: Brochure Barocco Festival 2014

Nicola PretePrefetto della Città di Brindisi

Silvia GodelliAss. al Mediterraneo, Cultura, Turismo - Regione Puglia

Mimmo ConsalesSindaco della Città di Brindisi

Giuseppe MarchionnaVicesindaco della Città di Brindisi

Francesco RennaConsigliere delegato agli Eventi - Città di Brindisi

Cesare CastelliCommissario Prefettizio della Provincia di Brindisi

Maurizio Marinazzo Sub commissario Prefettizio della Provincia di Brindisi

Franco Angelo ScodittiSindaco della Città di Mesagne

Gianfrancesco CastrignanòAss. alla Cultura della Città di Mesagne

Carmelo GrassiDirettore Artistico Fondazione Nuovo teatro Verdi - Brindisi

Pasquale GuerraComandante della Brigata Marina San Marco - Brindisi

Mario ValenteComandante della Capitaneria di porto - Brindisi

Hercules HaralambidesPresidente dell’Autorità portuale - Brindisi

Antonio Felice UricchioMagnifi co Rettore dell’Università degli Studi di Bari

Giuseppe AbruzzoRelazioni esterne UniBA sede di Brindisi

Donato LeoneResp. relazioni esterne macroarea Sud, ENEL

ANCE - Brindisi

Rosario Almiento Presidente della Società Trasporti Pubblici - Brindisi

Maurizio FalconeDirettore della Società Trasporti Pubblici - Brindisi

Direzione Banca Apulia - Brindisi

Giuseppe Giove Amministratore delegato GioBet

Francesco La MacchiaAmministratore delegato Hotel Internazionale

the port of Brindisi: gate to the Mediterranean

Page 30: Brochure Barocco Festival 2014

iMPara a SUoNare, ViVi più a lUNgo

ci muoviamo con voiwww.stpbrindisi.it

Suonare il pianoforte (o uno strumento musicale), studiare la musica in genere, impegna tutti e due gli emisferi del cervello e procura grandi  benefi ci in età adulta. In particolare lo studio di uno strumento a tastiera migliora le capacità motorie, la coordinazione degli occhi e delle mani, soprattutto nei bambini in età scolare e la capacità di ragionamento spazio – temporale. Un bambino che suona è un adulto con una grande capacità di concentrazione ma soprattutto con una buona dose di autostima.I ricercatori dell’American Psychological Association hanno studiato 70 adulti sani tra i 60 e gli 83 anni anni, li hanno divisi in gruppi a seconda del livello dell’esperienza musicale. Risultato: i musicisti sono riusciti meglio nei test cognitivi rispetto a coloro che non avevano mai suonato uno strumento. “Facilmente spiegabile.” – dice Brenda Pladdy coordinatrice della ricerca – “Chi ha studiato la musica ha mantenuto il cervello in forma, perché l’attività musicale funziona da esercizio cognitivo, quindi è in grado di affrontare le sfi de dell’invecchiamento”.Anche in Italia sono stati fatti studi simili: la Società Europea di Neurologia di Praga ha presentato, durante il 22° Convegno Europeo, uno studio dell’Ospedale Universitario San Raffaele di Milano. Le persone che non avevano mai studiato musica, dopo due settimane regolari di studio sulla tastiera di un pianoforte erano più attive perché il loro cervello era cambiato in modo misurabile. Dalla ricerca è emerso anche un migliore coordinamento ed equilibrio tra i due emisferi del cervello, una migliore risposta agli impulsi nervosi nella muscolatura delle dita. Sottoposta a continui stimoli musicali, infatti, la materia grigia delle parti del cervello coinvolte nel movimento coordinato, risultava ricostruirsi in modo più  strutturale. In pratica è come se il cervello ricostruisse se stesso in risposta a un dato compito. Senza contare un altro lunghissimo elenco di benefi ci, testimoniato da studi autorevoli internazionali: i bambini che seguono regolarmente lezioni di musica hanno un’ottima capacità di lettura rispetto ai loro coetanei non musicisti. Suonare impegna la costanza, migliora la capacità organizzativa e la gestione del

tempo, aumenta il senso di responsabilità, aumenta la capacità di ascolto, insegna disciplina.Per non parlare poi dei benefi ci che Alice Mado, Mirella Manfredi e Roberta Adorni dell’Università di Milano con Alberto Zani dell’Istituto Bioimmagini e Fisiologia Molecolare del Cnr di Milano hanno dimostrato nelle terapie contro la dislessia. I ricercatori hanno sottoposto a studio 30 soggetti divisi in due gruppi: musicisti e non musicisti. Dalle tomografi e sui soggetti interessati risulta che nel leggere note e parole, i musicisti attivano aree cerebrali diverse da quelle osservate nelle persone che non conoscono la musica. “Quando leggono un testo – spiegano gli scienziati – le persone prive di conoscenza musicale attivavano la corteccia occipito-temporale di sinistra e il giro occipitale inferiore di sinistra. Nei musicisti, invece, queste stesse regioni sono risultate attive sia sull’emisfero sinistro (come nei non musicisti) che, inaspettatamente, sull’emisfero destro”. La scoperta potrebbe aiutare i bambini dislessici in cui la regione cerebrale normalmente reclutata per l’analisi visiva delle parole si attiva in modo atipico o insuffi ciente. ”Lo studio della musica – suggeriscono gli esperti – potrebbe aiutare a sviluppare un circuito cerebrale comune a parole e note contribuendo così a compensare i defi cit di lettura”.Insomma la musica fa bene, ascoltiamola; se possibile suoniamola (a qualunque età!) perché migliora sicuramente la nostra vita.(da: pianosolo.it)E se scoccasse la scintilla dell’interpretazione o addirit-tura dell’Arte?COSÌ! Perchè non comunicarvelo...

CP

Page 31: Brochure Barocco Festival 2014
Page 32: Brochure Barocco Festival 2014