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La Comunicazione N.R.&N. 101 Tecnologie di fotonica integrata: dispositivi e applicazioni Integrated photonic technologies: devices and applications Sommario: L’affermazione recente della fotonica in silicio e più in generale della fotonica integrata sta introducendo una nuova tecnologia di base di dispositivi per applicazioni ad ampio spettro, dalla sensoristica all’ICT alle applicazioni più strettamente datacom. Attraverso gli strumenti di finanziamento del settimo programma quadro, negli ultimi anni l’Europa ha sviluppato diverse piattaforme tecnologiche per la realizzazione di dispositivi fotonici integrati, introducendo nuovi modelli di business basati sulla condivisione delle infrastrutture di fabbricazione tra più partner per consentire la sostenibilità economica dello sviluppo tecnologico. Il contributo descrive i progressi ottenuti nello sviluppo delle tecnologie fotoniche integrate, focalizzandosi sui recenti risultati della tecnologia ibrida Silicio- Organica (SOH), e fornisce una panoramica dei principali partenariati. Abstract: The recent success of Silicon Photonics and more generally of the integrated photonic technologies led to a new device concept for a wide range of applications, from sensors to ICT and datacom. Through the funding of the Framework Programmes (FP), the European Union supported the constitution of more technology platforms aimed at the fabrication of integrated photonic devices, easing the introduction of a new business model based on shared manufacturing facilities among more partners to enable the economical and financial sustainability of the technological development. The following contribution reports the main achievements of the different integrated photonic technologies, focusing on the recent results of the Silicon Organic Hybrid (SOH) technology, and provides an overlook of the main partnerships. 1. Introduzione L'ultima decade ha visto profondi mutamenti nel mondo industriale e tecnologico legato alla fotonica, da un lato con l’esplosione della bolla delle aziende “dot-com”, che dopo una crescita vorticosa ha subito una battuta di arresto nei primi anni del duemila a favore dell'economia di servizi basata sullo sfruttamento delle potenzialità della banda larga, come nel caso degli operatori OTT (Over The Top), dall'altro dai raggiunti limiti fisici e tecnologici del mondo Stefano Penna a), b) , Silvia Di Bartolo a) , Vincenzo Attanasio a) , Akira Otomo b) , Leonardo Mattiello c) a) Istituto Superiore delle Comunicazioni e delle Tecnologie dell'Informazione (ISCOM) b) Advanced ICT Research Institute - National Institute of Information and Communications Technology (NICT), Kobe (Giappone) c) Dipartimento di Scienze di Base e Applicate per l`Ingegneria - Sapienza Università di Roma

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La Comunicazione N.R.&N.

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Tecnologie di fotonica integrata: dispositivi e applicazioni Integrated photonic technologies: devices and applications

Sommario: L’affermazione recente della fotonica in silicio e più in generale della fotonica integrata sta introducendo una nuova tecnologia di base di dispositivi per applicazioni ad ampio spettro, dalla sensoristica all’ICT alle applicazioni più strettamente datacom. Attraverso gli strumenti di finanziamento del settimo programma quadro, negli ultimi anni l’Europa ha sviluppato diverse piattaforme tecnologiche per la realizzazione di dispositivi fotonici integrati, introducendo nuovi modelli di business basati sulla condivisione delle infrastrutture di fabbricazione tra più partner per consentire la sostenibilità economica dello sviluppo tecnologico. Il contributo descrive i progressi ottenuti nello sviluppo delle tecnologie fotoniche integrate, focalizzandosi sui recenti risultati della tecnologia ibrida Silicio-Organica (SOH), e fornisce una panoramica dei principali partenariati.

Abstract: The recent success of Silicon Photonics and more generally of the integrated photonic technologies led to a new device concept for a wide range of applications, from sensors to ICT and datacom. Through the funding of the Framework Programmes (FP), the European Union supported the constitution of more technology platforms aimed at the fabrication of integrated photonic devices, easing the introduction of a new business model based on shared manufacturing facilities among more partners to enable the economical and financial sustainability of the technological development. The following contribution reports the main achievements of the different integrated photonic technologies, focusing on the recent results of the Silicon Organic Hybrid (SOH) technology, and provides an overlook of the main partnerships.

1. Introduzione

L'ultima decade ha visto profondi mutamenti nel mondo industriale e tecnologico legato alla fotonica, da un lato con l’esplosione della bolla delle aziende “dot-com”, che dopo una crescita vorticosa ha subito una battuta di arresto nei primi anni del duemila a favore dell'economia di servizi basata sullo sfruttamento delle potenzialità della banda larga, come nel caso degli operatori OTT (Over The Top), dall'altro dai raggiunti limiti fisici e tecnologici del mondo

Stefano Penna a), b), Silvia Di Bartolo a), Vincenzo Attanasio a), Akira Otomo b), Leonardo Mattiello c) a) Istituto Superiore delle Comunicazioni e delle Tecnologie dell'Informazione (ISCOM) b) Advanced ICT Research Institute - National Institute of Information and Communications Technology (NICT), Kobe (Giappone) c) Dipartimento di Scienze di Base e Applicate per l`Ingegneria - Sapienza Università di Roma

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della microelettronica che proprio nella fotonica vedono una possibile soluzione, introducendo pertanto nuove prospettive di applicazione. Il risultato di questo processo di cambiamento, ancora in essere, e` nella definizione di Key Enabling Technology che l'Europa ha dato della fotonica all'interno del programma quadro Horizon2020, intendendo una tecnologia abilitante per l'innovazione in ambiti che spaziano oltre le pure tecnologie dell'informazione e della comunicazione (ICT), dalla sensoristica fino alla microelettronica e alle comunicazioni dati (datacom), che nell'attuale era dei data center costituiscono forse la principale area di sviluppo.

I principali vantaggi delle tecnologie fotoniche derivano dalle peculiarità legate alla radiazione ottica, su tutte la larghezza della banda potenzialmente disponibile (centinaia di THz), fino a quattro ordini di grandezza superiore alla banda attualmente disponibile con le tecnologie elettroniche (decine di GHz). A questo proposito la Legge di Moore, una legge empirica del 1965 inizialmente mirata ad anticipare i trend di crescita delle prestazioni dei processori nel solo decennio seguente e dimostrandosi invece valida fino ad oggi, predice l'incremento della frequenza di clock dei processori e la conseguente riduzione di dimensioni dei transistor con un passo che si stima raggiungerà i limiti fisici entro il 2020 [1]. Tali limiti sono legati appunto al dominio elettrico dei segnali, per i quali una miniaturizzazione delle connessioni elettriche all'interno de e tra chip porta ad un incremento della potenza dissipata e soprattutto a valori di resistività maggiori che limitano la banda disponibile e quindi la velocità di elaborazione del dispositivo finale.

Un'ulteriore considerazione riguarda l'aspetto energetico. Come anticipato, negli attuali processori basati su tecnologia elettronica CMOS l'incremento della velocità porta ad un aumento della potenza dissipata, in particolar modo nelle interconnessioni tra transistor, con un tetto massimo di potenza dissipabile pari a 200W per un'area di 2 cm2. Al raggiungimento di questo limite le attuali interconnessioni elettriche contribuiscono sensibilmente, con una crescita più che lineare all'aumento della frequenza di clock. Questo aspetto ha portato dagli anni 2000 all'introduzione del concetto di processori multi-core, basati su calcolo parallelo [1][2].

Da quanto sopra riportato ne consegue anche un aspetto meramente energetico, con la necessità di disporre di tecnologie a maggiore efficienza ovvero dal minore consumo, a parità di prestazioni garantite. Da questo punto di vista l'impiego di concetti legati alla fotonica ed in particolare mutuati dalle reti ottiche, come la multiplazione a divisione di lunghezza d'onda (Wavelength, Division Multiplexing, WDM), permettono di garantire un intrinseco parallelismo, oltre a larga banda e quindi alta velocità di elaborazione, sostanziale immunità dalle perdite capacitive e resistive tipiche delle connessioni metalliche e interferenza tra canali adiacenti comparabilmente nulla [1][2]. Per meglio comprendere l'impatto di

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queste caratteristiche si possono citare i dati forniti da Google ed Amazon relativamente agli effetti che ha sul proprio fatturato il parametro di latenza, ovvero il tempo richiesto dalla rete internet per fornire all'utente le informazioni da lui richieste, che e` direttamente legato alla velocità di connessione. In particolare, per Google un incremento di mezzo secondo sul tempo medio di caricamento di una pagina di ricerca e` causa del 20% di riduzione del traffico di ricerca, mentre per Amazon 100 ms di aumento nel tempo di caricamento di una pagina portano ad un calo di vendite dell'1%. E` evidente come per queste aziende la latenza, dominata in particolare dalla velocità di trasferimento dati all'interno dei propri data centers, rappresenti il fulcro abilitante della generazione di profitto. Questo aspetto rappresenta il principale traino per lo sviluppo di interconnessioni interamente ottiche anche per infrastrutture di rete locale come i data centers, che richiedono di fianco alle prestazioni tipiche della banda ottica un livello di integrazione e miniaturizzazione molto elevato per trovare spazio all’interno delle server farm.

Lo sfruttamento della fotonica in contesti attualmente dominati dalla microelettronica, con dispositivi fotonici in grado di garantire velocità elevate con minori consumi energetici, e` possibile unendo il concetto di dispositivo ottico al concetto di dispositivo integrato, con la definizione pertanto di circuito fotonico integrato o PIC (Photonic Integrated Circuit), ovvero un chip che è in grado di elaborare al suo interno l’informazione come segnale ottico implementando su un unico substrato o piattaforma le principali funzioni ottiche, quali ad esempio generazione di luce, ricezione, modulazione e filtro. Si deve comunque evidenziare come un chip interamente ottico abbia poco senso ai fini pratici, dal momento che l’informazione viene comunque generata e gestita come segnale elettrico, pertanto un PIC deve soddisfare anche la compatibilità con le tecnologie elettroniche, su tutte la CMOS, per potersi interfacciare in modo adeguato con costi contenuti, possibilmente condividendo anche la stessa piattaforma e auguratamente anche lo stesso flusso di processo di fabbricazione.

Per questo motivo negli ultimi anni si e` imposta sempre più la Silicon Photonics [3], ad indicare la classe di dispositivi fotonici compatibili con il Silicio. Tale affermazione e` legata ad aspetti di carattere economico, considerando i forti investimenti in tecnologia richiesti da un impianto di produzione di chip, nell'ordine di qualche miliardo di dollari, che costituiscono una pesante barriera all'introduzione di tecnologie alternative su scala industriale.

Storicamente ed attualmente le linee di produzione di chip sono state e sono tuttora dominate dalla tecnologia CMOS basata su Silicio ed il basso costo dei dispositivi prodotti, a fronte dell'ingente costo degli impianti di fabbricazione, e` assicurato dagli alti volumi di produzione e di mercato che consentono di ripartire in modo sostenibile i costi di investimento sugli impianti e lo sviluppo dei processi [4]. Ad oggi, gli sforzi delle aziende e degli enti di ricerca del

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settore concentrati sullo sviluppo di dispositivi fotonici compatibili o integrabili su Silicio ha consentito di dimostrare separatamente tutte le principali funzionalità ottiche (generazione [5][6], rivelazione [7], modulazione [8]). Tuttavia la sfida maggiore è rappresentata proprio dall’integrazione di queste funzioni in un unico sistema che riproduca a livello di circuito nanometrico una rete ottica, da cui la definizione di on-chip networks.

L'elemento chiave di un PIC, che rappresenta anche la principale differenza rispetto ad un chip prettamente elettronico, e` costituito dall'elemento di connessione: la guida d'onda. Se nei chip elettronici le frequenze specifiche dello spettro elettromagnetico consentono un trasferimento della radiazione tramite connessioni metalliche con dimensioni nell'ordine delle decine di nanometri (1 nm = 10-9 m), nei PIC la radiazione ottica deve essere confinata all'interno di guide d'onda che hanno dimensioni caratteristiche confrontabili con le lunghezze d'onda della radiazione stessa, nell’ordine di 100 nm – 1 µm. Questo rappresenta un primo limite dei PIC, ovvero l’impossibilità attualmente di portare il fattore di forma alla stessa scala attuale dei transistor CMOS, introducendo quindi un limite alla densita` massima di chip raggiungibile. Nella Silicon Photonics, l'impiego del Silicio come elemento guidante della luce permette di ottenere strutture altamente confinanti, quindi con basse perdite ottiche, legate all'alto contrasto di indice di rifrazione tra il nucleo, costituito di Silicio che ha indice di rifrazione nel vicino infrarosso pari a n=3.48, ed il substrato e, quando presente, il mantello (cladding), che sono tipicamente costituiti di materiali come Ossidi o altri dielettrici caratterizzati da indici di rifrazione con valori minori, compresi tra 1.44 e 2. Il contrasto d'indice che ne risulta si attesta intorno al 40%. Per avere un'idea di raffronto, nelle fibre ottiche in vetro, l’esempio più noto di guida d’onda ottica, il contrasto d'indice e` inferiore all’1%.

Questa caratteristica dei PIC in Silicio consente di ottenere campi ottici estremamente confinati e pertanto rende possibile la realizzazione di dispositivi con minore fattore di forma e maggiore efficienza, come nel caso dei modulatori di fase, in cui le prestazioni e le dimensioni delle sezioni attive dipendono dal fattore di confinamento della radiazione ottica. Consentono inoltre di ridurre le dimensioni caratteristiche delle guide al di sotto di 1 µm, a fronte tuttavia di un incremento delle perdite ottiche.

2. Tecnologie

Come anticipato, esistono differenti tipologie di piattaforme di integrazione fotonica, ognuna con una una sua particolare peculiarietà che ne rende possibile l’impiego per specifiche applicazioni. Tale diversità riflette la principale differenza tra l’elettronica integrata e la fotonica integrata, ovvero mentre l’elettronica integrata è chiaramente dominata dal Silicio, la fotonica integrata vede invece un’etereogeneità

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di materiali impiegati per la realizzazione delle diverse funzionalità ottiche: semiconduttori elementari, come Silicio e Germanio, o composti, come Fosfuro d’Indio (InP) ed Arseniuro di Gallio (GaAs), materiali dielettrici, come Diossido di Silicio (SiO2) o Nitruri di Silicio (Si3Nx), polimeri e cristalli non lineari come il Niobato di Litio (LiNbO3). Questa eterogeneità di materiali è stata la principale barriera allo sviluppo dei PIC, ma come vedremo nel seguito oggi questa problematica viene affrontata con soluzioni promettenti e soprattutto con un sensibile cambio di appoccio allo sviluppo.

La tecnologia fotonica integrata più compatibile con la tecnologia CMOS è la Silicon Photonics, che consente di ottenere dispositivi sostanzialmente passivi, privi cioè della funzione di generazione/amplificazione ottica, a fronte però di una più semplice integrazione con gli esistenti circuiti elettronici e di ottime prestazioni; la tecnologia basata su Fosfuro d’Indio, un semiconduttore del gruppo III-V, è invece l’unica per ora in grado di consentire la realizzazione di dispositivi attivi su chip grazie all’emissione dell’InP nelle lunghezze d’onda della banda C (1530 nm – 1565 nm), a fronte però di perdite ottiche su guida d’onda superiori di un ordine di grandezza al Silicio; da ultimo, la piattaforma basata su Nitruro di Silicio (Si3N4) permette di ottenere guide d’onda con bassissime perdite ottiche su un ampio intervallo di lunghezze d’onda, dal visibile all’infrarosso, aggiungendo anche funzionalità termo-ottiche.

2.1 Silicon Photonics Quando si parla di Silicon Photonics, generalmente ci si riferisce a

dispositivi basati su substrato di Silicon On Insulator (SOI), che in uno dei processi di fabbricazione più tipici è costituito da un wafer di Silicio, detto handle, al di sopra del quale viene “attaccato” (bonding) uno strato di Ossido di Silicio, l’isolante anche detto BOX (Buried Oxide), che sulla superficie superiore presenta un ulteriore film sottile di Silicio, detto seed [9]. Il Silicio seed ha la funzione tipicamente di core nelle guide d’onda mentre il BOX funge da mantello, oltre che da substrato, consentendo quindi una propagazione ottica con perdite ridotte. Come accennato in precedenza, l’elevato contrasto d’indice del Silicio rispetto al BOX consente di realizzare strutture con dimensioni caratteristiche intorno a 250 nm, a fronte però di maggiore perdita ottica (nell’ordine di 1 dB/cm), sensibilità alla polarizzazione e soprattutto un più difficile accoppiamento con la fibra ottica. E’ stata pertanto ipotizzata una differenziazione di guide d’onda a seconda del fine d’uso, puntando su strutture a dimensioni più ridotte per collegamenti intra ed inter-chip, in cui l’accoppiamento ottico in fibra non è necessario e soprattutto le lunghezze di collegamento tipiche sono sostanzialmente ridotte, ed impiegando strutture di dimensioni maggiori, nell’ordine di 2-3 µm, per i collegamenti di lunghezza maggiore, portando a perdite caratteristiche inferiori a 0.3 dB/cm, e per l’accoppiamento esterno in fibra [1].

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Dal momento che il Silicio è un materiale a band gap indiretto non può essere facilmente impiegato per la realizzazione di sorgenti ottiche; di conseguenza, la piattaforma SOI viene solitamente impiegata per la realizzazione di PIC sostanzialmente passivi. L’obiettivo di realizzare laser su Silicio, ad esempio tramite nanocristalli [10] o tramite drogaggio del Silicio stesso con materiali ad emissione IR come l’Erbio [10], costuisce oggi una sfida ancora aperta. A tal proposito, nel 2004 la University of California Santa Barbara [5] e in forma migliorata Intel nel 2005 [6] hanno dimostrato emissione laser da Silicio sfruttando l’effetto Raman, le cui effettive possibilità di integrazione a basso costo su chip devono comunque essere ancora dimostrate. Per questo motivo la Silicon Photonics basata su SOI viene considerata per lo più per dispositivi passivi, ovvero, oltre alle già citate guide d’onda: accoppiatori [11][12][13], riflettori di Bragg (DBR) [14], e AWG (Arrayed Waveguide Gratings) [15].

Per quanto riguarda la funzione di fotorivelazione, dal momento che il Silicio è trasparente alle lunghezze d’onda superiori a 1100 nm, si utilizza un film sottile di Germanio, che è compatibile con il processo CMOS, in posizione adiacente al core di Silicio per sfruttare l’accoppiamento dei modi evanescenti. Sono stati dimostrati rivelatori con bande fino a 120 GHz [16] e responsività superiore a 1.05 A/W [17], sebbene non integrati su piattaforma.

2.2 Fosfuro d’Indio La piattaforma basata su InP è quella che attualmente consente di

realizzare i PIC più complessi, in particolare per le caratteristiche intrinseche del InP che permette l’implementazione di funzioni chiave dei circuiti fotonici come le funzioni attive di emissione laser e amplificazione.

Pertanto i blocchi funzionali realizzabili coprono l’intera gamma delle funzioni ottiche, come illustrato nella tabella dell’Istituto COBRA (Communications Technologies Basic Research and Applications) dell’Università Tecnica di Eindhoven [18] riportata in figura 1, riassumbili in funzioni passive, modulatori di fase, amplificatori ottici e covertitori di polarizzazione [19]: accoppiatori MMI couplers ed AWG, switch ottici e modulatori, laser multi-lunghezza d’onda e tunabili, flip-flops e convertitori di lunghezza d’onda ultraveloci, laser al picosecondo e splitter e convertitori di polarizzazione [18][19].

In modo simile alla microelettronica, le diverse funzioni si possono ottenere combinando tra loro i singoli blocchi funzionali. L’introduzione degli Arrayed Waveguide Gratings (AWG) ha consentito di incrementare la complessità dei PIC su InP, arrivando in tempi recenti ad ottenere chip fotonici con oltre 450 componenti integrati su singolo substrato [20][21]. A questo proposito, osservando i tempi di progresso e le prestazioni ottenute, il COBRA ha proposto un interessante parallelismo con la legge di Moore, di fatto confermandone la validità anche per la microfotonica integrata [19].

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I componenti passivi su InP godono di prestazioni non ottimali per quanto riguarda le perdite ottiche, che hanno in media un’ordine di grandezza superiore ai corrispettivi in Silicon Photonics. Di conseguenza si adattano per la realizzazione di chip ad elevata densità, in cui la lunghezza ottiche, ma non riescono a garantire un’efficiente connessione su lunghezze maggiori.

Tuttavia, anche per incrementare le possibilità di applicazione della tecnologia InP, che come vedremo nella sezione successiva segue un nuovo approccio mirato a favorire lo sviluppo in chiave commerciale della fotonica integrata, un’intensa attività di R&D riguarda l’integrazione delle sorgenti e degli amplificatori InP su Silicon Photonics.

Da questo punto di vista le difficoltà risiedono nella diversa costante reticolare tra InP e Silicio (variazione del 4%) e al diverso coefficiente di espansione termica, che rende impossibile applicare i metodi classici di bonding ad alta temperatura. Inoltre, il bonding pregiudica le possibilità di elevata portata di produzione ottenibile con la Silicon Photonics, riguardando un processo intrinsecamente più lento e delicato.

Ad ogni modo, un’interessante alternativa ai processi di bonding a bassa temperatura basata su plasma di Ossigeno [22] è costituita dall’adesione mediante polimero, tipicamente DVS-BCB [23], tramite processi in soluzione liquida più a basso costo.

Figura 1. Elementi circuitali e funzionalità ottiche nei circuiti fotonici integrati basati su piattaforma InP [18]

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2.3 Nitruro di Silicio La tecnologia basata su Nitruro di Silicio Si3N4 consente di ottenere

perdite minime pari a 0.00045 dB/cm [26], preservando tali caratteristiche anche in caso di bassi raggi di curvatura, necessari per connettere i blocchi del chip minimizzando il loro fattore di forma. In particolare determinante per ottenere simili prestazioni è la realizzazione di strutture caratterizzate dall’alternanza di Si3N4 ed SiO2. Il processo di fabbricazione compatibile con la tecnologia CMOS è caratterizzato da processi di deposizione chimica in fase vapore (CVD) a bassa pressione.

Questo processo permette di ottenere una composizione stabile dei materiali, requisito necessario per il controllo delle loro proprietà ottiche che influenzano le prestazioni della propagazione all’interno della guida d’onda. La finestra di trasmissione dei due materiali permette la realizzazione di guide a bassa perdita su un ampio intervallo spettrale, dal visibile violetto (400 nm) fino all’infrarosso (2350 nm), adattandosi pertanto ad applicazioni che vanno oltre le comunicazioni insenso stretto, includendo la sensoristica ed il biomedicale. Sono state definite tre geometrie di guida d’onda: box shell [24], doppia striscia [25] e filled box [26].

In particolare, altra peculiarietà delle strutture basate su Si3N4 nella tecnologia proprietaria TriPlex, è la possibilità di abbinare l’alto contrasto d’indice con l’accoppiamento ottico tra chip e fibra, due obiettivi che solitamente sono mutuamente esclusivi con strutture in Silicon Photonics [26].

2.4 Silicon Organic Hybrid Technology Un ramo della Silicon Photonics basata sul SOI è la cosiddetta

Silicon Organic Hybrid Technology (SOH) [27], che fa uso di materiali attivi di origine organica, come monomeri [27] e soprattutto polimeri [28][29], che introducono vantaggi come il basso costo di processo, in particolare per i polimeri dal momento che possono essere lavorati in fase liquida con tecniche di stampa, la facilità di integrazione legata alla loro natura amorfa che elimina le restrizioni dell’uguaglianza della costante reticolare con il Silicio e soprattutto le possibilità uniche e potenzialmente illimitate di migliorare o, usando un termine in voga nella comunità scientifica, “cucire” le proprietà dei materiali specificatamente per una determinata applicazione (molecular tailoring) tramite il design molecolare e la conseguente sintesi chimica. Quest’ultimo aspetto consente di ottenere materiali che in alcuni casi sorpassano in prestazioni gli analoghi inorganici.

Un ulteriore vantaggio della tecnologia SOH è la sua completa compatibilità con il processo di fabbricazione CMOS, in particolare si configura come un processo di back-end, ovvero che si pone al termine del tipico flusso di processo CMOS, pertanto può essere integrato senza indurre variazioni nelle linee di produzione già presenti e per di più con processi di stampa, dai costi caratteristici trascurabili rispetto al resto della linea di produzione. Intrinsecamente, l’uso di materiali organici

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consente di replicare le caratteristiche di basse perdite ottiche dei dispositivi basati su SOI dal momento che le condizioni di alto contrasto d’indice tra Silicio e polimeri sono preservate.

L’applicazione più nota di tecnologia SOH è la modulazione di fase, ottenuta tramite l’impiego di polimeri elettro-ottici che mostrano coefficienti non lineari di molto superiori a 100 pm/V [30] (l’analogo inorganico, il Niobato di Litio, è nell’ordine di 30-40 pm/V). La tecnologia SOH è spesso associata alle guide d’onda slot [31] per via dell’elevata concnetrazione di campo ottico all’interno della struttura nanometrica. La guida d’onda slot è basata su tecnologia SOI e, sfruttando la forte discontinuità di campo elettrico tra il Silico ed il materiale che compone lo slot, solitamente un polimero o un Ossido di Silicio, induce un miglioramento del campo nella centrale regione di slot di un fattore pari al rapporto delle rispettive costanti dielettriche dei materiali, ovvero al quadrato degli indici di rifrazione, nSi

2/nslot2=4-

6, come si può osservare nel profilo di campo ottico mostrato in figura, con fattori di confinamento della radiazione ottica che superano il 30%. Accoppiando le guide d’onda slot ai materiali elettro-ottici è possibile ottenere modulatori di fase o anche, composti all’interno di strutture inteferometriche Mach Zender, modulatori di ampiezza che presentano valori di tensione Vπ inferiori ad 1V [32] e soprattutto bitrate superiori a 100 Gbit/s, con punte a 160 Gb/s [33].

Utilizzando lo stesso tipo di materiali elettro-ottici è possibile realizzare anche la funzione di commutazione (switching) ad alta frequenza, necessaria per applicazioni specifiche come i data center in cui a breve termine saranno richiesti tempi caratteristici di switching nell’ordine dei nanosecondi, mentre allo stato dell’arte i tempi caratteristici sono nell’ordine dei ms, con valori di punta dimostrati nell’ordine dei 100 µs. Alcuni esempi, mirati per ora più alla dimostrazione concettuale, mostrano tensione di switching inferiore a 10V con un coefficiente nonlineare pari a 250 pm/V su lunghezza di accoppiamento di 1.7 cm [34].

Similmente ai materiali organici elettro-ottici è possibile utilizzare anche altri tipi di materiali che ben si accoppiano alla tecnologia SOI per la realizzazione di sorgenti o di fotorivelatori.

Figura 2. Struttura di una guida d‘onda slot strip-loaded per modulatori fotonici in tecnologia SOH e immagine al microscopio elettronico (SEM)

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In particolare i materiali organici drogati con Erbio possono fungere da materiali attivi per la generazione/amplificazione della radiazione IR a 1550 nm all’interno del chip. A questo proposito sono stati dimostrati elettroluminescenza da LED organico cresciuto su Silicio con tecniche da vuoto [35] e di recente, con tecniche di processo in fase liquida, anche se non su subtrato di Silicio [36]. L’ISCOM ha un’attività in essere su quest’ultima linea che ha portato a risultati promettenti sia per quanto riguarda la realizzazione di guide d’onda con processi di fabbricazione interamente ottici [37][38], sia per le potenzialità di realizzazione di un dispositivo laser su Silicio [39] mediante tecniche di fabbricazione a basso costo come la litografia per Nanoimprinting [40] o nell’estremo ultravioletto (EUV) [39]. In aggiunta, mediante la collaborazione con l’Università La Sapienza di Roma sono state realizzate delle versioni avanzate dei monomeri drogati con Erbio in grado di migliorare l’efficienza di emissione e soprattutto di consentire una lavorazione interamente in fase liquida, condizione abilitante per un processo a basso costo su scala industriale [37][40].

Per quanto riguarda la funzione di fotorivelazione, l’esplosione recente del fotovoltaico organico ha portato a miglioramenti netti in termini di materiali attivi disponibili per l’assorbimento ottico, per lo più nel range visibile ma in prospettiva anche per il range del vicino infrarosso inbanda C. Al momento sono in essere diversi lavori di caratterizzazione ed ulteriore miglioramento dei materiali organici attivi in termini di massimizzazione della velocità di risposta, peculiarità dei fotorivelatori rispetto alle celle fotovoltaiche che lavorano con luce continua (f=0). Si può prevedere facilmente che l’immenso know how generato per il fotovoltaico organico in termini di design e sintesi di

Figura 3. Spettro laser preliminare di cavità laser DFB basata su Erbio tris-idrossichinolina come materiale attivo per l’emissione a 1530 nm (banda C) [39] e immagine del reticolo DBR realizzato su wafer di Silicio con unico processo di stampa da nano-imprinting su larga area (10 cm2) [41]

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nuovi materiali per l’assorbimento ottico porterà allo sviluppo in tempi brevi di materiali in grado di competere con i loro equivalenti inorganici.

Da questo punto di vista è stato domostrato un fotorivelatore con una larghissima risposta spettrale (300–1450 nm), alta rivelabilità (1012−1013 cm Hz 0.5 W–1) e un intervallo dinamico lineare (>100 dB), in grado pertanto di competere direttamente con rivelatori in Silicio e InGaAs [42].

Una delle principali problematiche derivanti dall’uso dei materiali organici in elettronica è legato alla stabilità. Tuttavia, un lavoro di sviluppo specifico in tal senso ha portato già a dimostrare la compatibilità di alcuni prototipi come i modulatori polimerici ai protocolli di certificazione Telcordia, ovvero previsti dall’associazione delle industrie di telecomunicazione statunitensi, che fungono da standard di stabilità [43][44].

Come già riportato in precedenza, ciascuna di queste tecnologie gode di vantaggi e svantaggi legatti alle proprie cararteristiche specifici. Pertanto, nell’ottica di convogliare gli sforzi verso obiettivi comuni, l’approccio che domina il periodo corrente è l’integrazione tra le diverse tecnologie integrate, in modo tale da ampliare la gamma di applicazioni possibili e migliorare le prestazioni ottenibili. Come accennato, ci sono diverse alternative proposte per l’integrazione dei dispositivi attivi in InP su Silicon Photoncs, sebbene il ricorso al bonding tende comunque ad innalzare i costi di fabbricazione se pensati su processo in linea [45]. Di recente, ad inizio 2015, alcuni dei partner di jEPPIX insieme a Lionix hanno annunciato l’integrabilità della tecnologia InP su Triplex [46], in grado qundi di combinare le funzioni attive dell’InP con le eccellenti proprietà guidanti per applicazioni nel visibile e nel vicino infrarosso del Triplex.

3. Piattaforme Tecnologiche e Generic Foundry Model

Come citato in precedenza, una linea di processo per la fabbricazione di chip ha costi proibitivi, sia per chip elettronici che per PIC. Si consideri ad esempio che la realizzazione di una singola maschera litografica ad elevata densità ha costi nell’ordine dei $ 100.000 e che per un intero processo possono occorrere fino a 40 maschere.

Tuttavia, come detto, l’industria microelettronica può ripartire questi costi su un elevato volume di produzione legato alle enormi richieste di mercato, con quantiaà di lavorazione di circa 1.000-10.000 wafer per settimana su una singola linea [4]. Nel caso dei PIC, non esiste ancora un mercato caratterizzato da simili volumi di richiesta. In realtà per la quasi totalità delle applicazioni non esiste ancora un mercato, per cui gli elevati costi di sviluppo tendono a limitare il numero di attori del settore a pochi soggetti con disponibilità

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finanziarie adeguate. In aggiunta, la forte etereogeneità di materiali e quindi di processi tecnologici per la realizzazione delle singole funzioni ottiche tende ad innalzare ulteriormente i costi di sviluppo [19].

Tuttavia, proprio per far fronte a queste barriere, si è affermato un nuovo modello basato sulla condivisione delle onerose infrastrutture tecnologiche con la realizzazione di piattaforme tipicamente a iniziale sovvenzione pubblica. Il concetto di riferimento è quello di Multi Project Wafer (MPW), mutuato dall microelettronica, ovvero un wafer al cui interno sono raccolti i design di dispositivi provenienti da diversi clienti o partner fino saturarne l’intera area, consentendo di ripartire i costi di realizzazione tra più progetti e creando quindi un business sostenibile sia per il realizzatore che per il cliente [47].

Questo modello di sviluppo consente la nascita di un indotto legato a singole competenze della catena del valore, come la progettazione, il testing, l’integrazione, lo sviluppo di proprietà intellettuali, incrementando la nascita di aziende anche di piccole dimensioni ma dall’alto contenuto tecnologico [8]. Inoltre un sistema di questo tipo favorisce la nascita delle fabless companies, ovvero delle aziende senza impianto di fabbricazione proprietario (fab), che possono sviluppare componenti per specifiche applicazioni, denominati ASPIC (Application Specific PIC), demandando la realizzazione alla specifica piattaforma tecnologica.

Tramite lo strumento dei programmi quadro FP6 ed FP7, l’Europa ha investito pesantemente nel supporto alla nascita delle piattaforme europee, in particolare tramite la Network of Excellence ePIXnet (European Photonic Integrated Components and CircuitS Network) del programma FP6. La vision di sviluppo del modello di Fonderia Generica (Generic Foundry Model) applicato alla fotonica integrata è stato introdotto proprio in ePIXnet [48].

Dalla rete di ePIXnet sono nati dei consorzi tecnologici a partecipazione pubblica e privata, come ePIXfab, che è la piattaforma di riferimento per la tecnologia SOI legata dal punto di vista dei processi ai centri IMEC (belgio) e CEA-LETI (Francia), e jEPPIX (Joint European Platform on Photonic Integrated CrcuitS), basata sulla tecnologia in Fosfuro di Indio e legata per la maggior parte della partnership al polo tecnologico di Eindhoven (Paesi Bassi). In aggiunta, sempre originata da ePIXnet, si è affermata la tecnologia Del consorzio Triplex basata su Nitruro di Silicio, attualmente sviluppata dall’azienda olandese Lionix.

Ultimo “prodotto” di ePIXnet è la piattaforma ePIXpack per lo sviluppo di tecnologie di packaging specifiche per i chip fotonici. Attualmente il costo del packaging, che diversamente dai chip elettronici è legato alle problematiche di accoppiamento della luce in fibra, tende a superare di un ordine di grandezza il rimanente costo del chip, con una percentuale sul costo totale stimato al 94% (fonte: FP7 Fabulous project).

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In ambito extra-Europeo è degna di nota la piattaforma a matrice statunitense OpSis, giunta a conclusione a inizio 2015, legata all’Università di Delaware e costituita da una rete di collaborazione che ha visto partecipi anche le aziende leader della Silicon Photonics della Silcon Valley come Luxtera e Kotura (ora all’interno di Mellanox), le quali dispongono ognuna di linee di fabbricazione dedicate su SOI con risoluzione rispettivamente di 200 nm e 150 nm [47], l’agenzia tecnologica di Singapore ASTAR, Hewlett-Packard e BAE Systems.

La funzione di supporto pubblico che in Europa è assolta dai programmi quadro, con impegni rinnovati anche all’interno dell’attuale programma Horizon2020 per lo sviluppo di applicazioni di fotonica integrata in ambito ICT e datacom, negli USA è svolta da DARPA (Defense Advanced Research Projects Acency), che ha lanciato diversi programmi di finanziamento come UNIC, mirati principalmente ad applicazioni in ambito HPC (High Performance Computing).

In Italia si annota la recente inaugurazione del centro InPhoTec (Integrated Photonic Techology center) all’interno del polo di ricerca CNR-Scuola Sup. Sant’Anna di Pisa, interamente dedicato alla realizzazione di dispositivi fotonici integrati, includendo l’attività di packaging che attualmente rappresenta uno dei principali colli di bottiglia per lo sviluppo commerciale dei PIC.

Conclusioni

Come detto, per garantire l’esplosione commerciale della fotonica integrata, nonostante gli indiscussi vantaggi e potenzialità, dipende dalle dimensioni del mercato di riferimento.

Attualmente c’è un forte impegno nello sviluppo di interconnessioni ottiche, in particolare dedicate ad applicazioni in data centers e per i microprocessori, e nel campo della sensoristica in fibra, tutti settori caratterizzati da enormi potenziali volumi di richiesta che faciliterebbero lo sviluppo commerciale e prima ancora lo sviluppo tecnologico.

S.Penna, S.Di Bartolo,V.Attanasio, A.Otomo, L. Mattiello

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