TECNOLOGIA Fotocamere Full Frame o APS-C - fotografia.it · spaziale crescente) e vede-re con quale...

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20 TUTTI FOTOGRAFI Una scelta che prima o poi quasi tutti i fo- toamatori si trovano a dover fare è quella se acquistare una costosa fotocamera Full Frame o una più economica APS-C. Se confrontiamo le dimensioni dei due sensori, il primo ha esattamente le dimen- sioni della pellicola, 24x36mm, mentre il secondo misura circa 16x24mm, con leggere varianti a seconda dei produttori: le Nikon DX ad esempio utilizzano un for- mato 15,7x23,6mm, le Canon un formato leggermente più piccolo. I professionisti per lo più scelgono le reflex Full Frame e lo fanno sia perché queste fotocamere vengono solitamente costruite in modo più robusto, sia perché le immagini prodotte con sensori di gran- di dimensioni sono più nitide. Questa non è certo una scoperta recen- te ed infatti anche con le fotocamere a pellicola i professionisti hanno sempre privilegiato i formati più grandi, come le Hasselblad 6x6 cm o addirittura i banchi ottici da 13x18 cm, o superiori. La nitidezza degli obiettivi, i test MTF, la risoluzione dei sensori, gli effetti del rumore, i pro e contro le fotocamere Full Frame e APS-C, il ruolo del fotografo. Sono tutte questioni che si danno per scontate, ma qual è la spiegazione scientifica? TECNOLOGIA sensori, rumore e nitidezza Fotocamere Full Frame o APS-C ? L’occhio produce sulla retina un’immagine con un angolo di campo molto grande, ma solo una piccolissima parte centrale è ben dettagliata e nitida, quella relativa alla fovea.

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20 TUTTI FOTOGRAFI

Una scelta che prima o poi quasi tutti i fo-toamatori si trovano a dover fare è quella se acquistare una costosa fotocamera Full Frame o una più economica APS-C.Se confrontiamo le dimensioni dei due sensori, il primo ha esattamente le dimen-sioni della pellicola, 24x36mm, mentre il secondo misura circa 16x24mm, con leggere varianti a seconda dei produttori: le Nikon DX ad esempio utilizzano un for-mato 15,7x23,6mm, le Canon un formato leggermente più piccolo.

I professionisti per lo più scelgono le reflex Full Frame e lo fanno sia perché queste fotocamere vengono solitamente costruite in modo più robusto, sia perché le immagini prodotte con sensori di gran-di dimensioni sono più nitide.Questa non è certo una scoperta recen-te ed infatti anche con le fotocamere a pellicola i professionisti hanno sempre privilegiato i formati più grandi, come le Hasselblad 6x6 cm o addirittura i banchi ottici da 13x18 cm, o superiori.

La nitidezza degli obiettivi, i test MTF, la risoluzione dei sensori, gli effetti del rumore,i pro e contro le fotocamere Full Frame e APS-C, il ruolo del fotografo. Sono tutte questioni

che si danno per scontate, ma qual è la spiegazione scientifica?

TECNOLOGIAsensori, rumore e nitidezza

FotocamereFull Frame o APS-C ?

L’occhio produce sulla retina un’immagine con un angolo di campo molto grande, ma solo una piccolissima parte centrale è ben dettagliata e nitida, quella relativa alla fovea.

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I sensori Full Frame hanno le stesse dimensioni della pellicola fotografica 24x36 mm. I sensori APS sono più piccoli, misurano circa 16x24 mm, con leggere varianti a seconda dei produttori.

Vediamo quindi i motivi che rendono le fotocamere Full Frame qualitativamente superiori alle APS-C.

Perché è importante la nitidezzaPrima di spiegare la relazione tra la ni-tidezza ed il formato del sensore, è utile fermarsi un attimo a riflettere sui motivi che rendono tanto importante la nitidezza in fotografia.Diciamo che un’immagine è più nitida di un’altra quando contiene un maggior numero di dettagli e quando questi det-tagli sono sufficientemente contrastati da poter essere facilmente osservati. L’importanza della nitidezza è dunque ovvia quando la fotografia viene utilizzata per documentazione, cioè per riprodurre nel modo più fedele possibile la realtà che ci circonda.La nitidezza è però importante anche quando utilizziamo la fotografia per tra-smettere emozioni (foto ricordo o artisti-

Un’immagine è tanto più nitida quanto maggiore è il numero di dettagli che l’osservatore può cogliere e la facilità con cui può vederli. Per una valutazione della nitidezza sono dun-que importanti i dettagli che hanno dimensione e contrasto compatibili con le possibilità fisiologiche dell’occhio.

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che); le emozioni non dipendono infatti solo dal soggetto, la sua espressione o i suoi movimenti, ma anche dal modo in cui il fotografo lo interpreta tramite la scelta del punto di ripresa e dell’inquadratura. Anche la nitidezza rientra nel “modo” con cui il fotografo guarda il soggetto, perché ci dice con quanta attenzione il fotografo sta guardando il soggetto od una parte di esso.

La nitidezza e la fisiologia dell’occhioIl legame tra nitidezza e attenzione deriva dalla fisiologia dell’occhio. L’occhio pro-duce sulla retina un’immagine con un an-golo di campo molto grande, ma solo una piccolissima parte centrale è dettagliata, nitida, ed è quella relativa alla fovea dove c’è una grande concentrazione di coni e bastoncelli, cioè gli elementi sensibili alla luce. Questo vuol dire che vediamo nitido solo ciò su cui puntiamo gli occhi, ovvero quello che vogliamo guardare. Nitidezza è quindi sinonimo di attenzione.Maggiore è la nitidezza, maggiore è l’at-tenzione che diamo al contenuto di un’im-magine.

Da cosa dipende la nitidezza?Abbiamo già accennato che una imma-gine è nitida quando contiene un eleva-to numero di dettagli facilmente visibili

dall’osservatore, e quindi ben contrastati.Alla nitidezza dell’immagine contribuisco-no diversi elementi , dei quali i principali sono almeno quattro: soggetto, obiettivo, fotocamera, fotografo.Il soggetto è il punto di partenza. Se il sog-getto presenta dettagli poco contrastati, tali appariranno anche nell’immagine fi-nale. Un attento uso delle luci, naturali o artificiali, capace di esaltare il contrasto dei dettagli, influirà in modo determinante sul risultato.L’obiettivo è il secondo elemento della ca-tena, spesso quello a cui si attribuiscono i meriti o le colpe di un’immagine poco nitida; sicuramente è parte in causa, ma non sempre è l’unico responsabile.Abbiamo poi la fotocamera, o meglio il sensore, del quale più avanti esami-neremo l’influenza sulla nitidezza finale dell’immagine.Infine abbiamo il fotografo, che può con-tribuire in positivo o negativo alla nitidezza nel momento in cui sceglie l’apertura del diaframma, il tempo di posa e la messa a fuoco, oltre che col modo, più o meno corretto, di impugnare la fotocamera.

Come misurare la nitidezza Se vogliamo parlare di nitidezza in modo scientifico dobbiamo innanzi tutto avere un modo per misurarla. Il metodo or-mai universalmente adottato è la misura

dell’MTF (Modulation Transfer Function) ovvero della Funzione di Trasferimento di Modulazione, che ci dice con che contra-sto un sistema ottico trasferisce un detta-glio del soggetto all’immagine. Per misurarla si può prendere una mira con una serie di linee bianche e nere sempre più sottili e ravvicinate (ovvero con una frequenza spaziale crescente) e vedere con quale contrasto il sistema ot-tico la riproduce.Come si può vedere nell’immagine che ri-porta l’MTF di un obiettivo, la capacità di trasmettere il contrasto diminuisce all’au-mentare della frequenza spaziale, ovvero quanto più le linee bianche e nere del sog-getto diventano fitte, fino al punto in cui il contrasto è talmente basso che non è più possibile distinguere due linee. Questo è il limite di risoluzione dell’obiettivo.

La gamma di frequenze utili per l’oc-chio Per misurare la nitidezza con una curva MTF in modo utile non possiamo però basarci sul limite di risoluzione, ovve-ro il più piccolo dettaglio che l’obiettivo può riprodurre, ma dobbiamo esaminare come vengono riprodotti i dettagli che il nostro occhio può vedere.Su una stampa osservata alla distanza di 35cm l’occhio riesce a distinguere al me-glio il contrasto di una linea/mm; la capa-

Le fotocamere Full Frame sono in grado di produrre immagini meno rumorose di quelle delle fotocamere APS-C. Questo migliora anche la leggibilità dei dettagli, ovvero la nitidezza, nelle ombre.

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cità di percepire il contrasto si abbassa progressivamente sia per frequenze spa-ziali più basse (dettagli più grandi) che per frequenze spaziali più alte (dettagli più piccoli); la capacità dell’occhio dimi-nuisce anche all’aumentare della distanza di osservazione.Per misurare la nitidezza è inutile sapere se il nostro sistema ottico può riprodurre sulla stampa 10 linee/mm o 20 linee/mm; all’occhio infatti interessa solo con che contrasto vengono riprodotti sulla stam-pa (osservata da 35 cm) i dettagli da 0,5 a 2 linee/mm: questa è dunque la gamma di frequenze utili per valutare la nitidezza.

La gamma di frequenze utili per la fo-tocameraPer ottenere la gamma di frequenze spa-ziali utili sul piano del sensore dobbiamo calcolare di quanto viene ingrandita l’im-magine che l’obiettivo proietta sul senso-re, per ottenere la stampa desiderata.Più il sensore è piccolo, maggiore è l’in-grandimento che dovremo applicare, e di conseguenza maggiori saranno le fre-quenze spaziali che dovremo considerare nella nostra gamma di frequenze utili.Ad esempio se osserviamo da 35 cm una stampa A3 (297 x 420 mm), se il nostro sensore è Full Frame (24 x 36 mm) do-vremo fare un ingrandimento di circa 12x e la gamma di frequenze utili sarà da 6 a

24 linee/mm.Se invece in nostro sensore è un APS-C dovremo ingrandire di 18x e la gamma di frequenze diventerà da 9 a 36 linee/mm.

L’obiettivo viene penalizzato dai formati più piccoli Abbiamo visto che aumentando l’ingran-dimento aumenta anche la gamma delle frequenze, e di conseguenza si abbassa-no la curva MTF e la nitidezza.A contrastare questa perdita di qualità dei formati più piccoli interviene il fatto che tutti gli obiettivi funzionano solitamen-te meglio al centro rispetto ai bordi. La riduzione del formato dunque, dato che esclude le parti periferiche dell’immagine, teoricamente dovrebbe portare un miglio-ramento, soprattutto nei grandangolari che di solito mostrano un’ampia differen-za di prestazioni tra centro e bordi.Nella pratica non è così, in quanto tra i due effetti contrapposti prevale la perdi-ta di nitidezza a causa dell’aumento delle frequenze spaziali utili.

Il ruolo della fotocameraDunque una diminuzione delle dimensioni del sensore provoca sempre una diminu-zione nelle prestazioni di un obiettivo.Ovviamente è possibile progettare gli obiettivi in modo da ottimizzarne le pre-stazioni per il formato ridotto APS-C,

aumentando il più possibile la loro MTF, ed infatti vi sono in commercio ottiche di altissima qualità che riescono a fornire una resa elevata anche sul formato ridot-to, equivalente a quella che è possibile ottenere con i sistemi Full Frame. Tuttavia il loro costo di produzione è superiore a quello degli obiettivi progettati per for-nire un’analoga qualità sul formato Full Frame.Ma le responsabilità della fotocamera non si fermano qui. Ci sono almeno altri due aspetti da considerare: il rumore ed il nu-mero di pixel.

Il rumoreIl rumore è presente in qualsiasi immagi-ne digitale e si presenta come una sorta di “grana” particolarmente visibile sulle superfici uniformi; la grana influisce sulla leggibilità dei dettagli dell’immagine, per cui il rumore ha una diretta influenza an-che sulla nitidezza. La valutazione dell’intensità del rumore si effettua solitamente in base al rappor-to tra il segnale fornito dal sensore ed il rumore presente; più alto è il rappor-to segnale/rumore, migliore è la qualità dell’immagine. Una delle fonti principali di rumore è lo shot-noise che è indipendente dalla qua-lità delle fotocamere, essendo legato alle fluttuazioni quantistiche dell’intensità del-

Su una stampa osservata da 35cm di distan-za l’occhio riesce a distinguere al meglio il contrasto per dettagli di una linea/mm; la ca-pacità di percepire contrasto si abbassa pro-gressivamente sia per frequenze spaziali più basse (dettagli più grandi) che per frequenze spaziali più alte (dettagli più piccoli)

Per misurare l’MTF di un sistema ottico si può usare una mira con una serie di linee bianche e nere sem-pre più sottili e ravvicinate (ovvero con una frequenza spaziale crescente) e vede-re con quale contrasto il sistema ottico la riprodu-ce. La curva MTF ci dice con che contrasto (modu-lazione) viene riprodotta ogni frequenza spaziale.In particolare alla frequen-za spaziale indicata in ros-so il contrasto è talmente basso che non è più possi-bile distinguere due linee. Questo è il limite di risolu-zione dell’obiettivo.

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Per misurare la nitidezza utilizzando una curva MTF consideriamo le fre-quenze che servono a produrre su una stampa, osservata da 35 cm, le frequenze che vanno da 0,5 a 2 linee/mm.Se utilizziamo un sensore Full Frame la gamma di frequenze utili sarà da 6 a 24 linee/mm; se utilizzia-mo un sensore APS-C la gamma di frequenze utili sarà da 9 a 36 linee/mm. Dunque a parità di MTF il sensore Full Frame consentirà una nitidezza superiore, dato che nella sua gam-ma di frequenze utili la curva MTF è più alta.

Le fotocamere Full Frame hanno un rapporto segnale/rumore più elevato rispetto alle fotocamere APS-C, e quindi una mi-gliore qualità delle immagini.

L’immagine mostra come un singolo punto luminoso venga moltiplicato da un filtro anti-aliasing, per ridurre la nitidezza del soggetto.

la luce. Questo tipo di rumore dipende fortemente dalla quantità di luce catturata dal senso-re e pertanto, a parità di intensità di luce, i sensori più grandi presenteranno un rap-porto segnale/rumore più elevato.Le fotocamere Full Frame produrranno dunque minor rumore, da cui una mi-gliore qualità delle immagini rispetto alle fotocamere APS-C.

Il numero di pixelE’ opinione comune che la nitidezza, in-tesa come capacità di riprodurre dettagli, aumenti col numero di pixel del sensore. Diciamo subito che l’affermazione è cor-retta, ma solo per le fotocamere dotate di filtro anti-aliasing. Vediamo perché.Consideriamo ancora il risultato che vo-gliamo ottenere, la nostra stampa A3 osservata da 35 cm di distanza: la gam-ma di frequenze spaziali di interesse su un sensore Full Frame va da 6 a 24 linee/mm. Una fotocamera da 8 Mpixel (priva di filtro anti-aliasing) è perfettamente in grado di generare tutte le frequenze spa-

ziali che ci interessano. E’ inutile quindi utilizzare una fotocamera (priva di filtro anti-aliasing) dotata di un numero di pixel superiore in quanto non potremmo vede-re frequenze spaziali superiori per l’inca-pacità del nostro occhio.Se dunque aumentiamo il numero di pixel del sensore non riusciamo ad aumentare la nitidezza dell’immagine. Le cose cam-biano però utilizzando fotocamere dotate di filtro anti-aliasing.

Filtro anti-aliasing e nitidezzaQuando avviene il campionamento dell’immagine per ottenere il file digitale il rischio è la formazione di artefatti, ovvero di dettagli inesistenti nella realtà.Per la teoria matematica del campiona-mento occorre che la spaziatura dei punti in cui leggo un’immagine sia la metà di quella dei dettagli più piccoli presenti nell’immagine; in caso contrario possono appunto apparire gli artefatti.Ricordo a proposito che nel corso delle prove di una delle prime reflex Canon professionali, priva di filtro anti-aliasing,

i capelli rossi di una modella in contro-luce si erano trasformati in orribili linee a bande rosse e nere. Molto comune è poi l’insorgere dell’effetto moirè con soggetti come tessuti o griglie. E’ questo il motivo che ha portato i pro-duttori a “bloccare” con un filtro i dettagli più sottili del soggetto, cioè ad abbassare la nitidezza: è il filtro anti-aliasing, realiz-zato con due strati di materiale birifran-gente come il niobato di litio. Sarebbe bello che questi filtri eliminasse-ro semplicemente i dettagli di frequenza spaziale superiore alla metà di quella del sensore (frequenza di taglio), ma pur-troppo non è così ed anche i dettagli con frequenze più basse, utili per le immagini stampate in dimensioni più piccole, ven-gono penalizzati quanto più si avvicinano alla frequenza di taglio, e risultano quindi meno nitidi. Dunque quanto più alta è la frequenza di taglio del filtro tanto minore è l’effetto sulle frequenze più basse.Dato che i sensori dotati di un maggior numero di pixel possono montare filtri

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con frequenza spaziale di taglio più eleva-ta, questo è il motivo per cui riproducono meglio anche le frequenze spaziali più basse e si conferma che la nitidezza, au-menta col numero di pixel del sensore.

La profondità di campoUn vantaggio che offrono le fotocamere Full Frame è un controllo sulla profondità di campo maggiore rispetto a quelle do-tate di sensori di dimensione inferiore.Infatti, a parità d’inquadratura e di apertu-ra del diaframma, la profondità di campo di una fotocamera Full Frame è inferiore a quella di una APS-C di circa uno stop.Ne consegue che con una fotocamera Full Frame il fotografo ha maggiori possi-bilità di sfruttare la sfocatura dello sfon-do per dare risalto al soggetto, e quindi aumentano gli strumenti espressivi a sua disposizione.

Gli svantaggi dei sensori Full FrameAllora conviene sempre scegliere una fo-tocamera Full Frame? No, ci sono degli aspetti da sottolineare che vanno a van-taggio dei formati più piccoli.Le fotocamere Full Frame necessitano di un otturatore che per avere le stesse pre-stazioni di quello di una APS-C deve azio-nare le tendine ad una velocità superiore: è maggiore infatti il percorso che devono percorrere nello stesso tempo. Inoltre le tendine sono più grandi e quindi dotate di una massa superiore, per cui aumen-ta il loro momento di inerzia e quindi le vibrazioni generate dal loro arresto ed il rumore audio. Anche lo specchio reflex è più grande e

con una massa maggiore, per cui il suo movimento genera maggiori vibrazioni e rumore audio. E’ il motivo per cui con queste fotocamere si suggerisce di sce-gliere un treppiede più robusto di quelli utilizzati con le fotocamere APS-C.E’ evidente la complessità meccanica di una Full Frame per cui è più costoso re-alizzare sistemi capaci di un’alta velocità di raffica. Inoltre le Full Frame non possono offrire quello che è un vantaggio/svantaggio del-le APS-C: infatti con queste fotocamere gli obiettivi si comportano come se avessero una focale più lunga rispetto al formato Full Frame. Ne consegue che a parità di angolo di campo, i teleobiettivi APS-C possono essere molto più compatti.Infine non si può trascurare l’aspetto eco-nomico: il costo di un sensore Full Frame è circa 20 volte superiore a quello di un sensore APS-C, sia per la sua maggiore superficie (su un wafer di silicio è pos-sibile collocare un numero di dispositivi decisamente inferiore), ma soprattutto perché aumenta notevolmente il rischio di difetti di fabbricazione, e quindi di scarti.

Il fotografoCome accennato, anche il fotografo influ-isce in modo determinante sulla nitidezza delle immagini, pertanto conviene che conosca i limiti delle sue attrezzature per utilizzarle nel modo migliore.Innanzitutto è importante conoscere le prestazioni del proprio obiettivo e in que-sto i Test MTF che pubblichiamo permet-tono di sapere quali sono i diaframmi di lavoro migliori; ad esempio, si capisce se

l’obiettivo può lavorare a tutta apertura con risultati analoghi a f/5.6, come è il caso di alcuni obiettivi professionali, o se conviene privilegiare i diaframmi un po’ più chiusi.Occorre considerare poi che, indipenden-temente dal singolo obiettivo, i diafram-mi più chiusi, ad esempio f/16 ed f/22, forniscono sempre immagini meno nitide a causa della diffrazione e che spesso i grandangolari, a tutta apertura, mostrano una scarsa nitidezza ai bordi.Da scegliere con attenzione è anche il tem-po di posa, perché il micro mosso riduce la nitidezza dell’immagine, così come la messa a fuoco; ricordiamo a questo pro-posito che il sistema autofocus va saputo utilizzare al meglio dato che in luci troppo basse si blocca, oppure abilita ugualmen-te lo scatto con risultati da dimenticare. Anche la stabilità della ripresa è impor-tante ed è il motivo per cui deludono tante foto scattate tenendo la compatta o lo smartphone a braccia tese davan-ti a sé per inquadrare; il fotografo deve conoscere tutti i trucchi per garantirsi la maggiore stabilità possibile.

La fotocamera più adattaSi capisce quindi che non esiste la foto-camera perfetta per tutti i fotografi e per qualsiasi genere fotografico, ma è possi-bile scegliere la fotocamera che meglio si adatta alle esigenze di ogni fotografo.La scelta di una reflex Full Frame non è dunque un passaggio obbligato, ma una possibilità.

Sergio Namias

A parità d’inquadratura e di apertura del diaframma, la profondità di campo di una fotocamera Full Frame è inferiore a quella di una APS-C di circa uno stop. Si può pertanto sfruttare meglio la sfocatura dello sfondo per dare risalto al soggetto.