Teatro Carlo Felice Palco——carlofelicegenova.it/.../2017/12/Oltrepalco_7_bassa-1.pdf · 2018....

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magazine Teatro Carlo Felice 12.2016 {N/ 7} —— Oltre Palco——

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    Il 15 dicembre La traviata inaugura la Stagione d’Opera 2016/17

    La traviata in flashback Giorgio Gallione, storico fondatore del Teatro dell’Archivolto, presenta la sua Traviata, storia d’amore tra due giovani raccontata in flashbackDa trent’anni il Teatro dell’Archivolto propone un modo diverso di fare teatro, che ha contribuito a formare un’in-tera generazione di spettatori genovesi. E il suo fondato-re, Giorgio Gallione, ha portato aria nuova anche sui pal-coscenici d’opera. Grande attesa, perciò, per la regia firmata Gallione della Traviata che, il 15 dicembre (con repliche fino al 29) inaugura la Stagione d’Opera 2016/17 del Teatro Carlo Felice. Un nuovo allestimento dell’ente lirico genovese, con le scene e i costumi di Guido Fiorato e un cast d’eccezione: Desirée Rancatore (Violetta), Giu-seppe Filianoti (Alfredo), Vladimir Stoyanov (Giorgio Ger-mont), diretti da Massimo Zanetti. «Per questo allesti-mento – spiega Gallione – sono risalito al romanzo da cui è tratto il libretto di Traviata, La dame aux camélias di Alexandre Dumas figlio. Ossia alle radici della narrazione e dei sentimenti che essa evoca. Il che mette in una luce del tutto nuova il libretto. Nel romanzo c’è l’indicazione, in filigrana, di costruire un grande flashback narrativo, dalla morte di Violetta andando a ritroso. E così è conce-pita questa regia.»

    Nel romanzo i due protagonisti sono descritti come molto giovani, una dato che spesso si dimentica quando si met-te in scena Traviata.È vero, sono due ventitreenni. È una storia di ragazzi, di giovinezze, non di maturità. Ed è una storia di Amore e di Morte. Del resto questo era il titolo originale pensato da Verdi, che fu bocciato dalla censura. Queste due forze sono presentissime nel romanzo: tutto si regge sul loro contrasto, sul loro equilibrio e disequilibrio. Per cui, ciò che mi sembra necessario sottolineare al pubblico è che anche i momenti di apparente felicità, in cui ci si vuole inebriare, sono figli di questa opposizione, di questa tra-gedia. Violetta cerca disperatamente di vivere pur sapen-do che sta per morire. E tutti lo sanno, compreso Alfredo. Da questo punto di vista anche il famoso “Libiamo” assu-me un significato nuovo: è un’illusione di felicità, una fe-licità accecante per annullarsi e dimenticare la realtà. E la realtà della vicenda è che – almeno nel contesto in cui si muovono questi personaggi – non c’è felicità possibile.

    Sembra un scelta molto coerente non solo con il romanzo originale, ma anche con la musica di Verdi, che fa prece-dere l’apertura del sipario sulla festa a casa di Violetta da un Preludio che contiene momenti dolorosi.Giustissimo. Le scelte che hanno dominato il nostro lavo-ro, infatti, non vogliono essere cervellotiche né di retro-guardia dell’avanguardia. Traviata è un’opera molto di-retta e sottolineare la dimensione del flashback e la presenza della morte non significa altro che sottolineare il “marchio di fabbrica” dell’opera stessa, presente, ap-punto, già nelle prime battute musicali. Dal punto di vista registico, ho pensato che questa presenza potesse essere incarnata nel Dottor Grenvil, che nel mio allestimento è una figura molto importante. È come un’ombra che in-combe su tutta la vicenda. D’altra parte il medico, per noi, rappresenta proprio questo: una speranza, ma anche il segnale che la situazione è difficile.

    Lei non ama preparare troppo le regie “a casa”, ma farle nascere sul palcoscenico a diretto contatto con gli attori e i cantanti. Anche la regia di questa Traviata è in parte nata così? Sì. Certo, lavoro con cantanti che hanno interpretato mol-te volte Traviata. E non si può inventare da zero come si fa, ad esempio, per certi titoli del ’900 che non hanno una tradizione interpretativa così ampia. Ma quello che spero accada è che, pur non chiedendo ai cantanti follie, ma comportamenti normalissimi e verosimili, tutto sia inse-rito dentro un quadro metafisico che influisca sulla perce-zione della loro presenza in scena. Se il “Libiamo” è, come sarà, dentro un mondo visionario e quasi surreale forma-to da sipari di bicchieri, è chiaro non siamo a una festa realistica, ma dentro una tragica carnevalata. I luoghi in cui ho immaginato questa Traviata sono, in fondo, luoghi mentali che appartengono a tutti noi.

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    foto: Giorgio Gallione

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    Concerto di Capodanno

    Un “Nuovo Mondo” per un anno nuovo Il giovane e lanciatissimo direttore inglese Alpesh Chauhan dirige un Concerto di Capodanno in cui si danza, si riflette e si guarda al futuroTradizionalmente il Capodanno in musica si festeggia al ritmo dei valzer e delle polke della famiglia Strauss. Ma è una tradizione pigra, perché il repertorio della musica classica vecchia e nuova offre infinite possibilità per ri-flettere sull’anno che ci si lascia alle spalle e aprirsi con fi-ducia e speranza a quello in arrivo. Il programma del Con-certo di Capodanno con cui il Carlo Felice si congeda dal 2016 e accoglie il 2017 (1° gennaio, ore 16) ne è una dimo-strazione. L’Ouverture dall’operetta in due atti Candide, composta da Leonard Bernstein nel 1956 (e poi revisiona-ta per oltre trent’anni), è uno dei brani più festosi, ironici ed esuberanti del secondo Novecento. Se ne ricorderà chi, nel novembre 2004, vide al Carlo Felice l’allestimento di questa “operetta morale” tratta dall’omonimo racconto filosofico di Voltaire (una critica disincantata dell’ottimi-smo, quando sfocia nell’ingenuità), con la regia di Gior-gio Gallione (che oggi torna al Carlo Felice come regista di Traviata). Con le “Symphonic Dances” dal musical West Side Story, sempre di Bernstein, si danza, ma in ma-niera decisamente diversa da come lo si fa con i valzer di Strauss: sono le scatenate danze di strada che descrivono gli scontri tra i Jets del Bronx e gli Sharks portoricani, le bande che si contendono l’Upper West Side di Manhat-tan nella celeberrima versione metropolitana anni ’50 di Romeo e Giulietta, il più grande successo del Bernstein compositore. Una suite pensata per le sale da concerto nel 1961, tre anni dopo lo strepitoso debutto del musical a Broadway, che ha al centro, aperto come uno squarcio di speranza in cui lo scontro lascia spazio all’incontro, lo struggente tema neoromantico dell’amore contrastato tra Tony e Maria (“Somewhere”, la canzone più fortunata del musical insieme a “Maria”).Anno nuovo, vita nuova. E una nuova vita fu quella di An-tonín Dvořák tra il 1892 e il 1895, quando, dalla Cecoslo-vacchia, si ritrovò catapultato a New York come direttore del Conservatorio della città più moderna del mondo. Du-rante la permanenza dall’altra parte dell’Oceano, Dvořák concepì una sinfonia unica, la n. 9 in mi minore op. 95, davvero nuova come annuncia il sottotitolo, “Dal Nuovo Mondo”. La magniloquenza della tradizione orchestrale europea qui si fonde con melodie e ritmi ispirati agli spi-rituals neri e ai canti degli indiani d’America, che rivitaliz-zano il genere sinfonico del “vecchio mondo” donandogli una freschezza insospettabile. È una sinfonia che raccon-ta in musica nuovi miti e nuove leggende: il galoppante tema conclusivo (a cui l’opera deve gran parte della sua fama), epico ed evocativo, sembra già tratto dalla colonna sonora di un film western.

    Sul podio, Alpesh Chauhan, giovane e lanciatissimo diret-tore inglese di grande talento e forte carisma, che nella scorsa stagione ha debuttato con successo al Carlo Feli-ce in un concerto con musiche di Camille Saint-Saëns e Manuel de Falla. Suo, il compito, quest’anno, di far dan-zare, riflettere e confidare nel nuovo mondo che tutti noi sogniamo ogni nuovo anno.

    Tornano gli scatenati Igudesman&Joo con il loro spettacolo Upbeat al Teatro Carlo Felice, venerdì 23 dicembre, ore 20.30

  • Concerto Sinfonico del 27 gennaio

    Musica per non dimenticare Nel Giorno della Memoria il Carlo Felice propone un programma sinfonico che attinge interamente alla grande tradizione musicale ebraicaIl 27 gennaio del 1945 le truppe russe che avanzano verso Berlino entrano nella città polacca di Oświęcim (in tedesco Auschwitz), e scoprono, alla sua periferia, il campo di sterminio di Birkenau. La scoperta dell’orrore e le testimonianze dei sopravvissuti squarciano per la prima volta il velo del silenzio sul genocidio nazista. Il primo novembre del 2005 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite proclama, con la risoluzione 60/7, la data del 27 gennaio ricorrenza internazionale annuale per commemorare le vittime dell’Olocausto, con il nome di “Giorno della Memoria”. Il concerto del 27 gennaio al Teatro Carlo Felice rientra in questa commemorazione mondiale, ricordando lo stretto legame tra la tragedia dell’Olocausto e la Musica: Viktor Ullmann, Zikmund Schul, Pavel Haas, sono solo alcuni dei compositori ebrei che trovarono la morte nelle camere a gas di Auschwitz. A dirigere l’orchestra del Carlo Felice sarà l’inglese Jonathan Webb, specialista del ‘900 e assiduo frequentatore del podio del nostro teatro. Raffinato e poco eseguito il programma che avrà per filo conduttore l’ebraismo in musica.Aprirà il concerto l’Ouverture su temi ebraici, op. 34 di Sergej Prokof’ev. Scritta a New York, ma eseguita per la prima volta a Parigi nel 1922, è un divertissement basato sulla musica klezmer per clarinetto, pianoforte, e quartetto d’archi. Gli spunti del folklore ebraico sono rivisitati da Prokof’ev alla luce della sua musicalità modernissima che, solo l’anno prima, aveva partorito L’amore delle tre melarance, spiazzando il pur smaliziato pubblico di Chicago.La seconda parte del primo tempo sarà invece dedicata al musicista ebreo Mojsze Weinberg. Nato a Varsavia, fu costretto a fuggire in Russia dall’invasione tedesca del 1939, cosa che non riuscì ai suoi genitori e a sua sorella, deportati e uccisi a Trawniki, lager nazista della Polonia occupata dalla Germania. Naturalizzato russo, incorse, negli anni ’50, anche nelle persecuzioni staliniane contro l’intelligencija ebrea sovietica e fu pure incarcerato. Dovette aspettare la morte di Stalin per la completa riabilitazione, come accadde del resto pure all’amico Šostakovič . Di Weinberg sarà proposto il Concerto per violino e orchestra in sol minore op. 67, che avrà per solista il grande violinista russo Ilya Gringolts. Composto nel 1959 per il violino di Leonid Kogan, stempera, nei quattro movimenti, le reminiscenze ebraiche con soluzioni armoniche moderne, talvolta maestose (II e III movimento), altrove dure e rabbiose (I movimento), quasi a liberare finalmente la musica dalle costrizioni dei rigidi

    schematismi che il realismo socialista le aveva imposto. Nel IV ed ultimo movimento si sentono chiaramente riaffiorare, invece, le melodie del teatro yiddish delle prime composizioni giovanili del Weinberg polacco.Il secondo tempo della serata sarà interamente occupato dalla Sinfonia numero 2 di Kurt Weill. Weill è forse il più famoso dei compositori ebrei tedeschi d’inizio novecento. Insieme a Bertolt Brecht lasciò traccia indelebile non solo nel teatro tedesco ma anche in quello mondiale, con lavori come L’opera da tre soldi del 1928 o Ascesa e caduta della città di Mahagonny del ’30 (messa in scena anche al Carlo Felice nel marzo del 2001). La Sinfonia n° 2 è la sua prima composizione rappresentata dopo la fuga dalla Germania a seguito dell’ascesa del nazismo. La prima avvenne ad Amsterdam nel 1934 con direttore Bruno Walter, che diresse anche la prima americana due mesi dopo. Strutturata in soli tre movimenti, è fatta sostanzialmente di musica godibilissima, che strizza l’occhio alla tradizione, compresa quella ebraica, ma che è proiettata negli anni ’30 americani, con guizzi para jazzistici e soluzioni ritmiche estremamente innovative. Tributi alla dimestichezza di Weill con la scrittura per il teatro sono i repentini cambi di umore e di tempi nell’orchestrazione e l’uso solistico dei fiati, come la struggente tromba del primo movimento, o il clarinetto e il flauto nel prosieguo, che sembrano quasi commentare, con le note, le immagini di un film mai girato. Weill prenderà di lì a poco la cittadinanza americana e il suo lavoro per il cinema, il teatro e come autore di canzoni per Broadway (è sua, tra le altre, la celeberrima September Song) lo renderà ricco e famoso, come i tanti autori ebrei che riuscirono a riparare per tempo negli Stati Uniti fuggendo dalle persecuzioni di cui furono oggetto nei paesi d’origine europei, come Schönberg, Berlin e Rubinstein o le famiglie di Gershwin e Bernstein prima di loro.

    — Prima del concerto, alle ore 19.30, il Mº Webb incontrerà il pubblico nella Sala Paganini.Incontro a cura dell'Associazione Teatro Carlo Felice

    Teatro Carlo Felice

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    Testo di Massimo Arduino

    foto: Kurt Weill

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    Falstaff, in scena dal 20 al 29 gennaio 2017

    Falstaff? Per Luca Ronconi è un vecchio-bambino Il Carlo Felice presenta l’ultimo Falstaff messo in scena da Luca Ronconi, geniale nella sua semplicitàAlle soglie degli ottant’anni, dopo una vita dedicata al tra-gico musicale, Verdi riscopre l’opera comica, sorprenden-do tutti. E compone il suo ultimo, eccezionale capolavoro teatrale. Eccezionale non solo per la qualità della musica in sé, ma anche per la modernità della partitura e della drammaturgia musicale. Falstaff non è l’opera di un an-ziano compositore ottocentesco che, giunto al limite del nuovo secolo, si bea con nostalgia del proprio glorioso passato: è un’opera che guarda al futuro, un testamento lasciato ai compositori che verranno, un estremo sforzo creativo. Gli strumenti nella buca dell’orchestra sono pro-tagonisti quanto le voci sul palcoscenico, le seguono trat-teggiando per ogni personaggio e situazione dei bozzetti psicologico-musicali perfetti. La melodia e il declamato si alternano senza soluzione di continuità dando origine a un’azione che scorre fluida secondo i tempi, trattenuti o accelerati, dell’intreccio teatrale (come in Wagner, ma all’italiana e con una leggerezza ignota al grande operista tedesco). È già teatro musicale novecentesco, insomma, prefigurato in forma di commedia. Molto merito va an-che ad Arrigo Boito, autore di una gemma librettistica – sia per i versi colti e raffinati che per la “sceneggiatura” innovativa – tratta da due testi di Shakespeare, Enrico IV (prima e seconda parte) e Le allegre comari di Windsor. E shakespeariana rimane, anche nell’adattamento, la mo-rale: gli uomini non sono tutti dei santi, c’è chi vive per ingannare l’altro, ma attenzione, costui può ritrovarsi in-gannato a sua volta. E non si perda la speranza: in mezzo a tante miserie umane, piccole e grandi, si possono ancora incontrare sentimenti disinteressati, come l’amore tra Fenton e Nannetta.

    Il Falstaff presentato dal Carlo Felice in questa stagio-ne (dal 20 al 29 gennaio 2017, con il debutto di Carlos Álvarez nel ruolo del titolo) è l’ultimo messo in scena da Luca Ronconi, uno dei più grandi registi italiani di pro-sa e lirica del secondo dopoguerra, scomparso nel 2015. Una coproduzione del 2013 tra Fondazione Teatro di San Carlo, Fondazione Teatro Petruzzelli Bari, Fondazione Te-atro del Maggio Musicale Fiorentino, ripresa da Marina Bianchi. Un Falstaff ambientato in un vago passato, con dei semplici teloni come quinte e lo spazio scenico dise-gnato dagli oggetti stessi distribuiti a gruppi, che Ronconi presentò così nei giorni del debutto: «Falstaff è un perso-naggio astorico. È vero che appare burlone, ma è anche burlato; vive di espedienti, ma è anarchico, è squattrinato e vuole fare soldi. È vecchio, ma si sente giovane, e quindi risulta un po’ mitomane. Insomma, è tantissime cose: a me non dispiace vedergli dentro anche una sorta di infan-tilismo, come quelli che passano da collere furibonde a folgorazioni immediate. Quindi un carattere non estre-mamente coerente.

    foto ©Luciano RomanoTeatro di San Carlo, Napoli

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    Concerto Sinfonico del 3 febbraio

    Il Bach di Ramin Bahrami: casa, chiesa e tanto divertimento Il popolare pianista iraniano presenta il programma del suo atteso concerto genovese, tutto dedicato a BachRamin Bahrami è uno di quei musicisti classici che rie-scono ad arrivare a tutti, non solo agli appassionati del-la cosiddetta “musica colta”. Merito non solo della sua bravura, ma anche dell’immediatezza e della sincerità del suo modo di far musica e della rinnovata freschezza con cui affronta il repertorio tradizionale. In particolare, l’opera del suo compositore prediletto, Johann Sebastian Bach, che folgorò il popolare pianista iraniano da bambi-no. E tutto bachiano, neanche a dirlo, sarà l’atteso con-certo al Carlo Felice del 3 febbraio 2017, in cui Bahrami si esibirà sia come pianista che come direttore. «Per il concerto genovese ho scelto di accostare i due cosmi del-la musica bachiana – spiega lo stesso Bahrami –, quello più spirituale e complesso dell’Arte della fuga e quello più facile, galante e seduttivo dei concerti per pianoforte e orchestra. All’interno dei quali, però, attenzione, c’è sem-pre il meraviglioso incastro delle linee melodiche, cioè il contrappunto più puro, che può essere considerato il de-nominatore comune di questi due mondi bachiani appa-rentemente così diversi. E poi, soprattutto, c’è la danza, un aspetto fondamentale di Bach. La musica di Bach è danza, non è musica per pedanti. Bach è chiesa, certo, ma è anche casa e tanto divertimento.» Quindi lei non vede L’arte della fuga, di cui a Genova ese-guirà i contrappunti 1, 4, 5 e 9, come un esercizio intellet-tuale per addetti ai lavori, ma come un’opera che va suo-nata ed ascoltata?Certamente. Nessuna opera di Bach, nemmeno L’arte del-la fuga, è scritta semplicemente per gli occhi: non c’è nota bachiana che non sia pensata anche per le orecchie e per il cuore. Il fatto che Bach non abbia specificato, nell’Ar-te della fuga, una strumentazione, può essere visto come l’invito ad un’esecuzione che sia la più ampia e differen-ziata possibile a livello strumentale. Anche se il grande Gustav Leonhardt, attraverso i sui studi decennali, è giun-to alla conclusione che sia un’opera inequivocabilmente per tastiera. Che non è però solo la tastiera del pianoforte. Quando si suona Bach bisogna, in un certo senso, dimen-ticarsi del pianoforte, perché la sua tastiera è la tastiera dell’infinito.

    È appena uscita per Decca la sua incisione del secondo volume del Clavicembalo ben temperato. Un Bach ancora diverso…Sì, un Bach più autunnale, più maturo. È un Bach qua-rantenne e padre. Che, rispetto al primo volume, compie, a vent’anni di distanza, un’operazione più geometrica e astratta. Portando a compimento un capolavoro fonda-mentale, che Hans von Bülow definì non ha caso il “vec-chio testamento” della musica.

    Oggi lei è molto popolare e molto amato. Ma, per un pia-nista, incentrare il proprio repertorio su Bach è una sfida, perché l’idea standard del pianista lo vuole alle prese so-prattutto con la musica romantica. Ha fatto fatica a trova-re un suo spazio, almeno all’inizio?Moltissima. Mi sono sentito come un ufo in mezzo a dei toreri! Oggi va molto di moda la frenesia, piace l’immagi-ne del pianista come dominatore di questi begli animali che sono i pianoforti. Mentre Bach richiede un viaggio nell’infinito interiore. Un viaggio che dura tutta la vita, perché ogni fase della propria esistenza può avere il suo Bach. Bach non è schiavo dell’oggi e del tempo attuale, è un musicista mobile e plasmabile in ogni tempo.

    — Prima del concerto, alle ore 19.30, il Mº Bahrami incontrerà il pubblico nella Sala Paganini.Incontro a cura dell'Associazione Teatro Carlo Felice

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    foto: Ramin Bahrami

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    MusicaperitivoContinua anche quest’anno il ciclo di concerti della do-menica mattina alle ore 11 nel Foyer del Teatro Carlo Feli-ce, all’insegna della formula musica + aperitivo. Domeni-ca 18 dicembre, l’Ensemble Simone Molinaro, diretto da Francesco Lambertini, propone una serie di canti natali-zi, tra titoli celebri e raffinate rarità. Domenica 8 gennaio, Stefania Morselli all’ottavino e Luigi Tedone al fagotto eseguono tre Concerti di Vivaldi accompagnati dall’Or-chestra del Teatro Carlo Felice. Concerto-aperitivo specia-le quello di domenica 15 gennaio, nella sala principale: il pubblico potrà assistere a una prova d’assieme di Falstaff di Verdi, direttore Andrea Battistoni. Domenica 22 genna-io si torna nel Foyer con un concerto in collaborazione con il Conservatorio N. Paganini, protagonista il Conspi-racy Saxophone Quartet. Domenica 5 febbraio i violinisti Giovanni Battista Fabris e Pier Domenico Sommati inter-pretano, insieme all’Orchestra del Teatro Carlo Felice, tre concerti-capolavoro di J. S. Bach (BWV 1041, 1042 e 1043).

    Stagione Young Un calendario di spettacoli pensati per i giovani nello spazio dell’Auditorium Montale. Spettacoli veri, curati in ogni dettaglio, tra fantasia creativa e divulgazione di alto livello. È la Stagione Young, ricca e varia anche quest’an-no. Dal 15 al 17 dicembre va in scena Operina della luce – La fisica della luce spiegata ai bambini (e non solo), da un’idea di Liliana Iadeluca e Andrea Basevi, con musica di Andrea Basevi e testo di Roberto Piumini. Un modo di-vertente e intelligente per scoprire i misteri della più affa-scinante delle presenze nell’universo, la luce. Dal 12 al 14 gennaio è la volta di un altro lavoro di Basevi e Piumini, Il pifferaio di Pienza, favola musicale per ensemble di flauti e voce recitante, con l’Accademia Flautistica di Genova e la voce recitante di Patrizia Ercole. Una variante originale della leggenda del pifferaio magico, che rende omaggio al potere incantatorio delle note e delle parole.

    Conferenze e incontriPuntali anche nella Stagione 2016/17 gli incontri di approfondimento che aiutano il pubblico ad entrare con sempre maggior consapevolezza nel calendario del Teatro e nel mondo della musica in generale. Il 12 gennaio, all’Auditorium Montale alle ore 16, Roberto Iovino, direttore del Conservatorio N. Paganini di Genova, tiene una conferenza su Falstaff dal titolo: “Falstaff, genialità e ironia dell’ultimo Verdi”, a cura dell'Associazione Amici del Carlo Felice e del Conservatorio N. Paganini. Sempre più consolidata la collaborazione tra il Teatro Carlo Felice e la Feltrinelli Libri e Musica di Genova, che, nello Spazio Eventi, anche quest’anno ospita i protagonisti della stagione operistica in corso. Il 17 gennaio il pubblico potrà dialogare con gli interpreti di Falstaff e degustare, alla fine dell’incontro, prodotti tipici liguri offerti da Agenda del Teatro. Il 28 gennaio, all’Auditorium Montale alle ore 16, quarto appuntamento con il ciclo Professione direttore!, organizzato dall’Associazione Amici del Carlo Felice e del Conservatorio N. Paganini per approfondire la figura del direttore d’orchestra; titolo della conferenza: “La professione tra le due guerre”, relatore Lorenzo Costa. Tutti gli incontri e le conferenze sono a ingresso libero.

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    Eventi ospiti Prestigiosi, come sempre, gli eventi ospiti, extra-Stagione, che rinsaldano il ruolo del Carlo Felice come palcosceni-co della musica. Domenica 18 dicembre, alle ore 21, il Coro Monte Cauriol si esibisce nel suo classico ed amatis-simo repertorio di canti popolari, di montagna e degli Al-pini, con l’inserimento di canti natalizi. Grande attesa, poi, domenica 22 gennaio alle ore 21 per Piano Solo dell’e-clettico, ironico e geniale Stefano Bollani, dominatore as-soluto della tastiera e manipolatore di tutti i generi musi-cali.

    foto: Davide Livermore e Andrea Battistoni ospiti di "Un pomeriggio all'Opera"

    foto: Stefano Bollani

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    Direttore responsabile Viana Conti Caporedattore Massimo PastorelliRedazione Bianca FuscoProgetto grafico e impaginazione Fluido Stampato da AlgraphyHanno collaborato a questo numero: Massimo Arduino, Ramin Bahrami, Giorgio Gallione

    “Le Avventure di Happy Charly”di Enrico Musenich

    Fondazione Teatro Carlo Felice Passo Eugenio Montale, 4 - 16121 Genova, Italia telefono: 010 5381 224/226 biglietteria: 010 589329 / 010 591697 [email protected] www.carlofelice.it

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    Natale 2016

    Unduetre— Regala tre sere a teatro di musica e spettacolo

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