Teatro Carlo Felice Palco——...0 1 7 — Bozzetto di Gianluca Falaschi per il personaggio di...

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magazine Teatro Carlo Felice 05.2017 {N/ 9} —— Oltre Palco—— Maria Stuarda

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Teatro Carlo Felice

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Testo di Gianluca Falaschi

Intorno a Maria Stuarda, al Carlo Felice dal 17 al 24 maggio

Navigare tra i costumi Gianluca Falaschi, costumista di Maria Stuarda e di tanti altri allestimenti al Carlo Felice, svela i segreti del proprio lavoroArrivando in aereo a Genova, giorni fa, ho pensato a quan-ti spettacoli mi legano alla virata su Portofino che l’aereo compie prima di atterrare, quante giornate condivise con gli artisti del Teatro Carlo Felice. Quanti costumi! È dal Don Giovanni per la regia di Davide Livermore, passando per la sua Carmen e la sua Tosca, Lucia di Lammermoor con Dario Argento e il Devereux con Alfonso Antoniozzi, fino ad arrivare a questa Maria Stuarda. Tantissimi personag-gi, tantissimi costumi, condivisi con la bella e affettuosa professionalità delle signore della Sartoria del Teatro. Ogni volta domande diverse dalla precedente, ogni volta cercare di raccontare attraverso gli abiti qualcosa di più, qualcosa di non scritto ma suggerito, qualcosa di impor-tante. Perché i costumi, belli o brutti che siano, sono so-stanzialmente un atto drammaturgico, e devono rispon-dere prima di tutto allo spettacolo, all’azione che avviene in scena. Il mio sforzo, come costumista, è sempre stato quello di tradurre in tessuto ciò che potrebbe essere suggerito dalla musica prima ancora che dalle parole: di evitare prima di tutto che il costume “giudichi” il personaggio: tento di suggerire quel tormento che la musica annuncia potente. Cercare di rendermi complice del cantante nella sua ri-cerca e nella sua esecuzione, assecondando e sposando una visione registica che – come il capitano guida la nave – guida noi in porti sconosciuti. In questo viaggiare, pro-vo, nel mio piccolo, a rispondere alla portata sovrannatu-rale della musica e delle note, e dell’esecuzione ai limiti del magico dei cantanti: evitando di sovrappormi ad essi, ma lasciandomi ispirare e guidare dai suoni, cercando di rendere l’abito un accento sull’interpretazione, un mezzo con cui lavorare per la regia e gli attori. Nell’opera Barocca, il costume accompagnava sempre l’ingresso del solista quale apparizione – e forse in questo più di tutto mi lascio ispirare, rendere l’ingresso di queste

divine voci in un’epifania: un evento, un momento da ri-cordare – come è per me vederle incedere dal camerino verso il palco, sin da quando da ragazzino mi affacciavo al Teatro dell’Opera della mia città, Roma.Nel lavorare, il mio primo strumento è ogni volta il colore – cerco di vedere la musica nei colori che richiama, cer-cando di non banalizzare i rossi nei tormenti e i blu nelle sensazioni pacifiche, ma stendendo una tavolozza croma-tica che possa di scena in scena mischiarsi fino a compor-re un affresco non vero, ma verosimile, non presepiale, ma vitale. L’altro strumento di cui mi avvalgo, è la memoria, il ricor-darsi e riproporre tecniche, materiali, metodologie della costruzione del costume degli ultimi cent’anni: molto devo in questo spettacolo, in questa Stuarda che si fa Tea-tro, al mio regista Alfonso Antoniozzi, che ne ha fatto un omaggio al Teatro stesso, come io tento di fare col mio la-voro. Ogni volta, nei costumi, provo a mettere qualcosa che ho visto nella mia vita di spettatore. Tendo a mettere il ricor-do, il rimpianto di qualcosa di inafferrabile, il tempo che passerà e li lascerà appesi in un magazzino, e l’odore forte del trucco di scena impresso su di loro. Quella magia fatta di materiali inventati e di drappeggi costretti, che rendo-no l’abito di scena diverso dal vestito, lo rendono a mo-menti una divisa da lavoro, un quadro, un’evocazione.E sempre una scommessa.

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— Bozzetto di Gianluca Falaschi per il personaggio di Roberto (Maria Stuarda)

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Intervista a Ugo Dighero, protagonista della serata speciale del 23 maggio

Attenti all’Ugo Ugo Dighero, il popolare attore-comico genovese,protagonista di Pierino e il lupo di Prokof’ev, in una serata benefica a favore del GasliniÈ uno dei volti comici genovesi più amati. Dagli inizi con i “Broncoviz”, insieme a Maurizio Crozza, ad Avanzi, da Mai dire gol alla grande popolarità raggiunta con il ruolo di Giulio Pittaluga nella serie Un medico in famiglia. Ugo Dighero, attore e comico formatosi alla scuola di recitazione dello Stabile, il 23 maggio alle ore 20.30 sale sul palcoscenico del Teatro Carlo Felice in una serata di raccolta fondi per il Gaslini. Al centro della serata, un capolavoro della musica per i ragazzi: Pierino e il lupo op. 67 di Sergej Prokof’ev, in cui Dighero sarà la voce recitante impegnata nel dialogo con l'Orchestra del Teatro Carlo Felice diretta da Giorgio Bruzzone. Non è la prima volta che Dighero aiuta il Gaslini: ha già interpretato lo spot del 5X1.000 a favore dell’ospedale genovese. «Sono di Genova – spiega Dighero – e ho due figliuoli. E il fatto che ci sia il Gaslini a Sturla è, per un genitore, un fatto di grande rassicurazione. È un tema a cui, come padre, sono molto sensibile e quindi come attore, se ho l’occasione di dare una mano, di restituire qualcosa in nome di ciò che una struttura come il Gaslini fa per tutti noi (e non solo per Genova, ma per tutta l’Italia), non mi tiro indietro: mi sembra doveroso.»

Pierino e il lupo: una delle più riuscite opere di pedagogia musicale di tutti i tempi. Ci improvviserà sopra, come è nel suo stile? Direi di no. L’approccio a Pierino e il lupo sarà piuttosto rispettoso del testo, perché il rapporto con la musica è molto stretto e non si può intervenire più di tanto. Ma non sarà l’unico brano che interpreterò. Compatibilmente con i tempi di prova dell’orchestra, mi piacerebbe proporre dei “numeri” speciali che la coinvolgano: qualche mio cavallo di battaglia, come I tre tic di Oddo Oddi, un pezzo di cabaret straordinario, e le poesie monovocaliche di Marco Melloni, che sono sempre molto divertenti.

Al di là di questo classico di Prokof’ev, qual è il suo rapporto con la musica? L’opera lirica le piace?Il mio legame con la musica è molto stretto: sono un ascoltatore onnivoro, che passa dalla classica, alla lirica, al progressive. Sono cresciuto negli anni ’70, quindi per me il rock è stato ed è fondamentale. Forse l’unico genere che non ho mai approfondito è la musica leggera italiana, che non conosco bene.

L’opera ha bisogno di un nuovo pubblico: perché, secondo lei, un giovane dovrebbe venire all’opera? Intanto perché, tra tutte le macchine teatrali, l’opera è la più infernale: coro, cantanti, tecnici, elettricisti, maestri di palcoscenico, suggeritori… Quello che avviene dietro le quinte di un’opera lirica è incredibile e meraviglioso! Ricordo benissimo l’incanto provato dai miei figli quando, ancora piccoli, li ho portati al Carlo Felice a vedere Turandot. L’opera è una forma d’arte molto spettacolare e per questo penso che possa essere affascinante per un giovane. Inoltre, può aiutarlo ad ampliare le proprie capacità di ascolto, data l’attenzione che richiede. E naturalmente sto parlando dell’opera dal vivo, perché d’accordo i dischi, i video, ecc., ma l’opera, per lasciare un segno nella memoria dello spettatore, va vista a teatro.

— Ugo Dighero

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Venerdì 26 maggio, ore 20.30, il penultimo concerto della Stagione Sinfonica

Le luci di Beethoven e le ombre di Šostakovic Un programma pieno di emozioni contrastanti, con protagonisti il prodigio del violino Midori e il direttore russo Alexander Vedernikov, profondo conoscitore della musica del proprio paeseDue capolavori che più diversi di così non si potrebbe. Una violinista che a due anni cantava le melodie di Bach ascoltate suonare dalla madre e che a 7 anni debuttò in pubblico con i 24 Capricci di Paganini. Un direttore russo, profondo conoscitore della musica del proprio paese, di cui il secondo brano in programma è un caposaldo nove-centesco. Il penultimo concerto della Stagione Sinfonica 2016/17 del Teatro Carlo Felice (venerdì 26 maggio, ore 20.30) ha un profilo alto, per interpeti e autori. Midori, il prodigio giapponese del violino, per la prima volta al Car-lo Felice, interpreta il Concerto per violino e orchestra in Re maggiore op. 61, datato 1806 e firmato Beethoven. Un brano non per musicisti-star, ma per musicisti e basta: nessuna concessione allo spettacolo violinistico e ai colpi di scena tipici del genere, solo espressione di puri pensie-ri musicali. Il solista e l’orchestra non vivono scontri drammatici, di quelli che fanno saltare sulla sedia, anzi, si incontrano e stabiliscono tra loro un’immediata empa-tia, basata sullo scambio e sul dialogo. In questo colloquio tra il singolo e il gruppo circolano idee semplici e trasparenti (come i quattro morbidi colpi di timpano iniziali), che calano il concerto in un clima si-mile a quello della “Pastorale”, successiva di un anno. Come la Sesta Sinfonia, anche il Concerto per violino è un lavoro sereno, in cui i contrasti si risolvono sempre in un’atmosfera di pace e quiete, aspirazioni beethoveniane molto più ricorrenti di quanto l’immagine del composito-re “titanico” lasci supporre.Tutt’altro mondo è quello della Sinfonia n. 10 in mi mino-re op. 93 di Šostakovic , un’opera tesa e carica di suspense. Šostakovic la compose in uno dei momenti più delicati della storia dell’Unione Sovietica: i mesi successivi alla morte di Stalin (5 marzo 1953, lo stesso giorno in cui morì l’altro grande compositore russo del Novecento, Prokof’ev). E, dopo otto anni di astinenza sinfonica, vi mise dentro tutto se stesso: pessimismo cosmico (primo tempo, “Moderato”), risate sarcastiche e grottesche (se-condo tempo, “Allegro”), ossessioni private (il tema sini-stro basato sulle proprie iniziali, terzo movimento, “Alle-gretto”) e un’inaspettata leggerezza (l’“Andante” finale). L’opera era talmente anomala per la cultura sovietica dell’epoca (condizionata dalle direttive di partito, cele-brative e populiste) da suscitare un dibattito di tre giorni all’interno dell’Unione dei Compositori Sovietici. E anco-ra oggi la Decima di Šostakovic rimane una sinfonia mi-

steriosa e inafferrabile, che sarà affascinante ascoltare interpretata da Alexander Vedernikov, direttore moscovi-ta che su questo tipo di repertorio si è formato.Una serata piena di emozioni contrastanti, insomma, come solo la grande musica sa trasmettere.

— Prima del concerto, alle ore 19.30, il Mº Vedernikov incontrerà gli spettatori del concerto nella Sala Paganini.Incontro a cura dell'Associazione Teatro Carlo Felice.

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— Midori

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Giovedì 1 giugno, il Concerto Sinfonico per la Festa della Repubblica

Il violinista virtuoso e il direttore “rockettaro” Uno dei più grandi violinisti di oggi, Sergej Krylov, e un eclettico direttore, che dal rock è approdato alla Scala (e con una conoscenza professionale della cucina italiana), protagonisti del Concerto per la Festa della Repubblica, che chiude la Stagione SinfonicaIl concerto del primo giugno, nell’ambito del ciclo sinfo-nico del Teatro Carlo Felice, offre più di uno spunto d’in-teresse. Intanto perché segna il ritorno a Genova di quello che è diventato ormai un beniamino del nostro teatro, il violinista russo Sergej Krylov. Ex enfant prodige – si esibì in concerto a Mosca la prima volta a soli 6 anni – e allievo prediletto di Salvatore Accardo, il quarantaseienne Krylov è ormai una conclamata realtà del panorama musicale mondiale; valga per tutte la definizione che di lui diede nel 2004 Mstislav Rostropovich: «Sergej è uno dei più grandi talenti del nostro tempo». Una novità assoluta per Genova salirà invece sul podio: il direttore americano John Axelrod. Texano di Houston, cinquantunenne, il maestro Axelrod può vantare un curri-culum probabilmente unico. Accettato appena sedicenne come allievo da Leonard Bernstein, si è poi laureato ad Harvard in Musicologia. Lasciata temporaneamente la musica, alla fine degli anni ’80 si trasferì nella Napa Valley in California, dove, diventato sommelier, si è occupato della produzione di pregiati vini americani. Negli anni ’90, abbandonata l’enologia, torna a occuparsi di musica ma nel ruolo di discografico e nel genere pop: scopre e produce, infatti, a Chicago, gli “Smashing Pumpkins”, rock band che venderà oltre 20 milioni di dischi. Ritorna-to a dirigere nel nuovo millennio, si trasferisce in Europa dove lo troviamo su tutti i podi più importanti e con un repertorio che va da Candide a Don Giovanni e, disinvolta-mente, da Verdi a Frank Zappa, senza disdegnare le cosid-dette contaminazioni “crossover”, come quando ha por-tato nel 2011 sul palcoscenico della Scala a suonare insie-me Lang Lang e Herbie Hanckock. Per soprammercato, di recente ha pubblicato una guida ai migliori ristoranti ita-liani nel mondo.Interessante e vario il programma della serata.Il concerto, che si terrà alla vigilia della Festa della Repub-blica, sarà aperto con un omaggio al Verdi “patriota”, quello che nel periodo pre unità d’Italia affidava al Coro, nelle sue opere, l’anelito alla libertà di un popolo oppres-so. E quindi sarà proprio il coro del Carlo Felice, diretto da Franco Sebastiani, a cantare in apertura “Patria op-pressa” dal Macbeth, in cui le parole – scritte proprio alla vigilia dei moti del ’48 – che Francesco Maria Piave mette in bocca ai profughi scozzesi non sembrano riferirsi solo

alla propria Patria, mentre lamentano: «Patria oppressa, il tuo dolor | suona a morto ognor la squilla, | ma nessuno audace è tanto | che pur doni un vano pianto | a chi soffre ed a chi muor». Seguirà quello che è forse il più celebre ed emblematico coro mai scritto da Giuseppe Verdi, quello degli ebrei in cattività dal Nabucco del 1842, più di una volta in predicato per esser addirittura adottato come inno nazionale. Dalla potenza musicale struggente e ma-estosa, eseguito dal vivo mette davvero i brividi, a partire dal celeberrimo incipit di Temistocle Solera: «Va pensiero sull’ali dorate…».A seguire il programma offre a Sergej Krylov la possibilità di sfoggiare il suo formidabile virtuosismo, andandosi a confrontare con “il Diavolo” in persona, cioè con il nostro Niccolò Paganini e il suo Concerto n. 4 per violino e orche-stra in re minore, dall’inizio maestoso, cui fanno seguito il largo struggente e lo scoppiettante rondò finale. Com-posto nell’autunno del 1829 ma eseguito la prima volta a Parigi solo nel 1831 è una delle partiture che contribuì maggiormente alla nascita del mito del Paganini grande solista e osannato dalle folle. A proposito di Paganini, co-gliamo qui l’occasione per ricordare che è stato recente-mente annunciato il ritorno dell’omonimo premio nell’a-prile del 2018, a distanza di tre anni dall’ultima edizione che incoronò il coreano In Mo Yang.La seconda parte del concerto sarà interamente occupata dall’esecuzione della Quarta sinfonia di Mendels-sohn-Bartholdy (op. 90) detta “L’italiana”. Eseguita per la prima volta nel 1833 a Berlino, ma composta durante il soggiorno italiano di tre anni prima – da cui il nome – è caratterizzata dall’esplosività solare del primo conosciu-tissimo movimento, che precede il pensoso largo, il mi-nuetto e il movimentato finale a tarantella, ritratto idea-lizzato dell’Italia vista da un viaggiatore tedesco.

— Prima del concerto, alle ore 19.30, il Mº Axelrod incontrerà gli spettatori del concerto nella Sala Paganini.Incontro a cura dell'Associazione Teatro Carlo Felice.

Testo di Massimo Arduino OltrePalco {N/9}

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John Axelrod

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Teatro Carlo Felice

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Un'evento ospite speciale

Dal rifiuto al riscatto: lo straordinario caso dei Reciclados Il 21 maggio arriva l’orchestra giovanile più originale del mondo, che all’ultimo Festival di Sanremo ha commosso milioni di personePer fare musica insieme bisogna saper ascoltare gli altri, essere tutti sintonizzati sullo stesso tempo, stabilire un’intesa reciproca non verbale, di anima, di emozione, di pancia. La musica educa a sentirsi parte di un gruppo e a dare il proprio contributo a un fine comune. Con la mu-sica si esce dalla solitudine e si entra in società senza trau-mi: in un modo equilibrato, sano, creativo e appagante. Per questo la musica è perfetta per dare uno scopo a bam-bini e ragazzi dal futuro incerto perché vivono in condi-zioni disagiate: grazie alla sua forza socializzante, la mu-sica può salvare dalla strada. Come nel caso dell’Orque-stra de Reciclados, un gruppo musicale di bambini e ra-gazzi della comunità di Cateura Weir, nei pressi della più grande discarica di Asunción, capitale del Paraguay. I Re-ciclados suonano su strumenti costruiti assemblando ri-fiuti raccolti in discarica. Un ritorno alla vita di ciò che sembrava non averne più che ha un chiaro significato simbolico. Oltre a possedere un valore musicale in sé: i Reciclados eseguono pezzi noti del repertorio classico, folk e rock che suonano nuovi, inauditi, dotati di un nuo-vo fascino, che è il fascino dei timbri “poveri”. Il grande pubblico li ha conosciuti all’ultimo festival di Sanremo, dove sono stati ospiti. Ma è dal 2012 che i ragazzi di Cateu-ra girano i teatri del mondo per far conoscere la loro sto-ria e diffondere i loro suoni fuori dagli schemi. E final-mente, il 21 maggio, alle ore 21, salgono sul palcoscenico del Carlo Felice, in una serata a cura della Fondazione Garrone.Il progetto dei Reciclados ha assunto un tale rilievo socia-le che l’Unicef lo ha adottato come paradigma di speranza e riscatto per tutti i bambini che ancora oggi, nel mondo, vivono in condizioni di grave indigenza. Un appuntamen-to unico che unisce musica, divertimento, gioia e condivi-sione. E che serve a ricordarci ciò che altre lingue non hanno mai dimenticato: in inglese (to play) e francese (jouer) suonare si dice come giocare.

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CON IL PATROCINIO DI

INGRESSO LIBERO

Passo Eugenio Montale, 4Genova

TEATRO CARLO FELICE

Orquesta deInstrumentosRecicladosde Cateura

DOMENICAORE 21.0021.5.17

TEATRO CARLO FELICEDI GENOVA

LA MUSICA CHE RIGENERA

Ingresso dalle ore 20.00Per info: 010 8681530 | [email protected]

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MusicaperitivoCon la chiusura della stagione si conclude anche il terzo ciclo dei concerti Musicaperitivo alle ore 11 della domeni-ca mattina nel foyer del Teatro Carlo Felice. Una formula che è piaciuta al pubblico perché abbina l’alto livello del-la proposta artistica con la possibilità di trascorrere un piacevole momento conviviale durante l’ormai tradizio-nale aperitivo a fine concerto. Ancora quattro i concerti-aperitivo in programma: dome-nica 21 maggio l’Ensemble Simone Molinaro diretto da Francesco Lambertini, con Enrico Grillotti al pianoforte, esegue musiche sacre di vari autori (Ockeghem, Biebl, Pärt, Matsushita, Britten e Stroope) dedicate a Maria in un concerto intitolato Mater purissima; domenica 28 maggio un ensemble formato da componenti dell’Orchestra e del Coro del Carlo Felice ci accompagna in un viaggio nella musica dei salotti europei tra Ottocento e Novecento: con Patrizia Battaglia (voce recitante e contralto), Daniela Aloisi (mezzosoprano), Giampiero De Paoli (tenore), Pa-trizia Priarone (pianoforte), Pier Domenico Sommati (vio-lino), Rita Maglia (violino), Gabriella Diatto (viola), Alber-to Pisani (violoncello); domenica 4 giugno il Coro di Voci Bianche del Teatro Carlo Felice diretto da Gino Tanasini festeggia il suo decimo compleanno con musiche scritte da tre compositori genovesi, Cortese, Basevi, Cabrera; e chiusura in grande stile domenica 11 giugno con la prova d’assieme di Turandot nel classico allestimento con la re-gia di Giuliano Montaldo, che debutterà il 16 giugno alle ore 20.30.

Eventi ospiti

Anche in questo ultimo scorcio di stagione spiccano, per prestigio e varietà, gli eventi che il Carlo Felice ospita. Il 20 maggio, alle ore 21 nell’Auditorium Montale, una sera-ta organizzata da “Top1 Communication – Onlus” in cui viene presentato, in anteprima nazionale, un progetto che ha come protagonisti due eccezionali pianisti geno-vesi: Andrea Pozza ed Elisa Tomellini. Ovvero, l’incontro, il dialogo e la fusione tra il jazz di Pozza e il repertorio classico di Tomellini. Il 27 maggio, alle ore 21, la tappa genovese del tour di Ro-berto Vecchioni iniziato il giugno scorso. 45 anni di can-zoni scelte tra quelle che esplorano il tema della felicità e degli affetti e si legano all’ultimo libro del cantautore, La vita che si ama (Einaudi).Infine, dopo il grande successo del 22 aprile scorso torna, il 28 maggio alle ore 21, Fiorella Mannoia con il tour che prende avvio dal suo ultimo, premiatissimo album, Com-battente.

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— Il Coro di Voci Bianche del Teatro Carlo Felice

— Roberto Vecchioni

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Direttore responsabile Viana Conti Caporedattore Massimo PastorelliRedazione Bianca FuscoProgetto grafico e impaginazione Fluido Stampato da AlgraphyHanno collaborato a questo numero: Massimo Arduino, Ugo Dighero, Gianluca FalaschiFoto in copertina: Marcello Orselli

Fondazione Teatro Carlo Felice Passo Eugenio Montale, 4 - 16121 Genova, Italia telefono: 010 5381 224/226 biglietteria: 010 589329 / 010 591697 [email protected] www.carlofelice.it

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Passo Eugenio Montale, 4 16121 Genova, Italiatelefono: 010 5381 224/226biglietteria: 010 589329 / 010 591697email: [email protected]

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Bozzetto: E

lisabetta M

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rogetto grafico: Fluido

Stagione 2016/2017

www.carlofelice.itfb: Teatro.CarloFelice.Genova #25insieme

Turandot— Giacomo Puccini

Teatro Carlo Felicedal 16 al 21 giugno 2017

Direttore d’orchestraGiuseppe Acquaviva Alvise Casellati (20-21) Regia Giuliano MontaldoRipresa da Fausto Cosentino

Staff

Orchestra e Coro Teatro Carlo FeliceMaestro del Coro Franco Sebastiani