Cassazione Civile, sezione VI, 7 settembre 2018, n. 21873.Cassazione Civile, sezione VI, 7 settembre...

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Cassazione Civile, sezione VI, 7 settembre 2018, n. 21873. Presidente: D’Ascola. Estensore: Falaschi. USUCAPIONE – POSSESSO - REQUISITI. Ai fini dell’usucapione non basta affermare di aver posseduto il bene per oltre vent’anni: l’espressione “aver posseduto per oltre vent’anni” è talmente generica che lascia indeterminati i termini essenziali della fattispecie dell’usucapione. Infatti, colui che afferma di aver usucapito il bene deve fornire la dimostrazione del come e del quando abbia cominciato a possedere uti dominus, non essendo sufficiente a tal fine una semplice dichiarazione di aver posseduto. È orientamento consolidato della giurisprudenza che “ il possesso continuato e indisturbato va dimostrato da chi pretende di aver acquistato il bene per usucapione”. Giurisprudenza conforme: Cassazione civile, sentenza n. 9325 del 26 aprile 2011 “chi agisce in giudizio per ottenere di essere dichiarato proprietario di un bene affermando di averlo usucapito, deve dare la prova di tutti gli elementi costitutivi della dedotta fattispecie acquisitiva e quindi, tra l'altro, non solo del corpus, ma anche dell'animus”. Legislazione correlata: Art. 1141 c.c. “ Mutamento della detenzione in possesso”. Art. 1158 c.c. “ Usucapione dei beni immobiliari e dei diritti reali immobiliari”. Con sentenza n. 586/2010 il Tribunale di Velletri accoglieva la domanda di rivendicazione proposta dal genitore nei confronti del figlio, volta ad accertare la piena proprietà di un determinato immobile, occupato dal convenuto e figlio del ricorrente. Il convenuto ricorreva in appello presso la Corte di appello di Roma, che con sentenza n. 6474/2016 respingeva l’impugnazione, evidenziando che il rapporto materiale dell’appellante con il bene rivendicato appariva aver avuto origine per mera tolleranza del genitore, dovuta ai rapporti di parentela con l’attore, come risultante da opportune prove testimoniali e completamente assente alcun concreto atto di interversione del possesso. In disparte il primo motivo di ricorso, con cui si ritiene sussistente falsa applicazione dell’istituto dell’accessione, ex art. 934 c.c., e dichiarato inammissibile in quanto non coglie la ratio decidendi adottata dal giudice d’appello. Parimenti privo di pregio appare il secondo motivo di ricorso, con cui viene dedotta la falsa applicazione degli artt. 1141 e 1158 c.c. Premesso che la valutazione circa la concreta ed effettiva sussistenza dei requisiti che rendono il possesso idoneo all’usucapione spetta al giudice di merito, nella fattispecie de qua emerge che il ricorrente non ha provato il suo possesso ad usucapione uti dominus: il ricorrente, invero, si è limitato a dichiarare di possedere il bene da oltre vent’anni, senza indicare l’inizio della relazione di possesso. Il potere di fatto sull’immobile del ricorrente risulta, piuttosto, legittimato da un comportamento di tolleranza giustificato dalla relazione di parentela tra questi e l’attore originario (il genitore). L’espressione “aver posseduto per oltre vent’anni” è talmente generica che lascia indeterminati i termini essenziali della fattispecie dell’usucapione. La relazione di parentela, ancorchè protratta nel tempo, tra attore originario (padre) e ricorrente (figlio) giustificano l’insorgenza della presunzione che l’eventuale possesso dichiarato dall’attuale ricorrente sia esercitato in virtù dell’altrui tolleranza. È necessario, ai fini dell’usucapione fondata sul possesso, che colui che afferma di aver usucapito il bene fornisca la dimostrazione del come e del quando abbia cominciato a possedere uti dominus, non essendo sufficiente a tal fine una semplice dichiarazione di aver posseduto.

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Cassazione Civile, sezione VI, 7 settembre 2018, n. 21873. Presidente: D’Ascola. Estensore: Falaschi. USUCAPIONE – POSSESSO - REQUISITI. Ai fini dell’usucapione non basta affermare di aver posseduto il bene per oltre vent’anni: l’espressione “aver posseduto per oltre vent’anni” è talmente generica che lascia indeterminati i termini essenziali della fattispecie dell’usucapione. Infatti, colui che afferma di aver usucapito il bene deve fornire la dimostrazione del come e del quando abbia cominciato a possedere uti dominus, non essendo sufficiente a tal fine una semplice dichiarazione di aver posseduto. È orientamento consolidato della giurisprudenza che “ il possesso continuato e indisturbato va dimostrato da chi pretende di aver acquistato il bene per usucapione”. Giurisprudenza conforme: Cassazione civile, sentenza n. 9325 del 26 aprile 2011 “chi agisce in giudizio per ottenere di essere dichiarato proprietario di un bene affermando di averlo usucapito, deve dare la prova di tutti gli elementi costitutivi della dedotta fattispecie acquisitiva e quindi, tra l'altro, non solo del corpus, ma anche dell'animus”. Legislazione correlata: Art. 1141 c.c. “ Mutamento della detenzione in possesso”. Art. 1158 c.c. “ Usucapione dei beni immobiliari e dei diritti reali immobiliari”. Con sentenza n. 586/2010 il Tribunale di Velletri accoglieva la domanda di rivendicazione proposta dal genitore nei confronti del figlio, volta ad accertare la piena proprietà di un determinato immobile, occupato dal convenuto e figlio del ricorrente. Il convenuto ricorreva in appello presso la Corte di appello di Roma, che con sentenza n. 6474/2016 respingeva l’impugnazione, evidenziando che il rapporto materiale dell’appellante con il bene rivendicato appariva aver avuto origine per mera tolleranza del genitore, dovuta ai rapporti di parentela con l’attore, come risultante da opportune prove testimoniali e completamente assente alcun concreto atto di interversione del possesso. In disparte il primo motivo di ricorso, con cui si ritiene sussistente falsa applicazione dell’istituto dell’accessione, ex art. 934 c.c., e dichiarato inammissibile in quanto non coglie la ratio decidendi adottata dal giudice d’appello. Parimenti privo di pregio appare il secondo motivo di ricorso, con cui viene dedotta la falsa applicazione degli artt. 1141 e 1158 c.c. Premesso che la valutazione circa la concreta ed effettiva sussistenza dei requisiti che rendono il possesso idoneo all’usucapione spetta al giudice di merito, nella fattispecie de qua emerge che il ricorrente non ha provato il suo possesso ad usucapione uti dominus: il ricorrente, invero, si è limitato a dichiarare di possedere il bene da oltre vent’anni, senza indicare l’inizio della relazione di possesso. Il potere di fatto sull’immobile del ricorrente risulta, piuttosto, legittimato da un comportamento di tolleranza giustificato dalla relazione di parentela tra questi e l’attore originario (il genitore). L’espressione “aver posseduto per oltre vent’anni” è talmente generica che lascia indeterminati i termini essenziali della fattispecie dell’usucapione. La relazione di parentela, ancorchè protratta nel tempo, tra attore originario (padre) e ricorrente (figlio) giustificano l’insorgenza della presunzione che l’eventuale possesso dichiarato dall’attuale ricorrente sia esercitato in virtù dell’altrui tolleranza. È necessario, ai fini dell’usucapione fondata sul possesso, che colui che afferma di aver usucapito il bene fornisca la dimostrazione del come e del quando abbia cominciato a possedere uti dominus, non essendo sufficiente a tal fine una semplice dichiarazione di aver posseduto.

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Tale dimostrazione nella fattispecie esaminata dalla Suprema Corte è del tutto assente; manca, invero, la dimostrazione del tempo del possesso e della qualità della relazione di possesso, quale potere di fatto uti dominus esercitata dal ricorrente sull’immobile oggetto di controversia. È orientamento consolidato della giurisprudenza che “ il possesso continuato e indisturbato va dimostrato da chi pretende di aver acquistato il bene per usucapione”. Elementi come la presentazione della domanda di sanatoria del manufatto o il pagamento per intero dell’oblazione da parte del ricorrente vengono considerati elementi neutri ai fini della maturazione dei requisiti idonei a usucapire il bene immobile. Pertanto, la Suprema Corte rigetta il ricorso.

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