TEACCH COMUNICAZIONE FACILITATA ABA 15 novembre … · Gioco Musicoterapia Animal assisted therapy...

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TEACCH COMUNICAZIONE FACILITATA ABA Marco del Bufalo Tiziana Segna 15 novembre 2014

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TEACCH

COMUNICAZIONE FACILITATA

ABA

Marco del Bufalo

Tiziana Segna

15 novembre 2014

La disabilità non lascia mai indifferenti,

quando la incontriamo sugli altri possiamo

sentire le nostre emozioni. Possono essere

emozioni di partecipazione, di solidarietà, di

sollievo perché non tocca a noi, oppure possiamo

avvertire tanta voglia di non vedere, di fuggire,

di non lasciarci contaminare da qualcosa che

sembra pericoloso e doloroso.

Nell’handicap c’è stato a lungo il convincimento che si

potesse fare ben poco e soprattutto il convincimento etico

che fosse bene per la persona disabile avvicinarsi il più

possibile al funzionamento della persona normale.

Si sono visti programmi educativi per insegnare il nome

dei colori, o il giusto incastro per le forme e molti genitori

hanno chiesto di insegnare ai loro figli a parlare o a

scrivere, prima di ogni altra cosa, nella ricerca

comprensibile e degna di rispetto di una “normalità”

agognata.

Anche nell’evoluzione dei metodi ritroviamo l’evoluzione

del pensiero filosofico nei confronti della disabilità.

Inibizione

Correzione

Stimolazione

Accoglienza

Ricerca di comunicazione

All’inizio si reputava etico inibire tanti comportamenti

perché giudicati “sbagliati” poi ci si è convinti della

“educabilità” delle persone disabili e sono nati metodi

correttivi. Più avanti si è parlato di stimolazioni

opportune, di accoglienza, di ricerca di comunicazioni

possibili.

La cultura dell’handicap si è evoluta

lentamente nella direzione di un maggior

rispetto della persona e l’attenzione si è

spostata da colui che è ABILE, ideale di

perfezione e normalità a colui che è DISABILE

e la scienza e la filosofia hanno iniziato a

parlare non più tanto di metodi correttivi ma di

accoglienza e di opportunità da offrire.

I tanti metodi oggi disponibili sono inquadrabili

all’interno di alcune categorie concettuali:

“EDUCANO” il comportamento

TED

TEACCH

Tecniche comportamentali

Kumon

Higasci

“CORREGGONO” e stimolano i sensi

Doman

Delacato

AIT di Berard

Approccio di Tomatis

Lenti colorate

Lenti IRLEN

Creano un clima di accettazione

Floortime

Gioco

Musicoterapia

Animal assisted therapy

Pet therapy

Percorrono altre forme di comunicazione

Braille

Lis

PCS

PECS

CAA

Comunicazione Facilitata

Sarebbe opportuno spostare l’attenzione dal metodo alla

persona disabile.

Non è utile che l’operatore del settore dica so fare

“questo” ma la domanda giusta potrebbe essere “di cosa

ha bisogno Marco per vivere meglio la sua vita?”

Qualunque sia il metodo o i metodi che decidiamo di

utilizzare, non dovremmo prescindere da una

metodologia di lavoro che definisca:

- per quanto tempo lo utilizzeremo

- quali sono i risultati attesi

- quali verifiche sono previste (tempi e strumenti)

è evidente che gli operatori delle varie professionalità che

intervengono sul tema dell’handicap (psicologi,

neuropsichiatri, educatori, assistenti alla comunicazione,

logopedisti, insegnanti, fisioterapisti ecc.) non possono

conoscere tutti i metodi ma potrebbe essere utile definire

in via preliminare quali obiettivi vogliamo raggiungere su

tempi lunghi, medi,brevi, ad esempio:

Obiettivo a lungo termine

la famiglia sceglie come priorità di lavoro il linguaggio

Obiettivo a medio termine

capacità di nominare 30 oggetti

Obiettivo a breve termine

emissione di vocalizzi significativi per esprimere

assenso o rifiuto

Adesso possiamo porci delle domande

“quali metodi conosco per rendere significativi i

vocalizzi emessi?”

E

“quali tra quelli che conosco sono praticabili con

Marco?”

E perdono di significato le diatribe tra i vari

metodi, tra quello che vale di meno o di più e si

può tornare a parlare di efficacia sull’una o

sull’altra persona.

E. SCHOPLER USA

G. MESIBOV USA

TEO PEETERS BELGIO

E’ stato avviato da Schopler e dai suoi collaboratori, nelle

scuole per autistici dello Stato americano della Carolina

del Nord ed ha ottenuto un grosso successo anche in

Europa e in Italia.

Il programma TEACCH comprende numerose attività di

tipo educativo da effettuare con bambini con DGS o con

disturbi della comunicazione.

Queste attività vanno di volta in volta contestualizzate ed

individualizzate e vengono messe in atto attraverso

quattro criteri:

- Il modello di interazione che si riferisce alla necessità di

contestualizzare una tecnica di intervento all’interno di

relazioni del bambino con il suo ambiente quotidiano di

vita, familiare e scolastico

- La prospettiva di sviluppo sottolinea la necessità che si

tenga conto, dello sviluppo globale del bambino nelle

diverse aree, sia di quelle più deboli, sia di quelle in cui

mostra maggiori capacità

- il relativismo comportamentale si osserva nei bambini

con DGS dove vi è la difficoltà, a volte l’impossibilità a

generalizzare una risposta comportamentale in uno

specifico contesto

- Il concetto di gerarchia di addestramento si basa sulle

priorità tra i problemi da affrontare con il bambino

autistico. L’intervento educativo è finalizzato a

modificare i comportamenti che mettono a rischio la vita

del bambino, poi i problemi che riguardano la capacità

adattiva del bambino nell’ambiente familiare, ed infine

l’adattamento nel contesto scolastico ed extrascolastico.

Le aspettative e gli obiettivi che si vogliono raggiungere

per ogni bambino sono distinte in:

- Obiettivi a lungo termine

- Obiettivi intermedi a 3 mesi e un anno

- Obiettivi educativi immediati

Uno dei principi fondamentali dell’intervento è

l’adattamento e una modificazione dell’ambiente di vita

del bambino, sia familiare che scolastico. È importante

che l’ambiente di apprendimento sia strutturato e

prevedibile e che le attività che vengono proposte siano

precise e comprensibili al di là delle indicazioni verbali.

La strutturazione deve riguardare sia gli spazi sia i tempi di lavoro, utilizzando delle immagini che descrivono i vari momenti della giornata.

L’ambiente di lavoro viene allestito con un banco inizialmente in un angolo della stanza con due scaffali posti ai lati. Ogni bambino ha uno schema di lavoro e ogni compito che dovrà svolgere è contenuto in una scatola di lavoro situata sullo scaffale a sinistra e contrassegnata da un simbolo.

La sequenza del lavoro è sempre sinistra-centro-destra, la scatola viene presa da sinistra e disposta sul tavolo durante il lavoro. Al termine la scatola va riposta sullo scaffale a destra, in modo che per lui sia sempre chiaro quanto lavoro è stato eseguito e quanto ne resta da fare.

Il metodo TEACCH appare rigido ma efficace in molte

situazioni. Possiamo migliorarlo?

La deprivazione sensoriale sembra indispensabile per

ottenere attenzione e solo così si è riusciti in situazioni

molto difficili a lavorare.

può essere solo la base per indurre e facilitare l’abitudine

al lavoro, poi la modalità di deprivare l’ambiente può

essere progressivamente sfumata per avvicinarci a quella

che è una situazione “normale” di lavoro come una classe

scolastica o una stanza di casa.

Lo schema rigido di lavoro: effettivamente le persone

autistiche si giovano molto di una organizzazione della

giornata e di una procedura di lavoro schematica ma va

immaginato un continum in cui il TEACCH può essere

applicato rigidamente ai livelli iniziali, nei livelli

intermedi si va a diminuire quella protezione che sembra

opportuno frapporre tra autistico e il resto del mondo, per

arrivare a livelli più elevati di autonomia.

Gli schemi di lavoro potrebbero essere variati con:

maggior complessità

maggiori stimolazioni

uso di foto e di oggetti reali

esecuzioni in vivo

La ricompensa è preferibile che sia intrinseca perché il

rinforzo che ne deriva è evidente e non soggetto a

saturazione.

Lovaas USA

Lovaas e i suoi collaboratori affermano che un intervento

precoce e intensivo eseguito a casa, consente a molti

bambini autistici di arrivare ad avere una vita normale.

Secondo questo metodo il luogo di trattamento ideale è

l’ambiente familiare, l’insegnamento è quindi affidato ai

genitori e ai parenti.

Questo trattamento consiste nell’insegnare al bambino

piccole e semplici unità di comportamento che possono

essere misurate.

Ogni unità è suddivisa in tanti piccoli passi che devono avere semplici e chiare istruzioni. Nel momento in cui il bambino riesce a dare risposte adeguate e corrette viene immediatamente ricompensato in modo tale che le ricompense funzionino da rinforzo.

All’inizio le ricompense possono consistere in baci, parole di elogio, dolci e gelati, poi via via che il bambino si sviluppa si interviene con ricompense sempre più sottili (un’occhiata, un riconoscimento anche minimo), fino ad arrivare a ricompense più sociali in cui al bambino viene detto “bravo”, “bene”.

Le risposte negative quali ad es. i capricci, le stereotipie, comportamenti auto aggressivi non vengono rinforzate.

l’obiettivo primario di questi interventi è quello di

insegnare al bambino a discriminare tra stimoli diversi,

ad esempio tra colori, forme, numeri e lettere.

Le prove di insegnamento vengono ripetute molte volte

finchè il bambino riesce a dare risposte adeguate senza

l’aiuto dell’adulto.

L’intervento comportamentale consiste in un insieme di

trattamenti che vengono applicati in modo intensivo e

sostenuto, essi sono altamente individualizzati.

All’inizio del trattamento si privilegiano gli ambienti

familiari e tranquilli per poi essere esteso ad altri

ambienti in modo da produrre effetti durevoli e

generalizzati.

Regole generali:

1) Ottenere l’attenzione del bambino, se non è attento

aspettare prima di dare l’istruzione

2) Dare sempre una conseguenza alla sua risposta “No”

oppure il premio, eccetto per il linguaggio verbale, dove

il premio è incondizionato

3) Dare il rinforzo il più velocemente possibile e variarlo ogni volta che il bambino non mostra più interesse per quel premio

4) Non permettere al bambino più di due insuccessi, poi aiutarlo

5) Finire la sessione con un successo

6) Dire “vieni” e battere sulla sedia per cominciare

7) Dire “finito” quando la sessione è terminata e soltanto se è seduto correttamente

8) Quando il bambino fatica ad essere concentrato:

- Usare un compito di risveglio prima del compito che è l’obiettivo della sessione

- Tenere sessioni molto brevi introdotte da pause piuttosto lunghe

- Enfatizzare il rinforzo

- Essere veloci a cogliere la sua attenzione per dare

l’istruzione

- In ogni caso mantenere le regole

9) Finire quando nel bambino si accende il desiderio per

quello che sta facendo

Come primo programma si può cominciare con l’imparare

a far stare seduto il bambino.

La sequenza è

RICHIESTA=RISPOSTA=CONSEGUENZA

esempio:

Terapista: seduto

Bambino: non vuole stare seduto

Terapista: ripete il comando e lo forza a sedersi aiutandolo

fisicamente

Bambino: si siede seppur costretto

Terapista: velocemente lo premia

Fine sessione

la sessione di lavoro deve sempre terminare con un

successo.

Ripetere il comando finchè il bambino non lo masterizza

(cioè non lo acquisisce stabilmente)

L’età ottimale per iniziare un intervento precoce è prima

dei 5 anni di età, infatti i risultati migliori si hanno nei

bambini che cominciano il trattamento a 2 o 3 anni e che

hanno seguito l’intervento per almeno 30 ore a settimana

per due anni consecutivi.

CROSSLEY Australia

VEXIAU Francia

BIKLEN USA

La CF nasce in australia, a Melbourne presso il centro

per la comunicazione “Dignity trough education and

language” fondato nel 1986 da Rosemary Crossley e

destinato all’assistenza di persone incapaci di linguaggio

verbale

Negli anni 80 si è diffusa in Europa e negli USA, in Italia

si è diffusa tramite l’esperienza di Patrizia Cadei dopo

averla sperimentata con il figlio Alberto affetto da

autismo.

Rivolta principalmente ai soggetti affetti da autismo, che

secondo i sostenitori di questa tecnica non riescono a

mettere in sequenza ciò che vogliono dire e non riescono a

fare quei movimenti che permetterebbero loro di indicare

o scrivere.

La CF permette a persone in difficoltà di comunicare

grazie all’aiuto di un terapista specializzato, detto anche

facilitatore.

Il training prevede i seguenti passaggi

- Indicare oggetti,colori, forme, immagini, parole singole, a

coppie, scelta multipla

- Dare ritmo e continuità al gesto dell’indice, mai

accompagnare o dirigere

- Diversificare il lavoro per livello di età

L’obiettivo della CF è il raggiungimento

dell’autonomia di scrittura

Compito del facilitatore

(decalogo stilato da Rosemary Crosley)

- Controllare il contatto visivo: insegnare a guardare il

display o la tastiera

- Controllare la produzione: quando il messaggio non è

chiaro è necessario farlo presente

- Tirare indietro: i problemi di funzionalità della mano

non si risolvono spingendola in avanti, anzi molte

persone autistiche traggono vantaggio alla resistenza

fisica che si offre loro proprio tirando indietro

- Ridurre il supporto: lo scopo della Cf è raggiungere

l’indipendenza

- Non esagerare nelle interpretazioni

- Non credere a tutto ciò che viene detto

Una critica a questo metodo è mossa dall’APA (American

Psicological Association) secondo la quale la CF

- Minaccia di prevaricare i diritti del paziente

- È priva di validità scientifica

- Il suo prodotto è determinato dal facilitatore, anche se non

si sa ancora se il terapista sia cosciente della sua

influenza

La CF viene appoggiata dal TASH (The Association for

Person with Severe Handicaps) che è un’organizzazione

USA che si prefige lo scopo di promuovere l’inserimento

di persone affette da handicap grave

“le “terapie”, “le tecniche”, “i trattamenti” usati con le

persone con autismo si presentano come negozi lungo la

High Street: hanno poche relazioni tra loro ed ogni

negoziante vi incoraggerà a fare gli acquisti da lui e vi dirà

perché i suoi prodotti sono “i” prodotti.

ma ognuno di questi negozianti vende cose molto diverse

dagli altri. Qualcuno tratta il comportamento, qualcuno la

comunicazione o la percezione, qualche altro lo sviluppo

cerebrale o la biochimica, altri lo sviluppo cognitivo o la

mente o l’anima; qualcuno non tratta niente, ma è bravo

nel fingere di farlo.

il problema dei servizi che si comportano come i negozi di

High Street, è che la gente autistica non ha soltanto

difficoltà di comportamento o comunicazione o percezione

o problemi con i propri sensi o con lo sviluppo del cervello

o con la biochimica o con i livelli di stress o con i conflitti

dell’anima; le persone affette da autismo sono esseri

completi, la maggior parte di loro ha difficoltà

generalizzate perché in qualche punto ogni parte si collega

e si alimenta nelle altre.

Per ottenere un tipo di servizio globale, gli autistici non

hanno bisogno di una High Street piena di negozi in

competizione, ma di un supermercato dove ogni reparto

sappia cosa offrono gli altri e sappia indirizzare le persone

verso altri servizi complementari al loro”

(Donna Williams)