Tacito (Conte)

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    Tacito

    Vita e opere

    Publio (o Gaio?) Cornelio Tacito nacque intorno al 55 d.C.,

    secondo alcune fonti a Terni, ma pi probabilmente nella GalliaNarbonese, da una famiglia forse di condizione equestre. Studia Roma, e nel 78 spos la figlia di Gneo Giulio Agricola,autorevole statista e comandante militare; anche grazie allaiutodi questultimo, inizi la carriera politica sotto Vespasiano e la

    prosegu sotto Tito e Domiziano. Dopo essere stato pretorenell88 (nello stesso anno attestata la sua presenza nel collegiodei quindecemviri sacris faciundis, uno dei maggiori collegisacerdotali) Tacito fu per qualche anno lontano da Roma,

    probabilmente per un incarico in Gallia o in Germania. Nel 97,sotto il regno di Nerva, fu consul suffectus: oratore gi famoso,

    pronunci lelogio funebre di Virginio Rufo, il console mortodurante lanno di carica, al quale era subentrato. Uno o due annidopo, sotto il principato di Traiano, sostenne insieme a Plinio ilGiovane - al quale lo legava una salda amicizia - laccusa dei

    provinciali dAfrica contro lex governatore Mario Prisco,accusato di corruzione; dopo qualche indugio, il processo ebbetermine nel 100, con la condanna di Prisco allesilio. In seguito,Tacito fu proconsole in Asia nel 112 o 113. Mor probabilmenteintorno al 117.

    De vita Iulii Agricolae, pubblicata nel 98; De origine et situ

    Germanorum (pi comunemente noto come Germania),probabilmente dello stesso anno; Dialogus de oratoribus, dipoco successivo al 100 ( dedicato a Fabio Giusto, console nel102);Historiae, in dodici o quattordici libri, composte fra il 100e il 110;Annales (o Ab excessu divi Augusti), in sedici o diciottolibri, composti successivamente alle Historiae, e forse rimastiincompleti per la morte dellautore. Delle Historiae ci sono

    pervenuti solo i libri I-IV, parte del libro V, e alcuni frammenti;degliAnnales i libri I-IV, unesigua porzione del libro V, il libroVI, parte del libro XI, i libri XII-XV e parte del libro XVI. molto discusso il problema del numero rispettivo dei libri che

    componevano le Historiae e gli Annales: alcuni pensano adodici e diciotto libri, altri a quattordici e sedici. Questa secondaipotesi ha il conforto della numerazione del manoscrittocosiddetto Mediceo II: ma il problema complicato dal fatto chele due opere, per quanto pubblicate separatamente, cominciarono

    ben presto a circolare in una edizione congiunta di trenta libri,dove gli Annales (con inversione della cronologia dellacomposizione) precedevano le Historiae, a formare unanarrazione continua della storia romana dalla morte di Augustoalla morte di Domiziano.

    1. Le cause della decadenza delloratoria

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    IlDialogus de oratoribus non probabilmente la prima operadi Tacito: la tesi oggi prevalente che sia stato composto dopolAgricola e la Germania; ma tradizione consolidata iniziare daesso ogni trattazione su Tacito, anche in forza di variecaratteristiche che per diversi rispetti contribuiscono a isolarlorispetto al complesso della sua opera. Questo isolamento taleche lautenticit del Dialogus - tramandato nella tradizionemanoscritta insieme allAgricola e alla Germania - statacontestata fino dal XVI secolo, soprattutto per ragioni di stile, dafilologi anche di altissima levatura; mentre autorevoli perplessitsulla paternit tacitiana permangono anche fra gli studiosimoderni. In effetti il periodare delDialogus ricorda molto pi davicino il modello neociceroniano, forbito ma non prolisso, cui siispirava linsegnamento della scuola di Quintiliano, che non lasevera e asimmetrica inconcinnitas tipica delle maggiori operestoriografiche di Tacito. Anche fra i sostenitori dellautenticit

    ha perci riscosso credito notevole la tesi di chi suppone che ilDialogus sia il prodotto giovanile di un Tacito ancora legato allepredilezioni classicheggianti della scuola quintilianea, dacollocarsi negli anni fra il 75 e 180: in questa ipotesi, anche secomposto sotto il regno di Tito, il Dialogus sarebbe stato

    pubblicato solo molto pi tardi, dopo la morte di Domiziano, e ladedica a Fabio Giusto si riferirebbe ovviamente allepoca della

    pubblicazione. Ma pi probabile che linsolita classicitdello stile sia da spiegarsi con lappartenenza del Dialogus algenere retorico, per il quale struttura, lingua e stile delle opereretoriche di Cicerone costituivano ormai un modello canonico.

    Il Dialogus de oratoribus, ambientato nel 75 o nel 77 (daltesto si ricavano in proposito indicazioni parzialmentecontraddittorie) si riallaccia alla tradizione dei dialoghiciceroniani su argomenti filosofici e retorici. Riferisce unadiscussione che si immagina avvenuta in casa di CuriazioMaterno, retore e tragediografo, fra lo stesso Curiazio, MarioApro, Vipstano Messalla e Giulio Secondo, e alla quale Tacitodice di avere assistito in giovent. Poich allinizio dellaconversazione Apro ha rimproverato Materno di trascurareleloquenza in favore della poesia drammatica, in un primomomento si contrappongono i discorsi di Apro e Materno, in

    difesa rispettivamente della eloquenza e della poesia.Landamento del dibattito subisce una svolta con larrivo diMessalla, spostandosi sul tema della decadenza delloratoria.Messalla ne indica le cause nel deterioramento delleducazione,sia familiare che scolastica, del futuro oratore, non pi accuratacome nei tempi antichi: i maestri sono impreparati, e una vacuaretorica spesso si sostituisce alla cultura generale. Dopo unasezione parzialmente lacunosa, il dialogo si conclude con undiscorso di Materno, evidentemente portavoce di Tacito, il qualesostiene che una grande oratoria forse era possibile solo con lalibert, o piuttosto con lanarchia, che regnava al tempo della

    repubblica, nel fervore dei tumulti e dei conflitti civili; divieneanacronistica, e sostanzialmente non pi praticabile, in una

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    societ tranquilla e ordinata come quella conseguente allainstaurazione dellImpero. La pace che esso garantisce deveessere accettata senza eccessivi rimpianti per un passato che

    pure forniva un terreno pi favorevole al rigoglio delle lettere ealla fioritura delle grandi personalit.

    Lopinione attribuita a Materno rappresenta una costante delpensiero di Tacito: alla base di tutta la sua opera sta infattilaccettazione della indiscutibile necessit dellImpero comeunica forza in grado di salvare lo stato dal caos delle guerrecivili. Il principato restringe lo spazio per loratore e luomo

    politico, ma al principato non esistono alternative. Ci nonsignifica che Tacito accetti gioiosamente il regime imperiale, nche allinterno di questo spazio ristretto egli non indichi laresidua possibilit di effettuare scelte pi o meno dignitose, pio meno utili allo stato. Era il tema gi affrontato nella biografiadi Agricola.

    2. Agricola e la sterilit dellopposizione

    Verso gli inizi del regno di Traiano, Tacito approfitt delripristino dellatmosfera di libert dopo la tirannide domizianea

    per pubblicare il suo primo opuscolo storico, che tramanda aiposteri la memoria del suocero Giulio Agricola, principaleartefice della conquista di gran parte della Britannia sotto ilregno di Domiziano, e leale funzionario imperiale. Per il tonoqua e l apertamente encomiastico lAgricola si richiama in

    parte allo stile delle laudationes funebri; dopo un rapido

    riepilogo della carriera del protagonista prima dellincarico inBritannia, si incentra principalmente sulla conquista dellisola,lasciando un certo spazio a digressioni geografiche ed etno-grafiche, che derivano da appunti e ricordi di Agricola, ma in

    parte anche dalle notizie sulla Britannia contenute neiCommentarii di Cesare. Proprio a causa di queste digressioni,largomento dellAgricola sembrato talora eccedere i limiti diuna semplice biografia. In realt, lautore non perde mai ilcontatto col proprio personaggio principale: la Britannia soprattutto il campo in cui si dispiega la virtus di Agricola, ilteatro delle sue brillanti imprese.

    Nellelogiare il carattere del suocero, Tacito mette in rilievocome egli, da governatore della Britannia e capo di un esercitoin guerra, avesse saputo servire lo stato con fedelt, onest ecompetenza anche sotto un pessimo principe come Domiziano(le critiche a questultimo e al suo crudele regime di spionaggioe di repressione sono pi di una volta esplicite da parte diTacito). Alla fine anche Agricola, che non aveva il gusto dellaopposizione fine a se stessa ma non per questo era disposto amacchiarsi di servilismo, era caduto in disgrazia pressoDomiziano: non senza avere dato prova di quanto si potesseoperare fecondamente in favore della comunit prima che i nodi

    venissero al pettine, e lo scontro non fosse pi evitabile.Attraversando incorrotto la corruzione altrui, Agricola sa morire

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    silenziosamente - e sulle reali cause della morte, naturale ovoluta da Domiziano, Tacito stende un velo dombra -, senzaandare in cerca della gloria di un martirio ostentato, la ambitiosamors (come il suicidio degli stoici) che Tacito condanna inquanto di nessuna utilit alla res publica. Lesempio luminoso diAgricola indica come, senza obbligatoriamente correre gravi

    pericoli, anche sotto la tirannide sia possibile percorrere la viamediana fra quelli che un passo famoso degliAnnales (IV 20,7)definir deforme obsequium e abrupta contumacia. Lelogio diun personaggio emblematico come Agricola si traduce in unaapologia della parte sana della classe dirigente, formata dauomini che, privi del gusto del martirio, avevano collaborato coi

    principi della casa flavia contribuendo validamente allaelaborazione delle leggi, al governo delle province,allampliamento dei confini e alle difesa delle frontiere; uominiche, una volta ricuperata la libert, non avrebbero ritenuto

    giustificata una indiscriminata condanna del loro operato e delservizio da essi prestato allo stato.LAgricola si situa, come abbiamo accennato, al punto di

    intersezione fra diversi generi letterari: si tratta di un panegiricosviluppato in biografia, di una laudatio funebrisinframmezzata, ampliata e integrata con materiali storici edetnografici: perci lopuscolo risente di modi stilistici diversi,che a loro volta contribuiscono al suo carattere composito.

    Nellesordio, nei discorsi, e soprattutto nelleloquenteperorazione finale notevolissima linfluenza di Cicerone(pu darsi che queste sezioni ci diano anche unimmagine di

    quella che dov essere loratoria tacitiana); nelle parti narrativeed etnografiche si avverte invece la presenza dei due diversi mo-delli di stile storico, quello di impronta sallustiana e quello diimpronta liviana.

    3. Virt dei barbari e corruzione dei Romani

    Gli interessi etnografici, gi largamente presentinellAgricola, sono al centro della Germania. Questultimacostituisce per noi praticamente lunica testimonianza (a partegli excursus pi o meno ampi contenuti in opere storiche) di una

    letteratura specificamente etnografica che a Roma doveva gode-re di una certa fortuna: sappiamo ad esempio di monografie diSeneca sullIndia e sullEgitto. Ma gli interessi etnografici eranostati gi forti nella cultura ellenistica (si pensi a Posidonio); aRoma, possono essere fatti risalire alDe bello Gallico di Cesare,che aveva tratteggiato anche il sistema di vita dei Germani.Successivamente, storici come Sallustio e Livio erano

    probabilmente ricorsi, in sezioni perdute delle loro opere, adampie digressioni etnografiche, che introducevano un elementodi variazione nelle lunghe esposizioni di avvenimenti, econtemporaneamente permettevano di fare mostra di dottrina e

    versatilit: un excursus sulla Germania doveva trovarsi nel IIIlibro delle Historiae di Sallustio, mentre Livio pu averne

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    trattato verso la fine della sua opera, occupandosi dellecampagne di Druso oltre il Reno.

    stato sottolineato come le notizie etnografiche contenutenella Germania non derivino da osservazione diretta, ma quasiesclusivamente da fonti scritte: per quanto Tacito mostri diaverne consultate diverse, si suggerito che egli possa averetratto la maggior parte della documentazione dai BellaGermaniae di Plinio il Vecchio, che aveva prestato servizionelle armate del Reno, e aveva preso parte a spedizioni oltre ilfiume, nelle terre dei Germani non ancora sottoposti al dominioromano. Tacito sembra avere seguito la sua fonte con fedelt,accontentandosi di migliorarne e impreziosirne lo stile (ilcolorito sallustiano frequente nella Germania, e piuttostonumerose sono le punte epigrammatiche) e di aggiungere

    pochi particolari per ammodernare lopera (le notizie di Pliniorisalivano a circa quarantanni addietro): ci nonostante,

    rimangono alcune discrepanze, poich la Germania sembradescrivere abbastanza spesso la situazione come si presentavaprima che gli imperatori flavi avanzassero oltre il Reno e oltre ilDanubio.

    Gli intenti di Tacito nella Germania hanno formato a lungooggetto di discussione fra gli studiosi: risale molto addietrolipotesi, a nostro giudizio ben fondata ma bisognosa di alcune

    precisazioni, che vede nellopuscolo lesaltazione di una civiltingenua e primordiale, non ancora corrotta dai vizi raffinati diuna civilt decadente: in filigrana, la Germania sembra percorsada una vena di implicita contrapposizione dei barbari, ricchi di

    energie ancora sane e fresche, ai Romani. Non si dovr,comunque, insistere eccessivamente sulla idealizzazione dellepopolazioni selvagge, un tema pure consueto alla letteraturaetnografica, che risentiva dellinsoddisfazione per il de-cadimento e la corruzione della vita cittadina: insistendo sullaindomita forza e sul valore guerriero dei Germani, pi chetesserne un elogio Tacito ha probabilmente inteso sottolineare laloro pericolosit per lImpero. La debolezza e la frivolezza dellasociet romana dovevano allarmare lo storico senatore che alloramuoveva i suoi primi passi: i Germani, forti, liberi e numerosi

    potevano rappresentare una seria minaccia per un sistema

    politico basato sul servilismo e la corruzione. Non stupiscetuttavia che Tacito si addentri anche in una lunga enumerazionedei difetti di un popolo che gli appare come essenzialmente

    barbarico: lindolenza, la passione per il giuoco, la tendenzaallubriachezza e alle risse, linnata crudelt. Fermo restando chela Germania fondamentalmente un breve trattato etnografico-geografico, e non un libello di intervento politico, non inopportuno metterne in connessione alcune caratteristiche conun evento allincirca contemporaneo alla composizione: la

    presenza sul Reno di Traiano con un forte esercito, a quanto paredeterminato alla guerra e alla conquista. Nel seguito della sua

    opera storica, Tacito continuer comunque a guardare conparticolare interesse alla frontiera con i Germani (pi che a

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    quella con i Parti), dimostrando per esempio ammirazione, negliAnnales, per la politica aggressiva di Germanico. In questointeresse la convinzione della pericolosit delle popolazionisettentrionali si intreccia con laltra complementare che in quelladirezione sono aperte le maggiori possibilit di ulterioreespansione dellImpero: la permanenza dellinteresse confermadel carattere non episodico delle riflessioni e delle

    preoccupazioni da cui scaturito il trattatello etnografico.

    4. I parallelismi della storia

    II progetto di una vasta opera storica era presente ginellAgricola, dove, in uno dei capitoli iniziali, Tacito esternalintenzione di narrare gli anni della tirannide di Domiziano, e

    poi la libert ricuperata sotto i regimi di Nerva e Traiano. NelleHistoriae il progetto appare modificato: mentre la parte che ci

    rimasta contiene la narrazione degli eventi degli anni 69-70, dalregno di Galba fino alla rivolta giudaica, lopera nel suocomplesso doveva estendersi fino al 96, lanno della morte diDomiziano; nel proemio, Tacito afferma espressamente diriservare invece per la vecchiaia la trattazione dei principati di

    Nerva e di Traiano, materia pi ricca e meno rischiosa. LeHistoriae affrontavano perci un periodo cupo, sconvolto davarie guerre civili, e concluso da una lunga tirannide.

    Il I libro - che, in ossequio alla tradizione annalistica sioccupa degli avvenimenti a partire dal 1 gennaio 69 - si aprecon la narrazione del breve regno di Galba; seguono luccisione

    di questultimo e lelezione allImpero di Otone. In Germania,tuttavia, le legioni acclamano imperatore Vitellio. La lotta fraOtone e Vitellio, conclusasi con la sconfitta e il suicidio del

    primo, e quella successiva fra Vitellio e Vespasiano, sonolargomento del II e del III libro. Acclamato imperatore dallelegioni di vari paesi, Vespasiano lascia in Oriente il figlio Titoad affrontare i Giudei, e, spostatesi in Egitto, fa dirigere le suetruppe su Roma, dove si rifugiato Vitellio, che viene catturatoe ucciso. Il libro IV tratta del sacco di Roma ad opera dei soldatiflaviani, e dei tumulti contro Vespasiano scoppiati in Gallia e inGermania. Il libro V, che ci pervenuto mutilo e si arresta al

    capitolo 26, dopo un excursus sulla Giudea, dove si trova Tito,passa a trattare degli avvenimenti di Germania e dei primi segnidi stanchezza mostrati dai ribelli.

    Lanno col quale si apre la narrazione delle Historiae, il 69,aveva visto succedersi quattro imperatori (Galba, Otone, Vitellioe Vespasiano); era anche stato divulgato, come Tacito sottolinea,un arcano dellImpero: il principe poteva essere eletto altroveche a Roma, poich la sua forza si basava principalmentesullappoggio delle legioni di stanza in paesi pi o meno remoti.Vitellio era stato portato al potere dalle legioni di Germania,Vespasiano da quelle dellOriente. Otone, fatto principe a Roma,

    si basava anchegli sul sostegno militare dei pretoriani, laguardia imperiale di stanza nella capitale. Tacito scriveva le

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    Historiae a oltre trentanni di distanza dal 69; ma laricostruzione degli avvenimenti dellanno dei quattro imperatoriavveniva, con ogni probabilit, nel vivo del dibattito politico cheaveva accompagnato lascesa al potere di Traiano. stato notatoun certo parallelismo fra questa e gli avvenimenti del 69: il

    predecessore di Traiano, Nerva, si era trovato come Galba adaffrontare una rivolta di pretoriani che faceva traballare le basidel suo potere; come Galba, aveva designato per adozione unsuccessore. Lanalogia si ferma a questo punto: Galba - cheTacito descrive come un vecchio senza energie, rovinato daconsiglieri sciagurati, inutilmente e anacronisticamenteatteggiato nelle pose della gravitas repubblicana - si era sceltocome successore Pisone, un nobile di antico stampo, dai costumiseveri, poco adatto, per il suo rigorismo arcaizzante, aconciliarsi la benevolenza della truppa: sostanzialmente unfantoccio, vittima dei suoi illustri natali, dellinettitudine di

    Galba, e delle criminali ambizioni di Otone; Nerva aveva invececonsolidato il proprio potere associandosi nel governo Traiano,un capo militare autorevole, comandante dellarmata dellaGermania Superiore. Non si pu pertanto condividerelinterpretazione secondo la quale Tacito avrebbe visto in Galbauno sfortunato precursore della conciliazione del principato conla libert, poi realizzata da Nerva e Traiano. ProbabilmenteTacito aveva preso parte al consiglio imperiale nel quale vennedecisa ladozione di Traiano: in esso saranno riemerse, da partedi membri tradizionalisti dellaristocrazia senatoria, posizioni diun anacronismo non dissimile da quello di Galba, ma il consiglio

    seppe evidentemente respingerle. Con il discorso fattopronunciare a Galba nel primo libro delle Historiae, inoccasione delladozione di Pisone, lo storico ha inteso chiarire,quasi per contrasto, attraverso le stesse parole dellimperatore,aspetti significativi della sua posizione ideologico-politica.Tacito ha voluto mostrare in Galba il divorzio ormai consumatofra il modello di comportamento rigorosamente ispirato al mosmaiorum - un modello ormai votato al vuoto ossequio delleforme, e noncurante di ogni realismo politico - e la realecapacit di dominare e controllare gli avvenimenti. Ispirandosi aquel modello, Galba non poteva fare una scelta in grado di

    garantire davvero la sicurezza dello stato: ne segu un periodo disanguinosi conflitti civili. Ladozione di Traiano - peraltro uncomandante di vecchio stampo, che sapeva rendersi cari i soldatisenza rinunciare alla severit e al decoro della sua carica - placinvece i tumulti fra le legioni, e pose fine a ogni rivalit. Traianosi rivel capace di mantenere lunit degli eserciti, e dicontrollarli senza farne gli arbitri dellImpero. Pu darsi cheTacito, con il pessimistico realismo che lo contraddistingueva,non condividesse in toto lentusiastica soddisfazione dimostratada Plinio il Giovane nelPanegyricus a proposito della soluzioneche la scelta di Traiano aveva assicurato alla crisi dello stato: ma

    certamente egli avvertiva come improrogabile la necessit disanare la frattura, drammaticamente verificatasi nel 69, fra le

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    virtutes del modello etico antico-repubblicano e la capacit diinstaurare un reale rapporto con le masse militari.

    Come abbiamo gi detto, Tacito convinto che solo ilprincipato in grado di garantire la pace, la fedelt degli esercitie la coesione dellImpero; gi il proemio delle Historiae,accennando allascesa di Augusto, sottolinea come dopo la

    battaglia di Azio la concentrazione del potere nelle mani di unasola persona si rivel indispensabile per il mantenimento della

    pace. Naturalmente il principe non dovr essere uno scelleratotiranno come Domiziano, n un inetto come Galba ( famoso ilsarcastico epigramma in cui lo storico riepiloga questultimo

    personaggio: a giudizio di tutti degno dellImpero, se non loavesse rivestito,Historiae I 49); dovr invece assommare in sle qualit necessarie per reggere la compagine imperiale, econtemporaneamente garantire i residui del prestigio e delladignit del ceto dirigente senatorio. Tacito addita lunica

    soluzione praticabile nel principato moderato degli imperatoridadozione.Lo stile narrativo delle Historiae, coerentemente con il

    repentino susseguirsi degli avvenimenti, ha un ritmo vario eveloce, che non concede allazione di affievolirsi o di ristagnare.Ci ha implicato, da parte di Tacito, un lavoro di condensazionerispetto ai dati forniti dalle fonti: a volte qualcosa omesso, ma

    pi spesso Tacito sa conferire efficacia drammatica alla proprianarrazione suddividendo il racconto in singole scene: cos, peresempio, la marcia di Fabio Valente (sostenitore prima di Galba,

    poi di Vitellio) dal Reno alle Alpi viene narrata attraverso una

    serie di quadretti vivaci che dipingono il comportamento deisoldati durante la guerra civile. I tre tentativi di abdicazione diVitellio, noti attraverso Svetonio, sono condensati in un soloepisodio, drammatico e pittoresco, nel quale Tacito ha saputo

    profondere tutte le risorse del colore e della suggestione. Tacito maestro nella descrizione delle masse, spesso incalzante espaventosa: sa essere altrettanto efficace nel dipingere la follatranquilla, il suo insorgere minaccioso o il suo disperdersi in

    preda al panico; dalla descrizione della folla traspare, in genere,il timore misto a disprezzo del senatore per le turbolenze deisoldati e della feccia della capitale. Ma un disprezzo quasi

    analogo lo storico aristocratico ostenta per i suoi pari, icomponenti del senato, il cui comportamento descritto conmalizia sottile che insiste sul contrasto fra facciata e realtinconfessabile dei sentimenti: ladulazione manifesta verso il

    principe cela lodio segretamente covato nei suoi confronti, lasollecitudine per il bene pubblico occulta gli intrighi elambizione.

    LeHistoriae raccontano per la maggior parte fatti di violenza,di prevaricazione e di ingiustizia: di conseguenza la naturaumana dipinta in toni costantemente cupi. Ci non toglie cheTacito sappia tratteggiare in modo abile e vario i caratteri dei

    propri personaggi, alternando notazioni brevi e incisive a ritratticompiuti, come quello di Muciano, il governatore della Siria che

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    gioc un ruolo importante nellascesa di Vespasiano: Muciano descritto secondo la tipologia del personaggio paradossale,cio come un miscuglio di lussuria e operosit, di cordialit earroganza; eccellente nelle attivit pubbliche, ma con unareputazione ripugnante nella vita privata. Una cura particolareTacito appare avere dedicato alla costruzione del personaggio diOtone: lo storico insiste sulla consapevolezza della suasubalternit nei confronti degli strati inferiori urbani e militari,condensata in una frase epigrammatica: omnia serviliter prodominatione (Historiae I 36,3: si comportava in ogni cosaservilmente per conquistarsi il potere). Daltra parte. Tacitomostra come proprio questo cosciente servilismo di Otone neiconfronti della massa sia condizione della sua energiademagogica, della sua perversa capacit di incidere nelle cose,che lo situano su un piano diverso, anche se moralmente non pi

    pregevole, da quello di un Galba o di un Pisone. Come certi

    personaggi sallustiani (si pensi in primo luogo a Catilina) Otone dominato da una virtus inquieta, che allinizio della suavicenda lo spinge a deliberare, in un monologo quasi da eroetragico, una scalata al potere decisa a non arrestarsi di fronte alcrimine o allinfamia. Ma Otone , sotto certi aspetti, anche un

    personaggio in evoluzione: nella sua figura sembra intervenireuno scarto quando, ormai certo della disfatta definitiva da partedei vitelliani, decide di darsi una morte gloriosa per risparmiareallo stato un nuovo spargimento di sangue.

    La tecnica tacitiana del ritratto mostra numerose affinit conSallustio: Tacito si affida alla inconcinnitas, alla sintassi

    disarticolata, alle strutture stilistiche slegate per incidere nelprofondo dei personaggi. Ma lo stile abrupto di Sallustioesercita il suo influsso su tutta la narrazione di Tacito, chetuttavia ha saputo svilupparlo fino a determinare un vero e

    proprio salto di qualit: accentuando la tensione fra gravitasarcaizzante epathos drammatico, arricchendo il colorito poetico,moltiplicando le iuncturae inattese. Tacito ama le ellissi di verbie congiunzioni; ricorre a costrutti irregolari e a frequenti cambidi soggetto per conferire variet e movimento alla narrazione.Quando una frase sembra terminata, spesso la prolunga con unacoda a sorpresa, la quale aggiunge un commento

    epigrammatico o comunque modifica, di preferenza per viaallusiva o indiretta, quanto affermato subito prima.

    5. Le radici del principato

    Nemmeno nellultima fase della sua attivit Tacito mantenneil proposito di narrare la storia dei principati di Nerva e Traiano.Terminate le Historiae, la sua indagine si rivolse ancora piaddietro, ed egli, negli Annales, intraprese il racconto della piantica storia del principato, dalla morte di Augusto a quella di

    Nerone. La data scelta da Tacito per linizio degli Annales ha

    fatto supporre che egli intendesse la sua opera come unaprosecuzione di quella liviana (abbiamo visto che probabilmente

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    il progetto iniziale di Livio, interrotto dalla morte, prevedeva150 libri, i quali arrivassero a trattare lintero principato diAugusto: nulla vieta di supporre che, nella prefazione a qualchelibro per noi perduto, ma noto a Tacito, Livio affermasseesplicitamente tale sua intenzione); in effetti, il titolo presentenei manoscritti tacitiani (Ab excessu divi Augusti) sembrarichiamare quello livianoAb urbe condita.

    Degli Annales si sono conservati i libri I-IV, un frammentodel V e parte del VI, comprendenti il racconto degli avvenimentidalla morte di Augusto (14 d.C.) a quella di Tiberio (37 d.C.),con una lacuna di un paio danni fra il 29 e il 31; e i libri XI-XVI, col racconto dei regni di Claudio (a partire dallanno 47) edi Nerone (il libro XI lacunoso e il XVI mutilo, arrestandosi

    per noi agli eventi dellanno 66). I libri I-V seguono in parallelole vicende interne ed esterne di Roma: nella capitale il

    progressivo manifestarsi del carattere chiuso, sospettoso e

    ombroso di Tiberio, il dilagare dei processi per lesa maest,lascesa e poi la caduta della sinistra figura di Seiano (ma cimanca la parte in cui ne era narrata la morte), il degenerare delregime nella crudelt e nella dissolutezza, fino alla morte diTiberio. Allesterno, i successi di Germanico in Germania, i suoicontrasti con Pisone, la morte in Oriente, per la quale Pisone sospettato di avvelenamento; e avvenimenti minori, come lavittoriosa guerra in Africa contro il numida Tacfarinate, e ilsoffocamento della rivolta della popolazione germanica deiFrisi. I libri XI-XII narrano gli eventi degli anni 47-54, laseconda met del principato di Claudio, il quale rappresentato

    come un imbelle che dopo la morte della prima moglieMessalina cade nelle mani del potente liberto Narciso e dellaseconda moglie Agrippina, che alla fine fa avvelenare il marito emette sul trono Nerone, il figlio avuto da un precedentematrimonio.

    Nei libri XIII-XVI narrato il regno di Nerone: dapprima sulprincipe si alternano le diverse influenze della madre, delfilosofo Seneca e del prefetto del pretorio Burro (questi dueoperano congiuntamente in vista di una improbabileconciliazione del principato con la libert). Successivamentelimperatore acquista indipendenza, ma cade sempre pi preda

    dei propri istinti depravati. Mentre i comandanti romani (primofra tutti Corbulone) riportano notevoli successi nelle regioni diconfine, Nerone instaura un regime da monarca ellenistico, e sidedica soprattutto ai giuochi e agli spettacoli, perseverandotuttavia nel disegno di sbarazzarsi di tutti coloro che potrebbero

    porre un freno alle sue bizzarrie e stravaganze. Dopo un primotentativo fallito, riesce a fare uccidere la madre Agrippina; treanni dopo, nel 62, Tigellino, un personaggio detestabile, succedea Burro come prefetto del pretorio, in seguito alla misteriosamorte di questultimo. Contemporaneamente Seneca si ritira avita privata. Da questo momento in poi Nerone si abbandona a

    eccessi di ogni sorta; il malcontento dilaga, e intorno a GaioPisone si coagula un gruppo di congiurati che si propongono di

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    uccidere il principe. Scoppia il famoso incendio di Roma: Tacitosembra dare credito alle voci che lo vogliono appiccato perordine di Nerone; come incendiari vengono tuttavia perseguitatii Cristiani. La congiura di Pisone viene scoperta e repressa:molti fra i personaggi di primo piano ricevono lordine di darsila morte: periscono cosi Seneca, Lucano, Petronio, e infineTrasea Peto, durante il racconto della cui morte si interrompe la

    parte conservata degliAnnales.Negli Annales, Tacito mantiene la tesi della necessit del

    principato; ma il suo orizzonte sembra essersi ulteriormenteincupito: in un passo famoso (III 28), mentre ribadisce cheAugusto ha garantito la pace allImpero dopo lunghi anni diguerre civili, lo storico sottolinea anche come da allora i vincolisi siano fatti pi duri. Tacito conferisce un colore uniforme etetro allintero quadro della vita umana sotto i Cesari. La storiadel principato anche la storia del tramonto della libert politica

    dellaristocrazia senatoria, essa stessa del resto coinvolta in unprocesso di decadenza morale e di corruzione che la rendevogliosa di un servile consenso (quella che Tacito definiscelibido adsentandi) nei confronti del principe. Scarsa simpatia lostorico dimostra anche, come gi abbiamo sottolineato a

    proposito dellAgricola, verso coloro che scelgono lopposta viadel martirio, sostanzialmente inutile allo stato, e continuano amettere in scena suicidi filosofici. Prosperava, a partire dalletneroniana, una letteratura di exitus illustrium virorum. Non acaso, descrivendo il suicidio di Petronio, Tacito insiste sulcapovolgimento ironico di questo modello filosofico da parte del

    personaggio.Raccontando le vicende di Roma, Tacito conduce il lettoreattraverso un territorio umano desolato, senza luce o speranza.La parte sana della lite politica - ritroviamo qui una certacontinuit con 1Agricola - seguita tuttavia a dare il meglio di snel governo delle province e nella guida degli eserciti: lopera

    bellica di Germanico risulta grandiosa rispetto alla meschinapolitica urbana di Tiberio, e anche lazione militare diCorbulone , agli occhi dello storico, pi utile e forse piimportante delle torbide passioni che si agitano nella Roma di

    Nerone.

    Si detto che Tacito soprattutto un grande artistadrammatico, sottovalutando probabilmente le sue specifiche dotidi storico. Ma vero che la storiografia tragica giuoca negli

    Annales un ruolo di primo piano. Le tragedie di Tacito, i drammidi anime che egli mette in scena, non sono tuttavia tantostimolati dal desiderio di attizzare le emozioni, quanto nutritidalla riflessione pessimistica che ha radici importanti nellatradizione storiografica latina, soprattutto in Sallustio. Alla fortecomponente tragica della sua storiografia Tacito assegnasoprattutto la funzione di scavare nelle pieghe dei personaggi persondarli in profondit e portarne alla luce, oltre alle passioni che

    li tendono, le ambiguit e i chiaroscuri. Le passioni dominantinei personaggi tacitiani (con leccezione solo parziale di Nerone,

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    figura sotto certi aspetti patologica) sono quelle politiche: labrama di potere scatena le lotte pi feroci. Il conflitto pi asprosi svolge, com ovvio, dentro il palazzo imperiale; ma lo storicosi rivolge anche altrove per mettere in risalto lambizione e latensione alla scalata sociale, cui spesso si accompagnanoinvidia, ipocrisia o presunzione: sono difetti da cui nessunaclasse o persona va esente. Rispetto allambizione, alla vanit ealla cupidigia di potere, le altre passioni, per esempio ildesiderio erotico o anche lavidit di ricchezze, giuocano unruolo di importanza del tutto secondaria; Tacito presta tuttavia ladebita attenzione a gelosie e delitti di origine sessuale, e rivelauna vista acuta nelle questioni di denaro.

    Negli Annales si perfeziona ulteriormente larte del ritratto,gi sapientemente messa a frutto nelle Historiae. Il vertice stato individuato da alcuni nel ritratto di Tiberio, del tipocosiddetto indiretto: lo storico non d cio il ritratto una volta

    per tutte, ma fa s che esso si delinei progressivamente attraversouna narrazione sottolineata qua e l da osservazioni e commenti.Il ritratto di Tiberio dipinto in tutta la gamma delle gradazioni.Gli piaceva mostrarsi torvo, era innamorato dellausterit.Oppresso da tristitia, improntava la propria condotta a crudelt einclementia. Perennemente sospettoso, taciturno per labitudinea tenere celati i propri pensieri, spesso accigliato, talora conimpresso sul volto un falso sorriso, aveva fatto delladissimulazione la prima fra le sue virt. Tacito ama, in genere, ilritratto morale pi di quello fisico: ma in un passo dallo stilemolto ricercato indugia nella descrizione della ripugnante

    vecchiaia di Tiberio: alto, ma curvo ed emaciato, col voltosegnato da cicatrici e ricoperto di pustole, completamente calvo.Un certo spazio, come gi nelleHistoriae, ha anche il ritratto

    del tipo paradossale: lesempio pi notevole Petronio(Annales XVI 18), al quale gi ci capitato di accennare. Ilfascino del personaggio sta proprio nei suoi aspetticontraddittori: Petronio si assicurato con la ignavia la fama chealtri conquistano con infaticabile operosit; ma la mollezza dellasua vita contrasta con lenergia e la competenza dimostratequando ha ricoperto importanti cariche pubbliche. Su tutta la suaesistenza spira unaria di sovrana nonchalance, una neglegentia

    che ne esalta la raffinatezza. Petronio affronta la morte quasicome unultima volutt, dando contemporaneamente prova diautocontrollo, di coraggio e di fermezza: in voluta polemica conla tradizione del suicidio teatrale degli stoici, si intrattiene congli amici su argomenti diversi da quelli che servivano a crearsiunaureola di constantia; non si fa leggere dissertazionisullimmortalit dellanima o sentenze di filosofi, ma poesioleleggere e versi facili (Annales XVI 19). Senza fare del

    personaggio un modello - Tacito aveva gusti pi austeri - lostorico sembra implicitamente sottolineare che la sua virtus infondo pi salda di quella spesso ostentata nella morte dai martiri

    stoici.

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    Lo stile degli Annales per certi aspetti mutato rispetto aquello delle Historiae: almeno nei libri precedenti il XIII, siregistra una linea di evoluzione che va in direzione del crescenteallontanamento dalla norma e dalla convenzione: una ricerca distraniamento che si esprime nella predilezione per formeinusitate, per un lessico arcaico e solenne, ricco di potenza.Rispetto alle Historiae, gli Annales risultano meno eloquenti escorrevoli, pi concisi e austeri. Perdura e si accentua il gusto

    per la inconcinnitas, ottenuta soprattutto attraverso la variatio,cio allineando a unespressione unaltra che ci si attenderebbe

    parallela, ed invece diversamente strutturata (due esempi trattidalla narrazione dellincendio di Roma: pars mora, pars

    festinans, cuncta inpediebant, Annales XV 38, e [incendium] inedita adsurgens et rursus inferiora populando anteiit remedia,ibid.). Le disarmonie verbali riflettono la disarmonia degli eventie le ambiguit nel comportamento umano. Abbondano le

    metafore violente (le immagini sono quelle della luce e delletenebre, della distruzione e dellincendio) e luso audace dellepersonificazioni. frequente la coloritura poetica, soprattuttovirgiliana, ma notevoli sono anche le tracce di Lucano nella

    prosa di Tacito.Allinterno degli Annales si registra tuttavia una certa

    modificazione dello stile, in cui alcuni hanno visto unainvoluzione. A partire dal libro XIII Tacito sembra ripiegare sumoduli pi tradizionali, meno lontani dai dettami delclassicismo. Lo stile si fa pi ricco ed elevato,, meno serrato,acre e insinuante; nella scelta dei sinonimi, lo storico passa dalle

    espressioni scelte e decorative a quelle pi sobrie e normali. Ladifferenza stata attribuita al diverso argomento: il regno diNerone, abbastanza vicino nel tempo, richiedeva di esseretrattato con minore distanziamento solenne di quello ormairemoto di Tiberio, che sembrava ancora radicato nellantica res

    publica. Qualche trascuratezza notata soprattutto nei libri XV eXVI ha fatto anche pensare che gli Annales non abbianoricevuto lultima revisione.

    6. Le fonti di Tacito

    II problema delle fonti delle quali Tacito si avvalso nelleHistoriae e negli Annales stato a lungo dibattuto, e non pudirsi giunto a una soluzione definitiva. Esso coinvolge laquestione dei rapporti con il resto della tradizione storiografica(Svetonio, Dione Cassio, Plutarco) che ci ha trasmesso lanarrazione degli eventi dello stesso periodo. Alcuni punti sonotuttavia assodati. In primo luogo Tacito pot consultare ladocumentazione ufficiale: gli acta senatus (pi o meno i verbalidelle sedute) e gli acta diurna populi Romani (contenevano gliatti del governo e notizie su quanto avveniva a corte e nellacapitale). Inoltre aveva a disposizione raccolte di discorsi di

    alcuni imperatori, come Tiberio e Claudio. Laccuratezza deglistorici antichi nelluso dei documenti non era in genere pari a

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    quella degli storici moderni: ma Tacito fu senzaltro fra i piscrupolosi (la sua non comune diligentia in proposito elogiatain una lettera di Plinio il Giovane). Numerose sono le fontistoriche e letterarie: tramontato il dogma secondo il qualeTacito, in ciascuna delle due opere maggiori, avrebbecostantemente seguito, almeno per ciascuna sezione, ununicafonte (che sarebbe comune anche al resto della tradizionestoriografica) alla quale avrebbe dato solo nuova veste artistica,si fatta strada lidea di una molteplicit di fonti, utilizzate conlibert e alternando (per esempio a proposito del principato diTiberio) fonti anche di opposta tendenza. Lo stesso Tacitomenziona del resto alcune fra le proprie fonti: Plinio il Vecchio,che aveva scritto Bella Germaniae in venti libri e una storia intrentuno libri, continuazione di quella di Aufidio Basso;Vipstano Messalla - uno degli interlocutori del Dialogus -,autore di memorie sulla guerra civile, in cui aveva combattuto

    dalla parte di Vespasiano. Un particolare rilievo sembranoassumere i nomi di Cluvio Rufo e di Fabio Rustico: il primo fuconsole sotto Caligola, e probabilmente mor sotto Vespasiano;fu in rapporti di amicizia con Nerone, ma non accett di fare ildelatore; scrisse, a quanto pare, su avvenimenti contemporanei, efu una delle fonti delle Historiae. Fabio Rustico, del qualesappiamo molto poco, era favorevole a Seneca e tenne unatteggiamento di ostilit a Nerone; fu importante come fonte perlultima fase del principato neroniano.

    Tacito pot inoltre servirsi di letteratura epistolografica ememorialistica (per esempio le memorie di Corbulone sulla

    guerra contro i Parti), e certo attinse a quel vasto genereletterario che va sotto il nome di exitus illustrium virorum: unalibellistica di opposizione che narrava il sacrificio dei martiridella libert, soprattutto di coloro che avevano affrontato ilsuicidio ispirandosi alle dottrine stoiche. Di questa letteraturaTacito si serv per esempio per narrare la morte di Seneca o diTrasea Peto (questultimo aveva scritto a sua volta una vita diCatone Uticense, larchetipo dei martiri della libert): soprattutto

    per conferire colorito drammatico al proprio racconto, nonperch fosse fra gli ammiratori di questo genere di suicidio ilquale, come gi abbiamo sottolineato pi volte, gli appariva

    viziato da una forma di ambiziosa ostentazione, politicamenteimproduttiva.

    7. La fortuna

    Tacito trov un ammiratore entusiasta in Plinio il Giovane,ma la sua vera fortuna incominci nel IV secolo, quandoAmmiano Marcellino compose unopera storica che intendevariallacciarsi alla sua; pi o meno nello stesso periodo, iriecheggiamenti da parte di vari altri scrittori mostrano che egliera fra gli autori letti comunemente.

    NellUmanesimo e nel primo Rinascimento, a Tacito vennespesso preferito Livio; ma gi Guicciardini indic in lui il

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    maestro che insegnava a fondare le tirannidi. Su questa linea,nellepoca della Controriforma e delle monarchie assolute prese

    piede il fenomeno del tacitismo, che vide nellopera di Tacitoun complesso di regole e di principi direttivi dellagire politicodi tutti i tempi. Cos Tacito venne talora usato, dai teorici dellaragione di stato, come pretesto alla formulazione di una teoriadellidea imperiale. Ma la tradizione tacitista seppe trarre daTacito anche lindicazione di come vivere sotto i tirannievitando sia il servilismo, sia una sterile opposizione. unalinea di pensiero che dura anche dopo la fine del tacitismo, perarrivare, per esempio, fino a Diderot e alla sua giustificazione(attraverso unapologia di Seneca) della collaborazione delfilosofo coi sovrani. Ma le generazioni dellIlluminismosentirono Tacito soprattutto come loppositore della tirannide. Incampo letterario, alcuni grandi tragici, come Corneille, Racine elAlfieri, trassero da drammi tacitiani materia e ispirazione per

    i loro tormentati personaggi.

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