Sviluppo della metodica live on cell western per lo studio di … · 2020. 6. 23. · Sviluppo...

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RAPPORTO TECNICO-SCIENTIFICO Sviluppo della metodica live on cell western per lo studio di proteine multifunzionali localizzate sulla superficie cellulare Dr. Giovanni Perconti IRIB ISTITUTO PER LA RICERCA E L’INNOVAZIONE BIOMEDICA

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  • RAPPORTO TECNICO-SCIENTIFICO

    Sviluppo della metodica live on cell western per

    lo studio di proteine multifunzionali localizzate

    sulla superficie cellulare

    Dr. Giovanni Perconti

    IRIB

    ISTITUTO PER LA RICERCA E L’INNOVAZIONE BIOMEDICA

  • 1

    SOMMARIO

    INTRODUZIONE 2

    OBIETTIVO DEL DOCUMENTO 3

    MODELLO BIOLOGICO UTILIZZATO 4

    DESCRIZIONE DELLA TECNICA E PUNTI DI FORZA 5

    CONCLUSIONI 12

    PROTOCOLLO SINTETICO DELLA METODICA

    live on cell western 13

    BIBLIOGRAFIA 14

  • 2

    INTRODUZIONE

    Il termine proteina multifunzionale o moonlighting protein identifica una classe di

    proteine caratterizzate dalla capacità di una singola molecola di svolgere più funzioni

    fisiologicamente rilevanti ma completamente distinte [Jeffery. 2019]. Le differenti

    attività di una proteina multifunzionale spesso sono svolte in compartimenti cellulari

    distinti.

    Oggi si conoscono tantissime proteine multifunzionali, ad esempio enzimi che si

    legano anche al DNA o all'RNA per regolare la trascrizione o la traduzione o hanno

    una seconda funzione come proteine strutturali nel cristallino dell'occhio. Altri

    esempi tipici sono enzimi citosolici che funzionano anche come citochine,

    chaperones, componenti citoscheletrici, regolatori della struttura del DNA, regolatori della funzione di canali trans membrana, etc.

    Proteine multifunzionali si trovano in mammiferi, lieviti, batteri, piante e virus. Il

    database on line MoonProt raccoglie informazioni sulle proteine multifunzionali per

    le quali prove sperimentali supportano il coinvolgimento in almeno due funzioni

    biochimiche e comprende centinaia di proteine [Chen et al. 2018]. Nei database

    MoonDB Database [Ribeiro et al. 2019] e MultitaskDB [Franco-Serrano et al. 2018]

    si possono trovare altre moonlighting proteins oltre che proteine per le quali funzioni multiple sono ipotizzate.

    Molte proteine multifunzionali sono coinvolte nella insorgenza e nella

    progressione di diverse patologie. La fosfoglucosio isomerasi, ad esempio, è un

    enzima della glicolisi attivo anche come citochina (fattore di motilità autocrino) e

    svolge un ruolo nella regolazione della migrazione di molte linee cellulari di cancro

    al seno [Park et al. 2020]. L’enzima alcool acetaldeide deidrogenasi è anche una

    proteina di adesione del batterio Listeria monocytogenes e consente il legame alle

    cellule epiteliali intestinali e quindi al batterio di infettare [Kimetal., 2013]. Enolasi,

    fosfo glicerato chinasi e gliceraldeide 3 fosfato deidrogenasi sono enzimi citosolici

    che hanno un secondo ruolo nei batteri patogeni come recettori di superficie cellulare

    per collagene, fibronectina o plasminogeno. Nelle cellule tumorali il legame con il

    plasminogeno consente la sua conversione in plasmina, che viene utilizzata per

    degradare le proteine della matrice extracellulare e favorire l'invasione dei tessuti. In

    generale, queste proteine moonlighting di superficie possono essere importanti per

    infezioni, virulenza o risposte immunitarie e alcune possono essere potenzialmente

    utilizzate come bersagli terapeutici.

  • 3

    OBIETTIVO DEL DOCUMENTO

    Il presente rapporto descrive una tecnica innovativa, il live on cell western, messa a

    punto per soddisfare la necessità di studiare proteine multifunzionali localizzate sulla

    membrana plasmatica delle cellule ma presenti anche in altri compartimenti cellulari.

    In questo caso risulta infatti estremamente difficile, utilizzando metodiche

    convenzionali, analizzare selettivamente la proteina localizzata sulla superficie

    cellulare, generalmente presente in quantità inferiori, evitando l’interferenza della

    stessa proteina localizzata in altri compartimenti

    Fig.1: rappresentazione schematica della distribuzione di una proteina multifunzionale presente in

    membrana ma anche in altri compartimenti

  • 4

    MODELLO BIOLOGICO UTILIZZATO

    Per la messa a punto della tecnica, come moonlighting protein è stata utilizzata

    l’alfa enolasi, un enzima glicolitico la cui espressione risulta alterata in numerose

    condizioni patologiche come in diversi tipi di cancro. Alfa enolasi svolge diverse

    attività, distinte da quella di enzima glicolitico, che dipendono dalla sua

    localizzazione cellulare ed extracellulare [Didiasova et al., 2019].

    La localizzazione di alfa enolasi sulla superficie cellulare è stata dimostrata essere

    cruciale per la proteolisi pericellulare mediata da plasmina. Questa attività è

    importante in quanto consente a molti agenti patogeni ma anche a cellule immunitarie

    e cancerogene di invadere tessuti, contribuendo a processi quali infezione,

    infiammazione o formazione di metastasi.

    Allo scopo di presentare il sistema live on cell western ed i vantaggi da questo

    offerti, nel presente rapporto è descritta l’analisi di alfa enolasi sulla superficie di tre

    distinte linee cellulari epiteliali mammarie; una linea non tumorigenica (HB2), una

    linea cellulare tumorale con bassa capacità metastatica (MCF-7) ed una linea,

    derivata da quest’ultima, resistente al chemioterapico doxorubicina (MCF-7R).

    Queste tre linee sono state un buon sistema modello per la messa a punto del sistema;

    è noto infatti che la quantità di alfa enolasi è superiore sulla superficie di cellule

    tumorali rispetto alle corrispettive non tumorali; inoltre sulla superficie delle cellule

    tumorali la quantità di alfa enolasi aumenta in dipendenza di una maggiore severità

    del fenotipo tumorale. Le linee cellulari scelte sono state inoltre trattate con LPS

    (Lipopolysaccharide) ed EGF (Epidermal Growth Factor Receptor). È noto infatti

    che questi trattamenti inducono una variazione della quantità di enolasi sulla

    superficie cellulare [Perconti et al., 2017]. Come controllo è stata studiata

    l’espressione delle proteine di membrana TLR4 (Toll-Like Receptor 4) ed EGFR

    (Epidermal Growth Factor Receptor) entrambe espresse in quantità differente nelle

    tre linee cellulari.

  • 5

    DESCRIZIONE DELLA TECNICA E DEI PUNTI DI FORZA

    In figura 2 è rappresentato l’intero flusso di lavoro della tecnica live on cell western descritta in dettaglio nel presente rapporto tecnico.

    Fig.2: rappresentazione schematica di un esperimento live on cell western

    La tecnica può essere applicata a qualunque linea cellulare capace di crescere

    adesa su comuni piastre per colture cellulari e prevede che le cellule vengano

    seminate in piastre multipozzetto con 96 pozzetti. Il numero di cellule da seminare ed

    il tempo necessario affinché queste aderiscano variano a seconda della linea cellulare

    utilizzata e vanno determinati sperimentalmente. Il numero di cellule generalmente

    varia da 0,5 a 1,5 x 104 cellule per pozzetto ed il tempo necessario per l’adesione può

    andare da poche ore a 24 ore.

    L’utilizzo delle piastre multipozzetto a 96 pozzetti offre numerosi vantaggi tra i

    quali:

    possibilità di mettere a confronto in un singolo esperimento diverse linee cellulari

    possibilità di effettuare in un singolo esperimento più repliche sperimentali

    possibilità di trattare le cellule in ciascun pozzetto con diverse molecole o farmaci

    possibilità di utilizzare modeste quantità di cellule (particolarmente importante quando si usano colture primarie)

    possibilità di utilizzare modeste quantità di molecole o farmaci per eventuali trattamenti

    possibilità di utilizzare modeste quantità di reagenti di base per le colture cellulari

  • 6

    in conseguenza dei punti precedenti si minimizzano i costi di ciascun esperimento

    Come detto prima, l’esperimento prevede la rilevazione della proteina

    multifunzionale alfa enolasi sulla superficie di tre linee cellulari epiteliali mammarie.

    Come controllo positivo sono state anche rilevate le proteine di membrana TLR4 ed

    EGFR. Come controllo negativo è stato invece utilizzato un anticorpo diretto contro

    la proteina lamina B con localizzazione nucleare e quindi non presente sulla

    superficie cellulare.

    Ciascun punto dell’esperimento va eseguito almeno in duplicato quindi le tre linee

    cellulari sono state piastrate come mostrato in figura 3 seminando, per tutte e tre le

    linee cellulari, 0,7 x 104 cellule per pozzetto in 0,2 ml di terreno completo composto

    da DMEM ad alto contenuto di glucosio (4,5 g/l), 10% siero fetale bovino inattivato

    al calore, 4 mM glutammina e 0,1 mg/ml penicillina e streptomicina.

    Fig.3: rappresentazione schematica di una piastra multipozzetto e dei pozzetti (in rosso) nei quali le

    tre linee cellulari utilizzate sono state seminate

    Dopo aver incubatole cellule per 24 ore a 37 °C in atmosfera al 5% di CO2, il

    terreno di crescita è stato sostituito con terreno completo ma privo di siero, quindi le

    cellule sono state incubate nuovamente per 24 ore a 37 °C in atmosfera al 5% di CO2.

    La deprivazione da siero è un passaggio consigliato quando si vuole osservare

    l’effetto sulla fisiologia cellulare di trattamenti chimici o farmacologici. La

    composizione del siero infatti non è ben definita; da un batch all’altro può variare in

    parte il contenuto di piccole molecole, citochine, fattori di crescita e altre sostanze

    che influenzano la risposta delle cellule. La deprivazione da siero non è necessaria se

    il disegno sperimentale non prevede il trattamento delle cellule con farmaci o

    molecole.

  • 7

    Dopo 24 ore di deprivazione da siero, in alcuni pozzetti sono state aggiunti EGF

    alla concentrazione 0,1 g/ml o LPS alla concentrazione 5 g/ml come mostrato in

    figura 4 e nuovamente le cellule sono state incubate per 24 ore a 37 °C in atmosfera

    al 5% di CO2.

    A seguire i passaggi che consentiranno la rilevazione delle proteine di membrana

    di nostro interesse. Tale rilevazione prevede l’utilizzo di anticorpi capaci di

    riconoscere specificamente le proteine di membrana nel loro stato nativo. Non tutti

    gli anticorpi commerciali hanno questa capacità che va valutata sperimentalmente.

    Generalmente gli anticorpi venduti per l’utilizzo in citofluorimetria hanno buona

    probabilità di poter essere utilizzati per il live on cell western. Nel caso di anticorpi

    diretti contro proteine di membrana, solitamente, le schede tecniche fornite dalle case

    produttrici forniscono indicazioni sulla localizzazione dell’epitopo riconosciuto e

    sulla sua esposizione sul versante interno o esterno della cellula.

    Gli anticorpi che sono stati utilizzati nell’esperimento live on cell western sono:

    anti TLR4 (rabbit anti TLR4, Novus Biologicals); anti EGFR (528) (mouse anti

    EGFR), anti alfa enolasi (V15) ed anti lamina B (M-20) (goat anti alpha enolase,

    goat anti Lamin B) (Santa Cruz Biotechnology). Gli anticorpi sono stati utilizzati alla

    concentrazione di 15 g/ml e sono stati distribuiti nei vari pozzetti come mostrato

    nella figura 4. L’utilizzo dell’anticorpo anti lamina B come controllo negativo è

    indispensabile per escludere che, nelle condizioni utilizzate, gli anticorpi primari

    possano legarsi in maniera aspecifica sulla superficie cellulare.

    L’anticorpo va aggiunto al pozzetto diluendolo direttamente in terreno di crescita

    senza siero. Questo offre il vantaggio di poter studiare le proteine in membrana in

    cellule vive, quindi in una situazione fisiologica nella quale non ci sono alterazioni

    dovute a trattamenti con fissativi, permeabilizzanti o altro. Nello stesso tempo però,

    proprio perché si lavora su cellule vive e quindi capaci rispondere a qualunque

    stimolo esterno, bisogna inibire o minimizzare il rischio che l’anticorpo legato sulla

    superficie cellulare venga internalizzato mediante processi di endocitosi. A questo

    scopo, dopo alcuni esperimenti preliminari, è stato limitato a 30 minuti a temperatura

    ambiente il tempo di incubazione con l’anticorpo primario. Inoltre, ai pozzetti è stato

    aggiunto azoturo di sodio (noto come sodio azide) alla concentrazione 0,033 % che

    inibisce l’internalizzazione delle proteine di membrana senza influenzare il legame

    degli anticorpi [Sato et al. 2009]. Per l’incubazione con l’anticorpo primario il

    volume utilizzato per pozzetto è stato ridotto a 50 l per permettere l’utilizzo di una

    quantità minima di reagente. Tale volume rappresenta il minimo utilizzabile e l’uso di

    un volume inferiore implicherebbe la presenza di una quantità insufficiente di

    anticorpo soprattutto nella parte centrale del pozzetto. In alcuni pozzetti, inoltre, non

    è stato aggiunto anticorpo primario. Questi pozzetti, per altro trattati alla stessa

    maniera degli altri, servono per controllare il segnale di background eventualmente dato dall’anticorpo secondario o altro segnale aspecifico.

  • 8

    Fig.4: rappresentazione schematica della distribuzione, nei pozzetti con le tre linee cellulari, dei

    diversi anticorpi utilizzati (sopra) e delle sostanze EGF ed LPS (sotto). Il segno ‘-‘ sta ad indicare i

    pozzetti nei quali è stato omesso l’anticorpo primario (per il calcolo del segnale di background).

    Dopo l’incubazione con l’anticorpo primario la piastra è stata subito posta su del

    ghiaccio in modo da effettuare a freddo il passaggio successivo rappresentato da 3

    lavaggi da 5 minuti ciascuno utilizzando 200 l di PBS freddo per pozzetto. I lavaggi

    hanno lo scopo di allontanare la quota di anticorpo primario che non si è legato alle

    proteine sulla superficie cellulare e sono stati effettuati a freddo per minimizzare il

    rischio di internalizzazione del complesso proteina-anticorpo durante questa fase.

    Le cellule sono state dunque fissate usando una soluzione di paraformaldeide al 4

    % in PBS per 15 minuti a temperatura ambiente. La fissazione ha lo scopo di

    mantenere inalterata la morfologia delle cellule e di impedire la solubilizzazione

    dell’antigene durante i passaggi successivi. La paraformaldeide, come altri fissativi

    aldeidici, determina il crosslinking delle proteine formando ponti idrossi-metilenici tra i gruppi amminici e permette il mantenimento della localizzazione delle proteine.

    Effettuati altri 3 lavaggi,utili ad allontanare completamente la paraformaldeide, a

    ciascun pozzetto sono stati aggiunti 200 l di una soluzione di 1% BSA (albumina di

    siero bovino) in PBS a temperatura ambiente allo scopo di saturare siti carichi

    evitando così l’eventuale adsorbimento aspecifico dell’anticorpo secondario alla

    superficie cellulare. Dopo 30 minuti questa soluzione è stata rimossa e sostituita con

  • 9

    50 l di una soluzione 1% BSA in PBS contenente un anticorpo secondario coniugato

    ad un fluorocromo. L’incubazione è stata condotta per 1 ora a temperatura ambiente.

    Per l’esperimento descritto in questo rapporto tecnico sono stati utilizzati anticorpi

    secondari con emissione a 700 nm (rosso; AlexaFluor, Thermo Fisher). Gli anticorpi

    secondari sono stati diluiti 1 g/ml in un volume finale di 50 l. Lo scanner utilizzato

    per la rilevazione del segnale fluorescente (vedi dopo) consente la possibilità di

    utilizzare anche anticorpi secondari coniugati a fluorocromi con emissione a 800 nm

    (verde). Dal momento che vengono aggiunti gli anticorpi secondari la piastra va

    tenuta al buio per evitare l’inattivazione del fluorocromo (quenching).

    Allo scopo di allontanare la quota di anticorpo secondario non legato, sono stati

    effettuati 3 lavaggi delle cellule da 5 minuti ciascuno utilizzando 200 l di PBS per

    pozzetto. Terminato l’ultimo lavaggio è stato aspirato il PBS (per una sintesi dei

    passaggi fino ad ora descritti vedi il paragrafo PROTOCOLLO SINTETICO DELLA

    METODICA live on cell western a pag. 13).

    A seguire la fase di rilevazione della fluorescenza. Questa è stata effettuata

    utilizzando uno scanner infrarosso Odyssey (LI-COR Biosciences) con doppio laser a

    685 nm e 785 nm e l’Odyssey Image Studio Software per l’acquisizione e l’analisi

    delle immagini. Nella figura 5 è riportata l’immagine risultante dalla scansione della

    piastra. La colorazione rossa di ciascun pozzetto è proporzionale alla quantità di

    fluorescenza emessa e varia in alcuni casi visibilmente da un pozzetto all’altro. Il

    software collegato allo scanner consente una precisa registrazione del segnale di

    fluorescenza emesso da ogni singolo pozzetto e consente il controllo di una serie di

    parametri di acquisizione. Tra questi parametri sono stati modificati la regolazione

    del piano focale (focus) che va impostato a 3 (per la scansione di piastre multi pozzetto) e della intensità dei laser (intensity) che va impostata a 8.

    Il valore rilevato da ciascun pozzetto deriva dalla fluorescenza emessa

    dall’anticorpo secondario. La quantità di anticorpo secondario è proporzionale alla

    quantità di anticorpo primario e, quindi, al rispettivo antigene rilevato. In definitiva la

    fluorescenza rilevata da ciascun pozzetto è una misura della quantità della proteina di

    nostro interesse sulla superficie cellulare. La differenza nei livelli di fluorescenza da

    un pozzetto all’altro indica invece come la quantità della proteina sulla superficie

    cellulare varia da una linea cellulare all’altra o in una stessa linea cellulare in seguito

    a specifici trattamenti. Queste misure necessitano tuttavia di alcune correzioni.

  • 10

    Fig.5: Immagine restituita dallo scanner infrarosso Odyssey (LI-COR Biosciences) in seguito alla

    scansione della piastra da 96 pozzetti utilizzata per l’esperimento live on cell western. Sono indicati

    per ciascuna linea cellulare (seminata in doppio), gli anticorpi utilizzati nella procedura (sopra) ed i

    trattamenti applicati alle cellule (sotto). Il segno ‘-‘ sta ad indicare i pozzetti nei quali è stato

    omesso l’anticorpo primario (per il calcolo del segnale di background). Modificata da Perconti et al

    Sci Rep. 2017

    Per quanto siano state seminate uno stesso numero di cellule in ciascun pozzetto,

    tale numero può variare durante l’esperimento per diversi motivi. Ad esempio, il

    trattamento effettuato in alcuni pozzetti potrebbe aver influenzato la velocità con la

    quale le cellule si dividono oppure, durante i diversi passaggi (fissazione, lavaggi,

    incubazione con gli anticorpi, etc.), alcune cellule potrebbero essersi staccate. In

    questi casi una diminuzione del segnale dovuto alla riduzione del numero di cellule

    potrebbe essere interpretata come una diminuzione di segnale dovuta ad una minore

    presenza della proteina di nostro interesse sulla superficie cellulare. Allo scopo di

    correggere questo eventuale errore, dopo la rilevazione della fluorescenza, a ciascun

    pozzetto di cellule sono stati aggiunti 50µl di una soluzione contenente 200 g/ml del

    colorante Hoechst 33258 in PBS e la piastra è stata incubata per 60 minuti a 37°C.

    Hoechst 33258 lega il solco minore del DNA marcando i nuclei delle cellule; la

    quantità di colorante legata è una misura della quantità di nuclei, e quindi del numero

    di cellule, presenti in ciascun pozzetto. Il colorante legato viene eccitato da luce

    ultravioletta ed emette luce fluorescente blu a 461 nm, quindi la quantità di cellule in

    ciascun pozzetto può essere misurata rilevando la luce fluorescente blu emessa. Dopo

    incubazione con il colorante le cellule sono state lavate 3 volte con PBS. Questi

    lavaggi vanno eseguiti versando e aspirando il PBS nei pozzetti lentamente allo scopo

    di evitare il distacco di cellule dalla piastra. Il segnale blu è stato quindi rilevato

    mediante l’uso di un lettore di micro piastre (Bio-Rad Laboratories).

  • 11

    Infine sono state eseguite le seguenti correzioni:

    - per ciascuna linea cellulare, al valore della fluorescenza registrato da ciascun pozzetto è stata sottratta la media dei valori ottenuti dai pozzetti nei quali è

    stato omesso l’anticorpo primario. La fluorescenza di questi pozzetti

    rappresenta infatti un segnale di fondo aspecifico (background) che in questo

    modo viene eliminato. A questo punto, è stato possibile verificare l’affidabilità

    della tecnica in termini di specificità del segnale ottenuto. Il segnale registrato

    come background si è rilevato sovrapponibile a quello ottenuto dai pozzetti

    trattati con l’anticorpo anti lamina B (controllo negativo).

    - sono state prese in considerazione dunque i valori ottenuti in seguito alla colorazione dei nuclei. La variazione di questi valori da un pozzetto all’altro

    riflette la variazione del numero di cellule tra i pozzetti. Per tenere conto di

    questa variazione nella interpretazione dei risultati, il valore della fluorescenza

    ottenuto da ciascun pozzetto, già sottratto del background, è stato corretto utilizzando i rapporti tra le misure ottenute dalla colorazione dei nuclei.

    Per ciascun punto sperimentale abbiamo ottenuto due misure di fluorescenza (vedi

    schema figura 4) alle quali è stato sottratto il background e che sono state corrette per

    il numero effettivo di cellule. La media di questi due punti rappresenta il valore finale

    di fluorescenza da ciascun punto sperimentale e può essere utilizzato per la

    interpretazione dei dati ottenuti.

    Nella figura 6 viene rappresentata in un istogramma la media dei risultati di tre

    repliche dell’esperimento descritto nel presente rapporto tecnico.

    Fig.6: Istogramma che mostra la media dei risultati di 3 esperimenti equivalenti a quello descritto

    nel presente rapporto tecnico. La barra di errore rappresenta la deviazione standard e gli asterischi

    indicano la significatività statistica delle variazioni misurate rispetto al controllo (*P < 0.05, **P <

    0.01, ***P < 0.001)

  • 12

    CONCLUSIONI

    Nel presente rapporto tecnico viene descritta la metodica chiamata live on cell

    western. Tale metodica è stata messa a punto allo scopo di rilevare e quantificare in

    maniera specifica proteine di superficie in cellule vive. La tecnica è stata applicata

    alla rilevazione di proteine multifunzionali di membrana la cui rilevazione risulta

    particolarmente difficile a causa della interferenza della stessa proteina localizzata in

    altri compartimenti cellulari nei quali sovente è più abbondante.

    Per mettere a punto la tecnica sono state utilizzate tre diverse linee cellulari ed è

    stata rilevata e quantizzata la variazione nei livelli di espressione della proteina alfa

    enolasi presente sulla superficie cellulare in diverse condizioni di crescita.

    Rispetto ad altre tecniche comunemente utilizzate per lo studio delle proteine di

    membrana il live on cell western consente:

    lo studio di proteine di superficie effettuato su cellule vive e mantenute in condizioni di crescita fisiologiche

    lo studio simultaneo di diverse proteine di superficie sulla stessa cellula usando anticorpi primari fatti in specie diverse e quindi anticorpi secondari con

    fluorocromi differenti

    l’analisi comparativa di diverse linee cellulari in uno stesso esperimento

    la possibilità di effettuare facilmente diverse repliche sperimentali e trattamenti delle cellule

    la possibilità di utilizzare piccole quantità di cellule e reagenti

  • 13

    PROTOCOLLO SINTETICO DELLA METODICA

    live on cell western

    GIORNO1

    Piastrare 7.000 cellule/pozzetto (in piastre 96 pozzetti) in 200 µl di terreno completo

    GIORNO 2

    Effettuare un cambio terreno con terreno senza siero

    GIORNO 3

    Trattamenti (LPS/EGF/altro)

    GIORNO 4

    Eliminare il terreno dai pozzetti

    Aggiungere l’Ab I (15 g/ml) preparato in DMEM completo + NaN3 0.033% per 30

    minuti a temperatura ambiente (50µl)

    Lavare con PBS freddo + NaN3 0.033% in ghiaccio per 5 minuti (3 lavaggi;

    200µl/lavaggio)

    Fissare in PFA 4% in PBS per 15 minuti a temperatura ambiente (50µl)

    Lavare con PBS per 5 minuti (3 lavaggi; 200µl/lavaggio) a temperatura ambiente

    Blocking in BSA 1% per 30 minuti a temperatura ambiente (200µl)

    Aggiungere Ab II (1 g/ml) in BSA 1% per 1h a temperatura ambiente (50µl). Da

    questo momento tenere la piastra al buio

    Lavare con PBS per 5 minuti (3 lavaggi; 200µl/lavaggio) a temperatura ambiente

    Aspirare il PBS ed effettuare la scansione all’Odyssey (piastra senza tappo; focus 3,

    intensity 8)

    Terminata la scansione aggiungere 50µl per pozzetto di Hoescht 33258 diluito 200

    g/ml in PBS 1X per 60 minuti a 37°C

    Effettuare la lettura al lettore di piastre BiorRad alla lunghezza d’onda di 415 nm

  • 14

    BIBLIOGRAFIA

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