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A CURA DI MAURIZIO SPREAFICO SUSSIDIO FORMATIVO PER I GIOVANI

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A CURA DI MAURIZIO SPREAFICO

SUSSIDIO FORMATIVO PER I GIOVANI

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La Proposta Pastorale per l’anno 2002-2003 prende le mosse dal Messaggiodel Papa per la XVII Giornata Mondialedella Gioventù che si è svolta a Toronto dal 23 al 28 luglio 2002. Attorno alla ricca simbologia del sale e della luce, viene proposto un itinerario in 5 tappe, tappe che possono esserecollocate in altrettanti tempi dell’annoeducativo-pastorale e in correlazione con i tempi dell’anno liturgico.

OGNI TAPPA È SVILUPPATA SECONDO LO SCHEMA SEGUENTE:

In questa tappa…

È una breve presentazione del tema e deicontenuti proposti, indicando l’obiettivoformativo a cui si tende.

Carissimi giovani…

Si presenta un brano tratto dal Messaggiodel Papa per la XVII Giornata Mondialedella Gioventù, che “mette a fuoco” il temache viene successivamente sviluppato.

Interrogare la vita

Attraverso la presentazione di alcunelettere e testimonianze, si cerca di darevoce al mondo giovanile, cercando dicoglierne le domande e le sfide.

Ascoltare la Parola

Attraverso la presentazione di un branoevangelico opportunamente commentato,si cerca di stimolare un confronto con laproposta di Gesù e del suo Vangelo.

Impegnare la vita

Con alcuni brani tratti dagli interventi delCardinale Carlo Maria Martini, in occasione

del recente Sinodo dei giovani celebratonella diocesi di Milano, si offronoindicazioni concrete di impegno e ditestimonianza.

A conclusione di tutto il percorso, sono offerti alcuni suggerimenti per momenti celebrativi attorno al temadel “sale” e della “luce”.

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QUALCHE NOTA PER GLI ANIMATORI

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Il sale che dà sapore

carissimi giovani...

interrogare la vita

Il desiderio di una vita piena e felice è innegabilmente depositato nel cuore di ogni giovane.A volte però i desideri più profondi e più autentici sono assopiti e mortificati per motivi diversi:delusione, scoraggiamento, mediocrità, esperienze negative, ecc. C’è bisogno allora di scoprire il “sapore” della vita e Colui che dà sapore pieno alla vita.

«“Voi siete il sale della terra... voi siete la lu-ce del mondo” (Mt 5,13-14): questo è il temache ho scelto per la prossima GiornataMondiale della Gioventù. Le due immaginidel sale e della luce utilizzate da Gesù sonocomplementari e ricche di senso. Nell’anti-chità, infatti, sale e luce erano ritenuti ele-menti essenziali della vita umana.

“Voi siete il sale della terra...”. Una delle fun-zioni primarie del sale, come ben si sa, èquella di condire, di dare gusto e sapore aglialimenti. Quest’immagine ci ricorda che, me-diante il battesimo, tutto il nostro essere èstato profondamente trasformato, perché“condito” con la vita nuova che viene da Cri-

sto (cf Rm 6,4). Il sale, grazie al quale l’iden-tità cristiana non si snatura, anche in un am-biente fortemente secolarizzato, è la graziabattesimale che ci ha rigenerati, facendoci vi-vere in Cristo e rendendoci capaci di rispon-dere alla sua chiamata ad “offrire i [nostri]corpi come sacrificio vivente, santo e graditoa Dio” (Rm 12,1). Scrivendo ai cristiani di Ro-ma, san Paolo li esorta ad evidenziare chiara-mente il loro modo diverso di vivere e di pen-sare rispetto ai contemporanei: “Non confor-matevi alla mentalità di questo secolo, matrasformatevi rinnovando la vostra mente,per poter discernere la volontà di Dio, ciò cheè buono, a lui gradito e perfetto” (Rm 12,2)».

Proponiamo alcune lettere di giovani che mani-festano i loro interrogativi, le loro fatiche e i lo-ro desideri: possono essere oggetto di lettura e dicommento per avviare un dialogo e un confron-to in gruppo.

Mi sento vecchia e terrorizzata

«Ho 17 anni e mi sento vecchia. Mi stochiedendo per che cosa vivo. La mia è un’e-sistenza vuota, senza significato, e la scuola,le gite con gli amici, la discoteca, tutte cosesenza senso che fino ad ora non mi hannoinsegnato niente. Tante volte penso che unamattina mi sveglierò e avrò cinquant’anni,

con due o tre figli ormai abbastanza grandiche se ne stanno andando per la loro strada,mi guarderò allo specchio e avrò il volto co-perto di rughe, e quello sarà tutto ciò che mirimarrà di una vita spesa a fare che? Nientedi importante. Sono annichilita, sono terro-rizzata dal pensiero di invecchiare e lo sonoancora di più se penso a che velocità corre iltempo. È strabiliante. E quel che è peggio èche non puoi fare niente per fermarlo. Se neva via, ti scorre addosso e non te ne accorgineanche: solo ogni tanto ti rendi conto chestai morendo sempre di più. Mi dicono chela mi età è la più bella, e so che è vero, macome fai a godertela se ogni attimo che cer-chi di vivere ti sfugge senza che tu te ne ac-

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corga? Quando vedo i miei amici che hannotanta voglia di vivere , tanta allegria, tanta fi-ducia nel mondo, non posso fare a meno dichiedermi perché io non sono come loro.Forse il male sta nel fatto che tutto il mio ot-timismo lo hanno gli altri. Ho pensato alsuicidio ma non sono stata capace di attuar-lo. Eh, sì, non ho avuto il coraggio di in-ghiottire le pillole che avevo preparato. Sonouna vigliacca, all’ultimo minuto ho avutopaura. Mi sento svilita, svuotata di ogni for-za. Intorno a me vedo solo violenza e nonun piccolo gesto di amore. Credo che l’amo-re sia fuggito dalla terra e si sia rifugiato suun pianeta sconosciuto. Dio. L’ho cercatoma non l’ho trovato, non si è fatto trovare dame, non so dove sia, può essere ovunque (sec’è, e comincio a dubitarne) ma non è certodentro di me. Ho bisogno di trovare qualco-sa a cui aggrapparmi, una speranza, una fe-de, ma non ho niente. Vi prego, aiutatemi».

Paola

Che senso ha la mia vita?

«Che senso ha la mia vita – si chiede An-tonio di 23 anni, studente universitario –.Devo costruire qualcosa di nuovo nei fattiche vivo. Ho trovato che gli altri non hannopiù fantasia di me per farcela a vivere. Quan-te volte ho pensato di finirla? Mi trattiene ilsapere che un gesto di rifiuto e di protesta vadimenticato presto. È da stupidi andarsenesenza aver tentato di impostare il gioco inmodo migliore degli adulti. Nella vita si sof-fre l’impressione di non aver concluso nien-te, di essere un peso. Sono insicuro e testar-do, ho bisogno di affetto che non trovo e miisolo, sogno indipendenza e mangio a casadai miei, faccio qualche esame e qualchevolta insegno. Sono in continua tensione,non ho nessuna valvola di sicurezza, non ri-cordo di aver gustato gioia, felicità, amore.Ho l’espressione ruvida ma devo controllarela mia emozione quando qualcuno mi con-fida fiducia, scopre le mie capacità, dà ochiede collaborazione. Non trovo in mestesso la spiegazione del mio vivere. La feli-cità sa di magico e non ci sono ricette facili.Mi chiedo se ho mai fatto felice una perso-na; nella mia vita trovo solo il vuoto che ioho creato. Questa è la mia vita. Penso che ilgioco vale la pena quando a condurlo siamopiù di uno, se tento di dare senso alla vita dicolui che ho vicino».

Antonio 101

Ho issato una vela sulla barca della mia vita

«Quando scoprii un “perché vivere” –scrive Giuseppe di 20 anni, primo anno dipsicologia – quando a poco a poco precisaiil mio progetto di vita, fu come se a bordodella mia barca a remi si fosse, quasi im-provvisamente, issata una vela. Non ero piùin balia delle correnti e delle tempeste. Me-diante opportune manovre mi orientavoverso una direzione: “poter essere me stesso,vivere, vivere…”; utilizzavo le forze a mia di-sposizione. Non tutti i giorni erano uguali;qualche volta, nei giorni di bonaccia, c’eradi che perdersi d’animo, oppure, nei mo-menti di mare grosso, c’era di che sentirsismarriti. Ma sapevo che sarebbe tornata lacalma, che il vento buono avrebbe ricomin-ciato a soffiare. Allora lottavo in attesa diquesto tempo e poi riprendevo…».

Giuseppe

Ma che cosa desiderate voi giovani?

Il Papa invita i giovani a non lasciarsi scoraggia-re “da coloro che, delusi dalla vita, sono diventa-ti sordi ai desideri più profondi e più autentici delloro cuore”. Il Cardinale Carlo Maria Martini nel1988 – in occasione del centenario della morte diDon Bosco – ha scritto un libricino nel quale, im-maginando di far parlare lo stesso Don Bosco, of-fre ai giovani alcune riflessioni sui desideri piùprofondi e più grandi che danno “sapore” alla lo-ro vita; ne proponiamo alcuni brani.

«Ma che cosa desiderate voi giovani? Pro-vo a indovinarlo, ricordando la mia giovi-nezza e quella di tanti giovani che ho in-contrato.

Voi volete la libertà, volete essere liberi difare quello che volete; ma nello stesso tem-po vi dispiace e soffrite nel sentirvi abban-donati o cacciati. Anch’io volevo essere libe-ro: di giocare, divertirmi, suonare il violino,andare al luna-park o in gita; libero dallaprepotenza di mio fratello. Ma quanto cer-cavo mia madre e sognavo mio padre! Sonostato pure allontanato da casa. Mi è sembra-to di soffrire le pene dell’inferno.

Credo vogliate ancora sentirvi valorizzatida chi vi sta vicino; non vi piace essere squa-lificati e bocciati, non essere presi in consi-derazione e messi da parte. A scuola ho sof-ferto molto quando un professore mi deri-deva; ho sofferto quando non riuscivo a tro-vare un posto di lavoro.

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Volete ancora molto amore. Questo è undesiderio che non muore mai dentro di noi;ce l’hanno anche i vostri genitori, ricordate-lo. E vi accorgete che uno vi ama quando vicapisce in profondità, vi ascolta con atten-zione, vi dà una mano senza interesse…

Dentro di voi avete certamente molti altridesideri. Ne voglio ricordare ancora uno:volete essere felici e sempre contenti. Non vipiace la tristezza e la noia, l’aria pesante euna compagnia di arrabbiati e scontenti.Non vi dico quanto io amassi l’allegria e lapace. Ho fondato persino una società perchi volesse stare allegro sempre.

Credo ci sia però per tutti voi, soprattuttooggi, il rischio che imbocchiate la strada chenon vi conduce a ottenere e possedere queibeni che tanto bramate. Aprite gli occhi eguardate bene! Davanti a voi ci sono sempredue strade; una che conduce alla vera li-bertà, dignità, amore, gioia, è la strada delVangelo indicataci da Gesù; l’altra invece il-ludendovi vi imbroglia, portandovi a essereschiavi, miserabili, soli e infelici.

A questi risultati indesiderati vi conducela via della violenza e della droga, quelladell’ozio, dell’ignoranza, dell’egoismo e delvizio, della ribellione. Carissimi amici, visuggerisco, anzi vi prego, di non essere su-perficiali o ingenui, o superbi e ambiziosi:pensateci seriamente e ascoltate la vostra co-scienza, quella buona che vi dice di optareper il bene, prima di fare le vostre scelte;non tentate esperienze che vi possono dan-neggiare gravemente; e quando siete neldubbio fatevi consigliare da chi vi vuole be-ne ed è preoccupato della vostra fortuna efelicità. Nelle carceri e sbandati per le strade

ho incontrato molti giovani che mi confida-vano di essere finiti male proprio perchénon avevano ascoltato i genitori, né i buonisuggerimenti dei loro maestri; oppure per-ché, per disgrazia, non avevano avuto né gliuni ne gli altri.

Preoccupatevi della vostra salute; prepa-ratevi con lo studio e la professionalità a en-trare nel mondo degli adulti; imparate so-prattutto, ad amare Dio e il prossimo, non aparole ma con i fatti.

Un amico e maestro che può esservi vi-cino è Gesù, ancora vivo perché risorto do-po la sua morte in croce. Con Lui non ave-te più paura, nemmeno della morte. Legge-te il suo Vangelo e lasciate penetrare la suaParola nel vostro animo: è un seme chegermoglia luce e forza, gioia e amore. Esse-re amici di Gesù Cristo non significa ri-nunciare a quei grandi beni che desiderate,ma al contrario trovarli e possederli in que-sta vita e nell’altra. Siate dei suoi, ascolta-telo, pregatelo ogni giorno, imitatelo prati-cando le sue beatitudini, impegnandoviper la giustizia e la pace.

Miei cari, prima di salutarvi e di benedir-vi, voglio dirvi che vi amo tutti di cuore, e ba-sta che siate giovani perché io vi ami assai.Siete la speranza dei vostri genitori, dellaChiesa, di tutta l’umanità e anche mia. Nonsoltanto desidero la vostra felicità, ma vi as-sicuro l’aiuto prezioso del Signore e quellomaterno di Maria Ausiliatrice, anche quandole cose non vi andranno bene. Ogni giorno,ve lo assicuro, per voi li prego. Vivete felici eil Signore sia con voi tutti, sempre”.

CARLO MARIA MARTINI, Don Bosco ci scrive,Centro Ambrosiano, Milano 1988, pp. 26-29

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ascoltare la parola

La manifestazione del Risorto (Gv 21,1-8)

In questo brano si evidenzia il desiderio di Pietroe degli altri discepoli di andare a pescare, ac-compagnato dall’esperienza del fallimento e del-la frustrazione poiché la pesca non riesce. L’ap-parizione di Gesù e l’accoglienza della sua pro-posta di gettare di nuovo la rete, provoca la pescamiracolosa e l’atto di fede da parte dei discepoli.

«Dopo questi fatti, Gesù si manifestò dinuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade. E

si manifestò così: si trovavano insieme Si-mon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Nata-naèle di Cana di Galilea, i figli di Zebedèo ealtri due discepoli. Disse loro Simon Pietro:“Io vado a pescare”. Gli dissero: “Veniamoanche noi con te”. Allora uscirono e salironosulla barca; ma in quella notte non preseronulla. Quando già era l’alba Gesù si pre-sentò sulla riva, ma i discepoli non si eranoaccorti che era Gesù. Gesù disse loro: “Fi-glioli, non avete nulla da mangiare?”. Gli ri-sposero: “No”. Allora disse loro: “Gettate larete dalla parte destra della barca e trovere-

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te”. La gettarono e non potevano più tirarlasu per la gran quantità di pesci. Allora queldiscepolo che Gesù amava disse a Pietro: “Èil Signore!”. Simon Pietro appena udì cheera il Signore, si cinse ai fianchi il camiciot-to, poiché era spogliato, e si gettò in mare.Gli altri discepoli invece vennero con la bar-ca, trascinando la rete piena di pesci: infattinon erano lontani da terra se non un centi-naio di metri».

Spunti di riflessione

Gesù si manifesta ai discepoli sul mare

● È l’iniziativa di Gesù che vuole incontra-re l’uomo, che sceglie di fare il primo pas-so verso di lui, che ancora una volta (“dinuovo”) si mette sui passi dei discepolismarriti e sfiduciati.

● “Manifestarsi” non vuol dire semplice-mente farsi vedere, ma farsi conoscere,farsi capire, rivelarsi come amico e salva-tore, come verità per l’uomo, come coluiche è desiderato.

● I discepoli hanno bisogno di questa nuo-va manifestazione; pur avendolo già vi-sto, frequentato e conosciuto, forse sor-presi dai bisogni concreti e quotidiani,forse un po’ delusi, ritornano al loro vec-chio mestiere di pescatori, dimenticandodi essere stati scelti da Gesù come “pesca-tori di uomini”.

● Il mare ricorda il passaggio del Mar Ros-so, dove Dio si era manifestato in tutta lasua potenza… ma ricorda anche agli apo-stoli le tempeste sul lago (mare) di Tibe-riade, dove Gesù si era manifestato, rassi-curando i discepoli impauriti.

● È importante saper riconoscere con grati-tudine le molteplici occasioni in cui Diosi manifesta continuamente a noi, rico-noscendo anche le nostre frequenti disat-tenzioni e superficialità.

I personaggi

● C’è innanzitutto Pietro, qui indicato coni due nomi: “Simone”, il nome tradizio-nale, di famiglia; “Pietro”, il nome nuo-vo, datogli da Gesù al momento dellachiamata. Viene così sottolineata la suastoria di natura e di grazia, di fragilità edi generosità, di tradimento e di penti-mento. 103

● Ci sono poi altri sei discepoli (Tommaso,Natanaele, Giacomo, Giovanni e altridue) in una varietà di personaggi che sot-tolinea come nella Chiesa del Signore c’èposto per tutti; ciascuno è chiamato gra-tuitamente dall’amore del Signore, con isuoi pregi e i suoi limiti.

● Colpisce come il gruppo dei Dodici sipresenta disgregato: non ci sono tutti…la comunità formata con cura e pazienzada Gesù si è dispersa; ma Gesù li prendecosì come sono e ricomincia con quelpoco che c’è.

Il desiderio di Pietro e l’esperienza del fallimento

● Pietro prende l’iniziativa della pesca e tut-ti gli altri lo seguono: desiderare qualcosaè segno di vita, indica dinamismo, proget-tualità, impegno a costruire qualcosa…

● «In quella notte non presero nulla»: èl’esperienza dell’insuccesso e del falli-mento; un’azione programmata, un pro-getto desiderato, non trova piena realiz-zazione…

● La “notte” simboleggia il fallimento e lacrisi: anche quando Giuda tradisce edesce dal cenacolo “era notte”!

L’apparizione di Gesù

● Gesù si presenta all’alba, in una luce vela-ta, in un momento di passaggio dal buiodella notte alla luce piena del giorno,quasi ad indicare un cammino graduale eprogressivo…

● Gesù non si fa riconoscere subito, ma sipresenta con discrezione, come avvieneper i discepoli di Emmaus, per la Madda-lena, per la Samaritana, ecc.: egli non vuo-le imporsi con la prepotenza, ma vuole sti-molare la ricerca dell’uomo e invitarlo a ri-conoscerlo come amico e salvatore.

● «Figlioli, non avete nulla da mangiare?»:Gesù non rimprovera e non umilia i disce-poli, ma li «prende per mano», usandouna parola affettuosa e paterna e ponendoloro una domanda che provoca una rispo-sta sincera e aperta a successivi sviluppi.

● «Gettate e troverete»: è una parola decisae sicura, che scuote l’inerzia e lo sconfor-to dei discepoli e che richiede da parte lo-ro fiducia e affidamento; i discepoli sonoinvitati ad operare con Gesù, ad operare

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“sulla sua Parola”, a sentirsi di nuovo“pescatori” inviati da lui…

L’esclamazione di Giovanni e il gesto di Pietro● «È il Signore!»: è l’esclamazione pasqua-

le, è il grido della fede, è una parola checontiene tutto, è la proclamazione delmistero centrale di tutto il cristianesimo!È l’atto di fede, lo sbilanciarsi della per-sona che esce da sé affidandosi all’ab-braccio dell’altro che ha riconosciuto co-me Signore della propria vita e della pro-pria storia. È un’esclamazione spontanea,che nasce nel cuore ed erompe irresistibi-le sulle labbra, frutto di un sincero itine-rario personale di fede.

● Pietro si getta in mare: di fronte a Gesù ri-conosciuto come Signore Risorto, nonconta più nient’altro, neppure la pescache si sta portando a compimento: Pietrorompe gli indugi, si libera da tutti gli im-pedimenti e si lascia anche lui afferraretotalmente da Cristo. Pietro è l’uomo chesceglie di amare, e per amare davvero nonsi può restare sicuri dentro la propria bar-ca, bisogna mettere i piedi fuori, con co-raggio. Pietro si sta rinnovando, sta ri-mettendo la sua vita a completa disposi-zione di Gesù, riconfermandosi disponi-bile alla sequela e alla missione, che piùavanti Gesù espliciterà con le tre doman-de sull’amore: «Mi ami tu?».

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impegnare la vita

Cercate Gesù: è lui che dà sapore pieno alla vostra vita!

«Il desiderio di essere felici è il sogno e ilprogetto più grande che portate nel cuore. IlPapa Giovanni Paolo II ve lo ha detto a TorVergata: “È Gesù che cercate quando sogna-te la felicità”, per questo voi, sentinelle delmattino, volete che la vostra libertà siaorientata secondo il progetto misterioso eaffascinante che Dio ha su ciascuno di voi.

Cercate Gesù, l’autore e il perfezionatoredella fede (Eb 12,2). Zaccheo voleva vedereGesù. Ha saputo cogliere l’occasione di unpassaggio irripetibile: questo incontro hacambiato la sua vita. Zaccheo vuole vedere,vuole conoscere, vuole sapere chi è; non èabituato alla sua presenza e al suo modo difare, ma intuisce che Gesù ha qualcosa dimisterioso e di affascinante. Zaccheo è unuomo che si sente piccolo, troppo ricco,ma è sanamente curioso, ed è deciso aprovare.

Abbiate la forza di cercare Gesù. Qual-cosa attirava irresistibilmente Zaccheoverso di lui; tuttavia qualcosa lo facevasentire molto distante da lui. Forse il suomodo di vivere e di operare lo metteva adisagio, lo faceva sentire inadeguato, co-me molti giovani di oggi: lui un pubblica-no, così sicuro nel prendere, così incoeren-te, così solo e insoddisfatto nelle sue rela-zioni. Lui non era uno dei suoi. Non osava,eppure era pronto per la fede. Una forza ir-resistibile gli dà coraggio per salire, provare

e cercare di vedere Gesù.A volte ci sentiamo piccoli, non ci sentia-

mo all’altezza delle situazioni, spesso siamoin pochi. È necessario salire sull’albero,ascoltare la parola del Signore, ricevere ilsuo invito ed entrare in un rapporto singo-lare con lui… e allora nel profondo del cuo-re si muove una nuova energia, un benesse-re, una volontà straordinaria di bene che in-duce a nuove e precise decisioni».

Liberamente tratto da“Risposta al Sinodo dei giovani” del Card. Martini, Milano 23 marzo 2002, in “Attraversava la città”,Centro Ambrosiano, Milano 2002, pp.10; 15-16

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«Per lungo tempo il sale è stato anche ilmezzo abitualmente usato per conservaregli alimenti. Come sale della terra, sietechiamati a conservare la fede che avete rice-vuto e a trasmetterla intatta agli altri. La vo-stra generazione è posta con particolare for-za di fronte alla sfida di mantenere integro ildeposito della fede (cf 2Ts 2,15; 1Tm 6,20;2Tm 1,14).

Scoprite le vostre radici cristiane, impara-te la storia della Chiesa, approfondite la co-noscenza dell’eredità spirituale che vi è statatrasmessa, seguite i testimoni e i maestri chevi hanno preceduto! Solo restando fedeli aicomandamenti di Dio, all’Alleanza che Cri-sto ha suggellato con il suo sangue versato

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sulla Croce, potrete essere gli apostoli ed itestimoni del nuovo millennio.

È proprio della condizione umana e, inparticolar modo, della gioventù, cercare l’As-soluto, il senso e la pienezza dell’esistenza.Cari giovani, nulla vi accontenti che stia aldi sotto dei più alti ideali! Non lasciateviscoraggiare da coloro che, delusi dalla vita,sono diventati sordi ai desideri più profon-di e più autentici del loro cuore. Avete ra-gione di non rassegnarvi a divertimenti insi-pidi, a mode passeggere ed a progetti ridut-tivi. Se conservate grandi desideri per il Si-gnore, saprete evitare la mediocrità e ilconformismo, così diffusi nella nostra so-cietà».

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Il sale che conserva

carissimi giovani...

interrogare la vita

Si dice spesso che la vita dei giovani oggi è segnata dal “presentismo”, una vita cioè appiattitasul presente da consumare e da “spremere”, senza troppi riferimenti al passato e senzatroppa preoccupazione del futuro. La proposta cristiana invita invece a concepire la vitacome storia a la fede come “memoria”, nella consapevolezza di essere parte di una grandestoria di amore e di salvezza, in cui sentirsi partecipi e protagonisti attivi.

Una vita da “spremere” e da consumare, spessosegnata dalla noia e dalla trasgressione. Propo-niamo la riflessione di una ragazza, Patrizia,che parla di un coetaneo, Andrea, rammaricataper il fatto che sia imbrigliato in un’esistenzavuota e opaca e non abbia il coraggio di faremergere il positivo che c’è in lui.

Un sabato qualunque

«Andrea ha da poco compiuto 18 anni.Per i suoi amici è il più coraggioso del grup-

po, eppure nella storia che mi racconta di sénon ravvedo nulla di coraggioso: non il co-raggio di studiare, non quello di innamorar-si, non quello di parlar bene della sua fami-glia o di una qualche credenza; sentendoloparlare mi sembra un ragazzo vuoto, insigni-ficante e immaturo, mi chiedo come è possi-bile che nella sua comitiva sia un leader.

È sera, in un angolo di provincia un po’isolato, dove si aspetta mezzanotte per an-dare in discoteca; uno propone di andare aprendere un gelato in un bar poco distanteche si può raggiungere a piedi, ma la propo-

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sta risulta banale e tutti ne ridono, lo sfot-tono. A me non viene affatto da ridere: in-tuisco che quei ragazzi, e per loro i ragazzidi questa mia generazione, non sanno piùvivere, non riescono ad apprezzare le picco-le gioie della compagnia, del fare comunio-ne, del creare legami indissolubili, almenonella memoria; sono tutti lì, sbuffano per lanoia di non saper cosa fare, non sanno se sistanno annoiando del fatto di non saper co-sa dire. Sono ragazzi violenti nelle parole, sichiamano in modo dissacrante e severo,sfogano nella vacuità di una parola forte emalconnotata la rabbia di desiderare una vi-ta semplice, e di non poterla avere senzaportare su di sé la derisione dei compagni;mirano al sensazionale, allo straordinarioperché ci vuole una buona dose di maturità,che purtroppo non è legata all’età, per capi-re che la vita è ogni giorno, che la felicità èannidata nel quotidiano, nelle persone cheti circondano ed entrano nella tua vita condelicatezza e partecipazione.

Per Andrea sono un’attrazione, benchésia stata muta dal momento in cui sono ar-rivata; ho dalla mia parte di essere una“nuova” e di essere più grande; farsi notareda me sarebbe un modo per lui, stasera, ditornare al centro dell’attenzione, forse solodella sua. Lo strumento che usa è terribile:mi racconta con piglio orgoglioso quelloche succederà più tardi, sulla statale checongiunge il posto dove siamo a Ferrara.Questo sabato sera tocca a lui. Mi lascia so-lo il tempo di chiedermi a quale tipo di pro-va vorrà sottoporsi che mi guarda compli-ce… “se ti va puoi venire”.

Ogni sabato sera, a turno, quei ragazzigiocano con la vita alla roulette russa, attra-versando in senso perpendicolare al sensodi marcia la strada statale, alla ricerca diun’emozione che dia senso alla loro vita, fa-cendogliela perdere; sulla macchina che ar-riva, spesso si trova un padre stanco del suolavoro notturno che corre verso casa con ilpensiero di baciare nella notte suo figlio chedorme placidamente, o altri ragazzi che, co-me loro, hanno rimandato la roulette allasettimana successiva. “Altrimenti come sipassa questo sabato, questa vita che non va-le niente?”

Mi chiedo cosa penserebbe mia madre sele facessi un discorso di questo tipo. Michiedo cosa penserei io di me stessa se ridu-cessi la mia vita all’emozione di vederla but-tata nelle braccia di un innocente che muo-re con me, senza poterlo scegliere.

Una creazione dei nostri mitici “anni 90”o la perdita di valori e di sentimenti? Guar-do Andrea tentando di strappargli una ve-rità, una cosa che davvero sia sua, al di làdelle maschere che usa con me come contanti altri per tentare di sentirsi interessante.Gli chiedo se è innamorato di qualcuno; mirisponde di no, ma abbassa gli occhi: chepeccato che si vergogni dell’unica cosa chesarebbe sua di diritto!».

Patrizia

Il libro della vita

Proponiamo un esercizio che permette di riflet-tere sulla propria vita come storia e come pro-getto. È un invito a “fare memoria” dei momen-ti più significativi della propria vita passata eun’opportunità per proiettare temi e compiti at-tuali nel futuro. Dapprima ognuno lavora indi-vidualmente secondo la traccia qui riportata;quindi, si può avviare un confronto a due o inpiccoli gruppi; successivamente si può conclude-re con un momento di sintesi tutti insieme.

Immagina di scrivere proprio oggi un re-soconto della tua vita, un’autobiografia. Leseguenti domande dovrebbero aiutarti adosservare la tua vita da una nuova prospetti-va per capire meglio alcuni eventi importan-ti, figure decisive, e naturalmente te stesso,all’interno del tuo cammino di vita. Alcunedomande che ti vengono suggerite, possonoaiutarti in questo esercizio:

1. Quanti capitoli contiene la tua autobio-grafia finora? Da’ a ciascun capitolo un ti-tolo e descrivi in alcune frasi l’argomentoche in esso viene trattato. Qual è il noc-ciolo del capitolo? Dove si svolge l’azio-ne? Quali progetti vengono fatti? Qualisono i compiti che emergono? Che tipodi decisioni vengono prese? Quali fattiaccadono? Quali persone sono coinvolte?Quale periodo della tua vita viene presoin considerazione in ogni capitolo?

2. Descrivi anche il capitolo che tratta deltuo presente. Che età avrai alla fine diquesto capitolo?

3. Quanti capitoli conti ancora di scrivere?Descrivili come hai fatto per gli altri.

4. Ora da’ un titolo al tuo libro e abbozzaun’introduzione per i lettori, del tipo diquelle che si trovano sulle copertine. Checosa si può aspettare un lettore dal tuo li-bro? Descrivine in poche parole la trama106

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e spiega il motivo per cui vale la pena leg-gerlo.

5. Fa’ parlare ora un critico specializzato inrecensioni su autobiografie. Qual è il suogiudizio sul libro della tua vita?

6. Fa’ parlare, infine, un tuo lettore. A chi

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per primo daresti il tuo libro da leggere?Quale pensi possa essere il giudizio diquesto tuo lettore preferito?

K. W. VOPEL,Giochi di interazione per adolescenti e giovani,

vol. 4, LDC 1994, pp. 54-55

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ascoltare la parola

Il memoriale dell’Eucarestia

Ricordare e fare memoria è un atteggiamentofondamentale nell’esperienza biblica. Spesso nel-l’AT il popolo è invitato a ricordare e a “non di-menticare” tutti i benefici compiuti da Dio insuo favore. Il ricordo si fa “memoriale” già nel-l’esperienza della religiosità ebraica, che Gesùassume e porta a compimento nel memorialedell’Eucarestia.

«Io, infatti, ho ricevuto dal Signore quel-lo che a mia volta vi ho trasmesso: il Signo-re Gesù, nella notte in cui veniva tradito,prese del pane e, dopo aver reso grazie, lospezzò e disse: “Questo è il mio corpo, che èper voi; fate questo in memoria di me”. Al-lo stesso modo, dopo aver cenato, prese an-che il calice, dicendo: “Questo calice è lanuova alleanza nel mio sangue; fate questo,ogni volta che ne bevete, in memoria di me”.Ogni volta infatti che mangiate di questopane e bevete di questo calice, voi annun-ziate la morte del Signore finché egli venga»(1 Cor 11,23-26).

«Prima della festa di Pasqua Gesù, sapen-do che era giunta la sua ora di passare daquesto mondo al Padre, dopo aver amato isuoi che erano nel mondo, li amò sino allafine. Mentre cenavano, quando già il diavo-lo aveva messo in cuore a Giuda Iscariota, fi-glio di Simone, di tradirlo, Gesù sapendoche il Padre gli aveva dato tutto nelle mani eche era venuto da Dio e a Dio ritornava, sialzò da tavola, depose le vesti e, preso unasciugatoio, se lo cinse attorno alla vita. Poiversò dell’acqua nel catino e cominciò a la-vare i piedi dei discepoli e ad asciugarli conl’asciugatoio di cui si era cinto. Venne dun-que da Simon Pietro e questi gli disse: “Si-gnore, tu lavi i piedi a me?”. Rispose Gesù:“Quello che io faccio, tu ora non lo capisci,ma lo capirai dopo”. Gli disse Simon Pietro:

“Non mi laverai mai i piedi!”. Gli risposeGesù: “Se non ti laverò, non avrai parte conme”. Gli disse Simon Pietro: “Signore, nonsolo i piedi, ma anche le mani e il capo!”.Soggiunse Gesù: “Chi ha fatto il bagno, nonha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tut-to mondo; e voi siete mondi, ma non tutti”.Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo dis-se: “Non tutti siete mondi”. Quando dunqueebbe lavato loro i piedi e riprese le vesti, se-dette di nuovo e disse loro: “Sapete ciò chevi ho fatto? Voi mi chiamate Maestro e Si-gnore e dite bene, perché lo sono. Se dun-que io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vo-stri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gliuni gli altri. Vi ho dato infatti l’esempio,perché come ho fatto io, facciate anche voi.In verità, in verità vi dico: un servo non è piùgrande del suo padrone, né un apostolo èpiù grande di chi lo ha mandato. Sapendoqueste cose, sarete beati se le metterete inpratica» (Gv 13,1-17).

Spunti di riflessione

Eucarestia, culmine e fonte di tutta la vita cristiana

● Il dono totale di sé trova nell’Eucarestia ilpieno compimento e la manifestazioneculminante. Nel documento conciliare“Lumen Gentium”, c’è un’affermazionesintetica che dice bene questa verità: “Ilsacrificio eucaristico è culmine e originedi tutta la vita cristiana” (LG, n.11). L’Eu-carestia è dunque la vetta e la sorgente delculto, è il “terminal” e insieme la parten-za di tutta la forza che muove la Chiesa.

● L’apostolo Paolo ricorda ai Corinzi il rac-conto della cena in cui Gesù istituisce l’Eu-carestia. E Giovanni – a differenza degli al-tri evangelisti sinottici – sostituisce con ilgesto eloquente della lavanda dei piedi il

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racconto dell’istituzione dell’Eucarestia,quasi a rimarcare che la verità dell’Eucare-stia sta nell’operosità del servizio.

● Il Papa, nel suo messaggio per la Gior-nata mondiale di preghiera per le voca-zioni dell’anno 2000, ci ricorda che èproprio l’Eucarestia a costituire “il mo-mento culminante nel quale Gesù, nelsuo Corpo donato e nel suo Sangue ver-sato per la nostra salvezza, svela il sensodella sua identità, ed indica il senso del-la vocazione di ogni credente. [...] il cre-dente che si nutre di quel Corpo donatoe di quel Sangue versato riceve la forzadi trasformarsi a sua volta in dono”. Il si-gnificato profondo e autentico della vitaumana si realizza nel dono di sé, miste-riosamente significato nel segno del pa-ne e del vino, memoriale della Pasquadel Signore.

L’Eucarestia è un memoriale

● Il memoriale ebraico è un rito religiosoche evoca un evento passato della storiadel popolo di Dio, lo evoca rendendolopresente, invoca sul popolo le grazie diquell’evento storico ed impegna il popo-lo ad esservi fedele. Non si tratta quindidi un semplice “ricordo” o di una bella“commemorazione”. Si tratta invece diuna ripresentazione di un fatto gloriosocompiuto da Dio a favore del popolo,che obbliga il popolo a rivivere quel fat-to, a parteciparvi, ad entrarvi dentro e alegarsi ad una nuova, più profonda e piùviva fedeltà di Dio.

● Gesù, quando compie il rito della cena,compie un vero e proprio memoriale. Ecosì, l’Eucarestia, evoca un evento di sal-vezza, lo rende presente e attuale, invocala grazia e impegna nella fedeltà.

● Nell’Eucarestia si evoca la morte del Si-gnore: una morte che è avvenuta per me,una morte che deve farmi riflettere emettere in crisi. L’Eucarestia invoca lapiù grande liberazione dell’uomo: la li-berazione dall’egoismo e dall’orgoglio,dalla schiavitù del peccato e della morte.L’Eucarestia impegna la vita nel conti-nuo dinamismo pasquale di morte e dirisurrezione.

● Partecipando all’Eucarestia, il cristiano:evoca la liberazione portata da Cristo conla sua morte e risurrezione; attualizza la

morte e risurrezione del Signore, lascian-doci coinvolgere attivamente; invoca lamorte e risurrezione su di sé per vivere ilmessaggio cristiano della carità; si impe-gna nella carità: lo spezzare il pane di-venta il simbolo dello spezzarsi per i fra-telli e l’accedere all’unico pane e all’unicocalice è l’impegno di essere un cuor soloin Cristo.

La verità dell’Eucarestia

● L’evangelista Giovanni ha pensato che erainutile ripetere quello che già si conoscevabene, e che era invece preferibile offrire ilprofondo senso teologico dell’Eucarestia:con il racconto della lavanda dei piedi sivuole affermare che la verità dell’Eucare-stia sta nel servizio e nella donazione.

● Il gesto di Gesù che lava i piedi ai disce-poli ha un grande significato: è un vero eproprio “segno” che suscita una doman-da e quindi l’occasione di un insegna-mento.

● «Dopo aver amato i suoi che erano nelmondo, li amò sino alla fine». L’espres-sione può essere compresa in due signifi-cati complementari: in senso temporale(sino alla fine), ma anche in senso affet-tivo (fino all’estremo). È il colmo dell’a-more al termine di un’esistenza tutta vis-suta nell’amore. All’espressione «sino allafine» fa eco l’ultima parola di Gesù sullacroce: «Tutto è compiuto!».

● «Depose le vesti... cominciò a lavare i pie-di dei discepoli». Le vesti sono un segnodi dignità. L’uomo senza vesti non è valo-rizzato. Lo schiavo è nudo per compiere ilsuo lavoro. Gesù che si spoglia delle suevesti per compiere la sua funzione dischiavo, anticipa l’umiliazione a cui saràpresto sottoposto sulla croce. Il gesto del«lavare i piedi» era riservato all’ultimo de-gli schiavi come gesto di accoglienza perl’ospite che arrivava stanco e sudato;quello che Gesù compie è il servizio «piùbasso» che si potesse compiere, riservatonormalmente agli schiavi non ebrei.

● In Giovanni 13,12-17, Gesù è di nuovo atavola e occupa il suo posto di Maestro eSignore, e ora anche di Servo. Egli aiuta isuoi discepoli a comprendere il profondosignificato del gesto che ha compiuto e liinvita ad imitarlo. Gesù capovolge le atte-se messianiche del suo tempo e anche dei108

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suoi discepoli: con il suo servizio egli tra-volge ogni autorità intesa come “rango” e“prestigio”.

● Il messaggio globale potrebbe essere rac-chiuso in quell’asciugatoio cinto attornoalla vita; è questo l’unico “abito liturgico”indossato da Gesù, per dirci che dall’Eu-

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carestia deve sgorgare la “diaconia”, la ca-pacità di farci servi gli uni degli altri e, in-sieme, servi di una storia che divenga uninno di lode al suo creatore e redentore.Nell’Eucarestia troviamo davvero la sinte-si più completa di quella logica di amoree di servizio che si realizza nel dono tota-le di sé.

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impegnare la vita

Abbiate la gioia di una casa comune:amate la Chiesa!

«Abbiate la gioia di una casa comune:una “domus ecclesiae”. Prima che un edifi-cio ci sia un contesto, un luogo permanentedi incontro, giorni di vita insieme in cui sirespiri uno stile di fraternità, di lavoro e dipreghiera; tempi comuni dentro la vita ordi-naria, per imparare a fare bene le cose di tut-ti i giorni, e per interpretare insieme la Paro-la e la cultura contemporanea, con l’intelli-genza della fede e con il desiderio di dialo-gare con tutti.

La Chiesa, mediante il Battesimo, vi hagenarti alla fede che oggi vi riconsegna; e viha custoditi, rivelandovi il mistero di Cristoe l’amore misericordioso del Padre. NellaChiesa, lo Spirito Santo vi accompagnerà.So che desiderate uomini e donne spiritualiche vi aiutino con disponibilità e amorevo-lezza ad orientare le vostre scelte quotidia-ne, ad indirizzare le vostre decisioni defini-tive verso il discernimento e l’esperienzapiena della vostra vocazione. Tutta la comu-nità cristiana deve sentire l’urgenza di que-sto accompagnamento dei giovani nelle for-me più diverse e nella pratica della direzio-ne spirituale. Voi amate la Chiesa e in essanon vi sentirete mai da soli. Possiate esserenella Chiesa adulti nella fede e parteciparein prima persona a qualche ministero. Pre-gate per la vostra vocazione.

Oggi la Chiesa sta ricercando strade nuo-ve per annunciare il Vangelo e ha bisogno divoi. I Vescovi italiani ci invitano a comuni-care il Vangelo in un mondo che cambia:possiate voi essere questi annunciatori, pos-siate essere voi i protagonisti di questo nuo-vo mondo che si apre davanti alla vostra vi-ta. “Il Vangelo è il più grande dono di cui di-spongono i cristiani. Perciò essi devono con-dividerlo con tutti gli uomini e le donne che

sono alla ricerca di ragioni per vivere” (cf.CEI, Comunicare il Vangelo in un mondo checambia, n.32). Mostrate ai vostri coetanei, aivostri compagni di studio e di lavoro, il verovolto della Chiesa».

Liberamente tratto da“Risposta al Sinodo dei giovani” del Card. Martini,Milano 23 marzo 2002, in “Attraversava la città”,

Centro Ambrosiano, Milano 2002, pp. 22; 26-27

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«“Voi siete la luce del mondo...”. Per quantida principio ascoltarono Gesù, come ancheper noi, il simbolo della luce evoca il desi-derio di verità e la sete di giungere alla pie-nezza della conoscenza, impressi nell’inti-mo di ogni essere umano.

Quando la luce va scemando o scompa-re del tutto, non si riesce più a distinguerela realtà circostante. Nel cuore della notteci si può sentire intimoriti ed insicuri, e siattende allora con impazienza l’arrivo del-la luce dell’aurora. Cari giovani, tocca a voiessere le sentinelle del mattino (cf Is 21,11-12) che annunciano l’avvento del sole che

è Cristo risorto! La luce di cui Gesù ci par-la nel Vangelo è quella della fede, donogratuito di Dio, che viene a illuminare ilcuore e a rischiarare l’intelligenza: “Dioche disse: “Rifulga la luce dalle tenebre”, ri-fulse anche nei nostri cuori, per far risplen-dere la conoscenza della gloria divina cherifulge sul volto di Cristo” (2 Cor 4,6). Ec-co perché le parole di Gesù assumono unostraordinario rilievo allorché spiega la suaidentità e la sua missione: “Io sono la lucedel mondo; chi segue me, non camminerànelle tenebre, ma avrà la luce della vita”(Gv 8,12)».

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Cristo, luce del mondo

carissimi giovani...

interrogare la vita

Tra le tante luci che brillano e che a volte abbagliano, è importante confrontarsi anche con la proposta di Gesù che si presenta ai noi come “luce del mondo”. Scegliere Gesù come “luce” per il proprio cammino, significa accettare di seguirlo, di ascoltarlo, di imitarlo, di metterlo al centro della propria vita e delle proprie scelte.

Proponiamo la testimonianza di due giovani,Francesca e Paolo, che hanno incontrato Gesùcome “luce” della propria vita. Entrambi fannoriferimento al Vangelo e alla Parola di Dio co-me opportunità di approfondire continuamentequesto rapporto fondamentale con Gesù nella lo-ro vita quotidiana.

Una vita ispirata al Vangelo

«In questi ultimi mesi sono successe tan-te cose che mi hanno obbligato a riflettere.Discoteca, vestiti, ragazzi… sono passati inseconda fila. La mia attenzione si è concen-trata su una domanda fondamentale: “Che

cosa vogliamo ottenere con tutto questo nostroagitarci? Che cosa cerchiamo veramente? Dovevogliamo arrivare?”. Certo, facciamo tante co-se che ci danno lì per lì un po’ di felicità: manon riescono a riempire la nostra esistenza,a darle davvero un senso. Tutto passa velo-cemente, tutto sfugge…

Lo so che molti dicono che bisogna sa-persi accontentare di quello che la vita ci dàgiorno per giorno: guardare “troppo in là”,sognare “troppo alto”, non serve a niente,anzi ci fa male… Ma io non me la sento divivere alla giornata: “volare basso” può an-che essere comodo, ma non dà grande sod-disfazione. Poi ci sono momenti nella vita –e io ne sto facendo esperienza – in cui vieni

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per forza “stanato”: o “prendi il volo”, ri-schiando tutto, oppure “chiudi” come per-sona umana, fino a vergognarti di sopravvi-vere…

A questo punto delle mie riflessioni misono “scontrata” con Gesù Cristo. Certo,Gesù Cristo lo conosco da molto, fin dallamia infanzia; meglio, è da tanti anni che“sento parlare” di lui. Ma ora ho iniziatocon Gesù un rapporto nuovo, diverso: insie-me drammatico e stupendo. Vedo in lui, esolo in lui, la possibilità di trovare un sensovero, pieno, definitivo alla mia esistenza; ela richiesta di un impegno forte, radicale. Losto comprendendo sempre meglio, a manoa mano che approfondisco la conoscenza dilui nel Vangelo. Ecco: il Vangelo. Non lo leg-go, ma lo medito, scavando in profondità,con la mente e con il cuore. Pongo le grandidomande sulla mia vita e cerco lì le risposte.E devo dire che le trovo: luminose, sconvol-genti, più belle e più grandi delle stesse do-mande che ho posto…

Ho voluto dire ad alta voce questa miaesperienza interiore non per esibizionismo,ma per farne umilmente dono ai ragazzi ealle ragazze che, come me, stanno cercandoun senso per la loro vita. E dico a tutti: ab-biate il coraggio di confrontarvi con GesùCristo. È l’avventura più bella che possiamotentare nella nostra vita».

Francesca, 20 anni

La Parola di Dio è una compagna di viaggio

«Ciò che di tanto in tanto credo mi siadonato di sperimentare è come la Parola siaveramente parola di vita, nel senso che lasento come atto d’amore del Signore chevuole starmi vicino nella quotidianità, par-

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tecipe delle gioie come delle miserie. A vol-te mi capita durante la giornata, magari inautobus o comunque in un momento dipausa, di ripensare ad un versetto letto inquei giorni che mi ha colpito, soprattuttoquelli che esprimono la grandezza del Si-gnore e il suo starci accanto, e questo miaiuta a non sentirmi solo, a confrontarlocon quello che magari sto provando in quelgiorno. Quando la leggo cerco un posto ab-bastanza silenzioso per la difficoltà che hodi fare vuoto, di tenere per un po’ lontane leincombenze, le preoccupazioni, le attivitàche scandiscono le giornate; a volte non ciriesco affatto. Trovando difficoltà a disto-gliere anche solo per qualche minuto l’at-tenzione verso altro, purtroppo è facile chenon preghi affatto o lo faccia così male e infretta, da non riuscire a fare mia quella pa-rola. A volte nello scegliere la lettura, miaiuta un foglietto che suddivide alcuni passidi Vangelo o di Salmo in base allo stato d’a-nimo (bisogno di lodare, di ringraziare, dicoraggio, di perdono...). Leggo con calma eprovo ad indirizzare quelle parole proprio ame. Mi viene spontaneo, dopo, metterle aconfronto diretto con la vita di ogni giorno.E quando lo si fa con il cuore aperto, anchequando è una parola un po’ dura, è capaceveramente di aiutare a vivere la vita di ognigiorno più in pienezza, nella gioia vera.Questa credo sia un esperienza proprio bel-la, anche se non sempre facile da vivere co-sì. La Parola di Dio è una compagna di viag-gio, discreta: mi è capitato di non portarlacon me per lunghi periodi, ma poi di ritro-varla. L’augurio per tutti, è di provare a farneesperienza, mettendoci entusiasmo e co-stanza, fiduciosi che è la parola di un Padreche ama il proprio figlio di un amore im-menso e disinteressato».

Paolo, 24 anni

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ascoltare la parolaLa trasfigurazione di Gesù(Lc 9,28-36)

L’episodio della Trasfigurazione è per i discepoliuna forte esperienza di “luce”. Ne avevano biso-gno, dopo le prime avvisaglie che il loro Maestronon era da tutti accolto e accettato. Comincia-vano forse a capire che le loro attese messianicheerano ben diverse da quello che Gesù comincia-

va a dire apertamente di se stesso e del suo de-stino. La luce della Trasfigurazione anticipa cosìla luce piena e definitiva della Pasqua e sostienei discepoli nel loro cammino di sequela.

«Circa otto giorni dopo questi discorsi,prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo esalì sul monte a pregare. E, mentre pregava,il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste

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divenne candida e sfolgorante. Ed ecco dueuomini parlavano con lui: erano Mosè edElia, apparsi nella loro gloria, e parlavanodella sua dipartita che avrebbe portato acompimento a Gerusalemme. Pietro e i suoicompagni erano oppressi dal sonno; tutta-via restarono svegli e videro la sua gloria e idue uomini che stavano con lui. Mentrequesti si separavano da lui, Pietro disse aGesù: “Maestro, è bello per noi stare qui.Facciamo tre tende, una per te, una per Mo-sè e una per Elia”. Egli non sapeva quel chediceva. Mentre parlava così, venne una nubee li avvolse; all’entrare in quella nube, ebbe-ro paura. E dalla nube uscì una voce, che di-ceva: “Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascol-tatelo”. Appena la voce cessò, Gesù restò so-lo. Essi tacquero e in quei giorni non riferi-rono a nessuno ciò che avevano visto».

Spunti di riflessioneFissare lo sguardo sul volto raggiante di Cristo

● L’episodio della Trasfigurazione è un in-vito a recuperare la dimensione “estetica”della vita spirituale: amore al vero, al giu-sto, al buono e anche al bello!

● Spiritualità come «amore della bellezzadivina»: il cammino spirituale, lungi dal-l’essere soltanto un cammino di privazio-ni, di sudori, di fatiche… è prima di tuttoun guardare alla meta, che è la sublime eincomparabile bellezza di Dio, un assimi-larsi a tale bellezza, un passare di splen-dore in splendore, di gloria in gloria!

● Lasciarsi sedurre dalla bellezza di Cristo eallora tutto può essere abbandonato perseguire lui: «Tutto ormai io reputo unaperdita di fronte alla sublimità della co-noscenza di Gesù Cristo, mio Signore…»(Fil 3,8).

L’episodio della Trasfigurazionenel contesto evangelico

● L’episodio occupa un posto centrale nelracconto di tutti i Vangeli sinottici e sicolloca al termine del ministero di Gesùin Galilea, segnando perciò il passaggiodalla prima alla seconda parte della suamissione.

● L’episodio è preceduto da due significati-ve esperienze da parte dei discepoli: la“diaconia kerigmatica” (inviati da Gesùad annunciare e a guarire) e la “diaconia

eucaristica” (invitati da Gesù a distribuireil pane della moltiplicazione).

● Successivamente i discepoli sono intro-dotti nel mistero di Gesù, il quale poneloro una domanda precisa: «Voi chi diteche io sia?». Di fronte alle risposte ap-prossimative della gente e a quella piùcompleta dei discepoli che per bocca diPietro esprimono la loro fede, Gesù fa ilprimo annuncio di passione e indica lecondizioni per seguirlo.

● A questo punto c’è l’episodio-chiave dellaTrasfigurazione, in cui Gesù si rivela intutto il suo splendore di Figlio di Dio, acui farà subito seguito un altro annunciodi passione.

La rivelazione del Figlio del Padre

● Tutta la Trinità si rende presente: il Padrecon la voce, il Figlio in persona, lo Spiri-to Santo attraverso la nube luminosa!

● La proclamazione del Padre è il culminedella rivelazione di Gesù: questo Figlioglorioso e trasfigurato è anche colui chedovrà essere crocifisso e messo a morte!Questa rivelazione è una “luce” nella not-te che sembrava sopraggiungere a conclu-sione dell’itinerario di Gesù in Galilea; èuna “luce anticipatrice” della luce piena edefinitiva della Pasqua!

● «Ascoltatelo»: l’invito del Padre è quello diascoltare Gesù, questo Gesù, senza sconti esenza compromessi, disposti a seguirlo nelsuo itinerario verso Gerusalemme.

Ripercorrere lo stesso itinerario dei discepoli

● Salire sul monte: le domande e le inquie-tudini dei discepoli (in che modo il Mae-stro riuscirà a salvare il suo popolo? chesono mai queste parole che hanno il sa-pore della sconfitta e del fallimento?…)sono anche le nostre domande e le nostreinquietudini (quale sarà il futuro dellamia vita? in questo mondo inquieto eviolento, riuscirà a prevalere il perdono,la riconciliazione e la pace?…).

● Vivere sul monte: vivere come i discepolil’esperienza dell’intimità e della comu-nione con Gesù… è lo spazio della pre-ghiera e dell’interiorità, è l’esperienza deisacramenti e della celebrazione liturgica,è il tempo dato al silenzio e alla medita-zione della sua Parola…112

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● Discendere dal monte: la reazione deidiscepoli al dono della Trasfigurazione èquella di fermare la bellezza di cui han-no fatto esperienza: “Maestro, è belloper noi stare qui. Facciamo tre tende…”;la bellezza però non è possesso, è donoe come tale va donata, non trattenuta.

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Gesù invita i discepoli ad alzarsi e a ri-prendere il cammino senza paura, ascendere dal monte verso la vita ordina-ria continuando a seguire Gesù nel suodestino di amore e di servizio fino al do-no totale di sé sulla croce.

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impegnare la vita

Un mandato speciale: essere “sentinelle del mattino”!

All’inizio del “Sinodo dei giovani” celebrato nel-la diocesi di Milano, durante la celebrazione del“mandato” in Duomo, il Cardinale Carlo MariaMartini ha delineato per i giovani sei azioni ca-ratteristiche per qualificare e orientare il lorocammino, ispirandosi ad alcuni brani tratti daiProfeti (Isaia, Ezechiele, Abacuc).

Osservare

«Poiché, così mi ha detto il Signore: “Va’ met-ti una sentinella che annunzi quanto vede”. Lavedetta ha gridato: “Al posto di osservazione, Si-gnore, io sto sempre, tutto il giorno, e nel mio os-servatorio sto in piedi, tutta la notte”» (Is21,6.8).

Il primo brano presenta una sentinellaposta dal Signore per annunziare quanto ve-de. Sta al posto di osservazione giorno e not-te, in piedi, in attesa di cogliere i segni di ciòche il Signore ha previsto. È importante quiil verbo osservare, osservare in piedi, con co-stanza, giorno e notte, scrutando il giorno ela notte. A voi chiedo anzitutto di osservarei segni dei tempi nel mondo giovanile, mon-do confuso, irrequieto, un po’ amorfo, spes-so indifferente, ma insieme ricco di valori,entusiasta, pieno si speranze, di illusioni.Osservate domandandovi: che cosa cercanoin fondo questi giovani? che cosa vogliono?che cosa si nasconde sotto la superficie?

Ascoltare

«Oracolo sull’Idumea. Mi gridano da Seir:“Sentinella, quanto resta della notte? Sentinel-la, quanto resta della notte?”. La sentinella ri-sponde: “Viene il mattino, poi anche la notte; se

volete domandare, domandate, convertitevi, ve-nite!» (Is 21,11-12).

Il secondo testo è tratto ancora dal capito-lo 21 di Isaia e d è un oracolo tra i più enig-matici dell’Antico Testamento. Sembra imita-re un canto che le sentinelle cantano nellanotte per non cadere assonnate: «Sentinella,quanto resta della notte?». Sembra dire: mache ora è? Oppure: questa notte non finiscemai! Segue un invito a cercare: se volete do-mandare, domandate, convertitevi, venite!Dunque nella notte dello scenario della sto-ria, la sentinella cerca di penetrare l’oscurità,e dal momento che non si vede nulla, invitaa domandare di nuovo perché è semprepronta all’ascolto. A voi chiedo una secondaazione: quella di ascoltare le domandeprofonde vostre e altrui, le domande che sal-gono dal cuore, le domande dei vostri amici,sia le domande del mattino (le più chiare,limpide, facili a leggersi) sia le domande del-la notte (tre volte nel testo si parla di notte euna volta solo del mattino). Quelle notturnesono infatti le domande più enigmatiche, piùprovocatorie, che sovente intendono il con-trario di ciò che esprimono.

Confortare, evangelizzare

«Come sono belli sui monti i piedi del mes-saggero di lieti annunzi che annunzia la pace,messaggero di bene che annunzia la salvezza,che dice a Sion: “Regna il tuo Dio”. Senti? Letue sentinelle alzano la voce, insieme gridano digioia, perché vedono con gli occhi il ritorno delSignore in Sion. Prorompete insieme in canti digioia, rovine di Gerusalemme, perché il Signoreha consolato il suo popolo, ha riscattato Gerusa-lemme» (Is 52,7-9).

Il terzo è un brano di gioia, il canto del ri-torno del popolo dall’esilio a Gerusalemme.

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Le sentinelle guardano e vedono il popoloche sta per tornare, per cui gridano, si ralle-grano, evangelizzano. È il vangelo di Isaiache proclama: “Il Signore ha consolato ilsuo popolo”, esultiamo di gioia. Bisognaleggere le domande intravedendo dietro diesse l’agire del Signore che regna e salva.Non si tratta di annunci di sventura, non sitratta di moltiplicare le lamentazioni sterilisulla gioventù di oggi, bensì di capire il pro-getto positivo di Dio sulla nostra società. Avoi chiedo di compiere quest’opera di lettu-ra gioiosa, evangelizzante, che sa vedere ilbene anche nel male, anche nelle realtà do-lorose e amare.

Intercedere

«Sulle tue mura, Gerusalemme, ho posto sen-tinelle; per tutto il giorno e tutta la notte non ta-ceranno mai. Voi, che rammentate le promessedel Signore, non prendetevi mai riposo e neppu-re a lui date riposo, finché non abbia ristabilitoGerusalemme e finché non l’abbia resa il vantodella terra» (Is 62,6-7).

Il quarto verbo è intercedere, supplicare.È l’impegno a pregare per tutte le tentazioniche ci stanno intorno, per tutti i giovani fra-gili e demotivati, stanchi o esaltati o devian-ti che noi incontriamo. A voi chiedo qual-cosa di più di gesti esteriori: vi chiedo di es-sere intercessori per i vostri compagni eamici. Spesso ci lamentiamo di tanti com-portamenti di cui siamo spettatori; ma pre-ghiamo per queste persone? le prendiamo acuore nella nostra supplica? Pregare, inter-cedere finché il Signore non abbia ristabili-to Gerusalemme, cioè fino alla restituzionedi ogni persona alla sua dignità.

Ammonire

«O figlio dell’uomo, io ti ho costituito senti-nella per gli Israeliti; ascolterai una parola dal-la mia bocca e tu li avvertirai da parte mia» (Ez33,7).

Il profeta Ezechiele ci propone il verboavvertire, ammonire. Il Signore ci dona laforza di pronunciare parole giuste, forti an-che, anzitutto per la nostra comunità cristia-na, affinché si svegli; e poi per la società, pertutti i giovani. Il Signore vi ispirerà questeparole nel corso del cammino, vi farà intra-vedere i pericoli che corrono oggi i vostrocoetanei, i falsi sentieri, le pendici ghiaccia-

te su cui non devono avventurarsi, così chepossiate ammonirli, avvertirli. È una graziasaper prevedere i pericoli!

Discernere

«Mi metterò di sentinella, in piedi sulla for-tezza, a spiare, per vedere che cosa mi dirà, checosa risponderà ai miei lamenti. Il Signore rispo-se e mi disse: “Scrivi la visione e incidila benesulle tavolette perché la si legga speditamente. Èuna visione che attesta un termine, parla di unascadenza e non mentisce; se indugia, attendila,perché certo verrà e non tarderà”» (Ab 2,1-3).

L’ultimo oracolo, il sesto, è di Abacuc. Ilprofeta è di sentinella, spia per vedere checosa dirà il Signore, cerca di intuire il futuroche verrà. Il verbo che sintetizza questo at-teggiamento è discernere. A voi chiedo di di-scernere il piano di Dio per il futuro, di cer-care di comprendere quali sono le prioritàper il futuro dei giovani, della nostra Chie-sa; quali le vie da seguire, i cammini nuovida tracciare. Il discernere è un dono delloSpirito Santo, un atto di intelligenza spiri-tuale e io mi aspetto anche da voi la capacitàdi discernere per aiutarmi a leggere il cam-mino ecclesiale da compiere.

Tratto da Dimensioni Nuove,Febbraio 2002, pp. 28-37

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«L’incontro personale con Cristo illuminadi luce nuova la vita, ci incammina sullabuona strada e ci impegna ad essere suoi te-stimoni. Il nuovo modo, che da Lui ci viene,di guardare al mondo e alle persone ci fa pe-netrare più profondamente nel mistero del-la fede, che non è solo un insieme di enun-ciati teorici da accogliere e ratificare con l’in-telligenza, ma un’esperienza da assimilare,una verità da vivere, il sale e la luce di tuttala realtà (cf Veritatis splendor, 88).

Nel contesto attuale di secolarizzazione,in cui molti dei nostri contemporanei pen-

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sano e vivono come se Dio non esistesse osono attratti da forme di religiosità irrazio-nali, è necessario che proprio voi, cari gio-vani, riaffermiate che la fede è una decisionepersonale che impegna tutta l’esistenza. IlVangelo sia il grande criterio che guida lescelte e gli orientamenti della vostra vita!Diventerete così missionari con i gesti e leparole e, dovunque lavoriate e viviate, saretesegni dell’amore di Dio, testimoni credibilidella presenza amorosa di Cristo. Non di-menticate: “Non si accende una lucerna permetterla sotto il moggio” (Mt 5,15)!».

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La luce che illumina il cuoree rischiara l’intelligenza

carissimi giovani...

interrogare la vita

Nella ricerca della verità e delle felicità, la luce di Cristo e del suo Vangelo può diventare il grande criterio che guida le scelte e gli orientamenti della vita. È l’impegno a vivere di fede nella propria esistenza quotidiana, giudicando le cose in questaprospettiva evangelica e incarnando la propria fede nella concretezza della storia.

Proponiamo una lettera di un giovane che si di-chiara ateo e che domanda a chi invece si ritie-ne credente quali siano i fondamenti del suo cre-do. Risponde una ragazza, che narra la sua fedematurata dentro un’esperienza sofferta.

Voi cattolici a cosa vi attaccate ?

«Ho 18 anni, non sono cattolico e non losarò mai, non credo in Dio né in nessun al-tra forma di esistenza sovrannaturale o per-fetta. Sono un razionalista, credo ed ho fedein ciò che mi viene dimostrato, non in ciòche mi viene fatto credere… Io sono cattivoquando la società mi chiede di esserlo, sonobuono quando voglio essere buono, mi

comporto secondo le mie necessità, ma an-che secondo le necessità degli altri… Sul“forum” aperto dopo il delitto di Novi Ligu-re, ho detto che ho pensato di uccidere imiei genitori ed ho anche descritto comel’ho pensato, ma mi sono autoregolato edora sono in pace con me stesso e con ilmondo: adeguato quando è indispensabile,indipendente quando voglio io, nei limitidel possibile. Attingo i miei valori dalla filo-sofia e dalla letteratura, e rispetto la sovra-nità della matematica sulla mente umana.Insomma, vivo la mia vita con un equilibrioed una maturità che in tanti altri invece nonvedo. Eppure sapete qual è il bello? Non so-no cristiano, non credo in nulla, vivo la miavita con il solo ausilio del mio cervello e del

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mio corpo. Ci riesco. Orma mi chiedo: voicattolici a cosa vi attaccate?”

Artemis

Io, in quanto cattolica,mi attacco a un pezzo di legno…

«Caro Artemis, hai 18 anni come me, e co-me me, a quel che ho capito, ami la mate-matica e il suo mondo… fin qui niente da ri-dire, anzi, mi fa piacere trovare una personache come me ritiene le sequenze matemati-che belle per definizione… Ti scrivo perchévoglio chiederti solo una cosa: ti è mai capi-tato di trovare qualcosa che, con tutta la tuabuona volontà, non sei riuscito a spiegarti? Ese si, una volta arrivato alla conclusione checon la tua Ragione non puoi dare una rispo-sta a questo perché, ti sei mai accorto che an-che il fatto di accantonare la questione, ti la-sciava una sensazione di non-risolto, di nonnon-compiuto? A me si: l’anno scorso la miamigliore amica mi ha presentato una ragazzacardiopatica, da cui andava a fare servizioscout: Giorgia, questo è il suo nome, non po-teva correre, non poteva salire le scale, nonpoteva affaticarsi, non poteva fare il 90% del-le cose che una ragazza di 18 anni vorrebbefare. Ma nonostante questo, nei suoi occhivedevo una luce e una dolcezza che mi sem-bravano estranee, una voglia di vivere che io,proprio perché capace di fare tutto ciò chevoglio, non sentivo! Il 13 dicembre 2000, horivisto quegli occhi, ma non c’era luce, non

c’era dolcezza. C’era il vuoto, perché il 13 di-cembre il cuore di Giorgia si è fermato. E, cre-dimi, nessun ragionamento matematico, nes-suna logica, nessuna tesi ti può spiegare per-ché le tue gambe tremano quando accarezzila guancia di una tua amica, e la senti piùfredda del marmo. Nessun teorema ti diràmai il perché, perché una ragazza piena di vi-ta come lei ora è distesa in una cassa da mor-to dietro a un muro di mattoni. Niente e nes-suno mi ha mai risposto quando piena dirabbia ho urlato al cielo: “Perché lei? Perchénon hai preso me? Perché?”.

Solo la fede in un uomo che si è lasciatoinchiodare ad un legno povero, solo le lacri-me di gioia di una donna davanti ad un se-polcro vuoto mi hanno aperto un barlumedi speranza, mi hanno dato la forza di cre-dere che Giorgia in questo momento corre,salta, fa tutto quello che il suo povero cuorenon le ha permesso di fare qui in mezzo anoi. “Voi cattolici a cosa vi attaccate?” Io, inquanto cattolica, in quanto credente, mi at-tacco a un pezzo di legno, mi afferro ad unamano sanguinante, prendo forza e coraggioper andare avanti dall’annuncio di un giova-ne: “Colui che era morto non è qui!” La Ra-gione, per definizione, è limitata: lo dici tustesso, che credi solo in ciò che ti viene di-mostrato… E per il resto? Per il resto, perquanto mi riguarda, c’è la fede. E quella nonti verrà mai dimostrata, nessuno te la potraimai insegnare».

Giulia

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ascoltare la parolaIl cieco di Gerico (Lc 18,35-43)

Nella lunga marcia di Gesù verso Gerusalemme,avvengono molti incontri personali, tra cui quel-lo con il cieco di Gerico. Il dono della vista im-plorato dal cieco, è simbolo del dono della fedeche progressivamente cresce in lui, fino a sce-gliere di seguire Gesù diventando suo discepolo.

«Mentre si avvicinava a Gerico, un ciecoera seduto a mendicare lungo la strada. Sen-tendo passare la gente, domandò che cosaaccadesse. Gli risposero: “Passa Gesù il Na-zareno!”. Allora incominciò a gridare: “Ge-sù, figlio di Davide, abbi pietà di me!”.Quelli che camminavano avanti lo sgridava-no, perché tacesse; ma lui continuava anco-

ra più forte: “Figlio di Davide, abbi pietà dime!”. Gesù allora si fermò e ordinò che glie-lo conducessero. Quando gli fu vicino, glidomandò: “Che vuoi che io faccia per te?”.Egli rispose: “Signore, che io riabbia la vi-sta”. E Gesù gli disse: “Abbi di nuovo la vi-sta! La tua fede ti ha salvato”. Subito ci videdi nuovo e cominciò a seguirlo lodandoDio. E tutto il popolo, alla vista di ciò, die-de lode a Dio».

Spunti di riflessione

La lunga marcia di Gesù

● Nel Vangelo di Luca, Gesù è presentatocome un camminatore deciso verso Geru-

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salemme, luogo del compimento dellasua missione.

● Verso la conclusione del suo cammino,Gesù incontra due persone che hanno bi-sogno di lui: un malato (il cieco) all’in-gresso della città di Gerico; un peccatore(Zaccheo), mentre attraversa la città. Aconclusione dei due episodi, l’evangelistacolloca una frase che interpreta e sintetiz-za bene il senso di tutta la missione di Ge-sù: «Il Figlio dell’uomo infatti è venuto acercare e a salvare ciò che era perduto».

Il cieco

● Si evidenziano una serie di tratti che di-cono la precarietà della sua situazione: ècieco (deve dipendere dagli altri); è men-dicante (vive dell’elemosina dei passan-ti); è seduto (immobilizzato ai marginidella strada).

● La sua domanda: indica attenzione, desi-derio di vincere la rassegnazione, espres-sione del suo desiderio di essere salvato.Il suo grido non è una pretesa arrogantené una protesta arrabbiata, ma è un gridopieno di fiducia e un’implorazione disoccorso piena di umiltà.

Gesù

● Si ferma: egli vuole incontrarsi personal-mente con questo cieco, nonostante glialtri lo sgridassero per farlo tacere. Comeil “buon samaritano”, Gesù si ferma e siprende cura di lui!

● Gesù ordina di condurglielo: l’interventodi Gesù provoca subito una situazionenuova; il cieco da emarginato si sposta al

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centro della scena, recuperando imme-diatamente la sua dignità.

Il triplice titolo accordato a Gesù

● Nazareno: la sua identità umana; Figliodi Davide: la sua identità messianica; Si-gnore: la sua identità divina.

● Titoli in crescendo sulle labbra del cieco,quasi ad indicare il suo progressivo itine-rario di fede

Il dono della vista e la sequela di Gesù

● Il cieco domanda il dono della vista, mala sua domanda va oltre la luce degli oc-chi.

● L’intervento di Gesù, ormai a conclusionedel suo itinerario, realizza e compie il di-scorso programmatico fatto all’inizio del-la sua missione nella sinagoga di Naza-reth: «Lo Spirito del Signore è sopra dime…mi ha mandato per proclamare aiprigionieri la liberazione e ai ciechi la vi-sta…».

● Il cieco guarito non viene congedato, mainvitato a seguire Gesù nel suo camminoverso Gerusalemme. Come gli apostoli,anche il cieco diviene un “discepolo” diGesù: la gioia di averlo incontrato e l’e-sperienza della salvezza provocano il de-siderio irresistibile della sequela.

● «E tutto il popolo, alla vista di ciò, diedelode a Dio»: la lode del cieco, espressionedi gioiosa gratitudine, diviene lode coraledi tutto il popolo. La “folla” anonima eincuriosita, diviene “popolo di Dio” checanta le sue lodi!

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impegnare la vitaUna fede incarnata nella storia

«Gesù, dopo aver dato la luce della vista ela chiarezza della vita al mendicante ciecoche sedeva lungo la strada, entra nella città.Non ha paura di misurarsi con la conviven-za degli uomini. Gesù si presenta con unastraordinaria signoria, mentre la folla, entu-siasta e contraddittoria, grida: “passa Gesù ilNazareno”. Gesù va diritto per la sua strada,sa in quale casa deve entrare e di quale sal-vezza c’è bisogno. Gesù sa che qualcuno lo

aspetta; Zaccheo aprirà il suo cuore e cam-bierà la sua vita.

Carissimi giovani, abbiate anche voi il co-raggio di attraversare la città. Passate tra lefolle nel nome di Gesù, andate diritto per lavia dell’obbedienza della fede, qualcuno diinaspettato vi attende, vi farà entrare nellasua casa e darete gioia alla sua e alla vostravita.

Le nostre città hanno bisogno di voi, nonabbiate un’idea della fede troppo intimisti-ca, Gesù parlava per le strade, entrava nelle

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case, non faceva differenze, sapeva meravi-gliare, era discreto e deciso. Al suo passaggiosaliva la lode a Dio perché annunciava l’e-vangelo. Non rinchiudetevi mai, la Chiesa èaperta al mondo».

Liberamente tratto da “Risposta al Sinodo dei giovani” del Card. Martini, Milano 23 marzo 2002, in “Attraversava la città”,

Centro Ambrosiano, Milano 2002, pp. 11

Impegnati nella costruzionedi un mondo più giusto

Vivere di fede comporta anche lasciarsi interpel-lare dalle grandi sfide del nostro tempo per esserepresenti da cristiani convinti e da cittadini re-sponsabili nella costruzione di un mondo più giu-sto. Già in occasione del G8 di Genova del 2001,circa 60 Associazioni e Movimenti ecclesiali han-no presentato un Manifesto, ricco di contenuti edi proposte. A distanza di un anno, alla vigilia delG8 in Canada, le stesse Associazioni e Movimen-ti ecclesiali hanno presentato un nuovo documen-to, nel quale sono definite nuove richieste alleistituzioni e nuovi impegni di coerenza personalee comunitaria. Ne proponiamo alcuni brani, chepossono essere oggetto di verifica e di riflessione.

L’anno trascorso

Un anno fa abbiamo iniziato un cammi-no. È il cammino col quale intendevamo eintendiamo rispondere all’invito a vegliare,come «sentinelle del mattino», per «difende-re la pace e la vita in ogni momento del suosviluppo terreno» che ci ha rivolto il Papa aTor Vergata. È un cammino lungo il quale vo-gliamo guardare senza arroganza, ma anchesenza paura, alle sfide che ci stanno davanti.Vogliamo «guardare negli occhi» i problemidella famiglia umana, coloro che hanno laresponsabilità di decidere e le donne e gliuomini che da quelle decisioni sono toccati.

Le nostre richieste

Un anno fa abbiamo presentato nel no-stro Manifesto una serie di richieste per lequali Voi, i leader del G8, avete responsabi-lità. Voi non siete il governo del mondo, male dimensioni dei nostri paesi sono tali chele vostre decisioni hanno conseguenza sullavita di milioni di persone anche al di fuoridei nostri confini. Ve le rinnoviamo inte-gralmente, con quelle più specifiche che ab-biamo presentato al Governo italiano in oc-casione della Conferenza internazionale sulfinanziamento dello sviluppo di Monterrey.

● L’insicurezza internazionale e la strada senzauscita della guerra – La violenza non è ingrado di eliminare le cause dei problemi.Può zittire la voce di un nemico. Può uc-cidere. Ma non hai mai dato vita. Oggil’impianto istituzionale internazionale alservizio della pace viene indebolito, anzi-ché rafforzato, dalla facilità con cui si usala parola guerra e dai comportamenti de-gli ultimi mesi.

● La povertà e i diritti negati – Siamo fieri divivere in un paese nella cui Costituzioneè scritto che per il solo fatto di esistere siè titolari di diritti inalienabili, si ha dirit-to di essere curati ed istruiti. Ci fa orrore,come scrivemmo nel Manifesto del 2001,che per la maggioranza dei cittadini delpianeta questi diritti non esistano. Permolti membri della famiglia umana nonè garantito nemmeno il diritto alla ali-mentazione. Chi ha a cuore la pace è daqui che deve cominciare ad agire.

Il nostro impegno

La globalizzazione sfida la democrazia.Gli strumenti tradizionali della rappresen-tanza faticano a governare il cambiamen-to. Che sia difficile non significa però chevi si possa rinunciare. Per questo anchequest’anno usiamo parole esigenti. Perquesto riteniamo che alle richieste debbaessere accompagnata un’assunzione di re-sponsabilità. Si tratta della nostra specifi-cità culturale ed educativa. Abbiamo avvia-to un impegno culturale per vivere conmaggiore coerenza il nostro ruolo di citta-dini consapevoli. Intendiamo approfondi-re lo studio delle dinamiche economiche esociali nelle quali viviamo, proponendoneun giudizio che renda più coerente il no-stro cammino a difesa della vita. Intendia-mo proseguire il nostro impegno educati-vo, animando la comunità sociale nellaquale siamo inseriti e insegnando questecose ai più piccoli. Intendiamo infine par-tecipare, non solo nel dialogare con la cul-tura e la politica, ma anche appropriando-ci del nostro ruolo nell’economia, avvian-do e diffondendo comportamenti di con-sumo e risparmio responsabile, sia per da-re coerenza alle nostre parole sia, dichia-rando i nostri valori, per concorrere adorientare i comportamenti degli operatoridel mercato e rendere quest’ultimo, comeè, strumento a disposizione degli uominiper il loro sviluppo.118

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«Come il sale dà sapore al cibo e la luce il-lumina le tenebre, così la santità dà sensopieno alla vita, rendendola riflesso della glo-ria di Dio. Quanti santi, anche tra i giovani,annovera la storia della Chiesa! Nel loroamore per Dio hanno fatto risplendere leproprie virtù eroiche al cospetto del mondo,diventando modelli di vita che la Chiesa haadditato all’imitazione di tutti. Tra i molti ba-sti ricordare: Agnese di Roma, Andreas di PhúYên, Pedro Calungsod, Giuseppina Bakhita,Teresa di Lisieux, Pier Giorgio Frassati, MarcelCallo, Francisco Castelló Aleu o ancora Kate-ri Tekakwitha, la giovane irochese detta “il gi-glio dei Mohawks”. Prego il Dio tre volte San-to che, per l’intercessione di questa folla im-mensa di testimoni, vi renda santi, cari giova-ni, i santi del terzo millennio!

Carissimi… vi rivolgo uno speciale invitoa leggere e ad approfondire la Lettera apo-stolica Novo millennio ineunte, che ho scrittoall’inizio dell’anno per accompagnare i bat-tezzati in questa nuova tappa della vita del-la Chiesa e degli uomini: “Un nuovo secolo,un nuovo millennio si aprono alla luce diCristo. Non tutti però vedono questa luce.

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Noi abbiamo il compito stupendo di esser-ne il ‘riflesso’” (n. 54).

Sì, è l’ora della missione! Nelle vostrediocesi e nelle vostre parrocchie, nei vostrimovimenti, associazioni e comunità il Cri-sto vi chiama, la Chiesa vi accoglie come ca-sa e scuola di comunione e di preghiera. Ap-profondite lo studio della Parola di Dio e la-sciate che essa illumini la vostra mente ed ilvostro cuore. Traete forza dalla grazia sacra-mentale della Riconciliazione e dell’Eucare-stia. Frequentate il Signore in quel “cuore acuore” che è l’adorazione eucaristica. Gior-no dopo giorno, riceverete nuovo slancioche vi consentirà di confortare coloro chesoffrono e di portare la pace al mondo. So-no tante le persone ferite dalla vita, esclusedallo sviluppo economico, senza un tetto,una famiglia o un lavoro; molte si perdonodietro false illusioni o hanno smarrito ognisperanza. Contemplando la luce che ri-splende sul volto di Cristo risorto, imparatea vostra volta a vivere come “figli della lucee figli del giorno” (1Ts 5,5), manifestando atutti che “il frutto della luce consiste in ognibontà, giustizia e verità” (Ef 5,9)».

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Figli della luce e figli del giorno

carissimi giovani...

interrogare la vita

La scelta di Cristo come “sapore” e come “luce” della vita, è spinta verso la testimonianza e la missione, in un’esistenza vissuta in pienezza, nella gioia e nella santità. Testimoniare il Vangelo con coraggio e semplicità, nelle vicende ordinarie e nelle sceltestraordinarie con coerenza e fortezza.

“A Diogneto” – Vivere da cristiani

Proponiamo innanzitutto la testimonianza deiprimi cristiani, testimonianza raccolta nel cele-

bre testo “A Diogneto”. È di autore anonimo,svolta in forma di lettera a questo personaggioDiogneto, non ben identificato, che vuole sapereche cos’è il cristianesimo. L’autore risponde alla

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varie domande poste da lui e si sofferma in mo-do speciale sul paradosso della vita dei cristianie della loro missione nel mondo.

«I cristiani sono uomini come gli altri:non si distinguono per il paese in cui vi-vono né per la lingua che parlano né per leabitudini di vita. Non si isolano in cittàloro né usano particolari linguaggi: la stes-sa vita che conducono non ha niente distrano. La loro dottrina non nasce da di-squisizioni di intellettuali né seguono, co-me tanti fanno, una filosofia frutto delpensiero umano. Abitano in città greche obarbare, dovunque loro capiti di vivere, esi adattano alle tradizioni locali nel vesti-re, nel mangiare e negli usi di ogni giorno;meravigliano tutti per il loro modo di sta-re insieme, che ha dello straordinario. Abi-tano nella propria patria ma come fosserostranieri; adempiono con lealtà ai loro do-veri di cittadini ma sono trattati come fo-restieri. Ogni terra straniera per loro è pa-tria ed ogni patria è terra straniera. Si spo-sano come tutti, hanno dei figli ma nonabbandonano i neonati. Hanno in comu-ne la mensa, ma non le donne. Sono uo-mini ma non agiscono seguendo il pro-prio interesse o il proprio egoismo. Dimo-rano sulla terra ma sono cittadini del cie-lo. Obbediscono alle leggi dello Stato macon la loro vita vanno oltre la legge. Ama-no tutti e da tutti sono perseguitati: nonsono compresi ed apprezzati e tutti li con-dannano. Vengono uccisi, ma dalla mortetraggono vita; sono poveri, ma arricchisco-no molti; non hanno nulla, ma posseggo-no tutto. Mentre sono disprezzati, nel di-sprezzo trovano gloria davanti a Dio. Li sioltraggia nell’onore mentre allo stessotempo si elogia la loro giustizia. Li si copredi ingiurie e loro benedicono. Anche semaltrattati, usano amore con tutti. Fannodel bene e sono puniti come malfattori.Puniti, sono sereni, come se invece dimorte, ricevessero vita. Dai giudei sonocombattuti come razza straniera; dai grecisono perseguitati ma chi li odia non sadirne il perché».

A Diogneto

«Oggi ti ho visto, Signore!»

La testimonianza cristiana si traduce in caritàevangelica. Offriamo la testimonianza di unapersona che si lascia interpellare dal bisogno di

un fratello incontrato casualmente un sabato po-meriggio durante lo shopping.

«Mio Signore, io ti cerco ovunque senzavederti, perché sono cieco: ti ho davantiogni giorno nei miei fratelli sofferenti. È untardo pomeriggio di sabato, sono tutto in-daffarato a far compere, sotto la pioggia, trale gente anonima. Ad un tratto una figuradimessa e tristissima, che rasenta i muri perripararsi, attrae la mia attenzione. È un uo-mo di età indefinita, quello che rimane del-le sue scarpe non può trattenere le dita deipiedi, i calzini sono ridotti ad una poltiglia;la giacca e i pantaloni, fradici di pioggia,mostrano i segni di tanti anni. Mi passa ac-canto senza neppure accorgersi di me e spa-risce nel bar vicino. Io sono sbigottito, nonavevo mai visto così da vicino la disperazio-ne, quella vera, quella che il mondo rifiutaperché scomoda. Decido di aiutarlo e aspet-to che esca, ma il tempo passa e il poverettonon riappare. Comincio ad essere spazienti-to, sto per andarmene, l’egoismo mi impe-disce di capire che, con la scusa di un caffè,si è fermato per riposarsi un poco e perasciugarsi il più possibile. Poi lo vedo usciree riprendere, a capo chino, la strada da doveè venuto. Mi avvicino e gli chiedo di offrir-gli il mio aiuto: mi guarda come se fossi unmarziano, ma senza convinzione e, pensan-do che voglia vendergli qualcosa, mi rispon-de che non ha soldi. Lo rassicuro, gli spiegoche ho il dovere di aiutarlo, lo prendo perun braccio e, riparandolo sotto l’ombrello,lo accompagno verso il negozio di abbiglia-mento più vicino. Comincia a piangere, in-credulo, mi racconta brandelli della sua vi-ta, mi dice che alloggia in un dormitoriopubblico. Dopo avergli comprato un abito,un paio di scarpe e dei calzini, gli do un po’di denaro e gli regalo il mio ombrello. Aquesto punto, sempre singhiozzando, miringrazia e mi dà un bacio, il gesto più sem-plice e più significativo per dimostrare affet-to, ma io quel bacio non lo dimenticheròmai… Ho visto finalmente il tuo volto, Si-gnore. Non ho dubbi, eri tu. L’egoismo oc-cupava il mio cuore e la mia mente, ma tuhai avuto pietà di me, hai rivolto il tuosguardo ad un tuo miserabile servo. Nellafretta, ho dimenticato di scriverti il mio in-dirizzo perché io possa aiutarti di nuovo,ma ho fiducia: tu mi conosci e saprai ritro-varmi. Grazie, Signore».

Lettera a Famiglia Cristiana,novembre 1999120

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Niente regali di nozze.Dieci milioni agli stranieri

La testimonianza cristiana è fatta anche di gesti“controcorrente”. Riportiamo un breve articolo digiornale che presenta la testimonianza di unagiovane coppia di Pordenone, che decide di cele-brare il proprio matrimonio con un significativogesto di solidarietà e di attenzione ai poveri.

«Regalano ai poveri i regali di nozze. Ilbellissimo gesto è di una coppia pordeno-nese che ha preferito mantenere l’anonima-to, ma il fatto è stato reso pubblico da unampio servizio comparso nel settimanale IlPopolo. La giovane coppia, lei fa la disegna-trice, lui l’autista di pullman, ha invitato230 amici e parenti a un pranzo di nozze“autogestito in semplicità”, secondo la lorostessa definizione. I due hanno chiesto aipartecipanti di non comprare regali, ma diversare una cifra, fissata in 50 mila lire. So-no stati in questo modo raccolti 10 milionie 380 mila lire che sono stati destinati, at-

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traverso la Caritas diocesana, al sostegno dialcune famiglie, extracomunitarie e italiane,che si trovano in difficoltà per le spese diabitazione. “Hanno preso sul serio – com-menta Il Popolo – il loro essere cristiani im-pegnati nella catechesi e nell’Azione Cattoli-ca”. La diocesi di Pordenone-Concordia havoluto sottolineare che i due giovani nonsono particolarmente ricchi, ma si sonougualmente sentiti in dovere di fare qualco-sa di concreto per gli altri. L’Agenzia diinformazioni religiose delle diocesi delNord-est, ha diffuso una nota in cui si biasi-ma la celebrazione delle nozze non comesottolineatura della durata dell’impegno as-sunto davanti all’altare, ma come manifesta-zione di sfarzo durante e dopo la cerimonia.Per le nozze – sostiene l’Agenzia – oggi si ar-rivano a spendere cifre da capogiro. Un ma-trimonio tipo arriva a costare anche più di20 milioni di lire. Un extralusso che sa sem-pre più di inutile, un diluvio di denaro spre-cato».

Avvenire, marzo 2000

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ascoltare la parolaIl discorso apostolico (Mt 9,35-10,15)

Nel Vangelo di Matteo sono presenti cinquegrandi discorsi di Gesù: “della montagna” (cap.5-7); “apostolico” (cap. 10); “parabolico” (cap.13); “comunitario” (cap. 18); “escatologico”(cap. 24-25). Dopo vari capitoli in cui Gesù èpresentato come missionario del Padre che an-nuncia, guarisce e perdona, Matteo inserisce alcentro del suo Vangelo il discorso apostolico diGesù, nel quale egli cerca di preparare coloroche, dopo la sua dipartita, dovranno continuarela sua missione. Gesù non rivolge questo suo di-scorso a gente anonima, ma a coloro che in qual-che modo hanno già scelto di seguirlo come di-scepoli e a cui chiederà un totale coinvolgimen-to nel suo destino.

«Gesù andava attorno per tutte le città e ivillaggi, insegnando nelle loro sinagoghe,predicando il vangelo del regno e curandoogni malattia e infermità. Vedendo le follene sentì compassione, perché erano stanchee sfinite, come pecore senza pastore. Alloradisse ai suoi discepoli: “La messe è molta,ma gli operai sono pochi! Pregate dunque ilpadrone della messe che mandi operai nella

sua messe!”. Chiamati a sé i dodici discepo-li, diede loro il potere di scacciare gli spiritiimmondi e di guarire ogni sorta di malattiee d’infermità. I nomi dei dodici apostoli so-no: primo, Simone, chiamato Pietro, e An-drea, suo fratello; Giacomo di Zebedèo eGiovanni suo fratello, Filippo e Bartolomeo,Tommaso e Matteo il pubblicano, Giacomodi Alfeo e Taddeo, Simone il Cananeo e Giu-da l’Iscariota, che poi lo tradì. Questi dodiciGesù li inviò dopo averli così istruiti: “Nonandate fra i pagani e non entrate nelle cittàdei Samaritani; rivolgetevi piuttosto alle pe-core perdute della casa d’Israele. E strada fa-cendo, predicate che il regno dei cieli è vici-no. Guarite gli infermi, risuscitate i morti,sanate i lebbrosi, cacciate i demòni. Gratui-tamente avete ricevuto, gratuitamente date.Non procuratevi oro, né argento, né monetadi rame nelle vostre cinture, né bisaccia daviaggio, né due tuniche, né sandali, né ba-stone, perché l’operaio ha diritto al suo nu-trimento. In qualunque città o villaggio en-triate, fatevi indicare se vi sia qualche perso-na degna, e lì rimanete fino alla vostra par-tenza. Entrando nella casa, rivolgetele il sa-luto. Se quella casa ne sarà degna, la vostra

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pace scenda sopra di essa; ma se non ne saràdegna, la vostra pace ritorni a voi. Se qual-cuno poi non vi accoglierà e non darà ascol-to alle vostre parole, uscite da quella casa oda quella città e scuotete la polvere dai vo-stri piedi. In verità vi dico, nel giorno delgiudizio il paese di Sòdoma e Gomorra avràuna sorte più sopportabile di quella città».

Spunti di riflessione

La dedizione di Gesù e la sua compassione per le folle

● «Gesù andava attorno per tutte le città e ivillaggi, insegnando nelle loro sinagoghe,predicando il vangelo del regno e curan-do ogni malattia e infermità». È una sin-tesi importante. Infatti ciò che segue è laconsegna da parte di Gesù della sua mis-sione ai Dodici. Quanto Gesù ha detto eha fatto nei capitoli precedenti, viene oraaffidato agli apostoli.

● «Vedendo le folle ne sentì compassione,perché erano stanche e sfinite, come pe-core senza pastore». Questo versetto de-scrive lo sfondo emotivo della missione:dalla compassione di Gesù nasce la mis-sione, e questa compassione, radice dellamissione, la comunica ad altri. È il cuoredi Gesù che ci ama e soffre per la nostrasituazione di stanchezza, di sfinimento,di smarrimento.

● «La messe è molta, ma gli operai sono po-chi! Pregate dunque il padrone della mes-se che mandi operai nella sua messe!».Gesù avverte l’urgenza del tempo cheavanza e del bisogno di salvezza che si le-va dalla moltitudine. L’invito alla preghie-ra ci ricorda che tutto quello che costituiràla missione è soltanto opera del padronedella messe: gli inviati sono semplice-mente operai, responsabili della messe inseconda istanza. Il primo responsabile è ilPadre, che ha mandato Gesù, il quale in-via gli apostoli; è il mistero trinitario chesi realizza coinvolgendo gli uomini: il Pa-dre manda il Figlio e il Figlio invia i suoinella grazia dello Spirito.

La scelta dei Dodici

● Gesù chiama collaboratori nella guidadel nuovo popolo di Israele, così comeDio nell’AT aveva affidato a 12 patriarchila guida delle 12 tribù d’Israele.

● Il discorso di Gesù si rivolge innanzituttoai Dodici, ma in loro si intravede già laChiesa, fondata sui Dodici che sarannopoi inviati in tutto il mondo. Perciò lenorme per la missione, vanno lette per lamissione di tutti i successori degli apo-stoli e dei discepoli. È tutta la Chiesa cheè interpellata dal discorso della missione.

● La lista dei dodici apostoli con i loro ri-spettivi nomi, ha un forte valore storico-teologico: si intravede il posto di respon-sabilità (“primo”) di Simone nel gruppo,confermato dal cambiamento del nomein Pietro, e si afferma implicitamente lacollegialità del gruppo. I singoli sonoscelti non per loro merito (anzi, di trevengono fatte annotazioni negative: pub-blicano, cananeo/zelota, traditore); essisono scelti per libera e gratuita elezioneda parte di Gesù.

Le indicazioni concrete di Gesù

● I destinatari della missione sono le “pe-core perdute della casa di Israele”. È unamissione che riflette quella di Gesù: radu-nare Israele, portare a compimento leprofezie e fare di Israele un solo popolo.Solo in un secondo momento, quando sisarà compiuta questa prima fase di rico-struzione del popolo di Israele, la missio-ne si aprirà in una prospettiva universale(cf. Mt 28,19: «Andate dunque e ammae-strate tutte le nazioni...»). L’intento di Ge-sù, dunque, che affida anche ai Dodici, èquello di ristabilire innanzitutto il popo-lo di Israele dal suo sbandamento, affin-ché riprenda il suo ruolo significativo neldisegno salvifico universale di Dio.

● Il contenuto della missione è un servizioconcreto, che cambia la situazione, cambiale gente, che incide nella vita dell’uomo.Non si tratta soltanto di una predicazioneverbale; occorrono segni concreti del Re-gno che viene: la vita trionfa sulla morte, lalibertà sulla schiavitù, l’amore sull’odio.

● La missione va compiuta nella logica dellagratuità: l’appartenenza al regno, l’autoritàe il potere trasmessi da Gesù ai Dodici, so-no doni gratuiti e incondizionati; consa-pevoli di questa “gratuità recettiva”, si di-venta capaci di “gratuità attiva”: gratuita-mente avete ricevuto, gratuitamente date!La missione dunque richiede somma gra-tuità e somma povertà. Inoltre, deve esserepiena di fiducia: Dio penserà a voi, la gen-122

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te sarà strumento della provvidenza diDio, non avrete nulla di che preoccuparvi!

● Il frutto della missione: il missionario ècertamente un operatore di pace, secondoil Discorso della Montagna; da parte suadiffonde la pace, porta la luce. Il fruttoperò della missione non è univoco, non èsoltanto risposta favorevole, successo,

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plauso, battimani. Dipende dagli ascolta-tori: quando la missione è accolta suscitapace; quando non è accolta vi sarà giudi-zio! Si tratta dunque di un messaggio chedivide, che distingue i cuori e che non hanecessariamente un’accoglienza soltantopositiva. Ostilità, rifiuto e ribellione sonoi rischi della missione, di quella di Gesù edi quella dei suoi discepoli.

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impegnare la vitaCristiani per il mondo, con un’anima universale

«Restate vicino ai poveri, ai poveri diogni categoria (poveri di pane, di affetto, dicultura, di libertà, di salute…) mediante ilrapporto personale e attraverso una con-vinta dedizione alle istituzioni civili. Ab-biate una grande capacità di iniziativa percostruire il mondo. Gesù suscita in Zac-cheo un desiderio di agire, un agire pulito.Zaccheo viene liberato da tutte le sue riser-ve e dalle sue paure; esce di nuovo all’aper-to, non si nasconde più, riconosce gli erro-ri e si ripromette nel dono.

Amate le nostre città e il nostro paese, eapritevi alle dimensioni del mondo. Studia-te, e siate competenti nella vostra professio-ne, siate uomini e donne di giustizia, genteche dà quattro volte tanto a chi ha bisognodi presenza e di aiuto.

Sappiate prendervi a cuore la dimensionecivile della vita, perché chi incontra Gesù saevitare la frode e sa pagare di persona in mi-sura generosa. Partecipate con frutto ai corsidi formazione sociale e politica, e assumeteprogressivamente, a diversi livelli, le primeresponsabilità pubbliche.

Abbiate a cuore il mondo professionale,la cultura umanistica e quella scientifica, inuovi campi dell’economia, dell’informati-ca e della bioetica, perché siano sempre aservizio dell’uomo. Costruite in voi una so-lida coscienza della dignità della persona edel valore della cosa pubblica, e un vivo de-siderio di partecipazione sociale.

Siate vicini al soffrire e al dolore del mon-do. Il mistero del dolore e della morte esigeuna giusta collocazione nel quadro della vi-ta e delle sue espressioni; impegnatevi per-sonalmente a stare vicino a chi soffre, a farvisita ai malati, ad essere solidali nel lutto, e

a non lasciare nessuno da solo in questi mo-menti drammatici dell’esistenza.

Lavorate per la pace, sapendo – come hadetto il Papa – che non c’è pace senza giu-stizia e senza perdono. La pace nasce daun’esigenza interiore, per poi crescere neirapporti e nelle relazioni quotidiane, e siespande verso il superamento di ogni con-flitto e di ogni discriminazione, di ogni vio-lenza e di ogni ingiustizia, tra le persone, trai gruppi, le comunità, i popoli. Coltivatel’informazione e il dialogo, costruite unacultura della pace.

Attraversate la città contemporanea con ildesiderio di ascoltarla, di comprenderla, sen-za schemi riduttivi e senza paure ingiustifica-te, sapendo che insieme è possibile cono-scerla nella sua varietà diversificata, nella re-te di amicizie e di incontri, nella collabora-zione tra i gruppi e le istituzioni. Favorite irapporti tra persone che sono diverse per sto-ria, per provenienza, per formazione cultura-le e religiosa. Possiate essere il fermento e ipromotori di nuove “agorà”, dove si possadialogare anche tra coloro che la pensano di-versamente in una ricerca appassionata e co-mune. Dobbiamo creare piazze nuove tra lenostre case, dove ci siano nel rispetto reci-proco, vere possibilità di intesa tra il fratello,il cittadino e lo straniero, secondo le esigen-ze attuali della vita, dello studio e del lavoro.È necessaria una maggiore educazione allamondialità che favorisca una reale integra-zione fra culture e realtà umane, senza fer-marsi ad occasioni sporadiche, ma realizzan-do esperienze costanti di apertura e di acco-glienza verso rinnovate integrazioni ecclesia-li e sociali. Abbiate un’anima universale».

Liberamente tratto da “Risposta al Sinodo dei giovani” del Card. Martini, Milano 23 marzo 2002, in “Attraversava la città”,

Centro Ambrosiano, Milano 2002, pp. 29-33

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Commento al testo di Matteo 5,13-16. Sull’altare viene collocato un cero e un recipiente con sale. Comesfondo viene posto un pannello. Ognuno dei presenti riceverà una cartolina o immagine raffigurante unvolto.

Dal Vangelo secondo Matteo (5,13-16)

«Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà render salato? Anull’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini. Voi siete la luce del mondo; non può re-stare nascosta una città collocata sopra un monte, né si accende una lucerna per metterla sotto il moggio,ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce da-vanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli».

GUIDA «Voi siete il SALE della terra…».Il sale. Ne basta poco per rendere saporito molto cibo.Senza di esso anche l’alimento più ricercato non vale nulla.Poco sale fa percepire e gustare i sapori di ogni cibo.

«Voi siete la LUCE del mondo…».Una timida fiammella squarcia l’oscurità, dona sicurezza e calore, vince l’incertezza del buio.Evocazione. Segno di una presenza.

VOI. Sale! Luce!Facciamo fatica a credere nella tua parola, Signore!Come? Noi? Sale e luce?Noi, con i nostri difetti, la fatica di vivere il quotidiano, l’entusiasmo bloccato?Scoraggiati per non vedere gli esiti della nostra fatica?A noi tu dici: sale e luce del mondo?Ci rendi responsabili, indispensabili.

Tu, Salvatore crocifisso, tu debolezza ci insegni che nel poco sta la potenza di Dio.Facci comprendere che la fragilità, le lentezze, la nostra luce timida, a volte fumigante,salvano il mondo. La tua potenza trasforma il nostro poco.Cristo, sapore vero, pane fragrante per la vita del mondo! Tu, stella radiosa del nostro mattino!Donaci forza e coraggio. Nella fatica sii nostro sostegno e speranza gioiosa.Ci sentiremo abitati dal tuo amore, generosi costruttori del futuro di Dio!

Dopo il commento, ciascuno dei presenti scrive il proprio impegno sul retro della cartolina o dell’immagi-ne, per divenire sale e luce per i fratelli. Tutti collocheranno la propria cartolina sul pannello di sfondo alcero e al recipiente di sale.

Tratto da G. Novella, Celebrare il quotidiano v.1, Elledici 1991, pp.271-272

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SUGGERIMENTI PER LA CELEBRAZIONE

1. NOI SALE E LUCE DEL MONDO

2. SALATI DALL’AMORE

Davanti all’assemblea sono posti un contenitore con acqua, un contenitore con terra, un sacco con il salee un pannello di sfondo.

Introduzione

GUIDA Il sale, così semplice condimento del cibo, essenziale per rendere saporita la vivanda. Senza di es-so anche l’alimento più ricercato non vale nulla. In questo momento di celebrazione vogliamo fer-mare la nostra attenzione proprio sul valore del sale, per lasciare insaporire la nostra vita, resa mol-te volte insipida, da quella Parola di vita che dà sapore all’esistenza, che dà significato al nostro cam-minare, che ci permette di scoprire il senso delle nostre scelte. Vogliamo essere salati dall’amore,

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perché il nostro cuore sia riempito del sapore vero della carità e poter così diventare anche noi ca-paci di portare il buon sapore dell’amore nella quotidianità e rendere feconda la terra della nostraumanità, capaci di essere portatori della novità della Parola di Dio nel nostro ambiente di vita.

Accoglienza del sale

Mentre vengono lette da alcuni soliste le frasi bibliche di seguito riportate, dal fondo della chiesa o del luo-go in cui ci si trova per la celebrazione, vengono portati alcuni vassoi con diversi tipi di sale (fino, grosso,sali profumati, ecc.) e collocati accanto al sacco di sale che si trova già davanti all’assemblea.● «Dovrai salare ogni tua offerta di oblazione: nella tua oblazione non lascerai mancare il sale dell’alleanza

del tuo Dio; sopra ogni tua offerta offrirai il sale» (Lv 2,13).● «Il sale è buono, ma se anche il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si salerà? Non serve né per la

terra né per il concime e così lo buttano via» (Lc 14,34-35).● «Ed Eliseo disse: “Prendetemi una pentola nuova e mettetevi del sale”. Gliela portarono. Eliseo si recò

alla sorgente dell’acqua e vi versò il sale, pronunziando queste parole: “Dice il Signore: Rendo sane que-ste acque; da esse non si diffonderanno più morte e sterilità”. Le acque rimasero sane fino a oggi, se-condo la parola pronunziata da Eliseo» (2Re 2,20-22).

Primo momento: il sale che risana

GUIDA Il sale ha sempre avuto nella tradizione popolare antica non solo proprietà di sapore culinario, maaveva anche il senso di “medicina”, proprietà di risanamento, di guarigione soprattutto nella cica-trizzazione delle ferite. Ascoltiamo quanto accadde al popolo di Israele e al profeta Eliseo.

Dal secondo libro dei Re

«Vistolo da una certa distanza, i figli dei profeti di Gerico dissero: “Lo spirito di Elia si è posato suEliseo”. Gli andarono incontro e si prostrarono a terra davanti a lui. Gli dissero: “Ecco, fra i tuoi servi cisono cinquanta uomini di valore; vadano a cercare il tuo padrone nel caso che lo spirito del Signore l’a-vesse preso e gettato su qualche monte o in qualche valle”. Egli disse: “Non mandateli!”. Ma essi insi-stettero tanto che egli confuso disse: “Mandateli!”. Mandarono cinquanta uomini che cercarono per tregiorni, ma non lo trovarono. Tornarono da Eliseo, che stava in Gerico. Egli disse loro: “Non vi avevo for-se detto: Non andate?”. Gli abitanti della città dissero a Eliseo: “Ecco è bello soggiornare in questa città,come tu stesso puoi constatare, signore, ma l’acqua è cattiva e la terra è sterile”. Ed egli disse: “Pren-detemi una pentola nuova e mettetevi del sale”. Gliela portarono. Eliseo si recò alla sorgente dell’acquae vi versò il sale, pronunziando queste parole: “Dice il Signore: Rendo sane queste acque; da esse nonsi diffonderanno più morte e sterilità”. Le acque rimasero sane fino ad oggi, secondo la parola pronun-ziata da Eliseo» (2Re 2,15-22).

GUIDA Forse anche in noi ci sono sorgenti malate, fonti amare, che rendono la vita sterile, triste. Ci fer-miamo per qualche istante per lasciare che il Signore smascheri dentro di noi la cattiveria del cuo-re, la chiusura dell’egoismo, la falsità dei comportamenti.

Vengono ora proposte alcune frasi che mettono in luce alcuni momenti o atteggiamenti in cui la nostra vi-ta anziché essere sorgente d’acqua pura è stagno di morte e acqua malata, che rende sterile l’esistenza.

TUTTI Donaci Signore il sale che risana il nostro cuore.

LETTORE Molte volte poniamo tutta la fiducia della nostra vita in noi stessi, vendiamo l’anima al successo,ai soldi, al potere, e facciamo del piacere il nostro dio…

TUTTI Donaci Signore il sale che risana il nostro cuore.

LETTORE In molte occasioni il nostro cuore è incapace di esultare per le cose semplici, ci abbattiamo facil-mente per un niente, e a quanti ci incontrano siamo solo capaci di offrire lamentele, mormorazio-ni, critiche…

TUTTI Donaci Signore il sale che risana il nostro cuore.

LETTORE Le persone che ci avvicinano non trovano sempre in noi accoglienza e comprensione, parole diconforto e di sostegno, gesti di gratuità e di servizio…

TUTTI Donaci Signore il sale che risana il nostro cuore. 125

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Secondo momento: il sale che rende fertile

GUIDA Nella tradizione contadina il sale veniva sparso nei campi per restituire alla terra i sali minerali chela coltura aveva sottratto al campo; così il sale sparso rendeva fertile quella terra, pronta per pro-durre ancora frutti abbondanti. Anche nel nostro cuore, reso povero dal male, il Signore ha spar-so il sale della misericordia e lo ha reso fertile, capace di farsi portatore dei frutti dell’amore.

Dal libro del profeta Zaccaria

«Ma prima di questi giorni non c’era salario per l’uomo, né salario per l’animale; non c’era sicurezza al-cuna per chi andava e per chi veniva a causa degli invasori: io stesso mettevo gli uomini l’uno contro l’al-tro. Ora invece verso il resto di questo popolo io non sarò più come sono stato prima – dice il Signore de-gli eserciti. È un seme di pace: la vite produrrà il suo frutto, la terra darà i suoi prodotti, i cieli daranno larugiada: darò tutto ciò al resto di questo popolo. Come foste oggetto di maledizione fra le genti, o casa diGiuda e d’Israele, così quando vi avrò salvati, diverrete una benedizione. Non temete dunque: riprendanoforza le vostre mani» (Zc 8,10-13).

GUIDA La misericordia del Signore, il suo amore fedele, è il sale che ridona fertilità alla terra, ridona pie-nezza al nostro cuore. Lasciamoci anche noi riempire il cuore dalla gioia dell’incontro amoroso conil Padre, grati e riconoscenti per la sua tenerezza nei nostri confronti.

Salmo 103

1 Benedici il Signore, anima mia, quanto è in me benedica il suo santo nome. Benedici il Signore, anima mia, non dimenticare tanti suoi benefici. Egli perdona tutte le tue colpe, guarisce tutte le tue malattie; salva dalla fossa la tua vita, ti corona di grazia e di misericordia; egli sazia di beni i tuoi giorni e tu rinnovi come aquila la tua giovinezza.

2 Il Signore agisce con giustizia e con diritto verso tutti gli oppressi.Ha rivelato a Mosè le sue vie, ai figli d’Israele le sue opere.Buono e pietoso è il Signore, lento all’ira e grande nell’amore. Egli non continua a contestare e non conserva per sempre il suo sdegno.Non ci tratta secondo i nostri peccati, non ci ripaga secondo le nostre colpe.

1 Come il cielo è alto sulla terra, così è grande la sua misericordia su quanti lo temono; come dista l’oriente dall’occidente, così allontana da noi le nostre colpe. Come un padre ha pietà dei suoi figli, così il Signore ha pietà di quanti lo temono. Perché egli sa di che siamo plasmati, ricorda che noi siamo polvere.

2 Come l’erba sono i giorni dell’uomo, come il fiore del campo, così egli fiorisce. Lo investe il vento e più non esiste e il suo posto non lo riconosce. Ma la grazia del Signore è da sempre, dura in eterno per quanti lo temono; la sua giustizia per i figli dei figli, per quanti custodiscono la sua alleanza e ricordano di osservare i suoi precetti. Il Signore ha stabilito nel cielo il suo trono e il suo regno abbraccia l’universo.

1 Benedite il Signore, voi tutti suoi angeli, potenti esecutori dei suoi comandi, pronti alla voce della sua parola.Benedite il Signore, voi tutte, sue schiere, suoi ministri, che fate il suo volere.Benedite il Signore, voi tutte opere sue, in ogni luogo del suo dominio.Benedici il Signore, anima mia.

Terzo momento: il sale che dona sapore

GUIDA Abbiamo scoperto quanto è efficace il sale; anche la nostra vita, sanata dall’amore e resa fertiledalla misericordia, è chiamata a diventare dono che dà sapore all’umanità. Anche noi siamomandati ora a diventare sale della terra, testimonianza coerente del Vangelo, della Buona Noti-zia dell’amore di Dio che si è manifestato in Gesù Cristo e agisce in noi per la potenza dello Spi-rito Santo.

Dal Vangelo di Matteo

«Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà rendere salato? Anull’altro serve che a essere gettato via e calpestato dagli uomini» (Mt 5,13).126

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Dalle parole di Madre Teresa di Calcutta

«La gioia è una rete di amore con cui potete pescare delle anime. Dio ama colui che dà con gioia. Chidà con gioia dà di più. Il modo migliore di mostrare la nostra riconoscenza a Dio e alla gente è di accetta-re tutto con gioia. La gioia può dilatarsi in un cuore che brucia di amore. Attendiamo tutti con impazienzail paradiso in cui è Dio: è però già in nostro potere essere in paradiso con lui fin da ora, di essere felici conlui nel momento presente. Ebbene, essere felici con lui fin da ora significa: amare come lui ama, aiutare co-me lui aiuta, dare come lui dà, servire come lui serve».

GUIDA L’invito che Gesù rivolge a ciascuno di noi è chiaro, non è possibile essere insipidi, perdere il sa-pore. Allora non abbiamo paura di fissare lo sguardo su di Lui che dona sapore pieno alla vita diogni uomo e con la sua forza partire per donare il gusto dell’amore a ogni nostra azione, a ogni in-contro, a ogni persona che sfioriamo o incontriamo. Essere sale che dà sapore, questa è la nostramissione! Ciascuno è invitato a pensare nel proprio cuore come può essere sale della terra nellapropria vita, con quale impegno concreto, con quale scelta particolare.

Dopo una pausa di silenzio, in cui ciascuno pensa al proprio impegno, si va a deporre un pizzico di salenel vaso di terra collocato davanti all’assemblea.

Preghiera conclusiva e benedizione

Sii benedetto Dio nostro Padre, creatore del cielo e della terra:nel sale che preserva dalla corruzione, ci hai dato un segno della tua sapienza e della vita incorruttibile;stendi la tua mano su questo dono della tua provvidenzae fa’ che alla scuola del Vangelo diventiamo anche noi sale della terra,per rendere ragione della speranza infusa in noi dal tuo Spirito.Amen.

Tratto da Voi siete il sale della terra, la luce del mondo.Sussidio formativo in preparazione alla GMG 2002, Messaggero Padova, 2001, pp. 49-56

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3. CRISTO, LUCE PER LA NOSTRA NOTTE

Vengono proposti alcuni testi per l’accensione della lampada, alla sera. Vogliono evocare il gesto delle an-tiche comunità cristiane, costituito dal rito dell’accensione della lampada della comunità. Il gesto e i testipossono essere utilizzati in occasione di ritiri o convivenze.

Contempleremo il tuo progetto

Guida

Padre santo e buono,il mondo che tu hai creato perché vivesse nella concordia e nella pacenoi l’abbiamo diviso.Il nostro egoismo ha reso nemico il fratello.Ti rendiamo grazie perché il tuo Spirito creatoremai si stanca di suscitare germi di vitasul fango distruttore del peccato.Donaci la tua Parola.Manda a noi la tua Luce.

Accensione della lampada

Contempleremo il tuo progetto di vita:ricevere e donare amore.Donaci forza per vivere la tua Parolaed essere operatori di pace.

Page 32: SUSSIDIO FORMATIVO PER I GIOVANI - Pastorale Giovanile€¦ · loro cuore”. Il Cardinale Carlo Maria Martini nel 1988 ... vi ascolta con atten- ... desideri. Ne voglio ricordare

Sul nostro cammino, anche se a volte faticoso e incerto,ci sentiremo fratelli, figli tuoi, unico Padre.Nel nostro quotidiano incontreremo tuo Figlio, Gesù, il Salvatore,che cammina con noi, questa sera e sempre,per tutti i secoli dei secoli. Amen

Abbiamo trascorso un altro giorno

Guida

Con la tua tenerezza di Padre sempre ci accompagni,Dio di un amore pari alla tua grandezza infinita!Abbiamo trascorso un altro giorno.Nel fraterno confronto mutuamente abbiamo donato simpatia, idee, doni personali.Ci sentiamo più ricchi.Mentre scende la sera invochiamo, o Dio, la tua protezione.Tu che abiti in una luce inaccessibilemanda a noi la tua Luce.

Accensione della lampada

Padre di infinita sapienza, rischiara le nostre tenebre.Apri il nostro intelletto per comprendere quanto tu vuoi.Cristo, luce vera che illumina ogni uomo, apri i nostri orecchi alla tua parola di speranza.Nella nostra notte accendi la tua luce.Non si spengano le nostre lampade.Il nostro cuore sia in attesa fino a quando tu sorgerai, stella radiosa del nostro mattino,tu, splendore della gloria del Padre.Spirito Santo,caldo chiarore di rassicurante presenza.Dono di Cristo risorto, tieni viva in noi la fiamma del tuo amore.Saremo riflesso della tua luce;testimoni gioiosi del tuo amore fedelein mezzo ai fratelli che attendo salvezza.

Benedizione

Oggi ci hai condotti per mano

Guida

Nella tenerezza del tuo amore, mai ci abbandoni, Padre santo e buono.Ci hai condotti per mano lungo il corso di questa giornata,donandoci la tua parola negli incontri, nello studio e nell’impegno,nello scambio generoso delle idee e della reciproca simpatia.Mentre scende la sera, rimani accanto a noi con la tua presenza amica.

Accensione della lampada

Rischiara le nostre tenebre con la tua luce, Cristo Signore.Gesù, luce del mondo, illumina la nostra nottee donaci sempre la tua gioiosa speranza.Spirito Santo, dono di Cristo, luce, calore, conforto,tenerezza del Padre, Consolatore,rimani con noi e donaci il tuo amore.

Benedizione

Tratto da G. Novella, Celebrare il quotidiano v.1, Elledici 1991, pp.294-297128

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