Suppositi (in Prosa)

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  • 7/25/2019 Suppositi (in Prosa)

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    L. ARIOSTOPERSONAGGI:NutricePolinestaCleandro, dottorePasifilo, parassitoErostratoDulippo, servoCaprino, ragazzoSaneseServo del SaneseCarione, servo di CleandroDalio, cuocoDamone, padre di PolinestaNebbia, servoPsiteria, fanteFilogono, vecchioUn FerrareseLico, servo PROLOGO Qui siamo per farvi spettatori d'una nuova comedia delmedesimo autore di cui l'anno passato vedeste la Cassariaancora. El nome li Suppositi, perch di supposizioni tutta piena. Che li fanciulli per l'adrieto sieno stati

    suppositi e sieno qualche volta oggid, so che non pur ne lecomedie, ma letto avete ne le istorie ancora; e forse quitra voi chi l'ha in esperienzia auto o almeno uditoreferire. Ma che li vecchi sieno da li gioveni suppositi, videbbe per certo parere novo e strano; e pur li vecchi alcunavolta si suppongono similmente: il che vi fia ne la nuovafabula notissimo. Non pigliate, benigni auditori, questosupponere in mala parte: che bene in altra guisa si supponeche non lasci ne li suoi lascivi libri Elefantide figurato;et in altri ancora che non s'hanno li contenziosi dialetticiimaginato. Qui tra l'altre supposizioni el servo per lolibero, et el libero per lo servo si suppone. E vi confessal'autore avere in questo e Plauto e Terenzio seguitato, de

    li quali l'un fece Cherea per Doro, e l'altro Filocrate perTindaro, e Tindaro per Filocrate, l'uno ne lo Eunuco,l'altro ne li Captivi, supponersi: perch non solo ne licostumi, ma ne li argumenti ancora de le fabule vuole esserede li antichi e celebrati poeti, a tutta sua possanza,imitatore; e come essi Menandro e Apollodoro e li altriGreci ne le lor latine comedie seguitoro, egli cos ne lesue vulgari i modi e processi de' latini scrittori schifarnon vuole. Come io vi dico, da lo Eunuco di Terenzio e dali Captivi di Plauto ha parte de lo argumento de li suoiSuppositi transunto, ma s modestamente per che Terenzioe Plauto medesimo, risapendolo, non l'arebbono a male, e dipoetica imitazione, che di furto pi tosto, li darebbono

    nome. Se per questo da esser condennato o no, aldiscretissimo iudicio vostro se ne rimette; el quale viprega bene non facciate, prima che tutta abbiate la nuovafabula connosciuta, la quale di parte in parte per smedesima si dichiara. E se quella benigna udienza cheall'altra sua vi degnaste donare, non negherete a questa, siconfida non sia per satisfarvi meno. Dixi. AT.1, SC.1 Nessuno appare; s che esci, Polinesta, ne la via,dove ci potremo vedere intorno, e seremo certe almeno non

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    essere da alcun altro udite. Credo che in casa nostra sinole lettiere e le casse e li usci abbino li orecchi. E bigonciuoli e pentole l'hanno similmente. Tu motteggi pure, ma ti serebbe meglio, in f diDio, che tu fussi pi cauta che non sei. Io t'ho detto millevolte che tu ti guardi di parlare, che tu sia veduta, conDulippo. Perch non vuoi tu ch'io gli parli cos come iofaccio agli altri? A questo "perch" t'ho risposto pi volte; ma tuvuoi fare a tuo senno, e te e Dulippo e me precipiterai a untratto. Mais, gli bene un gran pericolo! Tu te ne avedrai. Ti dovrebbe pure essere a bastanzache per il mezo mio vi trovate tutta la notte insieme,bench io il facci mal volentieri, e vorrei che l'animo tuoin pi onorevole amore di questo si fussi occupato. Duolmiche, lasciando tanti nobilissimi giovani, che ti averienoamata e per moglie congiuntisi, tu ti abbi per amatoreeletto uno famiglio di tuo padre, dal quale non ne puoi senon vergogna attendere. Chi n' stato principio se non la nutrice mia? che tucontinuamente lodandomi, or la bellezza sua, or li gentilicostumi, or persuadendomi che egli oltramodo mi amava, non

    cessasti pormelo in grazia, e farmi di lui pietosa, esuccessivamente accendermi del suo amore, come io ne sono. E` vero che da principio te lo raccomandai per lacompassione che io ne avevo, per le continue preci con chemi sollecitava. Anzi per la pensione e prezzo che tu ne traevi. Tu puoi credere quel che ti pare: tuttavia renditicerta che se io avessi pensato che poscia voi dovessiprocedere cos inanzi, n per compassione o pensione o preceo prezzo te ne arei parlato. Chi la prima notte lo condusse al mio letto se nontu? Chi altri che tu? Deh taci, per tua f, che mi farestidire qualche pazzia.

    Or ser stata io cagione di tutto il male! Anzi di tutto il bene. Sappi, nutrice mia, che io nonamo Dulippo n un famiglio, e ho posto pi degnamente il cormio che non ti pensi; ma non ti vo' dire pi inanzi. Ho piacere che tu abbi mutato proposito. Anzi non l'ho mutato n voglio mutarlo. Che di' tu adunque? Che io non amo Dulippo n un famiglio, e non homutato n mutar voglio proposito. O questo non pu stare insieme, o io non t'intendo;s che parlami chiaro. Non ti voglio dire altro, perch ho dato la fede ditacerlo.

    Stai di narrarlo per dubbio ch'io lo riveli? Tu tifidi di me in quello che importa l'onore e la vita; e temiora narrarmi questo, che certissima sono essere di pocomomento verso li altri segreti di che io sono di teconsapevole? La cosa di pi importanza che non ti pensi; evolentieri te la dir quando tu mi prometta, non solo ditacerla, ma di non fare alcun segno onde suspicare si possache tu lo sappi. Cos ti do la fede mia; s che parla sicuramente.

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    Sappi che costui, che tu reputi che sia Dulippo, nobililsimo siciliano, e il suo vero nome Erostrato,figliuolo di Filogono, uno dei pi ricchi uomini di quelpaese. Come? Erostrato? Non Erostrato, figliuolo diFilogono, questo vicin nostro, il quale... Taci, se tu vuoi, e ascoltami, che io ti chiarir deltutto. Quello che insino a qui Dulippo hai reputato, , comeio ti dico, Erostrato, el quale venne per dare opera aglistudi in questa citt; et essendo a pena uscito di nave, miscontr ne la Via Grande, e subito s'innamor di me; e ditale veemenza fu questo amore suo, che in un tratto mutconsiglio, e gitt da parte i libri e i panni lunghi, edeliberossi che io sola el suo studio fussi; e per avere picommodit di vedermi e di ragionare meco, cambi li panni,el nome e la condizione con Dulippo suo servo, che soloaveva di Sicilia menato con lui: s che egli, quel dmedesimo, di Erostrato e patrone e studente, si fe' Dulippofamiglio, e ne l'abito che tu vedi, studente d'amore; etanto per diversi mezi tram, che dopo alcun d gli vennefatto d'acconciarsi per famiglio di mio padre. E questa cosa tu l'hai per certa? Per certissima. Da l'altra parte Dulippo facendosinominare Erostrato, con le veste del padrone suo, e libri et

    altre cose convenienti a chi studia, e con la reputazione diessere figliuolo di Filogono, cominci a dare opera allelettere, ne le quali ha fatto profitto et venuto in buoncredito. Non abitano altri Siciliani qui, o non ce ne sonointanto mai venuti, che gli abbino scoperti? Non ce n' capitato alcuno per stanziarsici, e pochiper transito ancora. E` stata gran ventura. Ma come insieme convengonoqueste cose, che lo studente, el quale tu vuoi che siaDulippo, e non Erostrato, ti ha fatto domandare per moglie atuo padre? E` una fizione che si fa per disturbare il

    dottoraccio de la berretta lunga, el quale con ogniinstanzia procura avermi per moglie. Ahim! non egliquello che viene in qua? Che bel marito! Mi farei beneinanzi monaca. Tu hai ragione certo. Come ne viene per farsivedere! O Dio, che pazza cosa un vecchio innamorato! AT.1, SC.2 Non erano ora, Pasifilo, gente inanzi a quella porta? S, erano, sapientissimo Cleandro: non ci hai tuveduto Polinesta tua? Eravi Polinesta mia? Per Dio, non l'ho conosciuta. Non me ne maraviglio: oggi uno aer grosso e mezonebbioso, et io l'ho pi compresa ai panni, che io l'abbia

    raffigurata al viso. Io, Dio grazia, di mia etade ho assai buona vista esento in me poca differenza da quel ch'io ero di venticinqueo trenta anni. E perch non? sei tu forse vecchio? Io sono ne li cinquantasei anni. (Ne dice dieci manco!) Che di' tu: dieci manco? Dico che io ti stimavo di dieci manco: non mostripassare trentasei o trentotto anni al pi.

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    Io sono pure al termine che io ti narro. In buona etade sei tu, e l'abitudine tua promette chearriverai alli cento anni. Lasciami vedere la mano. Sei tu chiromante? Chi ne fa maggior professione di me? Mostramela, digrazia. O bella e netta linea, non ne vidi un'altra mai coslunga: tu camperai pi che Melchisedech. Tu vuoi dir Matusalem. Io credevo che fussi tutto uno. Tu sei poco dotto ne la Bibia. Anzi dottissimo, ma in quella che sta ne la botte. Ohcome buono questo monte di Venere! ma non siamo in lococommodo: vogliotela vedere un'altra matina ad agio, e tifar intendere cose che ti piaceranno. Tu mi farai cosa gratissima. Ma dimmi: di chi ti crediche Polinesta pi si contentasse, avendol per marito, o diErostrato o di me? Di te sanza dubbio: ella una giovane magnanima; fapi conto de la reputazione che acquister per esser tuamoglie, che di ci che all'incontro sperar possa da quelscolare, che Dio sa quel ch'egli a casa sua! El fa molto el magnifico in questa terra. S, dove non chi gli dica il contrario. Ma facci asua posta: la tua virt val pi che tutta Sicilia.

    A me non convien lodare me stesso; tuttavia dir pure,per la veritade, che la mia scienza al bisogno mi pivalsa che tutta la roba che io avessi potuto avere. Io usciidi Otranto, che la patria mia, quando fu preso da' Turchi,in giubbone, e venni a Padova prima, e di l in questacitt; dove leggendo, avocando e consigliando, in spazio diventi anni ho acquistato il valere di quindici mila ducati opi. Queste sono vere virt. Che filosofia? che poesia?Tutto il resto de le scienzie, verso quelle de le leggi, mipaiono ciancie. Ciancie ben dicesti; unde versus: Opes dat sanctioIustiniana; Ex aliis paleas, ex istis collige grana.

    O buono! Di chi ? di Virgilio? Che Virgilio? d'una nostra glosa escellentissima. Bello e moral certo, e degno di porsi in lettered'oro. Tu di avere acquistato oggimai pi di quello che aOtranto lasciasti. Triplicato ho le mie facult: vero che io vi persiuno figliolino di cinque anni, che avevo pi caro che quantaroba sia al mondo. Ah! troppo gran perdita veramente. Non so se morisse o pure ancora viva in captivitade. Io piango per compassione che n'ho; ma sta di buonavoglia, che con Polinesta ne acquisterai de gli altri. Che pensi tu di queste lunghe che Damone mi d?

    E` il padre desideroso di ben locare la figliuola:prima che determini, vuol pensarci e ripensarci un pezzo; manon dubito punto che al tuo favore non si risolva in fine. Gli hai tu fatto intendere che io le voglio faresopradote di duo mila ducati? Io non son stato a quest'ora. Che ti risponde? Non altro, se non che Erostrato gli offerisce ilmedesimo. Come pu obligarsi Erostrato a questo, essendo

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    figliuolo di famiglia? Credi tu che io sie stato negligente aricordarglielo? Non dubitare che l'aversario tuo non peraverla se non forse in sogno. Va, Pasifilo mio, se mai aspetto da te piacere, etruova Damone, e digli che io non gli domando altro che suafigliuola, e non voglio da lui dote: io la doter del mio, ese duo mila ducati non sono a bastanza, io ve ne aggiugnercinquecento, e mille, e quel pi che vuole egli medesimo.Va, e fa quella opera che io so che tu saprai fare. Nonintendo in modo alcuno di perdere questa causa. Non tardarepi, va adesso. Dove ti ritrover poi? A casa mia. A che ora? Quando vorrai tu. Ben t'inviterei a desinare meco, madigiuno oggi che vigilia di san Nicol, il quale ho indivozione. (Digiuna tanto che ti muoi di fame.) Ascolta. (Parla co' morti, che digiunano altres.) Tu non odi? (N tu intendi?) Ti sei sdegnato perch non ti ho invitato a desinare

    meco? Tuttavia tu ci puoi venire: ti dar di quello cheaver io ancora. Credi tu che mi manchi dove mangiare? Non credo gi che ti manchi, Pasifilo mio caro. Siene pur certo: ho chi me ne prega. Anzi ne sono certissimo; ma so bene che in loco alcunonon sei meglio veduto che in casa mia. Io t'aspetter. Ors, verr, poi che me lo commandi. Fa che mi porti buona novella. E tu provedi che io truovi buona scodella. Ti loderai di me. E tu vedrai l'opera mia. - Che avarizia! Che miseriad'uomo! Truova scusa di digiunare, perch non desini con

    lui, quasi che io abbia a mangiare con la sua bocca; eperch'egli usato apparecchiare splendidi conviti, onde iogli debba restare molto obligato se mi vi chiama. Oltre cheparcissimamente sia parata la mensa, vi differenzia sempregrandissima tra el suo cibo e il mio: io non gusto mai delvino ch'egli beve, n del pane ch'egli mangia; sanza altrivantaggiuzzi che in un medesimo desco ha sempre da me: e glipare che se talvolta mi tiene seco a desinare o a cena, aversatisfatto a ogni fatica che continuamente per esso mipiglio. Crederia forse alcuno che in altra maggior cosa misia liberale: io posso dire in veritade che mai, da sei osette anni in qua ch'io tengo sua pratica, non mi don tantoche vaglia una stringa. E' si crede ch'io mi pasca del suo

    favore, perch talvolta dice, e con fatica ancora, unaparola per me. Oh se io non mi procacciassi altronde ilvivere, come ben la farei! Ma sono come el bvaro o lalontra, che sto in acqua e in terra, dove io ritruovomiglior pastura. Io non sono men dimestico di Erostrato,ch'io sia di costui; or de l'uno or de l'altro pi amico,quando or l'uno or l'altro mi apparecchia miglior mensa.Cos bene mi so reggere fra loro, che quantunque l'uno miveggia o intenda ch'io sia con l'altro, non per di me sifida manco; perch gli faccio poi credere ch'io sguito

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    l'aversario per spiare segreti: e cos, ci che da tutti duotrar posso, riporto all'uno e all'altro. Sortisca questapratica l'effetto che vuole: a me ne ar grazia qualunqued'essi ne rimarr vincitore. Ma ecco Dulippo, el famiglio diDamone: da lui intender se il suo patrone in casa. AT.1, SC.3 Dove si va, Dulippo galante? A cercare se truovo chi desinar voglia col patronemio, el quale solo. Non ti affaticar pi, che non ne puoi trovare uno piatto di me. Non ho commissione di menarne tanti. Perch tanti? Io solo verr. E come solo, che dieci lupi hai ne lo stomaco? Questa usanza de' famigli: avere in odio tutti gliamici del suo patrone. Sai tu per che causa? Perch hanno denti. Anzi perch hanno lingua. Lingua! E che dispiacere t'ha fatto la mia lingua? Io scherzo, Pasifilo, teco. Entra in casa, che tu nontardassi troppo, che 'l patrone mio per intrare a tavola. Desina egli cos per tempo? Chi se lieva per tempo, mangia per tempo.

    Con costui viverei io volentieri. Io mi atterr altuo consiglio. Ti ser utile. - Tristo et infelice discorso fu elmio, che a' desideri miei attissima salute reputai mutar colmio servo l'abito e 'l nome, e farmi di questa casafamiglio. Speravomi, come la fame per il cibo, per l'acquala sete, il freddo pel fuoco, e mille altre simili passioniper apropriati remedi si estinguono, cos l'amorosa miabrama, per il continuo vedere Polinesta, e spesso ragionarecon essa, et a furtivi abracciamenti quasi ogni notteritrovarmela apresso, dovesse aver fine. Ahim! che di tuttili umani effetti solo amore insaziabile. Sono oggi mai duaanni che sotto spezie di famiglio di Damone ad Amore servo,

    dal quale, la sua merz, quanto di ben possa un innamoratocore desiderare, io, sopra tutti li amanti aventuroso, hoconseguito; ma quando fra tale abundanzia dovrei ricco esazio ritrovarmi, io sono el pi povero e 'l pi desiderosoche mai. Ahi lasso! che fia di me, se adesso per Cleandro miser tolta? il quale per mezo di questo importuno parassitoprocaccia averla per moglie. Non solo de li notturni amorosisollazzi rimarr privo, ma de parlarli ancora. Egli tosto neser geloso, n pur lascer che li uccelli la possinovedere. Avevo speranza interrompere al vecchio ogni disegnodopo che 'l mio servo, il quale col nome e panni e creditomio si finge esser me, gli avevo opposto rivale econcorrente; ma il cavilloso dottore ogni d ritruova nuovi

    partiti da inclinare Damone alle sue voglie. Hammi dato elservo mio intenzione tendergli una trappola all'incontro,dove la maliziosa volpe impacciata resti. Quel che egliordisca non so, n l'ho veduto questa matina. Ora andando ioad essequire ci che il padrone mio mi ha commandato, in unmedesimo viaggio vedr di trovarlo, o in casa o dove e' sia,acci che nello amoroso mio travaglio da lui riporti, se nonaiuto, almeno qualche speranza. Ma ecco a tempo il suoragazzo che esce ne la via. AT.1, SC.4

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    O Caprino, che di Erostrato? Di Erostrato? Di Erostrato sono libri, veste edanari e molte altre cose che egli ha in casa. Ah ghiotto! io ti domando che tu m'insegni Erostrato. A compito o a distesa? S'io ti prendo ne li capelli, io ti far rispondermia proposito. Taru! Aspettami un poco. Io non ne ho tempo. Per Dio! proveremo chi di noi corre pi forte. Tu mi dovevi dar vantaggio, che hai pi lunghe legambe. Dimmi, Caprino, che di Erostrato? Usc questa mattina di casa a buona ora, e non mairitornato. Io lo vidi poi in piazza, che mi disse ch'iovenissi a trre questo cesto, e ritornassi l, dove Dalio measpettaria; e cos ritorno. Va dunque, e se tu 'l vedi, digli che io hograndissimo bisogno di parlargli. Egli meglio che anch'iovada alla piazza, che forse ve lo trover. AT.2, SC.1 Se io avessi auti cento occhi, non mi bastavano ariguardare, or ne la piazza, or nel cortile, s'io vedevo

    costui. Non scolare, non dottore in Ferrara, che non misia, escetto lui, venuto ne' piedi: forse ser ritornato acasa. Ma eccolo finalmente. A tempo, patron mio, ti vedo. Deh chiamami Dulippo, per tua f, e mantieni lareputazione che una volta, volendo io cos, hai col mio nomeincominciata. Questo c'importa poco, poi che niuno qui presso checi possa intendere. Per la consuetudine potresti errare facilmente dovepotremo esser notati: abbici avertenza. Or che novelle miapporti? Buone.

    Buone? Ottime: abbin vinto el partito. Beato me, se fussi vero. Tu lo intenderai. E come? Trovai iersera il parassito, il quale non dopo moltiinviti menai a cena meco, dove con buone accoglienze e conmigliori effetti me lo feci amicissimo; et in tal modo chetutti li disegni di Cleandro e la voluntade di Damone mirivel, e mi promesse in questa pratica operare perl'avenire in mio favore. Non ti fidare di lui, ch'egli fallace e pibugiardo che se in Creta o in Affrica nato fusse.

    Lo connosco ben io: tuttavia ci che mi ha detto,tocco con mano essere verissimo. Che t'ha detto, infine? Che Damone era in animo di dare la figlia al dottore,dopo che quello offerto gli avea dumila ducati di sopradote. E queste sono le buone, anzi ottime novelle et ilpartito vinto che apportarmi dicevi? Non volere intendere tu prima che io abbia dato fineal ragionamento. Or sguita.

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    A questo gli risposi che io ero apparecchiato, nonmeno che fusse Cleandro, a fargli altrettanto di sopradote. Fu buona risposta. Aspetta, ch tu non sai ancora dove sta la difficult. Difficult? Dunque vi peggio ancora? E come posso io, fingendomi figliuolo di Filogono,senza autoritade e consenso di quello, obligarmi a tal cosa? Tu hai pi di me studiato. N tu ancora hai perso el tempo; ma il quaderno che tuti poni inanzi non tratta di queste cose. Lascia le ciancie e vieni al fatto. Io gli dissi che da mio padre avevo aute lettere, perle quali di giorno in giorno lo aspettavo in questa terra, eche da mia parte egli pregasse Damone che per quindicigiorni ancora volesse differire a concludere questomaritaggio; perch io speravo, anzi tenevo certissimo, cheFilogono averia fermo e rato ci che circa questo io avessidisposto. Utile stato almeno in questo: che per quindicigiorni ancora prolungher la vita mia; ma che ser poi? Miopadre non verr; e quando venisse ancora, non sarebbe forseal proposito nostro. Ah misero me! sie maledetto... Taci, non ti disperare: credi tu che io dorma quandoio ho a fare cosa che sia a benefizio tuo?

    Ah! caro fratel mio, tornami vivo; che io sono stato,poi che queste pratiche si cominciarono, sempre peggio chemorto. Or ascolta. Di'. Questa matina montai a cavallo et uscii de la portadel Leone, con animo di andare verso il Polesine per fare lafaccenda che tu sai; ma un partito, che mi si offerse assaimigliore, me lo ha fatto lasciare. Passato che io ebbi ilPo, e cavalcato in l forse duo miglia, me incontrai in unogentiluomo attempato e di buono aspetto, che ne veniva contre cavalli in sua compagnia. Io lo saluto, egli mi rispondegraziosamente: gli domando donde viene e dove va: mi dice

    venire da Vinegia, per ritornarsi ne la sua patria, che gli sanese. Io subito con viso ammirativo gli replico: -Sanese! e come vieni tu a Ferrara, dunque? - Et egli mirisponde: - O perch non ci debbo venire? - Et io: - Come!non sai tu a che pericolo ti poni se ci vieni, quando persanese tu ci sia connosciuto! - Et egli allora, tuttostupefatto e timido si ferma, e mi priega in cortesia che iogli voglia esplicare il tutto a pieno. Io non intendo questa trama. Credolo: ascolta pure. Segui. Ora io gli soggiungo: - Gentiluomo mio caro, perch nela terra vostra un tempo che io vi studiai sono stato

    accarezzato e ben visto, io debitamente a tutti li Sanesisono affezionatissimo; e per, dove el danno e la vergognatua vietar posso, non la comporter per modo alcuno. Mimaraviglio che tu non sappi l'ingiuria che li tuoi Sanesifeciono a' d passati agl'imbasciadori del duca di Ferrara,li quali dal re di Napoli in qua se ne ritornavano. Che favola questa che tu hai cominciata? Cheappertengono a me queste ciancie? Non favola, ti dico: cosa che ti appertiene assai.Odi pure.

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    Segui. Io gli dico: - Questi imbasciadori avevano con loroparecchi poledri e alcuni carriaggi di selle e fornimenti dacavalli bellissimi, e sommachi e profumi et altre cose bellee signorili, che tutte in dono il re Ferrante a questoprincipe mandava. E come giunsono a Siena, le furono allegabelle ritenute: onde n per patenti che gli avessino, nper testimoni che producessino che le robe erano del duca,le poteron mai spedire; fino che d'ogni minima cosa pagoronoil dazio sanza avervi remissione d'un soldo, come se del pivile mercatante che sia al mondo fussino state. Pu essere che questa cosa appertenga a me; ma non vitruovo n capo n via, perch io lo debba credere. O come sei impaziente! ma lasciami dire. Di' pur: tanto quanto io ti ascolter. Io li seguo: - Poi avendo il duca inteso questo, ne hadopo fatto querela a quel Senato, e per lettere e per un suocancelliero, che vi ha mandato a questo effetto; et ha avutala pi insolente e bestial risposta che si udissi mai. Perquesto di tanto sdegno et odio si contro a tutti li Sanesiinfiammato, che ha disposto spogliare sino alla camiciaquanti nel dominio suo capiteranno, e di qui con grandissimaignominia cacciarli. Onde s gran bugia e s sbita ti imaginasti, e a che

    effetto? Tu lo intenderai; n a proposito nostro pi di questasi poteva ritrovare. Ors, io sto attento alla conclusione. Vorrei che le parole avessi udite, e veduto la facciae li gesti ch'io fingevo a persuaderli. Credoti pi che non mi narri, che non pure adessoche io ti connosco. Io gli soggiunsi che notificato con pena capitale eraagli albergatori che, se alloggiassino Sanesi, ne dessinoagli ufiziali indizio. Questo vi mancava! Costui di chi ti parlo, ch'al primo tratto iscorsi non

    essere de li pi pratichi uomini del mondo, come intesequesto, voltava la briglia per ritornarsene indrieto. E ben dimostra che sia mal pratico, credendoti questabaia. Come potrebbe essere che non sapesse quello che fussine la sua patria occorso? Facilmente: se gi pi d'un mese se n' partito,bene essere pu che non sappi quello che da sei giorni inqua sia intervenuto. Pur non debbe avere molta esperienzia. Credo che ne abbia pochissima, e ben reputo la nostragran ventura, che mandato ci abbi tale uomo inanzi. Or odipure. Finisci pure.

    Egli, come io ti narro, poi che intese questo, volgevala briglia per tornarsi indrieto. Io, fingendomi stare sopradi me alquanto pensoso, a benefizio di esso, dopo pocointervallo gli dissi: - Non dubitare, gentiluomo, che horitrovato sicurissima via a salvarti, e sono deliberato, peramore de la tua patria, fare ogni opera che tu non sia persanese in Ferrara connosciuto. Voglio che tu simuli essereil padre mio, e cos tu te ne verrai alloggiar meco. Io sonosiciliano d'una terra l detta Catania, figliuolo d'unomercatante chiamato Filogono. Cos tu dirai a chiunque te ne

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    dimandassi: che sei Filogono catanese, e io, che Erostratomi chiamo, tuo figliuolo sono; et io per padre ti onorer. O come sciocco sino adesso sono istato! Pure oracomprendo il tuo disegno. E che te ne pare? Assai bene; pure mi resta uno scrupolo che non mipiace. Che scrupolo? Che mi pare impossibile che, stando qui e parlandocon altri, presto non se ne aveda che tu l'abbi soiato. Come? Che facile gli sia, dissimulando ancora che siasanese, chiarirsi che questo tutto falso che tu gli haidetto. Son certo che el potrebbe accadere, se io mi fermassiqui, n ci facessi altra provisione; ma ben l'ho cosaccarezzato gi, e cos lo carezzer in casa, e farollitanto onore, che sicuramente allargare mi potr con lui, enarrargli come sta la cosa a punto. Ser bene ingrato poi,se negassi di aiutarmi in questo, dove egli non ci ha se nona metter parole. Che vuoi tu che costui poi faccia? Quello che farebbe Filogono se qui si trovasse, efusse di questo parentado contento. Credo che mi ser facil

    cosa disporlo che in nome di Filogono faccia instrumenti econtratti e tutte le obligazioni che io gli sapr domandare.Che nocer a lui obligare il nome di altri, non essendo egliper patire di questo uno minimo detrimento? Pur che succeda il disegno. Non ci potremo di noi dolere almeno, che non abbiamofatto quel tutto che sia stato possibile per aiutarsi. Or su, ma dove l'hai tu lasciato? Io l'ho fatto ismontare fuori del borgo, all'osteriade la Corona, perch in casa, come sai, non ho fieno, npaglia, n stanza d'alloggiare cavalli. Perch non l'hai ora menato in tua compagnia? Prima ho voluto parlar teco, et avisarti del tutto.

    Non hai mal fatto; ma non tardare; va, e menalo acasa, e non guardare a spesa per farli onore. Adesso vado; ma per mia f, ch'egli questo che vienein qua. E` questo? Io lo voglio aspettare qui, per vedere seha viso di quel ch'egli . AT.2, SC.2 In grandi et inopinati pericoli spesso incorre chi vapel mondo. E` vero. Se questa matina, passando noi al ponte delLagoscuro, si fossi la nave aperta, tutti affogavamo; chenon alcuno di noi che sappia notare. Io non dico di questo.

    Tu vuoi dir forse del fango che noi trovamo ierivenendo da Padova, che per dua volte fu la mula tua pertraboccare? Va, tu sei una bestia: dico del pericolo nel quale inquesta terra siamo quasi incorsi. Gran pericolo certo, ritrovare chi ti lievi da laosteria e ti alloggi in casa sua! Merc del gentiluomo che vedi l. Ma lascia lebuffonerie: gurdati, e cos dico a voi altri, guardatevitutti di dire che siamo sanesi, o di chiamarmi altrimenti

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    che Filogono di Catania. Di questo nome strano mi ricorder male; ma quellaCastagnia non mi dimenticher gi. Che Castagnia? io dico Catania, in tuo mal punto. Non sapr dir mai. Taci dunque; non nominare Siena, n altro. Vi tu ch'io mi finga mutolo, come io feci un'altravolta? Sarebbe una sciocchezza oramai. Or non pi, tu haipiacere di cianciare. Ben venga el mio figliuolo. Abbi a mente che questi Ferraresi sono astuti, che nin parole n in gesti si possino accorgere che tu sia altroche Filogono catanese, e mio padre. Non dubitare. El dubbio a te pi tocca e a questi tuoi, che seresteincontinente isvaligiati, e forse ancora ve ne seguiriapeggio. Io gli venivo ammonendo: sapranno simulareottimamente. Con li miei di casa ancora simulate non meno che congli altri, perch li famigli che io ho sono tutti di questaterra, n mio padre n Sicilia videro mai. Questa lastanza nostra: entriamo drento. Io vado inanzi.

    E cos conviene per ogni rispetto. Il principio assai buono, purch vi corrisponda ilmezo e il fine. Ma non questo el rivale e competitore mioCleandro? O avarizia, o cecit de gli uomini! che Damone,per non dotare una cos gentile e costumata figliuola, pensicostui farsi genero, che gli serebbe per etade convenientesuocero! et ama assai pi la sua borsa che quella de lafigliuola, che per non scemare l'una di qualche fiorino, nonsi curerebbe che l'altra in perpetuo vta rimanessi, salvose non fa conto che questo vecchio gli ponga drento de lisuoi doppioni. Deh misero me, che io motteggio e ne ho pocavoglia! AT.2, SC.3

    Che ora importuna questa, patron mio, di venire perquesta contrada? Non banchiero in Ferrara che non sia itoa bere ormai. Venivo per vedere se io trovavo Pasifilo, che io lomenassi a desinar meco. Quasi che sei bocche che in casa tua si ritruovano, esette con la gatta, non sieno a mangiare sufficienti unoluccetto d'una libra e mezo, e una pentola di ceci, e ventisparagi, che senza pi sono per pascere te e la tua famigliaapparecchiati. Temi tu che ti debba mancare, lupaccio? (Non debbo io soiare un poco questo uccellaccio?) Non sarebbe la prima fiata.

    (Che gli dir?) Pure io non dico per questo, ma perch la famigliastar a disagio, n Pasifilo rimarr satollo, che mangerebbete, con la pelle et ossa de la tua mula: direi ancora lacarne insieme, se la ne avessi. Tua colpa, che cos bene ne hai cura. Colpa pure del fieno e de la biada, che son cari. (Lascia, lascia fare a me.) Taci, imbriaco, e guarda per la contrada se tu vedicostui.

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    (Quando io non faccia altro, porr tra Pasifilo e luitanta discordia, che Mercurio non li potrebbe ritornareamici.) Non potevi tu mandarlo a cercare sanza che tu civenissi in persona? S, perch voi siete diligenti! O patrone, di' pure che tu passi di qui per vederealtro che Pasifilo; che se Pasifilo ha voglia di mangiareteco, un'ora che ti deve aspettare a casa. Taci, che io intender da costui s'egli in casa delpatron suo. Non sei tu de la famiglia di Damone? S, sono al piacere e al servizio tuo. Ti ringrazio. Mi sai dire se Pasifilo questa matina stato a parlargli? Vi stato e credo che vi sia ancora: ah, ah, ah! Di che ridi tu? D'un ragionamento che egli ha auto col patron mio,che non per da ridere per ognuno. Che ragionamento ha auto con lui? Ah, non da dire. E` cosa che a me s'appertenga? Eh! Tu non rispondi? Ti direi il tutto, s'io credessi che tu me lo tenessi

    secreto. Io tacer, non dubitare. Aspetta tu l. Se 'l mio patrone lo risapesse poi, guai a me. Non lo risaper mai; di' pure. Chi me ne assicura? Ti dar la fede mia in pegno. E` tristo pegno: l'Ebreo non vi d sopra dinari. Tra gli uomini da bene val pi che oro o gemme. Vi pur che io tel dica? S, se appertiene a me. A te appertiene pi che a uomo del mondo, e mi duoleche una bestia, quale Pasifilo, dileggi un par tuo. Dimmi, dimmi, che cosa ?

    Voglio che tu mi giuri per sacramento che mai tu nonparlerai, n con Pasifilo, n con Damone, n con personaalcuna. Io son contento: aspetta ch'io toglia una carta. (Questa debbe essere qualche ciancetta, che colui glid da parte di questa giovane che l'ha fatto impazzare, consperanza di trarne qualche guadagnetto.) Ecco pure che io ho ritrovato una lettera. (Connosce male l'avarizia sua: ci bisognano tanagliee non parole, che pi presto si lascerebbe trarre un dentede la mascella che un grosso de la scarsella.) Pigliala tu in mano, e cos ti giuro che di quanto tumi dirai, non ne parler a persona del mondo, se non quanto

    piacer a te. Sta bene. E' m'incresce che Pasifilo ti dia la soia,e che tu creda che parli e procuri per te; et instacontinuamente e stimula el patron mio che dia sua figliuolaa un certo scolare forestieri che ha nome Rosorostro oArosto. Non lo so dire: ha un nome indiavolato. Chi ? Erostrato? S, s, non mi sarebbe mai venuto in bocca. E dicetutti li mali che si possibile imaginarsi di te. A chi?

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    A Damone et a Polinesta ancora. Ah ribaldo! E che dice egli? Quanto si pu dir peggio. O Dio! Che tu sei il pi avaro e misero uomo che nascessemai, e che tu la farai morire di fame. Pasifilo dice questo di me? Di questo el padre si cura poco, che ben sapeva che,sendo tu de la professione che tu sei, non potevi esserealtrimenti che avarissimo. Io non so che avaro: so bene che chi non ha roba aquesto tempo reputato una bestia. Egli ha detto che tu sei fastidioso et ostinato sopratutti gli altri, e che tu la farai consumare d'affanno. O uomo maligno! E che d e notte non fai altro che tossire e sputare,e che li porci averieno schifo di te. Io non tosso, n sputo pur mai. Uh, uh, uh... E`vero che io sono adesso un poco infreddato; ma chi non diquesto tempo? E dice molto peggio: che ti puzzano li piedi e leascelle e, pi che 'l resto, il fiato. O traditore! al corpo ch'io... E che tu sei aperto di sotto, e che ti pende fino

    alle ginocchia una borsa pi grossa che tu non hai la testa. Non abbia mai cosa ch'io voglia, s'io non ne lo pago.Ei mente per la gola di ci che e' dice: s'io non fussi quine la via, ti farei vedere il tutto. E che tu la domandi pi per voglia che hai di marito,che di moglie. Che vuol per questo inferire? Che con tale sca vorresti tirarti li giovani a casa. Li giovani a casa io? A che effetto? Che tu patisci una certa infermit, a cui giova et apropriato rimedio lo stare con li giovani di prima barba. Pu fare Iddio, ch'egli abbia dette queste cose? Altre infinite; e non pur questa, ma molte e molte

    altre fiate ancora. Damone gli crede? Pi che al Credo, e sono molti d che te avria datorepulsa, se non che Pasifilo l'ha pregato che ti tenga inparole, perch pur spera con queste pratiche cavarti di manqualche cosetta. O scelerato! O uom senza fede! Perch io non mi avevopensato donargli queste calze che io ho in piedi, come iol'avessi un poco pi fruste! Mi caver da le mani... eh!voglio che mi cavi un capestro che l'impicchi. Vuoi cosa che io possa, che io ho fretta di tornare acasa? Non altro.

    Per tua f, non ne parlare con persona del mondo, chesaresti causa de la mia ruina. Io t'ho una volta dato la fede mia. Ma dimmi, come il tuo nome? Mi dicono Maltivenga. Sei tu di questa terra? No, sono d'un castello l in Pistorese, nomatoFustiucciso. A Dio, non ho pi tempo da star qui. O misero me, di chi mi sono fidato! Che messaggio, cheinterpetre me avevo io trovato!

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    Patrone, andiamo a desinare. Vuoi tu stare fino asera a posta di Pasifilo? Non mi rompere il capo: che fossi amendua impiccati! (Non ha avute novelle che gli sieno piaciute.) Hai tu cos gran fretta di mangiare? Che non possi tumai saziarti! Son certo che io non mi sazier mai fin che io stoteco. Andiamo, col malanno che Dio ti dia. El mal sempre a te e a tutto il resto de gli avari. AT.3, SC.1 Come siamo a casa, credo ch'io non ritrovar del'uova che porti in quel cesto uno solo intero. Ma con chiparlo io? Dove diavolo rimasto ancora questo ghiotto? Sarrestato a dar la caccia a qualche cane o a scherzare conl'orso. A ogni cosa che truova per via, si ferma: se vedefacchino o villano o giudeo, non lo terrieno le catene chenon gli andasse a fare qualche dispiacere. Tu verrai pureuna volta, capestro: bisogna che di passo in passo ti vadiaspettando. Per Dio, s'io truovo pure un solo di quelle uovarotte, ti romper la testa. S ch'io non potr sedere. Ah! frasca, frasca. S'io son frasca, son dunque mal sicuro a venir con

    un becco. S'io non fussi carico, ti mostrerei s'io sono unbecco. Rade volte t'ho veduto che tu non sia carico, o divino o di bastonate. Al dispetto ch'io non dico!... Ah poltrone! tu biastemi col cuore e non osi con lalingua. Io lo dir al patrone: o ch'io mi partir da lui, oche tu non mi dirai villania. Fammi il peggio che tu sai. Che romore questo? Costui mi vuol battere, perch io lo riprendo che

    biastema. E' mente per la gola: mi dice villania perch'io losollicito che venga presto. Non pi parole. Tu apparecchia ci che fa di bisogno;come io ritorno, ti dir quello ch'io voglio che sia lesso,e quello arrosto; e tu, Caprino, pon gi quel cesto e tornache mi facci compagnia. O come ritroverei volentieriPasifilo! e non so dove. Ecco il patron mio, forse me nesapr dare egli notizia. Che hai tu fatto del tuo Filogono? L'ho lasciato in casa. E dove vai tu ora? Vorrei trovare Pasifilo. Me lo sapresti insegnare tu?

    No; ben vero che questa matina desin qui conDamone, ma non so poi dove sia ito. E che ne vuoi tu fare? Che egli notifichi a Damone la venuta di questo miopadre, el quale apparecchiato a fare la sopradote et ognialtra cosa che possa egli per noi. Voglio che tu veda se iosapr quanto quel pecorone, che fa ci che pu per diventareun becco. Va, caro fratello; cerca Pasifilo tanto che tu lotruovi, che oggi si concluda quel che possibile abenefizio nostro.

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    Ma dove debbo io cercare? Dove si apparecchiano conviti: alle pescherie et allebeccherie si ritrover ancora spesso. Che fa egli quivi? Per vedere chi fa comperare qualche bel petto o lonzadi vitella, o qualche gran pesce, acci che improviso poigli sopraggiunga, e con un bel - pro vi faccia - con loro siponga a mensa. Io cercher tutti questi lochi: ser gran fatto che ionon ve lo truovi. Fa poi che io ti riveda, che io t'ho da far ridere. Di che? D'uno ragionamento che io ho avuto con Cleandro. Dimmelo ora. Non ti voglio impedire. Va pure, ritruova costui. AT.3, SC.2 L'amorosa contenzione, la quale tra Cleandro ecostui che procura in mio nome, al gioco di zara mi paresimile: dove tu vedi l'uno far del resto, che in pi volteha perduto tanto, che tu aspetti che a quel punto esca digiuoco. La fortuna gli arride, e vince quel tratto, e dua, equattro apresso, tanto che si rif: tu vedi all'altro, chedal canto suo quasi tutti li dinari aveva ridotti, scemarsiil monte tanto, che resta nel grado in che pur dianzi era il

    suo aversario; poi di nuovo risurge, e di nuovo cade: e cosa vicenda or l'uno or l'altro guadagna e perde, fin cheviene in un punto chi da un lato raccoglie il tutto, elascia netto l'altro pi che una bambola di specchio. Quantevolte mi ho estimato avere contro a questo maladetto vecchiovinto el partito! Quante volte ancora me gli sono vedutoinferiore! E quinci e quindi in pochi giorni s m'hatravagliato Fortuna, che n sperare molto n in tuttodisperar mi posso. Questa via, che l'astuzia del mio servoha investigata, assai al presente mi par sicura; tuttavianon meno mi si agita il core che soglia nel petto, chequalche impremeditato disturbo non si interponga. Ma ecco elmio signore Damone, che esce fuora.

    Dulippo. Patrone. Ritorna in casa, e di' al Nebbia, al Moro et al Rossoche venghino fuora, che io gli voglio mandare in diversiluochi. E tu va ne la cameretta terrena, e guarda nel'armario de le scritture, e cerca tanto che tu ritruovi unoinstrumento, rogato per Lippo Malpensa, de la vendita chefece Ugo da le Siepi al mio bisavolo, d'un campo di terrache si chiama il Serraglio, et arrecalo qui a me. Io vado. (Va pure, che bene altro instrumento, che non pensi,vi troverai. O misero chi in altro che in s stesso siconfida! O ingiuriosa Fortuna, che da casa del diavolo

    questo ladroncello qui mandato mi hai per ruina de l'onormio e di tutta la mia casa!) Venite qua voi, e fate quelloche io vi commander; ma con diligenzia. Andate ne la cameraterrena, dove troverete Dulippo, e simulando di volerealtro, accosttevegli, e prendetelo, e con la fune che io viho lasciata a questo effetto, che vedrete in sul desco,legategli le mane e li piedi, e portatelo ne la stanzapiccola e buia, la quale sotto la scala, e lasciateloquivi, e con destrezza e con minore strepito che si pu. Tu,Nebbia, ritorna, fatto questo, a me sbito: eccoti la

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    chiave; riportamela poi. Ser fatto. Come debbo io, ahi lasso! di cos grave ingiuriavendicarme? Se questo scelerato secondo li pessimi suoiportamenti e la mia iustissima ira punir voglio, da le leggie dal principe ser punito io, perch non lice a cittadinoprivato di sua propria autorit farsi ragione; e se al ducae alli ufiziali suoi me ne lamento, publico la mia vergogna.Deh! che penso io di fare? Quando di questo tristo avessifatto tutti li strazi che sieno possibili, non potr farper che mia figliuola violata et io disonorato in perpetuonon sia. Ma di chi voglio io fare strazio? Io, io solo sonquello che merito d'essere punito, che me ho fidatolasciarla in guardia di questa puttana vecchia. Se io volevoche fussi bene custodita, la dovevo custodire io, farladormire ne la camera mia, non tenere famigli giovani, non lefare un buon viso mai. O cara moglie mia, adesso connosco laiattura che io feci, quando di te rimasi privo! Deh! perch,gi tre anni, quando io potetti, non la maritai? Se ben noncos riccamente, almeno con pi onore l'arei fatto. Io hoindugiato di anno in anno, di mese in mese, per porlaaltamente: ecco che me ne accade! A chi volevo io darla? aun principe. O misero, o infelice, o sciaurato me! Questo ben quel dolore che vince tutti gli altri. Che perder roba!

    che morte di figliuoli e di moglie! Questo l'affanno soloche pu uccidere, e mi uccider veramente. O Polinesta, lamia bontade verso te, la mia clemenzia non meritava un cosduro premio. Padrone, il tuo commandamento essequito abbiamo:eccoti la chiave. Bene sta: vanne ora a ritrovare Nomico da Perugia, eda mia parte lo priega che mi presti quelli ferri daprigioniero, che egli ha; e torna sbito. Io vado. Odi: se ti domanda quel che ne voglio fare, di' chetu nol sai. Cos dir.

    Ascolta: guarda che non dicessi a alcuno che Dulipposia preso. Non ne parler con uomo vivo. AT.3, SC.3 E` impossibile maneggiare li danari d'altri chequalcuno non te ne rimanga fra l'unghie. Mi maravigliavobene che Dulippo vestir si potesse cos bene, di quel pocosalario ch'egli aveva dal patrone. Ora comprendo quale neera la causa: egli era il spenditore; egli aveva la cura divendere li formenti e li vini; egli pigliava e teneva contode l'entrate e de le spese, et era fa il tutto. Dulippo diqua. Dulippo di l: egli favorito del patrone, egli favoritode' figliuoli: noi tutti altri di casa apresso lui eramo da

    niente. Vedi in un tratto quello che ora gli intervenuto!Gli sarebbe stato pi utile non fare tante cose. Tu di' ben vero, che egli l'ha fatto troppo. Donde diavolo esci tu? Di casa vostra, per l'uscio di drieto. Credevo che gi due ore ti fussi partito. Ti dir. Come ebbi desinato, andai ne la stalla perfare... tu ben m'intendi, e mi prese il maggior sonno ch'ioavessi mai, e mi coricai di sopra alla paglia, et ho dormitoin fino adesso. Ma dove vai tu?

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    A fare una faccenda, che m'ha il patrone imposto. Non si pu ella dire? No. Tu sei molto secreto. - Quasi ch'io non lo sappiameglio di lui. O Dio, che ho io sentito! O Dio, che ho iovisto! O Cleandro, o Erostrato, che moglie desiderate, evergine, come vi potria succedere facilmente che arestil'uno e l'altro insieme: che Polinesta, bench essa non sia,forse ha la vergine nel corpo, che voi cercate! Chi averiadi lei cos creduto? Dimanda alla vicinanza di suacondizione: la migliore, la pi devota giovane del mondo;non pratica mai se non con suore; la pi parte del d sta inorazione; rarissime volte si vede o a uscio o a finestra;non si ode che d'alcuno innamorata sia: una santarella.Buon pro le faccia! Colui che l'aver per moglie, guadagnerpi dote che non si pensa: un paio almeno, se non pi, dilunghissime corna mancar non gli possono. Per la mia linguanon si sturberanno gi queste nozze, anzi le procurer piche mai. Ma non questa la malefica vecchia che dianzi udiiche tutta la trama a Damone ha discoperta? Dove si va,Psiteria? Qui presso a una mia comare. Che vi vai tu a fare? A cicalare con essa un poco dele belle opere de la tua giovane patrona?

    Non gi, in buona f; ma che sai tu di queste cose? Tu me l'hai fatte intendere. E quando te lo dissi io? Quando a Damone anco tu lo dicevi; che io ero inluogo ch'io ti vedevo e udivo. O bella pruova! accusarequella misera fanciulla, e dar cagione a quel povero vecchioche si muoia d'affanno! oltre alla ruina di quello infelicegiovane e de la nutrice, et altri scandali che neseguiranno. E` stato inconsideratamente, e non ho tanta colpacome tu pensi. E chi ne ha colpa? Ti dir come stata la cosa. Sono molti d che io

    mi ero aveduta che Dulippo si giaceva quasi ogni notte conPolinesta per mezo de la nutrice, e mi tacevo; ma questamattina la nutrice cominci a garrir meco, e ben tre voltemi disse imbriaca; e le risposi alfine: - Taci, taci,ruffiana, tu non sai forse che sappi quello che per Dulippofai quasi ogni notte? - ma bene in verit non credendoessere udita. Ma la disgrazia volse che il patrone meintese, e mi chiam l, dove stata forza che io li narriil tutto. E come bene gliel'hai narrato! Ah misera me! Se io pensavo che il patrone se lodovessi cos avere a male, mi averia prima lasciatauccidere, che io gliel'avessi rivelato.

    Gran fatto, se dovea averselo per male. Mi duole di quella misera fanciulla che piange e sistraccia i capelli, e si dibatte, che gli gran compassionea vederla; non perch il patre l'abbia battuta nminacciata, anzi il doloroso vecchio ha pianto con lei: maper piet che ella ha de la sua nutrice, e pi, sanzaparagone, di Dulippo, che amendua sono per fare male lifatti loro. Ma voglio andare, che io ho fretta. Va pure, che tu gli hai ben concio la cuffia in capo. AT.4, SC.1

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    Che debbo io fare, misero me? Che partito, cherimedio, che scusa ci posso pigliare io, per nascondere lafallacia cos prospera, e sanza un minimo impedimento gidua anni sino a quest'ora continuata? Or si connoscer seErostrato o pur Dulippo sono io, poi che 'l vecchio patronmio, il vero Filogono, inopinatamente ci sopravenuto.Cercando io Pasifilo, et avendomi detto uno che veduto loaveva fuor de la porta di San Paulo uscire, me n'ero andatoper ritrovarlo al porto; et ecco vedo una barca alla ripagiungere: levo gli occhi et ho su la prua veduto prima Licomio conservo, e poi fuor del coperto porre a un tempo il miovecchio padrone il capo. Ho vlto subito le piante, e sonopi che di fretta, per avisarne il vero Erostrato, venuto,acci che egli meco, et io con lui al repentino infortuniorepentino consiglio ritroviamo. Ma che potressimoinvestigare finalmente, quando lunghissime deliberazioniancora ne concedessi il tempo? Egli per Dulippo e famigliodi Damone per tutta la terra connosciuto; et io similmentesono Erostrato e di Filogono figliuolo reputato. Vien qua,Caprino; corri l, prima che quella vecchia entri in casa, epriegala che veda se Dulippo c', e che gli dica che vengain su la strada, che tu gli vuoi parlare. Odi: non gli direch'io sia che lo dimandi. AT.4, SC.2

    O vecchia..., o vecchiaccia sorda..., non odi tu,fantasima? Dio faccia che tu non sia mai vecchio, perch a tenon sia detto similmente. Vedi un poco se Dulippo in casa. Vi pur troppo; cos non vi fussi egli mai stato! Digli in servizio mio che venghi fin qui, che iovoglio parlarli. Non pu, ch'egli impacciato. Fagli l'imbasciata, volto mio bello. Deh, capestro, io ti dico ch'egli impacciato. E tu se' impazzata: un gran fatto dirgli unaparola?

    Ben sai che gli gran fatto, ghiotto fastidioso. O asina indiscreta! O ti nasca la fistola, ribaldello, che tu seraiimpiccato ancora. E tu serai bruciata, brutta strega, se 'l cancaronon ti mangia prima. Se mi ti accosti, ti dar una bastonata. S'io piglio un sasso, ti spezzer quella testacciabalorda. Or sia in malora. Credo che tu sia il diavolo che miviene a tentare. Caprino, ritorna a me: che stai tu a contendere?Ahim! ecco Filogono, il vero patron mio, che viene in qua.

    Non so che mi debba fare: non voglio che mi veda in questoabito, n prima che io abbia il vero Erostrato ritrovato. AT.4, SC.3 Sii certo, valentuomo, che, come tu dici, cosveramente: che nessuno amore a quel del patre si puaguagliare. A chi me l'avessi, gi tre anni, detto, non areicreduto che di questa etade io mi partissi di Sicilia,ancora che faccenda di grandissima importanzia di fuoraaccaduta mi fussi; et ora, solo per vedere il mio figliuoloe rimenarlo meco, mi sono posto in cos lungo e travaglioso

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    viaggio. Tu vi debbi aver patito assai fatica e malconveniente alla tua oramai grave etade. Sono venuto con certi gentiluomini miei compatrioti,che voto avevano a Loreto, fino ad Ancona; et indi a Ravennain una barca, che pur conduceva peregrini, ma con pocodisconcio da Ravenna poi fin qui venire a contrario di acquapi m' incresciuto che tutto il resto del camino. E mali alloggiamenti vi si truovano. Pessimi; ma stimo questo una ciancia verso ilfastidio de gli importuni gabellieri che vi usano. Quantevolte mi hanno aperto uno forziero che ho meco in nave equella valigia, e rovistato e voltomi sozopra ci che io viho dentro, e ne la tasca m'hanno voluto vedere e cercare nelseno! Io dubitai qualche volta che non mi scorticassino, pervedere se tra carne e pelle avevo roba da dazio. Ho udito che vi si fanno grandi assassinamenti. Tu ne puoi esser certissimo, n maraviglia ne ho,perch chi cerca tali offizi, necessario che ribaldo e dipessima natura sia. Questa passata molestia ti ser oggi accrescimento diletizia, quando in riposo ti vedrai il carissimo tuofigliuolo appresso. Ma non so perch pi presto non haifatto a te lui giovane ritornare, che tu pigliarti di venire

    qui tanta fatica, non avendoci, come tu dici, altrafaccenda. Hai forse pi rispetto auto di non sviarlo dalstudio, che te medesimo porre al pericolo de la vita? Non stata questa la cagione; anzi arei piacere chenon procedessi il suo studio pi inanzi, purch ritornassi acasa. Se tu non avevi voglia che vi facessi profitto,perch ve lo hai mandato? Quando gli era a casa, gli bolliva il sangue, comealli giovani usanza, e teneva pratiche che non mi parevanobuone, e faceva ogni d qualche cosa, onde io non pocodispiacere ne avevo; e non mi credendo io che incresceretanto me ne dovessi poi, lo confortai a venire a studio in

    quella terra che a lui pi satisfacesse: e cos se ne venneegli qui. Non credo che ci fussi ancora giunto, che me necominci a dolere tanto, che da quell'ora sino a questa nonsono mai stato di buona voglia, e da indi in qua con centolettere l'ho pregato che se ne ritorni; n ho possutoimpetrarlo mai. Egli sempre ne le sue risposte me hasupplicato, che dal studio, dove mi promette escellentissimoriuscire, non lo vogli rimuovere. In verit, che da uomini degni di fede ho uditocommendarlo, et fra li scolari di ottimo credito. Mi piace che non abbia invano consumato il suo tempo;tuttavia non mi curo che sia di tanta dottrina, dovendostare per questo molti anni da lui disgiunto; che se io

    venissi a morte et egli non vi si trovassi, me ne morreidisperato. Non mi partir di questa terra, che io loritorner meco. Amar li figliuoli cosa umana, ma averne tantatenerezza feminile. Io sono cos fatto. Dirotti ancora che alla venutamia ha dato maggior causa dua o tre nostri Siciliani, chediversamente sono a caso passati per questa terra, et io gliho domandati del mio figliuolo: mi hanno risposto esserestati a Ferrara, et avere inteso di lui tutti li beni del

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    mondo, ma che non l'hanno mai potuto vedere; e sono statichi dua chi tre volte per visitarlo a casa. Dubito che siatanto in queste sue lettere occupato, che non vogli mai farealtro, e schivi di parlare con gli amici e compatrioti suoi,per non defraudare il suo studio di quel pochissimo tempo; eper questo non deve sofferir pure de mangiare, e dubito chetutta la notte vegghi. Egli giovane, con delicatezzeallevato: se ne potrebbe morire, o impazzare facilmente, odi qualche altra simile disgrazia darsi cagione. Tutte le cose troppe, sino alle virt, sono dacondennare. Ma questa la casa dove abita Erostrato tuo: iobatter. Batti. Nessuno risponde. Batti un'altra volta. Credo che costoro si dormino. Se questa porta fusse tua madre, maggior rispetto nonaveresti di batterla. Lascia fare a me. Oh, ol, non inquesta casa alcuno? AT.4, SC.4 Che furia questa? Ci volete voi spezzar l'uscio? Io credo che voi dormivate. Erostrato che fa? Non in casa.

    Apri, che noi intriamo. Se avete fatto pensiero di alloggiare, mutatelo, chealtri forestieri ci sono prima di voi, e non ci capirestitutti. Sufficiente famiglio, e da far onore a ogni patrone!E chi c'? Filogono di Catania, il padre di Erostrato, arrivato questa matina di Sicilia. Vi ser, poi che tu arai aperto. Apri, se ti piace. L'aprirvi mi ser poca fatica; ma siate certi che nonvi potrete alloggiare, che le stanze sono piene. E chi v'? Non mi avete inteso? Io dico che v' il padre di

    Erostrato, Filogono di Catania. Quando ci venne prima che adesso? Sono pi di quattro ore ch'egli smont all'osteria dela Corona, dove ancora sono li cavalli suoi, et Erostrato viand poi e l'ha menato qui. Io credo che tu mi dileggi. E voi avete piacere di farmi star qui, perch io nonfaccia quello che ho da fare. Costui debbe essere imbriaco. Ne ha l'aria: non vedi come rosso in viso? Che Filogono questo di chi tu parli? E` un gentiluomo da bene, padre del mio patrone. E dov' egli?

    E` qui in casa. Potrei io vederlo? Credo che s, se cieco non sei. Dimandalo in servizio, che venga di fuori, tanto cheio gli parli. Io vo. Non so quello mi debba imaginare di questo. Patrone, il mondo grande. Non credi tu che vi siapi d'una Catania e pi d'una Sicilia, e pi d'uno Filogonoe d'uno Erostrato, e pi d'una Ferrara ancora? Questa non

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    forse la Ferrara dove sta il tuo figliuolo, che noicerchiamo. Io non so ch'io mi creda, se non che tu sia pazzo ecolui imbriaco, n sappia che si dica. Guarda tu,valentuomo, che non abbi errato la stanza. Non credi tu ch'io connosca Erostrato di Catania, enon sappia che stia qui? Pur ieri ce lo vidi; ma ecco chi tipotr chiarire, che non ha viso d'imbriaco come quelfamiglio. AT.4, SC.5 Mi domandi tu, gentiluomo? Vorrei intendere donde tu sia. Siciliano sono, al piacer tuo. Di che terra? Di Catania. Come hai nome? Filogono. Che esercizio il tuo? Mercatante. Che mercanzia hai tu menato qui? Niuna: ci sono venuto per vedere un mio figliuolo chestudia in questa terra, e sono pi di dua anni che io non lovidi. Chi tuo figliuolo?

    Erostrato. Erostrato tuo figliuolo? S, . E tu sei Filogono? S, sono. E mercatante in Catania? Che bisogna domandare? Non ti direi bugia. Anzi tu dici la bugia, e sei un baro et unocattivissimo uomo. Hai torto a dirmi villania, che non ti offesi, ch'iosappi, mai. E tu fai da tristo e barattieri a dire che tu siaquello che tu non sei.

    Io son quello che io ti dico; e se io non fussi,perch lo direi? O Dio, che audacia, che viso invetriato! Filogono diCatania sei tu? Quanto pi vuoi ch'io te lo ridica? Io sono quelFilogono che io t'ho detto. E di che ti maravigli? Che un uomo di tanta presunzione si ritruovi! N tu,n maggior di te far potrebbe che tu fussi quello che sonoio; ribaldo, aggiuntatore che tu sei. Patir io che tu dica oltraggio al patre del patronmio? Se non ti lievi di questo uscio, ti caccier questoschidione ne la pancia. Guai a te, se Erostrato qui siritruovava! Torna in casa, signore, e lascia gracchiare

    questo uccellaccio ne la strada, tanto che si crepi. AT.4, SC.6 Che ti pare, Lico mio, di queste cose? Che vuoi che me ne paia se non male? Non mi piacquemai questo nome Ferrara; ma veggio ora che sono assaipeggiori gli effetti, che non la nominanza. Hai torto a dir male de la terra nostra: questi, chevi fanno ingiuria, non sono Ferraresi, per quanto vedo alloro idioma. Tutti ne avete colpa, e pi gli ufiziali vostri, che

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    comportano queste barerie ne la sua terra. Che sanno gli ufiziali di queste trame? Credi tu cheintendino ogni cosa? Anzi credo che intendino pochissimo, e malvolentieri, dove guadagno non vedono. Doverebbeno aprir liocchi, et aver le orecchie pi patenti che non hanno leporte l'osterie. Taci, bestia; parla de' fatti tuoi. Ho paura, se Iddio non ci aiuta, che amendua pareremocome hai detto. Che faremo? Loderei che cercassimo tanto, che ritrovassimoErostrato. Io vi far compagnia per tutto: andremo alle Scuoleprima; se non quivi, lo troveremo alla piazza. Io sono stanco, et ho pi bisogno di riposo che digire atorno: l'aspetteremo qui. E` gran fatto che nonritorni a casa. Io dubito che ritrover un nuovo Erostrato egliancora. Ecco, ecco che io lo vedo l... Ma dove ritornato?Aspettami qui, che io lo chiamer. O Erostrato, o Erostrato;tu non odi? O Erostrato, torna in qua. AT.4, SC.7

    (Io non mi posso insomma nascondere: bisogna fare unbuon animo; altrimenti...)Y O Erostrato, Filogono il patre tuo venuto finodiSicilia per vederti. Tu non mi narri cosa di nuovo: io l'ho veduto e sonostato un gran pezzo con lui. E' venne fino questa matina pertempo. A quello che egli m'ha detto, non mi par gi che piveduto t'abbia. E dove gli hai tu parlato? Par che tu non lo connosca: vedilo che vien qui.Filogono, eccoti il tuo figliuolo Erostrato. Erostrato questo? Mio figliuolo non cos fatto.

    Chi questo uom da bene? Oh questo mi pare Dulippo mio servo. Chi non lo connoscerebbe? Tu sei cos vestito di lungo! Hai tu, Dulippo, ancorastudiato forse? A chi parla costui? Par che tu non mi connosca! Parlo io teco, o no? Di' tu a me, gentiluomo? O Dio, dove sono io arrivato? Questo ribaldo finge dinon connoscermi. Sei tu Dulippo, o t'ho preso in scambio? In cambio me avete voi tolto veramente, che io non hocotesto nome. Patrone, non ti dissi io che eramo in Ferrara? Ecco

    la f del tuo servo Dulippo, che niega di connoscerti! Hapreso de' costumi di qua. Taci tu, in malora. Dimanda chi ti pare in questa terra, che non ci uomoda bene che il mio nome non sappia. Tu che qui hai condottoquesto forestiero, di': chi sono io? Per Erostrato di Catania t'ho sempre connosciuto, ecos ho udito nominarti, da poi che di Sicilia venisti inquesta terra. O Dio, che oggi diventer pazzo!

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    Dubito che tu non sia gi. Non ti avedi, patrone, che siamo fra bari? Costui checredevano che mostra guida fussi, si d'accordo con questoaltro, e dice ch'egli Erostrato questo, il quale Dulippomio conservo. A torto ti lamenti di me, perch costui non udii maialtrimenti nominare che Erostrato di Catania. Che vuoi tu avere udito altrimenti nominarmi, che peril mio proprio nome? Ma sono bene io pazzo a dare audienza aparole di questo vecchio, che mi pare uscito del senno. Ah fuggitivo! ah ribaldo! ah traditore! A questo modosi accetta il patron suo? Che hai tu fatto del miofigliuolo? Ancora qui abbaia questo cane? E tu comporti,Erostrato, che ti dica villania? Torna indrieto, bestia, che vuo' tu fare di quelpestello? Voglio spezzare la testa a questo vecchio rabbioso. E tu pon gi quel sasso. Tornatevi tutti in casa: nonguardiamo al suo mal dire; abbisi rispetto all'et. AT.4, SC.8 A chi mi debbo io ricorrere e dimandargli aiuto,poich costui, che io mi ho allevato et in luogo difigliuolo auto sempre, mi tradisce, e finge di non

    connoscermi? E tu, che per guida avevo tolto, et amico mitenevo, ti sei con questo sceleratissimo mio servo gi messoin lega? e sanza aver rispetto che io sono qui forestiero, ene la miseria in che al presente mi ritruovo, o riguardare aDio, che giustissimo iudice e ogni cosa intende, al primotratto hai falsamente testificato ch'egli Erostratocostui, il quale tutto il mondo e la natura insieme nonpotrien fare che Dulippo non fussi. Se tutti gli altri testimoni in questa terra sonocos fatti, si debbe provare ci che si vuole. Gentiluomo, dopo che in questa terra venne, n sodonde, l'ho udito nominare Erostrato, e per figliuolo d'unFilogono catanese reputare. Che egli sia quello o no,

    lascier a voi giudicare, e a chi, prima che venissi inquesta citt, ha di lui cognizione avuta. Chi depone quelloche crede che cos sia, n apresso Dio n apresso gli uominisi pu per falsario condennare. Io non ho detto se nonquello che avevo da gli altri udito, e che per me stimavoche cos fussi. Ah lasso! costui dunque, che al mio carissimoErostrato diedi per famiglio e scorta, aver o venduto oassassinato il mio figliuolo, o di lui fatto qualche pessimocontratto; et averassi, non solo e panni e libri e ci cheper il viver suo di Sicilia conduceva, ma il nome ancora diErostrato usurpato, per potere le lettere di cambio e ilcredito che io davo al mio figliuolo, senza altro

    impedimento usare a benefizio suo. Ah misero et infeliceFilogono! Ah infortunatissimo vecchio! Non ci iudice ocapitano o potest o altro rettore in questa terra, a cui mipossa ricorrere? Ci abbiamo e iudici e potest e sopra tutti unoprincipe iustissimo. Non dubitare che ti sia mancato diragione, quando tu l'abbia. Menami per tua f, menami adesso o a principe o apotest o a chi pare a te, ch'io gli voglio fare vedere lamaggiore bareria, la maggiore iniquit, il pi scelerato

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    malefizio, che si commettessi mai. Patrone, a chi litigar vuole, bisogna quattro cose, etu il sai: ragion prima, chi la sappia dire, favore, e chite la faccia. Favore? Di questa parte non odo che le leggi nefacciano menzione. Non gli dare audienza, ch'egli pazzo. Di', per tua f, Lico; che cosa favore? Avere chi raccomandi la tua causa, perch, dovendo tuvincere, presto abbia fine; e cos, se la conclusione non faper te, che si differisca e meni in lungo, tanto che per ilmolto distrazio l'aversario stanco ti ceda, o teco pigliaccordo. Di questa parte, Filogono, bench qui non si usi, tifornir io ancora, non dubitare: ti mener a uno avocato cheti baster per tutte queste cose. Convien ch'io mi dia dunque agli avocati eprocuratori in preda, alla cui insaziabile avarizia supplirenon mi terrei sufficiente con ci che fare posso, ancora chene la patria mi trovassi? Connosco io purtroppo li costumiloro. La prima volta che io gli parler, la causa vintasanza alcuno dubbio mi prometteranno: escetto quella, ognid sempre vi ritroveranno, anzi vi faranno maggior dubbio, emi vorranno dar colpa che da principio non gli abbia bene

    informati: e questo per trarmi non solo de la borsa lidinari, ma de l'osso le midolle. Questo che io vi propongo mezo santo. E che l'altro mezo, diavolo? Ben dice Lico: anch'io mi fido poco di questi cheportano il collo torto. Voglio che sia come tu dici, e peggio ancora: l'odioe la malivolenza che egli porta a questo Erostrato, oDulippo che sia, far che, sanza avere rispetto alguadagnare teco, abbraccer questa causa, e perseguirallagagliardamente. Che inimicizia tra loro? Di amore: amendua competitori sono d'una moglie,

    figliuola d'un cittadino nostro. Adunque, questo truffatore di tal credito a miespese in questa terra, che ardisce dimandare per moglie unafigliuola d'un cittadino? Cos . Come si nomina questo suo aversario? Cleandro, de li primi dottori di questo Studio. Andiamo a ritrovarlo. Andiamo. AT.5, SC.1 Questa pur gran sciagura stata, che prima chepossuto abbi ritrovare Erostrato, cos scioccamente nelvecchio patrone mio traboccato mi sia, dove mi convenuto a

    forza mostrare di non connoscerlo, e contendere con lui, erispondergli ancora pi d'una ingiuriosa parola; tal che,accada quel che vuole di questa cosa, non ser mai che ionon l'abbia gravissimamente offeso, e che egli in perpetuonon me ne voglia male. S che io delibero, se bene dovessiintrare in casa di Damone, parlare con Erostratoincontinente, e rinunziargli il nome e li panni suoi, e diqui fuggirmi pi presto che mi sia possibile; n fino cheFilogono vive, mai pi ritornare ne la sua casa, dove dafanciullo di cinque anni fino a questa etade allevato mi

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    sono. Ma ecco Pasifilo, a tempo attissimo per andare coldrento a fare ad Erostrato sapere che io ho bisogno diparlargli. AT.5, SC.2 (Due buone et a me gratissime novelle mi sono statereferite: l'una che Erostrato apparecchia per questa sera unbellissimo convito; l'altra, che egli mi cerca per tutto.Per torgli fatica che pi vada per ritrovarmi atorno, eperch dove copiosamente e di buono si mangia, non inquesta terra alcuno che pi di me vi debba intervenire, iovado per vedere se egli in casa. Ma eccolo, per Dio.) Pasifilo, fammi un piacere, se non ti grava. Chi mi pu commandare pi di te, che per amor tuointrerei nel fuoco? Che ho a fare? Va l, alla casa di Damone, e batti, e domandaDulippo, e dilli... A Dulippo non potr parlare, io te n'aviso. E perch? E` in prigione. Come in prigione! e dove? In un pessimo luogo, qui, ne la casa del patron suo. Che ne sai tu? Mi vi sono ritrovato. E questo vero?

    Cos non fussi! Sai tu la causa? Non ti curare pi oltre: bastiti esser certo che egli preso. Pasifilo, io voglio che tu me lo dica, se mai tu speriaver da me piacere. Deh, non mi astringere che io te lo dica; e che toccate di saperlo? Assai, e pi che tu non pensi. E assai, e pi che tu non pensi, tocca ad altriancora che io lo taccia. Ah Pasifilo, questa la fede che io ho in te? Sonoqueste le offerte che tu mi hai fatte?

    Avessi io pi presto digiunato oggi, che essertivenuto inanzi! O che tu me lo dica, o che tu faccia conto che questaporta stia sempre per te chiusa. Voglio, prima che la inimicizia tua, quella di tuttigli uomini del mondo. Ma se odi cosa che ti dispiaccia, nonne incolpare altri che te. Non che mi possa aggravare pi che il male diDulippo; non el mio proprio ancora: s che non ti pensarepeggior novella dirmi di quella che gi detta mi hai, cheegli sia preso. Poi che tu pur me lo commandi, ti dir il vero. E`stato ritrovato che si giacea con Polinesta tua.

    Ahim! Damone l'ha saputo? Una vecchia l'ha accusato; il quale sbito l'ha fattoprendere, e cos la nutrice ancora, che ne era consapevoleet adiutrice; et amendua ha fatto porre in loco, dovefaranno de' peccati loro durissima penitenzia. Pasifilo, entra in casa, e va ne la cucina, e facuocere e disporre quelle vivande secondo il parer tuo. Se mi avessi fatto iudice de' Savi, non mi daviuffizio che pi secondo il mio appetito fussi. Io vi vo dibotto.

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    AT.5, SC.3 Pi presto che m' stato possibile, levato m'ho costuida canto, perch non veda le lacrime e non oda li suspiri,che n pi gli occhi miei, n 'l petto mio richiuder ponno.Ah maligna Fortuna! li mali, che dispensati a parte a partefra molti anni, sarebbono stati a fare un uom miserrimosufficienti, tutti insieme raccolti da due ore in qua me glihai versati in capo! N sono al fine ancora: che gi mipreveggo molto maggiori di questi, infiniti e memorabili,apparecchiarsi. Tu il patron mio che ne la sua pi ferma etnon usc mai di Sicilia, ora hai ne la pi decrepita fino aFerrara voluto condurre; e questo giorno a punto, quandomeno era il bisogno nostro! Tu li hai cresciuti e minuiti etemperati cos bene i venti, che n prima di oggi, n dopotre giorni o quattro v'ha possuto giugnere! N ti bastavaavermi gittato questo laccio ne' piedi, se ancora non facevil'amorosa trama del giovane Erostrato insiemementediscoperta riuscire? Tu l'hai tenuta gi dua anni sino aquesta ora occulta, per riserbarti a questo scelerato giornoa rivelarla. Che debbo io, ah lasso? che posso fare io? Pinon tempo da imaginare astuzie. Troppo ogni ora, ogniatimo periculoso, che darsi differisca a Erostratosoccorso. Bisogna finalmente che io vada a ritrovare ilpatron mio Filogono, e a lui sanza una minima bugia tutta la

    storia narri, acci che egli alla vita del misero figliuolocon sbito rimedio proveggia. Cos il meglio; cos fardunque, avenga che certissimo sia che estremo supplizio men'abbia a succedere. L'amore che al patron giovane io portoe le obligazioni onde io gli sono astretto, ricerca chesalvar la sua vita con mio danno grandissimo non dubiti. Mache? Andr io cercando Filogono per la terra, o pureattender se qui ritorni? Se egli di nuovo mi vede ne lavia, alzer la voce, n patir di udire cosa che io dica; esi raduner intorno la turba, e non piccolo tumulto. S chemeglio che io lo aspetti alquanto; e quando non torni, loandr poi a ritrovare. AT.5, SC.4

    Facciasi pure, ma non si ponga al fuoco finch nonsiamo per intrare a tavola. - Ogni cosa va per ordine, ma seio non mi ci trovavo, sarebbe un grande scandalo accaduto. Che cosa accadea? Dalio volea porre in un medesimo schidione ad untempo al fuoco li tordi con la lonza, avendo pocaconsiderazione che questa tarda un pezzo, e quelli subito sicuocono. Deh, fussi questo il maggior scandalo che ci accade. E di dua mali non si potea fuggir l'uno. Se li avessilasciati al par di quella, si sarebbono abbruciati estrutti: se li traessi prima, li aremo mangiati o freddi omale in punto.

    Tu hai auto buon consiglio. Io andr, se vuoi, a comperare de li aranci e de leulive, che nulla varrebbe questo convito senza. Niente vi mancher: non ti dubitare. Costui, dopo che la cosa di Dulippo ha intesa, tutto fantastico e bizarro: ha tanto martello che si crepa;ma abbilo, e crepi quanto vuole, purch io ceni questa serain casa sua. D'altro non mi curo. Ma non quello Cleandro,che viene in qua? Or bene, in capo gli porremo il cimiero dele corna. Senza dubbio Polinesta ser sua, che Erostrato,

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    per quel che di Dulippo ha da me saputo, non la domander,n vorr pi. AT.5, SC.5 Ma come mostrerai tu che costui non sia Erostrato,essendoci la publica presunzione in contrario? e come, chetu sia Filogono di Catania, quando quest'altro coltestimonio del simulato Erostrato lo nieghi e che sia quelloesso pertinacissimamente contenda? Qui voglio in prigione constituirmi, e sbito simandi a Catania (e sono contento che a mie spese ancora), efaccisi venire dua o tre di f degni, li quali di Filogono edi Erostrato vera cognizione abbino; e stiamo al giudizioloro, se io sono o se pure quell'altro Filogono; e cos,s'egli Erostrato, o pur s'egli Dulippo mio servo,quest'altro audacissimo ribaldo. (Io voglio salutarlo.) Questa ser via lunga e di gran spesa, ma necessaria,non ce ne vedendo io alcuna altra migliore. Dio ti dia contento, patron mio singulare. A te dia quello che meriti. Mi dar la grazia tua e da godere in perpetuo. Ti dar un laccio che t'impicchi, ghiotto, ribaldo chetu sei. Che io sia ghiotto, tel confesso, ma ribaldo no: hai

    torto dirmi cos, che servitor ti sono. N servitore n amico ti voglio. Che t'ho fatto io? Va alle forche, perfido traditore. Ah Cleandro! pianamente. Io te ne pagher: renditi certo, imbriaco, gaglioffo. Io non so di averti offeso. Te lo far bene io sapere a tempo. Lvamiti dinanzi,manigoldo. Cleandro, io non sono per tuo schiavo. Tu ardisci di aprir la bocca, assassino? Io ti far... Che diavolo! Quando io ho ben sofferto e sofferto,che mi farai tu?

    Quel ch'io ti far? S'io non guardassi, poltrone... Io sono uom da bene quanto tu. Tu ne menti per la gola, impiccato. Ah! non correre a furia. Chi mi vuol battere? Io ti giugner a tempo; lascia, lascia... Ors, sia con Dio: io non voglio stare a contendere. Va pure; se io non te ne pago, mutami nome. Che diavol mi puoi tu fare? Io non ho roba un tratto,che io tema che tu mi muova lite. Tu sei intrato in clera. Questo tristo... Ma lasciamo andare: ritorniamo alfatto nostro. Non cesser che io lo far impiccare, come

    merita. Tu sei turbato, a mi darai mala audienzia. No, no: dimmi pure il fatto tuo. Io dico che si mandi a Catania, e che si faccia... S, s, ho inteso questo: necessario far cos. Macome tuo servo colui, e donde l'avesti? Informami deltutto pienamente. Io ti dir. Al tempo che da gli infedeli Otranto fupreso... Ahim! tu mi ricordi i dolor miei.

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    Come? Che allora io uscii di quella terra che la patriamia, e vi persi tanto, che io non spero mai piracquistarlo. Me ne duole. Sguita. In quel tempo alcuni Siciliani nostri, che con trebuone armate galee scorrevano il mare, ebbono spia d'unlegno di Turchi, che da la presa citt con ricchissima predaverso la Velona si ritornava. E forse ve n'era buona parte del mio. Et alla volta di quella se n'andarono, e furono allemani seco, e lo presero finalmente, et a Palermo, dondeerano essi, se ne ritornarono; e fra l'altre cose che poseroin vendita, vi avevano costui, allora fanciullo di cinque insei anni. Uno de la medesima etade, ah lasso! ne lasciai inOtranto. E ritrovandomi io quivi, e piacendomi lo aspetto suo,ventiquattro ducati lo comperai. Era il fanciullo turco, o i Turchi pure di Otranto loavevano rapito? Eglino pure di quella terra l'avevano tolto; ma chemonta questo? una volta io lo comperai de li danari miei.

    Non te lo domando a questo effetto. Deh, fussi egliquello che io vorrei! Chi vorresti che e' fussi? Noi stin freschi. Aspetta pure. Aveva egli nome Dulippo allora? Patrone, abbi cura al fatto tuo. Che vuoi tu cianciare, presuntuoso? Non Dulippo, maCarino era il suo nome. Lsciati pur trarre ogni cosa di bocca. Carino era il suo nome? O Dio, se oggi beato far mivolessi! Perch gli mutasti nome? Gli dicemo Dulippo, perch usato era piangendochiamare tal nome spesso.

    Vedo oramai certo che questo il mio figliuolo, chenominato fu Carino; e quel Dulippo, che chiamar soleapiangendo, fu uno allevato mio, che lo nutriva, et a cui loavevo dato in custodia. Non ti dissi io, patrone, che siamo in terra di Bari,e credevamo essere in Ferrara? Costui, per privarti delservo tuo, se lo vorr con ciance adottare per figliuolo. Io non sono usato dir bugie. Ogni cosa vuol principio. Non avere, Filogono, un minimo sospetto che iot'inganni. Non un minimo, ma un grandissimo s. Taci un poco. Dimmi: aveva alcuna memoria el fanciullo

    de la stirpe sua, o del nome del padre o de la madre? Aveva, s; e me l'ha gi detto, ma non l'ho inmemoria veramente. Ce l'ho ben io. Dillo tu, adunque. Non dir io gi: ne ha saputo pur troppo da te. Dillo, se tu lo sai. Io lo so, e mi lascierei prima tagliare la gola, cheio lo dicessi. Ch non lo dice egli inanzi? E chi non siavedrebbe ch'egli va a tentone?

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    El mio nome sapete voi gi: la mia donna e matre dilui aveva nome Sofronia; la casa mia si chiama da laSpiaggia. Io non so tante cose; so bene che e' diceva sua madreaver nome Sofronia; ma un gran fatto, s'egli tecod'accordo, che e' t'abbia del tutto informato? Non ho bisogno di pi manifesti segni oramai: questosenza alcun dubbio el mio figliuolo, che gi diciotto annifa ho perso e mille volte pianto, et aver debbe un neo dibuona grandezza ne l'omero sinistro. Che maraviglia, se te l'ha detto, che tu lo sappia?El neo vi ha pur troppo: cos vi avesse egli... Ah, Lico, buone parole. Presto, andiamo a ritrovarlo.O Fortuna, liberamente ti perdono, poi ch'el mio figliuolooggi ritrovar mi fai! Et io le sono tanto meno obligato, che non so che delmio figliuolo si sia. E tu, che per avocato apparecchiato meavea, ora a favor di Dulippo et a mio danno ti serai tuttoconverso. Filogono, andiamo a parlare col mio figliuolo, che iospero che tu insieme el tuo ritroverai. Andiamo. Poi ch'io vedo l'uscio aperto, sanza chiamare obattere me ne entrer alla domestica.

    Padrone, guarda come tu vai qua dentro, ch'io soncerto che costui ha fatto questa fizione per condurti inqualche precipizio. Quasi che se 'l mio figliuolo perduto fussi, io micurassi restar vivo! Io te l'ho detto: or fa tu quel che ti piace. AT.5, SC.6 Vien qua, cianciera e temeraria femina; onde hapotuto, se non da te, Pasifilo intendere questa cosa? Da me non l'ha gi intesa: stato il primo egli adirlo a me. Tu ne menti, gaglioffa; tu mi dirai il vero o ch'ioti romper quante ossa tu hai ne la persona.

    Se tu ritruovi che sia altrimenti, amazzami ancora. Dove ti ha egli parlato? Qui ne la strada. Che facevi tu qui? Andavo a casa di mona Bionda, per vedere una telache ella ti tesse. Che accadeva a lui parlare di questo teco, se tu nonavessi cominciato la favola? Anzi egli mi cominci a riprendere e dirmi villania,perch ero stata quella che ti avevo il tutto riferito. Iolo domandai che ne sapeva: egli mi disse che mi aveva udito,perch era ne la stalla nascosto quando tu oggi mi vichiamasti.

    Ah misero me! che far adunque? Torna tu in casa. Nonmorr, che io trarr la lingua a un paio di queste cicale.Mi duole ancora pi che Pasifilo lo sappia, che non ha fattoche ne sia l'effetto accaduto; che accaduto ne perpochissima mia avertenza. Chi vuole bene confidare un suosecreto, lo dica a Pasifilo: solo il popolo e chi haorecchie, e non altri, lo intender mai. Ora se ne parla incento luoghi. Cleandro ser stato il primo che l'ar inteso,Erostrato il secondo, e poi di mano in mano tutta la citt.O che dote se gli apparecchiata! Quando la mariter io mai

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    pi? Ahi misero me, misero pi che la miseria istessaveramente! O Dio, fussi almeno vero quello che la miafigliuola m'ha narrato: che costui che l'ha violata, non de la vile condizione, come ha simulato fino a questo giornone la casa mia, anzi di buon sangue e di facultamplissime ne la sua patria. Quando anche non fussi se nonla met di quello che ella mi ha detto, arei di somma graziafargliela sposare; ma dubito che con queste ciance ilscelerato Dulippo ingannata l'abbia. Io voglio essaminarelui ancora: connoscer bene io al parlare se questa unafavola, che e' s'abbi, per venire al suo disegno, finta, opure stia cos il vero. Ma non quel Pasifilo, che esce dicasa del vicino nostro? Onde viene tanta letizia, che e'salta come pazzo ne la via? AT.5, SC.7 O Dio, ch'io truovi Damone in casa, n mi convengacercarlo per tutta la terra! et altri precorri intanto e lanunziatura mi lievi di mezzo. O me felice, che io lo vedo insu la porta! (Che nunziatura vuol da me costui?) Che t' di beneaccaduto, Pasifilo, che cos lieto sei? El tuo bene causa de l'allegrezza mia. Che cosa ? Io so che sei per il caso de la tua figliuola

    addoloratissimo. E quanto! Sappi che colui, che t'ha fatto disonore, figliuolodi tale uomo, che sdegnar non ti di che ti sia genero. Che ne sai tu? Il patre suo, quale Filogono di Catania, che io soche per fama de la sua ricchezza connosci, arrivato adessodi Sicilia, et in casa del vicin nostro. Di Erostrato, vuoi dire? Anzi di Dulippo. Bene abbiamo fino a questa oracreduto che questo vicin tuo Erostrato sia, e non ; maquello che tu hai in casa prigione, che si faceva Dulipponominare, ha nome Erostrato, et era patrone di quest'altro,

    il quale Dulippo e sempre in questa terra se ha fattonominare Erostrato. E fra loro si avevano ordinato questacosa perch Erostrato, col nome di Dulippo, in abito servilecommodamente facessi quello che egli ha fatto in casa tua. Dunque non falso quello che Polinesta mi narravadianzi? Ti ha detto ella cos ancora? S, ma dubitavo che non fussi una ciancia. Anzi una verit verissima. Filogono a te verr quiadesso, e Cleandro con lui. Come Cleandro? Odi un'altra bella istoria. Cleandro ha ritrovato chequel Dulippo che si faceva nominare Erostrato, suo

    figliuolo, che ne la perdita di Otranto gli fu da' Turchirapito, e pervenne poi alle mani di Filogono; il quale dapiccolino lo ha allevato, et in compagnia del suo figliuolol'aveva mandato in questa terra. Il pi bel caso di questonon accadde mai: se ne potria fare una comedia. Serannotutti qui adesso, e da loro pienamente ti chiarirai d'ognicosa. Io voglio da Dulippo, o Erostrato che sia, tuttaquesta pratica intendere, prima che io venga con Filogono aparlamento.

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    Ser ben fatto, et io andr a fare costoro indugiareun poco. Ma mi pare che venghino gi. AT.5, SC.8 Non accade che meco pi ti scusi; che quando bene tumi abbi soiato, non me ne essendo venuto peggio che parole,io ne fo pochissimo conto; anzi mi giova avere imparato,sanza alcuno mio danno, di essere un'altra volta pi cautoet ogni cosa non credere cos al primo tratto. E tanto pi,sendo stata una trama amorosa, leggermente e sanza un minimosdegno me ne passo. E cos tu, Filogono, s'io ho fatto cosache ti sia spiaciuta, pigliala per quella via onde venuta. Io non mi doglio d'altro, se non de le paroleingiuriose che io t'ho detto. Di questo detto a bastanza: superfluo oramai ogniragionare che se ne faccia pi ancora. Avverr che tu pergran cosa non vorresti che fussi restato di accaderti questoinganno, o come tu il vuoi nominare: che ti ser una fabulapiacevole da ricontare in cento luoghi. E tu credi,Filogono, che cos dal cielo ordinato era; che per altra cheper questa via non era possibile che del mio Carino avessimai ricognizione, n egli di me, essendo l'odio e lainimicizia tra noi, che da l'uno e da l'altro hai tu medesmointeso. Io connosco che gli come tu narri, perch una

    minima foglia non credo che quaggi senza la superna voluntsi muova. Ma ritroviamo questo Damone, che ogni momento cheio indugio di rivedere il mio figliuolo, uno anno mi pare. Andiamo. Tu puoi, gentiluomo, rimanere col miofigliuolo in casa, che queste cose da principio non sono datrattare con tanti testimoni. Io far come voi volete. AT.5, SC.9 Non posso io, Cleandro, impetrare da te che dir mivogli in che t'ho offeso? Sono ormai, Pasifilo, chiaro che io t'ho con paroleingiuriato a torto; ma el testimonio a cui ho dato in causapropria, contro al debito, fede, mi ha tratto in questo

    errore. Mi piace che la ragione stata non sia da la maliziaoppressa; ma non dovevi credere cos facilmente e dirmitanta villania. Ho questa mia clera cos sbita, che non ci possoriparare. Che clera? Ingiuriare un uom da bene publicamente edarli carico, e poi dar colpa alla clera, una bellascusa! Non pi, Pasifilo; io ti sono, come fui sempre, amico,et accadendone l'esperienza, sono per dimostrartenechiarissimi effetti. Domatina t'aspetto a desinar meco.Questo Damone, che esce di casa: lascia parlare a me

    prima. Vegnamo a te, Damone, per farti tornare in gaudio lamestizia, che ci persuadiamo che debitamente per il casooccorso ti molesti, certificandoti che colui che fino aquesta ora per Dulippo e tuo famiglio hai reputato, figliuolo di questo gentiluomo Filogono di Catania, a te noninferiore di sangue, ma di ricchezza, come tu stesso averpuoi per fama inteso, superiore assai. E cos sono apparecchiato emendare, in quello ch'ioposso, il fallo del mio figliuolo, facendolo a te generolegittimo, quando ti contenti; e se altra cosa che per te

  • 7/25/2019 Suppositi (in Prosa)

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    io possa fare pi, ad ogni voler tuo mi offero paratissimo. Et io, che pur dianzi Polinesta ti domandavo persposa, da te rimango satisfattissimo quando, a miainstanzia, al figliuolo di costui tu la concedi, a cui pidebitamente che a me, e per l'et e per l'amore che egli liha portato e mille altri rispetti, se li conviene; per cheio, che moglie cercavo per desiderio di lasciare erede, oranon ne ho pi bisogno n voglia, perch il mio figliuolo,che ne la presa de la mia patria persi, oggi ho ritrovato,come pi ad agio ti narrer. El parentado e l'amicizia tua, Filogono, io la debboper molte condizioni non meno desiderare che tu la mia; ecos la accetto, e sopra tutte le altre che mi siano stateofferte, o che io sperate abbi, mi gratissima. El tuofigliuolo per genero e per figliuolo raccoglio, e te peronoratissimo parente; e tanto pi me ne gode l'animo quantote, Cleandro, veggio rimanere satisfatto; e teco senza finemi allegro che ritrovato abbi el tuo figliuolo, di chePasifilo me ne ha pienamente informato. Ma eccoti, Filogono,il tuo desiderato Erostrato; e questa la nuora tua. O padre mio! Quanta la tenerezza de' padri verso de' figliuoli!Per il gaudio non ha facult Filogono di potere esprimereuna sola parola, et usa le lacrime in questa vice.

    Andiamo in casa. E` ben detto: in casa, in casa. AT.5, SC.10 Patrone, ho portato li ferri. Portali via. Che vuoi ch'io ne faccia? Chivateli in culo. Chi non ci ha a fare, si parta,perch a queste nozze non vogliamo essere tanti.