Supplemento speciale Varengo dicembre 2012 - nost-munfra.it · sono resi disponibili a fornire...

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G&d Gabiano e dintorni Il mensile dal Nost Munfrà Supplemento speciale Varengo dicembre 2012

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G&d Gabiano e dintorni

Il mensile dal Nost Munfrà

Supplemento speciale Varengo dicembre 2012

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Varengo è Nost Munfrà Grazie agli Amici di Varengo in collabora-

zione con G&d, che si sono impegnati

nell’intento di valorizzare una delle più

belle frazioni del Monferrato e del terri-

torio circostante. Grazie a loro si sono

avviate una serie di iniziative sociali quali

l’apertura della sede degli Amici di Va-

rengo nelle ex poste della frazione, che

sarà anche la sede del centro di docu-

mentazione del Magnocavalli Conte di

Varengo, il mercatino di Natale, l’esposi-

zione delle immagini delle natività rap-

presentate nei sette Sacri Monti del Pie-

monte e nei due della Lombardia; un

documentario per rendere noto e valo-

rizzare le peculiarità della bellissima

chiesa dedicata a San’Eusebio realizzata

dal noto architetto Monferrino. Ora che

ci sono risorse strumentali come una

sede dove incontrarsi, e soprattutto le

persone di buona volontà, crediamo esi-

stono i presupposti per dare nuovo im-

pulso alla vita di questo splendido borgo.

E’ stato fatto un grande lavoro che attra-

verso questi scritti vogliamo rendere

noto. Non tanto per celebrare persone

che certamente hanno il grande merito

che spetta a chi con spirito volontaristico

dedica tempo e anche qualche soldino

ad attività sociali e senza scopo di lucro,

ma soprattutto perché possa esser di

esempio per tanti altri, specialmente

giovani, in tante altre frazioni e paesi del

nostro Monferrato. In un’epoca di crisi

economica e istituzionale, crediamo che

il volontariato per la nostra terra è, e

sarà sempre più, un importante, forse il

più importante, motore di sviluppo per il

territorio e le comunità che lo abitano.

In un epoca in cui “non si fa nulla per

nulla”, in cui ci si muove solo per inte-

resse personale, ancorché legittimo

(spesso per accumulare ben al di là delle

proprie necessità), la riscoperta del lavo-

rare insieme per l’interesse della comuni-

tà, per contribuire a migliorare anche di

poco la qualità della vita di tutti, può

essere la via per trasformare le criticità

in opportunità. Grazie quindi al Comune

di Gabiano che ha reso disponibile la

sede delle ex poste di Varengo, ed ha

dato il patrocinio alle manifestazioni,

grazie ai gestori dello Story Park che si

sono resi disponibili a fornire corrente ed

acqua per la sede, grazie all’elettricista

Luciano Ulla di Varengo che ha sistema-

re l’impianto elettrico e alla disponibilità

di Mussone Mario di Cantavenna, grazie

all’idraulico Paolo Cerrano che ha ripara-

to l’impianto idraulico, grazie a Franco

Ceccato e Mono Carrasco, da poco com-

paesano di Cantavenna, che hanno ripa-

rato i muri un po’ rovinati della sede, ed

anche per il bel dipinto del Magnocavalli

e di Varengo che Mono realizzerà per la

sede. Grazie a Marinella Muzio e consor-

te presso la cui abitazione per tante se-

rate ci si è incontrati, grazie a Raffaele

Mazzola, Luca Zanotti, Alessandro Bos-

setto, Guglielmo Ulla e Lorenzo Ceccato

che hanno smontato attrezzature e im-

pianti ormai inutilizzabili nei locali e li

hanno tinteggiati e si sono incontrati con

gli impiantisti. Grazie ad Umberto Muzio

ed al Caffè Belvedere che hanno contri-

buito economicamente. Grazie a Mazzola

Gianni che ha sistemato la porta di in-

gresso. Grazie ad Amerio Mauro e Cama-

schella Tina per l’assistenza fornita agli

organizzatori. Grazie a coloro che hanno

aiutato a realizzare il mercatino e le mo-

stre: dal sindaco di Ponzano che ha

messo a disposizione i gazebo a Gian-

franco Balocco comandante delle Aib che

ha messo a disposizione i gruppi elettro-

geni, al fotografo Pier Giuseppe Bollo di

Casale autore di tutte le foto relative alla

chiesa di sant’Eusebio che le ha gentil-

mente messe a diposizione sia per il pre-

sente supplemento di G&d che per il

documentario. Grazie alla Stamberga del

Drago che ha proposto un menù apposta

per il giorno del mercatino. Grazie a ma-

rio Vellano che esporrà le sue foto “dna vira” . Last but not least grazie a don Calvo e Bardazza che hanno contribuito,

sia attraverso i lavori di ristrutturazione

della chiesa che con l’iniziativa Armonie

in Valcerrina al successo del mercatino.

Grazie a tutti coloro che hanno parteci-

pato al mercatino come espositori e co-

me visitatori, magari lasciando anche un

contributo ad una delle numerose inizia-

tive no-profit presenti, grazie a chi ha

semplicemente sostenuto l’iniziativa con

contributi ma anche solo condividendola

e contribuendo così a realizzare una sug-

gestione. Chissà se tutto questo ha un

che di miracoloso? Se così fosse, guar-

dandoci attorno potremmo vedere tanti

miracoli e anche accorgerci che ce ne

potrebbero esser molti altri.

di Enzo Gino

Il segreto dei miracoli? Avere tanta gente da ringraziare

Stemma dei Magnocavalli

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Nel 1769 venivano pagati i mastri

da muro Ronco con direttore dei

lavori l’architetto Carlo Antonio

Faldella, capomastro Francesco

Lorenzetti. Nel 1773 aiutante del

Faldella era Giacomo Carretto.

Il cantiere era ancora aperto nei

primi anni ottanta.

Nel 1784 era terminato il campani-

le; nel 1790 mancavano ancora i

due altari laterali, il portone e i

banchi.

Al 1812 risale la balaustra

marmorea e al 1826 una nuova Via Crucis. Nel 1847 lo scultore Varallo realizzò

il baldacchino appeso alla volta del

presbiterio; successivamente

furono provvisti gli stalli lignei del

coro di Luigi Martini, e nel 1852 fu

reindorata la statua della Madonna del Rosario da Michelangelo

Ganora.

Nel 1881-82 venne rifatta la

decorazione interna ad opera di

Agostino Visetti con le figure e i

dipinti della cupola centrale, e di

Luigi Hartman con i monocromi, sei

tele dell'abside e delle cappelle

laterali, due teleri del presbiterio.

Nello stesso periodo furono

approntati il portone d'ingresso, la

Varengo in dialetto Varèng dal latino Avaringum è una frazione di

Gabiano che oggi conta circa 150,

dista da Casale 23 chilometri e

giace ad un altezza di 315 metri sul

livello del mare. La chiesa di

Sant’Eusebio fu eretta sulla collina

della Sorba, nel punto più elevato

del paese, dove, secondo una

tradizione non confermata, sarebbe

preesistito un castello.

La chiesa parrocchiale primitiva col

borgo antico si trovava a mezza

costa, nella zona agricola tuttora

detta di S. Eusebio.

Fu censita dal 1298 al 1440 nella

pieve di Gabiano.

Dal quindicesimo secolo è ricordata

la presenza in cima alla collina di

un'altra chiesa, intitolata a Santa

Maria delle Grazie. Essa acquisì

importanza parallelamente alla

migrazione dell'abitato di Varengo

dalle pendici alla sommità della

collina.

Agli inizi del diciassettesimo secolo

subentrò come parrocchiale alla

vecchia chiesa di Sant’Eusebio,

mutuandone anche il titolo entro la

fine dello stesso secolo.

Fu sottoposta a lavori di restauro a

lungo interrotti e terminati nel

1725. Nello stesso periodo la

precedente parrocchiale era ormai

diroccata. Dopo meno di 30 anni

anche la nuova chiesa di S.

Eusebio, oltreché troppo piccola,

era diventata fatiscente e nel 1755

il parroco affidò una stima del

degrado al mastro da muro

Giovanni Palazzo. Nel 1761 il

Magnocavalli incaricò l’ing.

Ferdinando Venanzio Bianchi per la

formazione del piano del sito, ma

solo a fine 1764 il conte approntò

una planimetria della nuova chiesa.

La prima pietra fu posata il 14

settembre del 1766.

I lavori vennero a lungo dilazionati

e forse non furono del tutto

effettuati secondo il progetto del

Magnocavalli, che verosimilmente

prevedeva un impianto planime-

trico più allungato.

Sant’Eusebio a Varengo

Lapidazione di sant’Eusebio di autore ignoto

4

bussola, l'orchestra, i confessionali

e i banchi curati dal falegname

Giovanni Ulla, ornatista Albertone,

fabbro ferraio Francesco Gallo.

Nel 1888 venne realizzato un

concerto di cinque campane.

La consacrazione da parte di

monsignor Pulciano avvenne il 12

agosto del 1888.

Furono compiuti restauri nel 1927 e

nel 1955 vennero rifatte le vetrate.

Nel 2002 è stato restaurato il

campanile.

La scalinata di accesso di 40

gradini in cemento del 1927, fu

realizzata con il capomastro Luigi

Martinengo, su ciascun scalino lo

scalpellino Bazin incise il nome dei

capifamiglia offerenti.

La facciata è l’elemento di

maggiore analogia con la produ-

zione del Magnocavalli: è in para-

mano, a due piani, divisa da lesene

ioniche, con frontone sulla parte

centrale rialzata e candelabri a

fiaccola.

Il campanile, posto a sinistra

dell’abside, è semplice nella parte

inferiore, più adorno con lesene

nella cella campanaria e supe-

riormente con cornici in curva.

Il portone in noce firmato Ulla degli

anni 80 del secolo diciannovesimo,

è stato restaurato nel 2002 da

Paolo Zanotto. Le proporzioni

dell’interno, la tripartizione

dell’abside, la cupola ellittica sul

presbiterio e la trabeazione

continua sono elementi già presenti

nella parrocchiale di Balzola, qui

però sono presenti con diversa

sensibilità.

Il nucleo centrale è ad ottagono

irregolare, dilatato sull’asse

trasversale da cappelle semiellit-

tiche e allungato su quello

longitudinale dal presbiterio

quadrato e dall’abside semicirco-

lare.

Volta a botte sopra l’ingresso, al

centro grande cupola circolare,

sugli altari laterali e sull’abside

volta a semicatino, sul presbiterio

cupola ribassata su pianta ellittica.

La trabeazione è sostenuta da

lesene di ordine composito.

La luce entra da finestre ovali del

presbiterio e sopra gli altari laterali

e da una finestra oblunga in

facciata, attraverso cinque vetrate

a motivi orientaleggianti risalenti a

fine diciannovesimo ed inizio del

ventesimo secolo.

Il catino centrale è ornato con otto

figure di angeli e con gli Evangelisti sui pennacchi nella cupoletta del

presbiterio campeggia il triangolo della SS. Trinità, sei Santi sono dipinti nelle vele.

L’ampia decorazione pittorica delle

pareti dovuta a Ottaviano Rapetti

della seconda metà del secolo

decimonono, presenta scene della vita di Gesù, Santi, e monocromi.

Sull’altare maggiore in stucco

variopinto sono posti sei candelieri

e un Crocifisso. Bel coro ligneo di fine diciottesimo

inizio diciannovesimo secolo.

Su di esso una pala di autore

ignoto risalente al diciottesimo

secolo raffigura la Lapidazione di S. Eusebio; la cornice lignea scolpita e dorata è stata rubata negli anni

ottanta del secolo scorso.

Alle pareti laterali del presbiterio

sono appese due tele di Luigi

Hartman del secolo diciannove-

simo, raffiguranti l'Ultima cena a sinistra, e l'Adorazione del Bambino a destra dello stesso autore sono le

sovrapporte laterali con Mosè e il Buon Pastore. Ai lati della balaustra marmorea del

presbiterio sono collocati a sinistra

il pulpito, a destra un confessiona-

Cupola centrale di Sant’Eusebio

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Novecento di Peluzzi. A sinistra il

battistero.

(Sul sito di

www.gabianoedintorni.net puoi scaricare questa

descrizione in versione audio

MP3 che, volendo puoi copiare

sul tuo telefonino o su un

registratore portatile per

ascoltarla come guida mentre

visiti la chiesa)

le, sopra cui c’è una bella tela

datata 163 raffigurante S.Silvestro che battezza Costantino, Cristo col globo, San Servando, il parroco del tempo e una fontana; la tela, di scuola vercellese, proviene dalla

chiesa di S. Lucia; in una iscrizione

alla base della tela si legge la data

1610, mentre sul retro è riportata

la data 1603. Gli altari laterali,

addossati a pareti semiellittiche,

sono di stucco dipinto,

sulla destra si trova

l’altare di S. Eusebio,

con statua di inizio

novecento del santo

entro una nicchia.

In sacrestia è appeso un

quadro centinato coi

Santi Sebastiano, Pancrazio (o Defendente? ) e Rocco risalente al secolo

diciottesimo ai lati due

tele di Luigi Hartman

con San Grato e San Tommaso d'Aquino. A sinistra c’è l’altare del

Rosario, con statua

lignea della Madonna del Rosario, realizzata nel 1790 da Pietro Antonio

Serpentiere, priva dei tondi originali

coi Misteri, che furono rubati negli anni ottanta del secolo scorso e

sostituiti da copie. Ai lati sono

situate altre due tele di Luigi

Hartman raffiguranti san Giuseppe e san Giovanni Battista. In due cappelline laterali, che si aprono

appena oltre l’ingresso, sono posti

a destra una statua della Madonna Addolorata, opera dei primi del

Capocielo del Varallo appeso alla volta del presbiterio

Orchestra e organo sull’ingresso centrale

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Stamberga del Drago

E se volete destinare un po’ del

vostro tempo ai piaceri della gola,

allora è l’occasione di conoscere, se

già non lo conoscevate la

Stamberga del Drago.

Un “ristorantino” piccolo, di una

quarantina di posti a sedere in cui

Alessandro figlio del noto Paolo

continua un tradizione culinaria

nota a molti.

La Stamberga è un locale in cui il

tempo si è fermato a tanto tempo

fa…

Madie, tavoli, sedie e mobili di

arredo sono quelli di un tempo,

non perché i titolari siano stati da

un antiquario o da un robivecchi a

fare acquisti, ma perché da sempre

sono stati lì, dal tempo dei bisnonni

e nessuno li ha mai cambiati.

Anche piatti e bicchieri, spesso

scompagnati, le bottiglie in cui

viene servito il vino sfuso e le

posate hanno la stessa storia.

Persino il divano, il bar e i quadri

appesi al muro sono coerenti con

tutto il resto, così come la luce

fioca tipica delle vecchie osterie.

L’unica cosa che manca è l’odore di

fumo di Toscanelli, perché in

ossequio alle leggi, oggi,

diversamente da un tempo

passato, non si può più fumare nei

luoghi pubblici.

Se volete quindi cenare o pranzare

in una bellissima osteria di 80 o 90

anni fa, la Stamberga del Drago è

l’unica autentica rimasta e non

ricostruita per il turista.

Qualche lettore si chiederà a

questo punto ma cosa e come si

mangia?

Si mangia bene, abbiamo fatto una

prova venerdì 16 novembre

eravamo in… 15 e abbiamo

richiesto esplicitamente il menù

turistico analogo a quello che verrà

proposto per il giorno del

mercatino (ma che ci auguriamo

verrà mantenuto anche in seguito)

Un antipasto costituito da un

tortino di cardi con sugo di bagna

cauda, un piatto di tagliatelle al

sugo fatto in casa e si sentiva

benissimo, tre fettine di un

arrostino con sughetto particolare e

contorno di patatine, come dolce

una sfoglia con crema pasticcera

“aromatizzata” con altro fra cui un

sentore di sambuca, vino della

casa, tutto a 15 €. Merita proprio.

E vediamo adesso cosa ci propone

il nostro Alessandro per il giorno

del mercatino.

Menù turistico a 15 €

- Affettato misto

- Ceci vecchia maniera o pasta

con sugo a sorpresa

- Arrosto con crema di

mandorle e contorno con

verdura di stagione

- Dolce della casa

- 1/2 litro di vino rosso sfuso

Per i buongustai ovviamente c’è

anche l’opzione “a la carte” in questo caso si può disporre di piatti

più ricchi, vino in bottiglia e prezzi

che viaggiano oltre i 25 €.

Quindi amici è il momento di fare

un tuffo nel passato, in altri tempi

di cui solo i più vecchi possono dire

di aver vissuto.

Troviamoci per una cena, che ne dite di darci appuntamen-to alle 8 di sera di ottanta o novanta anni fa?

Stamberga del Drago

Sede degli Amici di Varengo Proiezioni su Sant’Eusebio

Mostra natività Sacri Monti

E’ gradita ed opportuna la

prenotazione allo

0142-943346

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La natività nei Sacri Monti

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La mostra su Natività nei Sacri Monti del Piemonte e della Lombar-dia – presentata per la prima volta,

a cura del Gruppo del Cerchio,

presso la chiesa dei Batù di Pecetto

Torinese (8 dicembre 2006 – 7

gennaio 2007), e della quale è di-

sponibile il catalogo, è testimonian-

za del fatto che quei monumenti

voluti dalla pietà religiosa diversi

secoli or sono – e inseriti nel 2003

nella Lista UNESCO come Patrimo-

nio dell’Umanità – hanno ancora

molto da comunicare alla gente, sia

sul piano della devozione popolare,

sia su quello dell’arte.

Le pregevoli immagini di Pier Ilario

Benedetto – un artista la cui opera

è come percorsa dalle suggestioni

della luce – hanno scelto, non a

caso, fra le tante scene offerte dal-

l’arte del Sacri Monti del Piemonte

e della Lombardia, quelle relative

all’episodio evangelico della Nativi-

tà, cioè di quell’evento epocale,

grazie al quale si manifestò sulla

terra la Vita: «et vita erat lux homi-num; et lux in tenebris lucet, et tenebrae eam non comprehende-runt » (Giovanni 1,4-5). La natività del Signore si colloca

tradizionalmente all’inizio del cam-

mino settentrionale del sole, cioè

del semestre di luce crescente: un

periodo di tempo che, presso molti

popoli e secondo molte religioni, a

cominciare da quelle dell’Iran anti-

co e dell’India, è considerato – non

diversamente da quello della fase

di luna crescente – propizio, fausto

e di buon auspicio.

Nel nostro mondo, nel quale troppo

spesso le tenebre sembrano rinno-

vare il loro rifiuto di accogliere la

luce, gli scatti meditati di Pier Ilario

Benedetto ci aiutano a riscoprirne il

grande valore simbolico, profondo

e tuttavia semplice e immediato,

come quello del quotidiano sorgere

del sole.

Liberamente tratto da uno scritto di

Stefano Piano

Presidente del Centro interdiparti-mentale e interfacoltà di Scienze Religiose, Università di Torino

La natività nei Sacri monti

Per Sacro Monte si intende un

complesso devozionale costruito

sulla pendice di un’altura, sia essa

montagna o collina, caratterizzato

da una serie di cappelle che raffi-

gurano, con sculture o dipinti, sce-

ne della vita di Cristo, di Maria e

dei santi. L’area geografica che ne

ha visto la nascita è quasi tutta

concentrata nell’arco alpino, fra il

Piemonte e la Lombardia, ma per

comprendere appieno che cosa

siano i Sacri Monti occorre tornare

al IV secolo, quando luoghi come la

Terra Santa che testimoniano na-

scita, vita, passione, morte e resur-

rezione di Gesù diventano meta di

devozione. Per l’uomo cristiano

medioevale il pellegrinaggio rap-

presenta un momento fondamenta-

le della vita, ma il rafforzamento

della potenza turca rende il viaggio

per Gerusalemme sempre più peri-

coloso e costoso, e così, per man-

tenere vivo il senso della peregrina-tio, si introducono alcune pratiche sostitutive che permettono al devo-

to di guadagnare un’indulgenza

pari a quella che avrebbe ottenuto

andando in Terra Santa. Gerusa-

lemme viene quindi sostituita dai

santuari; tra questi le mete ideali

sono quei luoghi che più fortemen-

te evocano al pellegrino la Santa

Gerusalemme Celeste. Il legame

con la Terra Santa si intensifica se

il santuario possiede non soltanto

qualche reliquia, ma anche visibili

richiami ai Luoghi Santi. Seguendo

questi impulsi alcuni frati dell’Ordi-

ne dei Minori di san Francesco,

rientrati dal loro soggiorno in Terra

Santa, riproducono con assoluta

fedeltà, fra il 1400 e il 1500, i Luo-

ghi Santi di Palestina. Nascono così

la Nuova Gerusalemme di Varallo

Sesia in Piemonte e la Nuova Geru-

salemme di Montaione in Toscana.

La prima costruzione sarà oggetto

di successive trasformazioni, legate

anche al cambiamento delle forme

di devozione, mentre la Nuova Ge-

rusalemme di Montaione, opera di

padre Tommaso da Firenze, resterà

quasi invariata fino ad oggi.

Tratto

dal libro edito da:

del

“Centro di

Documentazione

dei Sacri Monti,

Calvari e

Complessi

devozionali

europei”

di Ponzano

presso Crea

www.sacrimonti.net

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Il sacro Monte di Crea

Il Sacro Monte di Crea fu costruito a

partire dal 1589 sotto il controllo, e

per volontà, di padre Costantino

Massino che progettò l’ampliamento

del preesistente Santuario mariano,

disponendo la costruzione di diverse

cappelle che ripercorressero

visivamente la vita della Vergine.

Fra le prime cappelle edificate ci

furono quelle della Natività di Maria

e della Presentazione di Maria al

Tempio.

La soppressione degli ordini religiosi

voluta da Napoleone nel 1801 e le

distruzioni avvenute a partire da

quello stesso anno, portarono il

Sacro Monte alla rovina e

all’abbandono. Gli interventi di

restauro – insieme con l’edificazione

di alcune nuove cappelle –

iniziarono dalla metà del XIX secolo.

Le statue della cappella della

Natività di Gesù sono opera di

Guido Capra che le ha realizzate nel

1934. La cappella della Natività di

Maria fu costruita a spese del duca

di Mantova e vide l’intervento

dell’ingegnere ducale Giovan

Francesco Baronino. Per gli

interventi plastici furono chiamati lo

scultore milanese Michele Prestinari

con il figlio e l’artista Melchiorre

della famiglia valsesiana dei

d’Enrico. Gli affreschi sono di

Guglielmo Caccia (il Moncalvo) e del

Veglia d’Asti.

Il sacro Monte di Nostra

Signora di Belmonte

Sin dai primi anni dopo il Mille, a

Belmonte si registra l’esistenza di un

culto mariano. La tradizione racconta

che sia stato re Arduino a ordinare la

costruzione di un santuario per

ringraziare la Vergine della sua

guarigione. Ai benedettini

subentrarono, dopo il 1300, le suore

benedettine che vi risiedettero fino al

1601. Un documento narra di un

evento miracoloso avvenuto proprio il

giorno in cui le devote stavano per

lasciare il convento, portando con sé la

statua della Madonna. Si legge che,

appena rimossa la statua, nella chiesa

calò un buio profondo e il viso della

Vergine si fece pallido. La statua non

venne più spostata ed è tuttora

conservata a Belmonte dove, dal 1602,

il Santuario è affidato ai frati minori di

san Francesco. Dal 1712 essi

iniziarono, sotto la guida di fra

Michelangelo da Montiglio, la

costruzione del Sacro Monte. Il

percorso devozionale fu dedicato alla

Passione di Cristo.

Nulla si sa delle maestranze che

operarono a Belmonte. Il Presepe è

stato realizzato da padre Claudio

Morino. Le statue sono di origine

ignota, così come ignoto è il nome del

pittore che ha collaborato con padre

Morino. Il materiale è cartapesta,

eccetto il bambino di Betlemme che è

di terracotta. La

Vergine de

pulchrimonte è seduta

in trono, con il figlio

sulle ginocchia intento

a reggere in mano il

globo, come “re del

mondo”. Dalla sua

corona scende un

manto che inquadra la

scultura in una sorta

di triangolo magico.

Il sacro Monte di Oropa

Le 12 cappelle del Sacro Monte di Oropa,

sorte tra il 1620 e il 1720 a ponente del

Santuario, sono dedicate alla vita della

Vergine e sono popolate da statue di terra-

cotta policroma realizzate dai fratelli d’Enri-

co e da Pietro Giuseppe Auregio Termine.

Il progetto originario prevedeva un ciclo di

venti cappelle, solo in parte realizzate, che

dovevano costituire una narrazione di am-

pio respiro che includesse episodi significa-

tivi della vita di Maria, noti attraverso le

Sacre Scritture e i Vangeli Apocrifi. Gli edi-

fici, di dimensioni diverse, si snodano libe-

ramente sui prati erbosi. Contrariamente

ad altri casi in cui furono le famiglie nobili

o le corporazioni a sostenere la realizzazio-

ne del complesso religioso, qui furono le

comunità parrocchiali o i rioni della città di

Biella, insieme con il duca di Savoia, a fi-

nanziare l’edificazione delle cappelle. La

cappella della Natività di Maria, che raffi-

gura la scena del parto in un ambiente

domestico, presenta un complesso statua-

rio opera dello scultore Pietro Giuseppe

Auregio Termine, con prospettive di scorci

architettonici dipinte da Giovanni Galliari di

Andorno. La cappella dell’Immacolata Con-

cezione è detta anche “cappella del drago”

per la presenza di una suggestiva statua in

terracotta policroma raffigurante un gran-

de drago che si contorce: è il simbolo del

peccato originale, da cui Maria è preserva-

ta immune per i meriti della Passione di

Cristo. La costruzione, circondata da un bel

portico sorretto da 22 colonne in pietra

locale, fu iniziata dopo il 1620; le statue

sono attribuite a Melchiorre d’Enrico. La

cappella della Natività di Gesù, la cui co-

struzione si protrasse per quasi un secolo,

venne finanziata, con l’aiuto del duca Carlo

Emanuele II, dai pastori della valle di Oro-

pa, che scelsero questo tema legato al

mondo agreste. La scena è uno straordina-

rio presepio a grandezza naturale opera

dell’Auregio, con vedute prospettiche di

Giovanni Galliari.

www. gabianoedintorni.net

Autorizzazione n° 5304 del 3-9-99 del Tribunale di Tori-no Direttore Responsabile Enzo GINO - Sede: via S. Carpoforo 97 - Fraz. Cantavenna 15020 Gabiano - Stampato presso A4 di Chivasso (TO) - Editore: Asso-ciazione Piemonte Futuro: P. Iva 02321660066; Distri-buzione gratuita; Per informazioni e pubblicità; cell. 335-7782879;

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Il sacro Monte della

S.S. Trinità di Ghiffa

Si ritiene che il progetto del Sacro

Monte di Ghiffa sia incompiuto.

Le prime tre cappelle furono costruite,

a partire dal 1647, intorno al santuario

della Santissima Trinità, la cui

edificazione avvenne fra il 1605 e il

1617.

Le cappelle sono dedicate

all’Incoronazione di Maria Vergine, a

san Giovanni Battista e ad Abramo. Gli

ampliamenti e i nuovi edifici, fra i quali

la Via Crucis disposta lungo il porticato

di fronte al santuario, furono progettati

e realizzati in base alle disponibilità

finanziarie, ma dal 1870, quando i beni

ecclesiastici furono espropriati, si

interruppe anche la vita tradizionale del

Sacro Monte, ricca di « feste, fiere,

commemorazioni, la conduzione

dell’osteria, oblazioni e spese ».

Attualmente il Sacro Monte comprende

tre cappelle principali dedicate a

soggetti biblici differenti, e altre due

cappellette minori, corpo unico con il

santuario e il porticato della Via Crucis.

Negli ultimi anni prima della sua morte,

padre David Maria Turoldo ha

ripercorso i sentieri di Ghiffa e, in

sintonia profonda con la sacralità del

luogo, ha composto alcune liriche fra

cui una, dedicata a Maria, che è

esposta nella cappella dell’Incoronata.

La cappella del Battesimo di Gesù è

stata costruita prima del 1659 e

raffigura san Giovanni Battista nell’atto

di versare su Gesù l’acqua del

Giordano, mentre dall’alto scende lo

sguardo del Padre Celeste.

La composizione è in gesso policromo e

l’autore ignoto.

Il sacro Monte Calvario

di Domodossola

La sua storia ha inizio durante il

periodo della Quaresima del 1656

quando, sotto la forte spinta dei frati

cappuccini Gioachino da Cassano e

Andrea da Rho, si pianta la prima

Croce a cui ne seguono altre, secondo

le modalità del percorso della Via

Crucis.

Il santuario in cui è custodita la Croce,

viene invece edificato a partire

dall’anno successivo dando il via alla

realizzazione del Sacro Monte.

Dal 1657 al 1674 venne costruita oltre

la metà delle opere in muratura e si

popolarono le prime cappelle con

statue e affreschi. Il provvidenziale

arrivo del teologo e filosofo Antonio

Rosmini, nel 1828, permise di

completare la costruzione delle

cappelle mancanti.

Tra i molti artisti che lavorarono al

Sacro Monte va ricordato Dionisio

Bussola, artista che diffuse il barocco in

Lombardia e Piemonte, e realizzò qui

oltre sessanta statue.

Oggi il complesso si compone del

santuario del SS. Crocifisso, di quindici

cappelle, dell’oratorio della Madonna

delle Grazie, della Santa Casa di Loreto

e del Centro di spiritualità Rosminiana.

La cappella della Visione della Croce è

realizzata nella parte statuaria dal

Bussola (1681) e da Giuseppe Rusnati

(primi del ’700), mentre gli affreschi

sono opera di Giovanni di Sampietro

(1699).

Il sacro Monte di Ossuccio

Il complesso architettonico sorge sul

luogo dove in origine pare esistesse un

tempio dedicato alla dea Cerere

Eleusina.

Nei secoli successivi la zona divenne

centro di culto cristiano.

Molti eremiti abitarono quest’area dal

forte impatto spirituale e sembra sia da

ascrivere proprio a uno di questi mistici

il desiderio di costruire, a partire dal

XVII secolo, le quattordici cappelle del

Rosario intorno al santuario della

Madonna del Soccorso, già realizzato

nella prima metà del XVI secolo.

Il progettista del Sacro Monte e delle

singole cappelle potrebbe essere stato

padre Timoteo Snider raffigurato in una

tela, conservata nel santuario, con in

mano un compasso e il disegno di una

cappella. Le opere di cui è

documentata la paternità sono le

sculture di Agostino Silva e gli affreschi

di Carlo Gaffuri, Innocenzo Torriani e

Gian Paolo Recchi.

Non esistono invece documenti relativi

agli autori delle prime quattro cappelle

(Annunciazione, Visitazione, Natività,

Presentazione al Tempio).

La cappella dell’Annunciazione fu

costruita intorno al 1620, su pianta

ottagonale.

Per analogie con le opere del Sacro

Monte di Orta e di Varese si tende a

credere che possano aver operato

Francesco Silva o Cristoforo Prestinari.

La cappella della Natività di Gesù fu

realizzata nel 1623.

11

Il sacro Monte di Varallo

Costituisce l’esempio più antico fra i

Sacri Monti esistenti ed è composto da

una basilica e da quarantacinque

cappelle affrescate e popolate da più di

ottocento statue. La sua storia inizia

alla fine del XV secolo, quando il frate

francescano Bernardino Caimi di

Milano, di ritorno dalla Terra Santa

dove era stato guardiano del Santo

Sepolcro, decide di riprodurre in

Valsesia i luoghi santi di Palestina. La

“Nuova Gerusalemme”, così fu

chiamato il Sacro Monte, inizialmente

intendeva solo riprodurre i lontani siti

della tradizione cristiana. La profonda

trasformazione del complesso

devozionale avvenne nel secondo

decennio del Cinquecento ad opera del

pittore, scultore e architetto Gaudenzio

Ferrari. Fu, infatti, il Ferrari a dare

assoluta centralità alla scena sacra

illustrata nelle cappelle, facendola

“interpretare” da gruppi plastici a

grandezza naturale mentre, sullo

sfondo, personaggi dipinti in scala

completavano la narrazione. L’opera di

Gaudenzio Ferrari venne presa a mo-

dello nella costruzione di tutti gli altri

Sacri Monti. Il complesso di Betlemme,

all’interno del quale sono incluse la

cappella della Natività e quella dell’Ado-

razione dei pastori, fu costruito fra il

1493 ed il 1514, a imitazione del

corrispondente luogo di Betlemme

dove è nato Gesù. Le statue di Maria e

Giuseppe della cappella della Natività

sono opera di Gaudenzio Ferrari, che le

realizzò presumibilmente intorno al

1520, mentre il bambino Gesù venne

realizzato nel 1852 da Giovanni Lon-

ghetti, su modello di Giuseppe Anto-

nini. Le statue della cappella della Ado-

razione dei pastori furono realizzate

intorno al 1514 da Gaudenzio Ferrari,

mentre i due pastori in prossimità della

cancellata sono opera di Giovanni

d’Enrico, e sono posteriori al 1617.

Il sacro Monte di Varese

Da alcune fonti, risalenti al 922, si

apprende che fu la chiesa di Santa

Maria, edificata sul monte Velate, a

dare il nome al Sacro Monte di Varese.

L’inizio della costruzione del Santuario

risalirebbe al IV secolo, quando

sant’Ambrogio eresse il primo altare

sulla cima del monte, come

ringraziamento alla Vergine per la

vittoria ottenuta sugli Ariani.

Roccaforte militare nel Medioevo grazie

alle sue fortificazioni, la struttura

divenne in seguito importante realtà

religiosa e spirituale. Nel 1604 ebbe

inizio l’opera monumentale

comprendente la Via Sacra del Rosario,

realizzata grazie all’ispirazione di padre

Aguggiari. Le popolazioni locali

sostennero i lavori di costruzione del

complesso e molti artisti lombardi

operarono al Sacro Monte, nell’arco di

circa 80 anni. Il percorso si sviluppa

lungo le pendici del monte Velate ed è

punteggiato da 14 cappelle, progettate

e realizzate dall’architetto varesino

Giuseppe Bernasconi, detto “il

Mancino”; all’interno delle stesse sono

presenti circa 300 statue e decine di

affreschi. La Via Sacra inizia in località

Prima Cappella. Essa è caratterizzata

dalla presenza di tre archi che

suddividono i Misteri Gaudiosi, Dolorosi

e Gloriosi e termina all’interno del

santuario, dove l’altare principale

rappresenta il quindicesimo mistero:

l’Incoronazione della Vergine. La prima

cappella è dell’Annunciazione. Le statue

di Maria di Nazaret e dell’Angelo sono

opera di Cristoforo Prestinari che le ha

realizzate nel 1605. La terza cappella è

dedicata alla Natività di Gesù e risale al

1623. Le statue sono del ticinese

Martino Retti e di Bernardino Sala,

mentre gli affreschi furono realizzati dal

Nuvolone. Vicino alla cappella si trova

l’acrilico della Fuga in Egitto realizzato

da Renato Guttuso nel 1983.

Il sacro Monte di Orta

Nel febbraio 1583 il Consiglio della

Comunità di Orta, in stretta comunione

con i frati francescani, decise di

costruire un Sacro Monte sul modello di

quello di Varallo, ma dedicato

interamente alla vita di san Francesco.

Questa dedicazione differenzia il Sacro

Monte di Orta da tutti gli altri Sacri

Monti. Il progetto del “monte sacro”

ortese è del frate cappuccino Cleto da

Castelletto Ticino; il sito scelto per

ospitare il complesso è stato la “selva”

intorno alla chiesa di san Nicolao nella

quale, a partire dal 1538, si erano

verificati alcuni miracoli che ne

avevano fatto una meta di numerosi

pellegrinaggi e di culto mariano. Il

vescovo di Novara, Carlo Bascapè,

seguendo personalmente sia gli aspetti

organizzativi che il programma

iconografico della decorazione delle

cappelle, contribuì al primo procedere

dei lavori.

Nella seconda metà del XVII secolo, il

gusto barocco portò un rinnovato

spirito di coinvolgimento negli

allestimenti: molti edifici

non completi furono integrati con

nuove realizzazioni sceniche e,

contemporaneamente, furono

realizzate nuove cappelle.

La cappella della Natività di san

Francesco venne realizzata, a partire

dal 1592, con il contributo delle

compagnie ortesi degli stagnari e dei

terracottai di Francia e Spagna.

Le statue sono di Cristoforo Prestinari.

Il santuario dei santi Nicolao e

Francesco, rimaneggiato interamente

nel XVII secolo, custodisce la preziosa

tela della Natività di Camillo Procaccini

raffigurante Giovanni Battista e Gesù

12 Interno della chiesa di Sant’Eusebio a Varengo di Gabiano AL - Italy - Questa, come tutte le foto di Sant’Eusebio contenute in questo speciale, sono realizzate da Pier Giuseppe Bollo