Suolo e rifiuti - Arpa Umbria · dal clima, dal rilievo, dall’azione diretta de-gli organismi e...

27
Suolo e rifiuti

Transcript of Suolo e rifiuti - Arpa Umbria · dal clima, dal rilievo, dall’azione diretta de-gli organismi e...

Suolo e rifiuti

l 224 l

Relazione sullo stato dell’ambiente in Umbria l 6A l Suolo l PRESSIONI

6A.1. INTRODUZIONE

Il suolo rappresenta un corpo naturaleconfigurato in uno strato esiguo che rico-pre la maggior parte delle terre emerse eper le attività umane si investe di un impor-tante ruolo per il valore nelle attività agro-silvo-pastorali. Esso inoltre rappresenta unimportante patrimonio paesaggistico-am-bientale insostituibile e non rinnovabile nelbreve periodo. Volendo fornire una defini-zione di suolo possiamo affermare che essocompone lo strato superficiale della crostaterrestre e si può considerare a tutti gli ef-fetti un corpo naturale, dinamico, indipen-dente, costituito da particelle minerali eorganiche che segue delle leggi evolutiveproprie e la cui organizzazione morfologicaè specifica e risultante da processipedogenetici che dipendono dalla litologia,dal clima, dal rilievo, dall’azione diretta de-gli organismi e dal tempo. Le interazioni traquesti fattori sono tali che quando sussisto-no condizioni naturali e stabili a ogni lorocombinazione corrisponde sempre lo stes-so tipo di suolo.L’impiego sempre più consistente e in-tensivo dei mezzi tecnici in agricoltura apartire dalla seconda metà degli anninovanta ha indotto, in molte aree dei pa-esi industrializzati, a fenomeni di degra-dazione della fertilità fisica, chimica emicrobiologica del suolo. A questi feno-meni di alterazione del terreno, in condi-zioni di sistemi intensivi di produzioneagricola, si è correlato il rapido deterio-ramento della qualità dell’ambiente ma-nifestando su tali aree fenomeni di ero-sione del suolo e di desertificazioneoltreché fenomeni di inquinamento dafertilizzanti e da fitofarmaci.L’esercizio dell’attività agricola quindi chenelle condizioni tradizionali ha sempregarantito la tutela dell’ambiente mediantela regimazione delle acque e soprattuttomediante la conservazione di una buonadotazione di sostanza organica nel terre-no, oggi, se condotto in modo non corret-to, può provocare danni all’ambiente na-turale. Una conduzione intensiva dell’agri-coltura, se legata soprattutto a un elevato

l 6A l Suolo

impiego di input energetici, sotto l’aspettoeconomico non determina l’incremento delReddito Lordo Aziendale (RLA) a causa,da una parte, della scarsa produttivitàmarginale delle risorse applicate sottopo-ste a una continua crescita del loro prez-zo unitario e necessarie in dosi sempremaggiori per assicurare rese costanti edall’altra dell’aleatorietà del prezzo di mer-cato di vendita dei prodotti agricoli alla pro-duzione destinato alla riduzione per le ec-cedenze prodottesi soprattutto sui mercatieuropei.A oggi i risultati della ricerca di un rap-porto ottimale tra gestione dell’attivitàagricola, conservazione dell’ambiente edella redditività aziendale, hanno porta-to da un lato alla definizione di nuovi si-stemi agricoli alternativi ai convenziona-li, assumendo, in relazione alle condizio-ni socio-economiche, culturali e di mer-cato dell’ambiente considerato, i conno-tati di “agricoltura biologica”, “agricolturaorganica”, “agricoltura biodinamica”, ecc.,e dall’altro all’impegno per risolvere i pro-blemi tipici dei sistemi colturali intensiviattraverso una valutazione scientifica disistemi integrati di produzione agricolameno dipendenti dagli alti input energeticie dalla chimica di sintesi, capaci di mini-mizzare i rischi di inquinamento dell’am-biente e delle acque in particolare, man-tenere la fertilità del terreno e assicuraresufficienti livelli produttivi che siano sta-bili nel tempo.La necessità di fornire delle risposte a tut-te queste problematiche comporta di fo-calizzare l’attenzione a un’attenta gestio-ne del suolo per i sistemi colturalisostenibili. Infatti, il suolo rappresenta unfattore indispensabile per la produzioneagraria non solo come mero mezzo mapiuttosto come elemento dinamico attra-verso il quale si svolgono i cicli degli ele-menti nutritivi che rappresentano la con-dizione necessaria e sufficiente della fun-zionalità e sostenibilità degli ecosistemiagrari. Il suolo rappresenta il sistema at-traverso il quale è possibile garantire leinterazioni tra la componente abiotica delterreno e quella biotica che determina un

equilibrio dinamico tra i due elementi, quel-lo non vivente e quello vivente. Negliecosistemi naturali tale equilibrio è deter-minato in larga misura da parametri fisicilegati all’umidità, alla temperatura eall’arieggiamento che nei sistemi naturalisi manifestano con una certa stagionalità.Per effetto dell’intervento dell’uomo que-ste condizioni, negli agroecosistemi, su-biscono delle alterazioni anche profonde.Esse sono condizionate in conseguenzadelle rotazioni agrarie condotte ed entrocui rientrano gli avvicendamenti colturali(e quindi il tipo e la quantità dei residuivegetali che periodicamente vengono de-stinati alla decomposizione) e/o attraver-so la scelta di una determinata tecnica dilavorazione nelle sue varianti legate allamodalità, alla profondità e all’epoca di ese-cuzione che condiziona le caratteristichefisiche, chimiche e microbiologiche del si-stema suolo.

6A.2. PRESSIONI

6A.2.1. Uso reale del suolo

6A.2.1.1. Utilizzo della superficieagricola a livello regionale

Una prima indicazione sull’uso reale delsuolo in Umbria può essere evidenziataanalizzando i risultati definitivi del V Cen-simento generale dell’agricoltura. L’ISTATha rilevato con questo rapporto che57.153 aziende, distinte tra agricole,zootecniche e forestali utilizzano unaSuperficie Agricola (SAU) pari a 367.141ettari a fronte di una Superficie AgricolaTotale (SAT) di 642.492 ettari. L’assettodell’uso del territorio agricolo è variatorispetto a quanto evidenziato dal censi-mento del 1990 in modo tale che a oggi ilnumero delle aziende è diminuito di 1.398unità (2,4% in meno rispetto al 1990), lasuperficie totale è diminuita di 42.568 et-tari (6,2% in meno rispetto al 1990) e laSAU è diminuita di 29.044 ettari (7,3% inmeno rispetto al 1990).Questa contrazione del numero della

l 225 l

Relazione sullo stato dell’ambiente in Umbria l 6A l Suolo l PRESSIONI

superficie agricola e del numero totaledelle aziende è avvenuto in modo nonuniforme cosicché a oggi le superficimedie delle aziende localizzate in Umbriasono passate da 11,70 a 11,25 ettari intermini di SAT e da 6,85 a 6,52 ettari intermini di SAU.Dal grafico 1 possiamo evidenziare comesia variata l’estensione della SAU nell’in-tervallo di tempo 1996-2000, a confermadella tendenza alla contrazione della su-perficie coltivata in Umbria.

Grafico 1 – La SAU in Umbria negli anni 1996-2000

Fonte: ISTAT

6A.2.1.2. Evoluzione nell’uso dellasuperficie agricola utilizzata trale categorie agricole produttive

L’evoluzione dell’uso della SAU per le col-ture principali, distinte in seminativi, coltu-re permanenti e prati permanenti e pascoli,è stata tale per cui dal 1990 al 2000 han-no subito una contrazione le superfici de-stinate ai seminativi e ai prati permanentie pascoli, rispettivamente pari a -5,1% ea -17,8%, a fronte di un aumento del+3,2% delle superfici destinate alle colti-vazioni permanenti, come evidenziato nelgrafico 2.

Grafico 2 – Uso della SAU in Umbria tra 1990e 2000 relativamente alle colture principali

Fonte: ISTAT

provincia di Terni; l’incremento delle col-tivazioni legnose permanenti, invece, èda imputare essenzialmente a nuovi im-pianti realizzati nella provincia di Terni paria +8,3% di superficie rispetto alla provin-cia di Perugia. Quanto descritto può es-sere rilevato dalle indicazioni della tabel-la 1.

6A.2.1.3. Le coltivazioni agricole nelleaziende umbre

Relativamente alla forma di utilizzazionedelle superfici agricole in Umbria, il risul-tato del V Censimento generale dell’agri-coltura è stato che i 367.141 ettari di SAUsono utilizzati dal 98,5% delle aziendecon suolo. Su questa superficie i semi-nativi, che la coprono per il 63,9%, rap-presentano la forma di utilizzazione piùdiffusa praticata dal 73,8% delle aziendecon superficie.Oltre ai seminativi una coltura molto dif-fusa è rappresentata dalle coltivazionilegnose agrarie praticate dal 73,4% del-le aziende con terreni, e per una superfi-cie investita pari al 13,5% della SAU. Talicolture legnose, seppure hanno subito unaumento pari al +3,2% della superficieinvestita, vengono condotte in un nume-ro inferiore di aziende pari a -5,8% rispet-to al 1990 determinando così un aumen-to del suo valore medio da 1,08 a 1,18ettari per azienda coltivatrice.Le legnose agrarie sono strutturate inmodo tale che l’olivo rappresenta la col-tura più diffusa, su circa il 75,3% delleaziende con coltivazioni legnose agrarieper 31.692 ettari corrispondente al 8,6%della SAU e al 64% della superficie inve-stita a coltivazioni legnose. Le aziendeolivicole nel decennio 1990-2000 sonoaumentate del 15,3%, mentre la corri-spondente superficie è aumentata in mi-sura maggiore pari al +18,1%. Questo hacomportato che la superficie media a oli-vo è lievemente aumentata passando da0,98 a 1,00 ettari per azienda coltivatrice.Tra le coltivazioni legnose agrarie anchela vite risulta abbastanza diffusa essen-do condotta sul 57,1% delle aziende concoltivazioni legnose agrarie e sul 42,6%di quelle con SAU per una superficie in-

Tabella 1 – Uso della SAU in Umbria nel 2000

Fonte: ISTAT

vestita di 14.227,09 ettari (3,9% della SAUe 28,7% della superficie delle coltivazio-ni legnose agrarie).Seppure questa coltura abbia subito neldecennio 1990-2000 una contrazione nelnumero delle aziende pari al 28,3% e unacontrazione della relativa superficie inve-stita a vite pari al 21,1%, tale flessionenon ha comunque coinvolto le produzio-ni di qualità, che sono al contrario in cre-scita.Relativamente alla vite per la produzio-ne di vini DOC e DOCG, infatti, è stato se-gnato un aumento pari al 18,8% nel nu-mero delle aziende coltivatrici mentre lasuperficie investita ha segnato un aumen-to del 39,7% a fronte della riduzione del37,9% di quella per la produzione di altrivini.A completamento delle coltivazioni legno-se agrarie bisogna evidenziare che nel-l’arco temporale 1990-2000 le coltivazionifruttifere hanno segnato un’evoluzioneparticolare. Esse, infatti, sono state im-piantate fino a coprire una superficie re-gionale di circa 2.895 ettari, con un in-cremento pari a circa il 94,7% e interes-sando circa 4.503 aziende, pari al 41,9%in più rispetto al 1990.La forma di utilizzazione dei 367.141 et-tari di SAU percentualmente meno diffu-sa in Umbria è rappresentata dai pratipermanenti e pascoli. Essi sono presentinel 24,6% delle aziende con suolo e co-prono il 22,6% della SAU. Per tali coltiva-zioni il numero delle aziende che le con-ducono sono aumentate rispetto al pre-cedente censimento del 1990 per il 14%in contrapposizione a una diminuzionedella superficie coperta pari al 17,8%. Daquesta condizione ne risulta che nel de-cennio 1990-2000 si è assistito a una ri-duzione del valore della superficie me-dia aziendale coltivata a prati permanen-ti e pascoli e pari a circa 2,30 ettari, de-terminando una contrazione tale che sipassa da 8,21 a 5,91 ettari per aziendacoltivatrice.Fatta eccezione per le aziende più pic-cole, quelle cioè con una SAU minore aun ettaro, nelle quali le superfici investitea coltivazioni legnose agrarie risultanoprevalenti, per le altre classi aziendali le

Questo andamento a livello regionale siè manifestato a livello provinciale convalori diversi. Infatti, seppure si manten-gono su livelli equiparabili la riduzionedelle superfici relative ai prati permanen-ti e ai pascoli, tra le due provincie, i semi-nativi hanno subito una maggiore con-trazione percentuale nella provincia diPerugia, pari a circa +0,9% rispetto alla

l 226 l

Relazione sullo stato dell’ambiente in Umbria l 6A l Suolo l PRESSIONI

colture più diffuse sono i seminativi, checoprono valori variabili della superficietotale compresi tra il 29,0% e il 47,4%.Nelle aziende agrarie con classe dimen-sionale da 3 a 100 ettari i seminativi ri-sultano superiori alla quota media regio-nale del 36,5% mentre l’incidenza mas-sima si manifesta nelle aziende con clas-se dimensionale da 30 a 50 ettari.Le coltivazioni legnose agrarie presen-tano la quota di superficie investita rela-tivamente più elevata, con un valore parial 24,3%, nelle aziende con dimensioneminore a un ettaro di SAU, mentre pertutte le altre classi aziendali il valore me-dio regionale risulta pari al 7,7%. Il valo-re minimo di questa utilizzazione del suo-lo viene registrato nelle aziende con unasuperficie superiore a 100 ettari nellequali il valore è pari 2,7% della SAU.

6A.2.1.4. Principali colture

Volendo scendere in maggior dettagliorelativamente all’evoluzione delle super-fici regionali destinate alle colture princi-pali, nella tabella 2 sono state riassuntele SAU per le colture agrarie più impor-tanti di ciascuna categoria produttiva dal1996 al 2000.I valori assoluti della tabella possono es-sere rappresentati per ciascuna catego-ria produttiva (seminativi, colture legno-se permanenti e prati permanenti e pa-scoli) in grafici che ne traccino l’andamen-to nel periodo 1996-2000 (graff. 3-5).A commento dei grafici trattati si può ag-giungere che la contrazione del 5,1% su-

Tabella 2 – Uso della SAU in Umbria per colture principali

Fonte: ISTAT

ti. Le superfici destinate ai prati perma-nenti e ai pascoli pur presentando unacontrazione del 17,8% mantengono la ten-denza all’aumento a partire dal 1998. Infi-ne, l’aumento pari a +3,2% delle superficidestinate alle coltivazioni permanenti è ilrisultato di un incremento nell’anno 2000della coltivazione di fruttiferi e olivi poichél’aumento del vigneto è legato strettamen-te alle quote di reimpianto.A chiusura del quadro colturale che ca-ratterizza l’Umbria sembra doveroso pre-cisare come le aziende agricole del terri-torio siano strutturate. Dai risultati del VCensimento generale dell’agricoltura èemerso che la struttura dimensionaledelle aziende agricole è stata interessa-ta da un processo di frammentazionefondiaria, concentrato nelle aziende diminori estensioni, come dimostra la cre-scita sensibile delle aziende con menodi un ettaro di SAU.La conduzione aziendale in forma direttadel coltivatore (92,9% del totale) mantie-ne la sua prevalenza sulle altre forme mapresenta delle variazioni di composizio-ne. Infatti, si è registrata una contrazionedelle aziende con manodopera mista incontrapposizione all’incremento di quel-le con solo manodopera familiare. Moltonette sono, invece, le diminuzioni osser-vate per le aziende a conduzione direttache utilizzano manodopera mista (fami-liare ed extrafamiliare): il numero delleaziende nelle quali il contributo lavorati-vo della manodopera familiare è preva-lente si è ridotto del 34,0%, con una rile-vante flessione in termini di SAU (-14,7%),

Grafico 3 – Uso della SAU in Umbria: seminativi

Grafico 4 – Uso della SAU in Umbria: colturelegnose agraria

Fonte: ISTAT

Fonte: ISTAT

Grafico 5 – Uso della SAU in Umbria: pratipermanenti e pascoli

Fonte: ISTAT

bita dalle superfici destinate ai seminativinel decennio 1990-2000 è da imputare allariduzione della SAU nel 2000 per la colti-vazione delle colture industriali in sensolato e delle foraggere avvicendate, men-tre le superfici destinate ai cereali dagranella si mantengono pressoché costan-

l 227 l

Relazione sullo stato dell’ambiente in Umbria l 6A l Suolo l PRESSIONI

mentre il numero delle aziende con pre-valenza della manodopera extrafamiliarerisulta calato del 58,2% con flessioni dientrambe le superfici pari al 36,9%.

6A.2.1.5. Distribuzione delle classiagricole negli ambiti territorialiindividuati dal Piano UrbanisticoTerritoriale (PUT)

Un’analisi che descrive in altra formacome sono distribuite le classi agricole(campi coltivati e non, oliveti e vigneti)nel territorio dell’Umbria, in rapporto agliambiti territoriali individuati dal PUT, è ri-portata nella tabella 3.Utilizzando i valori assoluti delle superfi-ci è stato possibile realizzare i grafici 6-8, relativi alla distribuzione percentualedelle classi agricole per ambiti territoriali.I risultati che emergono da questa analisisono tali che relativamente alla categoriadei terreni coltivati e non si assiste a unadistribuzione abbastanza equilibrata tra learee pianeggianti, le aree basso collinarie i sistemi alto collinari; la maggiore distri-buzione assoluta ricade nell’ambito dellearee basso collinari e quindi nelle aree pia-neggianti e nei sistemi alto collinari. Gli oli-veti, invece, sono distribuiti maggiormen-te nei sistemi alto collinari e poi quasi ineguale misura in aree basso collinari e suirilievi montuosi. Infine i vigneti sono pre-senti per oltre la metà della loro superficietotale nelle aree basso collinari per poidistribuirsi verso le aree pianeggianti o isistemi alto collinari.

6A.2.2. Gestione agronomica:rotazioni, scelte colturalie lavorazioni del suolo

Le scelte colturali sono attualmente forte-mente influenzate dalla Politica AgricolaComunitaria (PAC) che sostiene economi-camente alcune colture, privilegiate rispet-

Tabella 3 – Distribuzione delle classi agricole in rapporto agli ambiti territoriali individuati dal PUT

tosto che alla buona pratica agricola. Il si-stema del sostegno al prodotto, non col-legato con la gestione agronomica, favo-risce il ripetersi delle stesse sui medesimiterreni e/o il non rispetto delle rotazionicorrette dal punto di vista agronomico.

6A.2.2.1. I sistemi di lavorazionidel suolo in Umbria

La lavorazione meccanica del suolo, neipaesi cosiddetti sviluppati, ha subito neltempo una profonda evoluzione che haportato alla costituzione di un processoaltamente meccanizzato e sofisticato conil quale attrezzi e mezzi meccanici, ri-spondenti alle varie funzioni, sono statimessi a disposizione degli addetti.La realtà agricola italiana, e con essa quelladell’Umbria, relativamente alle lavorazionidel suolo, ha evidenziato la tendenza dal-la metà del Novecento all’aumento dellameccanizzazione, e alla maggiore poten-za dei mezzi per unità di superficie a cuiha corrisposto l’aumento della profonditàdi lavorazione e della larghezza di lavora-zione. Negli ultimi anni, però, in seguito airisultati della sperimentazione, alla mani-festazione di eventi congiunturali (aumen-to dei costi unitari del carburante e degliattrezzi), alla definizione di pratiche alter-native per il controllo delle specie sponta-nee e degli agenti di malattie biotiche esoprattutto alla crescente considerazioneper la conservazione e sostenibilità del-l’ambiente (suolo compreso), si è perve-nuti alla consapevolezza che sistemi dilavorazione troppo intensivi, congiunti allavariazione dei sistemi agricoli di reintegra-zione della sostanza organica e delle mo-dalità di lavorazione, accentuino i fenomenidi erosione del suolo o il declino del suocontenuto di sostanza organica.Con il sistema delle lavorazioni, l’obietti-vo è quello di creare le condizioni del ter-reno più favorevoli alla crescita, allo svi-luppo e alla produzione delle colture, iltutto nella sostenibilità del suolo.Nell’elencazione degli scopi che si voglio-no conseguire ricordiamo:• la modifica della porosità del terreno;• la conservazione dell’acqua;• l’incorporazione dei residui colturali e

dei fertilizzanti e/o fitofarmaci;• la preparazione del letto di semina;• il controllo della vegetazione sponta-

nea;• il controllo dell’erosione;• la predisposizione del suolo per l’irri-

gazione.Seppure non esistono studi specifici inUmbria, possiamo affermare che, la ten-

Grafico 6 – Distribuzione percentuale delle classiagricole per ambiti territoriali regionali – Campicoltivati e non

Grafico 7 – Distribuzione percentuale delle classiagricole per ambiti territoriali regionali – Oliveti

Grafico 8 – Distribuzione percentuale delle classiagricole per ambiti territoriali regionali – Vigneti

to ad altre. Le scelte vengono fatte quindiin base alla convenienza economica piut-

l 228 l

Relazione sullo stato dell’ambiente in Umbria l 6A l Suolo l PRESSIONI

BOX

Erosione genetica nelle specie coltivate

Fino a 40-50 anni fa le varietà locali delle diversespecie coltivate rappresentavano la base produt-tiva dell’agricoltura in tutto il mondo. Il diffondersidi un’agricoltura intensiva, la meccanizzazionespinta, l’avvio di programmi di miglioramento ge-netico, hanno portato alla sostituzione delle tan-te vecchie varietà con poche varietàgeneticamente uniformi (cioè fondate su una basegenetica molto stretta). Si presume che circal’80% delle vecchie varietà una volta presenti incentro Italia sia scomparsa. Questo fenomeno di“erosione genetica” è presente in tutti i settorivegetali cereali, ortive, fruttiferi, foraggere.Nel 1910 erano presenti ufficialmente in Italia 150varietà coltivate di melo, attualmente il 77% dellevarietà coltivate di questa specie è rappresenta-to da 3 varietà (ISTAT, 1998).Tra le pere di cui l’Italia è il secondo produttoremondiale, il 77% della attuale produzione è rap-presentato da solo 5 varietà. Questa tendenza è

pienamente rispettata anche in Umbria, ed èestremamente pericolosa. A tutti i livelli di orga-nizzazione della vita (specie, popolazioni edecosistemi) maggiore è la diversità, maggiori sonole probabilità di sopravvivenza. Quanto più va-riabilità c’è in uno sistema, quanto più elevata èla probabilità che gruppi o individui siano in gra-do di sopravvivere a modificazioni anchedrastiche e veloci delle condizioni di vita. Questoè vero sia per le specie selvatiche che per quellecoltivate.L’eccesso di specializzazione fa crescere i rischiper le produzioni agroalimentari, che sono sem-pre più dipendenti da poche varietà ugualmenteutilizzate in tutto il mondo anche in condizioniambientali molto diverse.In 10.000 anni di attività agricola l’uomo ha sele-zionato lentamente migliaia di varietà, adattate asopravvivere e a dare buoni risultati in un deter-minato ambiente. Le varietà locali rappresenta-

no quindi una ricchezza straordinaria, per la buo-na adattabilità, la rusticità, la specificità e il fortelegame con il territorio che le ha prodotte. Nelprimo anno di ricerca svolta dai soggetti coinvoltinel progetto “Valorizzazione delle risorse geneti-che della regione Umbria” (Università degli Studidi Perugia; dipartimento di Biologia Vegetale eBiotecnologie Agroalimentari; Parco tecnologicoAgroalimentare dell’Umbria, Associazione Arche-ologia Arborea, Comunità Montana dellaValnerina) sul territorio regionale sono state se-gnalate per esempio circa 200 varietà locali difruttiferi (pero, melo, susino, pesco, ciliegio, ficoe vite). Questo patrimonio genetico è fortementea rischio, e la grave perdita di biodiversità è ac-compagnata anche dalla scomparsa del paesag-gio agricolo storico, del sapere popolare di centi-naia di generazioni di agricoltori, delle radici sto-riche comuni e dei sapori e dei profumi del no-stro territorio.

massica che tende ad aumentare. I terre-ni sabbiosi, definiti leggeri per questomotivo, forniscono minori tempi di esecu-zione e minori consumi energetici rispettoagli stessi interventi eseguiti su suoliargillosi, definiti pesanti.Con la sperimentazione è stato possibileverificare che le lavorazioni, soprattuttoquelle profonde, non hanno effetti consi-stenti nell’aumentare la macroporosità (ne-cessaria all’infiltrazione dell’acqua,all’arieggiamento del suolo e a facilitarel’esplorazione radicale) nei terreni con unacomponente argillosa (particelle fini delsuolo molto frequenti nei suoli dell’Umbria)che ne conferisce crepacciabilità ampia euniforme; infatti, solo i terreni che non sifessurano né si strutturano (limosi olimoso-sabbiosi) traggono vantaggio dal-le lavorazioni. Inoltre, si dovrebbe evitaredi “diluire” con il rovesciamento del suolola poca sostanza organica disponibile edi concentrarla invece nello strato più su-perficiale.Le proposte che potrebbero migliorarequindi il sistema delle lavorazioni, da at-tuare nei nostri suoli, possono essereriassunte in:• diminuire le profondità di lavorazione;• sostituire l’aratro rovesciatore con at-

trezzi discissori (scarificatore o chisel);• abbinare la discissura profonda del

suolo (taglio verticale) a un’aratura leg-gera (“lavorazione a due strati” realiz-

zata con aratro ripuntatore o con pas-saggio di scarificatore seguito da pas-saggio superficiale di aratropolivomere);

• ridurre la preparazione del letto disemina al rimescolamento solo deipochi centimetri superficiali, sufficien-te al regolare funzionamento dellenormali seminatrici (lavorazione mi-nima o “minimum tillage”);

• seminare con apposite seminatrici susodo eliminando così ogni prepara-zione meccanica (non lavorazione o“no tillage” o semina diretta o “directdrilling”).

Esistono infine nuovi sistemi di lavorazio-ne del terreno definiti LavorazioneConservativa o “Conservation Tillage” eche rappresentano ogni successione dilavori che lasci almeno il 30% della su-perficie coperta con i residui della coltura.La norma di lavorazione del suolo, per lecolture tipicamente condotte nel centroItalia con piani agronomici composti darotazioni biennali o triennali, allo statoattuale è quella di eseguire un’aratura allaprofondità di 0,40-0,45 m per i cerealiautunno vernini e di 0,50-0,60 m per lecolture da rinnovo non irrigate. Agli aspettipositivi prima descritti, si contrappone laformazione di una eccessiva zollosità, ladiluizione della sostanza organica lungoun profilo di suolo maggiore (aspettodeleterio in condizioni di riduzione del-

denza attuale, per la prassi agronomica,è quella di utilizzare le sempre maggioripotenze meccaniche disponibili per rag-giungere profondità di lavorazione chenon hanno riscontro in nessun’altra agri-coltura del mondo. Le motivazioni tecni-che di questo atteggiamento sono quellerelative al miglioramento della circolazio-ne dell’acqua e dell’aria nel suolo e alcontrollo della flora infestante.Le modifiche sulle caratteristiche fisiche,chimiche e biologiche del terreno determi-nate dai diversi tipi di lavori preparatori prin-cipali possono essere evidenziate consi-derando la classe granulometrica del suo-lo.Le lavorazioni del suolo, soprattutto quel-le profonde, inducono problematiche lega-te alla formazione della suola di lavorazio-ne, all’aumento della mineralizzazione del-la materia organica, al rimescolamentodegli strati del suolo, all’esposizione a ero-sione eolica e idrica, all’eccessivo interra-mento dei residui vegetali, alla minoretrafficabilità, ecc.Parametri fisici del suolo come le forze dicoesione, adesione e la capacità diritenzione idrica aumentano i loro valoripassando da terreni sabbiosi ai limosi equindi agli argillosi. Questo è dovuto allamaggiore azione chimica degli agenti at-mosferici sulle particelle elementari checompongono il suolo, alla loro dimensio-ne che diminuisce e alla superficie

l 229 l

Relazione sullo stato dell’ambiente in Umbria l 6A l Suolo l PRESSIONI

l’apporto di materiale organico per la sem-plificazione delle rotazioni colturali, la ri-duzione di colture quali l’erba medica ealtre leguminose miglioratrici della fertilitàdel suolo oltreché la riduzione delleletamazioni in seguito alla contrazionedegli allevamenti) ma soprattutto l’au-mento dei costi energetici (carburante elubrificanti) correlabile con la profonditàdi lavorazione e non giustificabile conl’aumento della produttività colturale.I risultati di una sperimentazione ultradecennale, condotta dall’Università de-gli Studi di Perugia, su suoli argillosi eautolavoranti (vertisuoli) hanno dimostra-to come alcuni sistemi di lavorazione al-ternativi ai convenzionali possano esse-re applicabili e ridurre i fattori negatividelle arature profonde. Infatti, è stato di-mostrato come sia possibile combinare ilmantenimento della produttività ad alti li-velli con la riduzione dei costi energeticidelle lavorazioni mediante l’adozione dipratiche colturali alternative quali:• colture non irrigue da rinnovo, rim-

piazzare l’aratura profonda con unascarificatura (discissura verticale delsuolo senza rovesciamento della zol-la) seguita da un’aratura più superfi-ciale (0,30 m, o la lavorazione conaratro-ripuntatore;

• cereali autunno vernini, eseguire unalavorazione minima o “minimumtillage” (0,20 m) o una non lavorazio-ne “zero tillage” mediante semina di-retta.

Relativamente poi agli effetti delle lavora-zioni del suolo sui parametri fisici, la fa-coltà di Agraria dell’Università degli Studidi Perugia, ha condotto una valutazionedella massa volumica o densità apparen-te del suolo (espressa in t x m-3), studiataper un decennio su due campi sperimen-tali posti in siti distinti del centro Italia eper due sistemi di rotazione colturale (fru-mento-mais irriguo e frumento-barbabie-tola da zucchero). La sperimentazione hamesso a confronto diversi sistemi di lavo-razione quali aratura profonda (sistemiconvenzionali), aratura superficiale, lavo-razione a due strati e minima lavorazio-ne. I risultati sono stati tali per cui la mas-sa volumica del suolo, da cui dipende laporosità del terreno e quindil’arieggiamento e la disponibilità idrica,assume valori minimi in seguito ai sistemiconvenzionali di lavorazione e massimidalla minima lavorazione. Infine questasperimentazione ha potuto dimostrare chela lavorazione profonda non comportavantaggi produttivi rispetto agli altri siste-mi alternativi di lavorazione.

6A.2.2.2. Le lavorazioni del suoloe la trafficabilità

Il compattamento del suolo è un elemen-to che può essere imputato a diversi fat-tori, dato che non può essere definito inmodo univoco su tutto il profilo del terre-no in quanto, partendo dalla superficie eapprofondendosi, lo strato lavorato svol-ge diverse funzioni: letto di semina, zonadi approfondimento radicale, zona d’in-filtrazione, zona di drenaggio, ecc. cia-scuna delle quale dovrà presentare unlivello ottimale di compattamento per l’ef-ficienza della pianta.Il compattamento del suolo può esseredeterminato da fattori intrinseci del terre-no, da condizioni di saturazione perduran-te o deficit idrico, dall’esecuzione di lavo-razioni scorrette, dal traffico frequente dimacchine e attrezzature. In generale,però, esso è andato accentuandosi conl’evoluzione della meccanizzazione e l’in-troduzione di macchine e attrezzature dimassa e dimensioni sempre maggiori.Il compattamento del suolo, quindi, è unelemento da tenere in considerazione econtrollare ai fini di una gestione agrico-la sostenibile.Il compattamento eccessivo del suolodetermina una maggiore resistenza altaglio che si traduce in un aumento del-l’energia richiesta per la lavorazioneoscillabile dal 25% al 50% in base al nu-mero di passaggi da dover effettuare. Ilcontrollo di questo parametro quindi com-porta una riduzione dei costi di lavora-zione oltreché la possibilità di ridurre lapotenza e la massa delle trattrici da uti-lizzare per le lavorazioni successive delterreno.Il compattamento dello strato lavorato, aparità della tessitura del terreno agrico-lo, dipende in ordine d’importanza daiseguenti fattori:• contenuto di umidità del terreno;• numero di passaggi dei mezzi;• massa delle macchine;• tipologia dei pneumatici (singoli,

gemellati, a larga sezione, ecc.);• pressione dei pneumatici;• velocità di avanzamento delle mac-

chine;• slittamenti dei pneumatici.A titolo di esempio è stato verificato chenel caso del mais, il compattamento delsuolo soprattutto se ripetuto nel tempo puòcompromettere la piena efficienza dellecolture e maggiore è la pesantezza del ter-reno maggiori sono le riduzioni delle rese(fino al 25% nei suoli argillosi e 12% in quellisabbiosi). Nei suoli allo stato plastico o

semiplastico, il compattamento è fortemen-te condizionato dal passaggio delle mac-chine e dalla loro massa. Inoltre, aumen-tando il traffico aumenta il compattamentoe a parità di massa questo si verifica so-prattutto nei primi passaggi (preparazionedel letto di semina e semina).In questo senso nei terreni argillosi l’in-cremento della sostanza organica tendea ridurre gli effetti del fenomeno.Il compattamento dello strato di suolo piùprofondo e non lavorato è determinatosoprattutto dai seguenti fattori:• il carico della ruota;• l’umidità del terreno;• il numero di passaggi dei veicoli.La pressione esercitata dal traffico neglistrati profondi dipende quasi esclusiva-mente dalla massa che grava sulla ruotaa eccezione dei casi in cui si utilizzinopneumatici con pressioni basse.per esempio con i pneumatici normal-mente utilizzati nelle lavorazioni se il ca-rico assiale eccede le 6 tonnellate, si os-serva un compattamento a profonditàsuperiori di 0,40 m e anche il passaggiodel pneumatico, in fase di aratura, nelsolco determina il compattamento deglistrati non lavorati.Il controllo della compattazione del suolodeve essere condotto mediante l’appli-cazione di tecniche che ristabiliscano emantengano la struttura del terreno; inol-tre dovranno essere limitate le cause dicompattamento determinato dal trafficodei veicoli sul terreno.In questo senso dovranno essere adot-tati da parte dei tecnici addetti alle lavo-razioni sistemi di “traffico non controlla-to” e sistemi di “traf fico controllato”.I sistemi a traffico non controllato sonovolti alla riduzione del compattamentomediante dispositivi che limitano la mas-sa applicata sugli assiali delle attrezza-ture ovvero la pressione specifica eser-citata da queste sul suolo (macchine piùleggere e pressioni di esercizio che au-mentino la superficie di contatto tra or-gani propulsori e suolo, pneumatici a lar-ga sezione o ruote gemellate) e ricorren-do all’uso di macchine combinate per lalavorazione che riducono il numero deipassaggi sul terreno. Relativamente alleperdite di produzione esse sono più mar-cate quanto più forte è la pressione eser-citata dalle macchine agricole sul terre-no. Il compattamento comporta un abbas-samento delle prestazioni produttive nelleannate successive, tanto più marcatoquanto più frequenti e incontrollati sono ipassaggi in campo delle macchine. È sta-to infatti, dimostrato che posto uguale a

l 230 l

Relazione sullo stato dell’ambiente in Umbria l 6A l Suolo l PRESSIONI

Grafico 12 – Trattrici a ruote nella provincia di Perugia

100 la produzione massima ottenibilesenza compattamento un solo passag-gio può ridurre la produzione del 10%mentre 5 passaggi possono causare per-dite produttive anche del 50%.I sistemi colturali a traffico controllatosono tali per cui la zona coltivata e le li-nee di transito sono separate in mododistinto e permanente. Si stabilisconodelle linee di transito che non sono lavo-rate e vengono usate per il passaggio deiveicoli. Le linee diventano perciò com-patte, migliorando l’efficienza di trazione,la portanza del terreno e la tempestivitàdi esecuzione delle operazioni, mentre lazona non calpestata, se inizialmente bencoltivata, tende a mantenere il propriostrato colturale.

6A.2.2.3. La meccanizzazione

L’evoluzione del parco trattoristico inUmbria, inteso come numero di veicoli ecome potenza disponibile, è stata tale dadeterminare trasformazioni radicali sul-l’assetto del territorio. Iniziato dalla metàdegli anni novanta per la necessità diimpostare su nuove basi l’economiaaziendale agraria, ha determinato un cre-scente impiego della trattrice nel proces-so produttivo agricolo. Questa tendenzaè ancora pienamente confermata nellasua evoluzione tecnologica. Infatti, all’au-mento del numero totale delle trattriciagricole per azienda oggi la tendenza èquella di incrementare la potenza mediaa disposizione per ettaro di superficie.Relativamente alla realtà umbra dai risul-tati del V Censimento generale dell’agri-coltura possiamo evidenziare che lameccanizzazione riguarda ormai una quo-ta rilevante delle aziende agricole. Dall’in-dagine è emerso che le aziende che utiliz-zano mezzi meccanici di uso agricolo (diproprietà, in comproprietà o forniti da ter-zi) sono in tutto 49.023, pari all’85,8% deltotale. Riguardo al titolo di possesso i mezzimeccanici sono distribuiti in modo tale chela proprietà è particolarmente diffusa per ipiccoli mezzi (56 aziende su 100 utilizzatricipossiedono almeno un motocoltivatore e/o una motozappa e/o una motofresatricee/o una motofalciatrice) e per le trattrici (cir-ca 52 aziende su 100 che utilizzano mezzimeccanici). Al contrario, il contoterzismopassivo risulta essere il titolo di possessoprevalente nell’utilizzazione dei mezzimeno versatili e più costosi, come lemietitrebbiatrici. Le aziende che ricorronoa mietitrebbiatrici esterne all’azienda sono18.910 (pari al 44,8% delle aziende conseminativi), mentre quelle proprietarie di

questo tipo di mezzo sono soltanto 1.086(pari al 2,6% delle aziende con seminati-vi).Al fine di poter ricavare indicazioni sul-l’incidenza del parco trattoristico regiona-le nel territorio, sono stati elaborati i datiottenuti da fonti ISTAT per le superfici agri-cole utilizzate (SAU) e da fonti UNACOMAper le dotazioni meccaniche agrarie rife-rendoli agli anni 1990, 1996 e 1998. Talidati sono stati confrontati usando comeparametri di riferimento il numero delletrattrici per ettaro e la potenza per ettaroriferiti alla SAU.Nei grafici 9 e 10 è possibile avere indi-cazioni dirette sull’andamento della SAUin Umbria nel periodo considerato e sul-l’andamento del numero assoluto delletrattrici immatricolate in Umbria.Da questo confronto è possibile ricavarecome prima indicazione che a un anda-mento irregolare dell’estensione dellaSAU in Umbria, che nel 1998 ha raggiun-to il minimo valore, si contrappone l’au-mento costante del numero delle trattrici(cingolate e a ruote) immatricolate. Neconsegue che, come dimostra il grafico11, il numero di trattrici regionali per uni-tà di SAU mostra un andamento crescen-te passando da un valore di 0,10 unità/ha nel 1990 a 0,11 unità/ha nel 1996 finoad arrivare a 0,14 unità/ha di SAU nel1998.Analizzando il numero delle trattrici im-matricolate negli anni 1990, 1996 e 1998distinte per provincia e per categoria (aruote e cingolate) e raggruppando questimezzi per classi di potenza, è stato pos-sibile verificare l ’evoluzione dellameccanizzazione agricola in Umbria. Igrafici 12-15 rappresentano l’andamen-to delle frequenze delle trattrici nel tem-

po. Si può quindi concludere affermandoche:• in entrambe le province, tranne che

per le trattrici a ruote con classe dipotenza compresa tra 41-50 CV percui nel 1990 si è avuta la massimaimmatricolazione, in linea di massimanelle altre classi l’anno con maggioriimmatricolazioni è stato il 1998 a di-mostrazione della tendenza costanteall’aumento delle immatricolazioni;

Fonte: elaborazione AUR fonte UNACOMA

Grafico 11 – Andamento del numero di trattriciper unità di superficie agricola utilizzata

Grafico 9 – La superficie agricola coltivatain Umbria negli anni 1990, 1996 e 1998

Fonte: ISTAT

Grafico 10 – Le trattrici in Umbria negli anni 1990,1996 e 1998

Fonte: UNACOMA

l 231 l

Relazione sullo stato dell’ambiente in Umbria l 6A l Suolo l PRESSIONI

• la tendenza comune alla distribuzio-ne delle classi di potenza delle trattricia ruote e cingolate è quella di averele massime frequenze per la classedi potenza compresa tra 51-60 CV;

• entrambe le province manifestano lemaggiori immatricolazioni relativa-mente alle trattrici a ruote rispetto aquelle cingolate, sia in termini di con-sistenza che di potenza, per il fattoche in linea di principio esse presen-tano minori costi di acquisto e di ma-

Grafico 13 – Trattrici a cingoli nella provincia di Perugia

Grafico 14 – Trattrici a ruote nella provincia di Terni

Grafico 15 – Trattrici a cingoli nella provincia di Terni

Fonte: elaborazione AUR fonte UNACOMA

Fonte: elaborazione AUR fonte UNACOMA

Fonte: elaborazione AUR fonte UNACOMA

nutenzione, minore consumoenergetico e usura degli organi mec-canici. L’incremento delle trattrici apotenza medio alta (51-70 CV) garan-tisce di avere trattrici polifunzionali perle lavorazioni leggere (erpicatura,semina, trasporti, ecc.) contenendo ilgrado di compattamento del suolo e iconsumi energetici.

Un’altra importante informazione sulladinamica che la meccanizzazionedell’Umbria ha subito è quella relativa alla

Grafico 16 – Potenza complessiva delle trattriciin Umbria

potenza complessiva disponibile. Dallasomma delle potenze (CV) complessivedelle trattrici a ruote e quelle cingolateimmatricolate in ogni periodo di riferimen-to emerge che nel 1998 la regione hasubito un aumento della potenza dispo-nibile pari ad 1,4 volte circa rispetto aquella disponibili nel 1990 passando ri-spettivamente ai 3.016.800 CV dai2.148.220 CV iniziali (graf. 16).Si può affermare poi che a fronte di unagraduale diminuzione della superficieagricola utilizzata nel periodo di tempo inesame si è assistito a un incremento gra-duale della potenza disponibile. Dal con-fronto tra le potenze disponibili e la SAUregionale si è manifestato un incrementodella potenza per ettaro di terreno colti-vato (CV/SAU) pari a 1,5 volte (graf. 17).Questa tendenza all’aumento della po-tenza media del parco trattoristico regio-nale, comune a tutto il territorio naziona-le a partire dalla metà del Novecento, seinizialmente era giustificabile dalla con-vinzione di una “agricoltura moderna” incui servissero mezzi con maggiore ca-pacità operativa, maggiore rendimen-to alla trazione e dotate di potenze in gra-do di approfondire la superficie di araturao di mutare le tecniche di lavorazione edi autodislocarsi con attrezzi portati otrinati che richiedevano elevati valori dipotenza alla presa di potenza per il lorofunzionamento, a oggi con gli studi con-dotti sulle lavorazioni del suolo questaconvinzione non trova più una giustifica-zione razionale ed è indice di una cattivatendenza alla esecuzione delle praticheagronomiche di base.

Grafico 17 – Rapporto tra potenza delle tratticie Superficie Agricola Utilizzata

l 232 l

Relazione sullo stato dell’ambiente in Umbria l 6A l Suolo l PRESSIONI

Grafico 18 – Superficie agricola utilizzata secondoazione A1.1: riduzione dell’impiego dei concimichimici

Grafico 19 – Superficie agricola utilizzata secondoazione A3: introduzione e mantenimentodei metodi di agricoltura biologica

6A.2.3. Carico chimico

6A.2.3.1. Uso di fertilizzanti di sintesi

Nel quadro di riferimento ambientale èormai convinzione comune che il rappor-to tra l’agricoltura e l’ambiente debba svol-gersi in modo tale che l’attività agricola siaindirizzata verso schemi produttivi a mag-giore sostenibilità ambientale. Questo rap-porto infatti, ha subito un forte condizio-namento negativo nelle regioni conside-rate sviluppate a partire dalla secondametà del Novecento. In questo sensol’Unione Europea (UE), in considerazionedel fatto che oltre i tre quarti del territoriosono coperti da superfici agricole e bosca-te, si è sempre fatta promotrice di iniziati-ve strategiche che promuovessero lo svi-luppo sostenibile. Infatti, lo “sviluppo tec-nologico e le strategie commerciali voltea massimizzare i profitti e a minimizzare icosti hanno determinato una notevoleintensificazione dell’agricoltura negli ulti-mi quarant’anni” che ha dato luogo a unconsumo crescente di fertilizzanti e altriprodotti di sintesi e a un conseguente in-quinamento delle acque, del suolo e del-l’aria. Tale condizione ha determinatodegenerazioni degli ecosistemi, alterazionidel paesaggio e della biodiversità. Le stra-tegie dell’UE, attuate per implementare lasostenibilità degli agroecosistemi, sonostate tradotte in normative atte a tutelaree salvaguardare il rapporto agricoltura-ambiente; la direttiva 91/676/CEE per laprotezione delle acque dai nitrati usati incampo agrario, il regolamento CEE 2092/91 come quadro normativo per le produ-zioni da agricoltura biologica, il regolamen-to CEE 2078/92 che disciplina le misureagroambientali della riforma McSharry, ealtri programmi volti alla tutela delle fore-ste e della biodiversità.In questo ambito una funzione decisiva èstata rappresentata dal regolamento CEE2078/92, nato dalla riforma della PoliticaAgricola Comunitaria (PAC), e mediante ilquale si incentiva il riequilibrio diretto traattività agricola e ambiente in un più am-pio piano di sviluppo rurale. Tale regola-mento, attuato con il Programma Regio-nale Agroambientale dell’Umbria a partiredal 1994 e poi continuato con dal Piano diSviluppo Rurale 2000-2006, misura 2.1.2(f) o misure agro-ambientali sub azioni A/1.1 (sensibile riduzione dell’impiego deiconcimi) e azione A/3 (introduzione e/omantenimento dei metodi di agricolturabiologica), tutela l’ambiente integrandolocon lo sviluppo economico, sociale e cul-turale a diversi livelli del sistema.

I risultati della valutazione del Program-ma Regionale Agroambientale dell’Umbriadi seguito riportati sono stati divisi per ca-tegorie d’intervento:• A/1-subazione A/1.1, l’obiettivo prima-

rio è di promuovere la sensibile ridu-zione dell’impiego dei concimi, incen-tivando al contempo l’adozione dimetodi di produzione agricola menointensivi e inquinanti. Questo al finedi migliorare e tutelare la qualità del-le acque per uso umano (riducendogli inquinanti alle falde) e sosteneregli agricoltori.

Dall’analisi dei dati forniti dai servizidell’ARUSIA è stato possibile costruire undiagramma che rappresentasse l’anda-mento delle superfici agricole (SAU) in-vestite da tale azione a partire dal 1995al 2002.Il grafico 18 dimostra che la consistenzadelle superfici investite ha subito un in-cremento improvviso tra gli anni 1998 e1999, in conseguenza della riapertura deibandi di adesione alla misura, per poi su-bire un lento decremento negli anni aseguire a causa dell’uscita dalla misuradi alcune aziende, che avevano iniziatonel quinquennio precedente, e per la nonriapertura dei bandi.Relativamente alle colture che sono sta-te coinvolte da questa subazione possia-mo affermare che nel primo quinquennio(1994-1998) quelle maggiormente inte-ressate sono state il frumento tenero, ilgirasole e l’erba medica. Nel secondoquinquennio, invece (dal 1999 in poi) ilfrumento tenero ha subito una flessionenegativa mentre è cresciuta la superficiecoltivata a frumento duro. L’applicazionedi questa azione ha comportato inizial-mente una sensibile riduzione deiquantitativi complessivi di azoto e fosfo-ro somministrati alle colture. Relativa-mente all’azoto nel secondo quinquen-nio la riduzione è stata meno sensibile diquanto avvenuto nel primo. In questoperiodo però si è verificata un migliora-mento sensibile dell’azoto lisciviato a di-mostrazione che è avvenuta una più ra-zionale distribuzione dei fertilizzanti

azotati che hanno meglio preservato lezone più soggette alla lisciviazione.• A/3, sostiene l’obiettivo di promuove-

re l’impiego di metodi di produzioneagricola meno inquinanti allo scopodi migliorare e tutelare la qualità del-le produzioni agricole e delle acquedestinate all’uso umano ai sensi delregolamento CEE 2092/ 91 e il reddi-to degli agricoltori.

Nel grafico 19 è possibile evidenziarecome sia avvenuto un incremento dellasuperficie condotta in biologico nel 1999in seguito alla riapertura del bando di ade-sione e una riduzione per gli anni succes-sivi, causata dalla fuoriuscita delle azien-de entrate nel primo quinquennio e dallamancata apertura del bando nel 2000. Leaziende che hanno aderito a questa mi-sura sono state maggiormente quelle pre-senti nelle aree marginali che aderivanogià al regolamento CEE 2092/91 o che co-munque praticavano un’agricoltura pocointensiva. Questo è anche dimostrato dalfatto che le colture per le quali l’azione èstata applicata sono rappresentate princi-palmente da foraggere (erbai vari, sulla,lupinella, ecc.) e da cereali da granella.Possiamo concludere affermando chequesta misura ha determinato e determi-na considerevoli benefici ambientali siaper quanto concerne il rischio dipercolazione che di ruscellamento deiconcimi e dei fitofarmaci, la lisciviazionedell’azoto e a essa sono legati migliora-menti ambientali variabili a seconda del-le colture e delle tecniche adottate relati-vamente all’erosione del suolo.Risultati interessanti relativamente all’usodei concimi in Umbria derivano anche fa-cendo un controllo incrociato tra i datidell’ARUSIA riferiti alle campagne agrarie1995-2000 e i dati ottenuti dall’ISTAT riferi-ti al consumo dei concimi nello stesso arcotemporale e l’andamento della SAU. Nellatabella 4 è stato riportato il consumo com-plessivo dei fertilizzanti nelle diversetipologie: nel 2000 si è assistito a una con-trazione nell’uso dei concimi minerali ri-spetto alle annate 1998 e 1997 mentre èaumentato l’impiego dei fertilizzanti orga-

l 233 l

Relazione sullo stato dell’ambiente in Umbria l 6A l Suolo l PRESSIONI

nici e dei composti ammendanti e corret-tivi del suolo in accordo con l’effetto dellemisure agroambientali dell’Umbria. Seperò confrontiamo questi valori con l’an-damento delle superfici agricole (SAU) nel-le quali è ammesso l’impiego dei concimiminerali, ovvero le SAU al netto delle su-perfici aderenti al regolamento CEE 2092/91, emerge che l’effetto del programmaagroambientale non è stato atteso nel-l’obiettivo di ridurre i quantitativi assolutidei concimi minerali azotati e fosfatici.Quanto ora detto può essere evidenziatodall’osservazione della tabella 5, in cui sonostati riportati i valori delle SAU concimabilicon fertilizzanti di sintesi, e dal grafico 20,in cui sono stati messi in rapporto ilquantitativo totale dei fertilizzanti di sintesie le SAU concimabili così individuate.

6A.2.3.2. Carico chimico derivante dal-l’utilizzo dei prodotti fitosanitari in Umbria

L’impiego sempre più diffuso dei prodottifitosanitari, in particolare nelle zone ca-ratterizzate da una agricoltura intensiva,

Tabella 4 – Consumo complessivo delle diverse tipologie di fertilizzanti(quintali)

Tabella 5 – Le SAU concimabili con fertilizzanti di sintesi

Fonte: ARUSIA, ISTAT

Grafico 20 – Carico chimico dei concimi di sintesisulla SAU concimabile con fertilizzanti minerali

Fonte: ARUSIA , ISTAT

Tabella 6 – Prodotti fitosanitari venduti nelle provincie di Perugia e Terni (1994-1998)

Fonte: Ministero Politiche Agricole e Forestali, Dati SIAN; Elaborazione: ARPA Umbria e DipartimentoScienze Agro-Ambient ali e della Produzione Vegetale, Università degli Studi di Perugia

territorio regionale è stato ricavato dai datidi vendita di sostanze attive, disponibilipresso il Ministero delle Politiche Agrico-le e Forestali e relativi agli anni 1994-

Grafico 21 – Prodotti fitosanitari venduti in Umbria(1994-1998)

Fonte: Ministero Politiche Agricole e Forestali, DatiSIAN; Elaborazione: ARPA Umbria e DipartimentoScienze Agro-Ambientali e della ProduzioneVegetale, Università degli Studi di Perugia

In Umbria vengono venduti mediamentecirca 27.700 quintali all’anno di prodottifitosanitari (tab. 6, graf. 21), gran partedei quali nella provincia di Perugia(22.838 q) e i rimanenti (4.867 q) in pro-vincia di Terni.Il carico totale di prodotti fitosanitari sul

pone in primo piano il problema del lorodestino nel terreno e dei rischi di inqui-namento delle acque superficiali e pro-fonde, sia quando tali sostanze siano di-rettamente distribuite sul suolo che som-ministrate sulla parte aerea delle colture.

l 234 l

Relazione sullo stato dell’ambiente in Umbria l 6A l Suolo l PRESSIONI

Grafico 23 – Vendita di diserbanti in Umbria(1994-1998)

Grafico 24 – Vendita di insetticidi in Umbria(1994-1998)

Grafico 25 – Vendita di attività combinatain Umbria (1994-1998)

Grafico 26 – Vendita di fitofarmaci di altro generein Umbria (1994-1998)

Fonte (grafici 22-26): Ministero Politiche Agricolee Forestali, Dati SIAN. Elaborazione: ARPA Umbriae dipartimento Scienze Agro-Ambientali e dellaProduzione Vegetale, Università degli Studidi Perugia

1998, che provengono dalle dichiarazio-ni dei rivenditori i quali notificanosemestralmente le vendite, ai sensi delDM 217/91, al Sistema Informatico Agri-colo Nazionale (SIAN).Le elaborazioni di tali dati, suddivisi perprovincia, presentano le seguentiapprossimazioni:- le quantità vendute si riferiscono ai

quantitativi di formulato commercialecontenente la sostanza attiva e nontengono conto della concentrazioneeffettiva di quest’ultima;

- i dati si riferiscono alle quantità notifi-cate dai rivenditori;

- le quantità vendute in ambito regio-nale possono non coincidere con lequantità effettivamente utilizzate;

- è possibile che una stessa quantitàdi prodotto commerciale sia dichiara-ta più volte nel caso dicommercializzazione tra rivenditori; inquesto caso le quantità sonosovrastimate.

Le maggiori quantità di prodotti fitosanitarisono vendute nella provincia di Perugia,dove nel 1998 si concentra il 79% dellevendite regionali. Delle oltre 400 sostan-ze attive autorizzate in Italia, nello stes-so anno ne sono state vendute in Umbria229 diversi tipi.La tabella 7 riporta il consumo di prodottifitosanitari per ettaro di SAU in Umbria. Iconsumi medi, pari a 7,7 kg/ha, sono indiminuzione come confermato dai grafici22-25, che riportano le vendite relativealle sostanze attive per entrambe le pro-vincie.Nella tabella 8 sono riportate le 25 so-stanze attive maggiormente vendute inUmbria nel 1998, che rappresentano il69,9% del quantitativo totale.Si tratta, in prevalenza, di prodotti ad azio-ne fungicida (8 sostanze per un totale di9.540 q) e diserbante (8 sostanze per untotale di 3.237 q). Seguono i fitoregolatori(2 sostanze per un totale di 1.484 q), i

Tabella 7 – Consumo di prodotti fitosanitariin Umbria (1994-1998)

Fonte: Ministero Politiche Agricole e Forestali, DatiSIAN; Elaborazione: ARPA Umbria e DipartimentoScienze Agro-Ambientali e della ProduzioneVegetale, Università degli Studi di Perugia

Grafico 22 – Vendita di fungicidi in Umbria(1994-1998)

geodisinfestanti (4 sostanze per un tota-le di 1.384 q) e gli insetticidi (3 sostanzeper un totale di 826 q).Da rilevare il notevole impiego di duefitoregolatori Idrazide Maleica e N-Decanolo, utilizzati come antigermogliantiper il tabacco.Lo studio del livello di inquinamento dafitofarmaci nel comparto suolo-acqua inUmbria potrebbe essere effettuato me-diante il monitoraggio dei 25 prodottifitosanitari più utilizzati nella regione. Unapossibilità per effettuare questo studio èil monitoraggio sistematico delle acqueprofonde e superficiali concentrato nellearee classificate a rischio come peresempio gli acquiferi sensibili. Questo tipodi approccio, anche se limitato ad areegeografiche circoscritte, risulta esserelungo e dispendioso e fornisce informa-zioni limitate a situazioni di fatto, presen-za o assenza di inquinamento, senza direnulla sulle possibilità di prevenzione e suldestino dei fitofarmaci nel sistema suo-lo-acqua.Una tecnica molto più veloce, economi-ca e preventiva è rappresentata dalla si-mulazione a mezzo di modelli più o menocomplessi che riescano a descrivere inmaniera attendibile il destino di unoxenobiotico in uno scenario ben determi-nato. Le tecniche di simulazione sonostate applicate nel campo della diffusio-ne ambientale dei fitofarmaci nei primianni sessanta quando si constatò che lamobilità dei fitofarmaci andava ben oltrele loro proprietà chimiche e fisiche.La simulazione ha per fondamento l’ana-lisi dei sistemi intesi come parte di unarealtà che contiene elementi correlati. Nelcaso della simulazione ambientale dei

l 235 l

Relazione sullo stato dell’ambiente in Umbria l 6A l Suolo l PRESSIONI

fitofarmaci il sistema che interessa ana-lizzare è il sistema suolo come insiemedelle sue componenti: solida, liquida egassosa. L’accuratezza e la validità di unmodello dipendono dalla capacità di rap-presentare correttamente le relazionifunzionali tra le differenti componenti delsistema reale.Come è noto, i modelli matematici con-sentono di effettuare simulazione attraver-so l’inserimento nel modello di informa-zioni (input) ricavandone delle risposte(output). Maggiore sarà il numero di pro-cessi che il modello può simulare, mag-giore sarà il numero delle informazioni ri-chieste, maggiore, conseguentemente,sarà la precisione della previsione effet-tuata.I primi parametri proposti per quantificarela mobilità dei fitofarmaci sono stati icoefficienti di distribuzione o di ripartizio-ne (ossia i rapporti, a equilibrio raggiunto,tra le concentrazioni del fitofarmaco nelledue fasi tra loro a contatto). Tra i più notiricordiamo quelli per la quantificazionedella velocità di lisciviazione delfitofarmaco lungo il profilo del terreno (ri-partizione tra fase solida e fase acquosa)denominati K

d o Koc a seconda che fosseconsiderata come fase solida l’intero ter-

Tabella 8 – Prodotti fitosanitari venduti in Umbria nel 1998 In base all’indice GUS i fitofarmaci ven-gono classificati come segue:– composti contaminanti

(GUS >2,8);– comportamento intermedio

(2,8 > GUS > 1,8);– composti non contaminanti

(GUS < 1,8).Derivando da parametri che trascuranole caratteristiche del terreno e standar-dizzano le condizioni di umidità e tempe-ratura, il GUS presenta lo svantaggio dinon riuscire a prevedere il reale compor-tamento del fitofarmaco nelle condizionidi pieno campo.L’indice di RAO, detto anche “fattore diattenuazione”, inserisce nella determina-zione parametri quali la capacità di cam-po, la densità apparente, la % di carbonioorganico, la costante di Henry (KH) e laporosità per l’aria. Si ottiene così un indi-ce che consente confronti di carattere piùgenerale e che tiene conto di alcune ca-ratteristiche del terreno e della volatilitàdel fitofarmaco.Aumentando gradualmente il numero diprocessi simulati e il numero delle infor-mazioni richieste, dagli indici si passa aimodelli veri e propri. I modelli si distin-guono dagli indici non solo per la mag-giore complessità e per il maggior nume-ro di processi considerati, ma anche per-ché hanno la pretesa non di fare sempli-ci confronti tra fitofarmaci ma di predire ilcomportamento di ognuno di essi in par-ticolari situazioni dette “scenari”.Numerosi sono i modelli disponibili perprevedere la concentrazione ambientale(PEC: Predicted Environmental Concetra-tion) dei fitofarmaci nei diversi comparti.Il FOCUS (Forum for the coordination ofpesticide fate models and their use), cheè una commissione di esperti istituita nel1993 al fine di guidare gli stati membri el’industria verso un corretto uso dei mo-delli di simulazione per la registrazione diprincipi attivi in ambito UE, ha scelto quat-tro modelli di simulazione (MACRO,PELMO, PESTLA e PRZM). Tra questi, ilMACRO (Jarvis, 1994) è quello maggior-mente utilizzato per suoli altamente strut-turati, come lo sono generalmente quelliitaliani, perché è quello che simula anchei flussi idrici preferenziali nei macropori.Qualsiasi modello sperimentale necessitaper funzionare di una serie di input chepermettano di definire lo scenario per ilquale si intende eseguire la simulazione.Gli input che costituiscono lo scenariopossono essere suddivisi in due gruppi:1) input dei comparti suolo, clima, coltu-

ra e pratiche agronomiche. Questi

reno (Kd) o la sola sostanza organica inesso contenuta (Koc ). I valori di questi dueparametri sono inversamente proporzio-nali alla lisciviabilità del fitofarmaco.La costante di Henry (KH) è il coefficientedi ripartizione tra fase gassosa e faseacquosa e serve a quantificare lavolatilizzazione del fitofarmaco.Altro importante parametro è quello cheserve a quantificare la degradazione delfitofarmaco; tale parametro esprime iltempo necessario affinché la concentra-zione del fitofarmaco si riduca al 50%della concentrazione iniziale.Il t1/2 di un fitofarmaco, così come il Kd e ilKoc, variano in funzione di molti fattori qualila natura, la temperatura e l’umidità delterreno. In realtà tali parametri vengonodeterminati in condizioni standardizzate ditemperatura e umidità (20 °C, 75% dellacapacità di campo), e per il Kd si usanoconcentrazioni iniziali di fitofarmaco sta-bilite e uguali per tutti i principi attivi.Un esempio di indice che utilizza il K oc e ilt1/2 per la valutazione del pericolo di inqui-namento delle falde da parte deifitofarmaci è il GUS (Groundwater UbiquityScore) di Gustafson:

GUS = log t1/2 (4-log Koc)

Fonte: INEA, anno 1998, dati provvisori

l 236 l

Relazione sullo stato dell’ambiente in Umbria l 6A l Suolo l PRESSIONI

possono essere considerati input dibase e una volta determinati caratte-rizzano definitivamente lo scenarioanche nel tempo;

2) input del fitofarmaco. Sono caratteri-stici di ciascun fitofarmaco e vannodeterminati e inseriti nel modellodall’utilizzatore al momento della si-mulazione.

I risultati che si possono ottenere in for-ma tabellare dalla simulazione compren-dono:1) bilancio idrico (precipitazioni, evapotra-

spirazione, percolazione o flusso didrenaggio, variazioni di disponibilitàidrica);

2) bilancio di massa del fitofarmaco(quantità applicata, dissipata, persaper percolazione o drenaggio, bloc-cata nel profilo);

I risultati che è possibile visualizzare gra-ficamente in forma di serie temporali,comprendono:1) quantità di fitofarmaco percolata o

drenata;2) quantità di fitofarmaco lisciviata;3) concentrazione di fitofarmaco nel

lisciviato o nel flusso di drenaggio;4) quantità di fitofarmaco immagazzina-

ta in strati di dieci centimetri di suolo;5) quantità di fitofarmaco a una data pro-

fondità in uno qualsiasi dei giorni del-la simulazione.

Mentre un tempo si dava particolarerilevanza agli input di tipo meteo e allecaratteristiche del suolo, attualmente laricerca scientifica pone sempre maggioreattenzione ad alcune praticheagronomiche che possono influenzare inmaniera sensibile il destino dei fitofarmacinel terreno. Tra queste si ricordano:1) l’applicazione ripetuta dello stesso

fitofarmaco;2) l’applicazione contemporanea o im-

mediatamente successiva di varifitofarmaci;

3) le fertilizzazioni e gli ammendamenticon materiali organici (liquami, fanghidi depurazione, RSU ecc.).

Nonostante la complessità e l’elevato nu-mero di informazioni richieste, i dati si-mulati dai modelli spesso si discostanoin maniera sensibile dai dati reali. Si im-pone a questo punto di operare la cosìdetta validazione del modello. Ciò signi-fica che per ogni scenario è necessarioeffettuare accanto alle simulazioni alcu-ne prove di pieno campo in modo da ve-rificare se il dato simulato si discosta omeno dal dato sperimentale. Nel caso dinon corrispondenza, si opereranno sulmodello le correzioni necessarie a elimi-

nare gli scostamenti per poi quindi poterprocedere a valide simulazioni con altriprincipi attivi.

6A.2.3.3. Carico chimico derivantedall’utilizzo di reflui zootecnici

In questa sede si tralascerà la disaminadegli allevamenti che producono refluipalabili quali letame e pollina, più facilida gestire e di norma correttamente uti-lizzati quali fertilizzanti e ammendanti, perconcentrarsi sugli allevamenti suinicoli lecui deiezioni, prevalentemente sotto for-ma di liquami, richiedono strutture distoccaggio, movimentazione, trasporto edistribuzione tali da rendere difficoltosala gestione e la utilizzazione agronomica.L’elevata presenza in Umbria (decritta nelcapitolo 3 “Determinanti”) di taliinsediamenti zootecnici, prevalentemen-te a ciclo aperto per l’ingrasso del suinopesante da trasformazione, a carattereintensivo e in vari casi “senza terra”, com-porta la produzione di quantità notevoli dieffluenti che costituiscono un carico dinatura diffusa tra le possibili fonti di inqui-namento e il loro impatto sul territorio puòdeterminare il peggioramento della quali-tà dei corpi idrici superficiali e sotterranei.L’eventuale apporto di sostanze azotate,in eccesso rispetto ai fabbisogni dellecolture, mediante l’utilizzazione deiliquami e la distribuzione sui terreni inepoche anticipate rispetto alla crescitaattiva delle colture, può determinare unresiduo, sotto forma di nitrati, soggetto aruscellamento e/o lisciviazione, tale darichiedere una attenta gestione del bilan-cio dell’azoto, in modo da garantire ungenerale livello di protezione delle acque.In Umbria sono attualmente in funzionedue impianti consortili di depurazione(Bettona e Marsciano) che trattano com-plessivamente i reflui di circa 115.000 capisuini, provenienti da 100 allevamenti, do-tati di bacini di stoccaggio e sistema didistribuzione delle acque azotate median-te condotte (fisse a Bettona, mobili aMarsciano).Gli allevamenti suinicoli presenti nellealtre zone del territorio regionale (circa135.000 capi nel 2000) dispongono distrutture di raccolta del liquame grezzo,o vagliato, e di sistemi di distribuzioneprevalentemente con carri-botte trainatio semoventi.Si è assunto che le aree adibite allosmaltimento dei reflui mediante lafertirrigazione vengano utilizzate solo perlo spandimento dei reflui suinicoli, avendoipotizzato che il letame proveniente dagli

allevamenti di altre specie animali, vengaimpiegato su altre superfici agricole.La superficie fertirrigata necessaria (cir-ca 8.500 ha) è stata calcolata in base aun carico unitario di 400 kg annui di azotoper ettaro, come previsto dalla normati-va regionale vigente, riportata nella DGR1577/2000.La quantità di azoto prodotta annualmen-te da un capo suino (carico potenziale) èstata calcolata sulla base di 50 g azoto/giorno/q, desunta dal Piano regionale dirisanamento delle acque approvato dal-la Giunta Regionale dell’Umbria con atton. 1629 del 29 dicembre 2000, qualemateriale propedeutico alla redazione delPiano di tutela delle acque.Per valutare il peso medio degli animaliallevati si è considerato che in regioneviene effettuato prevalentemente un si-stema di accrescimento a ingrasso conciclo dai 30 ai 150 kg con peso medio di0,90 q in un anno e che, per circa unmese, le stalle tra ciclo e ciclo rimango-no vuote. Ciò comporta che un capomedio produca 15 kg di azoto all’anno(50 g/q/giorno x 365 g/anno x 0,90 q/capox 10-3 g/kg x 11/12 mesi/anno).Questo dato si confronta perfettamentecon l’equivalenza assunta a base dellanormativa regionale (DGR 1577 del 22dicembre 2000), risultando che 22 q dipeso vivo sempre presenti in allevamen-to producono 400 kg di azoto all’anno (22q x 50 g/q/giorno x 10-3 g/kg x 365 giorni/anno = 400 kg/anno).Pur non disponendo del dato relativo allasuperficie effettivamente fertirrigata inUmbria nel 2000, in base alle assunzionisopra riportate, all’attività di controllo e aipareri rilasciati da ARPA Umbria per contodei Comuni da cui pervengono le comuni-cazioni relative alla pratica dellafertirrigazione, emerge che esistono nu-merose situazioni in cui il terreno agrico-lo, utile per la distribuzione dei reflui non èsufficiente per ricevere gli ef fluenti di alle-vamenti suinicoli presenti nel territorio co-munale, in considerazione anche delleattuali limitazioni al loro utilizzo su alcunecolture agrarie largamente rappresentatein Umbria, su terreni con pendenza mag-giore del 15%, in prossimità di centri abi-tati, di strade, ecc. I comuni più interessa-ti al problema e, come tali, a maggior ri-schio di inquinamento dovuto al caricozootecnico risultano essere Perugia,Bettona, Bastia Umbra, Deruta, Marscianoe la zona circostante il lago Trasimeno.È doveroso fare presente, inoltre, che ireflui provenienti da allevamenti suinicoli,in varie situazioni, più che rappresentare

l 237 l

Relazione sullo stato dell’ambiente in Umbria l 6A l Suolo l STATO

una preziosa risorsa per il terreno in so-stituzione dei concimi chimici nonchécome fattore di contenimento dei costiaziendali, vengano considerati un residuodi cui disfarsi nel modo economicamen-te più conveniente.Al fine di recuperare e valorizzare talieffluenti è auspicabile incentivare, a livelloregionale, le tipologie di allevamento sulettiera permanente per la produzione diletame, materiale palabile più facilmentegestibile rispetto al liquame tal quale non-ché la tecnica del compostaggiomiscelando gli ef fluenti a residuilignocellulosici (paglia, stocchi di mais,pula di riso, segatura, residui di potature,ecc.), ottenendo un ammendante ricco disostanza organica da distribuire sui ter-reni agrari o da utilizzare per la forma-zione di terricci. Tali tecniche consento-no, tra l’altro, di ridurre notevolmente ilconsumo di acque di lavaggio, la produ-zione di liquame, la emissione di cattiviodori e di migliorare le condizioni di be-nessere degli animali.Il susseguirsi, inoltre, delle normativecomunitarie e nazionali impone una nuo-va regolamentazione regionale relativaall’utilizzo agronomico degli effluentizootecnici circa le dosi di azoto a ettaroconsentite, le colture autorizzate, le epo-che e le modalità di spandimento.I principi a cui dovrà ispirarsi la normativada porre in atto sono quelli dettati dal DLGS152/99, modificato dal DLGS 258/00, direcepimento della direttiva 91/676 concer-nente la tutela delle acque dall’inquinamen-to da nitrati di origine agricola; dal Codicedi Buona Pratica Agricola (CBPA) appro-vato dal Ministero per le Politiche Agricolecon decreto del 19 aprile 1999; dal DLGS372/99 di recepimento della direttiva 96/61/CE, denominata IPPC (Integratedpollution prevention and control relativa allaprevenzione e riduzione integrate dell’in-quinamento), che comporterà l’obbligo perallevamenti suinicoli intensivi (2.000 postisuini da produzione di oltre 30 kg o 750posti scrofe), della adozione delle MTD(migliori tecniche disponibili), ovvero le tec-niche che a parità di sostenibilità econo-mica assicurano il più elevato livello di pro-tezione dell’ambiente.È auspicabile inoltre una revisione dellanormativa vigente volta a effettuare lafertirrigazione in funzione del reale conte-nuto di azoto nei liquami stoccati, delfabbisogno azotato delle colture e delleepoche di utilizzo idonee, nonché garan-tire un generale livello di protezione delleacque attraverso una più corretta gestio-ne dell’azoto, così come riportata nel

CBPA, che tenga conto delle entrate e delleuscite (tab. 9) secondo la seguente rela-zione:

concimazione azotata = fabbisogni colturali –

apporti naturali di azoto + immobilizzazioni e

lisciviazione di azoto

La riduzione della quantità di azoto perettaro attualmente consentita, in conse-guenza dell’adozione dei principi e deifabbisogni azotati delle singole specieagrarie riportati nel CBPA (tab. 10), richie-de una maggiore superficie utile allafertirrigazione che può derivare daun’estensione dell’utilizzo degli effluenti sucolture perenni (prati, pascoli) e colture aciclo autunno-primaverile (frumento e ce-reali affini, colza, erbai di graminacee), nonautorizzate dalla attuale normativa, au-mentando in maniera consistente la su-perficie regionale disponibile, in aggiuntaa quella destinata a colture da rinnovo(mais, barbabietola, girasole, sorgo ecc.),fin qui autorizzata.Le problematiche sopra esposte sono indiscussione in un apposito gruppo di la-voro, costituito presso la Direzione Poli-tiche Territoriali, Ambiente e Infrastruttu-re della Regione Umbria, con l’intentoproprio di rivedere la normativa vigentealla luce, tra l’altro, delle indicazioni ri-portate nel CBPA.

6A.3. STATO

6A.3.1. Valutazione della capacitàd’uso e attitudine all’uso

Al fine di valutare il territorio confrontandole esigenze della sua utilizzazione e le ri-sorse da questo offerte, sono stati propo-sti diversi metodi. Tra i vari tipi di“classazione” quello dapprima applicato inUmbria dall’Istituto di Pedologia dell’Uni-versità di Perugia, è stato il sistema della“capacità d’uso (land capability) elabora-to originariamente dal Soil ConservationServices per la pianificazione agraria ne-gli USA. Il metodo permette di determina-re l’uso più idoneo del territorio medianteuna classazione territoriale (landclassification) che raggruppa i suoli in basealle loro caratteristiche intrinseche, all’uti-lizzazione presente, alla capacità produt-tiva potenziale e al comportamentosottocoltivazione (Giovanotti e Calandra,1982). Le classazioni territoriali sono di-verse perché basate su principi diversi: inbase all’uso attuale del territorio, in basealla capacità d’uso (land capability) e inbase alla suscettività o attitudine (landsuitability).La classificazione in base alla capacitàd’uso prevede tre livelli: classe,sottoclasse e unità, basate rispettivamentesul grado di limitazione (effetto contrario)

Tabella 9 – Apporti (da defalcare dal fabbisogno)

l 238 l

Relazione sullo stato dell’ambiente in Umbria l 6a l Suolo l STATO

ziosa, in fase di pubblicazione, si trattadi valutare il territorio secondo i seguentiprincipi:– la valutazione è fatta in funzione di

modi precisi di utilizzazione (tipi d’usoampi come agricoltura irrigua e non,allevamento, forestazione; o tipi d’usospecifici come mais da granella, fru-mento duro, coltura legnosa tipi piop-po, ecc.);

– nella valutazione si confrontano i van-taggi in rapporto ai differenti costi deitipi d’uso;

– si tiene conto delle caratteristiche fisi-che, economiche e sociali delle zone,in un approccio quindi multidiscipli-nare.

La classazione segue il metodo FAO incui compaiono: ordini di attitudine (se èadatto o no a un particolare uso e la de-finizione è fondamentalmente economi-ca: S adatto, SC condizionatamente adat-to, N non adatto); classi di attitudine (sonoi gradi di attitudine e sono definite o inbase al numero e intensità delle limita-zioni fisiche con implicazioni economiche:S1 altamente adatto, S2 moderatamen-te adatto, S3 marginalmente adatto, N1attualmente non adatto, N2 permanen-temente non adatto, NC non classifica-to); sottoclassi di attitudine (indicano i tipidi limitazioni o di miglioramenti necessa-ri all’uso ottimale); unità di attitudine (in-dicano le differenze minori diconduzione).

6A.3.2. Fertilità

6A.3.2.1. Caratteristiche biologichedel suolo

I fattori che intervengono nella fertilità delsuolo sono numerosi ed eterogenei de-terminando degli equilibri chimico-fisico-biologici che ne regolano la fertilità (sino-nimo di attitudine alla produzione). Traquesti fattori gli organismi animali svolgo-no un ruolo importante. Gli animali nel ter-reno appartengono soprattutto a tre Phylao tipi del regno animale. L’organismo piùgrosso in dimensioni e presenza è il lom-brico, tanto che in un ettaro di superficiedella zona temperata complessivamentepuò superare la tonnellata; i più piccolisono rappresentati dai protozoi. Tra i dueestremi si pongono un’ampia gamma diorganismi di dimensioni intermedie tra cuialtri piccoli vermi e artropodi rappresenta-ti in tutte le classi. A titolo di esempio laloro presenza è tale che in un metro qua-drato di superficie di terreno agrario esi-stono fino a un milione di artropodi e un

Tabella 10 – Fabbisogni azotati per produzionimedio-alte di alcune specie agrarie, integrata dadosi di riferimento non indicate nel CBPA e riportatenella DGR Umbria n. 130 del 10 febbraio 1999(tabella allegata al CBPA)

Fonte: Ministero delle Politiche Agricole eForestali, Codice di Buona Pratica Agricola;Regione Umbria

alla capacità d’uso, sul tipo di limitazionee sull’analogia nella risposta allaconduzione dei suoli.Secondo quanto elaborato da Giovanottie Calandra, la successione dellepotenzialità nell’uso del territorio previstadal sistema di classazione (8 classi, 4 opiù sottoclassi, n unità) è:– uso lavorabile per qualsiasi coltura e

senza necessità di pratiche per laconservazione del suolo;

– uso arabile, ma con restrizioni nellacoltura e/o con particolari pratiche diconservazione pascoli migliorati;

– pascoli naturali o produzioneforestale;

– usi ricreativi, parchi naturali per laconservazione della natura, baciniimbriferi, ecc.

Interessante sottolineare però che talesistema di classazione non riguarda laredditività o fertilità dei terreni, ma bensìle cure con le quali si deve procedere perla loro conservazione.Per raggruppare i terreni nelle classi,sottoclassi e unità in base alla capacitàd’uso occorre valutare una serie di ca-ratteristiche che sono fondamentalmen-te:– profondità effettiva dei terreni;– tessitura;– suscettibilità all’erosione;– erosione precedente;– drenaggio complessivo;– pietrosità e rocciosità;– pendenza;– salinità;– capacità utile di campo;– condizioni climatiche;– caratteristiche chimico-mineralogi-

che;– vegetazione naturale;– frequenza inondazioni;– substrato pedogenetico.L’applicazione di questo metodo diclassazione in base alla capacità d’usoai territori umbri ha dimostrato la validitàdel metodo ma soprattutto ha dimostratola necessità di una definizione precisadell’intensità dell’uso potenziale dei suo-li, soprattutto nelle aree di collina e mon-tagna, specificando bene le limitazioniintrinseche, di ordine geomorfologico eclimatico, prevedendo ove necessarioanche destinazioni non produttive (Gio-vanotti e Calandra,1982).Un ulteriore lavoro di valutazione fattosempre dall’Istituto di Pedologia dell’Uni-versità di Perugia è stato quello basatosulla attitudine all’uso del territorio (landsuitability). In questo metodo che porte-rà a una cartografia dettagliata molto pre-

l 239 l

Relazione sullo stato dell’ambiente in Umbria l 6a l Suolo l STATO

residui dei prodotti chimici di sintesi chevengono apportati in agricoltura sonomeno letali, per la fauna terricola, fintantoche si trovano in superficie. Nel momen-to in cui vengono incorporati con le lavo-razioni agricole in un profilo di terrenomaggiore aumenta di conseguenza laloro dannosità. Da qui ne consegue chemaggiore è la profondità di lavorazione,maggiore la persistenza e la tossicitàspecifica del prodotto usato e soprattuttomaggiore è la sensibilità degli organismial prodotto tanto maggiore sarà la per-turbazione ecologica apportata al suolo.Infine più piccoli sono gli organismi, mi-nore sarà la contaminazione del loro spa-zio vitale. Le principali sostanze respon-sabili dell’inquinamento del suolo sono gliinsetticidi, i fumiganti e gli erbicidi. Gli in-setticidi possono persistere nel terrenoda qualche giorno a parecchi anni ma ingenerale le modificazioni subite dallapopolazione del terreno permangono perparecchi mesi dopo la scomparsa degliultimi residui. A oggi i terreni agrari con-dotti con i sistemi convenzionali sono agrave rischio, perché saturi di sostanzeinquinanti.Le conclusioni di indagini mirate allo stu-dio della fauna terricola, condotte in alcu-ne aziende agricole dell’Umbria, hannoevidenziato che l’uso continuato dei ferti-lizzanti di sintesi, degli antiparassitari, ecc.conduce a una graduale mineralizzazionedel terreno agrario e alla distruzione degliorganismi in esso viventi. I dati dei risulta-ti evidenziano che:• nei terreni agrari in cui viene pratica-

ta agricoltura convenzionale, la com-ponente biologica, relativamente allafauna, è pressoché assente cosìcome i residui di humus;

• nei terreni ad agricoltura integrataesistono rare forme di vita animale,di segni del loro passaggio e dei resi-dui di humus con coproliti di varie di-mensioni;

• nei terreni da qualche anno in con-versione all’agricoltura biologica siassiste al ripristino dell’attività biolo-gica e alla presenza degli organismiviventi, tendenza alla ricostruzione diuna rete trofica necessaria alla fertilitànaturale.

Per questi ultimi terreni si assiste alrecupero di quel processo biologico cheporta gli organismi viventi, responsabilidella fertilità del suolo, a una densità cheteoricamente dovrebbe essere presentenel terreno originario. Si stima infatti, cheper ricondurre i terreni agrari a una di-screta produttività naturale occorrono cir-

numero superiore di nematodi e protozoie nel volume vitale coperto da questa su-perficie, una biomassa, o peso della ma-teria vivente a esclusione dei batteri, finoa 500 grammi. Alcuni animali vivono granparte della loro vita a una profondità su-periore ai 30 cm, mentre la maggioranzasi trova nei primi 8 cm. Essi non sono uni-formemente distribuiti nel terreno ma rag-gruppati in aggregati più o meno grandi,con una distribuzione variabile da speciea specie.Negli strati superficiali (0,1-0,2 m) delsuolo si sviluppa un enorme e comples-so numero di organismi microscopici cheinteragendo tra loro e con altre compo-nenti biologiche determinano la struttu-ra, la fertilità, la formazione del terrenoagrario, ecc. Molti animali nel suolo sinutrono demolendo resti di vegetali e al-tra materia organica scomponendo i de-triti nei loro costituenti organici e inorga-nici e trasformando i prodotti residui interreno. Dove sono presenti solo pochidi questi animali il terreno presenta unastruttura povera e contiene vicino allasuperficie strati distinti di sostanze orga-niche non decomposte.Vista questa struttura biologica, il terre-no viene definito come un super organi-smo vivente e come tale regolato dalleleggi della biologia. Da questa comples-sa organizzazione ne deriva che qualsia-si azione esterna che alteri metabo-licamente tale sistema biologico possacompromettere la dinamica della fertilitàdi un suolo.Fattori come l’abbandono delle rotazionicolturali, l’intensificazione delle monocoltu-re, l’incremento della potenza per ettarodella meccanizzazione e soprattutto l’im-piego sconsiderato di prodotti di sintesi,soprattutto antiparassitari, ha provocato dicontro agli effetti positivi, legati all’incre-mento delle produzioni e del reddito agri-colo unitario, cambiamenti sull’assetto delterritorio e delle risorse naturali. Lo statoattuale è che, nei suoli dove maggiori sonoi fattori esterni apportati dall’uomo, lo stratoche costituisce l’habitat degli organismiterricoli risulta fortemente compromessodalle sostanze chimiche che hanno deter-minato un’azione nociva sulla faunaterricola riducendone la concentrazione ela contaminazione conseguente della fau-na vertebrata per alterazione delle retitrofiche, la predisposizione del terreno al-l’erosione e la progressiva diminuzionedella fertilità.Questa condizione procede con lentez-za e non è evidenziabile facilmente poi-ché determinata da fattori eterogenei. I

ca 15-20 anni. In tal senso sarebbeauspicabile costruire una rete dimonitoraggio sul territorio agrario regio-nale per la fauna ipogea. Questa forni-rebbe la tendenza periodica dell’evolu-zione della vita nel terreno e le indicazio-ni per il ripristino graduale della fertilità.

6A.3.2.2. Caratteristiche chimiche:stato della sostanza organica

Non ci sono purtroppo dati comprovantila situazione a livello regionale. Si pos-sono però fare delle considerazioni sullavelocità di degrado della sostanza orga-nica e sulla sua misurazione: esiste unmodello sperimentale di misurazione manon è stato ancora applicato in Umbria.

Qualità e turnover della sostanzaorganica nel suoloLa sostanza organica rappresenta unodei fattori interni del sistema suolo a cuiè legata la fertilità o attitudine alla produ-zione. La conoscenza di questo parame-tro, intesa come qualità e contenuto, rap-presenta uno stadio fondamentale perpoter incrementare o mantenere l’equili-brio del bilancio umico. Con il termineSostanza Organica (SO) del suolo si con-sidera l’insieme dei componenti organiciumificati o non umificati, viventi e non.L’umificazione è quel processo median-te il quale avviene la degradazione e lapolimerizzazione della SO che viene quin-di trasformata in un prodotto con caratte-ristiche colloidali diverse dall’originario.L’humus a sua volta si compone di acidiumici (HA), acidi fulvici (FA) e sostanzeorganiche solubili (NH), a seconda delgrado di reazione a un solvente.La qualità della SO, legata al tipo e al-l’entità dell’umificazione subita, può es-sere valutata mediante i parametridell’umificazione, tra cui ricordiamo l’in-dice di umificazione (HI), il grado diumificazione (DH) e il tasso diumificazione (HR):• HI=NH/(HA+FA); valori di HI prossimi

allo 0 indicano terreni bene umificati;• DH(%)=[(HA+FA)/TEC] x 100 dove il

TEC=HA+FA+NH rappresenta la fra-zione umificata della SO estraibile dalsuolo con solventi. DH=100% si ha interreni completamente umificati, eDH=50% quando HI=1;

• HR(%)=[(HA+FA)/TOC] x 100 doveTOC rappresenta il carbonio organicodel suolo. Valori ordinari di HR sonopari a 30%-35%.

Il turnover della SO è rappresentato dal-la velocità di metabolizzazione del

l 240 l

Relazione sullo stato dell’ambiente in Umbria l 6A l Suolo l STATO

carbonio in forma organica presente nelsuolo o comunque dal suo periodo di per-manenza nel suolo. Questo parametrorisulta essere molto importante poiché dalsuo valore si può determinare la scortadi SO, il periodo di efficacia dell’apportodi ammendanti e il fabbisogno di fertiliz-zanti organici.Il turnover della SO dipende da diversi fat-tori tra cui il clima, la giacitura del suolo, lepratiche colturali adottate, la presenza dicostituenti inorganici, la vegetazione pre-sente, ecc. Poiché è difficile determinarecon esattezza questo valore si possonoimpiegare dei parametri che diano indica-zioni pratiche di valutazione dei processidi umificazione Questi sono i “coefficientiisoumici”, ovvero valori che indicano lequantità relative dei materiali organici ca-paci di trasformarsi in humus in tempi va-riabili. Da essi è possibile applicareun’equazione Q=HxK2/K1, dove Q rappre-senta la quantità di composti organici dadistribuire al terreno per mantenere scor-te costanti di SO, H è la quantità di humuspresente, K1 è il coefficiente isoumico eK2 è il coefficiente di distruzione annualedi humus, che fornisce indicazioni aglioperatori per quantificare con una certaapprossimazione l’entità degli apporti dimateriale organico al suolo. Laconcimazione organica può essere rea-lizzata praticamente impiegando a titolodi esempio: letame, composti organicicompostati o meno o ricorrendo ai sovesci.

6A.3.2.3. Agricoltura tradizionale inpieno campo: bilancio della sostanzaorganica

L’agricoltura tradizionale ha da semprefondato la fertilizzazione organica sull’im-piego del letame quale componente baseper il ripristino della fertilità organica di unsuolo. L’impiego di tale materiale preve-deva e prevede tuttora l’interramento diletame all’atto della lavorazione principaledel terreno (aratura) per ospitare una col-tura da rinnovo o una coltivazione legno-sa permanente; in viticoltura e frutticolturaè abbastanza diffusa e senz’altro consi-gliata anche la concimazione organica dicopertura. Le quantità variano da 40 a 80t/ha, soprattutto a seconda delle disponi-bilità locali di sostanza organica e dellecondizioni pedoagronomiche.Si ricorda ancora una volta il significatodel bilancio che andiamo a calcolarecome “verifica di congruità”: una buonafertilizzazione organica prevede general-mente la distribuzione media di circa 15t/ha di sostanza secca per colture da rin-

novo e orticole, e fertilizzazioni di impian-to di vite e fruttiferi, equivalenti a 40-60 t/ha di letame (circa 30% di sostanza sec-ca) e 25-30 t/ha di compost (50-60% disostanza secca). La quantità unitaria disostanza secca necessaria (15 t/ha) èconfermata, e ampiamente, dal calcoloteorico del ripristino della fertilità organi-ca che riportiamo:• 10.000 m2 x 0,3 m (profondità suolo

agrario) x 1,2 t/m3 (densità terreno) =3.600 t/ha di suolo;

• contenuto medio ottimale di SO nelsuolo agrario = 3% (in peso);

• 3.600 t/ha x 3:100 = 108 t di SO/ha.Supponendo quote di mineralizzazionedella sostanza organica, nei suoli bendotati e in “equilibrio”, pari al 10% annuo,il ripristino della fertilità annua dovrebbepresupporre la distribuzione di 10/11 t/hadi sostanza organica corrispondenti, sup-ponendo per ogni ammendante un con-tenuto medio di ceneri del 30% s.s. e disostanze organiche del 70% s.s, alle 15t/ha di sostanza secca da materiali orga-nici. Per quanto riguarda il compost 15 tdi sostanza secca corrispondono (al 50%di umidità) a 30 t di compost per ettaro.

6A.3.2.4. Caratteristiche fisiche

Un’importante lettura del territorio vienefatta nell ’ambito del Programmainterregionale Agricoltura e Qualità – mi-sura 5 con la “Prima approssimazionedella base dati georeferenziata dei suolid’Italia alla scala 1:250.000”. L’assesso-rato Agricoltura e Foreste ha infatti, pre-disposto la Carta dei pedopaesaggidell’Umbria che è il risultato del primoanno di attività di questo programma cheprevede in particolare la realizzazione diuna banca dati georeferenziata dei suolie da un punto di vista cartografico unaarticolazione in quattro livelli gerarchicidi paesaggio: le regioni, le province, i si-stemi e i sottosistemi.In pedologia per paesaggio si intende uninsieme particolare dei caratteri territorialiche vengono considerati discriminanti eche caratterizzano i diversi paesaggi; inpaesaggi diversi si formano e si ritrova-no suoli diversi; l’insieme dei caratteriterritoriali che caratterizzano un paesag-gio e dei suoli che vi si ritrovano vienedefinito pedopaesaggio.Il primo livello gerarchico è costituito dal-le regioni di terre. Le delineazioni sonostate ottenute, alla scala 1:5.000.000,considerando i caratteri macroclimatici emacrogeologici del territorio.Il secondo livello gerarchico è rappresen-

tato dalle province di terre: le delineazionisono state ottenute, alla scala1:1.000.000, considerando come discrimi-nanti i caratteri morfologici e bioclimaticidel territorio.Sono stati reperiti i documenti cartograficidi base quali la carta geologica edita dallaregione dell’Umbria, il modello digitale delterritorio DEM, che è una griglia a magliaquadrata di 40x40 m, la carta dell’uso delsuolo CORINE LAND COVER 95, le fotogra-fie aeree volo 1999. Successivamente siè proceduto alla produzione di cartetematiche, secondo i criteri e le valutazio-ni individuate dal progetto “MetodologiePedologiche per la Carta dei Suoli d’Italiain scala 1:250.000” redatto dall’IstitutoSperimentale per lo Studio e la Difesa delSuolo. È stata realizzata la carta delleacclività e delle fasce altimetriche, ope-rando una riclassificazione del DEM se-condo i range proposti. Si è anche proce-duto alla riclassificazione dell’uso del suolosecondo la legenda del primo. Infine, lacarta geologica è stata utilizzata comecarta litologica in cui per esempio si clas-sificano i sedimenti fluviolacustri secondola granulometria prevalente e non secon-do le epoche geologiche di deposizione.Con l’analisi territoriale, alla scala1:500.000, incrociando i dati di tutte lecarte tematiche suddette è stata realiz-zata una interpretazione paesaggistica,che ha consentito la delineazione dei si-stemi di terre, tale risultato è quello prin-cipale previsto dal programma naziona-le, dopo la prima fase di lavoro.Il risultato cartografico finale comprende121 sistemi di terre ottenuti consideran-do i caratteri morfologici e litologici comediscriminanti mentre l’uso del suolo è sta-to considerato solo come carattere de-scrivente; il tutto utilizzando un softwareGIS che consente di associare ai poligo-ni delineati una tabella con i dati territo-riali relativi.Il lavoro di analisi e interpretazione ha con-sentito generalmente di individuare pae-saggi che presentano una elevata percen-tuale del carattere dominante; ciò è indicedi una buon grado di definizionepaesaggistica degli stessi; il grado di defi-nizione risulta minore, a volte, in presenzadi situazioni territoriali a macchia di leopar-do o di piccoli poligoni in quanto entrambele condizioni sono risultate difficilmentedelineabili in considerazione della scala dilavoro che è stata di 1:500.000; una mi-gliore definizione dei poligoni si otterrà nellesuccessive fasi di lavoro utilizzando scaledi analisi territoriale di maggior dettagliocon una minor generalizzazione dei carat-

l 241 l

Relazione sullo stato dell’ambiente in Umbria l 6A l Suolo l IMPATTI

teri considerati, per esempio la geolitologianon considererà più solo la tipologia cal-cari ma al suo posto saranno consideratequelle dei calcari, dei calcari marnosi e deicalcari selciferi.Sono stati presi inoltre in considerazionei dati di circa 800 tra profili e trivellate,effettuati in passato dalla Regione Umbrianel corso dei rilievi pedologici svolti nel-l’ambito della elaborazione di alcunecartografie tematiche tra cui la carta del-la suscettività alla tartuficoltura.I profili e le trivellate suddetti sono statidapprima georeferenziati, successiva-mente è stata attribuita loro la classifica-zione WRB 98.Scendendo al livello di sottogruppo è sta-to possibile proporre un primo contenutopedologico ai sistemi individuati che han-no assunto quindi la valenza dipedopaesaggi. Non sono state ancoraverificate le relazioni tipologiche esemantiche con i poligoni delineati dalleregioni confinanti nell’ambito del pro-gramma nazionale.Lo strumento che uscirà dal lavoro finalesarà di notevole importanza per la gestio-ne a diversi livelli del territorio e del suo-lo vero e proprio.

6A.4. IMPATTI

6A.4.1. Declino del sistema suolo

Il terreno agrario rappresenta un ecosi-stema non privo di sue peculiarità, e chesegue un’evoluzione comune a tutte lecolture. Rappresenta per questo unecosistema (Agroecosistema) molto dif-fuso che, con l’adozione della praticaagricola “moderna”, ha subito cambia-menti globali.La pratica agricola definita moderna o con-venzionale, il cui avvento nel nostro pae-se può essere fatto coincidere temporal-mente con il primo dopoguerra, ha deter-minato l’aumento delle produzioni agrico-le unitarie; a scapito di questo guadagnoperò è stata imposta una diversa pressio-ne sulle risorse del suolo (entità limitate)ma soprattutto questa pratica interferiscecon gli equilibri biologici del sistema a sca-pito dell’autonomia del processo produtti-vo e della sua sostenibilità.La conseguenza macroscopica a cui stia-mo assistendo negli ultimi decenni è quellalegata alla crescita di un disordine biolo-gico che si manifesta con l’incrementodell’incidenza dei patogeni e dei parassitisulle colture e soprattutto con l’impoveri-mento della dotazione di humus nei suoli.

Da tale condizione deriva un declino dellacoltivabilità dei suoli che può raggiungerelivelli di decisa inospitalità, richiedendo cureprogressivamente più intensive per man-tenere costante una produttività sempremeno autonoma. In questo contesto simanifesta il fenomeno della stanchezza delterreno, aspetto singolo del più generaleproblema del declino dei suoli e che, ap-parentemente sotto controllo alcune gene-razioni fa, è oggi causa di danni conside-revoli e d’aumento dei costi produttivi.Il declino del suolo è un fenomeno che siassocia a eventi e cambiamenti ambien-tali quali la stanchezza del suolo, lepatologie e i parassitismi, impoverimentinutrizionali e al collasso della struttura.Questi eventi, inoltre, sono accompagnatia fattori e condizioni dei quali di seguitosono descritti solo i più importanti.Il declino del suolo è un fenomeno che siassocia a eventi e cambiamenti ambien-tali quali la stanchezza del suolo, lepatologie e i parassitismi, impoverimentinutrizionali e al collasso della struttura.Questi eventi, inoltre, sono accompagnatia fattori e condizioni dei quali di seguitovengono descritti solo i più importanti.1) Relativamente al fenomeno della

stanchezza del suolo:a) riduzione della biodiversità (con-

seguente alle monocolture ed al-l’abbandono delle rotazioni agra-rie poliennali) che comporta:- Riduzione delle reti biomiche. Èintesa la riduzione delle strutturevegetazionali naturali che fannoda cornice ai campi coltivati e siinterconnettono formando unarete sul territorio. Esse sono co-stituite dalla vegetazione differen-ziata di capezzagne, strade cam-pestri, canali, siepi o altre struttu-re di divisione, scarpate, albera-te, oasi vegetazionali, ecc., e ospi-tano una microflora e una faunaaltrettanto dif ferenziate. Labiodiversità delle reti biomichecostituisce una garanzia contro ladiffusione degli agenti delle pestiche trovano in esse la presenzadi competitori e antagonisti.- Erosione genetica che ha deter-minato la riduzione della base ge-netica delle colture e la loro diver-sità biologica.

b) Riduzione della sostanza organi-ca nel suolo. La stanchezza delsuolo di origine metabolica in talsenso è soprattutto condizionatadalla riduzione della umificazionee in parte dall’impatto che su di

essa hanno i biocidi (pesticidi,fumiganti, ecc.).

2) Riguardo al parassitismo, i fattori cau-sali che lo determinano sono legati a:a) monocoltura;b) uso dei pesticidi;c) concimazioni minerali elevate in

assenza di humus.3) L’impoverimento nutrizionale è, inve-

ce, legato a:a) riduzione degli apporti organici e

dell’umificazione, con il conse-guente incremento dellamineralizzazione e della riduzio-ne dei livelli degli elementinutrizionali per lisciviazione delsuolo. A questo effetto, nei suoliirrigui, possiamo anche correlarel’uso indiscriminato delle acqueper l’irrigazione che, spesso nonrispondono a esigenze idriche re-ali della coltura ma piuttosto a pra-tiche agricole errate e scarsamen-te precauzionali.

4) Il collasso della struttura del suolo puòessere correlato a:a) mancanza di humus;b) concimazioni minerali con effetti

destrutturanti sui reticoli cristallinidei colloidi minerali.

Possiamo aggiungere quindi che, in agri-coltura, il fenomeno della stanchezza delsuolo è legato ad anomalie nella degra-dazione della sostanza organica. Essoderiva dalle alterazioni metaboliche chepossono essere superate mediante le ro-tazioni colturali. Esiste poi una parzialecoincidenza con lo sviluppo di patologismie parassitismi che rappresentano l’effettodi uno stadio avanzato del declino del suo-lo successivo all’insediamento di altera-zioni metaboliche nel terreno e alla mani-festazione di distrofie nella pianta. Inoltre,le carenze nutrizionali, piuttosto rare, e ilcollasso fisico del suolo rappresentanocondizioni specifiche del declino che pos-sono sommarsi alla stanchezza pur re-stando lontani dal determinarla.Allo stato attuale non esistono strategiegenerali atte a recuperare gli equilibripersi nel caso di un declino biologico deisuoli coltivati e delle manifestazioni disofferenza delle colture.Spesso infatti, gli interventi sono limitati acombattere le singole patologie eparassitismi come se fossero le cause di-rette piuttosto che l’effetto di uno stato didegrado in corso. Gli strumenti utilizzati sidimostrano poco specifici e comportanoun ulteriore attacco ai residui della diver-sità microbica e dell’umificazione, ignoran-do come essi rappresentino il sistema di

l 242 l

Relazione sullo stato dell’ambiente in Umbria l 6A l Suolo l IMPATTI

garanzia dell’equilibrio omeostatico con-tro lo sviluppo di popolazioni singole, in-cludendo tra loro saprofiti tossigeni e queiparassiti che ci danneggiano nel caso dellastanchezza.Possiamo affermare che il processocolturale riduce l’equilibrio dell’ecosistema.L’agricoltura tradizionale contrastava taleprocesso con la funzione omeostaticadelle rotazioni, delle consociazioni e degliammendanti organici mentre l’agricolturamoderna lo lascia progredire illimitatamen-te, ingenerando fragilità e tendenza alladesertificazione. Il recupero degli equilibria seguito dell’abbandono della colturaavviene con velocità inversamente propor-zionale al degrado raggiunto.Seppure in Umbria non esistono a oggistudi specifici di settore atti a monitorarei parametri diretti a cui è correlato questofenomeno degenerativo del sistema suo-lo, riteniamo opportuno porre l’attenzio-ne su quei fattori a cui è legato il declinodel suolo.Infatti, indicazioni statistiche sul crescenteuso di concimi minerali in campo agricolo,la non conoscenza puntuale delle dotazio-ni di sostanza organica nei suoli della re-gione, la riduzione delle rotazioni colturali(spesso rotazioni biennali) a cui gli agricol-tori si stanno spingendo soprattutto per ef-fetto delle politiche comunitarie disostenimento a poche colture seminative,l’incremento della potenza per ettaro disuperficie delle macchine agricole, ecc.sono condizioni che dovrebbero stimolareall’approfondimento della conoscenza dellostato in cui il suolo dell’Umbria versa.

6A.4.2. Erosione e perdita del suolo

Tra le conseguenze di maggiore spiccodell’attività antropica sul suolo, c’è sicura-mente la maggiore suscettibilità del suoloal fenomeno erosivo che non riguarda solola semplice sottrazione di suolo, ma uncambiamento dell’intero ecosistema. Te-nendo conto che l’erosione del suolo è infondo un fenomeno naturale, non semprenecessariamente disastroso, dove il fat-tore predisponente è ovviamente il tipolitologico affiorante, vi sono fattori deter-minanti che possono essere distinti in:- fattori attivi: clima nelle varie compo-

nenti, venti, temperature e soprattut-to precipitazioni come intensità e du-rata e coefficienti di deflusso;

- fattori passivi: morfologia (acclività,orientamento, lunghezza del pendio).

- caratteristiche fisiche;- copertura vegetale (presenza e gra-

do di protezione).L’uso del suolo non appropriato da partedell’uomo però ha influenzato e influiscetuttora su alcune fattori cosiddetti passivi,come le caratteristiche fisico chimiche delsuolo, la presenza di copertura vegetale,ecc., comportando di conseguenza unnotevole aumento nel verificarsi di feno-meni di dissesto idrogeologico, special-mente in concomitanza di eventi meteoriciparticolarmente sfavorevoli (Calandra R.et al., 1993). Certo che tra i fattori più im-portanti di contenimento del fenomenopossiamo affermare che la copertura ve-getale è la più efficace, ma molti altri fat-tori influiscono in maniera più o meno de-

cisa sulla sensibilità del suolo e sulla vio-lenza del fenomeno.Diverse sono le metodologie per misura-re il fenomeno erosivo:- modello Fourier;- modello Margaropoulos (semplice e

soprattutto si evince il ruolo svolto dacopertura vegetale e geopedologia);

- modello PSIAC (9 fattori connessi al-l’erosione, tra i quali molto importantile caratteristiche della vegetazione el’uso del suolo);

- modello USLE, dove sono 6 i fattori dicalcolo, e dove risalta il ruolo oltre chedella vegetazione anche delle tecni-che di coltivazione secondo FAO-CEE.

- modelli Gavrilovic e Zemlijc, in cuisono quattro i fattori decisivi che pren-dono in esame oltre alle caratteristi-che geopedologiche, l’uso del suoloprima degli interventi contro l’erosio-ne e l’uso del suolo dopo.

Per valutare l’effetto combinato sulla di-namica del versante di diversi fattori qualila topografia dell’area (l’acclività del terre-no è uno dei fattori più importanti dell’ero-sione dei suoli), il substrato geolitologico,il clima (si valuta la capacità erosiva dellapioggia), la componente pedologica (latessitura del suolo che è correlata al con-tenuto di limo; la struttura dei suoli stretta-mente connessa con il contenuto di so-stanza organica) e i criteri di utilizzazionedel suolo (la copertura vegetale e la pro-fondità di lavorazione) può essere utiliz-zato il modello di previsione delle perditedi suolo di Wischmeier e Smith, che è sta-to applicato dall’Istituto di Pedologia del-

Fonte: Zucconi, 1997

l 243 l

Relazione sullo stato dell’ambiente in Umbria l 6A l Suolo l IMPATTI

BOX

Siti contaminati

Il problema della bonifica dei siti inquinati si poneormai come uno dei temi centrali delle politicheambientali di tutti i paesi industrializzati. In parti-colare, la bonifica diviene il passaggio fondamen-tale per avviare processi di reindustrializzazioneo riutilizzo di aree caratterizzate da elevato de-grado ambientale, sia per perseguire obbiettivi disviluppo sostenibile, sia per garantire i lavoratorie la popolazione residente dai rischi per la salutederivanti dall’inquinamento.

Quadro normativo di riferimentoL’attuale quadro normativo di riferimento nazio-nale per le bonifiche dei siti contaminati deve te-ner conto delle recenti novità introdotte dal DLGS22 del 5 febbraio 1997 (“Recepimento delledirettive 91/156/CEE sullo smaltimento e ilrecupero dei rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti perico-losi e 94/62/C EE sugli imballaggi”) pubblicato sulsupplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n.38 del 15 febbraio 1997 e successivamente mo-dificato e integrato con il DLGS 389 dell’8 novem-bre 1997.Le norme di riferimento antecedenti a questo de-creto legislativo, carenti nel settore specifico del-le bonifiche dei terreni inquinati, comprendono:- legge 441 del 29 ottobre 1987 (art. 5) che affi-

da alle Regioni il compito di predisporre e ap-provare i Piani per la bonifica delle aree in-quinate;

- legge 475 del 9 novembre 1988 recante dispo-sizioni urgenti in materia di smaltimento dei ri-fiuti industriali;

- DM del 16 maggio 1989 con cui il Ministerodell’Ambiente fissa i criteri e le linee guida perl’elaborazione e predisposizione dei Piani diBonifica, una lista di priorità, nonché strumentifinanziari di intervento, sia per la progettazio-ne che per la realizzazione delle opere di bo-nifica;

- DPR 915 del 10 settembre 1982 e successivedisposizioni applicative (deliberazione del Co-mitato Interministeriale del 27 luglio 1984) con-cernenti la classificazione e lo smaltimento deirifiuti, compresi i rifiuti pericolosi.

L’entrata in vigore del DLGS n22/97 ha abrogatoil D PR 915/82, la legge 441/87 (a eccezione degliarticoli 1, 1-bis, 1-ter, 1-quater, 1-quinquies e 14,comma 1) e la legge 475/88 (a eccezione degliarticoli 7, 9 e 9-quinquies).I punti salienti del DLGS 22/97, in materia di boni-fiche, riguardano: disposizioni procedurali (art. 17,comma 2) e sanzionatorie (art. 51bis), per chiun-que cagioni il superamento dei limiti diaccettabilità della contaminazione o determini unconcreto e attuale pericolo di superamento deglistessi; definizione delle competenze degli enti inmateria e dell’iter autorizzativo (art. 17); distin-zione tra anagrafe dei siti da bonificare (art. 17,comma 12), che le Regioni devono predisporresulla base delle notifiche dei soggetti interessatie degli accertamenti degli organi di controllo (li-

sta di siti contaminati per i quali è individuabileun soggetto obbligato) e piano per la bonifica dellearee inquinate che comprende i siti inquinati suiquali, essendo più elevato il rischio, più urgenterisulta essere l’intervento di bonifica, compresi isiti pubblici e quelli per i quali non è individuabileun soggetto obbligato (art. 22, comma 5).Il decreto legislativo inoltre sanciva (art. 17,comma 1) che entro tre mesi dalla sua entrata invigore, il Ministero dell’Ambiente, di concerto coni Ministeri dell’Industria e della Sanità, avrebbeprovveduto a definire degli standard nazionali dinorme e criteri relativi alla corretta gestione delrisanamento delle aree inquinate.Tali standard sono stati definiti nella Norma tec-nica di attuazione dell’articolo 17, il decreto delMinistero dell’Ambiente n. 471 del 25 ottobre 1999“Regolamento recante criteri, procedure e mo-dalità per la messa in sicurezza, la bonifica e ilripristino ambientale dei siti inquinati, ai sensi del-l’articolo 17 del DLGS 22/97 e successive modifi-che e integrazioni” nel quale sono stati definiti:a) i limiti di accettabilità della contaminazione dei

suoli, delle acque superficiali e delle acquesotterranee in relazione alla specifica destina-zione d’uso dei siti;

b) le procedure di riferimento per il prelievo el’analisi dei campioni;

c) i criteri generali per la messa in sicurezza, labonifica, il ripristino ambientale dei siti inqui-nati, nonché la redazione dei progetti di bonifi-ca;

d) tutte le operazioni di bonifica dei suoli e faldeacquifere che facciano ricorso a batteri, a cep-pi batterici mutanti, a stimolanti di batteri natu-ralmente presenti nel suolo al fine di evitarerischi di contaminazione del suolo e delle fal-de acquifere.

Nell’allegato 1 sono definiti in particolare i valoridi concentrazione limite accettabili distinti in duetabelle: i valori relativi a suolo e sottosuolo sonoriferiti alla specifica destinazione d’uso dei siti (sitia uso verde pubblico, privato e residenziale e sitia uso commerciale industriale); i valori relativi alleacque sotterranee sono, invece, univoci.Per quanto riguarda la contaminazione delle ac-que superficiali si rimanda alla normativa vigentein materia di qualità delle acque superficiali.Il decreto introduce le definizioni di:- “Sito inquinato: sito che presenta livelli di con-

taminazione o alterazioni chimiche, fisiche obiologiche del suolo o del sottosuolo o delleacque superficiali o delle acque sotterranee talida determinare un pericolo per la salute pub-blica o per l’ambiente naturale o costruito. Aifini del presente decreto è inquinato il sito nelquale anche uno solo dei valori di concentra-zione delle sostanze inquinanti nel suolo o nelsottosuolo o nelle acque sotterranee o nelleacque superficiali risulta superiore ai valori diconcentrazione limite accettabili stabiliti dalpresente regolamento.

- Sito potenzialmente inquinato: sito nel quale,

a causa di specifiche attività antropichepregresse o in atto, sussiste la possibilità chenel suolo o nel sottosuolo o nelle acque super-ficiali o nelle acque sotterranee siano presentisostanze contaminanti in concentrazioni tali dadeterminare un pericolo per la salute pubblicao per l’ambiente naturale o costruito”.

Con riferimento alla programmazione pubblica nelsettore della bonifica e del ripristino di siti inqui-nati, il DMA 471/99, agli articoli 16 e 17, riprendee sviluppa i contenuti del DLGS n22/97 preveden-do, in particolare, rispettivamente le modalità perl’esecuzione o l’aggiornamento del Censimentodei siti potenzialmente contaminati e i contenutie le modalità di gestione dell’Anagrafe dei siti dabonificare:- Censimento siti potenzialmente contaminati

(art. 16): i censimenti, vanno effettuati con lemodalità di cui al DM 185 del 16 maggio 1989,pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 121 del26 maggio 1989, e sono estesi alle aree inter-ne ai luoghi di produzione, raccolta,smaltimento e recupero dei rifiuti, e in partico-lare agli impianti a rischio di incidente rilevan-te di cui al DPR 17 maggio 1988, n. 175 e suc-cessive modifiche e integrazioni. Le Regioniai fini della predisposizione dei Piani regionaliper la bonifica delle aree inquinate, possonoprocedere, nei limiti delle disponibilità finan-ziarie, all’aggiornamento del Censimento deisiti potenzialmente contaminati, entro un annodall’entrata in vigore del DM 471/99.

- Anagrafe dei siti da bonificare (art. 17): LeRegioni, sulla base dei criteri definiti dall’ANPA,predispongono l’Anagrafe dei siti da bonifica-re che deve contenere:a) l’elenco dei siti da bonificare;b) l’elenco dei siti sottoposti a intervento di

bonifica e ripristino ambientale, di bonificae ripristino ambientale con misure di sicu-rezza, di messa in sicurezza permanentenonché degli interventi realizzati nei sitimedesimi.

Attività in corso nel settore della bonificadei siti contaminati per l’UmbriaIn base all’articolo 19 del D LGS 22/97 alle Regio-ni spetta il compito di elaborare, approvare e ag-giornare i Piani per la bonifica delle aree inquina-te. Con atto di giunta (DGR 332 del 20 marzo2002) la Regione Umbria ha af fidato all’ARPAUmbria l’incarico per l’aggiornamento del “Pianodi Bonifica dei siti contaminati della regioneUmbria” realizzato dalla Regione nel 1992 ai sensidella legge 475/88 e D MA 16 maggio 1989. Taleaggiornamento prevede la realizzazione di dueattività parallele che hanno condotto allaindividuazione di due gruppi fondamentali di siti:1) Anagrafe regionale dei siti da bonificare. L’ana-

grafe dei siti da bonificare contiene l’elenco deisiti pubblici e privati della regione Umbria percui, alla data del 31 dicembre 2002, si dispo-neva di risultanze analitiche ufficiali che ne

l 244 l

Relazione sullo stato dell’ambiente in Umbria l 6A l Suolo l IMPATTI

attestassero la effettiva contaminazione, ovve-ro il superamento dei valori di concentrazionelimite accettabile (CLA) individuate dall’allega-to 1 del DM 471/99.

2) Lista Regionale di attenzione di siti potenzial-mente contaminati. La lista di attenzione rap-presenta l’elenco dei siti per i quali si ha pre-sunzione di contaminazione ma per i quali nonè ancora stato accertato il superamento deivalori di concentrazione limite accettabili. Peressi si prevede che i responsabili del pericolodi inquinamento, ovvero i proprietari, condu-cano o completino gli accertamenti preliminarivolti a dimostrare l’eventuale superamento deivalori di concentrazione limite accettabili o lacondizione di non inquinamento del sito.

La lista è stata ottenuta dalla selezione ragiona-ta, con le modalità e i criteri descritti nel seguito,di un primo censimento di attività potenzialmen-te contaminanti scaturito da tre attività fondamen-tali: individuazione delle attività descritte all’arti-colo 16 del DM 471/99, acquisizione della docu-mentazione esistente presso gli archivi regionali,segnalazioni da parte di enti locali e altre indica-zioni.

Piani e programmi precedentiIn attuazione alle disposizioni emanate dal go-verno per affrontare le problematiche di bonificae ripristino ambientale di siti inquinatiantecedentemente alla pubblicazione del DLGS22/97, la Giunta Regionale dell’Umbria ha appro-vato in passato i programmi descritti nelle sezio-ni seguenti.

Piano Regionale per la Bonificadi Aree Inquinate (1988)L’articolo 5 della legge 441 del 29 ottobre 1987(“Disposizioni urgenti in materia di smaltimentodei rifiuti”) stabiliva che ogni Regione doveva ap-provare entro 6 mesi dall’entrata in vigore dellacitata legge, un Piano Regionale per la Bonificadi Aree Inquinate. Il provvedimento costituisce ilprimo tentativo in Italia di individuazione e ge-stione di siti contaminati, affidando alle Regioni,attraverso l’articolo 5, la predisposizione e l’ap-provazione dei Piani Regionali di Bonifica. La leg-ge non fornisce peraltro alcun criterio per la defi-nizione di “Sito Contaminato”.In quelle circostanze la conoscenza delle areepotenzialmente inquinate era limitata ai siti in cuii Comuni dell’Umbria depositavano rifiuti solidiurbani e assimilabili ma anche rifiuti di ogni ge-nere prima dell’entrata in vigore del DPR 915/82e disattivate gradualmente con l’applicazionedella nuova normativa per lo smaltimento dei ri-fiuti e fino all’entrata in vigore del Piano diSmaltimento previsto ai sensi della legge regio-nale 44/87.L’esame dei dati raccolti, la diversa situazioneoggettiva dei siti da bonificare e il diverso rappor-to delle “incidenze negative” rispetto alle risorseambientali, hanno permesso di riunire le aree dabonificare in due gruppi a diversa priorità di inter-vento.Aree di tipo A: situazioni critiche con rischi per lerisorse ambientali e/o per la salute dell’uomo:sono tutte quelle aree dove sono stati abbando-nati nel tempo rifiuti solidi di ogni genere (preva-

lentemente rifiuti urbani) e in cui si è riscontratala possibilità di compromissione delle risorse na-turali (acque superficiali, acque sotterranee, sor-genti) e/o possono sussistere fonti di rischio perla salute dell’uomo. Le aree prese in considera-zione sono quelle ubicate all’interno di zone ovesono presenti risorse idriche sotterranee consi-derate strategiche per la comunità regionale daipiani di programmazione dell’Umbria.Aree di tipo B: situazioni che presentanocompromissioni ambientali: sono tutte quelle areedove sono stati abbandonati nel tempo rifiuti so-lidi di ogni genere (prevalentemente RU) e checompromettono valori paesaggistici e/o ambien-tali tutelati da leggi nazionali o regionali (legge1497/39 e LR 52/83 PUT).Sulla base dei criteri di scelta l’ordine di prioritàdegli interventi privilegia ovviamente quelli sui sitiricompresi nelle aree di tipo A e a seguire quelliricompresi nelle aree di tipo B. Il Piano individuain particolare 53 siti di cui: 7 siti ricompresi in areedi tipo A, tutti localizzati in provincia di Perugia eelencati secondo le priorità degli interventi; 46 sitiricompresi in aree di tipo B, di cui 27 localizzati inprovincia di Perugia e 19 in provincia di Terni,elencati secondo le priorità degli interventi.

Piano Regionale di Bonifica delle AreeContaminate (approvato con DGR 5554del 10 luglio 1992)Con il decreto ministeriale del 16 maggio 1989“Criteri e linee guida per l’elaborazione e lapredisposizione, con modalità uniformi da partedi tutte le regioni e provincie autonome, dei pianidi bonifica….” il Ministero dell’Ambiente per laprima volta forniva una definizione di sito poten-zialmente contaminato, individuato come quel-l’area in cui una o più matrici ambientali fosserovenute a contatto “accidentale o continuativo” consostanze provenienti da cicli di produzione di ri-fiuti potenzialmente tossici. I rifiuti potenzialmen-te tossici e nocivi erano, con alcune integrazioni,gli stessi identificati nella tabella 1.3 della Deli-bera del Comitato Interministeriale del 27 luglio1984, attuativa del DPR 915/82 allora in vigore.Il decreto individuava inoltre le modalità operati-ve per la predisposizione di un censimento dellearee potenzialmente inquinate, da cui seleziona-re, qualora si fossero rese disponibili risultanzeanalitiche ufficiali, quei siti per cui era dimostratal’effettiva contaminazione delle matrici ambien-tali per il superamento dei limiti di concentrazio-ne ammissibile degli inquinanti definiti dal DPR915/82. Per i siti contaminati infine doveva esse-

Tabella 1 – Discariche a elevata criticità ambientale individuate dal Piano di Bonifica 1988

Fonte: Regione Umbria, Piano Regionale per la Bonifica di Aree Inquinate (1988)

re stabilito un ordine di priorità degli interventi,identificando quelli a “breve termine” e quelli dadestinare a un programma di bonifica a “mediotermine”.Il Piano Regionale di Bonifica delle Aree Conta-minate del 1992 è dunque stato predisposto dal-la Regione Umbria ai sensi del DMA del 16 mag-gio 1989, avvalendosi della collaborazione delle2 amministrazioni provinciali e delle 12 UnitàSanitarie Locali competenti per il territorio regio-nale.I risultati del lavoro effettuato sono stati sintetiz-zati in tre diverse relazioni:1. censimento di aree potenzialmente contami-

nate;2. programma a breve termine;3. programma a medio termine.Hanno costituito oggetto del censimento le areedefinibili come potenzialmente contaminate se-condo la definizione fornita all’allegato A del DMAdel 16 maggio 1989: 68 nella provincia di Perugiae 43 in quella di Terni.Dei siti censiti, 5 sono stati inclusi nei programmiregionali di bonifica a breve e medio termine, invirtù della loro elevata criticità e/o della disponi-bilità di risultanze analitiche che ne dimostrava-no la effettiva contaminazione.Per tali 5 siti è disponibile nel Piano del 1992un’esauriente trattazione, comprensiva di progettodi bonifica per il programma a breve termine e dipredisposizione di opportuna campagna di accer-tamenti e indagini preliminari per quello a mediotermine, così come previsto dal decreto 185 del16 maggio 1989.

Il Programma Nazionale di BonificaPer la realizzazione degli interventi di bonifica eper l’utilizzazione delle relative risorse stanziatedalla legge del 9 dicembre 1998, n. 426 (“Nuoviinterventi in campo ambientale”), il Ministero del-l’Ambiente con decreto dell’8 settembre 2001 n.468 ha adottato, d’intesa con la Conferenza per-manente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e leProvincie autonome di Trento e Bolzano un Pro-gramma Nazionale di Bonifica e ripristino ambien-tale dei siti inquinati. Tale Programma Nazionaleindividua:- gli interventi di interesse nazionale (i siti ven-

gono descritti negli allegati A-F, mediante ap-posite schede);

- i soggetti beneficiari, i criteri di finanziamentodei singoli interventi e le modalità di trasferi-mento delle relative risorse;

- le modalità per il monitoraggio e il controllo

l 245 l

Relazione sullo stato dell’ambiente in Umbria l 6A l Suolo l RISPOSTE

delle attività di realizzazione delle opere e de-gli interventi previsti.

Gli interventi di interesse nazionale, per i quali ildecreto disciplina e prevede il concorso pubbli-co, sono quelli di messa in sicurezza d’emergen-za, di bonifica, di messa in sicurezza permanen-te e di ripristino ambientale, relativi ai seguentisiti:a) i 14 siti di interesse nazionale individuati dal-

l’articolo 1, comma 4, della legge 426/1998,

Tabella 2 – Siti individuati dai programmi a breve e medio termine del Piano di Bonifica 1992

Fonte: Regione Umbria, Piano Regionale di Bonifica delle Aree Cont aminate (1992)

b) i 3 siti di interesse nazionale individuati dall’ar-ticolo 114, commi 24 e 25 della legge 23 di-cembre 2000, n. 388,

c) i siti di interesse nazionale individuati dal pre-sente programma sulla base dei criteri stabilitidall’articolo 18, comma 1, lettera n) del DLGS22/97 e dall’articolo 15 del DM 471/1999.

Per la stesura del programma vi è stata la parte-cipazione attiva delle regioni e degli enti localiche hanno svolto un ruolo importante ai fini della

limitazione dei perimetri già classificati quali in-terventi di interesse nazionale, della identifica-zione dei siti indicati al punto c) di cui sopra.

Il sito di interesse nazionale di Terni-PapignoPer l’Umbria, il Programma Nazionale prevedel’intervento di bonifica e ripristino ambientale delsito di Terni-Papigno, la cui perimetrazione è sta-ta approvata con decreto del Ministero dell’Am-biente dell’8 luglio 2002, pubblicato sulla Gaz-zetta Ufficiale n. 234 del 5 ottobre 2002.Rispetto all’avanzamento del Programma Nazio-nale per l’Umbria si sottolinea che sono attual-mente in corso da parte del Comune di Terni, conil supporto tecnico di ARPA Umbria, le seguentiattività condotte in parallelo:- stesura di un “piano della caratterizzazionea maglia larga” delle zona attualmente individua-ta dalla perimetrazione del decreto del Ministerodell’Ambiente dell’8 luglio 2002, al fine di esclu-dere aree non interessate dal rischio di possibilecontaminazione dai successivi programmi di ca-ratterizzazione di dettaglio richiesti per la defini-zione degli interventi di bonifica;- predisposizione di un piano della caratteriz-zazione di dettaglio per l’area di proprietà comu-nale presso gli stabilimenti di Papigno.

l’Università di Perugia ad alcune zone del-l’area appenninica umbro marchigiana(Calandra e Ciappeloni, 1993). Questometodo di determinazione del rischio dierosione può essere applicato al fine divalutare la potenzialità e le limitazioni d’usodel suolo, in modo da fornire le indicazio-ni di massima per mantenere la fertilità delterreno, e limitare il processo di degrado,limitando l’uso di pratiche colturali inade-guate, anche perché la maggior parte delsuolo umbro è costituito da rocce facilmen-te erodibili, da forme di rilievo poco stabilie in rapida evoluzione.

6A.5. RISPOSTE

6A.5.1. Normative di riferimento

Già nel 1972 il Consiglio d’Europa si eraespresso definendo alcuni principi fonda-mentali in merito alla risorsa suolo. Eraovviamente una dichiarazione d’intentidove, in pochi punti, venivano espressidei veri e propri diritti dei suoli:1. Il suolo è uno dei beni più preziosi

dell’umanità. Consente la vita dei ve-getali, degli animali e dell’uomo sullasuperficie della terra.

2. Il suolo è una risorsa limitata che sidistrugge facilmente.

3. La società industriale usa i suoli sia a

fini agricoli che a fini industriali o d’al-tra natura. Qualsiasi politica di piani-ficazione territoriale deve essere con-cepita in funzione delle proprietà deisuoli e dei bisogni della società di oggie di domani.

4. Gli agricoltori e i forestali devono ap-plicare metodi che preservino la qua-lità dei suoli.

5. I suoli devono essere protetti dall’ero-sione.

6. I suoli devono essere protetti dall’in-quinamento.

7. Ogni impianto urbano deve essereorganizzato in modo tale che sianoridotte al minimo le ripercussione sfa-vorevoli sulle zone circostanti.

8. Nei progetti di ingegneria civile si devetenere conto di ogni loro ripercussio-ne sui territori circostanti e, nel costo,devono essere previsti e valutati ade-guati provvedimenti di protezione.

9. È indispensabile l’inventario delle ri-sorse del suolo.

10.Per realizzare l’utilizzazione raziona-le e la conservazione dei suoli sononecessari l’incremento della ricercascientifica e la collaborazioneinterdisciplinare.

11.La conservazione dei suoli deve es-sere oggetto di insegnamento a tutti ilivelli e di informazione pubblica sem-pre maggiore.

12. I governi e le autorità amministrativedevono pianificare e gestire razional-mente le risorse rappresentate dalsuolo.

6A.5.1.1. PSR 2000-2006 Misureagroambientali e normativa regionale

L’attuale periodo di programmazione ècaratterizzato in Umbria dal Piano di Svi-luppo Rurale 2000-2006 nella cui stesurasi è tenuto conto degli obbiettivi globali:• ammodernamento e sviluppo soste-

nibile del sistema agricolo,agroalimentare e forestale;

• qualificazione e certificazione delleproduzioni alimentari a garanzia delconsumatore;

• sviluppo dell’occupazione e dellaoccupabilità, prioritariamente giovani-le;

• tutela e valorizzazione dell’ambientee del territorio e della biodiversità;

• mantenimento dei livelli demograficinei territori rurali

Questi obbiettivi generali hanno portatoalla definizione di assi prioritari d’interven-to:1 ammodernamento del sistema agri-

colo, agroalimentare e forestale;2 tutela e valorizzazione del patrimonio

ambientale e paesaggistico;3 sostegno ai territori rurali.

l 246 l

Relazione sullo stato dell’ambiente in Umbria l 6A l Suolo l RISPOSTE

Il monitoraggio della radioattività artificiale depo-sitata al suolo in seguito a fallout radioattivo con-siste nel prelievo diretto di campioni di suolo ef-fettuato con diverse metodiche di campionamentoa seconda che l’obiettivo sia quello di valutarerapidamente una contaminazione su di una va-sta area oppure quello di eseguire la stima del-l’inventario di un determinato radioisotopo nei variprofili pedologici. A causa della notevole laborio-sità che comportano il prelievo e l’analisi di uncampione di suolo, nell’ambito delle Reti Nazio-nali per il controllo della radioattività, si è rivelatovantaggioso procedere all’esecuzione di campa-gne di biomonitoraggio per la mappatura del ter-ritorio regionale. Tali campagne, da eseguirsi concadenza biennale, prevedono l’utilizzo di indica-tori biologici con spiccate capacità di accumulodi sostanze depositate al suolo. In particolare,alcune specie di briofite pleurocarpe appartenentiai generi Hypnum, Homalothecium e Ctenidiumcon crescita su substrato roccioso (calcareo nel-la fattispecie) si sono rivelate decisamente utilinell’accumulare e trattenere gli isotopi radioattividel cesio tanto da essere monitorate con conti-nuità a partire dal 1992 (IRRES-CIPLA, 1997). Nellacampagna di monitoraggio dell’anno 2000, si èvoluto comunque affiancare ai prelievi di briofiteanche una campagna di campionamento di suolida effettuare nei medesimi punti di prelievo e daeseguire sia con la tecnica di prelievo con trivellasia con sagoma, il tutto in accordo a specifici pro-tocolli di campionamento e di misura previsti daAPAT. Pertanto, in ogni punto di prelievo di quelligià individuati nelle precedenti campagne di mi-sura, e costituiti esclusivamente da suoliindisturbati (La Fravolosa, Scheggia; Antognolla,Perugia; Fonte dell’Acquasanta, Scheggino; Pon-te Cornale, Allerona; Pianezza, Calvi dell’Umbria),sono stati prelevati, all’interno di un’area di circa100 m2:• 15 campioni di muschio;• 10 campioni di suolo con trivella;• da 5 a 7 campioni profili pedologici con sa-goma quadrata (dimensione 30x30 cm) dellospessore di circa 5 cm ciascuno.Tutti i campioni prelevati sono stati sottoposti amisure di spettrometria gamma.I risultati delle misure eseguite sui campioni dimuschio sono convenzionalmente espresse inconcentrazione di attività per unità di superficie(B Q/m 2).L’osservazione dei valori della tabella 1 evidenziapresenza del solo isotopo 137 del cesio a causadell’elevata vita medio dello stesso (30 anni cir-ca). Il confronto con i valori misurati nei stessipunti di prelievo già monitorati nel 1992 (IRRES-CIPLA, 1997) evidenzia un ulteriore decrementodi concentrazione di attività attribuibile sia al fe-nomeno di decadimento fisico del radionuclidesia a inevitabili fenomeni di dilavamento ai qualila briofita non è sottraibile. Comunque è eviden-te come la totale assenza dell’isotopo a vita bre-ve del cesio (134CS emivita=2 anni circa) confer-

BOXRadioattività nei suoli

mi che il contenuto di radiocesio sia attribuibileesclusivamente all’evento Chernobyl e che daallora non si siano verificati ulteriori fenomeni difallout radioattivo.La natura più o meno sassosa del suolo ha com-portato, nel campionamento con trivella, l’utilizzodi due trivelle di differenti dimensioni, con conse-guente superficie totale di raccolta pari a 0,023 oa 0,010 m2 a seconda dei casi. Come per lebriofite, i valori di concentrazione di attività dellatabella 2 sono espressi in BQ/m2.Nel grafico 1 sono stati riportati i valori di con-centrazione di 137CS nei suoli e nei muschi. È evi-dente come i suoli risultino molto più contaminati(mediamente di un ordine di grandezza e più) ilché non desta particolare meraviglia principal-

mente perché, come già espresso, il 137 CS neimuschi è comunque sottoposto sia a decadimentodi tipo fisico che biologico.Per quanto riguarda il campionamento eseguitocon la sagoma (tab. 3 e graf. 2), i singoli profilianalizzati hanno mostrato un contenuto di 137Cs,espresso in questo caso in BQ/kg, preponderantenei primi strati di suolo e con tendenza a diminu-zione, pur rimanendo sempre presente, negli stratipedologici più profondi. Tale gradiente di concen-trazione di attività osservato è tipico di tutti i suoliindisturbati, ed è del tutto in accordo con quellodi altri suoli indagati sul territorio nazionale (Ra-dioattività ambientale e radiocontaminazione deisuoli piemontesi, Regione Piemonte, “Collanaambiente”, n. 14). La maggiore contaminazione,

Tabella 1 – Dati monitoraggio briofite (anno 2000)

Fonte: ARPA Umbria, 2002

Tabella 2 – Dati monitoraggio suoli-trivella (anno 2000)

Grafico 1 – Contenuto di 137Cs nei suoli e nei muschi

Fonte: ARPA Umbria, 2002

Fonte: ARPA Umbria, 2002

l 247 l

Relazione sullo stato dell’ambiente in Umbria l 6A l Suolo l RISPOSTE

che risulta attualmente essere localizzata neglieffettivi primi due profili pedologici, trova riscon-tro nei valori, riportati in B Q/kg, dei prelievi ese-guiti con trivella, campionamenti di fatto rappre-sentativi dei primi 10 cm di suolo.

Fonte: ARPA Umbria, 2002

Grafico 2 – Contenuto di 137Cs nei vari profili pedologici

Fonte: ARPA Umbria, 2002

Tra questi vorremmo sottolineare soprat-tutto l’asse 2 che ha le maggiori impli-cazioni con il sistema suolo di cui ci stia-mo occupando e all’interno del qualesono stati evidenziati gli obbiettivi ope-rativi:• mantenimento dell’agricoltura in aree

a svantaggio naturale;• tutela di ambienti agricoli e forestali

ad alto valore naturale;• mantenimento della diversità genetica;• salvaguardia del paesaggio e delle

caratteristiche tradizionali dei terreniagricoli e forestali;

• sviluppo di sistemi produttivi a bassoimpatto ambientale;

• miglioramento e conservazione diambienti forestali;

• miglioramento e conservazione deisistemi idrici naturali;

• incremento delle superfici boscate.Questi obiettivi operativi hanno portatoalla stesura delle misure di applicazione2.1.1, 2.1.2, 2.1.3, 2.2.1 e 2.2.2 a lorovolta articolate in azioni dettagliate.

Al momento sono state attivate parte dialcune delle misure di questo asse tra lequali:– la misura 2.1.2 “Misure agroambientali”

all’interno della quale ci sono tutte leazioni che proseguono l’impostazionedel precedente regolamento CEE 2078/92 in materia di agricoltura biologica eriduzione dell’impiego di concimi chimi-ci, conversione dei seminativi in partee mantenimento dei pascoli, avvicen-damento colturale, cura dei terreni agri-coli abbandonati, ecc.;

– la misura 2.1.3 “Tutela dell’ambientein relazione all’agricoltura, allasilvicoltura, alla conservazione dellerisorse naturale, nonché al benesseredegli animali” è stata attivata nell’azio-ne c che riguarda gli interventi finaliz-zati alla tutela della biodiversità in am-biti agricoli (allegato 1 in appendice).Questa ha portato al progetto“Valorizzazione delle risorse genetichedella regione Umbria” in cui Universitàdegli Studi di Perugia, dipartimento di

Biologia Vegetale e BiotecnologieAgroambientali e Parco tecnologicoAgroalimentare dell’Umbria stanno ri-cercando, valutando e predisponendoper la conservazione in situ, ex situ eon farm le varietà locali e gli ecotipi dispecie vegetali coltivate. La realizza-zione del progetto è partita nel 2001 eterminerà nel 2006.

In riferimento alla salvaguardia dellabiodiversità agricola in Umbria, un’impor-tante legge regionale, la n. 25 del 4 set-tembre 2001, è stata approvata nel set-tembre per la “Tutela della risorse gene-tiche di interesse agraria”. Tale legge,strumento molto importante che hannopoche altre regioni come la Toscana e ilLazio, attende di essere attivata. Inoltre,è stata promulgata una significativa leg-ge regionale (n. 24 del 4 settembre 2001)che riguarda l’incentivazione degliammendanti ai fini della tutela della qua-lità dei suoli agricoli. Tale legge:a) promuove la realizzazione di un si-

stema di controllo dello stato dei suo-

Tabella 3 – Dati monitoraggio suoli 2000

l 248 l

Relazione sullo stato dell’ambiente in Umbria l 6A l Suolo l RISPOSTE

l i agricoli ai fini di valutarne emonitorarne la qualità;

b) favorisce l’adozione di tecniche digestione del suolo volte al ripristino eal mantenimento di buoni livelli dimateria organica;

c) favorisce l’impiego di ammendanticompostati e mezzi idonei alla loroproduzione e distribuzione.

Anche questo importante strumento le-gislativo attende di essere attivato.

6A.5.1.2. Codice di Buona PraticaAgricola

Il regolamento CE 1257/99 prevede chele misure agroambientali e le indennitàcompensative per le zone svantaggiatenell’ambito dei piani di sviluppo rurale ten-gano conto della Buona Pratica Agricoladefinita come “l’insieme dei metodicolturali che un agricoltore diligente im-piegherebbe nella regione interessata”(art. 28 del regolamento 1750/99). Infatti,tutte le misure agroambientali devono pre-vedere impegni che oltrepassano la Buo-na Pratica Agricola “normale” (art. 23) egli agricoltori che ricevono l’indennità perzona svantaggiata (IC) sono tenuti a os-servare le buone pratiche agricole “con-suete” (art. 14). Inoltre, gli agricoltori, cheassumono impegni agroambientali, rice-vono un premio calcolato a partire dallaBuona Pratica Agricola “normale” (art. 17)e sono tenuti a rispettare sull’intera azien-da le Buone Pratiche Agricole normali(BPAN) anche se l’impegno è limitato aparte di essa (art. 19). A questo proposi-to, negli allegati 2, 3, 4, riportati in appen-dice, viene fornito un elenco indicativo dibuone pratiche agricole normali da pren-dere in considerazione per effettuare laverifica di coerenza delle PAN. Tale elen-co fornisce alcune indicazioni di massi-ma, in corrispondenza di ogni praticaagronomica, per ciascuna delle 3 cate-gorie colturali citate in precedenza. Detteindicazioni derivano da delle schede pre-disposte dagli IRSA e sono ispirate allapratica razionale dal punto di vista tecni-co-ambientale.Il rispetto di queste norme non è però cosìcondizionante e molto spesso sia i tecni-ci che gli agricoltori non lo seguano e nonlo conoscono.

6A.5.1.3. Revisione di medio terminedella Politica Agricola Comunitaria

La Commissione europea nel 2002 haintrodotto la comunicazione sulla revisio-ne intermedia della politica agricola co-

mune per valutare l’andamento del pro-cesso di riforma della PAC dal 1992 aoggi. Sulla base di questa proposte laCommissione dovrà attuare delle inizia-tive finalizzate a:– migliorare la competitività dell’agricol-

tura europea facendo dell’interventouna vera e propria rete di sicurezza,permettendo ai produttori europei dirispondere ai segnali di mercato eproteggendoli dalle fluttuazioni estre-me dei prezzi;

– promuovere un’agricoltura sostenibi-le che risponda maggiormente alleesigenze del mercato completando latransizione dagli aiuti al prodotto agliaiuti al produttore, attraverso l’intro-duzione di un unico pagamento perazienda disaccoppiato dalla produzio-ne, determinato in base ai riferimentistorici e subordinato al rispetto di nor-me ambientali, in materia di benes-sere degli animali e di sicurezza ali-mentare. Ciò dovrebbe consentire dirende più efficaci gli aiuti al redditodei produttori;

– garantire un sistema più equilibratodi aiuti e rafforzare lo sviluppo ruraletrasferendo risorse dal primo al se-condo pilastro della PAC attraversol’introduzione di un sistema comuni-tario di modulazione e ampliando ilcampo d’applicazione degli attualistrumenti a favore dello sviluppo ru-rale, nell’intento di promuovere laqualità alimentare, il rispetto di nor-me più rigorose e un maggior benes-sere degli animali.

Gli effetti macroscopici della riforma dimedio termine sui produttori agricoli pos-sono essere riassunti in una maggioreflessibilità nelle decisioni produttive, nel-lo snellimento delle modalità per la con-cessione degli aiuti ai produttori con lagaranzia contestuale della stabilità deiloro redditi.Un’attenzione particolare verrà riservataallo stato dell’ambiente per cui sarannoridotti gran parte degli aiuti attualmenteconcessi e che hanno un impatto negati-vo sull’ambiente; inoltre sarà posta atten-zione a una migliore applicazione dellalegislazione in materia ambientale e sa-ranno potenziati gli incentivi per l’attua-zione delle pratiche agricole sostenibili.Le modifiche proposte con la riforma dimedio termine saranno necessarie pergarantire in futuro un modello europeo diagricoltura sostenibile e prevedibile.Bisogna precisare in questa fase che leproposte di variazione alla PAC previstenella riforma di medio termine avranno

delle ripercussioni dirette e indirette sul-l’assetto agricolo e soprattutto ambien-tale della regione Umbria.Infatti, le iniziative atte a stabilizzare i mer-cati e migliorare le organizzazioni comunidi mercato saranno tali da modificare l’usoagricolo della SAU umbra. Le colture chesaranno interessate da tali misure quali icereali, le colture proteiche, i foraggi, lafrutta in guscio, ecc., vedranno delle va-riazioni nelle superfici a esse destinate equindi un diverso assetto produttivo regio-nale. A tutto ciò inoltre si aggiungerà l’ap-plicazione di diverse modalità dierogazione degli aiuti agli agricoltori. In-fatti, il disaccoppiamento degli aiuti direttiprevede che gli agricoltori beneficerannodi un pagamento unico per azienda. Essipotranno utilizzare questi terreni per qual-siasi attività agricola, tranne che per lecolture permanenti, anche se questo cam-biamento nella modalità di erogazione nonriguarda tutti i settori: per quelli in cui esi-ste effettivamente il rischio di una cadutadella produzione, è previsto un sistemamisto: si tratta di grano duro, riso, amidodi patate, prodotti proteici. Un intervento,invece, che avrà degli effetti diretti sullostato dell’ambiente regionale sarà quellodel rafforzamento delle norme in materiadi tutela ambientale, sicurezza alimenta-re, sanità e benessere degli animali e si-curezza sul lavoro. Questo intervento dicondizionalità ecologica si applicherà allenorme obbligatorie europee in materia diambiente, sicurezza degli alimenti, sanitàe benessere animale e sicurezza sul la-voro a livello dell’azienda. Per evitare l’ab-bandono dei terreni e i conseguenti pro-blemi ambientali, al disaccoppiamento èstato associato l’obbligo, per i beneficiaridei pagamenti diretti, di mantenere tutti ipropri terreni agricoli in buone condizioniagronomiche.Questo sistema sarà applicato all’insie-me dell’azienda e le sanzioni interverran-no ogniqualvolta si riscontri la mancataosservanza delle norme nell’azienda diun beneficiario. Ciò vale per tutti i settori,sia per le superfici agricole utilizzate cheper quelle inutilizzate.Inoltre, l’Unione Europea prevede di attua-re il sostegno alle colture energetiche perle quali si assisterà in futuro al loro proba-bile sviluppo sulla superficie regionale.Senza voler pregiudicare il futuro dibatti-to sulla revisione della politica di svilup-po rurale, la Commissione propone diampliare il campo d’applicazione degliaiuti comunitari per lo sviluppo rurale in-troducendo nuovi interventi nel ‘menu’delle misure disponibili nell’ambito del

l 249 l

Relazione sullo stato dell’ambiente in Umbria l 6A l Suolo l RISPOSTE

ra. Gli aiuti pubblici potranno arri-vare fino a un massimo del 70%dei costi ammissibili del progetto.

2) L’introduzione di un nuovo capitolo daltitolo “Rispetto delle norme, che com-prende due misure:- la possibilità, per gli Stati membri,

di concedere aiuti temporanei edecrescenti ai propri agricoltori,per aiutarli ad attuare norme rigo-rose imposte dalla legislazionecomunitaria nei settori dell’am-biente, della sanità pubblica, ani-male e vegetale, del benesseredegli animali e della sicurezza sullavoro. Il livello dell’aiuto va diffe-renziato per tener conto dell’enti-tà degli obblighi e dei costi aggiun-tivi per gli agricoltori derivanti dal-l’introduzione di determinate nor-me. L’aiuto sarà forfettario e de-crescente e verrà corrisposto perun massimo di cinque anni. Essonon potrà superare un importomassimo di 10.000 euro perazienda in un determinato anno.L’aiuto non sarà in nessun casoerogato qualora l’inosservanzadelle norme sia dovuta al manca-to rispetto, da parte di un singoloagricoltore, di norme già previstedalla normativa nazionale;

- aiuti agli agricoltori quale contri-buto ai costi per il ricorso ai servi-zi di consulenza agricola. Gli agri-coltori potranno beneficiare di aiuti

pubblici fino a un massimo del80% dei costi di questi servizi laprima volta che vi faranno ricor-so, entro un limite di 1.500 euro.

3) L’introduzione, nell’attuale capitoloagro-ambientale del regolamento CE

1257/1999, della possibilità di conce-dere aiuti agli agricoltori che si assu-mono, per un periodo di almeno 5 anni,l’impegno di migliorare il benessere deipropri animali di allevamento al di làdelle normali buone pratiche di alleva-mento. L’aiuto verrà erogato annual-mente in base ai costi aggiuntivi e allaperdita di reddito derivanti da questi im-pegni, con un importo massimo di 500euro per unità di bestiame.

Oltre a una serie di altri adeguamenti tec-nici derivanti dall’introduzione di nuovemisure, la Commissione propone di coglie-re l’opportunità offerta dalla modifica delregolamento 1257/1999 nell’ambito delleattuali proposte per semplificare e rende-re più chiare alcune disposizioni di tale re-golamento. Nel 2004 la Commissioneriesaminerà in che misura lo sviluppo ru-rale contribuisce ai suddetti obiettivi di svi-luppo sostenibile, in particolare per quan-to riguarda la biodiversità e l’attuazione del-la direttiva 92/43/CE (direttiva sugli habitat).In quell’occasione verrà inoltre valutata lapossibilità di estendere ai piccoli produtto-ri tradizionali di alimenti gli aiuti concessiagli agricoltori affinché rispettino le nuovenorme in materia di qualità degli alimentiadottate a livello comunitario.

secondo pilastro. Non è, invece, previstaalcuna modifica delle principali modalitàdi attuazione degli aiuti per lo svilupporurale che sarebbe, a parere della Com-missione, contro produttiva in questa faseintermedia del periodo di programmazio-ne 2000-2006.Le nuove misure proposte sono tutte mi-sure di accompagnamento e verranno fi-nanziate dal Fondo Europeo di Assisten-za e Organizzazione Agricola (FEOGA), se-zione garanzia sull’intero territorio comu-nitario; i principali beneficiari saranno gliagricoltori. Spetterà agli Stati membri e alleregioni decidere se desiderano inserirequeste misure nei loro programmi di svi-luppo rurale. Le nuove misure compren-dono:1) L’introduzione di un nuovo capitolo nel

regolamento CE 1257/1999 dal titolo“Qualità degli alimenti” che compren-de due misure:- incentivi a favore degli agricoltori

che partecipano, su base volon-taria, a programmi comunitari onazionali riconosciuti intesi a mi-gliorare la qualità dei prodotti agri-coli e dei processi produttivi uti-lizzati e forniscono garanzie inmateria ai consumatori;

- aiuti a favore delle associazioni diproduttori per iniziative di informa-zione dei consumatori e di promo-zione dei prodotti ottenuti nell’am-bito dei programmi di qualità finan-ziati mediante la suddetta misu-