Studio delle correlazioni tra particelle cariche a LHC · da cui la di–coltµa di ricostruzione...

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Alma Mater Studiorum · Universit ` a di Bologna FACOLT ` A DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI Corso di Laurea in Fisica Studio delle correlazioni tra particelle cariche a LHC Relatore: Chiar.ma Prof.ssa Luisa Cifarelli Presentata da: Davide Caffarri Sessione II Anno Accademico 2005/2006

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Alma Mater Studiorum · Universita di Bologna

FACOLTA DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI

Corso di Laurea in Fisica

Studio delle correlazionitra particelle cariche a LHC

Relatore:

Chiar.ma Prof.ssaLuisa Cifarelli

Presentata da:

Davide Caffarri

Sessione IIAnno Accademico 2005/2006

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Indice

Introduzione 5

1 La fisica di ALICE 71.1 Cenni di QCD . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 71.2 La transizione di fase della QCD . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 91.3 Evoluzione del QGP e prove sperimentali previste . . . . . . . . . . . . . 10

1.3.1 Evoluzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 101.3.2 Spettri adronici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 111.3.3 Spettri di fotoni ed elettroni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 121.3.4 Aumento della stranezza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 121.3.5 Produzione del mesone vettoriale φ . . . . . . . . . . . . . . . . . 131.3.6 Soppressione stati legati cc . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13

1.4 Prove sperimentali ottenute . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 141.4.1 Flusso ellittico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 151.4.2 Rapporti di particelle . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 161.4.3 Jet quenching . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 171.4.4 Correlazioni tra particelle . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18

2 Il sistema di rivelazione di ALICE 212.1 L’esperimento ALICE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 212.2 Il rivelatore di ALICE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22

2.2.1 Il sistema di tracciamento interno: ITS . . . . . . . . . . . . . . . 222.2.2 La camera a proiezione temporale: TPC . . . . . . . . . . . . . . 232.2.3 Il rivelatore a radiazione di transizione: TRD . . . . . . . . . . . 232.2.4 I sistemi di identificazione delle particelle . . . . . . . . . . . . . . 242.2.5 Lo spettrometro per muoni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24

2.3 Il sistema TOF di ALICE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 252.3.1 Identificazione con il sistema TOF . . . . . . . . . . . . . . . . . . 252.3.2 Descrizione generale del rivelatore . . . . . . . . . . . . . . . . . . 282.3.3 I moduli del TOF . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 282.3.4 Elettronica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28

4 INDICE

2.3.5 Le MRPC . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29

3 Analisi di Fourier delle correlazioni tra particelle cariche. 333.1 Metodo di analisi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 333.2 Correlazioni tra particelle cariche dello stesso segno e di segno opposto . 373.3 Correlazioni e decadimenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39

Conclusioni 43

Introduzione

La possibilita di studiare le correlazioni tra particelle prodotte nelle collisioni di altaenergia tra nucleoni, e anche tra nuclei pesanti, e molto importante per la comprensio-ne di molti fenomeni. Le correlazioni possono infatti costituire un’importante “sonda”sperimentale per lo studio delle caratteristiche delle particelle prodotte e degli stati dimateria formati durante le collisioni.

Nel primo capitolo di questo elaborato viene brevemente descritta la fisica che sta allabase dell’esperimento ALICE (A Large Ion Collider Experiment) all’LHC del CERN. LaCromodinamica Quantistica (QCD) rappresenta il punto di partenza delle nostre con-siderazioni. La possibilita di osservare uno stato in cui i quark si trovano deconfinatisarebbe vietata in virtu della liberta asintotica delle interazioni forti di colore. Stu-di recenti mostrano tuttavia la possibilita di un’inversione di tendenza nell’andamentodell’accoppiamento forte: aumentando la temperatura del sistema, il potenziale d’in-terazione tra quark tenderebbe invece a zero al crescere del raggio. Sotto particolaricondizioni di temperatura e densita di energia, sarebbe quindi permessa la formazionedi uno stato deconfinato di quark e gluoni (Quark Gluon Plasma, QGP). Questo statosi potrebbe sperimentalmente “osservare”, sia pure in maniera indiretta, attraverso varitipi di segnali. Alcune caratteristiche del mezzo QGP, in cui vi sarebbe possibilita dideconfinamento, sono state in parte studiate all’SPS del CERN e poi al RHIC di Broo-khaven. I risultati ottenuti hanno messo le basi per continuare la ricerca del QGP nellecondizioni “estreme” delle interazioni Pb+Pb all’LHC.

Nel secondo capitolo di questa tesi ci soffermiamo sulla parte hardware dell’esperi-mento, descrivendo in generale il rivelatore ALICE nelle sue componenti piu importanti.In particolare analizziamo il sistema del Time–Of–Flight (TOF), la cui costruzione e con-trollo di qualita sono interamente assegnati ad un gruppo di ricercatori dell’Universita edell’INFN di Bologna, in collaborazione con un gruppo di Salerno. Il cuore del sistema dimisura del tempo di volo sfrutta un rivelatore a gas, la Multigap Resistive Plate Chamber(MRPC). Questo rivelatore ha un’ottima risoluzione temporale, come richiesto per otte-nere la migliore risoluzione in massa possibile ai fini dell’identificazione delle particellecariche. La Particle Identification e una grande sfida per l’esperimento ALICE all’LHC.La molteplicita di particelle aspettata negli urti ultrarelativistici tra ioni e considerevole,da cui la difficolta di ricostruzione delle singole tracce e di riconoscimento delle particelle.

6 INDICE

Infine, il terzo capitolo si occupa di un fenomeno particolare, gia osservato e stu-diato sperimentalmente al RHIC: la correlazione azimutale tra particelle cariche. Talecorrelazione, tramite la quale e stato messo in evidenza il fenomeno del jet quenchingnelle interazioni Au+Au, ha fornito uno dei primi e maggiori risultati del RHIC sullecaratterisiche del QGP. Viene qui proposto un nuovo metodo di analisi di queste correla-zioni, basato sulle proprieta delle trasformate di Fourier. Queste danno la possibilita diottenere lo spettro dell’evento opportunamente elaborato in funzione di variabili comela rapidita e l’angolo azimutale delle particelle, e valutare direttamente le correlazioni.Il metodo di analisi viene applicato a due casi particolari, ossia agli urti p+p e nu-cleo+nucleo, per studiare due effetti: la dipendenza delle correlazioni dalla carica ed ilcontributo dei decadimenti alle correlazioni. Tramite simulazioni Monte Carlo, vengonoeffettuati dapprima, un confronto con i dati sperimentali del RHIC, poi una previsioneper l’LHC.

La conclusioni circa la bonta del metodo e la possibile interpretazione dei risultatiottenuti costituiscono la parte finale di questo elaborato.

Capitolo 1

La fisica di ALICE

1.1 Cenni di QCD

La fisica classica spiega l’interazione tra particelle mediante lo scambio di energiae/o quantita di moto. Questo scambio e dovuto ad un campo, in cui una delle dueparticelle funge da sorgente, l’altra e l’oggetto della forza (e viceversa). In meccanicaquantistica, invece, al livello piu semplice, l’interazione puo essere vista come lo scambiodi una particella bosonica virtuale detta portatrice del campo.

La teoria quantistica dell’interazione elettromagnetica viene detta ElettrodinamicaQuantistica (QED) ed e in grado di spiegare e predire processi elettromagnetici attraversolo scambio di un bosone vettore privo di carica elettrica detto fotone.

Un parametro adimensionale importante di questa interazione e l’accoppiamento elet-tromagnetico, ricavabile uguagliando il potenziale Coulombiano tra due cariche all’energiadi interazione derivante dal principio di indeterminazione

∆E =αEM~c

r=

Kq2

r, (1.1)

da cui:

αEM =e2

4πεo~c=

1

137.1. (1.2)

Il primo membro dell’equazione 1.1 rappresenta una relazione del tutto generale, incui α puo rappresentare l’accoppiamento di ogni interazione fonadamentale. Poiche αEM

e minore dell’unita (equazione 1.2), e possibile trattare i processi legati all’interazioneelettromagnetica attraverso il calcolo perturbativo agli ordini piu bassi ottenendo buoneapprossimazioni.

La QED prevede che il vuoto quantistico sia popolato di coppie virtuali fermionichea causa delle quali una carica elettrica posta nel vuoto si polarizza creando un effettodi schermatura; questa situazione e analoga alla schermatura di una carica in un dielet-trico. Andando a sondare le cariche con particelle ad alta energia, ci si puo avvicinare

8 1. La fisica di ALICE

maggiormente alla sorgente e valutarne l’aumento di carica. La dipendenza della caricadall’energia (e quindi dalla distanza) si ripercuote sull’accoppiamento elettromagnetico,il quale aumenta con l’energia stessa.

L’idea di una particella portatrice del campo fu applicata, negli anni settanta, pertentare di descrivere l’interazione forte. In analogia con la QED, venne introdotta laCromodinamica Quantistica (QCD) in cui la sorgente dell’interazione e costituita da trecariche di colore e i cui mediatori sono otto bosoni vettori (dotati di colore) detti gluoni.Cosi come per la QED possiamo definire un accoppiamento forte (αS) che in questo casodipende dalla carica di colore.

E possibile stimare un rapporto tra gli accoppiamenti delle due interazioni considera-te, valutando le vite medie di due particelle di massa simile ma che decadono per effettodi interazioni differenti. Ad una scala di massa (energia) relativamente bassa, si puo os-servare che le particelle che decadono per effetto dell’interazione forte hanno vite mediedell’ordine di 10−23 s mentre quelle per interazione elettromagnetica di circa 10−19 s:

αs

αEM

'(

10−19

10−23

) 12

' 100 ⇒ αs ' 1. (1.3)

Il fatto che l’accoppiamento sia prossimo all’unita impedisce la possibilita di un cal-colo perturbativo, che permetterebbe di descrivere con buona approssimazione la teoria,sviluppando i calcoli agli ordini piu bassi. Inoltre, la trattazione quantistica del vuotodella QCD prevede la formazione di loop bosonici tra gluoni colorati che portano ad uneffetto di “antischermatura” della carica di colore.

Il risultato complessivo e che l’accoppiamento diminuisce con l’aumentare dell’impulsotrasferito; si e dimostrato infatti che vale la cosiddetta liberta asintotica:

limq2→∞

αs(q2) = 0.

Dal momento che l’accoppiamento e quindi la carica di colore, valutata a corto raggio,tende a zero e cresce invece se valutata a lungo raggio (dell’ordine del fermi), i quarksono confinati in stati legati per le proprieta del vuoto della QCD.

Attraverso simulazioni su reticolo [6] e possibile valutare, a temperatura fissata, l’an-damento dell’accoppiamento per una coppia quark–antiquark in funzione della distanza(Fig. 1.1). Variando la temperatura, l’andamento dell’accoppiamento in funzione delraggio si modifica, fino a permettere una transizione di fase in cui la materia nucleareraggiunge uno stato nel quale quark e gluoni sono liberi di muoversi.

Questo stato in cui i partoni non sono piu confinati dentro gli adroni e comunementedetto Plasma di Quark e Gluoni (QGP) sebbene, come e stato recentemente osservato,il suo comportamento appare piu assimilabile ad un fluido fortemente intragente e nonad un plasma [30].

1.2 La transizione di fase della QCD 9

0

0.5

1

1.5

2

2.5

0.1 0.5 1

αqq(r,T)

r [fm]

T/Tc0.810.900.961.021.071.231.501.984.01

Figura 1.1: Andamento dell’accoppiamento forte in funzione del raggio al variare dellatemperatura del sistema; aumentando la temperatura l’accoppiamento tende a zero,consentendo il deconfinamento [30].

1.2 La transizione di fase della QCD

La QCD prevede che la materia si possa trovare in vari stadi, in relazione alla tempe-ratura e alla densita barionica (o del potenziale bariochimico) del sistema. Al variare diquesti due parametri lo stato in cui si trova la materia si modifica attraverso transizionidi fase (Fig. 1.2).

Per bassi valori di temperatura e densita la materia si trova sotto forma di un gasdi adroni. Ad alte temperature ed a valori di densita barionica nulli1, gli aspetti dellatransizione allo stato di QGP sono regolati dalle masse dei quark, in particolare da quelledei componenti piu leggeri. L’impossibilita di poter effettuare un calcolo perturbativoper la teoria delle interazioni forti ha comportato molte difficolta nello sviluppo di pre-visioni teoriche. Per risolvere questi problemi e stata avanzato un approccio su reticolospazio-temporale, che consente di studiare fenomeni non perturbativi come ad esempioil confinamento e le transizioni di fase. Da studi di questo tipo si e valutato che la for-mazione del QGP porta ad un rapido aumento della densita di energia in corrispondenzadella temperatura di transizione. In una fase di quark e gluoni la densita di energia (ε)

1Nelle collisioni centrali a LHC ci si aspetta una molteplicita di barioni e antibarioni talmente elevatada considerare la densita barionica (e quindi il potenzioale bariochimico µB) praticamente nulla.

10 1. La fisica di ALICE

Figura 1.2: Diagramma di fase della QCD.

e proporzionale a T 4, mentre alla temperatura critica si ha un rapido crollo di questorapporto.

La temperatura critica e stimata essere Tc = (173 ± 15) MeV ad una densita diεc ∼ 0.7 GeV/fm3 [5].

Il rapporto ε/T 4 e legato al numero di gradi di liberta del sistema considerato; inquesto caso e importante il numero di sapori dei quark presenti nella transizione. Dalgrafico in Fig. 1.2 si nota il ruolo fondamentale del quark strange, la cui massa e dell’or-dine della temperatura di transizione.

1.3 Evoluzione del QGP e prove sperimentali previ-

ste

1.3.1 Evoluzione

Le collisioni di ioni pesanti (Pb-Pb) in programma all’LHC (Large Hadron Collider),il nuovo acceleratore in costruzione al CERN di Ginevra, forniscono la possibilita distudiare un nuovo stato della materia ovvero il deconfinamento in QCD.

1.3 Evoluzione del QGP e prove sperimentali previste 11

0

2

4

6

8

10

12

14

16

100 200 300 400 500 600

T [MeV]

ε/T4εSB/T4

Tc = (173 +/- 15) MeV εc ~ 0.7 GeV/fm3

RHIC

LHC

SPS 3 flavour2 flavour

‘‘2+1-flavour’’

Figura 1.3: Densita di energia del sistema in funzione della temperatura incorrispondenza del numero di quark presenti nella transizione.

La differenza fondamentale fra gli urti tra soli nucleoni e quelli tra ioni e che in que-st’ultimi i nucleoni sono costretti a collidere in successione con altri nucleoni all’internodi una regione molto ristretta. Si viene cosı a creare una zona ad alta densita di particelleche puo portare alla costituzione di una fase partonica. L’energia disponibile, dovutaall’interazione, si manifesta nella formazione di partoni. Il sistema raggiunge una fase diequilibrio in cui quark e gluoni costituiscono i gradi di liberta del sistema e ne influen-zano pressione e temperatura. Il sistema in equilibrio termico esercita una pressione sulvuoto circostante ed in seguito a questa si espande e si raffredda; i partoni si condensanoe tornano a formare gli adroni, vista la densita critica del sistema (freeze-out chimico).Quando le distanze medie tra gli adroni sono maggiori del raggio dell’interazione forte,il sistema continua ad espandersi finche non cessano anche gli urti elastici (freeze-outcinematico).

Sperimentalmente la formazione del plasma, e osservabile attraverso segnali di variotipo.

1.3.2 Spettri adronici

Lo studio su reticolo della transizione di fase ha portato a determinare l’andamen-to dei gradi di liberta del sistema in funzione della temperatura. L’osservazione di un

12 1. La fisica di ALICE

rapido aumento dei gradi di liberta del sistema e indice della formazione del plasma.Questo incremento e valutabile attraverso i rapporti ε/T 4 e s/T 3, dove ε e la densita dienergia e s e la densita di entropia del sistema. Le quantita sperimentalmente osservabililegate a questi rapporti sono il momento trasverso medio, la distribuzione in rapidita ela distribuzione in energia trasversa degli adroni. La rapidita e definita come

y =1

2ln

(E + pz

E − pz

), (1.4)

ma per l’analisi che vedremo in seguito si preferisce usare la pseudorapidita:

η =1

2ln

(p + pz

p− pz

). (1.5)

Per valori di β ' 1 la rapidita e la pseudorapidita coincidono; quest’ultima e di piu facilemisurazione perche legata solo all’angolo di produzione rispetto all’asse del fascio:

η = −1

2ln(tan2(θ/2)). (1.6)

1.3.3 Spettri di fotoni ed elettroni

La formazione del plasma, nelle sue fasi iniziali, puo essere studiata mediante fotoniemessi e coppie di leptoni non influenzate dagli stati adronici finali; la presenza di unelevato fondo di particelle ne rende pero difficile il riconoscimento. Questi segnali, tut-tavia, sono fondamentali per la determinazione di alcuni parametri critici e per lo studiodelle proprieta dinamiche di questo stato della mataria.

In prossimita delle temperatura critica Tc ci si aspetta uno spettro di fotoni prove-nienti dall’interazione tra gluoni e quark molto simile allo spettro di fotoni provenientidalla reazione πρ → γρ in un gas di adroni. Oltre al fondo di particelle, vi sono anchealtri problemi di identificazione di questi segnali: coppie di leptoni possono essere dovuteal decadimento dei quark charm e beauty, il segnale diretto dei fotoni emessi dal QGPsi prevede per temperature molto maggiori di quella critica e per impulsi trasferiti piuelevati.

1.3.4 Aumento della stranezza

Nei processi adronici, gli stati legati contenenti il quark strange sono piuttosto rariin quanto la sua massa e maggiore di quelle dei quark up e down che risultano quindifavoriti. Nella fase deconfinata, invece, la produzione di quark strange aumenta perche lamassa di quest’ultimo si presenta come massa nuda (ms ' 150 MeV). Inoltre, l’elevatapresenza di gluoni permette la formazione di stati legati con all’interno questi quark.

Nell’interazione forte il numero quantico della stranezza, una volta formato lo sta-to legato, si conserva quindi esso puo decadere soltanto attraverso l’interazione debole,

1.3 Evoluzione del QGP e prove sperimentali previste 13

il cui tempo di decadimento e molto maggiore del tempo di scala dell’adronizzazione.La maggior parte dei quark s sono contenuti all’interno dei mesoni K e si puo dunquevalutare l’incremento della formazione di questo sapore mediante il rapporto K/π nellecollisioni ione-ione rispetto a quello delle colliosioni p-p. L’unico inconveniente e chequesto rapporto puo risentire della fase di frammentazione.

1.3.5 Produzione del mesone vettoriale φ

Tra i mesoni vettoriali, il mesone φ e il piu leggero; esso puo essere prodotto attraver-so fusioni gluoniche. Questo mesone risulta essere una sonda diretta della produzione delplasma, perche la presenza di una grande densita di stati ss ne favorisce la produzionedurante l’adronizziazione; la variazione del rapporto φ/(ρ + ω) con la densita barionicafornisce quindi un osservabile diretto della formazione del QGP. In questo caso e il rap-porto φ/π ad indicare il tasso di formazione di quark s, non durante l’adronizzazione madirettamente nella formazione del plasma.

1.3.6 Soppressione stati legati cc

La produzione di quark charm–anticharm e permessa, nelle collisioni tra ioni pesanti,quando l’energia del sistema e tale da poter superare la loro energia di soglia. NelQGP, le coppie cc non possono dare origine a stati legati cc se la dimensione di questie superiore al raggio di schermatura dell’interazione forte. Se la densita del mezzo inquestione e elevata prima che c e c si leghino tra loro, si formano quark di altro tipoche si legano con i precedenti per formare stati di open charm (mesoni D, per esempio),piuttosto che J/Ψ. Gli stati legati con dimensioni maggiori cominciano a scomparireall’aumentare della temperatura della materia deconfinata e al crescere della densita dicarica di colore. Viste le condizioni di densita e temperatura del QGP, ci si aspetta unaleggera soppressione della J/Ψ a T ∼ Tc e una scomparsa totale per T > 1.3 Tc.

Inoltre, in uno stato di materia puramente adronico, l’assorbimento dello stato legatocc e favorito anche dall’interazione con pioni e nucleoni; quindi una soppressione anoma-la della J/Ψ in collisioni ione-ione e una chiara indicazione della formazione del QGP.Il grafico a sinistra in Fig. 1.4 riporta questo andamento, misurato sperimentalmenteall’SPS del CERN [1]. Un simile andamento (a destra in Fig. 1.4) e stato anche recente-mente osservato al collisore RHIC (Relativistic Heavy Ion Collider) di Brookhaven [10],di cui parleremo nel successivo paragrafo.

Va infine aggiunto che all’LHC, data la maggiore energia in gioco, sara inoltre possi-bile studiare cosa avviene agli stati legati bb (ossia Υ, Υ

′, etc.).

14 1. La fisica di ALICE

0

0.2

0.4

0.6

0.8

1

1.2

1.4

0 0.5 1 1.5 2 2.5 3 3.5

ε (GeV/fm3)

Mea

sure

d / E

xpec

ted

J/ψ

sup

pres

sion

p - p(d) NA51p - A NA38S - U NA38Pb - Pb 1996Pb - Pb 1996 with Minimum BiasPb - Pb 1998 with Minimum Bias

Figura 1.4: A sinistra, soppressione anomala degli stati J/ψ misurata all’SPS del CERN.E riportato il numero di stati rivelati, normalizzato a quello aspettato, in funzione delladensita di energia. A destra, soppressione anomala degli stati J/ψ misurata al RHIC.

1.4 Prove sperimentali ottenute

La formazione di materia deconfinata non e soltanto una previsione teorica del Mo-dello Standard; ci sono ormai parecchi dati sperimentali ottenuti all’SPS e al RHIC cheportano su questa strada. Ci soffermeremo sui dati del RHIC, il collisionatore di altaenergia costruito nel 2000 a Long Island; le caratteristiche delle collisioni studiate sonole seguenti:

Au+Au p+pMax

√snn 200 GeV 500 GeV

Luminosita (cm−2 s−1) 2× 1026 1.2× 1031

Frequenza di interazione (s−1) 1.4× 103 3× 105

Al RHIC sono stati attivati quattro esperimenti, che hanno portato nuovi elementiper lo studio della collisione ione-ione e dei nuovi stadi della materia a densita elevate.In particolare sono quattro gli aspetti che ci interessa prendere in considerazione:

- flusso ellittico,

- rapporti tra particelle,

1.4 Prove sperimentali ottenute 15

- jet quenching,

- correlazioni tra particelle.

1.4.1 Flusso ellittico

Consideriamo la collisione tra due nuclei: quest’urto puo essere visto come la sovrap-posizione di collisioni indipendenti nucleone+nucleone. La distribuzione delle particelleprodotte e casuale quando c’e simmetria nella regione d’impatto. Nel caso in cui la zonadi collisione abbia una asimmetria di tipo ellittico, la molteplicita degli urti e maggiorelungo il semiasse minore; questo fenomeno e dovuto ad un moto collettivo dei prodottinella direzione del piano orizzontale che si ripercuote sulla distribuzione dei momenti(Fig. 1.5).

Figura 1.5: Esempio di un urto tra nuclei con asimmetria ellittica nella regione d’impattocon conseguente formazione del gradiente di pressione sul piano orizzontale dell’urto.

Il fenomeno viene detto flusso ellittico ed e legato al gradiente di pressione che si formasul piano orizzontale dell’urto, il quale e spiegabile attraverso l’ipotesi che la materia inquella zona formi un fluido fortemente interagente. La centralita dell’urto dipende dalnumero di nucleoni che collidono e dal parametro d’impatto, ed e legata alla distribuzioneangolare (o in impulso trasverso) delle particelle prodotte [11]. L’andamento riscontratoe del tipo:

dn/dφ ∼ 1 + 2v2(pT ) cos(2φ) + . . . (1.7)

16 1. La fisica di ALICE

2v

(GeV/c)tp0 2 4 6

0

0.1

0.2

0.3

-π++π -+h+h0SK-+K+K

pp+ Λ+Λ

STAR DataPHENIX Data

Hydro modelπKpΛ

Figura 1.6: Andamento del coefficiente v2 in funzione dell’impulso trasverso, confrontotra il modello idrodinamico teorico e i dati sperimentali [8].

dove v2(pT ) e un coefficiente dipendente dall’impulso trasverso e dalla centralita dell’urto.

Al RHIC [9] si e misurato sperimentalmente questo coefficente valutandolo a secondadel tipo di particella prodotta e si e confrontato con l’andamento di un modello idrodi-namico ideale a viscosita nulla e temperatura Tc = 165 MeV (Fig. 1.6). Fino a impulsitrasversi di circa 2 GeV/c l’accordo e molto buono, mentre per momenti superiori pro-babilmente dominano i processi duri, ossia coinvolgenti energie maggiori, che provocanouna deviazione dalle previsioni del modello idrodinamico. Per eliminare la dipendenzadal tipo di particelle, si sono “rinormalizzate” le variabili del grafico al numero di quarkpresenti nelle particelle (Fig. 1.7). Graficando quindi il coefficiente v2/n in funzionedi pT /n si e derivato cosı un unico andamento (n e il numero di quark presenti nellaparticella considerata: 2 per i mesoni, 3 per i barioni). Visti i risultati ottenuti [8], sipuo pensare che nella fase di frammentazione gli adroni si formino mediante quark giapresenti che si legano tra loro. Questo fenomeno e detto coalescenza. Al RHIC sarebbequindi stata osservata la formazione e l’evoluzione di uno stato della materia a viscositapraticamente nulla, costituita da un fluido fortemente interagente.

1.4.2 Rapporti di particelle

Per valutare se un sistema, preso in esame, e in equilibrio termico sono importantii rapporti tra le particelle e le antiparticelle prodotte. Il potenziale bariochimco µB

rappresenta l’energia necessaria per la produzione di un barione nel sistema. Fissato un

1.4 Prove sperimentali ottenute 17

0 0.5 1 1.5 2 2.5

0

0.02

0.04

0.06

0.08

0.1 Λ and S0Fit to K

+π+-π p p+

S0 K Λ+Λ

+Ξ+-Ξ

+Ω+-Ω

(GeV/c)q/nTp

q/n 2v

Figura 1.7: Andamento del coefficiente v2 in funzione dell’impulso trasverso, entrambinormalizzati al numero di quark presenti nelle diverse particelle [9].

barione, il rapporto tra il numero di barioni e di antibarioni e ben definito per una datatemperatura ed energia nel centro di massa dell’urto.

Nel caso della formazione e dell’evoluzione del QGP la questione e diversa: nellafase di produzione, il rapporto tra le particelle e le rispettive antiparticelle non e ancorafissato e soltanto quando si verifica la condizione di freeze-out chimico i rapporti sonodefiniti; questa condizione si verifica per T = 177 MeV e µB = 29 MeV. Il grafico inFig. 1.8 mostra il fit con i dati sperimentali ottenuti nei 4 esperimenti del RHIC [7].

Visto l’ottimo accordo sperimentale delle distribuzioni termiche delle particelle, latemperatura del freeze-out chimico e stata definita come la temperatura di adronizzazioneuniversale.

1.4.3 Jet quenching

Un’altra evidenza sperimentale importante per determinare le proprieta del QGP, e iljet quenching , ossia il fenomeno di attenuazione dei getti (jet) di particelle prodotte. Epossibile misurare il jet quenching per valutare la formazione e alcune caratteristiche delmezzo. I segnali ad alto impulso trasverso possono fungere da sonde e soltanto i prodottidella collisione che risentono della formazione del mezzo denso possono perdere energiaper bremsstrahlung. Vediamo un esempio.

Il grafico (Fig. 1.9) riporta i dati ottenuti dall’esperimento PHENIX nella collisionecentrale Au+Au al RHIC. RAA e un parametro che rappresenta il rapporto delle distribu-

18 1. La fisica di ALICER

atio

s

10-2

10-1

1

=130 GeVNNs =200 GeVNNs

STARPHENIXPHOBOSBRAHMS

Model prediction for = 29 MeVbµT = 177 MeV,

Model re-fit with all data = 41 MeVbµT = 176 MeV,

/pp Λ/Λ Ξ/Ξ Ω/Ω +π/-π +/K-K -π/-K -π/p -/h*0K-

/hφ -/hΛ -/hΞ *10-π/Ω /pp +/K-K -π/-K -π/p *50-/hΩ

Figura 1.8: Risultati sperimentali per la misura dei rapporti tra particelle confrontaticon un modello statistico (RHIC).

zioni di impulso tra collisioni Au+Au e p+p, normalizzato al numero totale di collisionipreviste dal modello di Glauber per ogni classe di centralita [4].

RAA =

(d3Ndp3

)AA

NColl

(d3Ndp3

)pp

. (1.8)

Supponendo un mezzo denso e colorato, i fotoni non dovrebbero perdere energia nell’at-traversamento di esso perche non risentono delle sue caratteristiche (Fig. 1.9). I pioni,invece, risentono della proprieta del colore del mezzo e sperimentalmente si e notata unasoppressione di un fattore 4 o 5 nella distribuzione degli impulsi delle particelle adroniche[3].

1.4.4 Correlazioni tra particelle

Un altro importante parametro studiato al RHIC e la correlazione azimutale di dueparticelle dovuta alla formazione di coppie di jet. Consideriamo per esempio lo scatteringdi due protoni: questo produce due jet di particelle che hanno la stessa direzione maversi opposti. La questione e diversa nel caso si formi uno stato di materia molto densonella zona della collisione; cio infatti puo far perdere energia al jet correlato a 180 conla possibilita che non venga rivelato.

Le tracce provenienti dall’urto p+p sono facilmente ricostruibli mentre quelle riguar-danti la collisione ione+ione creano qualche problema perche l’urto ripetuto tra nucleonigenera molte piu particelle e una molteplicita maggiore di tracce.

1.4 Prove sperimentali ottenute 19

)c (GeV/Tp0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20

AA

R

-110

1

10

PHENIX Au+Au (central collisions):

γDirect

Preliminary0π

η

/dy = 1100)g

GLV parton energy loss (dN

PHENIX Au+Au (central collisions):

γDirect

Preliminary0π

η

/dy = 1100)g

GLV parton energy loss (dN

Figura 1.9: Andamento del rapporto RAA per collisioni centrali al RHIC nel caso difotoni e pioni neutri in funzione dell’impulso.

Un modo per selezionare jet di particelle ad alta energia e quello di scegliere unaparticella di trigger, con un impulso trasverso piuttosto elevato, e considerare tutte ledistanze angolari azimutali delle tracce di particelle cariche, con pT superiore ad una certasoglia, rispetto alla traccia di trigger. Tagliando sul pT e possibile ridurre il numero ditracce e fare quindi un’analisi migliore.

Ora consideriamo due urti piuttosto diversi: p+p a√

s = 200 GeV e Au+Au a√snn = 200 GeV (

√snn e l’energia nel sistema del centro di massa per coppia di nucleo-

ni). Nel primo caso si notano molto facilmente entrambe le correlazioni: a piccoli angoli,per le particelle del jet cui appartiene la particella di trigger selezionata, back-to-backper il cosiddetto contro–jet. In particolare, quest’ultima e visibile tramite il picco, piubasso di quello centrale, per distanze angolari di circa π radianti (Fig. 1.10).

L’urto nucleo+nucleo e piu complesso da valutare perche bisogna tenere conto dimolti effetti, in particolare il flusso ellittico; questo porta ad un termine di modulazioneche si aggiunge allo spettro di distanze angolari. Ad ogni modo, cio che si osserva e chenelle collisioni Au+Au il picco corrispondente al contro–jet scompare. L’effetto e dunqueinterpretabile in termini di jet quenching. E stata inoltre sperimentata la collisione dideutoni su nuclei d’oro; in questo caso si osservano le stesse correlazioni che nel casop+p, come previsto se non si presentano ne flusso ellittico ne jet quenching. Il graficoriportato mostra tutte le collisioni trattate finora; i dati sono stati ottenuti da STAR,

20 1. La fisica di ALICE

0

0.1

0.2 d+Au FTPC-Au 0-20%

d+Au min. bias

0

0.1

0.2 p+p min. bias

Au+Au central

1/N

trig

ger dN

/d(∆

φ)

∆φ (radians)0 π/2 π

(a)

(b)

h++h-

Figura 1.10: Correlazioni angolari tra due particelle negli urti d+Au, Au+Au e p+pottenute con l’esperimento STAR al RHIC.

uno dei quattro esperimenti del RHIC [2].Un’altra correlazione, il cui studio verra poi approfondito in questa tesi, e quella tra

particelle con cariche dello stesso segno o di segno opposto. Se consideriamo il segnaleprodotto da particelle dello stesso segno, la correlazione risulta inferiore rispetto al casoprecedente.

Capitolo 2

Il sistema di rivelazione di ALICE

2.1 L’esperimento ALICE

ALICE (A Large Ion Collider Experiment) e un esperimento in programma all’LHC,il nuovo collisionatore in costruzione presso il CERN di Ginevra. ALICE e dedicato allostudio delle collisioni nucleari fra ioni pesanti (Pb+Pb) che avverranno con un’energianel centro di massa di 5.5 TeV per coppia di nucleoni; in particolare verranno studiate levariazioni qualitative e quantitative degli stati finali in funzione della densita di energiadel sistema prodotto nelle collisioni tra ioni. Tale studio sara effettuato attraverso segnalispecifici ottenuti dai rivelatori e informazioni generali sulla dinamica delle collisioni.I rivelatori progettati e i segnali presi in considerazione saranno in grado di fornireinformazioni sulla possibilita di formazione del QGP (§ 1.1).

Tra i segnali accessibili, menzioniamo:

- rapporti di produzione tra particelle adroniche,

- spettri di impulso trasverso (pT ),

- fluttuazioni nelle distribuzioni delle particelle,

- fotoni diretti,

- decadimenti di mesoni vettori in coppie leptoniche,

- decadimenti di mesoni vettori in coppie adroniche (in particolare, φ → K+K−),

- produzione di open charm e open beauty,

- correlazioni tra particelle e jet,

- produzione di quarkonia (cc e bb)

22 2. Il sistema di rivelazione di ALICE

- distribuzione dei momenti trasversi di pioni, kaoni e protoni.

Per molti di questi punti, risulta fondamentale l’identificazione delle particelle (PID), unadelle principali sfide dell’esperimento vista la grande molteplicita di particelle aspettate.

2.2 Il rivelatore di ALICE

ALICE si compone di rivelatori all’avanguardia per lo studio delle particelle prodottenegli urti tra nucleoni (p+p) e ioni pesanti ultrarelativistici (Pb+Pb). Ognuno di questirivelatori ha caratteristiche peculiari, studiate per ottimizzare l’accettanza e l’efficienza(Fig. 2.1). La parte centrale del rivelatore e racchiusa all’interno di un magnete, lo stessodell’esperimento L3 del LEP (Large Electron Positron collider). Il campo generato e uncampo solenoidale debole e uniforme, scelto ad un valore nominale di 0.5 T per ottenereuna buona risoluzione in impulso.

Cominciamo a considerare i rivelatori interni al magnete, partendo da quelli piu vicinialla zona di interazione.

Figura 2.1: Rappresentazione generale del rivelatore di ALICE.

2.2.1 Il sistema di tracciamento interno: ITS

ITS (Inner Tracking System) [12] e il rivelatore piu vicino alla zona di interazioneed e costituito da sei strati cilindrici concentrici posizionati intorno all’asse del fascio di

2.2 Il rivelatore di ALICE 23

rivelatori al silicio. I due strati piu interni sono stati scelti del tipo a pixel, i due seguentia deriva e i due piu esterni a microstrip.

Questo rivelatore ha varie funzioni:

- individuare il verice primario con una risoluzione di 100 µm,

- ricostruire i vertici secondari dei decadimenti delle particelle,

- tracciare ed identificare particelle cariche con basso momento trasverso,

- migliorare la risoluzione in impulso della TPC (§2.2.2) per particelle ad alto impulsotrasverso,

- misurare le tracce cariche nella regione centrale (ossia a piccole rapidita),

- misurare gli impulsi delle particelle a bassa energia ed identificarle mediante la loroperdita di energia dE/dx.

In particolare l’ultima funzione puo essere svolta in relazione alla lettura analogicadei quattro strati piu esterni.

2.2.2 La camera a proiezione temporale: TPC

Il sistema principale di tracciamento, utilizzato ad ALICE, e una camera a proiezionetemporale (Time Projection Chaember, TPC) [13]; la scelta di un apparato di questo tipoe derivata dalla necessita di ottenere una grande efficienza nel tracciamento e nella misuradegli impulsi delle particelle prodotte. Questo rivelatore e il piu grande costruito nel suogenere, ha raggio interno rmin = 85 cm e esterno rmax = 250 cm, per un volume totaledi 88 m3. La TPC ha anche la funzione di identificazione delle particelle tramite la loroperdita di energia dE/dx.

La ricostruzione delle tracce avviene iniziando dai punti piu esterni, i quali sonomeno influenzati dalla presenza di altri segnali. Le tracce ricostruite dalla TPC si ac-coppiano poi con quelle ricostruite dall’ITS. Con questi rivelatori e con questo metododi ricostruzione si ottiene un’efficienza di circa il 93%.

2.2.3 Il rivelatore a radiazione di transizione: TRD

Il rivelatore TRD (Transition Radiation Detector) e posizionato tra la TPC e il TOF(Time of Flight). Esso e diviso in 18 settori rispetto all’angolo azimutale φ, ciascuno deiquali e composto di 5 moduli. Il TRD identifica gli elettroni, permette il riconoscimentodi particelle con impulsi trasversi superiori al GeV/c e migliora la misura del momentoeffettuata dai due rivelatori precedenti.

24 2. Il sistema di rivelazione di ALICE

Questo rivelatore e fondamentale per identificare i mesoni vettoriali pesanti che de-cadono attraverso il canale e+e−, il cui riconoscimento avviene attraverso la misura dellamassa invariante. Il TRD, inoltre, puo essere utilizzato per il trigger di elettroni e adroniad alto impulso, fondamentale per la selezione delle particelle principali (leading) dei jet.

2.2.4 I sistemi di identificazione delle particelle

Il riconoscimento delle particelle con alti impulsi trasversi e attribuita a tre rivelatori:TOF, HMPID, PHOS. Il primo dei tre, di cui si parlera in seguito, misura il tempo divolo delle particelle cariche a basso e medio impulso e si basa su camere a piani paralleliresitivi multigap (MRPC) [19].

L’HMPID [16] e un rivelatore a radiazione Cherenkov per l’identificazione di particellecariche ad alto impulso. Posizionato a circa 4.9 m dalla zona d’interazione, e formatoda sette moduli per una superficie totale attiva di ∼ 10 m2. I fotoni Cherenkov emessial passaggio della particella, vengono rivelati da un contatore di fotoni che sfrutta unsottile strato di CsI posto sul catodo di una multi-wire pad chamber.

I fotoni diretti, con impulso superiore a 2 GeV/c, potrebbero costituire una chiaraprova della formazione del QGP perche la loro molteplicita dovrebbe risultare superiorea quella riscontrata nella materia adronica in condizioni normali. Lo spettrometro difotoni PHOS (PHOton Spectrometer) [17] si occupa di questo rilevamento; con i suoi17000 canali di lettura, copre una superificie di 8 m2. L’elemento attivo per la rivelazio-ne e un cristallo scintillatore, portato alla temperatura di -25 per ottenere un miglioreguadagno di luce. Il fondo di fotoni ottenuti dal decadimento dei pioni neutri e un osta-colo alla rivelazione di quelli diretti. Grazie all’alta granularita del sistema si dovrebberoindividuare soltanto quelli interessanti.

All’interno del magnete vi sono anche altri piccoli rivelatori dedicati alla misura dialcuni importanti parametri dell’urto (come il vertice e il tempo assoluto dell’interazione)e alla rivelazione delle particelle con rapidita relativamente piu elevate.

2.2.5 Lo spettrometro per muoni

All’esterno del magnete sono posti due rivelatori: lo spettrometro per muoni e unaserie di calorimetri (ZDC).

Il primo e dedicato allo studio dei decadimenti leptonici dei mesoni contenenti quarkmassivi. Tale rivelatore e posto in avanti in modo da permettere l’identificazione dimuoni nell’intervallo di pseudorapidita 2.5 ≤ η ≤ 4.0. La rivelzione di queste particellee ottenuta attraverso una grande quantita di materiale assorbitore che riduce il flussodi adroni; solo i muoni con impulso superiore ai 4 GeV/c riescono a raggiungere lospettrometro.

2.3 Il sistema TOF di ALICE 25

Lo ZDC (Zero Degree Calorimeter) [18] e composto da una serie di calorimetri postia zero gradi rispetto all’asse dei fasci che permettono la misura della centralita dell’urto.La definizione della centralita in eventi ione+ione e basata sulla misura del numero dinucleoni spettatori (che non partecipano all’interazione e proseguono quindi la loro corsain avanti). Tale misura e effettuata separatamente per protoni e neutroni, sfruttandol’ottica dell’acceleratore e rivelandone l’energia in due calorimetri a fibre di quarzo.

2.3 Il sistema TOF di ALICE

Il sistema del Time Of Flight (TOF)[14, 15] permette di misurare il tempo in cuiuna particella carica copre una distanza nota. Questo tempo di volo viene impiegato percalcolare la velocita di tale particella; se a questa informazione aggiungiamo la conoscenzadell’impulso, e possibile ricavare la massa della particella e quindi identificarla. Vediamoun caso generale.

Una particella viene identificata quando se ne determinano la carica e la massa. Lamisura di quest’ultima non puo avvenire in maniera diretta ma soltanto attraverso lamisura di due grandezze cinematiche, una delle quali dipendente dalla massa. Negliesperimenti delle alte energie, l’impulso delle particelle si misura attraverso la curvaturadella traiettoria di volo in un campo magnetico noto (TPC).

Per determinare la velocita delle particelle si possono utilizzare vari metodi. I rive-latori Cherenkov, per esempio, misurano l’angolo θ della luce emessa da una paticellarelativistica che attraversa un mezzo opportuno sfruttando la formula:

cos θ =1

βn. (2.1)

La relazione lega l’angolo di emissione della luce (θ), la velocita attraverso il terminerelativistico β = v/c e il coefficiente di rifrazione del mezzo n. Il problema di questometodo e che l’emissione avviene solo per β ≥ 1/n, rendendo impossibile l’identificazioneper le particelle a basso impulso. All’LHC ci si aspetta il 97% di particelle con un impulsoinferiore ai 2 GeV/c, e quindi necessario applicare un altro metodo per determinare lavelocita dei prodotti dell’interazione.

2.3.1 Identificazione con il sistema TOF

Il metodo di PID (Particle IDentification) utilizza la misura del tempo di volo tTOF

(Time Of Flight), lungo una distanza nota L; conoscendo il momento p della particella,e possibile ricavarne la massa attraverso la definizione relativistica di quantita di motoda cui si ricava:

m = p

√(ctTOF

L

)2

− 1. (2.2)

26 2. Il sistema di rivelazione di ALICE

La risoluzione in massa che si puo ottenere e

dm

m=

dp

p+ γ2

(dtTOF

tTOF+

dL

L

)(2.3)

dove γ e il fattore di Lorentz della particella e i vari rapporti sono le precisioni relativedelle misure sperimentali. Supponendo di conoscere la lunghezza della traccia con unarisoluzione dello 0.1% e l’impulso con circa l’1%, l’accuratezza sulla massa e determinatadella risoluzione temporale del rivelatore del tempo di volo. Considerando una particellache impiega circa t = 90 ns per coprire una lunghezza L = 3 m, se si vuole ottenere unarisoluzione sul tempo di volo ∆t/t ∼ 1%, occorre che il rivelatore abbia una precisionedi ∼ 100 ps.

Valutiamo ora il caso in cui due particelle abbiano stessa lunghezza di traccia L,stesso impulso p ma masse diverse m1 e m2. La differenza nel tempo di volo tra esse e

c∆t =L(m2

1 −m22)

2p2. (2.4)

La possibilita di distinguere le due particelle e data dal numero di deviazioni standardche separano i due tempi di volo cioe:

nsd,1−2 =∆t

t=

L

2c

(m21 −m2

2)

p2δt, (2.5)

dove δt e la risoluzione temporale del rivelatore. Attraverso questo metodo e quindipossibile l’identificazione delle particelle che attraversano la zona del TOF. Vediamocome avviene questa analisi.

La Particle IDentification (PID) [23] viene applicata a tutte le tracce abbinate adun segnale proveniente dal rivelatore; questo metodo segue un approccio Bayesiano perrisolvere il problema. Il tempo di volo misurato (tTOF ) viene utilizzato come varia-bile principale, la Gaussiana associata a questa variabile e la funzione di risposta delrivelatore:

gi(tTOF ) ∼ 1

σexp −(tTOF − texp

i )2/2σ2. (2.6)

La funzione di risposta gi (dove il pedice i indica il tipo di particella) dipende da dueparametri: il tempo di volo aspettato (texp

i ) per differenti ipotesi di massa mi e la risolu-zione totale σ. Quest’ultima tiene in considerazione la risoluzione temporale del sistemaTOF e l’incertezza legata alla lunghezza della traccia e al momento ricostruito. Le parti-celle sono ipotizzate essere di cinque tipi: elettroni, muoni, pioni, kaoni e protoni; questesono le particelle che piu frequentemente raggiungono il TOF. Il tempo di volo aspettatoe calcolato durante il tracciamento, sommando ad ogni passo della ricostruzione l’incre-mento del tempo di volo; questo incremento viene valutato considerando localmente la

2.3 Il sistema TOF di ALICE 27

stima del momento della particella durante una variazione della lunghezza del percorsosulla traiettoria.

La probabilita condizonata di una particella si ottiene attraverso il coefficiente gi,pesato pero con coefficienti ottenuti attraverso una stima a priori. Questi coefficientiCi sono previsti, attualmente, attraverso i rapporti di particelle forniti dal simulatoredi collisioni ione+ione HIJING [24], basato sul metodo Monte Carlo. La probabilitacondizionata totale risulta quindi essere:

Pi =Cigi(t

TOF )

Cege(tTOF ) + Cµgµ(tTOF ) + Cπgπ(tTOF ) + CKgK(tTOF ) + Cpgp(tTOF ). (2.7)

L’identita della traccia e attribuita nel caso di piu alta probabilita (Fig. 2.2).

Figura 2.2: Separazione della massa come funzione del momento, ottenuta con il TOFnelle collisioni centrali Pb+Pb.

Il passo successivo e quello di combinare le identificazioni dei vari rivelatori; il pro-blema e la compatibilita dei dati di diversa natura provenienti dai diversi rivelatori. Perlimitare questo problema e necessario che la procedura di PID sia la piu automaticapossibile. Inoltre occorre combinare i vari segnali in relazione alle diverse funzioni didensita di probabilita. Anche in questo caso si segue un approccio Bayesano.

28 2. Il sistema di rivelazione di ALICE

2.3.2 Descrizione generale del rivelatore

Il rivelatore TOF [14, 15] di ALICE e posto ad una distanza di 3.7 m dall’asse delfascio ed e formato da una superifcie cilindrica di 160 m2, che copre completamentel’angolo azimutale. Il sistema e costituito da 90 moduli, divisi in 18 settori dispostiparallelamente alla direzione del fascio. Le dimensioni del rivelatore e dei vari modulisono definite in modo che le zone di giunzione dei moduli siano allineate con le areemorte del sostegno del rivelatore per rendere minimo il disturbo per gli altri apparati.Analizziamo ora le caratteristiche principali del sistema TOF.

2.3.3 I moduli del TOF

I moduli che compongono un settore del sistema sono di tre tipi diversi a secondadella posizione. Essi differiscono per le dimensioni e per il numero di MRPC (MultigapResistive Plate Chamber) contenute. Ogni settore e costituito da due moduli esterni edue intermedi, contenenti 19 MRPC, e da uno centrale con al suo interno 15 MRPC.

Possiamo considerare ogni modulo suddiviso in due parti: quella interna con MRPCe gas, e quella esterna con le schede di elettronica; la separazione tra le due avvieneattraverso una superficie di alluminio/honeycomb su cui sono posti i circuiti stampati.La disposizione delle MRPC all’interno del modulo e fatta in modo da rendere minimele zone morte e mantenere il piano di ogni MRPC quanto piu normale possibile alladirezione d’incidenza delle particelle provenienti dal vertice d’interazione.

Dopo l’assemblaggio di ogni modulo vengono effettuati alcuni test di controllo:

- test sui connettori dell’alta tensione a modulo vuoto,

- test sui cavi che trasportano il segnale dalla MRPC alla scheda di elettronica,

- test di tenuta per verificare che non ci siano perdite di gas,

- test dell’alta tensione con MRPC poste in aria.

Il sistema TOF contiene un volume di gas [20] complessivo pari a 16 m3. I risultati spe-rimentali indicano che il rivelatore puo operare con una mistura di gas non infiammabilecomposta al 90% di freon (C2H2F4), al 5% di isobutano (C4H10) e al 5% di esafluorurodi zolfo (SF6). Il volume di gas necessario non e elavato ma il costo della mistura obbligaa scegliere un sistema di gas a circolazione chiusa.

2.3.4 Elettronica

Abbiamo visto che per ottenere una buona identificazione della particelle e richiestaall’intero sistema una risoluzione temporale non superiore ai 100 ps. Questo implicaun’ottimizzazione della componente elettronica del sistema.

2.3 Il sistema TOF di ALICE 29

L’elettronica di front–end e quella parte del sistema che converte il segnale elettricoproveniente dalle MRPC in un segnale digitale; questa conversione e affidata alle Front–End Analogue cards (FEA) [21, 22]. Durante lo sviluppo dei rivelatori, che sarannoutilizzati nell’esperimento, e stato impiegato un sistema che permette la conversione,accoppiato ad un sistema di misura della carica. Nell’esperimento ALICE verra utilizzatauna soluzione alternativa che limita il consumo in potenza del sistema. Questa soluzionee basata su un chip ultra veloce formato da un amplificatore, un discriminatore con unasoglia di rivelazione e uno stadio di uscita. La larghezza dell’impulso in uscita dipendedalla carica del segnale in uscita.

La seconda componente elettronica del sistema e quella di read–out che permette lalettura dei tempi. Questo sistema e basato sulla separazione temporale tra il segnale ditrigger e quello di provenienza dalla FEA, il tutto messo in relazione al tempo attraversoun contatore sincrono al clock del collisionatore LHC. La componente di read–out delsistema e fisicamente posta all’estremita di ogni modulo.

2.3.5 Le MRPC

I sistemi di rivelazione a gas si basano sulla ionizzazione del gas al passaggio dellaparticella che si vuole rivelare. Quando una particella carica passa attraverso il gas, essaproduce coppie primarie ione–elettrone che, accelerate per effetto del campo elettrico,collidono con altri atomi del gas ed innescano nuovamente la ionizzazione se l’energia esufficiente. E possibile che il fenomeno di ionizzazione proceda in modo da aumentare dimolto la molteplicita di elettroni liberi e innescare continui processi di questo tipo. Intal caso la distribuzione delle cariche prodotte assume la tipica forma della valanga. Seil campo e molto intenso le valanghe inducono altre valanghe, originando uno streamer einfine una scintilla se gli elettroni rendono possibile l’effettiva connessione degli elettrodiche generano il campo elettrico.

Sono stati sviluppati vari tipi di rivelatori che sfruttano questo sistema. Le loroproprieta dipendono dalla geometria dell’apparato e dal campo elettrico presente tra glielettrodi. In particolare, visti i successi sperimentali, le camere piu usate sono quelle apiani paralleli resistivi (Resistive Plate Chamber, RPC).

La ricerca e lo sviluppo di nuove tecniche sperimentali hanno portato ad un’evoluzionedell’unita base del rivelatore, in modo da aumentare il limite del flusso di particelle accet-tabile, diminuire la potenza dissipata e avere una corrente meno intensa nel gas. Tuttocio e reso possibile dall’introduzione di una RPC Multigap [19], denominata (MRPC),in cui la zona tra gli elettrodi e suddivisa in piani intermedi che sono elettricamenteflottanti ed hanno un’alta resistivita in modo da essere trasparenti per segnali velocigenerati dalle valanghe.

L’ultimo passo dell’evoluzione del rivelatore e stata l’introduzione di una MRPCdouble stack, cioe due MRPC costruite simmetricamente rispetto ad un unico elettrodoanodico. In questo modo si possono ottenere ulteriori vantaggi:

30 2. Il sistema di rivelazione di ALICE

- il segnale della particella che attraversa il rivelatore risulta maggiore di un fattoredue rispetto a quella di una MRPC con un solo stack,

- e possibile avvicinare gli elettrodi e ridurre la dimensione dell’impronta della va-langa,

- la tensione applicata alla double stack e ridotta di un fattore due,

- potendo diminuire la tensione applicata, e possibile introdurre piu gap (intercape-dini tra un piano intermedio e l’altro), migliorando la risoluzione temporale.

active area

74 mm

130 mm

A

B

B

C

H

D

E

F

G

I

L

Figura 2.3: Sezione trasversale di una MRPC a doppio stack. (A) pannello di honeycomb;(B) PCB con pad catodiche; (C) viti in plexiglas, sostegni dei fili di nylon, (D) vetriresistivi esterni, (E) vetri interni, (F) gap, (G) PCB centrale con pad catodiche, (H) pinmetallici per il trasporto della tensione dai catodi alla parte centrale, (I) connettori caviflat per il trasporto del segnale alla scheda di front–end.

Nella MRPC double stack gli elettrodi di lettura dei segnali sono segmentati in pad eposti su circuiti stampati (Printed Circuit Board, PCB), ai quali vangono incollati i pianiresistivi in vetro che costituiscono gli elettrodi per l’alta tensione del sistema. Tra essi

2.3 Il sistema TOF di ALICE 31

sono posti dei vetri interni, distanziati da filo di nylon, che formano i gap della MRPC.La rigidita del sistema e assicurata da due pannelli di honeycomb applicati ai due PCBpiu esterni (Fig. 2.3).

Figura 2.4: Foto di una MRPC assemblata.

Ogni MRPC possiede le seguenti caratteristiche:

- un’area attiva di 7.4 × 120 cm2,

- 5 gap di 250 µm per ogni stack, 10 in totale,

- 96 pad di lettura dei segnali,

- 4 piani di vetro esterni con una resisitivita superficiale di 5 MΩ, spessi 550 µm,

- 8 piani di vetro interni spessi 400 µm.

32 2. Il sistema di rivelazione di ALICE

Capitolo 3

Analisi di Fourier delle correlazionitra particelle cariche.

3.1 Metodo di analisi

La correlazione tra particelle e un fenomeno molto importante per lo studio dei pro-dotti di una collisione nucleo+nucleo, perche spesso indice di altri fenomeni relativi allapropagazione delle particelle nel mezzo nucleare. Nei capitoli precedenti, per esempio,abbiamo visto come la rivelazione della mancanza di correlazione back–to–back sia unindice di formazione di uno stato di materia molto denso che attenua il contro–jet.

Il sistema di riferimento piu usato per studiare le correlazioni e quello in cui si conside-rano come variabili indipendenti la pseudorapidita (η) e l’angolo azimutale di produzionedelle particelle (φ).

Il metodo di analisi utilizzato al RHIC e basato sulla correlazione di due particellecariche; questa si applica selezionando particelle che hanno un impulso trasverso piut-tosto elevato. Si considerano poi tutte le particelle con impulso compreso tra quellodella particella di riferimento (trigger) e un certo valore stabilito. Di questi prodotti sivalutano le distanze angolari, che vengono poi graficate sul piano (η, φ) su cui fornisconole informazioni inerenti alle correlazioni. Questo metodo e stato molto importante perisolare i jet correlati in collisioni ione+ione, in cui l’alta molteplicita di tracce rendel’analisi assai difficile.

Il metodo d’analisi utilizzato in questo lavoro di tesi, invece, sfrutta le proprieta delletrasformate di Fourier applicate all’analisi dei jet. I dati utilizzati sono di due tipi: i datirelativi alle collisioni ione+ione sono ottenuti con il generatore HIJING [24], mentre perle collisioni p+p, si e utilizzato PYTHIA [29]. Entrambi i sistemi sono basati sul metododi simulazione Monte Carlo. Per le simulazioni relative all’LHC, le energie consideratesono

√s = 14 TeV per le interazioni p+p e

√snn = 5.5 TeV per Pb+Pb.

Consideriamo un evento con uno o piu jet e valutiamo la distribuzione delle parti-

34 3. Analisi di Fourier delle correlazioni tra particelle cariche.

celle nel piano (η, φ), pesata con il loro impulso trasverso (pT ). Suddividiamo il pianoconsiderato in un certo numero di bin: N1 in η ed N2 in φ. La distribuzione inizialesara formata da jet indipendenti e casuali. Se esistono correlazioni angolari di particellecariche appartenenti allo stesso jet o a jet correlati (per esempio back–to–back) allorail calcolo della trasformata di Fourier della distribuzione nel piano (η, φ) selezionera itermini dello spettro associati alle distanze angolari di correlazione. In particolare, indi-chiamo con k1, k2 (k1 = 1, 2, . . . , N1/2; k2 = 1, 2, . . . , N2/2) gli indici che identificano glielementi dello spettro (Ak1,k2) associati alle armoniche

cos

(2π

λ1

η + θ1k1,k2

)cos

(2π

λ2

φ + θ2k1,k2

), (3.1)

con

λ1 =Lη

k1

, λ2 =Lφ

k2

(3.2)

in cui Lη e Lφ sono le lunghezze degli assi considerati e θk1,k2 e la fase associata allaposizione sul piano. Analizzando quindi tutto lo spettro e pesando con i termini piusignificativi, la funzione che descrive l’evento puo essere scritta come:

f(η, φ) =a0

2+

N1/2,N2/2∑

k1=1,k2=1

Ak1k2 cos

(2πk1

η + θ1k1,k2

)cos

(2πk2

φ + θ2k1,k2

). (3.3)

La fase θ, dovuta alla trasformata, ha introdotto una dipendenza dalla direzione deljet nel piano (η, φ); ogni direzione e equiprobabile, quindi se mediata su molti eventi,porterebbe ad una distribuzione piatta. Possiamo eliminare questa dipendenza ponendotutte le fasi uguali a zero. Vediamo un esempio del nostro metodo applicato ad un singoloevento.

(rad)φ-3 -2 -1 0 1 2 3

η

-1-0.5

00.5

1

)-1

(G

eV/c

rad

ηdφ/d T

dp 0

20

40

60

80

a)

(rad)φ-3 -2 -1 0 1 2 3

η

-1

-0.5

0

0.51

)-1

(G

eV/c

rad

ηdφ/d

Td

p

0

2

4

6

Figura 3.1: Confronto tra segnale in ingresso (a) e segnale trasformato (b) in un singoloevento p + p PYTHIA all’LHC.

3.1 Metodo di analisi 35

Il picco centrale che si ottiene nel segnale trasformato (Fig. 3.1) e dovuto all’azzera-mento delle fasi. Le armoniche associate agli elementi dello spettro sono funzioni pariche, per (η, φ) = 0, raggiungono tutte il loro valore massimo. Andando a sommare ivari contributi in quel punto c’e soltanto interferenza costruttiva che provoca un note-vole aumento del segnale. Per la nostra analisi questo si traduce nell’introduzione diautocorrelazioni per valori di (η, φ) = 0. Negli altri punti, invece, si ha interferenzadistruttiva ottenuta casualmente a seconda delle fluttuazioni casuali dei singoli spettri.L’azzeramento delle fasi introduce quindi un termine costante che si va a sommare adogni termine dello spettro, il cui effetto si nota specialmente nell’aumento del picco (latrasformata di un segnale piatto, infatti, e una funzione delta). Una volta rimosso iltermine costante e possibile analizzare lo spettro per la valutazione della presenza dellecorrelazioni.

L’analisi delle correlazioni angolari e basata sulla valutazione dell’andamento dellospettro Ak1,k2 . Nel caso di correlazioni tra particelle dello stesso jet si nota un caloesponenziale del coefficiente per tutti i termini in ascissa (k1 = kφ). In presenza di corre-lazioni a piccoli angoli e back–to–back invece si hanno due andamenti diversi per terminipari e dispari dello spettro; entrambi hanno andamento decrescente, con la differenzache i termini dispari sono sistematicamente piu bassi. Le Fig. 3.2 e 3.3 ne mostrano unesempio al variare del tipo di collisione considerata.

φk5 10 15 20 25 30

ηk

510

1520

2530

η,k φk

A

0.012

0.014

0.016

0.018

0.02

Figura 3.2: Correlazioni a piccoli angoli in eventi Pb+Pb HIJING all’LHC.

Possiamo quindi riassumere il procedimento di analisi seguito in questo modo: pren-diamo uno o piu eventi qualunque,

36 3. Analisi di Fourier delle correlazioni tra particelle cariche.

φk5 10 15 20 25 30

ηk

510

1520

2530

η,k φk

A

0.0008

0.001

0.0012

Figura 3.3: Correlazioni a piccoli angoli (blu) e back–to–back (rosso) in eventi p+pPYTHIA all’LHC.

- applichiamo la trasformata di Fourier alla distribuzione in impulso trasverso del-l’evento,

- correggiamo lo spettro, rimuovendo il termine costante dovuto alle autocorrelazioniintrodotte per l’annullamento delle fasi,

- applichiamo l’antitrasformata di Fourier per ottenere l’evento ricostruito (Fig. 3.4).

Quest’analisi puo essere applicata anche nel caso in cui ci sia una molteplicita diparticelle molto elevata come ad esempio nelle collisoni ione+ione. E infatti possibileisolare i jet interessanti e selezionare le correlazioni indipendentemente dal contesto dielevata molteplicita del singolo evento. Per i dati ione+ione si nota pero un calo diefficenza per valori di η prossimi all’unita. In Fig. 3.5 e mostrato il confronto tra leproiezioni delle forme dei jet ricostruiti in eventi HIJING, ottenute utilizzando sia lesole informazioni del generatore, sia la successiva simulazione realistica della risposta delrivelatore [27, 28].

L’analisi di Fourier proposta per lo studio delle correlazioni in φ ha alcuni importantivantaggi rispetto all’analisi standard effettuata in termini di ∆φ, in particolare con i datidel RHIC (si veda la Fig. 1.10 e la successiva Fig. 3.6):

- permette la ricostruzione di tutte le correlazioni sia in η che in φ,

- non necessita di una particella di trigger,

3.2 Correlazioni tra particelle cariche dello stesso segno e di segnoopposto 37

(rad)φ-3 -2 -1 0 1 2 3η-1

-0.50

0.51

ηdφ/d

Td

p

0.2

0.4

0.6

0.8

1

1.2

a)

(rad)φ-3 -2 -1 0 1 2 3η

-0.5

0

0.5

ηdφ/d

Td

p

185

190

195

200

205

b)

Figura 3.4: Esempi di jet ricostruiti in eventi prodotti da (a) collisioni p+p e (b)ione+ione all’LHC.

- funziona specialmente per particelle con medio–basso impulso trasverso che sonopiuttosto abbondanti negli eventi ione+ione,

- ogni particella viene valutata una volta sola, il che implica ovviamente una ridu-zione dei tempi dell’analisi.

Si noti che in Fig. 3.5 (e nelle successive) l’origine della scala verticale e traslata inmaniera da permettere la sovrapposizione degli istogrammi. In altre parole, per ogniistogramma viene sottratto un opportuno offset. Si noti anche che la statistica di traccegenerate (113000 per PYTHIA e 86000 per HIJING) e ricostruite (111000 per PYTHIAe 75000 per HIJING) e tale da garantire che le differenze osservate tra i vari istogrammisiano significative poiche l’errore in ogni bin e sempre contenuto entro il 10%. Si notiinoltre che con le simulazioni HIJING utilizzate in questo lavoro, nella Fig. 3.5 e ancorapresente una correlazione back–to–back che nel caso di interazioni centrali ione+ionedovrebbe invece scomparire (si veda la Fig.1.10). Il motivo e che la versione di HIJINGqui utilizzata non contiene ancora un appropriato algoritmo di jet quenching. Comesi vedra dal confronto delle successive Fig. 3.7 (p+p) e 3.8 (Pb+Pb), il contributoback–to–back e solo attenuato ma non soppresso come dovrebbe.

3.2 Correlazioni tra particelle cariche dello stesso

segno e di segno opposto

Vediamo ora un’applicazione della nostra analisi. Il risultato che descriveremo ana-lizza un fenomeno che, come gia detto, e stato riscontrato anche sperimentalmente alRHIC. Consideriamo le correlazioni tra particelle con cariche di segno opposto, che sia-mo in grado di ricostruire e analizzare con il metodo qui descritto. Consideriamo inoltre

38 3. Analisi di Fourier delle correlazioni tra particelle cariche.

(rad)φ-3 -2 -1 0 1 2 3

ηdφ/d

Td

p

0

0.5

1

1.5

2

2.5

3

a)

η-0.8 -0.6 -0.4 -0.2 -0 0.2 0.4 0.6 0.8

ηdφ/d

Td

p

-110

1

b)

Figura 3.5: (a) Correlazioni lungo φ ed η della forma del jet ricostruito in eventi Pb+PbHIJING all’LHC; l’andamento in rosso rappresenta i dati ricostruiti con la simulazionerealistica del rivelatore ALICE, quello in nero le informazioni prese direttamente dalgeneratore. Si noti (b) la distribuzione in η e il calo di efficienza nella ricostruzione aη ∼ 0.8.

tutte le particelle con cariche dello stesso segno e ripetiamo la stessa analisi; sommandoi due contributi ottenuti, considerando indipendentemente cariche positive e negative,ci aspetteremmo le stesse correlazioni che nel caso delle particelle con cariche opposte.L’andamento osservato al RHIC nell’esperimento STAR e mostrato in Fig. 3.6 [26], dovesi nota un calo nelle correlazioni a piccoli angoli per le particelle con cariche uguali; perle correlazioni back–to–back invece l’andamento e lo stesso, a prescindere dalle carichein gioco. Una possibilita per interpretare tale fenomeno e quella del chain–like charge–ordering [30]; questo modello venne formulato per spiegare la dipendenza dalla caricanelle correlazioni tra gli adroni, prodotti dal decadimento della Z0, al LEP [25].

A piccoli angoli (∆φ ' 0), alcune correlazioni per particelle con cariche uguali siperdono perche nella formazione del jet si generano coppie quark–antiquark, virtualie con sapore risultante neutro, che si legano con i costituenti delle particelle del jetinizialmente considerate in modo da formare una sequenza ordinata di particelle carichee corrispettive antiparticelle. Cio e il risultato del fatto che due particelle adiacentidella sequenza condividono ciascuna un elemento della coppia quark–antiquark. E danotare che questo tipo di processo rientra nel modello di adronizzazione dei jet tramitela cosidetta QCD string–fragmentation. Valutando quindi il jet su coppie di particelledi cariche opposte, la distribuzione angolare non si modifica (si veda per confronto laFig. 1.10). Se invece si considerano particelle della stessa carica, poiche tra di esse siinterpongono altre particelle che riducono il numero di prodotti carichi correlati, aumentala loro distanza angolare. Il modello proposto pero non tiene conto della possibilita chele particelle prodotte derivino da risonanze adroniche.

Alla luce dei risultati ottenuti al RHIC, abbiamo ripetuto lo studio delle correlazioni

3.3 Correlazioni e decadimenti 39

0

0.05

0.1central Au+Au, opp. signcentral Au+Au, same signp+p, opp. signp+p, same sign

STAR PRELIMINARY

(radians)φ ∆-3 -2 -1 0 1 2 3

0

0.05

0.1

)φ∆

dN

/d(

Tri

gg

er1/

N

Figura 3.6: Andamento delle correlazioni tra particelle con cariche dello stesso segno o disegno opposto in collisioni centrali Au+Au e in collisioni p+p ottenute nell’esperimentoSTAR al RHIC (

√snn = 200 GeV).

all’energia dell’LHC (√

snn = 5.5 TeV) per vedere se anche il metodo di analisi qui de-scritto e sensibile ad un simile effetto e per cercare di identificare alcuni dei contributiche determinano la correlazione in carica osservata. A tale scopo sono stati nuovamen-te usati i Monte Carlo PYTHIA e HIJING, precedentemente introdotti. In Fig. 3.7 e3.8 possiamo vedere i risultati ottenuti per eventi p+p e ione+ione, dopo la completaricostruzione delle tracce dell’apparato ALICE.

L’andamento riscontrato nelle nostre simulazioni per l’LHC e molto interessante ericalca i risultati del RHIC. Per le correlazioni back–to–back l’accordo tra i casi stessosegno e segno opposto e ragionevolmente buono in entrambi i tipi di interazione (p+pe Pb+Pb); a piccoli angoli, invece, le correlazioni per particelle della stessa carica sononotevolmente ridotte, soprattutto nelle collisioni p+p.

3.3 Correlazioni e decadimenti

Proponiamo un altro sviluppo della nostra analisi, in relazione ai decadimenti dideterminate risonanze adroniche, per valutare come queste influiscano sulle correlazioni.

In eventi p+p, la particella neutra che viene maggiormente prodotta e (dopo il π0) laρ0; il suo canale di decadimento favorito e ρ0 → π+π−, con una probabilita del 99,87%.Poiche questa particella e altamente instabile, il generatore PYTHIA, utilizzato per la

40 3. Analisi di Fourier delle correlazioni tra particelle cariche.

(rad)φ-3 -2 -1 0 1 2 3

ηdφ/d

Td

p

0

0.02

0.04

0.06

0.08

0.1

0.12

Figura 3.7: Correlazioni tra particelle con cariche dello stesso segno (rosso) e di segnoopposto (nero), in eventi p+p ricostruiti all’LHC.

simulazione, spesso la considera solo tramite i suoi prodotti di decadimento, cioe i duepioni carichi. Vi sono anche altre particelle che seguono lo stesso canale di decadimento:η, η

′, ω, ma queste presentano anche altri canali con la stessa probabilita e sono inoltre

meno copiosamente prodotte.Si e quindi pensato di fare alcuni studi per analizzare gli andamenti delle correlazioni

azimutali dei jet in relazione alle particelle ρ0 decadute e per valutare come possanoqueste influenzarli. Per spiegare meglio la procedura utilizziamo la Fig. 3.9.

Consideriamo dapprima tutti i pioni carichi di segno opposto presenti nell’evento,cui corrisponde l’istogramma con tratto di colore nero: essi presentano le correlazionigia esposte. L’istogramma di colore blu rappresenta invece tutti i pioni carichi di se-gno opposto tranne quelli che provengono dal decadimento della particella ρ0. Gia daqueste due distribuzioni si nota un effetto interessante: a piccoli angoli c’e una notevolediminuzione delle correlazioni, mentre le correlazioni back–to–back risentono meno deltaglio imposto. Possiamo quindi dedurre che i prodotti di decadimento della ρ0 tendonoa disporsi a piccole distanze angolari.

Questo si osserva anche in base all’istogramma con tratto verde che rappresenta lecorrelazioni dei pioni carichi di segno opposto ottenuti solo come prodotti di decadimentodella ρ0; da notare infatti una forte diminuzione di correlazioni back–to–back e anche unallargamento della distribuzione a piccoli angoli.

Infine l’istogramma in rosso e stato ottenuto a partire dall’istogramma in blu, con-

3.3 Correlazioni e decadimenti 41

(rad)φ-3 -2 -1 0 1 2 3

ηdφ/d

Td

p

0

1

2

3

4

Figura 3.8: Correlazioni tra particelle con cariche dello stesso segno (rosso) e di segnoopposto (nero), in eventi ione+ione ricostruiti all’LHC.

siderando tutti i pioni con cariche opposte tranne quelli prodotti dal decadimento dellaρ0, ma con l’aggiunta delle ρ0 stesse. In questo modo e possibile valutare le correlazioniintrodotte nel considerare direttamente le particelle primarie come se non decadessero.

Sottraendo l’istogramma in rosso da quello in nero nella Fig. 3.9, si ottiene la distri-buzione della Fig. 3.10 che rappresenta dunque il contributo dei pioni provenienti dai solidecadimenti delle ρ0, senza il contributo di quelli dovuti alla frammentazione. Infatti, adifferenza dell’istogramma in verde in Fig. 3.9, in questa figura non compare piu alcu-na correlazione back–to–back. Da questa si puo capire quale sia il reale contributo deidecadimenti alla correlazione di carica.

La differenza tra l’altezza dei picchi di correlazione a φ ' 0 per particelle con caricheuguali e opposte in Fig. 3.7 e maggiore di circa un fattore dieci rispetto a quella propostain Fig. 3.10; questo fattore e probabilmente dovuto a contributi di decadimento di altreparticelle oltre la ρ0 e a correlazioni di carica ottenute per frammentazione dei jet, comeabbiamo precedentemente esposto.

42 3. Analisi di Fourier delle correlazioni tra particelle cariche.

(rad)φ-3 -2 -1 0 1 2 3

ηdφ/d

Td

p

0

0.01

0.02

0.03

0.04

0.05

0.06±πcorrelazioni tutti

non decadute ρcorrelazioni

ρ esclusi i decadimenti delle ±πcorrelazioni

decaduteρ solo ±πcorrelazioni

Figura 3.9: Correlazioni azimutali di π carichi in p+p all’LHC. I vari casi illustrati sonospiegati nel testo.

(rad)φ-3 -2 -1 0 1 2 3

ηdφ/d

Td

p

0

0.002

0.004

0.006

Figura 3.10: Differenza tra le distribuzioni in nero e in rosso che compaiono nella Fig. 3.9.

Conclusioni

In questo elaborato sono state studiate, tramite simulazioni Monte Carlo, le corre-lazioni in angolo azimutale delle particelle prodotte negli stati finali p+p e Pb+Pb alleenergie dell’LHC.

Il metodo di analisi esposto -basato sulle trasformazioni di Fourier- e stato applicatoa due casi specifici nello studio delle correlazioni azimutali: la dipendenza dalla caricadelle particelle ed il contributo dei decadimenti.

Nel primo caso, i risultati della simulazione sono in buon accordo con i dati speri-mentali ottenuti al RHIC; considerare particelle della stessa carica porta a perdere dellecorrelazioni a piccoli angoli, rispetto al caso in cui si considerino particelle con caricaopposta. Una possibile spiegazione del fenomeno e quella del chain–like charge–orderingnell’ambito dei modelli di frammentazione dei jet adronici della QCD.

Nel secondo caso, viene trattato un esempio di come le particelle instabili, che deca-dono in particelle cariche, contribuiscano alle correlazioni. In particolare, si e sviluppatauna breve analisi per la risonanza adronica ρ0 che decade in due pioni con carica opposta.I prodotti di decadimento della particella tendono a stabilire correlazioni a piccolo ango-lo, quelle back–to–back rimangono ma il loro numero cala sensibilmente. Queste ultimespariscono poi quasi completamente quando si eliminano dai decadimenti gli effetti resi-dui dovuti alla frammentazione. Il decadimento della ρ0 sembrerebbe inoltre contribuiresolo in minima parte alla dipendenza dalla carica precedentemente osservata.

Il metodo di analisi proposto potra essere effettivamente applicato nell’esperimentoALICE allo studio delle correlazioni azimutali nelle collisioni prodotte all’LHC. Comeal RHIC sara possibile utilizzare tale “sonda” per valutare le proprieta del mezzo che siformera nelle interazioni Pb+Pb a densita di energia elevatissime.

Attraverso il sistema di Particle IDentification (PID) di ALICE sara inoltre possibileapplicare il metodo di analisi proposto alle particelle identificate e approfondire quindi lostudio delle correlazioni e dei meccanismi di frammentazione, adronizzazione e quenchinga LHC.

44 3. Analisi di Fourier delle correlazioni tra particelle cariche.

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