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STUDI DANTESCHI FONDATI DA MICHELE BARBI PUBBLICATI DALLA SOCIETÀ DANTESCA ITALIANA VOLUME SETTANTANOVESIMO IN FIRENZE, LE LETTERE – 2014

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STUDI DANTESCHIF O N D A T I D A M I C H E L E B A R B I

P U B B L I C A T I D A L L A S O C I E T Agrave D A N T E S C A I T A L I A N A

V O L U M E S E T T A N T A N O V E S I M O

IN FIRENZE LE LETTERE ndash 2014

SOCIETAgrave DANTESCA ITALIANA

STUDI DANTESCHI

Fondati da Michele Barbi

Serie diretta da Antonio Lanza e Lino Pertile

LXXIX

IN FIRENZE LE LETTERE ndash 2014

IN MEMORIAM

ANNA MARIA CHIAVACCI LEONARDI(22IX1927 ndash 7IV2014)

INDICE

Rodney Lokaj Lrsquoemergenza di unrsquoars dictaminis dantescaLrsquoepistola II 1

Francesca Fontanella Lrsquoimpero romano nel Convivio e nella Monarchia 39

Gino Casagrande laquoArturi regis ambages pulcerrimeraquo (DVE I X 2) 143

Paolo Orvieto Un caso di secolare irrisolta enigmistica dantesca laquoPape Satagraven pape Satagraven alepperaquo (Inf VII 1) 157

Nicola Fosca Il canto XX del Paradiso Giustizia e predestinazione 209

Valter Leonardo Puccetti Una lettura del canto di PierDamiani 267

Franco Suitner Paradiso XXIII 311

NOTE

Paola Allegretti Lista dei refusi di stampa di Fiore 2011 333

Vittorio Bartoli Il tema della resurrezione della carnenella Divina Commedia 335

Daniela Di Pasquale Dante in Portogallo rassegna delletraduzioni (1846-2010) 359

Michele Marchesiello Dante e la legge a proposito di Dante and the Limits of Law di Justin Steinberg 429

MANOSCRITTI DANTESCHI

Marisa Boschi Rotiroti - Federico Sanguineti Il manoscrittoCarapelli 445

RECENSIONI

La Commedia di Dante Alighieri Con il commento di Robert Hollander (R Bruscagli) 451

Nuove prospettive sulla tradizione della laquoCommediaraquoSeconda serie (2008-2013) a cura di Elisabetta Tonelloe Paolo Trovato (M Giola) 467

Notizie della Societagrave Dantesca Italiana per lrsquoanno 2013 477

Indice dei manoscritti 487Indice dei nomi 489

INDICEVI

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIOE NELLA MONARCHIA

Nel Paradiso nel cielo di Mercurio dove si mostrano a Dante leanime laquodrsquoi buoni spirti che sono stati attivi percheacute onore e fama lisuccedaraquo (Par VI 113-14) il poeta incontra lrsquoimperatore Giustinia-no le cui parole occupano in maniera del tutto eccezionale rispettoalla struttura generale della Commedia un intero canto il sesto Alsuo interno troviamo tratteggiata la storia dellrsquoimpero romano rap-presentata come il volo di quellrsquoAquila che dellrsquoimpero era lrsquoinse-gna Questa storia ha il suo punto di partenza nelle origini Troiane(Par VI 2-3 35-36) ripercorre poi alcuni dei principali fatti e pro-tagonisti della Roma arcaica repubblicana e imperiale fino a Tito eda ligrave ldquosaltardquo e si conclude con Carlo Magno (Par VI 94-96) per es-sere seguita cosigrave come era stata introdotta (Par VI 31-33) dalla net-ta condanna di coloro che ora ai tempi di Dante si oppongono aquella stessa Aquila (i laquogigli gialliraquo di Francia del v 100) ma anchedi coloro che se ne appropriano (la parola laquoappropriaraquo ricorre sia alv 33 che al v 101) ovvero i Ghibellini che riducono lrsquoinsegna del-lrsquoimpero universale a quella di una ldquoparterdquo (Par VI 33 101-104)

Ho richiamato alla memoria questi ben noti versi per osservarein via preliminare che per noi parlare dellrsquoimpero romano in Dan-te significa rintracciare nella sua opera la presenza di una realtagrave po-litica che allrsquoepoca in cui il poeta visse era giagrave da tempo conclusa Perla concezione dellrsquoautore invece lrsquoimpero romano non era un fattodel passato che poteva al massimo fornire un modello per il presen-te ma una realtagrave storica viva che aveva avuto inizio in un lontano enobile passato1 Per questo lrsquoantica storia di Roma non egrave mai com-

1 I presupposti di tale concezione sono riconducibili allrsquointerpretazione dellrsquoin-

pletamente separabile in Dante dalla problematica del suo tempocirca il ruolo dellrsquoimpero in quel contesto politico e religioso

Questa osservazione implica unrsquoaltra precisazione affrontarequesta problematica estremamente complessa per la sofferta pro-fonditagrave del pensiero dantesco mai riconducibile a un sistema e perlrsquoimmensa bibliografia di esperti dantisti quale io non sono che sudi essa si sono cimentati laquomi fa tremar le vene e i polsiraquo Vorrei per-tanto delimitare lrsquooggetto di questo studio tentando di individuarenel Convivio e nella Monarchia (ma facendo anche eventuale riferi-mento ai passi delle Epistolae di ldquoargomento politicordquo che in parteripropongono alcune tematiche dei trattati) lrsquoatteggiamento e il giu-dizio di Dante rispetto alla storia dellrsquoantico impero romano e ad al-cune sue caratteristiche ben individuabili quali lo vedremo la vir-tugrave dei suoi ldquofondatorirdquo e il fatto di aver instaurato una pace ecume-nica garantita da un potere imperiale che trovava il suo fondamen-to e allo stesso tempo il suo limite nel diritto

1 Il Convivio

11 laquoE questo officio per eccellenza imperio egrave chiamatoraquo (Conv IV IV 7)

La prima opera in cui Dante si occupa specificatamente dellrsquoan-tico impero romano egrave il Convivio (composto probabilmente neglianni fra il 1304 e il 1307)2 nel IV trattato dedicato alla definizione

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coronazione di Carlo Magno a Roma nellrsquo800 come una translatio dellrsquoantico imperoromano a Graecis (cioegrave da Costantinopoli) ad Francos interpretazione che troviamoattestata esplicitamente per la prima volta circa 50 anni dopo questo evento nella Vi-ta Willehadi cfr W GOEZ Translatio Imperii Tuumlbingen JCB Mohr (Paul Siebeck)1958 p 73

2 Le canzoni risalgono perograve agli anni fiorentini successivi alla Vita Nova tran-ne Doglia mi reca coeva alla prosa che fu composta tra il 1304 e il 1307 (secondo Pe-trocchi G PETROCCHI Vita di Dante Roma-Bari Laterza 19862 pp 102-103) otra il 1303 e il 1308 (secondo la Corti 1303-1304 i primi tre trattati 1306-1308 ilquarto M CORTI La felicitagrave mentale Nuove prospettive per Cavalcanti e Dante To-rino Einaudi 1983 pp 142-44 ora in EAD Scritti su Cavalcanti e Dante La felici-tagrave mentale Percorsi dellrsquoinvenzione e altri saggi Torino Einaudi 2003 pp 163-64)

della laquogentilezzaraquo (ovvero della nobiltagrave)3 Nel III capitolo si contestaa Federico II di Svevia la definizione di laquogentilezzaraquo come laquoanticaricchezza e belli costumiraquo (Conv IV III 6) Il detto che qui egrave attri-buito allrsquoImperatore ma che si trovava giagrave nella Politica4 di Aristo-tele (come lo stesso Dante indicheragrave poi nella Monarchia)5 si era lar-gamente diffuso privo dellrsquoultima parte nobiltagrave cioegrave veniva a equi-valere solo ad antica ricchezza Dato che la contestazione di questadefinizione6 sembra mettere in dubbio lrsquoautoritagrave imperiale che lrsquoave-

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Colla datazione Petrocchi ma limitandola al 1306 concorda M SANTAGATA Dan-te Il romanzo della sua vita Milano Mondadori 2012 pp 175-77 che localizza ta-le composizione a Bologna La scrittura del Convivio fu probabilmente interrottaper lrsquoimpegno della redazione dellrsquoInferno e per il rinnovato imporsi dellrsquoattivitagrave po-litica a cui lo scrittore fu sollecitato dallrsquoannunciata elezione di Arrigo VII a impe-ratore (1308)

3 Giagrave al v 16 della Canzone posta in apertura al trattato Le dolci rime drsquoamor chrsquoirsquosolia Il testo del Convivio e della Monarchia qui e nei passi successivamente citati egravetratto dal sito della Societagrave Dantesca Italiana (httpwwwdanteonlineit) che utiliz-za il testo dellrsquoEdizione Nazionale a cura della Societagrave Dantesca Italiana DANTE ALI-GHIERI Convivio a cura di F BRAMBILLA AGENO Firenze Le Lettere 1995

4 Pol IV 1294a Per quanto riguarda le traduzioni di Aristotele utilizzate da Dan-te vd infra

5Mon II III 3-4 dove Dante per dimostrare che laquoromanus populus de iure nonusurpando Monarche offitium quod lsquoImperiumrsquo dicitur sibi super mortales omnesascivitraquo (Mon II III 1) si fonda su questo sillogismo laquonobilissimo populo convenitomnibus aliis preferri romanus populus fuit nobilissimus ergo convenit ei omnibusaliis preferriraquo (Mon II III 2) Qui a differenza del Convivio Dante accoglie la defini-zione aristotelica di nobiltagrave come laquovirtugrave e antica ricchezzaraquo anche se vi accosta quel-la di Giovenale laquoEst enim nobilitas virtus et divitie antique iuxta Phylosophum in Po-liticis et iuxta Iuvenalem nobilitas animi sola est atque unica virtus Que due sen-tentie ad duas nobilitates dantur propriam scilicet et maiorumraquo (Mon II III 4 cfrIuv Sat VIII 20 laquo[hellip] nobilitas sola est atque unica virtusraquo) Dimostra quindi attra-verso la storia di Enea e dei suoi antenati che i Romani ebbero in grado massimo lavirtugrave che nobilita non soltanto la propria ma anche quella degli avi laquoHiis itaque adevidentiam subassumpte prenotatis cui non satis persuasum est romani populi pa-trem et per consequens ipsum populum nobilissimum fuisse sub celo Aut quem inillo duplici concursu sanguinis a qualibet mundi parte in unum virum predestinatiodivina latebitraquo (Mon II III 17)

6 Per cui cfr anche Conv IV XX 7-8 dove Dante rimanda alla celebre canzone diGuido Guinizzelli Al cor gentil ripara sempre Amore e Vita Nova 11 3 Amore e rsquol corgentil sono una cosa

va proferita7 Dante sente la necessitagrave di ribadirne il valore Il IV ca-pitolo inizia quindi dimostrando la necessitagrave naturale dellrsquoimperocome istituzione politica (fino al par 7) per poi passare a dimostra-re la ragione della sua attuazione storica (IV IV 8-14 V) in quellrsquoim-pero romano di cui Federico II era stato indicato nel capitolo pre-cedente come lrsquoultimo imperadore (Conv IV III 6)8

laquoLo fondamento radicale de la imperiale maiestaderaquo egrave indivi-duato nel Convivio nella laquonecessitagrave de la umana civilitade che a unofine egrave ordinata cioegrave a vita feliceraquo9 In cosa consista questa laquovita fe-liceraquo Dante in questo passo non lo esplicita ma egrave evidente e vi ac-cenno soltanto che tale affermazione non puograve essere letta in modoavulso dalla tematica di origine aristotelica riguardante la felicitagravecome compimento del desiderio naturale di sapere insito nellrsquouomotematica che attraversa tutto il Convivio fin dal suo incipit10 e che

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7 E anche lrsquoautoritagrave di Aristotele questrsquoultima non per la sentenza in seacute nel Con-vivio attribuita esclusivamente a Federico II ma percheacute il filosofo aveva detto che ciograveche pare alla maggioranza egrave impossibile che sia del tutto falso Dante in realtagrave comespesso succede sembra qui seguire piugrave TOMMASO DrsquoAQUINO (Exp Eth VII lect XIII

12 laquoIllud enim in quod omnes vel plures consentiunt non potest esse omninofalsumraquo) che il testo di Aristotele oggetto del commento di Tommaso (Eth VII1153b)

8 laquoFederigo di Soave ultimo imperadore de li Romani ndash ultimo dico per rispettoal tempo presente non ostante che Ridolfo e Andolfo e Alberto poi eletti siano apres-so la sua morte e delli suoi discendentiraquo (Conv IV III 6) Federico II muore nel 1250neacute Rodolfo di Asburgo eletto re dei Romani nel 1273 neacute Adolfo di Nassau eletto nel1291 neacute Alberto I drsquoAsburgo eletto nel 1298 erano mai stati incoronati imperatorianche se a questrsquoultimo che non era perograve mai sceso in Italia il titolo era stato rico-nosciuto da Bonifacio VIII nellrsquoestate del 1303 Dante non parla qui di Enrico VII diLussemburgo eletto re di Germania e designato imperatore a Francoforte nel 1308consacrato ad Aquisgrana nel 1309 Il che costituirebbe un termine ante quem di com-posizione del Convivio

9 Cfr ARISTOTELE Eth I 1099b con il commento di Tommaso drsquoAquino (ExpEth I lect XIV 10 laquoPosuimus enim ibi quod optimum humanorum bonorum scilicetfelicitas sit finis politicae cuius finis manifeste est operatio secundum virtutemraquo) maDante potrebbe far anche riferimento a quel passo della Politica (I 1252b) doveAristotele afferma che la polis egrave sigrave nata in funzione del vivere ma laquoin realtagrave esiste perrendere possibile una vita felice (eu zen)raquo (la traduzione italiana della Politica diAristotele qui e per i passi seguenti egrave quella di R LAURENTI in ARISTOTELE OpereRoma-Bari Laterza 1973 vol IV)

10 Conv I I 1 laquoSigrave come dice lo Filosofo nel principio della Prima Filosofia tutti

nella Monarchia saragrave piugrave esplicitamente posta in connessione collafunzione dellrsquoImpero11 In questo capitolo comunque Dante osser-va soltanto che nessuno puograve giungere da solo a tale fine e perciograve laquodi-ce lo Filosofo ndash scil Aristotele ndash che lrsquouomo naturalmente egrave compa-gnevole animaleraquo (Conv IV IV 1) Egrave immediato riconoscere in que-ste parole la volgarizzazione della celeberrima definizione del-lrsquoἄνθρωος ϕύσει ολιτικὸν ζῷον che troviamo nella Politica (I1253a) di Aristotele che a partire dalla laquoetagrave di Tommaso drsquoAquino[hellip] veicolava lrsquoidea della naturalitagrave dello stato nel senso che la so-cietagrave umana organizzata egrave il prodotto di un ldquoistinto naturalerdquo con-

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li uomini naturalmente desiderano di sapere La ragione di che puote essere [ed] egrave checiascuna cosa da providenza di prima natura impinta egrave inclinabile alla sua propiaperfezione onde acciograve che la scienza egrave ultima perfezione della nostra anima nellaquale sta la nostra ultima felicitade tutti naturalmente al suo desiderio semo subiet-tiraquo Cfr ARISTOTELEMetaph I 980a Ma in questo IV trattato in cui come vedremola filosofia egrave per Dante innanzitutto etica puograve darsi che in effetti seguendo i passi diAristotele e di Tommaso a cui abbiamo rimandato nella nota precedente lrsquoAlighieriabbia in mente che quella felicitas che egrave il fine specifico della politica sia innanzitut-to il vivere secondo virtugrave vd infra nn 62 e 64

11 Specialmente Mon I III (e poi tutto il I libro) e III XV 7-16 sui quali vd infraSullrsquoargomento complesso e ampiamente discusso (specialmente e mi si perdoni lasemplificazione per quanto riguarda il triplice problema se in Dante il desiderio ldquona-turalerdquo di conoscere implichi o meno anche il desiderio di conoscere il ldquosoprannatu-ralerdquo e quindi se il compimento di tale desiderio che poi egrave la felicitagrave possa o non pos-sa essere raggiunto tramite la ragione umana e come ciograve possa attuarsi o meno nel-lrsquoambito della vita terrena) oltre agli ormai classici studi di Nardi (B NARDIDal ldquoCon-viviordquo alla ldquoCommediardquo (Sei saggi danteschi) con premessa alla ristampa di O CAPITA-NI Roma nella sede dellrsquoIstituto Palazzo Borromini Istituto storico italiano per il Me-dio Evo 1992 (ristampa anastatica dellrsquoedizione Roma 1960) ID Saggi di filosofia dan-tesca Milano La Nuova Italia 19672) Gilson (E GILSON Dante et la philosophie Pa-ris Librairie Philosophique J Vrin 1939 trad it Dante e la filosofia Milano Jaca Bo-ok 1987) e Corti (CORTI La felicitagrave mentale cit) segnalo per unrsquoequilibrata e utilemessa a punto il piugrave recente saggio di P PORRO Tra il ldquoConviviordquo e la ldquoCommediardquoDante e il laquoforte dubitareraquo intorno al desiderio naturale di conoscere le sostanze separa-te in 1308 Eine Topographie historischer Gleichzeitigkeit a cura di A Speer e D Wir-mer Berlin-New York W de Gruyter 2010 (laquoMiscellanea Mediaevaliaraquo 35) pp 629-60 e il volume di P FALZONE Desiderio della scienza e desiderio di Dio nel Convivio diDante Bologna il Mulino 2010 specialmente pp 101-248 che offre un ricco reper-torio di testi medievali editi e inediti a testimonianza dellrsquoambito intellettuale e del di-battito nel quale si collocano le problematiche dantesche

genito cioegrave allrsquoessere uominiraquo12 Dante puograve aver attinto questa defi-nizione o direttamente dalla Politica nella traduzione latina di Gu-glielmo di Moerbeke13 eo attraverso le citazioni presenti nei com-menti di Tommaso a varie opere aristoteliche14 o ancora in altri trat-tati politici di poco precedenti la stesura del Convivio come ilDe re-gimine principum (scritto per quanto riguarda il I libro e i primi ca-pitoli del II dallo stesso Tommaso tra il 1265 e i primi anni rsquo70 delDuecento proseguito poi fino al IV libro da Tolomeo di Lucca do-po lrsquoanno 1300)15 o il trattato omonimo di Egidio Romano16

Questa varietagrave di precedenti a cui si puograve riconnettere il passodantesco induce subito una precisazione per quanto riguarda il Con-vivio dobbiamo senzrsquoaltro parlare non tanto di laquofontiraquo quanto dilaquoautoriraquo e di laquotradizioniraquo in esso confluite17 Se infatti quasi ognipasso del trattato riecheggia pensieri o immagini giagrave presenti in ope-

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12 Cfr A GHISALBERTI Roma antica nel pensiero politico da Tommaso drsquoAquinoa Dante in Roma antica nel Medioevo Mito rappresentazioni sopravvivenze nella ldquoRe-spublica Christianardquo Milano Vita e Pensiero 2001 pp 347-64 p 348 Ma vd infran 22

13 Pol I 1253a laquoEx iis igitur manifestum quod eorum quae natura civitas est etquod homo natura civile animal estraquo Cfr anche ARISTOTELE Pol III 1278b Eth I1097b IX 1169b

14 Exp Eth I lect I 4 laquoSciendum est autem quod quia homo naturaliter est animalsociale utpote qui indiget ad suam vitam multis quae sibi ipse solus praeparare nonpotest consequens est quod homo naturaliter sit pars alicuius multitudinis per quampraestetur sibi auxilium ad bene vivendumraquo Exp Pol I lect I 26 laquoConcludit ergoprimo ex praemissis quod civitas est eorum quae sunt secundum naturam Et cumcivitas non sit nisi congregatio hominum sequitur quod homo sit animal naturalitercivileraquo

15 De regimine principum I I laquoNaturale autem est homini ut sit animal sociale etpoliticum in multitudine vivens magis etiam quam omnia alia animalia quod quidemnaturalis necessitas declaratraquo

16 Lrsquoaggettivo compagnevole ricorre nel volgarizzamento (conosciuto da Dantepercheacute citato al cap XXIV sempre del IV trattato del Convivio) del De regimineprincipum di Egidio Romano libro II part I cap I EGIDIO ROMANO Del reggimentodersquo principi trascritto nel MCCLXXXVIII pubblicato per cura di F CORAZZINIFirenze 1858 p 127 dove lrsquoautore laquoinsegna che lrsquouomo die naturalmente vivere incompagniaraquo rifacendosi esplicitamente ad Aristotele

17 Cfr C VASOLI Introduzione in DANTE ALIGHIERI Opere Minori vol II t Ia cura di C VASOLI e D DE ROBERTIS Milano-Napoli Ricciardi-Mondadori 1995 ppLXIV-LXXX

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18 Conv II XII 7 egrave il periodo che segue la morte di Beatrice avvenuta nel 1290e la composizione della Vita Nova (1292-1293) e in cui Dante si ldquoinnamorardquo delladonna gentile ovvero della filosofia Conv II XV 12

19 VASOLI Introduzione cit p LXVI20 G PASCOLI Lrsquoaquilone in Primi Poemetti vv 1-2

re del mondo classico e medievale talvolta come in questo casoesplicitamente indicate dallrsquoAlighieri per la maggioranza di questipassi risulta perograve difficile individuare citazioni testuali che permet-tano di risalire ad una fonte precisa Egrave evidente che durante il diffi-cile periodo dellrsquoesilio doveva essere stata possibile allrsquoAlighieri laconsultazione diretta di solo pochi volumi il suo sapere saragrave cosigrave ri-corso spesso alla memoria di libri letti ma probabilmente anche diquelle laquodisputazioni de li filosofantiraquo a cui assistette per laquopiccioltempo forse di trenta mesiraquo come ricorda proprio nel Convivio18Inoltre allrsquoepoca circolavano excerpta e raccolte di sententiae in-somma laquoquel materiale lsquodi seconda manorsquo prodotto proprio perlrsquoutilitagrave dei lsquomagistrirsquo e dei lsquodoctoresrsquo che sappiamo diffuso anche inambienti laici e che nondimeno proprio per la sua genericitagrave e so-miglianza rende difficile unrsquoindividuazione direttaraquo19 Senza conta-re ancora che nel Convivio ogni fonte filosofica teologica o scien-tifica veniva resa in volgare subendo con inevitabili trasformazionialmeno un passaggio (dal latino al volgare) se non due (dal greco allatino dal latino al volgare) o addirittura tre (dal greco allrsquoarabodallrsquoarabo al latino e infine al volgare) Tutto ciograve fa parte delle ca-ratteristiche della cultura del tempo ed egrave senzrsquoaltro da tener pre-sente Resta il fatto che queste caratteristiche non possono a mio av-viso essere considerate come mere circostanze materiali che da soleavrebbero determinato un certo modo di usare gli auctores da partedi Dante O meglio sono insieme causa ma anche conseguenza di unatteggiamento culturale a cui non interessa storicizzare ciograve che latradizione offre quanto piuttosto immedesimarsi positivamente conessa per elaborare un pensiero originale in cui si avverta laquoqualcosadi nuovo [hellip] anzi di anticoraquo20 Voglio dire che lrsquoantico egrave ricono-sciuto accettato e quindi riformulato nel presente per risponderealle esigenze del presente (il che puograve implicare anche lrsquouso di stru-menti nuovi come la lingua volgare) Ritorna ciograve che avevamo os-servato allrsquoinizio lrsquoimpero romano (antico per noi) egrave per Dante una

realtagrave attuale cosigrave come egrave attuale la veritagrave filosofica laquolrsquouomo natu-ralmente egrave compagnevole animaleraquo veritagrave che Dante esprime e usain un contesto che non egrave quello di Aristotele e nemmeno quello diTommaso o di Egidio Romano ma che serve ad affrontare comevedremo un problema particolarmente cruciale per lrsquoautore e cioegraveproprio la validitagrave dellrsquoimpero E cosigrave lrsquoantico diventa nuovo21

Ma torniamo al nostro passo del Convivio la tradizione aristo-telica comunque e dovunque recepita influisce evidentemente an-che nellrsquoindividuare lo sviluppo della comunitagrave umana attraverso ilformarsi prima della famiglia quindi della laquovicinanzaraquo (κώμη nellaPolitica e vicus nella traduzione latina) e poi della cittagrave laquoche convie-ne a satisfacimentoraquo laquoperograve che una vicinanza [a] seacute non puograve in tut-to satisfareraquo (Conv IV IV 2) Fin qui sentiamo riecheggiare piugrave pre-cisamente il secondo capitolo del primo libro della Politica di Ari-stotele (I 1252a-b)22 ma poi Dante afferma che percheacute le cittagrave viva-

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21 Cfr O CAPITANI Mondo della storia e senso della storia in Dante in Chiose mi-nime dantesche Bologna Patron 1983 pp 115-34 in particolare p 119 laquoproprioquella sconcertante ndash per noi ndash assenza di misura storica egrave il segreto della valutazio-ne dantesca di tutto il mondo dellrsquoumanitagrave che per noi egrave appunto storia ma per luiegrave ancora [hellip] solo umanitagraveraquo e le conclusioni a pp 133-34 laquoCerto cosigrave la storia uma-na non ha la sua autonomia certo cosigrave ogni approccio di tipo storicistico ndash e intendodi ogni storicismo ndash non puograve che far registrare un bilancio negativo o per lo meno in-soddisfacente Mi chiedo perograve per la perenne attualitagrave che Dante conserva per gli uo-mini se per noi oggi un approccio storicistico e cioegrave autogiustificativo dellrsquoaccadi-mento sia avendo gli occhi alle cose nostre presenti o anche passate liberatorio co-me dobbiamo immaginare fosse per Dante la condanna morale la ricostruzione ditutto il processo della storia umana nel travaglio dottrinale e nellrsquoelaborazione fanta-stica Egrave un invito alla meditazione di tutti egrave soprattutto un invito agli storici che nonlo siano ancora a mettersi in crisiraquo

22 Non mi pare quindi che per quanto riguarda questi capitoli del IV trattato delConvivio si possa negare la fedeltagrave di Dante al principio aristotelico e poi tomisticodella necessitagrave naturale degli uomini ad associarsi in formazioni politiche (e uso que-sta perifrasi per evitare la parola ldquostatordquo) Mentre il Nardi aveva voluto dimostrareche Dante distinguendosi da Tommaso e seguendo invece Agostino laquopur acco-gliendo il procedimento dimostrativo della politica aristotelicaraquo avrebbe inteso lrsquoor-ganizzazione politica come laquouna dolorosa necessitagrave risultante dallrsquointrinseca corru-zione attuale della natura umana un triste retaggio del peccatoraquo (Saggi di filosofiadantesca cit pp 227-28) Questa interpretazione si fondava perograve non tanto sul testodel Convivio quanto sui passi del Purgatorio e del Paradiso nei quali Dante tratta delpeccato originale e del Paradiso Terrestre (pp 225-26) Nel passo che stiamo analiz-

no in pace egrave necessario il regno (che nel passo della Politica fin quiseguito egrave invece solo uno dei regimi della όλις e anche il meno evo-luto) e che dato che lrsquoanimo umano mai sazio di potere desiderasempre acquistare gloria e da ciograve nascono laquodiscordie e guerre [hellip]intra regno e regnoraquo (Conv IV IV 3) si rende necessaria la laquoMonar-chia cioegrave uno solo principato e uno prenciperaquo che laquotutto posse-dendo e piugrave desiderare non possendo li regi tegna contenti nelli ter-mini delli regni sigrave che pace intra loro sia nella quale si posino le cit-tadi e in questa posa le vicinanze srsquoamino [e] in questo amore lecase prendano ogni loro bisogno lo qual preso lrsquouomo viva felice-mente che egrave quello per che esso egrave natoraquo (Conv IV IV 4) La neces-

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zando invece si parla solo di quel particolare lsquopeccatorsquo che consiste nel desiderio dilaquogloria drsquoacquistareraquo che si introduce solo successivamente al formarsi della societasumana e che suscita le guerre fra i regni questa laquoesperienzaraquo rende evidente la neces-sitagrave della Monarchia ovvero di quel comando di uno solo che di nuovo egrave la naturastessa a imporre laquoquando piugrave cose ad uno fine sono ordinateraquo vd infra nel testo e no-ta seguente Quanto qui affermato puograve sembrare contraddetto allrsquointerno dello stessoConvivio lagrave dove si sostiene che lrsquoautoritagrave filosofica ha bisogno di quella imperiale per-cheacute laquoquesta sanza quella egrave quasi debile non per seacute ma per la disordinanza della gen-teraquo (Mon IV VI 17) e lagrave dove si sostiene il ruolo dellrsquoimperatore come garante del di-ritto in quanto laquoequitade per due cagioni si puograve perdere o per non sapere quale essasi sia o per non volere quella seguitareraquo e pertanto laquotrovata fu la ragione scritta e permostrarla e per comandarlaraquo (Mon IV IX 8-9) Certo sia in questi passi sia ancor piugravein Mon III IV 14 se non lrsquoassociarsi umano sicuramente la funzione dellrsquoimperatore(ma a dire il vero nella Monarchia anche quella del Papa) sono viste come laquoremediacontra infirmitatem peccatiraquo di cui non ci sarebbe bisogno laquosi homo stetisset in statuinnocentie in quo a Deo factus estraquo e proprio alla fine del III libro della Monarchia siconclude che lrsquohumana cupiditas distoglierebbe dal retto cammino laquonisi homines tan-quam equi sua bestialitate vagantes ldquoin camo et frenordquo compescerentur in viaraquo (MonIII XVI 9) per cui credo si possa ragionevolmente affermare che per Dante laquolo stato na-sce tra gli uomini non soltanto percheacute crsquoegrave bisogno di una guida e di un freno alle lu-singhe del peccato neacute come unico esito della naturale socievolezza umana ma per en-trambe queste ragioni fuse insieme nella sua esistenzaraquo GC GARFAGNINI Monar-chia manifesto di libertagrave e responsabilitagrave civile in laquoStudi Danteschiraquo LXXV 2010 pp13-23 18-19 Cosigrave giagrave CT DAVIS Dante and the Empire in The Cambridge Companionto Dante a cura di R Jacoff Cambridge Cambridge University Press 1993 pp 67-79 p 70 Vede invece laquoun conflitto radicalmente inconciliabileraquo fra la posizione espres-sa nel IV trattato del Convivio (ma anche in Mon I III per cui vd infra) e quella negliultimi capitoli del III libro della Monarchia G SASSO Dante lrsquoimperatore e Aristote-le Roma nella Sede dellrsquoIstituto Palazzo Borromini 2002 pp 308-12

sitagrave di unrsquoistituzione siffatta egrave evidentemente e totalmente estraneaal pensiero di Aristotele che perograve Dante non esita a richiamare an-cora una volta laquoE a queste ragioni si possono reducere parole del Fi-losofo chrsquoelli nella Politica dice che quando piugrave cose ad uno finesono ordinate una di quelle conviene essere regolante o vero reg-gente e tutte lrsquoaltre rette e regolateraquo (Conv IV IV 5)23 Egrave ciograve che ef-fettivamente afferma Aristotele sempre nel I libro della Politica (I1254a) in un passo in cui occupandosi dellrsquoamministrazione fami-liare come prima componente della polis e giustificando in essa lrsquousodi quegli ldquooggetti animatirdquo che sono gli schiavi espone questo prin-cipio filosofico generale laquoin tutte le cose che risultano di una plu-ralitagrave di parti e formano unrsquounica entitagrave comune [hellip] si vede co-mandante e comandato questo viene nelle creature animate dallanatura nella sua totalitagraveraquo24 ma di nuovo considerando gli esempiche nel Convivio seguono questo assunto (sempre in Conv IV IV 5e poi Conv IV IV 6) Dante puograve aver avuto presente oltre che un al-tro passo della stessa Politica (III 1276b) anche la Metaphysica (XII1075a-1076a) e il relativo commento di Tommaso (Sententia libriMetaphisicae XII lect XII 8) e forse ancor piugrave il Proemio dellrsquoAqui-nate a questo stesso commento laquoSicut docet philosophus in politicissuis quando aliqua plura ordinantur ad unum oportet unum eorumesse regulans sive regens et alia regulata sive rectaraquo25

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23 laquoA causa di questo desiderio che rovesciando in seacute stesso la positivitagrave di quel-lo da cui il processo ascendente aveva preso il suo avvio produce ldquodiscordie e guer-rerdquo il cammino dellrsquouomo nella direzione della felicitagrave risulta interrotto e in realtagrave su-bisce una radicale inversione Verso il contrario della felicitagrave infatti la nave dellrsquouma-nitagrave correrebbe se la ragione stessa che opera nellrsquointerno delle cose non provve-desse alla drastica correzione della sua rottaraquo SASSO Dante lrsquoimperatore e Aristote-le cit pp 15-16

24 A questo stesso passo Dante rimanda anche in Mon I V 3 (vd infra) Il passoaristotelico si trova allrsquointerno dellrsquoargomentazione volta a sostenere che la differen-za fra schiavo e libero egrave posta dalla natura stessa nellrsquointeresse di entrambi (Pol I1253b-1255b) A questa stessa argomentazione attinge Cicerone nel III libro del De re-publica (De rep III 36) per sostenere la legittimitagrave dellrsquoimpero romano in quanto go-verno dei migliori esercitato per il bene stesso dei popoli sottomessi e anche lo stes-so Dante in Mon II VI su cui vd infra La menzione di questo passo della Politica po-trebbe quindi anche nel Convivio non risultare estranea alla successiva difesa del di-ritto degli antichi Romani allrsquoimpero vd infra

25 Tale argomentazione si richiama al principio universale della reductio ad unum

Sempre Tommaso nel I libro del De regimine principum usa que-ste stesse argomentazioni prima per affermare la necessitagrave naturale(laquonaturalis necessitasraquo) che lrsquoumana laquosocietasraquo abbia una qualcheforma di governo e poi per mostrare come il regno ne sia la formamigliore proprio percheacute laquoprovinciae vel civitates quae non regunturab uno dissensionibus laborant et absque pace fluctuantraquo mentre alcontrario se laquosub uno rege reguntur pace gaudentraquo26 E del restoe questo sarebbe forse il passo piugrave pertinente allrsquoargomentazionedantesca anche Aristotele nellrsquoEtica (VIII 1160a-b) aveva afferma-to che laquola forma migliore (di governo) egrave il regnoraquo con unrsquoaltra mo-tivazione che abbiamo visto presente nella giustificazione dantescadellrsquoimpero laquoRe infatti egrave una persona che egrave del tutto indipendentee sovrastante tutti per i suoi beni e un tal uomo non ha bisogno dinulla quindi egli baderagrave non alla sua utilitagrave personale ma ai suoisudditiraquo27

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 49

ampiamente diffuso in tutti i trattati medievali cfr G DI GIANNATALE Dante tra Ari-stotele e S Tommaso Lrsquoargomento logico-metafisico dellrsquoldquoordinatio ad unumrdquo degli en-ti in laquoSapienzaraquo XXXIV 1981 pp 175-82

26 De regimine principum I I laquoIn omnibus autem quae ad finem aliquemordinantur in quibus contingit sic et aliter procedere opus est aliquo dirigente perquod directe debitum perveniatur ad finem [hellip] Naturale autem est homini ut sitanimal sociale et politicum in multitudine vivens magis etiam quam omnia aliaanimalia quod quidem naturalis necessitas declarat [hellip] Nam unus homo per sesufficienter vitam transigere non posset Est igitur homini naturale quod in societatemultorum vivat [hellip] Si ergo naturale est homini quod in societate multorum vivatnecesse est in hominibus esse per quod multitudo regatur [hellip] In universitate enimcorporum per primum corpus scilicet caeleste alia corpora ordine quodam divinaeprovidentiae reguntur omniaque corpora per creaturam rationalem In uno etiamhomine anima regit corpus atque inter animae partes irascibilis et concupiscibilisratione reguntur Itemque inter membra corporis unum est principale quod omniamovet ut cor aut caput Oportet igitur esse in omni multitudine aliquod regitivumraquoCfr anche cap III laquoNam provinciae vel civitates quae non reguntur ab unodissensionibus laborant et absque pace fluctuant ut videatur adimpleri quod dominusper prophetam conqueritur dicens ldquopastores multi demoliti sunt vineam meamrdquo Econtrario vero provinciae et civitates quae sub uno rege reguntur pace gaudentiustitia florent et affluentia rerum laetantur Unde dominus pro magno munere perprophetas populo suo promittit quod poneret sibi caput unum et quod princepsunus erit in medio eorumraquo

27 Trad it di A PLEBE in ARISTOTELE Opere cit vol III

Dante rielabora quindi e trasforma la tradizione aristotelica28 peraffermare nel Convivio la necessitagrave naturale non del re ma di

uno [hellip] che considerando le diverse condizioni del mondo ne li diver-si e necessarii offici ordinare abbia del tutto universale e inrepugnabile offi-cio di comandare E questo officio per eccellenza imperio egrave chiamato sanzanulla addizione perograve che esso egrave di tutti li altri comandamenti comandamen-to [hellip] Chi a questo officio egrave posto egrave chiamato Imperadore perograve che di tut-ti li comandatori elli egrave comandatore e quello che elli dice a tutti egrave legge e pertutti dee essere obedito e ogni altro comandamento da quello di costui pren-dere vigore e autoritade (Conv IV IV 7)

Di nuovo in queste parole sentiamo lrsquoeco di una tradizione anti-ca questa volta non perograve filosofica ma giuridica laquoQuod principiplacuit legis habet vigorem utpote cum lege regia quae de imperioeius lata est populus ei et in eum omne suum imperium et potesta-tem conferat Quodcumque igitur imperator per epistulam et sub-scriptionem statuit vel cognoscens decrevit vel de plano interlocutusest vel edicto praecepit legem esse constat Haec sunt quas volgoconstitutiones appellamusraquo29 si tratta di un passo del Digesto in cuiperograve a differenza di Dante egrave presente il riferimento a una lex regiaidentificabile probabilmente con la cosigrave detta lex de imperio Vespa-siani con la quale il popolo romano avrebbe conferito allrsquoimpera-tore oltre che lrsquoimperium anche il potere legislativo30 Non stupisce

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28 Cfr SASSO Dante lrsquoimperatore e Aristotele cit in particolare su questo passodel Convivio pp 12-19

29 Dig 141 pr (Ulpianus 1 inst) e 1411 (Ulpianus 1 inst)30 Cfr anche Inst 126 laquoSed et quod principi placuit legis habet vigorem cum

lege regia quae de imperio eius lata est populus ei et in eum omne suum imperiumet potestatem concessit Quodcumque igitur imperator per epistulam constituit velcognoscens decrevit vel edicto praecepit legem esse constat hae sunt quaeconstitutiones appellanturraquo Ancora Giustiniano si richiama a questa lex regia nellaconstitutio Deo auctore con la quale incarica Triboniano della raccolta che confluiragravenei Digesta laquocum enim lege antiqua quae regia nuncupabatur omne ius omnisquepotestas populi romani in imperatoriam translata sunt potestatemraquo (Cod 11717)Per un interessante dibattito sulla lex de imperio Vespasiani e sulla sua recezione in etagraveantica e moderna si possono vedere i contributi raccolti in La lex de ImperioVespasiani e la Roma dei Flavi Atti del Convegno 20-22 novembre 2008 a cura di LCapogrossi Colognesi e E Tassi Scandone Roma laquoLrsquoErmaraquo di Bretschneider 2009

che nel Convivio la citazione ometta tale riferimento dato che perDante come tenderagrave a dimostrare tutto il III libro della Monarchialrsquoautoritagrave imperiale con le prerogative ad essa connesse deriva di-rettamente da quella divina31 Osserveremo meglio in seguito qualesia lrsquoimmagine che di tale autoritagrave emerge dalle pagine del ConvivioOra per poter continuare a seguire il filo dellrsquoargomentazione dan-tesca ci interessa soltanto sottolineare che quel governo di uno so-lo indicato secondo unrsquoargomentazione filosofica come il migliorepercheacute piugrave conforme alla natura egrave collocato dallrsquoAlighieri nella sto-ria e identificato in una istituzione precisa quella appunto dellrsquoim-pero romano

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 51

e piugrave in generale sui poteri imperiali gli studi in occasione del Collegio di DirittoRomano 2012 (CEDANT) di prossima pubblicazione ma di cui si puograve giagrave leggere ilresoconto in V FABRIZI Cronaca dei Lavori del Collegio di Diritto Romano 2012 laquoIlPrinceps romano autocrate o magistrato Fattori giuridici e fattori sociali del potereimperiale da Augusto a Commodoraquo in laquoAthenaeumraquo 101 2013 pp 388-94 Ma sulrapporto fra imperatore e lex ci soffermeremo infra

31 E questa egrave infatti la conclusione laquoSic ergo patet quod auctoritas temporalisMonarche sine ullo medio in ipsum de Fonte universalis auctoritatis descenditraquo (MonIII XV 15) Anche nel Corpus iuris civilis comunque si trova ampiamente affermatoil fondamento divino del potere imperiale tanto che anche in etagrave medievale tale fon-damento evidentemente indiscusso veniva sostenuto dai giuristi proprio col riferi-mento a passi della raccolta giustinianea cfr EH KANTOROWICZ I due corpi del reLrsquoidea di regalitagrave nella teologia politica medievale Introduzione di A BOUREAU Tori-no Einaudi 1989 (trad it di The Kingrsquos Two Bodies A Study in Mediaeval PoliticalTheology Princeton (NJ) Princeton University Press 1975) pp 100-103 Qui ri-cordo percheacute emblematico solo lrsquoincipit della constitutio Deo auctore laquoDeo auctorenostrum gubernantes imperium quod nobis a caelesti maiestate traditum estraquo (Cod1171 pr) anche se abbiamo visto che in un passo successivo proprio della medesimaconstitutio troviamo anche il riferimento alla lex regia Cod 11717 riportato alla notaprecedente In etagrave medievale ciograve che invece fu ampiamente discusso dal punto di vi-sta giuridico e teologico (e lo documenta anche e proprio la Monarchia) fu la neces-sitagrave o meno della mediazione del Papa a conferimento o per lo meno a conferma ditale fondamento

12 laquoOltre quello che per li uomini egrave predicato e aprovatoraquo (ConvIV V 20)

Ma a questo proposito come osserva Dante alcuni potrebberolaquogavillareraquo ammettiamo pure la necessitagrave naturale dellrsquoimpero (laquotut-to che al mondo officio drsquoimperio si richeggiaraquo) ma percheacute proprioquello romano laquoperograve che la romana potenza non per ragione [scilper diritto]32 neacute per decreto di convento universale fu acquistata maper forza che alla ragione pare essere contrariaraquo (Conv IV IV 8)Lrsquoargomento come ben sappiamo egrave antico basti pensare al III librodel De repubblica ciceroniano (III 24-28) lagrave dove Furio Filo (che vie-ne fatto portavoce delle obiezioni di Carneade) condanna lrsquoimperoromano proprio in nome della iustitia E si tratta di tematiche che al-lrsquoepoca di Dante ricorrevano in parte nella pubblicistica e nelle teo-rie politico-teologiche del tempo che presentavano lrsquoimpero sullascorta del De civitate Dei di Agostino come frutto di violenze e disopraffazioni33 Sicuramente non si puograve confondere il pensiero diAgostino con quello del cosigrave detto ldquoagostinismo politicordquo34 che aquello si rifaceva per sostenere le pretese temporali della Chiesa e lasupremazia papale su quella imperiale35 quel valore essenziale per la

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32 Numerosi i passi del Convivio oltre questo IV IV 8 in cui la parola laquoragioneraquoindica il ldquodirittordquo I X 3 IV IX 8 IV XII 9 IV XII 10 IV XIX 4 IV XXIV 2 IV XXIV 17

33 Si veda ad esempio GIOVANNI DA PARIGI De potestate regia et papali (1302-1303 sostenitore di Filippo il Bello contro Bonifacio VIII ma anche contro lrsquoimpero)cap XXI laquoSi igitur romani per violentiam dominium acceperunt numquid iuste etiamper violentiam abici potuit dominium eorum vel etiam contra eos perscribiraquo GIA-COMO DA VITERBO De regimine christiano (1301-1302 dalla parte di Bonifacio VIII)parte II cap X laquobeatus Augustinus ait IVdeg libro de Civitate Dei ldquoRegna sine iustitianon sunt nisi magna latrociniardquo Sed vera iustitia non est ubi Christus non est rectorut idem Augustinus ait IIdeg libdeg de Civ Dei Quare videtur quod regnum vel impe-rium Romanorum fuerit latrocinumraquo

34 Oltre a Giacomo da Viterbo citato supra ricordiamo almeno Egidio Romanosostenitore della posizione teocratica di Bonifacio VIII (nel De ecclesiastica potestate)e generale dellrsquoOrdine degli Eremitani di SantrsquoAgostino La definizione di ldquoagostini-smo politicordquo si afferma nella prima metagrave del rsquo900 grazie al volume di H-X AR-QUILLIEgraveRE LrsquoAugustinisme politique Essai sur la formation des theacuteories politiques duMoyen Acircge (1934) IIe eacuted revue et augmenteacutee Paris Vrin 1955

35 Cfr giagrave GILSON Dante e la filosofia cit pp 186-89 con la n 49 e piugrave recen-temente J MIETHKE Papalismus und Augustinismus in der politischen Theorie der

realizzazione della felicitagrave umana che Dante attribuisce allrsquoimperoAgostino infatti non lo riconosce a nessuna terrena civitas senzrsquoaltronon alla Roma pagana ma nemmeno allrsquoimpero diventato cristianoe neanche alla Chiesa come istituzione terrena36 Ma egrave altrettanto si-curo che in Agostino e in particolare nel De civitate Dei si trovanonumerosi passi in cui lrsquoautore denuncia lrsquoingiustizia che avrebbe ca-ratterizzato non solo lrsquoespansione romana37 ma la stessa esistenzadella res publica38 e sempre nel De civitate (XIX 21) si respinge la di-fesa ciceroniana della iustitia dellrsquoimpero romano basata sul giagrave ri-cordato presupposto di origine aristotelica39 che per natura il po-tere debba essere esercitato dai migliori in questo caso i Romani atutela degli interessi dei piugrave deboli40 Ora proprio questa argomen-

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spaumltmittelalterlichen Augustiner-Eremiten Ein Uumlberblick in Augustinus - Ethik undPolitik Zwei Wuumlrzburger Augustinus-Studientage laquoAspekte der Ethik bei Augustinusraquo(11 Juni 2005) laquoAugustinus und die Politikraquo (24 Juni 2006) a cura di C Mayer conla collaborazione di A Eisgrub e G Foumlrster Wuumlrzburg Augustinus-Verlag bei Echter2009 pp 243-72

36 Cfr eg De civitate I 35 XIV 1 XVIII 5437 Si veda ad es AUG De civitate I 30 III 10 14 IV 4 6 15 V 17 XIX 7 In Ago-

stino infatti lrsquoimpero non egrave il rimedio ai conflitti che nascono fra regno e regno per ilfatto che laquolrsquoanimo umano in terminata possessione di terra non si queti ma sempredesideri gloria drsquoacquistareraquo (vd supra Conv I IV 3) ma anzi egrave proprio lrsquoimpero a es-sere originato dalla stessa laquolibido dominandiraquo e laquocupiditas gloriaeraquo si vd ad es Decivitate I praef III 14 IV 6 V 12 19

38 In De civitate XIX 21 Agostino dimostra infatti che laquonumquam fuit Romanares publica quia numquam fuit res populiraquo (che egrave la definizione di res publica che Ci-cerone dagrave per bocca di Scipione Emiliano) percheacute il popolo sempre secondo la ce-lebre definizione ciceroniana egrave laquocoetus multitudinis iuris consensu et utilitatis com-munione sociatusraquo ma non vi puograve essere laquoiuris consensusraquo lagrave dove non vi egrave laquoiustitiaraquoe non vi egrave laquoiustitiaraquo (che egrave la laquovirtus [hellip] quae sua cuique distribuitraquo) quando si to-glie lrsquouomo al vero Dio e lo si consegna ai demoni

39 Vd supra n 2440 Sempre in questo passo del De civitate non si manca comunque di ricordare

un laquonobile argomento tratto in un certo modo dalla naturaraquo dai sostenitori della giu-stizia dellrsquoimpero romano laquoDio comanda allrsquouomo lo spirito comanda al corpo la ra-gione alla passioneraquo Agostino sembra cosigrave quasi riconoscere che laquoper alcuni la ser-vitugrave egrave utileraquo ma spostando subito il piano dai rapporti fra gli uomini a quelli fra lrsquouo-mo e Dio (laquoservire poi a Dio egrave utile per tuttiraquo) ribadisce in conclusione che nella Re-pubblica romana non vi fu mai vera giustizia percheacute gli uomini che ne facevano par-te non servivano Dio Inoltre nei precedenti capitoli 15-16 sempre del XIX libro delDe civitate aveva parlato della schiavitugrave e del dominio dellrsquouomo sullrsquouomo come

tazione della superiore attitudine romana al comando che Agostinoaveva voluto confutare egrave presente invece nel Convivio LrsquoAlighieriafferma infatti che ogni potere viene da Dio (Conv IV IV 9)41 e chequindi Dio scelse proprio il popolo romano laquoperograve che piugrave dolce na-tura [in] segnoreggiando e piugrave forte in sostenendo e piugrave sottile inacquistando neacute fu neacute fia che quella della gente latinaraquo (Conv IV IV10)42 E dato che allrsquoimpero

non sanza grandissima vertude venire si potesse e a quello usare gran-dissima e umanissima benignitade si richiedesse questo era quello popoloche a ciograve piugrave era disposto Onde non da forza fu principalmente preso per laromana gente ma da divina provedenza che egrave sopra ogni ragione [hellip] e co-sigrave non forza ma ragione e ancora divina [conviene] essere stata principio delromano imperio (Conv IV IV 11-12)

Vedremo in seguito cosa significhi per Dante che la laquodivina pro-vedenza [hellip] egrave sopra ogni ragioneraquo questo concetto qui appena ac-cennato egrave infatti ripreso e illustrato nella Monarchia43 Nel Convivio

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perturbamento introdotto dal peccato nellrsquoordine naturale voluto da Dio41 Cosigrave come troviamo piugrave volte ripetuto anche nel De civitate dove perograve al con-

tempo si afferma ripetutamente che il disegno divino egrave imperscrutabile e che laquoDio da-tore e autore della felicitagrave [hellip] dagrave i domini terreni ai buoni come ai cattiviraquo De civi-tate IV 33 laquoDeus igitur ille felicitatis auctor et dator quia solus est verus Deus ipsedat regna terrena et bonis et malis neque hoc temere et quasi fortuito quia Deus estnon fortuna sed pro rerum ordine ac temporum occulto nobis notissimo sibi cui ta-men ordini temporum non subditus servit sed eum ipse tamquam dominus regit mo-deratorque disponit felicitatem vero non dat nisi bonis Hanc enim possunt et nonhabere et habere servientes possunt et non habere et habere regnantes quae tamenplena in ea vita erit ubi nemo iam servietraquo Cfr anche ivi V praef e 21 laquoIlle igitur unusverus Deus qui nec iudicio nec adiutorio deserit genus humanum quando voluit etquantum voluit Romanis regnum dedit qui dedit Assyriis vel etiam Persis [hellip] Sicetiam hominibus qui Mario ipse Gaio Caesari qui Augusto ipse et Neroni qui Ve-spasianis vel patri vel filio suavissimis imperatoribus ipse et Domitiano crudelissi-mo et ne per singulos ire necesse sit qui Constantino christiano ipse apostatae Iu-liano [hellip] Haec plane Deus unus et verus regit et gubernat ut placet et si occultiscausis numquid iniustisraquo

42 Cosigrave ancor piugrave esplicitamente in Mon II VI 9-11 su cui vd infra43 Nel Convivio si accenna soltanto al rapporto fra ldquodirittordquo e ldquovolontagrave divinardquo

in modo invece piugrave ampio se ne argomenta la coincidenza in Mon II II su cui vdinfra

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44 Tresor I XXXIV dove perograve per datare la venuta di Enea nel Lazio si menziona nonla nascita ma piugrave genericamente il regno di Davide JA SCOTT La contemporaneitagraveEnea-Davide (laquoConvivioraquo IVv6) in laquoStudi Danteschiraquo XLIX 1972 pp 129-34

45 Conv IV V 6 laquoE tutto questo fu in uno temporale che David nacque e nacqueRoma cioegrave che Enea venne di Troia in Italia che fu origine della cittade romana sigravecome testimoniano le scritture Per che assai egrave manifesto la divina elezione del roma-no imperio per lo nascimento della santa cittade che fu contemporaneo alla radicedella progenie di Mariaraquo

46 Su questa immagine antropomorfa dello sviluppo dellrsquoimpero puograve con ogniprobabilitagrave avere influito il primo capitolo dellrsquoEpitome di Floro Epit I 4-7 Ma Flo-ro afferma anche che nei duecento anni che seguirono ad Augusto lrsquoimpero laquoconse-nuit atque decoxit nisi quod sub Traiano principe movit lacertos et praeter spem om-nium senectus imperii quasi reddita iuventute revirescitraquo (I 8) Per Dante invecelrsquoapice dellrsquoimpero romano egrave evidentemente raggiunto solo sotto Augusto come pre-ciseremo meglio anche in seguito a proposito di Mon I XVI 1-2

il discorso invece procede con la considerazione che la forza fu quin-di soltanto lo strumento (Conv IV IV 12) di un disegno divino chesi mostrograve sia nello laquospezial nascimentoraquo sia nello laquospezial processoraquodella storia di Roma (Conv IV IV 13) cosigrave come si passa a illustrarenel V capitolo ma prima di trattare delle origini di Roma Dante sot-tolinea il fatto che Dio scelse quel popolo per ridurre tutta la terrain pace e giustizia e creare lrsquolaquoottima disposizioneraquo la laquomonarchiaraquo(Conv IV V 4) per lrsquoincarnazione di Cristo La pace universale in-staurata da Augusto mai piugrave neacute raggiunta neacute raggiungibile fu il frut-to di una divina laquopreparazioneraquo (Conv IV V 9) in cui Dante collocala sincronia giagrave indicata nel Tresor di Brunetto Latini44 fra la nasci-ta di Davide (laquola radice de la progenie di Mariaraquo da cui nacque Cri-sto) e quella di Roma quando laquoEnea venne di Troia in Italiaraquo (ConvIV V 6)45 A questo punto si dimostra che non solo la nascita ma an-che lo svolgersi della sua storia laquospeziale processo ebbe da Dioraquo co-me conferma il rapido scorcio delle vicende di Roma presentato co-me una crescita umana dallrsquoinfanzia lrsquoetagrave dei re sino alla maturitagravelrsquoetagrave di Augusto (Conv IV V 10-11)46 Soffermandosi poi sulla laquomag-giore adoloscenza suaraquo cioegrave sulla storia di Roma che va laquodal primoconsolo infino a Cesare primo prencipe sommoraquo (Conv IV V 12)con lrsquouso anaforico della interrogativa laquoChi diragrave di [hellip]raquo Dante in-troduce una serie di eroi esemplari laquone li quali non amore umano madivino era inspirato in amare lei (scil Roma)raquo e ricorda lrsquoincorrut-tibilitagrave di Fabrizio e di Curio la fermezza di Muzio Scevola di Man-

lio Torquato e di Giunio Bruto il sacrificio dei Deci dei Drusi e diAttilio Regolo la modestia di Cincinnato e di Furio Camillo47 perpoi finire con unrsquoultima interrogativa rivolta in un crescendo di pre-terizione allo stesso Catone Uticense laquoO sacratissimo petto di Cato-ne chi presummeragrave di te parlare Certo maggiormente di te parlarenon si puograve che tacereraquo (Conv IV V 16) Gli esempi forniti da Dantesi ritrovano in diversi autori antichi da lui sicuramente conosciuti ecioegrave in Cicerone Virgilio e Livio (ai quali rimanda infatti esplicita-mente nella Monarchia dove si trovano menzionati pur se in un con-testo in parte diverso quasi tutti gli eroi del Convivio)48 cosigrave come inalcuni autori della tradizione tardo antica e medievale anche se aconferma di quanto prima osservato non si puograve indicare unrsquounicafonte in cui ricorrano tutti gli stessi esempi e nella stessa sequenza49Dobbiamo comunque sottolineare lrsquoevidente richiamo a tutto il ca-talogo degli eroi del VI libro dellrsquoEneide anche percheacute lrsquoandamento

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47 Conv IV V 13-15 laquoE chi diragrave che fosse sanza divina inspirazione Fabrizio in-finita quasi moltitudine drsquooro rifiutare per non volere abandonare sua patria Curiodalli Sanniti tentato di corrompere grandissima quantitagrave drsquooro per caritagrave della patriarifiutare dicendo che li romani cittadini non lrsquooro ma li posseditori dellrsquooro posse-dere voleano e Muzio la sua mano propia incendere percheacute fallato avea lo colpo cheper liberare Roma pensato avea Chi diragrave di Torquato giudicatore del suo figliuoloa morte per amore del publico bene sanza divino aiutorio ciograve avere sofferto e Bru-to predetto similemente Chi diragrave delli Decii e delli Drusi che puosero la loro vita perla patria Chi diragrave del cattivato Regolo da Cartagine mandato a Roma per commu-tare li presi Cartaginesi a seacute e alli altri presi Romani avere contra seacute per amore di Ro-ma dopo la legazione ritratta consigliato solo da [umana e non da] divina naturamosso Chi diragrave di Quinzio Cincinnato fatto dittatore e tolto dallo aratro dopo lotempo dellrsquoofficio spontaneamente quello rifiutando allo arare essere ritornato Chidiragrave di Cammillo bandeggiato e cacciato in essilio essere venuto a liberare Romacontra li suoi nimici e dopo la sua liberazione spontaneamente essere ritornato in es-silio per non offendere la senatoria autoritade sanza divina instigazioneraquo I perso-naggi della storia di Roma a cui si riferisce Dante sono Luscino Fabrizio Manio Cu-rio Dentato Caio Muzio ScevolaTito Manlio Torquato Lucio Giunio Bruto MarcoAttilio Regolo Lucio Quinzio Cincinnato e Furio Camillo

48Mon II V (su cui vd infra) 49 Per un puntuale confronto con luoghi paralleli di autori antichi tardo-antichi

e medievali cfr TH SILVERSTEIN On the Genesis of De Monarchia II v in laquoSpecu-lumraquo 13 1938 pp 326-49 (dove a dispetto del titolo si tratta anche di Conv IV V)e per gli antichi e i tardo-antichi anche D THOMPSON Dantersquos Virtuous Romans inlaquoDante Studiesraquo with the Annual Report of the Dante Society 96 1978 pp 145-62

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50 De civitate V 18 laquoet nobis proposita necessariae commonitionis exempla utsi virtutes quarum istae utcumque sunt similes quas isti pro civitatis terrenae gloriatenuerunt pro Dei gloriosissima civitate non tenuerimus pudore pungamurraquo Oltreagli studi citati alla nota precedente cfr in particolare C FILOSA La laquovirtugraveraquo dei Ro-mani nel giudizio di S Agostino e di Dante in Dante e Roma Atti del convegno diStudi Roma 8-9-10 aprile 1965 Firenze Le Monnier 1965 pp 195-210 e C VASO-LI Agostino nel Convivio e nellaMonarchia in Moderni e Antichi Quaderni del Cen-tro di Studi sul Classicismo diretti da R Cardini voll II-III (2004-2005) Firenze Edi-zioni Polistampa 2006 pp 263-84

51 Vd supra n 47 52 In Agostino si menzionano anche Manio Curzio Marco Orazio Pulvillo e Lu-

cio Valerio che mancano invece in Dante In De civitate V 18 manca invece la menzionedi Manio Curio Dentato dei Drusi e di Catone

della prosa dantesca con lrsquouso del pronome interrogativo in anafo-ra sembra costituire unrsquoesplicita ripresa dei versi 841-46

quis te magne Cato tacitum aut te Cosse relinquatquis Gracchi genus aut geminos duo fulmina belliScipiadas cladem Libyae parvoque potentemFabricium vel te sulco Serrane serentemquo fessum rapitis Fabii

Di particolare interesse inoltre risulta ancora una volta il con-fronto con il De civitate Dei con il diciottesimo capitolo del V librodove Agostino esorta i cristiani a non vantarsi se hanno compiutoazioni virtuose per amore della patria eterna dato che i Romani lehanno compiute per amore della patria terrena e della gloria uma-na50 E fra gli esempi citati quelli che coincidono con il Convivio51 so-no nellrsquoordine che troviamo nel De civitate Giunio Bruto ManlioTorquato Furio Camillo Mucio Scevola i Deci Attilio Regolo Cin-cinnato e Fabrizio52 Alla fine di questo capitolo del De civitate Deisi puograve in effetti trovare un apprezzamento della virtugrave romana simi-le a quello espresso da Dante laquoCosigrave ndash dice Agostino ndash quellrsquoimperocosigrave esteso e cosigrave duraturo reso illustre e glorioso dal valore di per-sonaggi tanto grandi costituigrave per essi la ricompensa a cui miravanoi loro sforziraquo (De civitate V 18) Ma nei capitoli immediatamente pre-cedenti Agostino era stato chiaro la gloria umana egrave un valore nel-lrsquoambito della cittagrave degli uomini e con essa la giustizia divina ha ri-compensato le virtugrave positive del popolo romano come lrsquoamor di pa-

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53De civitate V 15 laquoQuibus ergo non erat daturus Deus vitam aeternam cum san-ctis Angelis suis in sua civitate caelesti ad cuius societatem pietas vera perducit quaenon exhibet servitutem religionis [hellip] si neque hanc eis terrenam gloriam excellen-tissimi imperii concederet non redderetur merces bonis artibus eorum id est virtu-tibus quibus ad tantam gloriam pervenire nitebantur De talibus enim qui propterhoc boni aliquid facere videntur ut glorificentur ab hominibus etiam Dominus aitAmen dico vobis perceperunt mercedem suamraquo

54 De civitate V 13 laquoQuam ob rem cum diu fuissent regna Orientis illustria vo-luit Deus et occidentale fieri quod tempore esset posterius sed imperii latitudine etmagnitudine illustrius idque talibus potissimum concessit hominibus ad domandagravia mala multarum gentium qui causa honoris laudis et gloriae consuluerunt pa-triae in qua ipsam gloriam requirebant salutemque eius saluti suae praeponere nondubitaverunt pro isto uno vitio id est amore laudis pecuniae cupiditatem et multaalia vitia comprimentes Nam sanius videt qui et amorem laudis vitium esse cognos-citraquo

55 Cosigrave ad esempio di fronte alla laquoinfelicitasraquo di Giunio Bruto laquoquia filios occi-ditraquo per la patria laquotemporale e terrenaraquo i cristiani dovrebbero pensare che la patriaeterna e celeste non obbliga nessuno a tale sacrificio e dovrebbero quindi non van-tarsi di essere solo chiamati a laquodonare ai poveri le sostanze che sembrava di raccoglieree serbare per i figliraquo e a considerare loro laquofigli i poveri di Cristoraquo o non gloriarsi delmartirio in cui trovano una morte che perograve non si infliggono da soli come invece fe-cero Manio Curzio o i Deci De civitate V 18 passim Ma cfr anche Mon II V su cuivd infra

tria ma non ha nessun valore nella Cittagrave di Dio che egrave preclusa a chisulla terra ha giagrave avuto la sua ricompensa (De civitate V 15)53 anzi ildesiderio di gloria non egrave una virtugrave ma un vero e proprio vizio (De ci-vitate V 13)54 ndash mentre Dante lo abbiamo ricordato allrsquoinizio porragravenel Paradiso laquoi buoni spirti che sono stati attivi percheacute onore e fa-ma li succedaraquo (Par VI 113-14) A marcare ancor piugrave la differenza frai due autori ricordiamo che sempre nel ldquocatalogordquo di De civitate V18 Agostino a fianco di ogni gesto virtuoso pagano ne costruisceuno cristiano che al precedente si oppone o lo corregge o per lomeno lo completa55 e che nei precedenti libri del De civitate Ago-stino aveva condannato senza esitazione il suicidio di Catone (De ci-vitate I 23) e aveva giudicato negativamente episodi come quello del-la guerra con Alba (secondo lui suscitata solo dalla libido dominan-di dei Romani De civitate III 14) o quello delle oche del Campido-glio (a dire il vero questo piugrave ridicolizzato ma proprio per dimo-strare che Roma non si sarebbe salvata se laquomentre gli degravei dormiva-no non fossero rimaste sveglie le ocheraquo De civitate II 22 cfr anche

III 8) episodi che Dante allrsquoopposto cita nel Convivio dopo glildquoesempi virtuosirdquo come vicende della storia di Roma in cui la prov-videnza divina sarebbe intervenuta direttamente a favore dei Ro-mani (Conv IV V 18)56

Si puograve spiegare questa differenza di valutazione su episodi e per-sonaggi dellrsquoantica storia di Roma col fatto che a Dante interessasostenere lrsquoimpero del suo tempo e di conseguenza esaltare quellastoria che egrave percepita senza soluzioni di continuitagrave con questo im-pero Sigrave ma non solo se cosigrave fosse infatti come si spiegherebbelrsquoesaltazione di Catone Uticense A prescindere dal problema mo-rale posto dal suo suicidio il motivo di questo estremo gesto cioegravelrsquoopposizione a Cesare laquoprimo prencipe sommoraquo dellrsquoimpero avreb-be dovuto trattenere il filo-imperiale Dante dallrsquoapprezzarne la fi-gura e dal farne alcuni anni piugrave tardi il guardiano del Purgatorio incontinuitagrave anche lessicale con lrsquoimmagine delineatane nel Convivio(laquoo sacratissimo petto di Catoneraquo in Conv IV V 16 laquoo santo pettoraquoin Purg I 80)57 E come si spiegherebbe il fatto che le stesse osser-vazioni e quasi tutti gli stessi esempi che abbiamo visto usati da Dan-te per illustrare quelle virtugrave che ai Romani meritarono lrsquoimpero si ri-trovano in unrsquoopera il De regimine principum di Tommaso-Tolomeoda Lucca le cui conclusioni sostengono la supremazia papale piut-tosto che quella imperiale Nel IV capitolo del III libro nella partequindi composta da Tolomeo si richiama infatti esplicitamente for-zandone perograve senzrsquoaltro il senso il capitolo 18 del V libro del De ci-

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 59

56 Gli altri esempi sono quello di Scipione che decidendo di portare la guerra inAfrica riuscigrave cosigrave a vincere la seconda guerra punica e quello di Cicerone che salvogravela Res Publica da Catilina Anche per queste vicende la tradizione confluita in Danterisaliragrave a Livio e allrsquoepitome di Floro ma anche ad Orosio e allo stesso Agostino Perlrsquoepisodio delle oche cfr Mon II IV 5-10 (dove si vuole dimostrare i miracoli avvenu-ti nella storia di Roma vd infra) per la guerra con Alba Longa e per Scipione inve-ce Mon II IX 15 e 18 (dove si menzionano le guerre a carattere di ldquoduellordquo vinte daiRomani per volere di Dio vd infra)

57 Anche se egrave evidente che Dante distingue nella storia di Roma due piani quel-lo etico in cui in continuitagrave colla tradizione classica risulta esemplare la virtus civilerepubblicana quello politico in cui esemplare egrave invece lrsquoimpero cfr R HOLLANDER

-A ROSSI Il repubblicanesimo di Dante in Studi americani su Dante a cura di GCAlessio e R Hollander Introduzione di D della Terza Milano Franco Angeli 1989p 297-323

vitate Dei e si giudica in modo provvidenziale come in Dante lastoria esemplare di Roma58

Per capire il motivo di questi giudizi positivi sulla storia e sullavirtugrave romana occorre allora guardare a quel passo compiuto dallacultura medievale nella rivalutazione della natura e quindi del-lrsquoesperienza umana anche precedente al cristianesimo che trova nel-lrsquoopera di Tommaso la sua piugrave famosa formulazione gratia non tollitnaturam sed perficit59 Non si trattava con questo come osservavaGilson di sostenere lrsquoidea di

una natura che sia autosufficiente senza la grazia per cui si ricadrebbe inpieno paganesimo ma neppure una natura senza di cui la grazia nulla avreb-be da salvare Ora quale migliore mezzo di conoscere la natura che rivol-gersi a quegli antichi i quali lrsquohanno cosigrave profondamente studiata e cosigrave bendescritta [hellip] Da questo deriva quella forma specialissima di umanesimoche venne praticata nel Medioevo umanesimo anzitutto morale che condus-se i pensatori cristiani a consultare gli antichi per istruirsi su cosa egrave lrsquouomo60

FRANCESCA FONTANELLA60

58 De regimine principum III 4 laquoDe isto autem amore patriae exemplumaccipimus ut historiae tradunt et beatus Augustinus in quinto de civitate Dei etc[hellip] De talibus autem concludit dictus doctor quod eisdem non datur dominandipotestas nisi summi Dei providentia quando res humanas iudicat talibus donis essedignas Multa similia ibidem dicit per quae definire videtur eorum dominium fuisselegitimum et eis a Deo collatumraquo Per la supremazia del potere spirituale su quellotemporale che dal primo viene istituito si veda invece ivi IV 10 Cfr SILVERSTEIN Onthe Genesis of De Monarchia II v cit passim (e p 189 dove si osserva che il passoin cui Tolomeo da Lucca richiamandosi ad Agostino fornisce il catalogo degli eroiromani laquoit is far closer in spirit to Dante than to St Augustineraquo) e GHISALBERTI Ro-ma antica nel pensiero politico da Tommaso drsquoAquino a Dante cit in particolare sulaquoRoma antica e il suo impero nel ldquoDe regimine principumrdquoraquo pp 349-55 Ma si vedaanche CT DAVIS Tolomeo da Lucca e la repubblica romana (1974) ora in LrsquoItalia diDante Bologna il Mulino 1988 p 231-69

59 TOMMASO Super sententiis II dist 9 q 1 art 8 laquoPraeterea quantumcumqueintellectus perficiatur lumine gratiae vel gloriae semper oportet quod intelligat sublumine naturali quia gratia non tollit naturam sed perficitraquo ivi IV dist 2 q 1 art 4qc 2 laquoSed contra gratia perficit naturamraquo Summa Theologiae I q 1 art 8 laquoCumenim gratia non tollat naturam sed perficiat oportet quod naturalis ratio subserviatfidei sicut et naturalis inclinatio voluntatis obsequitur caritati Unde et apostolusdicit II ad Cor X lsquoin captivitatem redigentes omnem intellectum in obsequiumChristirsquo Et inde est quod etiam auctoritatibus philosophorum sacra doctrina utiturubi per rationem naturalem veritatem cognoscere potueruntraquo

60 E GILSON Filosofia medievale e umanesimo Comunicazione fatta il 24 aprile

Difficile non ritrovare nellrsquoopera di Dante questo particolarelaquoumanesimoraquo61 disposto laquoper istruirsi su cosa egrave lrsquouomoraquo a guarda-re ad ogni esempio virtuoso del passato Cesare come Catone alaquoconsultareraquo i piugrave svariati auctores per elaborare infine un pensieroche non egrave di nessun altro se non dello stesso Alighieri

Questo apprezzamento della virtugrave morale degli antichi condivi-so ormai da gran parte del pensiero del suo tempo e nel Conviviofunzionale alla legittimazione dellrsquoimpero romano acquista una for-za particolare allrsquointerno delle argomentazioni svolte nel IV trattatoegrave qui infatti che piugrave specificatamente Dante sostiene la funzione e ilfine etico della filosofia62 e difende il valore dellrsquoetica salvaguardan-

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 61

1935 al Congresso Guillaume Budeacute a Nizza in Appendice a Eloisa e Abelardo Tori-no Einaudi 1950 p 207

61 Uso il termine ldquoumanesimordquo ben consapevole della laquoastrale distanza fra il ti-pico umanesimo cristiano di Dante e lrsquoUmanesimo storicamente determinabileraquo EPARATORE Lrsquoereditagrave classica in Dante in Dante e Roma cit pp 3-50 p 47

62 Conv IV VI 7-16 XVII 1-8 Sulle caratteristiche del IV trattato che lo differen-ziano dal laquoldquobloccordquo costituito dal II e IIIraquo cfr VASOLI Introduzione cit p XXXVIIIIn effetti anche in Conv II XIV 13 e 18 si sostiene che laquocessando la Morale Filosofialrsquoaltre scienze sarebbero celate alcuno tempo e non sarebbe generazione neacute vita di fe-licitade e indarno sarebbero scritte e per antico trovateraquo e in III XV 11-12 laquola mora-litade egrave bellezza della filosofiaraquo e laquoquinci nasce quella felicitade la quale diffinisceAristotile nel primo dellrsquoEtica dicendo che egrave operazione secondo vertugrave in vita per-fettaraquo a differenza perograve di quanto ritiene Gilson (Dante e la filosofia cit pp 99-149)la filosofia nel Convivio non rimane confinata esclusivamente nella sfera dellrsquoeticanumerosi infatti i passi specialmente nel II e nel III trattato nei quali viene identifi-cata con lrsquoamore alla sapienza in senso piugrave ampio e spesso in nesso profondo con laSapienza divina II XV 12 III VI 9-10 XI 14 (laquocosigrave fine della Filosofia egrave quella eccel-lentissima dile[tta]zione che non pate alcuna intermissione o vero difetto cioegrave verafelicitade che per contemplazione della veritade srsquoacquistaraquo) XII 12 (laquofilosofia egrave unoamoroso uso di sapienza lo quale massimamente egrave in Dio perograve che in lui egrave sommasapienza e sommo amore e sommo atto che non puograve essere altrove se non in quantoda esso procederaquo) 13-14 XIII 7 (laquodella pace di questa donna non fa lo studio sen[ti-re se n]on nellrsquoatto della speculazione E cosigrave si vede come questa egrave donna primiera-mente di Dio e secondariamente dellrsquoaltre intelligenze separate per continuo sguar-dare e appresso dellrsquoumana intelligenza per riguardare discontinuatoraquo) XIV 1-2 6(laquocheacute la sapienza nella quale questo amore fegravere etterna egrave Onde egrave scritto di lei ldquoDalprincipio [e] dinanzi dalli secoli creata sono e nel secolo che dee venire non verrograve me-nordquo e nelli Proverbi di Salomone essa Sapienza dice ldquoEtternalmente ordinata sonordquoe nel principio di Giovanni nellrsquoEvangelio si puograve la sua etternitade apertamente no-tareraquo) 7 XV 2-3

dole uno spazio autonomo non solo rispetto al potere politico63 main parte anche rispetto ad ogni altro fine trascendente in quantosono le virtugrave laquoche fanno lrsquouomo beato o vero felice nella loro ope-razioneraquo (Conv IV XVII 8)64 Indicare come campioni di virtugrave gli eroipagani risulta allora profondamente coerente con questo valore ldquolai-cordquo riconosciuto allrsquoetica e collrsquoaver posto un filosofo pagano Ari-stotele come suprema auctoritas in questo ambito65 Certo occorreprecisare che nella visione profondamente religiosa di Dante non vi

FRANCESCA FONTANELLA62

63 Conv IV IX su cui vd infra64 Conv IV XVII 8 laquoE queste sono quelle che fanno lrsquouomo beato o vero felice nel-

la loro operazione sigrave come dice lo Filosofo nel primo dellrsquoEtica quando diffinisce laFelicitade dicendo che ldquoFelicitade egrave operazione secondo virtude in vita perfettardquoraquo Masi vedano tutti i sectsect 1-12 Anche se nel sect 9 si afferma laquoVeramente egrave da sapere che noipotemo avere in questa vita due felicitadi secondo due diversi cammini buono e ot-timo che a ciograve ne menano lrsquouno egrave la vita attiva e lrsquoaltro la contemplativa la quale ave-gna che per lrsquoattiva si pervegna come detto egrave a buona felicitade ne mena ad ottimafelicitade e beatitudine secondo che pruova lo Filosofo nel decimo dellrsquoEticaraquo si pre-ferisce in conclusione (al sect 12) il ldquocammino eticordquo a quello ldquointellettualerdquo laquoOndeperciograve che le virtugrave morali paiano essere e siano piugrave comuni e piugrave sapute e piugrave richie-ste che lrsquoaltre e imitate nello aspetto di fuori utile e convenevole fue piugrave per quellocammino procedere che per lrsquoaltroraquo Ma cfr anche Conv III XV 11-12 (cit supra allan 62) Questi passi del Convivio (insieme a Conv III XV 7-10 IV XII 11-12 XIII 6-9)sembrano affermare lrsquoesistenza di un desiderio naturale che non ha bisogno di cono-scere il sovrannaturale per essere compiuto a differenza di quanto si sostiene nellaCommedia (cfr specialmente Inf IV 31-42 Purg III 34-45 XXI 1-6 Par IV 124-32) maanche in altri passi del Convivio nei quali anche per quella intima connessione fra sa-pienza umana e divina che osservavamo supra alla n 62 il desiderio naturale sembraesigere per il suo compimento proprio il divino si veda Conv III VIII 5 XII 13 XIV 13-14 XV 2 IV XII 14-17 XXII 4-18 Sul problema rimando agli studi menzionati supraalla n 11 Si osservi solo che in Conv IV XXII 18 Dante sottolineando un ordine ge-rarchico che ha come suo vertice quella beatitudine irraggiungibile sulla terra percheacutesi compiragrave solo nella visione di Dio distingue comunque anticipando ciograve che sosterragravein Mon III xv (su cui vd infra) una felicitagrave terrena per la quale sono sufficienti lelaquooperazioni delle morali virtudi raquo e quelle laquodelle virtudi intellettualiraquo da una felicitagraveeterna laquoE cosigrave appare che nostra beatitudine [cio]egrave questa felicitade di cui si parlaprima trovare potemo quasi imperfetta nella vita attiva cioegrave nelle operazioni dellemorali virtudi e poi perfetta quasi nella [vita contemplativa cioegrave] nelle operazionidelle virtudi intellettuali Le quali due operazioni sono vie espedite e dirittissime amenare alla somma beatitudine la quale qui non si puote avere come appare pur perquello che detto egraveraquo

65 Conv IV VI 8 16

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 63

egrave nulla che non provenga da Dio tantomeno lrsquouomo pagano o cri-stiano che sia con il suo laquodesiderio naturaleraquo66 e le sue umane vir-tugrave67 come viene esplicitamente affermato proprio alla fine della ldquocar-rellatardquo dei Romani virtuosi presentata nel Convivio laquoCerto e mani-festo essere dee rimembrando la vita di costoro e delli altri divini cit-tadini non sanza alcuna luce della divina bontade aggiunta sovra laloro buona natura essere tante mirabili operazioni stateraquo (Conv IVv 17)68 Ma esaltare la virtus degli antichi eroi pagani significava co-munque riconoscere alla storia dellrsquoimpero romano un valore indi-pendente da quello della sua successiva regeneratio christiana (a dif-ferenza ad esempio di quanto aveva sostenuto il discepolo di Ago-stino Orosio69 una delle fonti storiche piugrave seguite dallrsquoAlighieri)70 In

66 Giagrave esplicitamente in Conv I I 1 su cui vd ora FALZONE Desiderio della scien-za e desiderio di Dio nel Convivio di Dante cit pp 1-11

67 Si veda ad esempio Conv IV XX passim dove si definisce la vera nobiltagrave dallaquale discendono tutte le altre virtugrave (IV XVIII 1-2 XX 1-2) come quel laquoldquoseme di feli-citaderdquo messo da Dio nellrsquoanima ben postaraquo (IV XX 9) XXI passim (dove si descrivecome la nobiltagrave scende nellrsquouomo laquoprima per modo naturale e poi per modo teolo-gicoraquo (XXI 1) XXII passim (dove si tratta dellrsquolaquoappetito drsquoanimo naturaleraquo che nascelaquodella divina bontade in noi seminata e infusa dal principio della nostra generazio-neraquo) su questi capitoli del IV trattato vd sempre FALZONE Desiderio della scienza edesiderio di Dio nel Convivio di Dante cit pp 28-68 che giustamente osserva comeDante dopo aver sostenuto una concezione di nobiltagrave come specifico dono divinoelargito solo ad alcuni uomini eccezionali (IV XX-XXI) che sarebbero quasi laquoun altroDio incarnatoraquo (IV XXI 10) introduce poi delle precisazioni per cui la nobiltagrave diven-ta una potenza naturale presente in tutti gli uomini che ha bisogno dellrsquoeducazione edellrsquoimpegno per realizzarsi come virtugrave (IV XXI 13-14) laquoCosigrave egrave unrsquoistanza etica omeglio etico-politica a spiegare lrsquoaffermazione nel corpo del capitolo XXII che a nes-suno egrave consentito giustificare la propria mala condotta [hellip] adducendo a pretesto laviltagrave della sua anima poicheacute anche a colui che non abbia ricevuto ldquoda principiordquo il se-me divino (la nobiltagrave) [hellip] quel seme puograve essere innestato nellrsquoanimo per ldquomolta cor-rezione e culturardquo cioegrave attraverso lrsquoeducazione e le leggiraquo (ivi p 67)

68 E che Dante sia convinto di ciograve lo conferma ad esempio il fatto che nel Purga-torio fra i vari esempi di virtugrave contrarie ai peccati puniti nelle varie cornici si ricorre aesempi tratti anche dalla storia pre-cristiana e in particolare nel XX Canto ai vv 25-27 troviamo fra gli esempi di povertagrave opposti allrsquoavarizia accanto a quello di Maria(vv 19-24) e di San Nicola (vv 31-33) quello del Fabrizio giagrave ricordato nel Convivio

69 Cfr eg OROSIO Hist I praef 14 II 3 3-770 Cfr la voce Orosio di A MARTINA (1970) nellrsquoEnciclopedia Dantesca consula-

tabile sul sito httpwwwtreccaniitenciclopediapaolo-orosio_(Enciclopedia-Dan-tesca)

FRANCESCA FONTANELLA64

71 LUC Phars I 95 laquoFraterno primi maduerunt sanguine muriraquo Questa nettadistinzione fra Agostino e Dante riguardo al giudizio sullrsquoimpero non toglie il fattoche il primo abbia profondamente influito sullrsquoAlighieri che piugrave volte lo cita e che inMon III III 13 ne sottolinea esplicitamente lrsquoauctoritas in quanto dottore della Chie-sa ispirato direttamente dallo Spirito Santo Unrsquoutile panoramica sui vari studi che sisono occupati fin dalla fine dellrsquo800 dellrsquoinfluenza di Agostino sullrsquoopera dellrsquoAli-ghieri (anche ma non solo riguardo al pensiero politico dove piugrave marcata egrave la diffe-renza fra i due) in E BRILLI Firenze e il profeta Dante fra teologia e politica RomaCarocci 2012 pp 239-70 Nel volume lrsquoautrice mostrando come il tema della terre-na civitas sia vivo nella tradizione medievale dove diventa piugrave precisamente quellodella civitas diaboli di cui si riconoscono diverse rappresentazioni nella storia anchecontemporanea analizza nellrsquoopera dantesca la civitas diaboli sub specie Florentiae eriguardo al rapporto fra la Commedia e il De civitate Dei conclude che laquoallontanan-dosi Dante su Roma la tradizione agostiniana rimaneva viva nella sua memoria e mu-tatis mutandis Dante riutilizzograve rappresentazioni e argomenti agostiniani per forma-lizzare una materia diversa da quella in riferimento alla quale quelle rappresentazio-ni e quegli argomenti erano (in parte) nati In particolare Dante riutilizzograve il reperto-rio topico e il complesso impianto argomentativo di Agostino contro lrsquoImpero roma-no ai fini della propria polemica contro Firenzeraquo (ivi p 270)

questo modo insieme allrsquoimpero anche la stessa Urbs egrave sottratta auna valorizzazione esclusivamente cristiana alla fine del V capitolodel IV trattato infatti Dante sicuro di aver dimostrato laquoche spezialnascimento e spezial processo da Dio pensato e ordinato fosse quel-lo della santa cittaderaquo afferma laquoCerto di ferma sono oppinione chele pietre che nelle mura sue stanno siano degne di reverenza e losuolo dovrsquoella siede sia degno oltre quello che per li uomini egrave pre-dicato e aprovatoraquo (Conv IV V 20) Queste parole non solo sem-brano capovolgere il giudizio di Agostino che in De civitate XV 5 ri-cordando come allrsquoorigine dellrsquoUrbe vi fosse stato il fratricidio com-piuto da Romolo nei confronti di Remo citava la Pharsalia di Luca-no per ricordare che quelle stesse mura grondavano di sangue fra-terno71 ma affermando che lo laquosuoloraquo dove si trova la laquosanta citta-deraquo egrave laquodegno oltre quello che per li uomini egrave predicato e aprovatoraquosembrano anche voler decisamente correggere quella concezione diRoma (che si era andata affermando a partire dalla fine dellrsquoetagrave an-tica in concomitanza quindi da una parte col declino politico del-la cittagrave e dallrsquoaltra collrsquoascesa della sua importanza religiosa in quan-to sede apostolica) che aveva legato in modo esclusivo la sua ldquove-nerabilitagraverdquo al fatto che il martirio degli apostoli Pietro e Paolo avreb-

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 65

72 Cfr M MACCARONE La concezione di Roma cittagrave di Pietro e Paolo da Damasoa Leone I in Roma Costantinopoli Mosca Atti del I Seminario Internazionale di Stu-di Storici ldquoDa Roma alla terza Romardquo 21-23 aprile 1981 Napoli Edizioni Scientifi-che Italiane 1983 pp 63-85 e in particolare p 63 laquoLa Roma christiana non egrave una Ro-ma cristianizzata come poteva dirsi di ogni cittagrave del mondo greco-romano Vieneconcepita e proposta come una Roma non contrapposta alla Roma classica e imperialema che ad essa subentra e che la supera a motivo dei nuovi titoli che possiede Egrave in-fatti diversa e nuova rispetto alla vecchia Roma sia per la sua origine fatta derivaredagli Apostoli Pietro e Paolo sia per il suo nuovo volto di cittagrave santuario dei cristia-ni che ha modificato la stessa topografia urbana sia soprattutto percheacute in essa risie-de e svolge la sua azione universale la sedes apostolicaraquo Ed egrave interessante osservaresempre con MACCARONE (ivi p 72) che giagrave Rutilio Namaziano nel 417 ricordandoi limina sacra dei templi pagani che egrave andato a visitare a Roma prima della partenzaper il ritorno nella sua terra natia (De red suo I 43-46) sembri tacitamente rivendicarela sacralitagrave tradizionale dellrsquoUrbe rispetto a quella nuova dei limina apostolorum PerDante invece la ldquosacralitagraverdquo pagana e quella cristiana di Roma non sono in contrad-dizione come ben si capisce anche da Inf II 20-27 ad Enea scelto dal cielo come pa-dre laquode lrsquoalma Roma e di suo imperoraquo fu permessa la discesa agli Inferi in funzionedella laquosua vittoriaraquo e quindi dellrsquoimpero ma anche in funzione laquodel papale amman-toraquo La ldquocristianizzazionerdquo di Roma non egrave quindi una rifondazione che pone una ori-gine diversa da quella della precedente storia pagana dellrsquoUrbe percheacute proprio quel-la storia egrave stata voluta da Dio non solo per lrsquoaffermarsi dellrsquoimpero ma anche percheacuteRoma diventasse laquolo loco santo ursquo siede il successor del maggior Pieroraquo

be non solo fondato il primato della Chiesa di Roma ma quasi ldquori-fondatordquo ex-novo la cittagrave stessa 72

Cosigrave proprio alla fine della digressione sullrsquoimpero romano (cheal di lagrave della logica argomentativa con cui viene introdotta ben sicolloca lo ripetiamo in questo IV trattato del Convivio dedicato aunrsquoetica autonoma nel senso precisato sopra rispetto ad ogni finetrascendente) si riconosce a Roma un valore che se egrave sicuramenteimprescindibile da quella laquodivina bontaderaquo che ha reso possibililaquotante mirabili operazioniraquo (Conv IV V 17) non lo egrave altrettanto equesto saragrave il tema esplicito della Monarchia da quel papato checongiungendo laquola spada col pasturaleraquo (Purg XVI 109-10) ha prete-so lrsquoldquoesclusivardquo sulla cittagrave eterna

FRANCESCA FONTANELLA66

73 Secondo Dante infatti laquoAristotele quando diceva che non puograve essere del tut-to falso ciograve che pare vero ai piugrave intendeva certamente riferirsi al giudizio fondato sul-la ragione e non a quello che egrave frutto della sola apparenza sensibile Perciograve chi con-traddice lrsquoopinione del ldquovolgordquo non contrasta affatto la sua autoritagrave ma anzi la con-ferma e lrsquoonoraraquo VASOLI Introduzione cit p XLIII Ma vd anche supra n 7

13 laquoQuesto ufficiale posto di cui si parla cioegrave lo Imperadoreraquo(Conv IV IX 8)

Prima di passare allrsquoanalisi della Monarchia ricordiamo lrsquoargo-mentazione generale in cui si collocano questi capitoli che abbiamoanalizzato percheacute ciograve permette dopo aver osservato il valore attri-buito allrsquoimpero romano di specificare in esso la concezione della fi-gura imperiale Dante ha inteso dimostrare come lrsquoimperatore Fe-derico II non debba essere seguigraveto per quanto riguarda la definizio-ne della nobiltagrave ma non volendo con questa dimostrazione indurrelrsquoerrore di mettere in discussione la necessitagrave e la bontagrave dellrsquoimperoha ritenuto necessario in via preliminare ribadirne il valore (Conv IVIV-V) Dopo aver in modo analogo dedicato il VI capitolo a ribadireil valore dellrsquoautoritagrave e dellrsquoeccellenza di Aristotele fra tutti i filoso-fi nel VII afferma che egrave errata lrsquoopinione del volgo che ritiene la no-biltagrave legata alla stirpe mentre nel capitolo VIII dopo aver dimostra-to come la confutazione di questa communis opinio non sia in real-tagrave in contraddizione con il pensiero aristotelico che affermava nonpoter essere del tutto falso ciograve che pare vero ai piugrave73 asserisce che ta-le confutazione non egrave nemmeno un atto laquocontro la reverenza de loImperioraquo (Conv IV VIII 10) in quanto nel caso della definizione del-la nobiltagrave lrsquouomo non egrave laquodebitamente a la imperiale maiestagrave subiet-toraquo (Conv IV VIII 16) Tale affermazione per essere dimostrata ri-chiede ed egrave lrsquoargomento del IX capitolo la definizione degli ambitidi competenza e quindi dei limiti dellrsquoesercizio dellrsquoautoritagrave impe-riale questa laquoa perfezione dellrsquoumana vita fu trovataraquo e per questolaquoella egrave regolatrice e rettrice di tutte le nostre operazioni giusta-menteraquo (Conv IV IX 1) ma come tutto nella terra ha fine anchequesta autoritagrave ha un limite che le egrave posto da Dio (Conv IV IX 2-3)essendo chiamata a regolare non tutte le operazioni umane ma so-lo quelle che si possono realmente definire laquonostreraquo in quanto laquosu-biacciono alla ragione e alla volontade cheacute se in noi egrave lrsquooperazione

digestiva questa non egrave umana ma naturaleraquo (Conv IV IX 4) Inoltreanche riguardo alle ldquooperazioni razionalirdquo alcune74 sono sottopostealla nostra volontagrave solo nel senso che sono oggetto della nostra con-siderazione speculativa (che come tutte le attivitagrave umane egrave volonta-ria) ma non lo sono di per seacute percheacute non ne dipendono laquocheacute per-cheacute noi volessimo che le cose gravi salissero per natura suso e per-cheacute noi volessimo che rsquol silogismo con falsi principii conchiudesseveritade dimostrando e percheacute noi volessimo che la casa sedesse co-sigrave forte pendente come diritta non sarebbe perograve che di queste ope-razioni non fattori propiamente ma li trovatori semo altri lrsquoordinogravee fece maggiore fattoreraquo (Conv IV IX 6) altre ldquooperazionirdquo invececome laquooffendere e giovare [hellip] star fermo e fuggire alla battaglia[hellip] stare casto e lussuriare [hellip] del tutto suggiacciono alla nostravolontade e perograve semo detti da loro buoni e rei perchrsquoelle sono pro-pie nostre del tuttoraquo (Conv IV IX 7) In queste bisogna osservarelrsquolaquoequitaderaquo (Conv IV IX 8) ma siccome ci si puograve allontanare daquesta non solo volontariamente ma

per non sapere quale essa si sia [hellip] trovata fu la ragione scritta per mo-strarla e per comandarla [hellip] E perograve egrave scritto nel principio del Vecchio Di-gesto laquoLa ragione scritta egrave arte di bene e drsquoequitaderaquo A questa scrivere mo-strare e comandare egrave questo ufficiale posto di cui si parla cioegrave lo Impera-dore al quale tanto quanto le nostre operazioni propie che dette sono sistendono siamo subietti e piugrave oltre no (Conv IV IX 8-9)

laquoE piugrave oltre noraquo con questa limitazione si rivendica quindiunrsquoldquoautonomia del sapere dal potererdquo grazie alla quale si potragrave li-beramente procedere nei successivi capitoli del IV trattato ad ar-gomentare filosoficamente una ldquoverardquo definizione di nobiltagrave Lrsquoam-bito dellrsquoautoritagrave imperiale egrave invece un altro quello della laquoragionescrittaraquo ovvero lo abbiamo visto del diritto romano75 ed egrave compi-

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 67

74 Quelle elencate in Conv IV IX 5 laquocheacute operazioni sono che ella solamente con-sidera e non fa neacute puograve fare alcuna di quelle sigrave come sono le cose naturali e le sopra-naturali e le matematice e operazioni che essa considera e fa nel propio atto suo lequali si chiamano razionali sigrave come sono arti di parlare e operazioni sono che ella con-sidera e fa in materia di fuori di seacute sigrave come sono arti meccaniceraquo

75 Vd supra n 32 E cosigrave era stato infatti definito dai giuristi dei secoli XII-XIIIper i quali laquolrsquoesigenza [hellip] di un diritto universalmente valido la si sentiva giagrave sod-

to specifico dellrsquoimperatore formulare promulgare e far osservarequesto diritto secondo quanto Dante aveva precedentemente affer-mato nel passo sopra riportato del Convivio laquoquello che elli [scillrsquoimperatore] dice a tutti egrave legge e per tutti dee essere obedito eogni altro comandamento da quello di costui prendere vigore e au-toritaderaquo (Conv IV IV 7) Questa idea di un potere legislativo che ap-partiene specificatamente allrsquoimperatore si trovava come abbiamogiagrave osservato nel Corpus giustinianeo76 tanto che lrsquoimperatore veni-va ad identificarsi con la lex (laquolex animataraquo)77 identificazione que-sta largamente presente anche nella giurisprudenza medievale78 Ma

FRANCESCA FONTANELLA68

disfatta dal diritto dellrsquoImpero che era lo stato universale [hellip] Per di piugrave il diritto ro-mano nella sistemazione giustinianea possedeva oggettivamente un aspetto tale dicompletezza e di perfezione da poter essere accettato come il Diritto per antonoma-sia ciograve che fu detto lsquoratio scriptarsquoraquo G FASSOgrave Storia della filosofia del diritto I Anti-chitagrave e medioevo Roma-Bari Laterza 2004 p 178 Ma cfr anche P FIORELLI Sulsenso del diritto nella laquoMonarchiaraquo in laquoLetture classensiraquo 16 1987 pp 88-90 doveattraverso lrsquoetimologia della parola ragione (ratio) si ricostruisce la storia del laquocon-guaglio tra ragione e iusraquo

76 Cfr anche Cod 114121 (Imperator Justinianus) laquoQuid enim maius quidsanctius imperiali est maiestate vel quis tantae superbiae fastidio tumidus est ut re-galem sensum contemnat cum et veteris iuris conditores constitutiones quae ex im-periali decreto processerunt legis vicem obtinere aperte dilucideque definiuntraquo

77 Cfr Nov 105 2 4 laquoOmnibus enim a nobis dictis imperatoris excipiatur for-tuna cui et ipsas deus leges subiecit legem animatam eum mittens hominibusraquo Lrsquoesi-genza di persone che interpretino e incarnino la legge era giagrave stata affermata nel pen-siero filosofico greco (PLATONE Politico 293d-294c e ARISTOTELE Pol III 1284a) e aquesta tradizione accademico peripatetica aveva probabilmente attinto Cicerone nelDe legibus nel passo dove aveva affermato laquoVidetis igitur magistratus hanc esse vimut praesit praescribatque recta et utilia et coniuncta cum legibus Ut enim magistra-tibus leges ita populo praesunt magistratus vereque dici potest magistratum legemesse loquentem legem autem mutum magistratumraquo (De leg III 2) cfr F FONTANEL-LA Politica e diritto naturale nel De legibus di Cicerone Roma Edizioni di Storia eLetteratura 2012 p 80 e note La dottrina del νόμος ἔμψυχος si era perograve affermatapiugrave precisamente nellrsquoambito delle monarchie ellenistiche in connessione col potereregale ed era stata poi ripresa nel IV secolo da Temistio nelle sue orazioni (eg cfr OrV 2 64b con particolare riferimento a Teodosio XVI 212d XIX 228a)

78 Per la recezione e lo sviluppo dellrsquoidea del monarca come lex animata che si so-vrappone a partire dai secoli XII-XIII a quella del re come typus Christi predomi-nante nei secoli precedenti risulta sempre particolarmente utile e interessante la do-cumentazione e la relativa analisi in KANTOROWICZ I due corpi del re cit il capitoloIV La regalitagrave giuricentrica pp 76-165 e specialmente le pp 109-23

in questo IX capitolo del IV trattato Dante accoglie anche una defi-nizione di Ulpiano che a sua volta cita Celso e che si trova proprionellrsquoincipit del Digesto (Dig 111 pr1 laquoIuri operam daturum priusnosse oportet unde nomen iuris descendat Est autem a iustitia ap-pellatum nam ut eleganter Celsus definit ius est ars boni et aequiraquo)79colla quale attraverso la parola aequitas si collega il ius romano a unfondamento giusnaturalistico80 lrsquoAlighieri conferma cosigrave chiara-mente di intendere il diritto romano come la piugrave alta e perfetta for-ma della legge espressione del ius naturae e pertanto del vertice del-la ragione umana laquoragione scrittaraquo81 Il pensiero medievale aveva ri-preso e tentato di risolvere proprio attraverso il ricorso al dirittonaturale quella antinomia fra un laquoprinceps imago aequitatisraquo maallo stesso tempo laquoservus aequitatisraquo (cosigrave nel Policraticus di Gio-vanni di Salisbury)82 ovvero laquoiustitiae pater et filius dominus et mi-nisterraquo (cosigrave nel Liber augustalis pubblicato da Federico II)83 che

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 69

79 Tale definizione nellaMonarchia (II V 1) saragrave considerata una laquodescriptioraquo in-sufficiente a definire il diritto in quanto laquonon dicit quod quid est iuris sed describitillud per notitiam utendi illoraquo ma su questo passo vd infra

80 Il passo egrave ampiamente discusso e interpretato in questo senso in A SCHIAVO-NE Ius Lrsquoinvenzione del diritto in Occidente Torino Einaudi 2005 pp 361-71 e no-te alle pp 488-95 Cfr anche V MAROTTA Iustitia vera philosophia e natura Una no-ta sulle Institutiones di Ulpiano in Testi e problemi del giusnaturalismo romano a cu-ra di D Mantovani e A Schiavone Pavia IUSS Press 2007 pp 563-601 e FONTA-NELLA Politica e diritto naturale nelDe legibus di Cicerone cit pp 115-32 In parti-colare proprio sulla recezione dantesca dellrsquoaequitas classica in questo passo del Con-vivio e in Mon II V 1-2 si veda R RUGGIERO Una definizione del diritto in Del no-mar parean tutti contenti Studi offerti a Ruggiero Stefanelli a cura di P GuaragnellaMB Pagliara P Sabbatino L Sebastio Bari Progredit 2011 pp 142-62 pp 148-53

81 Cfr la voce Diritto Romano di F CANCELLI (1970) nellrsquoEnciclopedia Dantescaconsultabile sul sito httpwwwtreccaniitenciclopediadiritto-romano_(Enciclo-pedia-Dantesca)

82 I passi sono riportati e commentati da KANTOROWICZ I due corpi del re cit pp82-84

83 Ivi pp 84-93 con fonti Per quanto riguarda gli appellativi di iustitiae dominuse pater ricordiamo che nellrsquoantico impero da Augusto fino allrsquoetagrave degli Antonini lastoriografia giudica positivamente quegli imperatori che avevano rifiutato lrsquoappella-tivo latino di dominus (SVET Aug 53 Tib 27 TAC Ann II 87 XII 11) e quindi lrsquoar-bitrarietagrave assoluta del potere imperiale particolarmente significativo per lrsquoargomen-to che ci interessa quel passo del Panegirico di Plinio a Traiano dove dopo aver as-

trovava anchrsquoessa il suo precedente nel codice giustinianeo nellrsquoan-tinomia fra un laquoprinceps legibus solutusraquo ma allo stesso tempo laquole-gibus alligatusraquo84 La soluzione egrave cosigrave sintetizzata da Egidio Roma-

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serito che laquosunt diversa natura dominatio et principatusraquo (Paneg 45) leggiamo laquoip-se te legibus subiecisti legibus Caesar quas nemo principi scripsit Sed tu nihil am-plius vis tibi licere quam nobis sic fit ut nos tibi plus velimus Quod ego nunc pri-mum audio nunc primum disco non est princeps supra leges sed leges supra prin-cipemraquo (Paneg 65 1-3) Dopo Costantino invece unrsquoiscrizione celebra ValentinianoI come laquolegum domino Romanorum iustitiae aequitatisque rectoriraquo (ILS 765) men-tre nelle Novellae (124) Giustiniano si proclameragrave laquolegis paterraquo

84 La stessa idea dellrsquoimperatore come laquolex animataraquo poteva comportare lrsquoideadella sua superioriagrave rispetto alle leggi (cosigrave in Nov 10524 riportata supra alla n 77)in modo conforme allrsquoimmagine di un laquoprinceps legibus solutusraquo di cui si puograve giagravetrovare traccia in una clausola della Lex de imperio Vespasiani (clausola da noi cono-sciuta solo attraverso la famosa epigrafe esposta nel 1347 nella Basilica di San Gio-vanni in Laterano da Cola di Rienzo) che prevedeva che limitatamente alle leggi e aiplebisciti che non avevano vincolato Augusto Tiberio e Claudio laquoiis legibusque sci-tis imp(erator) Caesar | Vespasianus solutus sitraquo (FIRA I15 ll 24-25) Tale clausolaldquodiscrezionalerdquo egrave comunque ancora ben lontana dalla massima piugrave generale del laquoprin-ceps legibus solutusraquo che si trova invece attestata dallrsquoetagrave severiana anche se in pas-si di cui si discute se il riferimento non sia invece cosigrave generale ma piuttosto anche inquesti casi rivolto a situazioni specifiche ad es in Dig 1331 (Ulpianus 13 ad l iulet pap) dove si riporta un passo di Ulpiano che si riferisce alle leges Iulia et Papia chelimitando alcune capacitagrave giuridiche dei celibi o dei coniugati senza figli facevanoeccezione per il principe che si trovasse in queste condizioni laquoPrinceps legibus solu-tus est augusta autem licet legibus soluta non est principes tamen eadem illi privile-gia tribuunt quae ipsi habentraquo Inoltre la raccolta giustinianea riporta anche quei pas-si in cui si cita questo principio per affermare perograve che non egrave opportuno applicarlocome ad esempio in Cod 6233 (Imperator Alexander Severus) laquolicet enim lex im-perii sollemnibus iuris imperatorem solverit nihil tamen tam proprium imperii est utlegibus vivereraquo (dove con laquolex imperiiraquo ci si riferiragrave probabilmente sempre alla laquolexregiaraquo) Ma cfr anche Dig 3223 (Paulus 5 sent) laquodecet enim tantae maiestati eas ser-vare leges quibus ipse solutus esse videturraquo e Inst 2178 laquosecundum haec divi quo-que Severus et Antoninus ndash (scil Settimio Severo e Caracalla) ndash saepissime rescripse-runt ldquolicet enimrdquo inquiunt ldquolegibus soluti sumus attamen legibus vivimusrdquoraquo E an-cora dopo Costantino pur se lrsquoimperatore diventa in modo quasi esclusivo legislato-re e interprete delle norme la famosa digna vox del 429 affermeragrave laquoDigna vox maie-state regnantis legibus alligatum se principem profiteri adeo de auctoritate iuris no-stra pendet auctoritas et re vera maius imperio est submittere legibus principatumraquo(Cod 1144 [Imperatores Theodosius Valentinianus]) cfr L DE GIOVANNI Il prin-cipe e la legge dalla lex de imperio Vespasiani al mondo tardoantico in La lex deImperio Vespasiani e la Roma dei Flavi cit pp 219-30

no nel suo De regimine principum (dove in I II 12 egrave ripresa anche ladefinizione del laquoprincepsraquo come laquoanimata lexraquo) laquoSciendum est re-gem et quemlibet principantem esse medium inter legem naturalemet positivam [hellip] Quare positiva lex est infra principantem sicut lexnaturalis est supra et si dicatur legem aliquam positivam esse supraprincipantem hoc non est ut positiva sed ut in ea reservatur virtusiuris naturalisraquo (III II 29)85 E poco prima Federico II proprio in ri-ferimento alle sue prerogative imperiali aveva affermato nella X As-sise di Capua laquoSed quamquam soluta imperialis a quibuscumquelegibus sit maiestas sic tamen in totum non est exempta iudicio ra-tionis que iuris est materraquo86 Lrsquoimperatore del Convivio si collocaquindi in questa tradizione del pensiero filosofico e giuridico me-dievale secondo la quale lrsquoimperatore egrave signore e artefice della leg-ge positiva ma in quanto nellrsquoesercizio di tale prerogativa segue lalegge naturale in modo da essere piugrave ldquoinventorerdquo (nel senso di ldquosco-pritorerdquo) che ldquocreatorerdquo del diritto

LrsquoAlighieri sembra perograve compiere unrsquoulteriore passo ricono-scendo alla laquofilosofica autoritaderaquo un ruolo specifico nellrsquoldquoinvenzio-nerdquo di questo diritto espressione della ratio naturale nei capitoli do-ve si era dimostrata la massima autoritagrave di Aristotele in campo filo-sofico in quanto laquola perfezione di questa moralitade per Aristotileterminata fueraquo (Conv IV VI 16) si era infatti concluso che laquonon re-pugna [la filosofica] autoritade alla imperiale ma quella sanza que-sta egrave pericolosa e questa sanza quella egrave quasi debile non per seacute maper la disordinanza della gente sigrave che lrsquouna collrsquoaltra congiunta uti-lissime e pienissime sono drsquoogni vigoreraquo (Conv IV VI 17) quasi a di-re che laquola Filosofia ha bisogno dellrsquoimpero per regolare efficacementei costumiraquo ma laquolrsquoimpero ha bisogno della filosofia per sapere comeregolare i costumi secondo giustizia e veritagraveraquo87 Nella Monarchia do-

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 71

85 KANTOROWICZ I due corpi del re cit pp 116-18 con altre fonti86 Citato ivi a p 92 dove si osserva che laquoEra una dottrina non priva di rischi

poicheacute lrsquointerpretazione della ragione poteva facilmente dipendere solo dal principe[hellip] tuttavia nella filosofia giuridica essa manteneva ancora le sembianze di una deandash una manifestazione della natura eguale a Dioraquo (ivi p 93) Ma cfr anche la voce As-sise di Capua (Federiciana 2005) a cura di A CERNIGLIARO consultabile nella edizio-ne online dellrsquoEnciclopedia Treccani (httpwwwtreccaniitenciclopediaassise-di-capua_(Federiciana))

87 GILSON Dante e la filosofia cit p 138

ve si riconosceragrave esplicitamente allrsquoimperatore il compito di condur-re laquosecundum phylosophica documenta genus humanum ad tempo-ralem felicitatemraquo (Mon III XV 10) Dante sembreragrave vagheggiare so-lo la figura dellrsquoimperatore-filosofo88 qui nel Convivio si contemplainvece anche la figura del filosofo-consigliere del principe come ri-sulta nellrsquoapostrofe rivolta ai regnanti contemporanei allrsquoAlighierilaquoOh miseri che al presente reggete e oh miserissimi che retti sietecheacute nulla filosofica autoritade si congiunge colli vostri reggimenti neacuteper propio studio neacute per consiglioraquo (Conv IV VI 19)

Lrsquoidea del filosofo-consigliere egrave vecchia almeno quanto Platonee per la sua attuazione quasi mai felice basti pensare allrsquoesempiodello stesso Platone con Dione e Dionigi di Siracusa o a quello diAristotele con Alessandro Magno o ancora a quello di Seneca conNerone e cosigrave via mentre per la figura dellrsquoimperatore filosofo ri-cordo come caso esemplare del mondo antico quello di Marco Au-relio Il fatto perograve che nel Convivio si auspichi la ldquocongiunzionerdquodella filosofia con un imperatore connotato prevalentemente in rap-porto al ius non puograve non richiamare alla mente Cicerone questinon solo aveva auspicato e in un certo senso ldquoincarnatordquo la figura delpolitico-filosofo89 ma nel De legibus dopo aver identificato la lexcon quella ratio naturale che coincide con la mens del sapiens90 ave-va affermato che proprio per questo solo il sapiens puograve riconosceree interpretare questa legge suprema (De leg I 19 62 II 8) ed inquanto sapiens aveva nel suo trattato ldquoscopertordquo ed enunciato le leg-gi conformi al ius naturae91 Dante quasi sicuramente non conosce-va il De legibus92 ma il pensiero ciceroniano trovava immediato ri-

FRANCESCA FONTANELLA72

88 Fatta eccezione per il ldquofinalerdquo della Monarchia (III XV 18) su cui vd infra (macfr sempre infra anche n 105)

89 Cfr eg CIC Fam XV 16 (del 51 aC) in cui lrsquoautore parlando di seacute e di Ca-tone afferma laquosoli [hellip] nos philosophiam veram illam et antiquam [hellip] in forum at-que in rem publicam atque in ipsam aciem paene deduximusraquo

90 De Leg II 11 laquoilla lex [hellip] est enim ratio mensque sapientis ad iubendum etad deterrendum idonearaquo cfr anche De leg I 18-19 II 8

91 Cfr FONTANELLA Politica e diritto naturale nelDe legibus di Cicerone cit pp13-14

92 I piugrave antichi codici del De legibus a noi pervenuti furono scritti in Francia a me-tagrave del IX secolo e custoditi nellrsquoabbazia di Corbie cfr P CHIESA Adoardo di Corbiee i lettori del lsquoDe legibusrsquo in etagrave carolingia in Cicerone e il diritto nella storia drsquoEuro-

scontro nella giurisprudenza romana dato che giagrave con Servio Sul-picio Rufo (giurista contemporano di Cicerone) e successivamentecon Labeone (giurista di etagrave augustea) si era realizzato laquoun punto digiuntura fra la tradizione retorico filosofica e il lavoro dei giuristi ilparadigma giusnaturalistico [hellip] sarebbe diventato da allora in poi[hellip] uno dei fili di trama della loro riflessione fino alla definitivaconsacrazione ulpianearaquo93 quando i giuristi non potendo piugrave com-petere col princeps nella creazione del ius ne assumono perograve unasorta di ldquocontrollordquo misurando e confermando i contenuti della le-gislazione in riferimento a un criterio di giustizia naturale e quindiuniversale applicabile a tutto lrsquoimpero94 Per questo aveva sostenu-to Ulpiano proprio di seguito al passo in cui riporta la definizione diius data da Celso laquocrsquoegrave chi a ragione ci chiama sacerdotesraquo95 in quan-

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 73

pa Atti del XIII Colloquium Tullianum Milano 27-29 marzo 2008 in laquoCiceronianaraquons XIII 2009 pp 101-16 Da Corbie il trattato si diffuse in Francia nella Germaniameridionale e in Inghilterra ma per la sua diffusione in Italia dobbiamo attendere ilPetrarca che conosce (e cita Fam II 2 1 6 19 XXIV 4 14) un testo che discende daunrsquoedizione del XII secolo in parte indipendente da quella dei codici di Corbie cfrAR DYCK A commentary on Cicero De legibus Ann Arbor The University of Mi-chigan Press 2004 pp 41-42 Mi parebbe quindi una pura illazione in assenza di al-tri riscontri supporre che Dante avesse conosciuto il testo in Francia sempre am-messo che si accetti come veritiera la notizia del viaggio del poeta a Parigi tramanda-ta da Boccaccio nel Trattatello in laude di Dante

93 SCHIAVONE Ius cit p 264 Ma cfr anche G FALCONE La lsquovera philosophiarsquo deilsquosacerdotes iurisrsquo Sulla raffigurazione ulpianea dei giuristi (D1111) in laquoAnnali del se-minario giuridico della Universitagrave di Palermoraquo 49 2004 (consultabile allrsquoindirizzowwwarchaeogateorgstorageFalcone1pdf) dove proprio riguardo al passo di Ul-piano riportato in Dig1111 (che riporto infra alla n 96) si ipotizza un rapporto colDe legibus di Cicerone che non si ridurrebbe a laquouna generica ispirazione o [hellip] echidi alcune idee che espresse nello scritto ciceroniano si sono sedimentate nella com-plessiva cultura di Ulpiano Piuttosto il giurista severiano dovette avere costantemen-te davanti agli occhi il De legibus come apposito modello e organizzare la propria scrit-tura esattamente (staremmo per dire fedelmente) sulla falsariga del testo di Ciceroneraquop 41 del pdf lrsquoargomentazione di questa ipotesi occupa tutte le pp 42-69

94 SCHIAVONE Ius cit pp 361-8995 laquoAl riguardo in aggiunta allrsquoeventualitagrave che Ulpiano riproponga piugrave o meno

consapevolmente lrsquooriginaria attribuzione del sapere e dellrsquooperare giuridici ai pon-tefici egrave possibile richiamare con la generalitagrave degli studiosi le parole dello stesso Ul-piano lsquosanctissima civilis sapientiarsquo e lsquoingressus sacramentirsquo o la qualifica lsquoantistes iu-risrsquo da parte di Quintiliano (Inst or XI 69) o ancora lrsquoesistenza di unrsquoepigrafe recan-

to laquoveneriamo la giustizia [hellip] aspirando se non sbaglio alla vera enon alla falsa filosofiaraquo96 Come osserva Schiavone laquoCicerone avevaa suo tempo cercato di fondare il diritto romano ex intima philoso-phia e Ulpiano stesso doveva averlo avuto ben presenteraquo nel suo ten-tativo di assimilare la propria dottrina alla filosofia in modo da tra-smettere laquolrsquoidea [hellip] che esistesse un rapporto profondo e privile-giato fra ricerca della giustizia e raggiungimento della veritagrave e che igiuristi fossero i custodi per eccellenza di questo legameraquo97 I gran-di giuristi dellrsquoetagrave dei Severi avevano quindi rivendicato a seacute questoruolo di sacerdotes del diritto prima che a partire dallrsquoetagrave costanti-niana gli imperatori diventassero non solo legislatori ma anche in-terpreti della legislazione98 La giurisprudenza medievale aveva bencompreso e fatto proprio questo ruolo di sacerdotes degli antichi giu-risti romani99 ma anche in etagrave medievale presto si dedusse che laquociograveche si confaceva ai giudici si confaceva anche al principe che do-po tutto era a capo della gerarchia giuridicaraquo100 per cui questo ran-

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te proprio lrsquoespressione lsquosacerdos iurisrsquo (CIL VI 2250)raquo FALCONE La lsquovera philoso-phiarsquo dei lsquosacerdotes iurisrsquo cit n 111

96 Cfr il giagrave citato Dig 111 pr (Ulpianus 1 inst) insieme a Dig 1111 (Ulpia-nus 1 inst) laquoIuri operam daturum prius nosse oportet unde nomen iuris descendatEst autem a iustitia appellatum nam ut eleganter Celsus definit ius est ars boni et ae-qui Cuius merito quis nos sacerdotes appellet iustitiam namque colimus et boni et ae-qui notitiam profitemur aequum ab iniquo separantes licitum ab illicito discernentesbonos non solum metu poenarum verum etiam praemiorum quoque exhortatione ef-ficere cupientes veram nisi fallor philosophiam non simulatam affectantesraquo

97 SCHIAVONE Ius cit pp 370-71 98 Per la lsquoldquosvolta costantinianardquo cfr D MANTOVANI Il diritto da Augusto al Theo-

dosianus in E GABBA-D FORABOSCHI-D MANTOVANI-E LO CASCIO-L TROIANI In-troduzione alla storia di Roma Milano LED 1999 pp 465-534 pp 505-23 e egCod 1141 (Imperator Constantinus) laquoInter aequitatem iusque interpositam inter-pretationem nobis solis et oportet et licet inspicereraquo Cod 114123 (Imperator Ju-stinianus) laquoDefinimus autem omnem imperatoris legum interpretationem sive in pre-cibus sive in iudiciis sive alio quocumque modo factam ratam et indubitatam haberiSi enim in praesenti leges condere soli imperatori concessum est et leges interpreta-ri solum dignum imperio esse oportetraquo E infatti anche se al di fuori dellrsquoambito giu-ridico Simmaco nella famosa lettera a Teodosio riguardante lrsquoaltare della Vittoriachiama gli imperatori laquoiustitiae sacerdotesraquo (Ep X 3 15)

99 Fonti in KANTOROWICZ I due corpi del re cit pp 103-107 e 119-20100 Ivi p 107

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 75

go di sacerdos venne anche trasferito ai principes101 La posizione del-lrsquoAlighieri nel Convivio appare invece piugrave vicina a quella sostenutadai giuristi dellrsquoetagrave severiana che a quella delle etagrave successive il ruo-lo specifico assegnato alla filosofia nei confronti dei governanti com-pleta infatti il riferimento alla prima parte del passo di Ulpiano e aicompiti giuridici dellrsquoimperatore in modo molto simile a ciograve che que-sti giuristi avevano sostenuto102 Cosigrave in unrsquoopera che ha come in-tento dichiarato quello di laquofare un generale convivioraquo delle bricioledi quel sapere che laquotutti li uomini naturalmente desideranoraquo (ConvI I 1) ma da cui per laquodiverse cagioniraquo possono essersi tenuti lontano(Conv I I 2-6) Dante sembra includere fra questi uomini anche chidovrebbe trovarsi al vertice del potere politico103 lrsquoimperatore ri-cordando innanzitutto che il suo potere si fonda sul diritto ovverosu una prerogativa che ne delimita lrsquoambito in quanto esistono altriambiti da lui indipendenti come quello ldquofilosoficordquo della definizio-ne della nobiltagrave poi che questo diritto egrave quella laquoragione scrittaraquo dicui egli dovrebbe essere piuttosto lrsquoinventore (nel senso dello sco-pritore) che il creatore e infine che anche in tale laquoinvenzioneraquo sa-rebbe pericoloso prescindere dalla laquofilosofica autoritaderaquo o per me-glio dire cosigrave come egrave stato osservato a proposito del passo di Ul-piano sopra ricordato laquoil sovrano poteva legiferare come gli piace-va [hellip] ma il controllo sulla corrispondenza dei suoi provvedimen-ti alla veritagrave e alla giustizia [hellip] non si trovava nelle sue mani nongli appartenevaraquo104 E questo controllo nel Convivio non spetta al

101 Ivi pp 107-109 102 E la vicinanza appare ancora piugrave evidente se si tiene conto del carattere es-

senzialmente etico che la filosofia riveste per Dante nel IV trattato del Convivio (vdsupra) e del fatto che nella contrapposizione ulpianea fra vera e falsa philosophia si ri-specchia molto probabilmente una contrapposizione risalente almeno a Platone eben presente laquonei circuiti intellettuali di I e II secolo [hellip] tra la riflessione etica chesi occupa tra gli altri temi della iustitia e dellrsquoaequitas e che egrave qualificata lsquovera phi-losophiarsquo e la dialettica fine a se stessa la sofistica una riflessione che anzicheacute ci-mentarsi con lrsquohonestum e con le virtutes egrave impegnata nelle cavillationes e nei sillogi-smi e perciograve della filosofia reca solo il nomeraquo FALCONE La lsquovera philosophiarsquo dei lsquosa-cerdotes iurisrsquo cit p 24 del pdf

103 Drsquoaltronde fra le ragioni che impediscono di dedicarsi alla sapienza Dante ri-corda proprio la laquocura civileraquo Conv I I 4

104 SCHIAVONE Ius cit p 378

giurista ma piuttosto a chi come lrsquoAlighieri laquofuggito della pasturadel vulgoraquo (Conv I I 10) si egrave innamorato di quella laquobellissima e one-stissima figlia dello Imperadore dellrsquouniverso alla quale Pittagorapuose nome Filosofiaraquo (Conv II XV 12)105

2 La Monarchia

Nella Monarchia (la cui datazione tuttora discussa egrave collocabi-le in un periodo che va dal 1308 fino al 1317-1318)106 lrsquoautore vo-

FRANCESCA FONTANELLA76

105 Egrave interessante osservare come ha mostrato recentemente U CARPI LrsquoInfernodei guelfi e i principi del Purgatorio Milano Franco Angeli 2013 che ciograve che Dantescrive nel Convivio egrave profondamente legato allrsquoesperienza da lui vissuta nellrsquoesilioquando laquopovero e sbandato quanto si voglia inibito a scrivere dalle condizioni og-gettive e dal proprio stesso disorientamento [hellip] nelle sue dolorose pereginazioni eventurose evenienze [hellip] egrave venuto maturando sugli oggettivi fatti istituzionali e so-ciali culturali in cui si imbatte una riflessione politica sistematica tesa a ristabilire unpunto di vista e a ricomporre un quadroraquo (p 69) Cosigrave da una parte questa riflessionepolitica lo porta a teorizzare non la laquonegazione delle realtagrave politiche attuali regni co-muni feudalitagrave signorie ma la loro integrazione gerarchica dentro lrsquounitagrave imperialecon centro nella curia di Romaraquo (ibidem) dallrsquoaltra per citare un esempio partico-larmente pertinente al ruolo ldquopoliticordquo che Dante attribuisce alla filosofia nel IV trat-tato del Convivio lrsquoesperienza del 1306 alla corte di Morello Malaspina (a cui egrave rivoltalrsquoEpistola IV con cui accompagna la canzone Amor da che convien pur chrsquoio mi doglia)laquovale come concreto caso significativo e realizzatosi in curia minore del principiosecondo cui autoritagrave politica e autoritagrave filosofica sono inscindibili declinato cosigrave almassimo livello giurisdizionale ldquoCongiungasi la filosofica autoritade con la imperia-le a bene e perfettamente reggererdquoraquo (ivi p 74) Vedremo subito come anche nella Mo-narchia Dante assuma questo ruolo di laquoautoritagrave filosoficaraquo ruolo che nellrsquoapostrofeconclusiva del trattato eserciteragrave in modo esplicito e diretto nei confronti dellrsquoimpe-ratore (Mon III XV 18 su cui vd infra) Da osservare ancora che nellrsquoEpistola a Can-grande con la quale dedicheragrave il Paradiso al signore di Verona lrsquoAlighieri si include-ragrave fra coloro che laquointellectu ac ratione degentes [hellip] non ipsi legibus sed ipsis legespotius diriganturraquo (Ep XIII i 7)

106 Per uno status quaestionis con relativa discussione delle motivazioni delle va-rie datazioni si puograve recentemente vedere D QUAGLIONI Per la Monarchia di Dante(1313) in laquoIl Pensiero Politicoraquo XLV 2012 pp 149-74 (che porta a riprendere comepiugrave probabile lrsquoipotesi del 1313 nello spazio di tempo della spedizione di Enrico VIIcome giagrave affermava Boccaccio nel Trattatello in laude di Dante) e lrsquoIntroduzione di PCHIESA e A TABARRONI in Monarchia a cura di P CHIESA e A TABARRONI con la col-

lendo dare un contributo alla vita pubblica (laquoad rem publicam ali-quid afferreraquo Mon I I 2) decide di svolgere la laquonotitia utilissimaraquodella laquotemporalis monarchiaraquo (I I 5) ovvero di ciograve che comunementeegrave chiamato laquoimperiumraquo (I II 2) Nel rivendicare a seacute laquoquesto altissi-mo compito didatticoraquo Dante continua a svolgere quel ruolo che giagravesi era assunto nel Convivio laquoChe il sapiente debba mettere la pro-pria conoscenza a servizio degli altri lo aveva giagrave dichiarato aperta-mente nel Convivio [hellip] Ma ora [hellip] Dante ritaglia a seacute quello chesente come proprio compito specifico in ordine al progresso di co-noscenza dellrsquoumanitagrave quello che gli sembra spettare a lui fra tuttii sapienti e si tratta del contributo decisivo per il ldquobene esse mun-dirdquoraquo107 Dopo aver definito la monarchia come quel laquoprincipato uni-co posto sopra tutti gli altri principati temporali ndash i quali cioegrave spie-gano la loro azione tra quelle cose e su quelle cose che si misuran coltemporaquo ndash108 affronta tre problematiche ad essa relative se sia neces-

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laborazione di D ELLERO Roma Salerno Editrice 2013 NECOD vol IV pp LX-LXVI do-ve i due autori pur riconoscendo specialmente tramite il confronto con le Epistole chealmeno un abbozzo dellrsquoopera dovesse essere giagrave stato costruito negli anni 1309-1313ma tenendo allo stesso tempo in conto le varie motivazioni degli studiosi che propon-gono ipotesi diverse formulano lrsquoipotesi di laquouna composizione ldquolungardquo dellrsquoopera o ndashforse meglio ndash di una ripresa successiva da parte di Dante stesso di un testo giagrave porta-to a compimento per arricchirlo precisarlo chiosarlo in una parola migliorarlo neicontenutiraquo e si chiedono laquose non sia anche a causa di una composizione non sincroni-ca che la data della Monarchia egrave risultata finora cosigrave elusiva Un processo testuale lun-go con revisioni e aggiustamenti progressivi porta inevitabilmente una diluizione de-gli elementi di databilitagrave e a un loro progressivo mascheramentoraquo (p LXVI)

107 CHIESA-TABARRONE Introduzione inMonarchia cit p XXIV Non solo se co-me abbiamo del resto appena visto nel Convivio laquoegli appariva molto preoccupato dirivendicare per seacute la qualifica di philosophusraquo nella Monarchia laquosembra piuttosto ri-tenere tale qualifica ormai pacificamente accolta e consolidata al punto da spingersiad accomunarsi ai sapienti in un plurale collettivo (ut ex hiis patet que de caelo phylo-sophamur II II 3)raquo (p XXV)

108Mon I II 2 laquoEst ergo temporalis Monarchia quam dicunt lsquoImperiumrsquo unicusprincipatus et super omnes in tempore vel in hiis et super hiis que tempore mensu-ranturraquo La traduzione di questo e dei passi successivamente citati della Monarchiasalvo indicazione contraria egrave quella di NARDI in DANTE ALIGHIERI Opere MinoriIII1 De vulgari eloquentia Monarchia a cura di PV MENGALDO-B NARDI Milano-Napoli Ricciardi 1979 dove il testo accolto egrave quello di Ricci nella collana Le operedi Dante Alighieri Edizione Nazionale a cura della Societagrave Dantesca Italiana (DANTE

ALIGHIERI Monarchia a cura di PG RICCI Milano Mondadori 1965) che egrave anche

saria al buon ordinamento del mondo se il popolo romano si sia at-tribuito a buon diritto lrsquoufficio di monarca se lrsquoautoritagrave del monar-ca dipenda direttamente da Dio o passi attraverso un suo vicario (ilpapa)109 La discussione di ognuna delle tre questioni poste occupanellrsquoordine uno dei tre libri del Trattato in particolare nei primi duelibri sono sviluppati in modo molto piugrave ampio e sistematico anchealcuni degli argomenti dei capitoli IV e V del IV libro del Convivio110Ci soffermeremo quindi piugrave in particolare su quei passi che semprea proposito di quellrsquoimpero che come si egrave visto egrave allo stesso tempolrsquoimpero di Dante e quello di Roma antica introducono elementi dinovitagrave o approfondiscono in modo originale quanto giagrave emerso dalConvivio

21 laquoSub divo Augusto monarcha existente Monarchia perfectaraquo(Mon I XVI 1-2)

Il I libro come abbiamo giagrave accennato si occupa di dimostrarela necessitagrave dellrsquoimpero al laquobene esse mundiraquo Dopo aver dimostra-to che laquoil fine di tutta quanta la societagrave umanaraquo sta in quella laquoope-razioneraquo che le egrave propria (Mon I III 1-4) si sostiene che tale laquoope-razioneraquo si rende manifesta se si considera qual egrave lrsquoultimo grado del-la potenza di tutta lrsquoumanitagrave ovvero laquola potenza o virtugrave intelletti-

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quello tuttora presente sul sito della Societagrave Dantesca e che ho quindi deciso di seguireanche per praticitagrave di consultazione nellrsquoedizione Salerno Chiesa accoglie invece inlinea di massima il nuovo testo stabilito da Shaw sempre per la medesima collana(DANTE ALIGHIERI Monarchia a cura di P SHAW Firenze Le Lettere 2009) con al-cuni ldquoaggiustamentirdquo elencati e motivati alle pp CXXXV-CXLI La differenza piugrave note-vole egrave la diversa scansione dei capitoli per la parte finale del III libro su cui vd infra

109 Mon I II 3 laquoMaxime autem de hac tria dubitata queruntur primo nanquedubitatur et queritur an ad bene esse mundi necessaria sit secundo an romanus po-pulus de iure Monarche offitium sibi asciverit et tertio an auctoritas Monarche de-pendeat a Deo inmediate vel ab alio Dei ministro seu vicarioraquo

110 Grossomodo il I libro corrisponde agli argomenti della prima metagrave del IV ca-pitolo del IV trattato del Convivio mentre il II libro a quelli della seconda metagrave delIV e del V capitolo Nel III troviamo invece un argomento non affrontato nel Convi-vio laquose lrsquoautoritagrave del Monarca romano che per diritto egrave Monarca del mondo comeegrave stato provato nel secondo libro dipenda immediatamente da Dio ovvero dallrsquoaltrovicario o ministro di Dio quale intendo che sia il successor di Pietroraquo (Mon III I 5)

varaquo (Mon I III 5-7)111 Solo lrsquoumanitagrave presa nel suo insieme (e non ilsingolo neacute altre piugrave piccole comunitagrave) puograve attuare tutta la potenzadellrsquointelletto (Mon I III 8 e IV l)112 ma osserva Dante (esplicitan-do cosigrave ciograve che era stato lasciato implicito nel IV capitolo del IV trat-tato del Convivio ovvero il motivo per cui lrsquoImpero necessario allapace fosse per questo necessario alla felicitagrave del genere umano) so-lo laquonella quiete ossia nella serenitagrave della pace il genere umano sitrova in condizione di attendere senza intoppi e difficoltagrave alla suapropria operazione [hellip] Dal che egrave manifesto che la pace universa-le egrave la piugrave desiderabile di tutte le cose che sono ordinate alla nostrabeatitudineraquo (Mon I IV 2)113 Il riconoscimento che la pax universa-

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111 Cfr ARISTOTELE Ethica I 1097b -1098a Conv I I 1 e ARISTOTELEMetaphisi-ca I 980 a

112 Cfr ARISTOTELE De anima II 415a-415b e il commento di Nardi (ALIGHIERI

DANTE Opere Minori III1 cit p 298) ad I III 8 laquoLegato comrsquoegrave allrsquoorganismo per suanatura tanto per Dante quanto per Sigieri quanto per Averroegrave e in fondo anche persan Tommaso che a suo modo egrave pur sempre aristotelico lrsquointelletto umano per seacute stes-so egrave pur sempre ldquotabula rasardquo se esso non traesse dallrsquoesperienza sensibile i concettiintelligibili che ne attuano la pura potenzialitagrave Quindi anche lrsquointelletto umano [hellip]ha bisogno per essere sempre e dovunque attuato nella sua potenza o capacitagrave drsquoin-tendere di una molteplicitagrave di individui sparsi sulla terra dai quali tragga le immaginisensibili necessarie al suo passaggio dalla potenza allrsquoattoraquo Dante nel passo successi-vo (Mon I III 9) si richiama esplicitamente al commento di Averroegrave al De anima di Ari-stotele ma allo stesso tempo se ne distanzia in quanto Averroegrave ammette soltanto un uni-co intelletto possibile per tutto il genere umano mentre laquociograve che Dante richiede perottenere lo stesso risultato egrave [hellip] quella societagrave universale di tutti gli intelletti possibi-li individuali che costituisce il genere umanoraquo GILSON Dante e la filosofia cit p 158Cosigrave ancora GARFAGNINI Monarchia manifesto di libertagrave e responsabilitagrave civile cit pp16-18 Anche CHIESA-TABARRONE Introduzione in Monarchia cit pp LII-LIII so-stengono che Dante non segue Averroegrave laquonel fare dellrsquointelletto possibile una sostanzaseparata indipendenteraquo (come il poeta afferma espressamente anche in Purg XXV 62-66) ma che mantiene comunque separata laquoda un lato la necessitagrave dellrsquoesistenza di unamoltitudine di esseri umani che realizzano sempre tutti insieme [hellip] la potenzialitagrave deivari intelletti possibili e dallrsquoaltro la necessitagrave politica di un coordinamento politicouniversale per lo scopo comune ultimo [hellip] la realizzazione della scienza universaleraquo

113Mon I IV 1-2 laquoSatis igitur declaratum est quod proprium opus humani generistotaliter accepti est actuare semper totam potentiam intellectus possibilis [hellip] Genushumanum in quiete sive tranquillitate pacis ad proprium suum opus [hellip] liberrimeatque facillime se habet Unde manifestum est quod pax universalis est optimum eo-rum que ad nostram beatitudinem ordinanturraquo

lis egrave laquoil mezzo piugrave acconcio per arrivare a quello cui sono ordinatecome a fine ultimo tutte le nostre azioniraquo viene posto dallrsquoautore co-me laquoprincipio onde muovono tutti i ragionamenti che seguirannoraquo(Mon I IV 5)114 ovvero le undici argomentazioni svolte nel I libroper dimostrare che lrsquoImpero egrave necessario al benessere del mondo leprime dieci sono tutte laquodi ragioneraquo non si basano cioegrave sulle sacrescritture o su argomenti di fede ma si fondano su premesse filosofi-che-metafisiche115 in alcuni casi piugrave direttamente connesse allrsquoattivi-tagrave pratica di governo (dimostrando che laquola monarchia assicura alpiugrave alto grado la giustizia la libertagrave la concordiaraquo)116 Lrsquoultima lrsquoun-dicesima si basa invece su un fatto storico Dante ricorda una laquoex-perientia memorabilisraquo che rende testimonianza alle precedenti ar-gomentazioni ovvero il fatto che il momento dellrsquoincarnazione egrave av-venuto quando laquofu monarca il divo Augustoraquo cioegrave sotto una laquoMo-narchia perfettaraquo quando lrsquoumanitagrave era laquofelice nella tranquillitagrave diuna pace universaleraquo (Mon I XVI 1-2)117 mentre da quando lrsquounitagravedellrsquoimpero egrave stata infranta118 il genere umano egrave stato ed egrave sconvol-

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114Mon I IV 5 laquoEx hiis ergo que declarata sunt patet per quod melius ymo perquod optime genus humanum pertingit ad opus proprium et per consequens visumest propinquissimum medium per quod itur in illud ad quod velut in ultimum finemomnia nostra opera ordinantur quia est pax universalis que pro principio rationumsubsequentium supponaturraquo

115 Fra queste ricordo percheacute lrsquoabbiamo giagrave trovata in Conv IV IV 5 la prima di-mostrazione (fondata su Aristotele Politica I 1254a) laquoquando aliqua plura ordinan-tur ad unum oportet unum eorum regulare seu regere alia vero regulari seu regiraquo(Mon I V 3) vd supra n 25

116 CHIESA-TABARRONE Introduzione inMonarchia cit p XX117Mon I XVI 1-2 laquoRationibus omnibus supra positis experientia memorabilis at-

testatur status videlicet illius mortalium quem Dei Filius in salutem hominis homi-nem assumpturus vel expectavit vel cum voluit ipse disposuit Nam si a lapsu pri-morum parentum qui diverticulum fuit totius nostre deviationis dispositiones ho-minum et tempora recolamus non inveniemus nisi sub divo Augusto monarcha exi-stente Monarchia perfecta mundum undique fuisse quietum Et quod tunc huma-num genus fuerit felix in pacis universalis tranquillitateraquo

118 Il valore ldquosacrordquo dellrsquoimpero egrave sottolineato anche dal fatto che Dante alludealla sua disintegrazione con lrsquoimmagine di laquotunica ista inconsutilisraquo lacerata dalla laquocu-piditatis ungueraquo laquoQualiter autem se habuerit orbis ex quo tunica ista inconsutilis cu-piditatis ungue scissuram primitus passa est et legere possumus et utinam non vide-reraquo (Mon I XVI 3 e cfr anche III X 5) Nel Medioevo era invece attestata la tradizio-

to da tempeste e disgrazie (Mon I XVI 3-4)119 Per quanto riguarda ilI libro questo egrave il riferimento piugrave significativo allrsquoimpero di Romagarante di quella laquopax universalisraquo che sola ha permesso allo laquohu-manum genusraquo di vivere laquofelix in pacis universalis tranquillitateraquo (lalaquovita feliceraquo del Convivio IV IV 1) significativo innanzitutto percheacuteconferma quanto giagrave emerso nel precedente trattato e cioegrave che perDante lrsquoideale dellrsquoimpero universale non egrave unrsquoutopia ma egrave statorealizzato nella storia da una laquoexperientia memorabilisraquo lrsquoimperoaugusteo120 E inoltre percheacute se egrave vero che laquolrsquoincessante evocazionedella pace della ldquopax et tranquillitasrdquoraquo nella Monarchia rimanda allaquoprogramma politico di Enrico VIIraquo cosigrave come egrave documentato nel-le costituzioni pisane del 2 aprile 1313121 egrave anche vero che Dantecollocando lrsquoattuazione di questa pax nellrsquoetagrave di Augusto attesta il

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ne che riferiva tale immagine alla comunione inscindibile dei credenti cfr S CRI-STALDI Dante di fronte al Gioachimismo Caltanisetta-Roma Salvatora Sciascia Edi-tore 2000 pp 279 e 303 Vedono nel passo un riferimento alla donazione di Co-stantino (che Dante menzioneragrave esplicitamente alla fine del II libro [Mon II XI 8] edi cui tratteragrave specificatamente nel III [Mon III X]) CHIESA-TABARRONE Introdu-zione inMonarchia cit p XXXVI e Commento p 70 ad loc

119Mon I XVI 3-4 laquoQualiter autem se habuerit orbis ex quo tunica ista inconsu-tilis cupiditatis ungue scissuram primitus passa est et legere possumus et utinam nonvidere O genus humanum quantis procellis atque iacturis quantisque naufragiis agi-tari te necesse est dum bellua multorum capitum factum in diversa conarisraquo Ma cfranche il sect 3 dellrsquoEpistola VI indirizzata ai Fiorentini nel 1311 laquosolio augustali vacan-te totus orbis exorbitatraquo

120 E ricordiamo che nel Convivio (IV V 8) tale esperienza era stata giudicata ir-ripetibile laquoNeacute rsquol mondo mai non fu neacute saragrave sigrave perfettamente disposto come allora chealla voce drsquoun solo principe del roma[n] populo e comandatore si [descrisse sigrave] co-me testimonia Luca evangelista E perograve [che] pace universale era per tutto che maipiugrave non fu neacute fiaraquo Significativo che nellrsquoEpistola indirizzata ad Arrigo VII in occasionedella sua discesa in Italia la consapevolezza che ormai non esiste piugrave la perfetta mo-narchia universale di Augusto (a cui anche nellrsquoepistola ci si riferisce al sect 14) si espri-ma insieme alla convinzione che lrsquoimpero continui ad avere una vocazione ecumeni-ca secondo la prospettiva virgiliana laquoRomanorum gloriosa potestas nec metis Ytalienec tricornis Europe margine coarctatur Nam etsi vim passa in angustum guberna-cula sua contraxerit undique tamen de inviolabili iure fluctus Amphitritis attingensvix ab inutili unda Oceani se circumcingi dignatur Scriptum etenim nobis est ldquoNas-cetur pulcra Troyanus origine Cesar imperium Occeano famam qui terminet as-trisrdquoraquo (Ep VII 11-13 e il riferimento egrave evidentemente a VERG Aen I 286-87)

121 QUAGLIONI Per la Monarchia di Dante (1313) cit p 160

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122 Dallrsquoetagrave augustea la pace diventa laquosinonimo di impero romano inteso comemondo abitato dallrsquoumanitagrave civile a cui lrsquoimpero assicura la paceraquo (M SORDI Intro-duzione dalla lsquokoinegrave eirenersquo alla lsquopax Romanarsquo in laquoContributi dellrsquoIstituto di Storia an-tica dellrsquoUniversitagrave del Sacro Cuoreraquo 11 1985 pp 3-16 p 13) come proclamano idocumenti ufficiali gli storici i poeti le legendae delle monete e le epigrafi durantetutto il periodo imperiale basti pensare al famoso passo del sesto libro dellrsquoEneide diVirgilo nel quale si riserva al popolo romano la ldquomissionerdquo di laquoregere imperio popu-los [hellip] pacisque imponere moremraquo (851-52) e cfr G PICONE laquoPacatum reget or-bemraquo Etagrave dellrsquooro e tema della pace nei poeti augustei in La pace nel mondo antico At-ti del Convegno nazionale di studi (Torino 9-11 aprile 1990) a cura di R Uglione To-rino Associazione Italiana di Cultura Classica 1991 pp 191-210 I LANA Lrsquoidea del-la pace nellrsquoantichitagrave S Domenico di Fiesole Cultura della Pace 1991 pp 79-101A ARNALDI Motivi di celebrazione imperiale su monete ed epigrafi in laquoRivista Italia-na di Numismaticaraquo 82 1980 pp 85-107 Del resto anche prima dellrsquoetagrave imperialelaquoi Romani quando sono in guerra e dichiarano che il loro scopo egrave quello di ldquopacemdare leges paci imponere pacarerdquo [hellip] intendono dire che con la guerra mirano a rea-lizzare una situazione di superioritagrave che consenta loro di dettare allrsquoavversario le con-dizioni per lrsquoinstaurazione di un certo rapporto fra Roma e il nemico vinto In questosenso preciso essi ldquopacem dantrdquo ai vintiraquo LANA Lrsquoidea della pace nellrsquoantichitagrave citp 56

123 Per altri compendi medievali conosciuti dallrsquoAlighieri cfr CHIESA-TABARRO-NE in Monarchia cit p 69 ad I XVI 2

ldquosuccessordquo di uno dei motivi piugrave forti della propaganda del prin-ceps122 quello appunto di una pax che si trova inscindibilmente as-sociata al suo impero sia nella tradizione pagana sia in quella cri-stiana laquoEt quod tunc humanum genus fuerit felix in pacis univer-salis tranquillitate hoc ystoriographi omnes hoc poete illustres hocetiam scriba mansuetudinis Cristi testari dignatus est et deniquePaulus ldquoplenitudinem temporisrdquo statum illum felicissimum appella-vitraquo (Mon I XVI 2) Fra gli ystoriographi conosciuti a Dante fra gliantichi oltre Orosio vi saranno sicuramente Eutropio e Floro123mentre ricordando i poete lrsquoAlighieri si riferiragrave sicuramente a Virgi-lio (lo laquoscriba mansuetudinis Cristiraquo egrave invece lrsquoevangelista Luca) Eda Virgilio piugrave che da Orosio Dante assume la prospettiva con cuiguardare al principato augusteo per Orosio infatti il regno di Au-gusto era stato preparato da Dio laquoventuri Christi gratiaraquo (Hist VI 204) e la sua importanza risiedeva esclusivamente nella sua funziona-litagrave alla nascita di Cristo del resto lo abbiamo accennato per lo sto-rico la vera grandezza dellrsquoimpero era stata raggiunta in un periodo

successivo a quello augusteo solo grazie alla sua regeneratio chri-stiana124 Per Dante invece i due eventi impero di Augusto e nasci-ta di Cristo sono concomitanti non egrave esistito mai momento piugrave fe-lice per lrsquoumanitagrave dopo la caduta dovuta al peccato originale diquello in cui lrsquoimpero augusteo assicurograve la pace tanto che il figlio diDio potrebbe aver laquodispostoraquo o addirittura laquoattesoraquo proprio quelmomento per la sua incarnazione laquostatus videlicet illius mortaliumquem Dei Filius in salutem hominis hominem assumpturus vel ex-pectavit vel cum voluit ipse disposuitraquo (Mon I XVI 1)125 E la frase diSan Paolo sulla laquopienezza dei tempiraquo come egrave stato osservato126 ecome vedremo meglio anche in seguito sembra definitivamente au-torizzare lrsquoAlighieri a far sua lrsquointerpretazione virgiliana dellrsquoetagrave au-gustea come la nuova etagrave dellrsquooro in cui laquovere tempus et temporaliaqueque plena fueruntraquo (Mon I XVI 2)

22 laquoIustitia potissima est solum sub monarcharaquo (Mon I XI 2)

Vi sono altri passi della Monarchia in cui Dante pur non men-zionando esplicitamente Roma attribuisce allrsquoimpero del suo tem-po alcune ldquoqualitagraverdquo che caratterizzavano lrsquoantico impero romano sitratta come quello della ldquopacerdquo di motivi ampiamente diffusi cheattestano la vitalitagrave e quindi in un certo senso lrsquoattualitagrave di alcunitratti specifici del ldquomodellordquo romano che la scoperta e la rielabora-zione del Corpus Iuris Iustinianeum da parte dei giuristi medievalicontribuivano a proporre e a diffondere127

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 83

124 Vd supra nn 69-70125 In Conv IV V 9 riferendosi alla contemporaneitagrave fra la nascita di David e la

venuta di Enea nel Lazio (su cui vd supra nn 44-45) Dante aveva invece affermatolaquoOh ineffabile e incomprensibile sapienza di Dio che a una ora per la tua venuta inSiria suso e qua in Italia tanto dinanzi ti preparastiraquo Ma cfr anche il sect 26 dellrsquoEpi-stola V indirizzata ai principi drsquoItalia in occasione della venuta di Arrigo VII in ItalialaquoEt si hec que uti principia sunt ad probandum quod queritur non sufficiunt quisnon ab illata conclusione per talia precedentia mecum oppinari cogetur pace videli-cet annorum duodecim orbem totaliter amplexata que sui sillogizantis faciem Dei fi-lium sicuti opere patrato ostenditraquo

126 Cfr CHIESA-TABARRONE Introduzione inMonarchia cit p XXXVII127 Dopo la caduta dellrsquoimpero e i secoli ldquobuirdquo dellrsquoalto medioevo il diritto ro-

Innanzitutto lrsquoimpero proprio tramite lrsquoimperatore egrave per Dan-te lrsquounica istituzione capace di garantire la giustizia ai popoli sui qua-li si estende Ad esempio nella sesta argomentazione riguardante lanecessitagrave di risolvere le controversie si sostiene che se si ha un dis-sidio tra due prigravencipi di pari autoritagrave saragrave necessario un terzo di piugravealto potere che giudichi e decida (Mon I X 3 laquooportet esse tertiumiurisdictionis amplioris qui ambitu sui iuris ambobus principeturraquo)se questo terzo non fosse lrsquoimperatore vuol dire che ci sarebbe bi-sogno di un altro con autoritagrave superiore e si innescherebbe un pro-cesso allrsquoinfinito il che egrave impossibile (Mon I X 5) per questo biso-gna arrivare laquoad iudicem primum et summum de cuius iudicio cun-cta litigia dirimantur sive mediate sive inmediate et hic erit Monar-cha sive Imperatorraquo (ibidem)

Tutta la settima argomentazione poi riguarda la giustizia128 e lasua attuabilitagrave sempre grazie al potere imperiale il mondo egrave infattiordinato nel miglior modo quando in esso vrsquoegrave il massimo di giusti-zia e per questo Virgilio nella IV egloga volendo esaltare i suoi tem-pi aveva affermato laquoIam redit et Virgo redeunt Saturnia regnaraquo (v5) intendendo con Virgo proprio la giustizia e con laquoSaturnia regnaraquoquegli laquooptima tempora que etiam ldquoaureardquo nuncupabantraquo infattilaquoiustitia potissima est solum sub Monarcharaquo (Mon I XI 1-2)129 Di

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mano riaffiorato nellrsquoXI secolo tramite la riscoperta dei Digesta egrave posto da allora laquoalcentro di unrsquoattenzione ininterrotta che ha radicato un modello giuridico neoroma-no nel cuore stesso del mondo moderno attraverso un percorso iniziato nelle rinatecittagrave dellrsquoItalia medievale e arrivato sino al cuore dellrsquoEuropa borgheseraquo SCHIAVO-NE Ius cit p 14 ma si veda tutto il primo capitolo Diritto romano e Occidente mo-derno pp 5-18

128 Per le fonti aristoteliche (con il commento tomistico) dei primi paragrafi diquesto capitolo (Mon I XI 3-5) nei quali si definisce la giustizia laquode se et in proprianatura considerataraquo come laquoquaedam rectitudo sive regula obliquum hic inde abi-ciensraquo (XI 3) cfr ad loc i commenti di NARDI (ALIGHIERI DANTE Opere Minori III1cit pp 328-34) e di CHIESA-TABARRONE inMonarchia cit pp 39-40

129Mon I XI 1-2 laquoPreterea mundus optime dispositus est cum iustitia in eo po-tissima est Unde Virgilius commendare volens illud seculum quod suo tempore sur-gere videbatur in suis Buccolicis cantabat ldquoIam redit et Virgo redeunt Saturnia re-gnardquo lsquoVirgorsquo nanque vocabatur iustitia quam etiam lsquoAstreamrsquo vocabant lsquoSaturniaregnarsquo dicebant optima tempora que etiam lsquoaurearsquo nuncupabant Iustitia potissima estsolum sub Monarcha ergo ad optimam mundi dispositionem requiritur esse Monar-chiam sive Imperiumraquo Da ossevare che nella VII Epistola indirizzata a Arrigo VII laquodi-

questrsquoultima affermazione non si puograve dubitare in quanto egrave chiaroche la giustizia raggiunge il suo massimo lagrave dove il contrasto egrave mini-mo (Mon I XI 5) sia nel campo della volontagrave sia nel campo del po-tere in effetti egrave indispensabile una volontagrave pura da ogni desiderioe una completa possibilitagrave di dare a ciascuno ciograve che gli egrave dovuto(Mon I XI 6-7 dove riecheggia la celebre definizione romana di iu-stitia che comanda di laquosuum cuique tribuereraquo)130 Ma soltanto lrsquoim-peratore ha volontagrave pura da ogni desiderio (egli che tutto posse-dendo egrave libero dalla cupidigia) e soltanto lrsquoimperatore ha il mag-giore potere possibile dunque soltanto se crsquoegrave un monarca la giusti-zia si realizza compiutamente (Mon I XI 8-12) Anzi egli possiedequel retto amore per gli uomini che rafforza la giustizia in quantocerca proprio la pace che della giustizia egrave frutto (Mon I XI 13-15)

E ancora nella nona argomentazione dove si vuole dimostrareche chi puograve garantire la migliore condizione di governo allrsquoumanitagraveegrave chi si trova nella condizione migliore di governo (Mon I XIII 1) do-po aver richiamato ma in toni piugrave realistici quanto affermato nel -lrsquoXI capitolo ovvero che il monarca laquonon ha alcun incentivo alla cu-pidigia o se mai il piugrave piccolo rispetto a tutti gli altri mortaliraquo si so-stiene che laquopoicheacute soltanto la cupidigia corrompe il giudizio e im-pedisce la giustiziaraquo il monarca egrave il piugrave adatto a governare laquoper la ra-gione che piugrave di tutti gli altri egli puograve avere giudizio e giustizia duecose che piugrave di tutte si addicono a chi fa la legge e a chi pon manoad essaraquo131

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 85

vina providentia Romanorum Regi et semper Augustoraquo Dante afferma che quandolrsquoimperatore varcograve le Alpi laquoTunc plerique vota sua prevenientes in iubilo tam Satur-nia regna quam Virginem redeuntem cum Marone cantabantraquo (Ep VII 6)

130Mon I XI 7 laquonam cum iustitia sit virtus ad alterum sine potentia tribuendi cui-que quod suum est quomodo quis operabitur secundum illamraquo La prima attesta-zione di questa definizione di iustitia egrave nella Rhetorica ad Herennium (Rhet Her III3 laquoiustitia est aequitas ius uni cuique retribuens pro dignitate cuiusqueraquo) si ritrovapoi in tutta lrsquoopera ciceroniana (CIC De inv II 160 De rep III 18 Part or 130 Top9 90 De fin V 65 De nat deor III 38 e De off I 15 II 78 III 43) e viene successiva-mente ripresa anche nel Digesto laquoIustitia est constans et perpetua voluntas ius suumcuique tribuendiraquo (Dig 1110 pr)

131 Mon I XIII 7 laquoCum ergo Monarcha nullam cupiditatis occasionem haberepossit vel saltem minimam inter mortales ut superius est ostensum quod ceteris prin-cipibus non contingit et cupiditas ipsa sola sit corruptiva iudicii et iustitie prepediti-

Questi passi della Monarchia ben si collocano nel contesto dellagiurisprudenza medievale che accogliendo nella seconda metagrave delXIII secolo la tradizione aristotelica del giudice perfetto come di-kaion empsuchon132 trasferigrave questa immagine al sovrano che diven-ta iustitia animata in modo che laquola similitudine aristotelica dello iu-stum animatum riguardante il giudice [hellip] venisse considerata unamera variante della ben nota definizione di Giustiniano del princi-pe come lex animataraquo133 E anche le precedenti osservazioni dante-sche a proposito del ruolo dellrsquoimperatore come supremo giudicenelle controversie trovano un immediato riscontro nella dottrina deigiuristi medievali laquosur lrsquoempire et la souveraineteacute impeacuteriale commeprincipe ordonnateur universel crsquoest-agrave-dire comme garantie ldquosou-verainerdquo drsquoun ordre juridique ancreacute dans lrsquoideacutee de iurisdictio edrsquoexercise de la justiceraquo dottrina che laquose manifeste avec une cer-taine emphase justement durant lrsquoeacutepoque de la crise de lrsquouniversa-lisme et au moment de lrsquoeacutepiphanie de nouvelles formes de pouvoiragrave la recherche drsquoune leacutegitimationraquo134

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va consequens est quod ipse vel omnino vel maxime bene dispositus ad regendum es-se potest quia inter ceteros iudicium et iustitiam potissime habere potest que duoprincipalissime legis latori et legis executori conveniuntraquo

132 ARISTOTELE Eth V 1132a (iustum animatum nel commento di Tommaso alpasso aristotelico)

133 KANTOROWICZ I due corpi del re cit p 115 e tutte le pp 114-16 dove sonoriportate le fonti (Tommaso Pietro drsquoAlvernia Giovanni da Parigi Baldo AlbertoMagno ed Egidio Romano) attraverso le quali si osserva il passaggio dellrsquoimmaginedellrsquoiustum animatum dal iudex al rex e infine la definizione di questrsquoultimo sia co-me lex che come iustitia animata

134 D QUAGLIONI Empire et monarchie aspects du deacutebat juridique in Ideacutees drsquoEm-pire en Italie et en Espagne (XIVe-XVIIe siegravecle) sous la direction de F Creacutemoux et J-L Fournel Mont-Saint-Aignan Publications des Universiteacutes de Rouen et du Havre2010 pp 37-46 p 39 e p 38 laquoLa foi dans lrsquoempire est chez ces juristes [hellip] la foisdans un principe qui valide tout autre processus drsquoexercise du pouvoir et lrsquoempereurest le fondament de cette validiteacute [hellip] (lex animata selon lrsquoexpression justinienne demecircme que la lois est un inanimatus princeps)raquo Al saggio di QUAGLIONI rimando perla precedente bibliografia [ricordo solo P COSTA Iurisdictio Semantica del potere po-litico nella pubblicistica medievale (1100-1433) Milano Giuffregrave 20022 (1 ed 1969) eP GROSSI Lrsquoordine giuridico medievale Roma-Bari Laterza 1995] e per le testimo-nianze giuridiche medievali di cui riporto percheacute particolarmente significativo perun confronto colla Monarchia dantesca un passo di Bartolo del 1354 sulle ldquorappre-saglierdquo (il testo egrave pubblicato in D QUAGLIONI Il proemio del bartoliano laquoTractatus re-

Ma voglio accostare alle due argomentazioni dantesche anche duepassi di autori antichi e non di giuristi in cui veniva sottolineata que-sta funzione dellrsquoimperatore romano come supremo e imparziale giu-dice Leggiamo nel Panegirico rivolto da Plinio a Traiano (inizio delII secolo dC) laquoTu non siedi in tribunale solo intento ad arricchireil fisco neacute altro profitto ti viene dalla tua sentenza che la coscienzadrsquoaver bene giudicato [hellip] Opera veramente degna drsquoun principe[hellip] riconciliare cittagrave rivali placare piugrave con la ragione che con la for-za popoli inquieti opporsi alle ingiustizie dei magistrati annullaretutto ciograve che che non si sarebbe dovuto fareraquo135 E nellrsquoencomio ARoma probabilmente pronunciato davanti allrsquoimperatore Adriano(metagrave del II secolo dC) Elio Aristide sostiene

Nei regimi democratici non egrave possibile dopo che il verdetto egrave stato datonella cittagrave rivolgersi altrove neacute ad altri giudici ma egrave necessario rassegnarsi al-le decisioni prese [hellip] (invece nel vostro impero neacute chi sia stato condannatoegrave costretto ad accettare una sentenza) ingiusta neacute chi abbia intentato un pro-cesso e non abbia avuto successo egrave costretto ad accettare la sconfitta ma pres-so di voi rimane un altro giudice supremo a cui nulla mai sfugge di ciograve che ri-guarda la giustizia E qui si realizza una grande e bella uguaglianza fra il de-bole e il forte fra lo sconosciuto e il famoso fra il povero e il ricco e fra chi egravedi oscure origini e chi egrave nobile e si verifica il detto di Esiodo ldquofacilmente ren-de potente facilmente abbassa il potenterdquo questo giudice e signore condottodalla giustizia come la nave egrave condotta dal vento che non favorisce e proteg-ge di piugrave il ricco e meno il povero ma aiuta nello stesso modo chiunque gli ca-piti di incontrare sulla sua strada)136

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presaliarumraquo in laquoPluteusraquo II 1984 pp 85-92) laquoPostea vero peccata nostra merue-runt quod Romanum Imperium prostratum iaceret per tempora multa et reges etprincipes ac etiam civitates maxime in Italia saltem de facto in temporalibus dominumnon agnoscerunt propter quod de iniustiis ad superiorem non potest haberi regressuscoeperunt represaliae frequentariraquo

135 PLIN Pan 80 laquoNon locupletando fisco sedes nec aliud tibi sententiae tuaepretium quam bene iudicasse [hellip] O vere principis [hellip] reconciliare aemulas civita-tes tumentesque populos non imperio magis quam ratione compescere intercedereiniquitatibus magistratuum infectumque reddere quidquid fieri non oportueritraquo Latraduzione egrave quella di Malcovati in PLINIO IL GIOVANE Il Panegirico di Traiano testocritico traduzione e commento a cura di E MALCOVATI Firenze Sansoni 1949

136 ELIO ARISTIDE A Roma 38-39 Mia la traduzione qui e infra (in ELIO ARISTI-DE A Roma Traduzione e commento a cura di F FONTANELLA introduzione di PDESIDERI Pisa Edizioni della Normale 2007)

Si tratta di due autori non conosciuti allrsquoAlighieri137 ma non sipuograve comunque fare a meno di osservare la profonda consonanza fraldquoantichirdquo e ldquomedievalirdquo nel riconoscere allrsquoimperatore il ruolo di giu-dice supremo capace proprio in quanto diretto interprete della giu-stizia di assicurare la pace alla societagrave civile

23 laquoSed existens sub monarcha est potissime liberumraquo (Mon IXII 8)

In secondo luogo per Dante lrsquoimpero garantisce la libertas Tut-ta lrsquoottava argomentazione del I libro della Monarchia egrave imperniatasul problema della libertagrave il cui primo fondamento egrave il libero arbi-trio138 cioegrave il giudizio non prevenuto e quindi non mosso dagli ap-petiti (Mon I XII 3-4)139 il piugrave gran dono fatto da Dio alla naturaumana percheacute ne dipende la nostra felicitagrave sulla terra in quanto es-seri mortali e la nostra felicitagrave in cielo in quanto esseri immortali(Mon I XII 6)140 laquoSe egrave cosigrave ndash chiede lrsquoAlighieri ndash chi mai oserebbe ne-

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137 Il caso di Elio Aristide egrave evidente Ma anche per quanto riguarda Plinio ilGiovane il Panegirico fu riscoperto solo nel XV secolo e lrsquoepistolario conosciuto inmodo limitato nel Medioevo fu probabilmente sconosciuto a Dante cfr la vocePlinio il Giovane di G BRUGNOLI (1970) nellrsquoEnciclopedia Dantesca (httpwwwtrec-caniitenciclopediaplinio-il-giovane_(Enciclopedia-Dantesca))

138 Mon I XII 2 laquosciendum quod principium primum nostre libertatis est liber-tas arbitrii quam multi habent in ore in intellectu vero pauciraquo

139 Mon I XII 3-4 laquoEt ideo dico quod iudicium medium est apprehensionis etappetitus nam primo res apprehenditur deinde apprehensa bona vel mala iudicaturet ultimo iudicans prosequitur sive fugit Si ergo iudicium moveat omnino appetitumet nullo modo preveniatur ab eo liberum est si vero ab appetitu quocunque modopreveniente iudicium moveatur liberum esse non potest quia non a se sed ab aliocaptivum trahiturraquo

140Mon I XII 6 laquoHoc viso iterum manifestum esse potest quod hec libertas siveprincipium hoc totius nostre libertatis est maximum donum humane nature a Deocollatum ndash sicut in Paradiso Comedie iam dixi ndash quia per ipsum hic felicitamur ut ho-mines per ipsum alibi felicitamur ut diiraquo Il rimando egrave evidentemente a Paradiso V 19-24 laquoLo maggior don che Dio per sua larghezza fesse creando e a la sua bontate piugrave conformato e quel chrsquoersquo piugrave apprezza fu de la volontagrave la libertate di che lecreature intelligenti e tutte e sole fuoro e son dotateraquo ma lrsquoautenticitagrave di questo in-ciso egrave ancora discussa cfr QUAGLIONI Per la Monarchia di Dante (1313) cit pp156-57 e note

gare che il genere umano viva felice sol quando puograve far il maggioreuso di questo principioraquo E dichiara laquoOra esso (scil il genere uma-no) egrave sommamente libero se vive sotto il Monarcaraquo (Mon I XII 7-8)La dimostrazione parte dalla citazione del passo della Metafisica diAristotele (Metaph I 982b) nel quale si definisce libero ciograve che laquoap-partiene a seacute stesso e non ad altriraquo Ma solo sotto lrsquoimperatore laquosonraddrizzati i governi obliqui ndash cioegrave le democrazie le oligarchie e letirannidi ndash che costringono in servitugrave il genere umano [hellip] e ben go-vernano i re gli aristocratici che diconsi ottimati e coloro che han-no a cuore la libertagrave popolareraquo (Mon I XII 9) Lrsquoimperatore impe-dendo le forme deviate di governo e favorendo invece quelle retteassicura quindi al cittadino il massimo grado di libertagrave in quanto ilaquogoverni retti si propongono la libertagrave sigrave che gli uomini abbiano davivere per seacuteraquo (Mon I XII 10)141 Il punto di partenza dantesco egrave quin-di una prerogativa dellrsquouomo il libero arbitrio che non dipende dalpotere imperiale questrsquoultimo perograve garantisce la miglior condizio-ne possibile in cui lrsquoumana libertagrave si possa esprimere142 salvando

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141 Mon I XII 8-10 laquoSed existens sub Monarcha est potissime liberum Propterquod sciendum quod illud est liberum quod ldquosui met et non alterius gratia estrdquo utPhylosopho placet in hiis que De simpliciter ente Nam illud quod est alterius gratianecessitatur ab illo cuius gratia est sicut via necessitatur a termino Genus humanumsolum imperante Monarcha sui et non alterius gratia est tunc enim solum politie di-riguntur oblique ndash democratie scilicet oligarchie atque tyramnides ndash que in servitu-tem cogunt genus humanum ut patet discurrenti per omnes et politizant reges aris-tocratici quos optimates vocant et populi libertatis zelatores quia cum Monarchamaxime diligat homines ut iam tactum est vult omnes homines bonos fieri quodesse non potest apud oblique politizantes Unde Phylosophus in suis Politicis ait quodin politia obliqua bonus homo est malus civis in recta vero bonus homo et civis bo-nus convertuntur Et huiusmodi politie recte libertatem intendunt scilicet ut hominespropter se sint Unde Phylosophus in suis Politicis ait quod in politia obliqua bonushomo est malus civis in recta vero bonus homo et civis bonus convertuntur Et huius-modi politie recte libertatem intendunt scilicet ut homines propter se sintraquo (Cfranche ARIST Pol III 1276b-1277b) Il capitolo si conclude con lrsquoosservazione laquoHincetiam patet quod quamvis consul sive rex respectu vie sint domini aliorum respectuautem termini aliorum ministri sunt et maxime Monarcha qui minister omnium pro-culdubio habendus est Hinc etiam iam innotescere potest quod Monarcha necessi-tatur a fine sibi prefixo in legibus ponendisraquo (sect 12)

142 HA LLOYD The relationship between centralization and autonomy in the hi-story of European legal and political thought in Challenging centralism decentramen-to e autonomie nel pensiero politico europeo a cura di L Campos Boralevi Firenze

lrsquouomo dai regimi laquocorrottiraquo non percheacute li abolisca ponendosi comeunica istituzione politica ma percheacute ha il potere di renderli laquorettiraquoDi nuovo siamo di fronte a un motivo che ampia diffusione avevaavuto nellrsquoantico impero ovvero quello di una libertas che parados-salmente non trova la sua negazione ma anzi la garanzia della suaesistenza sotto il governo dellrsquounico princeps Cosigrave ad esempio an-cora Elio Aristide rivolgendosi ai Romani affermava laquovoi siete i so-li fra quanti hanno mai posseduto un impero a governare su uomi-ni liberi La Caria non egrave infatti consegnata a Tissaferne neacute la Frigiaa Farnabazo neacute lrsquoEgitto a qualcun altro e nessun popolo egrave consi-derato il patrimonio personale di un qualche padrone in realtagrave nem-meno lui libero a cui quel popolo egrave consegnato percheacute lo servaraquo (ARoma 36) e ancora laquonessuno che sia degno di posti di comando odi fiducia egrave considerato uno straniero ma si egrave costituita unrsquounica de-mocrazia universale sotto un unico uomo il miglior capo e ordina-tore e tutti si riuniscono come in un foro comune ciascuno per ri-cevere ciograve che a lui si convieneraquo (ivi 60)143 E Cassio Dione (LII 14)faragrave dire a Mecenate nel suo famoso discorso a favore del principa-to laquoEcco percheacute ti consiglio di non cadere nellrsquoerrore di prenderein considerazione le cose da un punto di vista formale ma di valu-tarle attentamente per quello che sono di porre fine allrsquoaudacia del-la moltitudine e di affidare a te stesso e agli altri nobili lrsquoammini-strazione dei pubblici affari in modo tale che siano i piugrave saggi a de-liberare e i piugrave esperti a comandare [hellip] In questo modo ogni clas-se sociale [hellip] guadagneragrave unrsquoautentica democrazia (τὴν δημοκρα-τίαν τὴν ἀληθῆ) e una libertagrave sicura (τήν τε ἐλευθερίαν τὴνἀσφαλῆ)raquo144 Ma un tratto originale rispetto al pensiero antico egrave co-

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University Press 2011 pp 1-8 pp 5-6 sottolinea il ruolo attribuito in questo passodella Monarchia allrsquoimperatore come garante di libertagrave non accennando perograve al cor-rettivo da questi esercitato sui vari regimi ma secondo quanto affermato in Mon IXII 12 riportato supra in nota solo al fatto che lrsquoesistenza del monarca garantisce laquothepresence [hellip] of a unitary legislative capability as the facilitator and guarantor of au-tonomy itselfraquo (ivi p 6)

143 Dato infatti che laquotrue liberty lay in the protection of all classes under one per-sonraquo egrave evidente che laquothe Empire represented the true the perfect democracyraquo (GCSTARR The perfect democracy of the roman empire in laquoAmerican Historical ReviewraquoLVIII 1952 pp 1-16 p 12)

144 La traduzione egrave quella di Stroppa in CASSIO DIONE Storia Romana V libri

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LII-LVI introd di G CRESCI MARRONE trad di A STROPPA note storiche di F ROHR

VIO Milano Rizzoli 1998 Per come venisse intesa la libertagrave in rapporto al regime im-periale romano cfr eg anche PLUT Mor 814 f PLIN Paneg 66 2-4 67 2 78 3 e MANT 1 14 su cui si veda il ldquoclassicordquo C WIRSZUBSKI Libertas as a political idea at Romeduring the late republic and early principate Cambridge Cambridge University Press1950 trad it Libertas il concetto politico di libertagrave a Roma tra Repubblica e ImperoBari Laterza 1957 pp 253-54 (ma si veda anche lrsquointero cap V pp 186-256) laquoQuel-lo che era stata la libertas populi Romani Quiritium finigrave col diventare libertas Augustila libertagrave che lrsquoimperatore accorda al suo popolo o secondo lrsquoespressione di MarcoAurelio ἐλευθερίαν τῶν ἀρχομένων Libertas ora significa rispetto per la persona e lalibertagrave del cittadino sicurezza e benessere ma posta comrsquoegrave sotto tutela essa non si-gnifica affatto indipendenza cosigrave come in un regime assolutistico non egrave per nulla undiritto politicoraquo

145 PLATONE Politico 291d-293e Repubblica VIII 544a146 ARISTOTELE Politica III 1279a-b IV 1289a-b147 CHIESA-TABARRONE Monarchia cit p 51 ad I XII 9148 Questa particolare forma di regime politico come egrave stato giustamente osser-

vato egrave infatti piugrave laquoun modo di analizzare e di interpretate una realtagrave politicaraquo cheuna realtagrave politica vera e propria C CARSANA La teoria della costituzione mista nel-lrsquoetagrave imperiale romana Como New Press 1990 p 7 Giagrave Platone (Leggi 712d) in-terpreta in questo modo il sistema politico spartano e lo giudica piugrave stabile propriopercheacute misto e moderato Aristotele lo apprezza in Politica II 6 1265b-1266a e inter-preta cosigrave quello dellrsquoAtene di Solone (Pol 1273b)

stituito in Dante (oltre che da una evidente e palese diversa conce-zione di ldquolibertagrave della personardquo) dallrsquoidea che lrsquoimperatore possa co-stituire un correttivo alla degenerazione dei vari sistemi politici Ladistinzione fra regimi laquorettiraquo e laquodegeneratiraquo egrave antica giagrave presente inPlatone145 e poi in Aristotele146 da cui la riprende lrsquoAlighieri147 Uncorrettivo a questo inevitabile corrompersi delle forme politiche futrovato nel modello della ldquocostituzione mistardquo148 e fu applicato daPolibio alla realtagrave politica romana individuando lrsquoelemento monar-chico nei consoli quello aristocratico nel senato e quello democra-tico nelle assemblee popolari un meccanismo di controlli reciprocifra questi tre elementi poteva assicurarne lrsquoequilibrio in modo darendere stabile questa forma di governo e non soggetta a decaden-za come quella delle costituzioni ldquosemplicirdquo (POLYB VI 11-18) An-che Cicerone nel De republica (I 69 II 57) aveva posto a fondamen-to del suo stato ideale una laquocostituzione mista e temperataraquo fonda-ta perograve sul contemperamento di tre principi (potestas auctoritas li-bertas) presenti in una classe dirigente unita e non come in Polibio

sullrsquoequilibrio di tre poteri (consoli senato popolo) che si contrap-pongono149 E nella Roma imperiale Elio Aristide non rinunceragrave ausare questo modello interpretativo150 laquoavendo infine rivolto losguardo allrsquolsquoefororsquo e al lsquopritanorsquo di tutto questo ndash scil lrsquoimperatore ndashgrazie al quale al popolo egrave dato di ottenere ciograve che desidera e ai lsquopo-chirsquo di governare e di avere potere vedragrave proprio colui che detienela monarchia piugrave perfetta libera dai mali della tirannide e superio-re ad ogni prestigio di reraquo (A Roma 90) Un precedente dellrsquoideadantesca che lrsquoimperatore impedisca la deviazione dei regimi costi-tuzionali si puograve quindi forse rintracciare nel ruolo attribuito allrsquoim-peratore romano come garante di unrsquoeffettiva realizzazione della co-stituzione mista in quanto il suo potere costituirebbe quellrsquoelemen-to monarchico che non elimina ma anzi garantisce il giusto svolgi-mento delle prerogative degli altri due elementi (aristocrazia e po-polo) Ma si tratta comunque di un ruolo che si esercita allrsquointernodi un unico organismo politico e che non ammette quindi lrsquoesisten-za separata dei tre regimi Del resto anche in etagrave medievale lo stes-so Tommaso nella Summa theologiae intende la costituzione mistacome contemperamento dellrsquounico regime monarchico attraverso lealtre due forme di governo151 Diversa evidentemente la concezio-ne di Dante secondo il quale lrsquoimperatore dovrebbe garantire il cor-

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149 Cfr in particolare JL FERRARY LrsquoArcheacuteologie du De re publica (224-37-63)Ciceacuteron entre Polybe et Platon in laquoJournal of Roman Studiesraquo LXXIV 1984 pp 87-98

150 Del resto il modello della ldquocostituzione mistardquo presente nel dibattito politi-co greco giagrave nel IV secolo come dimostrano le testimonianze di Platone e Aristotelesopra citate dovette in seguito imporsi nel III secolo nellrsquoambito delle scuole peripa-tetiche e stoiche per laquola volontagrave di definire un sistema di relazione tra basileus clas-se di governo cittadina e masse popolari allrsquointerno della nuova polis ellenisticaraquoCARSANA La teoria della costituzione mista nellrsquoetagrave imperiale romana cit p 15

151 Summa Theol Ia-IIae q 105 a 1 laquoTalis enim est optima politia bene com-mixta ex regno inquantum unus praeest et aristocratia inquantum multi principan-tur secundum virtutem et ex democratia idest potestate populi inquantum ex po-pularibus possunt eligi principes et ad populum pertinet electio principumraquo Invecenel commento alla Politica di Aristotele (Sententia libri Politicorum II 7 71-81) rico-nosce la maggior stabilitagrave del regime misto vero e proprio cfr S SIMONETTA Rime-scolare le carte Il tema del governo misto in Tommaso drsquoAquino e nella riflessione po-litica tardomedievale in Governo misto ricostruzione di unrsquoidea a cura di D FELICENapoli Liguori 2011 pp 161-93 con altra bibliografia sul tema

retto funzionamento delle varie forme di governo senza perograve abo-lirne alcuna laquola monarchia universale non egrave intesa come un gover-no che sostituisca o abroghi tutte le altre come una sorta di illumi-nata dittatura le normali forme di governo in cui egrave organizzata lasocietagrave nella loro varietagrave continuano a esistere in un contesto uni-versale che le preserva dalle deviazioni e garantisce cosigrave la libertagrave deisudditi In un certo senso si potrebbe dire che il monarca egrave un prin-cipio costituzionale del mondoraquo152

Questa funzione direttiva ma non invasiva dellrsquoimpero rispettoa tutte le altre forme politiche egrave ciograve che Dante sostiene anche nellapenultima argomentazione del I libro dove vuole dimostrare che ilgenere umano si trova nelle condizioni ideali quando egrave retto da unosolo153 Lrsquoautore si sente infatti in dovere di precisare che

questo non srsquoha da intendere sigrave che da lui immediatamente possano pro-venire le piugrave piccole decisioni di ciascun municipio mentre le stesse leggimunicipali sono talora imperfette ed abbisognano di discernimento comrsquoegravechiaro da ciograve che dice il Filosofo quando nel quinto libro [dellrsquoEtica] a Ni-comaco raccomanda lrsquoepiigravekia Ed invero le nazioni i regni e le cittagrave hanno co-stumi diversi lrsquouno dallrsquoaltro che occorre siano regolati con leggi diverse cheacuteappunto la legge egrave regola direttiva del vivere Cosigrave in un modo han da esserregolati gli Sciti i quali [hellip] dovendo sopportare una grande diversitagrave fra i

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152 CHIESA-TABARRONE Monarchia cit p 52 ad I XII 9 La stessa idea che spettiallrsquoimperatore intervenire per la reformatio dei regimi corrotti la troviamo nel De re-gimine civitatis di Bartolo da Sassoferrato cfr D QUAGLIONI Politica e diritto neltrecento italiano Il laquoDe tyrannoraquo di Bartolo da Sassoferrato (1314-1357) Con lrsquoedizio-ne critica dei trattati laquoDe Guelphis et Gebellinisraquo laquoDe regimine civitatisraquo e laquoDe ty-rannoraquo Firenze Olschki 1983 p 163 ll 315-24 dove si sottolinea il ruolo svoltodallrsquoimperatore Carlo IV nella riforma del governo di Siena e p 164 ll 354-57 Ladatazione del De regimine civitatis egrave da collocarsi tra il 1355 e il 1357 cfr D QUA-GLIONI laquoRegimen ad populumraquo e laquoregimen regisraquo in Egidio Romano e Bartolo da Sas-soferrato in laquoBullettino dellrsquoIstituto Storico Italiano per il Medio Evo e Archivio Mu-ratorianoraquo 87 1978 pp 201-28 p 201 n 1 Ma cfr anche quanto afferma sempreBartolo nelle glosse alle costituzioni pisane di Enrico VII (metagrave XIV secolo) laquocum im-perium fuit in statu et in tranquillitate totus mundus fuit in pace et tranquillitate uttempore Octaviani Augusti et cum Imperium fuit prostratum insurrexerunt diraetyrannidesraquo (in D QUAGLIONI Empire et monarchie aspects du deacutebat juridique citp 39)

153 Con la dimostrazione sulla quale non ci soffermiamo che laquoquod potest fieriper unum melius est per unum fieri quam per pluraraquo Mon I XVI 1-3

giorni e le notti sono oppressi da un rigore quasi intollerabile del freddo ein altro modo i Garamanti che abitando sotto il circolo equinoziale e tro-vandosi ad avere sempre la luce del digrave di durata eguale alle tenebre della not-te per il soverchio calore dellrsquoaria non tollerano di coprirsi di vesti Ma srsquohada intendere in guisa che il genere umano sia retto da lui in quello che ha dicomune e che compete a tutti gli uomini e con norma comune sia guidato al-la pace la qual norma o legge i principi particolari han da ricevere da lui(Mon I XIV 4-7)154

Il confronto con un passo del De regimine principum permette diprecisare meglio il pensiero dantesco Tolomeo da Lucca dalla con-statazione delle differenze di struttura fisica e di stile di vita fra quan-ti vivono in luoghi diversi fa infatti discendere lrsquoopportunitagrave di adat-tare la forma di governo (dispotico o politico) allrsquoindole servile o vi-rile e coraggiosa (cioegrave di chi laquoconfida nella forza del suo intellettoraquo)dei vari popoli in modo analogo a quanto avevano affermato gli an-tichi Greci fra cui Aristotele nella Politica a cui Tolomeo rimandaesplicitamente155 Dante invece si richiama ad Aristotele solo per ilprincipio della ἐπιείκεια156 ovvero per quella capacitagrave di adattare la

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154Mon I XIV 4-6 laquoSed humanum genus potest regi per unum suppremum prin-cipem qui est Monarcha Propter quod advertendum sane quod cum dicitur lsquohuma-num genus potest regi per unum suppremum principemrsquo non sic intelligendum estut minima iudicia cuiuscunque municipii ab illo uno inmediate prodire possint cumetiam leges municipales quandoque deficiant et opus habeant directivo [hellip] Habentnanque nationes regna et civitates intra se proprietates quas legibus differentibusregulari oportet est enim lex regula directiva vite Aliter quippe regulari oportet Sci-thas qui extra septimum clima viventes et magnam dierum et noctium inequalitatempatientes intolerabili quasi algore frigoris premuntur et aliter Garamantes qui subequinoctiali habitantes et coequatam semper lucem diurnam noctis tenebris habentesob estus aeris nimietatem vestimentis operiri non possuntraquo

155De regimine principum IV 8 e ARISTOTELE Polit VII 1327b Ma prima cfr an-che PS IPPOCRATE Sulle arie sulle acque e sui luoghi specialmente al cap 12 PLATO-NE Leggi V 747c-e

156 ARISTOTELE Eth V 1137b ma cfr anche TOMMASO Summa theol IIa-IIaeq 120 a 1 laquocum de legibus ageretur quia humani actus de quibus leges dantur insingularibus contingentibus consistunt quae infinitis modis variari possunt non fuitpossibile aliquam regulam legis institui quae in nullo casu deficeret sed legislatoresattendunt ad id quod in pluribus accidit secundum hoc legem ferentes quam tamenin aliquibus casibus servare est contra aequalitatem iustitiae et contra bonum com-mune quod lex intendit [hellip] In his ergo et similibus casibus malum esset sequi le-

legge alle varie circostanze insita anche nel concetto latino di aequi-tas157 La diversitagrave dei luoghi sembra allora solo richiedere misureparticolari per lo piugrave di ordine ldquopraticordquo ma la differenza fra i va-ri regimi politici che abbiamo vista riconosciuta e garantita nel XIIcapitolo della Monarchia non egrave assolutamente stabilita su basi etni-che158 Lrsquoimperatore puograve cosigrave dettare una comunis regula che riguar-di ciograve che egrave comune a tutto il genere umano percheacute questo sia con-dotto ad pacem159

La giurisdizione imperiale su nationes regna et civitates cosigrave co-me era intesa da Dante e dai giuristi medievali160 era evidentemen-

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gem positam bonum autem est praetermissis verbis legis sequi id quod poscit iusti-tiae ratio et communis utilitas Et ad hoc ordinatur epieikeia quae apud nos dicituraequitasraquo

157 Cfr SCHIAVONE Ius cit p 259 con passi citt a p 461 nota 47 Ma vd ancheil passo sopra riportato di Tommaso Sempre in TOMMASO Summa theol Ia-IIae q 95a 1 troviamo la definizione laquolex omnis directiva est actuum humanorumraquo

158 Cfr EM PETERS The Frowning Pages Scythians Garamantes Florentinesand the Two Laws in The lsquoDivine Comedyrsquo and the Encyclopedia of Arts and Scienceed by GC Di Scipio and A Scaglione Amsterdam-Philadelphia John Benjamins Pu-blishing Company 1988 pp 285-314 ristampato con la medesima impaginazione inID Limits of thought and power in Medieval Europe Aldershot-Burlington [VT]Ashgate 2001 specialmente pp 298-99 dove si sostiene che il riconoscimento di laquoacertain degree of local autonomy in lawmakingraquo ai popoli come gli Sciti e i Garamantiposti rispettivamente allrsquoestremo nord e sud dellrsquoecumene serva per contrasto asottolineare come invece i popoli al centro dellrsquoimpero non possano in nessun aspet-to derogare da quella laquoimperial lawraquo che coincide con la laquoratio scriptaraquo

159Mon I XIV 7 laquoSed sic intelligendum est ut humanum genus secundum sua co-munia que omnibus competunt ab eo regatur et comuni regula gubernetur ad pacemQuam quidem regulam sive legem particulares principes ab eo recipere debentraquo

160 laquoIl faudrait toujours rappeler que durant le Moyen Acircge juridique et politiqueles concepts de souveraineteacute et drsquoautonomie srsquoexpriment dans la figure du ldquoseigneurlontainrdquo drsquoun pouvoir impeacuterial drsquoun imperium dont lrsquoexistence est neacutecessaire pourassurer toute une construction eacutethico-juridique mais qui ne peut avoir la preacutesence me-naccedilante drsquoun pouvoir envahissant et despotiqueraquo QUAGLIONI Empire et monarchieaspects du deacutebat juridique cit p 41 Ma cfr anche Mon III X 10 laquoImperium est iu-risdictio omnem temporalem iurisdictionem ambitu suo comprehendensraquo dove Dan-te ricalca la formula della l Omnis iurisdictio vd sempre D QUAGLIONI Il diritto co-mune pubblico e le leggi di Roncaglia nuove testimonianze sulla l laquoOmnis iurisdictioraquoin Gli inizi del diritto pubblico lrsquoetagrave di Federico Barbarossa legislazione e scienza deldiritto = Die Anfaenge des oeffentlichen Rehts Gesetzgebung im Zeitalter FriedrichBarbarossas und das gelehrte Recht Bologna-Berlin Il Mulino-Duncker amp Humblot

te ben diversa da quella esercitata dallrsquoantica Roma sui vari popoli ecittagrave caduti sotto il suo dominio ma lrsquoautonomia nel senso etimo-logico del termine delle varie cittagrave (specialmente nelle provinceorientali)161 era comunque stata un fattore giuridico e ideologico digrande importanza nel costituirsi e stabilizzarsi dellrsquoantico imperoromano cosigrave come lrsquoidea di una ldquodoppia cittadinanzardquo ovvero diquella romana e di quella della propria civitas di provenienza a sca-pito di ogni piugrave vasta realtagrave etnico-provinciale162 E molto probabil-mente giagrave Ottone di Frisinga contemporaneo e amico di FedericoBarbarossa quando aveva definito il potere dellrsquoimperatore comeun patrocinium sul mondo163 aveva voluto ricollegarsi a questo ca-rattere non ldquomonoliticordquo dellrsquoantico impero romano

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2007 p 47-65 (Annali dellrsquoIstituto storico italo-germanico Contributi = Jahrbuchdes Italienisch-deutschen historisches Instituts in Trient Beitraumlge 19) ID Vecchie enuove testimonianze sulla l laquoOmnis iurisdictioraquo in Iuris historia liber amicorum Ge-ro Dolezalek a cura di V COLLI E CONTE Berkeley Calif Robbins Collection 2008p 89-104 Ma vd anche supra gli studi citati alla n 134

161 Come durante il periodo della sua espansione in Italia Roma aveva in alcunicasi permesso alle varie cittagrave italiche di mantenere in parte i loro ordinamenti (Li-neamenti di storia del diritto romano sotto la direzione di M Talamanca Giuffregrave Mi-lano 1989 pp 247-50) cosigrave in seguito concede a molte cittagrave dellrsquoOriente greco la con-dizione di civitates liberae foederate o sine foedere la cui autonomia sempre relativanaturalmente ovvero la possibilitagrave di governarsi in alcuni ambiti secondo proprie leg-gi era sancita o meno da un trattato cfr Lineamenti di storia del diritto romano citpp 506-10 e V MAROTTA Conflitti politici cittadini e governo provinciale NapoliLoffredo 2004 pp 17-23 con note e bibliografia Il diritto allrsquoautonomigravea e allrsquoeleu-therigravea che consisteva oltre che nel potersi governare con leggi proprie e nel non pa-gare tributi anche nella libertagrave dallrsquoinvio di presidi esterni era considerato il fonda-mento stesso della polis greca di etagrave classica e venne ribadito da Flaminino quando nel196 aC proclamograve la libertagrave della Grecia (POLYB XVIII 46 5) cfr M SORDI Intro-duzione dalla lsquokoinegrave eirenersquo alla lsquopax Romanarsquo cit pp 3-16 EAD Panellenismo elaquokoine eireneraquo in I Greci a cura di S Settis 2 III Una storia greca TrasformazioniTorino Einaudi 1998 pp 5-20 con fonti e bibliografia

162 Lrsquoosservazione egrave piugrave che appurata e documentata nella stragrande maggio-ranza degli studi sullrsquoantico impero romano rimando solo al recente S RODA Il mo-dello della repubblica imperiale romana fra mondo antico e moderno Milano Mon-duzzi 2011 in particolare pp 5-74 e 145-53 Sulla doppia cittadinanza nel mondo ro-mano rimando al ldquoclassicordquo AN SHERWIN-WHITE The Roman citizenship OxfordClarendon Press 19732 (1 ed 1939) pp 271-72 e 291-311

163 laquoAd imperatorem totius orbis spectat patrociniumraquo ChroniconVII 34 (MHGScriptores rerum Germanicarum in usum scholarum separatim editi vol 45 OTTONIS

La sovranitagrave imperiale cosigrave come egli la concepiva si estendeva infattisulle nazioni i principati e le cittagrave della cristianitagrave occidentale ma lrsquoimpera-tore non intendeva sostituirsi ai loro governanti nellrsquoesercizio quotidiano del-lrsquoautoritagrave Cosigrave come la Roma antica aveva rispettato almeno formalmentele autonomie municipali e ammesso la doppia cittadinanza [hellip] allrsquoimpera-tore bastava che tutti papa compreso riconoscessero il carattere universaledel suo potere che veniva da Dio e faceva di lui lrsquoincarnazione della giusti-zia e della legge164

E cosigrave viene tratteggiato lrsquoimpero nel I libro della Monarchia unimpero garante della pace assicurata attraverso lrsquoesercizio della giu-stizia e di un diritto che pur nel rispetto delle ldquoautonomie localirdquodetta ai particulares principes una regulam sive legem (Mon I XIV 7)anche a tutela della libertagrave dei singoli cives165

24 laquoRomanum Imperium [hellip] a Deo volitum et per consequensde iure fuit et estraquo (Mon II IV 4)

Il II libro della Monarchia egrave interamente dedicato a dimostrareche i Romani costituirono di diritto il loro Impero e non giagrave unica-mente con la forza cosa questrsquoultima che lo stesso Dante ammettedi aver in precedenza pensato166

Lrsquoautore vuole stabilire anzitutto (come nel primo libro) una ve-ritagrave a cui fare riferimento costante nel seguito della argomentazione(Mon II II 1) e per questo osserva che quanto esiste di bene nel

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EPISCOPI FRISINGENSIS Chronica sive Historia de duabus civitatibus editio altera re-cognovit A HOFMEISTER Hannoverae et Lipsiae Impensis bibliopolii Hahniani1912 p 367)

164 A GIARDINA-A VAUCHEZ Il mito di Roma Da Carlo Magno a Mussolini Ro-ma-Bari Laterza 2000 p 44

165 Ma cfr anche il sect 23 dellrsquoEpistola VI ai Fiorentini dove lrsquoAlighieri sostiene chechi cospira contro lrsquoimperatore non egrave libero in quanto solo lrsquoobbedienza alle leggi dagravela libertagrave e lrsquoimperatore egrave laquolegum princeps itaque solis existentibus liberis qui vo-luntarie legi obediunt quos vos esse censebitis qui dum pretenditis libertatis affec-tum contra leges universas in legum principem conspiratisraquo

166Mon II I 2 laquoAdmirabar equidem aliquando romanum populum in orbe ter-rarum sine ulla resistentia fuisse prefectum cum tantum superficialiter intuens il-lum nullo iure sed armorum tantummodo violentia obtinuisse arbitrabarraquo

mondo deriva da Dio e che quindi il diritto che egrave un bene si trovainnanzitutto nella mente divina ed egrave da Dio voluto167 Ma se il dirit-to egrave immagine della volontagrave divina chiedersi se una cosa sia statafatta di diritto equivale allora chiedersi se sia stata fatta secondo lavolontagrave di Dio168 da ciograve discende il principio su cui si fonderagrave tut-ta lrsquoargomentazione del II libro che quanto Dio vuole in seno alla so-cietagrave umana deve essere stimato come vero e puro diritto169 Postoquesto principio Dante per dimostrare il diritto dei Romani allrsquoIm-pero ricorreragrave a fatti incontestabili e a testimonianze autorevoli ca-paci di render manifesta lrsquoinvisibile volontagrave di Dio che ha voluto lrsquoaf-fermazione dellrsquoimpero romano170 Non credo che questa premessasia sufficiente a definire la posizione di Dante in tema di diritto co-me una posizione laquovolontaristicaraquo tout court (laquola giustizia non comeespressione della ragione ma dellrsquoimperscrutabile volontagrave di Dioraquo)opposta a quella laquorazionalisticaraquo propria a S Tommaso171 e pertan-

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167Mon II II 4 laquoEx hiis iam liquet quod ius cum sit bonum per prius in menteDei est et cum omne quod in mente Dei est sit Deus iuxta illud ldquoQuod factum estin ipso vita eratrdquo et Deus maxime se ipsum velit sequitur quod ius a Deo prout ineo est sit volitum Et cum voluntas et volitum in Deo sit idem sequitur ulterius quoddivina voluntas sit ipsum iusraquo

168 Mon II II 5-6 laquoEt iterum ex hoc sequitur quod ius in rebus nichil est aliudquam similitudo divine voluntatis unde fit quod quicquid divine voluntati non con-sonat ipsum ius esse non possit et quicquid divine voluntati est consonum ius ipsumsit Quapropter querere utrum de iure factum sit aliquid licet alia verba sint nichiltamen aliud queritur quam utrum factum sit secundum quod Deus vultraquo

169 Mon II II 6 laquoHoc ergo supponatur quod illud quod Deus in hominum so-tietate vult illud pro vero atque sincero iure habendum sitraquo

170 Mon II II 7-8 laquoPropter quod sufficienter argumenta sub invento principioprocedent si ex manifestis signis atque sapientum autoritatibus ius illius populi gloriosiqueratur Voluntas quidem Dei per se invisibilis est et invisibilia Dei ldquoper ea que fac-ta sunt intellecta conspiciunturrdquo nam occulto existente sigillo cera impressa de illoquamvis occulto tradit notitiam manifestam Nec mirum si divina voluntas per signaquerenda est cum etiam humana extra volentem non aliter quam per signa cernaturraquo

171 Cosigrave Fassograve che a proposito di Tommaso afferma laquola legge naturale fonte an-che della legge umana egrave conformemente allrsquoinsegnamento classico ragione ragionenaturale Il criterio grazie al quale lrsquouomo distingue il bene dal male e che gli egrave guidae regola nelle sue azioni egrave la sua ragione Questa ragione egrave parte (participatio) della ra-gione divina che egrave legge eterna ma lrsquouomo la trova in seacute nella propria natura e la stes-sa legge eterna alla quale essa puograve essere ricondotta egrave razionalitagrave non volontagrave arbi-traria di Dio percheacute Dio nel quale volontagrave e ragione coincidono non puograve volere se

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non ciograve che egrave razionale La ragione umana certo egrave limitata mentre quella divina nonha limiti e corrispondentemente la legge naturale non egrave che una parte della leggeeterna ma in ciograve per cui la prima partecipa della seconda esse sono ugualiraquo (FASSOgraveStoria della filosofia del diritto I cit p 215) Mentre a proposito di Dante laquouno deipochi argomenti a proposito dei quali il sommo poeta si allontana dal tomismo e dal-lrsquoaristotelismo accogliendo invece concezioni volontaristiche di ispirazione agosti-niana egrave quello della giustizia e del diritto Egli intende infatti la giustizia non comeespressione della ragione ma dellrsquoimperscrutabile volontagrave di Dio fino a rappresen-tarla come inaccessibile alla conoscenza umanaraquo (p 221)

172 Lrsquoespressione laquoinvenzione del dirittoraquo si riferisce evidentemente al sottotito-lo del volume di Schiavone (Ius) piugrave volte citato alle cui pagine rimando ancora lagravedove si sottolinea proprio lrsquoalto grado di razionalitagrave a cui il ius era giunto giagrave nellrsquoul-timo secolo della Repubblica grazie a una laquorivoluzione scientificaraquo che aveva tra-sformato le norme da laquoatti di volontagraveraquo a laquoatti di conoscenza e di applicazione di unascienzaraquo in modo da ridurre i rapporti sociali a un laquoquadro di formeraquo che impone-vano laquoalla ragione un continuo sforzo di adeguamento in cui innanzitutto consiste-va la veritagrave del dirittoraquo SCHIAVONE Ius cit pp 246-47 ma cfr anche pp 171-97con p 177 laquola regola giuridica non sarebbe apparsa altrimenti che come un atto diconoscenza e non di volontagrave un adeguamento del pensiero allrsquoessere il risultato diunrsquooperazione conoscitiva razionalmente controllabile in ogni sua fase del tutto sot-tratta allrsquoarbitrio alla sopraffazione al dominioraquo

173 Riportato supra alla n 167174Mon II II 2-4 laquoEst enim natura in mente primi motoris qui Deus est deinde

to di fatto lontana da quel diritto che fu una assoluta laquoinvenzioneraquodella ragione umana ovvero di quella romana172 O almeno si devericonoscere nellrsquoopera dellrsquoAlighieri la presenza di differenti conce-zioni del diritto che variano in funzione dei diversi contesti argo-mentativi e che quindi non risultano sempre facilmente conciliabi-li fra loro E infatti abbiamo visto sopra un passo del Convivio (IVIX 8-9) in cui il diritto egrave proprio quel ius ereditato dai Romani di cuisi riconosce lrsquoascendenza giusnaturalistica e quindi la conformitagrave auna laquoratio summa insita in naturaraquo (per dirla con Cicerone nel De le-gibus I 18) di cui egrave partecipe la ragione umana evidentemente que-sta ratio non potragrave per Dante non essere compresa anche e innanzi-tutto nella mens Dei e non potragrave quindi essere in contrasto colla Suavolontagrave in questo senso forse si puograve leggere quanto affermato nelII capitolo del II libro della Monarchia (Mon II II 4)173 anche percheacutenei primi paragrafi di questo stesso capitolo Dante si egrave preoccupa-to di ribadire il nesso fra Dio e la natura che laquoegrave nella mente del pri-mo motore che egrave Dioraquo (II II 2) proprio come il diritto174 E nel VI ca-

pitolo sempre del II libro si istituisce unrsquoesplicita equivalenza fralrsquoordine stabilito dalla natura e il diritto175 E ancora il principio sucui si fonderanno tutte le argomentazioni del successivo III libro egravela laquoirrefragabilis veritas [hellip] quod illud quod nature intentioni re-pugnat Deus nolitraquo (Mon III II 2) Tutti passi da cui difficilmente sipuograve dedurre che Dante concepisca il diritto come espressione di unavolontagrave divina assolutamente arbitraria rispetto alle leggi della naturae rispetto quindi anche alla ragione naturale dellrsquouomo176

Certo che in questo II libro della Monarchia aver posto il prin-cipio che quanto avviene tra gli uomini egrave conforme al diritto quan-do coincide con la volontagrave di Dio significa poi dedurre la presenzadel ius semplicemente da fatti favoriti consentiti insomma ldquovolutirdquoda Dio Cosigrave ad esempio nel IV capitolo Dante dopo aver definitoil miracolo come ciograve che avviene per intervento diretto della volon-tagrave di Dio indipendentemente dallrsquoordine naturale (Mon II IV 1)177sostiene che laquolrsquoImpero romano nel suo venire a perfezione fu aiuta-

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in celo tanquam in organo quo mediante similitudo bonitatis ecterne in fluitantemmateriam explicatur [hellip] et quod quicquid est in rebus inferioribus bonum cum abipsa materia esse non possit sola potentia existente per prius ab artifice Deo sit et se-cundario a celo quod organum est artis divine quam lsquonaturamrsquo comuniter appellantEx hiis iam liquet quod ius cum sit bonum per prius in mente Dei estraquo

175 Mon II VI 3 laquolrsquoordine naturale nelle cose non puograve mantenersi senza il dirit-to poicheacute il fondamento del diritto egrave inseparabilmente connesso con questrsquoordinedunque egrave necessario che lrsquoordine si mantenga di dirittoraquo (laquoordo naturalis in rebus ab-sque iure servari non possit cum inseparabiliter iuris fundamentum ordini sit anne-xum necesse igitur est ordinem de iure servariraquo) ma su questo capitolo vd infra

176 Ancora esempi di questa connessione fra la volontagrave di Dio la natura e la ra-gione umana connessione che si esprime proprio nel diritto si possono riscontrareanche nella epistola VI dellrsquoAlighieri laquoNempe legum sanctiones alme declarant ethumana ratio percontando decernit [hellip]raquo (sect 7) o ancora laquoet hoc Deus et natura nonvult et mortalium penitus abhorreret adsensusraquo sectsect 22 laquosacratissimis legibus que ius-titie naturalis imitantur ymaginemraquo (ibidem) Ma cfr anche lrsquoinizio di questa stessaEpistola (sect 2) dove di particolare interesse appare il nesso stabilito fra provvidenza di-vina impero e una vita ldquocivilerdquo secondo quanto richiede la ldquonaturardquo laquoEterni pia pro-videntia Regis [hellip] sacrosancto Romanorum Imperio res humanas disposuit guber-nandas ut sub tanti serenitate presidii genus mortale quiesceret et ubique naturaposcente civiliter degereturraquo

177 Secondo la definizione di TOMMASO Contra gent III 101 (laquohaec autem quaepraeter ordinem communiter in rebus statutum quandoque divinitus fiunt miraculadici solentraquo) a cui Dante rimanda

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178 Mon II IV 4 laquoromanum Imperium ad sui perfectionem miraculorum suffra-gio est adiutum ergo a Deo volitum et per consequens de iure fuit et estraquo

179 Mon II IV 5 laquoQuod autem pro romano Imperio perficiendo miracula Deusportenderit illustrium autorum testimoniis comprobaturraquo Anche nellrsquoepistola V neisectsect 22-25 si sostiene che laquoDeum romanum Principem predestinasse relucet in miris ef-fectibus [hellip] Nam si a prima scintillula huius ignis revolvamus preterita ex quo scili-cet Argis hospitalitas est a Frigibus denegata et usque ad Octaviani triumphos mundigesta revisere vacet nonnulla eorum videbimus humane virtutis omnino culmina tran-scendisse et Deum per homines tanquam per celos novos aliquid operatum fuisseraquo

180 Dante cita LIVIO (cfr I 20 4 e V 54 7) e LUCANO Phars IX 477-80181 Anche qui sono ricordati LIVIO (cfr V 47 4-6) e multi scriptores illustres non

meglio precisati si cita infine VERG Aen VIII 652-56182 Di nuovo LIVIO (cfr XXVI 11 1-8)183 Anche in questo caso pur se non menzionata espicitamente la fonte potreb-

be essere LIVIO II 13 6-11 Ma in questi episodi osservano CHIESA-TABARRONE Com-mento in Monarchia cit p 93 ad II IV 3 laquomolti particolari cui Dante accenna nonsi ritrovano in Livio ma sono riferiti da altri storici romani senza che qualcuno di es-si sia identificabile con sicurezza come fonte diretta Lo scrittore sta probabilmentericordando a memoria episodi vulgati che erano di dominio comune negli ambientiscolastici e circolavano con piccole varianti narrative la menzione di Livio vuole rial-lacciarsi alla tradizione piugrave nobile della storiografia romana anticaraquo

184 Vd supra e n 62

to dal concorso di miracoli dunque fu voluto da Dio e per conse-guenza fu ed egrave di dirittoraquo178 E laquoche poi Dio compiesse miracoli nelrecare a perfezione lrsquoImpero romano egrave dimostrato dalla testimo-nianza illustrium autorumraquo179 Gli esempi della storia romana ripor-tati in questo capitolo con la menzione degli laquoillustri autoriraquo che litestimoniano sono quello dellrsquoancile caduto mentre Numa sacrifi-cava agli degravei180 quello delle oche del Campidoglio181 quello dellagrandinata che avrebbe dissuaso Annibale dal dirigersi verso Ro-ma182 e quello della traversata del Tevere a nuoto di Clelia183 Da os-servare che nel passo del Convivio in cui Dante voleva ugualmentedimostrare lrsquointervento divino a favore dei Romani abbiamo trova-to solo uno di questi esempi quello delle oche del Campidoglio glialtri esempi del primo trattato mostravano infatti lrsquointervento divi-no ma ldquomediatordquo se cosigrave si puograve dire dalla virtus umana che costi-tuiva il focus della argomentazione dantesca184 Nella Monarchia in-vece Dante vuole piugrave propriamente dimostrare lrsquointervento direttodel ldquosoprannaturalerdquo come segno della volontagrave divina che egrave inter-

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185 Cfr CHIESA-TABARRONE Commento in Monarchia cit p 92 ad II IV 3 e p 93dove di nuovo si osserva che quella di Dante egrave laquouna prospettiva ricalcata su quella vir-giliana che legge la storia romana antica come preparazione dellrsquoimpero di Augustodestinato a portare a pienezza il progettoraquo

186 E anche nel caso in cui lrsquoimpresa sembra piugrave dovuta alla prodezza umana ecioegrave in quello di Clelia Dante sottolinea che la giovane fu laquomiro Dei auxilio adiutaraquo(Mon II IV 10) Ancora piugrave netta quindi la distanza da Agostino che se poteva in cer-ta misura riconoscere i meriti della virtus romana certamente non accettava ma an-zi confutava lrsquointervento della divinitagrave nei piugrave famosi episodi della storia di Roma pa-gana cfr ad es De civitate II 2 III 20

venuta nellrsquoantica storia di Roma ovvero nella fase formativa di quel-lrsquoimpero che ne costituiragrave poi la compiuta realizzazione185 non egrave in-fatti un caso che per la seconda guerra punica si ricordi la grandinee non la laquofranchezzaraquo di laquoquel benedetto Scipioneraquo (Convivio IV V19)186

25 laquoRomanus populus per duellum acquisivit Imperium ergo deiure acquisivitraquo (Mon II IX 21)

Anche nei capitoli VII-IX del II libro la concezione di Dante inmateria di diritto appare a prima vista assolutamente volontaristicaDopo aver distinto nel VII capitolo fra le vicende in cui il giudizio diDio (divinum iudicium) egrave manifesto (o grazie alla ragione o grazie al-la fede Mon II VII 1-6) e quelle in cui egrave occulto (Mon II VII 7)Dante distingue in questrsquoultimo caso quando tale giudizio irrag-giungibile dallrsquouomo si palesa attraverso una rivelazione diretta omediante una prova decisiva (ibidem) La rivelazione mediante unaprova si ha o con un sorteggio o con un leale confronto (laquoaut sorteaut certamineraquo VII 9) e di nuovo allrsquointerno del certamen si distinguequando questo avviene laquoex collisione virium sicut fit per duellumraquooppure quando avviene laquoex contentione plurium ad aliquod signumprevalere conantium sicut fit per pugnam athletarum currentiumad braviumraquo (ibidem) LrsquoVIII e il IX capitolo illustrano invertendolrsquoordine prima enunciato come il giudizio divino nei due tipi di cer-tamina si sia palesato a favore dei Romani lrsquoVIII dimostrando chelaquoRomanus populus cunctis athletizantibus pro imperio mundi pre-

valuitraquo (VIII 2) il IX che laquoromanus populus per duellum acquisivitImperium ergo de iure acquisivitraquo (IX 21)

In particolare nellrsquoVIII si dimostra che i Romani sono riusciti araggiungere quella meta che consiste in laquoomnibus preesse mortali-bus hoc enim lsquoImperiumrsquo dicimusraquo meta che laquonulli contigit nisi ro-mano populoraquo (VIII 2) dato che non era stata raggiunta dagli altrildquocontendentirdquo ovvero dagli Assiri dagli Egiziani dai Persiani e daiMacedoni (VIII 3-10) Qui Dante riprende il ben noto motivo dellasuccessione degli imperi che pur con variazioni sia negli imperi elen-cati sia nel valore ideologico attribuitole si puograve considerare laquounacostante del pensiero politico-storico grecoraquo187 trovandosi in Ero-doto in Ctesia (dove egrave giagrave presente la sequenza di Assiria Media ePersia) e quindi negli scrittori greci di etagrave ellenistica188 Si discute selrsquoorigine di tale teoria sia greca189 o non piuttosto orientale rintrac-ciabile nellrsquoambito di testi iranici eo delle profezie dinastiche babi-lonesi190 Qualunque ne sia lrsquoorigine essa ricorre nel libro di Danie-le (II 31-35 e VII 1-7) di ambiente ellenistico-giudaico dove perogravenon vengono identificati esplicitamente i vari imperi che si succe-

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187 A MOMIGLIANO Daniele e la teoria greca della successione degli imperi inlaquoRendiconti dellrsquoAccademia Nazionale dei Lincei Classe di Scienze Morali Storichee Filologicheraquo XXXV 1980 pp 157-62 ora in ID La Storiografia Greca Torino Ei-naudi 1982 pp 293-301 p 295

188 Cfr D MENDELS The Five Empires a Note on a Propagandistic Topos inlaquoAmerican Journal of Philologyraquo CII 1981 pp 330-37 A MOMIGLIANO The originsof Universal History in laquoAnnali della Scuola Superiore Normale di Pisaraquo XII 1982pp 533-60 ora in ID Settimo contributo alla storia degli studi classici e del mondo an-tico Roma Edizioni di Storia e Letteraura 1984 pp 77-103 JM ALONSO NUacuteNtildeEZTrogue-Pompeacutee et lrsquoimpeacuterialisme romain in laquoBulletin de lrsquoAssociation G Budeacuteraquo 1990pp 72-86 p 83 JL FERRARY Lrsquooikoumene LrsquoOrient e lrsquoOccident drsquoAlexandre leGrand agrave Auguste histoire et historiographie in Convegno per Santo Mazzarino Attidel Convegno (Roma 9-11 maggio 1991) Roma LrsquoErma di Bretschneider 1998 pp97-132 specialmente pp 122-30

189 Cosigrave tutti gli studi citati alla nota precedente 190 Cfr JW SWAIN The theory of the four monarchies Opposition History under

the Roman Empire in laquoClassical Philologyraquo XXXV 1940 pp 1-21 D FLUSSER Thefour Empires in the fourth Sybil and in the book of Daniel in laquoIsrael Oriental StudiesraquoII 1972 pp 148-75 e M MAZZA Roma e i quattro imperi Temi della propaganda nel-la cultura ellenistico-romana in laquoStudi e materiali di storia delle religioniraquo LXII 1996pp 315-50 specialmente pp 333-45

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191 PL 25 coll 503-504 528-530 Ma lrsquoinserzione di Roma (perograve come quinto im-pero dopo Assiria Media Persia e Macedonia) egrave giagrave attestata come ci informa unaglossa in VELLEIO PATERCOLO I 6 6 nellrsquoopera De annis populi Romani di un certoEmilio Sura non altrimenti noto databile probabilmente attraverso unrsquoanalisi inter-na del passo agli anni fra il 189 (sconfitta di Antioco III a Magnesia) e il 171 aC(prima della terza guerra Macedonica e di Pidna) SWAIN The theory of the four mo-narchies cit pp 2-12 MOMIGLIANO Daniele e la teoria greca della successione degliimperi cit p 294 JM ALONSO NUacuteNtildeEZ Aemilius Sura in laquoLatomusraquo XLVIII 1989pp 110-19 pp 110-12 ID Trogue-Pompeacutee et lrsquoimpeacuterialisme romain cit p 83 F GASCOacute La teoria de los cuatro imperios Reiteracioacuten y adaptacioacuten ideologica I Roma-nos y griegos in laquoHabisraquo XII 1981 pp 179-96 ora in ID Opuscola Selecta SevillaUniversidad 1996 pp 13-26 p 16 [contro questa datazione cfr MENDELS The FiveEmpires cit pp 330-32 (seconda metagrave I secolo aC) MAZZA Roma e i quattro im-peri cit pp 323-33 e FERRARY Lrsquooikoumene cit p 130 (etagrave cesariana)] Il tema pa-re ritrovarsi in POLIBIO (dove certamente crsquoegrave il paragone fra Roma e lrsquoegemonia spar-tana e lrsquoimpero macedone in I 2 1 ma forse anche proprio una menzione della suc-cessione ldquocanonicardquo degli imperi in XXXVIII 22 1-3 MOMIGLIANO Daniele e la teoriagreca della successione degli imperi cit pp 294-95 contra MAZZA Roma e i quattroimperi cit pp 318-23 e FERRARY Lrsquooikoumene cit pp 122 e 126 con nota 108) equindi in Pompeo Trogo che lo usa come schema per la sua storia universale (comesi evince dai Prologi unica parte dellrsquoopera pervenutaci al di fuori dellrsquoEpitome for-nitaci da Giustino) Nel contesto dellrsquoopera di Polibio e ancor di piugrave di quella di Pom-peo Trogo (per quello che possiamo ricostruire) lrsquouso del topos sembra perograve potergettare unrsquoombra sulla potenza romana insinuando lrsquoidea che essa potesse essere asua volta ldquorimpiazzatardquo da una nuova egemonia ALONSO NUacuteNtildeEZ Trogue-Pompeacutee etlrsquoimpeacuterialisme romain cit E GABBA Dionigi e la storia di Roma arcaica Bari Edi-puglia 1996 p 169 Bisogna arrivare a DIONIGI DI ALICARNASSO (I 2 1-4) e successi-vamente ad ELIO ARISTIDE (A Roma 91) e ad APPIANO (Praef 8-10) per trovare svol-to il tema in modo inequivocabilmente favorevole a Roma (mentre ancora in chiaveanti-romana lo troviamo in DIONE DI PRUSA Or LXXIX 6 su cui vd P DESIDERI Dionedi Prusa Un intellettuale greco nellrsquoimpero romano Messina-Firenze DrsquoAnna 1978pp 175-76 nota 5 e p 234)

dono Girolamo nel commento ai passi di Daniele (ripreso anchenella Glossa Ordinaria) li identifica con Babilonesi Persiani Mace-doni e Romani191 non menzionando quindi a differenza del passodella Monarchia gli Egiziani mentre Orosio in due passi delle Hi-storiae (II 1 4 VII 2 4) presenta la successione degli imperi dandolrsquoordine Babilonesi Macedoni Africani (Cartagine) Romani quan-do perograve tratta la storia dellrsquoOriente dettaglia i vari popoli e vi tro-viamo Nino e Semiramide (I 4) Vesoze re dellrsquoEgitto (I 14) Ciro (II6) e Serse (II 10) Ed infatti Dante rimanda esplicitamente ad Oro-

sio sia riguardo a Nino e Semiramide192 che riguardo a Vesoze193Sembra quindi ragionevole supporre che Dante abbia tenuto pre-sente lrsquoordine di Girolamo integrandolo con ciograve che leggeva nellestorie di Orosio194 per concludere infine che se il popolo Romanoprevalse su tutti gli altri laquode divino iudicio prevaluit et per conse-quens de divino iudicio obtinuit quod est de iure obtinuisseraquo (MonII VIII 15) Ma anche per questa argomentazione che si riferisce loabbiamo detto a quei casi in cui il giudizio divino non egrave raggiungi-bile tramite la ragione e che farebbe quindi coincidere il diritto so-lo con il riconoscimento di una volontagrave divina imperscrutabile al-lrsquouomo egrave stato ipotizzato che Dante avesse in mente un riferimentogiuridico rintracciabile nelle glosse sul certamen sacrum195

Ancora nel IX capitolo il presupposto che laquoquod per duellumacquiritur de iure acquiriturraquo (Mon II IX 1) in quanto anche il duel-lum egrave un certamen in cui si manifesterebbe il giudizio di Dio egrave un

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192Mon II VIII 3 laquoPrimus nanque in mortalibus qui ad hoc bravium anelavit Ni-nus fuit Assiriorum rex qui quamvis cum consorte thori Semiramide per nonagintaet plures annos ut Orosius refert imperium mundi armis temptaveritraquo Il riferimen-to a due versi delle Metamorfosi di OVIDIO (IV 58 e 88 nellrsquoepisodio di Piramo e Ti-sbe) dove si menzionano Nino e Semiramide sono laquopuri abbellimentiraquo CHIESA-TA-BARRONE Commento in Monarchia cit p 123 ad II VIII 4

193 Mon II VIII 5 laquoSecundus Vesoges rex Egipti ad hoc bravium spiravit etquamvis meridiem atque septentrionem in Asya exagitaverit ut Orosius memoratnunquam tamen dimidiam partem orbis obtinuitraquo Ma cfr F FABBRINI Paolo OrosioUno storico Roma Edizioni di Storia e Letteratura 1979 p 26 proprio in rapportoa questo capitolo della Monarchia

194 Cosigrave anche Kay in DANTErsquoSMonarchia Translated with a commentary by RKAY Toronto Pontifical Institute of mediaeval studies 1998 ad loc

195 Cfr CANCELLI sv Diritto romano in Enciclopedia Dantesca cit laquoNel di-fendere i Romani dallrsquoaccusa di latrocinio si richiama al duello ndash istituto come ognu-no sa di origine germanica ndash su cui si pronuncia il giudizio di Dio ma i contenden-ti sono detti anche atleti (Mn II VII e VIII) ciograve che si capirebbe poco se non fosse chei testi del diritto gli porgevano opportuni sostegni Qui sono considerati gli atletiche disputano un certamen sacrum (Cod 10 54 (53) c un) la cui posta non egrave la mer-ces ma il trionfo della virtugrave secondo quanto si esplicava alla gl Athletae ad DigXXVII 1 8 [6 6] Et erant athletae qui sine mercede virtutis gratia certabant et cer-taminibus sacris deserviebant Lrsquoaver quindi il popolo romano disputato un certamensacrum ndash quindi divino ndash e averlo vinto volta a volta contro i vari popoli non puogravenon indurre il duplice fondamento giuridico e divino del suo possesso e dominiodel mondoraquo

argomento in apparenza esclusivamente ricollegabile alla tradizionegermanica e in particolare longobarda introdotta con lrsquoeditto di Ro-tari del 643 sopravvissuta per qualche secolo ma quasi scomparsaallrsquoepoca di Dante anche percheacute combattuta laquosempre piugrave risoluta-mente dal magistero ecclesiastico e dalle scuola di giurispruden-zaraquo196 In questa argomentazione lrsquoAlighieri pare quindi distanziarsinettamente dalla tradizione giuridica romana Eppure come egrave sta-to anche di recente evidenziato la dimostrazione (Mon II IX 12-18)che romanus populus per duellum acquisivit Imperium ergo de iureacquisivit (Mon II IX 21) si svolge facendo continuo riferimento al-la laquoautoritagrave del De officiis di Cicerone [hellip] disseminato verbaliterlungo tutto il paragraforaquo197 Dante si richiama infatti esplicitamentedue volte al trattato ciceroniano per stabilire in via preliminare quel-le regole per le quali uno scontro puograve essere definito un ldquoduellordquo laprima regola egrave che vi si debba ricorrere solo dopo aver prima tenta-to in tutti i modi una soluzione pacifica cosigrave come Cicerone nel Deofficiis (I 34)198 aveva raccomandato a proposito dellrsquointrapresa del-la guerra (Mon II IX 3)199 E la seconda regola (ma giagrave anticipata inMon II IX 2) egrave che i duellanti debbano affrontarsi di comune ac-

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196 Cfr FIORELLI Sul senso del diritto nella laquoMonarchiaraquo cit p 93 e tutte le pp90-97 dove si traccia una breve storia del duellum giudiziario in Italia e dellrsquoopposi-zione nei suoi confronti Ma cfr eg anche TOMMASO Super sententiis III dist 39 q 1art 2 qc 2 arg 3 laquoPraeterea in sortibus et judiciis quae fiunt per ignem et aquamvel per duellum expectatur divinum testimonium et propter hoc sunt prohibita quiain his videtur esse quaedam Dei tentatioraquo

197 C DI FONZO laquoAequitasraquo e giustizia retributiva nel Paradiso di Dante in Chal-lenging centralism cit pp 43-52 p 43

198 CIC De off I 34 laquoAtque in re publica maxime conservanda sunt iura belliNam cum sint duo genera decertandi unum per disceptationem alterum per vimcumque illud proprium sit hominis hoc beluarum confugiendum est ad posterius siuti non licet superioreraquo

199Mon II IX 3 laquoSed semper cavendum est ut quemadmodum in rebus bellicisprius omnia temptanda sunt per disceptationem quandam et ultimum per preliumdimicandum est ut Tullius et Vegetius concorditer precipiunt hic in Re militari illevero in Offitiisraquo In effetti anche VEGEZIO nel De re militari III 9 afferma laquoIdeo om-nia ante cogitanda sunt ante temptanda ante facienda sunt quam ad ultimum ue-niatur abruptumraquo ma riferendosi alle precauzioni che deve adottare un comandanteprima di attaccare battaglia

cordo laquonon per odio od amore ma soltanto per vivo desiderio digiustiziaraquo (Mon II IX 4) e a questo proposito chiama di nuovo incausa il De officiis200 affermando che Cicerone avrebbe laquotoccatoraquoquesto argomento quando aveva affermato che laquoSed bella quibusImperii corona proposita est minus acerbe gerenda suntraquo (Mon IIIX 4)201 Ma al di lagrave di queste citazioni quasi testuali occorre evi-denziare che lrsquoAlighieri mostra di aver ben presente il contesto da cuile trae si tratta infatti di quei passi del De officiis in cui allrsquointernodella trattazione della virtugrave della giustizia (De off I 20-60)202 Cice-rone definisce il laquobellum iustum romanumraquo (De off I 34-40) primacome quella guerra intrapresa laquosolo per poter vivere in pace e sen-za offesaraquo (De off I 35) quindi secondo il sanctissimum ius fetialedel popolo romano come quella guerra laquoche si intraprenda doporegolare domanda di soddisfazione e che sia stata prima minacciatae dichiarataraquo (De off I 36) 203 E nel passo che precede immediata-mente la citazione dantesca laquoSed bella quibus Imperii etcraquo Cice-rone afferma ancora che laquoQuando perograve si combatte per la supre-mazia e si cerca la gloria con la guerra egrave necessario tuttavia che vi

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200 CIC De off I 34 laquoSed bella quibus imperii proposita gloria est minus acer-be gerenda suntraquo

201Mon II IX 4 laquoDuo igitur formalia duelli apparent unum hoc quod nunc dic-tum est aliud quod superius tangebatur scilicet ut non odio non amore sed solo ze-lo iustitie de comuni assensu agoniste seu duelliones palestram ingrediantur Et prop-ter hoc bene Tullius cum de hac materia tangeret inquiebat enim ldquoSed bella quibusImperii corona proposita est minus acerbe gerenda suntrdquoraquo Si puograve ipotizzare cheDante abbia sostituito alla parola gloria la parola corona anche laquoper insistere nellametafora agonistica (la corona era il premio per il vincitore della gara)raquo CHIESA-TA-BARRONE Commento in Monarchia cit p 132 ad II IX 4

202 La giustizia egrave una delle quattro virtugrave che insieme a sapienza fortezza e tempe-ranza costituisce lrsquohonestum CIC De off I 15

203 Cicerone in De officiis I 35 seguendo probabilmente Panezio afferma chelaquosuscipienda quidem bella sunt ob eam causam ut sine iniuria in pace vivaturraquo e inI 36 rifacendosi alla tradizione romana che laquobelli quidem aequitas sanctissime fetia-li populi Romani iure perscripta est Ex quo intellegi potest nullum bellum esse iu-stum nisi quod aut rebus repetitis geratur aut denuntiatum ante sit et indictumraquo Latraduzione da me usata egrave quella di A Resta Barile in CICERONE I doveri con un sag-gio introduttivo e note di E NARDUCCI traduzione di A RESTA BARILE Milano Riz-zoli 1987

siano quelle giuste ragioni (iustae causae) che ho detto poco primaraquo(De off I 38)204 ribadendo quindi la necessitagrave che anche queste guer-re siano bella iusta Si puograve quindi ipotizzare che Dante quando intutto questo capitolo IX del II libro della Monarchia insiste propriosul laquovivo desiderio di giustiziaraquo e sulla laquogiustiziaraquo che dovrebbe es-sere presente nel duellum205 segua proprio lrsquoesempio di Ciceroneche aveva voluto definire la ldquogiustiziardquo del bellum romano206 Infine

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204 CIC De off I 38 laquoCum vero de imperio decertatur belloque quaeritur gloriacausas omnino subesse tamen oportet easdem quas dixi paulo ante iustas causas es-se bellorum Sed ea bella quibus imperii proposita gloria est minus acerbe gerendasuntraquo

205 E cosigrave infatti ancora prosegue dopo le citazioni ciceroniane laquoiustitie neces-sitate de comuni assensu congregati propter zelum iustitie nonne in nomine Dei con-gregati sunt Et si sic nonne Deus in medio illorum est cum ipse in evangelio nobishoc promictat Et si Deus adest nonne nefas est arbitrari iustitiam succumbere pos-se quam ipse in tantum diligit quantum superius prenotatur Et si iustitia in duellosuccumbere nequit nonne de iure acquiritur quod per duellum acquiriturraquo (MonII IX 5-6)

206 Gli studiosi moderni come egrave ben noto ritengono per lo piugrave che le iustae cau-sae che secondo Cicerone dovrebbero motivare anche la guerra de imperio siano so-lo identificabili con il rituale che fornirebbe parvenza di legalitagrave alle mire espansio-nistiche romane e che comunque anche nei passi precedenti il bellum iustum sia daintendersi come laquola guerra legittima in quanto (posta in essere in modo) conforme al-lrsquoordinamento vigente (romano interno ndash si sottolinei ndash) in materia di guerra [hellip] ilquale consiste nel complesso normativo dello ius fetiale che richiede lrsquoadempimentodella procedura indicata per lrsquointroduzione di uno stato di guerraraquo L LORETO Il bel-lum iustum e i suoi equivoci Napoli Jovene 2001 p 18 ma cfr anche PA BRUNTLaus imperii in Imperialism in the Ancient World edd PDA Garnsey-CR Whitta-ker Cambridge University Press Cambridge 1978 pp 159-91 pp 175-78 WV HAR-RIS War and Imperialism in Republican Rome 327-70 BC Oxford Oxford Univer-sity Press 1979 pp 163-75 A CALORE Forme giuridiche del lsquobellum iustumrsquo Mila-no Giuffregrave 2003 in particolare pp 142 152 155 Contra J-L FERRARY Philhelleacuteni-sme et impeacuterialisme Aspects ideacuteologiques de la conquecircte romaine du monde helleacutenisti-que Rome Eacutecole franccedilaise de Rome 1988 pp 410-15 che ritiene fondamentale nel-la definizione del bellum iustum il fatto che sia intrapreso laquout sine iniura in pace vi-vaturraquo e ipotizza che i Romani intendessero anche le guerre de imperio come guerreintraprese per la difesa dellrsquoimpero Ma pur ammettendo una concezione esclusiva-mente giuridica del bellum iustum sappiamo che gli scrittori romani (in primis Ci-cerone nel giagrave ricordato De republica III 36 vd supra n 24 e poi infra nel testo) si era-no posti anche il problema della iustitia laquosostanzialeraquo nella conquista e nella gestio-ne dellrsquoimpero Per questo non credo che Dante citi ldquoa spropositordquo Cicerone ldquoa pro-

sempre in De officiis I 38 questa volta immediatamente dopo la ci-tazione dantesca laquoSed bella quibus Imperii etcraquo si distingue fra leguerre combattute laquoper la soppravivenza e non per lrsquoimperiumraquo(laquouter esset non uter imperaretraquo come quelle con i Celtiberi e i coni Cimbri) da quelle combattute invece de imperio come quelle con-tro i Latini i Sabini i Sanniti i Cartaginesi e Pirro E dopo aver af-fermato che fra questi popoli i Cartaginesi furono comunque foedi-grafi e Annibale crudelis mentre tutti gli altri iustiores si riportanoalcuni versi di Ennio (senza perograve indicare lrsquoautore) nei quali si ri-cordano le laquonobilissime paroleraquo che Pirro avrebbe detto allrsquoamba-sceria guidata da Fabrizio rifiutando lrsquooro per il riscatto dei prigio-nieri romani

non chiedo per me oro neacute mi dovete dare il prezzo del riscatto non fac-ciamo la guerra da mercanti ma da soldati col ferro non con lrsquooro decidia-mo la nostra sorte Sperimentiamo col valore se la Fortuna signora delle co-se umane daragrave lrsquoimpero a me o a voi e cosa essa ci porti E tenete a menteho stabilito di concedere la libertagrave a quei valorosi che la la sorte della guerraha risparmiato Ve ne faccio dono conduceteli con voi col favore degli degravei

Parole ndash commenta Cicerone ndash veramente degne di un re e del-la stirpe degli Eacidi207

Ho voluto richiamare per intero anche questa ultima parte delpasso ciceroniano percheacute Dante quando forniragrave le prove storiche

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positordquo del laquovivo desiderio di giustiziaraquo Senza contare che per Cicerone come perDante il diritto romano espressione del ius naturae difficilmente poteva essere intesoin contraddizione alla ldquogiustiziardquo

207 CICDe off I 38 laquoSed ea bella quibus imperii proposita gloria est minus acer-be gerenda sunt Ut enim cum civi aliter contendimus si est inimicus aliter si com-petitor (cum altero certamen honoris et dignitatis est cum altero capitis et famae) siccum Celtiberis cum Cimbris bellum ut cum inimicis gerebatur uter esset non uterimperaret cum Latinis Sabinis Samnitibus Poenis Pyrrho de imperio dimicabaturPoeni foedifragi crudelis Hannibal reliqui iustiores Pyrrhi quidem de captivis red-dendis illa praeclara ldquoNec mi aurum posco nec mi pretium dederitis Nec caupo-nantes bellum sed belligerantes Ferro non auro vitam cernamus utrique Vosnevelit an me regnare era quidve ferat Fors Virtute experiamur Et hoc simul accipedictum Quorum virtuti belli Fortuna pepercit Eorundem libertati me parcerecertum est Dono ducite doque volentibus cum magnis disrdquo Regalis sane et dignaAeacidarum genere sententiaraquo

che laquoil popolo romano per duello acquistograve lrsquoimperoraquo (e quindi laquoconil dirittoraquo Mon II IX 12) seguiragrave nellrsquoelencare i duelli vittoriosicombattuti dagli eroi romani proprio lrsquoordine dei popoli presentinel De officiis rimandando poi alle testimonianze di Virgilio (perEnea e Turno Mon II IX 13-14) e di Livio (per gli Orazi e i Curia-zi Mon II IX 15 per i Sabini e i Sanniti contro i quali si combatteacutelaquosotto forma di duello sebbene molti fossero i combattentiraquo MonII IX 16-17 e infine per Fabrizio contro Pirro e per Scipione controAnnibale Mon II IX 18) e prima di passare a questo elenco per di-mostrare che anche i pagani laquocercavano il giudizio dalla fortuna delduelloraquo (Mon II IX 7)208 riporteragrave lrsquoesempio di Pirro citato nel De of-ficiis affermando che laquoHic Pirrus lsquoHeramrsquo vocabat fortunam quamcausam melius et rectius nos lsquodivinam providentiamrsquo appellamusraquo209una affermazione che laquopresuppone e concilia le due anime latina ecristiana tra loro intersecate nel terreno tra giuridico e teologicoraquo210Dopo lrsquoelenco dei ldquoduellirdquo sostenuti dai romani il capitolo IX si chiu-de con unrsquoinvettiva contro i laquogiuristi presuntuosiraquo che stanno laquosot-

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208 Dopo essersi richiamato in Mon II IX 5 (riportato supra alla n 205) al VangelolaquoDante si preoccupa di sottolineare che il ricorso al duello come pratica giudiziariavaleva anche prima della venuta di Cristo fra le regole del duello non vi egrave infatti quel-la che i duellanti riconoscano Cristo come Dio una condizione che avrebbe inficiatola sua argomentazione (percheacute gli esempi recati a dimostrazione del fatto che i Roma-ni acquisirono lrsquoimperium per mezzo del duello esposti nei parr 12-18 sono tutti pre-cedenti alla venuta di Cristo)raquo CHIESA-TABARRONE Commento in Monarchia cit p132 ad II IX 7-8

209Mon II IX 8 laquoUnde bene Pirrus ille tam moribus Eacidarum quam sanguinegenerosus cum legati Romanorum pro redimendis captivis ad illum missi fueruntrespondit Nec mi aurum posco nec mi pretium dederitis non cauponantes bellumsed belligerantes ferro non auro vitam cernamus utrique Vosne velit an me regna-re Hera quidve ferat sors virtute experiamur Quorum virtuti belli fortuna peperciteorundem me libertati parcere certum est Dono ducite Hic Pirrus lsquoHeramrsquo vocabatfortunam quam causam melius et rectius nos lsquodivinam providentiamrsquo appellamusraquoRispetto al passo del De officiis che cita questi versi di Ennio (cfr n 207) sono da os-servare in Dante le seguenti differenze il termine lsquoHerarsquo egrave inteso nella Monarchia co-me un appellativo e non come un apposizione il verso finale egrave omesso probabilmen-te per il troppo esplicito riferimento agli degravei il conclusivo commento ciceroniano sul-la nobiltagrave di Pirro egrave anticipato nella osservazione iniziale su Pirro laquochrsquoera nobile sigrave peri costumi propri degli Eacidi sigrave per il sangueraquo

210 DI FONZO laquoAequitasraquo e giustizia retributiva nel Paradiso di Dante cit p 44

to a quella specola della ragione onde la mente umana deduce spe-culando questi princigravepiraquo e che devono perciograve tacere laquoaccontentan-dosi di dare consigli e giudizi conformi al tenore della leggeraquo211 eproprio alla luce della rilettura dantesca del discorso di Pirro si puograveipotizzare che tale invettiva non sia laquorivolta contro un bersaglio ge-nericoraquo ma contro laquola stessa glossa alla 1 digna vox nel titolo de le-gibus del codice Giustiniano (Cod 1 14 4) dove Accursio [hellip] an-nota che lrsquoImpero deriva dalla fortuna (ldquocum imperium sit de for-tunardquo)raquo212 ovvero lrsquoopposto di ciograve che Dante ha voluto dimostraree che solo i laquoGentiles ante tubam evangelicamraquo (Mon II IX 7)213potevano credere chiamando appunto fortuna ciograve che laquonos lsquodivi-nam providentiamrsquo appellamusraquo214

Abbiamo cosigrave visto che anche nellrsquoargomentazione che piugrave sem-bra allontanarsi dalla concezione romana del diritto Dante si siaperograve adoperato per giustificare e ldquopuntellarerdquo la sua interpretazio-ne ldquovolontaristicardquo con continui riferimenti a fonti romane che se-condo lrsquoautore dovrebbero mettere a tacere anche e proprio queigiuristi che si proclamavano interpreti ed eredi del diritto roma-no215 Vedremo ora come la tradizione romana questa volta speci-

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211Mon II IX 20 laquoVideant nunc iuriste presumptuosi quantum infra sint ab illaspecula rationis unde humana mens hec principia speculatur et sileant secundumsensum legis consilium et iudicium exhibere contentiraquo

212 D QUAGLIONI laquoArte di bene e drsquoequitaderaquo Ancora sul senso del diritto in Dan-te (Monarchia II v 1) in laquoStudi Danteschiraquo LXXVI 2011 pp 27-46 p 35

213 Mon II IX 7 laquoHanc veritatem etiam Gentiles ante tubam evangelicam co-gnoscebant cum iudicium a fortuna duelli querebantraquo

214 Pur non addentrandomi sul tema della concezione della fortuna in Dante nonposso non richiamare almeno il VII canto dellrsquoInferno dove per bocca di Virgilio ilpoeta sostiene che Dio stesso stabiligrave la Fortuna come laquogeneral ministra e duce chepermutasse a tempo li benrsquo vani di gente in gente e drsquouno in altro sangue oltre ladifension drsquoi senni umani Per chrsquouna gente impera e lrsquoaltra langue seguendo logiudicio di costei che egrave occulto come in erba lrsquoangueraquo (Inf VII 78-84)

215 Cfr FIORELLI Sul senso del diritto nella laquoMonarchiaraquo cit p 95 laquoIl gloriosopopolo romano srsquoera guadagnato ldquosub iure duellirdquo la corona ldquoorbis totiusrdquo ma i giu-risti non sapevano levar lo sguardo piugrave su dei loro libri e dal silenzio di questi dedu-cevano conseguenze che la storia di Roma vista nella luce della Provvidenza smen-tiva ldquoVideant nunc iuriste presumptuosi helliprdquo muove da qui la famosa invettiva checontende al miope tecnicismo dei giureconsulti la capacitagrave di speculare sui grandiprigravencipiraquo

ficatamente giuridica rientri prepotentemente nel passo della Mo-narchia dove lrsquoAlighieri ha voluto offrire una definizione esplicitadel diritto

26 laquoIus est realis et personalis hominis ad hominem proportioraquo(Mon II V 1)

Di fronte ai passi finora analizzati dai quali emergono tratti del-la concezione dantesca del diritto non sempre ben armonizzabili fraloro egrave opportuno privilegiare la famosa definizione che Dante neoffre allrsquoinizio del V capitolo del II libro e anche il contesto in cuiquesta si colloca Tutto questo lunghissimo capitolo vuole provareche il popolo romano ottenne di diritto lrsquoimpero percheacute perseguigravesempre come fine il diritto e chi persegue come fine il diritto devenecessariamente agire con il diritto (Mon II V 18-23) La dimostra-zione che il popolo romano perseguigrave come fine il diritto egrave perograve svol-ta attraverso la dimostrazione che il popolo romano nelle sue con-quiste perseguigrave il bene comune dei popoli assoggettati assicurandoinnanzitutto pace e libertagrave (Mon II V 5-17) dato che e questo egrave ilprimo assunto che viene dimostrato (Mon II V 1-4) laquochiunque mi-ra al bene pubblico si propone il fine del dirittoraquo (Mon II V 1) Dan-te inizia quindi la sua argomentazione definendo il diritto come laquounreale e personale rapporto dellrsquouomo con lrsquouomo che rispettatoconserva la societagrave tra gli uomini e violato la manda in rovinaraquo(laquoius est realis et personalis hominis ad hominem proportio que ser-vata hominum servat sotietatem et corrupta corrumpitraquo) e precisadi voler e dover dare tale definizione percheacute laquoilla Digestorum de-scriptio [Dig 111 pr1 accolta in Convivio IV IX 8 laquola ragione scrit-ta egrave arte di bene e drsquoequitaderaquo] non dicit quod quid est iuris sed de-scribit illud per notitiam utendi illoraquo (Mon II V 1) Questa precisa-zione non egrave da sottovalutare il passo risulta infatti esemplare nelmostrare come per Dante il Digesto sia comunque laquoil punto di par-tenza necessarioraquo anche se laquoper uno scarto nella definizione dellequestioni in esameraquo216 E in effetti non solo la prima parte della de-

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216 QUAGLIONI laquoArte di bene e drsquoequitaderaquo Ancora sul senso del diritto in Dante(Monarchia II v 1) cit p 39 Si veda anche RUGGIERO Una definizione del diritto

finizione dantesca (laquoius est realis et personalis hominis ad hominemproportioraquo) per quanto formulata in modo felicemente originale217riecheggia la tradizione filosofica e giuridica antica (oltre a quellamedievale)218 ma anche lrsquoulteriore specificazione (laquoque servata ho-

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cit p 143 Diversamente CHIESA-TABARRONE per ragioni stilistiche (laquomentre la de-finizione iniziale (ius [hellip] corrumpit) egrave di alto valore retorico lrsquoinciso sul Digesto egravestilisticamente molto bruttoraquo) pensano che tale inciso sia una glossa aggiunta suc-cessivamente cfr CHIESA-TABARRONE Nota al testo in Monarchia cit p CXXX eCommento ivi pp 97-98 ad II V 1 CHIESA-TABARRONE comunque a mio avviso nonopportunamente per questo passo rimandano a Digesto 1110 pr (dove perograve si dagrave ladefinizione di iustitia vd infra n 218) e non alla definizione di Ulpiano-Celso

217 Tanto da essere considerata dai giuristi moderni laquofra le tante che si egrave tentato didarne [hellip] forse la piugrave felice e la piugrave profondaraquo FASSOgrave Storia della filosofia del dirit-to I cit p 223 si veda anche FIORELLI Sul senso del diritto nella laquoMonarchiaraquo citin particolare pp 80-81 dove traccia un breve storia della fortuna di questa definizio-ne fra gli storici moderni del diritto pur osservando come molti giudizi lrsquoabbiano elo-giata senza fornire le ragioni di tali elogi e QUAGLIONI laquoArte di bene e drsquoequitaderaquo An-cora sul senso del diritto in Dante (Monarchia II v 1) cit pp 40-41

218 Opportunamente Nardi (Commento in DANTE ALIGHIERI Opere MinoriIII1 cit p 386 ad II V 1) osserva innanzitutto che in questa definizione dantesca iltermine latino ius corrisponde al greco δίκαιον (iustum) rimandando al commento diTommaso al V libro dellrsquoEtica aristotelica (Exp Eth V lect XII 1) dove si precisa chei giuristi laquonominant [hellip] ius quod Aristotiles iustum nam et Isidorus dicit in libro Ety-mologiarum quod ius dicitur quasi iustumraquo Il concetto di giustizia come proportioegrave presente in ARISTOTELE Eth V 1131a-1132b in particolare 1131a laquoil giusto egrave in cer-to senso una proporzioneraquo (ma il concetto egrave giagrave in PLATONE Leggi VI 757b-c) e cfrsempre il commento di Tommaso allrsquoinizio della quinta lectio (Exp Eth V lect V 1laquoEst ergo iustum proportionale et ceteraraquo) ma anche Egidio Romano De regimineprincipum I II 11 laquoiustum est quoddam proportionabileraquo Ricordiamo che in Mon IXI 7 in modo simile Dante aveva definito la iustitia come quella laquovirtus ad alterumraquoche lrsquoimperatore poteva esercitare in quanto possedeva la laquopotentia tribuendi cuiquequod suum estraquo (vd supra n 130) Per le fonti giuridiche antiche si puograve vedere lefonti giagrave citate supra alla medesima nota fra cui ricordo ancora Digesto 1110 pr (Ul-pianus 1 reg) laquoIustitia est constans et perpetua voluntas ius suum cuique tribuendiraquoma anche Dig 11101 (Ulpianus 1 reg) laquoIuris praecepta sunt haec honeste viverealterum non laedere suum cuique tribuereraquo Con gli aggettivi realis e personalis si in-dica un laquoreciproco riconoscimento e reciproca limitazione dei poteri di ciascuno deiconsociati sopra cose e sopra personeraquo FIORELLI Sul senso del diritto nella laquoMonar-chiaraquo cit p 82 n 11 lrsquouso dellrsquoaggettivo realis egrave estraneo al Digesto (che usa sem-pre il sostantivo res) ma egrave invece attestato nei giuristi del XIII e XIV secolo laquoNulladunque drsquoeccezionale nellrsquouso che di realis fa Dante ma in tutti i modi il probabile

minum servat sotietatem et corrupta corrumpitraquo) rende evidentequanto Dante abbia recepito il ldquosensordquo del diritto antico Infatti os-serva lrsquoAlighieri

Se [hellip] questa definizione abbraccia insieme la ldquoquidditagraverdquo e il ldquopercheacuterdquodel diritto e se il fine di ogni associazione egrave il comune bene degli associati egravegiocoforza che fine drsquoogni diritto sia il bene comune ed egrave impossibile si diadiritto che non miri al bene comune [hellip] Egrave dunque evidente che chiunquemira al bene pubblico si propone il fine del diritto Se pertanto i Romanitendevano al bene dello stato saragrave vero il dire che essi avevano di mira il fi-ne del diritto219

Ma nota giustamente Quaglioni questa laquoidea dellrsquoidentitagrave delbonum rei publice (la salus rei publicae ciceroniana) col fine stessodel diritto appartiene alla tradizione teologico-politica e giuridico

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indizio drsquouna lettura diretta di testi giuridici e soprattutto di glosse non filtrata dascritture dottrinali drsquoaltra provenienzaraquo ivi p 87 QUAGLIONI laquoArte di bene e drsquoequi-taderaquo Ancora sul senso del diritto in Dante (Monarchia II v 1) cit pp 44-45 ipotiz-za un nesso fra la definizione dantesca e il dibattito sorto fra i giuristi del XIII e XIVsecolo proprio sulla definizione del ius in Digesto 111 Fra i testi giuridici medieva-li sono da ricordare le Quaestiones de iuris subtilitatibus operetta giuridica medieva-le per molto tempo attribuita a Irnerio diffusa in Toscana e quindi probabilmenteconosciuta da Dante cfr Quaest Exordium 4 laquout salvo singulis suo merito serveturincorrupta societas hominum cunctorumque perseverat illibata communitasraquoQuaestII 4 laquohoc dicitur ius respectu aequitatis non quia insit set quia pro officio statuentisinesse debuit nec dici potest aliam esse nominis eiusdem significantiam set magiseandem set inproprie acceptamraquo Quaest VI 3 laquoaequitas qua continetur aequabilitaset pro dignitate cuiusque congrua rerum quas ad usum hominum natura prodidit in-ter omnes distributioraquo Si veda anche CANCELLI sv Diritto romano in EnciclopediaDantesca cit FIORELLI Sul senso del diritto nella laquoMonarchiaraquo cit p 84 QUAGLIONIlaquoArte di bene e drsquoequitaderaquo Ancora sul senso del diritto in Dante (Monarchia II v 1)cit pp 44-45 Ma sul rapporto fra la definizione dantesca e le Quaestiones de iurissubtilitatibus piugrave estesamente si sofferma RUGGIERO Una definizione del diritto citpp 145-48

219Mon II V 1 laquoQuicunque preterea bonum rei publice intendit finem iuris in-tendit Quodque ita sequatur sic ostenditur ius est realis et personalis hominis ad ho-minem proportio que servata hominum servat sotietatem et corrupta corrumpitraquo2 laquonecesse est finem cuiusque iuris bonum comune esse et inpossibile est ius essebonum comune non intendensraquo 4 laquoPatet igitur quod quicunque bonum rei publiceintendit finem iuris intenditraquo

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220 QUAGLIONI laquoArte di bene e drsquoequitaderaquo Ancora sul senso del diritto in Dante(Monarchia II v 1) cit p 39 Sullrsquoambiguitagrave che la formula salus rei publicae puograve as-sumere nellrsquoopera ciceroniana cfr perograve C DrsquoALOJA Legge di natura e lotta politicanellrsquoopera di Cicerone in Testi e problemi del giusnaturalismo romano cit pp 127-61p 134 e FONTANELLA Politica e diritto naturale nel De legibus di Cicerone cit pp130-32

221 QUAGLIONI laquoArte di bene e drsquoequitaderaquo Ancora sul senso del diritto in Dante(Monarchia II v 1) cit pp 39-40 n 42 con RICCI (DANTE ALIGHIERI Monarchia acura di PG RICCI Edizione Nazionale delle opere di Dante Alighieri a cura della So-cieta Dantesca Italiana vol V Milano Mondadori 1965) NARDI (ALIGHIERI DANTEOpere Minori III1 cit) KAY (DANTErsquoSMonarchia cit) RUGGIERO Una definizionedel diritto cit p 142 n 2 per il comune bonum rimanda a Remigio dersquo Girolami Debono communi ed MC DE MATTEIS in laquoAnnali della Facoltagrave di Lettere dellrsquoUni-versitagrave di Lecceraquo 3 1965-1967 pp 13-86 Altra bibiliografia sul tema del comunebonum nel pensiero politico medievale in CHIESA-TABARRONE Commento in Mo-narchia cit p 98 ad II V 2

222 Da me riportati supra alla n 218223 CIC De inv I 68 laquoOmnes leges iudices ad commodum rei publicae referre

oportet et eas ex utilitate communi non ex scriptione quae in litteris est interpreta-ri Ea enim virtute et sapientia maiores nostri fuerunt ut in legibus scribendis nihil si-bi aliud nisi salutem atque utilitatem rei publicae proponerent Neque enim ipsi quodobesset scribere volebant et si scripsissent cum esset intellectum repudiatum irilegem intellegebant Nemo enim leges legum causa salvas esse vult sed rei publicaequod ex legibus omnes rem publicam optime putant administariraquo

politica occidentale [hellip] Naturalmente i lsquoprecedentirsquo piugrave vicini epiugrave autorevoli possono essere agevolmente indicati nel duplice stra-to aristotelico e ciceroniano della giuspubblicistica del XIII e XIVsecoloraquo220 Per la definizione dantesca del diritto Quaglioni in no-ta221 rimanda attraverso i commenti di Ricci Kay e Nardi allrsquoEticadi Aristotele col commento di Tommaso e al De regimine principumdi Egidio Romano222 Mi pare perograve che a conferma dellrsquoinfluenzadello laquostrato ciceronianoraquo a cui rimanda Dante stesso ricordando ilDe inventione (Mon II V 2 laquoPropter quod bene Tullius in Prima re-thorica semper ndash inquit ndash ad utilitatem rei publice leges interpre-tande suntraquo)223 si possa almeno citare il passo del III libro del De of-ficiis dove si afferma laquoNeque vero hoc solum natura id est iure gen-tium sed etiam legibus populorum quibus in singulis civitatibus respublica continetur eodem modo constitutum est ut non liceat suicommodi causa nocere alteri Hoc enim spectant leges hoc volunt

incolumem esse civium coniunctionemraquo224 E proprio dal De officiis egravetratta la prima ldquoprova storicardquo che laquoallontanata da seacute ogni cupidigiache egrave sempre nemica della repubblica e amando la pace universaleunita alla libertagrave quel santo pio e glorioso popolo si vede aver ne-gletto il proprio vantaggio per procurare quello pubblico a salvezzadel genere umano Onde a ragione fu scritto ldquoLrsquoimpero romano na-sce dal Fonte della pietagraverdquoraquo225 Per rintracciare i segni di questo agirelaquopublica pro salute humani generisraquo negli organi istituzionali del-lrsquoantica Roma basta infatti a Dante ricordare il passo del De officiisin cui il senato viene designato come laquoregum populorum et natio-num portus [hellip] et refugium quando imperium rei publice benefi-ciis tenebatur non iniuriis cosigrave che laquolsquopatrociniumrsquo orbis terrarum po-tius quam lsquoimperiumrsquo poterat nominariraquo226 Per dimostrare invecenelle singole personalitagrave della storia romana questo atteggiamentodeterminato dalla ricerca del bene pubblico si rievocano quasi glistessi esempi di eroi virtuosi che avevamo trovato nel Convivio227 con

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224 Ma cfr anche CIC De off I 15 17 20 III 69225Mon II V 5 laquoomni cupiditate summota que rei publice semper adversa est et

universali pace cum libertate dilecta populus ille sanctus pius et gloriosus propriacommoda neglexisse videtur ut publica pro salute humani generis procuraret Underecte illud scriptum est ldquoRomanum imperium de Fonte nascitur pietatisrdquoraquo La fraseegrave pronunciata da Costantino e riportata nella Legenda Aurea di Iacopo da VaragineMa cfr anche la V Epistola dove a proposito di Arrigo VII si afferma laquocum sit Cesaret maiestas eius de Fonte defluat pietatisraquo (Ep V 3)

226 CIC De officiis II 26-7 in Monarchia II V 7 laquosufficit illa sola Ciceronis autori-tas in secundis Offitiis ldquoQuandiurdquo inquit ldquoimperium rei publice beneficiis tenebaturnon iniuriis bella aut pro sotiis aut de imperio gerebantur exitus erant bellorum autmites aut necessarii regum populorum et nationum portus erat et refugium senatusnostri autem et magistratus imperatoresque in ea re maxime laudem capere studue-runt si provincias si sotios equitate et fide defendissent Itaque illud lsquopatrociniumrsquo or-bis terrarum potius quam lsquoimperiumrsquo poterat nominarirdquo Hec Ciceroraquo

227 Cfr Conv IV V su cui vd supra (anche per il confronto con Agostino) e n 47Fatta eccezione per quelli di Tito Manlio Torquato e di Marco Attilio Regolo assen-ti nella Monarchia dove a differenza del Convivio trovano invece posto i Decii quin-di nel Convivio abbiamo nellrsquoordine Luscino Fabrizio Manio Curio Dentato CaioMuzio Scevola Tito Manlio Torquato Lucio Giunio Bruto Marco Attilio RegoloLucio Quinzio Cincinnato Furio Camillo e Catone Uticense Nella Monarchia LucioQuinzio Cincinnato Luscino Fabrizio Furio Camillo Lucio Giunio Bruto Caio Mu-zio Scevola i Decii Catone Uticense Dunque sia il numero sia lrsquoordine con cui ven-gono ricordati i personaggi esemplari non solo non trova preciso riscontro nella tra-

rimandi molto piugrave precisi a Livio Cicerone e Virgilio (anche percheacutenella Monarchia non occorreva la traduzione in volgare della fontelatina) Ricordiamo che nel Convivio tali esempi servivano a dimo-strare il favore divino nei confronti dellrsquoimpero romano manifesta-tosi nella virtugrave eccezionale dei suoi uomini qui servono a dimostra-re che laquoil popolo romano sottomettendo a seacute il mondo mirograve al be-ne collettivoraquo che egrave laquola meta del dirittoraquo228 con la significativa di-

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dizione antica o medievale (vd supra) ma non egrave il medesimo nemmeno nei due trat-tati danteschi Per un confronto puntuale con le fonti classiche e medievali ricordoSILVERSTEIN On the genesis of laquoDe Monarchiaraquo II v cit supra alla n 49 CHIESA-TA-BARRONE (Introduzione inMonarchia cit p LVIII) osservano che mentre lrsquoordine se-guito nel Convivio sarebbe laquovagamente cronologicoraquo quello nella Monarchia sareb-be funzionale alla costruzione di una laquoclimax etica [hellip] dove lrsquoeroismo egrave in crescen-do da quello di Cincinnato che contribuigrave al bene comune con il proprio sudore fi-no a quello di Catone e dei Deci che per il bene comune sacrificarono la loro stessavitaraquo

228Mon II V 18 laquoDeclarata igitur duo sunt quorum unum est quod quicunquebonum rei publice intendit finem iuris intendit aliud est quod romanus populus su-biciendo sibi orbem bonum publicum intenditraquo Anche Agostino in De civitate V 18su cui ci siamo soffermati sopra indicava in questi personaggi un esempio di sacrificiodi seacute (non solo dei propri beni ma perfino della propria vita e di quella dei propri fi-gli) per il bene della patria ovvero per il bene pubblico la Monarchia sembrerebbequindi offrire un contesto piugrave vicino al De civitate di quello del precedente trattato An-che in questo caso perograve lrsquoapprovazione incondizionata di Dante per la virtus romananon potrebbe essere piugrave distante dalla contestualizzazione che egrave anche una ldquoconte-stazionerdquo messa in atto da Agostino basti soffermarci sullrsquoesempio di Lucio GiunioBruto di particolare interesse percheacute vi si mostra il diverso uso della stessa fonte an-tica cioegrave Virgilio in ambedue gli autori Nel VI libro dellrsquoEneide Anchise con questeparole profetizza il destino di Bruto che faragrave giustiziare i propri figli colpevoli di at-tentare alla repubblica laquonatosque pater nova bella moventes ad poenam pulchra prolibertate vocabit infelix utcumque ferent ea facta minores vincet amor patriae lau-dumque immensa cupidoraquo (820-23) Agostino riporta e commenta questi versi in mo-do da sottolineare come la stessa fonte virgiliana getti unrsquoombra sul comportamento diBruto laquoBruto autem quia filios occidit infelicitatis perhibet testimonium etiam poe-ta laudator Ait enim ldquoNatosque pater nova bella moventes Ad poenam pulchra prolibertate vocabit Infelix utcumque ferent ea facta minoresrdquo Sed versu sequenti con-solatus est infelicem ldquoVincit amor patriae laudumque immensa cupidordquoraquo (De civ V 18)Dante al contrario ldquotaglia cortordquo ovvero elimina proprio quei versi che potevano su-scitare unrsquoambiguitagrave di giudizio e scrive laquoNonne filios an non omnes alios postpo-nendos patrie libertati Brutus ille primus edocuit quem Livius dicit consulem exi-stentem proprios filios cum hostibus conspirantes morti dedisse Cuius gloria reno-

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vatur in sexto Poete nostri de ipso canentis ldquonatosque pater nova bella moventes adpenam pulcra pro libertate vocavitrdquoraquo (Mon II V 13) Per la lettura agostiniana di que-sto episodio della antica storia romana si veda ora S AUDANO Classici lettori di clas-sici Da Virgilio a Marguerite Yourcenar Foggia Edizioni Il castello 2012 il capitoloBruto e il lungo percorso di una sentenza virgilianaVincet amor patriae laudumque im-mensa cupido (Aen VI 823) pp 87-162 in particolare pp 116-34 Da osservare cheanche nel De regimine principum (III 5) Tolomeo da Lucca pur rifacendosi esplicita-mente al V libro del De civitate capovolge il giudizio agostiniano riportando comeesempio di zelus iustitiae il comportamento di Bruto e di Torquato verso i figli si ve-da sempre AUDANO Classici lettori di classici cit pp 134-40

229 Mon II V 15 laquoaccedit et illud inenarrabile sacrifitium severissimi vere liber-tatis tutoris Marci Catonis Quorum alteri pro salute patrie mortis tenebras non hor-ruerunt alter ut mundo libertatis amores accenderet quanti libertas esset ostenditdum e vita liber decedere maluit quam sine libertate manere in illaraquo

230 Vd supra Mon I XII e cfr RUGGIERO Una definizione del diritto cit p 149laquonon egrave casuale che la definizione dantesca sia contestuale al richiamo in II V 15 a Ca-tone ldquoseverissimus libertatis tutorrdquo cheacute ancora in Purgatorio XVI e in Paradiso I e Vil tema giuridico egrave indissolubilmente connesso con la riflessione dantesca sul temadella libertagraveraquo

231 Mon II V 19 laquoNunc arguatur ad propositum sic quicunque finem iuris in-tendit cum iure graditur romanus populus subiciendo sibi orbem finem iuris inten-dit ut manifeste per superiora in isto capitulo est probatum ergo romanus populussubiciendo sibi orbem cum iure hoc fecit et per consequens de iure sibi ascivit Im-perii dignitatemraquo

stinzione di Marco Catone laquoseverissimo fautore della vera libertagraveraquo ilcui esempio egrave servito piugrave in particolare ad laquoaccendere nel mondolrsquoamore della libertagraveraquo229 quasi a suggerire quel nesso fra diritto e li-bertagrave che avevamo visto affermato esplicitamente a proposito del-lrsquoimperatore garante del diritto e quindi della libertagrave dei cives230 Elaquochiunque si propone il fine del diritto procede drsquoaccordo col di-ritto il popolo romano assoggettandosi il mondo si propose il finedel diritto [hellip] dunque il popolo romano assoggettandosi il mondolo fece con diritto e per conseguenza a buon diritto si arrogograve la di-gnitagrave dellrsquoImperoraquo231 Cosa crsquoegrave di piugrave ldquoromanordquo di questa percezio-ne di un diritto che legittima e allo stesso tempo caratterizza lrsquoespan-sione romana estendendosi anchrsquoesso nella sua applicazione di pa-ri passo collrsquoestendersi dellrsquoimpero Cosigrave ad esempio leggiamo nel-le Historiae di Tacito (IV 74) nel discorso ai Treviri attribuito a Pe-tilio Ceriale (generale romano inviato nel 69 dC in Germania infe-riore a domare la rivolta dei Batavi) come la convenienza del-

lrsquoespansione romana fosse motivata proprio dal fatto che Romaavrebbe portato il diritto e con questo la pace e la partecipazione al-la stessa gestione dellrsquoimpero a popoli in precedenza sottoposti a ti-rannie e a guerre

Tirannie e guerre sempre ci furono in Gallia fincheacute non passaste al no-stro diritto (in nostrum ius) E noi bencheacute tante volte provocati del dirittodella vittoria ci giovammo solamente per garantire la pace Ma non esistequiete fra i popoli senza le armi neacute armi si danno senza stipendi neacute stipen-di si possono riscuotere senza tributi Ogni altra cosa in comune avete con noi(cetera in communi sita sunt) voi stessi in molti casi comandate le vostre le-gioni voi stessi governate queste ed altre province nessun priviliegio nessu-na esclusione (nihil separatum clausumve)232

La conferma della ldquoromanitagraverdquo delle argomentazioni che giustifi-cano lrsquoesistenza e lrsquoestensione dellrsquoimpero romano su tutta lrsquoecume-ne la troviamo nel seguente VI capitolo qui il discorso parte dal di-mostrare che ciograve che la natura ha ordinato si mantiene di diritto(Mon II VI 1-3)233 ma laquoRomanus populus ad imperandum ordina-tus fuit a naturaraquo (Mon II VI 4) in quanto la natura per raggiunge-

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232 TAC Hist IV 74 laquoRegna bellaque per Gallias semper fuere donec in nostrumius concederetis Nos quamquam totiens lacessiti iure victoriae id solum vobis ad-didimus quo pacem tueremur nam neque quies gentium sine armis neque arma si-ne stipendiis neque stipendia sine tributis haberi queunt cetera in communi sitasunt Ipsi plerumque legionibus nostris praesidetis ipsi has aliasque provincias re-gitis nihil separatum clausumveraquo Inutile ricordare che Dante non poteva sicura-mente conoscere questo testo Ricordo piuttosto che nonostante le fonti giuridichedellrsquoultimo secolo della Repubblica e dei primi due dellrsquoImpero facciano chiara-mente riferimento alla permanenza di un ius civile in senso stretto applicabile soloai cittadini romani e di un ius honorarium e di un ius gentium (ma questrsquoultimocomprendente sempre piugrave norme e istituti del sistema civilistico) che sono invece ap-plicati anche ai peregrini e nonostante le autonomie giuridiche concesse ad alcunecittagrave specialmente nella parte orientale dellrsquoimpero giagrave dalla etagrave repubblicana il di-ritto romano costituisce il quadro di riferimento per tutti i rapporti privati e pubblicidei Romani e dei popoli che Roma ha sottomesso cfr Lineamenti di storia del dirit-to romano cit pp 506-17 E ricordiamo anche che il ius egrave unrsquoinvenzione tutta ro-mana rispetto ad esempio ai sistemi di leggi presenti nel mondo greco dove esi-ste appunto la legge ma niente che sia equivalente al ius questo il tema del volu-me di SCHIAVONE Ius cit

233 Vd supra n 175

re il fine del genere umano non raggiungibile per mezzo di un solouomo produce una moltitudine di uomini ordinati ad operazionidiverse (Mon II VI 5-6) e pertanto laquoalcuni popoli sono atti per na-tura a dominare ed alcuni altri a star soggetti e servire come affer-ma il Filosofo nella Politica e per tali uomini come egli dice non so-lo egrave vantaggioso essere governati ma egrave anche giusto sebbene deb-bano esservi costrettiraquo (Mon II VI 7)234 Il principio aristotelico loabbiamo ricordato a proposito del Convivio era stato usato propriodai Romani nella legittimazione della propria espansione (cosigrave comeattesta il De republica di Cicerone)235 e Dante cita in questo capito-lo della Monarchia i celebri versi del VI libro (847-853) dellrsquoEneidedi Virgilio che esplicitano questa consapevolezza tutta romana del-la ldquovocazione allrsquoimperordquo236 per poi concludere laquoEgrave provato cosigravequanto basta che il popolo romano fu ordinato da natura a impera-re dunque il popolo romano assoggettandosi il mondo pervenneallrsquoImpero di dirittoraquo (Mon II VI 7)237

Se vogliamo individuare un filo conduttore nelle argomentazio-ni svolte in questi capitoli V e VI mi pare si possa osservare che perDante lrsquoesistenza di un diritto dei Romani allrsquoImpero si fondi in-nanzitutto sullrsquoesistenza e sulla validitagrave del loro diritto di quel iusche ancora come per Cicerone238 assicura il bene di tutti i popoli a

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234Mon II VI 7 laquoPropter quod videmus quod quidam non solum singulares ho-mines quinetiam populi apti nati sunt ad principari quidam alii ad subici atque mi-nistrare ut Phylosophus astruit in hiis que De politicis et talibus ut ipse dicit nonsolum regi est expediens sed etiam iustum etiamsi ad hoc coganturraquo

235 Vd supra n 24 Sul tema cfr ora P DESIDERI Impero romano e diritto di na-tura in Cicerone in Letteratura e civitas Transizioni dalla Repubblica allrsquoImpero In ri-cordo di E Narducci a cura di M Citroni Pisa ETS 2012 pp 73-87

236 VERG Aen VI 847-53 laquoExcudent alii spirantia mollius era credo equidemvivos ducent de marmore vultus orabunt causas melius celique meatus descri-bent radio et surgentia sidera dicent Tu regere imperio populos Romane memento hae tibi erunt artes pacique imponere morem parcere subiectis et debellare su-perbosraquo

237Mon II VI 11 laquoPropterea satis persuasum est quod romanus populus a natu-ra ordinatus fuit ad imperandum ergo romanus populus subiciendo sibi orbem de iu-re ad Imperium venitraquo

238 Egrave il riferimento al ius naturae che permette di legittimare a partire da Cice-rone lrsquoegemonia giuridica di Roma sui popoli in quanto realizzazione laquoin terra del-lrsquoordinamento politico il piugrave vicino possibile allrsquoordine naturale che regna nellrsquouni-

cui si applica in quanto corrisponde profondamente a quellrsquoordineche la ragione umana trova inscritto nella natura239

I capitoli finali del II libro dove Dante intende dimostrare pervia di fede ciograve che finora ha dimostrato per via di ragione240 non fan-no altro che ribadire da un altro punto di vista la ldquolegittimitagraverdquo delius Cristo nascendo quando venne promulgato da Augusto il fa-moso editto di censimento e accettando cosigrave di esservi iscritto di-mostrograve che quellrsquoeditto era giusto e che di conseguenza era di dirit-to lrsquoautoritagrave che lo promulgograve (Mon II X 4-8)241 La redenzione del ge-nere umano sarebbe stata impossibile se il peccato di Adamo nonfosse stato punito in Cristo ma ciograve egrave avvenuto e questo significa chelrsquoimperatore aveva giurisdizione sullrsquointero genere umano in quan-to lrsquoImpero era di diritto e per questo aveva potere di giudicare Cri-sto e di punire in lui il peccato dellrsquoumanitagrave (Mon II XI 1-6)242 E ilcapitolo e il II libro si chiudono con un netto giudizio su Costan-

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versoraquo e drsquoaltra parte laquoegrave proprio la dimensione imperiale dellrsquoesperienza politica ro-mana lrsquoelemento che ne giustifica la proposizione come modello di riferimento asso-luto in quanto storicamente realizzatoraquo DESIDERI Impero romano e diritto di naturain Cicerone cit pp 74 e 77

239 Cfr ancora CHIESA-TABARRONE Commento in Monarchia cit p 97 ad II V1 laquoLa conformitagrave dellrsquoimpero al diritto egrave per Dante una necessitagrave logica [hellip] e in que-sto sta la novitagrave e la profonditagrave di questa parte del trattato LrsquoImpero Romano egrave dun-que tale per diritto naturale la natura la volontagrave divina e il diritto positivo tendonoa coincidereraquo Ma anche R IMBACH Quattro idee sul pensiero politico di Dante Ali-ghieri in laquoLrsquoAlighieri Rassegna dantescaraquo ns 28 2006 pp 41-54 p 51 dove si evi-denzia il valore paradigmatico dellrsquoimperium romanum in Dante concepito comequella laquorealtagrave idealeraquo in cui avviene laquola perfetta realizzazione dello stato di dirittoche egrave a sua volta immagine della ragione nella sua piena trasparenzaraquo

240 Mon II X 1 laquoUsque adhuc patet propositum per rationes que plurimum ra-tionalibus principiis innituntur sed ex nunc ex principiis fidei cristiane iterum pate-faciendum estraquo

241 Cosigrave come lrsquoAlighieri sostiene anche nella Epistola VII a Arrigo VII laquoEt cumuniversaliter orbem describi edixisset Augustus [hellip] si non de iustissimi principatusaula prodiisset edictum unigenitus Dei Filius homo factus ad profitendum secun-dum naturam assumptam edicto se subditum nequaquam tunc nasci de Virgine vo-luisset non enim suasisset iniustum quem ldquoomnem iustitiam implererdquo decebatraquo (EpVII 14)

242 Cfr Par VI 88-90 laquola viva giustizia [hellip] li concedette in mano a quel chrsquoirsquodico [scil allrsquoimperatore Tiberio] gloria di far vendetta a la sua iraraquo

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243Mon II XI 8 laquoO felicem populum o Ausoniam te gloriosam si vel nunquaminfirmator ille Imperii tui natus fuisset vel nunquam sua pia intentio ipsum fefellis-setraquo Ma cfr anche Inf XIX 115-17 Purg XXXII 137-38 Par XX 55-60

244Mon III I 5 laquoet queritur utrum auctoritas Monarche romani qui de iure Mo-narcha mundi est ut in secundo libro probatum est inmediate a Deo dependeat anab aliquo Dei vicario vel ministro quem Petri successorem intelligo qui vere clavigerest regni celorumraquo

245 CHIESA-TABARRONE Commento inMonarchia cit p 155 ad III II246 Cfr CHIESA-TABARRONE Introduzione inMonarchia cit p XXXI laquoConside-

rando insieme i tre principii posti allrsquoinizio di ognuno dei tre libri ne emerge comedenominatore comune il richiamo alla volontagrave di Dio cosigrave come si esprime nel dise-gno generale della natura e nelle grandi linee di sviluppo della storia umana (e comedi conseguenza dallrsquoesame della natura e della storia puograve essere desunto)raquo

247 Mon III IV 1 laquoIsti vero ad quos erit tota disputatio sequens asserentes auc-

tino infirmator Imperii a cui si riconosce una pia intentio ma chelrsquoha tratto in inganno (Mon II XI 8)243 Dante si riferisce evidente-mente alla ldquodonazione di Costantinordquo a cui verragrave dedicato lrsquointero Xcapitolo del III libro

27 laquoImperio licitum non est contra ius humanum aliquid facereraquo(Mon III X 8)

Il III libro della Monarchia lo ricordiamo si propone di discu-tere la questione laquose lrsquoautoritagrave del Monarca romano che per dirittoegrave Monarca del mondo come egrave stato provato nel secondo libro di-penda immediatamente da Dio ovvero dallrsquoaltro vicario o ministrodi Dio quale intendo che sia il successor di Pietroraquo (Mon III I 5)244Come nei libri precedenti dopo aver posto e dimostrato qui attra-verso laquola dimostrazione formaleraquo che utilizza laquoil procedimento ari-stotelico della riduzione allrsquoassurdoraquo245 un principio su cui fondarele varie argomentazioni e cioegrave lrsquoassunto che abbiamo giagrave menzio-nato sopra laquoquod naturae intentioni repugnat Deus nolitraquo (MonIII II 2)246 Dante individua e distingue gli avversari ndash i sostenitoridel primato del papa ndash a cui intende rivolgersi (Mon III III) e il ti-po di argomentazione da essi avanzata che laquotraggono dalla SacraScrittura e da alcuni atti sigrave del Sommo Pontefice che dello stesso Im-peratoreraquo (Mon III IV 1)247 Dopo aver confutato gli argomenti di de-

rivazione scritturale (dallrsquoAntico e dal Nuovo Testamento Mon IIIIV-IX) affronta il primo degli laquoattiraquo su cui si fondano i suoi avversa-ri ovvero la donazione di Costantino un documento steso in realtagravefra la seconda metagrave del secolo VIII e i primi decenni del IX248 nelquale si trova attestata esplicitamente per la prima volta in Occi-dente lrsquoidea che Costantino avesse trasferito il suo imperium e lalaquoregni potestatem orientalibus [hellip] regionibusraquo249 e avesse invece

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toritatem Imperii ab auctoritate Ecclesie dependere velut artifex inferior dependetab architecto pluribus et diversis argumentis moventur que quidem de Sacra Scrip-tura eliciunt et de quibusdam gestis tam summi Pontificis quam ipsius Imperatorisnonnullum vero rationis indicium habere nitunturraquo

248 La ldquovulnerabilitagraverdquo delle argomentazioni elaborate nel Constitutum (vd infran 251) ha portato parte degli studiosi a ritenere che il documento non fosse stato ela-borato dalla curia romana cosigrave P DE LEO Ricerche sui falsi medioevali 1 Il Consti-tutum Constantini compilazione agiografica del sec 8 note e documenti per una nuo-va lettura Reggio Calabria Editori meridionali riuniti 1974 ha ipotizzato che il Con-stitutum appartenga alla produzione agiografica monastica intorno a papa SilvestroAnche secondo G DAGRON Representations de lrsquoancienne et de la nouvelle Romedans le sources byzantines des VIIe-XIIe siecles in Roma Costantinopoli Mosca cit pp295-306 laquole Constitutum nrsquoest rien de plus qursquoun appendice aux Actes de Silvestreraquo(p 301) ma che laquoagrave cause de lrsquousage qui en est fait est exclu par les Orientaux de lavulgate constantinienneraquo (p 304) Altri ritengono invece che pur se elaborato nellacuria il Constitutum fosse comunque inizialmente destinato ad avvalorare le pretesepontifice sul patrimonium Petri non tanto presso la raffinata diplomazia bizantinaquanto presso i nuovi regni barbarici primi fra tutti quello dei Franchi come forseavvenne quando papa Zaccaria richiese e ottenne lrsquoaiuto di Pipino il Breve contro iLongobardi Cfr P BELLINI La coscienza del principe Prospettazione ideologica e re-altagrave politica delle interposizioni prelatizie nel governo della cosa pubblica I-II TorinoGiappicchelli 2000 vol I p 595 Recentemente Johannes Fried ha supposto conmotivazioni filologiche e codicologiche che la compilazione sia avvenuta in ambien-te franco fra i monasteri di Corbie e Saint Denis latori delle prime testimonianzemanoscritte per dirimere la querelle sulla potestas territoriale che opponeva i sud-detti monasteri ai figli di Carlomagno nella prima metagrave del IX secolo (J FRIED Do-nation of Constantine and Constitutum Constantini the misinterpretation of a fictionand its original meaning with a contribution by W BRANDES The satraps of Con-stantine Berlin-New York De Gruyter 2007 p 201) Ma sulla storia del Constitutumvd anche GM VIAN La donazione di Costantino Bologna Il Mulino 2004 con bi-bliografia

249 Cosigrave recita il sect 18 del Constitutum laquoUnde congruum prospeximus nostrumimperium et regni potestatem orientalibus transferri ac transmutari regionibus et in By-zantiae provincia in optimo loco nomini nostro civitatem aedificari et nostrum illic

ceduto Roma e con essa le insegne imperiali e ampi territori in Oc-cidente a papa Silvestro e ai papi suoi successori250 da ciograve si facevaderivare la pretesa che spettasse alla Chiesa lrsquoautoritagrave di conferire ilpotere imperiale (Mon III X 1-2)251 Il poeta ammette come real-mente avvenuta la donazione costantiniana ma la considera non va-lida dimostrando prima che non era in potere di Costantino aliena-

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constitui imperium quoniam ubi principatus sacerdotum et christianae religionis ca-put ab imperatore caelesti constitutum est iustum non est ut illic imperator terrenushabeat potestatemraquo Per il testo del Constitutum Constantini si veda Das ConstitutumConstantini (Konstantinische Schenkung) herausgegeben von H FUHRMANN Han-nover Hansche Buchhandlung 1968 (Fontes iuris Germanici antiqui in usum schola-rum ex MGH separatim editi Bd X) riportato anche in FRIED Donation of Con-stantine and Constitutum Constantini cit Appendix B pp 129-37 Cfr anche GOEZTranslatio cit pp 53-55

250 Cosigrave il sect 17 del Constitutum laquoUnde ut non pontificals apex vilescat sed ma-gis amplius quam terreni imperii dignitas et gloriae potentia decoretur ecce tam pa-latium nostrum ut praelatum est quamque Romae urbis et omnes Italiae seu occi-dentalium regionum provincias loca et civitates seapefato beatissimo pontifici patrinostro Silvestrio universali papae contradentes atque relinquentes eius vel succes-sorum ipsius pontificum potestati et ditioni firma imperiali censura per hanc nostramdivalem sacram et pragmaticum constitutum decernimus disponenda atque iuri san-ctae Romanae ecclesiae concedimus permanendaraquo

251 Mon III X 1-2 laquoDicunt adhuc quidam quod Constantinus imperator mun-datus a lepra intercessione Silvestri tunc summi Pontificis Imperii sedem scilicetRomam donavit Ecclesie cum multis aliis Imperii dignitatibus Ex quo arguunt di-gnitates illas deinde neminem assummere posse nisi ab Ecclesia recipiat cuius eas es-se dicunt et ex hoc bene sequeretur auctoritatem unam ab alia dependere ut ipsi vo-luntraquo Il Constitutum nel tentativo di dare un fondamento giuridico e non piugrave soloteologico a quella identificazione fra romana ecclesia e Roma a cui abbiamo sopraaccennato (vd supra n 72 ) prestava il fianco a diverse obiezioni fra le quali la piugraveevidente era che il potere temporale del papa sarebbe dipeso in ultima istanza dal-lrsquoimperatore in quanto derivato da una sua concessione Nellrsquoambito della canonisticafurono perciograve elaborate argomentazioni di carattere teologico per reinterpretare ilConstitutum cosigrave nella Aeger cui levia documento composto nella curia di Inno-cenzo IV (papa dal 1243 al 1254) anche se forse non direttamente a lui attribuibilesi interpreta la donatio effettuata da Costantino dopo la conversione come la resti-tutio debita di un principatus che sarebbe spettato solo al papa in quanto unico vi-carius Christi e che da questi sarebbe stato poi riaffidato allo stesso Costantino BEL-LINI La coscienza del principe cit vol II pp 637-38 Ma Dante ldquotaglia alla radicerdquoquesta problematica dimostrando che lrsquoimperatore non puograve comunque ldquoalienarerdquolrsquoimpero (vd infra nel testo)

re la dignitagrave dellrsquoimpero (Mon III X 5-12) quindi che la Chiesa nonpoteva comunque ricevere questa dignitagrave (Mon III X 13-17) La pri-ma parte dellrsquoargomentazione quella che piugrave ci interessa si fonda suquattro motivi il primo (Mon III X 5-6) egrave che laquoa nessuno egrave con-sentito di fare mediante lrsquoufficio a lui affidato quello che egrave controlrsquoufficio stesso [hellip] ora egrave contrario allrsquoufficio affidato allrsquoImperato-re lo scindere lrsquoImpero dato che egrave suo compito di tenere il genereumano soggetto a uno solo volere e a un solo non volere come fa-cilmente puograve vedersi nel primo libro di questo scritto dunque al-lrsquoimperatore non egrave consentito di scindere lrsquoimperoraquo252 Il secondo(Mon III X 7-9) sostiene che come fondamento della Chiesa egrave Cri-sto il fondamento dellrsquoimpero egrave il ius humanum La Chiesa non puograveandare contro il suo fondamento ma laquocosigrave neppure allrsquoImpero egrave le-cito fare alcuncheacute contro il diritto umano Ma sarebbe contro il di-ritto umano che lrsquoImpero distruggesse seacute stesso [hellip] Poicheacute dun-que scindere lrsquoImpero significherebbe distruggerlo dal momentoche lrsquoImpero consiste nellrsquounitagrave della Monarchia universale egrave evi-dente che non egrave lecito scindere lrsquoimpero a chi dellrsquoimpero rappre-senta lrsquoautoritagraveraquo253 Il terzo motivo (Mon III X 10-11) si basa sul prin-cipio che laquoogni giurisdizione egrave prima del suo giudice il giudice in-fatti egrave ordinato alla giurisdizione non questa a quello ma lrsquoImperoegrave quella giurisdizione che nel suo ambito abbraccia ogni altra giuri-sdizione temporale dunque essa egrave prima del suo giudice che egrave lrsquoIm-

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252 Mon III X 5 laquoEt cum pertinaciter instant quod dico sic ostendi potest ne-mini licet ea facere per offitium sibi deputatum que sunt contra illud offitium quiasic idem in quantum idem esset contrarium sibi ipsi quod est inpossibile sed con-tra offitium deputatum Imperatori est scindere Imperium cum offitium eius sit hu-manum genus uni velle et uni nolle tenere subiectum ut in primo huius de facili vi-deri potest ergo scindere Imperium imperatori non licetraquo

253Mon III X 7-9 laquoPreterea sicut Ecclesia suum habet fundamentum sic et Im-perium suum Nam Ecclesie fundamentum Cristus est [hellip] Imperii vero fundamen-tum ius humanum est Modo dico quod sicut Ecclesie fundamento suo contrariarinon licet sed debet semper inniti super illud [hellip] sic et Imperio licitum non est con-tra ius humanum aliquid facere Sed contra ius humanum esset si se ipsum Impe-rium destrueret ergo Imperio se ipsum destruere non licet Cum ergo scindere Im-perium esset destruere ipsum consistente Imperio in unitate Monarchie universalismanifestum est quod Imperii auctoritate fungenti scindere Imperium non licet Quodautem destruere Imperium sit contra ius humanum ex superioribus est manifestumraquo

peratore poicheacute ad essa lrsquoImperatore egrave ordinato e non al contrarioDal che egrave chiaro che lrsquoImperatore non ha la facoltagrave di permutarlaraquo254Infine (Mon III X 12) laquose un Imperatore potesse staccare dalla giu-risdizione dellrsquoImpero una particella un altro potrebbe fare altret-tanto E siccome la giurisdizione temporale egrave finita e ogni cosa finitasi consuma con un numero finito di amputazioni ne seguirebbe chela prima giurisdizione potrebbe andare annientata il che egrave irragio-nevoleraquo255 Egrave stato da tempo dimostrato come le argomentazionidantesche rielaborate in modo originale e coerente con quanto af-fermato nei precedenti libri del trattato trovano riscontro in quellatradizione giuridica di parte imperiale (il cui precedente piugrave auto-revole egrave la Glossa Authenticorum di Accursio redatta nei primi de-cenni del XIII secolo) che ricorrendo al diritto romano aveva di-chiarato illegittima la donazione costantiniana Ai precedenti stu-di256 rimando quindi per un puntuale confronto fra questi paragrafidella Monarchia e tale tradizione257 Ho voluto comunque ripercor-

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254Mon III X 10 laquoPreterea omnis iurisdictio prior est suo iudice iudex enim adiurisdictionem ordinatur et non e converso sed Imperium est iurisdictio omnem tem-poralem iurisdictionem ambitu suo comprehendens ergo ipsa est prior suo iudice quiest Imperator quia ad ipsam Imperator est ordinatus et non e converso Ex quo pa-tet quod Imperator ipsam permutare non potest in quantum Imperator cum ab ea re-cipiat esse quod estraquo Cfr supra n 160

255Mon III X 12 laquosi unus Imperator aliquam particulam ab Imperii iurisdictio-ne discindere posset eadem ratione et alius Et cum iurisdictio temporalis finita sit etomne finitum per finitas decisiones assummatur sequeretur quod iurisdictio primaposset annichilari quod est irrationabileraquo

256 Fra questi ricordo solo gli ancora fondamentali studi di Nardi (B NARDI LalaquoDonatio Constantiniraquo e Dante in Nel mondo di Dante Roma Edizioni di Storia eLetteratura 1944 pp 107-60 ID Intorno ad una nuova interpretazione del terzo li-bro della Monarchia di Dante in Dal ldquoConviviordquo alla ldquoCommediardquo cit pp 151-313ID Dante e il laquoBuon Barbarossaraquo ossia Introduzione alla laquoMonarchiaraquo di Dante inDante Alighieri Opere Minori III1 cit pp 241-69) la puntuale analisi di G PU-LETTI La donazione di Costantino nei primi del rsquo300 e la laquoMonarchiaraquo di Dante inlaquoMedioevo e Rinascimentoraquo ns VII 1993 pp 113-35 e lrsquoampia disanima di S CRI-STALDI laquoRomanum Imperiumraquo e donazione di Costantino in Dante di fronte al Gioa-chimismo cit pp 223-392

257 Da osservare in particolare come Dante al principio evidenziato da Accursioe poi ripreso dai civilisti che lrsquoimperatore in quanto augustus deve augere e non mi-nuere lrsquoimperium sostituisca allrsquoinizio delle sue argomentazioni coerentemente conquanto affermato nei precedenti libri il principio della inscindibile unitagrave dellrsquoimpe-

rere lo svolgimento dellrsquoargomentazione percheacute mi sembra chiari-scano in modo esemplare attravero un caso storico o meglio pre-sunto tale quella concezione del diritto che come abbiamo vistonelle pagine precedenti egrave inscindibile in Dante dalla concezione delpotere imperiale il fatto che Dante contesti su base giuridica la do-nazione di Costantino conferma infatti la figura di un imperatorenon sovrano assoluto ma profondamente vincolato dal ius cosigrave co-me avevamo giagrave osservato anche nel Convivio258 e come viene riba-dito in special modo dallrsquoaffermazione (il terzo motivo) che la giuri-sdizione imperiale egrave prima dellrsquoimperatore che a questa egrave ordinatoEd egrave significativo il fatto che questo ius fondamento dellrsquoImperodiverso dal fondamento della Chiesa egrave da Dante indicato specifica-tamente come ius humanum

Nellrsquoantica Roma il ldquodiritto divinordquo ovvero quellrsquoinsieme di nor-me che regolavano il rapporto fra la comunitagrave civica e la divinitagrave dauna parte era concepito allrsquointerno del ius publicum come attesta lafamosa suddivisione ulpianea laquoPublicum ius in sacris in sacerdoti-bus in magistratibus consistitraquo (Digesto I112) dallrsquoaltra anchenella sua fase piugrave antica quando il monopolio della interpretazionegiurisprudenziale era in mano ai pontefici (IV secolo aC) il ius di-vinum era comunque distinto da quello humanum259 e questa di-

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ro paragonata ancora una volta alla tunica inconsutilis di Cristo (Mon III X 6 laquoSi er-go alique dignitates per Constantinum essent alienate ndash ut dicunt ndash ab Imperio etcessissent in potestatem Ecclesie scissa esset tunica inconsutilis quam scindere ausinon sunt etiam qui Cristum verum Deum lancea perforaruntraquo) questo percheacute ciograve checonta per lrsquoAlighieri non egrave unrsquoestensione per quanto ampia dellrsquoimpero ma la suauniversalitagrave condizione necessaria alla felicitagrave dellrsquouomo

258 Il che appare confermato anche delle epistole politiche dellrsquoAlighieri su cui cfrV RUSSO Le epistole politiche in laquoLetture Classensiraquo 1987 pp 69-78 specialmente pp73 s Interessante osservare che anche Bartolo da Sassoferrato nel De tyranno (datatoagli stessi anni del De regimine civitatis ndash 1355-1357 ndash e editato in QUAGLIONI Politi-ca e diritto nel trecento italiano cit pp 175-213) definisce il tiranno colui laquoqui in com-muni re publica non iure principaturraquo (cap II p 177) svolgendo poi e semplificandonel trattato un laquoduplice aspetto di antigiuridicitagrave da una parte per mancanza del tito-lo giuridico dallrsquoaltra in ragione dellrsquoesercizio perverso del potere legittimamente ac-quisitoraquo (ivi p 39)

259 Anche se la distinzione riguardava inizialmente solo lrsquooggetto del sapere giu-risprudenziale mentre il soggetto di tale sapere era comunque costituito dai pontefi-ci e la legittimitagrave del ius era dovuta alla sacralitagrave del responso alla connessione che i

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sacerdoti in quanto tali assicuravano fra il responso e la divinitagrave cfr i ldquoclassicirdquo RORESTANO Elemento divino ed elemento umano nel diritto di Roma in laquoRivista In-ternazionale di Filosofia del Dirittoraquo XXI 1941 pp 1-40 e F SCHULZ History of Ro-man Legal Science Oxford Clarendon Press 19532 trad it Storia della giurispru-denza romana Firenze Sansoni 1968 pp 34-71 che nellrsquoesposizione della giuri-sprudenza romana arcaica distingue al suo interno fra diritto sacro e diritto privato aseconda dellrsquooggetto del sapere giuridico dei pontefici

260 Cfr FONTANELLA Politica e diritto naturale nelDe legibus di Cicerone cit pp71-73

261 Cfr FASSOgrave Storia della filosofia del diritto I cit pp 139-43262 Anche se egrave ben noto che Agostino nel passo in cui parla di ius divinum pro-

prio in rapporto alla sacre scritture (laquoDivinum Ius in Scripturis habemusraquo AUG InIohannis Evangelium tr VI 25) riporta in realtagrave il pensiero dei suoi oppositori cioegravedei donatisti che in nome di un ldquopresuntordquo ius divinum rivendicavano la proprietagrave ec-clesiastica di ville e poderi mentre Agostino sostiene che la proprietagrave dei beni mate-riali va gestita in base al ius humanum ovvero alle leggi romane (ibidem) per una sin-tesi storica sullrsquouso e sul significato di questa ldquoformulardquo si puograve vedere P GHERRI Iusdivinum inadeguatezza di una formual testuale in Ius divinum Atti del XIII Conve-gno di Diritto Canonico (Venezia 17-21 settembre 2008) a cura di JI Arrieta co-ordinatore edizione C-M Fabris Venezia Marcianum Press 2010 pp 465-88

263 Cfr TOMMASO Summa Theol Ia-IIae q 91 a 4264 Cfr Mon III XIII 4 laquoomnis nanque divina lex duorum Testamentorum gremio

contineturraquo

stinzione si era meglio definita col progressivo sorgere e imporsi inetagrave repubblicana di un ius civile appannaggio di specialisti laici260Dopo la nascita del Cristianesimo quella societas cristiana che egrave laChiesa crescendo e iniziando ad organizzarsi come ogni societagraveespresse anche delle norme giuridiche tratte dal Vangelo e dalle tra-dizioni apostoliche con cui regolare la vita dei suoi membri le ge-rarchie gli organi amministrativi e legislativi le sanzioni etc261 in-somma tutto ciograve che dopo la svolta costantiniana riguardava sem-pre piugrave persone che erano allo stesso tempo membri della Chiesa ecives dellrsquoimpero e che in seguito fissato in decisioni conciliari oproclamato nel corso dei secoli da pontefici avrebbe dato origine aldiritto canonico Con ius divinum (o lex divina) si venne pertantoad indicare nella terminologia patristica262 e poi nella tradizione me-dievale pur con un certo sovrapporsi di significati in cui metteragrave or-dine Tommaso drsquoAquino quel complesso di norme che si volevanoderivate dalla parola rivelata di Dio innanzitutto tramite le scrittu-re263 come anche Dante mostra di intendere264 Questo ius divinum

a differenza dellrsquoantico ius sacrum pagano era quindi ab initio ete-rogeneo rispetto al ius pubblico e da ciograve poteva derivare insieme auna distinzione piugrave netta di quella pur presente nel diritto romanofra ius divinum e humanum anche una piugrave netta distinzione fra gliambiti di competenza delle due autoritagrave preposte a ciascuno ius co-me giagrave i primi cristiani avevano evinto dallrsquoevangelico laquorendere aCesare quel che egrave di Cesare e a Dio quel che egrave di Dioraquo (Mt 22 21)e dalla Lettera ai Romani di Paolo (Rm 13 1-7) e come aveva rico-nosciuto papa Gelasio I in una famosa lettera rivolta alla fine del Vsecolo allrsquoimperatore Anastasio

Duo sunt quippe imperator auguste quibus principaliter mundus hicregitur auctoritas sacrata pontificum et regalis potestas [hellip] Si enim quan-tum ad ordinem publicae pertinet disciplinae cognoscentes imperium tibisuperna dispositione conlatum legibus tuis ipsi quoque parent religionis an-tistites ne vel in rebus mundanis exclusae [hellip] videantur obviare sententiaequo oro te decet affectu eis et convenit oboedire qui praerogandis venera-bilibus sunt attributi mysteriis265

Il diritto giustinianeo sembra far propria questa distinzionequando nella VI delle Novellae afferma laquoMaxima quidem in homi-nibus sunt dona Dei a superna collata clementia sacerdotium et im-perium illud quidem divinis ministrans hoc autem humanis prae-sidens ac diligentiam exhibensraquo (Nov 6 pr)266 E infatti la glossa diAccursio sulla Donatio Constantini sopra ricordata si apre com-mentando una voce della praefatio a questa Novella da cui il giuri-

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265 Epistola VIII ad Anastasium imperatorem in PL LIX col 42 su cui ora si puogravevedere R RONZANI La lettera laquoFamuli uestrae pietatisraquo di Gelasio di Roma allrsquoimpe-ratore Anastasio I (CPL 1667 Ep 8) in laquoAugustinianumraquo 51 2011 pp 501-49 e p512 laquoGelasio nella lettera Famuli uestrae pietatis riferendosi alle due realtagrave che reg-gono il mondo non ha di mira rivendicazioni di carattere politico Al contrario il ve-scovo vuole ricordare che la regalis potestas ha il suo specifico ambito di esercizio in-discusso e invalicabile da parte anche dei vescovi Al contempo perograve ndash ed egrave questoche preme soprattutto ricordare al presule romano ndash egrave invalicabile lrsquoambito di eser-cizio dellrsquoauctoritas sacrata pontificum vale a dire dellrsquoautoritagrave specificamente eccle-siale dei vescovi in materia di dottrina e di disciplina ecclesiasticaraquo

266 Ma cfr anche Cod 1317 pr (Imperatores Honorius Theodosius) laquoPlacetnostrae clementiae ut nihil commune clerici cum publicis actibus vel ad curiam per-tinentibus cuius corpori non sunt adnexi habeantraquo

sta evince che laquoApparet ergo quod nec papa in temporalibus necimperator in spiritualibus se debent immiscereraquo267 Solo che questaNovella indirizzata nel 535 allrsquoarcivescovo di Costantinopoli si oc-cupava proprio di stabilire come recita il titolo laquoQuomodo opor-teat episcopos et reliquos clericos ad ordinationem deduci et de ex-pensis ecclesiarumraquo mostrando che lrsquoimperatore ritiene suo compi-to specifico di intervenire in divinis (laquoNos igitur maximam habemussollicitudinem circa vera dei dogmata et circa sacerdotum honesta-temraquo) come del resto si puograve evincere dai titoli dei primi articoli rac-colti nel I libro del Codex dovuti oltre che a Giustiniano agli im-peratori della fine del IV secolo e del V a partire da Teodosio268 In-somma giagrave alcuni decenni dopo lrsquoeditto di Costantino e poi sempredi piugrave nei secoli successivi si rivelograve per dirla collrsquoefficace sintesi diNardi che laquoil principio proclamato da Gelasio era saggio ma di dif-ficile applicazione Tanto vero che non riuscigrave a impedire nuovi esempre piugrave gravi conflitti per lrsquoingerenza da una parte dellrsquoautoritagravecivile nel governo della Chiesa ad esempio nella nomina dei vesco-vi e per la tendenza a fare della Chiesa uno strumento di dominio po-litico e dallrsquoaltra per la contraria tendenza sempre piugrave accentuatada parte della Curia papale a limitare il campo della giurisdizioneimperialeraquo269

Quanto abbiamo ricordato se pur in modo un porsquo approssima-tivo aiuta a comprendere meglio lrsquoimportanza del riferimento dan-tesco al ius humanum lrsquoaggettivo humanum specifica infatti che que-sto ius egrave di nuovo il diritto romano senzrsquoaltro conforme alla naturaalla volontagrave e alla mente di Dio (cosigrave abbiamo visto emergere dal-lrsquoanalisi complessiva della Monarchia)270 ma che non deriva dalla Ri-

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267 ACCURSIO Apparatus in Authentica Coll I tit VI (= Novella VI) pr v confe-rens generi Nella Glossa si rimanda fra altri passi del Corpus giustinianeno anche aCod 1317 che ho riportato alla nota precedente

268 Cfr eg Cod110 De summa trinitate et de fide catholica et ut nemo de ea pu-blice contendere audeat Cod120 De sacrosanctis ecclesiis et de rebus et privilegiis ea-rum Cod130 De episcopis et clericis et orphanotrophis et brephotrophis et xenodochiset asceteriis et monachis et privilegio eorum et castrensi peculio et de redimendis capti-vis et de nuptiis clericorum vetitis seu permissis Cod140 De episcopali audientia etde diversis capitulis quae ad ius curamque et reverentiam pontificalem pertinent etc

269 NARDI Dal ldquoConviviordquo alla ldquoCommediardquo (Sei saggi danteschi) cit p 155 270 La formula ius humanum laquorichiama lrsquoinsieme dei ragionamenti presentati

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nei primi due libri dellrsquoopera lrsquoimpero egrave la forma di governo voluta da Dio e dallanatura (primo libro) e il diritto corrisponde a ciograve che Dio vuole riguardo alla societagraveumana (II II 6) [hellip] questo concetto di diritto naturale egrave uno dei presupposti fon-damentali dellrsquooperaraquo CHIESA-TABARRONE Commento in Monarchia cit p 203ad III X 7

271 laquoFondamento dellrsquoImpero egrave per Dante Dio stesso ciograve non porta benintesolrsquoautore della Monarchia a individure il corrispettivo fondamento giuridico nel dirittodivino cioegrave nella Rivelazione lo induce piuttosto a porre il diritto come discenden-te dal volere di Dio [hellip] (II II 5) Se cosigrave egrave la legge promulgata dallrsquoimperatore egrave ta-le nella misura in cui realizza unrsquoadeguazione a quellrsquoistanza trascendente e a una si-mile legge egli pure egrave vincolatoraquo CRISTALDI laquoRomanum Imperiumraquo e donazione diCostantino cit p 325-26 Osserviamo che anche Manfredi figlio di Federico II di-fende lrsquoautonomia dellrsquoimpero proprio sulla base del ius humanum cfr A FRUGO-NI Il Manifesto di Manfredi ai Romani Palermo Palumbo 1951 con il testo alle pp21-42

272 Ancora nel X capitolo secondo il testo di Nardi e del sito della Societagrave Dan-tesca nellrsquoXI nellrsquoedizione di Shaw seguita da CHIESA-TABARRONE a partire da que-sto passo quindi il numero del capitolo a cui si riferisce il commento di CHIESA-TA-BARRONE non coincide piugrave (in quanto egrave superiore di una unitagrave) con quello del testoda me seguito

273Mon III X 18-19 laquoAdhuc dicunt quod Adrianus papa Carolum Magnum si-bi et Ecclesie advocavit ob iniuriam Longobardorum tempore Desiderii regis eorumet quod Carolus ab eo recepit Imperii dignitatem non obstante quod Michael impe-rabat apud Constantinopolim Propter quod dicunt quod omnes qui fuerunt Roma-norum Imperatores post ipsum et ipsi advocati Ecclesie sunt et debent ab Ecclesiaadvocari ex quo etiam sequeretur illa dependentia quam concludere voluntraquo

274 Quando Carlo Magno sconfisse Desiderio effettivamente era papa Adriano I

velazione271 ed egrave quindi indipendente dallrsquoautoritagrave ecclesialeIl secondo e ultimo argomento storico che Dante discute272 egrave

quello dellrsquoincoronazione imperiale di Carlo Magno da parte del pa-pa

Dicono altresigrave che papa Adriano tolse a difensore suo e della Chiesa Car-lo Magno contro le offese dei Longobardi al tempo del loro re Desiderio eche Carlo ricevette da lui la dignitagrave dellrsquoimpero nonostante che Michele fos-se imperatore di Costantinopoli Per il qual fatto dicono che tutti coloro chedopo di lui furono imperatori dei Romani sono difensori della Chiesa e talidebbono essere dalla Chiesa ritenuti dal che seguirebbe pure quella dipen-denza che essi pretendono inferirne273

Nonostante lrsquoimprecisione dei dati storici forniti dallrsquoAlighieri274

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che incoronograve Carlo re drsquoItalia nel 781 ma quando fu incoronato imperatore nel Na-tale dellrsquo800 era papa Leone III Inoltre a Costantinopoli non regnava Michele I malrsquoimperatrice Irene fatto questo che venne enfatizzato nelle fonti antiche come legit-timante la translatio sostenendo che il trono imperiale si poteva ritenere vacante inquanto occupato da una donna cosigrave ad esempio negli Annali di Lorsch (in Monu-menta Germaniae Historica Scriptores I Hannoverae Impensis Bibliopolii AuliciHahniani 1826 p 38) e nella Cronaca di Moissac (ivi pp 305-306) La fonte di Dan-te potrebbe essere stata il Decretum Gratiani (1 dist 63 22) cfr CHIESA-TABARRONECommento inMonarchia cit p 207 ad III XI 1

275 Vd supra n 1276 Vd supra n 251277 I documenti dei giuristi elaborati fra il XII e il XIII secolo mostrano come in

questo periodo si promuova una laquoaccezione sacrale e ministeriale che segna lrsquoImpe-ro cristiano nellrsquoetagrave intermedia differenziandolo dalla visione piugrave strettamente poli-tica propria dellrsquoimpero di diretta derivazione romana Lrsquoimperatore non egrave solo Si-gnore politico del mondo Egrave anche (diremmo soprattutto) lrsquoavvocato e il difensoredella Chiesa Lo egrave per decretazione superna di Dio stesso qual dalla Chiesa inter-pretata in guisa autenticaraquo cfr P BELLINI DOMINUS TOTIUS MUNDI LrsquoImpera-tore dei romani e i popoli estranei al popolo romano (sec XII-XIV) in Popoli e spazioromano tra diritto e profezia (Da Roma alla terza Roma Documenti e studi Collezio-ne diretta da P Catalano e P Siniscalco) Napoli Edizioni Scientifiche Italiane 1986pp 247-87 p 264 e pp 264-65 n 42 con ampia documentazione

egrave evidente come qui si alluda tramite anche il riferimento allrsquoimpe-ratore di Costantinopoli alla translatio imperii teoria presuppostalo abbiamo accennato allrsquoinizio anche nel VI canto del Paradiso275Lrsquoincoronazione di Carlo Magno non egrave quindi collegata dallrsquoAlighierialla donazione di Costantino (anche se i due episodi sono accomu-nati nella Monarchia in quanto costituiscono i due argomenti ldquosto-ricirdquo sostenuti dai suoi avversari) In effetti data lrsquoinnegabile ambi-guitagrave delle argomentazioni desumibili dal Constitutum276 gran par-te della pubblicistica di parte papale pur attribuendo allrsquoincorona-zione di Carlo Magno un valore di precedente storico convalidantela pretesa pontificia di avere lrsquoultima parola sul conferimento del ti-tolo imperiale fondava la legittimitagrave di tale precedente non sulleprerogative che il papa avrebbe ricevuto dal Constitutum quantopiuttosto sulla concezione del ruolo dellrsquoimperatore come advoca-tus ecclesiae277 secondo unrsquoidea solidaristica dei rapporti fra le duemassime autoritagrave che poteva essere chiamata in causa anche per giu-stificare lrsquointervento della Chiesa in temporalibus quando questa lo

ritenesse necessario o opportuno278 Dante non mette in dubbio ilruolo imperiale di advocatus ecclesiae che riconosceragrave esplicitamentea Carlo Magno nel VI canto del Paradiso (VI 96) e nemmeno che siaavvenuta una translatio a Graecis ad Francos ma sostiene che lrsquoautoredella translatio non sia stato il papa in quanto questi compigrave un attoillegittimo e laquolrsquousurpazione di un diritto non crea diritto altrimen-ti si potrebbe chiamare in causa unrsquoaltra vicenda storica ndash la depo-sizione di papa Benedetto V da parte dellrsquoimperatore Ottone I ndash perdimostrare la tesi oppostaraquo279 Dante chiude quindi velocementequesta vexata quaestio con la massima probabilmente da lui stessoconiata che usurpatio iuris non facit ius il motivo per cui lrsquoincoro-nazione di Carlo Magno sia da intendere come un usurpatio iurisqui a differenza di quanto avvenuto per la donazione di Costantinonon viene dimostrato (e si comprenderagrave in realtagrave solo nei successivicapitoli XII-XV dove si proveragrave che lrsquoautoritagrave imperiale puograve dipen-dere solo e direttamente da Dio)280 ma egrave comunque ancora una vol-ta tramite il diritto (o meglio in questo caso tramite la sua ldquoevoca-zionerdquo) che Dante inficia la presunta capacitagrave di un fatto storico dicostituire un precedente legittimante a una pretesa di per seacute privasecondo lrsquoautore di qualsiasi legittimitagrave

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278 Secondo una linea di pensiero preponderante fino ad Innocenzo III si ritenevache la Chiesa fosse chiamata ad intervenire in temporalibus ambito pur riconosciutodi specifica competenza del potere politico quando questrsquoultimo ratione peccati o an-che per semplice incompetenza non fosse in grado di assolvere il suo compito per unadettagliata analisi delle fonti si puograve vedere tutta la Parte Prima Il sistema curialisticoclassico in BELLINI La coscienza del principe cit vol I pp 87-615 passim

279 Cosigrave sintetizzano CHIESA-TABARRONE Commento in Monarchia cit p 207 adIII XI

280 Terminata la confutazione delle tesi degli avversari in questi capitoli Dante so-stiene la sua tesi dimostrando prima per via negativa che lrsquoimpero non dipende dallaChiesa percheacute la Chiesa non ne egrave la causa (XII) percheacute nessuna fonte ha attribuito al-la Chiesa il potere di conferire lrsquoimpero (XIII) e inoltre percheacute tale potere non fa par-te di quelli della Chiesa in quanto egrave contro la sua stessa natura (XIV) Infine nel XV ca-pitolo su cui ci soffermeremo brevemente dimostreragrave per via positiva che lrsquoautoritagravedellrsquoimpero dipende direttamente da Dio

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281 Cfr supra n 25 CHIESA-TABARRONE nel loro Commento (in Monarchia cit p209-10 ad III XII 1) chiariscono attraverso riferimenti a fonti antiche e medievali co-me la formulazione di questo principio in questo passo della Monarchia risenta del-la commistione fra lrsquoaccezione originale che laquosi applica rigorosamente solo allrsquointer-no delle distinzioni categoriali proprie dellrsquoontologia aristotelicaraquo e il laquoben diversoprincipio neoplatonico secondo cui tutto deriva dallrsquouno e allrsquouno puograve essere ricon-dottoraquo

282Mon III XI 1-2 laquoRatione vero sic arguunt Summunt etenim sibi principiumde decimo Prime phylosophie dicentes omnia que sunt unius generis reducuntur adunum quod est mensura omnium que sub illo genere sunt sed omnes homines suntunius generis ergo debent reduci ad unum tanquam ad mensuram omnium eorumEt cum summus Antistes et Imperator sint homines si conclusio illa est vera oportetquod reducantur ad unum hominem Et cum Papa non sit reducendus ad alium re-linquitur quod Imperator cum omnibus aliis sit reducendus ad ipsum tanquam admensuram et regulam propter quod sequitur etiam idem quod voluntraquo

283 CHIESA-TABARRONE Commento in Monarchia cit p 211 ad III XII 3

28 laquoMaxime debet intendere [hellip] romanus Princeps ut [hellip] li-bere cum pace vivaturraquo (Mon III XV 11)

Le conclusioni della Monarchia sono fra gli argomenti piugrave discussinegli studi sullrsquoopera e sulla concezione politica di Dante e vi accen-nerograve quindi soltanto per ciograve che riguarda piugrave specificatamente lrsquoog-getto di questo studio Per meglio comprendere proprio lrsquoultimo ca-pitolo del trattato mi sembra perograve prima opportuno richiamare lrsquouni-co argomento laquodi ragioneraquo che Dante confuta nellrsquoXI capitolo ovve-ro quello che in base al giagrave ricordato principio della reductio adunum281 postulava che tutti gli uomini appartenendo allo stesso ge-nere dovessero essere ricondotti a un solo uomo e laquosiccome il som-mo Pontefice e lrsquoImperatore sono uomini se quella conclusione egrave ve-ra bisogna che siano ricondotti a un solo uomo Ora poicheacute non egraveconsentito di ricondurre il Papa ad altro uomo rimane che lrsquoimpe-ratore insieme a tutti gli altri uomini deve essere ricondotto a lui co-me a misura e regolaraquo282 Nella sua confutazione lrsquoAlighieri accetta ilprincipio della reductio ad unum ma non la sua applicazione al papae allrsquoimperatore in quanto essi sarebbero riconducibili ad un unicouomo laquosolo ldquoin quanto uominirdquo (cioegrave in relazione alla loro natura so-stanziale) e non ldquoin quantordquo rispettivamente ldquopapardquo e ldquoimperatorerdquo(che riguarda invece la loro natura accidentale)raquo283

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 135

284 Ivi p 209 ad III XII285 BELLINI DOMINUS TOTIUS MUNDI LrsquoImperatore dei romani e i popoli

estranei al popolo romano (sec XII-XIV) cit p 261 che cosigrave sintetizza parlando diunrsquolaquoidea solidaristica (imperium et sacerdotium sunt ut frater et soror) insita negli sche-mi integralistici della medievale civitas christiana tutta strutturata ndash nellrsquointerezza deisuoi tratti ndash in ragione della proiezione finale oltreterrena degli homines viatores Sivedeva il popolo cristiano consegnato ndash per decretazione provvida di Dio ndash alla cor-responsabile premura di quei due massimi apparati di governo di quelle due supre-mae auctoritates legate lrsquouna allrsquoaltra da unrsquoamicizia vicissim fortissima tutte e due or-dinate (ciascuna a modo suo secundum intellectum et vires suas) al bonum animaequod est maximumraquo

286 Cfr ivi p 265 laquola stessa logica unitaria [hellip] veniva a militare a favore dellapotestagrave vicaria in una unica personaraquo come aveva affermato il cardinale Ostiense (XIIIsecolo) nella sua Lectura alla Per venerabilem di Innocenzo III laquosicut enim ponere duoprincipia haereticum est [hellip] et sic ponere duos vicarios generales et sibi aequales interris haereticum videtur [hellip] vita igitur opinionem contrariam monstruosamraquoOSTIENSE Lectura in cap 13 Per venerabilem X qui filii sint legitimi 4 17 s vers Ple-nitudinem potestatis n 36

287Mon III XV 7 laquobeatitudinem scilicet huius vite que in operatione proprie vir-

Lrsquoargomento della reductio ad unum laquoun caposaldo della partepapaleraquo284 pur se confutato sul piano della logica non poteva co-munque di fatto essere messo a tacere se non si entrava nel meritodi quella concezione unitaria propria del mondo medievale secondola quale tutta la civitas egrave civitas christiana ovvero la societagrave coincidecon la Chiesa ed egrave quindi orientata anche su questa terra a rag-giungere il bonum animae285 dati questi presupposti difficilmentelrsquoimperatore poteva infatti risultare autonomo dalla suprema auto-ritagrave ecclesiastica anche in quellrsquoambito di sua specifica competenzache era la guida della societagrave civile286

Ora nel capitolo XV del III libro della Monarchia Dante dopoaver enunciato il principio metafisico secondo il quale lrsquouomo inquanto unione di corpo e anima partecipa sia alla natura corrutti-bile che a quella incorruttibile ognuna delle quali egrave orientata versoun suo proprio ultimo fine (sectsect 3-6) sostiene che di conseguenza duofines sono posti dalla provvidenza allrsquouomo vale a dire laquola beatitu-dine di questa vita consistente nellrsquoesplicazione delle proprie facol-tagrave [hellip] e la beatitudine della vita eterna consistente nel godimentodella visione di Dio cui la la virtugrave propria dellrsquouomo non puograve giun-gere senza il soccorso del lume divinoraquo287 Alla prima beatitudine

FRANCESCA FONTANELLA136

tutis consistit [hellip] et beatitudinem vite ecterne que consistit in fruitione divini aspec-tus ad quam propria virtus ascendere non potest nisi lumine divino adiutaraquo

288Mon III XV 8 laquoNam ad primam per phylosophica documenta venimus dum-modo illa sequamur secundum virtutes morales et intellectuales operando ad secun-dam vero per documenta spiritualia que humanam rationem transcendunt dummo-do illa sequamur secundum virtutes theologicas operando fidem spem scilicet et ka-ritatemraquo

289 Vd supra n 64290 Egrave infatti ben noto che nel penultimo paragrafo della Monarchia (III XV 17) si

precisa che lrsquoImperatore non egrave in assoluto svincolato da una certa sottomissione alPapa dato che la felicitagrave terrena egrave quodammodo ordinata a quella immortale laquoQuequidem veritas ultime questionis non sic stricte recipienda est ut romanus Princepsin aliquo romano Pontifici non subiaceat cum mortalis ista felicitas quodammodo adinmortalem felicitatem ordineturraquo (Mon III XV 17 dove come opportunamente sot-tolineano CHIESA-TABARRONE Commento in Monarchia cit pp 241-42 ad III XVI 17lrsquoavverbio quodammodo non ha laquoun significato approssimativoraquo quanto piuttostolaquouna sua valenza tecnico-filosoficaraquo) Di tutto ciograve che egrave stato scritto su questo passoriporto solo percheacute la condivido pienamente questa osservazione di Cristaldi (CRI-STALDI laquoRomanum Imperiumraquo e donazione di Costantino cit p 299) laquoOnde scan-sare rischiosi fraintendimenti ribadiremo che questo separare non significa affattocontrapporre ci troviamo di fronte a un laico cristiano il quale egrave davvero remoto dacerte moderne preclusioni nei confronti della fede [hellip] Mantenendo che la felicitagrave ter-rena ldquoquodammodo ad inmortalem felicitate ordinaturrdquo (III xv 17) e che il sapere

laquonoi perveniamo per mezzo delle dottrine filosofiche purcheacute le se-guiamo praticando le virtugrave morali e quelle intellettuali alla secondainvece giungiamo per mezzo degli insegnamenti divini che trascen-dono la ragione umana purcheacute li seguiamo praticando le virtugrave teo-logicheraquo288 Anche nel IV trattato del Convivio lo ricordiamo in unpasso che molto si avvicina a questo della Monarchia Dante aveva af-fermato che le laquooperazioni delle morali virtudiraquo portano a una feli-citagrave laquoquasi imperfetta nella vita attivaraquo quelle laquodelle virtudi intel-lettualiraquo a una felicitagrave laquoperfetta quasi nella [vita contemplativa]raquo epoi che queste laquodue operazioni sono vie espedite e dirittissime a me-nare alla somma beatitudine la quale qui non si puote avereraquo (ConvIV XXII 18)289 Aveva quindi stabilito una distinzione ma con un pre-ciso ordine gerarchico che risulta invece assente in questo passo del-la Monarchia anche se per quanto riguarda il rapporto fra felicitagraveterrena e felicitagrave eterna tale ldquoordinerdquo saragrave ldquoin qualche modordquo ri-preso alla fine dellrsquoopera in una famosa e discussa asserzione290 Ma

prima del ldquofinalerdquo quello che si ribadisce egrave che per quanto riguar-da la felicitagrave in questa vita sono sufficienti le virtugrave morali e quelle in-tellettuali dato che come ha chiarito allrsquoinizio del I libro del tratta-to il bene esse mundi consiste nel fatto che lrsquoumanitagrave unita nella pa-ce possa attuare quellrsquooperazione che le egrave propria e che costituisceil suo fine ovvero tutta la potenza dellrsquointelletto291 Dato perograve chetutto questo laquolrsquoumana cupidigia se lo butterebbe dietro le spalleraquo292

se gli uomini non fossero costretti come si costringono i cavalli a se-guire una certa via laquofu necessaria allrsquouomo una duplice guida corri-spondente al duplice fine cioegrave il sommo Pontefice che conducesseil genere umano alla vita eterna per mezzo delle dottrine rivelate elrsquoImperatore il quale indirizzasse il genere umano alla felicitagrave tem-porale per mezzo degli insegnamenti della filosofiaraquo293 Lrsquoafferma-zione del ldquoduplice finerdquo del genere umano egrave quindi ciograve che permet-te a Dante di fondare lrsquoindipendenza del ruolo politico dellrsquoimpera-tore dallrsquoautoritagrave ecclesiastica294 ponendo quindi in sostanza i pre-

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 137

umano viene compiuto dalla Rivelazione Dante recupera unrsquoarmonia di fondo tra lesfere che ha pur voluto scindere Ma certo la sua egrave una ricomposizione che non cor-risponde piugrave allrsquounitagrave tradizionalmente presupposta dal medioevo cristiano e a ben ve-dere nemmeno a quella di Tommaso drsquoAquino assertore di una distinzione nella su-bordinazione Nella Monarchia infatti i due ordini di realtagrave distinti trovano la lorosintesi solo in un punto di fuga trascendenteraquo

291Mon I IV 1-2 laquoSatis igitur declaratum est quod proprium opus humani generistotaliter accepti est actuare semper totam potentiam intellectus possibilis [hellip] Genushumanum in quiete sive tranquillitate pacis ad proprium suum opus [hellip] liberrimeatque facillime se habet Unde manifestum est quod pax universalis est optimum eo-rum que ad nostram beatitudinem ordinanturraquo

292Mon III XV 9 laquoHas igitur conclusiones et media licet ostensa sint nobis hecab humana ratione que per phylosophos tota nobis innotuit hec a Spiritu Sancto quiper prophetas et agiographos qui per coecternum sibi Dei filium Iesum Cristum etper eius discipulos supernaturalem veritatem ac nobis necessariam revelavit humanacupiditas postergaret nisi homines tanquam equi sua bestialitate vagantes ldquoin camoet frenordquo compescerentur in viaraquo cfr supra n 22

293Mon III XV 10 laquoPropter quod opus fuit homini duplici directivo secundumduplicem finem scilicet summo Pontifice qui secundum revelata humanum genusperduceret ad vitam ecternam et Imperatore qui secundum phylosophica documentagenus humanum ad temporalem felicitatem dirigeretraquo

294 Cosigrave come fra gli altri giagrave avevano ben evidenziato Gilson e Nardi cfr eg per-cheacute i passi in cui sostengono questa interpretazione sono numerosi GILSON Dante e

supposti non solo di una laquolaicizzazione della sfera politicaraquo ma an-che di una concezione della societagrave civile ovvero della laquocomunitagravedellrsquoimpero [hellip] per sua natura [hellip] cosmopolita essere degli ldquoani-mali razionalirdquo egrave il solo titolo richiesto per divenirne cittadiniraquo295tutta lrsquoumanitagrave egrave infatti unita da un fine la temporalis felicitas chelaquopuograve essere raggiunta dallrsquouomo in quanto tale senza far ricorso al-la grazia divina essa era disponibile prima della venuta di Cristocosigrave come era disponibile la veritas o quanto meno la veritas basatasui principii della ragione e della filosofiaraquo296 Ma siccome anche aquesta felicitagrave terrena laquonessuno o tuttrsquoal piugrave pochi e anche questicon estrema difficoltagrave saprebbero giungere se il genere umano se-date le tempeste della cupidigia che lo ammalia non si acqueta nel-la bonaccia della paceraquo Dante definisce ulteriormente il compitodellrsquoimperatore laquoquesta egrave la mira a cui deve volgere soprattutto gliocchi il tutore del mondo (curator orbis) che si chiama il Principe

FRANCESCA FONTANELLA138

la filosofia cit p 194 laquoLa cosa piugrave notevole nellrsquoatteggiamento di Dante egrave peraltroche egli abbia compreso [hellip ] che non egrave possibile sottrarre totalmente il temporale al-la giurisdizione dello spirituale se non sottraendo totalmente la filosofia alla giurisdi-zione della teologiaraquo B NARDI Il concetto dellrsquoimpero nello svolgimento del pensierodantesco in ID Saggi di Filosofia Dantesca cit pp 215-75 p 253 laquodallrsquoautonomia delfine naturale dellrsquouomo di fronte al fine soprannaturale Dante deduce direttamentelrsquoautonomia e indipendenza del potere civile di fronte a quello ecclesiasticoraquo

295 IMBACH Quattro idee sul pensiero politico di Dante Alighieri cit pp 51-52che poi perograve osserva laquoQuesta fiducia nellrsquouniversalitagrave della ldquoragionerdquo fa problema peril lettore di oggi non diversamente dalla formulazione che dallrsquoaltra discende del-lrsquoesistenza di un unico diritto universale La voce dellrsquoAlighieri contraddice certe esi-tazioni contemporanee Chiama in giudizio forse le violazioni di diritti alle quali noiassistiamo Cosigrave facendo in ogni caso incita ancora alla riflessione su questi temiraquo Ecosigrave viene infatti da ldquoriflettererdquo che non sia forse un caso che questa fiducia in una pos-sibile unitagrave del genere umano fondata ldquolaicamenterdquo sullrsquouniversalitagrave della ragione siastata tanto potentemente espressa da un uomo ldquoprofondamente religiosordquo

296 CHIESA-TABARRONE Introduzione in Monarchia cit p XLV Ma anche CHIE-SA-TABARRONE osservano che si tratta di laquouna visione in apparenza laica ma ancheuna visione teologica percheacute questa unitarietagrave del genere umano fa parte di un ordi-ne delle cose voluto da Dio e governato dalla provvidenza La felicitagrave che si puograve con-seguire in questo mondo e la felicitagrave dellrsquoeternitagrave sono fra loro autonome e procedo-no per vie diverse ma non sono indipendenti come egrave vero che il mondo terreno egrave so-miglianza del mondo celesteraquo Del resto precisazioni analoghe le avevamo giagrave espres-se a proposito della ldquolaicitagraverdquo delle virtugrave del Convivio

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 139

297Mon III XV 11 laquoEt cum ad hunc portum vel nulli vel pauci et hii cum diffi-cultate nimia pervenire possint nisi sedatis fluctibus blande cupiditatis genus hu-manum liberum in pacis tranquillitate quiescat hoc est illud signum ad quod maxi-me debet intendere curator orbis qui dicitur romanus Princeps ut scilicet in areolaista mortalium libere cum pace vivaturraquo Mi pare interessante osservare che ancheTommaso ma a proposito della veritagrave su Dio (per la quale anche Dante ritiene ne-cessaria la rivelazione) aveva affermato laquoQuia veritas de Deo per rationem investi-gata a paucis et per longum tempus et cum admixtione multorum errorum hominiproveniret a cuius tamen veritatis cognitione dependet tota hominis salus quae inDeo est Ut igitur salus hominibus et convenientius et certius proveniat necessariumfuit quod de divinis per divinam revelationem instruantur Necessarium igitur fuitpraeter philosophicas disciplinas quae per rationem investigantur sacram doctrinamper revelationem haberiraquo Summa Theologiae I q 1 art 1

298 Come giustamente sottolineano CHIESA-TABARRONE Commento in Monar-chia cit p 242 ad III XVI 17 laquoDante cambia interlocutore lrsquoinvito egrave rivolto allrsquoim-peratore non piugrave al papa che ndash insieme ad altri cristiani mal consigliati dal loro ec-cesso di zelo verso la Chiesa ndash egrave stato il destinatario del terzo libro e neppure ai sa-pienti in generale che sono il pubblico dellrsquointero trattato e ai quali sono indirizzati iparr 15-16raquo

299 Mon III XV 18 laquoIlla igitur reverentia Cesar utatur ad Petrum qua primoge-nitus filius debet uti ad patrem ut luce paterne gratie illustratus virtuosius orbem ter-re irradiet cui ab Illo solo prefectus est qui est omnium spiritualium et temporaliumgubernatorraquo Sul significato da attribuire al passo cfr supra n 289 Per il Convivio vdsupra e n 105 Ancora CHIESA-TABARRONE ibidem osservano che laquoil tono che Dan-te assume qui egrave quello del profeta veterotestamentario che si rivolge al sovrano co-me portatore dei messaggi di Dioraquo

300 Il vocabolo curator appartiene evidentemente allrsquoambito giuridico e indica

romano che nellrsquoaiuola terrena si viva liberi nella paceraquo (Mon III XV11)297 E il trattato si chiude con un passo (Mon III XV 18) in cuicambiando improvvisamente interlocutore298 lrsquoAlighieri si rivolgedirettamente a laquoCesareraquo assumendo cosigrave in modo esplicito quel ruo-lo di ldquoguidardquo della suprema autoritagrave politica che avevamo giagrave vistoemergere dal Convivio299

Per il tema di questo lavoro quello che piugrave ci interessa egrave che inquesti ultimi capitoli del III libro della Monarchia viene ripropostauna figura di imperatore che non solo non contraddice ma anzi rias-sume le caratteristiche viste nei libri precedenti del trattato o anchenel Convivio lrsquoimperatore di Dante vincolato e caratterizzato dal di-ritto e dalla filosofia egrave quel curator orbis (e di nuovo la terminologiaegrave giuridica)300 che solo puograve assicurare agli uomini la libertagrave e la pace

come guida distinta anche se non opposta allrsquoautoritagrave spiritualeMa voglio aggiungere una considerazione finale egrave ben noto che

la dottrina dei duo fines fu uno dei punti della Monarchia netta-mente condannati dal frate domenicano Guido Vernani301 forse nel-lo stesso anno 1329 (o poco prima) in cui il cardinale Bertrando dalPoggetto legato di papa Giovanni XXII condannograve a Bolognalrsquoopera a essere bruciata senza contare che nel 1554 il libro fu mes-so allrsquoIndice e ne fu ritirato solo nel XIX secolo302 Eppure con la di-stinzione dei due fini Dante individuando come ambito del potereldquolaicordquo il diritto romano e la filosofia si fa anche interprete del ldquocuo-rerdquo del pensiero giuridico europeo anticipandone quella sintesi cheproprio un papa Benedetto XVI ha recentemente proposto nel Di-scorso al parlamento tedesco del 2011

Nella storia gli ordinamenti giuridici sono stati quasi sempre motivati inmodo religioso sulla base di un riferimento alla Divinitagrave si decide ciograve che tragli uomini egrave giusto Contrariamente ad altre grandi religioni il cristianesimo

FRANCESCA FONTANELLA140

nel diritto privato romano chi viene chiamato a integrare o a sostituire un soggetto in-capace o limitatamente capace di agire (come il minore la donna ma anche il furio-sus etc) inoltre egrave ben noto come a Roma venissero definiti curatores anche i magistratidestinati allrsquoassolvimento di particolari funzioni pubbliche quali ad esempio i cura-tores annonae quelli aquarum publicarum quelli viarum etc cfr eg Dizionario Giu-ridico Romano intr di A GUARINO Napoli Edizioni Giuridiche Simone 20003 pp141-44 Per un ambito ancora piugrave esteso di ldquocurardquo si puograve pensare ai curatores rei pu-blicae dei funzionari amministrativi creati con Traiano e incaricati essenzialmente disorvegliare le finanze cittadine locali ma in alcuni casi considerati anche piugrave in ge-nerale come garanti del buon funzionamento della cittagrave cfr M SARTORI Osservazio-ni sul ruolo del laquocurator rei publicaeraquo in laquoAthenaeumraquo LXVII 1989 pp 5-20 Lrsquoim-peratore di Dante si pone come al vertice di questi curatores egrave curator non Urbis orei publicae ma orbis

301 Che obiettava laquoad beatitudinem temporalem non ordinatur homo a Deo tan-quam ad finem ultimum quia talis beatitudo numquam terminare et satiare potuithominum appetitum [hellip] ordinatur ergo homo ad felicitatem eternam tamquam fi-nem ultimumraquo VERNANI De reprobatione Monarchie composite a Dante III 11 inMonarchia cit p 365

302 Alla storia della Monarchia di Dante fino allrsquoeditio princeps del 1559 egrave dedi-cato lrsquoesauriente studio di F CHENEVAL Die Rezeption der laquoMonarchiaraquo Dantes bis zurldquoEditio Princepsrdquo im Jahre 1559 Metamorphosen eines philosophischen Werkes Muumln-chen Fink 1995

[hellip] ha invece rimandato alla natura e alla ragione quali vere fonti del dirit-to ndash ha rimandato allrsquoarmonia tra ragione oggettiva e soggettiva unrsquoarmoniache perograve presuppone lrsquoessere ambedue le sfere fondate nella Ragione crea-trice di Dio Con ciograve i teologi cristiani si sono associati ad un movimento fi-losofico e giuridico che si era formato sin dal secolo II aC Nella prima me-tagrave del secondo secolo precristiano si ebbe un incontro tra il diritto naturalesociale sviluppato dai filosofi stoici e autorevoli maestri del diritto romanoIn questo contatto egrave nata la cultura giuridica occidentale che egrave stata ed egrave tut-tora di unrsquoimportanza determinante per la cultura giuridica dellrsquoumanitagrave Daquesto legame precristiano tra diritto e filosofia parte la via che porta attra-verso il Medioevo cristiano allo sviluppo giuridico dellrsquoIlluminismo fino al-la Dichiarazione dei Diritti umani303

In conclusione ciograve che emerge dalla lettura del Convivio e del-la Monarchia non egrave la mera riproposizione della forma esteriore diun modello politico quello dellrsquoimpero romano ormai irrimedia-bilmente sorpassato in questo caso infatti la concezione politica del-lrsquoAlighieri sarebbe per dirla con le parole di un recente studio so-lo laquounrsquoidea contraria alla storia [hellip] unrsquoutopia giustificabile gene-rosa ma inservibileraquo304 Si deve piuttosto osservare che Dante egrave riu-scito ad individuare quelle caratteristiche dellrsquoimpero che erano inqualche modo espressione di esigenze e di aspirazioni profonda-mente umane e quindi sempre attuali305 quelle di una vita civile vir-

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 141

303 Il discorso si puograve ora leggere nel volume La legge di re Salomone Ragione e di-ritto nei discorsi di Benedetto XVI a cura di M CARTABIA e A SIMONCINI Prefazio-ne di G NAPOLITANO Milano Rizzoli 2013 pp 00

304 G GORNI Dante Storia di un visionario Roma-Bari Laterza 2009 p 181 Macfr invece O CAPITANI Spigolature sul III della Monarchia in ID Chiose minime dan-tesche Pagravetron 1983 p 81 laquoEgrave certo che la monarchia egrave unrsquoutopia politica ma in ciogravestesso sta il suo fortissimo valore storico nella linea di sviluppo del pensiero politicomedioevale Ha iniziato un processo che per far valere le motivazioni profonde chelo ispiravano ha dovuto ricostruire tutto il significato di un linguaggio che era il lin-guaggio della realtagrave del suo tempo Dante lrsquoha fatto con ovvio riferimento a questo lin-guaggio del tempo e valendosi dei processi formali che erano propri di una culturasigrave da fornire lrsquoimpressione di essere un pensatore soltanto in arretrato con la tenden-za intellettuale dei suoi contemporaneiraquo

305 IMBACH Quattro idee sul pensiero politico di Dante Alighieri cit p 44 giu-stamente preoccupato di laquoevitare di caricare di valore normativo i concetti politicielaborati nel passato in contesti eterogenei rispetto al nostroraquo (ovvero di laquotrarre del-

tuosa alla quale gli organi di governo sono chiamati a garantire unapace e una libertagrave che hanno il loro fondamento nel diritto A que-ste aspirazioni ed esigenze egli ha dato voce306 e in ciograve consiste misembra la continua attualitagrave della sua opera e in parte di quella delldquomodello romanordquo

Nel licenziare il presente saggio desidero ringraziare le bibliotecarie del-la Societagrave Dantesca Italiana e in particolare Giovanna Puletti per la pre-murosa disponibilitagrave e la competente consulenza offertami durante il mio la-voro di ricerca Solo in fase di correzione delle bozze ho potuto consultaresenza quindi poterli citare i recenti commenti di Gianfranco Fioravanti alConvivio e di Diego Quaglioni alla Monarchia in DANTE ALIGHIERI Opereedizione diretta da MARCO SANTAGATA vol II Convivio Monarchia Episto-le Egloge a cura di G FIORAVANTI C GIUNTA D QUAGLIONI C VILLA GALBANESE Milano Mondadori 2014

FRANCESCA FONTANELLA

FRANCESCA FONTANELLA142

le conclusioni immediate sul dover essere attualeraquo) sostiene invece che laquole domandealle quali rispose il filosofo fiorentino non sono le stesse alle quali debbono risponderei pensatori di oggiraquo (ibidem) Se questo egrave senzrsquoaltro vero per quanto riguarda lrsquoaspet-to piugrave fenomenico delle domande ldquopoliticherdquo dellrsquoAlighieri non lo egrave per le aspirazioniche le hanno suscitate e infatti Imbach riconosce e lo dimostra nel suo lavoro chelaquoquanto per noi egrave ldquofuori discussionerdquo accettato come pacifico o addirittura mai av-vertito viene risvegliato da domande ldquointempestiverdquo inattese e differenti le doman-de di Danteraquo (ibidem)

306 Naturalmente ben altra voce e molto piugrave potente egrave quella della Commedia dicui spero di potermi occupare in un prossimo studio Rimando per ora per la con-sonanza su alcune tematiche da me trattate in queste pagine allrsquoacuta ed approfon-dita analisi del VI canto del Paradiso di E FENZI Il volo dellrsquoaquila Una lettura di Pa-radiso VI in laquoChroniques italiennes webraquo 24 32012 (httpchroniquesitalien-nesuniv-paris3frPDFWeb241EFenzipdf) pp 1-58

FINITO DI STAMPARENEL MESE DI NOVEMBRE 2014

PER CONTO DELLACASA EDITRICE LE LETTERE

DALLA TIPOGRAFIA ABCSESTO FIORENTINO - FIRENZE

  • piatto Studi Danteschi 79
  • 00 frontespizio indice_Layout 1
  • 02 IMP Fontanella 39-142_Layout 1
  • 2
  • FINITO

SOCIETAgrave DANTESCA ITALIANA

STUDI DANTESCHI

Fondati da Michele Barbi

Serie diretta da Antonio Lanza e Lino Pertile

LXXIX

IN FIRENZE LE LETTERE ndash 2014

IN MEMORIAM

ANNA MARIA CHIAVACCI LEONARDI(22IX1927 ndash 7IV2014)

INDICE

Rodney Lokaj Lrsquoemergenza di unrsquoars dictaminis dantescaLrsquoepistola II 1

Francesca Fontanella Lrsquoimpero romano nel Convivio e nella Monarchia 39

Gino Casagrande laquoArturi regis ambages pulcerrimeraquo (DVE I X 2) 143

Paolo Orvieto Un caso di secolare irrisolta enigmistica dantesca laquoPape Satagraven pape Satagraven alepperaquo (Inf VII 1) 157

Nicola Fosca Il canto XX del Paradiso Giustizia e predestinazione 209

Valter Leonardo Puccetti Una lettura del canto di PierDamiani 267

Franco Suitner Paradiso XXIII 311

NOTE

Paola Allegretti Lista dei refusi di stampa di Fiore 2011 333

Vittorio Bartoli Il tema della resurrezione della carnenella Divina Commedia 335

Daniela Di Pasquale Dante in Portogallo rassegna delletraduzioni (1846-2010) 359

Michele Marchesiello Dante e la legge a proposito di Dante and the Limits of Law di Justin Steinberg 429

MANOSCRITTI DANTESCHI

Marisa Boschi Rotiroti - Federico Sanguineti Il manoscrittoCarapelli 445

RECENSIONI

La Commedia di Dante Alighieri Con il commento di Robert Hollander (R Bruscagli) 451

Nuove prospettive sulla tradizione della laquoCommediaraquoSeconda serie (2008-2013) a cura di Elisabetta Tonelloe Paolo Trovato (M Giola) 467

Notizie della Societagrave Dantesca Italiana per lrsquoanno 2013 477

Indice dei manoscritti 487Indice dei nomi 489

INDICEVI

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIOE NELLA MONARCHIA

Nel Paradiso nel cielo di Mercurio dove si mostrano a Dante leanime laquodrsquoi buoni spirti che sono stati attivi percheacute onore e fama lisuccedaraquo (Par VI 113-14) il poeta incontra lrsquoimperatore Giustinia-no le cui parole occupano in maniera del tutto eccezionale rispettoalla struttura generale della Commedia un intero canto il sesto Alsuo interno troviamo tratteggiata la storia dellrsquoimpero romano rap-presentata come il volo di quellrsquoAquila che dellrsquoimpero era lrsquoinse-gna Questa storia ha il suo punto di partenza nelle origini Troiane(Par VI 2-3 35-36) ripercorre poi alcuni dei principali fatti e pro-tagonisti della Roma arcaica repubblicana e imperiale fino a Tito eda ligrave ldquosaltardquo e si conclude con Carlo Magno (Par VI 94-96) per es-sere seguita cosigrave come era stata introdotta (Par VI 31-33) dalla net-ta condanna di coloro che ora ai tempi di Dante si oppongono aquella stessa Aquila (i laquogigli gialliraquo di Francia del v 100) ma anchedi coloro che se ne appropriano (la parola laquoappropriaraquo ricorre sia alv 33 che al v 101) ovvero i Ghibellini che riducono lrsquoinsegna del-lrsquoimpero universale a quella di una ldquoparterdquo (Par VI 33 101-104)

Ho richiamato alla memoria questi ben noti versi per osservarein via preliminare che per noi parlare dellrsquoimpero romano in Dan-te significa rintracciare nella sua opera la presenza di una realtagrave po-litica che allrsquoepoca in cui il poeta visse era giagrave da tempo conclusa Perla concezione dellrsquoautore invece lrsquoimpero romano non era un fattodel passato che poteva al massimo fornire un modello per il presen-te ma una realtagrave storica viva che aveva avuto inizio in un lontano enobile passato1 Per questo lrsquoantica storia di Roma non egrave mai com-

1 I presupposti di tale concezione sono riconducibili allrsquointerpretazione dellrsquoin-

pletamente separabile in Dante dalla problematica del suo tempocirca il ruolo dellrsquoimpero in quel contesto politico e religioso

Questa osservazione implica unrsquoaltra precisazione affrontarequesta problematica estremamente complessa per la sofferta pro-fonditagrave del pensiero dantesco mai riconducibile a un sistema e perlrsquoimmensa bibliografia di esperti dantisti quale io non sono che sudi essa si sono cimentati laquomi fa tremar le vene e i polsiraquo Vorrei per-tanto delimitare lrsquooggetto di questo studio tentando di individuarenel Convivio e nella Monarchia (ma facendo anche eventuale riferi-mento ai passi delle Epistolae di ldquoargomento politicordquo che in parteripropongono alcune tematiche dei trattati) lrsquoatteggiamento e il giu-dizio di Dante rispetto alla storia dellrsquoantico impero romano e ad al-cune sue caratteristiche ben individuabili quali lo vedremo la vir-tugrave dei suoi ldquofondatorirdquo e il fatto di aver instaurato una pace ecume-nica garantita da un potere imperiale che trovava il suo fondamen-to e allo stesso tempo il suo limite nel diritto

1 Il Convivio

11 laquoE questo officio per eccellenza imperio egrave chiamatoraquo (Conv IV IV 7)

La prima opera in cui Dante si occupa specificatamente dellrsquoan-tico impero romano egrave il Convivio (composto probabilmente neglianni fra il 1304 e il 1307)2 nel IV trattato dedicato alla definizione

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coronazione di Carlo Magno a Roma nellrsquo800 come una translatio dellrsquoantico imperoromano a Graecis (cioegrave da Costantinopoli) ad Francos interpretazione che troviamoattestata esplicitamente per la prima volta circa 50 anni dopo questo evento nella Vi-ta Willehadi cfr W GOEZ Translatio Imperii Tuumlbingen JCB Mohr (Paul Siebeck)1958 p 73

2 Le canzoni risalgono perograve agli anni fiorentini successivi alla Vita Nova tran-ne Doglia mi reca coeva alla prosa che fu composta tra il 1304 e il 1307 (secondo Pe-trocchi G PETROCCHI Vita di Dante Roma-Bari Laterza 19862 pp 102-103) otra il 1303 e il 1308 (secondo la Corti 1303-1304 i primi tre trattati 1306-1308 ilquarto M CORTI La felicitagrave mentale Nuove prospettive per Cavalcanti e Dante To-rino Einaudi 1983 pp 142-44 ora in EAD Scritti su Cavalcanti e Dante La felici-tagrave mentale Percorsi dellrsquoinvenzione e altri saggi Torino Einaudi 2003 pp 163-64)

della laquogentilezzaraquo (ovvero della nobiltagrave)3 Nel III capitolo si contestaa Federico II di Svevia la definizione di laquogentilezzaraquo come laquoanticaricchezza e belli costumiraquo (Conv IV III 6) Il detto che qui egrave attri-buito allrsquoImperatore ma che si trovava giagrave nella Politica4 di Aristo-tele (come lo stesso Dante indicheragrave poi nella Monarchia)5 si era lar-gamente diffuso privo dellrsquoultima parte nobiltagrave cioegrave veniva a equi-valere solo ad antica ricchezza Dato che la contestazione di questadefinizione6 sembra mettere in dubbio lrsquoautoritagrave imperiale che lrsquoave-

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Colla datazione Petrocchi ma limitandola al 1306 concorda M SANTAGATA Dan-te Il romanzo della sua vita Milano Mondadori 2012 pp 175-77 che localizza ta-le composizione a Bologna La scrittura del Convivio fu probabilmente interrottaper lrsquoimpegno della redazione dellrsquoInferno e per il rinnovato imporsi dellrsquoattivitagrave po-litica a cui lo scrittore fu sollecitato dallrsquoannunciata elezione di Arrigo VII a impe-ratore (1308)

3 Giagrave al v 16 della Canzone posta in apertura al trattato Le dolci rime drsquoamor chrsquoirsquosolia Il testo del Convivio e della Monarchia qui e nei passi successivamente citati egravetratto dal sito della Societagrave Dantesca Italiana (httpwwwdanteonlineit) che utiliz-za il testo dellrsquoEdizione Nazionale a cura della Societagrave Dantesca Italiana DANTE ALI-GHIERI Convivio a cura di F BRAMBILLA AGENO Firenze Le Lettere 1995

4 Pol IV 1294a Per quanto riguarda le traduzioni di Aristotele utilizzate da Dan-te vd infra

5Mon II III 3-4 dove Dante per dimostrare che laquoromanus populus de iure nonusurpando Monarche offitium quod lsquoImperiumrsquo dicitur sibi super mortales omnesascivitraquo (Mon II III 1) si fonda su questo sillogismo laquonobilissimo populo convenitomnibus aliis preferri romanus populus fuit nobilissimus ergo convenit ei omnibusaliis preferriraquo (Mon II III 2) Qui a differenza del Convivio Dante accoglie la defini-zione aristotelica di nobiltagrave come laquovirtugrave e antica ricchezzaraquo anche se vi accosta quel-la di Giovenale laquoEst enim nobilitas virtus et divitie antique iuxta Phylosophum in Po-liticis et iuxta Iuvenalem nobilitas animi sola est atque unica virtus Que due sen-tentie ad duas nobilitates dantur propriam scilicet et maiorumraquo (Mon II III 4 cfrIuv Sat VIII 20 laquo[hellip] nobilitas sola est atque unica virtusraquo) Dimostra quindi attra-verso la storia di Enea e dei suoi antenati che i Romani ebbero in grado massimo lavirtugrave che nobilita non soltanto la propria ma anche quella degli avi laquoHiis itaque adevidentiam subassumpte prenotatis cui non satis persuasum est romani populi pa-trem et per consequens ipsum populum nobilissimum fuisse sub celo Aut quem inillo duplici concursu sanguinis a qualibet mundi parte in unum virum predestinatiodivina latebitraquo (Mon II III 17)

6 Per cui cfr anche Conv IV XX 7-8 dove Dante rimanda alla celebre canzone diGuido Guinizzelli Al cor gentil ripara sempre Amore e Vita Nova 11 3 Amore e rsquol corgentil sono una cosa

va proferita7 Dante sente la necessitagrave di ribadirne il valore Il IV ca-pitolo inizia quindi dimostrando la necessitagrave naturale dellrsquoimperocome istituzione politica (fino al par 7) per poi passare a dimostra-re la ragione della sua attuazione storica (IV IV 8-14 V) in quellrsquoim-pero romano di cui Federico II era stato indicato nel capitolo pre-cedente come lrsquoultimo imperadore (Conv IV III 6)8

laquoLo fondamento radicale de la imperiale maiestaderaquo egrave indivi-duato nel Convivio nella laquonecessitagrave de la umana civilitade che a unofine egrave ordinata cioegrave a vita feliceraquo9 In cosa consista questa laquovita fe-liceraquo Dante in questo passo non lo esplicita ma egrave evidente e vi ac-cenno soltanto che tale affermazione non puograve essere letta in modoavulso dalla tematica di origine aristotelica riguardante la felicitagravecome compimento del desiderio naturale di sapere insito nellrsquouomotematica che attraversa tutto il Convivio fin dal suo incipit10 e che

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7 E anche lrsquoautoritagrave di Aristotele questrsquoultima non per la sentenza in seacute nel Con-vivio attribuita esclusivamente a Federico II ma percheacute il filosofo aveva detto che ciograveche pare alla maggioranza egrave impossibile che sia del tutto falso Dante in realtagrave comespesso succede sembra qui seguire piugrave TOMMASO DrsquoAQUINO (Exp Eth VII lect XIII

12 laquoIllud enim in quod omnes vel plures consentiunt non potest esse omninofalsumraquo) che il testo di Aristotele oggetto del commento di Tommaso (Eth VII1153b)

8 laquoFederigo di Soave ultimo imperadore de li Romani ndash ultimo dico per rispettoal tempo presente non ostante che Ridolfo e Andolfo e Alberto poi eletti siano apres-so la sua morte e delli suoi discendentiraquo (Conv IV III 6) Federico II muore nel 1250neacute Rodolfo di Asburgo eletto re dei Romani nel 1273 neacute Adolfo di Nassau eletto nel1291 neacute Alberto I drsquoAsburgo eletto nel 1298 erano mai stati incoronati imperatorianche se a questrsquoultimo che non era perograve mai sceso in Italia il titolo era stato rico-nosciuto da Bonifacio VIII nellrsquoestate del 1303 Dante non parla qui di Enrico VII diLussemburgo eletto re di Germania e designato imperatore a Francoforte nel 1308consacrato ad Aquisgrana nel 1309 Il che costituirebbe un termine ante quem di com-posizione del Convivio

9 Cfr ARISTOTELE Eth I 1099b con il commento di Tommaso drsquoAquino (ExpEth I lect XIV 10 laquoPosuimus enim ibi quod optimum humanorum bonorum scilicetfelicitas sit finis politicae cuius finis manifeste est operatio secundum virtutemraquo) maDante potrebbe far anche riferimento a quel passo della Politica (I 1252b) doveAristotele afferma che la polis egrave sigrave nata in funzione del vivere ma laquoin realtagrave esiste perrendere possibile una vita felice (eu zen)raquo (la traduzione italiana della Politica diAristotele qui e per i passi seguenti egrave quella di R LAURENTI in ARISTOTELE OpereRoma-Bari Laterza 1973 vol IV)

10 Conv I I 1 laquoSigrave come dice lo Filosofo nel principio della Prima Filosofia tutti

nella Monarchia saragrave piugrave esplicitamente posta in connessione collafunzione dellrsquoImpero11 In questo capitolo comunque Dante osser-va soltanto che nessuno puograve giungere da solo a tale fine e perciograve laquodi-ce lo Filosofo ndash scil Aristotele ndash che lrsquouomo naturalmente egrave compa-gnevole animaleraquo (Conv IV IV 1) Egrave immediato riconoscere in que-ste parole la volgarizzazione della celeberrima definizione del-lrsquoἄνθρωος ϕύσει ολιτικὸν ζῷον che troviamo nella Politica (I1253a) di Aristotele che a partire dalla laquoetagrave di Tommaso drsquoAquino[hellip] veicolava lrsquoidea della naturalitagrave dello stato nel senso che la so-cietagrave umana organizzata egrave il prodotto di un ldquoistinto naturalerdquo con-

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li uomini naturalmente desiderano di sapere La ragione di che puote essere [ed] egrave checiascuna cosa da providenza di prima natura impinta egrave inclinabile alla sua propiaperfezione onde acciograve che la scienza egrave ultima perfezione della nostra anima nellaquale sta la nostra ultima felicitade tutti naturalmente al suo desiderio semo subiet-tiraquo Cfr ARISTOTELEMetaph I 980a Ma in questo IV trattato in cui come vedremola filosofia egrave per Dante innanzitutto etica puograve darsi che in effetti seguendo i passi diAristotele e di Tommaso a cui abbiamo rimandato nella nota precedente lrsquoAlighieriabbia in mente che quella felicitas che egrave il fine specifico della politica sia innanzitut-to il vivere secondo virtugrave vd infra nn 62 e 64

11 Specialmente Mon I III (e poi tutto il I libro) e III XV 7-16 sui quali vd infraSullrsquoargomento complesso e ampiamente discusso (specialmente e mi si perdoni lasemplificazione per quanto riguarda il triplice problema se in Dante il desiderio ldquona-turalerdquo di conoscere implichi o meno anche il desiderio di conoscere il ldquosoprannatu-ralerdquo e quindi se il compimento di tale desiderio che poi egrave la felicitagrave possa o non pos-sa essere raggiunto tramite la ragione umana e come ciograve possa attuarsi o meno nel-lrsquoambito della vita terrena) oltre agli ormai classici studi di Nardi (B NARDIDal ldquoCon-viviordquo alla ldquoCommediardquo (Sei saggi danteschi) con premessa alla ristampa di O CAPITA-NI Roma nella sede dellrsquoIstituto Palazzo Borromini Istituto storico italiano per il Me-dio Evo 1992 (ristampa anastatica dellrsquoedizione Roma 1960) ID Saggi di filosofia dan-tesca Milano La Nuova Italia 19672) Gilson (E GILSON Dante et la philosophie Pa-ris Librairie Philosophique J Vrin 1939 trad it Dante e la filosofia Milano Jaca Bo-ok 1987) e Corti (CORTI La felicitagrave mentale cit) segnalo per unrsquoequilibrata e utilemessa a punto il piugrave recente saggio di P PORRO Tra il ldquoConviviordquo e la ldquoCommediardquoDante e il laquoforte dubitareraquo intorno al desiderio naturale di conoscere le sostanze separa-te in 1308 Eine Topographie historischer Gleichzeitigkeit a cura di A Speer e D Wir-mer Berlin-New York W de Gruyter 2010 (laquoMiscellanea Mediaevaliaraquo 35) pp 629-60 e il volume di P FALZONE Desiderio della scienza e desiderio di Dio nel Convivio diDante Bologna il Mulino 2010 specialmente pp 101-248 che offre un ricco reper-torio di testi medievali editi e inediti a testimonianza dellrsquoambito intellettuale e del di-battito nel quale si collocano le problematiche dantesche

genito cioegrave allrsquoessere uominiraquo12 Dante puograve aver attinto questa defi-nizione o direttamente dalla Politica nella traduzione latina di Gu-glielmo di Moerbeke13 eo attraverso le citazioni presenti nei com-menti di Tommaso a varie opere aristoteliche14 o ancora in altri trat-tati politici di poco precedenti la stesura del Convivio come ilDe re-gimine principum (scritto per quanto riguarda il I libro e i primi ca-pitoli del II dallo stesso Tommaso tra il 1265 e i primi anni rsquo70 delDuecento proseguito poi fino al IV libro da Tolomeo di Lucca do-po lrsquoanno 1300)15 o il trattato omonimo di Egidio Romano16

Questa varietagrave di precedenti a cui si puograve riconnettere il passodantesco induce subito una precisazione per quanto riguarda il Con-vivio dobbiamo senzrsquoaltro parlare non tanto di laquofontiraquo quanto dilaquoautoriraquo e di laquotradizioniraquo in esso confluite17 Se infatti quasi ognipasso del trattato riecheggia pensieri o immagini giagrave presenti in ope-

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12 Cfr A GHISALBERTI Roma antica nel pensiero politico da Tommaso drsquoAquinoa Dante in Roma antica nel Medioevo Mito rappresentazioni sopravvivenze nella ldquoRe-spublica Christianardquo Milano Vita e Pensiero 2001 pp 347-64 p 348 Ma vd infran 22

13 Pol I 1253a laquoEx iis igitur manifestum quod eorum quae natura civitas est etquod homo natura civile animal estraquo Cfr anche ARISTOTELE Pol III 1278b Eth I1097b IX 1169b

14 Exp Eth I lect I 4 laquoSciendum est autem quod quia homo naturaliter est animalsociale utpote qui indiget ad suam vitam multis quae sibi ipse solus praeparare nonpotest consequens est quod homo naturaliter sit pars alicuius multitudinis per quampraestetur sibi auxilium ad bene vivendumraquo Exp Pol I lect I 26 laquoConcludit ergoprimo ex praemissis quod civitas est eorum quae sunt secundum naturam Et cumcivitas non sit nisi congregatio hominum sequitur quod homo sit animal naturalitercivileraquo

15 De regimine principum I I laquoNaturale autem est homini ut sit animal sociale etpoliticum in multitudine vivens magis etiam quam omnia alia animalia quod quidemnaturalis necessitas declaratraquo

16 Lrsquoaggettivo compagnevole ricorre nel volgarizzamento (conosciuto da Dantepercheacute citato al cap XXIV sempre del IV trattato del Convivio) del De regimineprincipum di Egidio Romano libro II part I cap I EGIDIO ROMANO Del reggimentodersquo principi trascritto nel MCCLXXXVIII pubblicato per cura di F CORAZZINIFirenze 1858 p 127 dove lrsquoautore laquoinsegna che lrsquouomo die naturalmente vivere incompagniaraquo rifacendosi esplicitamente ad Aristotele

17 Cfr C VASOLI Introduzione in DANTE ALIGHIERI Opere Minori vol II t Ia cura di C VASOLI e D DE ROBERTIS Milano-Napoli Ricciardi-Mondadori 1995 ppLXIV-LXXX

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18 Conv II XII 7 egrave il periodo che segue la morte di Beatrice avvenuta nel 1290e la composizione della Vita Nova (1292-1293) e in cui Dante si ldquoinnamorardquo delladonna gentile ovvero della filosofia Conv II XV 12

19 VASOLI Introduzione cit p LXVI20 G PASCOLI Lrsquoaquilone in Primi Poemetti vv 1-2

re del mondo classico e medievale talvolta come in questo casoesplicitamente indicate dallrsquoAlighieri per la maggioranza di questipassi risulta perograve difficile individuare citazioni testuali che permet-tano di risalire ad una fonte precisa Egrave evidente che durante il diffi-cile periodo dellrsquoesilio doveva essere stata possibile allrsquoAlighieri laconsultazione diretta di solo pochi volumi il suo sapere saragrave cosigrave ri-corso spesso alla memoria di libri letti ma probabilmente anche diquelle laquodisputazioni de li filosofantiraquo a cui assistette per laquopiccioltempo forse di trenta mesiraquo come ricorda proprio nel Convivio18Inoltre allrsquoepoca circolavano excerpta e raccolte di sententiae in-somma laquoquel materiale lsquodi seconda manorsquo prodotto proprio perlrsquoutilitagrave dei lsquomagistrirsquo e dei lsquodoctoresrsquo che sappiamo diffuso anche inambienti laici e che nondimeno proprio per la sua genericitagrave e so-miglianza rende difficile unrsquoindividuazione direttaraquo19 Senza conta-re ancora che nel Convivio ogni fonte filosofica teologica o scien-tifica veniva resa in volgare subendo con inevitabili trasformazionialmeno un passaggio (dal latino al volgare) se non due (dal greco allatino dal latino al volgare) o addirittura tre (dal greco allrsquoarabodallrsquoarabo al latino e infine al volgare) Tutto ciograve fa parte delle ca-ratteristiche della cultura del tempo ed egrave senzrsquoaltro da tener pre-sente Resta il fatto che queste caratteristiche non possono a mio av-viso essere considerate come mere circostanze materiali che da soleavrebbero determinato un certo modo di usare gli auctores da partedi Dante O meglio sono insieme causa ma anche conseguenza di unatteggiamento culturale a cui non interessa storicizzare ciograve che latradizione offre quanto piuttosto immedesimarsi positivamente conessa per elaborare un pensiero originale in cui si avverta laquoqualcosadi nuovo [hellip] anzi di anticoraquo20 Voglio dire che lrsquoantico egrave ricono-sciuto accettato e quindi riformulato nel presente per risponderealle esigenze del presente (il che puograve implicare anche lrsquouso di stru-menti nuovi come la lingua volgare) Ritorna ciograve che avevamo os-servato allrsquoinizio lrsquoimpero romano (antico per noi) egrave per Dante una

realtagrave attuale cosigrave come egrave attuale la veritagrave filosofica laquolrsquouomo natu-ralmente egrave compagnevole animaleraquo veritagrave che Dante esprime e usain un contesto che non egrave quello di Aristotele e nemmeno quello diTommaso o di Egidio Romano ma che serve ad affrontare comevedremo un problema particolarmente cruciale per lrsquoautore e cioegraveproprio la validitagrave dellrsquoimpero E cosigrave lrsquoantico diventa nuovo21

Ma torniamo al nostro passo del Convivio la tradizione aristo-telica comunque e dovunque recepita influisce evidentemente an-che nellrsquoindividuare lo sviluppo della comunitagrave umana attraverso ilformarsi prima della famiglia quindi della laquovicinanzaraquo (κώμη nellaPolitica e vicus nella traduzione latina) e poi della cittagrave laquoche convie-ne a satisfacimentoraquo laquoperograve che una vicinanza [a] seacute non puograve in tut-to satisfareraquo (Conv IV IV 2) Fin qui sentiamo riecheggiare piugrave pre-cisamente il secondo capitolo del primo libro della Politica di Ari-stotele (I 1252a-b)22 ma poi Dante afferma che percheacute le cittagrave viva-

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21 Cfr O CAPITANI Mondo della storia e senso della storia in Dante in Chiose mi-nime dantesche Bologna Patron 1983 pp 115-34 in particolare p 119 laquoproprioquella sconcertante ndash per noi ndash assenza di misura storica egrave il segreto della valutazio-ne dantesca di tutto il mondo dellrsquoumanitagrave che per noi egrave appunto storia ma per luiegrave ancora [hellip] solo umanitagraveraquo e le conclusioni a pp 133-34 laquoCerto cosigrave la storia uma-na non ha la sua autonomia certo cosigrave ogni approccio di tipo storicistico ndash e intendodi ogni storicismo ndash non puograve che far registrare un bilancio negativo o per lo meno in-soddisfacente Mi chiedo perograve per la perenne attualitagrave che Dante conserva per gli uo-mini se per noi oggi un approccio storicistico e cioegrave autogiustificativo dellrsquoaccadi-mento sia avendo gli occhi alle cose nostre presenti o anche passate liberatorio co-me dobbiamo immaginare fosse per Dante la condanna morale la ricostruzione ditutto il processo della storia umana nel travaglio dottrinale e nellrsquoelaborazione fanta-stica Egrave un invito alla meditazione di tutti egrave soprattutto un invito agli storici che nonlo siano ancora a mettersi in crisiraquo

22 Non mi pare quindi che per quanto riguarda questi capitoli del IV trattato delConvivio si possa negare la fedeltagrave di Dante al principio aristotelico e poi tomisticodella necessitagrave naturale degli uomini ad associarsi in formazioni politiche (e uso que-sta perifrasi per evitare la parola ldquostatordquo) Mentre il Nardi aveva voluto dimostrareche Dante distinguendosi da Tommaso e seguendo invece Agostino laquopur acco-gliendo il procedimento dimostrativo della politica aristotelicaraquo avrebbe inteso lrsquoor-ganizzazione politica come laquouna dolorosa necessitagrave risultante dallrsquointrinseca corru-zione attuale della natura umana un triste retaggio del peccatoraquo (Saggi di filosofiadantesca cit pp 227-28) Questa interpretazione si fondava perograve non tanto sul testodel Convivio quanto sui passi del Purgatorio e del Paradiso nei quali Dante tratta delpeccato originale e del Paradiso Terrestre (pp 225-26) Nel passo che stiamo analiz-

no in pace egrave necessario il regno (che nel passo della Politica fin quiseguito egrave invece solo uno dei regimi della όλις e anche il meno evo-luto) e che dato che lrsquoanimo umano mai sazio di potere desiderasempre acquistare gloria e da ciograve nascono laquodiscordie e guerre [hellip]intra regno e regnoraquo (Conv IV IV 3) si rende necessaria la laquoMonar-chia cioegrave uno solo principato e uno prenciperaquo che laquotutto posse-dendo e piugrave desiderare non possendo li regi tegna contenti nelli ter-mini delli regni sigrave che pace intra loro sia nella quale si posino le cit-tadi e in questa posa le vicinanze srsquoamino [e] in questo amore lecase prendano ogni loro bisogno lo qual preso lrsquouomo viva felice-mente che egrave quello per che esso egrave natoraquo (Conv IV IV 4) La neces-

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zando invece si parla solo di quel particolare lsquopeccatorsquo che consiste nel desiderio dilaquogloria drsquoacquistareraquo che si introduce solo successivamente al formarsi della societasumana e che suscita le guerre fra i regni questa laquoesperienzaraquo rende evidente la neces-sitagrave della Monarchia ovvero di quel comando di uno solo che di nuovo egrave la naturastessa a imporre laquoquando piugrave cose ad uno fine sono ordinateraquo vd infra nel testo e no-ta seguente Quanto qui affermato puograve sembrare contraddetto allrsquointerno dello stessoConvivio lagrave dove si sostiene che lrsquoautoritagrave filosofica ha bisogno di quella imperiale per-cheacute laquoquesta sanza quella egrave quasi debile non per seacute ma per la disordinanza della gen-teraquo (Mon IV VI 17) e lagrave dove si sostiene il ruolo dellrsquoimperatore come garante del di-ritto in quanto laquoequitade per due cagioni si puograve perdere o per non sapere quale essasi sia o per non volere quella seguitareraquo e pertanto laquotrovata fu la ragione scritta e permostrarla e per comandarlaraquo (Mon IV IX 8-9) Certo sia in questi passi sia ancor piugravein Mon III IV 14 se non lrsquoassociarsi umano sicuramente la funzione dellrsquoimperatore(ma a dire il vero nella Monarchia anche quella del Papa) sono viste come laquoremediacontra infirmitatem peccatiraquo di cui non ci sarebbe bisogno laquosi homo stetisset in statuinnocentie in quo a Deo factus estraquo e proprio alla fine del III libro della Monarchia siconclude che lrsquohumana cupiditas distoglierebbe dal retto cammino laquonisi homines tan-quam equi sua bestialitate vagantes ldquoin camo et frenordquo compescerentur in viaraquo (MonIII XVI 9) per cui credo si possa ragionevolmente affermare che per Dante laquolo stato na-sce tra gli uomini non soltanto percheacute crsquoegrave bisogno di una guida e di un freno alle lu-singhe del peccato neacute come unico esito della naturale socievolezza umana ma per en-trambe queste ragioni fuse insieme nella sua esistenzaraquo GC GARFAGNINI Monar-chia manifesto di libertagrave e responsabilitagrave civile in laquoStudi Danteschiraquo LXXV 2010 pp13-23 18-19 Cosigrave giagrave CT DAVIS Dante and the Empire in The Cambridge Companionto Dante a cura di R Jacoff Cambridge Cambridge University Press 1993 pp 67-79 p 70 Vede invece laquoun conflitto radicalmente inconciliabileraquo fra la posizione espres-sa nel IV trattato del Convivio (ma anche in Mon I III per cui vd infra) e quella negliultimi capitoli del III libro della Monarchia G SASSO Dante lrsquoimperatore e Aristote-le Roma nella Sede dellrsquoIstituto Palazzo Borromini 2002 pp 308-12

sitagrave di unrsquoistituzione siffatta egrave evidentemente e totalmente estraneaal pensiero di Aristotele che perograve Dante non esita a richiamare an-cora una volta laquoE a queste ragioni si possono reducere parole del Fi-losofo chrsquoelli nella Politica dice che quando piugrave cose ad uno finesono ordinate una di quelle conviene essere regolante o vero reg-gente e tutte lrsquoaltre rette e regolateraquo (Conv IV IV 5)23 Egrave ciograve che ef-fettivamente afferma Aristotele sempre nel I libro della Politica (I1254a) in un passo in cui occupandosi dellrsquoamministrazione fami-liare come prima componente della polis e giustificando in essa lrsquousodi quegli ldquooggetti animatirdquo che sono gli schiavi espone questo prin-cipio filosofico generale laquoin tutte le cose che risultano di una plu-ralitagrave di parti e formano unrsquounica entitagrave comune [hellip] si vede co-mandante e comandato questo viene nelle creature animate dallanatura nella sua totalitagraveraquo24 ma di nuovo considerando gli esempiche nel Convivio seguono questo assunto (sempre in Conv IV IV 5e poi Conv IV IV 6) Dante puograve aver avuto presente oltre che un al-tro passo della stessa Politica (III 1276b) anche la Metaphysica (XII1075a-1076a) e il relativo commento di Tommaso (Sententia libriMetaphisicae XII lect XII 8) e forse ancor piugrave il Proemio dellrsquoAqui-nate a questo stesso commento laquoSicut docet philosophus in politicissuis quando aliqua plura ordinantur ad unum oportet unum eorumesse regulans sive regens et alia regulata sive rectaraquo25

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23 laquoA causa di questo desiderio che rovesciando in seacute stesso la positivitagrave di quel-lo da cui il processo ascendente aveva preso il suo avvio produce ldquodiscordie e guer-rerdquo il cammino dellrsquouomo nella direzione della felicitagrave risulta interrotto e in realtagrave su-bisce una radicale inversione Verso il contrario della felicitagrave infatti la nave dellrsquouma-nitagrave correrebbe se la ragione stessa che opera nellrsquointerno delle cose non provve-desse alla drastica correzione della sua rottaraquo SASSO Dante lrsquoimperatore e Aristote-le cit pp 15-16

24 A questo stesso passo Dante rimanda anche in Mon I V 3 (vd infra) Il passoaristotelico si trova allrsquointerno dellrsquoargomentazione volta a sostenere che la differen-za fra schiavo e libero egrave posta dalla natura stessa nellrsquointeresse di entrambi (Pol I1253b-1255b) A questa stessa argomentazione attinge Cicerone nel III libro del De re-publica (De rep III 36) per sostenere la legittimitagrave dellrsquoimpero romano in quanto go-verno dei migliori esercitato per il bene stesso dei popoli sottomessi e anche lo stes-so Dante in Mon II VI su cui vd infra La menzione di questo passo della Politica po-trebbe quindi anche nel Convivio non risultare estranea alla successiva difesa del di-ritto degli antichi Romani allrsquoimpero vd infra

25 Tale argomentazione si richiama al principio universale della reductio ad unum

Sempre Tommaso nel I libro del De regimine principum usa que-ste stesse argomentazioni prima per affermare la necessitagrave naturale(laquonaturalis necessitasraquo) che lrsquoumana laquosocietasraquo abbia una qualcheforma di governo e poi per mostrare come il regno ne sia la formamigliore proprio percheacute laquoprovinciae vel civitates quae non regunturab uno dissensionibus laborant et absque pace fluctuantraquo mentre alcontrario se laquosub uno rege reguntur pace gaudentraquo26 E del restoe questo sarebbe forse il passo piugrave pertinente allrsquoargomentazionedantesca anche Aristotele nellrsquoEtica (VIII 1160a-b) aveva afferma-to che laquola forma migliore (di governo) egrave il regnoraquo con unrsquoaltra mo-tivazione che abbiamo visto presente nella giustificazione dantescadellrsquoimpero laquoRe infatti egrave una persona che egrave del tutto indipendentee sovrastante tutti per i suoi beni e un tal uomo non ha bisogno dinulla quindi egli baderagrave non alla sua utilitagrave personale ma ai suoisudditiraquo27

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ampiamente diffuso in tutti i trattati medievali cfr G DI GIANNATALE Dante tra Ari-stotele e S Tommaso Lrsquoargomento logico-metafisico dellrsquoldquoordinatio ad unumrdquo degli en-ti in laquoSapienzaraquo XXXIV 1981 pp 175-82

26 De regimine principum I I laquoIn omnibus autem quae ad finem aliquemordinantur in quibus contingit sic et aliter procedere opus est aliquo dirigente perquod directe debitum perveniatur ad finem [hellip] Naturale autem est homini ut sitanimal sociale et politicum in multitudine vivens magis etiam quam omnia aliaanimalia quod quidem naturalis necessitas declarat [hellip] Nam unus homo per sesufficienter vitam transigere non posset Est igitur homini naturale quod in societatemultorum vivat [hellip] Si ergo naturale est homini quod in societate multorum vivatnecesse est in hominibus esse per quod multitudo regatur [hellip] In universitate enimcorporum per primum corpus scilicet caeleste alia corpora ordine quodam divinaeprovidentiae reguntur omniaque corpora per creaturam rationalem In uno etiamhomine anima regit corpus atque inter animae partes irascibilis et concupiscibilisratione reguntur Itemque inter membra corporis unum est principale quod omniamovet ut cor aut caput Oportet igitur esse in omni multitudine aliquod regitivumraquoCfr anche cap III laquoNam provinciae vel civitates quae non reguntur ab unodissensionibus laborant et absque pace fluctuant ut videatur adimpleri quod dominusper prophetam conqueritur dicens ldquopastores multi demoliti sunt vineam meamrdquo Econtrario vero provinciae et civitates quae sub uno rege reguntur pace gaudentiustitia florent et affluentia rerum laetantur Unde dominus pro magno munere perprophetas populo suo promittit quod poneret sibi caput unum et quod princepsunus erit in medio eorumraquo

27 Trad it di A PLEBE in ARISTOTELE Opere cit vol III

Dante rielabora quindi e trasforma la tradizione aristotelica28 peraffermare nel Convivio la necessitagrave naturale non del re ma di

uno [hellip] che considerando le diverse condizioni del mondo ne li diver-si e necessarii offici ordinare abbia del tutto universale e inrepugnabile offi-cio di comandare E questo officio per eccellenza imperio egrave chiamato sanzanulla addizione perograve che esso egrave di tutti li altri comandamenti comandamen-to [hellip] Chi a questo officio egrave posto egrave chiamato Imperadore perograve che di tut-ti li comandatori elli egrave comandatore e quello che elli dice a tutti egrave legge e pertutti dee essere obedito e ogni altro comandamento da quello di costui pren-dere vigore e autoritade (Conv IV IV 7)

Di nuovo in queste parole sentiamo lrsquoeco di una tradizione anti-ca questa volta non perograve filosofica ma giuridica laquoQuod principiplacuit legis habet vigorem utpote cum lege regia quae de imperioeius lata est populus ei et in eum omne suum imperium et potesta-tem conferat Quodcumque igitur imperator per epistulam et sub-scriptionem statuit vel cognoscens decrevit vel de plano interlocutusest vel edicto praecepit legem esse constat Haec sunt quas volgoconstitutiones appellamusraquo29 si tratta di un passo del Digesto in cuiperograve a differenza di Dante egrave presente il riferimento a una lex regiaidentificabile probabilmente con la cosigrave detta lex de imperio Vespa-siani con la quale il popolo romano avrebbe conferito allrsquoimpera-tore oltre che lrsquoimperium anche il potere legislativo30 Non stupisce

FRANCESCA FONTANELLA50

28 Cfr SASSO Dante lrsquoimperatore e Aristotele cit in particolare su questo passodel Convivio pp 12-19

29 Dig 141 pr (Ulpianus 1 inst) e 1411 (Ulpianus 1 inst)30 Cfr anche Inst 126 laquoSed et quod principi placuit legis habet vigorem cum

lege regia quae de imperio eius lata est populus ei et in eum omne suum imperiumet potestatem concessit Quodcumque igitur imperator per epistulam constituit velcognoscens decrevit vel edicto praecepit legem esse constat hae sunt quaeconstitutiones appellanturraquo Ancora Giustiniano si richiama a questa lex regia nellaconstitutio Deo auctore con la quale incarica Triboniano della raccolta che confluiragravenei Digesta laquocum enim lege antiqua quae regia nuncupabatur omne ius omnisquepotestas populi romani in imperatoriam translata sunt potestatemraquo (Cod 11717)Per un interessante dibattito sulla lex de imperio Vespasiani e sulla sua recezione in etagraveantica e moderna si possono vedere i contributi raccolti in La lex de ImperioVespasiani e la Roma dei Flavi Atti del Convegno 20-22 novembre 2008 a cura di LCapogrossi Colognesi e E Tassi Scandone Roma laquoLrsquoErmaraquo di Bretschneider 2009

che nel Convivio la citazione ometta tale riferimento dato che perDante come tenderagrave a dimostrare tutto il III libro della Monarchialrsquoautoritagrave imperiale con le prerogative ad essa connesse deriva di-rettamente da quella divina31 Osserveremo meglio in seguito qualesia lrsquoimmagine che di tale autoritagrave emerge dalle pagine del ConvivioOra per poter continuare a seguire il filo dellrsquoargomentazione dan-tesca ci interessa soltanto sottolineare che quel governo di uno so-lo indicato secondo unrsquoargomentazione filosofica come il migliorepercheacute piugrave conforme alla natura egrave collocato dallrsquoAlighieri nella sto-ria e identificato in una istituzione precisa quella appunto dellrsquoim-pero romano

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 51

e piugrave in generale sui poteri imperiali gli studi in occasione del Collegio di DirittoRomano 2012 (CEDANT) di prossima pubblicazione ma di cui si puograve giagrave leggere ilresoconto in V FABRIZI Cronaca dei Lavori del Collegio di Diritto Romano 2012 laquoIlPrinceps romano autocrate o magistrato Fattori giuridici e fattori sociali del potereimperiale da Augusto a Commodoraquo in laquoAthenaeumraquo 101 2013 pp 388-94 Ma sulrapporto fra imperatore e lex ci soffermeremo infra

31 E questa egrave infatti la conclusione laquoSic ergo patet quod auctoritas temporalisMonarche sine ullo medio in ipsum de Fonte universalis auctoritatis descenditraquo (MonIII XV 15) Anche nel Corpus iuris civilis comunque si trova ampiamente affermatoil fondamento divino del potere imperiale tanto che anche in etagrave medievale tale fon-damento evidentemente indiscusso veniva sostenuto dai giuristi proprio col riferi-mento a passi della raccolta giustinianea cfr EH KANTOROWICZ I due corpi del reLrsquoidea di regalitagrave nella teologia politica medievale Introduzione di A BOUREAU Tori-no Einaudi 1989 (trad it di The Kingrsquos Two Bodies A Study in Mediaeval PoliticalTheology Princeton (NJ) Princeton University Press 1975) pp 100-103 Qui ri-cordo percheacute emblematico solo lrsquoincipit della constitutio Deo auctore laquoDeo auctorenostrum gubernantes imperium quod nobis a caelesti maiestate traditum estraquo (Cod1171 pr) anche se abbiamo visto che in un passo successivo proprio della medesimaconstitutio troviamo anche il riferimento alla lex regia Cod 11717 riportato alla notaprecedente In etagrave medievale ciograve che invece fu ampiamente discusso dal punto di vi-sta giuridico e teologico (e lo documenta anche e proprio la Monarchia) fu la neces-sitagrave o meno della mediazione del Papa a conferimento o per lo meno a conferma ditale fondamento

12 laquoOltre quello che per li uomini egrave predicato e aprovatoraquo (ConvIV V 20)

Ma a questo proposito come osserva Dante alcuni potrebberolaquogavillareraquo ammettiamo pure la necessitagrave naturale dellrsquoimpero (laquotut-to che al mondo officio drsquoimperio si richeggiaraquo) ma percheacute proprioquello romano laquoperograve che la romana potenza non per ragione [scilper diritto]32 neacute per decreto di convento universale fu acquistata maper forza che alla ragione pare essere contrariaraquo (Conv IV IV 8)Lrsquoargomento come ben sappiamo egrave antico basti pensare al III librodel De repubblica ciceroniano (III 24-28) lagrave dove Furio Filo (che vie-ne fatto portavoce delle obiezioni di Carneade) condanna lrsquoimperoromano proprio in nome della iustitia E si tratta di tematiche che al-lrsquoepoca di Dante ricorrevano in parte nella pubblicistica e nelle teo-rie politico-teologiche del tempo che presentavano lrsquoimpero sullascorta del De civitate Dei di Agostino come frutto di violenze e disopraffazioni33 Sicuramente non si puograve confondere il pensiero diAgostino con quello del cosigrave detto ldquoagostinismo politicordquo34 che aquello si rifaceva per sostenere le pretese temporali della Chiesa e lasupremazia papale su quella imperiale35 quel valore essenziale per la

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32 Numerosi i passi del Convivio oltre questo IV IV 8 in cui la parola laquoragioneraquoindica il ldquodirittordquo I X 3 IV IX 8 IV XII 9 IV XII 10 IV XIX 4 IV XXIV 2 IV XXIV 17

33 Si veda ad esempio GIOVANNI DA PARIGI De potestate regia et papali (1302-1303 sostenitore di Filippo il Bello contro Bonifacio VIII ma anche contro lrsquoimpero)cap XXI laquoSi igitur romani per violentiam dominium acceperunt numquid iuste etiamper violentiam abici potuit dominium eorum vel etiam contra eos perscribiraquo GIA-COMO DA VITERBO De regimine christiano (1301-1302 dalla parte di Bonifacio VIII)parte II cap X laquobeatus Augustinus ait IVdeg libro de Civitate Dei ldquoRegna sine iustitianon sunt nisi magna latrociniardquo Sed vera iustitia non est ubi Christus non est rectorut idem Augustinus ait IIdeg libdeg de Civ Dei Quare videtur quod regnum vel impe-rium Romanorum fuerit latrocinumraquo

34 Oltre a Giacomo da Viterbo citato supra ricordiamo almeno Egidio Romanosostenitore della posizione teocratica di Bonifacio VIII (nel De ecclesiastica potestate)e generale dellrsquoOrdine degli Eremitani di SantrsquoAgostino La definizione di ldquoagostini-smo politicordquo si afferma nella prima metagrave del rsquo900 grazie al volume di H-X AR-QUILLIEgraveRE LrsquoAugustinisme politique Essai sur la formation des theacuteories politiques duMoyen Acircge (1934) IIe eacuted revue et augmenteacutee Paris Vrin 1955

35 Cfr giagrave GILSON Dante e la filosofia cit pp 186-89 con la n 49 e piugrave recen-temente J MIETHKE Papalismus und Augustinismus in der politischen Theorie der

realizzazione della felicitagrave umana che Dante attribuisce allrsquoimperoAgostino infatti non lo riconosce a nessuna terrena civitas senzrsquoaltronon alla Roma pagana ma nemmeno allrsquoimpero diventato cristianoe neanche alla Chiesa come istituzione terrena36 Ma egrave altrettanto si-curo che in Agostino e in particolare nel De civitate Dei si trovanonumerosi passi in cui lrsquoautore denuncia lrsquoingiustizia che avrebbe ca-ratterizzato non solo lrsquoespansione romana37 ma la stessa esistenzadella res publica38 e sempre nel De civitate (XIX 21) si respinge la di-fesa ciceroniana della iustitia dellrsquoimpero romano basata sul giagrave ri-cordato presupposto di origine aristotelica39 che per natura il po-tere debba essere esercitato dai migliori in questo caso i Romani atutela degli interessi dei piugrave deboli40 Ora proprio questa argomen-

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spaumltmittelalterlichen Augustiner-Eremiten Ein Uumlberblick in Augustinus - Ethik undPolitik Zwei Wuumlrzburger Augustinus-Studientage laquoAspekte der Ethik bei Augustinusraquo(11 Juni 2005) laquoAugustinus und die Politikraquo (24 Juni 2006) a cura di C Mayer conla collaborazione di A Eisgrub e G Foumlrster Wuumlrzburg Augustinus-Verlag bei Echter2009 pp 243-72

36 Cfr eg De civitate I 35 XIV 1 XVIII 5437 Si veda ad es AUG De civitate I 30 III 10 14 IV 4 6 15 V 17 XIX 7 In Ago-

stino infatti lrsquoimpero non egrave il rimedio ai conflitti che nascono fra regno e regno per ilfatto che laquolrsquoanimo umano in terminata possessione di terra non si queti ma sempredesideri gloria drsquoacquistareraquo (vd supra Conv I IV 3) ma anzi egrave proprio lrsquoimpero a es-sere originato dalla stessa laquolibido dominandiraquo e laquocupiditas gloriaeraquo si vd ad es Decivitate I praef III 14 IV 6 V 12 19

38 In De civitate XIX 21 Agostino dimostra infatti che laquonumquam fuit Romanares publica quia numquam fuit res populiraquo (che egrave la definizione di res publica che Ci-cerone dagrave per bocca di Scipione Emiliano) percheacute il popolo sempre secondo la ce-lebre definizione ciceroniana egrave laquocoetus multitudinis iuris consensu et utilitatis com-munione sociatusraquo ma non vi puograve essere laquoiuris consensusraquo lagrave dove non vi egrave laquoiustitiaraquoe non vi egrave laquoiustitiaraquo (che egrave la laquovirtus [hellip] quae sua cuique distribuitraquo) quando si to-glie lrsquouomo al vero Dio e lo si consegna ai demoni

39 Vd supra n 2440 Sempre in questo passo del De civitate non si manca comunque di ricordare

un laquonobile argomento tratto in un certo modo dalla naturaraquo dai sostenitori della giu-stizia dellrsquoimpero romano laquoDio comanda allrsquouomo lo spirito comanda al corpo la ra-gione alla passioneraquo Agostino sembra cosigrave quasi riconoscere che laquoper alcuni la ser-vitugrave egrave utileraquo ma spostando subito il piano dai rapporti fra gli uomini a quelli fra lrsquouo-mo e Dio (laquoservire poi a Dio egrave utile per tuttiraquo) ribadisce in conclusione che nella Re-pubblica romana non vi fu mai vera giustizia percheacute gli uomini che ne facevano par-te non servivano Dio Inoltre nei precedenti capitoli 15-16 sempre del XIX libro delDe civitate aveva parlato della schiavitugrave e del dominio dellrsquouomo sullrsquouomo come

tazione della superiore attitudine romana al comando che Agostinoaveva voluto confutare egrave presente invece nel Convivio LrsquoAlighieriafferma infatti che ogni potere viene da Dio (Conv IV IV 9)41 e chequindi Dio scelse proprio il popolo romano laquoperograve che piugrave dolce na-tura [in] segnoreggiando e piugrave forte in sostenendo e piugrave sottile inacquistando neacute fu neacute fia che quella della gente latinaraquo (Conv IV IV10)42 E dato che allrsquoimpero

non sanza grandissima vertude venire si potesse e a quello usare gran-dissima e umanissima benignitade si richiedesse questo era quello popoloche a ciograve piugrave era disposto Onde non da forza fu principalmente preso per laromana gente ma da divina provedenza che egrave sopra ogni ragione [hellip] e co-sigrave non forza ma ragione e ancora divina [conviene] essere stata principio delromano imperio (Conv IV IV 11-12)

Vedremo in seguito cosa significhi per Dante che la laquodivina pro-vedenza [hellip] egrave sopra ogni ragioneraquo questo concetto qui appena ac-cennato egrave infatti ripreso e illustrato nella Monarchia43 Nel Convivio

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perturbamento introdotto dal peccato nellrsquoordine naturale voluto da Dio41 Cosigrave come troviamo piugrave volte ripetuto anche nel De civitate dove perograve al con-

tempo si afferma ripetutamente che il disegno divino egrave imperscrutabile e che laquoDio da-tore e autore della felicitagrave [hellip] dagrave i domini terreni ai buoni come ai cattiviraquo De civi-tate IV 33 laquoDeus igitur ille felicitatis auctor et dator quia solus est verus Deus ipsedat regna terrena et bonis et malis neque hoc temere et quasi fortuito quia Deus estnon fortuna sed pro rerum ordine ac temporum occulto nobis notissimo sibi cui ta-men ordini temporum non subditus servit sed eum ipse tamquam dominus regit mo-deratorque disponit felicitatem vero non dat nisi bonis Hanc enim possunt et nonhabere et habere servientes possunt et non habere et habere regnantes quae tamenplena in ea vita erit ubi nemo iam servietraquo Cfr anche ivi V praef e 21 laquoIlle igitur unusverus Deus qui nec iudicio nec adiutorio deserit genus humanum quando voluit etquantum voluit Romanis regnum dedit qui dedit Assyriis vel etiam Persis [hellip] Sicetiam hominibus qui Mario ipse Gaio Caesari qui Augusto ipse et Neroni qui Ve-spasianis vel patri vel filio suavissimis imperatoribus ipse et Domitiano crudelissi-mo et ne per singulos ire necesse sit qui Constantino christiano ipse apostatae Iu-liano [hellip] Haec plane Deus unus et verus regit et gubernat ut placet et si occultiscausis numquid iniustisraquo

42 Cosigrave ancor piugrave esplicitamente in Mon II VI 9-11 su cui vd infra43 Nel Convivio si accenna soltanto al rapporto fra ldquodirittordquo e ldquovolontagrave divinardquo

in modo invece piugrave ampio se ne argomenta la coincidenza in Mon II II su cui vdinfra

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44 Tresor I XXXIV dove perograve per datare la venuta di Enea nel Lazio si menziona nonla nascita ma piugrave genericamente il regno di Davide JA SCOTT La contemporaneitagraveEnea-Davide (laquoConvivioraquo IVv6) in laquoStudi Danteschiraquo XLIX 1972 pp 129-34

45 Conv IV V 6 laquoE tutto questo fu in uno temporale che David nacque e nacqueRoma cioegrave che Enea venne di Troia in Italia che fu origine della cittade romana sigravecome testimoniano le scritture Per che assai egrave manifesto la divina elezione del roma-no imperio per lo nascimento della santa cittade che fu contemporaneo alla radicedella progenie di Mariaraquo

46 Su questa immagine antropomorfa dello sviluppo dellrsquoimpero puograve con ogniprobabilitagrave avere influito il primo capitolo dellrsquoEpitome di Floro Epit I 4-7 Ma Flo-ro afferma anche che nei duecento anni che seguirono ad Augusto lrsquoimpero laquoconse-nuit atque decoxit nisi quod sub Traiano principe movit lacertos et praeter spem om-nium senectus imperii quasi reddita iuventute revirescitraquo (I 8) Per Dante invecelrsquoapice dellrsquoimpero romano egrave evidentemente raggiunto solo sotto Augusto come pre-ciseremo meglio anche in seguito a proposito di Mon I XVI 1-2

il discorso invece procede con la considerazione che la forza fu quin-di soltanto lo strumento (Conv IV IV 12) di un disegno divino chesi mostrograve sia nello laquospezial nascimentoraquo sia nello laquospezial processoraquodella storia di Roma (Conv IV IV 13) cosigrave come si passa a illustrarenel V capitolo ma prima di trattare delle origini di Roma Dante sot-tolinea il fatto che Dio scelse quel popolo per ridurre tutta la terrain pace e giustizia e creare lrsquolaquoottima disposizioneraquo la laquomonarchiaraquo(Conv IV V 4) per lrsquoincarnazione di Cristo La pace universale in-staurata da Augusto mai piugrave neacute raggiunta neacute raggiungibile fu il frut-to di una divina laquopreparazioneraquo (Conv IV V 9) in cui Dante collocala sincronia giagrave indicata nel Tresor di Brunetto Latini44 fra la nasci-ta di Davide (laquola radice de la progenie di Mariaraquo da cui nacque Cri-sto) e quella di Roma quando laquoEnea venne di Troia in Italiaraquo (ConvIV V 6)45 A questo punto si dimostra che non solo la nascita ma an-che lo svolgersi della sua storia laquospeziale processo ebbe da Dioraquo co-me conferma il rapido scorcio delle vicende di Roma presentato co-me una crescita umana dallrsquoinfanzia lrsquoetagrave dei re sino alla maturitagravelrsquoetagrave di Augusto (Conv IV V 10-11)46 Soffermandosi poi sulla laquomag-giore adoloscenza suaraquo cioegrave sulla storia di Roma che va laquodal primoconsolo infino a Cesare primo prencipe sommoraquo (Conv IV V 12)con lrsquouso anaforico della interrogativa laquoChi diragrave di [hellip]raquo Dante in-troduce una serie di eroi esemplari laquone li quali non amore umano madivino era inspirato in amare lei (scil Roma)raquo e ricorda lrsquoincorrut-tibilitagrave di Fabrizio e di Curio la fermezza di Muzio Scevola di Man-

lio Torquato e di Giunio Bruto il sacrificio dei Deci dei Drusi e diAttilio Regolo la modestia di Cincinnato e di Furio Camillo47 perpoi finire con unrsquoultima interrogativa rivolta in un crescendo di pre-terizione allo stesso Catone Uticense laquoO sacratissimo petto di Cato-ne chi presummeragrave di te parlare Certo maggiormente di te parlarenon si puograve che tacereraquo (Conv IV V 16) Gli esempi forniti da Dantesi ritrovano in diversi autori antichi da lui sicuramente conosciuti ecioegrave in Cicerone Virgilio e Livio (ai quali rimanda infatti esplicita-mente nella Monarchia dove si trovano menzionati pur se in un con-testo in parte diverso quasi tutti gli eroi del Convivio)48 cosigrave come inalcuni autori della tradizione tardo antica e medievale anche se aconferma di quanto prima osservato non si puograve indicare unrsquounicafonte in cui ricorrano tutti gli stessi esempi e nella stessa sequenza49Dobbiamo comunque sottolineare lrsquoevidente richiamo a tutto il ca-talogo degli eroi del VI libro dellrsquoEneide anche percheacute lrsquoandamento

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47 Conv IV V 13-15 laquoE chi diragrave che fosse sanza divina inspirazione Fabrizio in-finita quasi moltitudine drsquooro rifiutare per non volere abandonare sua patria Curiodalli Sanniti tentato di corrompere grandissima quantitagrave drsquooro per caritagrave della patriarifiutare dicendo che li romani cittadini non lrsquooro ma li posseditori dellrsquooro posse-dere voleano e Muzio la sua mano propia incendere percheacute fallato avea lo colpo cheper liberare Roma pensato avea Chi diragrave di Torquato giudicatore del suo figliuoloa morte per amore del publico bene sanza divino aiutorio ciograve avere sofferto e Bru-to predetto similemente Chi diragrave delli Decii e delli Drusi che puosero la loro vita perla patria Chi diragrave del cattivato Regolo da Cartagine mandato a Roma per commu-tare li presi Cartaginesi a seacute e alli altri presi Romani avere contra seacute per amore di Ro-ma dopo la legazione ritratta consigliato solo da [umana e non da] divina naturamosso Chi diragrave di Quinzio Cincinnato fatto dittatore e tolto dallo aratro dopo lotempo dellrsquoofficio spontaneamente quello rifiutando allo arare essere ritornato Chidiragrave di Cammillo bandeggiato e cacciato in essilio essere venuto a liberare Romacontra li suoi nimici e dopo la sua liberazione spontaneamente essere ritornato in es-silio per non offendere la senatoria autoritade sanza divina instigazioneraquo I perso-naggi della storia di Roma a cui si riferisce Dante sono Luscino Fabrizio Manio Cu-rio Dentato Caio Muzio ScevolaTito Manlio Torquato Lucio Giunio Bruto MarcoAttilio Regolo Lucio Quinzio Cincinnato e Furio Camillo

48Mon II V (su cui vd infra) 49 Per un puntuale confronto con luoghi paralleli di autori antichi tardo-antichi

e medievali cfr TH SILVERSTEIN On the Genesis of De Monarchia II v in laquoSpecu-lumraquo 13 1938 pp 326-49 (dove a dispetto del titolo si tratta anche di Conv IV V)e per gli antichi e i tardo-antichi anche D THOMPSON Dantersquos Virtuous Romans inlaquoDante Studiesraquo with the Annual Report of the Dante Society 96 1978 pp 145-62

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50 De civitate V 18 laquoet nobis proposita necessariae commonitionis exempla utsi virtutes quarum istae utcumque sunt similes quas isti pro civitatis terrenae gloriatenuerunt pro Dei gloriosissima civitate non tenuerimus pudore pungamurraquo Oltreagli studi citati alla nota precedente cfr in particolare C FILOSA La laquovirtugraveraquo dei Ro-mani nel giudizio di S Agostino e di Dante in Dante e Roma Atti del convegno diStudi Roma 8-9-10 aprile 1965 Firenze Le Monnier 1965 pp 195-210 e C VASO-LI Agostino nel Convivio e nellaMonarchia in Moderni e Antichi Quaderni del Cen-tro di Studi sul Classicismo diretti da R Cardini voll II-III (2004-2005) Firenze Edi-zioni Polistampa 2006 pp 263-84

51 Vd supra n 47 52 In Agostino si menzionano anche Manio Curzio Marco Orazio Pulvillo e Lu-

cio Valerio che mancano invece in Dante In De civitate V 18 manca invece la menzionedi Manio Curio Dentato dei Drusi e di Catone

della prosa dantesca con lrsquouso del pronome interrogativo in anafo-ra sembra costituire unrsquoesplicita ripresa dei versi 841-46

quis te magne Cato tacitum aut te Cosse relinquatquis Gracchi genus aut geminos duo fulmina belliScipiadas cladem Libyae parvoque potentemFabricium vel te sulco Serrane serentemquo fessum rapitis Fabii

Di particolare interesse inoltre risulta ancora una volta il con-fronto con il De civitate Dei con il diciottesimo capitolo del V librodove Agostino esorta i cristiani a non vantarsi se hanno compiutoazioni virtuose per amore della patria eterna dato che i Romani lehanno compiute per amore della patria terrena e della gloria uma-na50 E fra gli esempi citati quelli che coincidono con il Convivio51 so-no nellrsquoordine che troviamo nel De civitate Giunio Bruto ManlioTorquato Furio Camillo Mucio Scevola i Deci Attilio Regolo Cin-cinnato e Fabrizio52 Alla fine di questo capitolo del De civitate Deisi puograve in effetti trovare un apprezzamento della virtugrave romana simi-le a quello espresso da Dante laquoCosigrave ndash dice Agostino ndash quellrsquoimperocosigrave esteso e cosigrave duraturo reso illustre e glorioso dal valore di per-sonaggi tanto grandi costituigrave per essi la ricompensa a cui miravanoi loro sforziraquo (De civitate V 18) Ma nei capitoli immediatamente pre-cedenti Agostino era stato chiaro la gloria umana egrave un valore nel-lrsquoambito della cittagrave degli uomini e con essa la giustizia divina ha ri-compensato le virtugrave positive del popolo romano come lrsquoamor di pa-

FRANCESCA FONTANELLA58

53De civitate V 15 laquoQuibus ergo non erat daturus Deus vitam aeternam cum san-ctis Angelis suis in sua civitate caelesti ad cuius societatem pietas vera perducit quaenon exhibet servitutem religionis [hellip] si neque hanc eis terrenam gloriam excellen-tissimi imperii concederet non redderetur merces bonis artibus eorum id est virtu-tibus quibus ad tantam gloriam pervenire nitebantur De talibus enim qui propterhoc boni aliquid facere videntur ut glorificentur ab hominibus etiam Dominus aitAmen dico vobis perceperunt mercedem suamraquo

54 De civitate V 13 laquoQuam ob rem cum diu fuissent regna Orientis illustria vo-luit Deus et occidentale fieri quod tempore esset posterius sed imperii latitudine etmagnitudine illustrius idque talibus potissimum concessit hominibus ad domandagravia mala multarum gentium qui causa honoris laudis et gloriae consuluerunt pa-triae in qua ipsam gloriam requirebant salutemque eius saluti suae praeponere nondubitaverunt pro isto uno vitio id est amore laudis pecuniae cupiditatem et multaalia vitia comprimentes Nam sanius videt qui et amorem laudis vitium esse cognos-citraquo

55 Cosigrave ad esempio di fronte alla laquoinfelicitasraquo di Giunio Bruto laquoquia filios occi-ditraquo per la patria laquotemporale e terrenaraquo i cristiani dovrebbero pensare che la patriaeterna e celeste non obbliga nessuno a tale sacrificio e dovrebbero quindi non van-tarsi di essere solo chiamati a laquodonare ai poveri le sostanze che sembrava di raccoglieree serbare per i figliraquo e a considerare loro laquofigli i poveri di Cristoraquo o non gloriarsi delmartirio in cui trovano una morte che perograve non si infliggono da soli come invece fe-cero Manio Curzio o i Deci De civitate V 18 passim Ma cfr anche Mon II V su cuivd infra

tria ma non ha nessun valore nella Cittagrave di Dio che egrave preclusa a chisulla terra ha giagrave avuto la sua ricompensa (De civitate V 15)53 anzi ildesiderio di gloria non egrave una virtugrave ma un vero e proprio vizio (De ci-vitate V 13)54 ndash mentre Dante lo abbiamo ricordato allrsquoinizio porragravenel Paradiso laquoi buoni spirti che sono stati attivi percheacute onore e fa-ma li succedaraquo (Par VI 113-14) A marcare ancor piugrave la differenza frai due autori ricordiamo che sempre nel ldquocatalogordquo di De civitate V18 Agostino a fianco di ogni gesto virtuoso pagano ne costruisceuno cristiano che al precedente si oppone o lo corregge o per lomeno lo completa55 e che nei precedenti libri del De civitate Ago-stino aveva condannato senza esitazione il suicidio di Catone (De ci-vitate I 23) e aveva giudicato negativamente episodi come quello del-la guerra con Alba (secondo lui suscitata solo dalla libido dominan-di dei Romani De civitate III 14) o quello delle oche del Campido-glio (a dire il vero questo piugrave ridicolizzato ma proprio per dimo-strare che Roma non si sarebbe salvata se laquomentre gli degravei dormiva-no non fossero rimaste sveglie le ocheraquo De civitate II 22 cfr anche

III 8) episodi che Dante allrsquoopposto cita nel Convivio dopo glildquoesempi virtuosirdquo come vicende della storia di Roma in cui la prov-videnza divina sarebbe intervenuta direttamente a favore dei Ro-mani (Conv IV V 18)56

Si puograve spiegare questa differenza di valutazione su episodi e per-sonaggi dellrsquoantica storia di Roma col fatto che a Dante interessasostenere lrsquoimpero del suo tempo e di conseguenza esaltare quellastoria che egrave percepita senza soluzioni di continuitagrave con questo im-pero Sigrave ma non solo se cosigrave fosse infatti come si spiegherebbelrsquoesaltazione di Catone Uticense A prescindere dal problema mo-rale posto dal suo suicidio il motivo di questo estremo gesto cioegravelrsquoopposizione a Cesare laquoprimo prencipe sommoraquo dellrsquoimpero avreb-be dovuto trattenere il filo-imperiale Dante dallrsquoapprezzarne la fi-gura e dal farne alcuni anni piugrave tardi il guardiano del Purgatorio incontinuitagrave anche lessicale con lrsquoimmagine delineatane nel Convivio(laquoo sacratissimo petto di Catoneraquo in Conv IV V 16 laquoo santo pettoraquoin Purg I 80)57 E come si spiegherebbe il fatto che le stesse osser-vazioni e quasi tutti gli stessi esempi che abbiamo visto usati da Dan-te per illustrare quelle virtugrave che ai Romani meritarono lrsquoimpero si ri-trovano in unrsquoopera il De regimine principum di Tommaso-Tolomeoda Lucca le cui conclusioni sostengono la supremazia papale piut-tosto che quella imperiale Nel IV capitolo del III libro nella partequindi composta da Tolomeo si richiama infatti esplicitamente for-zandone perograve senzrsquoaltro il senso il capitolo 18 del V libro del De ci-

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 59

56 Gli altri esempi sono quello di Scipione che decidendo di portare la guerra inAfrica riuscigrave cosigrave a vincere la seconda guerra punica e quello di Cicerone che salvogravela Res Publica da Catilina Anche per queste vicende la tradizione confluita in Danterisaliragrave a Livio e allrsquoepitome di Floro ma anche ad Orosio e allo stesso Agostino Perlrsquoepisodio delle oche cfr Mon II IV 5-10 (dove si vuole dimostrare i miracoli avvenu-ti nella storia di Roma vd infra) per la guerra con Alba Longa e per Scipione inve-ce Mon II IX 15 e 18 (dove si menzionano le guerre a carattere di ldquoduellordquo vinte daiRomani per volere di Dio vd infra)

57 Anche se egrave evidente che Dante distingue nella storia di Roma due piani quel-lo etico in cui in continuitagrave colla tradizione classica risulta esemplare la virtus civilerepubblicana quello politico in cui esemplare egrave invece lrsquoimpero cfr R HOLLANDER

-A ROSSI Il repubblicanesimo di Dante in Studi americani su Dante a cura di GCAlessio e R Hollander Introduzione di D della Terza Milano Franco Angeli 1989p 297-323

vitate Dei e si giudica in modo provvidenziale come in Dante lastoria esemplare di Roma58

Per capire il motivo di questi giudizi positivi sulla storia e sullavirtugrave romana occorre allora guardare a quel passo compiuto dallacultura medievale nella rivalutazione della natura e quindi del-lrsquoesperienza umana anche precedente al cristianesimo che trova nel-lrsquoopera di Tommaso la sua piugrave famosa formulazione gratia non tollitnaturam sed perficit59 Non si trattava con questo come osservavaGilson di sostenere lrsquoidea di

una natura che sia autosufficiente senza la grazia per cui si ricadrebbe inpieno paganesimo ma neppure una natura senza di cui la grazia nulla avreb-be da salvare Ora quale migliore mezzo di conoscere la natura che rivol-gersi a quegli antichi i quali lrsquohanno cosigrave profondamente studiata e cosigrave bendescritta [hellip] Da questo deriva quella forma specialissima di umanesimoche venne praticata nel Medioevo umanesimo anzitutto morale che condus-se i pensatori cristiani a consultare gli antichi per istruirsi su cosa egrave lrsquouomo60

FRANCESCA FONTANELLA60

58 De regimine principum III 4 laquoDe isto autem amore patriae exemplumaccipimus ut historiae tradunt et beatus Augustinus in quinto de civitate Dei etc[hellip] De talibus autem concludit dictus doctor quod eisdem non datur dominandipotestas nisi summi Dei providentia quando res humanas iudicat talibus donis essedignas Multa similia ibidem dicit per quae definire videtur eorum dominium fuisselegitimum et eis a Deo collatumraquo Per la supremazia del potere spirituale su quellotemporale che dal primo viene istituito si veda invece ivi IV 10 Cfr SILVERSTEIN Onthe Genesis of De Monarchia II v cit passim (e p 189 dove si osserva che il passoin cui Tolomeo da Lucca richiamandosi ad Agostino fornisce il catalogo degli eroiromani laquoit is far closer in spirit to Dante than to St Augustineraquo) e GHISALBERTI Ro-ma antica nel pensiero politico da Tommaso drsquoAquino a Dante cit in particolare sulaquoRoma antica e il suo impero nel ldquoDe regimine principumrdquoraquo pp 349-55 Ma si vedaanche CT DAVIS Tolomeo da Lucca e la repubblica romana (1974) ora in LrsquoItalia diDante Bologna il Mulino 1988 p 231-69

59 TOMMASO Super sententiis II dist 9 q 1 art 8 laquoPraeterea quantumcumqueintellectus perficiatur lumine gratiae vel gloriae semper oportet quod intelligat sublumine naturali quia gratia non tollit naturam sed perficitraquo ivi IV dist 2 q 1 art 4qc 2 laquoSed contra gratia perficit naturamraquo Summa Theologiae I q 1 art 8 laquoCumenim gratia non tollat naturam sed perficiat oportet quod naturalis ratio subserviatfidei sicut et naturalis inclinatio voluntatis obsequitur caritati Unde et apostolusdicit II ad Cor X lsquoin captivitatem redigentes omnem intellectum in obsequiumChristirsquo Et inde est quod etiam auctoritatibus philosophorum sacra doctrina utiturubi per rationem naturalem veritatem cognoscere potueruntraquo

60 E GILSON Filosofia medievale e umanesimo Comunicazione fatta il 24 aprile

Difficile non ritrovare nellrsquoopera di Dante questo particolarelaquoumanesimoraquo61 disposto laquoper istruirsi su cosa egrave lrsquouomoraquo a guarda-re ad ogni esempio virtuoso del passato Cesare come Catone alaquoconsultareraquo i piugrave svariati auctores per elaborare infine un pensieroche non egrave di nessun altro se non dello stesso Alighieri

Questo apprezzamento della virtugrave morale degli antichi condivi-so ormai da gran parte del pensiero del suo tempo e nel Conviviofunzionale alla legittimazione dellrsquoimpero romano acquista una for-za particolare allrsquointerno delle argomentazioni svolte nel IV trattatoegrave qui infatti che piugrave specificatamente Dante sostiene la funzione e ilfine etico della filosofia62 e difende il valore dellrsquoetica salvaguardan-

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1935 al Congresso Guillaume Budeacute a Nizza in Appendice a Eloisa e Abelardo Tori-no Einaudi 1950 p 207

61 Uso il termine ldquoumanesimordquo ben consapevole della laquoastrale distanza fra il ti-pico umanesimo cristiano di Dante e lrsquoUmanesimo storicamente determinabileraquo EPARATORE Lrsquoereditagrave classica in Dante in Dante e Roma cit pp 3-50 p 47

62 Conv IV VI 7-16 XVII 1-8 Sulle caratteristiche del IV trattato che lo differen-ziano dal laquoldquobloccordquo costituito dal II e IIIraquo cfr VASOLI Introduzione cit p XXXVIIIIn effetti anche in Conv II XIV 13 e 18 si sostiene che laquocessando la Morale Filosofialrsquoaltre scienze sarebbero celate alcuno tempo e non sarebbe generazione neacute vita di fe-licitade e indarno sarebbero scritte e per antico trovateraquo e in III XV 11-12 laquola mora-litade egrave bellezza della filosofiaraquo e laquoquinci nasce quella felicitade la quale diffinisceAristotile nel primo dellrsquoEtica dicendo che egrave operazione secondo vertugrave in vita per-fettaraquo a differenza perograve di quanto ritiene Gilson (Dante e la filosofia cit pp 99-149)la filosofia nel Convivio non rimane confinata esclusivamente nella sfera dellrsquoeticanumerosi infatti i passi specialmente nel II e nel III trattato nei quali viene identifi-cata con lrsquoamore alla sapienza in senso piugrave ampio e spesso in nesso profondo con laSapienza divina II XV 12 III VI 9-10 XI 14 (laquocosigrave fine della Filosofia egrave quella eccel-lentissima dile[tta]zione che non pate alcuna intermissione o vero difetto cioegrave verafelicitade che per contemplazione della veritade srsquoacquistaraquo) XII 12 (laquofilosofia egrave unoamoroso uso di sapienza lo quale massimamente egrave in Dio perograve che in lui egrave sommasapienza e sommo amore e sommo atto che non puograve essere altrove se non in quantoda esso procederaquo) 13-14 XIII 7 (laquodella pace di questa donna non fa lo studio sen[ti-re se n]on nellrsquoatto della speculazione E cosigrave si vede come questa egrave donna primiera-mente di Dio e secondariamente dellrsquoaltre intelligenze separate per continuo sguar-dare e appresso dellrsquoumana intelligenza per riguardare discontinuatoraquo) XIV 1-2 6(laquocheacute la sapienza nella quale questo amore fegravere etterna egrave Onde egrave scritto di lei ldquoDalprincipio [e] dinanzi dalli secoli creata sono e nel secolo che dee venire non verrograve me-nordquo e nelli Proverbi di Salomone essa Sapienza dice ldquoEtternalmente ordinata sonordquoe nel principio di Giovanni nellrsquoEvangelio si puograve la sua etternitade apertamente no-tareraquo) 7 XV 2-3

dole uno spazio autonomo non solo rispetto al potere politico63 main parte anche rispetto ad ogni altro fine trascendente in quantosono le virtugrave laquoche fanno lrsquouomo beato o vero felice nella loro ope-razioneraquo (Conv IV XVII 8)64 Indicare come campioni di virtugrave gli eroipagani risulta allora profondamente coerente con questo valore ldquolai-cordquo riconosciuto allrsquoetica e collrsquoaver posto un filosofo pagano Ari-stotele come suprema auctoritas in questo ambito65 Certo occorreprecisare che nella visione profondamente religiosa di Dante non vi

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63 Conv IV IX su cui vd infra64 Conv IV XVII 8 laquoE queste sono quelle che fanno lrsquouomo beato o vero felice nel-

la loro operazione sigrave come dice lo Filosofo nel primo dellrsquoEtica quando diffinisce laFelicitade dicendo che ldquoFelicitade egrave operazione secondo virtude in vita perfettardquoraquo Masi vedano tutti i sectsect 1-12 Anche se nel sect 9 si afferma laquoVeramente egrave da sapere che noipotemo avere in questa vita due felicitadi secondo due diversi cammini buono e ot-timo che a ciograve ne menano lrsquouno egrave la vita attiva e lrsquoaltro la contemplativa la quale ave-gna che per lrsquoattiva si pervegna come detto egrave a buona felicitade ne mena ad ottimafelicitade e beatitudine secondo che pruova lo Filosofo nel decimo dellrsquoEticaraquo si pre-ferisce in conclusione (al sect 12) il ldquocammino eticordquo a quello ldquointellettualerdquo laquoOndeperciograve che le virtugrave morali paiano essere e siano piugrave comuni e piugrave sapute e piugrave richie-ste che lrsquoaltre e imitate nello aspetto di fuori utile e convenevole fue piugrave per quellocammino procedere che per lrsquoaltroraquo Ma cfr anche Conv III XV 11-12 (cit supra allan 62) Questi passi del Convivio (insieme a Conv III XV 7-10 IV XII 11-12 XIII 6-9)sembrano affermare lrsquoesistenza di un desiderio naturale che non ha bisogno di cono-scere il sovrannaturale per essere compiuto a differenza di quanto si sostiene nellaCommedia (cfr specialmente Inf IV 31-42 Purg III 34-45 XXI 1-6 Par IV 124-32) maanche in altri passi del Convivio nei quali anche per quella intima connessione fra sa-pienza umana e divina che osservavamo supra alla n 62 il desiderio naturale sembraesigere per il suo compimento proprio il divino si veda Conv III VIII 5 XII 13 XIV 13-14 XV 2 IV XII 14-17 XXII 4-18 Sul problema rimando agli studi menzionati supraalla n 11 Si osservi solo che in Conv IV XXII 18 Dante sottolineando un ordine ge-rarchico che ha come suo vertice quella beatitudine irraggiungibile sulla terra percheacutesi compiragrave solo nella visione di Dio distingue comunque anticipando ciograve che sosterragravein Mon III xv (su cui vd infra) una felicitagrave terrena per la quale sono sufficienti lelaquooperazioni delle morali virtudi raquo e quelle laquodelle virtudi intellettualiraquo da una felicitagraveeterna laquoE cosigrave appare che nostra beatitudine [cio]egrave questa felicitade di cui si parlaprima trovare potemo quasi imperfetta nella vita attiva cioegrave nelle operazioni dellemorali virtudi e poi perfetta quasi nella [vita contemplativa cioegrave] nelle operazionidelle virtudi intellettuali Le quali due operazioni sono vie espedite e dirittissime amenare alla somma beatitudine la quale qui non si puote avere come appare pur perquello che detto egraveraquo

65 Conv IV VI 8 16

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 63

egrave nulla che non provenga da Dio tantomeno lrsquouomo pagano o cri-stiano che sia con il suo laquodesiderio naturaleraquo66 e le sue umane vir-tugrave67 come viene esplicitamente affermato proprio alla fine della ldquocar-rellatardquo dei Romani virtuosi presentata nel Convivio laquoCerto e mani-festo essere dee rimembrando la vita di costoro e delli altri divini cit-tadini non sanza alcuna luce della divina bontade aggiunta sovra laloro buona natura essere tante mirabili operazioni stateraquo (Conv IVv 17)68 Ma esaltare la virtus degli antichi eroi pagani significava co-munque riconoscere alla storia dellrsquoimpero romano un valore indi-pendente da quello della sua successiva regeneratio christiana (a dif-ferenza ad esempio di quanto aveva sostenuto il discepolo di Ago-stino Orosio69 una delle fonti storiche piugrave seguite dallrsquoAlighieri)70 In

66 Giagrave esplicitamente in Conv I I 1 su cui vd ora FALZONE Desiderio della scien-za e desiderio di Dio nel Convivio di Dante cit pp 1-11

67 Si veda ad esempio Conv IV XX passim dove si definisce la vera nobiltagrave dallaquale discendono tutte le altre virtugrave (IV XVIII 1-2 XX 1-2) come quel laquoldquoseme di feli-citaderdquo messo da Dio nellrsquoanima ben postaraquo (IV XX 9) XXI passim (dove si descrivecome la nobiltagrave scende nellrsquouomo laquoprima per modo naturale e poi per modo teolo-gicoraquo (XXI 1) XXII passim (dove si tratta dellrsquolaquoappetito drsquoanimo naturaleraquo che nascelaquodella divina bontade in noi seminata e infusa dal principio della nostra generazio-neraquo) su questi capitoli del IV trattato vd sempre FALZONE Desiderio della scienza edesiderio di Dio nel Convivio di Dante cit pp 28-68 che giustamente osserva comeDante dopo aver sostenuto una concezione di nobiltagrave come specifico dono divinoelargito solo ad alcuni uomini eccezionali (IV XX-XXI) che sarebbero quasi laquoun altroDio incarnatoraquo (IV XXI 10) introduce poi delle precisazioni per cui la nobiltagrave diven-ta una potenza naturale presente in tutti gli uomini che ha bisogno dellrsquoeducazione edellrsquoimpegno per realizzarsi come virtugrave (IV XXI 13-14) laquoCosigrave egrave unrsquoistanza etica omeglio etico-politica a spiegare lrsquoaffermazione nel corpo del capitolo XXII che a nes-suno egrave consentito giustificare la propria mala condotta [hellip] adducendo a pretesto laviltagrave della sua anima poicheacute anche a colui che non abbia ricevuto ldquoda principiordquo il se-me divino (la nobiltagrave) [hellip] quel seme puograve essere innestato nellrsquoanimo per ldquomolta cor-rezione e culturardquo cioegrave attraverso lrsquoeducazione e le leggiraquo (ivi p 67)

68 E che Dante sia convinto di ciograve lo conferma ad esempio il fatto che nel Purga-torio fra i vari esempi di virtugrave contrarie ai peccati puniti nelle varie cornici si ricorre aesempi tratti anche dalla storia pre-cristiana e in particolare nel XX Canto ai vv 25-27 troviamo fra gli esempi di povertagrave opposti allrsquoavarizia accanto a quello di Maria(vv 19-24) e di San Nicola (vv 31-33) quello del Fabrizio giagrave ricordato nel Convivio

69 Cfr eg OROSIO Hist I praef 14 II 3 3-770 Cfr la voce Orosio di A MARTINA (1970) nellrsquoEnciclopedia Dantesca consula-

tabile sul sito httpwwwtreccaniitenciclopediapaolo-orosio_(Enciclopedia-Dan-tesca)

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71 LUC Phars I 95 laquoFraterno primi maduerunt sanguine muriraquo Questa nettadistinzione fra Agostino e Dante riguardo al giudizio sullrsquoimpero non toglie il fattoche il primo abbia profondamente influito sullrsquoAlighieri che piugrave volte lo cita e che inMon III III 13 ne sottolinea esplicitamente lrsquoauctoritas in quanto dottore della Chie-sa ispirato direttamente dallo Spirito Santo Unrsquoutile panoramica sui vari studi che sisono occupati fin dalla fine dellrsquo800 dellrsquoinfluenza di Agostino sullrsquoopera dellrsquoAli-ghieri (anche ma non solo riguardo al pensiero politico dove piugrave marcata egrave la diffe-renza fra i due) in E BRILLI Firenze e il profeta Dante fra teologia e politica RomaCarocci 2012 pp 239-70 Nel volume lrsquoautrice mostrando come il tema della terre-na civitas sia vivo nella tradizione medievale dove diventa piugrave precisamente quellodella civitas diaboli di cui si riconoscono diverse rappresentazioni nella storia anchecontemporanea analizza nellrsquoopera dantesca la civitas diaboli sub specie Florentiae eriguardo al rapporto fra la Commedia e il De civitate Dei conclude che laquoallontanan-dosi Dante su Roma la tradizione agostiniana rimaneva viva nella sua memoria e mu-tatis mutandis Dante riutilizzograve rappresentazioni e argomenti agostiniani per forma-lizzare una materia diversa da quella in riferimento alla quale quelle rappresentazio-ni e quegli argomenti erano (in parte) nati In particolare Dante riutilizzograve il reperto-rio topico e il complesso impianto argomentativo di Agostino contro lrsquoImpero roma-no ai fini della propria polemica contro Firenzeraquo (ivi p 270)

questo modo insieme allrsquoimpero anche la stessa Urbs egrave sottratta auna valorizzazione esclusivamente cristiana alla fine del V capitolodel IV trattato infatti Dante sicuro di aver dimostrato laquoche spezialnascimento e spezial processo da Dio pensato e ordinato fosse quel-lo della santa cittaderaquo afferma laquoCerto di ferma sono oppinione chele pietre che nelle mura sue stanno siano degne di reverenza e losuolo dovrsquoella siede sia degno oltre quello che per li uomini egrave pre-dicato e aprovatoraquo (Conv IV V 20) Queste parole non solo sem-brano capovolgere il giudizio di Agostino che in De civitate XV 5 ri-cordando come allrsquoorigine dellrsquoUrbe vi fosse stato il fratricidio com-piuto da Romolo nei confronti di Remo citava la Pharsalia di Luca-no per ricordare che quelle stesse mura grondavano di sangue fra-terno71 ma affermando che lo laquosuoloraquo dove si trova la laquosanta citta-deraquo egrave laquodegno oltre quello che per li uomini egrave predicato e aprovatoraquosembrano anche voler decisamente correggere quella concezione diRoma (che si era andata affermando a partire dalla fine dellrsquoetagrave an-tica in concomitanza quindi da una parte col declino politico del-la cittagrave e dallrsquoaltra collrsquoascesa della sua importanza religiosa in quan-to sede apostolica) che aveva legato in modo esclusivo la sua ldquove-nerabilitagraverdquo al fatto che il martirio degli apostoli Pietro e Paolo avreb-

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72 Cfr M MACCARONE La concezione di Roma cittagrave di Pietro e Paolo da Damasoa Leone I in Roma Costantinopoli Mosca Atti del I Seminario Internazionale di Stu-di Storici ldquoDa Roma alla terza Romardquo 21-23 aprile 1981 Napoli Edizioni Scientifi-che Italiane 1983 pp 63-85 e in particolare p 63 laquoLa Roma christiana non egrave una Ro-ma cristianizzata come poteva dirsi di ogni cittagrave del mondo greco-romano Vieneconcepita e proposta come una Roma non contrapposta alla Roma classica e imperialema che ad essa subentra e che la supera a motivo dei nuovi titoli che possiede Egrave in-fatti diversa e nuova rispetto alla vecchia Roma sia per la sua origine fatta derivaredagli Apostoli Pietro e Paolo sia per il suo nuovo volto di cittagrave santuario dei cristia-ni che ha modificato la stessa topografia urbana sia soprattutto percheacute in essa risie-de e svolge la sua azione universale la sedes apostolicaraquo Ed egrave interessante osservaresempre con MACCARONE (ivi p 72) che giagrave Rutilio Namaziano nel 417 ricordandoi limina sacra dei templi pagani che egrave andato a visitare a Roma prima della partenzaper il ritorno nella sua terra natia (De red suo I 43-46) sembri tacitamente rivendicarela sacralitagrave tradizionale dellrsquoUrbe rispetto a quella nuova dei limina apostolorum PerDante invece la ldquosacralitagraverdquo pagana e quella cristiana di Roma non sono in contrad-dizione come ben si capisce anche da Inf II 20-27 ad Enea scelto dal cielo come pa-dre laquode lrsquoalma Roma e di suo imperoraquo fu permessa la discesa agli Inferi in funzionedella laquosua vittoriaraquo e quindi dellrsquoimpero ma anche in funzione laquodel papale amman-toraquo La ldquocristianizzazionerdquo di Roma non egrave quindi una rifondazione che pone una ori-gine diversa da quella della precedente storia pagana dellrsquoUrbe percheacute proprio quel-la storia egrave stata voluta da Dio non solo per lrsquoaffermarsi dellrsquoimpero ma anche percheacuteRoma diventasse laquolo loco santo ursquo siede il successor del maggior Pieroraquo

be non solo fondato il primato della Chiesa di Roma ma quasi ldquori-fondatordquo ex-novo la cittagrave stessa 72

Cosigrave proprio alla fine della digressione sullrsquoimpero romano (cheal di lagrave della logica argomentativa con cui viene introdotta ben sicolloca lo ripetiamo in questo IV trattato del Convivio dedicato aunrsquoetica autonoma nel senso precisato sopra rispetto ad ogni finetrascendente) si riconosce a Roma un valore che se egrave sicuramenteimprescindibile da quella laquodivina bontaderaquo che ha reso possibililaquotante mirabili operazioniraquo (Conv IV V 17) non lo egrave altrettanto equesto saragrave il tema esplicito della Monarchia da quel papato checongiungendo laquola spada col pasturaleraquo (Purg XVI 109-10) ha prete-so lrsquoldquoesclusivardquo sulla cittagrave eterna

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73 Secondo Dante infatti laquoAristotele quando diceva che non puograve essere del tut-to falso ciograve che pare vero ai piugrave intendeva certamente riferirsi al giudizio fondato sul-la ragione e non a quello che egrave frutto della sola apparenza sensibile Perciograve chi con-traddice lrsquoopinione del ldquovolgordquo non contrasta affatto la sua autoritagrave ma anzi la con-ferma e lrsquoonoraraquo VASOLI Introduzione cit p XLIII Ma vd anche supra n 7

13 laquoQuesto ufficiale posto di cui si parla cioegrave lo Imperadoreraquo(Conv IV IX 8)

Prima di passare allrsquoanalisi della Monarchia ricordiamo lrsquoargo-mentazione generale in cui si collocano questi capitoli che abbiamoanalizzato percheacute ciograve permette dopo aver osservato il valore attri-buito allrsquoimpero romano di specificare in esso la concezione della fi-gura imperiale Dante ha inteso dimostrare come lrsquoimperatore Fe-derico II non debba essere seguigraveto per quanto riguarda la definizio-ne della nobiltagrave ma non volendo con questa dimostrazione indurrelrsquoerrore di mettere in discussione la necessitagrave e la bontagrave dellrsquoimperoha ritenuto necessario in via preliminare ribadirne il valore (Conv IVIV-V) Dopo aver in modo analogo dedicato il VI capitolo a ribadireil valore dellrsquoautoritagrave e dellrsquoeccellenza di Aristotele fra tutti i filoso-fi nel VII afferma che egrave errata lrsquoopinione del volgo che ritiene la no-biltagrave legata alla stirpe mentre nel capitolo VIII dopo aver dimostra-to come la confutazione di questa communis opinio non sia in real-tagrave in contraddizione con il pensiero aristotelico che affermava nonpoter essere del tutto falso ciograve che pare vero ai piugrave73 asserisce che ta-le confutazione non egrave nemmeno un atto laquocontro la reverenza de loImperioraquo (Conv IV VIII 10) in quanto nel caso della definizione del-la nobiltagrave lrsquouomo non egrave laquodebitamente a la imperiale maiestagrave subiet-toraquo (Conv IV VIII 16) Tale affermazione per essere dimostrata ri-chiede ed egrave lrsquoargomento del IX capitolo la definizione degli ambitidi competenza e quindi dei limiti dellrsquoesercizio dellrsquoautoritagrave impe-riale questa laquoa perfezione dellrsquoumana vita fu trovataraquo e per questolaquoella egrave regolatrice e rettrice di tutte le nostre operazioni giusta-menteraquo (Conv IV IX 1) ma come tutto nella terra ha fine anchequesta autoritagrave ha un limite che le egrave posto da Dio (Conv IV IX 2-3)essendo chiamata a regolare non tutte le operazioni umane ma so-lo quelle che si possono realmente definire laquonostreraquo in quanto laquosu-biacciono alla ragione e alla volontade cheacute se in noi egrave lrsquooperazione

digestiva questa non egrave umana ma naturaleraquo (Conv IV IX 4) Inoltreanche riguardo alle ldquooperazioni razionalirdquo alcune74 sono sottopostealla nostra volontagrave solo nel senso che sono oggetto della nostra con-siderazione speculativa (che come tutte le attivitagrave umane egrave volonta-ria) ma non lo sono di per seacute percheacute non ne dipendono laquocheacute per-cheacute noi volessimo che le cose gravi salissero per natura suso e per-cheacute noi volessimo che rsquol silogismo con falsi principii conchiudesseveritade dimostrando e percheacute noi volessimo che la casa sedesse co-sigrave forte pendente come diritta non sarebbe perograve che di queste ope-razioni non fattori propiamente ma li trovatori semo altri lrsquoordinogravee fece maggiore fattoreraquo (Conv IV IX 6) altre ldquooperazionirdquo invececome laquooffendere e giovare [hellip] star fermo e fuggire alla battaglia[hellip] stare casto e lussuriare [hellip] del tutto suggiacciono alla nostravolontade e perograve semo detti da loro buoni e rei perchrsquoelle sono pro-pie nostre del tuttoraquo (Conv IV IX 7) In queste bisogna osservarelrsquolaquoequitaderaquo (Conv IV IX 8) ma siccome ci si puograve allontanare daquesta non solo volontariamente ma

per non sapere quale essa si sia [hellip] trovata fu la ragione scritta per mo-strarla e per comandarla [hellip] E perograve egrave scritto nel principio del Vecchio Di-gesto laquoLa ragione scritta egrave arte di bene e drsquoequitaderaquo A questa scrivere mo-strare e comandare egrave questo ufficiale posto di cui si parla cioegrave lo Impera-dore al quale tanto quanto le nostre operazioni propie che dette sono sistendono siamo subietti e piugrave oltre no (Conv IV IX 8-9)

laquoE piugrave oltre noraquo con questa limitazione si rivendica quindiunrsquoldquoautonomia del sapere dal potererdquo grazie alla quale si potragrave li-beramente procedere nei successivi capitoli del IV trattato ad ar-gomentare filosoficamente una ldquoverardquo definizione di nobiltagrave Lrsquoam-bito dellrsquoautoritagrave imperiale egrave invece un altro quello della laquoragionescrittaraquo ovvero lo abbiamo visto del diritto romano75 ed egrave compi-

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74 Quelle elencate in Conv IV IX 5 laquocheacute operazioni sono che ella solamente con-sidera e non fa neacute puograve fare alcuna di quelle sigrave come sono le cose naturali e le sopra-naturali e le matematice e operazioni che essa considera e fa nel propio atto suo lequali si chiamano razionali sigrave come sono arti di parlare e operazioni sono che ella con-sidera e fa in materia di fuori di seacute sigrave come sono arti meccaniceraquo

75 Vd supra n 32 E cosigrave era stato infatti definito dai giuristi dei secoli XII-XIIIper i quali laquolrsquoesigenza [hellip] di un diritto universalmente valido la si sentiva giagrave sod-

to specifico dellrsquoimperatore formulare promulgare e far osservarequesto diritto secondo quanto Dante aveva precedentemente affer-mato nel passo sopra riportato del Convivio laquoquello che elli [scillrsquoimperatore] dice a tutti egrave legge e per tutti dee essere obedito eogni altro comandamento da quello di costui prendere vigore e au-toritaderaquo (Conv IV IV 7) Questa idea di un potere legislativo che ap-partiene specificatamente allrsquoimperatore si trovava come abbiamogiagrave osservato nel Corpus giustinianeo76 tanto che lrsquoimperatore veni-va ad identificarsi con la lex (laquolex animataraquo)77 identificazione que-sta largamente presente anche nella giurisprudenza medievale78 Ma

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disfatta dal diritto dellrsquoImpero che era lo stato universale [hellip] Per di piugrave il diritto ro-mano nella sistemazione giustinianea possedeva oggettivamente un aspetto tale dicompletezza e di perfezione da poter essere accettato come il Diritto per antonoma-sia ciograve che fu detto lsquoratio scriptarsquoraquo G FASSOgrave Storia della filosofia del diritto I Anti-chitagrave e medioevo Roma-Bari Laterza 2004 p 178 Ma cfr anche P FIORELLI Sulsenso del diritto nella laquoMonarchiaraquo in laquoLetture classensiraquo 16 1987 pp 88-90 doveattraverso lrsquoetimologia della parola ragione (ratio) si ricostruisce la storia del laquocon-guaglio tra ragione e iusraquo

76 Cfr anche Cod 114121 (Imperator Justinianus) laquoQuid enim maius quidsanctius imperiali est maiestate vel quis tantae superbiae fastidio tumidus est ut re-galem sensum contemnat cum et veteris iuris conditores constitutiones quae ex im-periali decreto processerunt legis vicem obtinere aperte dilucideque definiuntraquo

77 Cfr Nov 105 2 4 laquoOmnibus enim a nobis dictis imperatoris excipiatur for-tuna cui et ipsas deus leges subiecit legem animatam eum mittens hominibusraquo Lrsquoesi-genza di persone che interpretino e incarnino la legge era giagrave stata affermata nel pen-siero filosofico greco (PLATONE Politico 293d-294c e ARISTOTELE Pol III 1284a) e aquesta tradizione accademico peripatetica aveva probabilmente attinto Cicerone nelDe legibus nel passo dove aveva affermato laquoVidetis igitur magistratus hanc esse vimut praesit praescribatque recta et utilia et coniuncta cum legibus Ut enim magistra-tibus leges ita populo praesunt magistratus vereque dici potest magistratum legemesse loquentem legem autem mutum magistratumraquo (De leg III 2) cfr F FONTANEL-LA Politica e diritto naturale nel De legibus di Cicerone Roma Edizioni di Storia eLetteratura 2012 p 80 e note La dottrina del νόμος ἔμψυχος si era perograve affermatapiugrave precisamente nellrsquoambito delle monarchie ellenistiche in connessione col potereregale ed era stata poi ripresa nel IV secolo da Temistio nelle sue orazioni (eg cfr OrV 2 64b con particolare riferimento a Teodosio XVI 212d XIX 228a)

78 Per la recezione e lo sviluppo dellrsquoidea del monarca come lex animata che si so-vrappone a partire dai secoli XII-XIII a quella del re come typus Christi predomi-nante nei secoli precedenti risulta sempre particolarmente utile e interessante la do-cumentazione e la relativa analisi in KANTOROWICZ I due corpi del re cit il capitoloIV La regalitagrave giuricentrica pp 76-165 e specialmente le pp 109-23

in questo IX capitolo del IV trattato Dante accoglie anche una defi-nizione di Ulpiano che a sua volta cita Celso e che si trova proprionellrsquoincipit del Digesto (Dig 111 pr1 laquoIuri operam daturum priusnosse oportet unde nomen iuris descendat Est autem a iustitia ap-pellatum nam ut eleganter Celsus definit ius est ars boni et aequiraquo)79colla quale attraverso la parola aequitas si collega il ius romano a unfondamento giusnaturalistico80 lrsquoAlighieri conferma cosigrave chiara-mente di intendere il diritto romano come la piugrave alta e perfetta for-ma della legge espressione del ius naturae e pertanto del vertice del-la ragione umana laquoragione scrittaraquo81 Il pensiero medievale aveva ri-preso e tentato di risolvere proprio attraverso il ricorso al dirittonaturale quella antinomia fra un laquoprinceps imago aequitatisraquo maallo stesso tempo laquoservus aequitatisraquo (cosigrave nel Policraticus di Gio-vanni di Salisbury)82 ovvero laquoiustitiae pater et filius dominus et mi-nisterraquo (cosigrave nel Liber augustalis pubblicato da Federico II)83 che

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79 Tale definizione nellaMonarchia (II V 1) saragrave considerata una laquodescriptioraquo in-sufficiente a definire il diritto in quanto laquonon dicit quod quid est iuris sed describitillud per notitiam utendi illoraquo ma su questo passo vd infra

80 Il passo egrave ampiamente discusso e interpretato in questo senso in A SCHIAVO-NE Ius Lrsquoinvenzione del diritto in Occidente Torino Einaudi 2005 pp 361-71 e no-te alle pp 488-95 Cfr anche V MAROTTA Iustitia vera philosophia e natura Una no-ta sulle Institutiones di Ulpiano in Testi e problemi del giusnaturalismo romano a cu-ra di D Mantovani e A Schiavone Pavia IUSS Press 2007 pp 563-601 e FONTA-NELLA Politica e diritto naturale nelDe legibus di Cicerone cit pp 115-32 In parti-colare proprio sulla recezione dantesca dellrsquoaequitas classica in questo passo del Con-vivio e in Mon II V 1-2 si veda R RUGGIERO Una definizione del diritto in Del no-mar parean tutti contenti Studi offerti a Ruggiero Stefanelli a cura di P GuaragnellaMB Pagliara P Sabbatino L Sebastio Bari Progredit 2011 pp 142-62 pp 148-53

81 Cfr la voce Diritto Romano di F CANCELLI (1970) nellrsquoEnciclopedia Dantescaconsultabile sul sito httpwwwtreccaniitenciclopediadiritto-romano_(Enciclo-pedia-Dantesca)

82 I passi sono riportati e commentati da KANTOROWICZ I due corpi del re cit pp82-84

83 Ivi pp 84-93 con fonti Per quanto riguarda gli appellativi di iustitiae dominuse pater ricordiamo che nellrsquoantico impero da Augusto fino allrsquoetagrave degli Antonini lastoriografia giudica positivamente quegli imperatori che avevano rifiutato lrsquoappella-tivo latino di dominus (SVET Aug 53 Tib 27 TAC Ann II 87 XII 11) e quindi lrsquoar-bitrarietagrave assoluta del potere imperiale particolarmente significativo per lrsquoargomen-to che ci interessa quel passo del Panegirico di Plinio a Traiano dove dopo aver as-

trovava anchrsquoessa il suo precedente nel codice giustinianeo nellrsquoan-tinomia fra un laquoprinceps legibus solutusraquo ma allo stesso tempo laquole-gibus alligatusraquo84 La soluzione egrave cosigrave sintetizzata da Egidio Roma-

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serito che laquosunt diversa natura dominatio et principatusraquo (Paneg 45) leggiamo laquoip-se te legibus subiecisti legibus Caesar quas nemo principi scripsit Sed tu nihil am-plius vis tibi licere quam nobis sic fit ut nos tibi plus velimus Quod ego nunc pri-mum audio nunc primum disco non est princeps supra leges sed leges supra prin-cipemraquo (Paneg 65 1-3) Dopo Costantino invece unrsquoiscrizione celebra ValentinianoI come laquolegum domino Romanorum iustitiae aequitatisque rectoriraquo (ILS 765) men-tre nelle Novellae (124) Giustiniano si proclameragrave laquolegis paterraquo

84 La stessa idea dellrsquoimperatore come laquolex animataraquo poteva comportare lrsquoideadella sua superioriagrave rispetto alle leggi (cosigrave in Nov 10524 riportata supra alla n 77)in modo conforme allrsquoimmagine di un laquoprinceps legibus solutusraquo di cui si puograve giagravetrovare traccia in una clausola della Lex de imperio Vespasiani (clausola da noi cono-sciuta solo attraverso la famosa epigrafe esposta nel 1347 nella Basilica di San Gio-vanni in Laterano da Cola di Rienzo) che prevedeva che limitatamente alle leggi e aiplebisciti che non avevano vincolato Augusto Tiberio e Claudio laquoiis legibusque sci-tis imp(erator) Caesar | Vespasianus solutus sitraquo (FIRA I15 ll 24-25) Tale clausolaldquodiscrezionalerdquo egrave comunque ancora ben lontana dalla massima piugrave generale del laquoprin-ceps legibus solutusraquo che si trova invece attestata dallrsquoetagrave severiana anche se in pas-si di cui si discute se il riferimento non sia invece cosigrave generale ma piuttosto anche inquesti casi rivolto a situazioni specifiche ad es in Dig 1331 (Ulpianus 13 ad l iulet pap) dove si riporta un passo di Ulpiano che si riferisce alle leges Iulia et Papia chelimitando alcune capacitagrave giuridiche dei celibi o dei coniugati senza figli facevanoeccezione per il principe che si trovasse in queste condizioni laquoPrinceps legibus solu-tus est augusta autem licet legibus soluta non est principes tamen eadem illi privile-gia tribuunt quae ipsi habentraquo Inoltre la raccolta giustinianea riporta anche quei pas-si in cui si cita questo principio per affermare perograve che non egrave opportuno applicarlocome ad esempio in Cod 6233 (Imperator Alexander Severus) laquolicet enim lex im-perii sollemnibus iuris imperatorem solverit nihil tamen tam proprium imperii est utlegibus vivereraquo (dove con laquolex imperiiraquo ci si riferiragrave probabilmente sempre alla laquolexregiaraquo) Ma cfr anche Dig 3223 (Paulus 5 sent) laquodecet enim tantae maiestati eas ser-vare leges quibus ipse solutus esse videturraquo e Inst 2178 laquosecundum haec divi quo-que Severus et Antoninus ndash (scil Settimio Severo e Caracalla) ndash saepissime rescripse-runt ldquolicet enimrdquo inquiunt ldquolegibus soluti sumus attamen legibus vivimusrdquoraquo E an-cora dopo Costantino pur se lrsquoimperatore diventa in modo quasi esclusivo legislato-re e interprete delle norme la famosa digna vox del 429 affermeragrave laquoDigna vox maie-state regnantis legibus alligatum se principem profiteri adeo de auctoritate iuris no-stra pendet auctoritas et re vera maius imperio est submittere legibus principatumraquo(Cod 1144 [Imperatores Theodosius Valentinianus]) cfr L DE GIOVANNI Il prin-cipe e la legge dalla lex de imperio Vespasiani al mondo tardoantico in La lex deImperio Vespasiani e la Roma dei Flavi cit pp 219-30

no nel suo De regimine principum (dove in I II 12 egrave ripresa anche ladefinizione del laquoprincepsraquo come laquoanimata lexraquo) laquoSciendum est re-gem et quemlibet principantem esse medium inter legem naturalemet positivam [hellip] Quare positiva lex est infra principantem sicut lexnaturalis est supra et si dicatur legem aliquam positivam esse supraprincipantem hoc non est ut positiva sed ut in ea reservatur virtusiuris naturalisraquo (III II 29)85 E poco prima Federico II proprio in ri-ferimento alle sue prerogative imperiali aveva affermato nella X As-sise di Capua laquoSed quamquam soluta imperialis a quibuscumquelegibus sit maiestas sic tamen in totum non est exempta iudicio ra-tionis que iuris est materraquo86 Lrsquoimperatore del Convivio si collocaquindi in questa tradizione del pensiero filosofico e giuridico me-dievale secondo la quale lrsquoimperatore egrave signore e artefice della leg-ge positiva ma in quanto nellrsquoesercizio di tale prerogativa segue lalegge naturale in modo da essere piugrave ldquoinventorerdquo (nel senso di ldquosco-pritorerdquo) che ldquocreatorerdquo del diritto

LrsquoAlighieri sembra perograve compiere unrsquoulteriore passo ricono-scendo alla laquofilosofica autoritaderaquo un ruolo specifico nellrsquoldquoinvenzio-nerdquo di questo diritto espressione della ratio naturale nei capitoli do-ve si era dimostrata la massima autoritagrave di Aristotele in campo filo-sofico in quanto laquola perfezione di questa moralitade per Aristotileterminata fueraquo (Conv IV VI 16) si era infatti concluso che laquonon re-pugna [la filosofica] autoritade alla imperiale ma quella sanza que-sta egrave pericolosa e questa sanza quella egrave quasi debile non per seacute maper la disordinanza della gente sigrave che lrsquouna collrsquoaltra congiunta uti-lissime e pienissime sono drsquoogni vigoreraquo (Conv IV VI 17) quasi a di-re che laquola Filosofia ha bisogno dellrsquoimpero per regolare efficacementei costumiraquo ma laquolrsquoimpero ha bisogno della filosofia per sapere comeregolare i costumi secondo giustizia e veritagraveraquo87 Nella Monarchia do-

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85 KANTOROWICZ I due corpi del re cit pp 116-18 con altre fonti86 Citato ivi a p 92 dove si osserva che laquoEra una dottrina non priva di rischi

poicheacute lrsquointerpretazione della ragione poteva facilmente dipendere solo dal principe[hellip] tuttavia nella filosofia giuridica essa manteneva ancora le sembianze di una deandash una manifestazione della natura eguale a Dioraquo (ivi p 93) Ma cfr anche la voce As-sise di Capua (Federiciana 2005) a cura di A CERNIGLIARO consultabile nella edizio-ne online dellrsquoEnciclopedia Treccani (httpwwwtreccaniitenciclopediaassise-di-capua_(Federiciana))

87 GILSON Dante e la filosofia cit p 138

ve si riconosceragrave esplicitamente allrsquoimperatore il compito di condur-re laquosecundum phylosophica documenta genus humanum ad tempo-ralem felicitatemraquo (Mon III XV 10) Dante sembreragrave vagheggiare so-lo la figura dellrsquoimperatore-filosofo88 qui nel Convivio si contemplainvece anche la figura del filosofo-consigliere del principe come ri-sulta nellrsquoapostrofe rivolta ai regnanti contemporanei allrsquoAlighierilaquoOh miseri che al presente reggete e oh miserissimi che retti sietecheacute nulla filosofica autoritade si congiunge colli vostri reggimenti neacuteper propio studio neacute per consiglioraquo (Conv IV VI 19)

Lrsquoidea del filosofo-consigliere egrave vecchia almeno quanto Platonee per la sua attuazione quasi mai felice basti pensare allrsquoesempiodello stesso Platone con Dione e Dionigi di Siracusa o a quello diAristotele con Alessandro Magno o ancora a quello di Seneca conNerone e cosigrave via mentre per la figura dellrsquoimperatore filosofo ri-cordo come caso esemplare del mondo antico quello di Marco Au-relio Il fatto perograve che nel Convivio si auspichi la ldquocongiunzionerdquodella filosofia con un imperatore connotato prevalentemente in rap-porto al ius non puograve non richiamare alla mente Cicerone questinon solo aveva auspicato e in un certo senso ldquoincarnatordquo la figura delpolitico-filosofo89 ma nel De legibus dopo aver identificato la lexcon quella ratio naturale che coincide con la mens del sapiens90 ave-va affermato che proprio per questo solo il sapiens puograve riconosceree interpretare questa legge suprema (De leg I 19 62 II 8) ed inquanto sapiens aveva nel suo trattato ldquoscopertordquo ed enunciato le leg-gi conformi al ius naturae91 Dante quasi sicuramente non conosce-va il De legibus92 ma il pensiero ciceroniano trovava immediato ri-

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88 Fatta eccezione per il ldquofinalerdquo della Monarchia (III XV 18) su cui vd infra (macfr sempre infra anche n 105)

89 Cfr eg CIC Fam XV 16 (del 51 aC) in cui lrsquoautore parlando di seacute e di Ca-tone afferma laquosoli [hellip] nos philosophiam veram illam et antiquam [hellip] in forum at-que in rem publicam atque in ipsam aciem paene deduximusraquo

90 De Leg II 11 laquoilla lex [hellip] est enim ratio mensque sapientis ad iubendum etad deterrendum idonearaquo cfr anche De leg I 18-19 II 8

91 Cfr FONTANELLA Politica e diritto naturale nelDe legibus di Cicerone cit pp13-14

92 I piugrave antichi codici del De legibus a noi pervenuti furono scritti in Francia a me-tagrave del IX secolo e custoditi nellrsquoabbazia di Corbie cfr P CHIESA Adoardo di Corbiee i lettori del lsquoDe legibusrsquo in etagrave carolingia in Cicerone e il diritto nella storia drsquoEuro-

scontro nella giurisprudenza romana dato che giagrave con Servio Sul-picio Rufo (giurista contemporano di Cicerone) e successivamentecon Labeone (giurista di etagrave augustea) si era realizzato laquoun punto digiuntura fra la tradizione retorico filosofica e il lavoro dei giuristi ilparadigma giusnaturalistico [hellip] sarebbe diventato da allora in poi[hellip] uno dei fili di trama della loro riflessione fino alla definitivaconsacrazione ulpianearaquo93 quando i giuristi non potendo piugrave com-petere col princeps nella creazione del ius ne assumono perograve unasorta di ldquocontrollordquo misurando e confermando i contenuti della le-gislazione in riferimento a un criterio di giustizia naturale e quindiuniversale applicabile a tutto lrsquoimpero94 Per questo aveva sostenu-to Ulpiano proprio di seguito al passo in cui riporta la definizione diius data da Celso laquocrsquoegrave chi a ragione ci chiama sacerdotesraquo95 in quan-

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pa Atti del XIII Colloquium Tullianum Milano 27-29 marzo 2008 in laquoCiceronianaraquons XIII 2009 pp 101-16 Da Corbie il trattato si diffuse in Francia nella Germaniameridionale e in Inghilterra ma per la sua diffusione in Italia dobbiamo attendere ilPetrarca che conosce (e cita Fam II 2 1 6 19 XXIV 4 14) un testo che discende daunrsquoedizione del XII secolo in parte indipendente da quella dei codici di Corbie cfrAR DYCK A commentary on Cicero De legibus Ann Arbor The University of Mi-chigan Press 2004 pp 41-42 Mi parebbe quindi una pura illazione in assenza di al-tri riscontri supporre che Dante avesse conosciuto il testo in Francia sempre am-messo che si accetti come veritiera la notizia del viaggio del poeta a Parigi tramanda-ta da Boccaccio nel Trattatello in laude di Dante

93 SCHIAVONE Ius cit p 264 Ma cfr anche G FALCONE La lsquovera philosophiarsquo deilsquosacerdotes iurisrsquo Sulla raffigurazione ulpianea dei giuristi (D1111) in laquoAnnali del se-minario giuridico della Universitagrave di Palermoraquo 49 2004 (consultabile allrsquoindirizzowwwarchaeogateorgstorageFalcone1pdf) dove proprio riguardo al passo di Ul-piano riportato in Dig1111 (che riporto infra alla n 96) si ipotizza un rapporto colDe legibus di Cicerone che non si ridurrebbe a laquouna generica ispirazione o [hellip] echidi alcune idee che espresse nello scritto ciceroniano si sono sedimentate nella com-plessiva cultura di Ulpiano Piuttosto il giurista severiano dovette avere costantemen-te davanti agli occhi il De legibus come apposito modello e organizzare la propria scrit-tura esattamente (staremmo per dire fedelmente) sulla falsariga del testo di Ciceroneraquop 41 del pdf lrsquoargomentazione di questa ipotesi occupa tutte le pp 42-69

94 SCHIAVONE Ius cit pp 361-8995 laquoAl riguardo in aggiunta allrsquoeventualitagrave che Ulpiano riproponga piugrave o meno

consapevolmente lrsquooriginaria attribuzione del sapere e dellrsquooperare giuridici ai pon-tefici egrave possibile richiamare con la generalitagrave degli studiosi le parole dello stesso Ul-piano lsquosanctissima civilis sapientiarsquo e lsquoingressus sacramentirsquo o la qualifica lsquoantistes iu-risrsquo da parte di Quintiliano (Inst or XI 69) o ancora lrsquoesistenza di unrsquoepigrafe recan-

to laquoveneriamo la giustizia [hellip] aspirando se non sbaglio alla vera enon alla falsa filosofiaraquo96 Come osserva Schiavone laquoCicerone avevaa suo tempo cercato di fondare il diritto romano ex intima philoso-phia e Ulpiano stesso doveva averlo avuto ben presenteraquo nel suo ten-tativo di assimilare la propria dottrina alla filosofia in modo da tra-smettere laquolrsquoidea [hellip] che esistesse un rapporto profondo e privile-giato fra ricerca della giustizia e raggiungimento della veritagrave e che igiuristi fossero i custodi per eccellenza di questo legameraquo97 I gran-di giuristi dellrsquoetagrave dei Severi avevano quindi rivendicato a seacute questoruolo di sacerdotes del diritto prima che a partire dallrsquoetagrave costanti-niana gli imperatori diventassero non solo legislatori ma anche in-terpreti della legislazione98 La giurisprudenza medievale aveva bencompreso e fatto proprio questo ruolo di sacerdotes degli antichi giu-risti romani99 ma anche in etagrave medievale presto si dedusse che laquociograveche si confaceva ai giudici si confaceva anche al principe che do-po tutto era a capo della gerarchia giuridicaraquo100 per cui questo ran-

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te proprio lrsquoespressione lsquosacerdos iurisrsquo (CIL VI 2250)raquo FALCONE La lsquovera philoso-phiarsquo dei lsquosacerdotes iurisrsquo cit n 111

96 Cfr il giagrave citato Dig 111 pr (Ulpianus 1 inst) insieme a Dig 1111 (Ulpia-nus 1 inst) laquoIuri operam daturum prius nosse oportet unde nomen iuris descendatEst autem a iustitia appellatum nam ut eleganter Celsus definit ius est ars boni et ae-qui Cuius merito quis nos sacerdotes appellet iustitiam namque colimus et boni et ae-qui notitiam profitemur aequum ab iniquo separantes licitum ab illicito discernentesbonos non solum metu poenarum verum etiam praemiorum quoque exhortatione ef-ficere cupientes veram nisi fallor philosophiam non simulatam affectantesraquo

97 SCHIAVONE Ius cit pp 370-71 98 Per la lsquoldquosvolta costantinianardquo cfr D MANTOVANI Il diritto da Augusto al Theo-

dosianus in E GABBA-D FORABOSCHI-D MANTOVANI-E LO CASCIO-L TROIANI In-troduzione alla storia di Roma Milano LED 1999 pp 465-534 pp 505-23 e egCod 1141 (Imperator Constantinus) laquoInter aequitatem iusque interpositam inter-pretationem nobis solis et oportet et licet inspicereraquo Cod 114123 (Imperator Ju-stinianus) laquoDefinimus autem omnem imperatoris legum interpretationem sive in pre-cibus sive in iudiciis sive alio quocumque modo factam ratam et indubitatam haberiSi enim in praesenti leges condere soli imperatori concessum est et leges interpreta-ri solum dignum imperio esse oportetraquo E infatti anche se al di fuori dellrsquoambito giu-ridico Simmaco nella famosa lettera a Teodosio riguardante lrsquoaltare della Vittoriachiama gli imperatori laquoiustitiae sacerdotesraquo (Ep X 3 15)

99 Fonti in KANTOROWICZ I due corpi del re cit pp 103-107 e 119-20100 Ivi p 107

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go di sacerdos venne anche trasferito ai principes101 La posizione del-lrsquoAlighieri nel Convivio appare invece piugrave vicina a quella sostenutadai giuristi dellrsquoetagrave severiana che a quella delle etagrave successive il ruo-lo specifico assegnato alla filosofia nei confronti dei governanti com-pleta infatti il riferimento alla prima parte del passo di Ulpiano e aicompiti giuridici dellrsquoimperatore in modo molto simile a ciograve che que-sti giuristi avevano sostenuto102 Cosigrave in unrsquoopera che ha come in-tento dichiarato quello di laquofare un generale convivioraquo delle bricioledi quel sapere che laquotutti li uomini naturalmente desideranoraquo (ConvI I 1) ma da cui per laquodiverse cagioniraquo possono essersi tenuti lontano(Conv I I 2-6) Dante sembra includere fra questi uomini anche chidovrebbe trovarsi al vertice del potere politico103 lrsquoimperatore ri-cordando innanzitutto che il suo potere si fonda sul diritto ovverosu una prerogativa che ne delimita lrsquoambito in quanto esistono altriambiti da lui indipendenti come quello ldquofilosoficordquo della definizio-ne della nobiltagrave poi che questo diritto egrave quella laquoragione scrittaraquo dicui egli dovrebbe essere piuttosto lrsquoinventore (nel senso dello sco-pritore) che il creatore e infine che anche in tale laquoinvenzioneraquo sa-rebbe pericoloso prescindere dalla laquofilosofica autoritaderaquo o per me-glio dire cosigrave come egrave stato osservato a proposito del passo di Ul-piano sopra ricordato laquoil sovrano poteva legiferare come gli piace-va [hellip] ma il controllo sulla corrispondenza dei suoi provvedimen-ti alla veritagrave e alla giustizia [hellip] non si trovava nelle sue mani nongli appartenevaraquo104 E questo controllo nel Convivio non spetta al

101 Ivi pp 107-109 102 E la vicinanza appare ancora piugrave evidente se si tiene conto del carattere es-

senzialmente etico che la filosofia riveste per Dante nel IV trattato del Convivio (vdsupra) e del fatto che nella contrapposizione ulpianea fra vera e falsa philosophia si ri-specchia molto probabilmente una contrapposizione risalente almeno a Platone eben presente laquonei circuiti intellettuali di I e II secolo [hellip] tra la riflessione etica chesi occupa tra gli altri temi della iustitia e dellrsquoaequitas e che egrave qualificata lsquovera phi-losophiarsquo e la dialettica fine a se stessa la sofistica una riflessione che anzicheacute ci-mentarsi con lrsquohonestum e con le virtutes egrave impegnata nelle cavillationes e nei sillogi-smi e perciograve della filosofia reca solo il nomeraquo FALCONE La lsquovera philosophiarsquo dei lsquosa-cerdotes iurisrsquo cit p 24 del pdf

103 Drsquoaltronde fra le ragioni che impediscono di dedicarsi alla sapienza Dante ri-corda proprio la laquocura civileraquo Conv I I 4

104 SCHIAVONE Ius cit p 378

giurista ma piuttosto a chi come lrsquoAlighieri laquofuggito della pasturadel vulgoraquo (Conv I I 10) si egrave innamorato di quella laquobellissima e one-stissima figlia dello Imperadore dellrsquouniverso alla quale Pittagorapuose nome Filosofiaraquo (Conv II XV 12)105

2 La Monarchia

Nella Monarchia (la cui datazione tuttora discussa egrave collocabi-le in un periodo che va dal 1308 fino al 1317-1318)106 lrsquoautore vo-

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105 Egrave interessante osservare come ha mostrato recentemente U CARPI LrsquoInfernodei guelfi e i principi del Purgatorio Milano Franco Angeli 2013 che ciograve che Dantescrive nel Convivio egrave profondamente legato allrsquoesperienza da lui vissuta nellrsquoesilioquando laquopovero e sbandato quanto si voglia inibito a scrivere dalle condizioni og-gettive e dal proprio stesso disorientamento [hellip] nelle sue dolorose pereginazioni eventurose evenienze [hellip] egrave venuto maturando sugli oggettivi fatti istituzionali e so-ciali culturali in cui si imbatte una riflessione politica sistematica tesa a ristabilire unpunto di vista e a ricomporre un quadroraquo (p 69) Cosigrave da una parte questa riflessionepolitica lo porta a teorizzare non la laquonegazione delle realtagrave politiche attuali regni co-muni feudalitagrave signorie ma la loro integrazione gerarchica dentro lrsquounitagrave imperialecon centro nella curia di Romaraquo (ibidem) dallrsquoaltra per citare un esempio partico-larmente pertinente al ruolo ldquopoliticordquo che Dante attribuisce alla filosofia nel IV trat-tato del Convivio lrsquoesperienza del 1306 alla corte di Morello Malaspina (a cui egrave rivoltalrsquoEpistola IV con cui accompagna la canzone Amor da che convien pur chrsquoio mi doglia)laquovale come concreto caso significativo e realizzatosi in curia minore del principiosecondo cui autoritagrave politica e autoritagrave filosofica sono inscindibili declinato cosigrave almassimo livello giurisdizionale ldquoCongiungasi la filosofica autoritade con la imperia-le a bene e perfettamente reggererdquoraquo (ivi p 74) Vedremo subito come anche nella Mo-narchia Dante assuma questo ruolo di laquoautoritagrave filosoficaraquo ruolo che nellrsquoapostrofeconclusiva del trattato eserciteragrave in modo esplicito e diretto nei confronti dellrsquoimpe-ratore (Mon III XV 18 su cui vd infra) Da osservare ancora che nellrsquoEpistola a Can-grande con la quale dedicheragrave il Paradiso al signore di Verona lrsquoAlighieri si include-ragrave fra coloro che laquointellectu ac ratione degentes [hellip] non ipsi legibus sed ipsis legespotius diriganturraquo (Ep XIII i 7)

106 Per uno status quaestionis con relativa discussione delle motivazioni delle va-rie datazioni si puograve recentemente vedere D QUAGLIONI Per la Monarchia di Dante(1313) in laquoIl Pensiero Politicoraquo XLV 2012 pp 149-74 (che porta a riprendere comepiugrave probabile lrsquoipotesi del 1313 nello spazio di tempo della spedizione di Enrico VIIcome giagrave affermava Boccaccio nel Trattatello in laude di Dante) e lrsquoIntroduzione di PCHIESA e A TABARRONI in Monarchia a cura di P CHIESA e A TABARRONI con la col-

lendo dare un contributo alla vita pubblica (laquoad rem publicam ali-quid afferreraquo Mon I I 2) decide di svolgere la laquonotitia utilissimaraquodella laquotemporalis monarchiaraquo (I I 5) ovvero di ciograve che comunementeegrave chiamato laquoimperiumraquo (I II 2) Nel rivendicare a seacute laquoquesto altissi-mo compito didatticoraquo Dante continua a svolgere quel ruolo che giagravesi era assunto nel Convivio laquoChe il sapiente debba mettere la pro-pria conoscenza a servizio degli altri lo aveva giagrave dichiarato aperta-mente nel Convivio [hellip] Ma ora [hellip] Dante ritaglia a seacute quello chesente come proprio compito specifico in ordine al progresso di co-noscenza dellrsquoumanitagrave quello che gli sembra spettare a lui fra tuttii sapienti e si tratta del contributo decisivo per il ldquobene esse mun-dirdquoraquo107 Dopo aver definito la monarchia come quel laquoprincipato uni-co posto sopra tutti gli altri principati temporali ndash i quali cioegrave spie-gano la loro azione tra quelle cose e su quelle cose che si misuran coltemporaquo ndash108 affronta tre problematiche ad essa relative se sia neces-

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laborazione di D ELLERO Roma Salerno Editrice 2013 NECOD vol IV pp LX-LXVI do-ve i due autori pur riconoscendo specialmente tramite il confronto con le Epistole chealmeno un abbozzo dellrsquoopera dovesse essere giagrave stato costruito negli anni 1309-1313ma tenendo allo stesso tempo in conto le varie motivazioni degli studiosi che propon-gono ipotesi diverse formulano lrsquoipotesi di laquouna composizione ldquolungardquo dellrsquoopera o ndashforse meglio ndash di una ripresa successiva da parte di Dante stesso di un testo giagrave porta-to a compimento per arricchirlo precisarlo chiosarlo in una parola migliorarlo neicontenutiraquo e si chiedono laquose non sia anche a causa di una composizione non sincroni-ca che la data della Monarchia egrave risultata finora cosigrave elusiva Un processo testuale lun-go con revisioni e aggiustamenti progressivi porta inevitabilmente una diluizione de-gli elementi di databilitagrave e a un loro progressivo mascheramentoraquo (p LXVI)

107 CHIESA-TABARRONE Introduzione inMonarchia cit p XXIV Non solo se co-me abbiamo del resto appena visto nel Convivio laquoegli appariva molto preoccupato dirivendicare per seacute la qualifica di philosophusraquo nella Monarchia laquosembra piuttosto ri-tenere tale qualifica ormai pacificamente accolta e consolidata al punto da spingersiad accomunarsi ai sapienti in un plurale collettivo (ut ex hiis patet que de caelo phylo-sophamur II II 3)raquo (p XXV)

108Mon I II 2 laquoEst ergo temporalis Monarchia quam dicunt lsquoImperiumrsquo unicusprincipatus et super omnes in tempore vel in hiis et super hiis que tempore mensu-ranturraquo La traduzione di questo e dei passi successivamente citati della Monarchiasalvo indicazione contraria egrave quella di NARDI in DANTE ALIGHIERI Opere MinoriIII1 De vulgari eloquentia Monarchia a cura di PV MENGALDO-B NARDI Milano-Napoli Ricciardi 1979 dove il testo accolto egrave quello di Ricci nella collana Le operedi Dante Alighieri Edizione Nazionale a cura della Societagrave Dantesca Italiana (DANTE

ALIGHIERI Monarchia a cura di PG RICCI Milano Mondadori 1965) che egrave anche

saria al buon ordinamento del mondo se il popolo romano si sia at-tribuito a buon diritto lrsquoufficio di monarca se lrsquoautoritagrave del monar-ca dipenda direttamente da Dio o passi attraverso un suo vicario (ilpapa)109 La discussione di ognuna delle tre questioni poste occupanellrsquoordine uno dei tre libri del Trattato in particolare nei primi duelibri sono sviluppati in modo molto piugrave ampio e sistematico anchealcuni degli argomenti dei capitoli IV e V del IV libro del Convivio110Ci soffermeremo quindi piugrave in particolare su quei passi che semprea proposito di quellrsquoimpero che come si egrave visto egrave allo stesso tempolrsquoimpero di Dante e quello di Roma antica introducono elementi dinovitagrave o approfondiscono in modo originale quanto giagrave emerso dalConvivio

21 laquoSub divo Augusto monarcha existente Monarchia perfectaraquo(Mon I XVI 1-2)

Il I libro come abbiamo giagrave accennato si occupa di dimostrarela necessitagrave dellrsquoimpero al laquobene esse mundiraquo Dopo aver dimostra-to che laquoil fine di tutta quanta la societagrave umanaraquo sta in quella laquoope-razioneraquo che le egrave propria (Mon I III 1-4) si sostiene che tale laquoope-razioneraquo si rende manifesta se si considera qual egrave lrsquoultimo grado del-la potenza di tutta lrsquoumanitagrave ovvero laquola potenza o virtugrave intelletti-

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quello tuttora presente sul sito della Societagrave Dantesca e che ho quindi deciso di seguireanche per praticitagrave di consultazione nellrsquoedizione Salerno Chiesa accoglie invece inlinea di massima il nuovo testo stabilito da Shaw sempre per la medesima collana(DANTE ALIGHIERI Monarchia a cura di P SHAW Firenze Le Lettere 2009) con al-cuni ldquoaggiustamentirdquo elencati e motivati alle pp CXXXV-CXLI La differenza piugrave note-vole egrave la diversa scansione dei capitoli per la parte finale del III libro su cui vd infra

109 Mon I II 3 laquoMaxime autem de hac tria dubitata queruntur primo nanquedubitatur et queritur an ad bene esse mundi necessaria sit secundo an romanus po-pulus de iure Monarche offitium sibi asciverit et tertio an auctoritas Monarche de-pendeat a Deo inmediate vel ab alio Dei ministro seu vicarioraquo

110 Grossomodo il I libro corrisponde agli argomenti della prima metagrave del IV ca-pitolo del IV trattato del Convivio mentre il II libro a quelli della seconda metagrave delIV e del V capitolo Nel III troviamo invece un argomento non affrontato nel Convi-vio laquose lrsquoautoritagrave del Monarca romano che per diritto egrave Monarca del mondo comeegrave stato provato nel secondo libro dipenda immediatamente da Dio ovvero dallrsquoaltrovicario o ministro di Dio quale intendo che sia il successor di Pietroraquo (Mon III I 5)

varaquo (Mon I III 5-7)111 Solo lrsquoumanitagrave presa nel suo insieme (e non ilsingolo neacute altre piugrave piccole comunitagrave) puograve attuare tutta la potenzadellrsquointelletto (Mon I III 8 e IV l)112 ma osserva Dante (esplicitan-do cosigrave ciograve che era stato lasciato implicito nel IV capitolo del IV trat-tato del Convivio ovvero il motivo per cui lrsquoImpero necessario allapace fosse per questo necessario alla felicitagrave del genere umano) so-lo laquonella quiete ossia nella serenitagrave della pace il genere umano sitrova in condizione di attendere senza intoppi e difficoltagrave alla suapropria operazione [hellip] Dal che egrave manifesto che la pace universa-le egrave la piugrave desiderabile di tutte le cose che sono ordinate alla nostrabeatitudineraquo (Mon I IV 2)113 Il riconoscimento che la pax universa-

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 79

111 Cfr ARISTOTELE Ethica I 1097b -1098a Conv I I 1 e ARISTOTELEMetaphisi-ca I 980 a

112 Cfr ARISTOTELE De anima II 415a-415b e il commento di Nardi (ALIGHIERI

DANTE Opere Minori III1 cit p 298) ad I III 8 laquoLegato comrsquoegrave allrsquoorganismo per suanatura tanto per Dante quanto per Sigieri quanto per Averroegrave e in fondo anche persan Tommaso che a suo modo egrave pur sempre aristotelico lrsquointelletto umano per seacute stes-so egrave pur sempre ldquotabula rasardquo se esso non traesse dallrsquoesperienza sensibile i concettiintelligibili che ne attuano la pura potenzialitagrave Quindi anche lrsquointelletto umano [hellip]ha bisogno per essere sempre e dovunque attuato nella sua potenza o capacitagrave drsquoin-tendere di una molteplicitagrave di individui sparsi sulla terra dai quali tragga le immaginisensibili necessarie al suo passaggio dalla potenza allrsquoattoraquo Dante nel passo successi-vo (Mon I III 9) si richiama esplicitamente al commento di Averroegrave al De anima di Ari-stotele ma allo stesso tempo se ne distanzia in quanto Averroegrave ammette soltanto un uni-co intelletto possibile per tutto il genere umano mentre laquociograve che Dante richiede perottenere lo stesso risultato egrave [hellip] quella societagrave universale di tutti gli intelletti possibi-li individuali che costituisce il genere umanoraquo GILSON Dante e la filosofia cit p 158Cosigrave ancora GARFAGNINI Monarchia manifesto di libertagrave e responsabilitagrave civile cit pp16-18 Anche CHIESA-TABARRONE Introduzione in Monarchia cit pp LII-LIII so-stengono che Dante non segue Averroegrave laquonel fare dellrsquointelletto possibile una sostanzaseparata indipendenteraquo (come il poeta afferma espressamente anche in Purg XXV 62-66) ma che mantiene comunque separata laquoda un lato la necessitagrave dellrsquoesistenza di unamoltitudine di esseri umani che realizzano sempre tutti insieme [hellip] la potenzialitagrave deivari intelletti possibili e dallrsquoaltro la necessitagrave politica di un coordinamento politicouniversale per lo scopo comune ultimo [hellip] la realizzazione della scienza universaleraquo

113Mon I IV 1-2 laquoSatis igitur declaratum est quod proprium opus humani generistotaliter accepti est actuare semper totam potentiam intellectus possibilis [hellip] Genushumanum in quiete sive tranquillitate pacis ad proprium suum opus [hellip] liberrimeatque facillime se habet Unde manifestum est quod pax universalis est optimum eo-rum que ad nostram beatitudinem ordinanturraquo

lis egrave laquoil mezzo piugrave acconcio per arrivare a quello cui sono ordinatecome a fine ultimo tutte le nostre azioniraquo viene posto dallrsquoautore co-me laquoprincipio onde muovono tutti i ragionamenti che seguirannoraquo(Mon I IV 5)114 ovvero le undici argomentazioni svolte nel I libroper dimostrare che lrsquoImpero egrave necessario al benessere del mondo leprime dieci sono tutte laquodi ragioneraquo non si basano cioegrave sulle sacrescritture o su argomenti di fede ma si fondano su premesse filosofi-che-metafisiche115 in alcuni casi piugrave direttamente connesse allrsquoattivi-tagrave pratica di governo (dimostrando che laquola monarchia assicura alpiugrave alto grado la giustizia la libertagrave la concordiaraquo)116 Lrsquoultima lrsquoun-dicesima si basa invece su un fatto storico Dante ricorda una laquoex-perientia memorabilisraquo che rende testimonianza alle precedenti ar-gomentazioni ovvero il fatto che il momento dellrsquoincarnazione egrave av-venuto quando laquofu monarca il divo Augustoraquo cioegrave sotto una laquoMo-narchia perfettaraquo quando lrsquoumanitagrave era laquofelice nella tranquillitagrave diuna pace universaleraquo (Mon I XVI 1-2)117 mentre da quando lrsquounitagravedellrsquoimpero egrave stata infranta118 il genere umano egrave stato ed egrave sconvol-

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114Mon I IV 5 laquoEx hiis ergo que declarata sunt patet per quod melius ymo perquod optime genus humanum pertingit ad opus proprium et per consequens visumest propinquissimum medium per quod itur in illud ad quod velut in ultimum finemomnia nostra opera ordinantur quia est pax universalis que pro principio rationumsubsequentium supponaturraquo

115 Fra queste ricordo percheacute lrsquoabbiamo giagrave trovata in Conv IV IV 5 la prima di-mostrazione (fondata su Aristotele Politica I 1254a) laquoquando aliqua plura ordinan-tur ad unum oportet unum eorum regulare seu regere alia vero regulari seu regiraquo(Mon I V 3) vd supra n 25

116 CHIESA-TABARRONE Introduzione inMonarchia cit p XX117Mon I XVI 1-2 laquoRationibus omnibus supra positis experientia memorabilis at-

testatur status videlicet illius mortalium quem Dei Filius in salutem hominis homi-nem assumpturus vel expectavit vel cum voluit ipse disposuit Nam si a lapsu pri-morum parentum qui diverticulum fuit totius nostre deviationis dispositiones ho-minum et tempora recolamus non inveniemus nisi sub divo Augusto monarcha exi-stente Monarchia perfecta mundum undique fuisse quietum Et quod tunc huma-num genus fuerit felix in pacis universalis tranquillitateraquo

118 Il valore ldquosacrordquo dellrsquoimpero egrave sottolineato anche dal fatto che Dante alludealla sua disintegrazione con lrsquoimmagine di laquotunica ista inconsutilisraquo lacerata dalla laquocu-piditatis ungueraquo laquoQualiter autem se habuerit orbis ex quo tunica ista inconsutilis cu-piditatis ungue scissuram primitus passa est et legere possumus et utinam non vide-reraquo (Mon I XVI 3 e cfr anche III X 5) Nel Medioevo era invece attestata la tradizio-

to da tempeste e disgrazie (Mon I XVI 3-4)119 Per quanto riguarda ilI libro questo egrave il riferimento piugrave significativo allrsquoimpero di Romagarante di quella laquopax universalisraquo che sola ha permesso allo laquohu-manum genusraquo di vivere laquofelix in pacis universalis tranquillitateraquo (lalaquovita feliceraquo del Convivio IV IV 1) significativo innanzitutto percheacuteconferma quanto giagrave emerso nel precedente trattato e cioegrave che perDante lrsquoideale dellrsquoimpero universale non egrave unrsquoutopia ma egrave statorealizzato nella storia da una laquoexperientia memorabilisraquo lrsquoimperoaugusteo120 E inoltre percheacute se egrave vero che laquolrsquoincessante evocazionedella pace della ldquopax et tranquillitasrdquoraquo nella Monarchia rimanda allaquoprogramma politico di Enrico VIIraquo cosigrave come egrave documentato nel-le costituzioni pisane del 2 aprile 1313121 egrave anche vero che Dantecollocando lrsquoattuazione di questa pax nellrsquoetagrave di Augusto attesta il

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 81

ne che riferiva tale immagine alla comunione inscindibile dei credenti cfr S CRI-STALDI Dante di fronte al Gioachimismo Caltanisetta-Roma Salvatora Sciascia Edi-tore 2000 pp 279 e 303 Vedono nel passo un riferimento alla donazione di Co-stantino (che Dante menzioneragrave esplicitamente alla fine del II libro [Mon II XI 8] edi cui tratteragrave specificatamente nel III [Mon III X]) CHIESA-TABARRONE Introdu-zione inMonarchia cit p XXXVI e Commento p 70 ad loc

119Mon I XVI 3-4 laquoQualiter autem se habuerit orbis ex quo tunica ista inconsu-tilis cupiditatis ungue scissuram primitus passa est et legere possumus et utinam nonvidere O genus humanum quantis procellis atque iacturis quantisque naufragiis agi-tari te necesse est dum bellua multorum capitum factum in diversa conarisraquo Ma cfranche il sect 3 dellrsquoEpistola VI indirizzata ai Fiorentini nel 1311 laquosolio augustali vacan-te totus orbis exorbitatraquo

120 E ricordiamo che nel Convivio (IV V 8) tale esperienza era stata giudicata ir-ripetibile laquoNeacute rsquol mondo mai non fu neacute saragrave sigrave perfettamente disposto come allora chealla voce drsquoun solo principe del roma[n] populo e comandatore si [descrisse sigrave] co-me testimonia Luca evangelista E perograve [che] pace universale era per tutto che maipiugrave non fu neacute fiaraquo Significativo che nellrsquoEpistola indirizzata ad Arrigo VII in occasionedella sua discesa in Italia la consapevolezza che ormai non esiste piugrave la perfetta mo-narchia universale di Augusto (a cui anche nellrsquoepistola ci si riferisce al sect 14) si espri-ma insieme alla convinzione che lrsquoimpero continui ad avere una vocazione ecumeni-ca secondo la prospettiva virgiliana laquoRomanorum gloriosa potestas nec metis Ytalienec tricornis Europe margine coarctatur Nam etsi vim passa in angustum guberna-cula sua contraxerit undique tamen de inviolabili iure fluctus Amphitritis attingensvix ab inutili unda Oceani se circumcingi dignatur Scriptum etenim nobis est ldquoNas-cetur pulcra Troyanus origine Cesar imperium Occeano famam qui terminet as-trisrdquoraquo (Ep VII 11-13 e il riferimento egrave evidentemente a VERG Aen I 286-87)

121 QUAGLIONI Per la Monarchia di Dante (1313) cit p 160

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122 Dallrsquoetagrave augustea la pace diventa laquosinonimo di impero romano inteso comemondo abitato dallrsquoumanitagrave civile a cui lrsquoimpero assicura la paceraquo (M SORDI Intro-duzione dalla lsquokoinegrave eirenersquo alla lsquopax Romanarsquo in laquoContributi dellrsquoIstituto di Storia an-tica dellrsquoUniversitagrave del Sacro Cuoreraquo 11 1985 pp 3-16 p 13) come proclamano idocumenti ufficiali gli storici i poeti le legendae delle monete e le epigrafi durantetutto il periodo imperiale basti pensare al famoso passo del sesto libro dellrsquoEneide diVirgilo nel quale si riserva al popolo romano la ldquomissionerdquo di laquoregere imperio popu-los [hellip] pacisque imponere moremraquo (851-52) e cfr G PICONE laquoPacatum reget or-bemraquo Etagrave dellrsquooro e tema della pace nei poeti augustei in La pace nel mondo antico At-ti del Convegno nazionale di studi (Torino 9-11 aprile 1990) a cura di R Uglione To-rino Associazione Italiana di Cultura Classica 1991 pp 191-210 I LANA Lrsquoidea del-la pace nellrsquoantichitagrave S Domenico di Fiesole Cultura della Pace 1991 pp 79-101A ARNALDI Motivi di celebrazione imperiale su monete ed epigrafi in laquoRivista Italia-na di Numismaticaraquo 82 1980 pp 85-107 Del resto anche prima dellrsquoetagrave imperialelaquoi Romani quando sono in guerra e dichiarano che il loro scopo egrave quello di ldquopacemdare leges paci imponere pacarerdquo [hellip] intendono dire che con la guerra mirano a rea-lizzare una situazione di superioritagrave che consenta loro di dettare allrsquoavversario le con-dizioni per lrsquoinstaurazione di un certo rapporto fra Roma e il nemico vinto In questosenso preciso essi ldquopacem dantrdquo ai vintiraquo LANA Lrsquoidea della pace nellrsquoantichitagrave citp 56

123 Per altri compendi medievali conosciuti dallrsquoAlighieri cfr CHIESA-TABARRO-NE in Monarchia cit p 69 ad I XVI 2

ldquosuccessordquo di uno dei motivi piugrave forti della propaganda del prin-ceps122 quello appunto di una pax che si trova inscindibilmente as-sociata al suo impero sia nella tradizione pagana sia in quella cri-stiana laquoEt quod tunc humanum genus fuerit felix in pacis univer-salis tranquillitate hoc ystoriographi omnes hoc poete illustres hocetiam scriba mansuetudinis Cristi testari dignatus est et deniquePaulus ldquoplenitudinem temporisrdquo statum illum felicissimum appella-vitraquo (Mon I XVI 2) Fra gli ystoriographi conosciuti a Dante fra gliantichi oltre Orosio vi saranno sicuramente Eutropio e Floro123mentre ricordando i poete lrsquoAlighieri si riferiragrave sicuramente a Virgi-lio (lo laquoscriba mansuetudinis Cristiraquo egrave invece lrsquoevangelista Luca) Eda Virgilio piugrave che da Orosio Dante assume la prospettiva con cuiguardare al principato augusteo per Orosio infatti il regno di Au-gusto era stato preparato da Dio laquoventuri Christi gratiaraquo (Hist VI 204) e la sua importanza risiedeva esclusivamente nella sua funziona-litagrave alla nascita di Cristo del resto lo abbiamo accennato per lo sto-rico la vera grandezza dellrsquoimpero era stata raggiunta in un periodo

successivo a quello augusteo solo grazie alla sua regeneratio chri-stiana124 Per Dante invece i due eventi impero di Augusto e nasci-ta di Cristo sono concomitanti non egrave esistito mai momento piugrave fe-lice per lrsquoumanitagrave dopo la caduta dovuta al peccato originale diquello in cui lrsquoimpero augusteo assicurograve la pace tanto che il figlio diDio potrebbe aver laquodispostoraquo o addirittura laquoattesoraquo proprio quelmomento per la sua incarnazione laquostatus videlicet illius mortaliumquem Dei Filius in salutem hominis hominem assumpturus vel ex-pectavit vel cum voluit ipse disposuitraquo (Mon I XVI 1)125 E la frase diSan Paolo sulla laquopienezza dei tempiraquo come egrave stato osservato126 ecome vedremo meglio anche in seguito sembra definitivamente au-torizzare lrsquoAlighieri a far sua lrsquointerpretazione virgiliana dellrsquoetagrave au-gustea come la nuova etagrave dellrsquooro in cui laquovere tempus et temporaliaqueque plena fueruntraquo (Mon I XVI 2)

22 laquoIustitia potissima est solum sub monarcharaquo (Mon I XI 2)

Vi sono altri passi della Monarchia in cui Dante pur non men-zionando esplicitamente Roma attribuisce allrsquoimpero del suo tem-po alcune ldquoqualitagraverdquo che caratterizzavano lrsquoantico impero romano sitratta come quello della ldquopacerdquo di motivi ampiamente diffusi cheattestano la vitalitagrave e quindi in un certo senso lrsquoattualitagrave di alcunitratti specifici del ldquomodellordquo romano che la scoperta e la rielabora-zione del Corpus Iuris Iustinianeum da parte dei giuristi medievalicontribuivano a proporre e a diffondere127

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 83

124 Vd supra nn 69-70125 In Conv IV V 9 riferendosi alla contemporaneitagrave fra la nascita di David e la

venuta di Enea nel Lazio (su cui vd supra nn 44-45) Dante aveva invece affermatolaquoOh ineffabile e incomprensibile sapienza di Dio che a una ora per la tua venuta inSiria suso e qua in Italia tanto dinanzi ti preparastiraquo Ma cfr anche il sect 26 dellrsquoEpi-stola V indirizzata ai principi drsquoItalia in occasione della venuta di Arrigo VII in ItalialaquoEt si hec que uti principia sunt ad probandum quod queritur non sufficiunt quisnon ab illata conclusione per talia precedentia mecum oppinari cogetur pace videli-cet annorum duodecim orbem totaliter amplexata que sui sillogizantis faciem Dei fi-lium sicuti opere patrato ostenditraquo

126 Cfr CHIESA-TABARRONE Introduzione inMonarchia cit p XXXVII127 Dopo la caduta dellrsquoimpero e i secoli ldquobuirdquo dellrsquoalto medioevo il diritto ro-

Innanzitutto lrsquoimpero proprio tramite lrsquoimperatore egrave per Dan-te lrsquounica istituzione capace di garantire la giustizia ai popoli sui qua-li si estende Ad esempio nella sesta argomentazione riguardante lanecessitagrave di risolvere le controversie si sostiene che se si ha un dis-sidio tra due prigravencipi di pari autoritagrave saragrave necessario un terzo di piugravealto potere che giudichi e decida (Mon I X 3 laquooportet esse tertiumiurisdictionis amplioris qui ambitu sui iuris ambobus principeturraquo)se questo terzo non fosse lrsquoimperatore vuol dire che ci sarebbe bi-sogno di un altro con autoritagrave superiore e si innescherebbe un pro-cesso allrsquoinfinito il che egrave impossibile (Mon I X 5) per questo biso-gna arrivare laquoad iudicem primum et summum de cuius iudicio cun-cta litigia dirimantur sive mediate sive inmediate et hic erit Monar-cha sive Imperatorraquo (ibidem)

Tutta la settima argomentazione poi riguarda la giustizia128 e lasua attuabilitagrave sempre grazie al potere imperiale il mondo egrave infattiordinato nel miglior modo quando in esso vrsquoegrave il massimo di giusti-zia e per questo Virgilio nella IV egloga volendo esaltare i suoi tem-pi aveva affermato laquoIam redit et Virgo redeunt Saturnia regnaraquo (v5) intendendo con Virgo proprio la giustizia e con laquoSaturnia regnaraquoquegli laquooptima tempora que etiam ldquoaureardquo nuncupabantraquo infattilaquoiustitia potissima est solum sub Monarcharaquo (Mon I XI 1-2)129 Di

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mano riaffiorato nellrsquoXI secolo tramite la riscoperta dei Digesta egrave posto da allora laquoalcentro di unrsquoattenzione ininterrotta che ha radicato un modello giuridico neoroma-no nel cuore stesso del mondo moderno attraverso un percorso iniziato nelle rinatecittagrave dellrsquoItalia medievale e arrivato sino al cuore dellrsquoEuropa borgheseraquo SCHIAVO-NE Ius cit p 14 ma si veda tutto il primo capitolo Diritto romano e Occidente mo-derno pp 5-18

128 Per le fonti aristoteliche (con il commento tomistico) dei primi paragrafi diquesto capitolo (Mon I XI 3-5) nei quali si definisce la giustizia laquode se et in proprianatura considerataraquo come laquoquaedam rectitudo sive regula obliquum hic inde abi-ciensraquo (XI 3) cfr ad loc i commenti di NARDI (ALIGHIERI DANTE Opere Minori III1cit pp 328-34) e di CHIESA-TABARRONE inMonarchia cit pp 39-40

129Mon I XI 1-2 laquoPreterea mundus optime dispositus est cum iustitia in eo po-tissima est Unde Virgilius commendare volens illud seculum quod suo tempore sur-gere videbatur in suis Buccolicis cantabat ldquoIam redit et Virgo redeunt Saturnia re-gnardquo lsquoVirgorsquo nanque vocabatur iustitia quam etiam lsquoAstreamrsquo vocabant lsquoSaturniaregnarsquo dicebant optima tempora que etiam lsquoaurearsquo nuncupabant Iustitia potissima estsolum sub Monarcha ergo ad optimam mundi dispositionem requiritur esse Monar-chiam sive Imperiumraquo Da ossevare che nella VII Epistola indirizzata a Arrigo VII laquodi-

questrsquoultima affermazione non si puograve dubitare in quanto egrave chiaroche la giustizia raggiunge il suo massimo lagrave dove il contrasto egrave mini-mo (Mon I XI 5) sia nel campo della volontagrave sia nel campo del po-tere in effetti egrave indispensabile una volontagrave pura da ogni desiderioe una completa possibilitagrave di dare a ciascuno ciograve che gli egrave dovuto(Mon I XI 6-7 dove riecheggia la celebre definizione romana di iu-stitia che comanda di laquosuum cuique tribuereraquo)130 Ma soltanto lrsquoim-peratore ha volontagrave pura da ogni desiderio (egli che tutto posse-dendo egrave libero dalla cupidigia) e soltanto lrsquoimperatore ha il mag-giore potere possibile dunque soltanto se crsquoegrave un monarca la giusti-zia si realizza compiutamente (Mon I XI 8-12) Anzi egli possiedequel retto amore per gli uomini che rafforza la giustizia in quantocerca proprio la pace che della giustizia egrave frutto (Mon I XI 13-15)

E ancora nella nona argomentazione dove si vuole dimostrareche chi puograve garantire la migliore condizione di governo allrsquoumanitagraveegrave chi si trova nella condizione migliore di governo (Mon I XIII 1) do-po aver richiamato ma in toni piugrave realistici quanto affermato nel -lrsquoXI capitolo ovvero che il monarca laquonon ha alcun incentivo alla cu-pidigia o se mai il piugrave piccolo rispetto a tutti gli altri mortaliraquo si so-stiene che laquopoicheacute soltanto la cupidigia corrompe il giudizio e im-pedisce la giustiziaraquo il monarca egrave il piugrave adatto a governare laquoper la ra-gione che piugrave di tutti gli altri egli puograve avere giudizio e giustizia duecose che piugrave di tutte si addicono a chi fa la legge e a chi pon manoad essaraquo131

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 85

vina providentia Romanorum Regi et semper Augustoraquo Dante afferma che quandolrsquoimperatore varcograve le Alpi laquoTunc plerique vota sua prevenientes in iubilo tam Satur-nia regna quam Virginem redeuntem cum Marone cantabantraquo (Ep VII 6)

130Mon I XI 7 laquonam cum iustitia sit virtus ad alterum sine potentia tribuendi cui-que quod suum est quomodo quis operabitur secundum illamraquo La prima attesta-zione di questa definizione di iustitia egrave nella Rhetorica ad Herennium (Rhet Her III3 laquoiustitia est aequitas ius uni cuique retribuens pro dignitate cuiusqueraquo) si ritrovapoi in tutta lrsquoopera ciceroniana (CIC De inv II 160 De rep III 18 Part or 130 Top9 90 De fin V 65 De nat deor III 38 e De off I 15 II 78 III 43) e viene successiva-mente ripresa anche nel Digesto laquoIustitia est constans et perpetua voluntas ius suumcuique tribuendiraquo (Dig 1110 pr)

131 Mon I XIII 7 laquoCum ergo Monarcha nullam cupiditatis occasionem haberepossit vel saltem minimam inter mortales ut superius est ostensum quod ceteris prin-cipibus non contingit et cupiditas ipsa sola sit corruptiva iudicii et iustitie prepediti-

Questi passi della Monarchia ben si collocano nel contesto dellagiurisprudenza medievale che accogliendo nella seconda metagrave delXIII secolo la tradizione aristotelica del giudice perfetto come di-kaion empsuchon132 trasferigrave questa immagine al sovrano che diven-ta iustitia animata in modo che laquola similitudine aristotelica dello iu-stum animatum riguardante il giudice [hellip] venisse considerata unamera variante della ben nota definizione di Giustiniano del princi-pe come lex animataraquo133 E anche le precedenti osservazioni dante-sche a proposito del ruolo dellrsquoimperatore come supremo giudicenelle controversie trovano un immediato riscontro nella dottrina deigiuristi medievali laquosur lrsquoempire et la souveraineteacute impeacuteriale commeprincipe ordonnateur universel crsquoest-agrave-dire comme garantie ldquosou-verainerdquo drsquoun ordre juridique ancreacute dans lrsquoideacutee de iurisdictio edrsquoexercise de la justiceraquo dottrina che laquose manifeste avec une cer-taine emphase justement durant lrsquoeacutepoque de la crise de lrsquouniversa-lisme et au moment de lrsquoeacutepiphanie de nouvelles formes de pouvoiragrave la recherche drsquoune leacutegitimationraquo134

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va consequens est quod ipse vel omnino vel maxime bene dispositus ad regendum es-se potest quia inter ceteros iudicium et iustitiam potissime habere potest que duoprincipalissime legis latori et legis executori conveniuntraquo

132 ARISTOTELE Eth V 1132a (iustum animatum nel commento di Tommaso alpasso aristotelico)

133 KANTOROWICZ I due corpi del re cit p 115 e tutte le pp 114-16 dove sonoriportate le fonti (Tommaso Pietro drsquoAlvernia Giovanni da Parigi Baldo AlbertoMagno ed Egidio Romano) attraverso le quali si osserva il passaggio dellrsquoimmaginedellrsquoiustum animatum dal iudex al rex e infine la definizione di questrsquoultimo sia co-me lex che come iustitia animata

134 D QUAGLIONI Empire et monarchie aspects du deacutebat juridique in Ideacutees drsquoEm-pire en Italie et en Espagne (XIVe-XVIIe siegravecle) sous la direction de F Creacutemoux et J-L Fournel Mont-Saint-Aignan Publications des Universiteacutes de Rouen et du Havre2010 pp 37-46 p 39 e p 38 laquoLa foi dans lrsquoempire est chez ces juristes [hellip] la foisdans un principe qui valide tout autre processus drsquoexercise du pouvoir et lrsquoempereurest le fondament de cette validiteacute [hellip] (lex animata selon lrsquoexpression justinienne demecircme que la lois est un inanimatus princeps)raquo Al saggio di QUAGLIONI rimando perla precedente bibliografia [ricordo solo P COSTA Iurisdictio Semantica del potere po-litico nella pubblicistica medievale (1100-1433) Milano Giuffregrave 20022 (1 ed 1969) eP GROSSI Lrsquoordine giuridico medievale Roma-Bari Laterza 1995] e per le testimo-nianze giuridiche medievali di cui riporto percheacute particolarmente significativo perun confronto colla Monarchia dantesca un passo di Bartolo del 1354 sulle ldquorappre-saglierdquo (il testo egrave pubblicato in D QUAGLIONI Il proemio del bartoliano laquoTractatus re-

Ma voglio accostare alle due argomentazioni dantesche anche duepassi di autori antichi e non di giuristi in cui veniva sottolineata que-sta funzione dellrsquoimperatore romano come supremo e imparziale giu-dice Leggiamo nel Panegirico rivolto da Plinio a Traiano (inizio delII secolo dC) laquoTu non siedi in tribunale solo intento ad arricchireil fisco neacute altro profitto ti viene dalla tua sentenza che la coscienzadrsquoaver bene giudicato [hellip] Opera veramente degna drsquoun principe[hellip] riconciliare cittagrave rivali placare piugrave con la ragione che con la for-za popoli inquieti opporsi alle ingiustizie dei magistrati annullaretutto ciograve che che non si sarebbe dovuto fareraquo135 E nellrsquoencomio ARoma probabilmente pronunciato davanti allrsquoimperatore Adriano(metagrave del II secolo dC) Elio Aristide sostiene

Nei regimi democratici non egrave possibile dopo che il verdetto egrave stato datonella cittagrave rivolgersi altrove neacute ad altri giudici ma egrave necessario rassegnarsi al-le decisioni prese [hellip] (invece nel vostro impero neacute chi sia stato condannatoegrave costretto ad accettare una sentenza) ingiusta neacute chi abbia intentato un pro-cesso e non abbia avuto successo egrave costretto ad accettare la sconfitta ma pres-so di voi rimane un altro giudice supremo a cui nulla mai sfugge di ciograve che ri-guarda la giustizia E qui si realizza una grande e bella uguaglianza fra il de-bole e il forte fra lo sconosciuto e il famoso fra il povero e il ricco e fra chi egravedi oscure origini e chi egrave nobile e si verifica il detto di Esiodo ldquofacilmente ren-de potente facilmente abbassa il potenterdquo questo giudice e signore condottodalla giustizia come la nave egrave condotta dal vento che non favorisce e proteg-ge di piugrave il ricco e meno il povero ma aiuta nello stesso modo chiunque gli ca-piti di incontrare sulla sua strada)136

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 87

presaliarumraquo in laquoPluteusraquo II 1984 pp 85-92) laquoPostea vero peccata nostra merue-runt quod Romanum Imperium prostratum iaceret per tempora multa et reges etprincipes ac etiam civitates maxime in Italia saltem de facto in temporalibus dominumnon agnoscerunt propter quod de iniustiis ad superiorem non potest haberi regressuscoeperunt represaliae frequentariraquo

135 PLIN Pan 80 laquoNon locupletando fisco sedes nec aliud tibi sententiae tuaepretium quam bene iudicasse [hellip] O vere principis [hellip] reconciliare aemulas civita-tes tumentesque populos non imperio magis quam ratione compescere intercedereiniquitatibus magistratuum infectumque reddere quidquid fieri non oportueritraquo Latraduzione egrave quella di Malcovati in PLINIO IL GIOVANE Il Panegirico di Traiano testocritico traduzione e commento a cura di E MALCOVATI Firenze Sansoni 1949

136 ELIO ARISTIDE A Roma 38-39 Mia la traduzione qui e infra (in ELIO ARISTI-DE A Roma Traduzione e commento a cura di F FONTANELLA introduzione di PDESIDERI Pisa Edizioni della Normale 2007)

Si tratta di due autori non conosciuti allrsquoAlighieri137 ma non sipuograve comunque fare a meno di osservare la profonda consonanza fraldquoantichirdquo e ldquomedievalirdquo nel riconoscere allrsquoimperatore il ruolo di giu-dice supremo capace proprio in quanto diretto interprete della giu-stizia di assicurare la pace alla societagrave civile

23 laquoSed existens sub monarcha est potissime liberumraquo (Mon IXII 8)

In secondo luogo per Dante lrsquoimpero garantisce la libertas Tut-ta lrsquoottava argomentazione del I libro della Monarchia egrave imperniatasul problema della libertagrave il cui primo fondamento egrave il libero arbi-trio138 cioegrave il giudizio non prevenuto e quindi non mosso dagli ap-petiti (Mon I XII 3-4)139 il piugrave gran dono fatto da Dio alla naturaumana percheacute ne dipende la nostra felicitagrave sulla terra in quanto es-seri mortali e la nostra felicitagrave in cielo in quanto esseri immortali(Mon I XII 6)140 laquoSe egrave cosigrave ndash chiede lrsquoAlighieri ndash chi mai oserebbe ne-

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137 Il caso di Elio Aristide egrave evidente Ma anche per quanto riguarda Plinio ilGiovane il Panegirico fu riscoperto solo nel XV secolo e lrsquoepistolario conosciuto inmodo limitato nel Medioevo fu probabilmente sconosciuto a Dante cfr la vocePlinio il Giovane di G BRUGNOLI (1970) nellrsquoEnciclopedia Dantesca (httpwwwtrec-caniitenciclopediaplinio-il-giovane_(Enciclopedia-Dantesca))

138 Mon I XII 2 laquosciendum quod principium primum nostre libertatis est liber-tas arbitrii quam multi habent in ore in intellectu vero pauciraquo

139 Mon I XII 3-4 laquoEt ideo dico quod iudicium medium est apprehensionis etappetitus nam primo res apprehenditur deinde apprehensa bona vel mala iudicaturet ultimo iudicans prosequitur sive fugit Si ergo iudicium moveat omnino appetitumet nullo modo preveniatur ab eo liberum est si vero ab appetitu quocunque modopreveniente iudicium moveatur liberum esse non potest quia non a se sed ab aliocaptivum trahiturraquo

140Mon I XII 6 laquoHoc viso iterum manifestum esse potest quod hec libertas siveprincipium hoc totius nostre libertatis est maximum donum humane nature a Deocollatum ndash sicut in Paradiso Comedie iam dixi ndash quia per ipsum hic felicitamur ut ho-mines per ipsum alibi felicitamur ut diiraquo Il rimando egrave evidentemente a Paradiso V 19-24 laquoLo maggior don che Dio per sua larghezza fesse creando e a la sua bontate piugrave conformato e quel chrsquoersquo piugrave apprezza fu de la volontagrave la libertate di che lecreature intelligenti e tutte e sole fuoro e son dotateraquo ma lrsquoautenticitagrave di questo in-ciso egrave ancora discussa cfr QUAGLIONI Per la Monarchia di Dante (1313) cit pp156-57 e note

gare che il genere umano viva felice sol quando puograve far il maggioreuso di questo principioraquo E dichiara laquoOra esso (scil il genere uma-no) egrave sommamente libero se vive sotto il Monarcaraquo (Mon I XII 7-8)La dimostrazione parte dalla citazione del passo della Metafisica diAristotele (Metaph I 982b) nel quale si definisce libero ciograve che laquoap-partiene a seacute stesso e non ad altriraquo Ma solo sotto lrsquoimperatore laquosonraddrizzati i governi obliqui ndash cioegrave le democrazie le oligarchie e letirannidi ndash che costringono in servitugrave il genere umano [hellip] e ben go-vernano i re gli aristocratici che diconsi ottimati e coloro che han-no a cuore la libertagrave popolareraquo (Mon I XII 9) Lrsquoimperatore impe-dendo le forme deviate di governo e favorendo invece quelle retteassicura quindi al cittadino il massimo grado di libertagrave in quanto ilaquogoverni retti si propongono la libertagrave sigrave che gli uomini abbiano davivere per seacuteraquo (Mon I XII 10)141 Il punto di partenza dantesco egrave quin-di una prerogativa dellrsquouomo il libero arbitrio che non dipende dalpotere imperiale questrsquoultimo perograve garantisce la miglior condizio-ne possibile in cui lrsquoumana libertagrave si possa esprimere142 salvando

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141 Mon I XII 8-10 laquoSed existens sub Monarcha est potissime liberum Propterquod sciendum quod illud est liberum quod ldquosui met et non alterius gratia estrdquo utPhylosopho placet in hiis que De simpliciter ente Nam illud quod est alterius gratianecessitatur ab illo cuius gratia est sicut via necessitatur a termino Genus humanumsolum imperante Monarcha sui et non alterius gratia est tunc enim solum politie di-riguntur oblique ndash democratie scilicet oligarchie atque tyramnides ndash que in servitu-tem cogunt genus humanum ut patet discurrenti per omnes et politizant reges aris-tocratici quos optimates vocant et populi libertatis zelatores quia cum Monarchamaxime diligat homines ut iam tactum est vult omnes homines bonos fieri quodesse non potest apud oblique politizantes Unde Phylosophus in suis Politicis ait quodin politia obliqua bonus homo est malus civis in recta vero bonus homo et civis bo-nus convertuntur Et huiusmodi politie recte libertatem intendunt scilicet ut hominespropter se sint Unde Phylosophus in suis Politicis ait quod in politia obliqua bonushomo est malus civis in recta vero bonus homo et civis bonus convertuntur Et huius-modi politie recte libertatem intendunt scilicet ut homines propter se sintraquo (Cfranche ARIST Pol III 1276b-1277b) Il capitolo si conclude con lrsquoosservazione laquoHincetiam patet quod quamvis consul sive rex respectu vie sint domini aliorum respectuautem termini aliorum ministri sunt et maxime Monarcha qui minister omnium pro-culdubio habendus est Hinc etiam iam innotescere potest quod Monarcha necessi-tatur a fine sibi prefixo in legibus ponendisraquo (sect 12)

142 HA LLOYD The relationship between centralization and autonomy in the hi-story of European legal and political thought in Challenging centralism decentramen-to e autonomie nel pensiero politico europeo a cura di L Campos Boralevi Firenze

lrsquouomo dai regimi laquocorrottiraquo non percheacute li abolisca ponendosi comeunica istituzione politica ma percheacute ha il potere di renderli laquorettiraquoDi nuovo siamo di fronte a un motivo che ampia diffusione avevaavuto nellrsquoantico impero ovvero quello di una libertas che parados-salmente non trova la sua negazione ma anzi la garanzia della suaesistenza sotto il governo dellrsquounico princeps Cosigrave ad esempio an-cora Elio Aristide rivolgendosi ai Romani affermava laquovoi siete i so-li fra quanti hanno mai posseduto un impero a governare su uomi-ni liberi La Caria non egrave infatti consegnata a Tissaferne neacute la Frigiaa Farnabazo neacute lrsquoEgitto a qualcun altro e nessun popolo egrave consi-derato il patrimonio personale di un qualche padrone in realtagrave nem-meno lui libero a cui quel popolo egrave consegnato percheacute lo servaraquo (ARoma 36) e ancora laquonessuno che sia degno di posti di comando odi fiducia egrave considerato uno straniero ma si egrave costituita unrsquounica de-mocrazia universale sotto un unico uomo il miglior capo e ordina-tore e tutti si riuniscono come in un foro comune ciascuno per ri-cevere ciograve che a lui si convieneraquo (ivi 60)143 E Cassio Dione (LII 14)faragrave dire a Mecenate nel suo famoso discorso a favore del principa-to laquoEcco percheacute ti consiglio di non cadere nellrsquoerrore di prenderein considerazione le cose da un punto di vista formale ma di valu-tarle attentamente per quello che sono di porre fine allrsquoaudacia del-la moltitudine e di affidare a te stesso e agli altri nobili lrsquoammini-strazione dei pubblici affari in modo tale che siano i piugrave saggi a de-liberare e i piugrave esperti a comandare [hellip] In questo modo ogni clas-se sociale [hellip] guadagneragrave unrsquoautentica democrazia (τὴν δημοκρα-τίαν τὴν ἀληθῆ) e una libertagrave sicura (τήν τε ἐλευθερίαν τὴνἀσφαλῆ)raquo144 Ma un tratto originale rispetto al pensiero antico egrave co-

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University Press 2011 pp 1-8 pp 5-6 sottolinea il ruolo attribuito in questo passodella Monarchia allrsquoimperatore come garante di libertagrave non accennando perograve al cor-rettivo da questi esercitato sui vari regimi ma secondo quanto affermato in Mon IXII 12 riportato supra in nota solo al fatto che lrsquoesistenza del monarca garantisce laquothepresence [hellip] of a unitary legislative capability as the facilitator and guarantor of au-tonomy itselfraquo (ivi p 6)

143 Dato infatti che laquotrue liberty lay in the protection of all classes under one per-sonraquo egrave evidente che laquothe Empire represented the true the perfect democracyraquo (GCSTARR The perfect democracy of the roman empire in laquoAmerican Historical ReviewraquoLVIII 1952 pp 1-16 p 12)

144 La traduzione egrave quella di Stroppa in CASSIO DIONE Storia Romana V libri

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LII-LVI introd di G CRESCI MARRONE trad di A STROPPA note storiche di F ROHR

VIO Milano Rizzoli 1998 Per come venisse intesa la libertagrave in rapporto al regime im-periale romano cfr eg anche PLUT Mor 814 f PLIN Paneg 66 2-4 67 2 78 3 e MANT 1 14 su cui si veda il ldquoclassicordquo C WIRSZUBSKI Libertas as a political idea at Romeduring the late republic and early principate Cambridge Cambridge University Press1950 trad it Libertas il concetto politico di libertagrave a Roma tra Repubblica e ImperoBari Laterza 1957 pp 253-54 (ma si veda anche lrsquointero cap V pp 186-256) laquoQuel-lo che era stata la libertas populi Romani Quiritium finigrave col diventare libertas Augustila libertagrave che lrsquoimperatore accorda al suo popolo o secondo lrsquoespressione di MarcoAurelio ἐλευθερίαν τῶν ἀρχομένων Libertas ora significa rispetto per la persona e lalibertagrave del cittadino sicurezza e benessere ma posta comrsquoegrave sotto tutela essa non si-gnifica affatto indipendenza cosigrave come in un regime assolutistico non egrave per nulla undiritto politicoraquo

145 PLATONE Politico 291d-293e Repubblica VIII 544a146 ARISTOTELE Politica III 1279a-b IV 1289a-b147 CHIESA-TABARRONE Monarchia cit p 51 ad I XII 9148 Questa particolare forma di regime politico come egrave stato giustamente osser-

vato egrave infatti piugrave laquoun modo di analizzare e di interpretate una realtagrave politicaraquo cheuna realtagrave politica vera e propria C CARSANA La teoria della costituzione mista nel-lrsquoetagrave imperiale romana Como New Press 1990 p 7 Giagrave Platone (Leggi 712d) in-terpreta in questo modo il sistema politico spartano e lo giudica piugrave stabile propriopercheacute misto e moderato Aristotele lo apprezza in Politica II 6 1265b-1266a e inter-preta cosigrave quello dellrsquoAtene di Solone (Pol 1273b)

stituito in Dante (oltre che da una evidente e palese diversa conce-zione di ldquolibertagrave della personardquo) dallrsquoidea che lrsquoimperatore possa co-stituire un correttivo alla degenerazione dei vari sistemi politici Ladistinzione fra regimi laquorettiraquo e laquodegeneratiraquo egrave antica giagrave presente inPlatone145 e poi in Aristotele146 da cui la riprende lrsquoAlighieri147 Uncorrettivo a questo inevitabile corrompersi delle forme politiche futrovato nel modello della ldquocostituzione mistardquo148 e fu applicato daPolibio alla realtagrave politica romana individuando lrsquoelemento monar-chico nei consoli quello aristocratico nel senato e quello democra-tico nelle assemblee popolari un meccanismo di controlli reciprocifra questi tre elementi poteva assicurarne lrsquoequilibrio in modo darendere stabile questa forma di governo e non soggetta a decaden-za come quella delle costituzioni ldquosemplicirdquo (POLYB VI 11-18) An-che Cicerone nel De republica (I 69 II 57) aveva posto a fondamen-to del suo stato ideale una laquocostituzione mista e temperataraquo fonda-ta perograve sul contemperamento di tre principi (potestas auctoritas li-bertas) presenti in una classe dirigente unita e non come in Polibio

sullrsquoequilibrio di tre poteri (consoli senato popolo) che si contrap-pongono149 E nella Roma imperiale Elio Aristide non rinunceragrave ausare questo modello interpretativo150 laquoavendo infine rivolto losguardo allrsquolsquoefororsquo e al lsquopritanorsquo di tutto questo ndash scil lrsquoimperatore ndashgrazie al quale al popolo egrave dato di ottenere ciograve che desidera e ai lsquopo-chirsquo di governare e di avere potere vedragrave proprio colui che detienela monarchia piugrave perfetta libera dai mali della tirannide e superio-re ad ogni prestigio di reraquo (A Roma 90) Un precedente dellrsquoideadantesca che lrsquoimperatore impedisca la deviazione dei regimi costi-tuzionali si puograve quindi forse rintracciare nel ruolo attribuito allrsquoim-peratore romano come garante di unrsquoeffettiva realizzazione della co-stituzione mista in quanto il suo potere costituirebbe quellrsquoelemen-to monarchico che non elimina ma anzi garantisce il giusto svolgi-mento delle prerogative degli altri due elementi (aristocrazia e po-polo) Ma si tratta comunque di un ruolo che si esercita allrsquointernodi un unico organismo politico e che non ammette quindi lrsquoesisten-za separata dei tre regimi Del resto anche in etagrave medievale lo stes-so Tommaso nella Summa theologiae intende la costituzione mistacome contemperamento dellrsquounico regime monarchico attraverso lealtre due forme di governo151 Diversa evidentemente la concezio-ne di Dante secondo il quale lrsquoimperatore dovrebbe garantire il cor-

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149 Cfr in particolare JL FERRARY LrsquoArcheacuteologie du De re publica (224-37-63)Ciceacuteron entre Polybe et Platon in laquoJournal of Roman Studiesraquo LXXIV 1984 pp 87-98

150 Del resto il modello della ldquocostituzione mistardquo presente nel dibattito politi-co greco giagrave nel IV secolo come dimostrano le testimonianze di Platone e Aristotelesopra citate dovette in seguito imporsi nel III secolo nellrsquoambito delle scuole peripa-tetiche e stoiche per laquola volontagrave di definire un sistema di relazione tra basileus clas-se di governo cittadina e masse popolari allrsquointerno della nuova polis ellenisticaraquoCARSANA La teoria della costituzione mista nellrsquoetagrave imperiale romana cit p 15

151 Summa Theol Ia-IIae q 105 a 1 laquoTalis enim est optima politia bene com-mixta ex regno inquantum unus praeest et aristocratia inquantum multi principan-tur secundum virtutem et ex democratia idest potestate populi inquantum ex po-pularibus possunt eligi principes et ad populum pertinet electio principumraquo Invecenel commento alla Politica di Aristotele (Sententia libri Politicorum II 7 71-81) rico-nosce la maggior stabilitagrave del regime misto vero e proprio cfr S SIMONETTA Rime-scolare le carte Il tema del governo misto in Tommaso drsquoAquino e nella riflessione po-litica tardomedievale in Governo misto ricostruzione di unrsquoidea a cura di D FELICENapoli Liguori 2011 pp 161-93 con altra bibliografia sul tema

retto funzionamento delle varie forme di governo senza perograve abo-lirne alcuna laquola monarchia universale non egrave intesa come un gover-no che sostituisca o abroghi tutte le altre come una sorta di illumi-nata dittatura le normali forme di governo in cui egrave organizzata lasocietagrave nella loro varietagrave continuano a esistere in un contesto uni-versale che le preserva dalle deviazioni e garantisce cosigrave la libertagrave deisudditi In un certo senso si potrebbe dire che il monarca egrave un prin-cipio costituzionale del mondoraquo152

Questa funzione direttiva ma non invasiva dellrsquoimpero rispettoa tutte le altre forme politiche egrave ciograve che Dante sostiene anche nellapenultima argomentazione del I libro dove vuole dimostrare che ilgenere umano si trova nelle condizioni ideali quando egrave retto da unosolo153 Lrsquoautore si sente infatti in dovere di precisare che

questo non srsquoha da intendere sigrave che da lui immediatamente possano pro-venire le piugrave piccole decisioni di ciascun municipio mentre le stesse leggimunicipali sono talora imperfette ed abbisognano di discernimento comrsquoegravechiaro da ciograve che dice il Filosofo quando nel quinto libro [dellrsquoEtica] a Ni-comaco raccomanda lrsquoepiigravekia Ed invero le nazioni i regni e le cittagrave hanno co-stumi diversi lrsquouno dallrsquoaltro che occorre siano regolati con leggi diverse cheacuteappunto la legge egrave regola direttiva del vivere Cosigrave in un modo han da esserregolati gli Sciti i quali [hellip] dovendo sopportare una grande diversitagrave fra i

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152 CHIESA-TABARRONE Monarchia cit p 52 ad I XII 9 La stessa idea che spettiallrsquoimperatore intervenire per la reformatio dei regimi corrotti la troviamo nel De re-gimine civitatis di Bartolo da Sassoferrato cfr D QUAGLIONI Politica e diritto neltrecento italiano Il laquoDe tyrannoraquo di Bartolo da Sassoferrato (1314-1357) Con lrsquoedizio-ne critica dei trattati laquoDe Guelphis et Gebellinisraquo laquoDe regimine civitatisraquo e laquoDe ty-rannoraquo Firenze Olschki 1983 p 163 ll 315-24 dove si sottolinea il ruolo svoltodallrsquoimperatore Carlo IV nella riforma del governo di Siena e p 164 ll 354-57 Ladatazione del De regimine civitatis egrave da collocarsi tra il 1355 e il 1357 cfr D QUA-GLIONI laquoRegimen ad populumraquo e laquoregimen regisraquo in Egidio Romano e Bartolo da Sas-soferrato in laquoBullettino dellrsquoIstituto Storico Italiano per il Medio Evo e Archivio Mu-ratorianoraquo 87 1978 pp 201-28 p 201 n 1 Ma cfr anche quanto afferma sempreBartolo nelle glosse alle costituzioni pisane di Enrico VII (metagrave XIV secolo) laquocum im-perium fuit in statu et in tranquillitate totus mundus fuit in pace et tranquillitate uttempore Octaviani Augusti et cum Imperium fuit prostratum insurrexerunt diraetyrannidesraquo (in D QUAGLIONI Empire et monarchie aspects du deacutebat juridique citp 39)

153 Con la dimostrazione sulla quale non ci soffermiamo che laquoquod potest fieriper unum melius est per unum fieri quam per pluraraquo Mon I XVI 1-3

giorni e le notti sono oppressi da un rigore quasi intollerabile del freddo ein altro modo i Garamanti che abitando sotto il circolo equinoziale e tro-vandosi ad avere sempre la luce del digrave di durata eguale alle tenebre della not-te per il soverchio calore dellrsquoaria non tollerano di coprirsi di vesti Ma srsquohada intendere in guisa che il genere umano sia retto da lui in quello che ha dicomune e che compete a tutti gli uomini e con norma comune sia guidato al-la pace la qual norma o legge i principi particolari han da ricevere da lui(Mon I XIV 4-7)154

Il confronto con un passo del De regimine principum permette diprecisare meglio il pensiero dantesco Tolomeo da Lucca dalla con-statazione delle differenze di struttura fisica e di stile di vita fra quan-ti vivono in luoghi diversi fa infatti discendere lrsquoopportunitagrave di adat-tare la forma di governo (dispotico o politico) allrsquoindole servile o vi-rile e coraggiosa (cioegrave di chi laquoconfida nella forza del suo intellettoraquo)dei vari popoli in modo analogo a quanto avevano affermato gli an-tichi Greci fra cui Aristotele nella Politica a cui Tolomeo rimandaesplicitamente155 Dante invece si richiama ad Aristotele solo per ilprincipio della ἐπιείκεια156 ovvero per quella capacitagrave di adattare la

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154Mon I XIV 4-6 laquoSed humanum genus potest regi per unum suppremum prin-cipem qui est Monarcha Propter quod advertendum sane quod cum dicitur lsquohuma-num genus potest regi per unum suppremum principemrsquo non sic intelligendum estut minima iudicia cuiuscunque municipii ab illo uno inmediate prodire possint cumetiam leges municipales quandoque deficiant et opus habeant directivo [hellip] Habentnanque nationes regna et civitates intra se proprietates quas legibus differentibusregulari oportet est enim lex regula directiva vite Aliter quippe regulari oportet Sci-thas qui extra septimum clima viventes et magnam dierum et noctium inequalitatempatientes intolerabili quasi algore frigoris premuntur et aliter Garamantes qui subequinoctiali habitantes et coequatam semper lucem diurnam noctis tenebris habentesob estus aeris nimietatem vestimentis operiri non possuntraquo

155De regimine principum IV 8 e ARISTOTELE Polit VII 1327b Ma prima cfr an-che PS IPPOCRATE Sulle arie sulle acque e sui luoghi specialmente al cap 12 PLATO-NE Leggi V 747c-e

156 ARISTOTELE Eth V 1137b ma cfr anche TOMMASO Summa theol IIa-IIaeq 120 a 1 laquocum de legibus ageretur quia humani actus de quibus leges dantur insingularibus contingentibus consistunt quae infinitis modis variari possunt non fuitpossibile aliquam regulam legis institui quae in nullo casu deficeret sed legislatoresattendunt ad id quod in pluribus accidit secundum hoc legem ferentes quam tamenin aliquibus casibus servare est contra aequalitatem iustitiae et contra bonum com-mune quod lex intendit [hellip] In his ergo et similibus casibus malum esset sequi le-

legge alle varie circostanze insita anche nel concetto latino di aequi-tas157 La diversitagrave dei luoghi sembra allora solo richiedere misureparticolari per lo piugrave di ordine ldquopraticordquo ma la differenza fra i va-ri regimi politici che abbiamo vista riconosciuta e garantita nel XIIcapitolo della Monarchia non egrave assolutamente stabilita su basi etni-che158 Lrsquoimperatore puograve cosigrave dettare una comunis regula che riguar-di ciograve che egrave comune a tutto il genere umano percheacute questo sia con-dotto ad pacem159

La giurisdizione imperiale su nationes regna et civitates cosigrave co-me era intesa da Dante e dai giuristi medievali160 era evidentemen-

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gem positam bonum autem est praetermissis verbis legis sequi id quod poscit iusti-tiae ratio et communis utilitas Et ad hoc ordinatur epieikeia quae apud nos dicituraequitasraquo

157 Cfr SCHIAVONE Ius cit p 259 con passi citt a p 461 nota 47 Ma vd ancheil passo sopra riportato di Tommaso Sempre in TOMMASO Summa theol Ia-IIae q 95a 1 troviamo la definizione laquolex omnis directiva est actuum humanorumraquo

158 Cfr EM PETERS The Frowning Pages Scythians Garamantes Florentinesand the Two Laws in The lsquoDivine Comedyrsquo and the Encyclopedia of Arts and Scienceed by GC Di Scipio and A Scaglione Amsterdam-Philadelphia John Benjamins Pu-blishing Company 1988 pp 285-314 ristampato con la medesima impaginazione inID Limits of thought and power in Medieval Europe Aldershot-Burlington [VT]Ashgate 2001 specialmente pp 298-99 dove si sostiene che il riconoscimento di laquoacertain degree of local autonomy in lawmakingraquo ai popoli come gli Sciti e i Garamantiposti rispettivamente allrsquoestremo nord e sud dellrsquoecumene serva per contrasto asottolineare come invece i popoli al centro dellrsquoimpero non possano in nessun aspet-to derogare da quella laquoimperial lawraquo che coincide con la laquoratio scriptaraquo

159Mon I XIV 7 laquoSed sic intelligendum est ut humanum genus secundum sua co-munia que omnibus competunt ab eo regatur et comuni regula gubernetur ad pacemQuam quidem regulam sive legem particulares principes ab eo recipere debentraquo

160 laquoIl faudrait toujours rappeler que durant le Moyen Acircge juridique et politiqueles concepts de souveraineteacute et drsquoautonomie srsquoexpriment dans la figure du ldquoseigneurlontainrdquo drsquoun pouvoir impeacuterial drsquoun imperium dont lrsquoexistence est neacutecessaire pourassurer toute une construction eacutethico-juridique mais qui ne peut avoir la preacutesence me-naccedilante drsquoun pouvoir envahissant et despotiqueraquo QUAGLIONI Empire et monarchieaspects du deacutebat juridique cit p 41 Ma cfr anche Mon III X 10 laquoImperium est iu-risdictio omnem temporalem iurisdictionem ambitu suo comprehendensraquo dove Dan-te ricalca la formula della l Omnis iurisdictio vd sempre D QUAGLIONI Il diritto co-mune pubblico e le leggi di Roncaglia nuove testimonianze sulla l laquoOmnis iurisdictioraquoin Gli inizi del diritto pubblico lrsquoetagrave di Federico Barbarossa legislazione e scienza deldiritto = Die Anfaenge des oeffentlichen Rehts Gesetzgebung im Zeitalter FriedrichBarbarossas und das gelehrte Recht Bologna-Berlin Il Mulino-Duncker amp Humblot

te ben diversa da quella esercitata dallrsquoantica Roma sui vari popoli ecittagrave caduti sotto il suo dominio ma lrsquoautonomia nel senso etimo-logico del termine delle varie cittagrave (specialmente nelle provinceorientali)161 era comunque stata un fattore giuridico e ideologico digrande importanza nel costituirsi e stabilizzarsi dellrsquoantico imperoromano cosigrave come lrsquoidea di una ldquodoppia cittadinanzardquo ovvero diquella romana e di quella della propria civitas di provenienza a sca-pito di ogni piugrave vasta realtagrave etnico-provinciale162 E molto probabil-mente giagrave Ottone di Frisinga contemporaneo e amico di FedericoBarbarossa quando aveva definito il potere dellrsquoimperatore comeun patrocinium sul mondo163 aveva voluto ricollegarsi a questo ca-rattere non ldquomonoliticordquo dellrsquoantico impero romano

FRANCESCA FONTANELLA96

2007 p 47-65 (Annali dellrsquoIstituto storico italo-germanico Contributi = Jahrbuchdes Italienisch-deutschen historisches Instituts in Trient Beitraumlge 19) ID Vecchie enuove testimonianze sulla l laquoOmnis iurisdictioraquo in Iuris historia liber amicorum Ge-ro Dolezalek a cura di V COLLI E CONTE Berkeley Calif Robbins Collection 2008p 89-104 Ma vd anche supra gli studi citati alla n 134

161 Come durante il periodo della sua espansione in Italia Roma aveva in alcunicasi permesso alle varie cittagrave italiche di mantenere in parte i loro ordinamenti (Li-neamenti di storia del diritto romano sotto la direzione di M Talamanca Giuffregrave Mi-lano 1989 pp 247-50) cosigrave in seguito concede a molte cittagrave dellrsquoOriente greco la con-dizione di civitates liberae foederate o sine foedere la cui autonomia sempre relativanaturalmente ovvero la possibilitagrave di governarsi in alcuni ambiti secondo proprie leg-gi era sancita o meno da un trattato cfr Lineamenti di storia del diritto romano citpp 506-10 e V MAROTTA Conflitti politici cittadini e governo provinciale NapoliLoffredo 2004 pp 17-23 con note e bibliografia Il diritto allrsquoautonomigravea e allrsquoeleu-therigravea che consisteva oltre che nel potersi governare con leggi proprie e nel non pa-gare tributi anche nella libertagrave dallrsquoinvio di presidi esterni era considerato il fonda-mento stesso della polis greca di etagrave classica e venne ribadito da Flaminino quando nel196 aC proclamograve la libertagrave della Grecia (POLYB XVIII 46 5) cfr M SORDI Intro-duzione dalla lsquokoinegrave eirenersquo alla lsquopax Romanarsquo cit pp 3-16 EAD Panellenismo elaquokoine eireneraquo in I Greci a cura di S Settis 2 III Una storia greca TrasformazioniTorino Einaudi 1998 pp 5-20 con fonti e bibliografia

162 Lrsquoosservazione egrave piugrave che appurata e documentata nella stragrande maggio-ranza degli studi sullrsquoantico impero romano rimando solo al recente S RODA Il mo-dello della repubblica imperiale romana fra mondo antico e moderno Milano Mon-duzzi 2011 in particolare pp 5-74 e 145-53 Sulla doppia cittadinanza nel mondo ro-mano rimando al ldquoclassicordquo AN SHERWIN-WHITE The Roman citizenship OxfordClarendon Press 19732 (1 ed 1939) pp 271-72 e 291-311

163 laquoAd imperatorem totius orbis spectat patrociniumraquo ChroniconVII 34 (MHGScriptores rerum Germanicarum in usum scholarum separatim editi vol 45 OTTONIS

La sovranitagrave imperiale cosigrave come egli la concepiva si estendeva infattisulle nazioni i principati e le cittagrave della cristianitagrave occidentale ma lrsquoimpera-tore non intendeva sostituirsi ai loro governanti nellrsquoesercizio quotidiano del-lrsquoautoritagrave Cosigrave come la Roma antica aveva rispettato almeno formalmentele autonomie municipali e ammesso la doppia cittadinanza [hellip] allrsquoimpera-tore bastava che tutti papa compreso riconoscessero il carattere universaledel suo potere che veniva da Dio e faceva di lui lrsquoincarnazione della giusti-zia e della legge164

E cosigrave viene tratteggiato lrsquoimpero nel I libro della Monarchia unimpero garante della pace assicurata attraverso lrsquoesercizio della giu-stizia e di un diritto che pur nel rispetto delle ldquoautonomie localirdquodetta ai particulares principes una regulam sive legem (Mon I XIV 7)anche a tutela della libertagrave dei singoli cives165

24 laquoRomanum Imperium [hellip] a Deo volitum et per consequensde iure fuit et estraquo (Mon II IV 4)

Il II libro della Monarchia egrave interamente dedicato a dimostrareche i Romani costituirono di diritto il loro Impero e non giagrave unica-mente con la forza cosa questrsquoultima che lo stesso Dante ammettedi aver in precedenza pensato166

Lrsquoautore vuole stabilire anzitutto (come nel primo libro) una ve-ritagrave a cui fare riferimento costante nel seguito della argomentazione(Mon II II 1) e per questo osserva che quanto esiste di bene nel

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EPISCOPI FRISINGENSIS Chronica sive Historia de duabus civitatibus editio altera re-cognovit A HOFMEISTER Hannoverae et Lipsiae Impensis bibliopolii Hahniani1912 p 367)

164 A GIARDINA-A VAUCHEZ Il mito di Roma Da Carlo Magno a Mussolini Ro-ma-Bari Laterza 2000 p 44

165 Ma cfr anche il sect 23 dellrsquoEpistola VI ai Fiorentini dove lrsquoAlighieri sostiene chechi cospira contro lrsquoimperatore non egrave libero in quanto solo lrsquoobbedienza alle leggi dagravela libertagrave e lrsquoimperatore egrave laquolegum princeps itaque solis existentibus liberis qui vo-luntarie legi obediunt quos vos esse censebitis qui dum pretenditis libertatis affec-tum contra leges universas in legum principem conspiratisraquo

166Mon II I 2 laquoAdmirabar equidem aliquando romanum populum in orbe ter-rarum sine ulla resistentia fuisse prefectum cum tantum superficialiter intuens il-lum nullo iure sed armorum tantummodo violentia obtinuisse arbitrabarraquo

mondo deriva da Dio e che quindi il diritto che egrave un bene si trovainnanzitutto nella mente divina ed egrave da Dio voluto167 Ma se il dirit-to egrave immagine della volontagrave divina chiedersi se una cosa sia statafatta di diritto equivale allora chiedersi se sia stata fatta secondo lavolontagrave di Dio168 da ciograve discende il principio su cui si fonderagrave tut-ta lrsquoargomentazione del II libro che quanto Dio vuole in seno alla so-cietagrave umana deve essere stimato come vero e puro diritto169 Postoquesto principio Dante per dimostrare il diritto dei Romani allrsquoIm-pero ricorreragrave a fatti incontestabili e a testimonianze autorevoli ca-paci di render manifesta lrsquoinvisibile volontagrave di Dio che ha voluto lrsquoaf-fermazione dellrsquoimpero romano170 Non credo che questa premessasia sufficiente a definire la posizione di Dante in tema di diritto co-me una posizione laquovolontaristicaraquo tout court (laquola giustizia non comeespressione della ragione ma dellrsquoimperscrutabile volontagrave di Dioraquo)opposta a quella laquorazionalisticaraquo propria a S Tommaso171 e pertan-

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167Mon II II 4 laquoEx hiis iam liquet quod ius cum sit bonum per prius in menteDei est et cum omne quod in mente Dei est sit Deus iuxta illud ldquoQuod factum estin ipso vita eratrdquo et Deus maxime se ipsum velit sequitur quod ius a Deo prout ineo est sit volitum Et cum voluntas et volitum in Deo sit idem sequitur ulterius quoddivina voluntas sit ipsum iusraquo

168 Mon II II 5-6 laquoEt iterum ex hoc sequitur quod ius in rebus nichil est aliudquam similitudo divine voluntatis unde fit quod quicquid divine voluntati non con-sonat ipsum ius esse non possit et quicquid divine voluntati est consonum ius ipsumsit Quapropter querere utrum de iure factum sit aliquid licet alia verba sint nichiltamen aliud queritur quam utrum factum sit secundum quod Deus vultraquo

169 Mon II II 6 laquoHoc ergo supponatur quod illud quod Deus in hominum so-tietate vult illud pro vero atque sincero iure habendum sitraquo

170 Mon II II 7-8 laquoPropter quod sufficienter argumenta sub invento principioprocedent si ex manifestis signis atque sapientum autoritatibus ius illius populi gloriosiqueratur Voluntas quidem Dei per se invisibilis est et invisibilia Dei ldquoper ea que fac-ta sunt intellecta conspiciunturrdquo nam occulto existente sigillo cera impressa de illoquamvis occulto tradit notitiam manifestam Nec mirum si divina voluntas per signaquerenda est cum etiam humana extra volentem non aliter quam per signa cernaturraquo

171 Cosigrave Fassograve che a proposito di Tommaso afferma laquola legge naturale fonte an-che della legge umana egrave conformemente allrsquoinsegnamento classico ragione ragionenaturale Il criterio grazie al quale lrsquouomo distingue il bene dal male e che gli egrave guidae regola nelle sue azioni egrave la sua ragione Questa ragione egrave parte (participatio) della ra-gione divina che egrave legge eterna ma lrsquouomo la trova in seacute nella propria natura e la stes-sa legge eterna alla quale essa puograve essere ricondotta egrave razionalitagrave non volontagrave arbi-traria di Dio percheacute Dio nel quale volontagrave e ragione coincidono non puograve volere se

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non ciograve che egrave razionale La ragione umana certo egrave limitata mentre quella divina nonha limiti e corrispondentemente la legge naturale non egrave che una parte della leggeeterna ma in ciograve per cui la prima partecipa della seconda esse sono ugualiraquo (FASSOgraveStoria della filosofia del diritto I cit p 215) Mentre a proposito di Dante laquouno deipochi argomenti a proposito dei quali il sommo poeta si allontana dal tomismo e dal-lrsquoaristotelismo accogliendo invece concezioni volontaristiche di ispirazione agosti-niana egrave quello della giustizia e del diritto Egli intende infatti la giustizia non comeespressione della ragione ma dellrsquoimperscrutabile volontagrave di Dio fino a rappresen-tarla come inaccessibile alla conoscenza umanaraquo (p 221)

172 Lrsquoespressione laquoinvenzione del dirittoraquo si riferisce evidentemente al sottotito-lo del volume di Schiavone (Ius) piugrave volte citato alle cui pagine rimando ancora lagravedove si sottolinea proprio lrsquoalto grado di razionalitagrave a cui il ius era giunto giagrave nellrsquoul-timo secolo della Repubblica grazie a una laquorivoluzione scientificaraquo che aveva tra-sformato le norme da laquoatti di volontagraveraquo a laquoatti di conoscenza e di applicazione di unascienzaraquo in modo da ridurre i rapporti sociali a un laquoquadro di formeraquo che impone-vano laquoalla ragione un continuo sforzo di adeguamento in cui innanzitutto consiste-va la veritagrave del dirittoraquo SCHIAVONE Ius cit pp 246-47 ma cfr anche pp 171-97con p 177 laquola regola giuridica non sarebbe apparsa altrimenti che come un atto diconoscenza e non di volontagrave un adeguamento del pensiero allrsquoessere il risultato diunrsquooperazione conoscitiva razionalmente controllabile in ogni sua fase del tutto sot-tratta allrsquoarbitrio alla sopraffazione al dominioraquo

173 Riportato supra alla n 167174Mon II II 2-4 laquoEst enim natura in mente primi motoris qui Deus est deinde

to di fatto lontana da quel diritto che fu una assoluta laquoinvenzioneraquodella ragione umana ovvero di quella romana172 O almeno si devericonoscere nellrsquoopera dellrsquoAlighieri la presenza di differenti conce-zioni del diritto che variano in funzione dei diversi contesti argo-mentativi e che quindi non risultano sempre facilmente conciliabi-li fra loro E infatti abbiamo visto sopra un passo del Convivio (IVIX 8-9) in cui il diritto egrave proprio quel ius ereditato dai Romani di cuisi riconosce lrsquoascendenza giusnaturalistica e quindi la conformitagrave auna laquoratio summa insita in naturaraquo (per dirla con Cicerone nel De le-gibus I 18) di cui egrave partecipe la ragione umana evidentemente que-sta ratio non potragrave per Dante non essere compresa anche e innanzi-tutto nella mens Dei e non potragrave quindi essere in contrasto colla Suavolontagrave in questo senso forse si puograve leggere quanto affermato nelII capitolo del II libro della Monarchia (Mon II II 4)173 anche percheacutenei primi paragrafi di questo stesso capitolo Dante si egrave preoccupa-to di ribadire il nesso fra Dio e la natura che laquoegrave nella mente del pri-mo motore che egrave Dioraquo (II II 2) proprio come il diritto174 E nel VI ca-

pitolo sempre del II libro si istituisce unrsquoesplicita equivalenza fralrsquoordine stabilito dalla natura e il diritto175 E ancora il principio sucui si fonderanno tutte le argomentazioni del successivo III libro egravela laquoirrefragabilis veritas [hellip] quod illud quod nature intentioni re-pugnat Deus nolitraquo (Mon III II 2) Tutti passi da cui difficilmente sipuograve dedurre che Dante concepisca il diritto come espressione di unavolontagrave divina assolutamente arbitraria rispetto alle leggi della naturae rispetto quindi anche alla ragione naturale dellrsquouomo176

Certo che in questo II libro della Monarchia aver posto il prin-cipio che quanto avviene tra gli uomini egrave conforme al diritto quan-do coincide con la volontagrave di Dio significa poi dedurre la presenzadel ius semplicemente da fatti favoriti consentiti insomma ldquovolutirdquoda Dio Cosigrave ad esempio nel IV capitolo Dante dopo aver definitoil miracolo come ciograve che avviene per intervento diretto della volon-tagrave di Dio indipendentemente dallrsquoordine naturale (Mon II IV 1)177sostiene che laquolrsquoImpero romano nel suo venire a perfezione fu aiuta-

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in celo tanquam in organo quo mediante similitudo bonitatis ecterne in fluitantemmateriam explicatur [hellip] et quod quicquid est in rebus inferioribus bonum cum abipsa materia esse non possit sola potentia existente per prius ab artifice Deo sit et se-cundario a celo quod organum est artis divine quam lsquonaturamrsquo comuniter appellantEx hiis iam liquet quod ius cum sit bonum per prius in mente Dei estraquo

175 Mon II VI 3 laquolrsquoordine naturale nelle cose non puograve mantenersi senza il dirit-to poicheacute il fondamento del diritto egrave inseparabilmente connesso con questrsquoordinedunque egrave necessario che lrsquoordine si mantenga di dirittoraquo (laquoordo naturalis in rebus ab-sque iure servari non possit cum inseparabiliter iuris fundamentum ordini sit anne-xum necesse igitur est ordinem de iure servariraquo) ma su questo capitolo vd infra

176 Ancora esempi di questa connessione fra la volontagrave di Dio la natura e la ra-gione umana connessione che si esprime proprio nel diritto si possono riscontrareanche nella epistola VI dellrsquoAlighieri laquoNempe legum sanctiones alme declarant ethumana ratio percontando decernit [hellip]raquo (sect 7) o ancora laquoet hoc Deus et natura nonvult et mortalium penitus abhorreret adsensusraquo sectsect 22 laquosacratissimis legibus que ius-titie naturalis imitantur ymaginemraquo (ibidem) Ma cfr anche lrsquoinizio di questa stessaEpistola (sect 2) dove di particolare interesse appare il nesso stabilito fra provvidenza di-vina impero e una vita ldquocivilerdquo secondo quanto richiede la ldquonaturardquo laquoEterni pia pro-videntia Regis [hellip] sacrosancto Romanorum Imperio res humanas disposuit guber-nandas ut sub tanti serenitate presidii genus mortale quiesceret et ubique naturaposcente civiliter degereturraquo

177 Secondo la definizione di TOMMASO Contra gent III 101 (laquohaec autem quaepraeter ordinem communiter in rebus statutum quandoque divinitus fiunt miraculadici solentraquo) a cui Dante rimanda

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178 Mon II IV 4 laquoromanum Imperium ad sui perfectionem miraculorum suffra-gio est adiutum ergo a Deo volitum et per consequens de iure fuit et estraquo

179 Mon II IV 5 laquoQuod autem pro romano Imperio perficiendo miracula Deusportenderit illustrium autorum testimoniis comprobaturraquo Anche nellrsquoepistola V neisectsect 22-25 si sostiene che laquoDeum romanum Principem predestinasse relucet in miris ef-fectibus [hellip] Nam si a prima scintillula huius ignis revolvamus preterita ex quo scili-cet Argis hospitalitas est a Frigibus denegata et usque ad Octaviani triumphos mundigesta revisere vacet nonnulla eorum videbimus humane virtutis omnino culmina tran-scendisse et Deum per homines tanquam per celos novos aliquid operatum fuisseraquo

180 Dante cita LIVIO (cfr I 20 4 e V 54 7) e LUCANO Phars IX 477-80181 Anche qui sono ricordati LIVIO (cfr V 47 4-6) e multi scriptores illustres non

meglio precisati si cita infine VERG Aen VIII 652-56182 Di nuovo LIVIO (cfr XXVI 11 1-8)183 Anche in questo caso pur se non menzionata espicitamente la fonte potreb-

be essere LIVIO II 13 6-11 Ma in questi episodi osservano CHIESA-TABARRONE Com-mento in Monarchia cit p 93 ad II IV 3 laquomolti particolari cui Dante accenna nonsi ritrovano in Livio ma sono riferiti da altri storici romani senza che qualcuno di es-si sia identificabile con sicurezza come fonte diretta Lo scrittore sta probabilmentericordando a memoria episodi vulgati che erano di dominio comune negli ambientiscolastici e circolavano con piccole varianti narrative la menzione di Livio vuole rial-lacciarsi alla tradizione piugrave nobile della storiografia romana anticaraquo

184 Vd supra e n 62

to dal concorso di miracoli dunque fu voluto da Dio e per conse-guenza fu ed egrave di dirittoraquo178 E laquoche poi Dio compiesse miracoli nelrecare a perfezione lrsquoImpero romano egrave dimostrato dalla testimo-nianza illustrium autorumraquo179 Gli esempi della storia romana ripor-tati in questo capitolo con la menzione degli laquoillustri autoriraquo che litestimoniano sono quello dellrsquoancile caduto mentre Numa sacrifi-cava agli degravei180 quello delle oche del Campidoglio181 quello dellagrandinata che avrebbe dissuaso Annibale dal dirigersi verso Ro-ma182 e quello della traversata del Tevere a nuoto di Clelia183 Da os-servare che nel passo del Convivio in cui Dante voleva ugualmentedimostrare lrsquointervento divino a favore dei Romani abbiamo trova-to solo uno di questi esempi quello delle oche del Campidoglio glialtri esempi del primo trattato mostravano infatti lrsquointervento divi-no ma ldquomediatordquo se cosigrave si puograve dire dalla virtus umana che costi-tuiva il focus della argomentazione dantesca184 Nella Monarchia in-vece Dante vuole piugrave propriamente dimostrare lrsquointervento direttodel ldquosoprannaturalerdquo come segno della volontagrave divina che egrave inter-

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185 Cfr CHIESA-TABARRONE Commento in Monarchia cit p 92 ad II IV 3 e p 93dove di nuovo si osserva che quella di Dante egrave laquouna prospettiva ricalcata su quella vir-giliana che legge la storia romana antica come preparazione dellrsquoimpero di Augustodestinato a portare a pienezza il progettoraquo

186 E anche nel caso in cui lrsquoimpresa sembra piugrave dovuta alla prodezza umana ecioegrave in quello di Clelia Dante sottolinea che la giovane fu laquomiro Dei auxilio adiutaraquo(Mon II IV 10) Ancora piugrave netta quindi la distanza da Agostino che se poteva in cer-ta misura riconoscere i meriti della virtus romana certamente non accettava ma an-zi confutava lrsquointervento della divinitagrave nei piugrave famosi episodi della storia di Roma pa-gana cfr ad es De civitate II 2 III 20

venuta nellrsquoantica storia di Roma ovvero nella fase formativa di quel-lrsquoimpero che ne costituiragrave poi la compiuta realizzazione185 non egrave in-fatti un caso che per la seconda guerra punica si ricordi la grandinee non la laquofranchezzaraquo di laquoquel benedetto Scipioneraquo (Convivio IV V19)186

25 laquoRomanus populus per duellum acquisivit Imperium ergo deiure acquisivitraquo (Mon II IX 21)

Anche nei capitoli VII-IX del II libro la concezione di Dante inmateria di diritto appare a prima vista assolutamente volontaristicaDopo aver distinto nel VII capitolo fra le vicende in cui il giudizio diDio (divinum iudicium) egrave manifesto (o grazie alla ragione o grazie al-la fede Mon II VII 1-6) e quelle in cui egrave occulto (Mon II VII 7)Dante distingue in questrsquoultimo caso quando tale giudizio irrag-giungibile dallrsquouomo si palesa attraverso una rivelazione diretta omediante una prova decisiva (ibidem) La rivelazione mediante unaprova si ha o con un sorteggio o con un leale confronto (laquoaut sorteaut certamineraquo VII 9) e di nuovo allrsquointerno del certamen si distinguequando questo avviene laquoex collisione virium sicut fit per duellumraquooppure quando avviene laquoex contentione plurium ad aliquod signumprevalere conantium sicut fit per pugnam athletarum currentiumad braviumraquo (ibidem) LrsquoVIII e il IX capitolo illustrano invertendolrsquoordine prima enunciato come il giudizio divino nei due tipi di cer-tamina si sia palesato a favore dei Romani lrsquoVIII dimostrando chelaquoRomanus populus cunctis athletizantibus pro imperio mundi pre-

valuitraquo (VIII 2) il IX che laquoromanus populus per duellum acquisivitImperium ergo de iure acquisivitraquo (IX 21)

In particolare nellrsquoVIII si dimostra che i Romani sono riusciti araggiungere quella meta che consiste in laquoomnibus preesse mortali-bus hoc enim lsquoImperiumrsquo dicimusraquo meta che laquonulli contigit nisi ro-mano populoraquo (VIII 2) dato che non era stata raggiunta dagli altrildquocontendentirdquo ovvero dagli Assiri dagli Egiziani dai Persiani e daiMacedoni (VIII 3-10) Qui Dante riprende il ben noto motivo dellasuccessione degli imperi che pur con variazioni sia negli imperi elen-cati sia nel valore ideologico attribuitole si puograve considerare laquounacostante del pensiero politico-storico grecoraquo187 trovandosi in Ero-doto in Ctesia (dove egrave giagrave presente la sequenza di Assiria Media ePersia) e quindi negli scrittori greci di etagrave ellenistica188 Si discute selrsquoorigine di tale teoria sia greca189 o non piuttosto orientale rintrac-ciabile nellrsquoambito di testi iranici eo delle profezie dinastiche babi-lonesi190 Qualunque ne sia lrsquoorigine essa ricorre nel libro di Danie-le (II 31-35 e VII 1-7) di ambiente ellenistico-giudaico dove perogravenon vengono identificati esplicitamente i vari imperi che si succe-

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187 A MOMIGLIANO Daniele e la teoria greca della successione degli imperi inlaquoRendiconti dellrsquoAccademia Nazionale dei Lincei Classe di Scienze Morali Storichee Filologicheraquo XXXV 1980 pp 157-62 ora in ID La Storiografia Greca Torino Ei-naudi 1982 pp 293-301 p 295

188 Cfr D MENDELS The Five Empires a Note on a Propagandistic Topos inlaquoAmerican Journal of Philologyraquo CII 1981 pp 330-37 A MOMIGLIANO The originsof Universal History in laquoAnnali della Scuola Superiore Normale di Pisaraquo XII 1982pp 533-60 ora in ID Settimo contributo alla storia degli studi classici e del mondo an-tico Roma Edizioni di Storia e Letteraura 1984 pp 77-103 JM ALONSO NUacuteNtildeEZTrogue-Pompeacutee et lrsquoimpeacuterialisme romain in laquoBulletin de lrsquoAssociation G Budeacuteraquo 1990pp 72-86 p 83 JL FERRARY Lrsquooikoumene LrsquoOrient e lrsquoOccident drsquoAlexandre leGrand agrave Auguste histoire et historiographie in Convegno per Santo Mazzarino Attidel Convegno (Roma 9-11 maggio 1991) Roma LrsquoErma di Bretschneider 1998 pp97-132 specialmente pp 122-30

189 Cosigrave tutti gli studi citati alla nota precedente 190 Cfr JW SWAIN The theory of the four monarchies Opposition History under

the Roman Empire in laquoClassical Philologyraquo XXXV 1940 pp 1-21 D FLUSSER Thefour Empires in the fourth Sybil and in the book of Daniel in laquoIsrael Oriental StudiesraquoII 1972 pp 148-75 e M MAZZA Roma e i quattro imperi Temi della propaganda nel-la cultura ellenistico-romana in laquoStudi e materiali di storia delle religioniraquo LXII 1996pp 315-50 specialmente pp 333-45

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191 PL 25 coll 503-504 528-530 Ma lrsquoinserzione di Roma (perograve come quinto im-pero dopo Assiria Media Persia e Macedonia) egrave giagrave attestata come ci informa unaglossa in VELLEIO PATERCOLO I 6 6 nellrsquoopera De annis populi Romani di un certoEmilio Sura non altrimenti noto databile probabilmente attraverso unrsquoanalisi inter-na del passo agli anni fra il 189 (sconfitta di Antioco III a Magnesia) e il 171 aC(prima della terza guerra Macedonica e di Pidna) SWAIN The theory of the four mo-narchies cit pp 2-12 MOMIGLIANO Daniele e la teoria greca della successione degliimperi cit p 294 JM ALONSO NUacuteNtildeEZ Aemilius Sura in laquoLatomusraquo XLVIII 1989pp 110-19 pp 110-12 ID Trogue-Pompeacutee et lrsquoimpeacuterialisme romain cit p 83 F GASCOacute La teoria de los cuatro imperios Reiteracioacuten y adaptacioacuten ideologica I Roma-nos y griegos in laquoHabisraquo XII 1981 pp 179-96 ora in ID Opuscola Selecta SevillaUniversidad 1996 pp 13-26 p 16 [contro questa datazione cfr MENDELS The FiveEmpires cit pp 330-32 (seconda metagrave I secolo aC) MAZZA Roma e i quattro im-peri cit pp 323-33 e FERRARY Lrsquooikoumene cit p 130 (etagrave cesariana)] Il tema pa-re ritrovarsi in POLIBIO (dove certamente crsquoegrave il paragone fra Roma e lrsquoegemonia spar-tana e lrsquoimpero macedone in I 2 1 ma forse anche proprio una menzione della suc-cessione ldquocanonicardquo degli imperi in XXXVIII 22 1-3 MOMIGLIANO Daniele e la teoriagreca della successione degli imperi cit pp 294-95 contra MAZZA Roma e i quattroimperi cit pp 318-23 e FERRARY Lrsquooikoumene cit pp 122 e 126 con nota 108) equindi in Pompeo Trogo che lo usa come schema per la sua storia universale (comesi evince dai Prologi unica parte dellrsquoopera pervenutaci al di fuori dellrsquoEpitome for-nitaci da Giustino) Nel contesto dellrsquoopera di Polibio e ancor di piugrave di quella di Pom-peo Trogo (per quello che possiamo ricostruire) lrsquouso del topos sembra perograve potergettare unrsquoombra sulla potenza romana insinuando lrsquoidea che essa potesse essere asua volta ldquorimpiazzatardquo da una nuova egemonia ALONSO NUacuteNtildeEZ Trogue-Pompeacutee etlrsquoimpeacuterialisme romain cit E GABBA Dionigi e la storia di Roma arcaica Bari Edi-puglia 1996 p 169 Bisogna arrivare a DIONIGI DI ALICARNASSO (I 2 1-4) e successi-vamente ad ELIO ARISTIDE (A Roma 91) e ad APPIANO (Praef 8-10) per trovare svol-to il tema in modo inequivocabilmente favorevole a Roma (mentre ancora in chiaveanti-romana lo troviamo in DIONE DI PRUSA Or LXXIX 6 su cui vd P DESIDERI Dionedi Prusa Un intellettuale greco nellrsquoimpero romano Messina-Firenze DrsquoAnna 1978pp 175-76 nota 5 e p 234)

dono Girolamo nel commento ai passi di Daniele (ripreso anchenella Glossa Ordinaria) li identifica con Babilonesi Persiani Mace-doni e Romani191 non menzionando quindi a differenza del passodella Monarchia gli Egiziani mentre Orosio in due passi delle Hi-storiae (II 1 4 VII 2 4) presenta la successione degli imperi dandolrsquoordine Babilonesi Macedoni Africani (Cartagine) Romani quan-do perograve tratta la storia dellrsquoOriente dettaglia i vari popoli e vi tro-viamo Nino e Semiramide (I 4) Vesoze re dellrsquoEgitto (I 14) Ciro (II6) e Serse (II 10) Ed infatti Dante rimanda esplicitamente ad Oro-

sio sia riguardo a Nino e Semiramide192 che riguardo a Vesoze193Sembra quindi ragionevole supporre che Dante abbia tenuto pre-sente lrsquoordine di Girolamo integrandolo con ciograve che leggeva nellestorie di Orosio194 per concludere infine che se il popolo Romanoprevalse su tutti gli altri laquode divino iudicio prevaluit et per conse-quens de divino iudicio obtinuit quod est de iure obtinuisseraquo (MonII VIII 15) Ma anche per questa argomentazione che si riferisce loabbiamo detto a quei casi in cui il giudizio divino non egrave raggiungi-bile tramite la ragione e che farebbe quindi coincidere il diritto so-lo con il riconoscimento di una volontagrave divina imperscrutabile al-lrsquouomo egrave stato ipotizzato che Dante avesse in mente un riferimentogiuridico rintracciabile nelle glosse sul certamen sacrum195

Ancora nel IX capitolo il presupposto che laquoquod per duellumacquiritur de iure acquiriturraquo (Mon II IX 1) in quanto anche il duel-lum egrave un certamen in cui si manifesterebbe il giudizio di Dio egrave un

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192Mon II VIII 3 laquoPrimus nanque in mortalibus qui ad hoc bravium anelavit Ni-nus fuit Assiriorum rex qui quamvis cum consorte thori Semiramide per nonagintaet plures annos ut Orosius refert imperium mundi armis temptaveritraquo Il riferimen-to a due versi delle Metamorfosi di OVIDIO (IV 58 e 88 nellrsquoepisodio di Piramo e Ti-sbe) dove si menzionano Nino e Semiramide sono laquopuri abbellimentiraquo CHIESA-TA-BARRONE Commento in Monarchia cit p 123 ad II VIII 4

193 Mon II VIII 5 laquoSecundus Vesoges rex Egipti ad hoc bravium spiravit etquamvis meridiem atque septentrionem in Asya exagitaverit ut Orosius memoratnunquam tamen dimidiam partem orbis obtinuitraquo Ma cfr F FABBRINI Paolo OrosioUno storico Roma Edizioni di Storia e Letteratura 1979 p 26 proprio in rapportoa questo capitolo della Monarchia

194 Cosigrave anche Kay in DANTErsquoSMonarchia Translated with a commentary by RKAY Toronto Pontifical Institute of mediaeval studies 1998 ad loc

195 Cfr CANCELLI sv Diritto romano in Enciclopedia Dantesca cit laquoNel di-fendere i Romani dallrsquoaccusa di latrocinio si richiama al duello ndash istituto come ognu-no sa di origine germanica ndash su cui si pronuncia il giudizio di Dio ma i contenden-ti sono detti anche atleti (Mn II VII e VIII) ciograve che si capirebbe poco se non fosse chei testi del diritto gli porgevano opportuni sostegni Qui sono considerati gli atletiche disputano un certamen sacrum (Cod 10 54 (53) c un) la cui posta non egrave la mer-ces ma il trionfo della virtugrave secondo quanto si esplicava alla gl Athletae ad DigXXVII 1 8 [6 6] Et erant athletae qui sine mercede virtutis gratia certabant et cer-taminibus sacris deserviebant Lrsquoaver quindi il popolo romano disputato un certamensacrum ndash quindi divino ndash e averlo vinto volta a volta contro i vari popoli non puogravenon indurre il duplice fondamento giuridico e divino del suo possesso e dominiodel mondoraquo

argomento in apparenza esclusivamente ricollegabile alla tradizionegermanica e in particolare longobarda introdotta con lrsquoeditto di Ro-tari del 643 sopravvissuta per qualche secolo ma quasi scomparsaallrsquoepoca di Dante anche percheacute combattuta laquosempre piugrave risoluta-mente dal magistero ecclesiastico e dalle scuola di giurispruden-zaraquo196 In questa argomentazione lrsquoAlighieri pare quindi distanziarsinettamente dalla tradizione giuridica romana Eppure come egrave sta-to anche di recente evidenziato la dimostrazione (Mon II IX 12-18)che romanus populus per duellum acquisivit Imperium ergo de iureacquisivit (Mon II IX 21) si svolge facendo continuo riferimento al-la laquoautoritagrave del De officiis di Cicerone [hellip] disseminato verbaliterlungo tutto il paragraforaquo197 Dante si richiama infatti esplicitamentedue volte al trattato ciceroniano per stabilire in via preliminare quel-le regole per le quali uno scontro puograve essere definito un ldquoduellordquo laprima regola egrave che vi si debba ricorrere solo dopo aver prima tenta-to in tutti i modi una soluzione pacifica cosigrave come Cicerone nel Deofficiis (I 34)198 aveva raccomandato a proposito dellrsquointrapresa del-la guerra (Mon II IX 3)199 E la seconda regola (ma giagrave anticipata inMon II IX 2) egrave che i duellanti debbano affrontarsi di comune ac-

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196 Cfr FIORELLI Sul senso del diritto nella laquoMonarchiaraquo cit p 93 e tutte le pp90-97 dove si traccia una breve storia del duellum giudiziario in Italia e dellrsquoopposi-zione nei suoi confronti Ma cfr eg anche TOMMASO Super sententiis III dist 39 q 1art 2 qc 2 arg 3 laquoPraeterea in sortibus et judiciis quae fiunt per ignem et aquamvel per duellum expectatur divinum testimonium et propter hoc sunt prohibita quiain his videtur esse quaedam Dei tentatioraquo

197 C DI FONZO laquoAequitasraquo e giustizia retributiva nel Paradiso di Dante in Chal-lenging centralism cit pp 43-52 p 43

198 CIC De off I 34 laquoAtque in re publica maxime conservanda sunt iura belliNam cum sint duo genera decertandi unum per disceptationem alterum per vimcumque illud proprium sit hominis hoc beluarum confugiendum est ad posterius siuti non licet superioreraquo

199Mon II IX 3 laquoSed semper cavendum est ut quemadmodum in rebus bellicisprius omnia temptanda sunt per disceptationem quandam et ultimum per preliumdimicandum est ut Tullius et Vegetius concorditer precipiunt hic in Re militari illevero in Offitiisraquo In effetti anche VEGEZIO nel De re militari III 9 afferma laquoIdeo om-nia ante cogitanda sunt ante temptanda ante facienda sunt quam ad ultimum ue-niatur abruptumraquo ma riferendosi alle precauzioni che deve adottare un comandanteprima di attaccare battaglia

cordo laquonon per odio od amore ma soltanto per vivo desiderio digiustiziaraquo (Mon II IX 4) e a questo proposito chiama di nuovo incausa il De officiis200 affermando che Cicerone avrebbe laquotoccatoraquoquesto argomento quando aveva affermato che laquoSed bella quibusImperii corona proposita est minus acerbe gerenda suntraquo (Mon IIIX 4)201 Ma al di lagrave di queste citazioni quasi testuali occorre evi-denziare che lrsquoAlighieri mostra di aver ben presente il contesto da cuile trae si tratta infatti di quei passi del De officiis in cui allrsquointernodella trattazione della virtugrave della giustizia (De off I 20-60)202 Cice-rone definisce il laquobellum iustum romanumraquo (De off I 34-40) primacome quella guerra intrapresa laquosolo per poter vivere in pace e sen-za offesaraquo (De off I 35) quindi secondo il sanctissimum ius fetialedel popolo romano come quella guerra laquoche si intraprenda doporegolare domanda di soddisfazione e che sia stata prima minacciatae dichiarataraquo (De off I 36) 203 E nel passo che precede immediata-mente la citazione dantesca laquoSed bella quibus Imperii etcraquo Cice-rone afferma ancora che laquoQuando perograve si combatte per la supre-mazia e si cerca la gloria con la guerra egrave necessario tuttavia che vi

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200 CIC De off I 34 laquoSed bella quibus imperii proposita gloria est minus acer-be gerenda suntraquo

201Mon II IX 4 laquoDuo igitur formalia duelli apparent unum hoc quod nunc dic-tum est aliud quod superius tangebatur scilicet ut non odio non amore sed solo ze-lo iustitie de comuni assensu agoniste seu duelliones palestram ingrediantur Et prop-ter hoc bene Tullius cum de hac materia tangeret inquiebat enim ldquoSed bella quibusImperii corona proposita est minus acerbe gerenda suntrdquoraquo Si puograve ipotizzare cheDante abbia sostituito alla parola gloria la parola corona anche laquoper insistere nellametafora agonistica (la corona era il premio per il vincitore della gara)raquo CHIESA-TA-BARRONE Commento in Monarchia cit p 132 ad II IX 4

202 La giustizia egrave una delle quattro virtugrave che insieme a sapienza fortezza e tempe-ranza costituisce lrsquohonestum CIC De off I 15

203 Cicerone in De officiis I 35 seguendo probabilmente Panezio afferma chelaquosuscipienda quidem bella sunt ob eam causam ut sine iniuria in pace vivaturraquo e inI 36 rifacendosi alla tradizione romana che laquobelli quidem aequitas sanctissime fetia-li populi Romani iure perscripta est Ex quo intellegi potest nullum bellum esse iu-stum nisi quod aut rebus repetitis geratur aut denuntiatum ante sit et indictumraquo Latraduzione da me usata egrave quella di A Resta Barile in CICERONE I doveri con un sag-gio introduttivo e note di E NARDUCCI traduzione di A RESTA BARILE Milano Riz-zoli 1987

siano quelle giuste ragioni (iustae causae) che ho detto poco primaraquo(De off I 38)204 ribadendo quindi la necessitagrave che anche queste guer-re siano bella iusta Si puograve quindi ipotizzare che Dante quando intutto questo capitolo IX del II libro della Monarchia insiste propriosul laquovivo desiderio di giustiziaraquo e sulla laquogiustiziaraquo che dovrebbe es-sere presente nel duellum205 segua proprio lrsquoesempio di Ciceroneche aveva voluto definire la ldquogiustiziardquo del bellum romano206 Infine

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204 CIC De off I 38 laquoCum vero de imperio decertatur belloque quaeritur gloriacausas omnino subesse tamen oportet easdem quas dixi paulo ante iustas causas es-se bellorum Sed ea bella quibus imperii proposita gloria est minus acerbe gerendasuntraquo

205 E cosigrave infatti ancora prosegue dopo le citazioni ciceroniane laquoiustitie neces-sitate de comuni assensu congregati propter zelum iustitie nonne in nomine Dei con-gregati sunt Et si sic nonne Deus in medio illorum est cum ipse in evangelio nobishoc promictat Et si Deus adest nonne nefas est arbitrari iustitiam succumbere pos-se quam ipse in tantum diligit quantum superius prenotatur Et si iustitia in duellosuccumbere nequit nonne de iure acquiritur quod per duellum acquiriturraquo (MonII IX 5-6)

206 Gli studiosi moderni come egrave ben noto ritengono per lo piugrave che le iustae cau-sae che secondo Cicerone dovrebbero motivare anche la guerra de imperio siano so-lo identificabili con il rituale che fornirebbe parvenza di legalitagrave alle mire espansio-nistiche romane e che comunque anche nei passi precedenti il bellum iustum sia daintendersi come laquola guerra legittima in quanto (posta in essere in modo) conforme al-lrsquoordinamento vigente (romano interno ndash si sottolinei ndash) in materia di guerra [hellip] ilquale consiste nel complesso normativo dello ius fetiale che richiede lrsquoadempimentodella procedura indicata per lrsquointroduzione di uno stato di guerraraquo L LORETO Il bel-lum iustum e i suoi equivoci Napoli Jovene 2001 p 18 ma cfr anche PA BRUNTLaus imperii in Imperialism in the Ancient World edd PDA Garnsey-CR Whitta-ker Cambridge University Press Cambridge 1978 pp 159-91 pp 175-78 WV HAR-RIS War and Imperialism in Republican Rome 327-70 BC Oxford Oxford Univer-sity Press 1979 pp 163-75 A CALORE Forme giuridiche del lsquobellum iustumrsquo Mila-no Giuffregrave 2003 in particolare pp 142 152 155 Contra J-L FERRARY Philhelleacuteni-sme et impeacuterialisme Aspects ideacuteologiques de la conquecircte romaine du monde helleacutenisti-que Rome Eacutecole franccedilaise de Rome 1988 pp 410-15 che ritiene fondamentale nel-la definizione del bellum iustum il fatto che sia intrapreso laquout sine iniura in pace vi-vaturraquo e ipotizza che i Romani intendessero anche le guerre de imperio come guerreintraprese per la difesa dellrsquoimpero Ma pur ammettendo una concezione esclusiva-mente giuridica del bellum iustum sappiamo che gli scrittori romani (in primis Ci-cerone nel giagrave ricordato De republica III 36 vd supra n 24 e poi infra nel testo) si era-no posti anche il problema della iustitia laquosostanzialeraquo nella conquista e nella gestio-ne dellrsquoimpero Per questo non credo che Dante citi ldquoa spropositordquo Cicerone ldquoa pro-

sempre in De officiis I 38 questa volta immediatamente dopo la ci-tazione dantesca laquoSed bella quibus Imperii etcraquo si distingue fra leguerre combattute laquoper la soppravivenza e non per lrsquoimperiumraquo(laquouter esset non uter imperaretraquo come quelle con i Celtiberi e i coni Cimbri) da quelle combattute invece de imperio come quelle con-tro i Latini i Sabini i Sanniti i Cartaginesi e Pirro E dopo aver af-fermato che fra questi popoli i Cartaginesi furono comunque foedi-grafi e Annibale crudelis mentre tutti gli altri iustiores si riportanoalcuni versi di Ennio (senza perograve indicare lrsquoautore) nei quali si ri-cordano le laquonobilissime paroleraquo che Pirro avrebbe detto allrsquoamba-sceria guidata da Fabrizio rifiutando lrsquooro per il riscatto dei prigio-nieri romani

non chiedo per me oro neacute mi dovete dare il prezzo del riscatto non fac-ciamo la guerra da mercanti ma da soldati col ferro non con lrsquooro decidia-mo la nostra sorte Sperimentiamo col valore se la Fortuna signora delle co-se umane daragrave lrsquoimpero a me o a voi e cosa essa ci porti E tenete a menteho stabilito di concedere la libertagrave a quei valorosi che la la sorte della guerraha risparmiato Ve ne faccio dono conduceteli con voi col favore degli degravei

Parole ndash commenta Cicerone ndash veramente degne di un re e del-la stirpe degli Eacidi207

Ho voluto richiamare per intero anche questa ultima parte delpasso ciceroniano percheacute Dante quando forniragrave le prove storiche

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positordquo del laquovivo desiderio di giustiziaraquo Senza contare che per Cicerone come perDante il diritto romano espressione del ius naturae difficilmente poteva essere intesoin contraddizione alla ldquogiustiziardquo

207 CICDe off I 38 laquoSed ea bella quibus imperii proposita gloria est minus acer-be gerenda sunt Ut enim cum civi aliter contendimus si est inimicus aliter si com-petitor (cum altero certamen honoris et dignitatis est cum altero capitis et famae) siccum Celtiberis cum Cimbris bellum ut cum inimicis gerebatur uter esset non uterimperaret cum Latinis Sabinis Samnitibus Poenis Pyrrho de imperio dimicabaturPoeni foedifragi crudelis Hannibal reliqui iustiores Pyrrhi quidem de captivis red-dendis illa praeclara ldquoNec mi aurum posco nec mi pretium dederitis Nec caupo-nantes bellum sed belligerantes Ferro non auro vitam cernamus utrique Vosnevelit an me regnare era quidve ferat Fors Virtute experiamur Et hoc simul accipedictum Quorum virtuti belli Fortuna pepercit Eorundem libertati me parcerecertum est Dono ducite doque volentibus cum magnis disrdquo Regalis sane et dignaAeacidarum genere sententiaraquo

che laquoil popolo romano per duello acquistograve lrsquoimperoraquo (e quindi laquoconil dirittoraquo Mon II IX 12) seguiragrave nellrsquoelencare i duelli vittoriosicombattuti dagli eroi romani proprio lrsquoordine dei popoli presentinel De officiis rimandando poi alle testimonianze di Virgilio (perEnea e Turno Mon II IX 13-14) e di Livio (per gli Orazi e i Curia-zi Mon II IX 15 per i Sabini e i Sanniti contro i quali si combatteacutelaquosotto forma di duello sebbene molti fossero i combattentiraquo MonII IX 16-17 e infine per Fabrizio contro Pirro e per Scipione controAnnibale Mon II IX 18) e prima di passare a questo elenco per di-mostrare che anche i pagani laquocercavano il giudizio dalla fortuna delduelloraquo (Mon II IX 7)208 riporteragrave lrsquoesempio di Pirro citato nel De of-ficiis affermando che laquoHic Pirrus lsquoHeramrsquo vocabat fortunam quamcausam melius et rectius nos lsquodivinam providentiamrsquo appellamusraquo209una affermazione che laquopresuppone e concilia le due anime latina ecristiana tra loro intersecate nel terreno tra giuridico e teologicoraquo210Dopo lrsquoelenco dei ldquoduellirdquo sostenuti dai romani il capitolo IX si chiu-de con unrsquoinvettiva contro i laquogiuristi presuntuosiraquo che stanno laquosot-

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208 Dopo essersi richiamato in Mon II IX 5 (riportato supra alla n 205) al VangelolaquoDante si preoccupa di sottolineare che il ricorso al duello come pratica giudiziariavaleva anche prima della venuta di Cristo fra le regole del duello non vi egrave infatti quel-la che i duellanti riconoscano Cristo come Dio una condizione che avrebbe inficiatola sua argomentazione (percheacute gli esempi recati a dimostrazione del fatto che i Roma-ni acquisirono lrsquoimperium per mezzo del duello esposti nei parr 12-18 sono tutti pre-cedenti alla venuta di Cristo)raquo CHIESA-TABARRONE Commento in Monarchia cit p132 ad II IX 7-8

209Mon II IX 8 laquoUnde bene Pirrus ille tam moribus Eacidarum quam sanguinegenerosus cum legati Romanorum pro redimendis captivis ad illum missi fueruntrespondit Nec mi aurum posco nec mi pretium dederitis non cauponantes bellumsed belligerantes ferro non auro vitam cernamus utrique Vosne velit an me regna-re Hera quidve ferat sors virtute experiamur Quorum virtuti belli fortuna peperciteorundem me libertati parcere certum est Dono ducite Hic Pirrus lsquoHeramrsquo vocabatfortunam quam causam melius et rectius nos lsquodivinam providentiamrsquo appellamusraquoRispetto al passo del De officiis che cita questi versi di Ennio (cfr n 207) sono da os-servare in Dante le seguenti differenze il termine lsquoHerarsquo egrave inteso nella Monarchia co-me un appellativo e non come un apposizione il verso finale egrave omesso probabilmen-te per il troppo esplicito riferimento agli degravei il conclusivo commento ciceroniano sul-la nobiltagrave di Pirro egrave anticipato nella osservazione iniziale su Pirro laquochrsquoera nobile sigrave peri costumi propri degli Eacidi sigrave per il sangueraquo

210 DI FONZO laquoAequitasraquo e giustizia retributiva nel Paradiso di Dante cit p 44

to a quella specola della ragione onde la mente umana deduce spe-culando questi princigravepiraquo e che devono perciograve tacere laquoaccontentan-dosi di dare consigli e giudizi conformi al tenore della leggeraquo211 eproprio alla luce della rilettura dantesca del discorso di Pirro si puograveipotizzare che tale invettiva non sia laquorivolta contro un bersaglio ge-nericoraquo ma contro laquola stessa glossa alla 1 digna vox nel titolo de le-gibus del codice Giustiniano (Cod 1 14 4) dove Accursio [hellip] an-nota che lrsquoImpero deriva dalla fortuna (ldquocum imperium sit de for-tunardquo)raquo212 ovvero lrsquoopposto di ciograve che Dante ha voluto dimostraree che solo i laquoGentiles ante tubam evangelicamraquo (Mon II IX 7)213potevano credere chiamando appunto fortuna ciograve che laquonos lsquodivi-nam providentiamrsquo appellamusraquo214

Abbiamo cosigrave visto che anche nellrsquoargomentazione che piugrave sem-bra allontanarsi dalla concezione romana del diritto Dante si siaperograve adoperato per giustificare e ldquopuntellarerdquo la sua interpretazio-ne ldquovolontaristicardquo con continui riferimenti a fonti romane che se-condo lrsquoautore dovrebbero mettere a tacere anche e proprio queigiuristi che si proclamavano interpreti ed eredi del diritto roma-no215 Vedremo ora come la tradizione romana questa volta speci-

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211Mon II IX 20 laquoVideant nunc iuriste presumptuosi quantum infra sint ab illaspecula rationis unde humana mens hec principia speculatur et sileant secundumsensum legis consilium et iudicium exhibere contentiraquo

212 D QUAGLIONI laquoArte di bene e drsquoequitaderaquo Ancora sul senso del diritto in Dan-te (Monarchia II v 1) in laquoStudi Danteschiraquo LXXVI 2011 pp 27-46 p 35

213 Mon II IX 7 laquoHanc veritatem etiam Gentiles ante tubam evangelicam co-gnoscebant cum iudicium a fortuna duelli querebantraquo

214 Pur non addentrandomi sul tema della concezione della fortuna in Dante nonposso non richiamare almeno il VII canto dellrsquoInferno dove per bocca di Virgilio ilpoeta sostiene che Dio stesso stabiligrave la Fortuna come laquogeneral ministra e duce chepermutasse a tempo li benrsquo vani di gente in gente e drsquouno in altro sangue oltre ladifension drsquoi senni umani Per chrsquouna gente impera e lrsquoaltra langue seguendo logiudicio di costei che egrave occulto come in erba lrsquoangueraquo (Inf VII 78-84)

215 Cfr FIORELLI Sul senso del diritto nella laquoMonarchiaraquo cit p 95 laquoIl gloriosopopolo romano srsquoera guadagnato ldquosub iure duellirdquo la corona ldquoorbis totiusrdquo ma i giu-risti non sapevano levar lo sguardo piugrave su dei loro libri e dal silenzio di questi dedu-cevano conseguenze che la storia di Roma vista nella luce della Provvidenza smen-tiva ldquoVideant nunc iuriste presumptuosi helliprdquo muove da qui la famosa invettiva checontende al miope tecnicismo dei giureconsulti la capacitagrave di speculare sui grandiprigravencipiraquo

ficatamente giuridica rientri prepotentemente nel passo della Mo-narchia dove lrsquoAlighieri ha voluto offrire una definizione esplicitadel diritto

26 laquoIus est realis et personalis hominis ad hominem proportioraquo(Mon II V 1)

Di fronte ai passi finora analizzati dai quali emergono tratti del-la concezione dantesca del diritto non sempre ben armonizzabili fraloro egrave opportuno privilegiare la famosa definizione che Dante neoffre allrsquoinizio del V capitolo del II libro e anche il contesto in cuiquesta si colloca Tutto questo lunghissimo capitolo vuole provareche il popolo romano ottenne di diritto lrsquoimpero percheacute perseguigravesempre come fine il diritto e chi persegue come fine il diritto devenecessariamente agire con il diritto (Mon II V 18-23) La dimostra-zione che il popolo romano perseguigrave come fine il diritto egrave perograve svol-ta attraverso la dimostrazione che il popolo romano nelle sue con-quiste perseguigrave il bene comune dei popoli assoggettati assicurandoinnanzitutto pace e libertagrave (Mon II V 5-17) dato che e questo egrave ilprimo assunto che viene dimostrato (Mon II V 1-4) laquochiunque mi-ra al bene pubblico si propone il fine del dirittoraquo (Mon II V 1) Dan-te inizia quindi la sua argomentazione definendo il diritto come laquounreale e personale rapporto dellrsquouomo con lrsquouomo che rispettatoconserva la societagrave tra gli uomini e violato la manda in rovinaraquo(laquoius est realis et personalis hominis ad hominem proportio que ser-vata hominum servat sotietatem et corrupta corrumpitraquo) e precisadi voler e dover dare tale definizione percheacute laquoilla Digestorum de-scriptio [Dig 111 pr1 accolta in Convivio IV IX 8 laquola ragione scrit-ta egrave arte di bene e drsquoequitaderaquo] non dicit quod quid est iuris sed de-scribit illud per notitiam utendi illoraquo (Mon II V 1) Questa precisa-zione non egrave da sottovalutare il passo risulta infatti esemplare nelmostrare come per Dante il Digesto sia comunque laquoil punto di par-tenza necessarioraquo anche se laquoper uno scarto nella definizione dellequestioni in esameraquo216 E in effetti non solo la prima parte della de-

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216 QUAGLIONI laquoArte di bene e drsquoequitaderaquo Ancora sul senso del diritto in Dante(Monarchia II v 1) cit p 39 Si veda anche RUGGIERO Una definizione del diritto

finizione dantesca (laquoius est realis et personalis hominis ad hominemproportioraquo) per quanto formulata in modo felicemente originale217riecheggia la tradizione filosofica e giuridica antica (oltre a quellamedievale)218 ma anche lrsquoulteriore specificazione (laquoque servata ho-

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cit p 143 Diversamente CHIESA-TABARRONE per ragioni stilistiche (laquomentre la de-finizione iniziale (ius [hellip] corrumpit) egrave di alto valore retorico lrsquoinciso sul Digesto egravestilisticamente molto bruttoraquo) pensano che tale inciso sia una glossa aggiunta suc-cessivamente cfr CHIESA-TABARRONE Nota al testo in Monarchia cit p CXXX eCommento ivi pp 97-98 ad II V 1 CHIESA-TABARRONE comunque a mio avviso nonopportunamente per questo passo rimandano a Digesto 1110 pr (dove perograve si dagrave ladefinizione di iustitia vd infra n 218) e non alla definizione di Ulpiano-Celso

217 Tanto da essere considerata dai giuristi moderni laquofra le tante che si egrave tentato didarne [hellip] forse la piugrave felice e la piugrave profondaraquo FASSOgrave Storia della filosofia del dirit-to I cit p 223 si veda anche FIORELLI Sul senso del diritto nella laquoMonarchiaraquo citin particolare pp 80-81 dove traccia un breve storia della fortuna di questa definizio-ne fra gli storici moderni del diritto pur osservando come molti giudizi lrsquoabbiano elo-giata senza fornire le ragioni di tali elogi e QUAGLIONI laquoArte di bene e drsquoequitaderaquo An-cora sul senso del diritto in Dante (Monarchia II v 1) cit pp 40-41

218 Opportunamente Nardi (Commento in DANTE ALIGHIERI Opere MinoriIII1 cit p 386 ad II V 1) osserva innanzitutto che in questa definizione dantesca iltermine latino ius corrisponde al greco δίκαιον (iustum) rimandando al commento diTommaso al V libro dellrsquoEtica aristotelica (Exp Eth V lect XII 1) dove si precisa chei giuristi laquonominant [hellip] ius quod Aristotiles iustum nam et Isidorus dicit in libro Ety-mologiarum quod ius dicitur quasi iustumraquo Il concetto di giustizia come proportioegrave presente in ARISTOTELE Eth V 1131a-1132b in particolare 1131a laquoil giusto egrave in cer-to senso una proporzioneraquo (ma il concetto egrave giagrave in PLATONE Leggi VI 757b-c) e cfrsempre il commento di Tommaso allrsquoinizio della quinta lectio (Exp Eth V lect V 1laquoEst ergo iustum proportionale et ceteraraquo) ma anche Egidio Romano De regimineprincipum I II 11 laquoiustum est quoddam proportionabileraquo Ricordiamo che in Mon IXI 7 in modo simile Dante aveva definito la iustitia come quella laquovirtus ad alterumraquoche lrsquoimperatore poteva esercitare in quanto possedeva la laquopotentia tribuendi cuiquequod suum estraquo (vd supra n 130) Per le fonti giuridiche antiche si puograve vedere lefonti giagrave citate supra alla medesima nota fra cui ricordo ancora Digesto 1110 pr (Ul-pianus 1 reg) laquoIustitia est constans et perpetua voluntas ius suum cuique tribuendiraquoma anche Dig 11101 (Ulpianus 1 reg) laquoIuris praecepta sunt haec honeste viverealterum non laedere suum cuique tribuereraquo Con gli aggettivi realis e personalis si in-dica un laquoreciproco riconoscimento e reciproca limitazione dei poteri di ciascuno deiconsociati sopra cose e sopra personeraquo FIORELLI Sul senso del diritto nella laquoMonar-chiaraquo cit p 82 n 11 lrsquouso dellrsquoaggettivo realis egrave estraneo al Digesto (che usa sem-pre il sostantivo res) ma egrave invece attestato nei giuristi del XIII e XIV secolo laquoNulladunque drsquoeccezionale nellrsquouso che di realis fa Dante ma in tutti i modi il probabile

minum servat sotietatem et corrupta corrumpitraquo) rende evidentequanto Dante abbia recepito il ldquosensordquo del diritto antico Infatti os-serva lrsquoAlighieri

Se [hellip] questa definizione abbraccia insieme la ldquoquidditagraverdquo e il ldquopercheacuterdquodel diritto e se il fine di ogni associazione egrave il comune bene degli associati egravegiocoforza che fine drsquoogni diritto sia il bene comune ed egrave impossibile si diadiritto che non miri al bene comune [hellip] Egrave dunque evidente che chiunquemira al bene pubblico si propone il fine del diritto Se pertanto i Romanitendevano al bene dello stato saragrave vero il dire che essi avevano di mira il fi-ne del diritto219

Ma nota giustamente Quaglioni questa laquoidea dellrsquoidentitagrave delbonum rei publice (la salus rei publicae ciceroniana) col fine stessodel diritto appartiene alla tradizione teologico-politica e giuridico

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indizio drsquouna lettura diretta di testi giuridici e soprattutto di glosse non filtrata dascritture dottrinali drsquoaltra provenienzaraquo ivi p 87 QUAGLIONI laquoArte di bene e drsquoequi-taderaquo Ancora sul senso del diritto in Dante (Monarchia II v 1) cit pp 44-45 ipotiz-za un nesso fra la definizione dantesca e il dibattito sorto fra i giuristi del XIII e XIVsecolo proprio sulla definizione del ius in Digesto 111 Fra i testi giuridici medieva-li sono da ricordare le Quaestiones de iuris subtilitatibus operetta giuridica medieva-le per molto tempo attribuita a Irnerio diffusa in Toscana e quindi probabilmenteconosciuta da Dante cfr Quaest Exordium 4 laquout salvo singulis suo merito serveturincorrupta societas hominum cunctorumque perseverat illibata communitasraquoQuaestII 4 laquohoc dicitur ius respectu aequitatis non quia insit set quia pro officio statuentisinesse debuit nec dici potest aliam esse nominis eiusdem significantiam set magiseandem set inproprie acceptamraquo Quaest VI 3 laquoaequitas qua continetur aequabilitaset pro dignitate cuiusque congrua rerum quas ad usum hominum natura prodidit in-ter omnes distributioraquo Si veda anche CANCELLI sv Diritto romano in EnciclopediaDantesca cit FIORELLI Sul senso del diritto nella laquoMonarchiaraquo cit p 84 QUAGLIONIlaquoArte di bene e drsquoequitaderaquo Ancora sul senso del diritto in Dante (Monarchia II v 1)cit pp 44-45 Ma sul rapporto fra la definizione dantesca e le Quaestiones de iurissubtilitatibus piugrave estesamente si sofferma RUGGIERO Una definizione del diritto citpp 145-48

219Mon II V 1 laquoQuicunque preterea bonum rei publice intendit finem iuris in-tendit Quodque ita sequatur sic ostenditur ius est realis et personalis hominis ad ho-minem proportio que servata hominum servat sotietatem et corrupta corrumpitraquo2 laquonecesse est finem cuiusque iuris bonum comune esse et inpossibile est ius essebonum comune non intendensraquo 4 laquoPatet igitur quod quicunque bonum rei publiceintendit finem iuris intenditraquo

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220 QUAGLIONI laquoArte di bene e drsquoequitaderaquo Ancora sul senso del diritto in Dante(Monarchia II v 1) cit p 39 Sullrsquoambiguitagrave che la formula salus rei publicae puograve as-sumere nellrsquoopera ciceroniana cfr perograve C DrsquoALOJA Legge di natura e lotta politicanellrsquoopera di Cicerone in Testi e problemi del giusnaturalismo romano cit pp 127-61p 134 e FONTANELLA Politica e diritto naturale nel De legibus di Cicerone cit pp130-32

221 QUAGLIONI laquoArte di bene e drsquoequitaderaquo Ancora sul senso del diritto in Dante(Monarchia II v 1) cit pp 39-40 n 42 con RICCI (DANTE ALIGHIERI Monarchia acura di PG RICCI Edizione Nazionale delle opere di Dante Alighieri a cura della So-cieta Dantesca Italiana vol V Milano Mondadori 1965) NARDI (ALIGHIERI DANTEOpere Minori III1 cit) KAY (DANTErsquoSMonarchia cit) RUGGIERO Una definizionedel diritto cit p 142 n 2 per il comune bonum rimanda a Remigio dersquo Girolami Debono communi ed MC DE MATTEIS in laquoAnnali della Facoltagrave di Lettere dellrsquoUni-versitagrave di Lecceraquo 3 1965-1967 pp 13-86 Altra bibiliografia sul tema del comunebonum nel pensiero politico medievale in CHIESA-TABARRONE Commento in Mo-narchia cit p 98 ad II V 2

222 Da me riportati supra alla n 218223 CIC De inv I 68 laquoOmnes leges iudices ad commodum rei publicae referre

oportet et eas ex utilitate communi non ex scriptione quae in litteris est interpreta-ri Ea enim virtute et sapientia maiores nostri fuerunt ut in legibus scribendis nihil si-bi aliud nisi salutem atque utilitatem rei publicae proponerent Neque enim ipsi quodobesset scribere volebant et si scripsissent cum esset intellectum repudiatum irilegem intellegebant Nemo enim leges legum causa salvas esse vult sed rei publicaequod ex legibus omnes rem publicam optime putant administariraquo

politica occidentale [hellip] Naturalmente i lsquoprecedentirsquo piugrave vicini epiugrave autorevoli possono essere agevolmente indicati nel duplice stra-to aristotelico e ciceroniano della giuspubblicistica del XIII e XIVsecoloraquo220 Per la definizione dantesca del diritto Quaglioni in no-ta221 rimanda attraverso i commenti di Ricci Kay e Nardi allrsquoEticadi Aristotele col commento di Tommaso e al De regimine principumdi Egidio Romano222 Mi pare perograve che a conferma dellrsquoinfluenzadello laquostrato ciceronianoraquo a cui rimanda Dante stesso ricordando ilDe inventione (Mon II V 2 laquoPropter quod bene Tullius in Prima re-thorica semper ndash inquit ndash ad utilitatem rei publice leges interpre-tande suntraquo)223 si possa almeno citare il passo del III libro del De of-ficiis dove si afferma laquoNeque vero hoc solum natura id est iure gen-tium sed etiam legibus populorum quibus in singulis civitatibus respublica continetur eodem modo constitutum est ut non liceat suicommodi causa nocere alteri Hoc enim spectant leges hoc volunt

incolumem esse civium coniunctionemraquo224 E proprio dal De officiis egravetratta la prima ldquoprova storicardquo che laquoallontanata da seacute ogni cupidigiache egrave sempre nemica della repubblica e amando la pace universaleunita alla libertagrave quel santo pio e glorioso popolo si vede aver ne-gletto il proprio vantaggio per procurare quello pubblico a salvezzadel genere umano Onde a ragione fu scritto ldquoLrsquoimpero romano na-sce dal Fonte della pietagraverdquoraquo225 Per rintracciare i segni di questo agirelaquopublica pro salute humani generisraquo negli organi istituzionali del-lrsquoantica Roma basta infatti a Dante ricordare il passo del De officiisin cui il senato viene designato come laquoregum populorum et natio-num portus [hellip] et refugium quando imperium rei publice benefi-ciis tenebatur non iniuriis cosigrave che laquolsquopatrociniumrsquo orbis terrarum po-tius quam lsquoimperiumrsquo poterat nominariraquo226 Per dimostrare invecenelle singole personalitagrave della storia romana questo atteggiamentodeterminato dalla ricerca del bene pubblico si rievocano quasi glistessi esempi di eroi virtuosi che avevamo trovato nel Convivio227 con

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224 Ma cfr anche CIC De off I 15 17 20 III 69225Mon II V 5 laquoomni cupiditate summota que rei publice semper adversa est et

universali pace cum libertate dilecta populus ille sanctus pius et gloriosus propriacommoda neglexisse videtur ut publica pro salute humani generis procuraret Underecte illud scriptum est ldquoRomanum imperium de Fonte nascitur pietatisrdquoraquo La fraseegrave pronunciata da Costantino e riportata nella Legenda Aurea di Iacopo da VaragineMa cfr anche la V Epistola dove a proposito di Arrigo VII si afferma laquocum sit Cesaret maiestas eius de Fonte defluat pietatisraquo (Ep V 3)

226 CIC De officiis II 26-7 in Monarchia II V 7 laquosufficit illa sola Ciceronis autori-tas in secundis Offitiis ldquoQuandiurdquo inquit ldquoimperium rei publice beneficiis tenebaturnon iniuriis bella aut pro sotiis aut de imperio gerebantur exitus erant bellorum autmites aut necessarii regum populorum et nationum portus erat et refugium senatusnostri autem et magistratus imperatoresque in ea re maxime laudem capere studue-runt si provincias si sotios equitate et fide defendissent Itaque illud lsquopatrociniumrsquo or-bis terrarum potius quam lsquoimperiumrsquo poterat nominarirdquo Hec Ciceroraquo

227 Cfr Conv IV V su cui vd supra (anche per il confronto con Agostino) e n 47Fatta eccezione per quelli di Tito Manlio Torquato e di Marco Attilio Regolo assen-ti nella Monarchia dove a differenza del Convivio trovano invece posto i Decii quin-di nel Convivio abbiamo nellrsquoordine Luscino Fabrizio Manio Curio Dentato CaioMuzio Scevola Tito Manlio Torquato Lucio Giunio Bruto Marco Attilio RegoloLucio Quinzio Cincinnato Furio Camillo e Catone Uticense Nella Monarchia LucioQuinzio Cincinnato Luscino Fabrizio Furio Camillo Lucio Giunio Bruto Caio Mu-zio Scevola i Decii Catone Uticense Dunque sia il numero sia lrsquoordine con cui ven-gono ricordati i personaggi esemplari non solo non trova preciso riscontro nella tra-

rimandi molto piugrave precisi a Livio Cicerone e Virgilio (anche percheacutenella Monarchia non occorreva la traduzione in volgare della fontelatina) Ricordiamo che nel Convivio tali esempi servivano a dimo-strare il favore divino nei confronti dellrsquoimpero romano manifesta-tosi nella virtugrave eccezionale dei suoi uomini qui servono a dimostra-re che laquoil popolo romano sottomettendo a seacute il mondo mirograve al be-ne collettivoraquo che egrave laquola meta del dirittoraquo228 con la significativa di-

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dizione antica o medievale (vd supra) ma non egrave il medesimo nemmeno nei due trat-tati danteschi Per un confronto puntuale con le fonti classiche e medievali ricordoSILVERSTEIN On the genesis of laquoDe Monarchiaraquo II v cit supra alla n 49 CHIESA-TA-BARRONE (Introduzione inMonarchia cit p LVIII) osservano che mentre lrsquoordine se-guito nel Convivio sarebbe laquovagamente cronologicoraquo quello nella Monarchia sareb-be funzionale alla costruzione di una laquoclimax etica [hellip] dove lrsquoeroismo egrave in crescen-do da quello di Cincinnato che contribuigrave al bene comune con il proprio sudore fi-no a quello di Catone e dei Deci che per il bene comune sacrificarono la loro stessavitaraquo

228Mon II V 18 laquoDeclarata igitur duo sunt quorum unum est quod quicunquebonum rei publice intendit finem iuris intendit aliud est quod romanus populus su-biciendo sibi orbem bonum publicum intenditraquo Anche Agostino in De civitate V 18su cui ci siamo soffermati sopra indicava in questi personaggi un esempio di sacrificiodi seacute (non solo dei propri beni ma perfino della propria vita e di quella dei propri fi-gli) per il bene della patria ovvero per il bene pubblico la Monarchia sembrerebbequindi offrire un contesto piugrave vicino al De civitate di quello del precedente trattato An-che in questo caso perograve lrsquoapprovazione incondizionata di Dante per la virtus romananon potrebbe essere piugrave distante dalla contestualizzazione che egrave anche una ldquoconte-stazionerdquo messa in atto da Agostino basti soffermarci sullrsquoesempio di Lucio GiunioBruto di particolare interesse percheacute vi si mostra il diverso uso della stessa fonte an-tica cioegrave Virgilio in ambedue gli autori Nel VI libro dellrsquoEneide Anchise con questeparole profetizza il destino di Bruto che faragrave giustiziare i propri figli colpevoli di at-tentare alla repubblica laquonatosque pater nova bella moventes ad poenam pulchra prolibertate vocabit infelix utcumque ferent ea facta minores vincet amor patriae lau-dumque immensa cupidoraquo (820-23) Agostino riporta e commenta questi versi in mo-do da sottolineare come la stessa fonte virgiliana getti unrsquoombra sul comportamento diBruto laquoBruto autem quia filios occidit infelicitatis perhibet testimonium etiam poe-ta laudator Ait enim ldquoNatosque pater nova bella moventes Ad poenam pulchra prolibertate vocabit Infelix utcumque ferent ea facta minoresrdquo Sed versu sequenti con-solatus est infelicem ldquoVincit amor patriae laudumque immensa cupidordquoraquo (De civ V 18)Dante al contrario ldquotaglia cortordquo ovvero elimina proprio quei versi che potevano su-scitare unrsquoambiguitagrave di giudizio e scrive laquoNonne filios an non omnes alios postpo-nendos patrie libertati Brutus ille primus edocuit quem Livius dicit consulem exi-stentem proprios filios cum hostibus conspirantes morti dedisse Cuius gloria reno-

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vatur in sexto Poete nostri de ipso canentis ldquonatosque pater nova bella moventes adpenam pulcra pro libertate vocavitrdquoraquo (Mon II V 13) Per la lettura agostiniana di que-sto episodio della antica storia romana si veda ora S AUDANO Classici lettori di clas-sici Da Virgilio a Marguerite Yourcenar Foggia Edizioni Il castello 2012 il capitoloBruto e il lungo percorso di una sentenza virgilianaVincet amor patriae laudumque im-mensa cupido (Aen VI 823) pp 87-162 in particolare pp 116-34 Da osservare cheanche nel De regimine principum (III 5) Tolomeo da Lucca pur rifacendosi esplicita-mente al V libro del De civitate capovolge il giudizio agostiniano riportando comeesempio di zelus iustitiae il comportamento di Bruto e di Torquato verso i figli si ve-da sempre AUDANO Classici lettori di classici cit pp 134-40

229 Mon II V 15 laquoaccedit et illud inenarrabile sacrifitium severissimi vere liber-tatis tutoris Marci Catonis Quorum alteri pro salute patrie mortis tenebras non hor-ruerunt alter ut mundo libertatis amores accenderet quanti libertas esset ostenditdum e vita liber decedere maluit quam sine libertate manere in illaraquo

230 Vd supra Mon I XII e cfr RUGGIERO Una definizione del diritto cit p 149laquonon egrave casuale che la definizione dantesca sia contestuale al richiamo in II V 15 a Ca-tone ldquoseverissimus libertatis tutorrdquo cheacute ancora in Purgatorio XVI e in Paradiso I e Vil tema giuridico egrave indissolubilmente connesso con la riflessione dantesca sul temadella libertagraveraquo

231 Mon II V 19 laquoNunc arguatur ad propositum sic quicunque finem iuris in-tendit cum iure graditur romanus populus subiciendo sibi orbem finem iuris inten-dit ut manifeste per superiora in isto capitulo est probatum ergo romanus populussubiciendo sibi orbem cum iure hoc fecit et per consequens de iure sibi ascivit Im-perii dignitatemraquo

stinzione di Marco Catone laquoseverissimo fautore della vera libertagraveraquo ilcui esempio egrave servito piugrave in particolare ad laquoaccendere nel mondolrsquoamore della libertagraveraquo229 quasi a suggerire quel nesso fra diritto e li-bertagrave che avevamo visto affermato esplicitamente a proposito del-lrsquoimperatore garante del diritto e quindi della libertagrave dei cives230 Elaquochiunque si propone il fine del diritto procede drsquoaccordo col di-ritto il popolo romano assoggettandosi il mondo si propose il finedel diritto [hellip] dunque il popolo romano assoggettandosi il mondolo fece con diritto e per conseguenza a buon diritto si arrogograve la di-gnitagrave dellrsquoImperoraquo231 Cosa crsquoegrave di piugrave ldquoromanordquo di questa percezio-ne di un diritto che legittima e allo stesso tempo caratterizza lrsquoespan-sione romana estendendosi anchrsquoesso nella sua applicazione di pa-ri passo collrsquoestendersi dellrsquoimpero Cosigrave ad esempio leggiamo nel-le Historiae di Tacito (IV 74) nel discorso ai Treviri attribuito a Pe-tilio Ceriale (generale romano inviato nel 69 dC in Germania infe-riore a domare la rivolta dei Batavi) come la convenienza del-

lrsquoespansione romana fosse motivata proprio dal fatto che Romaavrebbe portato il diritto e con questo la pace e la partecipazione al-la stessa gestione dellrsquoimpero a popoli in precedenza sottoposti a ti-rannie e a guerre

Tirannie e guerre sempre ci furono in Gallia fincheacute non passaste al no-stro diritto (in nostrum ius) E noi bencheacute tante volte provocati del dirittodella vittoria ci giovammo solamente per garantire la pace Ma non esistequiete fra i popoli senza le armi neacute armi si danno senza stipendi neacute stipen-di si possono riscuotere senza tributi Ogni altra cosa in comune avete con noi(cetera in communi sita sunt) voi stessi in molti casi comandate le vostre le-gioni voi stessi governate queste ed altre province nessun priviliegio nessu-na esclusione (nihil separatum clausumve)232

La conferma della ldquoromanitagraverdquo delle argomentazioni che giustifi-cano lrsquoesistenza e lrsquoestensione dellrsquoimpero romano su tutta lrsquoecume-ne la troviamo nel seguente VI capitolo qui il discorso parte dal di-mostrare che ciograve che la natura ha ordinato si mantiene di diritto(Mon II VI 1-3)233 ma laquoRomanus populus ad imperandum ordina-tus fuit a naturaraquo (Mon II VI 4) in quanto la natura per raggiunge-

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232 TAC Hist IV 74 laquoRegna bellaque per Gallias semper fuere donec in nostrumius concederetis Nos quamquam totiens lacessiti iure victoriae id solum vobis ad-didimus quo pacem tueremur nam neque quies gentium sine armis neque arma si-ne stipendiis neque stipendia sine tributis haberi queunt cetera in communi sitasunt Ipsi plerumque legionibus nostris praesidetis ipsi has aliasque provincias re-gitis nihil separatum clausumveraquo Inutile ricordare che Dante non poteva sicura-mente conoscere questo testo Ricordo piuttosto che nonostante le fonti giuridichedellrsquoultimo secolo della Repubblica e dei primi due dellrsquoImpero facciano chiara-mente riferimento alla permanenza di un ius civile in senso stretto applicabile soloai cittadini romani e di un ius honorarium e di un ius gentium (ma questrsquoultimocomprendente sempre piugrave norme e istituti del sistema civilistico) che sono invece ap-plicati anche ai peregrini e nonostante le autonomie giuridiche concesse ad alcunecittagrave specialmente nella parte orientale dellrsquoimpero giagrave dalla etagrave repubblicana il di-ritto romano costituisce il quadro di riferimento per tutti i rapporti privati e pubblicidei Romani e dei popoli che Roma ha sottomesso cfr Lineamenti di storia del dirit-to romano cit pp 506-17 E ricordiamo anche che il ius egrave unrsquoinvenzione tutta ro-mana rispetto ad esempio ai sistemi di leggi presenti nel mondo greco dove esi-ste appunto la legge ma niente che sia equivalente al ius questo il tema del volu-me di SCHIAVONE Ius cit

233 Vd supra n 175

re il fine del genere umano non raggiungibile per mezzo di un solouomo produce una moltitudine di uomini ordinati ad operazionidiverse (Mon II VI 5-6) e pertanto laquoalcuni popoli sono atti per na-tura a dominare ed alcuni altri a star soggetti e servire come affer-ma il Filosofo nella Politica e per tali uomini come egli dice non so-lo egrave vantaggioso essere governati ma egrave anche giusto sebbene deb-bano esservi costrettiraquo (Mon II VI 7)234 Il principio aristotelico loabbiamo ricordato a proposito del Convivio era stato usato propriodai Romani nella legittimazione della propria espansione (cosigrave comeattesta il De republica di Cicerone)235 e Dante cita in questo capito-lo della Monarchia i celebri versi del VI libro (847-853) dellrsquoEneidedi Virgilio che esplicitano questa consapevolezza tutta romana del-la ldquovocazione allrsquoimperordquo236 per poi concludere laquoEgrave provato cosigravequanto basta che il popolo romano fu ordinato da natura a impera-re dunque il popolo romano assoggettandosi il mondo pervenneallrsquoImpero di dirittoraquo (Mon II VI 7)237

Se vogliamo individuare un filo conduttore nelle argomentazio-ni svolte in questi capitoli V e VI mi pare si possa osservare che perDante lrsquoesistenza di un diritto dei Romani allrsquoImpero si fondi in-nanzitutto sullrsquoesistenza e sulla validitagrave del loro diritto di quel iusche ancora come per Cicerone238 assicura il bene di tutti i popoli a

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234Mon II VI 7 laquoPropter quod videmus quod quidam non solum singulares ho-mines quinetiam populi apti nati sunt ad principari quidam alii ad subici atque mi-nistrare ut Phylosophus astruit in hiis que De politicis et talibus ut ipse dicit nonsolum regi est expediens sed etiam iustum etiamsi ad hoc coganturraquo

235 Vd supra n 24 Sul tema cfr ora P DESIDERI Impero romano e diritto di na-tura in Cicerone in Letteratura e civitas Transizioni dalla Repubblica allrsquoImpero In ri-cordo di E Narducci a cura di M Citroni Pisa ETS 2012 pp 73-87

236 VERG Aen VI 847-53 laquoExcudent alii spirantia mollius era credo equidemvivos ducent de marmore vultus orabunt causas melius celique meatus descri-bent radio et surgentia sidera dicent Tu regere imperio populos Romane memento hae tibi erunt artes pacique imponere morem parcere subiectis et debellare su-perbosraquo

237Mon II VI 11 laquoPropterea satis persuasum est quod romanus populus a natu-ra ordinatus fuit ad imperandum ergo romanus populus subiciendo sibi orbem de iu-re ad Imperium venitraquo

238 Egrave il riferimento al ius naturae che permette di legittimare a partire da Cice-rone lrsquoegemonia giuridica di Roma sui popoli in quanto realizzazione laquoin terra del-lrsquoordinamento politico il piugrave vicino possibile allrsquoordine naturale che regna nellrsquouni-

cui si applica in quanto corrisponde profondamente a quellrsquoordineche la ragione umana trova inscritto nella natura239

I capitoli finali del II libro dove Dante intende dimostrare pervia di fede ciograve che finora ha dimostrato per via di ragione240 non fan-no altro che ribadire da un altro punto di vista la ldquolegittimitagraverdquo delius Cristo nascendo quando venne promulgato da Augusto il fa-moso editto di censimento e accettando cosigrave di esservi iscritto di-mostrograve che quellrsquoeditto era giusto e che di conseguenza era di dirit-to lrsquoautoritagrave che lo promulgograve (Mon II X 4-8)241 La redenzione del ge-nere umano sarebbe stata impossibile se il peccato di Adamo nonfosse stato punito in Cristo ma ciograve egrave avvenuto e questo significa chelrsquoimperatore aveva giurisdizione sullrsquointero genere umano in quan-to lrsquoImpero era di diritto e per questo aveva potere di giudicare Cri-sto e di punire in lui il peccato dellrsquoumanitagrave (Mon II XI 1-6)242 E ilcapitolo e il II libro si chiudono con un netto giudizio su Costan-

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versoraquo e drsquoaltra parte laquoegrave proprio la dimensione imperiale dellrsquoesperienza politica ro-mana lrsquoelemento che ne giustifica la proposizione come modello di riferimento asso-luto in quanto storicamente realizzatoraquo DESIDERI Impero romano e diritto di naturain Cicerone cit pp 74 e 77

239 Cfr ancora CHIESA-TABARRONE Commento in Monarchia cit p 97 ad II V1 laquoLa conformitagrave dellrsquoimpero al diritto egrave per Dante una necessitagrave logica [hellip] e in que-sto sta la novitagrave e la profonditagrave di questa parte del trattato LrsquoImpero Romano egrave dun-que tale per diritto naturale la natura la volontagrave divina e il diritto positivo tendonoa coincidereraquo Ma anche R IMBACH Quattro idee sul pensiero politico di Dante Ali-ghieri in laquoLrsquoAlighieri Rassegna dantescaraquo ns 28 2006 pp 41-54 p 51 dove si evi-denzia il valore paradigmatico dellrsquoimperium romanum in Dante concepito comequella laquorealtagrave idealeraquo in cui avviene laquola perfetta realizzazione dello stato di dirittoche egrave a sua volta immagine della ragione nella sua piena trasparenzaraquo

240 Mon II X 1 laquoUsque adhuc patet propositum per rationes que plurimum ra-tionalibus principiis innituntur sed ex nunc ex principiis fidei cristiane iterum pate-faciendum estraquo

241 Cosigrave come lrsquoAlighieri sostiene anche nella Epistola VII a Arrigo VII laquoEt cumuniversaliter orbem describi edixisset Augustus [hellip] si non de iustissimi principatusaula prodiisset edictum unigenitus Dei Filius homo factus ad profitendum secun-dum naturam assumptam edicto se subditum nequaquam tunc nasci de Virgine vo-luisset non enim suasisset iniustum quem ldquoomnem iustitiam implererdquo decebatraquo (EpVII 14)

242 Cfr Par VI 88-90 laquola viva giustizia [hellip] li concedette in mano a quel chrsquoirsquodico [scil allrsquoimperatore Tiberio] gloria di far vendetta a la sua iraraquo

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243Mon II XI 8 laquoO felicem populum o Ausoniam te gloriosam si vel nunquaminfirmator ille Imperii tui natus fuisset vel nunquam sua pia intentio ipsum fefellis-setraquo Ma cfr anche Inf XIX 115-17 Purg XXXII 137-38 Par XX 55-60

244Mon III I 5 laquoet queritur utrum auctoritas Monarche romani qui de iure Mo-narcha mundi est ut in secundo libro probatum est inmediate a Deo dependeat anab aliquo Dei vicario vel ministro quem Petri successorem intelligo qui vere clavigerest regni celorumraquo

245 CHIESA-TABARRONE Commento inMonarchia cit p 155 ad III II246 Cfr CHIESA-TABARRONE Introduzione inMonarchia cit p XXXI laquoConside-

rando insieme i tre principii posti allrsquoinizio di ognuno dei tre libri ne emerge comedenominatore comune il richiamo alla volontagrave di Dio cosigrave come si esprime nel dise-gno generale della natura e nelle grandi linee di sviluppo della storia umana (e comedi conseguenza dallrsquoesame della natura e della storia puograve essere desunto)raquo

247 Mon III IV 1 laquoIsti vero ad quos erit tota disputatio sequens asserentes auc-

tino infirmator Imperii a cui si riconosce una pia intentio ma chelrsquoha tratto in inganno (Mon II XI 8)243 Dante si riferisce evidente-mente alla ldquodonazione di Costantinordquo a cui verragrave dedicato lrsquointero Xcapitolo del III libro

27 laquoImperio licitum non est contra ius humanum aliquid facereraquo(Mon III X 8)

Il III libro della Monarchia lo ricordiamo si propone di discu-tere la questione laquose lrsquoautoritagrave del Monarca romano che per dirittoegrave Monarca del mondo come egrave stato provato nel secondo libro di-penda immediatamente da Dio ovvero dallrsquoaltro vicario o ministrodi Dio quale intendo che sia il successor di Pietroraquo (Mon III I 5)244Come nei libri precedenti dopo aver posto e dimostrato qui attra-verso laquola dimostrazione formaleraquo che utilizza laquoil procedimento ari-stotelico della riduzione allrsquoassurdoraquo245 un principio su cui fondarele varie argomentazioni e cioegrave lrsquoassunto che abbiamo giagrave menzio-nato sopra laquoquod naturae intentioni repugnat Deus nolitraquo (MonIII II 2)246 Dante individua e distingue gli avversari ndash i sostenitoridel primato del papa ndash a cui intende rivolgersi (Mon III III) e il ti-po di argomentazione da essi avanzata che laquotraggono dalla SacraScrittura e da alcuni atti sigrave del Sommo Pontefice che dello stesso Im-peratoreraquo (Mon III IV 1)247 Dopo aver confutato gli argomenti di de-

rivazione scritturale (dallrsquoAntico e dal Nuovo Testamento Mon IIIIV-IX) affronta il primo degli laquoattiraquo su cui si fondano i suoi avversa-ri ovvero la donazione di Costantino un documento steso in realtagravefra la seconda metagrave del secolo VIII e i primi decenni del IX248 nelquale si trova attestata esplicitamente per la prima volta in Occi-dente lrsquoidea che Costantino avesse trasferito il suo imperium e lalaquoregni potestatem orientalibus [hellip] regionibusraquo249 e avesse invece

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toritatem Imperii ab auctoritate Ecclesie dependere velut artifex inferior dependetab architecto pluribus et diversis argumentis moventur que quidem de Sacra Scrip-tura eliciunt et de quibusdam gestis tam summi Pontificis quam ipsius Imperatorisnonnullum vero rationis indicium habere nitunturraquo

248 La ldquovulnerabilitagraverdquo delle argomentazioni elaborate nel Constitutum (vd infran 251) ha portato parte degli studiosi a ritenere che il documento non fosse stato ela-borato dalla curia romana cosigrave P DE LEO Ricerche sui falsi medioevali 1 Il Consti-tutum Constantini compilazione agiografica del sec 8 note e documenti per una nuo-va lettura Reggio Calabria Editori meridionali riuniti 1974 ha ipotizzato che il Con-stitutum appartenga alla produzione agiografica monastica intorno a papa SilvestroAnche secondo G DAGRON Representations de lrsquoancienne et de la nouvelle Romedans le sources byzantines des VIIe-XIIe siecles in Roma Costantinopoli Mosca cit pp295-306 laquole Constitutum nrsquoest rien de plus qursquoun appendice aux Actes de Silvestreraquo(p 301) ma che laquoagrave cause de lrsquousage qui en est fait est exclu par les Orientaux de lavulgate constantinienneraquo (p 304) Altri ritengono invece che pur se elaborato nellacuria il Constitutum fosse comunque inizialmente destinato ad avvalorare le pretesepontifice sul patrimonium Petri non tanto presso la raffinata diplomazia bizantinaquanto presso i nuovi regni barbarici primi fra tutti quello dei Franchi come forseavvenne quando papa Zaccaria richiese e ottenne lrsquoaiuto di Pipino il Breve contro iLongobardi Cfr P BELLINI La coscienza del principe Prospettazione ideologica e re-altagrave politica delle interposizioni prelatizie nel governo della cosa pubblica I-II TorinoGiappicchelli 2000 vol I p 595 Recentemente Johannes Fried ha supposto conmotivazioni filologiche e codicologiche che la compilazione sia avvenuta in ambien-te franco fra i monasteri di Corbie e Saint Denis latori delle prime testimonianzemanoscritte per dirimere la querelle sulla potestas territoriale che opponeva i sud-detti monasteri ai figli di Carlomagno nella prima metagrave del IX secolo (J FRIED Do-nation of Constantine and Constitutum Constantini the misinterpretation of a fictionand its original meaning with a contribution by W BRANDES The satraps of Con-stantine Berlin-New York De Gruyter 2007 p 201) Ma sulla storia del Constitutumvd anche GM VIAN La donazione di Costantino Bologna Il Mulino 2004 con bi-bliografia

249 Cosigrave recita il sect 18 del Constitutum laquoUnde congruum prospeximus nostrumimperium et regni potestatem orientalibus transferri ac transmutari regionibus et in By-zantiae provincia in optimo loco nomini nostro civitatem aedificari et nostrum illic

ceduto Roma e con essa le insegne imperiali e ampi territori in Oc-cidente a papa Silvestro e ai papi suoi successori250 da ciograve si facevaderivare la pretesa che spettasse alla Chiesa lrsquoautoritagrave di conferire ilpotere imperiale (Mon III X 1-2)251 Il poeta ammette come real-mente avvenuta la donazione costantiniana ma la considera non va-lida dimostrando prima che non era in potere di Costantino aliena-

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constitui imperium quoniam ubi principatus sacerdotum et christianae religionis ca-put ab imperatore caelesti constitutum est iustum non est ut illic imperator terrenushabeat potestatemraquo Per il testo del Constitutum Constantini si veda Das ConstitutumConstantini (Konstantinische Schenkung) herausgegeben von H FUHRMANN Han-nover Hansche Buchhandlung 1968 (Fontes iuris Germanici antiqui in usum schola-rum ex MGH separatim editi Bd X) riportato anche in FRIED Donation of Con-stantine and Constitutum Constantini cit Appendix B pp 129-37 Cfr anche GOEZTranslatio cit pp 53-55

250 Cosigrave il sect 17 del Constitutum laquoUnde ut non pontificals apex vilescat sed ma-gis amplius quam terreni imperii dignitas et gloriae potentia decoretur ecce tam pa-latium nostrum ut praelatum est quamque Romae urbis et omnes Italiae seu occi-dentalium regionum provincias loca et civitates seapefato beatissimo pontifici patrinostro Silvestrio universali papae contradentes atque relinquentes eius vel succes-sorum ipsius pontificum potestati et ditioni firma imperiali censura per hanc nostramdivalem sacram et pragmaticum constitutum decernimus disponenda atque iuri san-ctae Romanae ecclesiae concedimus permanendaraquo

251 Mon III X 1-2 laquoDicunt adhuc quidam quod Constantinus imperator mun-datus a lepra intercessione Silvestri tunc summi Pontificis Imperii sedem scilicetRomam donavit Ecclesie cum multis aliis Imperii dignitatibus Ex quo arguunt di-gnitates illas deinde neminem assummere posse nisi ab Ecclesia recipiat cuius eas es-se dicunt et ex hoc bene sequeretur auctoritatem unam ab alia dependere ut ipsi vo-luntraquo Il Constitutum nel tentativo di dare un fondamento giuridico e non piugrave soloteologico a quella identificazione fra romana ecclesia e Roma a cui abbiamo sopraaccennato (vd supra n 72 ) prestava il fianco a diverse obiezioni fra le quali la piugraveevidente era che il potere temporale del papa sarebbe dipeso in ultima istanza dal-lrsquoimperatore in quanto derivato da una sua concessione Nellrsquoambito della canonisticafurono perciograve elaborate argomentazioni di carattere teologico per reinterpretare ilConstitutum cosigrave nella Aeger cui levia documento composto nella curia di Inno-cenzo IV (papa dal 1243 al 1254) anche se forse non direttamente a lui attribuibilesi interpreta la donatio effettuata da Costantino dopo la conversione come la resti-tutio debita di un principatus che sarebbe spettato solo al papa in quanto unico vi-carius Christi e che da questi sarebbe stato poi riaffidato allo stesso Costantino BEL-LINI La coscienza del principe cit vol II pp 637-38 Ma Dante ldquotaglia alla radicerdquoquesta problematica dimostrando che lrsquoimperatore non puograve comunque ldquoalienarerdquolrsquoimpero (vd infra nel testo)

re la dignitagrave dellrsquoimpero (Mon III X 5-12) quindi che la Chiesa nonpoteva comunque ricevere questa dignitagrave (Mon III X 13-17) La pri-ma parte dellrsquoargomentazione quella che piugrave ci interessa si fonda suquattro motivi il primo (Mon III X 5-6) egrave che laquoa nessuno egrave con-sentito di fare mediante lrsquoufficio a lui affidato quello che egrave controlrsquoufficio stesso [hellip] ora egrave contrario allrsquoufficio affidato allrsquoImperato-re lo scindere lrsquoImpero dato che egrave suo compito di tenere il genereumano soggetto a uno solo volere e a un solo non volere come fa-cilmente puograve vedersi nel primo libro di questo scritto dunque al-lrsquoimperatore non egrave consentito di scindere lrsquoimperoraquo252 Il secondo(Mon III X 7-9) sostiene che come fondamento della Chiesa egrave Cri-sto il fondamento dellrsquoimpero egrave il ius humanum La Chiesa non puograveandare contro il suo fondamento ma laquocosigrave neppure allrsquoImpero egrave le-cito fare alcuncheacute contro il diritto umano Ma sarebbe contro il di-ritto umano che lrsquoImpero distruggesse seacute stesso [hellip] Poicheacute dun-que scindere lrsquoImpero significherebbe distruggerlo dal momentoche lrsquoImpero consiste nellrsquounitagrave della Monarchia universale egrave evi-dente che non egrave lecito scindere lrsquoimpero a chi dellrsquoimpero rappre-senta lrsquoautoritagraveraquo253 Il terzo motivo (Mon III X 10-11) si basa sul prin-cipio che laquoogni giurisdizione egrave prima del suo giudice il giudice in-fatti egrave ordinato alla giurisdizione non questa a quello ma lrsquoImperoegrave quella giurisdizione che nel suo ambito abbraccia ogni altra giuri-sdizione temporale dunque essa egrave prima del suo giudice che egrave lrsquoIm-

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252 Mon III X 5 laquoEt cum pertinaciter instant quod dico sic ostendi potest ne-mini licet ea facere per offitium sibi deputatum que sunt contra illud offitium quiasic idem in quantum idem esset contrarium sibi ipsi quod est inpossibile sed con-tra offitium deputatum Imperatori est scindere Imperium cum offitium eius sit hu-manum genus uni velle et uni nolle tenere subiectum ut in primo huius de facili vi-deri potest ergo scindere Imperium imperatori non licetraquo

253Mon III X 7-9 laquoPreterea sicut Ecclesia suum habet fundamentum sic et Im-perium suum Nam Ecclesie fundamentum Cristus est [hellip] Imperii vero fundamen-tum ius humanum est Modo dico quod sicut Ecclesie fundamento suo contrariarinon licet sed debet semper inniti super illud [hellip] sic et Imperio licitum non est con-tra ius humanum aliquid facere Sed contra ius humanum esset si se ipsum Impe-rium destrueret ergo Imperio se ipsum destruere non licet Cum ergo scindere Im-perium esset destruere ipsum consistente Imperio in unitate Monarchie universalismanifestum est quod Imperii auctoritate fungenti scindere Imperium non licet Quodautem destruere Imperium sit contra ius humanum ex superioribus est manifestumraquo

peratore poicheacute ad essa lrsquoImperatore egrave ordinato e non al contrarioDal che egrave chiaro che lrsquoImperatore non ha la facoltagrave di permutarlaraquo254Infine (Mon III X 12) laquose un Imperatore potesse staccare dalla giu-risdizione dellrsquoImpero una particella un altro potrebbe fare altret-tanto E siccome la giurisdizione temporale egrave finita e ogni cosa finitasi consuma con un numero finito di amputazioni ne seguirebbe chela prima giurisdizione potrebbe andare annientata il che egrave irragio-nevoleraquo255 Egrave stato da tempo dimostrato come le argomentazionidantesche rielaborate in modo originale e coerente con quanto af-fermato nei precedenti libri del trattato trovano riscontro in quellatradizione giuridica di parte imperiale (il cui precedente piugrave auto-revole egrave la Glossa Authenticorum di Accursio redatta nei primi de-cenni del XIII secolo) che ricorrendo al diritto romano aveva di-chiarato illegittima la donazione costantiniana Ai precedenti stu-di256 rimando quindi per un puntuale confronto fra questi paragrafidella Monarchia e tale tradizione257 Ho voluto comunque ripercor-

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254Mon III X 10 laquoPreterea omnis iurisdictio prior est suo iudice iudex enim adiurisdictionem ordinatur et non e converso sed Imperium est iurisdictio omnem tem-poralem iurisdictionem ambitu suo comprehendens ergo ipsa est prior suo iudice quiest Imperator quia ad ipsam Imperator est ordinatus et non e converso Ex quo pa-tet quod Imperator ipsam permutare non potest in quantum Imperator cum ab ea re-cipiat esse quod estraquo Cfr supra n 160

255Mon III X 12 laquosi unus Imperator aliquam particulam ab Imperii iurisdictio-ne discindere posset eadem ratione et alius Et cum iurisdictio temporalis finita sit etomne finitum per finitas decisiones assummatur sequeretur quod iurisdictio primaposset annichilari quod est irrationabileraquo

256 Fra questi ricordo solo gli ancora fondamentali studi di Nardi (B NARDI LalaquoDonatio Constantiniraquo e Dante in Nel mondo di Dante Roma Edizioni di Storia eLetteratura 1944 pp 107-60 ID Intorno ad una nuova interpretazione del terzo li-bro della Monarchia di Dante in Dal ldquoConviviordquo alla ldquoCommediardquo cit pp 151-313ID Dante e il laquoBuon Barbarossaraquo ossia Introduzione alla laquoMonarchiaraquo di Dante inDante Alighieri Opere Minori III1 cit pp 241-69) la puntuale analisi di G PU-LETTI La donazione di Costantino nei primi del rsquo300 e la laquoMonarchiaraquo di Dante inlaquoMedioevo e Rinascimentoraquo ns VII 1993 pp 113-35 e lrsquoampia disanima di S CRI-STALDI laquoRomanum Imperiumraquo e donazione di Costantino in Dante di fronte al Gioa-chimismo cit pp 223-392

257 Da osservare in particolare come Dante al principio evidenziato da Accursioe poi ripreso dai civilisti che lrsquoimperatore in quanto augustus deve augere e non mi-nuere lrsquoimperium sostituisca allrsquoinizio delle sue argomentazioni coerentemente conquanto affermato nei precedenti libri il principio della inscindibile unitagrave dellrsquoimpe-

rere lo svolgimento dellrsquoargomentazione percheacute mi sembra chiari-scano in modo esemplare attravero un caso storico o meglio pre-sunto tale quella concezione del diritto che come abbiamo vistonelle pagine precedenti egrave inscindibile in Dante dalla concezione delpotere imperiale il fatto che Dante contesti su base giuridica la do-nazione di Costantino conferma infatti la figura di un imperatorenon sovrano assoluto ma profondamente vincolato dal ius cosigrave co-me avevamo giagrave osservato anche nel Convivio258 e come viene riba-dito in special modo dallrsquoaffermazione (il terzo motivo) che la giuri-sdizione imperiale egrave prima dellrsquoimperatore che a questa egrave ordinatoEd egrave significativo il fatto che questo ius fondamento dellrsquoImperodiverso dal fondamento della Chiesa egrave da Dante indicato specifica-tamente come ius humanum

Nellrsquoantica Roma il ldquodiritto divinordquo ovvero quellrsquoinsieme di nor-me che regolavano il rapporto fra la comunitagrave civica e la divinitagrave dauna parte era concepito allrsquointerno del ius publicum come attesta lafamosa suddivisione ulpianea laquoPublicum ius in sacris in sacerdoti-bus in magistratibus consistitraquo (Digesto I112) dallrsquoaltra anchenella sua fase piugrave antica quando il monopolio della interpretazionegiurisprudenziale era in mano ai pontefici (IV secolo aC) il ius di-vinum era comunque distinto da quello humanum259 e questa di-

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ro paragonata ancora una volta alla tunica inconsutilis di Cristo (Mon III X 6 laquoSi er-go alique dignitates per Constantinum essent alienate ndash ut dicunt ndash ab Imperio etcessissent in potestatem Ecclesie scissa esset tunica inconsutilis quam scindere ausinon sunt etiam qui Cristum verum Deum lancea perforaruntraquo) questo percheacute ciograve checonta per lrsquoAlighieri non egrave unrsquoestensione per quanto ampia dellrsquoimpero ma la suauniversalitagrave condizione necessaria alla felicitagrave dellrsquouomo

258 Il che appare confermato anche delle epistole politiche dellrsquoAlighieri su cui cfrV RUSSO Le epistole politiche in laquoLetture Classensiraquo 1987 pp 69-78 specialmente pp73 s Interessante osservare che anche Bartolo da Sassoferrato nel De tyranno (datatoagli stessi anni del De regimine civitatis ndash 1355-1357 ndash e editato in QUAGLIONI Politi-ca e diritto nel trecento italiano cit pp 175-213) definisce il tiranno colui laquoqui in com-muni re publica non iure principaturraquo (cap II p 177) svolgendo poi e semplificandonel trattato un laquoduplice aspetto di antigiuridicitagrave da una parte per mancanza del tito-lo giuridico dallrsquoaltra in ragione dellrsquoesercizio perverso del potere legittimamente ac-quisitoraquo (ivi p 39)

259 Anche se la distinzione riguardava inizialmente solo lrsquooggetto del sapere giu-risprudenziale mentre il soggetto di tale sapere era comunque costituito dai pontefi-ci e la legittimitagrave del ius era dovuta alla sacralitagrave del responso alla connessione che i

FRANCESCA FONTANELLA128

sacerdoti in quanto tali assicuravano fra il responso e la divinitagrave cfr i ldquoclassicirdquo RORESTANO Elemento divino ed elemento umano nel diritto di Roma in laquoRivista In-ternazionale di Filosofia del Dirittoraquo XXI 1941 pp 1-40 e F SCHULZ History of Ro-man Legal Science Oxford Clarendon Press 19532 trad it Storia della giurispru-denza romana Firenze Sansoni 1968 pp 34-71 che nellrsquoesposizione della giuri-sprudenza romana arcaica distingue al suo interno fra diritto sacro e diritto privato aseconda dellrsquooggetto del sapere giuridico dei pontefici

260 Cfr FONTANELLA Politica e diritto naturale nelDe legibus di Cicerone cit pp71-73

261 Cfr FASSOgrave Storia della filosofia del diritto I cit pp 139-43262 Anche se egrave ben noto che Agostino nel passo in cui parla di ius divinum pro-

prio in rapporto alla sacre scritture (laquoDivinum Ius in Scripturis habemusraquo AUG InIohannis Evangelium tr VI 25) riporta in realtagrave il pensiero dei suoi oppositori cioegravedei donatisti che in nome di un ldquopresuntordquo ius divinum rivendicavano la proprietagrave ec-clesiastica di ville e poderi mentre Agostino sostiene che la proprietagrave dei beni mate-riali va gestita in base al ius humanum ovvero alle leggi romane (ibidem) per una sin-tesi storica sullrsquouso e sul significato di questa ldquoformulardquo si puograve vedere P GHERRI Iusdivinum inadeguatezza di una formual testuale in Ius divinum Atti del XIII Conve-gno di Diritto Canonico (Venezia 17-21 settembre 2008) a cura di JI Arrieta co-ordinatore edizione C-M Fabris Venezia Marcianum Press 2010 pp 465-88

263 Cfr TOMMASO Summa Theol Ia-IIae q 91 a 4264 Cfr Mon III XIII 4 laquoomnis nanque divina lex duorum Testamentorum gremio

contineturraquo

stinzione si era meglio definita col progressivo sorgere e imporsi inetagrave repubblicana di un ius civile appannaggio di specialisti laici260Dopo la nascita del Cristianesimo quella societas cristiana che egrave laChiesa crescendo e iniziando ad organizzarsi come ogni societagraveespresse anche delle norme giuridiche tratte dal Vangelo e dalle tra-dizioni apostoliche con cui regolare la vita dei suoi membri le ge-rarchie gli organi amministrativi e legislativi le sanzioni etc261 in-somma tutto ciograve che dopo la svolta costantiniana riguardava sem-pre piugrave persone che erano allo stesso tempo membri della Chiesa ecives dellrsquoimpero e che in seguito fissato in decisioni conciliari oproclamato nel corso dei secoli da pontefici avrebbe dato origine aldiritto canonico Con ius divinum (o lex divina) si venne pertantoad indicare nella terminologia patristica262 e poi nella tradizione me-dievale pur con un certo sovrapporsi di significati in cui metteragrave or-dine Tommaso drsquoAquino quel complesso di norme che si volevanoderivate dalla parola rivelata di Dio innanzitutto tramite le scrittu-re263 come anche Dante mostra di intendere264 Questo ius divinum

a differenza dellrsquoantico ius sacrum pagano era quindi ab initio ete-rogeneo rispetto al ius pubblico e da ciograve poteva derivare insieme auna distinzione piugrave netta di quella pur presente nel diritto romanofra ius divinum e humanum anche una piugrave netta distinzione fra gliambiti di competenza delle due autoritagrave preposte a ciascuno ius co-me giagrave i primi cristiani avevano evinto dallrsquoevangelico laquorendere aCesare quel che egrave di Cesare e a Dio quel che egrave di Dioraquo (Mt 22 21)e dalla Lettera ai Romani di Paolo (Rm 13 1-7) e come aveva rico-nosciuto papa Gelasio I in una famosa lettera rivolta alla fine del Vsecolo allrsquoimperatore Anastasio

Duo sunt quippe imperator auguste quibus principaliter mundus hicregitur auctoritas sacrata pontificum et regalis potestas [hellip] Si enim quan-tum ad ordinem publicae pertinet disciplinae cognoscentes imperium tibisuperna dispositione conlatum legibus tuis ipsi quoque parent religionis an-tistites ne vel in rebus mundanis exclusae [hellip] videantur obviare sententiaequo oro te decet affectu eis et convenit oboedire qui praerogandis venera-bilibus sunt attributi mysteriis265

Il diritto giustinianeo sembra far propria questa distinzionequando nella VI delle Novellae afferma laquoMaxima quidem in homi-nibus sunt dona Dei a superna collata clementia sacerdotium et im-perium illud quidem divinis ministrans hoc autem humanis prae-sidens ac diligentiam exhibensraquo (Nov 6 pr)266 E infatti la glossa diAccursio sulla Donatio Constantini sopra ricordata si apre com-mentando una voce della praefatio a questa Novella da cui il giuri-

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265 Epistola VIII ad Anastasium imperatorem in PL LIX col 42 su cui ora si puogravevedere R RONZANI La lettera laquoFamuli uestrae pietatisraquo di Gelasio di Roma allrsquoimpe-ratore Anastasio I (CPL 1667 Ep 8) in laquoAugustinianumraquo 51 2011 pp 501-49 e p512 laquoGelasio nella lettera Famuli uestrae pietatis riferendosi alle due realtagrave che reg-gono il mondo non ha di mira rivendicazioni di carattere politico Al contrario il ve-scovo vuole ricordare che la regalis potestas ha il suo specifico ambito di esercizio in-discusso e invalicabile da parte anche dei vescovi Al contempo perograve ndash ed egrave questoche preme soprattutto ricordare al presule romano ndash egrave invalicabile lrsquoambito di eser-cizio dellrsquoauctoritas sacrata pontificum vale a dire dellrsquoautoritagrave specificamente eccle-siale dei vescovi in materia di dottrina e di disciplina ecclesiasticaraquo

266 Ma cfr anche Cod 1317 pr (Imperatores Honorius Theodosius) laquoPlacetnostrae clementiae ut nihil commune clerici cum publicis actibus vel ad curiam per-tinentibus cuius corpori non sunt adnexi habeantraquo

sta evince che laquoApparet ergo quod nec papa in temporalibus necimperator in spiritualibus se debent immiscereraquo267 Solo che questaNovella indirizzata nel 535 allrsquoarcivescovo di Costantinopoli si oc-cupava proprio di stabilire come recita il titolo laquoQuomodo opor-teat episcopos et reliquos clericos ad ordinationem deduci et de ex-pensis ecclesiarumraquo mostrando che lrsquoimperatore ritiene suo compi-to specifico di intervenire in divinis (laquoNos igitur maximam habemussollicitudinem circa vera dei dogmata et circa sacerdotum honesta-temraquo) come del resto si puograve evincere dai titoli dei primi articoli rac-colti nel I libro del Codex dovuti oltre che a Giustiniano agli im-peratori della fine del IV secolo e del V a partire da Teodosio268 In-somma giagrave alcuni decenni dopo lrsquoeditto di Costantino e poi sempredi piugrave nei secoli successivi si rivelograve per dirla collrsquoefficace sintesi diNardi che laquoil principio proclamato da Gelasio era saggio ma di dif-ficile applicazione Tanto vero che non riuscigrave a impedire nuovi esempre piugrave gravi conflitti per lrsquoingerenza da una parte dellrsquoautoritagravecivile nel governo della Chiesa ad esempio nella nomina dei vesco-vi e per la tendenza a fare della Chiesa uno strumento di dominio po-litico e dallrsquoaltra per la contraria tendenza sempre piugrave accentuatada parte della Curia papale a limitare il campo della giurisdizioneimperialeraquo269

Quanto abbiamo ricordato se pur in modo un porsquo approssima-tivo aiuta a comprendere meglio lrsquoimportanza del riferimento dan-tesco al ius humanum lrsquoaggettivo humanum specifica infatti che que-sto ius egrave di nuovo il diritto romano senzrsquoaltro conforme alla naturaalla volontagrave e alla mente di Dio (cosigrave abbiamo visto emergere dal-lrsquoanalisi complessiva della Monarchia)270 ma che non deriva dalla Ri-

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267 ACCURSIO Apparatus in Authentica Coll I tit VI (= Novella VI) pr v confe-rens generi Nella Glossa si rimanda fra altri passi del Corpus giustinianeno anche aCod 1317 che ho riportato alla nota precedente

268 Cfr eg Cod110 De summa trinitate et de fide catholica et ut nemo de ea pu-blice contendere audeat Cod120 De sacrosanctis ecclesiis et de rebus et privilegiis ea-rum Cod130 De episcopis et clericis et orphanotrophis et brephotrophis et xenodochiset asceteriis et monachis et privilegio eorum et castrensi peculio et de redimendis capti-vis et de nuptiis clericorum vetitis seu permissis Cod140 De episcopali audientia etde diversis capitulis quae ad ius curamque et reverentiam pontificalem pertinent etc

269 NARDI Dal ldquoConviviordquo alla ldquoCommediardquo (Sei saggi danteschi) cit p 155 270 La formula ius humanum laquorichiama lrsquoinsieme dei ragionamenti presentati

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nei primi due libri dellrsquoopera lrsquoimpero egrave la forma di governo voluta da Dio e dallanatura (primo libro) e il diritto corrisponde a ciograve che Dio vuole riguardo alla societagraveumana (II II 6) [hellip] questo concetto di diritto naturale egrave uno dei presupposti fon-damentali dellrsquooperaraquo CHIESA-TABARRONE Commento in Monarchia cit p 203ad III X 7

271 laquoFondamento dellrsquoImpero egrave per Dante Dio stesso ciograve non porta benintesolrsquoautore della Monarchia a individure il corrispettivo fondamento giuridico nel dirittodivino cioegrave nella Rivelazione lo induce piuttosto a porre il diritto come discenden-te dal volere di Dio [hellip] (II II 5) Se cosigrave egrave la legge promulgata dallrsquoimperatore egrave ta-le nella misura in cui realizza unrsquoadeguazione a quellrsquoistanza trascendente e a una si-mile legge egli pure egrave vincolatoraquo CRISTALDI laquoRomanum Imperiumraquo e donazione diCostantino cit p 325-26 Osserviamo che anche Manfredi figlio di Federico II di-fende lrsquoautonomia dellrsquoimpero proprio sulla base del ius humanum cfr A FRUGO-NI Il Manifesto di Manfredi ai Romani Palermo Palumbo 1951 con il testo alle pp21-42

272 Ancora nel X capitolo secondo il testo di Nardi e del sito della Societagrave Dan-tesca nellrsquoXI nellrsquoedizione di Shaw seguita da CHIESA-TABARRONE a partire da que-sto passo quindi il numero del capitolo a cui si riferisce il commento di CHIESA-TA-BARRONE non coincide piugrave (in quanto egrave superiore di una unitagrave) con quello del testoda me seguito

273Mon III X 18-19 laquoAdhuc dicunt quod Adrianus papa Carolum Magnum si-bi et Ecclesie advocavit ob iniuriam Longobardorum tempore Desiderii regis eorumet quod Carolus ab eo recepit Imperii dignitatem non obstante quod Michael impe-rabat apud Constantinopolim Propter quod dicunt quod omnes qui fuerunt Roma-norum Imperatores post ipsum et ipsi advocati Ecclesie sunt et debent ab Ecclesiaadvocari ex quo etiam sequeretur illa dependentia quam concludere voluntraquo

274 Quando Carlo Magno sconfisse Desiderio effettivamente era papa Adriano I

velazione271 ed egrave quindi indipendente dallrsquoautoritagrave ecclesialeIl secondo e ultimo argomento storico che Dante discute272 egrave

quello dellrsquoincoronazione imperiale di Carlo Magno da parte del pa-pa

Dicono altresigrave che papa Adriano tolse a difensore suo e della Chiesa Car-lo Magno contro le offese dei Longobardi al tempo del loro re Desiderio eche Carlo ricevette da lui la dignitagrave dellrsquoimpero nonostante che Michele fos-se imperatore di Costantinopoli Per il qual fatto dicono che tutti coloro chedopo di lui furono imperatori dei Romani sono difensori della Chiesa e talidebbono essere dalla Chiesa ritenuti dal che seguirebbe pure quella dipen-denza che essi pretendono inferirne273

Nonostante lrsquoimprecisione dei dati storici forniti dallrsquoAlighieri274

FRANCESCA FONTANELLA132

che incoronograve Carlo re drsquoItalia nel 781 ma quando fu incoronato imperatore nel Na-tale dellrsquo800 era papa Leone III Inoltre a Costantinopoli non regnava Michele I malrsquoimperatrice Irene fatto questo che venne enfatizzato nelle fonti antiche come legit-timante la translatio sostenendo che il trono imperiale si poteva ritenere vacante inquanto occupato da una donna cosigrave ad esempio negli Annali di Lorsch (in Monu-menta Germaniae Historica Scriptores I Hannoverae Impensis Bibliopolii AuliciHahniani 1826 p 38) e nella Cronaca di Moissac (ivi pp 305-306) La fonte di Dan-te potrebbe essere stata il Decretum Gratiani (1 dist 63 22) cfr CHIESA-TABARRONECommento inMonarchia cit p 207 ad III XI 1

275 Vd supra n 1276 Vd supra n 251277 I documenti dei giuristi elaborati fra il XII e il XIII secolo mostrano come in

questo periodo si promuova una laquoaccezione sacrale e ministeriale che segna lrsquoImpe-ro cristiano nellrsquoetagrave intermedia differenziandolo dalla visione piugrave strettamente poli-tica propria dellrsquoimpero di diretta derivazione romana Lrsquoimperatore non egrave solo Si-gnore politico del mondo Egrave anche (diremmo soprattutto) lrsquoavvocato e il difensoredella Chiesa Lo egrave per decretazione superna di Dio stesso qual dalla Chiesa inter-pretata in guisa autenticaraquo cfr P BELLINI DOMINUS TOTIUS MUNDI LrsquoImpera-tore dei romani e i popoli estranei al popolo romano (sec XII-XIV) in Popoli e spazioromano tra diritto e profezia (Da Roma alla terza Roma Documenti e studi Collezio-ne diretta da P Catalano e P Siniscalco) Napoli Edizioni Scientifiche Italiane 1986pp 247-87 p 264 e pp 264-65 n 42 con ampia documentazione

egrave evidente come qui si alluda tramite anche il riferimento allrsquoimpe-ratore di Costantinopoli alla translatio imperii teoria presuppostalo abbiamo accennato allrsquoinizio anche nel VI canto del Paradiso275Lrsquoincoronazione di Carlo Magno non egrave quindi collegata dallrsquoAlighierialla donazione di Costantino (anche se i due episodi sono accomu-nati nella Monarchia in quanto costituiscono i due argomenti ldquosto-ricirdquo sostenuti dai suoi avversari) In effetti data lrsquoinnegabile ambi-guitagrave delle argomentazioni desumibili dal Constitutum276 gran par-te della pubblicistica di parte papale pur attribuendo allrsquoincorona-zione di Carlo Magno un valore di precedente storico convalidantela pretesa pontificia di avere lrsquoultima parola sul conferimento del ti-tolo imperiale fondava la legittimitagrave di tale precedente non sulleprerogative che il papa avrebbe ricevuto dal Constitutum quantopiuttosto sulla concezione del ruolo dellrsquoimperatore come advoca-tus ecclesiae277 secondo unrsquoidea solidaristica dei rapporti fra le duemassime autoritagrave che poteva essere chiamata in causa anche per giu-stificare lrsquointervento della Chiesa in temporalibus quando questa lo

ritenesse necessario o opportuno278 Dante non mette in dubbio ilruolo imperiale di advocatus ecclesiae che riconosceragrave esplicitamentea Carlo Magno nel VI canto del Paradiso (VI 96) e nemmeno che siaavvenuta una translatio a Graecis ad Francos ma sostiene che lrsquoautoredella translatio non sia stato il papa in quanto questi compigrave un attoillegittimo e laquolrsquousurpazione di un diritto non crea diritto altrimen-ti si potrebbe chiamare in causa unrsquoaltra vicenda storica ndash la depo-sizione di papa Benedetto V da parte dellrsquoimperatore Ottone I ndash perdimostrare la tesi oppostaraquo279 Dante chiude quindi velocementequesta vexata quaestio con la massima probabilmente da lui stessoconiata che usurpatio iuris non facit ius il motivo per cui lrsquoincoro-nazione di Carlo Magno sia da intendere come un usurpatio iurisqui a differenza di quanto avvenuto per la donazione di Costantinonon viene dimostrato (e si comprenderagrave in realtagrave solo nei successivicapitoli XII-XV dove si proveragrave che lrsquoautoritagrave imperiale puograve dipen-dere solo e direttamente da Dio)280 ma egrave comunque ancora una vol-ta tramite il diritto (o meglio in questo caso tramite la sua ldquoevoca-zionerdquo) che Dante inficia la presunta capacitagrave di un fatto storico dicostituire un precedente legittimante a una pretesa di per seacute privasecondo lrsquoautore di qualsiasi legittimitagrave

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 133

278 Secondo una linea di pensiero preponderante fino ad Innocenzo III si ritenevache la Chiesa fosse chiamata ad intervenire in temporalibus ambito pur riconosciutodi specifica competenza del potere politico quando questrsquoultimo ratione peccati o an-che per semplice incompetenza non fosse in grado di assolvere il suo compito per unadettagliata analisi delle fonti si puograve vedere tutta la Parte Prima Il sistema curialisticoclassico in BELLINI La coscienza del principe cit vol I pp 87-615 passim

279 Cosigrave sintetizzano CHIESA-TABARRONE Commento in Monarchia cit p 207 adIII XI

280 Terminata la confutazione delle tesi degli avversari in questi capitoli Dante so-stiene la sua tesi dimostrando prima per via negativa che lrsquoimpero non dipende dallaChiesa percheacute la Chiesa non ne egrave la causa (XII) percheacute nessuna fonte ha attribuito al-la Chiesa il potere di conferire lrsquoimpero (XIII) e inoltre percheacute tale potere non fa par-te di quelli della Chiesa in quanto egrave contro la sua stessa natura (XIV) Infine nel XV ca-pitolo su cui ci soffermeremo brevemente dimostreragrave per via positiva che lrsquoautoritagravedellrsquoimpero dipende direttamente da Dio

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281 Cfr supra n 25 CHIESA-TABARRONE nel loro Commento (in Monarchia cit p209-10 ad III XII 1) chiariscono attraverso riferimenti a fonti antiche e medievali co-me la formulazione di questo principio in questo passo della Monarchia risenta del-la commistione fra lrsquoaccezione originale che laquosi applica rigorosamente solo allrsquointer-no delle distinzioni categoriali proprie dellrsquoontologia aristotelicaraquo e il laquoben diversoprincipio neoplatonico secondo cui tutto deriva dallrsquouno e allrsquouno puograve essere ricon-dottoraquo

282Mon III XI 1-2 laquoRatione vero sic arguunt Summunt etenim sibi principiumde decimo Prime phylosophie dicentes omnia que sunt unius generis reducuntur adunum quod est mensura omnium que sub illo genere sunt sed omnes homines suntunius generis ergo debent reduci ad unum tanquam ad mensuram omnium eorumEt cum summus Antistes et Imperator sint homines si conclusio illa est vera oportetquod reducantur ad unum hominem Et cum Papa non sit reducendus ad alium re-linquitur quod Imperator cum omnibus aliis sit reducendus ad ipsum tanquam admensuram et regulam propter quod sequitur etiam idem quod voluntraquo

283 CHIESA-TABARRONE Commento in Monarchia cit p 211 ad III XII 3

28 laquoMaxime debet intendere [hellip] romanus Princeps ut [hellip] li-bere cum pace vivaturraquo (Mon III XV 11)

Le conclusioni della Monarchia sono fra gli argomenti piugrave discussinegli studi sullrsquoopera e sulla concezione politica di Dante e vi accen-nerograve quindi soltanto per ciograve che riguarda piugrave specificatamente lrsquoog-getto di questo studio Per meglio comprendere proprio lrsquoultimo ca-pitolo del trattato mi sembra perograve prima opportuno richiamare lrsquouni-co argomento laquodi ragioneraquo che Dante confuta nellrsquoXI capitolo ovve-ro quello che in base al giagrave ricordato principio della reductio adunum281 postulava che tutti gli uomini appartenendo allo stesso ge-nere dovessero essere ricondotti a un solo uomo e laquosiccome il som-mo Pontefice e lrsquoImperatore sono uomini se quella conclusione egrave ve-ra bisogna che siano ricondotti a un solo uomo Ora poicheacute non egraveconsentito di ricondurre il Papa ad altro uomo rimane che lrsquoimpe-ratore insieme a tutti gli altri uomini deve essere ricondotto a lui co-me a misura e regolaraquo282 Nella sua confutazione lrsquoAlighieri accetta ilprincipio della reductio ad unum ma non la sua applicazione al papae allrsquoimperatore in quanto essi sarebbero riconducibili ad un unicouomo laquosolo ldquoin quanto uominirdquo (cioegrave in relazione alla loro natura so-stanziale) e non ldquoin quantordquo rispettivamente ldquopapardquo e ldquoimperatorerdquo(che riguarda invece la loro natura accidentale)raquo283

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 135

284 Ivi p 209 ad III XII285 BELLINI DOMINUS TOTIUS MUNDI LrsquoImperatore dei romani e i popoli

estranei al popolo romano (sec XII-XIV) cit p 261 che cosigrave sintetizza parlando diunrsquolaquoidea solidaristica (imperium et sacerdotium sunt ut frater et soror) insita negli sche-mi integralistici della medievale civitas christiana tutta strutturata ndash nellrsquointerezza deisuoi tratti ndash in ragione della proiezione finale oltreterrena degli homines viatores Sivedeva il popolo cristiano consegnato ndash per decretazione provvida di Dio ndash alla cor-responsabile premura di quei due massimi apparati di governo di quelle due supre-mae auctoritates legate lrsquouna allrsquoaltra da unrsquoamicizia vicissim fortissima tutte e due or-dinate (ciascuna a modo suo secundum intellectum et vires suas) al bonum animaequod est maximumraquo

286 Cfr ivi p 265 laquola stessa logica unitaria [hellip] veniva a militare a favore dellapotestagrave vicaria in una unica personaraquo come aveva affermato il cardinale Ostiense (XIIIsecolo) nella sua Lectura alla Per venerabilem di Innocenzo III laquosicut enim ponere duoprincipia haereticum est [hellip] et sic ponere duos vicarios generales et sibi aequales interris haereticum videtur [hellip] vita igitur opinionem contrariam monstruosamraquoOSTIENSE Lectura in cap 13 Per venerabilem X qui filii sint legitimi 4 17 s vers Ple-nitudinem potestatis n 36

287Mon III XV 7 laquobeatitudinem scilicet huius vite que in operatione proprie vir-

Lrsquoargomento della reductio ad unum laquoun caposaldo della partepapaleraquo284 pur se confutato sul piano della logica non poteva co-munque di fatto essere messo a tacere se non si entrava nel meritodi quella concezione unitaria propria del mondo medievale secondola quale tutta la civitas egrave civitas christiana ovvero la societagrave coincidecon la Chiesa ed egrave quindi orientata anche su questa terra a rag-giungere il bonum animae285 dati questi presupposti difficilmentelrsquoimperatore poteva infatti risultare autonomo dalla suprema auto-ritagrave ecclesiastica anche in quellrsquoambito di sua specifica competenzache era la guida della societagrave civile286

Ora nel capitolo XV del III libro della Monarchia Dante dopoaver enunciato il principio metafisico secondo il quale lrsquouomo inquanto unione di corpo e anima partecipa sia alla natura corrutti-bile che a quella incorruttibile ognuna delle quali egrave orientata versoun suo proprio ultimo fine (sectsect 3-6) sostiene che di conseguenza duofines sono posti dalla provvidenza allrsquouomo vale a dire laquola beatitu-dine di questa vita consistente nellrsquoesplicazione delle proprie facol-tagrave [hellip] e la beatitudine della vita eterna consistente nel godimentodella visione di Dio cui la la virtugrave propria dellrsquouomo non puograve giun-gere senza il soccorso del lume divinoraquo287 Alla prima beatitudine

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tutis consistit [hellip] et beatitudinem vite ecterne que consistit in fruitione divini aspec-tus ad quam propria virtus ascendere non potest nisi lumine divino adiutaraquo

288Mon III XV 8 laquoNam ad primam per phylosophica documenta venimus dum-modo illa sequamur secundum virtutes morales et intellectuales operando ad secun-dam vero per documenta spiritualia que humanam rationem transcendunt dummo-do illa sequamur secundum virtutes theologicas operando fidem spem scilicet et ka-ritatemraquo

289 Vd supra n 64290 Egrave infatti ben noto che nel penultimo paragrafo della Monarchia (III XV 17) si

precisa che lrsquoImperatore non egrave in assoluto svincolato da una certa sottomissione alPapa dato che la felicitagrave terrena egrave quodammodo ordinata a quella immortale laquoQuequidem veritas ultime questionis non sic stricte recipienda est ut romanus Princepsin aliquo romano Pontifici non subiaceat cum mortalis ista felicitas quodammodo adinmortalem felicitatem ordineturraquo (Mon III XV 17 dove come opportunamente sot-tolineano CHIESA-TABARRONE Commento in Monarchia cit pp 241-42 ad III XVI 17lrsquoavverbio quodammodo non ha laquoun significato approssimativoraquo quanto piuttostolaquouna sua valenza tecnico-filosoficaraquo) Di tutto ciograve che egrave stato scritto su questo passoriporto solo percheacute la condivido pienamente questa osservazione di Cristaldi (CRI-STALDI laquoRomanum Imperiumraquo e donazione di Costantino cit p 299) laquoOnde scan-sare rischiosi fraintendimenti ribadiremo che questo separare non significa affattocontrapporre ci troviamo di fronte a un laico cristiano il quale egrave davvero remoto dacerte moderne preclusioni nei confronti della fede [hellip] Mantenendo che la felicitagrave ter-rena ldquoquodammodo ad inmortalem felicitate ordinaturrdquo (III xv 17) e che il sapere

laquonoi perveniamo per mezzo delle dottrine filosofiche purcheacute le se-guiamo praticando le virtugrave morali e quelle intellettuali alla secondainvece giungiamo per mezzo degli insegnamenti divini che trascen-dono la ragione umana purcheacute li seguiamo praticando le virtugrave teo-logicheraquo288 Anche nel IV trattato del Convivio lo ricordiamo in unpasso che molto si avvicina a questo della Monarchia Dante aveva af-fermato che le laquooperazioni delle morali virtudiraquo portano a una feli-citagrave laquoquasi imperfetta nella vita attivaraquo quelle laquodelle virtudi intel-lettualiraquo a una felicitagrave laquoperfetta quasi nella [vita contemplativa]raquo epoi che queste laquodue operazioni sono vie espedite e dirittissime a me-nare alla somma beatitudine la quale qui non si puote avereraquo (ConvIV XXII 18)289 Aveva quindi stabilito una distinzione ma con un pre-ciso ordine gerarchico che risulta invece assente in questo passo del-la Monarchia anche se per quanto riguarda il rapporto fra felicitagraveterrena e felicitagrave eterna tale ldquoordinerdquo saragrave ldquoin qualche modordquo ri-preso alla fine dellrsquoopera in una famosa e discussa asserzione290 Ma

prima del ldquofinalerdquo quello che si ribadisce egrave che per quanto riguar-da la felicitagrave in questa vita sono sufficienti le virtugrave morali e quelle in-tellettuali dato che come ha chiarito allrsquoinizio del I libro del tratta-to il bene esse mundi consiste nel fatto che lrsquoumanitagrave unita nella pa-ce possa attuare quellrsquooperazione che le egrave propria e che costituisceil suo fine ovvero tutta la potenza dellrsquointelletto291 Dato perograve chetutto questo laquolrsquoumana cupidigia se lo butterebbe dietro le spalleraquo292

se gli uomini non fossero costretti come si costringono i cavalli a se-guire una certa via laquofu necessaria allrsquouomo una duplice guida corri-spondente al duplice fine cioegrave il sommo Pontefice che conducesseil genere umano alla vita eterna per mezzo delle dottrine rivelate elrsquoImperatore il quale indirizzasse il genere umano alla felicitagrave tem-porale per mezzo degli insegnamenti della filosofiaraquo293 Lrsquoafferma-zione del ldquoduplice finerdquo del genere umano egrave quindi ciograve che permet-te a Dante di fondare lrsquoindipendenza del ruolo politico dellrsquoimpera-tore dallrsquoautoritagrave ecclesiastica294 ponendo quindi in sostanza i pre-

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 137

umano viene compiuto dalla Rivelazione Dante recupera unrsquoarmonia di fondo tra lesfere che ha pur voluto scindere Ma certo la sua egrave una ricomposizione che non cor-risponde piugrave allrsquounitagrave tradizionalmente presupposta dal medioevo cristiano e a ben ve-dere nemmeno a quella di Tommaso drsquoAquino assertore di una distinzione nella su-bordinazione Nella Monarchia infatti i due ordini di realtagrave distinti trovano la lorosintesi solo in un punto di fuga trascendenteraquo

291Mon I IV 1-2 laquoSatis igitur declaratum est quod proprium opus humani generistotaliter accepti est actuare semper totam potentiam intellectus possibilis [hellip] Genushumanum in quiete sive tranquillitate pacis ad proprium suum opus [hellip] liberrimeatque facillime se habet Unde manifestum est quod pax universalis est optimum eo-rum que ad nostram beatitudinem ordinanturraquo

292Mon III XV 9 laquoHas igitur conclusiones et media licet ostensa sint nobis hecab humana ratione que per phylosophos tota nobis innotuit hec a Spiritu Sancto quiper prophetas et agiographos qui per coecternum sibi Dei filium Iesum Cristum etper eius discipulos supernaturalem veritatem ac nobis necessariam revelavit humanacupiditas postergaret nisi homines tanquam equi sua bestialitate vagantes ldquoin camoet frenordquo compescerentur in viaraquo cfr supra n 22

293Mon III XV 10 laquoPropter quod opus fuit homini duplici directivo secundumduplicem finem scilicet summo Pontifice qui secundum revelata humanum genusperduceret ad vitam ecternam et Imperatore qui secundum phylosophica documentagenus humanum ad temporalem felicitatem dirigeretraquo

294 Cosigrave come fra gli altri giagrave avevano ben evidenziato Gilson e Nardi cfr eg per-cheacute i passi in cui sostengono questa interpretazione sono numerosi GILSON Dante e

supposti non solo di una laquolaicizzazione della sfera politicaraquo ma an-che di una concezione della societagrave civile ovvero della laquocomunitagravedellrsquoimpero [hellip] per sua natura [hellip] cosmopolita essere degli ldquoani-mali razionalirdquo egrave il solo titolo richiesto per divenirne cittadiniraquo295tutta lrsquoumanitagrave egrave infatti unita da un fine la temporalis felicitas chelaquopuograve essere raggiunta dallrsquouomo in quanto tale senza far ricorso al-la grazia divina essa era disponibile prima della venuta di Cristocosigrave come era disponibile la veritas o quanto meno la veritas basatasui principii della ragione e della filosofiaraquo296 Ma siccome anche aquesta felicitagrave terrena laquonessuno o tuttrsquoal piugrave pochi e anche questicon estrema difficoltagrave saprebbero giungere se il genere umano se-date le tempeste della cupidigia che lo ammalia non si acqueta nel-la bonaccia della paceraquo Dante definisce ulteriormente il compitodellrsquoimperatore laquoquesta egrave la mira a cui deve volgere soprattutto gliocchi il tutore del mondo (curator orbis) che si chiama il Principe

FRANCESCA FONTANELLA138

la filosofia cit p 194 laquoLa cosa piugrave notevole nellrsquoatteggiamento di Dante egrave peraltroche egli abbia compreso [hellip ] che non egrave possibile sottrarre totalmente il temporale al-la giurisdizione dello spirituale se non sottraendo totalmente la filosofia alla giurisdi-zione della teologiaraquo B NARDI Il concetto dellrsquoimpero nello svolgimento del pensierodantesco in ID Saggi di Filosofia Dantesca cit pp 215-75 p 253 laquodallrsquoautonomia delfine naturale dellrsquouomo di fronte al fine soprannaturale Dante deduce direttamentelrsquoautonomia e indipendenza del potere civile di fronte a quello ecclesiasticoraquo

295 IMBACH Quattro idee sul pensiero politico di Dante Alighieri cit pp 51-52che poi perograve osserva laquoQuesta fiducia nellrsquouniversalitagrave della ldquoragionerdquo fa problema peril lettore di oggi non diversamente dalla formulazione che dallrsquoaltra discende del-lrsquoesistenza di un unico diritto universale La voce dellrsquoAlighieri contraddice certe esi-tazioni contemporanee Chiama in giudizio forse le violazioni di diritti alle quali noiassistiamo Cosigrave facendo in ogni caso incita ancora alla riflessione su questi temiraquo Ecosigrave viene infatti da ldquoriflettererdquo che non sia forse un caso che questa fiducia in una pos-sibile unitagrave del genere umano fondata ldquolaicamenterdquo sullrsquouniversalitagrave della ragione siastata tanto potentemente espressa da un uomo ldquoprofondamente religiosordquo

296 CHIESA-TABARRONE Introduzione in Monarchia cit p XLV Ma anche CHIE-SA-TABARRONE osservano che si tratta di laquouna visione in apparenza laica ma ancheuna visione teologica percheacute questa unitarietagrave del genere umano fa parte di un ordi-ne delle cose voluto da Dio e governato dalla provvidenza La felicitagrave che si puograve con-seguire in questo mondo e la felicitagrave dellrsquoeternitagrave sono fra loro autonome e procedo-no per vie diverse ma non sono indipendenti come egrave vero che il mondo terreno egrave so-miglianza del mondo celesteraquo Del resto precisazioni analoghe le avevamo giagrave espres-se a proposito della ldquolaicitagraverdquo delle virtugrave del Convivio

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 139

297Mon III XV 11 laquoEt cum ad hunc portum vel nulli vel pauci et hii cum diffi-cultate nimia pervenire possint nisi sedatis fluctibus blande cupiditatis genus hu-manum liberum in pacis tranquillitate quiescat hoc est illud signum ad quod maxi-me debet intendere curator orbis qui dicitur romanus Princeps ut scilicet in areolaista mortalium libere cum pace vivaturraquo Mi pare interessante osservare che ancheTommaso ma a proposito della veritagrave su Dio (per la quale anche Dante ritiene ne-cessaria la rivelazione) aveva affermato laquoQuia veritas de Deo per rationem investi-gata a paucis et per longum tempus et cum admixtione multorum errorum hominiproveniret a cuius tamen veritatis cognitione dependet tota hominis salus quae inDeo est Ut igitur salus hominibus et convenientius et certius proveniat necessariumfuit quod de divinis per divinam revelationem instruantur Necessarium igitur fuitpraeter philosophicas disciplinas quae per rationem investigantur sacram doctrinamper revelationem haberiraquo Summa Theologiae I q 1 art 1

298 Come giustamente sottolineano CHIESA-TABARRONE Commento in Monar-chia cit p 242 ad III XVI 17 laquoDante cambia interlocutore lrsquoinvito egrave rivolto allrsquoim-peratore non piugrave al papa che ndash insieme ad altri cristiani mal consigliati dal loro ec-cesso di zelo verso la Chiesa ndash egrave stato il destinatario del terzo libro e neppure ai sa-pienti in generale che sono il pubblico dellrsquointero trattato e ai quali sono indirizzati iparr 15-16raquo

299 Mon III XV 18 laquoIlla igitur reverentia Cesar utatur ad Petrum qua primoge-nitus filius debet uti ad patrem ut luce paterne gratie illustratus virtuosius orbem ter-re irradiet cui ab Illo solo prefectus est qui est omnium spiritualium et temporaliumgubernatorraquo Sul significato da attribuire al passo cfr supra n 289 Per il Convivio vdsupra e n 105 Ancora CHIESA-TABARRONE ibidem osservano che laquoil tono che Dan-te assume qui egrave quello del profeta veterotestamentario che si rivolge al sovrano co-me portatore dei messaggi di Dioraquo

300 Il vocabolo curator appartiene evidentemente allrsquoambito giuridico e indica

romano che nellrsquoaiuola terrena si viva liberi nella paceraquo (Mon III XV11)297 E il trattato si chiude con un passo (Mon III XV 18) in cuicambiando improvvisamente interlocutore298 lrsquoAlighieri si rivolgedirettamente a laquoCesareraquo assumendo cosigrave in modo esplicito quel ruo-lo di ldquoguidardquo della suprema autoritagrave politica che avevamo giagrave vistoemergere dal Convivio299

Per il tema di questo lavoro quello che piugrave ci interessa egrave che inquesti ultimi capitoli del III libro della Monarchia viene ripropostauna figura di imperatore che non solo non contraddice ma anzi rias-sume le caratteristiche viste nei libri precedenti del trattato o anchenel Convivio lrsquoimperatore di Dante vincolato e caratterizzato dal di-ritto e dalla filosofia egrave quel curator orbis (e di nuovo la terminologiaegrave giuridica)300 che solo puograve assicurare agli uomini la libertagrave e la pace

come guida distinta anche se non opposta allrsquoautoritagrave spiritualeMa voglio aggiungere una considerazione finale egrave ben noto che

la dottrina dei duo fines fu uno dei punti della Monarchia netta-mente condannati dal frate domenicano Guido Vernani301 forse nel-lo stesso anno 1329 (o poco prima) in cui il cardinale Bertrando dalPoggetto legato di papa Giovanni XXII condannograve a Bolognalrsquoopera a essere bruciata senza contare che nel 1554 il libro fu mes-so allrsquoIndice e ne fu ritirato solo nel XIX secolo302 Eppure con la di-stinzione dei due fini Dante individuando come ambito del potereldquolaicordquo il diritto romano e la filosofia si fa anche interprete del ldquocuo-rerdquo del pensiero giuridico europeo anticipandone quella sintesi cheproprio un papa Benedetto XVI ha recentemente proposto nel Di-scorso al parlamento tedesco del 2011

Nella storia gli ordinamenti giuridici sono stati quasi sempre motivati inmodo religioso sulla base di un riferimento alla Divinitagrave si decide ciograve che tragli uomini egrave giusto Contrariamente ad altre grandi religioni il cristianesimo

FRANCESCA FONTANELLA140

nel diritto privato romano chi viene chiamato a integrare o a sostituire un soggetto in-capace o limitatamente capace di agire (come il minore la donna ma anche il furio-sus etc) inoltre egrave ben noto come a Roma venissero definiti curatores anche i magistratidestinati allrsquoassolvimento di particolari funzioni pubbliche quali ad esempio i cura-tores annonae quelli aquarum publicarum quelli viarum etc cfr eg Dizionario Giu-ridico Romano intr di A GUARINO Napoli Edizioni Giuridiche Simone 20003 pp141-44 Per un ambito ancora piugrave esteso di ldquocurardquo si puograve pensare ai curatores rei pu-blicae dei funzionari amministrativi creati con Traiano e incaricati essenzialmente disorvegliare le finanze cittadine locali ma in alcuni casi considerati anche piugrave in ge-nerale come garanti del buon funzionamento della cittagrave cfr M SARTORI Osservazio-ni sul ruolo del laquocurator rei publicaeraquo in laquoAthenaeumraquo LXVII 1989 pp 5-20 Lrsquoim-peratore di Dante si pone come al vertice di questi curatores egrave curator non Urbis orei publicae ma orbis

301 Che obiettava laquoad beatitudinem temporalem non ordinatur homo a Deo tan-quam ad finem ultimum quia talis beatitudo numquam terminare et satiare potuithominum appetitum [hellip] ordinatur ergo homo ad felicitatem eternam tamquam fi-nem ultimumraquo VERNANI De reprobatione Monarchie composite a Dante III 11 inMonarchia cit p 365

302 Alla storia della Monarchia di Dante fino allrsquoeditio princeps del 1559 egrave dedi-cato lrsquoesauriente studio di F CHENEVAL Die Rezeption der laquoMonarchiaraquo Dantes bis zurldquoEditio Princepsrdquo im Jahre 1559 Metamorphosen eines philosophischen Werkes Muumln-chen Fink 1995

[hellip] ha invece rimandato alla natura e alla ragione quali vere fonti del dirit-to ndash ha rimandato allrsquoarmonia tra ragione oggettiva e soggettiva unrsquoarmoniache perograve presuppone lrsquoessere ambedue le sfere fondate nella Ragione crea-trice di Dio Con ciograve i teologi cristiani si sono associati ad un movimento fi-losofico e giuridico che si era formato sin dal secolo II aC Nella prima me-tagrave del secondo secolo precristiano si ebbe un incontro tra il diritto naturalesociale sviluppato dai filosofi stoici e autorevoli maestri del diritto romanoIn questo contatto egrave nata la cultura giuridica occidentale che egrave stata ed egrave tut-tora di unrsquoimportanza determinante per la cultura giuridica dellrsquoumanitagrave Daquesto legame precristiano tra diritto e filosofia parte la via che porta attra-verso il Medioevo cristiano allo sviluppo giuridico dellrsquoIlluminismo fino al-la Dichiarazione dei Diritti umani303

In conclusione ciograve che emerge dalla lettura del Convivio e del-la Monarchia non egrave la mera riproposizione della forma esteriore diun modello politico quello dellrsquoimpero romano ormai irrimedia-bilmente sorpassato in questo caso infatti la concezione politica del-lrsquoAlighieri sarebbe per dirla con le parole di un recente studio so-lo laquounrsquoidea contraria alla storia [hellip] unrsquoutopia giustificabile gene-rosa ma inservibileraquo304 Si deve piuttosto osservare che Dante egrave riu-scito ad individuare quelle caratteristiche dellrsquoimpero che erano inqualche modo espressione di esigenze e di aspirazioni profonda-mente umane e quindi sempre attuali305 quelle di una vita civile vir-

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303 Il discorso si puograve ora leggere nel volume La legge di re Salomone Ragione e di-ritto nei discorsi di Benedetto XVI a cura di M CARTABIA e A SIMONCINI Prefazio-ne di G NAPOLITANO Milano Rizzoli 2013 pp 00

304 G GORNI Dante Storia di un visionario Roma-Bari Laterza 2009 p 181 Macfr invece O CAPITANI Spigolature sul III della Monarchia in ID Chiose minime dan-tesche Pagravetron 1983 p 81 laquoEgrave certo che la monarchia egrave unrsquoutopia politica ma in ciogravestesso sta il suo fortissimo valore storico nella linea di sviluppo del pensiero politicomedioevale Ha iniziato un processo che per far valere le motivazioni profonde chelo ispiravano ha dovuto ricostruire tutto il significato di un linguaggio che era il lin-guaggio della realtagrave del suo tempo Dante lrsquoha fatto con ovvio riferimento a questo lin-guaggio del tempo e valendosi dei processi formali che erano propri di una culturasigrave da fornire lrsquoimpressione di essere un pensatore soltanto in arretrato con la tenden-za intellettuale dei suoi contemporaneiraquo

305 IMBACH Quattro idee sul pensiero politico di Dante Alighieri cit p 44 giu-stamente preoccupato di laquoevitare di caricare di valore normativo i concetti politicielaborati nel passato in contesti eterogenei rispetto al nostroraquo (ovvero di laquotrarre del-

tuosa alla quale gli organi di governo sono chiamati a garantire unapace e una libertagrave che hanno il loro fondamento nel diritto A que-ste aspirazioni ed esigenze egli ha dato voce306 e in ciograve consiste misembra la continua attualitagrave della sua opera e in parte di quella delldquomodello romanordquo

Nel licenziare il presente saggio desidero ringraziare le bibliotecarie del-la Societagrave Dantesca Italiana e in particolare Giovanna Puletti per la pre-murosa disponibilitagrave e la competente consulenza offertami durante il mio la-voro di ricerca Solo in fase di correzione delle bozze ho potuto consultaresenza quindi poterli citare i recenti commenti di Gianfranco Fioravanti alConvivio e di Diego Quaglioni alla Monarchia in DANTE ALIGHIERI Opereedizione diretta da MARCO SANTAGATA vol II Convivio Monarchia Episto-le Egloge a cura di G FIORAVANTI C GIUNTA D QUAGLIONI C VILLA GALBANESE Milano Mondadori 2014

FRANCESCA FONTANELLA

FRANCESCA FONTANELLA142

le conclusioni immediate sul dover essere attualeraquo) sostiene invece che laquole domandealle quali rispose il filosofo fiorentino non sono le stesse alle quali debbono risponderei pensatori di oggiraquo (ibidem) Se questo egrave senzrsquoaltro vero per quanto riguarda lrsquoaspet-to piugrave fenomenico delle domande ldquopoliticherdquo dellrsquoAlighieri non lo egrave per le aspirazioniche le hanno suscitate e infatti Imbach riconosce e lo dimostra nel suo lavoro chelaquoquanto per noi egrave ldquofuori discussionerdquo accettato come pacifico o addirittura mai av-vertito viene risvegliato da domande ldquointempestiverdquo inattese e differenti le doman-de di Danteraquo (ibidem)

306 Naturalmente ben altra voce e molto piugrave potente egrave quella della Commedia dicui spero di potermi occupare in un prossimo studio Rimando per ora per la con-sonanza su alcune tematiche da me trattate in queste pagine allrsquoacuta ed approfon-dita analisi del VI canto del Paradiso di E FENZI Il volo dellrsquoaquila Una lettura di Pa-radiso VI in laquoChroniques italiennes webraquo 24 32012 (httpchroniquesitalien-nesuniv-paris3frPDFWeb241EFenzipdf) pp 1-58

FINITO DI STAMPARENEL MESE DI NOVEMBRE 2014

PER CONTO DELLACASA EDITRICE LE LETTERE

DALLA TIPOGRAFIA ABCSESTO FIORENTINO - FIRENZE

  • piatto Studi Danteschi 79
  • 00 frontespizio indice_Layout 1
  • 02 IMP Fontanella 39-142_Layout 1
  • 2
  • FINITO

IN MEMORIAM

ANNA MARIA CHIAVACCI LEONARDI(22IX1927 ndash 7IV2014)

INDICE

Rodney Lokaj Lrsquoemergenza di unrsquoars dictaminis dantescaLrsquoepistola II 1

Francesca Fontanella Lrsquoimpero romano nel Convivio e nella Monarchia 39

Gino Casagrande laquoArturi regis ambages pulcerrimeraquo (DVE I X 2) 143

Paolo Orvieto Un caso di secolare irrisolta enigmistica dantesca laquoPape Satagraven pape Satagraven alepperaquo (Inf VII 1) 157

Nicola Fosca Il canto XX del Paradiso Giustizia e predestinazione 209

Valter Leonardo Puccetti Una lettura del canto di PierDamiani 267

Franco Suitner Paradiso XXIII 311

NOTE

Paola Allegretti Lista dei refusi di stampa di Fiore 2011 333

Vittorio Bartoli Il tema della resurrezione della carnenella Divina Commedia 335

Daniela Di Pasquale Dante in Portogallo rassegna delletraduzioni (1846-2010) 359

Michele Marchesiello Dante e la legge a proposito di Dante and the Limits of Law di Justin Steinberg 429

MANOSCRITTI DANTESCHI

Marisa Boschi Rotiroti - Federico Sanguineti Il manoscrittoCarapelli 445

RECENSIONI

La Commedia di Dante Alighieri Con il commento di Robert Hollander (R Bruscagli) 451

Nuove prospettive sulla tradizione della laquoCommediaraquoSeconda serie (2008-2013) a cura di Elisabetta Tonelloe Paolo Trovato (M Giola) 467

Notizie della Societagrave Dantesca Italiana per lrsquoanno 2013 477

Indice dei manoscritti 487Indice dei nomi 489

INDICEVI

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIOE NELLA MONARCHIA

Nel Paradiso nel cielo di Mercurio dove si mostrano a Dante leanime laquodrsquoi buoni spirti che sono stati attivi percheacute onore e fama lisuccedaraquo (Par VI 113-14) il poeta incontra lrsquoimperatore Giustinia-no le cui parole occupano in maniera del tutto eccezionale rispettoalla struttura generale della Commedia un intero canto il sesto Alsuo interno troviamo tratteggiata la storia dellrsquoimpero romano rap-presentata come il volo di quellrsquoAquila che dellrsquoimpero era lrsquoinse-gna Questa storia ha il suo punto di partenza nelle origini Troiane(Par VI 2-3 35-36) ripercorre poi alcuni dei principali fatti e pro-tagonisti della Roma arcaica repubblicana e imperiale fino a Tito eda ligrave ldquosaltardquo e si conclude con Carlo Magno (Par VI 94-96) per es-sere seguita cosigrave come era stata introdotta (Par VI 31-33) dalla net-ta condanna di coloro che ora ai tempi di Dante si oppongono aquella stessa Aquila (i laquogigli gialliraquo di Francia del v 100) ma anchedi coloro che se ne appropriano (la parola laquoappropriaraquo ricorre sia alv 33 che al v 101) ovvero i Ghibellini che riducono lrsquoinsegna del-lrsquoimpero universale a quella di una ldquoparterdquo (Par VI 33 101-104)

Ho richiamato alla memoria questi ben noti versi per osservarein via preliminare che per noi parlare dellrsquoimpero romano in Dan-te significa rintracciare nella sua opera la presenza di una realtagrave po-litica che allrsquoepoca in cui il poeta visse era giagrave da tempo conclusa Perla concezione dellrsquoautore invece lrsquoimpero romano non era un fattodel passato che poteva al massimo fornire un modello per il presen-te ma una realtagrave storica viva che aveva avuto inizio in un lontano enobile passato1 Per questo lrsquoantica storia di Roma non egrave mai com-

1 I presupposti di tale concezione sono riconducibili allrsquointerpretazione dellrsquoin-

pletamente separabile in Dante dalla problematica del suo tempocirca il ruolo dellrsquoimpero in quel contesto politico e religioso

Questa osservazione implica unrsquoaltra precisazione affrontarequesta problematica estremamente complessa per la sofferta pro-fonditagrave del pensiero dantesco mai riconducibile a un sistema e perlrsquoimmensa bibliografia di esperti dantisti quale io non sono che sudi essa si sono cimentati laquomi fa tremar le vene e i polsiraquo Vorrei per-tanto delimitare lrsquooggetto di questo studio tentando di individuarenel Convivio e nella Monarchia (ma facendo anche eventuale riferi-mento ai passi delle Epistolae di ldquoargomento politicordquo che in parteripropongono alcune tematiche dei trattati) lrsquoatteggiamento e il giu-dizio di Dante rispetto alla storia dellrsquoantico impero romano e ad al-cune sue caratteristiche ben individuabili quali lo vedremo la vir-tugrave dei suoi ldquofondatorirdquo e il fatto di aver instaurato una pace ecume-nica garantita da un potere imperiale che trovava il suo fondamen-to e allo stesso tempo il suo limite nel diritto

1 Il Convivio

11 laquoE questo officio per eccellenza imperio egrave chiamatoraquo (Conv IV IV 7)

La prima opera in cui Dante si occupa specificatamente dellrsquoan-tico impero romano egrave il Convivio (composto probabilmente neglianni fra il 1304 e il 1307)2 nel IV trattato dedicato alla definizione

FRANCESCA FONTANELLA40

coronazione di Carlo Magno a Roma nellrsquo800 come una translatio dellrsquoantico imperoromano a Graecis (cioegrave da Costantinopoli) ad Francos interpretazione che troviamoattestata esplicitamente per la prima volta circa 50 anni dopo questo evento nella Vi-ta Willehadi cfr W GOEZ Translatio Imperii Tuumlbingen JCB Mohr (Paul Siebeck)1958 p 73

2 Le canzoni risalgono perograve agli anni fiorentini successivi alla Vita Nova tran-ne Doglia mi reca coeva alla prosa che fu composta tra il 1304 e il 1307 (secondo Pe-trocchi G PETROCCHI Vita di Dante Roma-Bari Laterza 19862 pp 102-103) otra il 1303 e il 1308 (secondo la Corti 1303-1304 i primi tre trattati 1306-1308 ilquarto M CORTI La felicitagrave mentale Nuove prospettive per Cavalcanti e Dante To-rino Einaudi 1983 pp 142-44 ora in EAD Scritti su Cavalcanti e Dante La felici-tagrave mentale Percorsi dellrsquoinvenzione e altri saggi Torino Einaudi 2003 pp 163-64)

della laquogentilezzaraquo (ovvero della nobiltagrave)3 Nel III capitolo si contestaa Federico II di Svevia la definizione di laquogentilezzaraquo come laquoanticaricchezza e belli costumiraquo (Conv IV III 6) Il detto che qui egrave attri-buito allrsquoImperatore ma che si trovava giagrave nella Politica4 di Aristo-tele (come lo stesso Dante indicheragrave poi nella Monarchia)5 si era lar-gamente diffuso privo dellrsquoultima parte nobiltagrave cioegrave veniva a equi-valere solo ad antica ricchezza Dato che la contestazione di questadefinizione6 sembra mettere in dubbio lrsquoautoritagrave imperiale che lrsquoave-

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 41

Colla datazione Petrocchi ma limitandola al 1306 concorda M SANTAGATA Dan-te Il romanzo della sua vita Milano Mondadori 2012 pp 175-77 che localizza ta-le composizione a Bologna La scrittura del Convivio fu probabilmente interrottaper lrsquoimpegno della redazione dellrsquoInferno e per il rinnovato imporsi dellrsquoattivitagrave po-litica a cui lo scrittore fu sollecitato dallrsquoannunciata elezione di Arrigo VII a impe-ratore (1308)

3 Giagrave al v 16 della Canzone posta in apertura al trattato Le dolci rime drsquoamor chrsquoirsquosolia Il testo del Convivio e della Monarchia qui e nei passi successivamente citati egravetratto dal sito della Societagrave Dantesca Italiana (httpwwwdanteonlineit) che utiliz-za il testo dellrsquoEdizione Nazionale a cura della Societagrave Dantesca Italiana DANTE ALI-GHIERI Convivio a cura di F BRAMBILLA AGENO Firenze Le Lettere 1995

4 Pol IV 1294a Per quanto riguarda le traduzioni di Aristotele utilizzate da Dan-te vd infra

5Mon II III 3-4 dove Dante per dimostrare che laquoromanus populus de iure nonusurpando Monarche offitium quod lsquoImperiumrsquo dicitur sibi super mortales omnesascivitraquo (Mon II III 1) si fonda su questo sillogismo laquonobilissimo populo convenitomnibus aliis preferri romanus populus fuit nobilissimus ergo convenit ei omnibusaliis preferriraquo (Mon II III 2) Qui a differenza del Convivio Dante accoglie la defini-zione aristotelica di nobiltagrave come laquovirtugrave e antica ricchezzaraquo anche se vi accosta quel-la di Giovenale laquoEst enim nobilitas virtus et divitie antique iuxta Phylosophum in Po-liticis et iuxta Iuvenalem nobilitas animi sola est atque unica virtus Que due sen-tentie ad duas nobilitates dantur propriam scilicet et maiorumraquo (Mon II III 4 cfrIuv Sat VIII 20 laquo[hellip] nobilitas sola est atque unica virtusraquo) Dimostra quindi attra-verso la storia di Enea e dei suoi antenati che i Romani ebbero in grado massimo lavirtugrave che nobilita non soltanto la propria ma anche quella degli avi laquoHiis itaque adevidentiam subassumpte prenotatis cui non satis persuasum est romani populi pa-trem et per consequens ipsum populum nobilissimum fuisse sub celo Aut quem inillo duplici concursu sanguinis a qualibet mundi parte in unum virum predestinatiodivina latebitraquo (Mon II III 17)

6 Per cui cfr anche Conv IV XX 7-8 dove Dante rimanda alla celebre canzone diGuido Guinizzelli Al cor gentil ripara sempre Amore e Vita Nova 11 3 Amore e rsquol corgentil sono una cosa

va proferita7 Dante sente la necessitagrave di ribadirne il valore Il IV ca-pitolo inizia quindi dimostrando la necessitagrave naturale dellrsquoimperocome istituzione politica (fino al par 7) per poi passare a dimostra-re la ragione della sua attuazione storica (IV IV 8-14 V) in quellrsquoim-pero romano di cui Federico II era stato indicato nel capitolo pre-cedente come lrsquoultimo imperadore (Conv IV III 6)8

laquoLo fondamento radicale de la imperiale maiestaderaquo egrave indivi-duato nel Convivio nella laquonecessitagrave de la umana civilitade che a unofine egrave ordinata cioegrave a vita feliceraquo9 In cosa consista questa laquovita fe-liceraquo Dante in questo passo non lo esplicita ma egrave evidente e vi ac-cenno soltanto che tale affermazione non puograve essere letta in modoavulso dalla tematica di origine aristotelica riguardante la felicitagravecome compimento del desiderio naturale di sapere insito nellrsquouomotematica che attraversa tutto il Convivio fin dal suo incipit10 e che

FRANCESCA FONTANELLA42

7 E anche lrsquoautoritagrave di Aristotele questrsquoultima non per la sentenza in seacute nel Con-vivio attribuita esclusivamente a Federico II ma percheacute il filosofo aveva detto che ciograveche pare alla maggioranza egrave impossibile che sia del tutto falso Dante in realtagrave comespesso succede sembra qui seguire piugrave TOMMASO DrsquoAQUINO (Exp Eth VII lect XIII

12 laquoIllud enim in quod omnes vel plures consentiunt non potest esse omninofalsumraquo) che il testo di Aristotele oggetto del commento di Tommaso (Eth VII1153b)

8 laquoFederigo di Soave ultimo imperadore de li Romani ndash ultimo dico per rispettoal tempo presente non ostante che Ridolfo e Andolfo e Alberto poi eletti siano apres-so la sua morte e delli suoi discendentiraquo (Conv IV III 6) Federico II muore nel 1250neacute Rodolfo di Asburgo eletto re dei Romani nel 1273 neacute Adolfo di Nassau eletto nel1291 neacute Alberto I drsquoAsburgo eletto nel 1298 erano mai stati incoronati imperatorianche se a questrsquoultimo che non era perograve mai sceso in Italia il titolo era stato rico-nosciuto da Bonifacio VIII nellrsquoestate del 1303 Dante non parla qui di Enrico VII diLussemburgo eletto re di Germania e designato imperatore a Francoforte nel 1308consacrato ad Aquisgrana nel 1309 Il che costituirebbe un termine ante quem di com-posizione del Convivio

9 Cfr ARISTOTELE Eth I 1099b con il commento di Tommaso drsquoAquino (ExpEth I lect XIV 10 laquoPosuimus enim ibi quod optimum humanorum bonorum scilicetfelicitas sit finis politicae cuius finis manifeste est operatio secundum virtutemraquo) maDante potrebbe far anche riferimento a quel passo della Politica (I 1252b) doveAristotele afferma che la polis egrave sigrave nata in funzione del vivere ma laquoin realtagrave esiste perrendere possibile una vita felice (eu zen)raquo (la traduzione italiana della Politica diAristotele qui e per i passi seguenti egrave quella di R LAURENTI in ARISTOTELE OpereRoma-Bari Laterza 1973 vol IV)

10 Conv I I 1 laquoSigrave come dice lo Filosofo nel principio della Prima Filosofia tutti

nella Monarchia saragrave piugrave esplicitamente posta in connessione collafunzione dellrsquoImpero11 In questo capitolo comunque Dante osser-va soltanto che nessuno puograve giungere da solo a tale fine e perciograve laquodi-ce lo Filosofo ndash scil Aristotele ndash che lrsquouomo naturalmente egrave compa-gnevole animaleraquo (Conv IV IV 1) Egrave immediato riconoscere in que-ste parole la volgarizzazione della celeberrima definizione del-lrsquoἄνθρωος ϕύσει ολιτικὸν ζῷον che troviamo nella Politica (I1253a) di Aristotele che a partire dalla laquoetagrave di Tommaso drsquoAquino[hellip] veicolava lrsquoidea della naturalitagrave dello stato nel senso che la so-cietagrave umana organizzata egrave il prodotto di un ldquoistinto naturalerdquo con-

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li uomini naturalmente desiderano di sapere La ragione di che puote essere [ed] egrave checiascuna cosa da providenza di prima natura impinta egrave inclinabile alla sua propiaperfezione onde acciograve che la scienza egrave ultima perfezione della nostra anima nellaquale sta la nostra ultima felicitade tutti naturalmente al suo desiderio semo subiet-tiraquo Cfr ARISTOTELEMetaph I 980a Ma in questo IV trattato in cui come vedremola filosofia egrave per Dante innanzitutto etica puograve darsi che in effetti seguendo i passi diAristotele e di Tommaso a cui abbiamo rimandato nella nota precedente lrsquoAlighieriabbia in mente che quella felicitas che egrave il fine specifico della politica sia innanzitut-to il vivere secondo virtugrave vd infra nn 62 e 64

11 Specialmente Mon I III (e poi tutto il I libro) e III XV 7-16 sui quali vd infraSullrsquoargomento complesso e ampiamente discusso (specialmente e mi si perdoni lasemplificazione per quanto riguarda il triplice problema se in Dante il desiderio ldquona-turalerdquo di conoscere implichi o meno anche il desiderio di conoscere il ldquosoprannatu-ralerdquo e quindi se il compimento di tale desiderio che poi egrave la felicitagrave possa o non pos-sa essere raggiunto tramite la ragione umana e come ciograve possa attuarsi o meno nel-lrsquoambito della vita terrena) oltre agli ormai classici studi di Nardi (B NARDIDal ldquoCon-viviordquo alla ldquoCommediardquo (Sei saggi danteschi) con premessa alla ristampa di O CAPITA-NI Roma nella sede dellrsquoIstituto Palazzo Borromini Istituto storico italiano per il Me-dio Evo 1992 (ristampa anastatica dellrsquoedizione Roma 1960) ID Saggi di filosofia dan-tesca Milano La Nuova Italia 19672) Gilson (E GILSON Dante et la philosophie Pa-ris Librairie Philosophique J Vrin 1939 trad it Dante e la filosofia Milano Jaca Bo-ok 1987) e Corti (CORTI La felicitagrave mentale cit) segnalo per unrsquoequilibrata e utilemessa a punto il piugrave recente saggio di P PORRO Tra il ldquoConviviordquo e la ldquoCommediardquoDante e il laquoforte dubitareraquo intorno al desiderio naturale di conoscere le sostanze separa-te in 1308 Eine Topographie historischer Gleichzeitigkeit a cura di A Speer e D Wir-mer Berlin-New York W de Gruyter 2010 (laquoMiscellanea Mediaevaliaraquo 35) pp 629-60 e il volume di P FALZONE Desiderio della scienza e desiderio di Dio nel Convivio diDante Bologna il Mulino 2010 specialmente pp 101-248 che offre un ricco reper-torio di testi medievali editi e inediti a testimonianza dellrsquoambito intellettuale e del di-battito nel quale si collocano le problematiche dantesche

genito cioegrave allrsquoessere uominiraquo12 Dante puograve aver attinto questa defi-nizione o direttamente dalla Politica nella traduzione latina di Gu-glielmo di Moerbeke13 eo attraverso le citazioni presenti nei com-menti di Tommaso a varie opere aristoteliche14 o ancora in altri trat-tati politici di poco precedenti la stesura del Convivio come ilDe re-gimine principum (scritto per quanto riguarda il I libro e i primi ca-pitoli del II dallo stesso Tommaso tra il 1265 e i primi anni rsquo70 delDuecento proseguito poi fino al IV libro da Tolomeo di Lucca do-po lrsquoanno 1300)15 o il trattato omonimo di Egidio Romano16

Questa varietagrave di precedenti a cui si puograve riconnettere il passodantesco induce subito una precisazione per quanto riguarda il Con-vivio dobbiamo senzrsquoaltro parlare non tanto di laquofontiraquo quanto dilaquoautoriraquo e di laquotradizioniraquo in esso confluite17 Se infatti quasi ognipasso del trattato riecheggia pensieri o immagini giagrave presenti in ope-

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12 Cfr A GHISALBERTI Roma antica nel pensiero politico da Tommaso drsquoAquinoa Dante in Roma antica nel Medioevo Mito rappresentazioni sopravvivenze nella ldquoRe-spublica Christianardquo Milano Vita e Pensiero 2001 pp 347-64 p 348 Ma vd infran 22

13 Pol I 1253a laquoEx iis igitur manifestum quod eorum quae natura civitas est etquod homo natura civile animal estraquo Cfr anche ARISTOTELE Pol III 1278b Eth I1097b IX 1169b

14 Exp Eth I lect I 4 laquoSciendum est autem quod quia homo naturaliter est animalsociale utpote qui indiget ad suam vitam multis quae sibi ipse solus praeparare nonpotest consequens est quod homo naturaliter sit pars alicuius multitudinis per quampraestetur sibi auxilium ad bene vivendumraquo Exp Pol I lect I 26 laquoConcludit ergoprimo ex praemissis quod civitas est eorum quae sunt secundum naturam Et cumcivitas non sit nisi congregatio hominum sequitur quod homo sit animal naturalitercivileraquo

15 De regimine principum I I laquoNaturale autem est homini ut sit animal sociale etpoliticum in multitudine vivens magis etiam quam omnia alia animalia quod quidemnaturalis necessitas declaratraquo

16 Lrsquoaggettivo compagnevole ricorre nel volgarizzamento (conosciuto da Dantepercheacute citato al cap XXIV sempre del IV trattato del Convivio) del De regimineprincipum di Egidio Romano libro II part I cap I EGIDIO ROMANO Del reggimentodersquo principi trascritto nel MCCLXXXVIII pubblicato per cura di F CORAZZINIFirenze 1858 p 127 dove lrsquoautore laquoinsegna che lrsquouomo die naturalmente vivere incompagniaraquo rifacendosi esplicitamente ad Aristotele

17 Cfr C VASOLI Introduzione in DANTE ALIGHIERI Opere Minori vol II t Ia cura di C VASOLI e D DE ROBERTIS Milano-Napoli Ricciardi-Mondadori 1995 ppLXIV-LXXX

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 45

18 Conv II XII 7 egrave il periodo che segue la morte di Beatrice avvenuta nel 1290e la composizione della Vita Nova (1292-1293) e in cui Dante si ldquoinnamorardquo delladonna gentile ovvero della filosofia Conv II XV 12

19 VASOLI Introduzione cit p LXVI20 G PASCOLI Lrsquoaquilone in Primi Poemetti vv 1-2

re del mondo classico e medievale talvolta come in questo casoesplicitamente indicate dallrsquoAlighieri per la maggioranza di questipassi risulta perograve difficile individuare citazioni testuali che permet-tano di risalire ad una fonte precisa Egrave evidente che durante il diffi-cile periodo dellrsquoesilio doveva essere stata possibile allrsquoAlighieri laconsultazione diretta di solo pochi volumi il suo sapere saragrave cosigrave ri-corso spesso alla memoria di libri letti ma probabilmente anche diquelle laquodisputazioni de li filosofantiraquo a cui assistette per laquopiccioltempo forse di trenta mesiraquo come ricorda proprio nel Convivio18Inoltre allrsquoepoca circolavano excerpta e raccolte di sententiae in-somma laquoquel materiale lsquodi seconda manorsquo prodotto proprio perlrsquoutilitagrave dei lsquomagistrirsquo e dei lsquodoctoresrsquo che sappiamo diffuso anche inambienti laici e che nondimeno proprio per la sua genericitagrave e so-miglianza rende difficile unrsquoindividuazione direttaraquo19 Senza conta-re ancora che nel Convivio ogni fonte filosofica teologica o scien-tifica veniva resa in volgare subendo con inevitabili trasformazionialmeno un passaggio (dal latino al volgare) se non due (dal greco allatino dal latino al volgare) o addirittura tre (dal greco allrsquoarabodallrsquoarabo al latino e infine al volgare) Tutto ciograve fa parte delle ca-ratteristiche della cultura del tempo ed egrave senzrsquoaltro da tener pre-sente Resta il fatto che queste caratteristiche non possono a mio av-viso essere considerate come mere circostanze materiali che da soleavrebbero determinato un certo modo di usare gli auctores da partedi Dante O meglio sono insieme causa ma anche conseguenza di unatteggiamento culturale a cui non interessa storicizzare ciograve che latradizione offre quanto piuttosto immedesimarsi positivamente conessa per elaborare un pensiero originale in cui si avverta laquoqualcosadi nuovo [hellip] anzi di anticoraquo20 Voglio dire che lrsquoantico egrave ricono-sciuto accettato e quindi riformulato nel presente per risponderealle esigenze del presente (il che puograve implicare anche lrsquouso di stru-menti nuovi come la lingua volgare) Ritorna ciograve che avevamo os-servato allrsquoinizio lrsquoimpero romano (antico per noi) egrave per Dante una

realtagrave attuale cosigrave come egrave attuale la veritagrave filosofica laquolrsquouomo natu-ralmente egrave compagnevole animaleraquo veritagrave che Dante esprime e usain un contesto che non egrave quello di Aristotele e nemmeno quello diTommaso o di Egidio Romano ma che serve ad affrontare comevedremo un problema particolarmente cruciale per lrsquoautore e cioegraveproprio la validitagrave dellrsquoimpero E cosigrave lrsquoantico diventa nuovo21

Ma torniamo al nostro passo del Convivio la tradizione aristo-telica comunque e dovunque recepita influisce evidentemente an-che nellrsquoindividuare lo sviluppo della comunitagrave umana attraverso ilformarsi prima della famiglia quindi della laquovicinanzaraquo (κώμη nellaPolitica e vicus nella traduzione latina) e poi della cittagrave laquoche convie-ne a satisfacimentoraquo laquoperograve che una vicinanza [a] seacute non puograve in tut-to satisfareraquo (Conv IV IV 2) Fin qui sentiamo riecheggiare piugrave pre-cisamente il secondo capitolo del primo libro della Politica di Ari-stotele (I 1252a-b)22 ma poi Dante afferma che percheacute le cittagrave viva-

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21 Cfr O CAPITANI Mondo della storia e senso della storia in Dante in Chiose mi-nime dantesche Bologna Patron 1983 pp 115-34 in particolare p 119 laquoproprioquella sconcertante ndash per noi ndash assenza di misura storica egrave il segreto della valutazio-ne dantesca di tutto il mondo dellrsquoumanitagrave che per noi egrave appunto storia ma per luiegrave ancora [hellip] solo umanitagraveraquo e le conclusioni a pp 133-34 laquoCerto cosigrave la storia uma-na non ha la sua autonomia certo cosigrave ogni approccio di tipo storicistico ndash e intendodi ogni storicismo ndash non puograve che far registrare un bilancio negativo o per lo meno in-soddisfacente Mi chiedo perograve per la perenne attualitagrave che Dante conserva per gli uo-mini se per noi oggi un approccio storicistico e cioegrave autogiustificativo dellrsquoaccadi-mento sia avendo gli occhi alle cose nostre presenti o anche passate liberatorio co-me dobbiamo immaginare fosse per Dante la condanna morale la ricostruzione ditutto il processo della storia umana nel travaglio dottrinale e nellrsquoelaborazione fanta-stica Egrave un invito alla meditazione di tutti egrave soprattutto un invito agli storici che nonlo siano ancora a mettersi in crisiraquo

22 Non mi pare quindi che per quanto riguarda questi capitoli del IV trattato delConvivio si possa negare la fedeltagrave di Dante al principio aristotelico e poi tomisticodella necessitagrave naturale degli uomini ad associarsi in formazioni politiche (e uso que-sta perifrasi per evitare la parola ldquostatordquo) Mentre il Nardi aveva voluto dimostrareche Dante distinguendosi da Tommaso e seguendo invece Agostino laquopur acco-gliendo il procedimento dimostrativo della politica aristotelicaraquo avrebbe inteso lrsquoor-ganizzazione politica come laquouna dolorosa necessitagrave risultante dallrsquointrinseca corru-zione attuale della natura umana un triste retaggio del peccatoraquo (Saggi di filosofiadantesca cit pp 227-28) Questa interpretazione si fondava perograve non tanto sul testodel Convivio quanto sui passi del Purgatorio e del Paradiso nei quali Dante tratta delpeccato originale e del Paradiso Terrestre (pp 225-26) Nel passo che stiamo analiz-

no in pace egrave necessario il regno (che nel passo della Politica fin quiseguito egrave invece solo uno dei regimi della όλις e anche il meno evo-luto) e che dato che lrsquoanimo umano mai sazio di potere desiderasempre acquistare gloria e da ciograve nascono laquodiscordie e guerre [hellip]intra regno e regnoraquo (Conv IV IV 3) si rende necessaria la laquoMonar-chia cioegrave uno solo principato e uno prenciperaquo che laquotutto posse-dendo e piugrave desiderare non possendo li regi tegna contenti nelli ter-mini delli regni sigrave che pace intra loro sia nella quale si posino le cit-tadi e in questa posa le vicinanze srsquoamino [e] in questo amore lecase prendano ogni loro bisogno lo qual preso lrsquouomo viva felice-mente che egrave quello per che esso egrave natoraquo (Conv IV IV 4) La neces-

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zando invece si parla solo di quel particolare lsquopeccatorsquo che consiste nel desiderio dilaquogloria drsquoacquistareraquo che si introduce solo successivamente al formarsi della societasumana e che suscita le guerre fra i regni questa laquoesperienzaraquo rende evidente la neces-sitagrave della Monarchia ovvero di quel comando di uno solo che di nuovo egrave la naturastessa a imporre laquoquando piugrave cose ad uno fine sono ordinateraquo vd infra nel testo e no-ta seguente Quanto qui affermato puograve sembrare contraddetto allrsquointerno dello stessoConvivio lagrave dove si sostiene che lrsquoautoritagrave filosofica ha bisogno di quella imperiale per-cheacute laquoquesta sanza quella egrave quasi debile non per seacute ma per la disordinanza della gen-teraquo (Mon IV VI 17) e lagrave dove si sostiene il ruolo dellrsquoimperatore come garante del di-ritto in quanto laquoequitade per due cagioni si puograve perdere o per non sapere quale essasi sia o per non volere quella seguitareraquo e pertanto laquotrovata fu la ragione scritta e permostrarla e per comandarlaraquo (Mon IV IX 8-9) Certo sia in questi passi sia ancor piugravein Mon III IV 14 se non lrsquoassociarsi umano sicuramente la funzione dellrsquoimperatore(ma a dire il vero nella Monarchia anche quella del Papa) sono viste come laquoremediacontra infirmitatem peccatiraquo di cui non ci sarebbe bisogno laquosi homo stetisset in statuinnocentie in quo a Deo factus estraquo e proprio alla fine del III libro della Monarchia siconclude che lrsquohumana cupiditas distoglierebbe dal retto cammino laquonisi homines tan-quam equi sua bestialitate vagantes ldquoin camo et frenordquo compescerentur in viaraquo (MonIII XVI 9) per cui credo si possa ragionevolmente affermare che per Dante laquolo stato na-sce tra gli uomini non soltanto percheacute crsquoegrave bisogno di una guida e di un freno alle lu-singhe del peccato neacute come unico esito della naturale socievolezza umana ma per en-trambe queste ragioni fuse insieme nella sua esistenzaraquo GC GARFAGNINI Monar-chia manifesto di libertagrave e responsabilitagrave civile in laquoStudi Danteschiraquo LXXV 2010 pp13-23 18-19 Cosigrave giagrave CT DAVIS Dante and the Empire in The Cambridge Companionto Dante a cura di R Jacoff Cambridge Cambridge University Press 1993 pp 67-79 p 70 Vede invece laquoun conflitto radicalmente inconciliabileraquo fra la posizione espres-sa nel IV trattato del Convivio (ma anche in Mon I III per cui vd infra) e quella negliultimi capitoli del III libro della Monarchia G SASSO Dante lrsquoimperatore e Aristote-le Roma nella Sede dellrsquoIstituto Palazzo Borromini 2002 pp 308-12

sitagrave di unrsquoistituzione siffatta egrave evidentemente e totalmente estraneaal pensiero di Aristotele che perograve Dante non esita a richiamare an-cora una volta laquoE a queste ragioni si possono reducere parole del Fi-losofo chrsquoelli nella Politica dice che quando piugrave cose ad uno finesono ordinate una di quelle conviene essere regolante o vero reg-gente e tutte lrsquoaltre rette e regolateraquo (Conv IV IV 5)23 Egrave ciograve che ef-fettivamente afferma Aristotele sempre nel I libro della Politica (I1254a) in un passo in cui occupandosi dellrsquoamministrazione fami-liare come prima componente della polis e giustificando in essa lrsquousodi quegli ldquooggetti animatirdquo che sono gli schiavi espone questo prin-cipio filosofico generale laquoin tutte le cose che risultano di una plu-ralitagrave di parti e formano unrsquounica entitagrave comune [hellip] si vede co-mandante e comandato questo viene nelle creature animate dallanatura nella sua totalitagraveraquo24 ma di nuovo considerando gli esempiche nel Convivio seguono questo assunto (sempre in Conv IV IV 5e poi Conv IV IV 6) Dante puograve aver avuto presente oltre che un al-tro passo della stessa Politica (III 1276b) anche la Metaphysica (XII1075a-1076a) e il relativo commento di Tommaso (Sententia libriMetaphisicae XII lect XII 8) e forse ancor piugrave il Proemio dellrsquoAqui-nate a questo stesso commento laquoSicut docet philosophus in politicissuis quando aliqua plura ordinantur ad unum oportet unum eorumesse regulans sive regens et alia regulata sive rectaraquo25

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23 laquoA causa di questo desiderio che rovesciando in seacute stesso la positivitagrave di quel-lo da cui il processo ascendente aveva preso il suo avvio produce ldquodiscordie e guer-rerdquo il cammino dellrsquouomo nella direzione della felicitagrave risulta interrotto e in realtagrave su-bisce una radicale inversione Verso il contrario della felicitagrave infatti la nave dellrsquouma-nitagrave correrebbe se la ragione stessa che opera nellrsquointerno delle cose non provve-desse alla drastica correzione della sua rottaraquo SASSO Dante lrsquoimperatore e Aristote-le cit pp 15-16

24 A questo stesso passo Dante rimanda anche in Mon I V 3 (vd infra) Il passoaristotelico si trova allrsquointerno dellrsquoargomentazione volta a sostenere che la differen-za fra schiavo e libero egrave posta dalla natura stessa nellrsquointeresse di entrambi (Pol I1253b-1255b) A questa stessa argomentazione attinge Cicerone nel III libro del De re-publica (De rep III 36) per sostenere la legittimitagrave dellrsquoimpero romano in quanto go-verno dei migliori esercitato per il bene stesso dei popoli sottomessi e anche lo stes-so Dante in Mon II VI su cui vd infra La menzione di questo passo della Politica po-trebbe quindi anche nel Convivio non risultare estranea alla successiva difesa del di-ritto degli antichi Romani allrsquoimpero vd infra

25 Tale argomentazione si richiama al principio universale della reductio ad unum

Sempre Tommaso nel I libro del De regimine principum usa que-ste stesse argomentazioni prima per affermare la necessitagrave naturale(laquonaturalis necessitasraquo) che lrsquoumana laquosocietasraquo abbia una qualcheforma di governo e poi per mostrare come il regno ne sia la formamigliore proprio percheacute laquoprovinciae vel civitates quae non regunturab uno dissensionibus laborant et absque pace fluctuantraquo mentre alcontrario se laquosub uno rege reguntur pace gaudentraquo26 E del restoe questo sarebbe forse il passo piugrave pertinente allrsquoargomentazionedantesca anche Aristotele nellrsquoEtica (VIII 1160a-b) aveva afferma-to che laquola forma migliore (di governo) egrave il regnoraquo con unrsquoaltra mo-tivazione che abbiamo visto presente nella giustificazione dantescadellrsquoimpero laquoRe infatti egrave una persona che egrave del tutto indipendentee sovrastante tutti per i suoi beni e un tal uomo non ha bisogno dinulla quindi egli baderagrave non alla sua utilitagrave personale ma ai suoisudditiraquo27

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ampiamente diffuso in tutti i trattati medievali cfr G DI GIANNATALE Dante tra Ari-stotele e S Tommaso Lrsquoargomento logico-metafisico dellrsquoldquoordinatio ad unumrdquo degli en-ti in laquoSapienzaraquo XXXIV 1981 pp 175-82

26 De regimine principum I I laquoIn omnibus autem quae ad finem aliquemordinantur in quibus contingit sic et aliter procedere opus est aliquo dirigente perquod directe debitum perveniatur ad finem [hellip] Naturale autem est homini ut sitanimal sociale et politicum in multitudine vivens magis etiam quam omnia aliaanimalia quod quidem naturalis necessitas declarat [hellip] Nam unus homo per sesufficienter vitam transigere non posset Est igitur homini naturale quod in societatemultorum vivat [hellip] Si ergo naturale est homini quod in societate multorum vivatnecesse est in hominibus esse per quod multitudo regatur [hellip] In universitate enimcorporum per primum corpus scilicet caeleste alia corpora ordine quodam divinaeprovidentiae reguntur omniaque corpora per creaturam rationalem In uno etiamhomine anima regit corpus atque inter animae partes irascibilis et concupiscibilisratione reguntur Itemque inter membra corporis unum est principale quod omniamovet ut cor aut caput Oportet igitur esse in omni multitudine aliquod regitivumraquoCfr anche cap III laquoNam provinciae vel civitates quae non reguntur ab unodissensionibus laborant et absque pace fluctuant ut videatur adimpleri quod dominusper prophetam conqueritur dicens ldquopastores multi demoliti sunt vineam meamrdquo Econtrario vero provinciae et civitates quae sub uno rege reguntur pace gaudentiustitia florent et affluentia rerum laetantur Unde dominus pro magno munere perprophetas populo suo promittit quod poneret sibi caput unum et quod princepsunus erit in medio eorumraquo

27 Trad it di A PLEBE in ARISTOTELE Opere cit vol III

Dante rielabora quindi e trasforma la tradizione aristotelica28 peraffermare nel Convivio la necessitagrave naturale non del re ma di

uno [hellip] che considerando le diverse condizioni del mondo ne li diver-si e necessarii offici ordinare abbia del tutto universale e inrepugnabile offi-cio di comandare E questo officio per eccellenza imperio egrave chiamato sanzanulla addizione perograve che esso egrave di tutti li altri comandamenti comandamen-to [hellip] Chi a questo officio egrave posto egrave chiamato Imperadore perograve che di tut-ti li comandatori elli egrave comandatore e quello che elli dice a tutti egrave legge e pertutti dee essere obedito e ogni altro comandamento da quello di costui pren-dere vigore e autoritade (Conv IV IV 7)

Di nuovo in queste parole sentiamo lrsquoeco di una tradizione anti-ca questa volta non perograve filosofica ma giuridica laquoQuod principiplacuit legis habet vigorem utpote cum lege regia quae de imperioeius lata est populus ei et in eum omne suum imperium et potesta-tem conferat Quodcumque igitur imperator per epistulam et sub-scriptionem statuit vel cognoscens decrevit vel de plano interlocutusest vel edicto praecepit legem esse constat Haec sunt quas volgoconstitutiones appellamusraquo29 si tratta di un passo del Digesto in cuiperograve a differenza di Dante egrave presente il riferimento a una lex regiaidentificabile probabilmente con la cosigrave detta lex de imperio Vespa-siani con la quale il popolo romano avrebbe conferito allrsquoimpera-tore oltre che lrsquoimperium anche il potere legislativo30 Non stupisce

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28 Cfr SASSO Dante lrsquoimperatore e Aristotele cit in particolare su questo passodel Convivio pp 12-19

29 Dig 141 pr (Ulpianus 1 inst) e 1411 (Ulpianus 1 inst)30 Cfr anche Inst 126 laquoSed et quod principi placuit legis habet vigorem cum

lege regia quae de imperio eius lata est populus ei et in eum omne suum imperiumet potestatem concessit Quodcumque igitur imperator per epistulam constituit velcognoscens decrevit vel edicto praecepit legem esse constat hae sunt quaeconstitutiones appellanturraquo Ancora Giustiniano si richiama a questa lex regia nellaconstitutio Deo auctore con la quale incarica Triboniano della raccolta che confluiragravenei Digesta laquocum enim lege antiqua quae regia nuncupabatur omne ius omnisquepotestas populi romani in imperatoriam translata sunt potestatemraquo (Cod 11717)Per un interessante dibattito sulla lex de imperio Vespasiani e sulla sua recezione in etagraveantica e moderna si possono vedere i contributi raccolti in La lex de ImperioVespasiani e la Roma dei Flavi Atti del Convegno 20-22 novembre 2008 a cura di LCapogrossi Colognesi e E Tassi Scandone Roma laquoLrsquoErmaraquo di Bretschneider 2009

che nel Convivio la citazione ometta tale riferimento dato che perDante come tenderagrave a dimostrare tutto il III libro della Monarchialrsquoautoritagrave imperiale con le prerogative ad essa connesse deriva di-rettamente da quella divina31 Osserveremo meglio in seguito qualesia lrsquoimmagine che di tale autoritagrave emerge dalle pagine del ConvivioOra per poter continuare a seguire il filo dellrsquoargomentazione dan-tesca ci interessa soltanto sottolineare che quel governo di uno so-lo indicato secondo unrsquoargomentazione filosofica come il migliorepercheacute piugrave conforme alla natura egrave collocato dallrsquoAlighieri nella sto-ria e identificato in una istituzione precisa quella appunto dellrsquoim-pero romano

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e piugrave in generale sui poteri imperiali gli studi in occasione del Collegio di DirittoRomano 2012 (CEDANT) di prossima pubblicazione ma di cui si puograve giagrave leggere ilresoconto in V FABRIZI Cronaca dei Lavori del Collegio di Diritto Romano 2012 laquoIlPrinceps romano autocrate o magistrato Fattori giuridici e fattori sociali del potereimperiale da Augusto a Commodoraquo in laquoAthenaeumraquo 101 2013 pp 388-94 Ma sulrapporto fra imperatore e lex ci soffermeremo infra

31 E questa egrave infatti la conclusione laquoSic ergo patet quod auctoritas temporalisMonarche sine ullo medio in ipsum de Fonte universalis auctoritatis descenditraquo (MonIII XV 15) Anche nel Corpus iuris civilis comunque si trova ampiamente affermatoil fondamento divino del potere imperiale tanto che anche in etagrave medievale tale fon-damento evidentemente indiscusso veniva sostenuto dai giuristi proprio col riferi-mento a passi della raccolta giustinianea cfr EH KANTOROWICZ I due corpi del reLrsquoidea di regalitagrave nella teologia politica medievale Introduzione di A BOUREAU Tori-no Einaudi 1989 (trad it di The Kingrsquos Two Bodies A Study in Mediaeval PoliticalTheology Princeton (NJ) Princeton University Press 1975) pp 100-103 Qui ri-cordo percheacute emblematico solo lrsquoincipit della constitutio Deo auctore laquoDeo auctorenostrum gubernantes imperium quod nobis a caelesti maiestate traditum estraquo (Cod1171 pr) anche se abbiamo visto che in un passo successivo proprio della medesimaconstitutio troviamo anche il riferimento alla lex regia Cod 11717 riportato alla notaprecedente In etagrave medievale ciograve che invece fu ampiamente discusso dal punto di vi-sta giuridico e teologico (e lo documenta anche e proprio la Monarchia) fu la neces-sitagrave o meno della mediazione del Papa a conferimento o per lo meno a conferma ditale fondamento

12 laquoOltre quello che per li uomini egrave predicato e aprovatoraquo (ConvIV V 20)

Ma a questo proposito come osserva Dante alcuni potrebberolaquogavillareraquo ammettiamo pure la necessitagrave naturale dellrsquoimpero (laquotut-to che al mondo officio drsquoimperio si richeggiaraquo) ma percheacute proprioquello romano laquoperograve che la romana potenza non per ragione [scilper diritto]32 neacute per decreto di convento universale fu acquistata maper forza che alla ragione pare essere contrariaraquo (Conv IV IV 8)Lrsquoargomento come ben sappiamo egrave antico basti pensare al III librodel De repubblica ciceroniano (III 24-28) lagrave dove Furio Filo (che vie-ne fatto portavoce delle obiezioni di Carneade) condanna lrsquoimperoromano proprio in nome della iustitia E si tratta di tematiche che al-lrsquoepoca di Dante ricorrevano in parte nella pubblicistica e nelle teo-rie politico-teologiche del tempo che presentavano lrsquoimpero sullascorta del De civitate Dei di Agostino come frutto di violenze e disopraffazioni33 Sicuramente non si puograve confondere il pensiero diAgostino con quello del cosigrave detto ldquoagostinismo politicordquo34 che aquello si rifaceva per sostenere le pretese temporali della Chiesa e lasupremazia papale su quella imperiale35 quel valore essenziale per la

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32 Numerosi i passi del Convivio oltre questo IV IV 8 in cui la parola laquoragioneraquoindica il ldquodirittordquo I X 3 IV IX 8 IV XII 9 IV XII 10 IV XIX 4 IV XXIV 2 IV XXIV 17

33 Si veda ad esempio GIOVANNI DA PARIGI De potestate regia et papali (1302-1303 sostenitore di Filippo il Bello contro Bonifacio VIII ma anche contro lrsquoimpero)cap XXI laquoSi igitur romani per violentiam dominium acceperunt numquid iuste etiamper violentiam abici potuit dominium eorum vel etiam contra eos perscribiraquo GIA-COMO DA VITERBO De regimine christiano (1301-1302 dalla parte di Bonifacio VIII)parte II cap X laquobeatus Augustinus ait IVdeg libro de Civitate Dei ldquoRegna sine iustitianon sunt nisi magna latrociniardquo Sed vera iustitia non est ubi Christus non est rectorut idem Augustinus ait IIdeg libdeg de Civ Dei Quare videtur quod regnum vel impe-rium Romanorum fuerit latrocinumraquo

34 Oltre a Giacomo da Viterbo citato supra ricordiamo almeno Egidio Romanosostenitore della posizione teocratica di Bonifacio VIII (nel De ecclesiastica potestate)e generale dellrsquoOrdine degli Eremitani di SantrsquoAgostino La definizione di ldquoagostini-smo politicordquo si afferma nella prima metagrave del rsquo900 grazie al volume di H-X AR-QUILLIEgraveRE LrsquoAugustinisme politique Essai sur la formation des theacuteories politiques duMoyen Acircge (1934) IIe eacuted revue et augmenteacutee Paris Vrin 1955

35 Cfr giagrave GILSON Dante e la filosofia cit pp 186-89 con la n 49 e piugrave recen-temente J MIETHKE Papalismus und Augustinismus in der politischen Theorie der

realizzazione della felicitagrave umana che Dante attribuisce allrsquoimperoAgostino infatti non lo riconosce a nessuna terrena civitas senzrsquoaltronon alla Roma pagana ma nemmeno allrsquoimpero diventato cristianoe neanche alla Chiesa come istituzione terrena36 Ma egrave altrettanto si-curo che in Agostino e in particolare nel De civitate Dei si trovanonumerosi passi in cui lrsquoautore denuncia lrsquoingiustizia che avrebbe ca-ratterizzato non solo lrsquoespansione romana37 ma la stessa esistenzadella res publica38 e sempre nel De civitate (XIX 21) si respinge la di-fesa ciceroniana della iustitia dellrsquoimpero romano basata sul giagrave ri-cordato presupposto di origine aristotelica39 che per natura il po-tere debba essere esercitato dai migliori in questo caso i Romani atutela degli interessi dei piugrave deboli40 Ora proprio questa argomen-

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 53

spaumltmittelalterlichen Augustiner-Eremiten Ein Uumlberblick in Augustinus - Ethik undPolitik Zwei Wuumlrzburger Augustinus-Studientage laquoAspekte der Ethik bei Augustinusraquo(11 Juni 2005) laquoAugustinus und die Politikraquo (24 Juni 2006) a cura di C Mayer conla collaborazione di A Eisgrub e G Foumlrster Wuumlrzburg Augustinus-Verlag bei Echter2009 pp 243-72

36 Cfr eg De civitate I 35 XIV 1 XVIII 5437 Si veda ad es AUG De civitate I 30 III 10 14 IV 4 6 15 V 17 XIX 7 In Ago-

stino infatti lrsquoimpero non egrave il rimedio ai conflitti che nascono fra regno e regno per ilfatto che laquolrsquoanimo umano in terminata possessione di terra non si queti ma sempredesideri gloria drsquoacquistareraquo (vd supra Conv I IV 3) ma anzi egrave proprio lrsquoimpero a es-sere originato dalla stessa laquolibido dominandiraquo e laquocupiditas gloriaeraquo si vd ad es Decivitate I praef III 14 IV 6 V 12 19

38 In De civitate XIX 21 Agostino dimostra infatti che laquonumquam fuit Romanares publica quia numquam fuit res populiraquo (che egrave la definizione di res publica che Ci-cerone dagrave per bocca di Scipione Emiliano) percheacute il popolo sempre secondo la ce-lebre definizione ciceroniana egrave laquocoetus multitudinis iuris consensu et utilitatis com-munione sociatusraquo ma non vi puograve essere laquoiuris consensusraquo lagrave dove non vi egrave laquoiustitiaraquoe non vi egrave laquoiustitiaraquo (che egrave la laquovirtus [hellip] quae sua cuique distribuitraquo) quando si to-glie lrsquouomo al vero Dio e lo si consegna ai demoni

39 Vd supra n 2440 Sempre in questo passo del De civitate non si manca comunque di ricordare

un laquonobile argomento tratto in un certo modo dalla naturaraquo dai sostenitori della giu-stizia dellrsquoimpero romano laquoDio comanda allrsquouomo lo spirito comanda al corpo la ra-gione alla passioneraquo Agostino sembra cosigrave quasi riconoscere che laquoper alcuni la ser-vitugrave egrave utileraquo ma spostando subito il piano dai rapporti fra gli uomini a quelli fra lrsquouo-mo e Dio (laquoservire poi a Dio egrave utile per tuttiraquo) ribadisce in conclusione che nella Re-pubblica romana non vi fu mai vera giustizia percheacute gli uomini che ne facevano par-te non servivano Dio Inoltre nei precedenti capitoli 15-16 sempre del XIX libro delDe civitate aveva parlato della schiavitugrave e del dominio dellrsquouomo sullrsquouomo come

tazione della superiore attitudine romana al comando che Agostinoaveva voluto confutare egrave presente invece nel Convivio LrsquoAlighieriafferma infatti che ogni potere viene da Dio (Conv IV IV 9)41 e chequindi Dio scelse proprio il popolo romano laquoperograve che piugrave dolce na-tura [in] segnoreggiando e piugrave forte in sostenendo e piugrave sottile inacquistando neacute fu neacute fia che quella della gente latinaraquo (Conv IV IV10)42 E dato che allrsquoimpero

non sanza grandissima vertude venire si potesse e a quello usare gran-dissima e umanissima benignitade si richiedesse questo era quello popoloche a ciograve piugrave era disposto Onde non da forza fu principalmente preso per laromana gente ma da divina provedenza che egrave sopra ogni ragione [hellip] e co-sigrave non forza ma ragione e ancora divina [conviene] essere stata principio delromano imperio (Conv IV IV 11-12)

Vedremo in seguito cosa significhi per Dante che la laquodivina pro-vedenza [hellip] egrave sopra ogni ragioneraquo questo concetto qui appena ac-cennato egrave infatti ripreso e illustrato nella Monarchia43 Nel Convivio

FRANCESCA FONTANELLA54

perturbamento introdotto dal peccato nellrsquoordine naturale voluto da Dio41 Cosigrave come troviamo piugrave volte ripetuto anche nel De civitate dove perograve al con-

tempo si afferma ripetutamente che il disegno divino egrave imperscrutabile e che laquoDio da-tore e autore della felicitagrave [hellip] dagrave i domini terreni ai buoni come ai cattiviraquo De civi-tate IV 33 laquoDeus igitur ille felicitatis auctor et dator quia solus est verus Deus ipsedat regna terrena et bonis et malis neque hoc temere et quasi fortuito quia Deus estnon fortuna sed pro rerum ordine ac temporum occulto nobis notissimo sibi cui ta-men ordini temporum non subditus servit sed eum ipse tamquam dominus regit mo-deratorque disponit felicitatem vero non dat nisi bonis Hanc enim possunt et nonhabere et habere servientes possunt et non habere et habere regnantes quae tamenplena in ea vita erit ubi nemo iam servietraquo Cfr anche ivi V praef e 21 laquoIlle igitur unusverus Deus qui nec iudicio nec adiutorio deserit genus humanum quando voluit etquantum voluit Romanis regnum dedit qui dedit Assyriis vel etiam Persis [hellip] Sicetiam hominibus qui Mario ipse Gaio Caesari qui Augusto ipse et Neroni qui Ve-spasianis vel patri vel filio suavissimis imperatoribus ipse et Domitiano crudelissi-mo et ne per singulos ire necesse sit qui Constantino christiano ipse apostatae Iu-liano [hellip] Haec plane Deus unus et verus regit et gubernat ut placet et si occultiscausis numquid iniustisraquo

42 Cosigrave ancor piugrave esplicitamente in Mon II VI 9-11 su cui vd infra43 Nel Convivio si accenna soltanto al rapporto fra ldquodirittordquo e ldquovolontagrave divinardquo

in modo invece piugrave ampio se ne argomenta la coincidenza in Mon II II su cui vdinfra

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 55

44 Tresor I XXXIV dove perograve per datare la venuta di Enea nel Lazio si menziona nonla nascita ma piugrave genericamente il regno di Davide JA SCOTT La contemporaneitagraveEnea-Davide (laquoConvivioraquo IVv6) in laquoStudi Danteschiraquo XLIX 1972 pp 129-34

45 Conv IV V 6 laquoE tutto questo fu in uno temporale che David nacque e nacqueRoma cioegrave che Enea venne di Troia in Italia che fu origine della cittade romana sigravecome testimoniano le scritture Per che assai egrave manifesto la divina elezione del roma-no imperio per lo nascimento della santa cittade che fu contemporaneo alla radicedella progenie di Mariaraquo

46 Su questa immagine antropomorfa dello sviluppo dellrsquoimpero puograve con ogniprobabilitagrave avere influito il primo capitolo dellrsquoEpitome di Floro Epit I 4-7 Ma Flo-ro afferma anche che nei duecento anni che seguirono ad Augusto lrsquoimpero laquoconse-nuit atque decoxit nisi quod sub Traiano principe movit lacertos et praeter spem om-nium senectus imperii quasi reddita iuventute revirescitraquo (I 8) Per Dante invecelrsquoapice dellrsquoimpero romano egrave evidentemente raggiunto solo sotto Augusto come pre-ciseremo meglio anche in seguito a proposito di Mon I XVI 1-2

il discorso invece procede con la considerazione che la forza fu quin-di soltanto lo strumento (Conv IV IV 12) di un disegno divino chesi mostrograve sia nello laquospezial nascimentoraquo sia nello laquospezial processoraquodella storia di Roma (Conv IV IV 13) cosigrave come si passa a illustrarenel V capitolo ma prima di trattare delle origini di Roma Dante sot-tolinea il fatto che Dio scelse quel popolo per ridurre tutta la terrain pace e giustizia e creare lrsquolaquoottima disposizioneraquo la laquomonarchiaraquo(Conv IV V 4) per lrsquoincarnazione di Cristo La pace universale in-staurata da Augusto mai piugrave neacute raggiunta neacute raggiungibile fu il frut-to di una divina laquopreparazioneraquo (Conv IV V 9) in cui Dante collocala sincronia giagrave indicata nel Tresor di Brunetto Latini44 fra la nasci-ta di Davide (laquola radice de la progenie di Mariaraquo da cui nacque Cri-sto) e quella di Roma quando laquoEnea venne di Troia in Italiaraquo (ConvIV V 6)45 A questo punto si dimostra che non solo la nascita ma an-che lo svolgersi della sua storia laquospeziale processo ebbe da Dioraquo co-me conferma il rapido scorcio delle vicende di Roma presentato co-me una crescita umana dallrsquoinfanzia lrsquoetagrave dei re sino alla maturitagravelrsquoetagrave di Augusto (Conv IV V 10-11)46 Soffermandosi poi sulla laquomag-giore adoloscenza suaraquo cioegrave sulla storia di Roma che va laquodal primoconsolo infino a Cesare primo prencipe sommoraquo (Conv IV V 12)con lrsquouso anaforico della interrogativa laquoChi diragrave di [hellip]raquo Dante in-troduce una serie di eroi esemplari laquone li quali non amore umano madivino era inspirato in amare lei (scil Roma)raquo e ricorda lrsquoincorrut-tibilitagrave di Fabrizio e di Curio la fermezza di Muzio Scevola di Man-

lio Torquato e di Giunio Bruto il sacrificio dei Deci dei Drusi e diAttilio Regolo la modestia di Cincinnato e di Furio Camillo47 perpoi finire con unrsquoultima interrogativa rivolta in un crescendo di pre-terizione allo stesso Catone Uticense laquoO sacratissimo petto di Cato-ne chi presummeragrave di te parlare Certo maggiormente di te parlarenon si puograve che tacereraquo (Conv IV V 16) Gli esempi forniti da Dantesi ritrovano in diversi autori antichi da lui sicuramente conosciuti ecioegrave in Cicerone Virgilio e Livio (ai quali rimanda infatti esplicita-mente nella Monarchia dove si trovano menzionati pur se in un con-testo in parte diverso quasi tutti gli eroi del Convivio)48 cosigrave come inalcuni autori della tradizione tardo antica e medievale anche se aconferma di quanto prima osservato non si puograve indicare unrsquounicafonte in cui ricorrano tutti gli stessi esempi e nella stessa sequenza49Dobbiamo comunque sottolineare lrsquoevidente richiamo a tutto il ca-talogo degli eroi del VI libro dellrsquoEneide anche percheacute lrsquoandamento

FRANCESCA FONTANELLA56

47 Conv IV V 13-15 laquoE chi diragrave che fosse sanza divina inspirazione Fabrizio in-finita quasi moltitudine drsquooro rifiutare per non volere abandonare sua patria Curiodalli Sanniti tentato di corrompere grandissima quantitagrave drsquooro per caritagrave della patriarifiutare dicendo che li romani cittadini non lrsquooro ma li posseditori dellrsquooro posse-dere voleano e Muzio la sua mano propia incendere percheacute fallato avea lo colpo cheper liberare Roma pensato avea Chi diragrave di Torquato giudicatore del suo figliuoloa morte per amore del publico bene sanza divino aiutorio ciograve avere sofferto e Bru-to predetto similemente Chi diragrave delli Decii e delli Drusi che puosero la loro vita perla patria Chi diragrave del cattivato Regolo da Cartagine mandato a Roma per commu-tare li presi Cartaginesi a seacute e alli altri presi Romani avere contra seacute per amore di Ro-ma dopo la legazione ritratta consigliato solo da [umana e non da] divina naturamosso Chi diragrave di Quinzio Cincinnato fatto dittatore e tolto dallo aratro dopo lotempo dellrsquoofficio spontaneamente quello rifiutando allo arare essere ritornato Chidiragrave di Cammillo bandeggiato e cacciato in essilio essere venuto a liberare Romacontra li suoi nimici e dopo la sua liberazione spontaneamente essere ritornato in es-silio per non offendere la senatoria autoritade sanza divina instigazioneraquo I perso-naggi della storia di Roma a cui si riferisce Dante sono Luscino Fabrizio Manio Cu-rio Dentato Caio Muzio ScevolaTito Manlio Torquato Lucio Giunio Bruto MarcoAttilio Regolo Lucio Quinzio Cincinnato e Furio Camillo

48Mon II V (su cui vd infra) 49 Per un puntuale confronto con luoghi paralleli di autori antichi tardo-antichi

e medievali cfr TH SILVERSTEIN On the Genesis of De Monarchia II v in laquoSpecu-lumraquo 13 1938 pp 326-49 (dove a dispetto del titolo si tratta anche di Conv IV V)e per gli antichi e i tardo-antichi anche D THOMPSON Dantersquos Virtuous Romans inlaquoDante Studiesraquo with the Annual Report of the Dante Society 96 1978 pp 145-62

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 57

50 De civitate V 18 laquoet nobis proposita necessariae commonitionis exempla utsi virtutes quarum istae utcumque sunt similes quas isti pro civitatis terrenae gloriatenuerunt pro Dei gloriosissima civitate non tenuerimus pudore pungamurraquo Oltreagli studi citati alla nota precedente cfr in particolare C FILOSA La laquovirtugraveraquo dei Ro-mani nel giudizio di S Agostino e di Dante in Dante e Roma Atti del convegno diStudi Roma 8-9-10 aprile 1965 Firenze Le Monnier 1965 pp 195-210 e C VASO-LI Agostino nel Convivio e nellaMonarchia in Moderni e Antichi Quaderni del Cen-tro di Studi sul Classicismo diretti da R Cardini voll II-III (2004-2005) Firenze Edi-zioni Polistampa 2006 pp 263-84

51 Vd supra n 47 52 In Agostino si menzionano anche Manio Curzio Marco Orazio Pulvillo e Lu-

cio Valerio che mancano invece in Dante In De civitate V 18 manca invece la menzionedi Manio Curio Dentato dei Drusi e di Catone

della prosa dantesca con lrsquouso del pronome interrogativo in anafo-ra sembra costituire unrsquoesplicita ripresa dei versi 841-46

quis te magne Cato tacitum aut te Cosse relinquatquis Gracchi genus aut geminos duo fulmina belliScipiadas cladem Libyae parvoque potentemFabricium vel te sulco Serrane serentemquo fessum rapitis Fabii

Di particolare interesse inoltre risulta ancora una volta il con-fronto con il De civitate Dei con il diciottesimo capitolo del V librodove Agostino esorta i cristiani a non vantarsi se hanno compiutoazioni virtuose per amore della patria eterna dato che i Romani lehanno compiute per amore della patria terrena e della gloria uma-na50 E fra gli esempi citati quelli che coincidono con il Convivio51 so-no nellrsquoordine che troviamo nel De civitate Giunio Bruto ManlioTorquato Furio Camillo Mucio Scevola i Deci Attilio Regolo Cin-cinnato e Fabrizio52 Alla fine di questo capitolo del De civitate Deisi puograve in effetti trovare un apprezzamento della virtugrave romana simi-le a quello espresso da Dante laquoCosigrave ndash dice Agostino ndash quellrsquoimperocosigrave esteso e cosigrave duraturo reso illustre e glorioso dal valore di per-sonaggi tanto grandi costituigrave per essi la ricompensa a cui miravanoi loro sforziraquo (De civitate V 18) Ma nei capitoli immediatamente pre-cedenti Agostino era stato chiaro la gloria umana egrave un valore nel-lrsquoambito della cittagrave degli uomini e con essa la giustizia divina ha ri-compensato le virtugrave positive del popolo romano come lrsquoamor di pa-

FRANCESCA FONTANELLA58

53De civitate V 15 laquoQuibus ergo non erat daturus Deus vitam aeternam cum san-ctis Angelis suis in sua civitate caelesti ad cuius societatem pietas vera perducit quaenon exhibet servitutem religionis [hellip] si neque hanc eis terrenam gloriam excellen-tissimi imperii concederet non redderetur merces bonis artibus eorum id est virtu-tibus quibus ad tantam gloriam pervenire nitebantur De talibus enim qui propterhoc boni aliquid facere videntur ut glorificentur ab hominibus etiam Dominus aitAmen dico vobis perceperunt mercedem suamraquo

54 De civitate V 13 laquoQuam ob rem cum diu fuissent regna Orientis illustria vo-luit Deus et occidentale fieri quod tempore esset posterius sed imperii latitudine etmagnitudine illustrius idque talibus potissimum concessit hominibus ad domandagravia mala multarum gentium qui causa honoris laudis et gloriae consuluerunt pa-triae in qua ipsam gloriam requirebant salutemque eius saluti suae praeponere nondubitaverunt pro isto uno vitio id est amore laudis pecuniae cupiditatem et multaalia vitia comprimentes Nam sanius videt qui et amorem laudis vitium esse cognos-citraquo

55 Cosigrave ad esempio di fronte alla laquoinfelicitasraquo di Giunio Bruto laquoquia filios occi-ditraquo per la patria laquotemporale e terrenaraquo i cristiani dovrebbero pensare che la patriaeterna e celeste non obbliga nessuno a tale sacrificio e dovrebbero quindi non van-tarsi di essere solo chiamati a laquodonare ai poveri le sostanze che sembrava di raccoglieree serbare per i figliraquo e a considerare loro laquofigli i poveri di Cristoraquo o non gloriarsi delmartirio in cui trovano una morte che perograve non si infliggono da soli come invece fe-cero Manio Curzio o i Deci De civitate V 18 passim Ma cfr anche Mon II V su cuivd infra

tria ma non ha nessun valore nella Cittagrave di Dio che egrave preclusa a chisulla terra ha giagrave avuto la sua ricompensa (De civitate V 15)53 anzi ildesiderio di gloria non egrave una virtugrave ma un vero e proprio vizio (De ci-vitate V 13)54 ndash mentre Dante lo abbiamo ricordato allrsquoinizio porragravenel Paradiso laquoi buoni spirti che sono stati attivi percheacute onore e fa-ma li succedaraquo (Par VI 113-14) A marcare ancor piugrave la differenza frai due autori ricordiamo che sempre nel ldquocatalogordquo di De civitate V18 Agostino a fianco di ogni gesto virtuoso pagano ne costruisceuno cristiano che al precedente si oppone o lo corregge o per lomeno lo completa55 e che nei precedenti libri del De civitate Ago-stino aveva condannato senza esitazione il suicidio di Catone (De ci-vitate I 23) e aveva giudicato negativamente episodi come quello del-la guerra con Alba (secondo lui suscitata solo dalla libido dominan-di dei Romani De civitate III 14) o quello delle oche del Campido-glio (a dire il vero questo piugrave ridicolizzato ma proprio per dimo-strare che Roma non si sarebbe salvata se laquomentre gli degravei dormiva-no non fossero rimaste sveglie le ocheraquo De civitate II 22 cfr anche

III 8) episodi che Dante allrsquoopposto cita nel Convivio dopo glildquoesempi virtuosirdquo come vicende della storia di Roma in cui la prov-videnza divina sarebbe intervenuta direttamente a favore dei Ro-mani (Conv IV V 18)56

Si puograve spiegare questa differenza di valutazione su episodi e per-sonaggi dellrsquoantica storia di Roma col fatto che a Dante interessasostenere lrsquoimpero del suo tempo e di conseguenza esaltare quellastoria che egrave percepita senza soluzioni di continuitagrave con questo im-pero Sigrave ma non solo se cosigrave fosse infatti come si spiegherebbelrsquoesaltazione di Catone Uticense A prescindere dal problema mo-rale posto dal suo suicidio il motivo di questo estremo gesto cioegravelrsquoopposizione a Cesare laquoprimo prencipe sommoraquo dellrsquoimpero avreb-be dovuto trattenere il filo-imperiale Dante dallrsquoapprezzarne la fi-gura e dal farne alcuni anni piugrave tardi il guardiano del Purgatorio incontinuitagrave anche lessicale con lrsquoimmagine delineatane nel Convivio(laquoo sacratissimo petto di Catoneraquo in Conv IV V 16 laquoo santo pettoraquoin Purg I 80)57 E come si spiegherebbe il fatto che le stesse osser-vazioni e quasi tutti gli stessi esempi che abbiamo visto usati da Dan-te per illustrare quelle virtugrave che ai Romani meritarono lrsquoimpero si ri-trovano in unrsquoopera il De regimine principum di Tommaso-Tolomeoda Lucca le cui conclusioni sostengono la supremazia papale piut-tosto che quella imperiale Nel IV capitolo del III libro nella partequindi composta da Tolomeo si richiama infatti esplicitamente for-zandone perograve senzrsquoaltro il senso il capitolo 18 del V libro del De ci-

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 59

56 Gli altri esempi sono quello di Scipione che decidendo di portare la guerra inAfrica riuscigrave cosigrave a vincere la seconda guerra punica e quello di Cicerone che salvogravela Res Publica da Catilina Anche per queste vicende la tradizione confluita in Danterisaliragrave a Livio e allrsquoepitome di Floro ma anche ad Orosio e allo stesso Agostino Perlrsquoepisodio delle oche cfr Mon II IV 5-10 (dove si vuole dimostrare i miracoli avvenu-ti nella storia di Roma vd infra) per la guerra con Alba Longa e per Scipione inve-ce Mon II IX 15 e 18 (dove si menzionano le guerre a carattere di ldquoduellordquo vinte daiRomani per volere di Dio vd infra)

57 Anche se egrave evidente che Dante distingue nella storia di Roma due piani quel-lo etico in cui in continuitagrave colla tradizione classica risulta esemplare la virtus civilerepubblicana quello politico in cui esemplare egrave invece lrsquoimpero cfr R HOLLANDER

-A ROSSI Il repubblicanesimo di Dante in Studi americani su Dante a cura di GCAlessio e R Hollander Introduzione di D della Terza Milano Franco Angeli 1989p 297-323

vitate Dei e si giudica in modo provvidenziale come in Dante lastoria esemplare di Roma58

Per capire il motivo di questi giudizi positivi sulla storia e sullavirtugrave romana occorre allora guardare a quel passo compiuto dallacultura medievale nella rivalutazione della natura e quindi del-lrsquoesperienza umana anche precedente al cristianesimo che trova nel-lrsquoopera di Tommaso la sua piugrave famosa formulazione gratia non tollitnaturam sed perficit59 Non si trattava con questo come osservavaGilson di sostenere lrsquoidea di

una natura che sia autosufficiente senza la grazia per cui si ricadrebbe inpieno paganesimo ma neppure una natura senza di cui la grazia nulla avreb-be da salvare Ora quale migliore mezzo di conoscere la natura che rivol-gersi a quegli antichi i quali lrsquohanno cosigrave profondamente studiata e cosigrave bendescritta [hellip] Da questo deriva quella forma specialissima di umanesimoche venne praticata nel Medioevo umanesimo anzitutto morale che condus-se i pensatori cristiani a consultare gli antichi per istruirsi su cosa egrave lrsquouomo60

FRANCESCA FONTANELLA60

58 De regimine principum III 4 laquoDe isto autem amore patriae exemplumaccipimus ut historiae tradunt et beatus Augustinus in quinto de civitate Dei etc[hellip] De talibus autem concludit dictus doctor quod eisdem non datur dominandipotestas nisi summi Dei providentia quando res humanas iudicat talibus donis essedignas Multa similia ibidem dicit per quae definire videtur eorum dominium fuisselegitimum et eis a Deo collatumraquo Per la supremazia del potere spirituale su quellotemporale che dal primo viene istituito si veda invece ivi IV 10 Cfr SILVERSTEIN Onthe Genesis of De Monarchia II v cit passim (e p 189 dove si osserva che il passoin cui Tolomeo da Lucca richiamandosi ad Agostino fornisce il catalogo degli eroiromani laquoit is far closer in spirit to Dante than to St Augustineraquo) e GHISALBERTI Ro-ma antica nel pensiero politico da Tommaso drsquoAquino a Dante cit in particolare sulaquoRoma antica e il suo impero nel ldquoDe regimine principumrdquoraquo pp 349-55 Ma si vedaanche CT DAVIS Tolomeo da Lucca e la repubblica romana (1974) ora in LrsquoItalia diDante Bologna il Mulino 1988 p 231-69

59 TOMMASO Super sententiis II dist 9 q 1 art 8 laquoPraeterea quantumcumqueintellectus perficiatur lumine gratiae vel gloriae semper oportet quod intelligat sublumine naturali quia gratia non tollit naturam sed perficitraquo ivi IV dist 2 q 1 art 4qc 2 laquoSed contra gratia perficit naturamraquo Summa Theologiae I q 1 art 8 laquoCumenim gratia non tollat naturam sed perficiat oportet quod naturalis ratio subserviatfidei sicut et naturalis inclinatio voluntatis obsequitur caritati Unde et apostolusdicit II ad Cor X lsquoin captivitatem redigentes omnem intellectum in obsequiumChristirsquo Et inde est quod etiam auctoritatibus philosophorum sacra doctrina utiturubi per rationem naturalem veritatem cognoscere potueruntraquo

60 E GILSON Filosofia medievale e umanesimo Comunicazione fatta il 24 aprile

Difficile non ritrovare nellrsquoopera di Dante questo particolarelaquoumanesimoraquo61 disposto laquoper istruirsi su cosa egrave lrsquouomoraquo a guarda-re ad ogni esempio virtuoso del passato Cesare come Catone alaquoconsultareraquo i piugrave svariati auctores per elaborare infine un pensieroche non egrave di nessun altro se non dello stesso Alighieri

Questo apprezzamento della virtugrave morale degli antichi condivi-so ormai da gran parte del pensiero del suo tempo e nel Conviviofunzionale alla legittimazione dellrsquoimpero romano acquista una for-za particolare allrsquointerno delle argomentazioni svolte nel IV trattatoegrave qui infatti che piugrave specificatamente Dante sostiene la funzione e ilfine etico della filosofia62 e difende il valore dellrsquoetica salvaguardan-

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 61

1935 al Congresso Guillaume Budeacute a Nizza in Appendice a Eloisa e Abelardo Tori-no Einaudi 1950 p 207

61 Uso il termine ldquoumanesimordquo ben consapevole della laquoastrale distanza fra il ti-pico umanesimo cristiano di Dante e lrsquoUmanesimo storicamente determinabileraquo EPARATORE Lrsquoereditagrave classica in Dante in Dante e Roma cit pp 3-50 p 47

62 Conv IV VI 7-16 XVII 1-8 Sulle caratteristiche del IV trattato che lo differen-ziano dal laquoldquobloccordquo costituito dal II e IIIraquo cfr VASOLI Introduzione cit p XXXVIIIIn effetti anche in Conv II XIV 13 e 18 si sostiene che laquocessando la Morale Filosofialrsquoaltre scienze sarebbero celate alcuno tempo e non sarebbe generazione neacute vita di fe-licitade e indarno sarebbero scritte e per antico trovateraquo e in III XV 11-12 laquola mora-litade egrave bellezza della filosofiaraquo e laquoquinci nasce quella felicitade la quale diffinisceAristotile nel primo dellrsquoEtica dicendo che egrave operazione secondo vertugrave in vita per-fettaraquo a differenza perograve di quanto ritiene Gilson (Dante e la filosofia cit pp 99-149)la filosofia nel Convivio non rimane confinata esclusivamente nella sfera dellrsquoeticanumerosi infatti i passi specialmente nel II e nel III trattato nei quali viene identifi-cata con lrsquoamore alla sapienza in senso piugrave ampio e spesso in nesso profondo con laSapienza divina II XV 12 III VI 9-10 XI 14 (laquocosigrave fine della Filosofia egrave quella eccel-lentissima dile[tta]zione che non pate alcuna intermissione o vero difetto cioegrave verafelicitade che per contemplazione della veritade srsquoacquistaraquo) XII 12 (laquofilosofia egrave unoamoroso uso di sapienza lo quale massimamente egrave in Dio perograve che in lui egrave sommasapienza e sommo amore e sommo atto che non puograve essere altrove se non in quantoda esso procederaquo) 13-14 XIII 7 (laquodella pace di questa donna non fa lo studio sen[ti-re se n]on nellrsquoatto della speculazione E cosigrave si vede come questa egrave donna primiera-mente di Dio e secondariamente dellrsquoaltre intelligenze separate per continuo sguar-dare e appresso dellrsquoumana intelligenza per riguardare discontinuatoraquo) XIV 1-2 6(laquocheacute la sapienza nella quale questo amore fegravere etterna egrave Onde egrave scritto di lei ldquoDalprincipio [e] dinanzi dalli secoli creata sono e nel secolo che dee venire non verrograve me-nordquo e nelli Proverbi di Salomone essa Sapienza dice ldquoEtternalmente ordinata sonordquoe nel principio di Giovanni nellrsquoEvangelio si puograve la sua etternitade apertamente no-tareraquo) 7 XV 2-3

dole uno spazio autonomo non solo rispetto al potere politico63 main parte anche rispetto ad ogni altro fine trascendente in quantosono le virtugrave laquoche fanno lrsquouomo beato o vero felice nella loro ope-razioneraquo (Conv IV XVII 8)64 Indicare come campioni di virtugrave gli eroipagani risulta allora profondamente coerente con questo valore ldquolai-cordquo riconosciuto allrsquoetica e collrsquoaver posto un filosofo pagano Ari-stotele come suprema auctoritas in questo ambito65 Certo occorreprecisare che nella visione profondamente religiosa di Dante non vi

FRANCESCA FONTANELLA62

63 Conv IV IX su cui vd infra64 Conv IV XVII 8 laquoE queste sono quelle che fanno lrsquouomo beato o vero felice nel-

la loro operazione sigrave come dice lo Filosofo nel primo dellrsquoEtica quando diffinisce laFelicitade dicendo che ldquoFelicitade egrave operazione secondo virtude in vita perfettardquoraquo Masi vedano tutti i sectsect 1-12 Anche se nel sect 9 si afferma laquoVeramente egrave da sapere che noipotemo avere in questa vita due felicitadi secondo due diversi cammini buono e ot-timo che a ciograve ne menano lrsquouno egrave la vita attiva e lrsquoaltro la contemplativa la quale ave-gna che per lrsquoattiva si pervegna come detto egrave a buona felicitade ne mena ad ottimafelicitade e beatitudine secondo che pruova lo Filosofo nel decimo dellrsquoEticaraquo si pre-ferisce in conclusione (al sect 12) il ldquocammino eticordquo a quello ldquointellettualerdquo laquoOndeperciograve che le virtugrave morali paiano essere e siano piugrave comuni e piugrave sapute e piugrave richie-ste che lrsquoaltre e imitate nello aspetto di fuori utile e convenevole fue piugrave per quellocammino procedere che per lrsquoaltroraquo Ma cfr anche Conv III XV 11-12 (cit supra allan 62) Questi passi del Convivio (insieme a Conv III XV 7-10 IV XII 11-12 XIII 6-9)sembrano affermare lrsquoesistenza di un desiderio naturale che non ha bisogno di cono-scere il sovrannaturale per essere compiuto a differenza di quanto si sostiene nellaCommedia (cfr specialmente Inf IV 31-42 Purg III 34-45 XXI 1-6 Par IV 124-32) maanche in altri passi del Convivio nei quali anche per quella intima connessione fra sa-pienza umana e divina che osservavamo supra alla n 62 il desiderio naturale sembraesigere per il suo compimento proprio il divino si veda Conv III VIII 5 XII 13 XIV 13-14 XV 2 IV XII 14-17 XXII 4-18 Sul problema rimando agli studi menzionati supraalla n 11 Si osservi solo che in Conv IV XXII 18 Dante sottolineando un ordine ge-rarchico che ha come suo vertice quella beatitudine irraggiungibile sulla terra percheacutesi compiragrave solo nella visione di Dio distingue comunque anticipando ciograve che sosterragravein Mon III xv (su cui vd infra) una felicitagrave terrena per la quale sono sufficienti lelaquooperazioni delle morali virtudi raquo e quelle laquodelle virtudi intellettualiraquo da una felicitagraveeterna laquoE cosigrave appare che nostra beatitudine [cio]egrave questa felicitade di cui si parlaprima trovare potemo quasi imperfetta nella vita attiva cioegrave nelle operazioni dellemorali virtudi e poi perfetta quasi nella [vita contemplativa cioegrave] nelle operazionidelle virtudi intellettuali Le quali due operazioni sono vie espedite e dirittissime amenare alla somma beatitudine la quale qui non si puote avere come appare pur perquello che detto egraveraquo

65 Conv IV VI 8 16

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egrave nulla che non provenga da Dio tantomeno lrsquouomo pagano o cri-stiano che sia con il suo laquodesiderio naturaleraquo66 e le sue umane vir-tugrave67 come viene esplicitamente affermato proprio alla fine della ldquocar-rellatardquo dei Romani virtuosi presentata nel Convivio laquoCerto e mani-festo essere dee rimembrando la vita di costoro e delli altri divini cit-tadini non sanza alcuna luce della divina bontade aggiunta sovra laloro buona natura essere tante mirabili operazioni stateraquo (Conv IVv 17)68 Ma esaltare la virtus degli antichi eroi pagani significava co-munque riconoscere alla storia dellrsquoimpero romano un valore indi-pendente da quello della sua successiva regeneratio christiana (a dif-ferenza ad esempio di quanto aveva sostenuto il discepolo di Ago-stino Orosio69 una delle fonti storiche piugrave seguite dallrsquoAlighieri)70 In

66 Giagrave esplicitamente in Conv I I 1 su cui vd ora FALZONE Desiderio della scien-za e desiderio di Dio nel Convivio di Dante cit pp 1-11

67 Si veda ad esempio Conv IV XX passim dove si definisce la vera nobiltagrave dallaquale discendono tutte le altre virtugrave (IV XVIII 1-2 XX 1-2) come quel laquoldquoseme di feli-citaderdquo messo da Dio nellrsquoanima ben postaraquo (IV XX 9) XXI passim (dove si descrivecome la nobiltagrave scende nellrsquouomo laquoprima per modo naturale e poi per modo teolo-gicoraquo (XXI 1) XXII passim (dove si tratta dellrsquolaquoappetito drsquoanimo naturaleraquo che nascelaquodella divina bontade in noi seminata e infusa dal principio della nostra generazio-neraquo) su questi capitoli del IV trattato vd sempre FALZONE Desiderio della scienza edesiderio di Dio nel Convivio di Dante cit pp 28-68 che giustamente osserva comeDante dopo aver sostenuto una concezione di nobiltagrave come specifico dono divinoelargito solo ad alcuni uomini eccezionali (IV XX-XXI) che sarebbero quasi laquoun altroDio incarnatoraquo (IV XXI 10) introduce poi delle precisazioni per cui la nobiltagrave diven-ta una potenza naturale presente in tutti gli uomini che ha bisogno dellrsquoeducazione edellrsquoimpegno per realizzarsi come virtugrave (IV XXI 13-14) laquoCosigrave egrave unrsquoistanza etica omeglio etico-politica a spiegare lrsquoaffermazione nel corpo del capitolo XXII che a nes-suno egrave consentito giustificare la propria mala condotta [hellip] adducendo a pretesto laviltagrave della sua anima poicheacute anche a colui che non abbia ricevuto ldquoda principiordquo il se-me divino (la nobiltagrave) [hellip] quel seme puograve essere innestato nellrsquoanimo per ldquomolta cor-rezione e culturardquo cioegrave attraverso lrsquoeducazione e le leggiraquo (ivi p 67)

68 E che Dante sia convinto di ciograve lo conferma ad esempio il fatto che nel Purga-torio fra i vari esempi di virtugrave contrarie ai peccati puniti nelle varie cornici si ricorre aesempi tratti anche dalla storia pre-cristiana e in particolare nel XX Canto ai vv 25-27 troviamo fra gli esempi di povertagrave opposti allrsquoavarizia accanto a quello di Maria(vv 19-24) e di San Nicola (vv 31-33) quello del Fabrizio giagrave ricordato nel Convivio

69 Cfr eg OROSIO Hist I praef 14 II 3 3-770 Cfr la voce Orosio di A MARTINA (1970) nellrsquoEnciclopedia Dantesca consula-

tabile sul sito httpwwwtreccaniitenciclopediapaolo-orosio_(Enciclopedia-Dan-tesca)

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71 LUC Phars I 95 laquoFraterno primi maduerunt sanguine muriraquo Questa nettadistinzione fra Agostino e Dante riguardo al giudizio sullrsquoimpero non toglie il fattoche il primo abbia profondamente influito sullrsquoAlighieri che piugrave volte lo cita e che inMon III III 13 ne sottolinea esplicitamente lrsquoauctoritas in quanto dottore della Chie-sa ispirato direttamente dallo Spirito Santo Unrsquoutile panoramica sui vari studi che sisono occupati fin dalla fine dellrsquo800 dellrsquoinfluenza di Agostino sullrsquoopera dellrsquoAli-ghieri (anche ma non solo riguardo al pensiero politico dove piugrave marcata egrave la diffe-renza fra i due) in E BRILLI Firenze e il profeta Dante fra teologia e politica RomaCarocci 2012 pp 239-70 Nel volume lrsquoautrice mostrando come il tema della terre-na civitas sia vivo nella tradizione medievale dove diventa piugrave precisamente quellodella civitas diaboli di cui si riconoscono diverse rappresentazioni nella storia anchecontemporanea analizza nellrsquoopera dantesca la civitas diaboli sub specie Florentiae eriguardo al rapporto fra la Commedia e il De civitate Dei conclude che laquoallontanan-dosi Dante su Roma la tradizione agostiniana rimaneva viva nella sua memoria e mu-tatis mutandis Dante riutilizzograve rappresentazioni e argomenti agostiniani per forma-lizzare una materia diversa da quella in riferimento alla quale quelle rappresentazio-ni e quegli argomenti erano (in parte) nati In particolare Dante riutilizzograve il reperto-rio topico e il complesso impianto argomentativo di Agostino contro lrsquoImpero roma-no ai fini della propria polemica contro Firenzeraquo (ivi p 270)

questo modo insieme allrsquoimpero anche la stessa Urbs egrave sottratta auna valorizzazione esclusivamente cristiana alla fine del V capitolodel IV trattato infatti Dante sicuro di aver dimostrato laquoche spezialnascimento e spezial processo da Dio pensato e ordinato fosse quel-lo della santa cittaderaquo afferma laquoCerto di ferma sono oppinione chele pietre che nelle mura sue stanno siano degne di reverenza e losuolo dovrsquoella siede sia degno oltre quello che per li uomini egrave pre-dicato e aprovatoraquo (Conv IV V 20) Queste parole non solo sem-brano capovolgere il giudizio di Agostino che in De civitate XV 5 ri-cordando come allrsquoorigine dellrsquoUrbe vi fosse stato il fratricidio com-piuto da Romolo nei confronti di Remo citava la Pharsalia di Luca-no per ricordare che quelle stesse mura grondavano di sangue fra-terno71 ma affermando che lo laquosuoloraquo dove si trova la laquosanta citta-deraquo egrave laquodegno oltre quello che per li uomini egrave predicato e aprovatoraquosembrano anche voler decisamente correggere quella concezione diRoma (che si era andata affermando a partire dalla fine dellrsquoetagrave an-tica in concomitanza quindi da una parte col declino politico del-la cittagrave e dallrsquoaltra collrsquoascesa della sua importanza religiosa in quan-to sede apostolica) che aveva legato in modo esclusivo la sua ldquove-nerabilitagraverdquo al fatto che il martirio degli apostoli Pietro e Paolo avreb-

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72 Cfr M MACCARONE La concezione di Roma cittagrave di Pietro e Paolo da Damasoa Leone I in Roma Costantinopoli Mosca Atti del I Seminario Internazionale di Stu-di Storici ldquoDa Roma alla terza Romardquo 21-23 aprile 1981 Napoli Edizioni Scientifi-che Italiane 1983 pp 63-85 e in particolare p 63 laquoLa Roma christiana non egrave una Ro-ma cristianizzata come poteva dirsi di ogni cittagrave del mondo greco-romano Vieneconcepita e proposta come una Roma non contrapposta alla Roma classica e imperialema che ad essa subentra e che la supera a motivo dei nuovi titoli che possiede Egrave in-fatti diversa e nuova rispetto alla vecchia Roma sia per la sua origine fatta derivaredagli Apostoli Pietro e Paolo sia per il suo nuovo volto di cittagrave santuario dei cristia-ni che ha modificato la stessa topografia urbana sia soprattutto percheacute in essa risie-de e svolge la sua azione universale la sedes apostolicaraquo Ed egrave interessante osservaresempre con MACCARONE (ivi p 72) che giagrave Rutilio Namaziano nel 417 ricordandoi limina sacra dei templi pagani che egrave andato a visitare a Roma prima della partenzaper il ritorno nella sua terra natia (De red suo I 43-46) sembri tacitamente rivendicarela sacralitagrave tradizionale dellrsquoUrbe rispetto a quella nuova dei limina apostolorum PerDante invece la ldquosacralitagraverdquo pagana e quella cristiana di Roma non sono in contrad-dizione come ben si capisce anche da Inf II 20-27 ad Enea scelto dal cielo come pa-dre laquode lrsquoalma Roma e di suo imperoraquo fu permessa la discesa agli Inferi in funzionedella laquosua vittoriaraquo e quindi dellrsquoimpero ma anche in funzione laquodel papale amman-toraquo La ldquocristianizzazionerdquo di Roma non egrave quindi una rifondazione che pone una ori-gine diversa da quella della precedente storia pagana dellrsquoUrbe percheacute proprio quel-la storia egrave stata voluta da Dio non solo per lrsquoaffermarsi dellrsquoimpero ma anche percheacuteRoma diventasse laquolo loco santo ursquo siede il successor del maggior Pieroraquo

be non solo fondato il primato della Chiesa di Roma ma quasi ldquori-fondatordquo ex-novo la cittagrave stessa 72

Cosigrave proprio alla fine della digressione sullrsquoimpero romano (cheal di lagrave della logica argomentativa con cui viene introdotta ben sicolloca lo ripetiamo in questo IV trattato del Convivio dedicato aunrsquoetica autonoma nel senso precisato sopra rispetto ad ogni finetrascendente) si riconosce a Roma un valore che se egrave sicuramenteimprescindibile da quella laquodivina bontaderaquo che ha reso possibililaquotante mirabili operazioniraquo (Conv IV V 17) non lo egrave altrettanto equesto saragrave il tema esplicito della Monarchia da quel papato checongiungendo laquola spada col pasturaleraquo (Purg XVI 109-10) ha prete-so lrsquoldquoesclusivardquo sulla cittagrave eterna

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73 Secondo Dante infatti laquoAristotele quando diceva che non puograve essere del tut-to falso ciograve che pare vero ai piugrave intendeva certamente riferirsi al giudizio fondato sul-la ragione e non a quello che egrave frutto della sola apparenza sensibile Perciograve chi con-traddice lrsquoopinione del ldquovolgordquo non contrasta affatto la sua autoritagrave ma anzi la con-ferma e lrsquoonoraraquo VASOLI Introduzione cit p XLIII Ma vd anche supra n 7

13 laquoQuesto ufficiale posto di cui si parla cioegrave lo Imperadoreraquo(Conv IV IX 8)

Prima di passare allrsquoanalisi della Monarchia ricordiamo lrsquoargo-mentazione generale in cui si collocano questi capitoli che abbiamoanalizzato percheacute ciograve permette dopo aver osservato il valore attri-buito allrsquoimpero romano di specificare in esso la concezione della fi-gura imperiale Dante ha inteso dimostrare come lrsquoimperatore Fe-derico II non debba essere seguigraveto per quanto riguarda la definizio-ne della nobiltagrave ma non volendo con questa dimostrazione indurrelrsquoerrore di mettere in discussione la necessitagrave e la bontagrave dellrsquoimperoha ritenuto necessario in via preliminare ribadirne il valore (Conv IVIV-V) Dopo aver in modo analogo dedicato il VI capitolo a ribadireil valore dellrsquoautoritagrave e dellrsquoeccellenza di Aristotele fra tutti i filoso-fi nel VII afferma che egrave errata lrsquoopinione del volgo che ritiene la no-biltagrave legata alla stirpe mentre nel capitolo VIII dopo aver dimostra-to come la confutazione di questa communis opinio non sia in real-tagrave in contraddizione con il pensiero aristotelico che affermava nonpoter essere del tutto falso ciograve che pare vero ai piugrave73 asserisce che ta-le confutazione non egrave nemmeno un atto laquocontro la reverenza de loImperioraquo (Conv IV VIII 10) in quanto nel caso della definizione del-la nobiltagrave lrsquouomo non egrave laquodebitamente a la imperiale maiestagrave subiet-toraquo (Conv IV VIII 16) Tale affermazione per essere dimostrata ri-chiede ed egrave lrsquoargomento del IX capitolo la definizione degli ambitidi competenza e quindi dei limiti dellrsquoesercizio dellrsquoautoritagrave impe-riale questa laquoa perfezione dellrsquoumana vita fu trovataraquo e per questolaquoella egrave regolatrice e rettrice di tutte le nostre operazioni giusta-menteraquo (Conv IV IX 1) ma come tutto nella terra ha fine anchequesta autoritagrave ha un limite che le egrave posto da Dio (Conv IV IX 2-3)essendo chiamata a regolare non tutte le operazioni umane ma so-lo quelle che si possono realmente definire laquonostreraquo in quanto laquosu-biacciono alla ragione e alla volontade cheacute se in noi egrave lrsquooperazione

digestiva questa non egrave umana ma naturaleraquo (Conv IV IX 4) Inoltreanche riguardo alle ldquooperazioni razionalirdquo alcune74 sono sottopostealla nostra volontagrave solo nel senso che sono oggetto della nostra con-siderazione speculativa (che come tutte le attivitagrave umane egrave volonta-ria) ma non lo sono di per seacute percheacute non ne dipendono laquocheacute per-cheacute noi volessimo che le cose gravi salissero per natura suso e per-cheacute noi volessimo che rsquol silogismo con falsi principii conchiudesseveritade dimostrando e percheacute noi volessimo che la casa sedesse co-sigrave forte pendente come diritta non sarebbe perograve che di queste ope-razioni non fattori propiamente ma li trovatori semo altri lrsquoordinogravee fece maggiore fattoreraquo (Conv IV IX 6) altre ldquooperazionirdquo invececome laquooffendere e giovare [hellip] star fermo e fuggire alla battaglia[hellip] stare casto e lussuriare [hellip] del tutto suggiacciono alla nostravolontade e perograve semo detti da loro buoni e rei perchrsquoelle sono pro-pie nostre del tuttoraquo (Conv IV IX 7) In queste bisogna osservarelrsquolaquoequitaderaquo (Conv IV IX 8) ma siccome ci si puograve allontanare daquesta non solo volontariamente ma

per non sapere quale essa si sia [hellip] trovata fu la ragione scritta per mo-strarla e per comandarla [hellip] E perograve egrave scritto nel principio del Vecchio Di-gesto laquoLa ragione scritta egrave arte di bene e drsquoequitaderaquo A questa scrivere mo-strare e comandare egrave questo ufficiale posto di cui si parla cioegrave lo Impera-dore al quale tanto quanto le nostre operazioni propie che dette sono sistendono siamo subietti e piugrave oltre no (Conv IV IX 8-9)

laquoE piugrave oltre noraquo con questa limitazione si rivendica quindiunrsquoldquoautonomia del sapere dal potererdquo grazie alla quale si potragrave li-beramente procedere nei successivi capitoli del IV trattato ad ar-gomentare filosoficamente una ldquoverardquo definizione di nobiltagrave Lrsquoam-bito dellrsquoautoritagrave imperiale egrave invece un altro quello della laquoragionescrittaraquo ovvero lo abbiamo visto del diritto romano75 ed egrave compi-

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74 Quelle elencate in Conv IV IX 5 laquocheacute operazioni sono che ella solamente con-sidera e non fa neacute puograve fare alcuna di quelle sigrave come sono le cose naturali e le sopra-naturali e le matematice e operazioni che essa considera e fa nel propio atto suo lequali si chiamano razionali sigrave come sono arti di parlare e operazioni sono che ella con-sidera e fa in materia di fuori di seacute sigrave come sono arti meccaniceraquo

75 Vd supra n 32 E cosigrave era stato infatti definito dai giuristi dei secoli XII-XIIIper i quali laquolrsquoesigenza [hellip] di un diritto universalmente valido la si sentiva giagrave sod-

to specifico dellrsquoimperatore formulare promulgare e far osservarequesto diritto secondo quanto Dante aveva precedentemente affer-mato nel passo sopra riportato del Convivio laquoquello che elli [scillrsquoimperatore] dice a tutti egrave legge e per tutti dee essere obedito eogni altro comandamento da quello di costui prendere vigore e au-toritaderaquo (Conv IV IV 7) Questa idea di un potere legislativo che ap-partiene specificatamente allrsquoimperatore si trovava come abbiamogiagrave osservato nel Corpus giustinianeo76 tanto che lrsquoimperatore veni-va ad identificarsi con la lex (laquolex animataraquo)77 identificazione que-sta largamente presente anche nella giurisprudenza medievale78 Ma

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disfatta dal diritto dellrsquoImpero che era lo stato universale [hellip] Per di piugrave il diritto ro-mano nella sistemazione giustinianea possedeva oggettivamente un aspetto tale dicompletezza e di perfezione da poter essere accettato come il Diritto per antonoma-sia ciograve che fu detto lsquoratio scriptarsquoraquo G FASSOgrave Storia della filosofia del diritto I Anti-chitagrave e medioevo Roma-Bari Laterza 2004 p 178 Ma cfr anche P FIORELLI Sulsenso del diritto nella laquoMonarchiaraquo in laquoLetture classensiraquo 16 1987 pp 88-90 doveattraverso lrsquoetimologia della parola ragione (ratio) si ricostruisce la storia del laquocon-guaglio tra ragione e iusraquo

76 Cfr anche Cod 114121 (Imperator Justinianus) laquoQuid enim maius quidsanctius imperiali est maiestate vel quis tantae superbiae fastidio tumidus est ut re-galem sensum contemnat cum et veteris iuris conditores constitutiones quae ex im-periali decreto processerunt legis vicem obtinere aperte dilucideque definiuntraquo

77 Cfr Nov 105 2 4 laquoOmnibus enim a nobis dictis imperatoris excipiatur for-tuna cui et ipsas deus leges subiecit legem animatam eum mittens hominibusraquo Lrsquoesi-genza di persone che interpretino e incarnino la legge era giagrave stata affermata nel pen-siero filosofico greco (PLATONE Politico 293d-294c e ARISTOTELE Pol III 1284a) e aquesta tradizione accademico peripatetica aveva probabilmente attinto Cicerone nelDe legibus nel passo dove aveva affermato laquoVidetis igitur magistratus hanc esse vimut praesit praescribatque recta et utilia et coniuncta cum legibus Ut enim magistra-tibus leges ita populo praesunt magistratus vereque dici potest magistratum legemesse loquentem legem autem mutum magistratumraquo (De leg III 2) cfr F FONTANEL-LA Politica e diritto naturale nel De legibus di Cicerone Roma Edizioni di Storia eLetteratura 2012 p 80 e note La dottrina del νόμος ἔμψυχος si era perograve affermatapiugrave precisamente nellrsquoambito delle monarchie ellenistiche in connessione col potereregale ed era stata poi ripresa nel IV secolo da Temistio nelle sue orazioni (eg cfr OrV 2 64b con particolare riferimento a Teodosio XVI 212d XIX 228a)

78 Per la recezione e lo sviluppo dellrsquoidea del monarca come lex animata che si so-vrappone a partire dai secoli XII-XIII a quella del re come typus Christi predomi-nante nei secoli precedenti risulta sempre particolarmente utile e interessante la do-cumentazione e la relativa analisi in KANTOROWICZ I due corpi del re cit il capitoloIV La regalitagrave giuricentrica pp 76-165 e specialmente le pp 109-23

in questo IX capitolo del IV trattato Dante accoglie anche una defi-nizione di Ulpiano che a sua volta cita Celso e che si trova proprionellrsquoincipit del Digesto (Dig 111 pr1 laquoIuri operam daturum priusnosse oportet unde nomen iuris descendat Est autem a iustitia ap-pellatum nam ut eleganter Celsus definit ius est ars boni et aequiraquo)79colla quale attraverso la parola aequitas si collega il ius romano a unfondamento giusnaturalistico80 lrsquoAlighieri conferma cosigrave chiara-mente di intendere il diritto romano come la piugrave alta e perfetta for-ma della legge espressione del ius naturae e pertanto del vertice del-la ragione umana laquoragione scrittaraquo81 Il pensiero medievale aveva ri-preso e tentato di risolvere proprio attraverso il ricorso al dirittonaturale quella antinomia fra un laquoprinceps imago aequitatisraquo maallo stesso tempo laquoservus aequitatisraquo (cosigrave nel Policraticus di Gio-vanni di Salisbury)82 ovvero laquoiustitiae pater et filius dominus et mi-nisterraquo (cosigrave nel Liber augustalis pubblicato da Federico II)83 che

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79 Tale definizione nellaMonarchia (II V 1) saragrave considerata una laquodescriptioraquo in-sufficiente a definire il diritto in quanto laquonon dicit quod quid est iuris sed describitillud per notitiam utendi illoraquo ma su questo passo vd infra

80 Il passo egrave ampiamente discusso e interpretato in questo senso in A SCHIAVO-NE Ius Lrsquoinvenzione del diritto in Occidente Torino Einaudi 2005 pp 361-71 e no-te alle pp 488-95 Cfr anche V MAROTTA Iustitia vera philosophia e natura Una no-ta sulle Institutiones di Ulpiano in Testi e problemi del giusnaturalismo romano a cu-ra di D Mantovani e A Schiavone Pavia IUSS Press 2007 pp 563-601 e FONTA-NELLA Politica e diritto naturale nelDe legibus di Cicerone cit pp 115-32 In parti-colare proprio sulla recezione dantesca dellrsquoaequitas classica in questo passo del Con-vivio e in Mon II V 1-2 si veda R RUGGIERO Una definizione del diritto in Del no-mar parean tutti contenti Studi offerti a Ruggiero Stefanelli a cura di P GuaragnellaMB Pagliara P Sabbatino L Sebastio Bari Progredit 2011 pp 142-62 pp 148-53

81 Cfr la voce Diritto Romano di F CANCELLI (1970) nellrsquoEnciclopedia Dantescaconsultabile sul sito httpwwwtreccaniitenciclopediadiritto-romano_(Enciclo-pedia-Dantesca)

82 I passi sono riportati e commentati da KANTOROWICZ I due corpi del re cit pp82-84

83 Ivi pp 84-93 con fonti Per quanto riguarda gli appellativi di iustitiae dominuse pater ricordiamo che nellrsquoantico impero da Augusto fino allrsquoetagrave degli Antonini lastoriografia giudica positivamente quegli imperatori che avevano rifiutato lrsquoappella-tivo latino di dominus (SVET Aug 53 Tib 27 TAC Ann II 87 XII 11) e quindi lrsquoar-bitrarietagrave assoluta del potere imperiale particolarmente significativo per lrsquoargomen-to che ci interessa quel passo del Panegirico di Plinio a Traiano dove dopo aver as-

trovava anchrsquoessa il suo precedente nel codice giustinianeo nellrsquoan-tinomia fra un laquoprinceps legibus solutusraquo ma allo stesso tempo laquole-gibus alligatusraquo84 La soluzione egrave cosigrave sintetizzata da Egidio Roma-

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serito che laquosunt diversa natura dominatio et principatusraquo (Paneg 45) leggiamo laquoip-se te legibus subiecisti legibus Caesar quas nemo principi scripsit Sed tu nihil am-plius vis tibi licere quam nobis sic fit ut nos tibi plus velimus Quod ego nunc pri-mum audio nunc primum disco non est princeps supra leges sed leges supra prin-cipemraquo (Paneg 65 1-3) Dopo Costantino invece unrsquoiscrizione celebra ValentinianoI come laquolegum domino Romanorum iustitiae aequitatisque rectoriraquo (ILS 765) men-tre nelle Novellae (124) Giustiniano si proclameragrave laquolegis paterraquo

84 La stessa idea dellrsquoimperatore come laquolex animataraquo poteva comportare lrsquoideadella sua superioriagrave rispetto alle leggi (cosigrave in Nov 10524 riportata supra alla n 77)in modo conforme allrsquoimmagine di un laquoprinceps legibus solutusraquo di cui si puograve giagravetrovare traccia in una clausola della Lex de imperio Vespasiani (clausola da noi cono-sciuta solo attraverso la famosa epigrafe esposta nel 1347 nella Basilica di San Gio-vanni in Laterano da Cola di Rienzo) che prevedeva che limitatamente alle leggi e aiplebisciti che non avevano vincolato Augusto Tiberio e Claudio laquoiis legibusque sci-tis imp(erator) Caesar | Vespasianus solutus sitraquo (FIRA I15 ll 24-25) Tale clausolaldquodiscrezionalerdquo egrave comunque ancora ben lontana dalla massima piugrave generale del laquoprin-ceps legibus solutusraquo che si trova invece attestata dallrsquoetagrave severiana anche se in pas-si di cui si discute se il riferimento non sia invece cosigrave generale ma piuttosto anche inquesti casi rivolto a situazioni specifiche ad es in Dig 1331 (Ulpianus 13 ad l iulet pap) dove si riporta un passo di Ulpiano che si riferisce alle leges Iulia et Papia chelimitando alcune capacitagrave giuridiche dei celibi o dei coniugati senza figli facevanoeccezione per il principe che si trovasse in queste condizioni laquoPrinceps legibus solu-tus est augusta autem licet legibus soluta non est principes tamen eadem illi privile-gia tribuunt quae ipsi habentraquo Inoltre la raccolta giustinianea riporta anche quei pas-si in cui si cita questo principio per affermare perograve che non egrave opportuno applicarlocome ad esempio in Cod 6233 (Imperator Alexander Severus) laquolicet enim lex im-perii sollemnibus iuris imperatorem solverit nihil tamen tam proprium imperii est utlegibus vivereraquo (dove con laquolex imperiiraquo ci si riferiragrave probabilmente sempre alla laquolexregiaraquo) Ma cfr anche Dig 3223 (Paulus 5 sent) laquodecet enim tantae maiestati eas ser-vare leges quibus ipse solutus esse videturraquo e Inst 2178 laquosecundum haec divi quo-que Severus et Antoninus ndash (scil Settimio Severo e Caracalla) ndash saepissime rescripse-runt ldquolicet enimrdquo inquiunt ldquolegibus soluti sumus attamen legibus vivimusrdquoraquo E an-cora dopo Costantino pur se lrsquoimperatore diventa in modo quasi esclusivo legislato-re e interprete delle norme la famosa digna vox del 429 affermeragrave laquoDigna vox maie-state regnantis legibus alligatum se principem profiteri adeo de auctoritate iuris no-stra pendet auctoritas et re vera maius imperio est submittere legibus principatumraquo(Cod 1144 [Imperatores Theodosius Valentinianus]) cfr L DE GIOVANNI Il prin-cipe e la legge dalla lex de imperio Vespasiani al mondo tardoantico in La lex deImperio Vespasiani e la Roma dei Flavi cit pp 219-30

no nel suo De regimine principum (dove in I II 12 egrave ripresa anche ladefinizione del laquoprincepsraquo come laquoanimata lexraquo) laquoSciendum est re-gem et quemlibet principantem esse medium inter legem naturalemet positivam [hellip] Quare positiva lex est infra principantem sicut lexnaturalis est supra et si dicatur legem aliquam positivam esse supraprincipantem hoc non est ut positiva sed ut in ea reservatur virtusiuris naturalisraquo (III II 29)85 E poco prima Federico II proprio in ri-ferimento alle sue prerogative imperiali aveva affermato nella X As-sise di Capua laquoSed quamquam soluta imperialis a quibuscumquelegibus sit maiestas sic tamen in totum non est exempta iudicio ra-tionis que iuris est materraquo86 Lrsquoimperatore del Convivio si collocaquindi in questa tradizione del pensiero filosofico e giuridico me-dievale secondo la quale lrsquoimperatore egrave signore e artefice della leg-ge positiva ma in quanto nellrsquoesercizio di tale prerogativa segue lalegge naturale in modo da essere piugrave ldquoinventorerdquo (nel senso di ldquosco-pritorerdquo) che ldquocreatorerdquo del diritto

LrsquoAlighieri sembra perograve compiere unrsquoulteriore passo ricono-scendo alla laquofilosofica autoritaderaquo un ruolo specifico nellrsquoldquoinvenzio-nerdquo di questo diritto espressione della ratio naturale nei capitoli do-ve si era dimostrata la massima autoritagrave di Aristotele in campo filo-sofico in quanto laquola perfezione di questa moralitade per Aristotileterminata fueraquo (Conv IV VI 16) si era infatti concluso che laquonon re-pugna [la filosofica] autoritade alla imperiale ma quella sanza que-sta egrave pericolosa e questa sanza quella egrave quasi debile non per seacute maper la disordinanza della gente sigrave che lrsquouna collrsquoaltra congiunta uti-lissime e pienissime sono drsquoogni vigoreraquo (Conv IV VI 17) quasi a di-re che laquola Filosofia ha bisogno dellrsquoimpero per regolare efficacementei costumiraquo ma laquolrsquoimpero ha bisogno della filosofia per sapere comeregolare i costumi secondo giustizia e veritagraveraquo87 Nella Monarchia do-

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85 KANTOROWICZ I due corpi del re cit pp 116-18 con altre fonti86 Citato ivi a p 92 dove si osserva che laquoEra una dottrina non priva di rischi

poicheacute lrsquointerpretazione della ragione poteva facilmente dipendere solo dal principe[hellip] tuttavia nella filosofia giuridica essa manteneva ancora le sembianze di una deandash una manifestazione della natura eguale a Dioraquo (ivi p 93) Ma cfr anche la voce As-sise di Capua (Federiciana 2005) a cura di A CERNIGLIARO consultabile nella edizio-ne online dellrsquoEnciclopedia Treccani (httpwwwtreccaniitenciclopediaassise-di-capua_(Federiciana))

87 GILSON Dante e la filosofia cit p 138

ve si riconosceragrave esplicitamente allrsquoimperatore il compito di condur-re laquosecundum phylosophica documenta genus humanum ad tempo-ralem felicitatemraquo (Mon III XV 10) Dante sembreragrave vagheggiare so-lo la figura dellrsquoimperatore-filosofo88 qui nel Convivio si contemplainvece anche la figura del filosofo-consigliere del principe come ri-sulta nellrsquoapostrofe rivolta ai regnanti contemporanei allrsquoAlighierilaquoOh miseri che al presente reggete e oh miserissimi che retti sietecheacute nulla filosofica autoritade si congiunge colli vostri reggimenti neacuteper propio studio neacute per consiglioraquo (Conv IV VI 19)

Lrsquoidea del filosofo-consigliere egrave vecchia almeno quanto Platonee per la sua attuazione quasi mai felice basti pensare allrsquoesempiodello stesso Platone con Dione e Dionigi di Siracusa o a quello diAristotele con Alessandro Magno o ancora a quello di Seneca conNerone e cosigrave via mentre per la figura dellrsquoimperatore filosofo ri-cordo come caso esemplare del mondo antico quello di Marco Au-relio Il fatto perograve che nel Convivio si auspichi la ldquocongiunzionerdquodella filosofia con un imperatore connotato prevalentemente in rap-porto al ius non puograve non richiamare alla mente Cicerone questinon solo aveva auspicato e in un certo senso ldquoincarnatordquo la figura delpolitico-filosofo89 ma nel De legibus dopo aver identificato la lexcon quella ratio naturale che coincide con la mens del sapiens90 ave-va affermato che proprio per questo solo il sapiens puograve riconosceree interpretare questa legge suprema (De leg I 19 62 II 8) ed inquanto sapiens aveva nel suo trattato ldquoscopertordquo ed enunciato le leg-gi conformi al ius naturae91 Dante quasi sicuramente non conosce-va il De legibus92 ma il pensiero ciceroniano trovava immediato ri-

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88 Fatta eccezione per il ldquofinalerdquo della Monarchia (III XV 18) su cui vd infra (macfr sempre infra anche n 105)

89 Cfr eg CIC Fam XV 16 (del 51 aC) in cui lrsquoautore parlando di seacute e di Ca-tone afferma laquosoli [hellip] nos philosophiam veram illam et antiquam [hellip] in forum at-que in rem publicam atque in ipsam aciem paene deduximusraquo

90 De Leg II 11 laquoilla lex [hellip] est enim ratio mensque sapientis ad iubendum etad deterrendum idonearaquo cfr anche De leg I 18-19 II 8

91 Cfr FONTANELLA Politica e diritto naturale nelDe legibus di Cicerone cit pp13-14

92 I piugrave antichi codici del De legibus a noi pervenuti furono scritti in Francia a me-tagrave del IX secolo e custoditi nellrsquoabbazia di Corbie cfr P CHIESA Adoardo di Corbiee i lettori del lsquoDe legibusrsquo in etagrave carolingia in Cicerone e il diritto nella storia drsquoEuro-

scontro nella giurisprudenza romana dato che giagrave con Servio Sul-picio Rufo (giurista contemporano di Cicerone) e successivamentecon Labeone (giurista di etagrave augustea) si era realizzato laquoun punto digiuntura fra la tradizione retorico filosofica e il lavoro dei giuristi ilparadigma giusnaturalistico [hellip] sarebbe diventato da allora in poi[hellip] uno dei fili di trama della loro riflessione fino alla definitivaconsacrazione ulpianearaquo93 quando i giuristi non potendo piugrave com-petere col princeps nella creazione del ius ne assumono perograve unasorta di ldquocontrollordquo misurando e confermando i contenuti della le-gislazione in riferimento a un criterio di giustizia naturale e quindiuniversale applicabile a tutto lrsquoimpero94 Per questo aveva sostenu-to Ulpiano proprio di seguito al passo in cui riporta la definizione diius data da Celso laquocrsquoegrave chi a ragione ci chiama sacerdotesraquo95 in quan-

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pa Atti del XIII Colloquium Tullianum Milano 27-29 marzo 2008 in laquoCiceronianaraquons XIII 2009 pp 101-16 Da Corbie il trattato si diffuse in Francia nella Germaniameridionale e in Inghilterra ma per la sua diffusione in Italia dobbiamo attendere ilPetrarca che conosce (e cita Fam II 2 1 6 19 XXIV 4 14) un testo che discende daunrsquoedizione del XII secolo in parte indipendente da quella dei codici di Corbie cfrAR DYCK A commentary on Cicero De legibus Ann Arbor The University of Mi-chigan Press 2004 pp 41-42 Mi parebbe quindi una pura illazione in assenza di al-tri riscontri supporre che Dante avesse conosciuto il testo in Francia sempre am-messo che si accetti come veritiera la notizia del viaggio del poeta a Parigi tramanda-ta da Boccaccio nel Trattatello in laude di Dante

93 SCHIAVONE Ius cit p 264 Ma cfr anche G FALCONE La lsquovera philosophiarsquo deilsquosacerdotes iurisrsquo Sulla raffigurazione ulpianea dei giuristi (D1111) in laquoAnnali del se-minario giuridico della Universitagrave di Palermoraquo 49 2004 (consultabile allrsquoindirizzowwwarchaeogateorgstorageFalcone1pdf) dove proprio riguardo al passo di Ul-piano riportato in Dig1111 (che riporto infra alla n 96) si ipotizza un rapporto colDe legibus di Cicerone che non si ridurrebbe a laquouna generica ispirazione o [hellip] echidi alcune idee che espresse nello scritto ciceroniano si sono sedimentate nella com-plessiva cultura di Ulpiano Piuttosto il giurista severiano dovette avere costantemen-te davanti agli occhi il De legibus come apposito modello e organizzare la propria scrit-tura esattamente (staremmo per dire fedelmente) sulla falsariga del testo di Ciceroneraquop 41 del pdf lrsquoargomentazione di questa ipotesi occupa tutte le pp 42-69

94 SCHIAVONE Ius cit pp 361-8995 laquoAl riguardo in aggiunta allrsquoeventualitagrave che Ulpiano riproponga piugrave o meno

consapevolmente lrsquooriginaria attribuzione del sapere e dellrsquooperare giuridici ai pon-tefici egrave possibile richiamare con la generalitagrave degli studiosi le parole dello stesso Ul-piano lsquosanctissima civilis sapientiarsquo e lsquoingressus sacramentirsquo o la qualifica lsquoantistes iu-risrsquo da parte di Quintiliano (Inst or XI 69) o ancora lrsquoesistenza di unrsquoepigrafe recan-

to laquoveneriamo la giustizia [hellip] aspirando se non sbaglio alla vera enon alla falsa filosofiaraquo96 Come osserva Schiavone laquoCicerone avevaa suo tempo cercato di fondare il diritto romano ex intima philoso-phia e Ulpiano stesso doveva averlo avuto ben presenteraquo nel suo ten-tativo di assimilare la propria dottrina alla filosofia in modo da tra-smettere laquolrsquoidea [hellip] che esistesse un rapporto profondo e privile-giato fra ricerca della giustizia e raggiungimento della veritagrave e che igiuristi fossero i custodi per eccellenza di questo legameraquo97 I gran-di giuristi dellrsquoetagrave dei Severi avevano quindi rivendicato a seacute questoruolo di sacerdotes del diritto prima che a partire dallrsquoetagrave costanti-niana gli imperatori diventassero non solo legislatori ma anche in-terpreti della legislazione98 La giurisprudenza medievale aveva bencompreso e fatto proprio questo ruolo di sacerdotes degli antichi giu-risti romani99 ma anche in etagrave medievale presto si dedusse che laquociograveche si confaceva ai giudici si confaceva anche al principe che do-po tutto era a capo della gerarchia giuridicaraquo100 per cui questo ran-

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te proprio lrsquoespressione lsquosacerdos iurisrsquo (CIL VI 2250)raquo FALCONE La lsquovera philoso-phiarsquo dei lsquosacerdotes iurisrsquo cit n 111

96 Cfr il giagrave citato Dig 111 pr (Ulpianus 1 inst) insieme a Dig 1111 (Ulpia-nus 1 inst) laquoIuri operam daturum prius nosse oportet unde nomen iuris descendatEst autem a iustitia appellatum nam ut eleganter Celsus definit ius est ars boni et ae-qui Cuius merito quis nos sacerdotes appellet iustitiam namque colimus et boni et ae-qui notitiam profitemur aequum ab iniquo separantes licitum ab illicito discernentesbonos non solum metu poenarum verum etiam praemiorum quoque exhortatione ef-ficere cupientes veram nisi fallor philosophiam non simulatam affectantesraquo

97 SCHIAVONE Ius cit pp 370-71 98 Per la lsquoldquosvolta costantinianardquo cfr D MANTOVANI Il diritto da Augusto al Theo-

dosianus in E GABBA-D FORABOSCHI-D MANTOVANI-E LO CASCIO-L TROIANI In-troduzione alla storia di Roma Milano LED 1999 pp 465-534 pp 505-23 e egCod 1141 (Imperator Constantinus) laquoInter aequitatem iusque interpositam inter-pretationem nobis solis et oportet et licet inspicereraquo Cod 114123 (Imperator Ju-stinianus) laquoDefinimus autem omnem imperatoris legum interpretationem sive in pre-cibus sive in iudiciis sive alio quocumque modo factam ratam et indubitatam haberiSi enim in praesenti leges condere soli imperatori concessum est et leges interpreta-ri solum dignum imperio esse oportetraquo E infatti anche se al di fuori dellrsquoambito giu-ridico Simmaco nella famosa lettera a Teodosio riguardante lrsquoaltare della Vittoriachiama gli imperatori laquoiustitiae sacerdotesraquo (Ep X 3 15)

99 Fonti in KANTOROWICZ I due corpi del re cit pp 103-107 e 119-20100 Ivi p 107

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go di sacerdos venne anche trasferito ai principes101 La posizione del-lrsquoAlighieri nel Convivio appare invece piugrave vicina a quella sostenutadai giuristi dellrsquoetagrave severiana che a quella delle etagrave successive il ruo-lo specifico assegnato alla filosofia nei confronti dei governanti com-pleta infatti il riferimento alla prima parte del passo di Ulpiano e aicompiti giuridici dellrsquoimperatore in modo molto simile a ciograve che que-sti giuristi avevano sostenuto102 Cosigrave in unrsquoopera che ha come in-tento dichiarato quello di laquofare un generale convivioraquo delle bricioledi quel sapere che laquotutti li uomini naturalmente desideranoraquo (ConvI I 1) ma da cui per laquodiverse cagioniraquo possono essersi tenuti lontano(Conv I I 2-6) Dante sembra includere fra questi uomini anche chidovrebbe trovarsi al vertice del potere politico103 lrsquoimperatore ri-cordando innanzitutto che il suo potere si fonda sul diritto ovverosu una prerogativa che ne delimita lrsquoambito in quanto esistono altriambiti da lui indipendenti come quello ldquofilosoficordquo della definizio-ne della nobiltagrave poi che questo diritto egrave quella laquoragione scrittaraquo dicui egli dovrebbe essere piuttosto lrsquoinventore (nel senso dello sco-pritore) che il creatore e infine che anche in tale laquoinvenzioneraquo sa-rebbe pericoloso prescindere dalla laquofilosofica autoritaderaquo o per me-glio dire cosigrave come egrave stato osservato a proposito del passo di Ul-piano sopra ricordato laquoil sovrano poteva legiferare come gli piace-va [hellip] ma il controllo sulla corrispondenza dei suoi provvedimen-ti alla veritagrave e alla giustizia [hellip] non si trovava nelle sue mani nongli appartenevaraquo104 E questo controllo nel Convivio non spetta al

101 Ivi pp 107-109 102 E la vicinanza appare ancora piugrave evidente se si tiene conto del carattere es-

senzialmente etico che la filosofia riveste per Dante nel IV trattato del Convivio (vdsupra) e del fatto che nella contrapposizione ulpianea fra vera e falsa philosophia si ri-specchia molto probabilmente una contrapposizione risalente almeno a Platone eben presente laquonei circuiti intellettuali di I e II secolo [hellip] tra la riflessione etica chesi occupa tra gli altri temi della iustitia e dellrsquoaequitas e che egrave qualificata lsquovera phi-losophiarsquo e la dialettica fine a se stessa la sofistica una riflessione che anzicheacute ci-mentarsi con lrsquohonestum e con le virtutes egrave impegnata nelle cavillationes e nei sillogi-smi e perciograve della filosofia reca solo il nomeraquo FALCONE La lsquovera philosophiarsquo dei lsquosa-cerdotes iurisrsquo cit p 24 del pdf

103 Drsquoaltronde fra le ragioni che impediscono di dedicarsi alla sapienza Dante ri-corda proprio la laquocura civileraquo Conv I I 4

104 SCHIAVONE Ius cit p 378

giurista ma piuttosto a chi come lrsquoAlighieri laquofuggito della pasturadel vulgoraquo (Conv I I 10) si egrave innamorato di quella laquobellissima e one-stissima figlia dello Imperadore dellrsquouniverso alla quale Pittagorapuose nome Filosofiaraquo (Conv II XV 12)105

2 La Monarchia

Nella Monarchia (la cui datazione tuttora discussa egrave collocabi-le in un periodo che va dal 1308 fino al 1317-1318)106 lrsquoautore vo-

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105 Egrave interessante osservare come ha mostrato recentemente U CARPI LrsquoInfernodei guelfi e i principi del Purgatorio Milano Franco Angeli 2013 che ciograve che Dantescrive nel Convivio egrave profondamente legato allrsquoesperienza da lui vissuta nellrsquoesilioquando laquopovero e sbandato quanto si voglia inibito a scrivere dalle condizioni og-gettive e dal proprio stesso disorientamento [hellip] nelle sue dolorose pereginazioni eventurose evenienze [hellip] egrave venuto maturando sugli oggettivi fatti istituzionali e so-ciali culturali in cui si imbatte una riflessione politica sistematica tesa a ristabilire unpunto di vista e a ricomporre un quadroraquo (p 69) Cosigrave da una parte questa riflessionepolitica lo porta a teorizzare non la laquonegazione delle realtagrave politiche attuali regni co-muni feudalitagrave signorie ma la loro integrazione gerarchica dentro lrsquounitagrave imperialecon centro nella curia di Romaraquo (ibidem) dallrsquoaltra per citare un esempio partico-larmente pertinente al ruolo ldquopoliticordquo che Dante attribuisce alla filosofia nel IV trat-tato del Convivio lrsquoesperienza del 1306 alla corte di Morello Malaspina (a cui egrave rivoltalrsquoEpistola IV con cui accompagna la canzone Amor da che convien pur chrsquoio mi doglia)laquovale come concreto caso significativo e realizzatosi in curia minore del principiosecondo cui autoritagrave politica e autoritagrave filosofica sono inscindibili declinato cosigrave almassimo livello giurisdizionale ldquoCongiungasi la filosofica autoritade con la imperia-le a bene e perfettamente reggererdquoraquo (ivi p 74) Vedremo subito come anche nella Mo-narchia Dante assuma questo ruolo di laquoautoritagrave filosoficaraquo ruolo che nellrsquoapostrofeconclusiva del trattato eserciteragrave in modo esplicito e diretto nei confronti dellrsquoimpe-ratore (Mon III XV 18 su cui vd infra) Da osservare ancora che nellrsquoEpistola a Can-grande con la quale dedicheragrave il Paradiso al signore di Verona lrsquoAlighieri si include-ragrave fra coloro che laquointellectu ac ratione degentes [hellip] non ipsi legibus sed ipsis legespotius diriganturraquo (Ep XIII i 7)

106 Per uno status quaestionis con relativa discussione delle motivazioni delle va-rie datazioni si puograve recentemente vedere D QUAGLIONI Per la Monarchia di Dante(1313) in laquoIl Pensiero Politicoraquo XLV 2012 pp 149-74 (che porta a riprendere comepiugrave probabile lrsquoipotesi del 1313 nello spazio di tempo della spedizione di Enrico VIIcome giagrave affermava Boccaccio nel Trattatello in laude di Dante) e lrsquoIntroduzione di PCHIESA e A TABARRONI in Monarchia a cura di P CHIESA e A TABARRONI con la col-

lendo dare un contributo alla vita pubblica (laquoad rem publicam ali-quid afferreraquo Mon I I 2) decide di svolgere la laquonotitia utilissimaraquodella laquotemporalis monarchiaraquo (I I 5) ovvero di ciograve che comunementeegrave chiamato laquoimperiumraquo (I II 2) Nel rivendicare a seacute laquoquesto altissi-mo compito didatticoraquo Dante continua a svolgere quel ruolo che giagravesi era assunto nel Convivio laquoChe il sapiente debba mettere la pro-pria conoscenza a servizio degli altri lo aveva giagrave dichiarato aperta-mente nel Convivio [hellip] Ma ora [hellip] Dante ritaglia a seacute quello chesente come proprio compito specifico in ordine al progresso di co-noscenza dellrsquoumanitagrave quello che gli sembra spettare a lui fra tuttii sapienti e si tratta del contributo decisivo per il ldquobene esse mun-dirdquoraquo107 Dopo aver definito la monarchia come quel laquoprincipato uni-co posto sopra tutti gli altri principati temporali ndash i quali cioegrave spie-gano la loro azione tra quelle cose e su quelle cose che si misuran coltemporaquo ndash108 affronta tre problematiche ad essa relative se sia neces-

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laborazione di D ELLERO Roma Salerno Editrice 2013 NECOD vol IV pp LX-LXVI do-ve i due autori pur riconoscendo specialmente tramite il confronto con le Epistole chealmeno un abbozzo dellrsquoopera dovesse essere giagrave stato costruito negli anni 1309-1313ma tenendo allo stesso tempo in conto le varie motivazioni degli studiosi che propon-gono ipotesi diverse formulano lrsquoipotesi di laquouna composizione ldquolungardquo dellrsquoopera o ndashforse meglio ndash di una ripresa successiva da parte di Dante stesso di un testo giagrave porta-to a compimento per arricchirlo precisarlo chiosarlo in una parola migliorarlo neicontenutiraquo e si chiedono laquose non sia anche a causa di una composizione non sincroni-ca che la data della Monarchia egrave risultata finora cosigrave elusiva Un processo testuale lun-go con revisioni e aggiustamenti progressivi porta inevitabilmente una diluizione de-gli elementi di databilitagrave e a un loro progressivo mascheramentoraquo (p LXVI)

107 CHIESA-TABARRONE Introduzione inMonarchia cit p XXIV Non solo se co-me abbiamo del resto appena visto nel Convivio laquoegli appariva molto preoccupato dirivendicare per seacute la qualifica di philosophusraquo nella Monarchia laquosembra piuttosto ri-tenere tale qualifica ormai pacificamente accolta e consolidata al punto da spingersiad accomunarsi ai sapienti in un plurale collettivo (ut ex hiis patet que de caelo phylo-sophamur II II 3)raquo (p XXV)

108Mon I II 2 laquoEst ergo temporalis Monarchia quam dicunt lsquoImperiumrsquo unicusprincipatus et super omnes in tempore vel in hiis et super hiis que tempore mensu-ranturraquo La traduzione di questo e dei passi successivamente citati della Monarchiasalvo indicazione contraria egrave quella di NARDI in DANTE ALIGHIERI Opere MinoriIII1 De vulgari eloquentia Monarchia a cura di PV MENGALDO-B NARDI Milano-Napoli Ricciardi 1979 dove il testo accolto egrave quello di Ricci nella collana Le operedi Dante Alighieri Edizione Nazionale a cura della Societagrave Dantesca Italiana (DANTE

ALIGHIERI Monarchia a cura di PG RICCI Milano Mondadori 1965) che egrave anche

saria al buon ordinamento del mondo se il popolo romano si sia at-tribuito a buon diritto lrsquoufficio di monarca se lrsquoautoritagrave del monar-ca dipenda direttamente da Dio o passi attraverso un suo vicario (ilpapa)109 La discussione di ognuna delle tre questioni poste occupanellrsquoordine uno dei tre libri del Trattato in particolare nei primi duelibri sono sviluppati in modo molto piugrave ampio e sistematico anchealcuni degli argomenti dei capitoli IV e V del IV libro del Convivio110Ci soffermeremo quindi piugrave in particolare su quei passi che semprea proposito di quellrsquoimpero che come si egrave visto egrave allo stesso tempolrsquoimpero di Dante e quello di Roma antica introducono elementi dinovitagrave o approfondiscono in modo originale quanto giagrave emerso dalConvivio

21 laquoSub divo Augusto monarcha existente Monarchia perfectaraquo(Mon I XVI 1-2)

Il I libro come abbiamo giagrave accennato si occupa di dimostrarela necessitagrave dellrsquoimpero al laquobene esse mundiraquo Dopo aver dimostra-to che laquoil fine di tutta quanta la societagrave umanaraquo sta in quella laquoope-razioneraquo che le egrave propria (Mon I III 1-4) si sostiene che tale laquoope-razioneraquo si rende manifesta se si considera qual egrave lrsquoultimo grado del-la potenza di tutta lrsquoumanitagrave ovvero laquola potenza o virtugrave intelletti-

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quello tuttora presente sul sito della Societagrave Dantesca e che ho quindi deciso di seguireanche per praticitagrave di consultazione nellrsquoedizione Salerno Chiesa accoglie invece inlinea di massima il nuovo testo stabilito da Shaw sempre per la medesima collana(DANTE ALIGHIERI Monarchia a cura di P SHAW Firenze Le Lettere 2009) con al-cuni ldquoaggiustamentirdquo elencati e motivati alle pp CXXXV-CXLI La differenza piugrave note-vole egrave la diversa scansione dei capitoli per la parte finale del III libro su cui vd infra

109 Mon I II 3 laquoMaxime autem de hac tria dubitata queruntur primo nanquedubitatur et queritur an ad bene esse mundi necessaria sit secundo an romanus po-pulus de iure Monarche offitium sibi asciverit et tertio an auctoritas Monarche de-pendeat a Deo inmediate vel ab alio Dei ministro seu vicarioraquo

110 Grossomodo il I libro corrisponde agli argomenti della prima metagrave del IV ca-pitolo del IV trattato del Convivio mentre il II libro a quelli della seconda metagrave delIV e del V capitolo Nel III troviamo invece un argomento non affrontato nel Convi-vio laquose lrsquoautoritagrave del Monarca romano che per diritto egrave Monarca del mondo comeegrave stato provato nel secondo libro dipenda immediatamente da Dio ovvero dallrsquoaltrovicario o ministro di Dio quale intendo che sia il successor di Pietroraquo (Mon III I 5)

varaquo (Mon I III 5-7)111 Solo lrsquoumanitagrave presa nel suo insieme (e non ilsingolo neacute altre piugrave piccole comunitagrave) puograve attuare tutta la potenzadellrsquointelletto (Mon I III 8 e IV l)112 ma osserva Dante (esplicitan-do cosigrave ciograve che era stato lasciato implicito nel IV capitolo del IV trat-tato del Convivio ovvero il motivo per cui lrsquoImpero necessario allapace fosse per questo necessario alla felicitagrave del genere umano) so-lo laquonella quiete ossia nella serenitagrave della pace il genere umano sitrova in condizione di attendere senza intoppi e difficoltagrave alla suapropria operazione [hellip] Dal che egrave manifesto che la pace universa-le egrave la piugrave desiderabile di tutte le cose che sono ordinate alla nostrabeatitudineraquo (Mon I IV 2)113 Il riconoscimento che la pax universa-

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111 Cfr ARISTOTELE Ethica I 1097b -1098a Conv I I 1 e ARISTOTELEMetaphisi-ca I 980 a

112 Cfr ARISTOTELE De anima II 415a-415b e il commento di Nardi (ALIGHIERI

DANTE Opere Minori III1 cit p 298) ad I III 8 laquoLegato comrsquoegrave allrsquoorganismo per suanatura tanto per Dante quanto per Sigieri quanto per Averroegrave e in fondo anche persan Tommaso che a suo modo egrave pur sempre aristotelico lrsquointelletto umano per seacute stes-so egrave pur sempre ldquotabula rasardquo se esso non traesse dallrsquoesperienza sensibile i concettiintelligibili che ne attuano la pura potenzialitagrave Quindi anche lrsquointelletto umano [hellip]ha bisogno per essere sempre e dovunque attuato nella sua potenza o capacitagrave drsquoin-tendere di una molteplicitagrave di individui sparsi sulla terra dai quali tragga le immaginisensibili necessarie al suo passaggio dalla potenza allrsquoattoraquo Dante nel passo successi-vo (Mon I III 9) si richiama esplicitamente al commento di Averroegrave al De anima di Ari-stotele ma allo stesso tempo se ne distanzia in quanto Averroegrave ammette soltanto un uni-co intelletto possibile per tutto il genere umano mentre laquociograve che Dante richiede perottenere lo stesso risultato egrave [hellip] quella societagrave universale di tutti gli intelletti possibi-li individuali che costituisce il genere umanoraquo GILSON Dante e la filosofia cit p 158Cosigrave ancora GARFAGNINI Monarchia manifesto di libertagrave e responsabilitagrave civile cit pp16-18 Anche CHIESA-TABARRONE Introduzione in Monarchia cit pp LII-LIII so-stengono che Dante non segue Averroegrave laquonel fare dellrsquointelletto possibile una sostanzaseparata indipendenteraquo (come il poeta afferma espressamente anche in Purg XXV 62-66) ma che mantiene comunque separata laquoda un lato la necessitagrave dellrsquoesistenza di unamoltitudine di esseri umani che realizzano sempre tutti insieme [hellip] la potenzialitagrave deivari intelletti possibili e dallrsquoaltro la necessitagrave politica di un coordinamento politicouniversale per lo scopo comune ultimo [hellip] la realizzazione della scienza universaleraquo

113Mon I IV 1-2 laquoSatis igitur declaratum est quod proprium opus humani generistotaliter accepti est actuare semper totam potentiam intellectus possibilis [hellip] Genushumanum in quiete sive tranquillitate pacis ad proprium suum opus [hellip] liberrimeatque facillime se habet Unde manifestum est quod pax universalis est optimum eo-rum que ad nostram beatitudinem ordinanturraquo

lis egrave laquoil mezzo piugrave acconcio per arrivare a quello cui sono ordinatecome a fine ultimo tutte le nostre azioniraquo viene posto dallrsquoautore co-me laquoprincipio onde muovono tutti i ragionamenti che seguirannoraquo(Mon I IV 5)114 ovvero le undici argomentazioni svolte nel I libroper dimostrare che lrsquoImpero egrave necessario al benessere del mondo leprime dieci sono tutte laquodi ragioneraquo non si basano cioegrave sulle sacrescritture o su argomenti di fede ma si fondano su premesse filosofi-che-metafisiche115 in alcuni casi piugrave direttamente connesse allrsquoattivi-tagrave pratica di governo (dimostrando che laquola monarchia assicura alpiugrave alto grado la giustizia la libertagrave la concordiaraquo)116 Lrsquoultima lrsquoun-dicesima si basa invece su un fatto storico Dante ricorda una laquoex-perientia memorabilisraquo che rende testimonianza alle precedenti ar-gomentazioni ovvero il fatto che il momento dellrsquoincarnazione egrave av-venuto quando laquofu monarca il divo Augustoraquo cioegrave sotto una laquoMo-narchia perfettaraquo quando lrsquoumanitagrave era laquofelice nella tranquillitagrave diuna pace universaleraquo (Mon I XVI 1-2)117 mentre da quando lrsquounitagravedellrsquoimpero egrave stata infranta118 il genere umano egrave stato ed egrave sconvol-

FRANCESCA FONTANELLA80

114Mon I IV 5 laquoEx hiis ergo que declarata sunt patet per quod melius ymo perquod optime genus humanum pertingit ad opus proprium et per consequens visumest propinquissimum medium per quod itur in illud ad quod velut in ultimum finemomnia nostra opera ordinantur quia est pax universalis que pro principio rationumsubsequentium supponaturraquo

115 Fra queste ricordo percheacute lrsquoabbiamo giagrave trovata in Conv IV IV 5 la prima di-mostrazione (fondata su Aristotele Politica I 1254a) laquoquando aliqua plura ordinan-tur ad unum oportet unum eorum regulare seu regere alia vero regulari seu regiraquo(Mon I V 3) vd supra n 25

116 CHIESA-TABARRONE Introduzione inMonarchia cit p XX117Mon I XVI 1-2 laquoRationibus omnibus supra positis experientia memorabilis at-

testatur status videlicet illius mortalium quem Dei Filius in salutem hominis homi-nem assumpturus vel expectavit vel cum voluit ipse disposuit Nam si a lapsu pri-morum parentum qui diverticulum fuit totius nostre deviationis dispositiones ho-minum et tempora recolamus non inveniemus nisi sub divo Augusto monarcha exi-stente Monarchia perfecta mundum undique fuisse quietum Et quod tunc huma-num genus fuerit felix in pacis universalis tranquillitateraquo

118 Il valore ldquosacrordquo dellrsquoimpero egrave sottolineato anche dal fatto che Dante alludealla sua disintegrazione con lrsquoimmagine di laquotunica ista inconsutilisraquo lacerata dalla laquocu-piditatis ungueraquo laquoQualiter autem se habuerit orbis ex quo tunica ista inconsutilis cu-piditatis ungue scissuram primitus passa est et legere possumus et utinam non vide-reraquo (Mon I XVI 3 e cfr anche III X 5) Nel Medioevo era invece attestata la tradizio-

to da tempeste e disgrazie (Mon I XVI 3-4)119 Per quanto riguarda ilI libro questo egrave il riferimento piugrave significativo allrsquoimpero di Romagarante di quella laquopax universalisraquo che sola ha permesso allo laquohu-manum genusraquo di vivere laquofelix in pacis universalis tranquillitateraquo (lalaquovita feliceraquo del Convivio IV IV 1) significativo innanzitutto percheacuteconferma quanto giagrave emerso nel precedente trattato e cioegrave che perDante lrsquoideale dellrsquoimpero universale non egrave unrsquoutopia ma egrave statorealizzato nella storia da una laquoexperientia memorabilisraquo lrsquoimperoaugusteo120 E inoltre percheacute se egrave vero che laquolrsquoincessante evocazionedella pace della ldquopax et tranquillitasrdquoraquo nella Monarchia rimanda allaquoprogramma politico di Enrico VIIraquo cosigrave come egrave documentato nel-le costituzioni pisane del 2 aprile 1313121 egrave anche vero che Dantecollocando lrsquoattuazione di questa pax nellrsquoetagrave di Augusto attesta il

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ne che riferiva tale immagine alla comunione inscindibile dei credenti cfr S CRI-STALDI Dante di fronte al Gioachimismo Caltanisetta-Roma Salvatora Sciascia Edi-tore 2000 pp 279 e 303 Vedono nel passo un riferimento alla donazione di Co-stantino (che Dante menzioneragrave esplicitamente alla fine del II libro [Mon II XI 8] edi cui tratteragrave specificatamente nel III [Mon III X]) CHIESA-TABARRONE Introdu-zione inMonarchia cit p XXXVI e Commento p 70 ad loc

119Mon I XVI 3-4 laquoQualiter autem se habuerit orbis ex quo tunica ista inconsu-tilis cupiditatis ungue scissuram primitus passa est et legere possumus et utinam nonvidere O genus humanum quantis procellis atque iacturis quantisque naufragiis agi-tari te necesse est dum bellua multorum capitum factum in diversa conarisraquo Ma cfranche il sect 3 dellrsquoEpistola VI indirizzata ai Fiorentini nel 1311 laquosolio augustali vacan-te totus orbis exorbitatraquo

120 E ricordiamo che nel Convivio (IV V 8) tale esperienza era stata giudicata ir-ripetibile laquoNeacute rsquol mondo mai non fu neacute saragrave sigrave perfettamente disposto come allora chealla voce drsquoun solo principe del roma[n] populo e comandatore si [descrisse sigrave] co-me testimonia Luca evangelista E perograve [che] pace universale era per tutto che maipiugrave non fu neacute fiaraquo Significativo che nellrsquoEpistola indirizzata ad Arrigo VII in occasionedella sua discesa in Italia la consapevolezza che ormai non esiste piugrave la perfetta mo-narchia universale di Augusto (a cui anche nellrsquoepistola ci si riferisce al sect 14) si espri-ma insieme alla convinzione che lrsquoimpero continui ad avere una vocazione ecumeni-ca secondo la prospettiva virgiliana laquoRomanorum gloriosa potestas nec metis Ytalienec tricornis Europe margine coarctatur Nam etsi vim passa in angustum guberna-cula sua contraxerit undique tamen de inviolabili iure fluctus Amphitritis attingensvix ab inutili unda Oceani se circumcingi dignatur Scriptum etenim nobis est ldquoNas-cetur pulcra Troyanus origine Cesar imperium Occeano famam qui terminet as-trisrdquoraquo (Ep VII 11-13 e il riferimento egrave evidentemente a VERG Aen I 286-87)

121 QUAGLIONI Per la Monarchia di Dante (1313) cit p 160

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122 Dallrsquoetagrave augustea la pace diventa laquosinonimo di impero romano inteso comemondo abitato dallrsquoumanitagrave civile a cui lrsquoimpero assicura la paceraquo (M SORDI Intro-duzione dalla lsquokoinegrave eirenersquo alla lsquopax Romanarsquo in laquoContributi dellrsquoIstituto di Storia an-tica dellrsquoUniversitagrave del Sacro Cuoreraquo 11 1985 pp 3-16 p 13) come proclamano idocumenti ufficiali gli storici i poeti le legendae delle monete e le epigrafi durantetutto il periodo imperiale basti pensare al famoso passo del sesto libro dellrsquoEneide diVirgilo nel quale si riserva al popolo romano la ldquomissionerdquo di laquoregere imperio popu-los [hellip] pacisque imponere moremraquo (851-52) e cfr G PICONE laquoPacatum reget or-bemraquo Etagrave dellrsquooro e tema della pace nei poeti augustei in La pace nel mondo antico At-ti del Convegno nazionale di studi (Torino 9-11 aprile 1990) a cura di R Uglione To-rino Associazione Italiana di Cultura Classica 1991 pp 191-210 I LANA Lrsquoidea del-la pace nellrsquoantichitagrave S Domenico di Fiesole Cultura della Pace 1991 pp 79-101A ARNALDI Motivi di celebrazione imperiale su monete ed epigrafi in laquoRivista Italia-na di Numismaticaraquo 82 1980 pp 85-107 Del resto anche prima dellrsquoetagrave imperialelaquoi Romani quando sono in guerra e dichiarano che il loro scopo egrave quello di ldquopacemdare leges paci imponere pacarerdquo [hellip] intendono dire che con la guerra mirano a rea-lizzare una situazione di superioritagrave che consenta loro di dettare allrsquoavversario le con-dizioni per lrsquoinstaurazione di un certo rapporto fra Roma e il nemico vinto In questosenso preciso essi ldquopacem dantrdquo ai vintiraquo LANA Lrsquoidea della pace nellrsquoantichitagrave citp 56

123 Per altri compendi medievali conosciuti dallrsquoAlighieri cfr CHIESA-TABARRO-NE in Monarchia cit p 69 ad I XVI 2

ldquosuccessordquo di uno dei motivi piugrave forti della propaganda del prin-ceps122 quello appunto di una pax che si trova inscindibilmente as-sociata al suo impero sia nella tradizione pagana sia in quella cri-stiana laquoEt quod tunc humanum genus fuerit felix in pacis univer-salis tranquillitate hoc ystoriographi omnes hoc poete illustres hocetiam scriba mansuetudinis Cristi testari dignatus est et deniquePaulus ldquoplenitudinem temporisrdquo statum illum felicissimum appella-vitraquo (Mon I XVI 2) Fra gli ystoriographi conosciuti a Dante fra gliantichi oltre Orosio vi saranno sicuramente Eutropio e Floro123mentre ricordando i poete lrsquoAlighieri si riferiragrave sicuramente a Virgi-lio (lo laquoscriba mansuetudinis Cristiraquo egrave invece lrsquoevangelista Luca) Eda Virgilio piugrave che da Orosio Dante assume la prospettiva con cuiguardare al principato augusteo per Orosio infatti il regno di Au-gusto era stato preparato da Dio laquoventuri Christi gratiaraquo (Hist VI 204) e la sua importanza risiedeva esclusivamente nella sua funziona-litagrave alla nascita di Cristo del resto lo abbiamo accennato per lo sto-rico la vera grandezza dellrsquoimpero era stata raggiunta in un periodo

successivo a quello augusteo solo grazie alla sua regeneratio chri-stiana124 Per Dante invece i due eventi impero di Augusto e nasci-ta di Cristo sono concomitanti non egrave esistito mai momento piugrave fe-lice per lrsquoumanitagrave dopo la caduta dovuta al peccato originale diquello in cui lrsquoimpero augusteo assicurograve la pace tanto che il figlio diDio potrebbe aver laquodispostoraquo o addirittura laquoattesoraquo proprio quelmomento per la sua incarnazione laquostatus videlicet illius mortaliumquem Dei Filius in salutem hominis hominem assumpturus vel ex-pectavit vel cum voluit ipse disposuitraquo (Mon I XVI 1)125 E la frase diSan Paolo sulla laquopienezza dei tempiraquo come egrave stato osservato126 ecome vedremo meglio anche in seguito sembra definitivamente au-torizzare lrsquoAlighieri a far sua lrsquointerpretazione virgiliana dellrsquoetagrave au-gustea come la nuova etagrave dellrsquooro in cui laquovere tempus et temporaliaqueque plena fueruntraquo (Mon I XVI 2)

22 laquoIustitia potissima est solum sub monarcharaquo (Mon I XI 2)

Vi sono altri passi della Monarchia in cui Dante pur non men-zionando esplicitamente Roma attribuisce allrsquoimpero del suo tem-po alcune ldquoqualitagraverdquo che caratterizzavano lrsquoantico impero romano sitratta come quello della ldquopacerdquo di motivi ampiamente diffusi cheattestano la vitalitagrave e quindi in un certo senso lrsquoattualitagrave di alcunitratti specifici del ldquomodellordquo romano che la scoperta e la rielabora-zione del Corpus Iuris Iustinianeum da parte dei giuristi medievalicontribuivano a proporre e a diffondere127

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124 Vd supra nn 69-70125 In Conv IV V 9 riferendosi alla contemporaneitagrave fra la nascita di David e la

venuta di Enea nel Lazio (su cui vd supra nn 44-45) Dante aveva invece affermatolaquoOh ineffabile e incomprensibile sapienza di Dio che a una ora per la tua venuta inSiria suso e qua in Italia tanto dinanzi ti preparastiraquo Ma cfr anche il sect 26 dellrsquoEpi-stola V indirizzata ai principi drsquoItalia in occasione della venuta di Arrigo VII in ItalialaquoEt si hec que uti principia sunt ad probandum quod queritur non sufficiunt quisnon ab illata conclusione per talia precedentia mecum oppinari cogetur pace videli-cet annorum duodecim orbem totaliter amplexata que sui sillogizantis faciem Dei fi-lium sicuti opere patrato ostenditraquo

126 Cfr CHIESA-TABARRONE Introduzione inMonarchia cit p XXXVII127 Dopo la caduta dellrsquoimpero e i secoli ldquobuirdquo dellrsquoalto medioevo il diritto ro-

Innanzitutto lrsquoimpero proprio tramite lrsquoimperatore egrave per Dan-te lrsquounica istituzione capace di garantire la giustizia ai popoli sui qua-li si estende Ad esempio nella sesta argomentazione riguardante lanecessitagrave di risolvere le controversie si sostiene che se si ha un dis-sidio tra due prigravencipi di pari autoritagrave saragrave necessario un terzo di piugravealto potere che giudichi e decida (Mon I X 3 laquooportet esse tertiumiurisdictionis amplioris qui ambitu sui iuris ambobus principeturraquo)se questo terzo non fosse lrsquoimperatore vuol dire che ci sarebbe bi-sogno di un altro con autoritagrave superiore e si innescherebbe un pro-cesso allrsquoinfinito il che egrave impossibile (Mon I X 5) per questo biso-gna arrivare laquoad iudicem primum et summum de cuius iudicio cun-cta litigia dirimantur sive mediate sive inmediate et hic erit Monar-cha sive Imperatorraquo (ibidem)

Tutta la settima argomentazione poi riguarda la giustizia128 e lasua attuabilitagrave sempre grazie al potere imperiale il mondo egrave infattiordinato nel miglior modo quando in esso vrsquoegrave il massimo di giusti-zia e per questo Virgilio nella IV egloga volendo esaltare i suoi tem-pi aveva affermato laquoIam redit et Virgo redeunt Saturnia regnaraquo (v5) intendendo con Virgo proprio la giustizia e con laquoSaturnia regnaraquoquegli laquooptima tempora que etiam ldquoaureardquo nuncupabantraquo infattilaquoiustitia potissima est solum sub Monarcharaquo (Mon I XI 1-2)129 Di

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mano riaffiorato nellrsquoXI secolo tramite la riscoperta dei Digesta egrave posto da allora laquoalcentro di unrsquoattenzione ininterrotta che ha radicato un modello giuridico neoroma-no nel cuore stesso del mondo moderno attraverso un percorso iniziato nelle rinatecittagrave dellrsquoItalia medievale e arrivato sino al cuore dellrsquoEuropa borgheseraquo SCHIAVO-NE Ius cit p 14 ma si veda tutto il primo capitolo Diritto romano e Occidente mo-derno pp 5-18

128 Per le fonti aristoteliche (con il commento tomistico) dei primi paragrafi diquesto capitolo (Mon I XI 3-5) nei quali si definisce la giustizia laquode se et in proprianatura considerataraquo come laquoquaedam rectitudo sive regula obliquum hic inde abi-ciensraquo (XI 3) cfr ad loc i commenti di NARDI (ALIGHIERI DANTE Opere Minori III1cit pp 328-34) e di CHIESA-TABARRONE inMonarchia cit pp 39-40

129Mon I XI 1-2 laquoPreterea mundus optime dispositus est cum iustitia in eo po-tissima est Unde Virgilius commendare volens illud seculum quod suo tempore sur-gere videbatur in suis Buccolicis cantabat ldquoIam redit et Virgo redeunt Saturnia re-gnardquo lsquoVirgorsquo nanque vocabatur iustitia quam etiam lsquoAstreamrsquo vocabant lsquoSaturniaregnarsquo dicebant optima tempora que etiam lsquoaurearsquo nuncupabant Iustitia potissima estsolum sub Monarcha ergo ad optimam mundi dispositionem requiritur esse Monar-chiam sive Imperiumraquo Da ossevare che nella VII Epistola indirizzata a Arrigo VII laquodi-

questrsquoultima affermazione non si puograve dubitare in quanto egrave chiaroche la giustizia raggiunge il suo massimo lagrave dove il contrasto egrave mini-mo (Mon I XI 5) sia nel campo della volontagrave sia nel campo del po-tere in effetti egrave indispensabile una volontagrave pura da ogni desiderioe una completa possibilitagrave di dare a ciascuno ciograve che gli egrave dovuto(Mon I XI 6-7 dove riecheggia la celebre definizione romana di iu-stitia che comanda di laquosuum cuique tribuereraquo)130 Ma soltanto lrsquoim-peratore ha volontagrave pura da ogni desiderio (egli che tutto posse-dendo egrave libero dalla cupidigia) e soltanto lrsquoimperatore ha il mag-giore potere possibile dunque soltanto se crsquoegrave un monarca la giusti-zia si realizza compiutamente (Mon I XI 8-12) Anzi egli possiedequel retto amore per gli uomini che rafforza la giustizia in quantocerca proprio la pace che della giustizia egrave frutto (Mon I XI 13-15)

E ancora nella nona argomentazione dove si vuole dimostrareche chi puograve garantire la migliore condizione di governo allrsquoumanitagraveegrave chi si trova nella condizione migliore di governo (Mon I XIII 1) do-po aver richiamato ma in toni piugrave realistici quanto affermato nel -lrsquoXI capitolo ovvero che il monarca laquonon ha alcun incentivo alla cu-pidigia o se mai il piugrave piccolo rispetto a tutti gli altri mortaliraquo si so-stiene che laquopoicheacute soltanto la cupidigia corrompe il giudizio e im-pedisce la giustiziaraquo il monarca egrave il piugrave adatto a governare laquoper la ra-gione che piugrave di tutti gli altri egli puograve avere giudizio e giustizia duecose che piugrave di tutte si addicono a chi fa la legge e a chi pon manoad essaraquo131

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vina providentia Romanorum Regi et semper Augustoraquo Dante afferma che quandolrsquoimperatore varcograve le Alpi laquoTunc plerique vota sua prevenientes in iubilo tam Satur-nia regna quam Virginem redeuntem cum Marone cantabantraquo (Ep VII 6)

130Mon I XI 7 laquonam cum iustitia sit virtus ad alterum sine potentia tribuendi cui-que quod suum est quomodo quis operabitur secundum illamraquo La prima attesta-zione di questa definizione di iustitia egrave nella Rhetorica ad Herennium (Rhet Her III3 laquoiustitia est aequitas ius uni cuique retribuens pro dignitate cuiusqueraquo) si ritrovapoi in tutta lrsquoopera ciceroniana (CIC De inv II 160 De rep III 18 Part or 130 Top9 90 De fin V 65 De nat deor III 38 e De off I 15 II 78 III 43) e viene successiva-mente ripresa anche nel Digesto laquoIustitia est constans et perpetua voluntas ius suumcuique tribuendiraquo (Dig 1110 pr)

131 Mon I XIII 7 laquoCum ergo Monarcha nullam cupiditatis occasionem haberepossit vel saltem minimam inter mortales ut superius est ostensum quod ceteris prin-cipibus non contingit et cupiditas ipsa sola sit corruptiva iudicii et iustitie prepediti-

Questi passi della Monarchia ben si collocano nel contesto dellagiurisprudenza medievale che accogliendo nella seconda metagrave delXIII secolo la tradizione aristotelica del giudice perfetto come di-kaion empsuchon132 trasferigrave questa immagine al sovrano che diven-ta iustitia animata in modo che laquola similitudine aristotelica dello iu-stum animatum riguardante il giudice [hellip] venisse considerata unamera variante della ben nota definizione di Giustiniano del princi-pe come lex animataraquo133 E anche le precedenti osservazioni dante-sche a proposito del ruolo dellrsquoimperatore come supremo giudicenelle controversie trovano un immediato riscontro nella dottrina deigiuristi medievali laquosur lrsquoempire et la souveraineteacute impeacuteriale commeprincipe ordonnateur universel crsquoest-agrave-dire comme garantie ldquosou-verainerdquo drsquoun ordre juridique ancreacute dans lrsquoideacutee de iurisdictio edrsquoexercise de la justiceraquo dottrina che laquose manifeste avec une cer-taine emphase justement durant lrsquoeacutepoque de la crise de lrsquouniversa-lisme et au moment de lrsquoeacutepiphanie de nouvelles formes de pouvoiragrave la recherche drsquoune leacutegitimationraquo134

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va consequens est quod ipse vel omnino vel maxime bene dispositus ad regendum es-se potest quia inter ceteros iudicium et iustitiam potissime habere potest que duoprincipalissime legis latori et legis executori conveniuntraquo

132 ARISTOTELE Eth V 1132a (iustum animatum nel commento di Tommaso alpasso aristotelico)

133 KANTOROWICZ I due corpi del re cit p 115 e tutte le pp 114-16 dove sonoriportate le fonti (Tommaso Pietro drsquoAlvernia Giovanni da Parigi Baldo AlbertoMagno ed Egidio Romano) attraverso le quali si osserva il passaggio dellrsquoimmaginedellrsquoiustum animatum dal iudex al rex e infine la definizione di questrsquoultimo sia co-me lex che come iustitia animata

134 D QUAGLIONI Empire et monarchie aspects du deacutebat juridique in Ideacutees drsquoEm-pire en Italie et en Espagne (XIVe-XVIIe siegravecle) sous la direction de F Creacutemoux et J-L Fournel Mont-Saint-Aignan Publications des Universiteacutes de Rouen et du Havre2010 pp 37-46 p 39 e p 38 laquoLa foi dans lrsquoempire est chez ces juristes [hellip] la foisdans un principe qui valide tout autre processus drsquoexercise du pouvoir et lrsquoempereurest le fondament de cette validiteacute [hellip] (lex animata selon lrsquoexpression justinienne demecircme que la lois est un inanimatus princeps)raquo Al saggio di QUAGLIONI rimando perla precedente bibliografia [ricordo solo P COSTA Iurisdictio Semantica del potere po-litico nella pubblicistica medievale (1100-1433) Milano Giuffregrave 20022 (1 ed 1969) eP GROSSI Lrsquoordine giuridico medievale Roma-Bari Laterza 1995] e per le testimo-nianze giuridiche medievali di cui riporto percheacute particolarmente significativo perun confronto colla Monarchia dantesca un passo di Bartolo del 1354 sulle ldquorappre-saglierdquo (il testo egrave pubblicato in D QUAGLIONI Il proemio del bartoliano laquoTractatus re-

Ma voglio accostare alle due argomentazioni dantesche anche duepassi di autori antichi e non di giuristi in cui veniva sottolineata que-sta funzione dellrsquoimperatore romano come supremo e imparziale giu-dice Leggiamo nel Panegirico rivolto da Plinio a Traiano (inizio delII secolo dC) laquoTu non siedi in tribunale solo intento ad arricchireil fisco neacute altro profitto ti viene dalla tua sentenza che la coscienzadrsquoaver bene giudicato [hellip] Opera veramente degna drsquoun principe[hellip] riconciliare cittagrave rivali placare piugrave con la ragione che con la for-za popoli inquieti opporsi alle ingiustizie dei magistrati annullaretutto ciograve che che non si sarebbe dovuto fareraquo135 E nellrsquoencomio ARoma probabilmente pronunciato davanti allrsquoimperatore Adriano(metagrave del II secolo dC) Elio Aristide sostiene

Nei regimi democratici non egrave possibile dopo che il verdetto egrave stato datonella cittagrave rivolgersi altrove neacute ad altri giudici ma egrave necessario rassegnarsi al-le decisioni prese [hellip] (invece nel vostro impero neacute chi sia stato condannatoegrave costretto ad accettare una sentenza) ingiusta neacute chi abbia intentato un pro-cesso e non abbia avuto successo egrave costretto ad accettare la sconfitta ma pres-so di voi rimane un altro giudice supremo a cui nulla mai sfugge di ciograve che ri-guarda la giustizia E qui si realizza una grande e bella uguaglianza fra il de-bole e il forte fra lo sconosciuto e il famoso fra il povero e il ricco e fra chi egravedi oscure origini e chi egrave nobile e si verifica il detto di Esiodo ldquofacilmente ren-de potente facilmente abbassa il potenterdquo questo giudice e signore condottodalla giustizia come la nave egrave condotta dal vento che non favorisce e proteg-ge di piugrave il ricco e meno il povero ma aiuta nello stesso modo chiunque gli ca-piti di incontrare sulla sua strada)136

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presaliarumraquo in laquoPluteusraquo II 1984 pp 85-92) laquoPostea vero peccata nostra merue-runt quod Romanum Imperium prostratum iaceret per tempora multa et reges etprincipes ac etiam civitates maxime in Italia saltem de facto in temporalibus dominumnon agnoscerunt propter quod de iniustiis ad superiorem non potest haberi regressuscoeperunt represaliae frequentariraquo

135 PLIN Pan 80 laquoNon locupletando fisco sedes nec aliud tibi sententiae tuaepretium quam bene iudicasse [hellip] O vere principis [hellip] reconciliare aemulas civita-tes tumentesque populos non imperio magis quam ratione compescere intercedereiniquitatibus magistratuum infectumque reddere quidquid fieri non oportueritraquo Latraduzione egrave quella di Malcovati in PLINIO IL GIOVANE Il Panegirico di Traiano testocritico traduzione e commento a cura di E MALCOVATI Firenze Sansoni 1949

136 ELIO ARISTIDE A Roma 38-39 Mia la traduzione qui e infra (in ELIO ARISTI-DE A Roma Traduzione e commento a cura di F FONTANELLA introduzione di PDESIDERI Pisa Edizioni della Normale 2007)

Si tratta di due autori non conosciuti allrsquoAlighieri137 ma non sipuograve comunque fare a meno di osservare la profonda consonanza fraldquoantichirdquo e ldquomedievalirdquo nel riconoscere allrsquoimperatore il ruolo di giu-dice supremo capace proprio in quanto diretto interprete della giu-stizia di assicurare la pace alla societagrave civile

23 laquoSed existens sub monarcha est potissime liberumraquo (Mon IXII 8)

In secondo luogo per Dante lrsquoimpero garantisce la libertas Tut-ta lrsquoottava argomentazione del I libro della Monarchia egrave imperniatasul problema della libertagrave il cui primo fondamento egrave il libero arbi-trio138 cioegrave il giudizio non prevenuto e quindi non mosso dagli ap-petiti (Mon I XII 3-4)139 il piugrave gran dono fatto da Dio alla naturaumana percheacute ne dipende la nostra felicitagrave sulla terra in quanto es-seri mortali e la nostra felicitagrave in cielo in quanto esseri immortali(Mon I XII 6)140 laquoSe egrave cosigrave ndash chiede lrsquoAlighieri ndash chi mai oserebbe ne-

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137 Il caso di Elio Aristide egrave evidente Ma anche per quanto riguarda Plinio ilGiovane il Panegirico fu riscoperto solo nel XV secolo e lrsquoepistolario conosciuto inmodo limitato nel Medioevo fu probabilmente sconosciuto a Dante cfr la vocePlinio il Giovane di G BRUGNOLI (1970) nellrsquoEnciclopedia Dantesca (httpwwwtrec-caniitenciclopediaplinio-il-giovane_(Enciclopedia-Dantesca))

138 Mon I XII 2 laquosciendum quod principium primum nostre libertatis est liber-tas arbitrii quam multi habent in ore in intellectu vero pauciraquo

139 Mon I XII 3-4 laquoEt ideo dico quod iudicium medium est apprehensionis etappetitus nam primo res apprehenditur deinde apprehensa bona vel mala iudicaturet ultimo iudicans prosequitur sive fugit Si ergo iudicium moveat omnino appetitumet nullo modo preveniatur ab eo liberum est si vero ab appetitu quocunque modopreveniente iudicium moveatur liberum esse non potest quia non a se sed ab aliocaptivum trahiturraquo

140Mon I XII 6 laquoHoc viso iterum manifestum esse potest quod hec libertas siveprincipium hoc totius nostre libertatis est maximum donum humane nature a Deocollatum ndash sicut in Paradiso Comedie iam dixi ndash quia per ipsum hic felicitamur ut ho-mines per ipsum alibi felicitamur ut diiraquo Il rimando egrave evidentemente a Paradiso V 19-24 laquoLo maggior don che Dio per sua larghezza fesse creando e a la sua bontate piugrave conformato e quel chrsquoersquo piugrave apprezza fu de la volontagrave la libertate di che lecreature intelligenti e tutte e sole fuoro e son dotateraquo ma lrsquoautenticitagrave di questo in-ciso egrave ancora discussa cfr QUAGLIONI Per la Monarchia di Dante (1313) cit pp156-57 e note

gare che il genere umano viva felice sol quando puograve far il maggioreuso di questo principioraquo E dichiara laquoOra esso (scil il genere uma-no) egrave sommamente libero se vive sotto il Monarcaraquo (Mon I XII 7-8)La dimostrazione parte dalla citazione del passo della Metafisica diAristotele (Metaph I 982b) nel quale si definisce libero ciograve che laquoap-partiene a seacute stesso e non ad altriraquo Ma solo sotto lrsquoimperatore laquosonraddrizzati i governi obliqui ndash cioegrave le democrazie le oligarchie e letirannidi ndash che costringono in servitugrave il genere umano [hellip] e ben go-vernano i re gli aristocratici che diconsi ottimati e coloro che han-no a cuore la libertagrave popolareraquo (Mon I XII 9) Lrsquoimperatore impe-dendo le forme deviate di governo e favorendo invece quelle retteassicura quindi al cittadino il massimo grado di libertagrave in quanto ilaquogoverni retti si propongono la libertagrave sigrave che gli uomini abbiano davivere per seacuteraquo (Mon I XII 10)141 Il punto di partenza dantesco egrave quin-di una prerogativa dellrsquouomo il libero arbitrio che non dipende dalpotere imperiale questrsquoultimo perograve garantisce la miglior condizio-ne possibile in cui lrsquoumana libertagrave si possa esprimere142 salvando

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141 Mon I XII 8-10 laquoSed existens sub Monarcha est potissime liberum Propterquod sciendum quod illud est liberum quod ldquosui met et non alterius gratia estrdquo utPhylosopho placet in hiis que De simpliciter ente Nam illud quod est alterius gratianecessitatur ab illo cuius gratia est sicut via necessitatur a termino Genus humanumsolum imperante Monarcha sui et non alterius gratia est tunc enim solum politie di-riguntur oblique ndash democratie scilicet oligarchie atque tyramnides ndash que in servitu-tem cogunt genus humanum ut patet discurrenti per omnes et politizant reges aris-tocratici quos optimates vocant et populi libertatis zelatores quia cum Monarchamaxime diligat homines ut iam tactum est vult omnes homines bonos fieri quodesse non potest apud oblique politizantes Unde Phylosophus in suis Politicis ait quodin politia obliqua bonus homo est malus civis in recta vero bonus homo et civis bo-nus convertuntur Et huiusmodi politie recte libertatem intendunt scilicet ut hominespropter se sint Unde Phylosophus in suis Politicis ait quod in politia obliqua bonushomo est malus civis in recta vero bonus homo et civis bonus convertuntur Et huius-modi politie recte libertatem intendunt scilicet ut homines propter se sintraquo (Cfranche ARIST Pol III 1276b-1277b) Il capitolo si conclude con lrsquoosservazione laquoHincetiam patet quod quamvis consul sive rex respectu vie sint domini aliorum respectuautem termini aliorum ministri sunt et maxime Monarcha qui minister omnium pro-culdubio habendus est Hinc etiam iam innotescere potest quod Monarcha necessi-tatur a fine sibi prefixo in legibus ponendisraquo (sect 12)

142 HA LLOYD The relationship between centralization and autonomy in the hi-story of European legal and political thought in Challenging centralism decentramen-to e autonomie nel pensiero politico europeo a cura di L Campos Boralevi Firenze

lrsquouomo dai regimi laquocorrottiraquo non percheacute li abolisca ponendosi comeunica istituzione politica ma percheacute ha il potere di renderli laquorettiraquoDi nuovo siamo di fronte a un motivo che ampia diffusione avevaavuto nellrsquoantico impero ovvero quello di una libertas che parados-salmente non trova la sua negazione ma anzi la garanzia della suaesistenza sotto il governo dellrsquounico princeps Cosigrave ad esempio an-cora Elio Aristide rivolgendosi ai Romani affermava laquovoi siete i so-li fra quanti hanno mai posseduto un impero a governare su uomi-ni liberi La Caria non egrave infatti consegnata a Tissaferne neacute la Frigiaa Farnabazo neacute lrsquoEgitto a qualcun altro e nessun popolo egrave consi-derato il patrimonio personale di un qualche padrone in realtagrave nem-meno lui libero a cui quel popolo egrave consegnato percheacute lo servaraquo (ARoma 36) e ancora laquonessuno che sia degno di posti di comando odi fiducia egrave considerato uno straniero ma si egrave costituita unrsquounica de-mocrazia universale sotto un unico uomo il miglior capo e ordina-tore e tutti si riuniscono come in un foro comune ciascuno per ri-cevere ciograve che a lui si convieneraquo (ivi 60)143 E Cassio Dione (LII 14)faragrave dire a Mecenate nel suo famoso discorso a favore del principa-to laquoEcco percheacute ti consiglio di non cadere nellrsquoerrore di prenderein considerazione le cose da un punto di vista formale ma di valu-tarle attentamente per quello che sono di porre fine allrsquoaudacia del-la moltitudine e di affidare a te stesso e agli altri nobili lrsquoammini-strazione dei pubblici affari in modo tale che siano i piugrave saggi a de-liberare e i piugrave esperti a comandare [hellip] In questo modo ogni clas-se sociale [hellip] guadagneragrave unrsquoautentica democrazia (τὴν δημοκρα-τίαν τὴν ἀληθῆ) e una libertagrave sicura (τήν τε ἐλευθερίαν τὴνἀσφαλῆ)raquo144 Ma un tratto originale rispetto al pensiero antico egrave co-

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University Press 2011 pp 1-8 pp 5-6 sottolinea il ruolo attribuito in questo passodella Monarchia allrsquoimperatore come garante di libertagrave non accennando perograve al cor-rettivo da questi esercitato sui vari regimi ma secondo quanto affermato in Mon IXII 12 riportato supra in nota solo al fatto che lrsquoesistenza del monarca garantisce laquothepresence [hellip] of a unitary legislative capability as the facilitator and guarantor of au-tonomy itselfraquo (ivi p 6)

143 Dato infatti che laquotrue liberty lay in the protection of all classes under one per-sonraquo egrave evidente che laquothe Empire represented the true the perfect democracyraquo (GCSTARR The perfect democracy of the roman empire in laquoAmerican Historical ReviewraquoLVIII 1952 pp 1-16 p 12)

144 La traduzione egrave quella di Stroppa in CASSIO DIONE Storia Romana V libri

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LII-LVI introd di G CRESCI MARRONE trad di A STROPPA note storiche di F ROHR

VIO Milano Rizzoli 1998 Per come venisse intesa la libertagrave in rapporto al regime im-periale romano cfr eg anche PLUT Mor 814 f PLIN Paneg 66 2-4 67 2 78 3 e MANT 1 14 su cui si veda il ldquoclassicordquo C WIRSZUBSKI Libertas as a political idea at Romeduring the late republic and early principate Cambridge Cambridge University Press1950 trad it Libertas il concetto politico di libertagrave a Roma tra Repubblica e ImperoBari Laterza 1957 pp 253-54 (ma si veda anche lrsquointero cap V pp 186-256) laquoQuel-lo che era stata la libertas populi Romani Quiritium finigrave col diventare libertas Augustila libertagrave che lrsquoimperatore accorda al suo popolo o secondo lrsquoespressione di MarcoAurelio ἐλευθερίαν τῶν ἀρχομένων Libertas ora significa rispetto per la persona e lalibertagrave del cittadino sicurezza e benessere ma posta comrsquoegrave sotto tutela essa non si-gnifica affatto indipendenza cosigrave come in un regime assolutistico non egrave per nulla undiritto politicoraquo

145 PLATONE Politico 291d-293e Repubblica VIII 544a146 ARISTOTELE Politica III 1279a-b IV 1289a-b147 CHIESA-TABARRONE Monarchia cit p 51 ad I XII 9148 Questa particolare forma di regime politico come egrave stato giustamente osser-

vato egrave infatti piugrave laquoun modo di analizzare e di interpretate una realtagrave politicaraquo cheuna realtagrave politica vera e propria C CARSANA La teoria della costituzione mista nel-lrsquoetagrave imperiale romana Como New Press 1990 p 7 Giagrave Platone (Leggi 712d) in-terpreta in questo modo il sistema politico spartano e lo giudica piugrave stabile propriopercheacute misto e moderato Aristotele lo apprezza in Politica II 6 1265b-1266a e inter-preta cosigrave quello dellrsquoAtene di Solone (Pol 1273b)

stituito in Dante (oltre che da una evidente e palese diversa conce-zione di ldquolibertagrave della personardquo) dallrsquoidea che lrsquoimperatore possa co-stituire un correttivo alla degenerazione dei vari sistemi politici Ladistinzione fra regimi laquorettiraquo e laquodegeneratiraquo egrave antica giagrave presente inPlatone145 e poi in Aristotele146 da cui la riprende lrsquoAlighieri147 Uncorrettivo a questo inevitabile corrompersi delle forme politiche futrovato nel modello della ldquocostituzione mistardquo148 e fu applicato daPolibio alla realtagrave politica romana individuando lrsquoelemento monar-chico nei consoli quello aristocratico nel senato e quello democra-tico nelle assemblee popolari un meccanismo di controlli reciprocifra questi tre elementi poteva assicurarne lrsquoequilibrio in modo darendere stabile questa forma di governo e non soggetta a decaden-za come quella delle costituzioni ldquosemplicirdquo (POLYB VI 11-18) An-che Cicerone nel De republica (I 69 II 57) aveva posto a fondamen-to del suo stato ideale una laquocostituzione mista e temperataraquo fonda-ta perograve sul contemperamento di tre principi (potestas auctoritas li-bertas) presenti in una classe dirigente unita e non come in Polibio

sullrsquoequilibrio di tre poteri (consoli senato popolo) che si contrap-pongono149 E nella Roma imperiale Elio Aristide non rinunceragrave ausare questo modello interpretativo150 laquoavendo infine rivolto losguardo allrsquolsquoefororsquo e al lsquopritanorsquo di tutto questo ndash scil lrsquoimperatore ndashgrazie al quale al popolo egrave dato di ottenere ciograve che desidera e ai lsquopo-chirsquo di governare e di avere potere vedragrave proprio colui che detienela monarchia piugrave perfetta libera dai mali della tirannide e superio-re ad ogni prestigio di reraquo (A Roma 90) Un precedente dellrsquoideadantesca che lrsquoimperatore impedisca la deviazione dei regimi costi-tuzionali si puograve quindi forse rintracciare nel ruolo attribuito allrsquoim-peratore romano come garante di unrsquoeffettiva realizzazione della co-stituzione mista in quanto il suo potere costituirebbe quellrsquoelemen-to monarchico che non elimina ma anzi garantisce il giusto svolgi-mento delle prerogative degli altri due elementi (aristocrazia e po-polo) Ma si tratta comunque di un ruolo che si esercita allrsquointernodi un unico organismo politico e che non ammette quindi lrsquoesisten-za separata dei tre regimi Del resto anche in etagrave medievale lo stes-so Tommaso nella Summa theologiae intende la costituzione mistacome contemperamento dellrsquounico regime monarchico attraverso lealtre due forme di governo151 Diversa evidentemente la concezio-ne di Dante secondo il quale lrsquoimperatore dovrebbe garantire il cor-

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149 Cfr in particolare JL FERRARY LrsquoArcheacuteologie du De re publica (224-37-63)Ciceacuteron entre Polybe et Platon in laquoJournal of Roman Studiesraquo LXXIV 1984 pp 87-98

150 Del resto il modello della ldquocostituzione mistardquo presente nel dibattito politi-co greco giagrave nel IV secolo come dimostrano le testimonianze di Platone e Aristotelesopra citate dovette in seguito imporsi nel III secolo nellrsquoambito delle scuole peripa-tetiche e stoiche per laquola volontagrave di definire un sistema di relazione tra basileus clas-se di governo cittadina e masse popolari allrsquointerno della nuova polis ellenisticaraquoCARSANA La teoria della costituzione mista nellrsquoetagrave imperiale romana cit p 15

151 Summa Theol Ia-IIae q 105 a 1 laquoTalis enim est optima politia bene com-mixta ex regno inquantum unus praeest et aristocratia inquantum multi principan-tur secundum virtutem et ex democratia idest potestate populi inquantum ex po-pularibus possunt eligi principes et ad populum pertinet electio principumraquo Invecenel commento alla Politica di Aristotele (Sententia libri Politicorum II 7 71-81) rico-nosce la maggior stabilitagrave del regime misto vero e proprio cfr S SIMONETTA Rime-scolare le carte Il tema del governo misto in Tommaso drsquoAquino e nella riflessione po-litica tardomedievale in Governo misto ricostruzione di unrsquoidea a cura di D FELICENapoli Liguori 2011 pp 161-93 con altra bibliografia sul tema

retto funzionamento delle varie forme di governo senza perograve abo-lirne alcuna laquola monarchia universale non egrave intesa come un gover-no che sostituisca o abroghi tutte le altre come una sorta di illumi-nata dittatura le normali forme di governo in cui egrave organizzata lasocietagrave nella loro varietagrave continuano a esistere in un contesto uni-versale che le preserva dalle deviazioni e garantisce cosigrave la libertagrave deisudditi In un certo senso si potrebbe dire che il monarca egrave un prin-cipio costituzionale del mondoraquo152

Questa funzione direttiva ma non invasiva dellrsquoimpero rispettoa tutte le altre forme politiche egrave ciograve che Dante sostiene anche nellapenultima argomentazione del I libro dove vuole dimostrare che ilgenere umano si trova nelle condizioni ideali quando egrave retto da unosolo153 Lrsquoautore si sente infatti in dovere di precisare che

questo non srsquoha da intendere sigrave che da lui immediatamente possano pro-venire le piugrave piccole decisioni di ciascun municipio mentre le stesse leggimunicipali sono talora imperfette ed abbisognano di discernimento comrsquoegravechiaro da ciograve che dice il Filosofo quando nel quinto libro [dellrsquoEtica] a Ni-comaco raccomanda lrsquoepiigravekia Ed invero le nazioni i regni e le cittagrave hanno co-stumi diversi lrsquouno dallrsquoaltro che occorre siano regolati con leggi diverse cheacuteappunto la legge egrave regola direttiva del vivere Cosigrave in un modo han da esserregolati gli Sciti i quali [hellip] dovendo sopportare una grande diversitagrave fra i

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152 CHIESA-TABARRONE Monarchia cit p 52 ad I XII 9 La stessa idea che spettiallrsquoimperatore intervenire per la reformatio dei regimi corrotti la troviamo nel De re-gimine civitatis di Bartolo da Sassoferrato cfr D QUAGLIONI Politica e diritto neltrecento italiano Il laquoDe tyrannoraquo di Bartolo da Sassoferrato (1314-1357) Con lrsquoedizio-ne critica dei trattati laquoDe Guelphis et Gebellinisraquo laquoDe regimine civitatisraquo e laquoDe ty-rannoraquo Firenze Olschki 1983 p 163 ll 315-24 dove si sottolinea il ruolo svoltodallrsquoimperatore Carlo IV nella riforma del governo di Siena e p 164 ll 354-57 Ladatazione del De regimine civitatis egrave da collocarsi tra il 1355 e il 1357 cfr D QUA-GLIONI laquoRegimen ad populumraquo e laquoregimen regisraquo in Egidio Romano e Bartolo da Sas-soferrato in laquoBullettino dellrsquoIstituto Storico Italiano per il Medio Evo e Archivio Mu-ratorianoraquo 87 1978 pp 201-28 p 201 n 1 Ma cfr anche quanto afferma sempreBartolo nelle glosse alle costituzioni pisane di Enrico VII (metagrave XIV secolo) laquocum im-perium fuit in statu et in tranquillitate totus mundus fuit in pace et tranquillitate uttempore Octaviani Augusti et cum Imperium fuit prostratum insurrexerunt diraetyrannidesraquo (in D QUAGLIONI Empire et monarchie aspects du deacutebat juridique citp 39)

153 Con la dimostrazione sulla quale non ci soffermiamo che laquoquod potest fieriper unum melius est per unum fieri quam per pluraraquo Mon I XVI 1-3

giorni e le notti sono oppressi da un rigore quasi intollerabile del freddo ein altro modo i Garamanti che abitando sotto il circolo equinoziale e tro-vandosi ad avere sempre la luce del digrave di durata eguale alle tenebre della not-te per il soverchio calore dellrsquoaria non tollerano di coprirsi di vesti Ma srsquohada intendere in guisa che il genere umano sia retto da lui in quello che ha dicomune e che compete a tutti gli uomini e con norma comune sia guidato al-la pace la qual norma o legge i principi particolari han da ricevere da lui(Mon I XIV 4-7)154

Il confronto con un passo del De regimine principum permette diprecisare meglio il pensiero dantesco Tolomeo da Lucca dalla con-statazione delle differenze di struttura fisica e di stile di vita fra quan-ti vivono in luoghi diversi fa infatti discendere lrsquoopportunitagrave di adat-tare la forma di governo (dispotico o politico) allrsquoindole servile o vi-rile e coraggiosa (cioegrave di chi laquoconfida nella forza del suo intellettoraquo)dei vari popoli in modo analogo a quanto avevano affermato gli an-tichi Greci fra cui Aristotele nella Politica a cui Tolomeo rimandaesplicitamente155 Dante invece si richiama ad Aristotele solo per ilprincipio della ἐπιείκεια156 ovvero per quella capacitagrave di adattare la

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154Mon I XIV 4-6 laquoSed humanum genus potest regi per unum suppremum prin-cipem qui est Monarcha Propter quod advertendum sane quod cum dicitur lsquohuma-num genus potest regi per unum suppremum principemrsquo non sic intelligendum estut minima iudicia cuiuscunque municipii ab illo uno inmediate prodire possint cumetiam leges municipales quandoque deficiant et opus habeant directivo [hellip] Habentnanque nationes regna et civitates intra se proprietates quas legibus differentibusregulari oportet est enim lex regula directiva vite Aliter quippe regulari oportet Sci-thas qui extra septimum clima viventes et magnam dierum et noctium inequalitatempatientes intolerabili quasi algore frigoris premuntur et aliter Garamantes qui subequinoctiali habitantes et coequatam semper lucem diurnam noctis tenebris habentesob estus aeris nimietatem vestimentis operiri non possuntraquo

155De regimine principum IV 8 e ARISTOTELE Polit VII 1327b Ma prima cfr an-che PS IPPOCRATE Sulle arie sulle acque e sui luoghi specialmente al cap 12 PLATO-NE Leggi V 747c-e

156 ARISTOTELE Eth V 1137b ma cfr anche TOMMASO Summa theol IIa-IIaeq 120 a 1 laquocum de legibus ageretur quia humani actus de quibus leges dantur insingularibus contingentibus consistunt quae infinitis modis variari possunt non fuitpossibile aliquam regulam legis institui quae in nullo casu deficeret sed legislatoresattendunt ad id quod in pluribus accidit secundum hoc legem ferentes quam tamenin aliquibus casibus servare est contra aequalitatem iustitiae et contra bonum com-mune quod lex intendit [hellip] In his ergo et similibus casibus malum esset sequi le-

legge alle varie circostanze insita anche nel concetto latino di aequi-tas157 La diversitagrave dei luoghi sembra allora solo richiedere misureparticolari per lo piugrave di ordine ldquopraticordquo ma la differenza fra i va-ri regimi politici che abbiamo vista riconosciuta e garantita nel XIIcapitolo della Monarchia non egrave assolutamente stabilita su basi etni-che158 Lrsquoimperatore puograve cosigrave dettare una comunis regula che riguar-di ciograve che egrave comune a tutto il genere umano percheacute questo sia con-dotto ad pacem159

La giurisdizione imperiale su nationes regna et civitates cosigrave co-me era intesa da Dante e dai giuristi medievali160 era evidentemen-

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gem positam bonum autem est praetermissis verbis legis sequi id quod poscit iusti-tiae ratio et communis utilitas Et ad hoc ordinatur epieikeia quae apud nos dicituraequitasraquo

157 Cfr SCHIAVONE Ius cit p 259 con passi citt a p 461 nota 47 Ma vd ancheil passo sopra riportato di Tommaso Sempre in TOMMASO Summa theol Ia-IIae q 95a 1 troviamo la definizione laquolex omnis directiva est actuum humanorumraquo

158 Cfr EM PETERS The Frowning Pages Scythians Garamantes Florentinesand the Two Laws in The lsquoDivine Comedyrsquo and the Encyclopedia of Arts and Scienceed by GC Di Scipio and A Scaglione Amsterdam-Philadelphia John Benjamins Pu-blishing Company 1988 pp 285-314 ristampato con la medesima impaginazione inID Limits of thought and power in Medieval Europe Aldershot-Burlington [VT]Ashgate 2001 specialmente pp 298-99 dove si sostiene che il riconoscimento di laquoacertain degree of local autonomy in lawmakingraquo ai popoli come gli Sciti e i Garamantiposti rispettivamente allrsquoestremo nord e sud dellrsquoecumene serva per contrasto asottolineare come invece i popoli al centro dellrsquoimpero non possano in nessun aspet-to derogare da quella laquoimperial lawraquo che coincide con la laquoratio scriptaraquo

159Mon I XIV 7 laquoSed sic intelligendum est ut humanum genus secundum sua co-munia que omnibus competunt ab eo regatur et comuni regula gubernetur ad pacemQuam quidem regulam sive legem particulares principes ab eo recipere debentraquo

160 laquoIl faudrait toujours rappeler que durant le Moyen Acircge juridique et politiqueles concepts de souveraineteacute et drsquoautonomie srsquoexpriment dans la figure du ldquoseigneurlontainrdquo drsquoun pouvoir impeacuterial drsquoun imperium dont lrsquoexistence est neacutecessaire pourassurer toute une construction eacutethico-juridique mais qui ne peut avoir la preacutesence me-naccedilante drsquoun pouvoir envahissant et despotiqueraquo QUAGLIONI Empire et monarchieaspects du deacutebat juridique cit p 41 Ma cfr anche Mon III X 10 laquoImperium est iu-risdictio omnem temporalem iurisdictionem ambitu suo comprehendensraquo dove Dan-te ricalca la formula della l Omnis iurisdictio vd sempre D QUAGLIONI Il diritto co-mune pubblico e le leggi di Roncaglia nuove testimonianze sulla l laquoOmnis iurisdictioraquoin Gli inizi del diritto pubblico lrsquoetagrave di Federico Barbarossa legislazione e scienza deldiritto = Die Anfaenge des oeffentlichen Rehts Gesetzgebung im Zeitalter FriedrichBarbarossas und das gelehrte Recht Bologna-Berlin Il Mulino-Duncker amp Humblot

te ben diversa da quella esercitata dallrsquoantica Roma sui vari popoli ecittagrave caduti sotto il suo dominio ma lrsquoautonomia nel senso etimo-logico del termine delle varie cittagrave (specialmente nelle provinceorientali)161 era comunque stata un fattore giuridico e ideologico digrande importanza nel costituirsi e stabilizzarsi dellrsquoantico imperoromano cosigrave come lrsquoidea di una ldquodoppia cittadinanzardquo ovvero diquella romana e di quella della propria civitas di provenienza a sca-pito di ogni piugrave vasta realtagrave etnico-provinciale162 E molto probabil-mente giagrave Ottone di Frisinga contemporaneo e amico di FedericoBarbarossa quando aveva definito il potere dellrsquoimperatore comeun patrocinium sul mondo163 aveva voluto ricollegarsi a questo ca-rattere non ldquomonoliticordquo dellrsquoantico impero romano

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2007 p 47-65 (Annali dellrsquoIstituto storico italo-germanico Contributi = Jahrbuchdes Italienisch-deutschen historisches Instituts in Trient Beitraumlge 19) ID Vecchie enuove testimonianze sulla l laquoOmnis iurisdictioraquo in Iuris historia liber amicorum Ge-ro Dolezalek a cura di V COLLI E CONTE Berkeley Calif Robbins Collection 2008p 89-104 Ma vd anche supra gli studi citati alla n 134

161 Come durante il periodo della sua espansione in Italia Roma aveva in alcunicasi permesso alle varie cittagrave italiche di mantenere in parte i loro ordinamenti (Li-neamenti di storia del diritto romano sotto la direzione di M Talamanca Giuffregrave Mi-lano 1989 pp 247-50) cosigrave in seguito concede a molte cittagrave dellrsquoOriente greco la con-dizione di civitates liberae foederate o sine foedere la cui autonomia sempre relativanaturalmente ovvero la possibilitagrave di governarsi in alcuni ambiti secondo proprie leg-gi era sancita o meno da un trattato cfr Lineamenti di storia del diritto romano citpp 506-10 e V MAROTTA Conflitti politici cittadini e governo provinciale NapoliLoffredo 2004 pp 17-23 con note e bibliografia Il diritto allrsquoautonomigravea e allrsquoeleu-therigravea che consisteva oltre che nel potersi governare con leggi proprie e nel non pa-gare tributi anche nella libertagrave dallrsquoinvio di presidi esterni era considerato il fonda-mento stesso della polis greca di etagrave classica e venne ribadito da Flaminino quando nel196 aC proclamograve la libertagrave della Grecia (POLYB XVIII 46 5) cfr M SORDI Intro-duzione dalla lsquokoinegrave eirenersquo alla lsquopax Romanarsquo cit pp 3-16 EAD Panellenismo elaquokoine eireneraquo in I Greci a cura di S Settis 2 III Una storia greca TrasformazioniTorino Einaudi 1998 pp 5-20 con fonti e bibliografia

162 Lrsquoosservazione egrave piugrave che appurata e documentata nella stragrande maggio-ranza degli studi sullrsquoantico impero romano rimando solo al recente S RODA Il mo-dello della repubblica imperiale romana fra mondo antico e moderno Milano Mon-duzzi 2011 in particolare pp 5-74 e 145-53 Sulla doppia cittadinanza nel mondo ro-mano rimando al ldquoclassicordquo AN SHERWIN-WHITE The Roman citizenship OxfordClarendon Press 19732 (1 ed 1939) pp 271-72 e 291-311

163 laquoAd imperatorem totius orbis spectat patrociniumraquo ChroniconVII 34 (MHGScriptores rerum Germanicarum in usum scholarum separatim editi vol 45 OTTONIS

La sovranitagrave imperiale cosigrave come egli la concepiva si estendeva infattisulle nazioni i principati e le cittagrave della cristianitagrave occidentale ma lrsquoimpera-tore non intendeva sostituirsi ai loro governanti nellrsquoesercizio quotidiano del-lrsquoautoritagrave Cosigrave come la Roma antica aveva rispettato almeno formalmentele autonomie municipali e ammesso la doppia cittadinanza [hellip] allrsquoimpera-tore bastava che tutti papa compreso riconoscessero il carattere universaledel suo potere che veniva da Dio e faceva di lui lrsquoincarnazione della giusti-zia e della legge164

E cosigrave viene tratteggiato lrsquoimpero nel I libro della Monarchia unimpero garante della pace assicurata attraverso lrsquoesercizio della giu-stizia e di un diritto che pur nel rispetto delle ldquoautonomie localirdquodetta ai particulares principes una regulam sive legem (Mon I XIV 7)anche a tutela della libertagrave dei singoli cives165

24 laquoRomanum Imperium [hellip] a Deo volitum et per consequensde iure fuit et estraquo (Mon II IV 4)

Il II libro della Monarchia egrave interamente dedicato a dimostrareche i Romani costituirono di diritto il loro Impero e non giagrave unica-mente con la forza cosa questrsquoultima che lo stesso Dante ammettedi aver in precedenza pensato166

Lrsquoautore vuole stabilire anzitutto (come nel primo libro) una ve-ritagrave a cui fare riferimento costante nel seguito della argomentazione(Mon II II 1) e per questo osserva che quanto esiste di bene nel

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EPISCOPI FRISINGENSIS Chronica sive Historia de duabus civitatibus editio altera re-cognovit A HOFMEISTER Hannoverae et Lipsiae Impensis bibliopolii Hahniani1912 p 367)

164 A GIARDINA-A VAUCHEZ Il mito di Roma Da Carlo Magno a Mussolini Ro-ma-Bari Laterza 2000 p 44

165 Ma cfr anche il sect 23 dellrsquoEpistola VI ai Fiorentini dove lrsquoAlighieri sostiene chechi cospira contro lrsquoimperatore non egrave libero in quanto solo lrsquoobbedienza alle leggi dagravela libertagrave e lrsquoimperatore egrave laquolegum princeps itaque solis existentibus liberis qui vo-luntarie legi obediunt quos vos esse censebitis qui dum pretenditis libertatis affec-tum contra leges universas in legum principem conspiratisraquo

166Mon II I 2 laquoAdmirabar equidem aliquando romanum populum in orbe ter-rarum sine ulla resistentia fuisse prefectum cum tantum superficialiter intuens il-lum nullo iure sed armorum tantummodo violentia obtinuisse arbitrabarraquo

mondo deriva da Dio e che quindi il diritto che egrave un bene si trovainnanzitutto nella mente divina ed egrave da Dio voluto167 Ma se il dirit-to egrave immagine della volontagrave divina chiedersi se una cosa sia statafatta di diritto equivale allora chiedersi se sia stata fatta secondo lavolontagrave di Dio168 da ciograve discende il principio su cui si fonderagrave tut-ta lrsquoargomentazione del II libro che quanto Dio vuole in seno alla so-cietagrave umana deve essere stimato come vero e puro diritto169 Postoquesto principio Dante per dimostrare il diritto dei Romani allrsquoIm-pero ricorreragrave a fatti incontestabili e a testimonianze autorevoli ca-paci di render manifesta lrsquoinvisibile volontagrave di Dio che ha voluto lrsquoaf-fermazione dellrsquoimpero romano170 Non credo che questa premessasia sufficiente a definire la posizione di Dante in tema di diritto co-me una posizione laquovolontaristicaraquo tout court (laquola giustizia non comeespressione della ragione ma dellrsquoimperscrutabile volontagrave di Dioraquo)opposta a quella laquorazionalisticaraquo propria a S Tommaso171 e pertan-

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167Mon II II 4 laquoEx hiis iam liquet quod ius cum sit bonum per prius in menteDei est et cum omne quod in mente Dei est sit Deus iuxta illud ldquoQuod factum estin ipso vita eratrdquo et Deus maxime se ipsum velit sequitur quod ius a Deo prout ineo est sit volitum Et cum voluntas et volitum in Deo sit idem sequitur ulterius quoddivina voluntas sit ipsum iusraquo

168 Mon II II 5-6 laquoEt iterum ex hoc sequitur quod ius in rebus nichil est aliudquam similitudo divine voluntatis unde fit quod quicquid divine voluntati non con-sonat ipsum ius esse non possit et quicquid divine voluntati est consonum ius ipsumsit Quapropter querere utrum de iure factum sit aliquid licet alia verba sint nichiltamen aliud queritur quam utrum factum sit secundum quod Deus vultraquo

169 Mon II II 6 laquoHoc ergo supponatur quod illud quod Deus in hominum so-tietate vult illud pro vero atque sincero iure habendum sitraquo

170 Mon II II 7-8 laquoPropter quod sufficienter argumenta sub invento principioprocedent si ex manifestis signis atque sapientum autoritatibus ius illius populi gloriosiqueratur Voluntas quidem Dei per se invisibilis est et invisibilia Dei ldquoper ea que fac-ta sunt intellecta conspiciunturrdquo nam occulto existente sigillo cera impressa de illoquamvis occulto tradit notitiam manifestam Nec mirum si divina voluntas per signaquerenda est cum etiam humana extra volentem non aliter quam per signa cernaturraquo

171 Cosigrave Fassograve che a proposito di Tommaso afferma laquola legge naturale fonte an-che della legge umana egrave conformemente allrsquoinsegnamento classico ragione ragionenaturale Il criterio grazie al quale lrsquouomo distingue il bene dal male e che gli egrave guidae regola nelle sue azioni egrave la sua ragione Questa ragione egrave parte (participatio) della ra-gione divina che egrave legge eterna ma lrsquouomo la trova in seacute nella propria natura e la stes-sa legge eterna alla quale essa puograve essere ricondotta egrave razionalitagrave non volontagrave arbi-traria di Dio percheacute Dio nel quale volontagrave e ragione coincidono non puograve volere se

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non ciograve che egrave razionale La ragione umana certo egrave limitata mentre quella divina nonha limiti e corrispondentemente la legge naturale non egrave che una parte della leggeeterna ma in ciograve per cui la prima partecipa della seconda esse sono ugualiraquo (FASSOgraveStoria della filosofia del diritto I cit p 215) Mentre a proposito di Dante laquouno deipochi argomenti a proposito dei quali il sommo poeta si allontana dal tomismo e dal-lrsquoaristotelismo accogliendo invece concezioni volontaristiche di ispirazione agosti-niana egrave quello della giustizia e del diritto Egli intende infatti la giustizia non comeespressione della ragione ma dellrsquoimperscrutabile volontagrave di Dio fino a rappresen-tarla come inaccessibile alla conoscenza umanaraquo (p 221)

172 Lrsquoespressione laquoinvenzione del dirittoraquo si riferisce evidentemente al sottotito-lo del volume di Schiavone (Ius) piugrave volte citato alle cui pagine rimando ancora lagravedove si sottolinea proprio lrsquoalto grado di razionalitagrave a cui il ius era giunto giagrave nellrsquoul-timo secolo della Repubblica grazie a una laquorivoluzione scientificaraquo che aveva tra-sformato le norme da laquoatti di volontagraveraquo a laquoatti di conoscenza e di applicazione di unascienzaraquo in modo da ridurre i rapporti sociali a un laquoquadro di formeraquo che impone-vano laquoalla ragione un continuo sforzo di adeguamento in cui innanzitutto consiste-va la veritagrave del dirittoraquo SCHIAVONE Ius cit pp 246-47 ma cfr anche pp 171-97con p 177 laquola regola giuridica non sarebbe apparsa altrimenti che come un atto diconoscenza e non di volontagrave un adeguamento del pensiero allrsquoessere il risultato diunrsquooperazione conoscitiva razionalmente controllabile in ogni sua fase del tutto sot-tratta allrsquoarbitrio alla sopraffazione al dominioraquo

173 Riportato supra alla n 167174Mon II II 2-4 laquoEst enim natura in mente primi motoris qui Deus est deinde

to di fatto lontana da quel diritto che fu una assoluta laquoinvenzioneraquodella ragione umana ovvero di quella romana172 O almeno si devericonoscere nellrsquoopera dellrsquoAlighieri la presenza di differenti conce-zioni del diritto che variano in funzione dei diversi contesti argo-mentativi e che quindi non risultano sempre facilmente conciliabi-li fra loro E infatti abbiamo visto sopra un passo del Convivio (IVIX 8-9) in cui il diritto egrave proprio quel ius ereditato dai Romani di cuisi riconosce lrsquoascendenza giusnaturalistica e quindi la conformitagrave auna laquoratio summa insita in naturaraquo (per dirla con Cicerone nel De le-gibus I 18) di cui egrave partecipe la ragione umana evidentemente que-sta ratio non potragrave per Dante non essere compresa anche e innanzi-tutto nella mens Dei e non potragrave quindi essere in contrasto colla Suavolontagrave in questo senso forse si puograve leggere quanto affermato nelII capitolo del II libro della Monarchia (Mon II II 4)173 anche percheacutenei primi paragrafi di questo stesso capitolo Dante si egrave preoccupa-to di ribadire il nesso fra Dio e la natura che laquoegrave nella mente del pri-mo motore che egrave Dioraquo (II II 2) proprio come il diritto174 E nel VI ca-

pitolo sempre del II libro si istituisce unrsquoesplicita equivalenza fralrsquoordine stabilito dalla natura e il diritto175 E ancora il principio sucui si fonderanno tutte le argomentazioni del successivo III libro egravela laquoirrefragabilis veritas [hellip] quod illud quod nature intentioni re-pugnat Deus nolitraquo (Mon III II 2) Tutti passi da cui difficilmente sipuograve dedurre che Dante concepisca il diritto come espressione di unavolontagrave divina assolutamente arbitraria rispetto alle leggi della naturae rispetto quindi anche alla ragione naturale dellrsquouomo176

Certo che in questo II libro della Monarchia aver posto il prin-cipio che quanto avviene tra gli uomini egrave conforme al diritto quan-do coincide con la volontagrave di Dio significa poi dedurre la presenzadel ius semplicemente da fatti favoriti consentiti insomma ldquovolutirdquoda Dio Cosigrave ad esempio nel IV capitolo Dante dopo aver definitoil miracolo come ciograve che avviene per intervento diretto della volon-tagrave di Dio indipendentemente dallrsquoordine naturale (Mon II IV 1)177sostiene che laquolrsquoImpero romano nel suo venire a perfezione fu aiuta-

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in celo tanquam in organo quo mediante similitudo bonitatis ecterne in fluitantemmateriam explicatur [hellip] et quod quicquid est in rebus inferioribus bonum cum abipsa materia esse non possit sola potentia existente per prius ab artifice Deo sit et se-cundario a celo quod organum est artis divine quam lsquonaturamrsquo comuniter appellantEx hiis iam liquet quod ius cum sit bonum per prius in mente Dei estraquo

175 Mon II VI 3 laquolrsquoordine naturale nelle cose non puograve mantenersi senza il dirit-to poicheacute il fondamento del diritto egrave inseparabilmente connesso con questrsquoordinedunque egrave necessario che lrsquoordine si mantenga di dirittoraquo (laquoordo naturalis in rebus ab-sque iure servari non possit cum inseparabiliter iuris fundamentum ordini sit anne-xum necesse igitur est ordinem de iure servariraquo) ma su questo capitolo vd infra

176 Ancora esempi di questa connessione fra la volontagrave di Dio la natura e la ra-gione umana connessione che si esprime proprio nel diritto si possono riscontrareanche nella epistola VI dellrsquoAlighieri laquoNempe legum sanctiones alme declarant ethumana ratio percontando decernit [hellip]raquo (sect 7) o ancora laquoet hoc Deus et natura nonvult et mortalium penitus abhorreret adsensusraquo sectsect 22 laquosacratissimis legibus que ius-titie naturalis imitantur ymaginemraquo (ibidem) Ma cfr anche lrsquoinizio di questa stessaEpistola (sect 2) dove di particolare interesse appare il nesso stabilito fra provvidenza di-vina impero e una vita ldquocivilerdquo secondo quanto richiede la ldquonaturardquo laquoEterni pia pro-videntia Regis [hellip] sacrosancto Romanorum Imperio res humanas disposuit guber-nandas ut sub tanti serenitate presidii genus mortale quiesceret et ubique naturaposcente civiliter degereturraquo

177 Secondo la definizione di TOMMASO Contra gent III 101 (laquohaec autem quaepraeter ordinem communiter in rebus statutum quandoque divinitus fiunt miraculadici solentraquo) a cui Dante rimanda

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 101

178 Mon II IV 4 laquoromanum Imperium ad sui perfectionem miraculorum suffra-gio est adiutum ergo a Deo volitum et per consequens de iure fuit et estraquo

179 Mon II IV 5 laquoQuod autem pro romano Imperio perficiendo miracula Deusportenderit illustrium autorum testimoniis comprobaturraquo Anche nellrsquoepistola V neisectsect 22-25 si sostiene che laquoDeum romanum Principem predestinasse relucet in miris ef-fectibus [hellip] Nam si a prima scintillula huius ignis revolvamus preterita ex quo scili-cet Argis hospitalitas est a Frigibus denegata et usque ad Octaviani triumphos mundigesta revisere vacet nonnulla eorum videbimus humane virtutis omnino culmina tran-scendisse et Deum per homines tanquam per celos novos aliquid operatum fuisseraquo

180 Dante cita LIVIO (cfr I 20 4 e V 54 7) e LUCANO Phars IX 477-80181 Anche qui sono ricordati LIVIO (cfr V 47 4-6) e multi scriptores illustres non

meglio precisati si cita infine VERG Aen VIII 652-56182 Di nuovo LIVIO (cfr XXVI 11 1-8)183 Anche in questo caso pur se non menzionata espicitamente la fonte potreb-

be essere LIVIO II 13 6-11 Ma in questi episodi osservano CHIESA-TABARRONE Com-mento in Monarchia cit p 93 ad II IV 3 laquomolti particolari cui Dante accenna nonsi ritrovano in Livio ma sono riferiti da altri storici romani senza che qualcuno di es-si sia identificabile con sicurezza come fonte diretta Lo scrittore sta probabilmentericordando a memoria episodi vulgati che erano di dominio comune negli ambientiscolastici e circolavano con piccole varianti narrative la menzione di Livio vuole rial-lacciarsi alla tradizione piugrave nobile della storiografia romana anticaraquo

184 Vd supra e n 62

to dal concorso di miracoli dunque fu voluto da Dio e per conse-guenza fu ed egrave di dirittoraquo178 E laquoche poi Dio compiesse miracoli nelrecare a perfezione lrsquoImpero romano egrave dimostrato dalla testimo-nianza illustrium autorumraquo179 Gli esempi della storia romana ripor-tati in questo capitolo con la menzione degli laquoillustri autoriraquo che litestimoniano sono quello dellrsquoancile caduto mentre Numa sacrifi-cava agli degravei180 quello delle oche del Campidoglio181 quello dellagrandinata che avrebbe dissuaso Annibale dal dirigersi verso Ro-ma182 e quello della traversata del Tevere a nuoto di Clelia183 Da os-servare che nel passo del Convivio in cui Dante voleva ugualmentedimostrare lrsquointervento divino a favore dei Romani abbiamo trova-to solo uno di questi esempi quello delle oche del Campidoglio glialtri esempi del primo trattato mostravano infatti lrsquointervento divi-no ma ldquomediatordquo se cosigrave si puograve dire dalla virtus umana che costi-tuiva il focus della argomentazione dantesca184 Nella Monarchia in-vece Dante vuole piugrave propriamente dimostrare lrsquointervento direttodel ldquosoprannaturalerdquo come segno della volontagrave divina che egrave inter-

FRANCESCA FONTANELLA102

185 Cfr CHIESA-TABARRONE Commento in Monarchia cit p 92 ad II IV 3 e p 93dove di nuovo si osserva che quella di Dante egrave laquouna prospettiva ricalcata su quella vir-giliana che legge la storia romana antica come preparazione dellrsquoimpero di Augustodestinato a portare a pienezza il progettoraquo

186 E anche nel caso in cui lrsquoimpresa sembra piugrave dovuta alla prodezza umana ecioegrave in quello di Clelia Dante sottolinea che la giovane fu laquomiro Dei auxilio adiutaraquo(Mon II IV 10) Ancora piugrave netta quindi la distanza da Agostino che se poteva in cer-ta misura riconoscere i meriti della virtus romana certamente non accettava ma an-zi confutava lrsquointervento della divinitagrave nei piugrave famosi episodi della storia di Roma pa-gana cfr ad es De civitate II 2 III 20

venuta nellrsquoantica storia di Roma ovvero nella fase formativa di quel-lrsquoimpero che ne costituiragrave poi la compiuta realizzazione185 non egrave in-fatti un caso che per la seconda guerra punica si ricordi la grandinee non la laquofranchezzaraquo di laquoquel benedetto Scipioneraquo (Convivio IV V19)186

25 laquoRomanus populus per duellum acquisivit Imperium ergo deiure acquisivitraquo (Mon II IX 21)

Anche nei capitoli VII-IX del II libro la concezione di Dante inmateria di diritto appare a prima vista assolutamente volontaristicaDopo aver distinto nel VII capitolo fra le vicende in cui il giudizio diDio (divinum iudicium) egrave manifesto (o grazie alla ragione o grazie al-la fede Mon II VII 1-6) e quelle in cui egrave occulto (Mon II VII 7)Dante distingue in questrsquoultimo caso quando tale giudizio irrag-giungibile dallrsquouomo si palesa attraverso una rivelazione diretta omediante una prova decisiva (ibidem) La rivelazione mediante unaprova si ha o con un sorteggio o con un leale confronto (laquoaut sorteaut certamineraquo VII 9) e di nuovo allrsquointerno del certamen si distinguequando questo avviene laquoex collisione virium sicut fit per duellumraquooppure quando avviene laquoex contentione plurium ad aliquod signumprevalere conantium sicut fit per pugnam athletarum currentiumad braviumraquo (ibidem) LrsquoVIII e il IX capitolo illustrano invertendolrsquoordine prima enunciato come il giudizio divino nei due tipi di cer-tamina si sia palesato a favore dei Romani lrsquoVIII dimostrando chelaquoRomanus populus cunctis athletizantibus pro imperio mundi pre-

valuitraquo (VIII 2) il IX che laquoromanus populus per duellum acquisivitImperium ergo de iure acquisivitraquo (IX 21)

In particolare nellrsquoVIII si dimostra che i Romani sono riusciti araggiungere quella meta che consiste in laquoomnibus preesse mortali-bus hoc enim lsquoImperiumrsquo dicimusraquo meta che laquonulli contigit nisi ro-mano populoraquo (VIII 2) dato che non era stata raggiunta dagli altrildquocontendentirdquo ovvero dagli Assiri dagli Egiziani dai Persiani e daiMacedoni (VIII 3-10) Qui Dante riprende il ben noto motivo dellasuccessione degli imperi che pur con variazioni sia negli imperi elen-cati sia nel valore ideologico attribuitole si puograve considerare laquounacostante del pensiero politico-storico grecoraquo187 trovandosi in Ero-doto in Ctesia (dove egrave giagrave presente la sequenza di Assiria Media ePersia) e quindi negli scrittori greci di etagrave ellenistica188 Si discute selrsquoorigine di tale teoria sia greca189 o non piuttosto orientale rintrac-ciabile nellrsquoambito di testi iranici eo delle profezie dinastiche babi-lonesi190 Qualunque ne sia lrsquoorigine essa ricorre nel libro di Danie-le (II 31-35 e VII 1-7) di ambiente ellenistico-giudaico dove perogravenon vengono identificati esplicitamente i vari imperi che si succe-

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 103

187 A MOMIGLIANO Daniele e la teoria greca della successione degli imperi inlaquoRendiconti dellrsquoAccademia Nazionale dei Lincei Classe di Scienze Morali Storichee Filologicheraquo XXXV 1980 pp 157-62 ora in ID La Storiografia Greca Torino Ei-naudi 1982 pp 293-301 p 295

188 Cfr D MENDELS The Five Empires a Note on a Propagandistic Topos inlaquoAmerican Journal of Philologyraquo CII 1981 pp 330-37 A MOMIGLIANO The originsof Universal History in laquoAnnali della Scuola Superiore Normale di Pisaraquo XII 1982pp 533-60 ora in ID Settimo contributo alla storia degli studi classici e del mondo an-tico Roma Edizioni di Storia e Letteraura 1984 pp 77-103 JM ALONSO NUacuteNtildeEZTrogue-Pompeacutee et lrsquoimpeacuterialisme romain in laquoBulletin de lrsquoAssociation G Budeacuteraquo 1990pp 72-86 p 83 JL FERRARY Lrsquooikoumene LrsquoOrient e lrsquoOccident drsquoAlexandre leGrand agrave Auguste histoire et historiographie in Convegno per Santo Mazzarino Attidel Convegno (Roma 9-11 maggio 1991) Roma LrsquoErma di Bretschneider 1998 pp97-132 specialmente pp 122-30

189 Cosigrave tutti gli studi citati alla nota precedente 190 Cfr JW SWAIN The theory of the four monarchies Opposition History under

the Roman Empire in laquoClassical Philologyraquo XXXV 1940 pp 1-21 D FLUSSER Thefour Empires in the fourth Sybil and in the book of Daniel in laquoIsrael Oriental StudiesraquoII 1972 pp 148-75 e M MAZZA Roma e i quattro imperi Temi della propaganda nel-la cultura ellenistico-romana in laquoStudi e materiali di storia delle religioniraquo LXII 1996pp 315-50 specialmente pp 333-45

FRANCESCA FONTANELLA104

191 PL 25 coll 503-504 528-530 Ma lrsquoinserzione di Roma (perograve come quinto im-pero dopo Assiria Media Persia e Macedonia) egrave giagrave attestata come ci informa unaglossa in VELLEIO PATERCOLO I 6 6 nellrsquoopera De annis populi Romani di un certoEmilio Sura non altrimenti noto databile probabilmente attraverso unrsquoanalisi inter-na del passo agli anni fra il 189 (sconfitta di Antioco III a Magnesia) e il 171 aC(prima della terza guerra Macedonica e di Pidna) SWAIN The theory of the four mo-narchies cit pp 2-12 MOMIGLIANO Daniele e la teoria greca della successione degliimperi cit p 294 JM ALONSO NUacuteNtildeEZ Aemilius Sura in laquoLatomusraquo XLVIII 1989pp 110-19 pp 110-12 ID Trogue-Pompeacutee et lrsquoimpeacuterialisme romain cit p 83 F GASCOacute La teoria de los cuatro imperios Reiteracioacuten y adaptacioacuten ideologica I Roma-nos y griegos in laquoHabisraquo XII 1981 pp 179-96 ora in ID Opuscola Selecta SevillaUniversidad 1996 pp 13-26 p 16 [contro questa datazione cfr MENDELS The FiveEmpires cit pp 330-32 (seconda metagrave I secolo aC) MAZZA Roma e i quattro im-peri cit pp 323-33 e FERRARY Lrsquooikoumene cit p 130 (etagrave cesariana)] Il tema pa-re ritrovarsi in POLIBIO (dove certamente crsquoegrave il paragone fra Roma e lrsquoegemonia spar-tana e lrsquoimpero macedone in I 2 1 ma forse anche proprio una menzione della suc-cessione ldquocanonicardquo degli imperi in XXXVIII 22 1-3 MOMIGLIANO Daniele e la teoriagreca della successione degli imperi cit pp 294-95 contra MAZZA Roma e i quattroimperi cit pp 318-23 e FERRARY Lrsquooikoumene cit pp 122 e 126 con nota 108) equindi in Pompeo Trogo che lo usa come schema per la sua storia universale (comesi evince dai Prologi unica parte dellrsquoopera pervenutaci al di fuori dellrsquoEpitome for-nitaci da Giustino) Nel contesto dellrsquoopera di Polibio e ancor di piugrave di quella di Pom-peo Trogo (per quello che possiamo ricostruire) lrsquouso del topos sembra perograve potergettare unrsquoombra sulla potenza romana insinuando lrsquoidea che essa potesse essere asua volta ldquorimpiazzatardquo da una nuova egemonia ALONSO NUacuteNtildeEZ Trogue-Pompeacutee etlrsquoimpeacuterialisme romain cit E GABBA Dionigi e la storia di Roma arcaica Bari Edi-puglia 1996 p 169 Bisogna arrivare a DIONIGI DI ALICARNASSO (I 2 1-4) e successi-vamente ad ELIO ARISTIDE (A Roma 91) e ad APPIANO (Praef 8-10) per trovare svol-to il tema in modo inequivocabilmente favorevole a Roma (mentre ancora in chiaveanti-romana lo troviamo in DIONE DI PRUSA Or LXXIX 6 su cui vd P DESIDERI Dionedi Prusa Un intellettuale greco nellrsquoimpero romano Messina-Firenze DrsquoAnna 1978pp 175-76 nota 5 e p 234)

dono Girolamo nel commento ai passi di Daniele (ripreso anchenella Glossa Ordinaria) li identifica con Babilonesi Persiani Mace-doni e Romani191 non menzionando quindi a differenza del passodella Monarchia gli Egiziani mentre Orosio in due passi delle Hi-storiae (II 1 4 VII 2 4) presenta la successione degli imperi dandolrsquoordine Babilonesi Macedoni Africani (Cartagine) Romani quan-do perograve tratta la storia dellrsquoOriente dettaglia i vari popoli e vi tro-viamo Nino e Semiramide (I 4) Vesoze re dellrsquoEgitto (I 14) Ciro (II6) e Serse (II 10) Ed infatti Dante rimanda esplicitamente ad Oro-

sio sia riguardo a Nino e Semiramide192 che riguardo a Vesoze193Sembra quindi ragionevole supporre che Dante abbia tenuto pre-sente lrsquoordine di Girolamo integrandolo con ciograve che leggeva nellestorie di Orosio194 per concludere infine che se il popolo Romanoprevalse su tutti gli altri laquode divino iudicio prevaluit et per conse-quens de divino iudicio obtinuit quod est de iure obtinuisseraquo (MonII VIII 15) Ma anche per questa argomentazione che si riferisce loabbiamo detto a quei casi in cui il giudizio divino non egrave raggiungi-bile tramite la ragione e che farebbe quindi coincidere il diritto so-lo con il riconoscimento di una volontagrave divina imperscrutabile al-lrsquouomo egrave stato ipotizzato che Dante avesse in mente un riferimentogiuridico rintracciabile nelle glosse sul certamen sacrum195

Ancora nel IX capitolo il presupposto che laquoquod per duellumacquiritur de iure acquiriturraquo (Mon II IX 1) in quanto anche il duel-lum egrave un certamen in cui si manifesterebbe il giudizio di Dio egrave un

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 105

192Mon II VIII 3 laquoPrimus nanque in mortalibus qui ad hoc bravium anelavit Ni-nus fuit Assiriorum rex qui quamvis cum consorte thori Semiramide per nonagintaet plures annos ut Orosius refert imperium mundi armis temptaveritraquo Il riferimen-to a due versi delle Metamorfosi di OVIDIO (IV 58 e 88 nellrsquoepisodio di Piramo e Ti-sbe) dove si menzionano Nino e Semiramide sono laquopuri abbellimentiraquo CHIESA-TA-BARRONE Commento in Monarchia cit p 123 ad II VIII 4

193 Mon II VIII 5 laquoSecundus Vesoges rex Egipti ad hoc bravium spiravit etquamvis meridiem atque septentrionem in Asya exagitaverit ut Orosius memoratnunquam tamen dimidiam partem orbis obtinuitraquo Ma cfr F FABBRINI Paolo OrosioUno storico Roma Edizioni di Storia e Letteratura 1979 p 26 proprio in rapportoa questo capitolo della Monarchia

194 Cosigrave anche Kay in DANTErsquoSMonarchia Translated with a commentary by RKAY Toronto Pontifical Institute of mediaeval studies 1998 ad loc

195 Cfr CANCELLI sv Diritto romano in Enciclopedia Dantesca cit laquoNel di-fendere i Romani dallrsquoaccusa di latrocinio si richiama al duello ndash istituto come ognu-no sa di origine germanica ndash su cui si pronuncia il giudizio di Dio ma i contenden-ti sono detti anche atleti (Mn II VII e VIII) ciograve che si capirebbe poco se non fosse chei testi del diritto gli porgevano opportuni sostegni Qui sono considerati gli atletiche disputano un certamen sacrum (Cod 10 54 (53) c un) la cui posta non egrave la mer-ces ma il trionfo della virtugrave secondo quanto si esplicava alla gl Athletae ad DigXXVII 1 8 [6 6] Et erant athletae qui sine mercede virtutis gratia certabant et cer-taminibus sacris deserviebant Lrsquoaver quindi il popolo romano disputato un certamensacrum ndash quindi divino ndash e averlo vinto volta a volta contro i vari popoli non puogravenon indurre il duplice fondamento giuridico e divino del suo possesso e dominiodel mondoraquo

argomento in apparenza esclusivamente ricollegabile alla tradizionegermanica e in particolare longobarda introdotta con lrsquoeditto di Ro-tari del 643 sopravvissuta per qualche secolo ma quasi scomparsaallrsquoepoca di Dante anche percheacute combattuta laquosempre piugrave risoluta-mente dal magistero ecclesiastico e dalle scuola di giurispruden-zaraquo196 In questa argomentazione lrsquoAlighieri pare quindi distanziarsinettamente dalla tradizione giuridica romana Eppure come egrave sta-to anche di recente evidenziato la dimostrazione (Mon II IX 12-18)che romanus populus per duellum acquisivit Imperium ergo de iureacquisivit (Mon II IX 21) si svolge facendo continuo riferimento al-la laquoautoritagrave del De officiis di Cicerone [hellip] disseminato verbaliterlungo tutto il paragraforaquo197 Dante si richiama infatti esplicitamentedue volte al trattato ciceroniano per stabilire in via preliminare quel-le regole per le quali uno scontro puograve essere definito un ldquoduellordquo laprima regola egrave che vi si debba ricorrere solo dopo aver prima tenta-to in tutti i modi una soluzione pacifica cosigrave come Cicerone nel Deofficiis (I 34)198 aveva raccomandato a proposito dellrsquointrapresa del-la guerra (Mon II IX 3)199 E la seconda regola (ma giagrave anticipata inMon II IX 2) egrave che i duellanti debbano affrontarsi di comune ac-

FRANCESCA FONTANELLA106

196 Cfr FIORELLI Sul senso del diritto nella laquoMonarchiaraquo cit p 93 e tutte le pp90-97 dove si traccia una breve storia del duellum giudiziario in Italia e dellrsquoopposi-zione nei suoi confronti Ma cfr eg anche TOMMASO Super sententiis III dist 39 q 1art 2 qc 2 arg 3 laquoPraeterea in sortibus et judiciis quae fiunt per ignem et aquamvel per duellum expectatur divinum testimonium et propter hoc sunt prohibita quiain his videtur esse quaedam Dei tentatioraquo

197 C DI FONZO laquoAequitasraquo e giustizia retributiva nel Paradiso di Dante in Chal-lenging centralism cit pp 43-52 p 43

198 CIC De off I 34 laquoAtque in re publica maxime conservanda sunt iura belliNam cum sint duo genera decertandi unum per disceptationem alterum per vimcumque illud proprium sit hominis hoc beluarum confugiendum est ad posterius siuti non licet superioreraquo

199Mon II IX 3 laquoSed semper cavendum est ut quemadmodum in rebus bellicisprius omnia temptanda sunt per disceptationem quandam et ultimum per preliumdimicandum est ut Tullius et Vegetius concorditer precipiunt hic in Re militari illevero in Offitiisraquo In effetti anche VEGEZIO nel De re militari III 9 afferma laquoIdeo om-nia ante cogitanda sunt ante temptanda ante facienda sunt quam ad ultimum ue-niatur abruptumraquo ma riferendosi alle precauzioni che deve adottare un comandanteprima di attaccare battaglia

cordo laquonon per odio od amore ma soltanto per vivo desiderio digiustiziaraquo (Mon II IX 4) e a questo proposito chiama di nuovo incausa il De officiis200 affermando che Cicerone avrebbe laquotoccatoraquoquesto argomento quando aveva affermato che laquoSed bella quibusImperii corona proposita est minus acerbe gerenda suntraquo (Mon IIIX 4)201 Ma al di lagrave di queste citazioni quasi testuali occorre evi-denziare che lrsquoAlighieri mostra di aver ben presente il contesto da cuile trae si tratta infatti di quei passi del De officiis in cui allrsquointernodella trattazione della virtugrave della giustizia (De off I 20-60)202 Cice-rone definisce il laquobellum iustum romanumraquo (De off I 34-40) primacome quella guerra intrapresa laquosolo per poter vivere in pace e sen-za offesaraquo (De off I 35) quindi secondo il sanctissimum ius fetialedel popolo romano come quella guerra laquoche si intraprenda doporegolare domanda di soddisfazione e che sia stata prima minacciatae dichiarataraquo (De off I 36) 203 E nel passo che precede immediata-mente la citazione dantesca laquoSed bella quibus Imperii etcraquo Cice-rone afferma ancora che laquoQuando perograve si combatte per la supre-mazia e si cerca la gloria con la guerra egrave necessario tuttavia che vi

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200 CIC De off I 34 laquoSed bella quibus imperii proposita gloria est minus acer-be gerenda suntraquo

201Mon II IX 4 laquoDuo igitur formalia duelli apparent unum hoc quod nunc dic-tum est aliud quod superius tangebatur scilicet ut non odio non amore sed solo ze-lo iustitie de comuni assensu agoniste seu duelliones palestram ingrediantur Et prop-ter hoc bene Tullius cum de hac materia tangeret inquiebat enim ldquoSed bella quibusImperii corona proposita est minus acerbe gerenda suntrdquoraquo Si puograve ipotizzare cheDante abbia sostituito alla parola gloria la parola corona anche laquoper insistere nellametafora agonistica (la corona era il premio per il vincitore della gara)raquo CHIESA-TA-BARRONE Commento in Monarchia cit p 132 ad II IX 4

202 La giustizia egrave una delle quattro virtugrave che insieme a sapienza fortezza e tempe-ranza costituisce lrsquohonestum CIC De off I 15

203 Cicerone in De officiis I 35 seguendo probabilmente Panezio afferma chelaquosuscipienda quidem bella sunt ob eam causam ut sine iniuria in pace vivaturraquo e inI 36 rifacendosi alla tradizione romana che laquobelli quidem aequitas sanctissime fetia-li populi Romani iure perscripta est Ex quo intellegi potest nullum bellum esse iu-stum nisi quod aut rebus repetitis geratur aut denuntiatum ante sit et indictumraquo Latraduzione da me usata egrave quella di A Resta Barile in CICERONE I doveri con un sag-gio introduttivo e note di E NARDUCCI traduzione di A RESTA BARILE Milano Riz-zoli 1987

siano quelle giuste ragioni (iustae causae) che ho detto poco primaraquo(De off I 38)204 ribadendo quindi la necessitagrave che anche queste guer-re siano bella iusta Si puograve quindi ipotizzare che Dante quando intutto questo capitolo IX del II libro della Monarchia insiste propriosul laquovivo desiderio di giustiziaraquo e sulla laquogiustiziaraquo che dovrebbe es-sere presente nel duellum205 segua proprio lrsquoesempio di Ciceroneche aveva voluto definire la ldquogiustiziardquo del bellum romano206 Infine

FRANCESCA FONTANELLA108

204 CIC De off I 38 laquoCum vero de imperio decertatur belloque quaeritur gloriacausas omnino subesse tamen oportet easdem quas dixi paulo ante iustas causas es-se bellorum Sed ea bella quibus imperii proposita gloria est minus acerbe gerendasuntraquo

205 E cosigrave infatti ancora prosegue dopo le citazioni ciceroniane laquoiustitie neces-sitate de comuni assensu congregati propter zelum iustitie nonne in nomine Dei con-gregati sunt Et si sic nonne Deus in medio illorum est cum ipse in evangelio nobishoc promictat Et si Deus adest nonne nefas est arbitrari iustitiam succumbere pos-se quam ipse in tantum diligit quantum superius prenotatur Et si iustitia in duellosuccumbere nequit nonne de iure acquiritur quod per duellum acquiriturraquo (MonII IX 5-6)

206 Gli studiosi moderni come egrave ben noto ritengono per lo piugrave che le iustae cau-sae che secondo Cicerone dovrebbero motivare anche la guerra de imperio siano so-lo identificabili con il rituale che fornirebbe parvenza di legalitagrave alle mire espansio-nistiche romane e che comunque anche nei passi precedenti il bellum iustum sia daintendersi come laquola guerra legittima in quanto (posta in essere in modo) conforme al-lrsquoordinamento vigente (romano interno ndash si sottolinei ndash) in materia di guerra [hellip] ilquale consiste nel complesso normativo dello ius fetiale che richiede lrsquoadempimentodella procedura indicata per lrsquointroduzione di uno stato di guerraraquo L LORETO Il bel-lum iustum e i suoi equivoci Napoli Jovene 2001 p 18 ma cfr anche PA BRUNTLaus imperii in Imperialism in the Ancient World edd PDA Garnsey-CR Whitta-ker Cambridge University Press Cambridge 1978 pp 159-91 pp 175-78 WV HAR-RIS War and Imperialism in Republican Rome 327-70 BC Oxford Oxford Univer-sity Press 1979 pp 163-75 A CALORE Forme giuridiche del lsquobellum iustumrsquo Mila-no Giuffregrave 2003 in particolare pp 142 152 155 Contra J-L FERRARY Philhelleacuteni-sme et impeacuterialisme Aspects ideacuteologiques de la conquecircte romaine du monde helleacutenisti-que Rome Eacutecole franccedilaise de Rome 1988 pp 410-15 che ritiene fondamentale nel-la definizione del bellum iustum il fatto che sia intrapreso laquout sine iniura in pace vi-vaturraquo e ipotizza che i Romani intendessero anche le guerre de imperio come guerreintraprese per la difesa dellrsquoimpero Ma pur ammettendo una concezione esclusiva-mente giuridica del bellum iustum sappiamo che gli scrittori romani (in primis Ci-cerone nel giagrave ricordato De republica III 36 vd supra n 24 e poi infra nel testo) si era-no posti anche il problema della iustitia laquosostanzialeraquo nella conquista e nella gestio-ne dellrsquoimpero Per questo non credo che Dante citi ldquoa spropositordquo Cicerone ldquoa pro-

sempre in De officiis I 38 questa volta immediatamente dopo la ci-tazione dantesca laquoSed bella quibus Imperii etcraquo si distingue fra leguerre combattute laquoper la soppravivenza e non per lrsquoimperiumraquo(laquouter esset non uter imperaretraquo come quelle con i Celtiberi e i coni Cimbri) da quelle combattute invece de imperio come quelle con-tro i Latini i Sabini i Sanniti i Cartaginesi e Pirro E dopo aver af-fermato che fra questi popoli i Cartaginesi furono comunque foedi-grafi e Annibale crudelis mentre tutti gli altri iustiores si riportanoalcuni versi di Ennio (senza perograve indicare lrsquoautore) nei quali si ri-cordano le laquonobilissime paroleraquo che Pirro avrebbe detto allrsquoamba-sceria guidata da Fabrizio rifiutando lrsquooro per il riscatto dei prigio-nieri romani

non chiedo per me oro neacute mi dovete dare il prezzo del riscatto non fac-ciamo la guerra da mercanti ma da soldati col ferro non con lrsquooro decidia-mo la nostra sorte Sperimentiamo col valore se la Fortuna signora delle co-se umane daragrave lrsquoimpero a me o a voi e cosa essa ci porti E tenete a menteho stabilito di concedere la libertagrave a quei valorosi che la la sorte della guerraha risparmiato Ve ne faccio dono conduceteli con voi col favore degli degravei

Parole ndash commenta Cicerone ndash veramente degne di un re e del-la stirpe degli Eacidi207

Ho voluto richiamare per intero anche questa ultima parte delpasso ciceroniano percheacute Dante quando forniragrave le prove storiche

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 109

positordquo del laquovivo desiderio di giustiziaraquo Senza contare che per Cicerone come perDante il diritto romano espressione del ius naturae difficilmente poteva essere intesoin contraddizione alla ldquogiustiziardquo

207 CICDe off I 38 laquoSed ea bella quibus imperii proposita gloria est minus acer-be gerenda sunt Ut enim cum civi aliter contendimus si est inimicus aliter si com-petitor (cum altero certamen honoris et dignitatis est cum altero capitis et famae) siccum Celtiberis cum Cimbris bellum ut cum inimicis gerebatur uter esset non uterimperaret cum Latinis Sabinis Samnitibus Poenis Pyrrho de imperio dimicabaturPoeni foedifragi crudelis Hannibal reliqui iustiores Pyrrhi quidem de captivis red-dendis illa praeclara ldquoNec mi aurum posco nec mi pretium dederitis Nec caupo-nantes bellum sed belligerantes Ferro non auro vitam cernamus utrique Vosnevelit an me regnare era quidve ferat Fors Virtute experiamur Et hoc simul accipedictum Quorum virtuti belli Fortuna pepercit Eorundem libertati me parcerecertum est Dono ducite doque volentibus cum magnis disrdquo Regalis sane et dignaAeacidarum genere sententiaraquo

che laquoil popolo romano per duello acquistograve lrsquoimperoraquo (e quindi laquoconil dirittoraquo Mon II IX 12) seguiragrave nellrsquoelencare i duelli vittoriosicombattuti dagli eroi romani proprio lrsquoordine dei popoli presentinel De officiis rimandando poi alle testimonianze di Virgilio (perEnea e Turno Mon II IX 13-14) e di Livio (per gli Orazi e i Curia-zi Mon II IX 15 per i Sabini e i Sanniti contro i quali si combatteacutelaquosotto forma di duello sebbene molti fossero i combattentiraquo MonII IX 16-17 e infine per Fabrizio contro Pirro e per Scipione controAnnibale Mon II IX 18) e prima di passare a questo elenco per di-mostrare che anche i pagani laquocercavano il giudizio dalla fortuna delduelloraquo (Mon II IX 7)208 riporteragrave lrsquoesempio di Pirro citato nel De of-ficiis affermando che laquoHic Pirrus lsquoHeramrsquo vocabat fortunam quamcausam melius et rectius nos lsquodivinam providentiamrsquo appellamusraquo209una affermazione che laquopresuppone e concilia le due anime latina ecristiana tra loro intersecate nel terreno tra giuridico e teologicoraquo210Dopo lrsquoelenco dei ldquoduellirdquo sostenuti dai romani il capitolo IX si chiu-de con unrsquoinvettiva contro i laquogiuristi presuntuosiraquo che stanno laquosot-

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208 Dopo essersi richiamato in Mon II IX 5 (riportato supra alla n 205) al VangelolaquoDante si preoccupa di sottolineare che il ricorso al duello come pratica giudiziariavaleva anche prima della venuta di Cristo fra le regole del duello non vi egrave infatti quel-la che i duellanti riconoscano Cristo come Dio una condizione che avrebbe inficiatola sua argomentazione (percheacute gli esempi recati a dimostrazione del fatto che i Roma-ni acquisirono lrsquoimperium per mezzo del duello esposti nei parr 12-18 sono tutti pre-cedenti alla venuta di Cristo)raquo CHIESA-TABARRONE Commento in Monarchia cit p132 ad II IX 7-8

209Mon II IX 8 laquoUnde bene Pirrus ille tam moribus Eacidarum quam sanguinegenerosus cum legati Romanorum pro redimendis captivis ad illum missi fueruntrespondit Nec mi aurum posco nec mi pretium dederitis non cauponantes bellumsed belligerantes ferro non auro vitam cernamus utrique Vosne velit an me regna-re Hera quidve ferat sors virtute experiamur Quorum virtuti belli fortuna peperciteorundem me libertati parcere certum est Dono ducite Hic Pirrus lsquoHeramrsquo vocabatfortunam quam causam melius et rectius nos lsquodivinam providentiamrsquo appellamusraquoRispetto al passo del De officiis che cita questi versi di Ennio (cfr n 207) sono da os-servare in Dante le seguenti differenze il termine lsquoHerarsquo egrave inteso nella Monarchia co-me un appellativo e non come un apposizione il verso finale egrave omesso probabilmen-te per il troppo esplicito riferimento agli degravei il conclusivo commento ciceroniano sul-la nobiltagrave di Pirro egrave anticipato nella osservazione iniziale su Pirro laquochrsquoera nobile sigrave peri costumi propri degli Eacidi sigrave per il sangueraquo

210 DI FONZO laquoAequitasraquo e giustizia retributiva nel Paradiso di Dante cit p 44

to a quella specola della ragione onde la mente umana deduce spe-culando questi princigravepiraquo e che devono perciograve tacere laquoaccontentan-dosi di dare consigli e giudizi conformi al tenore della leggeraquo211 eproprio alla luce della rilettura dantesca del discorso di Pirro si puograveipotizzare che tale invettiva non sia laquorivolta contro un bersaglio ge-nericoraquo ma contro laquola stessa glossa alla 1 digna vox nel titolo de le-gibus del codice Giustiniano (Cod 1 14 4) dove Accursio [hellip] an-nota che lrsquoImpero deriva dalla fortuna (ldquocum imperium sit de for-tunardquo)raquo212 ovvero lrsquoopposto di ciograve che Dante ha voluto dimostraree che solo i laquoGentiles ante tubam evangelicamraquo (Mon II IX 7)213potevano credere chiamando appunto fortuna ciograve che laquonos lsquodivi-nam providentiamrsquo appellamusraquo214

Abbiamo cosigrave visto che anche nellrsquoargomentazione che piugrave sem-bra allontanarsi dalla concezione romana del diritto Dante si siaperograve adoperato per giustificare e ldquopuntellarerdquo la sua interpretazio-ne ldquovolontaristicardquo con continui riferimenti a fonti romane che se-condo lrsquoautore dovrebbero mettere a tacere anche e proprio queigiuristi che si proclamavano interpreti ed eredi del diritto roma-no215 Vedremo ora come la tradizione romana questa volta speci-

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211Mon II IX 20 laquoVideant nunc iuriste presumptuosi quantum infra sint ab illaspecula rationis unde humana mens hec principia speculatur et sileant secundumsensum legis consilium et iudicium exhibere contentiraquo

212 D QUAGLIONI laquoArte di bene e drsquoequitaderaquo Ancora sul senso del diritto in Dan-te (Monarchia II v 1) in laquoStudi Danteschiraquo LXXVI 2011 pp 27-46 p 35

213 Mon II IX 7 laquoHanc veritatem etiam Gentiles ante tubam evangelicam co-gnoscebant cum iudicium a fortuna duelli querebantraquo

214 Pur non addentrandomi sul tema della concezione della fortuna in Dante nonposso non richiamare almeno il VII canto dellrsquoInferno dove per bocca di Virgilio ilpoeta sostiene che Dio stesso stabiligrave la Fortuna come laquogeneral ministra e duce chepermutasse a tempo li benrsquo vani di gente in gente e drsquouno in altro sangue oltre ladifension drsquoi senni umani Per chrsquouna gente impera e lrsquoaltra langue seguendo logiudicio di costei che egrave occulto come in erba lrsquoangueraquo (Inf VII 78-84)

215 Cfr FIORELLI Sul senso del diritto nella laquoMonarchiaraquo cit p 95 laquoIl gloriosopopolo romano srsquoera guadagnato ldquosub iure duellirdquo la corona ldquoorbis totiusrdquo ma i giu-risti non sapevano levar lo sguardo piugrave su dei loro libri e dal silenzio di questi dedu-cevano conseguenze che la storia di Roma vista nella luce della Provvidenza smen-tiva ldquoVideant nunc iuriste presumptuosi helliprdquo muove da qui la famosa invettiva checontende al miope tecnicismo dei giureconsulti la capacitagrave di speculare sui grandiprigravencipiraquo

ficatamente giuridica rientri prepotentemente nel passo della Mo-narchia dove lrsquoAlighieri ha voluto offrire una definizione esplicitadel diritto

26 laquoIus est realis et personalis hominis ad hominem proportioraquo(Mon II V 1)

Di fronte ai passi finora analizzati dai quali emergono tratti del-la concezione dantesca del diritto non sempre ben armonizzabili fraloro egrave opportuno privilegiare la famosa definizione che Dante neoffre allrsquoinizio del V capitolo del II libro e anche il contesto in cuiquesta si colloca Tutto questo lunghissimo capitolo vuole provareche il popolo romano ottenne di diritto lrsquoimpero percheacute perseguigravesempre come fine il diritto e chi persegue come fine il diritto devenecessariamente agire con il diritto (Mon II V 18-23) La dimostra-zione che il popolo romano perseguigrave come fine il diritto egrave perograve svol-ta attraverso la dimostrazione che il popolo romano nelle sue con-quiste perseguigrave il bene comune dei popoli assoggettati assicurandoinnanzitutto pace e libertagrave (Mon II V 5-17) dato che e questo egrave ilprimo assunto che viene dimostrato (Mon II V 1-4) laquochiunque mi-ra al bene pubblico si propone il fine del dirittoraquo (Mon II V 1) Dan-te inizia quindi la sua argomentazione definendo il diritto come laquounreale e personale rapporto dellrsquouomo con lrsquouomo che rispettatoconserva la societagrave tra gli uomini e violato la manda in rovinaraquo(laquoius est realis et personalis hominis ad hominem proportio que ser-vata hominum servat sotietatem et corrupta corrumpitraquo) e precisadi voler e dover dare tale definizione percheacute laquoilla Digestorum de-scriptio [Dig 111 pr1 accolta in Convivio IV IX 8 laquola ragione scrit-ta egrave arte di bene e drsquoequitaderaquo] non dicit quod quid est iuris sed de-scribit illud per notitiam utendi illoraquo (Mon II V 1) Questa precisa-zione non egrave da sottovalutare il passo risulta infatti esemplare nelmostrare come per Dante il Digesto sia comunque laquoil punto di par-tenza necessarioraquo anche se laquoper uno scarto nella definizione dellequestioni in esameraquo216 E in effetti non solo la prima parte della de-

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216 QUAGLIONI laquoArte di bene e drsquoequitaderaquo Ancora sul senso del diritto in Dante(Monarchia II v 1) cit p 39 Si veda anche RUGGIERO Una definizione del diritto

finizione dantesca (laquoius est realis et personalis hominis ad hominemproportioraquo) per quanto formulata in modo felicemente originale217riecheggia la tradizione filosofica e giuridica antica (oltre a quellamedievale)218 ma anche lrsquoulteriore specificazione (laquoque servata ho-

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cit p 143 Diversamente CHIESA-TABARRONE per ragioni stilistiche (laquomentre la de-finizione iniziale (ius [hellip] corrumpit) egrave di alto valore retorico lrsquoinciso sul Digesto egravestilisticamente molto bruttoraquo) pensano che tale inciso sia una glossa aggiunta suc-cessivamente cfr CHIESA-TABARRONE Nota al testo in Monarchia cit p CXXX eCommento ivi pp 97-98 ad II V 1 CHIESA-TABARRONE comunque a mio avviso nonopportunamente per questo passo rimandano a Digesto 1110 pr (dove perograve si dagrave ladefinizione di iustitia vd infra n 218) e non alla definizione di Ulpiano-Celso

217 Tanto da essere considerata dai giuristi moderni laquofra le tante che si egrave tentato didarne [hellip] forse la piugrave felice e la piugrave profondaraquo FASSOgrave Storia della filosofia del dirit-to I cit p 223 si veda anche FIORELLI Sul senso del diritto nella laquoMonarchiaraquo citin particolare pp 80-81 dove traccia un breve storia della fortuna di questa definizio-ne fra gli storici moderni del diritto pur osservando come molti giudizi lrsquoabbiano elo-giata senza fornire le ragioni di tali elogi e QUAGLIONI laquoArte di bene e drsquoequitaderaquo An-cora sul senso del diritto in Dante (Monarchia II v 1) cit pp 40-41

218 Opportunamente Nardi (Commento in DANTE ALIGHIERI Opere MinoriIII1 cit p 386 ad II V 1) osserva innanzitutto che in questa definizione dantesca iltermine latino ius corrisponde al greco δίκαιον (iustum) rimandando al commento diTommaso al V libro dellrsquoEtica aristotelica (Exp Eth V lect XII 1) dove si precisa chei giuristi laquonominant [hellip] ius quod Aristotiles iustum nam et Isidorus dicit in libro Ety-mologiarum quod ius dicitur quasi iustumraquo Il concetto di giustizia come proportioegrave presente in ARISTOTELE Eth V 1131a-1132b in particolare 1131a laquoil giusto egrave in cer-to senso una proporzioneraquo (ma il concetto egrave giagrave in PLATONE Leggi VI 757b-c) e cfrsempre il commento di Tommaso allrsquoinizio della quinta lectio (Exp Eth V lect V 1laquoEst ergo iustum proportionale et ceteraraquo) ma anche Egidio Romano De regimineprincipum I II 11 laquoiustum est quoddam proportionabileraquo Ricordiamo che in Mon IXI 7 in modo simile Dante aveva definito la iustitia come quella laquovirtus ad alterumraquoche lrsquoimperatore poteva esercitare in quanto possedeva la laquopotentia tribuendi cuiquequod suum estraquo (vd supra n 130) Per le fonti giuridiche antiche si puograve vedere lefonti giagrave citate supra alla medesima nota fra cui ricordo ancora Digesto 1110 pr (Ul-pianus 1 reg) laquoIustitia est constans et perpetua voluntas ius suum cuique tribuendiraquoma anche Dig 11101 (Ulpianus 1 reg) laquoIuris praecepta sunt haec honeste viverealterum non laedere suum cuique tribuereraquo Con gli aggettivi realis e personalis si in-dica un laquoreciproco riconoscimento e reciproca limitazione dei poteri di ciascuno deiconsociati sopra cose e sopra personeraquo FIORELLI Sul senso del diritto nella laquoMonar-chiaraquo cit p 82 n 11 lrsquouso dellrsquoaggettivo realis egrave estraneo al Digesto (che usa sem-pre il sostantivo res) ma egrave invece attestato nei giuristi del XIII e XIV secolo laquoNulladunque drsquoeccezionale nellrsquouso che di realis fa Dante ma in tutti i modi il probabile

minum servat sotietatem et corrupta corrumpitraquo) rende evidentequanto Dante abbia recepito il ldquosensordquo del diritto antico Infatti os-serva lrsquoAlighieri

Se [hellip] questa definizione abbraccia insieme la ldquoquidditagraverdquo e il ldquopercheacuterdquodel diritto e se il fine di ogni associazione egrave il comune bene degli associati egravegiocoforza che fine drsquoogni diritto sia il bene comune ed egrave impossibile si diadiritto che non miri al bene comune [hellip] Egrave dunque evidente che chiunquemira al bene pubblico si propone il fine del diritto Se pertanto i Romanitendevano al bene dello stato saragrave vero il dire che essi avevano di mira il fi-ne del diritto219

Ma nota giustamente Quaglioni questa laquoidea dellrsquoidentitagrave delbonum rei publice (la salus rei publicae ciceroniana) col fine stessodel diritto appartiene alla tradizione teologico-politica e giuridico

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indizio drsquouna lettura diretta di testi giuridici e soprattutto di glosse non filtrata dascritture dottrinali drsquoaltra provenienzaraquo ivi p 87 QUAGLIONI laquoArte di bene e drsquoequi-taderaquo Ancora sul senso del diritto in Dante (Monarchia II v 1) cit pp 44-45 ipotiz-za un nesso fra la definizione dantesca e il dibattito sorto fra i giuristi del XIII e XIVsecolo proprio sulla definizione del ius in Digesto 111 Fra i testi giuridici medieva-li sono da ricordare le Quaestiones de iuris subtilitatibus operetta giuridica medieva-le per molto tempo attribuita a Irnerio diffusa in Toscana e quindi probabilmenteconosciuta da Dante cfr Quaest Exordium 4 laquout salvo singulis suo merito serveturincorrupta societas hominum cunctorumque perseverat illibata communitasraquoQuaestII 4 laquohoc dicitur ius respectu aequitatis non quia insit set quia pro officio statuentisinesse debuit nec dici potest aliam esse nominis eiusdem significantiam set magiseandem set inproprie acceptamraquo Quaest VI 3 laquoaequitas qua continetur aequabilitaset pro dignitate cuiusque congrua rerum quas ad usum hominum natura prodidit in-ter omnes distributioraquo Si veda anche CANCELLI sv Diritto romano in EnciclopediaDantesca cit FIORELLI Sul senso del diritto nella laquoMonarchiaraquo cit p 84 QUAGLIONIlaquoArte di bene e drsquoequitaderaquo Ancora sul senso del diritto in Dante (Monarchia II v 1)cit pp 44-45 Ma sul rapporto fra la definizione dantesca e le Quaestiones de iurissubtilitatibus piugrave estesamente si sofferma RUGGIERO Una definizione del diritto citpp 145-48

219Mon II V 1 laquoQuicunque preterea bonum rei publice intendit finem iuris in-tendit Quodque ita sequatur sic ostenditur ius est realis et personalis hominis ad ho-minem proportio que servata hominum servat sotietatem et corrupta corrumpitraquo2 laquonecesse est finem cuiusque iuris bonum comune esse et inpossibile est ius essebonum comune non intendensraquo 4 laquoPatet igitur quod quicunque bonum rei publiceintendit finem iuris intenditraquo

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220 QUAGLIONI laquoArte di bene e drsquoequitaderaquo Ancora sul senso del diritto in Dante(Monarchia II v 1) cit p 39 Sullrsquoambiguitagrave che la formula salus rei publicae puograve as-sumere nellrsquoopera ciceroniana cfr perograve C DrsquoALOJA Legge di natura e lotta politicanellrsquoopera di Cicerone in Testi e problemi del giusnaturalismo romano cit pp 127-61p 134 e FONTANELLA Politica e diritto naturale nel De legibus di Cicerone cit pp130-32

221 QUAGLIONI laquoArte di bene e drsquoequitaderaquo Ancora sul senso del diritto in Dante(Monarchia II v 1) cit pp 39-40 n 42 con RICCI (DANTE ALIGHIERI Monarchia acura di PG RICCI Edizione Nazionale delle opere di Dante Alighieri a cura della So-cieta Dantesca Italiana vol V Milano Mondadori 1965) NARDI (ALIGHIERI DANTEOpere Minori III1 cit) KAY (DANTErsquoSMonarchia cit) RUGGIERO Una definizionedel diritto cit p 142 n 2 per il comune bonum rimanda a Remigio dersquo Girolami Debono communi ed MC DE MATTEIS in laquoAnnali della Facoltagrave di Lettere dellrsquoUni-versitagrave di Lecceraquo 3 1965-1967 pp 13-86 Altra bibiliografia sul tema del comunebonum nel pensiero politico medievale in CHIESA-TABARRONE Commento in Mo-narchia cit p 98 ad II V 2

222 Da me riportati supra alla n 218223 CIC De inv I 68 laquoOmnes leges iudices ad commodum rei publicae referre

oportet et eas ex utilitate communi non ex scriptione quae in litteris est interpreta-ri Ea enim virtute et sapientia maiores nostri fuerunt ut in legibus scribendis nihil si-bi aliud nisi salutem atque utilitatem rei publicae proponerent Neque enim ipsi quodobesset scribere volebant et si scripsissent cum esset intellectum repudiatum irilegem intellegebant Nemo enim leges legum causa salvas esse vult sed rei publicaequod ex legibus omnes rem publicam optime putant administariraquo

politica occidentale [hellip] Naturalmente i lsquoprecedentirsquo piugrave vicini epiugrave autorevoli possono essere agevolmente indicati nel duplice stra-to aristotelico e ciceroniano della giuspubblicistica del XIII e XIVsecoloraquo220 Per la definizione dantesca del diritto Quaglioni in no-ta221 rimanda attraverso i commenti di Ricci Kay e Nardi allrsquoEticadi Aristotele col commento di Tommaso e al De regimine principumdi Egidio Romano222 Mi pare perograve che a conferma dellrsquoinfluenzadello laquostrato ciceronianoraquo a cui rimanda Dante stesso ricordando ilDe inventione (Mon II V 2 laquoPropter quod bene Tullius in Prima re-thorica semper ndash inquit ndash ad utilitatem rei publice leges interpre-tande suntraquo)223 si possa almeno citare il passo del III libro del De of-ficiis dove si afferma laquoNeque vero hoc solum natura id est iure gen-tium sed etiam legibus populorum quibus in singulis civitatibus respublica continetur eodem modo constitutum est ut non liceat suicommodi causa nocere alteri Hoc enim spectant leges hoc volunt

incolumem esse civium coniunctionemraquo224 E proprio dal De officiis egravetratta la prima ldquoprova storicardquo che laquoallontanata da seacute ogni cupidigiache egrave sempre nemica della repubblica e amando la pace universaleunita alla libertagrave quel santo pio e glorioso popolo si vede aver ne-gletto il proprio vantaggio per procurare quello pubblico a salvezzadel genere umano Onde a ragione fu scritto ldquoLrsquoimpero romano na-sce dal Fonte della pietagraverdquoraquo225 Per rintracciare i segni di questo agirelaquopublica pro salute humani generisraquo negli organi istituzionali del-lrsquoantica Roma basta infatti a Dante ricordare il passo del De officiisin cui il senato viene designato come laquoregum populorum et natio-num portus [hellip] et refugium quando imperium rei publice benefi-ciis tenebatur non iniuriis cosigrave che laquolsquopatrociniumrsquo orbis terrarum po-tius quam lsquoimperiumrsquo poterat nominariraquo226 Per dimostrare invecenelle singole personalitagrave della storia romana questo atteggiamentodeterminato dalla ricerca del bene pubblico si rievocano quasi glistessi esempi di eroi virtuosi che avevamo trovato nel Convivio227 con

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224 Ma cfr anche CIC De off I 15 17 20 III 69225Mon II V 5 laquoomni cupiditate summota que rei publice semper adversa est et

universali pace cum libertate dilecta populus ille sanctus pius et gloriosus propriacommoda neglexisse videtur ut publica pro salute humani generis procuraret Underecte illud scriptum est ldquoRomanum imperium de Fonte nascitur pietatisrdquoraquo La fraseegrave pronunciata da Costantino e riportata nella Legenda Aurea di Iacopo da VaragineMa cfr anche la V Epistola dove a proposito di Arrigo VII si afferma laquocum sit Cesaret maiestas eius de Fonte defluat pietatisraquo (Ep V 3)

226 CIC De officiis II 26-7 in Monarchia II V 7 laquosufficit illa sola Ciceronis autori-tas in secundis Offitiis ldquoQuandiurdquo inquit ldquoimperium rei publice beneficiis tenebaturnon iniuriis bella aut pro sotiis aut de imperio gerebantur exitus erant bellorum autmites aut necessarii regum populorum et nationum portus erat et refugium senatusnostri autem et magistratus imperatoresque in ea re maxime laudem capere studue-runt si provincias si sotios equitate et fide defendissent Itaque illud lsquopatrociniumrsquo or-bis terrarum potius quam lsquoimperiumrsquo poterat nominarirdquo Hec Ciceroraquo

227 Cfr Conv IV V su cui vd supra (anche per il confronto con Agostino) e n 47Fatta eccezione per quelli di Tito Manlio Torquato e di Marco Attilio Regolo assen-ti nella Monarchia dove a differenza del Convivio trovano invece posto i Decii quin-di nel Convivio abbiamo nellrsquoordine Luscino Fabrizio Manio Curio Dentato CaioMuzio Scevola Tito Manlio Torquato Lucio Giunio Bruto Marco Attilio RegoloLucio Quinzio Cincinnato Furio Camillo e Catone Uticense Nella Monarchia LucioQuinzio Cincinnato Luscino Fabrizio Furio Camillo Lucio Giunio Bruto Caio Mu-zio Scevola i Decii Catone Uticense Dunque sia il numero sia lrsquoordine con cui ven-gono ricordati i personaggi esemplari non solo non trova preciso riscontro nella tra-

rimandi molto piugrave precisi a Livio Cicerone e Virgilio (anche percheacutenella Monarchia non occorreva la traduzione in volgare della fontelatina) Ricordiamo che nel Convivio tali esempi servivano a dimo-strare il favore divino nei confronti dellrsquoimpero romano manifesta-tosi nella virtugrave eccezionale dei suoi uomini qui servono a dimostra-re che laquoil popolo romano sottomettendo a seacute il mondo mirograve al be-ne collettivoraquo che egrave laquola meta del dirittoraquo228 con la significativa di-

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dizione antica o medievale (vd supra) ma non egrave il medesimo nemmeno nei due trat-tati danteschi Per un confronto puntuale con le fonti classiche e medievali ricordoSILVERSTEIN On the genesis of laquoDe Monarchiaraquo II v cit supra alla n 49 CHIESA-TA-BARRONE (Introduzione inMonarchia cit p LVIII) osservano che mentre lrsquoordine se-guito nel Convivio sarebbe laquovagamente cronologicoraquo quello nella Monarchia sareb-be funzionale alla costruzione di una laquoclimax etica [hellip] dove lrsquoeroismo egrave in crescen-do da quello di Cincinnato che contribuigrave al bene comune con il proprio sudore fi-no a quello di Catone e dei Deci che per il bene comune sacrificarono la loro stessavitaraquo

228Mon II V 18 laquoDeclarata igitur duo sunt quorum unum est quod quicunquebonum rei publice intendit finem iuris intendit aliud est quod romanus populus su-biciendo sibi orbem bonum publicum intenditraquo Anche Agostino in De civitate V 18su cui ci siamo soffermati sopra indicava in questi personaggi un esempio di sacrificiodi seacute (non solo dei propri beni ma perfino della propria vita e di quella dei propri fi-gli) per il bene della patria ovvero per il bene pubblico la Monarchia sembrerebbequindi offrire un contesto piugrave vicino al De civitate di quello del precedente trattato An-che in questo caso perograve lrsquoapprovazione incondizionata di Dante per la virtus romananon potrebbe essere piugrave distante dalla contestualizzazione che egrave anche una ldquoconte-stazionerdquo messa in atto da Agostino basti soffermarci sullrsquoesempio di Lucio GiunioBruto di particolare interesse percheacute vi si mostra il diverso uso della stessa fonte an-tica cioegrave Virgilio in ambedue gli autori Nel VI libro dellrsquoEneide Anchise con questeparole profetizza il destino di Bruto che faragrave giustiziare i propri figli colpevoli di at-tentare alla repubblica laquonatosque pater nova bella moventes ad poenam pulchra prolibertate vocabit infelix utcumque ferent ea facta minores vincet amor patriae lau-dumque immensa cupidoraquo (820-23) Agostino riporta e commenta questi versi in mo-do da sottolineare come la stessa fonte virgiliana getti unrsquoombra sul comportamento diBruto laquoBruto autem quia filios occidit infelicitatis perhibet testimonium etiam poe-ta laudator Ait enim ldquoNatosque pater nova bella moventes Ad poenam pulchra prolibertate vocabit Infelix utcumque ferent ea facta minoresrdquo Sed versu sequenti con-solatus est infelicem ldquoVincit amor patriae laudumque immensa cupidordquoraquo (De civ V 18)Dante al contrario ldquotaglia cortordquo ovvero elimina proprio quei versi che potevano su-scitare unrsquoambiguitagrave di giudizio e scrive laquoNonne filios an non omnes alios postpo-nendos patrie libertati Brutus ille primus edocuit quem Livius dicit consulem exi-stentem proprios filios cum hostibus conspirantes morti dedisse Cuius gloria reno-

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vatur in sexto Poete nostri de ipso canentis ldquonatosque pater nova bella moventes adpenam pulcra pro libertate vocavitrdquoraquo (Mon II V 13) Per la lettura agostiniana di que-sto episodio della antica storia romana si veda ora S AUDANO Classici lettori di clas-sici Da Virgilio a Marguerite Yourcenar Foggia Edizioni Il castello 2012 il capitoloBruto e il lungo percorso di una sentenza virgilianaVincet amor patriae laudumque im-mensa cupido (Aen VI 823) pp 87-162 in particolare pp 116-34 Da osservare cheanche nel De regimine principum (III 5) Tolomeo da Lucca pur rifacendosi esplicita-mente al V libro del De civitate capovolge il giudizio agostiniano riportando comeesempio di zelus iustitiae il comportamento di Bruto e di Torquato verso i figli si ve-da sempre AUDANO Classici lettori di classici cit pp 134-40

229 Mon II V 15 laquoaccedit et illud inenarrabile sacrifitium severissimi vere liber-tatis tutoris Marci Catonis Quorum alteri pro salute patrie mortis tenebras non hor-ruerunt alter ut mundo libertatis amores accenderet quanti libertas esset ostenditdum e vita liber decedere maluit quam sine libertate manere in illaraquo

230 Vd supra Mon I XII e cfr RUGGIERO Una definizione del diritto cit p 149laquonon egrave casuale che la definizione dantesca sia contestuale al richiamo in II V 15 a Ca-tone ldquoseverissimus libertatis tutorrdquo cheacute ancora in Purgatorio XVI e in Paradiso I e Vil tema giuridico egrave indissolubilmente connesso con la riflessione dantesca sul temadella libertagraveraquo

231 Mon II V 19 laquoNunc arguatur ad propositum sic quicunque finem iuris in-tendit cum iure graditur romanus populus subiciendo sibi orbem finem iuris inten-dit ut manifeste per superiora in isto capitulo est probatum ergo romanus populussubiciendo sibi orbem cum iure hoc fecit et per consequens de iure sibi ascivit Im-perii dignitatemraquo

stinzione di Marco Catone laquoseverissimo fautore della vera libertagraveraquo ilcui esempio egrave servito piugrave in particolare ad laquoaccendere nel mondolrsquoamore della libertagraveraquo229 quasi a suggerire quel nesso fra diritto e li-bertagrave che avevamo visto affermato esplicitamente a proposito del-lrsquoimperatore garante del diritto e quindi della libertagrave dei cives230 Elaquochiunque si propone il fine del diritto procede drsquoaccordo col di-ritto il popolo romano assoggettandosi il mondo si propose il finedel diritto [hellip] dunque il popolo romano assoggettandosi il mondolo fece con diritto e per conseguenza a buon diritto si arrogograve la di-gnitagrave dellrsquoImperoraquo231 Cosa crsquoegrave di piugrave ldquoromanordquo di questa percezio-ne di un diritto che legittima e allo stesso tempo caratterizza lrsquoespan-sione romana estendendosi anchrsquoesso nella sua applicazione di pa-ri passo collrsquoestendersi dellrsquoimpero Cosigrave ad esempio leggiamo nel-le Historiae di Tacito (IV 74) nel discorso ai Treviri attribuito a Pe-tilio Ceriale (generale romano inviato nel 69 dC in Germania infe-riore a domare la rivolta dei Batavi) come la convenienza del-

lrsquoespansione romana fosse motivata proprio dal fatto che Romaavrebbe portato il diritto e con questo la pace e la partecipazione al-la stessa gestione dellrsquoimpero a popoli in precedenza sottoposti a ti-rannie e a guerre

Tirannie e guerre sempre ci furono in Gallia fincheacute non passaste al no-stro diritto (in nostrum ius) E noi bencheacute tante volte provocati del dirittodella vittoria ci giovammo solamente per garantire la pace Ma non esistequiete fra i popoli senza le armi neacute armi si danno senza stipendi neacute stipen-di si possono riscuotere senza tributi Ogni altra cosa in comune avete con noi(cetera in communi sita sunt) voi stessi in molti casi comandate le vostre le-gioni voi stessi governate queste ed altre province nessun priviliegio nessu-na esclusione (nihil separatum clausumve)232

La conferma della ldquoromanitagraverdquo delle argomentazioni che giustifi-cano lrsquoesistenza e lrsquoestensione dellrsquoimpero romano su tutta lrsquoecume-ne la troviamo nel seguente VI capitolo qui il discorso parte dal di-mostrare che ciograve che la natura ha ordinato si mantiene di diritto(Mon II VI 1-3)233 ma laquoRomanus populus ad imperandum ordina-tus fuit a naturaraquo (Mon II VI 4) in quanto la natura per raggiunge-

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232 TAC Hist IV 74 laquoRegna bellaque per Gallias semper fuere donec in nostrumius concederetis Nos quamquam totiens lacessiti iure victoriae id solum vobis ad-didimus quo pacem tueremur nam neque quies gentium sine armis neque arma si-ne stipendiis neque stipendia sine tributis haberi queunt cetera in communi sitasunt Ipsi plerumque legionibus nostris praesidetis ipsi has aliasque provincias re-gitis nihil separatum clausumveraquo Inutile ricordare che Dante non poteva sicura-mente conoscere questo testo Ricordo piuttosto che nonostante le fonti giuridichedellrsquoultimo secolo della Repubblica e dei primi due dellrsquoImpero facciano chiara-mente riferimento alla permanenza di un ius civile in senso stretto applicabile soloai cittadini romani e di un ius honorarium e di un ius gentium (ma questrsquoultimocomprendente sempre piugrave norme e istituti del sistema civilistico) che sono invece ap-plicati anche ai peregrini e nonostante le autonomie giuridiche concesse ad alcunecittagrave specialmente nella parte orientale dellrsquoimpero giagrave dalla etagrave repubblicana il di-ritto romano costituisce il quadro di riferimento per tutti i rapporti privati e pubblicidei Romani e dei popoli che Roma ha sottomesso cfr Lineamenti di storia del dirit-to romano cit pp 506-17 E ricordiamo anche che il ius egrave unrsquoinvenzione tutta ro-mana rispetto ad esempio ai sistemi di leggi presenti nel mondo greco dove esi-ste appunto la legge ma niente che sia equivalente al ius questo il tema del volu-me di SCHIAVONE Ius cit

233 Vd supra n 175

re il fine del genere umano non raggiungibile per mezzo di un solouomo produce una moltitudine di uomini ordinati ad operazionidiverse (Mon II VI 5-6) e pertanto laquoalcuni popoli sono atti per na-tura a dominare ed alcuni altri a star soggetti e servire come affer-ma il Filosofo nella Politica e per tali uomini come egli dice non so-lo egrave vantaggioso essere governati ma egrave anche giusto sebbene deb-bano esservi costrettiraquo (Mon II VI 7)234 Il principio aristotelico loabbiamo ricordato a proposito del Convivio era stato usato propriodai Romani nella legittimazione della propria espansione (cosigrave comeattesta il De republica di Cicerone)235 e Dante cita in questo capito-lo della Monarchia i celebri versi del VI libro (847-853) dellrsquoEneidedi Virgilio che esplicitano questa consapevolezza tutta romana del-la ldquovocazione allrsquoimperordquo236 per poi concludere laquoEgrave provato cosigravequanto basta che il popolo romano fu ordinato da natura a impera-re dunque il popolo romano assoggettandosi il mondo pervenneallrsquoImpero di dirittoraquo (Mon II VI 7)237

Se vogliamo individuare un filo conduttore nelle argomentazio-ni svolte in questi capitoli V e VI mi pare si possa osservare che perDante lrsquoesistenza di un diritto dei Romani allrsquoImpero si fondi in-nanzitutto sullrsquoesistenza e sulla validitagrave del loro diritto di quel iusche ancora come per Cicerone238 assicura il bene di tutti i popoli a

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234Mon II VI 7 laquoPropter quod videmus quod quidam non solum singulares ho-mines quinetiam populi apti nati sunt ad principari quidam alii ad subici atque mi-nistrare ut Phylosophus astruit in hiis que De politicis et talibus ut ipse dicit nonsolum regi est expediens sed etiam iustum etiamsi ad hoc coganturraquo

235 Vd supra n 24 Sul tema cfr ora P DESIDERI Impero romano e diritto di na-tura in Cicerone in Letteratura e civitas Transizioni dalla Repubblica allrsquoImpero In ri-cordo di E Narducci a cura di M Citroni Pisa ETS 2012 pp 73-87

236 VERG Aen VI 847-53 laquoExcudent alii spirantia mollius era credo equidemvivos ducent de marmore vultus orabunt causas melius celique meatus descri-bent radio et surgentia sidera dicent Tu regere imperio populos Romane memento hae tibi erunt artes pacique imponere morem parcere subiectis et debellare su-perbosraquo

237Mon II VI 11 laquoPropterea satis persuasum est quod romanus populus a natu-ra ordinatus fuit ad imperandum ergo romanus populus subiciendo sibi orbem de iu-re ad Imperium venitraquo

238 Egrave il riferimento al ius naturae che permette di legittimare a partire da Cice-rone lrsquoegemonia giuridica di Roma sui popoli in quanto realizzazione laquoin terra del-lrsquoordinamento politico il piugrave vicino possibile allrsquoordine naturale che regna nellrsquouni-

cui si applica in quanto corrisponde profondamente a quellrsquoordineche la ragione umana trova inscritto nella natura239

I capitoli finali del II libro dove Dante intende dimostrare pervia di fede ciograve che finora ha dimostrato per via di ragione240 non fan-no altro che ribadire da un altro punto di vista la ldquolegittimitagraverdquo delius Cristo nascendo quando venne promulgato da Augusto il fa-moso editto di censimento e accettando cosigrave di esservi iscritto di-mostrograve che quellrsquoeditto era giusto e che di conseguenza era di dirit-to lrsquoautoritagrave che lo promulgograve (Mon II X 4-8)241 La redenzione del ge-nere umano sarebbe stata impossibile se il peccato di Adamo nonfosse stato punito in Cristo ma ciograve egrave avvenuto e questo significa chelrsquoimperatore aveva giurisdizione sullrsquointero genere umano in quan-to lrsquoImpero era di diritto e per questo aveva potere di giudicare Cri-sto e di punire in lui il peccato dellrsquoumanitagrave (Mon II XI 1-6)242 E ilcapitolo e il II libro si chiudono con un netto giudizio su Costan-

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versoraquo e drsquoaltra parte laquoegrave proprio la dimensione imperiale dellrsquoesperienza politica ro-mana lrsquoelemento che ne giustifica la proposizione come modello di riferimento asso-luto in quanto storicamente realizzatoraquo DESIDERI Impero romano e diritto di naturain Cicerone cit pp 74 e 77

239 Cfr ancora CHIESA-TABARRONE Commento in Monarchia cit p 97 ad II V1 laquoLa conformitagrave dellrsquoimpero al diritto egrave per Dante una necessitagrave logica [hellip] e in que-sto sta la novitagrave e la profonditagrave di questa parte del trattato LrsquoImpero Romano egrave dun-que tale per diritto naturale la natura la volontagrave divina e il diritto positivo tendonoa coincidereraquo Ma anche R IMBACH Quattro idee sul pensiero politico di Dante Ali-ghieri in laquoLrsquoAlighieri Rassegna dantescaraquo ns 28 2006 pp 41-54 p 51 dove si evi-denzia il valore paradigmatico dellrsquoimperium romanum in Dante concepito comequella laquorealtagrave idealeraquo in cui avviene laquola perfetta realizzazione dello stato di dirittoche egrave a sua volta immagine della ragione nella sua piena trasparenzaraquo

240 Mon II X 1 laquoUsque adhuc patet propositum per rationes que plurimum ra-tionalibus principiis innituntur sed ex nunc ex principiis fidei cristiane iterum pate-faciendum estraquo

241 Cosigrave come lrsquoAlighieri sostiene anche nella Epistola VII a Arrigo VII laquoEt cumuniversaliter orbem describi edixisset Augustus [hellip] si non de iustissimi principatusaula prodiisset edictum unigenitus Dei Filius homo factus ad profitendum secun-dum naturam assumptam edicto se subditum nequaquam tunc nasci de Virgine vo-luisset non enim suasisset iniustum quem ldquoomnem iustitiam implererdquo decebatraquo (EpVII 14)

242 Cfr Par VI 88-90 laquola viva giustizia [hellip] li concedette in mano a quel chrsquoirsquodico [scil allrsquoimperatore Tiberio] gloria di far vendetta a la sua iraraquo

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243Mon II XI 8 laquoO felicem populum o Ausoniam te gloriosam si vel nunquaminfirmator ille Imperii tui natus fuisset vel nunquam sua pia intentio ipsum fefellis-setraquo Ma cfr anche Inf XIX 115-17 Purg XXXII 137-38 Par XX 55-60

244Mon III I 5 laquoet queritur utrum auctoritas Monarche romani qui de iure Mo-narcha mundi est ut in secundo libro probatum est inmediate a Deo dependeat anab aliquo Dei vicario vel ministro quem Petri successorem intelligo qui vere clavigerest regni celorumraquo

245 CHIESA-TABARRONE Commento inMonarchia cit p 155 ad III II246 Cfr CHIESA-TABARRONE Introduzione inMonarchia cit p XXXI laquoConside-

rando insieme i tre principii posti allrsquoinizio di ognuno dei tre libri ne emerge comedenominatore comune il richiamo alla volontagrave di Dio cosigrave come si esprime nel dise-gno generale della natura e nelle grandi linee di sviluppo della storia umana (e comedi conseguenza dallrsquoesame della natura e della storia puograve essere desunto)raquo

247 Mon III IV 1 laquoIsti vero ad quos erit tota disputatio sequens asserentes auc-

tino infirmator Imperii a cui si riconosce una pia intentio ma chelrsquoha tratto in inganno (Mon II XI 8)243 Dante si riferisce evidente-mente alla ldquodonazione di Costantinordquo a cui verragrave dedicato lrsquointero Xcapitolo del III libro

27 laquoImperio licitum non est contra ius humanum aliquid facereraquo(Mon III X 8)

Il III libro della Monarchia lo ricordiamo si propone di discu-tere la questione laquose lrsquoautoritagrave del Monarca romano che per dirittoegrave Monarca del mondo come egrave stato provato nel secondo libro di-penda immediatamente da Dio ovvero dallrsquoaltro vicario o ministrodi Dio quale intendo che sia il successor di Pietroraquo (Mon III I 5)244Come nei libri precedenti dopo aver posto e dimostrato qui attra-verso laquola dimostrazione formaleraquo che utilizza laquoil procedimento ari-stotelico della riduzione allrsquoassurdoraquo245 un principio su cui fondarele varie argomentazioni e cioegrave lrsquoassunto che abbiamo giagrave menzio-nato sopra laquoquod naturae intentioni repugnat Deus nolitraquo (MonIII II 2)246 Dante individua e distingue gli avversari ndash i sostenitoridel primato del papa ndash a cui intende rivolgersi (Mon III III) e il ti-po di argomentazione da essi avanzata che laquotraggono dalla SacraScrittura e da alcuni atti sigrave del Sommo Pontefice che dello stesso Im-peratoreraquo (Mon III IV 1)247 Dopo aver confutato gli argomenti di de-

rivazione scritturale (dallrsquoAntico e dal Nuovo Testamento Mon IIIIV-IX) affronta il primo degli laquoattiraquo su cui si fondano i suoi avversa-ri ovvero la donazione di Costantino un documento steso in realtagravefra la seconda metagrave del secolo VIII e i primi decenni del IX248 nelquale si trova attestata esplicitamente per la prima volta in Occi-dente lrsquoidea che Costantino avesse trasferito il suo imperium e lalaquoregni potestatem orientalibus [hellip] regionibusraquo249 e avesse invece

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toritatem Imperii ab auctoritate Ecclesie dependere velut artifex inferior dependetab architecto pluribus et diversis argumentis moventur que quidem de Sacra Scrip-tura eliciunt et de quibusdam gestis tam summi Pontificis quam ipsius Imperatorisnonnullum vero rationis indicium habere nitunturraquo

248 La ldquovulnerabilitagraverdquo delle argomentazioni elaborate nel Constitutum (vd infran 251) ha portato parte degli studiosi a ritenere che il documento non fosse stato ela-borato dalla curia romana cosigrave P DE LEO Ricerche sui falsi medioevali 1 Il Consti-tutum Constantini compilazione agiografica del sec 8 note e documenti per una nuo-va lettura Reggio Calabria Editori meridionali riuniti 1974 ha ipotizzato che il Con-stitutum appartenga alla produzione agiografica monastica intorno a papa SilvestroAnche secondo G DAGRON Representations de lrsquoancienne et de la nouvelle Romedans le sources byzantines des VIIe-XIIe siecles in Roma Costantinopoli Mosca cit pp295-306 laquole Constitutum nrsquoest rien de plus qursquoun appendice aux Actes de Silvestreraquo(p 301) ma che laquoagrave cause de lrsquousage qui en est fait est exclu par les Orientaux de lavulgate constantinienneraquo (p 304) Altri ritengono invece che pur se elaborato nellacuria il Constitutum fosse comunque inizialmente destinato ad avvalorare le pretesepontifice sul patrimonium Petri non tanto presso la raffinata diplomazia bizantinaquanto presso i nuovi regni barbarici primi fra tutti quello dei Franchi come forseavvenne quando papa Zaccaria richiese e ottenne lrsquoaiuto di Pipino il Breve contro iLongobardi Cfr P BELLINI La coscienza del principe Prospettazione ideologica e re-altagrave politica delle interposizioni prelatizie nel governo della cosa pubblica I-II TorinoGiappicchelli 2000 vol I p 595 Recentemente Johannes Fried ha supposto conmotivazioni filologiche e codicologiche che la compilazione sia avvenuta in ambien-te franco fra i monasteri di Corbie e Saint Denis latori delle prime testimonianzemanoscritte per dirimere la querelle sulla potestas territoriale che opponeva i sud-detti monasteri ai figli di Carlomagno nella prima metagrave del IX secolo (J FRIED Do-nation of Constantine and Constitutum Constantini the misinterpretation of a fictionand its original meaning with a contribution by W BRANDES The satraps of Con-stantine Berlin-New York De Gruyter 2007 p 201) Ma sulla storia del Constitutumvd anche GM VIAN La donazione di Costantino Bologna Il Mulino 2004 con bi-bliografia

249 Cosigrave recita il sect 18 del Constitutum laquoUnde congruum prospeximus nostrumimperium et regni potestatem orientalibus transferri ac transmutari regionibus et in By-zantiae provincia in optimo loco nomini nostro civitatem aedificari et nostrum illic

ceduto Roma e con essa le insegne imperiali e ampi territori in Oc-cidente a papa Silvestro e ai papi suoi successori250 da ciograve si facevaderivare la pretesa che spettasse alla Chiesa lrsquoautoritagrave di conferire ilpotere imperiale (Mon III X 1-2)251 Il poeta ammette come real-mente avvenuta la donazione costantiniana ma la considera non va-lida dimostrando prima che non era in potere di Costantino aliena-

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constitui imperium quoniam ubi principatus sacerdotum et christianae religionis ca-put ab imperatore caelesti constitutum est iustum non est ut illic imperator terrenushabeat potestatemraquo Per il testo del Constitutum Constantini si veda Das ConstitutumConstantini (Konstantinische Schenkung) herausgegeben von H FUHRMANN Han-nover Hansche Buchhandlung 1968 (Fontes iuris Germanici antiqui in usum schola-rum ex MGH separatim editi Bd X) riportato anche in FRIED Donation of Con-stantine and Constitutum Constantini cit Appendix B pp 129-37 Cfr anche GOEZTranslatio cit pp 53-55

250 Cosigrave il sect 17 del Constitutum laquoUnde ut non pontificals apex vilescat sed ma-gis amplius quam terreni imperii dignitas et gloriae potentia decoretur ecce tam pa-latium nostrum ut praelatum est quamque Romae urbis et omnes Italiae seu occi-dentalium regionum provincias loca et civitates seapefato beatissimo pontifici patrinostro Silvestrio universali papae contradentes atque relinquentes eius vel succes-sorum ipsius pontificum potestati et ditioni firma imperiali censura per hanc nostramdivalem sacram et pragmaticum constitutum decernimus disponenda atque iuri san-ctae Romanae ecclesiae concedimus permanendaraquo

251 Mon III X 1-2 laquoDicunt adhuc quidam quod Constantinus imperator mun-datus a lepra intercessione Silvestri tunc summi Pontificis Imperii sedem scilicetRomam donavit Ecclesie cum multis aliis Imperii dignitatibus Ex quo arguunt di-gnitates illas deinde neminem assummere posse nisi ab Ecclesia recipiat cuius eas es-se dicunt et ex hoc bene sequeretur auctoritatem unam ab alia dependere ut ipsi vo-luntraquo Il Constitutum nel tentativo di dare un fondamento giuridico e non piugrave soloteologico a quella identificazione fra romana ecclesia e Roma a cui abbiamo sopraaccennato (vd supra n 72 ) prestava il fianco a diverse obiezioni fra le quali la piugraveevidente era che il potere temporale del papa sarebbe dipeso in ultima istanza dal-lrsquoimperatore in quanto derivato da una sua concessione Nellrsquoambito della canonisticafurono perciograve elaborate argomentazioni di carattere teologico per reinterpretare ilConstitutum cosigrave nella Aeger cui levia documento composto nella curia di Inno-cenzo IV (papa dal 1243 al 1254) anche se forse non direttamente a lui attribuibilesi interpreta la donatio effettuata da Costantino dopo la conversione come la resti-tutio debita di un principatus che sarebbe spettato solo al papa in quanto unico vi-carius Christi e che da questi sarebbe stato poi riaffidato allo stesso Costantino BEL-LINI La coscienza del principe cit vol II pp 637-38 Ma Dante ldquotaglia alla radicerdquoquesta problematica dimostrando che lrsquoimperatore non puograve comunque ldquoalienarerdquolrsquoimpero (vd infra nel testo)

re la dignitagrave dellrsquoimpero (Mon III X 5-12) quindi che la Chiesa nonpoteva comunque ricevere questa dignitagrave (Mon III X 13-17) La pri-ma parte dellrsquoargomentazione quella che piugrave ci interessa si fonda suquattro motivi il primo (Mon III X 5-6) egrave che laquoa nessuno egrave con-sentito di fare mediante lrsquoufficio a lui affidato quello che egrave controlrsquoufficio stesso [hellip] ora egrave contrario allrsquoufficio affidato allrsquoImperato-re lo scindere lrsquoImpero dato che egrave suo compito di tenere il genereumano soggetto a uno solo volere e a un solo non volere come fa-cilmente puograve vedersi nel primo libro di questo scritto dunque al-lrsquoimperatore non egrave consentito di scindere lrsquoimperoraquo252 Il secondo(Mon III X 7-9) sostiene che come fondamento della Chiesa egrave Cri-sto il fondamento dellrsquoimpero egrave il ius humanum La Chiesa non puograveandare contro il suo fondamento ma laquocosigrave neppure allrsquoImpero egrave le-cito fare alcuncheacute contro il diritto umano Ma sarebbe contro il di-ritto umano che lrsquoImpero distruggesse seacute stesso [hellip] Poicheacute dun-que scindere lrsquoImpero significherebbe distruggerlo dal momentoche lrsquoImpero consiste nellrsquounitagrave della Monarchia universale egrave evi-dente che non egrave lecito scindere lrsquoimpero a chi dellrsquoimpero rappre-senta lrsquoautoritagraveraquo253 Il terzo motivo (Mon III X 10-11) si basa sul prin-cipio che laquoogni giurisdizione egrave prima del suo giudice il giudice in-fatti egrave ordinato alla giurisdizione non questa a quello ma lrsquoImperoegrave quella giurisdizione che nel suo ambito abbraccia ogni altra giuri-sdizione temporale dunque essa egrave prima del suo giudice che egrave lrsquoIm-

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252 Mon III X 5 laquoEt cum pertinaciter instant quod dico sic ostendi potest ne-mini licet ea facere per offitium sibi deputatum que sunt contra illud offitium quiasic idem in quantum idem esset contrarium sibi ipsi quod est inpossibile sed con-tra offitium deputatum Imperatori est scindere Imperium cum offitium eius sit hu-manum genus uni velle et uni nolle tenere subiectum ut in primo huius de facili vi-deri potest ergo scindere Imperium imperatori non licetraquo

253Mon III X 7-9 laquoPreterea sicut Ecclesia suum habet fundamentum sic et Im-perium suum Nam Ecclesie fundamentum Cristus est [hellip] Imperii vero fundamen-tum ius humanum est Modo dico quod sicut Ecclesie fundamento suo contrariarinon licet sed debet semper inniti super illud [hellip] sic et Imperio licitum non est con-tra ius humanum aliquid facere Sed contra ius humanum esset si se ipsum Impe-rium destrueret ergo Imperio se ipsum destruere non licet Cum ergo scindere Im-perium esset destruere ipsum consistente Imperio in unitate Monarchie universalismanifestum est quod Imperii auctoritate fungenti scindere Imperium non licet Quodautem destruere Imperium sit contra ius humanum ex superioribus est manifestumraquo

peratore poicheacute ad essa lrsquoImperatore egrave ordinato e non al contrarioDal che egrave chiaro che lrsquoImperatore non ha la facoltagrave di permutarlaraquo254Infine (Mon III X 12) laquose un Imperatore potesse staccare dalla giu-risdizione dellrsquoImpero una particella un altro potrebbe fare altret-tanto E siccome la giurisdizione temporale egrave finita e ogni cosa finitasi consuma con un numero finito di amputazioni ne seguirebbe chela prima giurisdizione potrebbe andare annientata il che egrave irragio-nevoleraquo255 Egrave stato da tempo dimostrato come le argomentazionidantesche rielaborate in modo originale e coerente con quanto af-fermato nei precedenti libri del trattato trovano riscontro in quellatradizione giuridica di parte imperiale (il cui precedente piugrave auto-revole egrave la Glossa Authenticorum di Accursio redatta nei primi de-cenni del XIII secolo) che ricorrendo al diritto romano aveva di-chiarato illegittima la donazione costantiniana Ai precedenti stu-di256 rimando quindi per un puntuale confronto fra questi paragrafidella Monarchia e tale tradizione257 Ho voluto comunque ripercor-

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254Mon III X 10 laquoPreterea omnis iurisdictio prior est suo iudice iudex enim adiurisdictionem ordinatur et non e converso sed Imperium est iurisdictio omnem tem-poralem iurisdictionem ambitu suo comprehendens ergo ipsa est prior suo iudice quiest Imperator quia ad ipsam Imperator est ordinatus et non e converso Ex quo pa-tet quod Imperator ipsam permutare non potest in quantum Imperator cum ab ea re-cipiat esse quod estraquo Cfr supra n 160

255Mon III X 12 laquosi unus Imperator aliquam particulam ab Imperii iurisdictio-ne discindere posset eadem ratione et alius Et cum iurisdictio temporalis finita sit etomne finitum per finitas decisiones assummatur sequeretur quod iurisdictio primaposset annichilari quod est irrationabileraquo

256 Fra questi ricordo solo gli ancora fondamentali studi di Nardi (B NARDI LalaquoDonatio Constantiniraquo e Dante in Nel mondo di Dante Roma Edizioni di Storia eLetteratura 1944 pp 107-60 ID Intorno ad una nuova interpretazione del terzo li-bro della Monarchia di Dante in Dal ldquoConviviordquo alla ldquoCommediardquo cit pp 151-313ID Dante e il laquoBuon Barbarossaraquo ossia Introduzione alla laquoMonarchiaraquo di Dante inDante Alighieri Opere Minori III1 cit pp 241-69) la puntuale analisi di G PU-LETTI La donazione di Costantino nei primi del rsquo300 e la laquoMonarchiaraquo di Dante inlaquoMedioevo e Rinascimentoraquo ns VII 1993 pp 113-35 e lrsquoampia disanima di S CRI-STALDI laquoRomanum Imperiumraquo e donazione di Costantino in Dante di fronte al Gioa-chimismo cit pp 223-392

257 Da osservare in particolare come Dante al principio evidenziato da Accursioe poi ripreso dai civilisti che lrsquoimperatore in quanto augustus deve augere e non mi-nuere lrsquoimperium sostituisca allrsquoinizio delle sue argomentazioni coerentemente conquanto affermato nei precedenti libri il principio della inscindibile unitagrave dellrsquoimpe-

rere lo svolgimento dellrsquoargomentazione percheacute mi sembra chiari-scano in modo esemplare attravero un caso storico o meglio pre-sunto tale quella concezione del diritto che come abbiamo vistonelle pagine precedenti egrave inscindibile in Dante dalla concezione delpotere imperiale il fatto che Dante contesti su base giuridica la do-nazione di Costantino conferma infatti la figura di un imperatorenon sovrano assoluto ma profondamente vincolato dal ius cosigrave co-me avevamo giagrave osservato anche nel Convivio258 e come viene riba-dito in special modo dallrsquoaffermazione (il terzo motivo) che la giuri-sdizione imperiale egrave prima dellrsquoimperatore che a questa egrave ordinatoEd egrave significativo il fatto che questo ius fondamento dellrsquoImperodiverso dal fondamento della Chiesa egrave da Dante indicato specifica-tamente come ius humanum

Nellrsquoantica Roma il ldquodiritto divinordquo ovvero quellrsquoinsieme di nor-me che regolavano il rapporto fra la comunitagrave civica e la divinitagrave dauna parte era concepito allrsquointerno del ius publicum come attesta lafamosa suddivisione ulpianea laquoPublicum ius in sacris in sacerdoti-bus in magistratibus consistitraquo (Digesto I112) dallrsquoaltra anchenella sua fase piugrave antica quando il monopolio della interpretazionegiurisprudenziale era in mano ai pontefici (IV secolo aC) il ius di-vinum era comunque distinto da quello humanum259 e questa di-

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ro paragonata ancora una volta alla tunica inconsutilis di Cristo (Mon III X 6 laquoSi er-go alique dignitates per Constantinum essent alienate ndash ut dicunt ndash ab Imperio etcessissent in potestatem Ecclesie scissa esset tunica inconsutilis quam scindere ausinon sunt etiam qui Cristum verum Deum lancea perforaruntraquo) questo percheacute ciograve checonta per lrsquoAlighieri non egrave unrsquoestensione per quanto ampia dellrsquoimpero ma la suauniversalitagrave condizione necessaria alla felicitagrave dellrsquouomo

258 Il che appare confermato anche delle epistole politiche dellrsquoAlighieri su cui cfrV RUSSO Le epistole politiche in laquoLetture Classensiraquo 1987 pp 69-78 specialmente pp73 s Interessante osservare che anche Bartolo da Sassoferrato nel De tyranno (datatoagli stessi anni del De regimine civitatis ndash 1355-1357 ndash e editato in QUAGLIONI Politi-ca e diritto nel trecento italiano cit pp 175-213) definisce il tiranno colui laquoqui in com-muni re publica non iure principaturraquo (cap II p 177) svolgendo poi e semplificandonel trattato un laquoduplice aspetto di antigiuridicitagrave da una parte per mancanza del tito-lo giuridico dallrsquoaltra in ragione dellrsquoesercizio perverso del potere legittimamente ac-quisitoraquo (ivi p 39)

259 Anche se la distinzione riguardava inizialmente solo lrsquooggetto del sapere giu-risprudenziale mentre il soggetto di tale sapere era comunque costituito dai pontefi-ci e la legittimitagrave del ius era dovuta alla sacralitagrave del responso alla connessione che i

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sacerdoti in quanto tali assicuravano fra il responso e la divinitagrave cfr i ldquoclassicirdquo RORESTANO Elemento divino ed elemento umano nel diritto di Roma in laquoRivista In-ternazionale di Filosofia del Dirittoraquo XXI 1941 pp 1-40 e F SCHULZ History of Ro-man Legal Science Oxford Clarendon Press 19532 trad it Storia della giurispru-denza romana Firenze Sansoni 1968 pp 34-71 che nellrsquoesposizione della giuri-sprudenza romana arcaica distingue al suo interno fra diritto sacro e diritto privato aseconda dellrsquooggetto del sapere giuridico dei pontefici

260 Cfr FONTANELLA Politica e diritto naturale nelDe legibus di Cicerone cit pp71-73

261 Cfr FASSOgrave Storia della filosofia del diritto I cit pp 139-43262 Anche se egrave ben noto che Agostino nel passo in cui parla di ius divinum pro-

prio in rapporto alla sacre scritture (laquoDivinum Ius in Scripturis habemusraquo AUG InIohannis Evangelium tr VI 25) riporta in realtagrave il pensiero dei suoi oppositori cioegravedei donatisti che in nome di un ldquopresuntordquo ius divinum rivendicavano la proprietagrave ec-clesiastica di ville e poderi mentre Agostino sostiene che la proprietagrave dei beni mate-riali va gestita in base al ius humanum ovvero alle leggi romane (ibidem) per una sin-tesi storica sullrsquouso e sul significato di questa ldquoformulardquo si puograve vedere P GHERRI Iusdivinum inadeguatezza di una formual testuale in Ius divinum Atti del XIII Conve-gno di Diritto Canonico (Venezia 17-21 settembre 2008) a cura di JI Arrieta co-ordinatore edizione C-M Fabris Venezia Marcianum Press 2010 pp 465-88

263 Cfr TOMMASO Summa Theol Ia-IIae q 91 a 4264 Cfr Mon III XIII 4 laquoomnis nanque divina lex duorum Testamentorum gremio

contineturraquo

stinzione si era meglio definita col progressivo sorgere e imporsi inetagrave repubblicana di un ius civile appannaggio di specialisti laici260Dopo la nascita del Cristianesimo quella societas cristiana che egrave laChiesa crescendo e iniziando ad organizzarsi come ogni societagraveespresse anche delle norme giuridiche tratte dal Vangelo e dalle tra-dizioni apostoliche con cui regolare la vita dei suoi membri le ge-rarchie gli organi amministrativi e legislativi le sanzioni etc261 in-somma tutto ciograve che dopo la svolta costantiniana riguardava sem-pre piugrave persone che erano allo stesso tempo membri della Chiesa ecives dellrsquoimpero e che in seguito fissato in decisioni conciliari oproclamato nel corso dei secoli da pontefici avrebbe dato origine aldiritto canonico Con ius divinum (o lex divina) si venne pertantoad indicare nella terminologia patristica262 e poi nella tradizione me-dievale pur con un certo sovrapporsi di significati in cui metteragrave or-dine Tommaso drsquoAquino quel complesso di norme che si volevanoderivate dalla parola rivelata di Dio innanzitutto tramite le scrittu-re263 come anche Dante mostra di intendere264 Questo ius divinum

a differenza dellrsquoantico ius sacrum pagano era quindi ab initio ete-rogeneo rispetto al ius pubblico e da ciograve poteva derivare insieme auna distinzione piugrave netta di quella pur presente nel diritto romanofra ius divinum e humanum anche una piugrave netta distinzione fra gliambiti di competenza delle due autoritagrave preposte a ciascuno ius co-me giagrave i primi cristiani avevano evinto dallrsquoevangelico laquorendere aCesare quel che egrave di Cesare e a Dio quel che egrave di Dioraquo (Mt 22 21)e dalla Lettera ai Romani di Paolo (Rm 13 1-7) e come aveva rico-nosciuto papa Gelasio I in una famosa lettera rivolta alla fine del Vsecolo allrsquoimperatore Anastasio

Duo sunt quippe imperator auguste quibus principaliter mundus hicregitur auctoritas sacrata pontificum et regalis potestas [hellip] Si enim quan-tum ad ordinem publicae pertinet disciplinae cognoscentes imperium tibisuperna dispositione conlatum legibus tuis ipsi quoque parent religionis an-tistites ne vel in rebus mundanis exclusae [hellip] videantur obviare sententiaequo oro te decet affectu eis et convenit oboedire qui praerogandis venera-bilibus sunt attributi mysteriis265

Il diritto giustinianeo sembra far propria questa distinzionequando nella VI delle Novellae afferma laquoMaxima quidem in homi-nibus sunt dona Dei a superna collata clementia sacerdotium et im-perium illud quidem divinis ministrans hoc autem humanis prae-sidens ac diligentiam exhibensraquo (Nov 6 pr)266 E infatti la glossa diAccursio sulla Donatio Constantini sopra ricordata si apre com-mentando una voce della praefatio a questa Novella da cui il giuri-

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 129

265 Epistola VIII ad Anastasium imperatorem in PL LIX col 42 su cui ora si puogravevedere R RONZANI La lettera laquoFamuli uestrae pietatisraquo di Gelasio di Roma allrsquoimpe-ratore Anastasio I (CPL 1667 Ep 8) in laquoAugustinianumraquo 51 2011 pp 501-49 e p512 laquoGelasio nella lettera Famuli uestrae pietatis riferendosi alle due realtagrave che reg-gono il mondo non ha di mira rivendicazioni di carattere politico Al contrario il ve-scovo vuole ricordare che la regalis potestas ha il suo specifico ambito di esercizio in-discusso e invalicabile da parte anche dei vescovi Al contempo perograve ndash ed egrave questoche preme soprattutto ricordare al presule romano ndash egrave invalicabile lrsquoambito di eser-cizio dellrsquoauctoritas sacrata pontificum vale a dire dellrsquoautoritagrave specificamente eccle-siale dei vescovi in materia di dottrina e di disciplina ecclesiasticaraquo

266 Ma cfr anche Cod 1317 pr (Imperatores Honorius Theodosius) laquoPlacetnostrae clementiae ut nihil commune clerici cum publicis actibus vel ad curiam per-tinentibus cuius corpori non sunt adnexi habeantraquo

sta evince che laquoApparet ergo quod nec papa in temporalibus necimperator in spiritualibus se debent immiscereraquo267 Solo che questaNovella indirizzata nel 535 allrsquoarcivescovo di Costantinopoli si oc-cupava proprio di stabilire come recita il titolo laquoQuomodo opor-teat episcopos et reliquos clericos ad ordinationem deduci et de ex-pensis ecclesiarumraquo mostrando che lrsquoimperatore ritiene suo compi-to specifico di intervenire in divinis (laquoNos igitur maximam habemussollicitudinem circa vera dei dogmata et circa sacerdotum honesta-temraquo) come del resto si puograve evincere dai titoli dei primi articoli rac-colti nel I libro del Codex dovuti oltre che a Giustiniano agli im-peratori della fine del IV secolo e del V a partire da Teodosio268 In-somma giagrave alcuni decenni dopo lrsquoeditto di Costantino e poi sempredi piugrave nei secoli successivi si rivelograve per dirla collrsquoefficace sintesi diNardi che laquoil principio proclamato da Gelasio era saggio ma di dif-ficile applicazione Tanto vero che non riuscigrave a impedire nuovi esempre piugrave gravi conflitti per lrsquoingerenza da una parte dellrsquoautoritagravecivile nel governo della Chiesa ad esempio nella nomina dei vesco-vi e per la tendenza a fare della Chiesa uno strumento di dominio po-litico e dallrsquoaltra per la contraria tendenza sempre piugrave accentuatada parte della Curia papale a limitare il campo della giurisdizioneimperialeraquo269

Quanto abbiamo ricordato se pur in modo un porsquo approssima-tivo aiuta a comprendere meglio lrsquoimportanza del riferimento dan-tesco al ius humanum lrsquoaggettivo humanum specifica infatti che que-sto ius egrave di nuovo il diritto romano senzrsquoaltro conforme alla naturaalla volontagrave e alla mente di Dio (cosigrave abbiamo visto emergere dal-lrsquoanalisi complessiva della Monarchia)270 ma che non deriva dalla Ri-

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267 ACCURSIO Apparatus in Authentica Coll I tit VI (= Novella VI) pr v confe-rens generi Nella Glossa si rimanda fra altri passi del Corpus giustinianeno anche aCod 1317 che ho riportato alla nota precedente

268 Cfr eg Cod110 De summa trinitate et de fide catholica et ut nemo de ea pu-blice contendere audeat Cod120 De sacrosanctis ecclesiis et de rebus et privilegiis ea-rum Cod130 De episcopis et clericis et orphanotrophis et brephotrophis et xenodochiset asceteriis et monachis et privilegio eorum et castrensi peculio et de redimendis capti-vis et de nuptiis clericorum vetitis seu permissis Cod140 De episcopali audientia etde diversis capitulis quae ad ius curamque et reverentiam pontificalem pertinent etc

269 NARDI Dal ldquoConviviordquo alla ldquoCommediardquo (Sei saggi danteschi) cit p 155 270 La formula ius humanum laquorichiama lrsquoinsieme dei ragionamenti presentati

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nei primi due libri dellrsquoopera lrsquoimpero egrave la forma di governo voluta da Dio e dallanatura (primo libro) e il diritto corrisponde a ciograve che Dio vuole riguardo alla societagraveumana (II II 6) [hellip] questo concetto di diritto naturale egrave uno dei presupposti fon-damentali dellrsquooperaraquo CHIESA-TABARRONE Commento in Monarchia cit p 203ad III X 7

271 laquoFondamento dellrsquoImpero egrave per Dante Dio stesso ciograve non porta benintesolrsquoautore della Monarchia a individure il corrispettivo fondamento giuridico nel dirittodivino cioegrave nella Rivelazione lo induce piuttosto a porre il diritto come discenden-te dal volere di Dio [hellip] (II II 5) Se cosigrave egrave la legge promulgata dallrsquoimperatore egrave ta-le nella misura in cui realizza unrsquoadeguazione a quellrsquoistanza trascendente e a una si-mile legge egli pure egrave vincolatoraquo CRISTALDI laquoRomanum Imperiumraquo e donazione diCostantino cit p 325-26 Osserviamo che anche Manfredi figlio di Federico II di-fende lrsquoautonomia dellrsquoimpero proprio sulla base del ius humanum cfr A FRUGO-NI Il Manifesto di Manfredi ai Romani Palermo Palumbo 1951 con il testo alle pp21-42

272 Ancora nel X capitolo secondo il testo di Nardi e del sito della Societagrave Dan-tesca nellrsquoXI nellrsquoedizione di Shaw seguita da CHIESA-TABARRONE a partire da que-sto passo quindi il numero del capitolo a cui si riferisce il commento di CHIESA-TA-BARRONE non coincide piugrave (in quanto egrave superiore di una unitagrave) con quello del testoda me seguito

273Mon III X 18-19 laquoAdhuc dicunt quod Adrianus papa Carolum Magnum si-bi et Ecclesie advocavit ob iniuriam Longobardorum tempore Desiderii regis eorumet quod Carolus ab eo recepit Imperii dignitatem non obstante quod Michael impe-rabat apud Constantinopolim Propter quod dicunt quod omnes qui fuerunt Roma-norum Imperatores post ipsum et ipsi advocati Ecclesie sunt et debent ab Ecclesiaadvocari ex quo etiam sequeretur illa dependentia quam concludere voluntraquo

274 Quando Carlo Magno sconfisse Desiderio effettivamente era papa Adriano I

velazione271 ed egrave quindi indipendente dallrsquoautoritagrave ecclesialeIl secondo e ultimo argomento storico che Dante discute272 egrave

quello dellrsquoincoronazione imperiale di Carlo Magno da parte del pa-pa

Dicono altresigrave che papa Adriano tolse a difensore suo e della Chiesa Car-lo Magno contro le offese dei Longobardi al tempo del loro re Desiderio eche Carlo ricevette da lui la dignitagrave dellrsquoimpero nonostante che Michele fos-se imperatore di Costantinopoli Per il qual fatto dicono che tutti coloro chedopo di lui furono imperatori dei Romani sono difensori della Chiesa e talidebbono essere dalla Chiesa ritenuti dal che seguirebbe pure quella dipen-denza che essi pretendono inferirne273

Nonostante lrsquoimprecisione dei dati storici forniti dallrsquoAlighieri274

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che incoronograve Carlo re drsquoItalia nel 781 ma quando fu incoronato imperatore nel Na-tale dellrsquo800 era papa Leone III Inoltre a Costantinopoli non regnava Michele I malrsquoimperatrice Irene fatto questo che venne enfatizzato nelle fonti antiche come legit-timante la translatio sostenendo che il trono imperiale si poteva ritenere vacante inquanto occupato da una donna cosigrave ad esempio negli Annali di Lorsch (in Monu-menta Germaniae Historica Scriptores I Hannoverae Impensis Bibliopolii AuliciHahniani 1826 p 38) e nella Cronaca di Moissac (ivi pp 305-306) La fonte di Dan-te potrebbe essere stata il Decretum Gratiani (1 dist 63 22) cfr CHIESA-TABARRONECommento inMonarchia cit p 207 ad III XI 1

275 Vd supra n 1276 Vd supra n 251277 I documenti dei giuristi elaborati fra il XII e il XIII secolo mostrano come in

questo periodo si promuova una laquoaccezione sacrale e ministeriale che segna lrsquoImpe-ro cristiano nellrsquoetagrave intermedia differenziandolo dalla visione piugrave strettamente poli-tica propria dellrsquoimpero di diretta derivazione romana Lrsquoimperatore non egrave solo Si-gnore politico del mondo Egrave anche (diremmo soprattutto) lrsquoavvocato e il difensoredella Chiesa Lo egrave per decretazione superna di Dio stesso qual dalla Chiesa inter-pretata in guisa autenticaraquo cfr P BELLINI DOMINUS TOTIUS MUNDI LrsquoImpera-tore dei romani e i popoli estranei al popolo romano (sec XII-XIV) in Popoli e spazioromano tra diritto e profezia (Da Roma alla terza Roma Documenti e studi Collezio-ne diretta da P Catalano e P Siniscalco) Napoli Edizioni Scientifiche Italiane 1986pp 247-87 p 264 e pp 264-65 n 42 con ampia documentazione

egrave evidente come qui si alluda tramite anche il riferimento allrsquoimpe-ratore di Costantinopoli alla translatio imperii teoria presuppostalo abbiamo accennato allrsquoinizio anche nel VI canto del Paradiso275Lrsquoincoronazione di Carlo Magno non egrave quindi collegata dallrsquoAlighierialla donazione di Costantino (anche se i due episodi sono accomu-nati nella Monarchia in quanto costituiscono i due argomenti ldquosto-ricirdquo sostenuti dai suoi avversari) In effetti data lrsquoinnegabile ambi-guitagrave delle argomentazioni desumibili dal Constitutum276 gran par-te della pubblicistica di parte papale pur attribuendo allrsquoincorona-zione di Carlo Magno un valore di precedente storico convalidantela pretesa pontificia di avere lrsquoultima parola sul conferimento del ti-tolo imperiale fondava la legittimitagrave di tale precedente non sulleprerogative che il papa avrebbe ricevuto dal Constitutum quantopiuttosto sulla concezione del ruolo dellrsquoimperatore come advoca-tus ecclesiae277 secondo unrsquoidea solidaristica dei rapporti fra le duemassime autoritagrave che poteva essere chiamata in causa anche per giu-stificare lrsquointervento della Chiesa in temporalibus quando questa lo

ritenesse necessario o opportuno278 Dante non mette in dubbio ilruolo imperiale di advocatus ecclesiae che riconosceragrave esplicitamentea Carlo Magno nel VI canto del Paradiso (VI 96) e nemmeno che siaavvenuta una translatio a Graecis ad Francos ma sostiene che lrsquoautoredella translatio non sia stato il papa in quanto questi compigrave un attoillegittimo e laquolrsquousurpazione di un diritto non crea diritto altrimen-ti si potrebbe chiamare in causa unrsquoaltra vicenda storica ndash la depo-sizione di papa Benedetto V da parte dellrsquoimperatore Ottone I ndash perdimostrare la tesi oppostaraquo279 Dante chiude quindi velocementequesta vexata quaestio con la massima probabilmente da lui stessoconiata che usurpatio iuris non facit ius il motivo per cui lrsquoincoro-nazione di Carlo Magno sia da intendere come un usurpatio iurisqui a differenza di quanto avvenuto per la donazione di Costantinonon viene dimostrato (e si comprenderagrave in realtagrave solo nei successivicapitoli XII-XV dove si proveragrave che lrsquoautoritagrave imperiale puograve dipen-dere solo e direttamente da Dio)280 ma egrave comunque ancora una vol-ta tramite il diritto (o meglio in questo caso tramite la sua ldquoevoca-zionerdquo) che Dante inficia la presunta capacitagrave di un fatto storico dicostituire un precedente legittimante a una pretesa di per seacute privasecondo lrsquoautore di qualsiasi legittimitagrave

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278 Secondo una linea di pensiero preponderante fino ad Innocenzo III si ritenevache la Chiesa fosse chiamata ad intervenire in temporalibus ambito pur riconosciutodi specifica competenza del potere politico quando questrsquoultimo ratione peccati o an-che per semplice incompetenza non fosse in grado di assolvere il suo compito per unadettagliata analisi delle fonti si puograve vedere tutta la Parte Prima Il sistema curialisticoclassico in BELLINI La coscienza del principe cit vol I pp 87-615 passim

279 Cosigrave sintetizzano CHIESA-TABARRONE Commento in Monarchia cit p 207 adIII XI

280 Terminata la confutazione delle tesi degli avversari in questi capitoli Dante so-stiene la sua tesi dimostrando prima per via negativa che lrsquoimpero non dipende dallaChiesa percheacute la Chiesa non ne egrave la causa (XII) percheacute nessuna fonte ha attribuito al-la Chiesa il potere di conferire lrsquoimpero (XIII) e inoltre percheacute tale potere non fa par-te di quelli della Chiesa in quanto egrave contro la sua stessa natura (XIV) Infine nel XV ca-pitolo su cui ci soffermeremo brevemente dimostreragrave per via positiva che lrsquoautoritagravedellrsquoimpero dipende direttamente da Dio

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281 Cfr supra n 25 CHIESA-TABARRONE nel loro Commento (in Monarchia cit p209-10 ad III XII 1) chiariscono attraverso riferimenti a fonti antiche e medievali co-me la formulazione di questo principio in questo passo della Monarchia risenta del-la commistione fra lrsquoaccezione originale che laquosi applica rigorosamente solo allrsquointer-no delle distinzioni categoriali proprie dellrsquoontologia aristotelicaraquo e il laquoben diversoprincipio neoplatonico secondo cui tutto deriva dallrsquouno e allrsquouno puograve essere ricon-dottoraquo

282Mon III XI 1-2 laquoRatione vero sic arguunt Summunt etenim sibi principiumde decimo Prime phylosophie dicentes omnia que sunt unius generis reducuntur adunum quod est mensura omnium que sub illo genere sunt sed omnes homines suntunius generis ergo debent reduci ad unum tanquam ad mensuram omnium eorumEt cum summus Antistes et Imperator sint homines si conclusio illa est vera oportetquod reducantur ad unum hominem Et cum Papa non sit reducendus ad alium re-linquitur quod Imperator cum omnibus aliis sit reducendus ad ipsum tanquam admensuram et regulam propter quod sequitur etiam idem quod voluntraquo

283 CHIESA-TABARRONE Commento in Monarchia cit p 211 ad III XII 3

28 laquoMaxime debet intendere [hellip] romanus Princeps ut [hellip] li-bere cum pace vivaturraquo (Mon III XV 11)

Le conclusioni della Monarchia sono fra gli argomenti piugrave discussinegli studi sullrsquoopera e sulla concezione politica di Dante e vi accen-nerograve quindi soltanto per ciograve che riguarda piugrave specificatamente lrsquoog-getto di questo studio Per meglio comprendere proprio lrsquoultimo ca-pitolo del trattato mi sembra perograve prima opportuno richiamare lrsquouni-co argomento laquodi ragioneraquo che Dante confuta nellrsquoXI capitolo ovve-ro quello che in base al giagrave ricordato principio della reductio adunum281 postulava che tutti gli uomini appartenendo allo stesso ge-nere dovessero essere ricondotti a un solo uomo e laquosiccome il som-mo Pontefice e lrsquoImperatore sono uomini se quella conclusione egrave ve-ra bisogna che siano ricondotti a un solo uomo Ora poicheacute non egraveconsentito di ricondurre il Papa ad altro uomo rimane che lrsquoimpe-ratore insieme a tutti gli altri uomini deve essere ricondotto a lui co-me a misura e regolaraquo282 Nella sua confutazione lrsquoAlighieri accetta ilprincipio della reductio ad unum ma non la sua applicazione al papae allrsquoimperatore in quanto essi sarebbero riconducibili ad un unicouomo laquosolo ldquoin quanto uominirdquo (cioegrave in relazione alla loro natura so-stanziale) e non ldquoin quantordquo rispettivamente ldquopapardquo e ldquoimperatorerdquo(che riguarda invece la loro natura accidentale)raquo283

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284 Ivi p 209 ad III XII285 BELLINI DOMINUS TOTIUS MUNDI LrsquoImperatore dei romani e i popoli

estranei al popolo romano (sec XII-XIV) cit p 261 che cosigrave sintetizza parlando diunrsquolaquoidea solidaristica (imperium et sacerdotium sunt ut frater et soror) insita negli sche-mi integralistici della medievale civitas christiana tutta strutturata ndash nellrsquointerezza deisuoi tratti ndash in ragione della proiezione finale oltreterrena degli homines viatores Sivedeva il popolo cristiano consegnato ndash per decretazione provvida di Dio ndash alla cor-responsabile premura di quei due massimi apparati di governo di quelle due supre-mae auctoritates legate lrsquouna allrsquoaltra da unrsquoamicizia vicissim fortissima tutte e due or-dinate (ciascuna a modo suo secundum intellectum et vires suas) al bonum animaequod est maximumraquo

286 Cfr ivi p 265 laquola stessa logica unitaria [hellip] veniva a militare a favore dellapotestagrave vicaria in una unica personaraquo come aveva affermato il cardinale Ostiense (XIIIsecolo) nella sua Lectura alla Per venerabilem di Innocenzo III laquosicut enim ponere duoprincipia haereticum est [hellip] et sic ponere duos vicarios generales et sibi aequales interris haereticum videtur [hellip] vita igitur opinionem contrariam monstruosamraquoOSTIENSE Lectura in cap 13 Per venerabilem X qui filii sint legitimi 4 17 s vers Ple-nitudinem potestatis n 36

287Mon III XV 7 laquobeatitudinem scilicet huius vite que in operatione proprie vir-

Lrsquoargomento della reductio ad unum laquoun caposaldo della partepapaleraquo284 pur se confutato sul piano della logica non poteva co-munque di fatto essere messo a tacere se non si entrava nel meritodi quella concezione unitaria propria del mondo medievale secondola quale tutta la civitas egrave civitas christiana ovvero la societagrave coincidecon la Chiesa ed egrave quindi orientata anche su questa terra a rag-giungere il bonum animae285 dati questi presupposti difficilmentelrsquoimperatore poteva infatti risultare autonomo dalla suprema auto-ritagrave ecclesiastica anche in quellrsquoambito di sua specifica competenzache era la guida della societagrave civile286

Ora nel capitolo XV del III libro della Monarchia Dante dopoaver enunciato il principio metafisico secondo il quale lrsquouomo inquanto unione di corpo e anima partecipa sia alla natura corrutti-bile che a quella incorruttibile ognuna delle quali egrave orientata versoun suo proprio ultimo fine (sectsect 3-6) sostiene che di conseguenza duofines sono posti dalla provvidenza allrsquouomo vale a dire laquola beatitu-dine di questa vita consistente nellrsquoesplicazione delle proprie facol-tagrave [hellip] e la beatitudine della vita eterna consistente nel godimentodella visione di Dio cui la la virtugrave propria dellrsquouomo non puograve giun-gere senza il soccorso del lume divinoraquo287 Alla prima beatitudine

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tutis consistit [hellip] et beatitudinem vite ecterne que consistit in fruitione divini aspec-tus ad quam propria virtus ascendere non potest nisi lumine divino adiutaraquo

288Mon III XV 8 laquoNam ad primam per phylosophica documenta venimus dum-modo illa sequamur secundum virtutes morales et intellectuales operando ad secun-dam vero per documenta spiritualia que humanam rationem transcendunt dummo-do illa sequamur secundum virtutes theologicas operando fidem spem scilicet et ka-ritatemraquo

289 Vd supra n 64290 Egrave infatti ben noto che nel penultimo paragrafo della Monarchia (III XV 17) si

precisa che lrsquoImperatore non egrave in assoluto svincolato da una certa sottomissione alPapa dato che la felicitagrave terrena egrave quodammodo ordinata a quella immortale laquoQuequidem veritas ultime questionis non sic stricte recipienda est ut romanus Princepsin aliquo romano Pontifici non subiaceat cum mortalis ista felicitas quodammodo adinmortalem felicitatem ordineturraquo (Mon III XV 17 dove come opportunamente sot-tolineano CHIESA-TABARRONE Commento in Monarchia cit pp 241-42 ad III XVI 17lrsquoavverbio quodammodo non ha laquoun significato approssimativoraquo quanto piuttostolaquouna sua valenza tecnico-filosoficaraquo) Di tutto ciograve che egrave stato scritto su questo passoriporto solo percheacute la condivido pienamente questa osservazione di Cristaldi (CRI-STALDI laquoRomanum Imperiumraquo e donazione di Costantino cit p 299) laquoOnde scan-sare rischiosi fraintendimenti ribadiremo che questo separare non significa affattocontrapporre ci troviamo di fronte a un laico cristiano il quale egrave davvero remoto dacerte moderne preclusioni nei confronti della fede [hellip] Mantenendo che la felicitagrave ter-rena ldquoquodammodo ad inmortalem felicitate ordinaturrdquo (III xv 17) e che il sapere

laquonoi perveniamo per mezzo delle dottrine filosofiche purcheacute le se-guiamo praticando le virtugrave morali e quelle intellettuali alla secondainvece giungiamo per mezzo degli insegnamenti divini che trascen-dono la ragione umana purcheacute li seguiamo praticando le virtugrave teo-logicheraquo288 Anche nel IV trattato del Convivio lo ricordiamo in unpasso che molto si avvicina a questo della Monarchia Dante aveva af-fermato che le laquooperazioni delle morali virtudiraquo portano a una feli-citagrave laquoquasi imperfetta nella vita attivaraquo quelle laquodelle virtudi intel-lettualiraquo a una felicitagrave laquoperfetta quasi nella [vita contemplativa]raquo epoi che queste laquodue operazioni sono vie espedite e dirittissime a me-nare alla somma beatitudine la quale qui non si puote avereraquo (ConvIV XXII 18)289 Aveva quindi stabilito una distinzione ma con un pre-ciso ordine gerarchico che risulta invece assente in questo passo del-la Monarchia anche se per quanto riguarda il rapporto fra felicitagraveterrena e felicitagrave eterna tale ldquoordinerdquo saragrave ldquoin qualche modordquo ri-preso alla fine dellrsquoopera in una famosa e discussa asserzione290 Ma

prima del ldquofinalerdquo quello che si ribadisce egrave che per quanto riguar-da la felicitagrave in questa vita sono sufficienti le virtugrave morali e quelle in-tellettuali dato che come ha chiarito allrsquoinizio del I libro del tratta-to il bene esse mundi consiste nel fatto che lrsquoumanitagrave unita nella pa-ce possa attuare quellrsquooperazione che le egrave propria e che costituisceil suo fine ovvero tutta la potenza dellrsquointelletto291 Dato perograve chetutto questo laquolrsquoumana cupidigia se lo butterebbe dietro le spalleraquo292

se gli uomini non fossero costretti come si costringono i cavalli a se-guire una certa via laquofu necessaria allrsquouomo una duplice guida corri-spondente al duplice fine cioegrave il sommo Pontefice che conducesseil genere umano alla vita eterna per mezzo delle dottrine rivelate elrsquoImperatore il quale indirizzasse il genere umano alla felicitagrave tem-porale per mezzo degli insegnamenti della filosofiaraquo293 Lrsquoafferma-zione del ldquoduplice finerdquo del genere umano egrave quindi ciograve che permet-te a Dante di fondare lrsquoindipendenza del ruolo politico dellrsquoimpera-tore dallrsquoautoritagrave ecclesiastica294 ponendo quindi in sostanza i pre-

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umano viene compiuto dalla Rivelazione Dante recupera unrsquoarmonia di fondo tra lesfere che ha pur voluto scindere Ma certo la sua egrave una ricomposizione che non cor-risponde piugrave allrsquounitagrave tradizionalmente presupposta dal medioevo cristiano e a ben ve-dere nemmeno a quella di Tommaso drsquoAquino assertore di una distinzione nella su-bordinazione Nella Monarchia infatti i due ordini di realtagrave distinti trovano la lorosintesi solo in un punto di fuga trascendenteraquo

291Mon I IV 1-2 laquoSatis igitur declaratum est quod proprium opus humani generistotaliter accepti est actuare semper totam potentiam intellectus possibilis [hellip] Genushumanum in quiete sive tranquillitate pacis ad proprium suum opus [hellip] liberrimeatque facillime se habet Unde manifestum est quod pax universalis est optimum eo-rum que ad nostram beatitudinem ordinanturraquo

292Mon III XV 9 laquoHas igitur conclusiones et media licet ostensa sint nobis hecab humana ratione que per phylosophos tota nobis innotuit hec a Spiritu Sancto quiper prophetas et agiographos qui per coecternum sibi Dei filium Iesum Cristum etper eius discipulos supernaturalem veritatem ac nobis necessariam revelavit humanacupiditas postergaret nisi homines tanquam equi sua bestialitate vagantes ldquoin camoet frenordquo compescerentur in viaraquo cfr supra n 22

293Mon III XV 10 laquoPropter quod opus fuit homini duplici directivo secundumduplicem finem scilicet summo Pontifice qui secundum revelata humanum genusperduceret ad vitam ecternam et Imperatore qui secundum phylosophica documentagenus humanum ad temporalem felicitatem dirigeretraquo

294 Cosigrave come fra gli altri giagrave avevano ben evidenziato Gilson e Nardi cfr eg per-cheacute i passi in cui sostengono questa interpretazione sono numerosi GILSON Dante e

supposti non solo di una laquolaicizzazione della sfera politicaraquo ma an-che di una concezione della societagrave civile ovvero della laquocomunitagravedellrsquoimpero [hellip] per sua natura [hellip] cosmopolita essere degli ldquoani-mali razionalirdquo egrave il solo titolo richiesto per divenirne cittadiniraquo295tutta lrsquoumanitagrave egrave infatti unita da un fine la temporalis felicitas chelaquopuograve essere raggiunta dallrsquouomo in quanto tale senza far ricorso al-la grazia divina essa era disponibile prima della venuta di Cristocosigrave come era disponibile la veritas o quanto meno la veritas basatasui principii della ragione e della filosofiaraquo296 Ma siccome anche aquesta felicitagrave terrena laquonessuno o tuttrsquoal piugrave pochi e anche questicon estrema difficoltagrave saprebbero giungere se il genere umano se-date le tempeste della cupidigia che lo ammalia non si acqueta nel-la bonaccia della paceraquo Dante definisce ulteriormente il compitodellrsquoimperatore laquoquesta egrave la mira a cui deve volgere soprattutto gliocchi il tutore del mondo (curator orbis) che si chiama il Principe

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la filosofia cit p 194 laquoLa cosa piugrave notevole nellrsquoatteggiamento di Dante egrave peraltroche egli abbia compreso [hellip ] che non egrave possibile sottrarre totalmente il temporale al-la giurisdizione dello spirituale se non sottraendo totalmente la filosofia alla giurisdi-zione della teologiaraquo B NARDI Il concetto dellrsquoimpero nello svolgimento del pensierodantesco in ID Saggi di Filosofia Dantesca cit pp 215-75 p 253 laquodallrsquoautonomia delfine naturale dellrsquouomo di fronte al fine soprannaturale Dante deduce direttamentelrsquoautonomia e indipendenza del potere civile di fronte a quello ecclesiasticoraquo

295 IMBACH Quattro idee sul pensiero politico di Dante Alighieri cit pp 51-52che poi perograve osserva laquoQuesta fiducia nellrsquouniversalitagrave della ldquoragionerdquo fa problema peril lettore di oggi non diversamente dalla formulazione che dallrsquoaltra discende del-lrsquoesistenza di un unico diritto universale La voce dellrsquoAlighieri contraddice certe esi-tazioni contemporanee Chiama in giudizio forse le violazioni di diritti alle quali noiassistiamo Cosigrave facendo in ogni caso incita ancora alla riflessione su questi temiraquo Ecosigrave viene infatti da ldquoriflettererdquo che non sia forse un caso che questa fiducia in una pos-sibile unitagrave del genere umano fondata ldquolaicamenterdquo sullrsquouniversalitagrave della ragione siastata tanto potentemente espressa da un uomo ldquoprofondamente religiosordquo

296 CHIESA-TABARRONE Introduzione in Monarchia cit p XLV Ma anche CHIE-SA-TABARRONE osservano che si tratta di laquouna visione in apparenza laica ma ancheuna visione teologica percheacute questa unitarietagrave del genere umano fa parte di un ordi-ne delle cose voluto da Dio e governato dalla provvidenza La felicitagrave che si puograve con-seguire in questo mondo e la felicitagrave dellrsquoeternitagrave sono fra loro autonome e procedo-no per vie diverse ma non sono indipendenti come egrave vero che il mondo terreno egrave so-miglianza del mondo celesteraquo Del resto precisazioni analoghe le avevamo giagrave espres-se a proposito della ldquolaicitagraverdquo delle virtugrave del Convivio

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 139

297Mon III XV 11 laquoEt cum ad hunc portum vel nulli vel pauci et hii cum diffi-cultate nimia pervenire possint nisi sedatis fluctibus blande cupiditatis genus hu-manum liberum in pacis tranquillitate quiescat hoc est illud signum ad quod maxi-me debet intendere curator orbis qui dicitur romanus Princeps ut scilicet in areolaista mortalium libere cum pace vivaturraquo Mi pare interessante osservare che ancheTommaso ma a proposito della veritagrave su Dio (per la quale anche Dante ritiene ne-cessaria la rivelazione) aveva affermato laquoQuia veritas de Deo per rationem investi-gata a paucis et per longum tempus et cum admixtione multorum errorum hominiproveniret a cuius tamen veritatis cognitione dependet tota hominis salus quae inDeo est Ut igitur salus hominibus et convenientius et certius proveniat necessariumfuit quod de divinis per divinam revelationem instruantur Necessarium igitur fuitpraeter philosophicas disciplinas quae per rationem investigantur sacram doctrinamper revelationem haberiraquo Summa Theologiae I q 1 art 1

298 Come giustamente sottolineano CHIESA-TABARRONE Commento in Monar-chia cit p 242 ad III XVI 17 laquoDante cambia interlocutore lrsquoinvito egrave rivolto allrsquoim-peratore non piugrave al papa che ndash insieme ad altri cristiani mal consigliati dal loro ec-cesso di zelo verso la Chiesa ndash egrave stato il destinatario del terzo libro e neppure ai sa-pienti in generale che sono il pubblico dellrsquointero trattato e ai quali sono indirizzati iparr 15-16raquo

299 Mon III XV 18 laquoIlla igitur reverentia Cesar utatur ad Petrum qua primoge-nitus filius debet uti ad patrem ut luce paterne gratie illustratus virtuosius orbem ter-re irradiet cui ab Illo solo prefectus est qui est omnium spiritualium et temporaliumgubernatorraquo Sul significato da attribuire al passo cfr supra n 289 Per il Convivio vdsupra e n 105 Ancora CHIESA-TABARRONE ibidem osservano che laquoil tono che Dan-te assume qui egrave quello del profeta veterotestamentario che si rivolge al sovrano co-me portatore dei messaggi di Dioraquo

300 Il vocabolo curator appartiene evidentemente allrsquoambito giuridico e indica

romano che nellrsquoaiuola terrena si viva liberi nella paceraquo (Mon III XV11)297 E il trattato si chiude con un passo (Mon III XV 18) in cuicambiando improvvisamente interlocutore298 lrsquoAlighieri si rivolgedirettamente a laquoCesareraquo assumendo cosigrave in modo esplicito quel ruo-lo di ldquoguidardquo della suprema autoritagrave politica che avevamo giagrave vistoemergere dal Convivio299

Per il tema di questo lavoro quello che piugrave ci interessa egrave che inquesti ultimi capitoli del III libro della Monarchia viene ripropostauna figura di imperatore che non solo non contraddice ma anzi rias-sume le caratteristiche viste nei libri precedenti del trattato o anchenel Convivio lrsquoimperatore di Dante vincolato e caratterizzato dal di-ritto e dalla filosofia egrave quel curator orbis (e di nuovo la terminologiaegrave giuridica)300 che solo puograve assicurare agli uomini la libertagrave e la pace

come guida distinta anche se non opposta allrsquoautoritagrave spiritualeMa voglio aggiungere una considerazione finale egrave ben noto che

la dottrina dei duo fines fu uno dei punti della Monarchia netta-mente condannati dal frate domenicano Guido Vernani301 forse nel-lo stesso anno 1329 (o poco prima) in cui il cardinale Bertrando dalPoggetto legato di papa Giovanni XXII condannograve a Bolognalrsquoopera a essere bruciata senza contare che nel 1554 il libro fu mes-so allrsquoIndice e ne fu ritirato solo nel XIX secolo302 Eppure con la di-stinzione dei due fini Dante individuando come ambito del potereldquolaicordquo il diritto romano e la filosofia si fa anche interprete del ldquocuo-rerdquo del pensiero giuridico europeo anticipandone quella sintesi cheproprio un papa Benedetto XVI ha recentemente proposto nel Di-scorso al parlamento tedesco del 2011

Nella storia gli ordinamenti giuridici sono stati quasi sempre motivati inmodo religioso sulla base di un riferimento alla Divinitagrave si decide ciograve che tragli uomini egrave giusto Contrariamente ad altre grandi religioni il cristianesimo

FRANCESCA FONTANELLA140

nel diritto privato romano chi viene chiamato a integrare o a sostituire un soggetto in-capace o limitatamente capace di agire (come il minore la donna ma anche il furio-sus etc) inoltre egrave ben noto come a Roma venissero definiti curatores anche i magistratidestinati allrsquoassolvimento di particolari funzioni pubbliche quali ad esempio i cura-tores annonae quelli aquarum publicarum quelli viarum etc cfr eg Dizionario Giu-ridico Romano intr di A GUARINO Napoli Edizioni Giuridiche Simone 20003 pp141-44 Per un ambito ancora piugrave esteso di ldquocurardquo si puograve pensare ai curatores rei pu-blicae dei funzionari amministrativi creati con Traiano e incaricati essenzialmente disorvegliare le finanze cittadine locali ma in alcuni casi considerati anche piugrave in ge-nerale come garanti del buon funzionamento della cittagrave cfr M SARTORI Osservazio-ni sul ruolo del laquocurator rei publicaeraquo in laquoAthenaeumraquo LXVII 1989 pp 5-20 Lrsquoim-peratore di Dante si pone come al vertice di questi curatores egrave curator non Urbis orei publicae ma orbis

301 Che obiettava laquoad beatitudinem temporalem non ordinatur homo a Deo tan-quam ad finem ultimum quia talis beatitudo numquam terminare et satiare potuithominum appetitum [hellip] ordinatur ergo homo ad felicitatem eternam tamquam fi-nem ultimumraquo VERNANI De reprobatione Monarchie composite a Dante III 11 inMonarchia cit p 365

302 Alla storia della Monarchia di Dante fino allrsquoeditio princeps del 1559 egrave dedi-cato lrsquoesauriente studio di F CHENEVAL Die Rezeption der laquoMonarchiaraquo Dantes bis zurldquoEditio Princepsrdquo im Jahre 1559 Metamorphosen eines philosophischen Werkes Muumln-chen Fink 1995

[hellip] ha invece rimandato alla natura e alla ragione quali vere fonti del dirit-to ndash ha rimandato allrsquoarmonia tra ragione oggettiva e soggettiva unrsquoarmoniache perograve presuppone lrsquoessere ambedue le sfere fondate nella Ragione crea-trice di Dio Con ciograve i teologi cristiani si sono associati ad un movimento fi-losofico e giuridico che si era formato sin dal secolo II aC Nella prima me-tagrave del secondo secolo precristiano si ebbe un incontro tra il diritto naturalesociale sviluppato dai filosofi stoici e autorevoli maestri del diritto romanoIn questo contatto egrave nata la cultura giuridica occidentale che egrave stata ed egrave tut-tora di unrsquoimportanza determinante per la cultura giuridica dellrsquoumanitagrave Daquesto legame precristiano tra diritto e filosofia parte la via che porta attra-verso il Medioevo cristiano allo sviluppo giuridico dellrsquoIlluminismo fino al-la Dichiarazione dei Diritti umani303

In conclusione ciograve che emerge dalla lettura del Convivio e del-la Monarchia non egrave la mera riproposizione della forma esteriore diun modello politico quello dellrsquoimpero romano ormai irrimedia-bilmente sorpassato in questo caso infatti la concezione politica del-lrsquoAlighieri sarebbe per dirla con le parole di un recente studio so-lo laquounrsquoidea contraria alla storia [hellip] unrsquoutopia giustificabile gene-rosa ma inservibileraquo304 Si deve piuttosto osservare che Dante egrave riu-scito ad individuare quelle caratteristiche dellrsquoimpero che erano inqualche modo espressione di esigenze e di aspirazioni profonda-mente umane e quindi sempre attuali305 quelle di una vita civile vir-

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 141

303 Il discorso si puograve ora leggere nel volume La legge di re Salomone Ragione e di-ritto nei discorsi di Benedetto XVI a cura di M CARTABIA e A SIMONCINI Prefazio-ne di G NAPOLITANO Milano Rizzoli 2013 pp 00

304 G GORNI Dante Storia di un visionario Roma-Bari Laterza 2009 p 181 Macfr invece O CAPITANI Spigolature sul III della Monarchia in ID Chiose minime dan-tesche Pagravetron 1983 p 81 laquoEgrave certo che la monarchia egrave unrsquoutopia politica ma in ciogravestesso sta il suo fortissimo valore storico nella linea di sviluppo del pensiero politicomedioevale Ha iniziato un processo che per far valere le motivazioni profonde chelo ispiravano ha dovuto ricostruire tutto il significato di un linguaggio che era il lin-guaggio della realtagrave del suo tempo Dante lrsquoha fatto con ovvio riferimento a questo lin-guaggio del tempo e valendosi dei processi formali che erano propri di una culturasigrave da fornire lrsquoimpressione di essere un pensatore soltanto in arretrato con la tenden-za intellettuale dei suoi contemporaneiraquo

305 IMBACH Quattro idee sul pensiero politico di Dante Alighieri cit p 44 giu-stamente preoccupato di laquoevitare di caricare di valore normativo i concetti politicielaborati nel passato in contesti eterogenei rispetto al nostroraquo (ovvero di laquotrarre del-

tuosa alla quale gli organi di governo sono chiamati a garantire unapace e una libertagrave che hanno il loro fondamento nel diritto A que-ste aspirazioni ed esigenze egli ha dato voce306 e in ciograve consiste misembra la continua attualitagrave della sua opera e in parte di quella delldquomodello romanordquo

Nel licenziare il presente saggio desidero ringraziare le bibliotecarie del-la Societagrave Dantesca Italiana e in particolare Giovanna Puletti per la pre-murosa disponibilitagrave e la competente consulenza offertami durante il mio la-voro di ricerca Solo in fase di correzione delle bozze ho potuto consultaresenza quindi poterli citare i recenti commenti di Gianfranco Fioravanti alConvivio e di Diego Quaglioni alla Monarchia in DANTE ALIGHIERI Opereedizione diretta da MARCO SANTAGATA vol II Convivio Monarchia Episto-le Egloge a cura di G FIORAVANTI C GIUNTA D QUAGLIONI C VILLA GALBANESE Milano Mondadori 2014

FRANCESCA FONTANELLA

FRANCESCA FONTANELLA142

le conclusioni immediate sul dover essere attualeraquo) sostiene invece che laquole domandealle quali rispose il filosofo fiorentino non sono le stesse alle quali debbono risponderei pensatori di oggiraquo (ibidem) Se questo egrave senzrsquoaltro vero per quanto riguarda lrsquoaspet-to piugrave fenomenico delle domande ldquopoliticherdquo dellrsquoAlighieri non lo egrave per le aspirazioniche le hanno suscitate e infatti Imbach riconosce e lo dimostra nel suo lavoro chelaquoquanto per noi egrave ldquofuori discussionerdquo accettato come pacifico o addirittura mai av-vertito viene risvegliato da domande ldquointempestiverdquo inattese e differenti le doman-de di Danteraquo (ibidem)

306 Naturalmente ben altra voce e molto piugrave potente egrave quella della Commedia dicui spero di potermi occupare in un prossimo studio Rimando per ora per la con-sonanza su alcune tematiche da me trattate in queste pagine allrsquoacuta ed approfon-dita analisi del VI canto del Paradiso di E FENZI Il volo dellrsquoaquila Una lettura di Pa-radiso VI in laquoChroniques italiennes webraquo 24 32012 (httpchroniquesitalien-nesuniv-paris3frPDFWeb241EFenzipdf) pp 1-58

FINITO DI STAMPARENEL MESE DI NOVEMBRE 2014

PER CONTO DELLACASA EDITRICE LE LETTERE

DALLA TIPOGRAFIA ABCSESTO FIORENTINO - FIRENZE

  • piatto Studi Danteschi 79
  • 00 frontespizio indice_Layout 1
  • 02 IMP Fontanella 39-142_Layout 1
  • 2
  • FINITO

INDICE

Rodney Lokaj Lrsquoemergenza di unrsquoars dictaminis dantescaLrsquoepistola II 1

Francesca Fontanella Lrsquoimpero romano nel Convivio e nella Monarchia 39

Gino Casagrande laquoArturi regis ambages pulcerrimeraquo (DVE I X 2) 143

Paolo Orvieto Un caso di secolare irrisolta enigmistica dantesca laquoPape Satagraven pape Satagraven alepperaquo (Inf VII 1) 157

Nicola Fosca Il canto XX del Paradiso Giustizia e predestinazione 209

Valter Leonardo Puccetti Una lettura del canto di PierDamiani 267

Franco Suitner Paradiso XXIII 311

NOTE

Paola Allegretti Lista dei refusi di stampa di Fiore 2011 333

Vittorio Bartoli Il tema della resurrezione della carnenella Divina Commedia 335

Daniela Di Pasquale Dante in Portogallo rassegna delletraduzioni (1846-2010) 359

Michele Marchesiello Dante e la legge a proposito di Dante and the Limits of Law di Justin Steinberg 429

MANOSCRITTI DANTESCHI

Marisa Boschi Rotiroti - Federico Sanguineti Il manoscrittoCarapelli 445

RECENSIONI

La Commedia di Dante Alighieri Con il commento di Robert Hollander (R Bruscagli) 451

Nuove prospettive sulla tradizione della laquoCommediaraquoSeconda serie (2008-2013) a cura di Elisabetta Tonelloe Paolo Trovato (M Giola) 467

Notizie della Societagrave Dantesca Italiana per lrsquoanno 2013 477

Indice dei manoscritti 487Indice dei nomi 489

INDICEVI

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIOE NELLA MONARCHIA

Nel Paradiso nel cielo di Mercurio dove si mostrano a Dante leanime laquodrsquoi buoni spirti che sono stati attivi percheacute onore e fama lisuccedaraquo (Par VI 113-14) il poeta incontra lrsquoimperatore Giustinia-no le cui parole occupano in maniera del tutto eccezionale rispettoalla struttura generale della Commedia un intero canto il sesto Alsuo interno troviamo tratteggiata la storia dellrsquoimpero romano rap-presentata come il volo di quellrsquoAquila che dellrsquoimpero era lrsquoinse-gna Questa storia ha il suo punto di partenza nelle origini Troiane(Par VI 2-3 35-36) ripercorre poi alcuni dei principali fatti e pro-tagonisti della Roma arcaica repubblicana e imperiale fino a Tito eda ligrave ldquosaltardquo e si conclude con Carlo Magno (Par VI 94-96) per es-sere seguita cosigrave come era stata introdotta (Par VI 31-33) dalla net-ta condanna di coloro che ora ai tempi di Dante si oppongono aquella stessa Aquila (i laquogigli gialliraquo di Francia del v 100) ma anchedi coloro che se ne appropriano (la parola laquoappropriaraquo ricorre sia alv 33 che al v 101) ovvero i Ghibellini che riducono lrsquoinsegna del-lrsquoimpero universale a quella di una ldquoparterdquo (Par VI 33 101-104)

Ho richiamato alla memoria questi ben noti versi per osservarein via preliminare che per noi parlare dellrsquoimpero romano in Dan-te significa rintracciare nella sua opera la presenza di una realtagrave po-litica che allrsquoepoca in cui il poeta visse era giagrave da tempo conclusa Perla concezione dellrsquoautore invece lrsquoimpero romano non era un fattodel passato che poteva al massimo fornire un modello per il presen-te ma una realtagrave storica viva che aveva avuto inizio in un lontano enobile passato1 Per questo lrsquoantica storia di Roma non egrave mai com-

1 I presupposti di tale concezione sono riconducibili allrsquointerpretazione dellrsquoin-

pletamente separabile in Dante dalla problematica del suo tempocirca il ruolo dellrsquoimpero in quel contesto politico e religioso

Questa osservazione implica unrsquoaltra precisazione affrontarequesta problematica estremamente complessa per la sofferta pro-fonditagrave del pensiero dantesco mai riconducibile a un sistema e perlrsquoimmensa bibliografia di esperti dantisti quale io non sono che sudi essa si sono cimentati laquomi fa tremar le vene e i polsiraquo Vorrei per-tanto delimitare lrsquooggetto di questo studio tentando di individuarenel Convivio e nella Monarchia (ma facendo anche eventuale riferi-mento ai passi delle Epistolae di ldquoargomento politicordquo che in parteripropongono alcune tematiche dei trattati) lrsquoatteggiamento e il giu-dizio di Dante rispetto alla storia dellrsquoantico impero romano e ad al-cune sue caratteristiche ben individuabili quali lo vedremo la vir-tugrave dei suoi ldquofondatorirdquo e il fatto di aver instaurato una pace ecume-nica garantita da un potere imperiale che trovava il suo fondamen-to e allo stesso tempo il suo limite nel diritto

1 Il Convivio

11 laquoE questo officio per eccellenza imperio egrave chiamatoraquo (Conv IV IV 7)

La prima opera in cui Dante si occupa specificatamente dellrsquoan-tico impero romano egrave il Convivio (composto probabilmente neglianni fra il 1304 e il 1307)2 nel IV trattato dedicato alla definizione

FRANCESCA FONTANELLA40

coronazione di Carlo Magno a Roma nellrsquo800 come una translatio dellrsquoantico imperoromano a Graecis (cioegrave da Costantinopoli) ad Francos interpretazione che troviamoattestata esplicitamente per la prima volta circa 50 anni dopo questo evento nella Vi-ta Willehadi cfr W GOEZ Translatio Imperii Tuumlbingen JCB Mohr (Paul Siebeck)1958 p 73

2 Le canzoni risalgono perograve agli anni fiorentini successivi alla Vita Nova tran-ne Doglia mi reca coeva alla prosa che fu composta tra il 1304 e il 1307 (secondo Pe-trocchi G PETROCCHI Vita di Dante Roma-Bari Laterza 19862 pp 102-103) otra il 1303 e il 1308 (secondo la Corti 1303-1304 i primi tre trattati 1306-1308 ilquarto M CORTI La felicitagrave mentale Nuove prospettive per Cavalcanti e Dante To-rino Einaudi 1983 pp 142-44 ora in EAD Scritti su Cavalcanti e Dante La felici-tagrave mentale Percorsi dellrsquoinvenzione e altri saggi Torino Einaudi 2003 pp 163-64)

della laquogentilezzaraquo (ovvero della nobiltagrave)3 Nel III capitolo si contestaa Federico II di Svevia la definizione di laquogentilezzaraquo come laquoanticaricchezza e belli costumiraquo (Conv IV III 6) Il detto che qui egrave attri-buito allrsquoImperatore ma che si trovava giagrave nella Politica4 di Aristo-tele (come lo stesso Dante indicheragrave poi nella Monarchia)5 si era lar-gamente diffuso privo dellrsquoultima parte nobiltagrave cioegrave veniva a equi-valere solo ad antica ricchezza Dato che la contestazione di questadefinizione6 sembra mettere in dubbio lrsquoautoritagrave imperiale che lrsquoave-

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 41

Colla datazione Petrocchi ma limitandola al 1306 concorda M SANTAGATA Dan-te Il romanzo della sua vita Milano Mondadori 2012 pp 175-77 che localizza ta-le composizione a Bologna La scrittura del Convivio fu probabilmente interrottaper lrsquoimpegno della redazione dellrsquoInferno e per il rinnovato imporsi dellrsquoattivitagrave po-litica a cui lo scrittore fu sollecitato dallrsquoannunciata elezione di Arrigo VII a impe-ratore (1308)

3 Giagrave al v 16 della Canzone posta in apertura al trattato Le dolci rime drsquoamor chrsquoirsquosolia Il testo del Convivio e della Monarchia qui e nei passi successivamente citati egravetratto dal sito della Societagrave Dantesca Italiana (httpwwwdanteonlineit) che utiliz-za il testo dellrsquoEdizione Nazionale a cura della Societagrave Dantesca Italiana DANTE ALI-GHIERI Convivio a cura di F BRAMBILLA AGENO Firenze Le Lettere 1995

4 Pol IV 1294a Per quanto riguarda le traduzioni di Aristotele utilizzate da Dan-te vd infra

5Mon II III 3-4 dove Dante per dimostrare che laquoromanus populus de iure nonusurpando Monarche offitium quod lsquoImperiumrsquo dicitur sibi super mortales omnesascivitraquo (Mon II III 1) si fonda su questo sillogismo laquonobilissimo populo convenitomnibus aliis preferri romanus populus fuit nobilissimus ergo convenit ei omnibusaliis preferriraquo (Mon II III 2) Qui a differenza del Convivio Dante accoglie la defini-zione aristotelica di nobiltagrave come laquovirtugrave e antica ricchezzaraquo anche se vi accosta quel-la di Giovenale laquoEst enim nobilitas virtus et divitie antique iuxta Phylosophum in Po-liticis et iuxta Iuvenalem nobilitas animi sola est atque unica virtus Que due sen-tentie ad duas nobilitates dantur propriam scilicet et maiorumraquo (Mon II III 4 cfrIuv Sat VIII 20 laquo[hellip] nobilitas sola est atque unica virtusraquo) Dimostra quindi attra-verso la storia di Enea e dei suoi antenati che i Romani ebbero in grado massimo lavirtugrave che nobilita non soltanto la propria ma anche quella degli avi laquoHiis itaque adevidentiam subassumpte prenotatis cui non satis persuasum est romani populi pa-trem et per consequens ipsum populum nobilissimum fuisse sub celo Aut quem inillo duplici concursu sanguinis a qualibet mundi parte in unum virum predestinatiodivina latebitraquo (Mon II III 17)

6 Per cui cfr anche Conv IV XX 7-8 dove Dante rimanda alla celebre canzone diGuido Guinizzelli Al cor gentil ripara sempre Amore e Vita Nova 11 3 Amore e rsquol corgentil sono una cosa

va proferita7 Dante sente la necessitagrave di ribadirne il valore Il IV ca-pitolo inizia quindi dimostrando la necessitagrave naturale dellrsquoimperocome istituzione politica (fino al par 7) per poi passare a dimostra-re la ragione della sua attuazione storica (IV IV 8-14 V) in quellrsquoim-pero romano di cui Federico II era stato indicato nel capitolo pre-cedente come lrsquoultimo imperadore (Conv IV III 6)8

laquoLo fondamento radicale de la imperiale maiestaderaquo egrave indivi-duato nel Convivio nella laquonecessitagrave de la umana civilitade che a unofine egrave ordinata cioegrave a vita feliceraquo9 In cosa consista questa laquovita fe-liceraquo Dante in questo passo non lo esplicita ma egrave evidente e vi ac-cenno soltanto che tale affermazione non puograve essere letta in modoavulso dalla tematica di origine aristotelica riguardante la felicitagravecome compimento del desiderio naturale di sapere insito nellrsquouomotematica che attraversa tutto il Convivio fin dal suo incipit10 e che

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7 E anche lrsquoautoritagrave di Aristotele questrsquoultima non per la sentenza in seacute nel Con-vivio attribuita esclusivamente a Federico II ma percheacute il filosofo aveva detto che ciograveche pare alla maggioranza egrave impossibile che sia del tutto falso Dante in realtagrave comespesso succede sembra qui seguire piugrave TOMMASO DrsquoAQUINO (Exp Eth VII lect XIII

12 laquoIllud enim in quod omnes vel plures consentiunt non potest esse omninofalsumraquo) che il testo di Aristotele oggetto del commento di Tommaso (Eth VII1153b)

8 laquoFederigo di Soave ultimo imperadore de li Romani ndash ultimo dico per rispettoal tempo presente non ostante che Ridolfo e Andolfo e Alberto poi eletti siano apres-so la sua morte e delli suoi discendentiraquo (Conv IV III 6) Federico II muore nel 1250neacute Rodolfo di Asburgo eletto re dei Romani nel 1273 neacute Adolfo di Nassau eletto nel1291 neacute Alberto I drsquoAsburgo eletto nel 1298 erano mai stati incoronati imperatorianche se a questrsquoultimo che non era perograve mai sceso in Italia il titolo era stato rico-nosciuto da Bonifacio VIII nellrsquoestate del 1303 Dante non parla qui di Enrico VII diLussemburgo eletto re di Germania e designato imperatore a Francoforte nel 1308consacrato ad Aquisgrana nel 1309 Il che costituirebbe un termine ante quem di com-posizione del Convivio

9 Cfr ARISTOTELE Eth I 1099b con il commento di Tommaso drsquoAquino (ExpEth I lect XIV 10 laquoPosuimus enim ibi quod optimum humanorum bonorum scilicetfelicitas sit finis politicae cuius finis manifeste est operatio secundum virtutemraquo) maDante potrebbe far anche riferimento a quel passo della Politica (I 1252b) doveAristotele afferma che la polis egrave sigrave nata in funzione del vivere ma laquoin realtagrave esiste perrendere possibile una vita felice (eu zen)raquo (la traduzione italiana della Politica diAristotele qui e per i passi seguenti egrave quella di R LAURENTI in ARISTOTELE OpereRoma-Bari Laterza 1973 vol IV)

10 Conv I I 1 laquoSigrave come dice lo Filosofo nel principio della Prima Filosofia tutti

nella Monarchia saragrave piugrave esplicitamente posta in connessione collafunzione dellrsquoImpero11 In questo capitolo comunque Dante osser-va soltanto che nessuno puograve giungere da solo a tale fine e perciograve laquodi-ce lo Filosofo ndash scil Aristotele ndash che lrsquouomo naturalmente egrave compa-gnevole animaleraquo (Conv IV IV 1) Egrave immediato riconoscere in que-ste parole la volgarizzazione della celeberrima definizione del-lrsquoἄνθρωος ϕύσει ολιτικὸν ζῷον che troviamo nella Politica (I1253a) di Aristotele che a partire dalla laquoetagrave di Tommaso drsquoAquino[hellip] veicolava lrsquoidea della naturalitagrave dello stato nel senso che la so-cietagrave umana organizzata egrave il prodotto di un ldquoistinto naturalerdquo con-

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 43

li uomini naturalmente desiderano di sapere La ragione di che puote essere [ed] egrave checiascuna cosa da providenza di prima natura impinta egrave inclinabile alla sua propiaperfezione onde acciograve che la scienza egrave ultima perfezione della nostra anima nellaquale sta la nostra ultima felicitade tutti naturalmente al suo desiderio semo subiet-tiraquo Cfr ARISTOTELEMetaph I 980a Ma in questo IV trattato in cui come vedremola filosofia egrave per Dante innanzitutto etica puograve darsi che in effetti seguendo i passi diAristotele e di Tommaso a cui abbiamo rimandato nella nota precedente lrsquoAlighieriabbia in mente che quella felicitas che egrave il fine specifico della politica sia innanzitut-to il vivere secondo virtugrave vd infra nn 62 e 64

11 Specialmente Mon I III (e poi tutto il I libro) e III XV 7-16 sui quali vd infraSullrsquoargomento complesso e ampiamente discusso (specialmente e mi si perdoni lasemplificazione per quanto riguarda il triplice problema se in Dante il desiderio ldquona-turalerdquo di conoscere implichi o meno anche il desiderio di conoscere il ldquosoprannatu-ralerdquo e quindi se il compimento di tale desiderio che poi egrave la felicitagrave possa o non pos-sa essere raggiunto tramite la ragione umana e come ciograve possa attuarsi o meno nel-lrsquoambito della vita terrena) oltre agli ormai classici studi di Nardi (B NARDIDal ldquoCon-viviordquo alla ldquoCommediardquo (Sei saggi danteschi) con premessa alla ristampa di O CAPITA-NI Roma nella sede dellrsquoIstituto Palazzo Borromini Istituto storico italiano per il Me-dio Evo 1992 (ristampa anastatica dellrsquoedizione Roma 1960) ID Saggi di filosofia dan-tesca Milano La Nuova Italia 19672) Gilson (E GILSON Dante et la philosophie Pa-ris Librairie Philosophique J Vrin 1939 trad it Dante e la filosofia Milano Jaca Bo-ok 1987) e Corti (CORTI La felicitagrave mentale cit) segnalo per unrsquoequilibrata e utilemessa a punto il piugrave recente saggio di P PORRO Tra il ldquoConviviordquo e la ldquoCommediardquoDante e il laquoforte dubitareraquo intorno al desiderio naturale di conoscere le sostanze separa-te in 1308 Eine Topographie historischer Gleichzeitigkeit a cura di A Speer e D Wir-mer Berlin-New York W de Gruyter 2010 (laquoMiscellanea Mediaevaliaraquo 35) pp 629-60 e il volume di P FALZONE Desiderio della scienza e desiderio di Dio nel Convivio diDante Bologna il Mulino 2010 specialmente pp 101-248 che offre un ricco reper-torio di testi medievali editi e inediti a testimonianza dellrsquoambito intellettuale e del di-battito nel quale si collocano le problematiche dantesche

genito cioegrave allrsquoessere uominiraquo12 Dante puograve aver attinto questa defi-nizione o direttamente dalla Politica nella traduzione latina di Gu-glielmo di Moerbeke13 eo attraverso le citazioni presenti nei com-menti di Tommaso a varie opere aristoteliche14 o ancora in altri trat-tati politici di poco precedenti la stesura del Convivio come ilDe re-gimine principum (scritto per quanto riguarda il I libro e i primi ca-pitoli del II dallo stesso Tommaso tra il 1265 e i primi anni rsquo70 delDuecento proseguito poi fino al IV libro da Tolomeo di Lucca do-po lrsquoanno 1300)15 o il trattato omonimo di Egidio Romano16

Questa varietagrave di precedenti a cui si puograve riconnettere il passodantesco induce subito una precisazione per quanto riguarda il Con-vivio dobbiamo senzrsquoaltro parlare non tanto di laquofontiraquo quanto dilaquoautoriraquo e di laquotradizioniraquo in esso confluite17 Se infatti quasi ognipasso del trattato riecheggia pensieri o immagini giagrave presenti in ope-

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12 Cfr A GHISALBERTI Roma antica nel pensiero politico da Tommaso drsquoAquinoa Dante in Roma antica nel Medioevo Mito rappresentazioni sopravvivenze nella ldquoRe-spublica Christianardquo Milano Vita e Pensiero 2001 pp 347-64 p 348 Ma vd infran 22

13 Pol I 1253a laquoEx iis igitur manifestum quod eorum quae natura civitas est etquod homo natura civile animal estraquo Cfr anche ARISTOTELE Pol III 1278b Eth I1097b IX 1169b

14 Exp Eth I lect I 4 laquoSciendum est autem quod quia homo naturaliter est animalsociale utpote qui indiget ad suam vitam multis quae sibi ipse solus praeparare nonpotest consequens est quod homo naturaliter sit pars alicuius multitudinis per quampraestetur sibi auxilium ad bene vivendumraquo Exp Pol I lect I 26 laquoConcludit ergoprimo ex praemissis quod civitas est eorum quae sunt secundum naturam Et cumcivitas non sit nisi congregatio hominum sequitur quod homo sit animal naturalitercivileraquo

15 De regimine principum I I laquoNaturale autem est homini ut sit animal sociale etpoliticum in multitudine vivens magis etiam quam omnia alia animalia quod quidemnaturalis necessitas declaratraquo

16 Lrsquoaggettivo compagnevole ricorre nel volgarizzamento (conosciuto da Dantepercheacute citato al cap XXIV sempre del IV trattato del Convivio) del De regimineprincipum di Egidio Romano libro II part I cap I EGIDIO ROMANO Del reggimentodersquo principi trascritto nel MCCLXXXVIII pubblicato per cura di F CORAZZINIFirenze 1858 p 127 dove lrsquoautore laquoinsegna che lrsquouomo die naturalmente vivere incompagniaraquo rifacendosi esplicitamente ad Aristotele

17 Cfr C VASOLI Introduzione in DANTE ALIGHIERI Opere Minori vol II t Ia cura di C VASOLI e D DE ROBERTIS Milano-Napoli Ricciardi-Mondadori 1995 ppLXIV-LXXX

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18 Conv II XII 7 egrave il periodo che segue la morte di Beatrice avvenuta nel 1290e la composizione della Vita Nova (1292-1293) e in cui Dante si ldquoinnamorardquo delladonna gentile ovvero della filosofia Conv II XV 12

19 VASOLI Introduzione cit p LXVI20 G PASCOLI Lrsquoaquilone in Primi Poemetti vv 1-2

re del mondo classico e medievale talvolta come in questo casoesplicitamente indicate dallrsquoAlighieri per la maggioranza di questipassi risulta perograve difficile individuare citazioni testuali che permet-tano di risalire ad una fonte precisa Egrave evidente che durante il diffi-cile periodo dellrsquoesilio doveva essere stata possibile allrsquoAlighieri laconsultazione diretta di solo pochi volumi il suo sapere saragrave cosigrave ri-corso spesso alla memoria di libri letti ma probabilmente anche diquelle laquodisputazioni de li filosofantiraquo a cui assistette per laquopiccioltempo forse di trenta mesiraquo come ricorda proprio nel Convivio18Inoltre allrsquoepoca circolavano excerpta e raccolte di sententiae in-somma laquoquel materiale lsquodi seconda manorsquo prodotto proprio perlrsquoutilitagrave dei lsquomagistrirsquo e dei lsquodoctoresrsquo che sappiamo diffuso anche inambienti laici e che nondimeno proprio per la sua genericitagrave e so-miglianza rende difficile unrsquoindividuazione direttaraquo19 Senza conta-re ancora che nel Convivio ogni fonte filosofica teologica o scien-tifica veniva resa in volgare subendo con inevitabili trasformazionialmeno un passaggio (dal latino al volgare) se non due (dal greco allatino dal latino al volgare) o addirittura tre (dal greco allrsquoarabodallrsquoarabo al latino e infine al volgare) Tutto ciograve fa parte delle ca-ratteristiche della cultura del tempo ed egrave senzrsquoaltro da tener pre-sente Resta il fatto che queste caratteristiche non possono a mio av-viso essere considerate come mere circostanze materiali che da soleavrebbero determinato un certo modo di usare gli auctores da partedi Dante O meglio sono insieme causa ma anche conseguenza di unatteggiamento culturale a cui non interessa storicizzare ciograve che latradizione offre quanto piuttosto immedesimarsi positivamente conessa per elaborare un pensiero originale in cui si avverta laquoqualcosadi nuovo [hellip] anzi di anticoraquo20 Voglio dire che lrsquoantico egrave ricono-sciuto accettato e quindi riformulato nel presente per risponderealle esigenze del presente (il che puograve implicare anche lrsquouso di stru-menti nuovi come la lingua volgare) Ritorna ciograve che avevamo os-servato allrsquoinizio lrsquoimpero romano (antico per noi) egrave per Dante una

realtagrave attuale cosigrave come egrave attuale la veritagrave filosofica laquolrsquouomo natu-ralmente egrave compagnevole animaleraquo veritagrave che Dante esprime e usain un contesto che non egrave quello di Aristotele e nemmeno quello diTommaso o di Egidio Romano ma che serve ad affrontare comevedremo un problema particolarmente cruciale per lrsquoautore e cioegraveproprio la validitagrave dellrsquoimpero E cosigrave lrsquoantico diventa nuovo21

Ma torniamo al nostro passo del Convivio la tradizione aristo-telica comunque e dovunque recepita influisce evidentemente an-che nellrsquoindividuare lo sviluppo della comunitagrave umana attraverso ilformarsi prima della famiglia quindi della laquovicinanzaraquo (κώμη nellaPolitica e vicus nella traduzione latina) e poi della cittagrave laquoche convie-ne a satisfacimentoraquo laquoperograve che una vicinanza [a] seacute non puograve in tut-to satisfareraquo (Conv IV IV 2) Fin qui sentiamo riecheggiare piugrave pre-cisamente il secondo capitolo del primo libro della Politica di Ari-stotele (I 1252a-b)22 ma poi Dante afferma che percheacute le cittagrave viva-

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21 Cfr O CAPITANI Mondo della storia e senso della storia in Dante in Chiose mi-nime dantesche Bologna Patron 1983 pp 115-34 in particolare p 119 laquoproprioquella sconcertante ndash per noi ndash assenza di misura storica egrave il segreto della valutazio-ne dantesca di tutto il mondo dellrsquoumanitagrave che per noi egrave appunto storia ma per luiegrave ancora [hellip] solo umanitagraveraquo e le conclusioni a pp 133-34 laquoCerto cosigrave la storia uma-na non ha la sua autonomia certo cosigrave ogni approccio di tipo storicistico ndash e intendodi ogni storicismo ndash non puograve che far registrare un bilancio negativo o per lo meno in-soddisfacente Mi chiedo perograve per la perenne attualitagrave che Dante conserva per gli uo-mini se per noi oggi un approccio storicistico e cioegrave autogiustificativo dellrsquoaccadi-mento sia avendo gli occhi alle cose nostre presenti o anche passate liberatorio co-me dobbiamo immaginare fosse per Dante la condanna morale la ricostruzione ditutto il processo della storia umana nel travaglio dottrinale e nellrsquoelaborazione fanta-stica Egrave un invito alla meditazione di tutti egrave soprattutto un invito agli storici che nonlo siano ancora a mettersi in crisiraquo

22 Non mi pare quindi che per quanto riguarda questi capitoli del IV trattato delConvivio si possa negare la fedeltagrave di Dante al principio aristotelico e poi tomisticodella necessitagrave naturale degli uomini ad associarsi in formazioni politiche (e uso que-sta perifrasi per evitare la parola ldquostatordquo) Mentre il Nardi aveva voluto dimostrareche Dante distinguendosi da Tommaso e seguendo invece Agostino laquopur acco-gliendo il procedimento dimostrativo della politica aristotelicaraquo avrebbe inteso lrsquoor-ganizzazione politica come laquouna dolorosa necessitagrave risultante dallrsquointrinseca corru-zione attuale della natura umana un triste retaggio del peccatoraquo (Saggi di filosofiadantesca cit pp 227-28) Questa interpretazione si fondava perograve non tanto sul testodel Convivio quanto sui passi del Purgatorio e del Paradiso nei quali Dante tratta delpeccato originale e del Paradiso Terrestre (pp 225-26) Nel passo che stiamo analiz-

no in pace egrave necessario il regno (che nel passo della Politica fin quiseguito egrave invece solo uno dei regimi della όλις e anche il meno evo-luto) e che dato che lrsquoanimo umano mai sazio di potere desiderasempre acquistare gloria e da ciograve nascono laquodiscordie e guerre [hellip]intra regno e regnoraquo (Conv IV IV 3) si rende necessaria la laquoMonar-chia cioegrave uno solo principato e uno prenciperaquo che laquotutto posse-dendo e piugrave desiderare non possendo li regi tegna contenti nelli ter-mini delli regni sigrave che pace intra loro sia nella quale si posino le cit-tadi e in questa posa le vicinanze srsquoamino [e] in questo amore lecase prendano ogni loro bisogno lo qual preso lrsquouomo viva felice-mente che egrave quello per che esso egrave natoraquo (Conv IV IV 4) La neces-

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zando invece si parla solo di quel particolare lsquopeccatorsquo che consiste nel desiderio dilaquogloria drsquoacquistareraquo che si introduce solo successivamente al formarsi della societasumana e che suscita le guerre fra i regni questa laquoesperienzaraquo rende evidente la neces-sitagrave della Monarchia ovvero di quel comando di uno solo che di nuovo egrave la naturastessa a imporre laquoquando piugrave cose ad uno fine sono ordinateraquo vd infra nel testo e no-ta seguente Quanto qui affermato puograve sembrare contraddetto allrsquointerno dello stessoConvivio lagrave dove si sostiene che lrsquoautoritagrave filosofica ha bisogno di quella imperiale per-cheacute laquoquesta sanza quella egrave quasi debile non per seacute ma per la disordinanza della gen-teraquo (Mon IV VI 17) e lagrave dove si sostiene il ruolo dellrsquoimperatore come garante del di-ritto in quanto laquoequitade per due cagioni si puograve perdere o per non sapere quale essasi sia o per non volere quella seguitareraquo e pertanto laquotrovata fu la ragione scritta e permostrarla e per comandarlaraquo (Mon IV IX 8-9) Certo sia in questi passi sia ancor piugravein Mon III IV 14 se non lrsquoassociarsi umano sicuramente la funzione dellrsquoimperatore(ma a dire il vero nella Monarchia anche quella del Papa) sono viste come laquoremediacontra infirmitatem peccatiraquo di cui non ci sarebbe bisogno laquosi homo stetisset in statuinnocentie in quo a Deo factus estraquo e proprio alla fine del III libro della Monarchia siconclude che lrsquohumana cupiditas distoglierebbe dal retto cammino laquonisi homines tan-quam equi sua bestialitate vagantes ldquoin camo et frenordquo compescerentur in viaraquo (MonIII XVI 9) per cui credo si possa ragionevolmente affermare che per Dante laquolo stato na-sce tra gli uomini non soltanto percheacute crsquoegrave bisogno di una guida e di un freno alle lu-singhe del peccato neacute come unico esito della naturale socievolezza umana ma per en-trambe queste ragioni fuse insieme nella sua esistenzaraquo GC GARFAGNINI Monar-chia manifesto di libertagrave e responsabilitagrave civile in laquoStudi Danteschiraquo LXXV 2010 pp13-23 18-19 Cosigrave giagrave CT DAVIS Dante and the Empire in The Cambridge Companionto Dante a cura di R Jacoff Cambridge Cambridge University Press 1993 pp 67-79 p 70 Vede invece laquoun conflitto radicalmente inconciliabileraquo fra la posizione espres-sa nel IV trattato del Convivio (ma anche in Mon I III per cui vd infra) e quella negliultimi capitoli del III libro della Monarchia G SASSO Dante lrsquoimperatore e Aristote-le Roma nella Sede dellrsquoIstituto Palazzo Borromini 2002 pp 308-12

sitagrave di unrsquoistituzione siffatta egrave evidentemente e totalmente estraneaal pensiero di Aristotele che perograve Dante non esita a richiamare an-cora una volta laquoE a queste ragioni si possono reducere parole del Fi-losofo chrsquoelli nella Politica dice che quando piugrave cose ad uno finesono ordinate una di quelle conviene essere regolante o vero reg-gente e tutte lrsquoaltre rette e regolateraquo (Conv IV IV 5)23 Egrave ciograve che ef-fettivamente afferma Aristotele sempre nel I libro della Politica (I1254a) in un passo in cui occupandosi dellrsquoamministrazione fami-liare come prima componente della polis e giustificando in essa lrsquousodi quegli ldquooggetti animatirdquo che sono gli schiavi espone questo prin-cipio filosofico generale laquoin tutte le cose che risultano di una plu-ralitagrave di parti e formano unrsquounica entitagrave comune [hellip] si vede co-mandante e comandato questo viene nelle creature animate dallanatura nella sua totalitagraveraquo24 ma di nuovo considerando gli esempiche nel Convivio seguono questo assunto (sempre in Conv IV IV 5e poi Conv IV IV 6) Dante puograve aver avuto presente oltre che un al-tro passo della stessa Politica (III 1276b) anche la Metaphysica (XII1075a-1076a) e il relativo commento di Tommaso (Sententia libriMetaphisicae XII lect XII 8) e forse ancor piugrave il Proemio dellrsquoAqui-nate a questo stesso commento laquoSicut docet philosophus in politicissuis quando aliqua plura ordinantur ad unum oportet unum eorumesse regulans sive regens et alia regulata sive rectaraquo25

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23 laquoA causa di questo desiderio che rovesciando in seacute stesso la positivitagrave di quel-lo da cui il processo ascendente aveva preso il suo avvio produce ldquodiscordie e guer-rerdquo il cammino dellrsquouomo nella direzione della felicitagrave risulta interrotto e in realtagrave su-bisce una radicale inversione Verso il contrario della felicitagrave infatti la nave dellrsquouma-nitagrave correrebbe se la ragione stessa che opera nellrsquointerno delle cose non provve-desse alla drastica correzione della sua rottaraquo SASSO Dante lrsquoimperatore e Aristote-le cit pp 15-16

24 A questo stesso passo Dante rimanda anche in Mon I V 3 (vd infra) Il passoaristotelico si trova allrsquointerno dellrsquoargomentazione volta a sostenere che la differen-za fra schiavo e libero egrave posta dalla natura stessa nellrsquointeresse di entrambi (Pol I1253b-1255b) A questa stessa argomentazione attinge Cicerone nel III libro del De re-publica (De rep III 36) per sostenere la legittimitagrave dellrsquoimpero romano in quanto go-verno dei migliori esercitato per il bene stesso dei popoli sottomessi e anche lo stes-so Dante in Mon II VI su cui vd infra La menzione di questo passo della Politica po-trebbe quindi anche nel Convivio non risultare estranea alla successiva difesa del di-ritto degli antichi Romani allrsquoimpero vd infra

25 Tale argomentazione si richiama al principio universale della reductio ad unum

Sempre Tommaso nel I libro del De regimine principum usa que-ste stesse argomentazioni prima per affermare la necessitagrave naturale(laquonaturalis necessitasraquo) che lrsquoumana laquosocietasraquo abbia una qualcheforma di governo e poi per mostrare come il regno ne sia la formamigliore proprio percheacute laquoprovinciae vel civitates quae non regunturab uno dissensionibus laborant et absque pace fluctuantraquo mentre alcontrario se laquosub uno rege reguntur pace gaudentraquo26 E del restoe questo sarebbe forse il passo piugrave pertinente allrsquoargomentazionedantesca anche Aristotele nellrsquoEtica (VIII 1160a-b) aveva afferma-to che laquola forma migliore (di governo) egrave il regnoraquo con unrsquoaltra mo-tivazione che abbiamo visto presente nella giustificazione dantescadellrsquoimpero laquoRe infatti egrave una persona che egrave del tutto indipendentee sovrastante tutti per i suoi beni e un tal uomo non ha bisogno dinulla quindi egli baderagrave non alla sua utilitagrave personale ma ai suoisudditiraquo27

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ampiamente diffuso in tutti i trattati medievali cfr G DI GIANNATALE Dante tra Ari-stotele e S Tommaso Lrsquoargomento logico-metafisico dellrsquoldquoordinatio ad unumrdquo degli en-ti in laquoSapienzaraquo XXXIV 1981 pp 175-82

26 De regimine principum I I laquoIn omnibus autem quae ad finem aliquemordinantur in quibus contingit sic et aliter procedere opus est aliquo dirigente perquod directe debitum perveniatur ad finem [hellip] Naturale autem est homini ut sitanimal sociale et politicum in multitudine vivens magis etiam quam omnia aliaanimalia quod quidem naturalis necessitas declarat [hellip] Nam unus homo per sesufficienter vitam transigere non posset Est igitur homini naturale quod in societatemultorum vivat [hellip] Si ergo naturale est homini quod in societate multorum vivatnecesse est in hominibus esse per quod multitudo regatur [hellip] In universitate enimcorporum per primum corpus scilicet caeleste alia corpora ordine quodam divinaeprovidentiae reguntur omniaque corpora per creaturam rationalem In uno etiamhomine anima regit corpus atque inter animae partes irascibilis et concupiscibilisratione reguntur Itemque inter membra corporis unum est principale quod omniamovet ut cor aut caput Oportet igitur esse in omni multitudine aliquod regitivumraquoCfr anche cap III laquoNam provinciae vel civitates quae non reguntur ab unodissensionibus laborant et absque pace fluctuant ut videatur adimpleri quod dominusper prophetam conqueritur dicens ldquopastores multi demoliti sunt vineam meamrdquo Econtrario vero provinciae et civitates quae sub uno rege reguntur pace gaudentiustitia florent et affluentia rerum laetantur Unde dominus pro magno munere perprophetas populo suo promittit quod poneret sibi caput unum et quod princepsunus erit in medio eorumraquo

27 Trad it di A PLEBE in ARISTOTELE Opere cit vol III

Dante rielabora quindi e trasforma la tradizione aristotelica28 peraffermare nel Convivio la necessitagrave naturale non del re ma di

uno [hellip] che considerando le diverse condizioni del mondo ne li diver-si e necessarii offici ordinare abbia del tutto universale e inrepugnabile offi-cio di comandare E questo officio per eccellenza imperio egrave chiamato sanzanulla addizione perograve che esso egrave di tutti li altri comandamenti comandamen-to [hellip] Chi a questo officio egrave posto egrave chiamato Imperadore perograve che di tut-ti li comandatori elli egrave comandatore e quello che elli dice a tutti egrave legge e pertutti dee essere obedito e ogni altro comandamento da quello di costui pren-dere vigore e autoritade (Conv IV IV 7)

Di nuovo in queste parole sentiamo lrsquoeco di una tradizione anti-ca questa volta non perograve filosofica ma giuridica laquoQuod principiplacuit legis habet vigorem utpote cum lege regia quae de imperioeius lata est populus ei et in eum omne suum imperium et potesta-tem conferat Quodcumque igitur imperator per epistulam et sub-scriptionem statuit vel cognoscens decrevit vel de plano interlocutusest vel edicto praecepit legem esse constat Haec sunt quas volgoconstitutiones appellamusraquo29 si tratta di un passo del Digesto in cuiperograve a differenza di Dante egrave presente il riferimento a una lex regiaidentificabile probabilmente con la cosigrave detta lex de imperio Vespa-siani con la quale il popolo romano avrebbe conferito allrsquoimpera-tore oltre che lrsquoimperium anche il potere legislativo30 Non stupisce

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28 Cfr SASSO Dante lrsquoimperatore e Aristotele cit in particolare su questo passodel Convivio pp 12-19

29 Dig 141 pr (Ulpianus 1 inst) e 1411 (Ulpianus 1 inst)30 Cfr anche Inst 126 laquoSed et quod principi placuit legis habet vigorem cum

lege regia quae de imperio eius lata est populus ei et in eum omne suum imperiumet potestatem concessit Quodcumque igitur imperator per epistulam constituit velcognoscens decrevit vel edicto praecepit legem esse constat hae sunt quaeconstitutiones appellanturraquo Ancora Giustiniano si richiama a questa lex regia nellaconstitutio Deo auctore con la quale incarica Triboniano della raccolta che confluiragravenei Digesta laquocum enim lege antiqua quae regia nuncupabatur omne ius omnisquepotestas populi romani in imperatoriam translata sunt potestatemraquo (Cod 11717)Per un interessante dibattito sulla lex de imperio Vespasiani e sulla sua recezione in etagraveantica e moderna si possono vedere i contributi raccolti in La lex de ImperioVespasiani e la Roma dei Flavi Atti del Convegno 20-22 novembre 2008 a cura di LCapogrossi Colognesi e E Tassi Scandone Roma laquoLrsquoErmaraquo di Bretschneider 2009

che nel Convivio la citazione ometta tale riferimento dato che perDante come tenderagrave a dimostrare tutto il III libro della Monarchialrsquoautoritagrave imperiale con le prerogative ad essa connesse deriva di-rettamente da quella divina31 Osserveremo meglio in seguito qualesia lrsquoimmagine che di tale autoritagrave emerge dalle pagine del ConvivioOra per poter continuare a seguire il filo dellrsquoargomentazione dan-tesca ci interessa soltanto sottolineare che quel governo di uno so-lo indicato secondo unrsquoargomentazione filosofica come il migliorepercheacute piugrave conforme alla natura egrave collocato dallrsquoAlighieri nella sto-ria e identificato in una istituzione precisa quella appunto dellrsquoim-pero romano

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e piugrave in generale sui poteri imperiali gli studi in occasione del Collegio di DirittoRomano 2012 (CEDANT) di prossima pubblicazione ma di cui si puograve giagrave leggere ilresoconto in V FABRIZI Cronaca dei Lavori del Collegio di Diritto Romano 2012 laquoIlPrinceps romano autocrate o magistrato Fattori giuridici e fattori sociali del potereimperiale da Augusto a Commodoraquo in laquoAthenaeumraquo 101 2013 pp 388-94 Ma sulrapporto fra imperatore e lex ci soffermeremo infra

31 E questa egrave infatti la conclusione laquoSic ergo patet quod auctoritas temporalisMonarche sine ullo medio in ipsum de Fonte universalis auctoritatis descenditraquo (MonIII XV 15) Anche nel Corpus iuris civilis comunque si trova ampiamente affermatoil fondamento divino del potere imperiale tanto che anche in etagrave medievale tale fon-damento evidentemente indiscusso veniva sostenuto dai giuristi proprio col riferi-mento a passi della raccolta giustinianea cfr EH KANTOROWICZ I due corpi del reLrsquoidea di regalitagrave nella teologia politica medievale Introduzione di A BOUREAU Tori-no Einaudi 1989 (trad it di The Kingrsquos Two Bodies A Study in Mediaeval PoliticalTheology Princeton (NJ) Princeton University Press 1975) pp 100-103 Qui ri-cordo percheacute emblematico solo lrsquoincipit della constitutio Deo auctore laquoDeo auctorenostrum gubernantes imperium quod nobis a caelesti maiestate traditum estraquo (Cod1171 pr) anche se abbiamo visto che in un passo successivo proprio della medesimaconstitutio troviamo anche il riferimento alla lex regia Cod 11717 riportato alla notaprecedente In etagrave medievale ciograve che invece fu ampiamente discusso dal punto di vi-sta giuridico e teologico (e lo documenta anche e proprio la Monarchia) fu la neces-sitagrave o meno della mediazione del Papa a conferimento o per lo meno a conferma ditale fondamento

12 laquoOltre quello che per li uomini egrave predicato e aprovatoraquo (ConvIV V 20)

Ma a questo proposito come osserva Dante alcuni potrebberolaquogavillareraquo ammettiamo pure la necessitagrave naturale dellrsquoimpero (laquotut-to che al mondo officio drsquoimperio si richeggiaraquo) ma percheacute proprioquello romano laquoperograve che la romana potenza non per ragione [scilper diritto]32 neacute per decreto di convento universale fu acquistata maper forza che alla ragione pare essere contrariaraquo (Conv IV IV 8)Lrsquoargomento come ben sappiamo egrave antico basti pensare al III librodel De repubblica ciceroniano (III 24-28) lagrave dove Furio Filo (che vie-ne fatto portavoce delle obiezioni di Carneade) condanna lrsquoimperoromano proprio in nome della iustitia E si tratta di tematiche che al-lrsquoepoca di Dante ricorrevano in parte nella pubblicistica e nelle teo-rie politico-teologiche del tempo che presentavano lrsquoimpero sullascorta del De civitate Dei di Agostino come frutto di violenze e disopraffazioni33 Sicuramente non si puograve confondere il pensiero diAgostino con quello del cosigrave detto ldquoagostinismo politicordquo34 che aquello si rifaceva per sostenere le pretese temporali della Chiesa e lasupremazia papale su quella imperiale35 quel valore essenziale per la

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32 Numerosi i passi del Convivio oltre questo IV IV 8 in cui la parola laquoragioneraquoindica il ldquodirittordquo I X 3 IV IX 8 IV XII 9 IV XII 10 IV XIX 4 IV XXIV 2 IV XXIV 17

33 Si veda ad esempio GIOVANNI DA PARIGI De potestate regia et papali (1302-1303 sostenitore di Filippo il Bello contro Bonifacio VIII ma anche contro lrsquoimpero)cap XXI laquoSi igitur romani per violentiam dominium acceperunt numquid iuste etiamper violentiam abici potuit dominium eorum vel etiam contra eos perscribiraquo GIA-COMO DA VITERBO De regimine christiano (1301-1302 dalla parte di Bonifacio VIII)parte II cap X laquobeatus Augustinus ait IVdeg libro de Civitate Dei ldquoRegna sine iustitianon sunt nisi magna latrociniardquo Sed vera iustitia non est ubi Christus non est rectorut idem Augustinus ait IIdeg libdeg de Civ Dei Quare videtur quod regnum vel impe-rium Romanorum fuerit latrocinumraquo

34 Oltre a Giacomo da Viterbo citato supra ricordiamo almeno Egidio Romanosostenitore della posizione teocratica di Bonifacio VIII (nel De ecclesiastica potestate)e generale dellrsquoOrdine degli Eremitani di SantrsquoAgostino La definizione di ldquoagostini-smo politicordquo si afferma nella prima metagrave del rsquo900 grazie al volume di H-X AR-QUILLIEgraveRE LrsquoAugustinisme politique Essai sur la formation des theacuteories politiques duMoyen Acircge (1934) IIe eacuted revue et augmenteacutee Paris Vrin 1955

35 Cfr giagrave GILSON Dante e la filosofia cit pp 186-89 con la n 49 e piugrave recen-temente J MIETHKE Papalismus und Augustinismus in der politischen Theorie der

realizzazione della felicitagrave umana che Dante attribuisce allrsquoimperoAgostino infatti non lo riconosce a nessuna terrena civitas senzrsquoaltronon alla Roma pagana ma nemmeno allrsquoimpero diventato cristianoe neanche alla Chiesa come istituzione terrena36 Ma egrave altrettanto si-curo che in Agostino e in particolare nel De civitate Dei si trovanonumerosi passi in cui lrsquoautore denuncia lrsquoingiustizia che avrebbe ca-ratterizzato non solo lrsquoespansione romana37 ma la stessa esistenzadella res publica38 e sempre nel De civitate (XIX 21) si respinge la di-fesa ciceroniana della iustitia dellrsquoimpero romano basata sul giagrave ri-cordato presupposto di origine aristotelica39 che per natura il po-tere debba essere esercitato dai migliori in questo caso i Romani atutela degli interessi dei piugrave deboli40 Ora proprio questa argomen-

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spaumltmittelalterlichen Augustiner-Eremiten Ein Uumlberblick in Augustinus - Ethik undPolitik Zwei Wuumlrzburger Augustinus-Studientage laquoAspekte der Ethik bei Augustinusraquo(11 Juni 2005) laquoAugustinus und die Politikraquo (24 Juni 2006) a cura di C Mayer conla collaborazione di A Eisgrub e G Foumlrster Wuumlrzburg Augustinus-Verlag bei Echter2009 pp 243-72

36 Cfr eg De civitate I 35 XIV 1 XVIII 5437 Si veda ad es AUG De civitate I 30 III 10 14 IV 4 6 15 V 17 XIX 7 In Ago-

stino infatti lrsquoimpero non egrave il rimedio ai conflitti che nascono fra regno e regno per ilfatto che laquolrsquoanimo umano in terminata possessione di terra non si queti ma sempredesideri gloria drsquoacquistareraquo (vd supra Conv I IV 3) ma anzi egrave proprio lrsquoimpero a es-sere originato dalla stessa laquolibido dominandiraquo e laquocupiditas gloriaeraquo si vd ad es Decivitate I praef III 14 IV 6 V 12 19

38 In De civitate XIX 21 Agostino dimostra infatti che laquonumquam fuit Romanares publica quia numquam fuit res populiraquo (che egrave la definizione di res publica che Ci-cerone dagrave per bocca di Scipione Emiliano) percheacute il popolo sempre secondo la ce-lebre definizione ciceroniana egrave laquocoetus multitudinis iuris consensu et utilitatis com-munione sociatusraquo ma non vi puograve essere laquoiuris consensusraquo lagrave dove non vi egrave laquoiustitiaraquoe non vi egrave laquoiustitiaraquo (che egrave la laquovirtus [hellip] quae sua cuique distribuitraquo) quando si to-glie lrsquouomo al vero Dio e lo si consegna ai demoni

39 Vd supra n 2440 Sempre in questo passo del De civitate non si manca comunque di ricordare

un laquonobile argomento tratto in un certo modo dalla naturaraquo dai sostenitori della giu-stizia dellrsquoimpero romano laquoDio comanda allrsquouomo lo spirito comanda al corpo la ra-gione alla passioneraquo Agostino sembra cosigrave quasi riconoscere che laquoper alcuni la ser-vitugrave egrave utileraquo ma spostando subito il piano dai rapporti fra gli uomini a quelli fra lrsquouo-mo e Dio (laquoservire poi a Dio egrave utile per tuttiraquo) ribadisce in conclusione che nella Re-pubblica romana non vi fu mai vera giustizia percheacute gli uomini che ne facevano par-te non servivano Dio Inoltre nei precedenti capitoli 15-16 sempre del XIX libro delDe civitate aveva parlato della schiavitugrave e del dominio dellrsquouomo sullrsquouomo come

tazione della superiore attitudine romana al comando che Agostinoaveva voluto confutare egrave presente invece nel Convivio LrsquoAlighieriafferma infatti che ogni potere viene da Dio (Conv IV IV 9)41 e chequindi Dio scelse proprio il popolo romano laquoperograve che piugrave dolce na-tura [in] segnoreggiando e piugrave forte in sostenendo e piugrave sottile inacquistando neacute fu neacute fia che quella della gente latinaraquo (Conv IV IV10)42 E dato che allrsquoimpero

non sanza grandissima vertude venire si potesse e a quello usare gran-dissima e umanissima benignitade si richiedesse questo era quello popoloche a ciograve piugrave era disposto Onde non da forza fu principalmente preso per laromana gente ma da divina provedenza che egrave sopra ogni ragione [hellip] e co-sigrave non forza ma ragione e ancora divina [conviene] essere stata principio delromano imperio (Conv IV IV 11-12)

Vedremo in seguito cosa significhi per Dante che la laquodivina pro-vedenza [hellip] egrave sopra ogni ragioneraquo questo concetto qui appena ac-cennato egrave infatti ripreso e illustrato nella Monarchia43 Nel Convivio

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perturbamento introdotto dal peccato nellrsquoordine naturale voluto da Dio41 Cosigrave come troviamo piugrave volte ripetuto anche nel De civitate dove perograve al con-

tempo si afferma ripetutamente che il disegno divino egrave imperscrutabile e che laquoDio da-tore e autore della felicitagrave [hellip] dagrave i domini terreni ai buoni come ai cattiviraquo De civi-tate IV 33 laquoDeus igitur ille felicitatis auctor et dator quia solus est verus Deus ipsedat regna terrena et bonis et malis neque hoc temere et quasi fortuito quia Deus estnon fortuna sed pro rerum ordine ac temporum occulto nobis notissimo sibi cui ta-men ordini temporum non subditus servit sed eum ipse tamquam dominus regit mo-deratorque disponit felicitatem vero non dat nisi bonis Hanc enim possunt et nonhabere et habere servientes possunt et non habere et habere regnantes quae tamenplena in ea vita erit ubi nemo iam servietraquo Cfr anche ivi V praef e 21 laquoIlle igitur unusverus Deus qui nec iudicio nec adiutorio deserit genus humanum quando voluit etquantum voluit Romanis regnum dedit qui dedit Assyriis vel etiam Persis [hellip] Sicetiam hominibus qui Mario ipse Gaio Caesari qui Augusto ipse et Neroni qui Ve-spasianis vel patri vel filio suavissimis imperatoribus ipse et Domitiano crudelissi-mo et ne per singulos ire necesse sit qui Constantino christiano ipse apostatae Iu-liano [hellip] Haec plane Deus unus et verus regit et gubernat ut placet et si occultiscausis numquid iniustisraquo

42 Cosigrave ancor piugrave esplicitamente in Mon II VI 9-11 su cui vd infra43 Nel Convivio si accenna soltanto al rapporto fra ldquodirittordquo e ldquovolontagrave divinardquo

in modo invece piugrave ampio se ne argomenta la coincidenza in Mon II II su cui vdinfra

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44 Tresor I XXXIV dove perograve per datare la venuta di Enea nel Lazio si menziona nonla nascita ma piugrave genericamente il regno di Davide JA SCOTT La contemporaneitagraveEnea-Davide (laquoConvivioraquo IVv6) in laquoStudi Danteschiraquo XLIX 1972 pp 129-34

45 Conv IV V 6 laquoE tutto questo fu in uno temporale che David nacque e nacqueRoma cioegrave che Enea venne di Troia in Italia che fu origine della cittade romana sigravecome testimoniano le scritture Per che assai egrave manifesto la divina elezione del roma-no imperio per lo nascimento della santa cittade che fu contemporaneo alla radicedella progenie di Mariaraquo

46 Su questa immagine antropomorfa dello sviluppo dellrsquoimpero puograve con ogniprobabilitagrave avere influito il primo capitolo dellrsquoEpitome di Floro Epit I 4-7 Ma Flo-ro afferma anche che nei duecento anni che seguirono ad Augusto lrsquoimpero laquoconse-nuit atque decoxit nisi quod sub Traiano principe movit lacertos et praeter spem om-nium senectus imperii quasi reddita iuventute revirescitraquo (I 8) Per Dante invecelrsquoapice dellrsquoimpero romano egrave evidentemente raggiunto solo sotto Augusto come pre-ciseremo meglio anche in seguito a proposito di Mon I XVI 1-2

il discorso invece procede con la considerazione che la forza fu quin-di soltanto lo strumento (Conv IV IV 12) di un disegno divino chesi mostrograve sia nello laquospezial nascimentoraquo sia nello laquospezial processoraquodella storia di Roma (Conv IV IV 13) cosigrave come si passa a illustrarenel V capitolo ma prima di trattare delle origini di Roma Dante sot-tolinea il fatto che Dio scelse quel popolo per ridurre tutta la terrain pace e giustizia e creare lrsquolaquoottima disposizioneraquo la laquomonarchiaraquo(Conv IV V 4) per lrsquoincarnazione di Cristo La pace universale in-staurata da Augusto mai piugrave neacute raggiunta neacute raggiungibile fu il frut-to di una divina laquopreparazioneraquo (Conv IV V 9) in cui Dante collocala sincronia giagrave indicata nel Tresor di Brunetto Latini44 fra la nasci-ta di Davide (laquola radice de la progenie di Mariaraquo da cui nacque Cri-sto) e quella di Roma quando laquoEnea venne di Troia in Italiaraquo (ConvIV V 6)45 A questo punto si dimostra che non solo la nascita ma an-che lo svolgersi della sua storia laquospeziale processo ebbe da Dioraquo co-me conferma il rapido scorcio delle vicende di Roma presentato co-me una crescita umana dallrsquoinfanzia lrsquoetagrave dei re sino alla maturitagravelrsquoetagrave di Augusto (Conv IV V 10-11)46 Soffermandosi poi sulla laquomag-giore adoloscenza suaraquo cioegrave sulla storia di Roma che va laquodal primoconsolo infino a Cesare primo prencipe sommoraquo (Conv IV V 12)con lrsquouso anaforico della interrogativa laquoChi diragrave di [hellip]raquo Dante in-troduce una serie di eroi esemplari laquone li quali non amore umano madivino era inspirato in amare lei (scil Roma)raquo e ricorda lrsquoincorrut-tibilitagrave di Fabrizio e di Curio la fermezza di Muzio Scevola di Man-

lio Torquato e di Giunio Bruto il sacrificio dei Deci dei Drusi e diAttilio Regolo la modestia di Cincinnato e di Furio Camillo47 perpoi finire con unrsquoultima interrogativa rivolta in un crescendo di pre-terizione allo stesso Catone Uticense laquoO sacratissimo petto di Cato-ne chi presummeragrave di te parlare Certo maggiormente di te parlarenon si puograve che tacereraquo (Conv IV V 16) Gli esempi forniti da Dantesi ritrovano in diversi autori antichi da lui sicuramente conosciuti ecioegrave in Cicerone Virgilio e Livio (ai quali rimanda infatti esplicita-mente nella Monarchia dove si trovano menzionati pur se in un con-testo in parte diverso quasi tutti gli eroi del Convivio)48 cosigrave come inalcuni autori della tradizione tardo antica e medievale anche se aconferma di quanto prima osservato non si puograve indicare unrsquounicafonte in cui ricorrano tutti gli stessi esempi e nella stessa sequenza49Dobbiamo comunque sottolineare lrsquoevidente richiamo a tutto il ca-talogo degli eroi del VI libro dellrsquoEneide anche percheacute lrsquoandamento

FRANCESCA FONTANELLA56

47 Conv IV V 13-15 laquoE chi diragrave che fosse sanza divina inspirazione Fabrizio in-finita quasi moltitudine drsquooro rifiutare per non volere abandonare sua patria Curiodalli Sanniti tentato di corrompere grandissima quantitagrave drsquooro per caritagrave della patriarifiutare dicendo che li romani cittadini non lrsquooro ma li posseditori dellrsquooro posse-dere voleano e Muzio la sua mano propia incendere percheacute fallato avea lo colpo cheper liberare Roma pensato avea Chi diragrave di Torquato giudicatore del suo figliuoloa morte per amore del publico bene sanza divino aiutorio ciograve avere sofferto e Bru-to predetto similemente Chi diragrave delli Decii e delli Drusi che puosero la loro vita perla patria Chi diragrave del cattivato Regolo da Cartagine mandato a Roma per commu-tare li presi Cartaginesi a seacute e alli altri presi Romani avere contra seacute per amore di Ro-ma dopo la legazione ritratta consigliato solo da [umana e non da] divina naturamosso Chi diragrave di Quinzio Cincinnato fatto dittatore e tolto dallo aratro dopo lotempo dellrsquoofficio spontaneamente quello rifiutando allo arare essere ritornato Chidiragrave di Cammillo bandeggiato e cacciato in essilio essere venuto a liberare Romacontra li suoi nimici e dopo la sua liberazione spontaneamente essere ritornato in es-silio per non offendere la senatoria autoritade sanza divina instigazioneraquo I perso-naggi della storia di Roma a cui si riferisce Dante sono Luscino Fabrizio Manio Cu-rio Dentato Caio Muzio ScevolaTito Manlio Torquato Lucio Giunio Bruto MarcoAttilio Regolo Lucio Quinzio Cincinnato e Furio Camillo

48Mon II V (su cui vd infra) 49 Per un puntuale confronto con luoghi paralleli di autori antichi tardo-antichi

e medievali cfr TH SILVERSTEIN On the Genesis of De Monarchia II v in laquoSpecu-lumraquo 13 1938 pp 326-49 (dove a dispetto del titolo si tratta anche di Conv IV V)e per gli antichi e i tardo-antichi anche D THOMPSON Dantersquos Virtuous Romans inlaquoDante Studiesraquo with the Annual Report of the Dante Society 96 1978 pp 145-62

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50 De civitate V 18 laquoet nobis proposita necessariae commonitionis exempla utsi virtutes quarum istae utcumque sunt similes quas isti pro civitatis terrenae gloriatenuerunt pro Dei gloriosissima civitate non tenuerimus pudore pungamurraquo Oltreagli studi citati alla nota precedente cfr in particolare C FILOSA La laquovirtugraveraquo dei Ro-mani nel giudizio di S Agostino e di Dante in Dante e Roma Atti del convegno diStudi Roma 8-9-10 aprile 1965 Firenze Le Monnier 1965 pp 195-210 e C VASO-LI Agostino nel Convivio e nellaMonarchia in Moderni e Antichi Quaderni del Cen-tro di Studi sul Classicismo diretti da R Cardini voll II-III (2004-2005) Firenze Edi-zioni Polistampa 2006 pp 263-84

51 Vd supra n 47 52 In Agostino si menzionano anche Manio Curzio Marco Orazio Pulvillo e Lu-

cio Valerio che mancano invece in Dante In De civitate V 18 manca invece la menzionedi Manio Curio Dentato dei Drusi e di Catone

della prosa dantesca con lrsquouso del pronome interrogativo in anafo-ra sembra costituire unrsquoesplicita ripresa dei versi 841-46

quis te magne Cato tacitum aut te Cosse relinquatquis Gracchi genus aut geminos duo fulmina belliScipiadas cladem Libyae parvoque potentemFabricium vel te sulco Serrane serentemquo fessum rapitis Fabii

Di particolare interesse inoltre risulta ancora una volta il con-fronto con il De civitate Dei con il diciottesimo capitolo del V librodove Agostino esorta i cristiani a non vantarsi se hanno compiutoazioni virtuose per amore della patria eterna dato che i Romani lehanno compiute per amore della patria terrena e della gloria uma-na50 E fra gli esempi citati quelli che coincidono con il Convivio51 so-no nellrsquoordine che troviamo nel De civitate Giunio Bruto ManlioTorquato Furio Camillo Mucio Scevola i Deci Attilio Regolo Cin-cinnato e Fabrizio52 Alla fine di questo capitolo del De civitate Deisi puograve in effetti trovare un apprezzamento della virtugrave romana simi-le a quello espresso da Dante laquoCosigrave ndash dice Agostino ndash quellrsquoimperocosigrave esteso e cosigrave duraturo reso illustre e glorioso dal valore di per-sonaggi tanto grandi costituigrave per essi la ricompensa a cui miravanoi loro sforziraquo (De civitate V 18) Ma nei capitoli immediatamente pre-cedenti Agostino era stato chiaro la gloria umana egrave un valore nel-lrsquoambito della cittagrave degli uomini e con essa la giustizia divina ha ri-compensato le virtugrave positive del popolo romano come lrsquoamor di pa-

FRANCESCA FONTANELLA58

53De civitate V 15 laquoQuibus ergo non erat daturus Deus vitam aeternam cum san-ctis Angelis suis in sua civitate caelesti ad cuius societatem pietas vera perducit quaenon exhibet servitutem religionis [hellip] si neque hanc eis terrenam gloriam excellen-tissimi imperii concederet non redderetur merces bonis artibus eorum id est virtu-tibus quibus ad tantam gloriam pervenire nitebantur De talibus enim qui propterhoc boni aliquid facere videntur ut glorificentur ab hominibus etiam Dominus aitAmen dico vobis perceperunt mercedem suamraquo

54 De civitate V 13 laquoQuam ob rem cum diu fuissent regna Orientis illustria vo-luit Deus et occidentale fieri quod tempore esset posterius sed imperii latitudine etmagnitudine illustrius idque talibus potissimum concessit hominibus ad domandagravia mala multarum gentium qui causa honoris laudis et gloriae consuluerunt pa-triae in qua ipsam gloriam requirebant salutemque eius saluti suae praeponere nondubitaverunt pro isto uno vitio id est amore laudis pecuniae cupiditatem et multaalia vitia comprimentes Nam sanius videt qui et amorem laudis vitium esse cognos-citraquo

55 Cosigrave ad esempio di fronte alla laquoinfelicitasraquo di Giunio Bruto laquoquia filios occi-ditraquo per la patria laquotemporale e terrenaraquo i cristiani dovrebbero pensare che la patriaeterna e celeste non obbliga nessuno a tale sacrificio e dovrebbero quindi non van-tarsi di essere solo chiamati a laquodonare ai poveri le sostanze che sembrava di raccoglieree serbare per i figliraquo e a considerare loro laquofigli i poveri di Cristoraquo o non gloriarsi delmartirio in cui trovano una morte che perograve non si infliggono da soli come invece fe-cero Manio Curzio o i Deci De civitate V 18 passim Ma cfr anche Mon II V su cuivd infra

tria ma non ha nessun valore nella Cittagrave di Dio che egrave preclusa a chisulla terra ha giagrave avuto la sua ricompensa (De civitate V 15)53 anzi ildesiderio di gloria non egrave una virtugrave ma un vero e proprio vizio (De ci-vitate V 13)54 ndash mentre Dante lo abbiamo ricordato allrsquoinizio porragravenel Paradiso laquoi buoni spirti che sono stati attivi percheacute onore e fa-ma li succedaraquo (Par VI 113-14) A marcare ancor piugrave la differenza frai due autori ricordiamo che sempre nel ldquocatalogordquo di De civitate V18 Agostino a fianco di ogni gesto virtuoso pagano ne costruisceuno cristiano che al precedente si oppone o lo corregge o per lomeno lo completa55 e che nei precedenti libri del De civitate Ago-stino aveva condannato senza esitazione il suicidio di Catone (De ci-vitate I 23) e aveva giudicato negativamente episodi come quello del-la guerra con Alba (secondo lui suscitata solo dalla libido dominan-di dei Romani De civitate III 14) o quello delle oche del Campido-glio (a dire il vero questo piugrave ridicolizzato ma proprio per dimo-strare che Roma non si sarebbe salvata se laquomentre gli degravei dormiva-no non fossero rimaste sveglie le ocheraquo De civitate II 22 cfr anche

III 8) episodi che Dante allrsquoopposto cita nel Convivio dopo glildquoesempi virtuosirdquo come vicende della storia di Roma in cui la prov-videnza divina sarebbe intervenuta direttamente a favore dei Ro-mani (Conv IV V 18)56

Si puograve spiegare questa differenza di valutazione su episodi e per-sonaggi dellrsquoantica storia di Roma col fatto che a Dante interessasostenere lrsquoimpero del suo tempo e di conseguenza esaltare quellastoria che egrave percepita senza soluzioni di continuitagrave con questo im-pero Sigrave ma non solo se cosigrave fosse infatti come si spiegherebbelrsquoesaltazione di Catone Uticense A prescindere dal problema mo-rale posto dal suo suicidio il motivo di questo estremo gesto cioegravelrsquoopposizione a Cesare laquoprimo prencipe sommoraquo dellrsquoimpero avreb-be dovuto trattenere il filo-imperiale Dante dallrsquoapprezzarne la fi-gura e dal farne alcuni anni piugrave tardi il guardiano del Purgatorio incontinuitagrave anche lessicale con lrsquoimmagine delineatane nel Convivio(laquoo sacratissimo petto di Catoneraquo in Conv IV V 16 laquoo santo pettoraquoin Purg I 80)57 E come si spiegherebbe il fatto che le stesse osser-vazioni e quasi tutti gli stessi esempi che abbiamo visto usati da Dan-te per illustrare quelle virtugrave che ai Romani meritarono lrsquoimpero si ri-trovano in unrsquoopera il De regimine principum di Tommaso-Tolomeoda Lucca le cui conclusioni sostengono la supremazia papale piut-tosto che quella imperiale Nel IV capitolo del III libro nella partequindi composta da Tolomeo si richiama infatti esplicitamente for-zandone perograve senzrsquoaltro il senso il capitolo 18 del V libro del De ci-

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56 Gli altri esempi sono quello di Scipione che decidendo di portare la guerra inAfrica riuscigrave cosigrave a vincere la seconda guerra punica e quello di Cicerone che salvogravela Res Publica da Catilina Anche per queste vicende la tradizione confluita in Danterisaliragrave a Livio e allrsquoepitome di Floro ma anche ad Orosio e allo stesso Agostino Perlrsquoepisodio delle oche cfr Mon II IV 5-10 (dove si vuole dimostrare i miracoli avvenu-ti nella storia di Roma vd infra) per la guerra con Alba Longa e per Scipione inve-ce Mon II IX 15 e 18 (dove si menzionano le guerre a carattere di ldquoduellordquo vinte daiRomani per volere di Dio vd infra)

57 Anche se egrave evidente che Dante distingue nella storia di Roma due piani quel-lo etico in cui in continuitagrave colla tradizione classica risulta esemplare la virtus civilerepubblicana quello politico in cui esemplare egrave invece lrsquoimpero cfr R HOLLANDER

-A ROSSI Il repubblicanesimo di Dante in Studi americani su Dante a cura di GCAlessio e R Hollander Introduzione di D della Terza Milano Franco Angeli 1989p 297-323

vitate Dei e si giudica in modo provvidenziale come in Dante lastoria esemplare di Roma58

Per capire il motivo di questi giudizi positivi sulla storia e sullavirtugrave romana occorre allora guardare a quel passo compiuto dallacultura medievale nella rivalutazione della natura e quindi del-lrsquoesperienza umana anche precedente al cristianesimo che trova nel-lrsquoopera di Tommaso la sua piugrave famosa formulazione gratia non tollitnaturam sed perficit59 Non si trattava con questo come osservavaGilson di sostenere lrsquoidea di

una natura che sia autosufficiente senza la grazia per cui si ricadrebbe inpieno paganesimo ma neppure una natura senza di cui la grazia nulla avreb-be da salvare Ora quale migliore mezzo di conoscere la natura che rivol-gersi a quegli antichi i quali lrsquohanno cosigrave profondamente studiata e cosigrave bendescritta [hellip] Da questo deriva quella forma specialissima di umanesimoche venne praticata nel Medioevo umanesimo anzitutto morale che condus-se i pensatori cristiani a consultare gli antichi per istruirsi su cosa egrave lrsquouomo60

FRANCESCA FONTANELLA60

58 De regimine principum III 4 laquoDe isto autem amore patriae exemplumaccipimus ut historiae tradunt et beatus Augustinus in quinto de civitate Dei etc[hellip] De talibus autem concludit dictus doctor quod eisdem non datur dominandipotestas nisi summi Dei providentia quando res humanas iudicat talibus donis essedignas Multa similia ibidem dicit per quae definire videtur eorum dominium fuisselegitimum et eis a Deo collatumraquo Per la supremazia del potere spirituale su quellotemporale che dal primo viene istituito si veda invece ivi IV 10 Cfr SILVERSTEIN Onthe Genesis of De Monarchia II v cit passim (e p 189 dove si osserva che il passoin cui Tolomeo da Lucca richiamandosi ad Agostino fornisce il catalogo degli eroiromani laquoit is far closer in spirit to Dante than to St Augustineraquo) e GHISALBERTI Ro-ma antica nel pensiero politico da Tommaso drsquoAquino a Dante cit in particolare sulaquoRoma antica e il suo impero nel ldquoDe regimine principumrdquoraquo pp 349-55 Ma si vedaanche CT DAVIS Tolomeo da Lucca e la repubblica romana (1974) ora in LrsquoItalia diDante Bologna il Mulino 1988 p 231-69

59 TOMMASO Super sententiis II dist 9 q 1 art 8 laquoPraeterea quantumcumqueintellectus perficiatur lumine gratiae vel gloriae semper oportet quod intelligat sublumine naturali quia gratia non tollit naturam sed perficitraquo ivi IV dist 2 q 1 art 4qc 2 laquoSed contra gratia perficit naturamraquo Summa Theologiae I q 1 art 8 laquoCumenim gratia non tollat naturam sed perficiat oportet quod naturalis ratio subserviatfidei sicut et naturalis inclinatio voluntatis obsequitur caritati Unde et apostolusdicit II ad Cor X lsquoin captivitatem redigentes omnem intellectum in obsequiumChristirsquo Et inde est quod etiam auctoritatibus philosophorum sacra doctrina utiturubi per rationem naturalem veritatem cognoscere potueruntraquo

60 E GILSON Filosofia medievale e umanesimo Comunicazione fatta il 24 aprile

Difficile non ritrovare nellrsquoopera di Dante questo particolarelaquoumanesimoraquo61 disposto laquoper istruirsi su cosa egrave lrsquouomoraquo a guarda-re ad ogni esempio virtuoso del passato Cesare come Catone alaquoconsultareraquo i piugrave svariati auctores per elaborare infine un pensieroche non egrave di nessun altro se non dello stesso Alighieri

Questo apprezzamento della virtugrave morale degli antichi condivi-so ormai da gran parte del pensiero del suo tempo e nel Conviviofunzionale alla legittimazione dellrsquoimpero romano acquista una for-za particolare allrsquointerno delle argomentazioni svolte nel IV trattatoegrave qui infatti che piugrave specificatamente Dante sostiene la funzione e ilfine etico della filosofia62 e difende il valore dellrsquoetica salvaguardan-

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1935 al Congresso Guillaume Budeacute a Nizza in Appendice a Eloisa e Abelardo Tori-no Einaudi 1950 p 207

61 Uso il termine ldquoumanesimordquo ben consapevole della laquoastrale distanza fra il ti-pico umanesimo cristiano di Dante e lrsquoUmanesimo storicamente determinabileraquo EPARATORE Lrsquoereditagrave classica in Dante in Dante e Roma cit pp 3-50 p 47

62 Conv IV VI 7-16 XVII 1-8 Sulle caratteristiche del IV trattato che lo differen-ziano dal laquoldquobloccordquo costituito dal II e IIIraquo cfr VASOLI Introduzione cit p XXXVIIIIn effetti anche in Conv II XIV 13 e 18 si sostiene che laquocessando la Morale Filosofialrsquoaltre scienze sarebbero celate alcuno tempo e non sarebbe generazione neacute vita di fe-licitade e indarno sarebbero scritte e per antico trovateraquo e in III XV 11-12 laquola mora-litade egrave bellezza della filosofiaraquo e laquoquinci nasce quella felicitade la quale diffinisceAristotile nel primo dellrsquoEtica dicendo che egrave operazione secondo vertugrave in vita per-fettaraquo a differenza perograve di quanto ritiene Gilson (Dante e la filosofia cit pp 99-149)la filosofia nel Convivio non rimane confinata esclusivamente nella sfera dellrsquoeticanumerosi infatti i passi specialmente nel II e nel III trattato nei quali viene identifi-cata con lrsquoamore alla sapienza in senso piugrave ampio e spesso in nesso profondo con laSapienza divina II XV 12 III VI 9-10 XI 14 (laquocosigrave fine della Filosofia egrave quella eccel-lentissima dile[tta]zione che non pate alcuna intermissione o vero difetto cioegrave verafelicitade che per contemplazione della veritade srsquoacquistaraquo) XII 12 (laquofilosofia egrave unoamoroso uso di sapienza lo quale massimamente egrave in Dio perograve che in lui egrave sommasapienza e sommo amore e sommo atto che non puograve essere altrove se non in quantoda esso procederaquo) 13-14 XIII 7 (laquodella pace di questa donna non fa lo studio sen[ti-re se n]on nellrsquoatto della speculazione E cosigrave si vede come questa egrave donna primiera-mente di Dio e secondariamente dellrsquoaltre intelligenze separate per continuo sguar-dare e appresso dellrsquoumana intelligenza per riguardare discontinuatoraquo) XIV 1-2 6(laquocheacute la sapienza nella quale questo amore fegravere etterna egrave Onde egrave scritto di lei ldquoDalprincipio [e] dinanzi dalli secoli creata sono e nel secolo che dee venire non verrograve me-nordquo e nelli Proverbi di Salomone essa Sapienza dice ldquoEtternalmente ordinata sonordquoe nel principio di Giovanni nellrsquoEvangelio si puograve la sua etternitade apertamente no-tareraquo) 7 XV 2-3

dole uno spazio autonomo non solo rispetto al potere politico63 main parte anche rispetto ad ogni altro fine trascendente in quantosono le virtugrave laquoche fanno lrsquouomo beato o vero felice nella loro ope-razioneraquo (Conv IV XVII 8)64 Indicare come campioni di virtugrave gli eroipagani risulta allora profondamente coerente con questo valore ldquolai-cordquo riconosciuto allrsquoetica e collrsquoaver posto un filosofo pagano Ari-stotele come suprema auctoritas in questo ambito65 Certo occorreprecisare che nella visione profondamente religiosa di Dante non vi

FRANCESCA FONTANELLA62

63 Conv IV IX su cui vd infra64 Conv IV XVII 8 laquoE queste sono quelle che fanno lrsquouomo beato o vero felice nel-

la loro operazione sigrave come dice lo Filosofo nel primo dellrsquoEtica quando diffinisce laFelicitade dicendo che ldquoFelicitade egrave operazione secondo virtude in vita perfettardquoraquo Masi vedano tutti i sectsect 1-12 Anche se nel sect 9 si afferma laquoVeramente egrave da sapere che noipotemo avere in questa vita due felicitadi secondo due diversi cammini buono e ot-timo che a ciograve ne menano lrsquouno egrave la vita attiva e lrsquoaltro la contemplativa la quale ave-gna che per lrsquoattiva si pervegna come detto egrave a buona felicitade ne mena ad ottimafelicitade e beatitudine secondo che pruova lo Filosofo nel decimo dellrsquoEticaraquo si pre-ferisce in conclusione (al sect 12) il ldquocammino eticordquo a quello ldquointellettualerdquo laquoOndeperciograve che le virtugrave morali paiano essere e siano piugrave comuni e piugrave sapute e piugrave richie-ste che lrsquoaltre e imitate nello aspetto di fuori utile e convenevole fue piugrave per quellocammino procedere che per lrsquoaltroraquo Ma cfr anche Conv III XV 11-12 (cit supra allan 62) Questi passi del Convivio (insieme a Conv III XV 7-10 IV XII 11-12 XIII 6-9)sembrano affermare lrsquoesistenza di un desiderio naturale che non ha bisogno di cono-scere il sovrannaturale per essere compiuto a differenza di quanto si sostiene nellaCommedia (cfr specialmente Inf IV 31-42 Purg III 34-45 XXI 1-6 Par IV 124-32) maanche in altri passi del Convivio nei quali anche per quella intima connessione fra sa-pienza umana e divina che osservavamo supra alla n 62 il desiderio naturale sembraesigere per il suo compimento proprio il divino si veda Conv III VIII 5 XII 13 XIV 13-14 XV 2 IV XII 14-17 XXII 4-18 Sul problema rimando agli studi menzionati supraalla n 11 Si osservi solo che in Conv IV XXII 18 Dante sottolineando un ordine ge-rarchico che ha come suo vertice quella beatitudine irraggiungibile sulla terra percheacutesi compiragrave solo nella visione di Dio distingue comunque anticipando ciograve che sosterragravein Mon III xv (su cui vd infra) una felicitagrave terrena per la quale sono sufficienti lelaquooperazioni delle morali virtudi raquo e quelle laquodelle virtudi intellettualiraquo da una felicitagraveeterna laquoE cosigrave appare che nostra beatitudine [cio]egrave questa felicitade di cui si parlaprima trovare potemo quasi imperfetta nella vita attiva cioegrave nelle operazioni dellemorali virtudi e poi perfetta quasi nella [vita contemplativa cioegrave] nelle operazionidelle virtudi intellettuali Le quali due operazioni sono vie espedite e dirittissime amenare alla somma beatitudine la quale qui non si puote avere come appare pur perquello che detto egraveraquo

65 Conv IV VI 8 16

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 63

egrave nulla che non provenga da Dio tantomeno lrsquouomo pagano o cri-stiano che sia con il suo laquodesiderio naturaleraquo66 e le sue umane vir-tugrave67 come viene esplicitamente affermato proprio alla fine della ldquocar-rellatardquo dei Romani virtuosi presentata nel Convivio laquoCerto e mani-festo essere dee rimembrando la vita di costoro e delli altri divini cit-tadini non sanza alcuna luce della divina bontade aggiunta sovra laloro buona natura essere tante mirabili operazioni stateraquo (Conv IVv 17)68 Ma esaltare la virtus degli antichi eroi pagani significava co-munque riconoscere alla storia dellrsquoimpero romano un valore indi-pendente da quello della sua successiva regeneratio christiana (a dif-ferenza ad esempio di quanto aveva sostenuto il discepolo di Ago-stino Orosio69 una delle fonti storiche piugrave seguite dallrsquoAlighieri)70 In

66 Giagrave esplicitamente in Conv I I 1 su cui vd ora FALZONE Desiderio della scien-za e desiderio di Dio nel Convivio di Dante cit pp 1-11

67 Si veda ad esempio Conv IV XX passim dove si definisce la vera nobiltagrave dallaquale discendono tutte le altre virtugrave (IV XVIII 1-2 XX 1-2) come quel laquoldquoseme di feli-citaderdquo messo da Dio nellrsquoanima ben postaraquo (IV XX 9) XXI passim (dove si descrivecome la nobiltagrave scende nellrsquouomo laquoprima per modo naturale e poi per modo teolo-gicoraquo (XXI 1) XXII passim (dove si tratta dellrsquolaquoappetito drsquoanimo naturaleraquo che nascelaquodella divina bontade in noi seminata e infusa dal principio della nostra generazio-neraquo) su questi capitoli del IV trattato vd sempre FALZONE Desiderio della scienza edesiderio di Dio nel Convivio di Dante cit pp 28-68 che giustamente osserva comeDante dopo aver sostenuto una concezione di nobiltagrave come specifico dono divinoelargito solo ad alcuni uomini eccezionali (IV XX-XXI) che sarebbero quasi laquoun altroDio incarnatoraquo (IV XXI 10) introduce poi delle precisazioni per cui la nobiltagrave diven-ta una potenza naturale presente in tutti gli uomini che ha bisogno dellrsquoeducazione edellrsquoimpegno per realizzarsi come virtugrave (IV XXI 13-14) laquoCosigrave egrave unrsquoistanza etica omeglio etico-politica a spiegare lrsquoaffermazione nel corpo del capitolo XXII che a nes-suno egrave consentito giustificare la propria mala condotta [hellip] adducendo a pretesto laviltagrave della sua anima poicheacute anche a colui che non abbia ricevuto ldquoda principiordquo il se-me divino (la nobiltagrave) [hellip] quel seme puograve essere innestato nellrsquoanimo per ldquomolta cor-rezione e culturardquo cioegrave attraverso lrsquoeducazione e le leggiraquo (ivi p 67)

68 E che Dante sia convinto di ciograve lo conferma ad esempio il fatto che nel Purga-torio fra i vari esempi di virtugrave contrarie ai peccati puniti nelle varie cornici si ricorre aesempi tratti anche dalla storia pre-cristiana e in particolare nel XX Canto ai vv 25-27 troviamo fra gli esempi di povertagrave opposti allrsquoavarizia accanto a quello di Maria(vv 19-24) e di San Nicola (vv 31-33) quello del Fabrizio giagrave ricordato nel Convivio

69 Cfr eg OROSIO Hist I praef 14 II 3 3-770 Cfr la voce Orosio di A MARTINA (1970) nellrsquoEnciclopedia Dantesca consula-

tabile sul sito httpwwwtreccaniitenciclopediapaolo-orosio_(Enciclopedia-Dan-tesca)

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71 LUC Phars I 95 laquoFraterno primi maduerunt sanguine muriraquo Questa nettadistinzione fra Agostino e Dante riguardo al giudizio sullrsquoimpero non toglie il fattoche il primo abbia profondamente influito sullrsquoAlighieri che piugrave volte lo cita e che inMon III III 13 ne sottolinea esplicitamente lrsquoauctoritas in quanto dottore della Chie-sa ispirato direttamente dallo Spirito Santo Unrsquoutile panoramica sui vari studi che sisono occupati fin dalla fine dellrsquo800 dellrsquoinfluenza di Agostino sullrsquoopera dellrsquoAli-ghieri (anche ma non solo riguardo al pensiero politico dove piugrave marcata egrave la diffe-renza fra i due) in E BRILLI Firenze e il profeta Dante fra teologia e politica RomaCarocci 2012 pp 239-70 Nel volume lrsquoautrice mostrando come il tema della terre-na civitas sia vivo nella tradizione medievale dove diventa piugrave precisamente quellodella civitas diaboli di cui si riconoscono diverse rappresentazioni nella storia anchecontemporanea analizza nellrsquoopera dantesca la civitas diaboli sub specie Florentiae eriguardo al rapporto fra la Commedia e il De civitate Dei conclude che laquoallontanan-dosi Dante su Roma la tradizione agostiniana rimaneva viva nella sua memoria e mu-tatis mutandis Dante riutilizzograve rappresentazioni e argomenti agostiniani per forma-lizzare una materia diversa da quella in riferimento alla quale quelle rappresentazio-ni e quegli argomenti erano (in parte) nati In particolare Dante riutilizzograve il reperto-rio topico e il complesso impianto argomentativo di Agostino contro lrsquoImpero roma-no ai fini della propria polemica contro Firenzeraquo (ivi p 270)

questo modo insieme allrsquoimpero anche la stessa Urbs egrave sottratta auna valorizzazione esclusivamente cristiana alla fine del V capitolodel IV trattato infatti Dante sicuro di aver dimostrato laquoche spezialnascimento e spezial processo da Dio pensato e ordinato fosse quel-lo della santa cittaderaquo afferma laquoCerto di ferma sono oppinione chele pietre che nelle mura sue stanno siano degne di reverenza e losuolo dovrsquoella siede sia degno oltre quello che per li uomini egrave pre-dicato e aprovatoraquo (Conv IV V 20) Queste parole non solo sem-brano capovolgere il giudizio di Agostino che in De civitate XV 5 ri-cordando come allrsquoorigine dellrsquoUrbe vi fosse stato il fratricidio com-piuto da Romolo nei confronti di Remo citava la Pharsalia di Luca-no per ricordare che quelle stesse mura grondavano di sangue fra-terno71 ma affermando che lo laquosuoloraquo dove si trova la laquosanta citta-deraquo egrave laquodegno oltre quello che per li uomini egrave predicato e aprovatoraquosembrano anche voler decisamente correggere quella concezione diRoma (che si era andata affermando a partire dalla fine dellrsquoetagrave an-tica in concomitanza quindi da una parte col declino politico del-la cittagrave e dallrsquoaltra collrsquoascesa della sua importanza religiosa in quan-to sede apostolica) che aveva legato in modo esclusivo la sua ldquove-nerabilitagraverdquo al fatto che il martirio degli apostoli Pietro e Paolo avreb-

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72 Cfr M MACCARONE La concezione di Roma cittagrave di Pietro e Paolo da Damasoa Leone I in Roma Costantinopoli Mosca Atti del I Seminario Internazionale di Stu-di Storici ldquoDa Roma alla terza Romardquo 21-23 aprile 1981 Napoli Edizioni Scientifi-che Italiane 1983 pp 63-85 e in particolare p 63 laquoLa Roma christiana non egrave una Ro-ma cristianizzata come poteva dirsi di ogni cittagrave del mondo greco-romano Vieneconcepita e proposta come una Roma non contrapposta alla Roma classica e imperialema che ad essa subentra e che la supera a motivo dei nuovi titoli che possiede Egrave in-fatti diversa e nuova rispetto alla vecchia Roma sia per la sua origine fatta derivaredagli Apostoli Pietro e Paolo sia per il suo nuovo volto di cittagrave santuario dei cristia-ni che ha modificato la stessa topografia urbana sia soprattutto percheacute in essa risie-de e svolge la sua azione universale la sedes apostolicaraquo Ed egrave interessante osservaresempre con MACCARONE (ivi p 72) che giagrave Rutilio Namaziano nel 417 ricordandoi limina sacra dei templi pagani che egrave andato a visitare a Roma prima della partenzaper il ritorno nella sua terra natia (De red suo I 43-46) sembri tacitamente rivendicarela sacralitagrave tradizionale dellrsquoUrbe rispetto a quella nuova dei limina apostolorum PerDante invece la ldquosacralitagraverdquo pagana e quella cristiana di Roma non sono in contrad-dizione come ben si capisce anche da Inf II 20-27 ad Enea scelto dal cielo come pa-dre laquode lrsquoalma Roma e di suo imperoraquo fu permessa la discesa agli Inferi in funzionedella laquosua vittoriaraquo e quindi dellrsquoimpero ma anche in funzione laquodel papale amman-toraquo La ldquocristianizzazionerdquo di Roma non egrave quindi una rifondazione che pone una ori-gine diversa da quella della precedente storia pagana dellrsquoUrbe percheacute proprio quel-la storia egrave stata voluta da Dio non solo per lrsquoaffermarsi dellrsquoimpero ma anche percheacuteRoma diventasse laquolo loco santo ursquo siede il successor del maggior Pieroraquo

be non solo fondato il primato della Chiesa di Roma ma quasi ldquori-fondatordquo ex-novo la cittagrave stessa 72

Cosigrave proprio alla fine della digressione sullrsquoimpero romano (cheal di lagrave della logica argomentativa con cui viene introdotta ben sicolloca lo ripetiamo in questo IV trattato del Convivio dedicato aunrsquoetica autonoma nel senso precisato sopra rispetto ad ogni finetrascendente) si riconosce a Roma un valore che se egrave sicuramenteimprescindibile da quella laquodivina bontaderaquo che ha reso possibililaquotante mirabili operazioniraquo (Conv IV V 17) non lo egrave altrettanto equesto saragrave il tema esplicito della Monarchia da quel papato checongiungendo laquola spada col pasturaleraquo (Purg XVI 109-10) ha prete-so lrsquoldquoesclusivardquo sulla cittagrave eterna

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73 Secondo Dante infatti laquoAristotele quando diceva che non puograve essere del tut-to falso ciograve che pare vero ai piugrave intendeva certamente riferirsi al giudizio fondato sul-la ragione e non a quello che egrave frutto della sola apparenza sensibile Perciograve chi con-traddice lrsquoopinione del ldquovolgordquo non contrasta affatto la sua autoritagrave ma anzi la con-ferma e lrsquoonoraraquo VASOLI Introduzione cit p XLIII Ma vd anche supra n 7

13 laquoQuesto ufficiale posto di cui si parla cioegrave lo Imperadoreraquo(Conv IV IX 8)

Prima di passare allrsquoanalisi della Monarchia ricordiamo lrsquoargo-mentazione generale in cui si collocano questi capitoli che abbiamoanalizzato percheacute ciograve permette dopo aver osservato il valore attri-buito allrsquoimpero romano di specificare in esso la concezione della fi-gura imperiale Dante ha inteso dimostrare come lrsquoimperatore Fe-derico II non debba essere seguigraveto per quanto riguarda la definizio-ne della nobiltagrave ma non volendo con questa dimostrazione indurrelrsquoerrore di mettere in discussione la necessitagrave e la bontagrave dellrsquoimperoha ritenuto necessario in via preliminare ribadirne il valore (Conv IVIV-V) Dopo aver in modo analogo dedicato il VI capitolo a ribadireil valore dellrsquoautoritagrave e dellrsquoeccellenza di Aristotele fra tutti i filoso-fi nel VII afferma che egrave errata lrsquoopinione del volgo che ritiene la no-biltagrave legata alla stirpe mentre nel capitolo VIII dopo aver dimostra-to come la confutazione di questa communis opinio non sia in real-tagrave in contraddizione con il pensiero aristotelico che affermava nonpoter essere del tutto falso ciograve che pare vero ai piugrave73 asserisce che ta-le confutazione non egrave nemmeno un atto laquocontro la reverenza de loImperioraquo (Conv IV VIII 10) in quanto nel caso della definizione del-la nobiltagrave lrsquouomo non egrave laquodebitamente a la imperiale maiestagrave subiet-toraquo (Conv IV VIII 16) Tale affermazione per essere dimostrata ri-chiede ed egrave lrsquoargomento del IX capitolo la definizione degli ambitidi competenza e quindi dei limiti dellrsquoesercizio dellrsquoautoritagrave impe-riale questa laquoa perfezione dellrsquoumana vita fu trovataraquo e per questolaquoella egrave regolatrice e rettrice di tutte le nostre operazioni giusta-menteraquo (Conv IV IX 1) ma come tutto nella terra ha fine anchequesta autoritagrave ha un limite che le egrave posto da Dio (Conv IV IX 2-3)essendo chiamata a regolare non tutte le operazioni umane ma so-lo quelle che si possono realmente definire laquonostreraquo in quanto laquosu-biacciono alla ragione e alla volontade cheacute se in noi egrave lrsquooperazione

digestiva questa non egrave umana ma naturaleraquo (Conv IV IX 4) Inoltreanche riguardo alle ldquooperazioni razionalirdquo alcune74 sono sottopostealla nostra volontagrave solo nel senso che sono oggetto della nostra con-siderazione speculativa (che come tutte le attivitagrave umane egrave volonta-ria) ma non lo sono di per seacute percheacute non ne dipendono laquocheacute per-cheacute noi volessimo che le cose gravi salissero per natura suso e per-cheacute noi volessimo che rsquol silogismo con falsi principii conchiudesseveritade dimostrando e percheacute noi volessimo che la casa sedesse co-sigrave forte pendente come diritta non sarebbe perograve che di queste ope-razioni non fattori propiamente ma li trovatori semo altri lrsquoordinogravee fece maggiore fattoreraquo (Conv IV IX 6) altre ldquooperazionirdquo invececome laquooffendere e giovare [hellip] star fermo e fuggire alla battaglia[hellip] stare casto e lussuriare [hellip] del tutto suggiacciono alla nostravolontade e perograve semo detti da loro buoni e rei perchrsquoelle sono pro-pie nostre del tuttoraquo (Conv IV IX 7) In queste bisogna osservarelrsquolaquoequitaderaquo (Conv IV IX 8) ma siccome ci si puograve allontanare daquesta non solo volontariamente ma

per non sapere quale essa si sia [hellip] trovata fu la ragione scritta per mo-strarla e per comandarla [hellip] E perograve egrave scritto nel principio del Vecchio Di-gesto laquoLa ragione scritta egrave arte di bene e drsquoequitaderaquo A questa scrivere mo-strare e comandare egrave questo ufficiale posto di cui si parla cioegrave lo Impera-dore al quale tanto quanto le nostre operazioni propie che dette sono sistendono siamo subietti e piugrave oltre no (Conv IV IX 8-9)

laquoE piugrave oltre noraquo con questa limitazione si rivendica quindiunrsquoldquoautonomia del sapere dal potererdquo grazie alla quale si potragrave li-beramente procedere nei successivi capitoli del IV trattato ad ar-gomentare filosoficamente una ldquoverardquo definizione di nobiltagrave Lrsquoam-bito dellrsquoautoritagrave imperiale egrave invece un altro quello della laquoragionescrittaraquo ovvero lo abbiamo visto del diritto romano75 ed egrave compi-

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74 Quelle elencate in Conv IV IX 5 laquocheacute operazioni sono che ella solamente con-sidera e non fa neacute puograve fare alcuna di quelle sigrave come sono le cose naturali e le sopra-naturali e le matematice e operazioni che essa considera e fa nel propio atto suo lequali si chiamano razionali sigrave come sono arti di parlare e operazioni sono che ella con-sidera e fa in materia di fuori di seacute sigrave come sono arti meccaniceraquo

75 Vd supra n 32 E cosigrave era stato infatti definito dai giuristi dei secoli XII-XIIIper i quali laquolrsquoesigenza [hellip] di un diritto universalmente valido la si sentiva giagrave sod-

to specifico dellrsquoimperatore formulare promulgare e far osservarequesto diritto secondo quanto Dante aveva precedentemente affer-mato nel passo sopra riportato del Convivio laquoquello che elli [scillrsquoimperatore] dice a tutti egrave legge e per tutti dee essere obedito eogni altro comandamento da quello di costui prendere vigore e au-toritaderaquo (Conv IV IV 7) Questa idea di un potere legislativo che ap-partiene specificatamente allrsquoimperatore si trovava come abbiamogiagrave osservato nel Corpus giustinianeo76 tanto che lrsquoimperatore veni-va ad identificarsi con la lex (laquolex animataraquo)77 identificazione que-sta largamente presente anche nella giurisprudenza medievale78 Ma

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disfatta dal diritto dellrsquoImpero che era lo stato universale [hellip] Per di piugrave il diritto ro-mano nella sistemazione giustinianea possedeva oggettivamente un aspetto tale dicompletezza e di perfezione da poter essere accettato come il Diritto per antonoma-sia ciograve che fu detto lsquoratio scriptarsquoraquo G FASSOgrave Storia della filosofia del diritto I Anti-chitagrave e medioevo Roma-Bari Laterza 2004 p 178 Ma cfr anche P FIORELLI Sulsenso del diritto nella laquoMonarchiaraquo in laquoLetture classensiraquo 16 1987 pp 88-90 doveattraverso lrsquoetimologia della parola ragione (ratio) si ricostruisce la storia del laquocon-guaglio tra ragione e iusraquo

76 Cfr anche Cod 114121 (Imperator Justinianus) laquoQuid enim maius quidsanctius imperiali est maiestate vel quis tantae superbiae fastidio tumidus est ut re-galem sensum contemnat cum et veteris iuris conditores constitutiones quae ex im-periali decreto processerunt legis vicem obtinere aperte dilucideque definiuntraquo

77 Cfr Nov 105 2 4 laquoOmnibus enim a nobis dictis imperatoris excipiatur for-tuna cui et ipsas deus leges subiecit legem animatam eum mittens hominibusraquo Lrsquoesi-genza di persone che interpretino e incarnino la legge era giagrave stata affermata nel pen-siero filosofico greco (PLATONE Politico 293d-294c e ARISTOTELE Pol III 1284a) e aquesta tradizione accademico peripatetica aveva probabilmente attinto Cicerone nelDe legibus nel passo dove aveva affermato laquoVidetis igitur magistratus hanc esse vimut praesit praescribatque recta et utilia et coniuncta cum legibus Ut enim magistra-tibus leges ita populo praesunt magistratus vereque dici potest magistratum legemesse loquentem legem autem mutum magistratumraquo (De leg III 2) cfr F FONTANEL-LA Politica e diritto naturale nel De legibus di Cicerone Roma Edizioni di Storia eLetteratura 2012 p 80 e note La dottrina del νόμος ἔμψυχος si era perograve affermatapiugrave precisamente nellrsquoambito delle monarchie ellenistiche in connessione col potereregale ed era stata poi ripresa nel IV secolo da Temistio nelle sue orazioni (eg cfr OrV 2 64b con particolare riferimento a Teodosio XVI 212d XIX 228a)

78 Per la recezione e lo sviluppo dellrsquoidea del monarca come lex animata che si so-vrappone a partire dai secoli XII-XIII a quella del re come typus Christi predomi-nante nei secoli precedenti risulta sempre particolarmente utile e interessante la do-cumentazione e la relativa analisi in KANTOROWICZ I due corpi del re cit il capitoloIV La regalitagrave giuricentrica pp 76-165 e specialmente le pp 109-23

in questo IX capitolo del IV trattato Dante accoglie anche una defi-nizione di Ulpiano che a sua volta cita Celso e che si trova proprionellrsquoincipit del Digesto (Dig 111 pr1 laquoIuri operam daturum priusnosse oportet unde nomen iuris descendat Est autem a iustitia ap-pellatum nam ut eleganter Celsus definit ius est ars boni et aequiraquo)79colla quale attraverso la parola aequitas si collega il ius romano a unfondamento giusnaturalistico80 lrsquoAlighieri conferma cosigrave chiara-mente di intendere il diritto romano come la piugrave alta e perfetta for-ma della legge espressione del ius naturae e pertanto del vertice del-la ragione umana laquoragione scrittaraquo81 Il pensiero medievale aveva ri-preso e tentato di risolvere proprio attraverso il ricorso al dirittonaturale quella antinomia fra un laquoprinceps imago aequitatisraquo maallo stesso tempo laquoservus aequitatisraquo (cosigrave nel Policraticus di Gio-vanni di Salisbury)82 ovvero laquoiustitiae pater et filius dominus et mi-nisterraquo (cosigrave nel Liber augustalis pubblicato da Federico II)83 che

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79 Tale definizione nellaMonarchia (II V 1) saragrave considerata una laquodescriptioraquo in-sufficiente a definire il diritto in quanto laquonon dicit quod quid est iuris sed describitillud per notitiam utendi illoraquo ma su questo passo vd infra

80 Il passo egrave ampiamente discusso e interpretato in questo senso in A SCHIAVO-NE Ius Lrsquoinvenzione del diritto in Occidente Torino Einaudi 2005 pp 361-71 e no-te alle pp 488-95 Cfr anche V MAROTTA Iustitia vera philosophia e natura Una no-ta sulle Institutiones di Ulpiano in Testi e problemi del giusnaturalismo romano a cu-ra di D Mantovani e A Schiavone Pavia IUSS Press 2007 pp 563-601 e FONTA-NELLA Politica e diritto naturale nelDe legibus di Cicerone cit pp 115-32 In parti-colare proprio sulla recezione dantesca dellrsquoaequitas classica in questo passo del Con-vivio e in Mon II V 1-2 si veda R RUGGIERO Una definizione del diritto in Del no-mar parean tutti contenti Studi offerti a Ruggiero Stefanelli a cura di P GuaragnellaMB Pagliara P Sabbatino L Sebastio Bari Progredit 2011 pp 142-62 pp 148-53

81 Cfr la voce Diritto Romano di F CANCELLI (1970) nellrsquoEnciclopedia Dantescaconsultabile sul sito httpwwwtreccaniitenciclopediadiritto-romano_(Enciclo-pedia-Dantesca)

82 I passi sono riportati e commentati da KANTOROWICZ I due corpi del re cit pp82-84

83 Ivi pp 84-93 con fonti Per quanto riguarda gli appellativi di iustitiae dominuse pater ricordiamo che nellrsquoantico impero da Augusto fino allrsquoetagrave degli Antonini lastoriografia giudica positivamente quegli imperatori che avevano rifiutato lrsquoappella-tivo latino di dominus (SVET Aug 53 Tib 27 TAC Ann II 87 XII 11) e quindi lrsquoar-bitrarietagrave assoluta del potere imperiale particolarmente significativo per lrsquoargomen-to che ci interessa quel passo del Panegirico di Plinio a Traiano dove dopo aver as-

trovava anchrsquoessa il suo precedente nel codice giustinianeo nellrsquoan-tinomia fra un laquoprinceps legibus solutusraquo ma allo stesso tempo laquole-gibus alligatusraquo84 La soluzione egrave cosigrave sintetizzata da Egidio Roma-

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serito che laquosunt diversa natura dominatio et principatusraquo (Paneg 45) leggiamo laquoip-se te legibus subiecisti legibus Caesar quas nemo principi scripsit Sed tu nihil am-plius vis tibi licere quam nobis sic fit ut nos tibi plus velimus Quod ego nunc pri-mum audio nunc primum disco non est princeps supra leges sed leges supra prin-cipemraquo (Paneg 65 1-3) Dopo Costantino invece unrsquoiscrizione celebra ValentinianoI come laquolegum domino Romanorum iustitiae aequitatisque rectoriraquo (ILS 765) men-tre nelle Novellae (124) Giustiniano si proclameragrave laquolegis paterraquo

84 La stessa idea dellrsquoimperatore come laquolex animataraquo poteva comportare lrsquoideadella sua superioriagrave rispetto alle leggi (cosigrave in Nov 10524 riportata supra alla n 77)in modo conforme allrsquoimmagine di un laquoprinceps legibus solutusraquo di cui si puograve giagravetrovare traccia in una clausola della Lex de imperio Vespasiani (clausola da noi cono-sciuta solo attraverso la famosa epigrafe esposta nel 1347 nella Basilica di San Gio-vanni in Laterano da Cola di Rienzo) che prevedeva che limitatamente alle leggi e aiplebisciti che non avevano vincolato Augusto Tiberio e Claudio laquoiis legibusque sci-tis imp(erator) Caesar | Vespasianus solutus sitraquo (FIRA I15 ll 24-25) Tale clausolaldquodiscrezionalerdquo egrave comunque ancora ben lontana dalla massima piugrave generale del laquoprin-ceps legibus solutusraquo che si trova invece attestata dallrsquoetagrave severiana anche se in pas-si di cui si discute se il riferimento non sia invece cosigrave generale ma piuttosto anche inquesti casi rivolto a situazioni specifiche ad es in Dig 1331 (Ulpianus 13 ad l iulet pap) dove si riporta un passo di Ulpiano che si riferisce alle leges Iulia et Papia chelimitando alcune capacitagrave giuridiche dei celibi o dei coniugati senza figli facevanoeccezione per il principe che si trovasse in queste condizioni laquoPrinceps legibus solu-tus est augusta autem licet legibus soluta non est principes tamen eadem illi privile-gia tribuunt quae ipsi habentraquo Inoltre la raccolta giustinianea riporta anche quei pas-si in cui si cita questo principio per affermare perograve che non egrave opportuno applicarlocome ad esempio in Cod 6233 (Imperator Alexander Severus) laquolicet enim lex im-perii sollemnibus iuris imperatorem solverit nihil tamen tam proprium imperii est utlegibus vivereraquo (dove con laquolex imperiiraquo ci si riferiragrave probabilmente sempre alla laquolexregiaraquo) Ma cfr anche Dig 3223 (Paulus 5 sent) laquodecet enim tantae maiestati eas ser-vare leges quibus ipse solutus esse videturraquo e Inst 2178 laquosecundum haec divi quo-que Severus et Antoninus ndash (scil Settimio Severo e Caracalla) ndash saepissime rescripse-runt ldquolicet enimrdquo inquiunt ldquolegibus soluti sumus attamen legibus vivimusrdquoraquo E an-cora dopo Costantino pur se lrsquoimperatore diventa in modo quasi esclusivo legislato-re e interprete delle norme la famosa digna vox del 429 affermeragrave laquoDigna vox maie-state regnantis legibus alligatum se principem profiteri adeo de auctoritate iuris no-stra pendet auctoritas et re vera maius imperio est submittere legibus principatumraquo(Cod 1144 [Imperatores Theodosius Valentinianus]) cfr L DE GIOVANNI Il prin-cipe e la legge dalla lex de imperio Vespasiani al mondo tardoantico in La lex deImperio Vespasiani e la Roma dei Flavi cit pp 219-30

no nel suo De regimine principum (dove in I II 12 egrave ripresa anche ladefinizione del laquoprincepsraquo come laquoanimata lexraquo) laquoSciendum est re-gem et quemlibet principantem esse medium inter legem naturalemet positivam [hellip] Quare positiva lex est infra principantem sicut lexnaturalis est supra et si dicatur legem aliquam positivam esse supraprincipantem hoc non est ut positiva sed ut in ea reservatur virtusiuris naturalisraquo (III II 29)85 E poco prima Federico II proprio in ri-ferimento alle sue prerogative imperiali aveva affermato nella X As-sise di Capua laquoSed quamquam soluta imperialis a quibuscumquelegibus sit maiestas sic tamen in totum non est exempta iudicio ra-tionis que iuris est materraquo86 Lrsquoimperatore del Convivio si collocaquindi in questa tradizione del pensiero filosofico e giuridico me-dievale secondo la quale lrsquoimperatore egrave signore e artefice della leg-ge positiva ma in quanto nellrsquoesercizio di tale prerogativa segue lalegge naturale in modo da essere piugrave ldquoinventorerdquo (nel senso di ldquosco-pritorerdquo) che ldquocreatorerdquo del diritto

LrsquoAlighieri sembra perograve compiere unrsquoulteriore passo ricono-scendo alla laquofilosofica autoritaderaquo un ruolo specifico nellrsquoldquoinvenzio-nerdquo di questo diritto espressione della ratio naturale nei capitoli do-ve si era dimostrata la massima autoritagrave di Aristotele in campo filo-sofico in quanto laquola perfezione di questa moralitade per Aristotileterminata fueraquo (Conv IV VI 16) si era infatti concluso che laquonon re-pugna [la filosofica] autoritade alla imperiale ma quella sanza que-sta egrave pericolosa e questa sanza quella egrave quasi debile non per seacute maper la disordinanza della gente sigrave che lrsquouna collrsquoaltra congiunta uti-lissime e pienissime sono drsquoogni vigoreraquo (Conv IV VI 17) quasi a di-re che laquola Filosofia ha bisogno dellrsquoimpero per regolare efficacementei costumiraquo ma laquolrsquoimpero ha bisogno della filosofia per sapere comeregolare i costumi secondo giustizia e veritagraveraquo87 Nella Monarchia do-

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85 KANTOROWICZ I due corpi del re cit pp 116-18 con altre fonti86 Citato ivi a p 92 dove si osserva che laquoEra una dottrina non priva di rischi

poicheacute lrsquointerpretazione della ragione poteva facilmente dipendere solo dal principe[hellip] tuttavia nella filosofia giuridica essa manteneva ancora le sembianze di una deandash una manifestazione della natura eguale a Dioraquo (ivi p 93) Ma cfr anche la voce As-sise di Capua (Federiciana 2005) a cura di A CERNIGLIARO consultabile nella edizio-ne online dellrsquoEnciclopedia Treccani (httpwwwtreccaniitenciclopediaassise-di-capua_(Federiciana))

87 GILSON Dante e la filosofia cit p 138

ve si riconosceragrave esplicitamente allrsquoimperatore il compito di condur-re laquosecundum phylosophica documenta genus humanum ad tempo-ralem felicitatemraquo (Mon III XV 10) Dante sembreragrave vagheggiare so-lo la figura dellrsquoimperatore-filosofo88 qui nel Convivio si contemplainvece anche la figura del filosofo-consigliere del principe come ri-sulta nellrsquoapostrofe rivolta ai regnanti contemporanei allrsquoAlighierilaquoOh miseri che al presente reggete e oh miserissimi che retti sietecheacute nulla filosofica autoritade si congiunge colli vostri reggimenti neacuteper propio studio neacute per consiglioraquo (Conv IV VI 19)

Lrsquoidea del filosofo-consigliere egrave vecchia almeno quanto Platonee per la sua attuazione quasi mai felice basti pensare allrsquoesempiodello stesso Platone con Dione e Dionigi di Siracusa o a quello diAristotele con Alessandro Magno o ancora a quello di Seneca conNerone e cosigrave via mentre per la figura dellrsquoimperatore filosofo ri-cordo come caso esemplare del mondo antico quello di Marco Au-relio Il fatto perograve che nel Convivio si auspichi la ldquocongiunzionerdquodella filosofia con un imperatore connotato prevalentemente in rap-porto al ius non puograve non richiamare alla mente Cicerone questinon solo aveva auspicato e in un certo senso ldquoincarnatordquo la figura delpolitico-filosofo89 ma nel De legibus dopo aver identificato la lexcon quella ratio naturale che coincide con la mens del sapiens90 ave-va affermato che proprio per questo solo il sapiens puograve riconosceree interpretare questa legge suprema (De leg I 19 62 II 8) ed inquanto sapiens aveva nel suo trattato ldquoscopertordquo ed enunciato le leg-gi conformi al ius naturae91 Dante quasi sicuramente non conosce-va il De legibus92 ma il pensiero ciceroniano trovava immediato ri-

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88 Fatta eccezione per il ldquofinalerdquo della Monarchia (III XV 18) su cui vd infra (macfr sempre infra anche n 105)

89 Cfr eg CIC Fam XV 16 (del 51 aC) in cui lrsquoautore parlando di seacute e di Ca-tone afferma laquosoli [hellip] nos philosophiam veram illam et antiquam [hellip] in forum at-que in rem publicam atque in ipsam aciem paene deduximusraquo

90 De Leg II 11 laquoilla lex [hellip] est enim ratio mensque sapientis ad iubendum etad deterrendum idonearaquo cfr anche De leg I 18-19 II 8

91 Cfr FONTANELLA Politica e diritto naturale nelDe legibus di Cicerone cit pp13-14

92 I piugrave antichi codici del De legibus a noi pervenuti furono scritti in Francia a me-tagrave del IX secolo e custoditi nellrsquoabbazia di Corbie cfr P CHIESA Adoardo di Corbiee i lettori del lsquoDe legibusrsquo in etagrave carolingia in Cicerone e il diritto nella storia drsquoEuro-

scontro nella giurisprudenza romana dato che giagrave con Servio Sul-picio Rufo (giurista contemporano di Cicerone) e successivamentecon Labeone (giurista di etagrave augustea) si era realizzato laquoun punto digiuntura fra la tradizione retorico filosofica e il lavoro dei giuristi ilparadigma giusnaturalistico [hellip] sarebbe diventato da allora in poi[hellip] uno dei fili di trama della loro riflessione fino alla definitivaconsacrazione ulpianearaquo93 quando i giuristi non potendo piugrave com-petere col princeps nella creazione del ius ne assumono perograve unasorta di ldquocontrollordquo misurando e confermando i contenuti della le-gislazione in riferimento a un criterio di giustizia naturale e quindiuniversale applicabile a tutto lrsquoimpero94 Per questo aveva sostenu-to Ulpiano proprio di seguito al passo in cui riporta la definizione diius data da Celso laquocrsquoegrave chi a ragione ci chiama sacerdotesraquo95 in quan-

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pa Atti del XIII Colloquium Tullianum Milano 27-29 marzo 2008 in laquoCiceronianaraquons XIII 2009 pp 101-16 Da Corbie il trattato si diffuse in Francia nella Germaniameridionale e in Inghilterra ma per la sua diffusione in Italia dobbiamo attendere ilPetrarca che conosce (e cita Fam II 2 1 6 19 XXIV 4 14) un testo che discende daunrsquoedizione del XII secolo in parte indipendente da quella dei codici di Corbie cfrAR DYCK A commentary on Cicero De legibus Ann Arbor The University of Mi-chigan Press 2004 pp 41-42 Mi parebbe quindi una pura illazione in assenza di al-tri riscontri supporre che Dante avesse conosciuto il testo in Francia sempre am-messo che si accetti come veritiera la notizia del viaggio del poeta a Parigi tramanda-ta da Boccaccio nel Trattatello in laude di Dante

93 SCHIAVONE Ius cit p 264 Ma cfr anche G FALCONE La lsquovera philosophiarsquo deilsquosacerdotes iurisrsquo Sulla raffigurazione ulpianea dei giuristi (D1111) in laquoAnnali del se-minario giuridico della Universitagrave di Palermoraquo 49 2004 (consultabile allrsquoindirizzowwwarchaeogateorgstorageFalcone1pdf) dove proprio riguardo al passo di Ul-piano riportato in Dig1111 (che riporto infra alla n 96) si ipotizza un rapporto colDe legibus di Cicerone che non si ridurrebbe a laquouna generica ispirazione o [hellip] echidi alcune idee che espresse nello scritto ciceroniano si sono sedimentate nella com-plessiva cultura di Ulpiano Piuttosto il giurista severiano dovette avere costantemen-te davanti agli occhi il De legibus come apposito modello e organizzare la propria scrit-tura esattamente (staremmo per dire fedelmente) sulla falsariga del testo di Ciceroneraquop 41 del pdf lrsquoargomentazione di questa ipotesi occupa tutte le pp 42-69

94 SCHIAVONE Ius cit pp 361-8995 laquoAl riguardo in aggiunta allrsquoeventualitagrave che Ulpiano riproponga piugrave o meno

consapevolmente lrsquooriginaria attribuzione del sapere e dellrsquooperare giuridici ai pon-tefici egrave possibile richiamare con la generalitagrave degli studiosi le parole dello stesso Ul-piano lsquosanctissima civilis sapientiarsquo e lsquoingressus sacramentirsquo o la qualifica lsquoantistes iu-risrsquo da parte di Quintiliano (Inst or XI 69) o ancora lrsquoesistenza di unrsquoepigrafe recan-

to laquoveneriamo la giustizia [hellip] aspirando se non sbaglio alla vera enon alla falsa filosofiaraquo96 Come osserva Schiavone laquoCicerone avevaa suo tempo cercato di fondare il diritto romano ex intima philoso-phia e Ulpiano stesso doveva averlo avuto ben presenteraquo nel suo ten-tativo di assimilare la propria dottrina alla filosofia in modo da tra-smettere laquolrsquoidea [hellip] che esistesse un rapporto profondo e privile-giato fra ricerca della giustizia e raggiungimento della veritagrave e che igiuristi fossero i custodi per eccellenza di questo legameraquo97 I gran-di giuristi dellrsquoetagrave dei Severi avevano quindi rivendicato a seacute questoruolo di sacerdotes del diritto prima che a partire dallrsquoetagrave costanti-niana gli imperatori diventassero non solo legislatori ma anche in-terpreti della legislazione98 La giurisprudenza medievale aveva bencompreso e fatto proprio questo ruolo di sacerdotes degli antichi giu-risti romani99 ma anche in etagrave medievale presto si dedusse che laquociograveche si confaceva ai giudici si confaceva anche al principe che do-po tutto era a capo della gerarchia giuridicaraquo100 per cui questo ran-

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te proprio lrsquoespressione lsquosacerdos iurisrsquo (CIL VI 2250)raquo FALCONE La lsquovera philoso-phiarsquo dei lsquosacerdotes iurisrsquo cit n 111

96 Cfr il giagrave citato Dig 111 pr (Ulpianus 1 inst) insieme a Dig 1111 (Ulpia-nus 1 inst) laquoIuri operam daturum prius nosse oportet unde nomen iuris descendatEst autem a iustitia appellatum nam ut eleganter Celsus definit ius est ars boni et ae-qui Cuius merito quis nos sacerdotes appellet iustitiam namque colimus et boni et ae-qui notitiam profitemur aequum ab iniquo separantes licitum ab illicito discernentesbonos non solum metu poenarum verum etiam praemiorum quoque exhortatione ef-ficere cupientes veram nisi fallor philosophiam non simulatam affectantesraquo

97 SCHIAVONE Ius cit pp 370-71 98 Per la lsquoldquosvolta costantinianardquo cfr D MANTOVANI Il diritto da Augusto al Theo-

dosianus in E GABBA-D FORABOSCHI-D MANTOVANI-E LO CASCIO-L TROIANI In-troduzione alla storia di Roma Milano LED 1999 pp 465-534 pp 505-23 e egCod 1141 (Imperator Constantinus) laquoInter aequitatem iusque interpositam inter-pretationem nobis solis et oportet et licet inspicereraquo Cod 114123 (Imperator Ju-stinianus) laquoDefinimus autem omnem imperatoris legum interpretationem sive in pre-cibus sive in iudiciis sive alio quocumque modo factam ratam et indubitatam haberiSi enim in praesenti leges condere soli imperatori concessum est et leges interpreta-ri solum dignum imperio esse oportetraquo E infatti anche se al di fuori dellrsquoambito giu-ridico Simmaco nella famosa lettera a Teodosio riguardante lrsquoaltare della Vittoriachiama gli imperatori laquoiustitiae sacerdotesraquo (Ep X 3 15)

99 Fonti in KANTOROWICZ I due corpi del re cit pp 103-107 e 119-20100 Ivi p 107

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 75

go di sacerdos venne anche trasferito ai principes101 La posizione del-lrsquoAlighieri nel Convivio appare invece piugrave vicina a quella sostenutadai giuristi dellrsquoetagrave severiana che a quella delle etagrave successive il ruo-lo specifico assegnato alla filosofia nei confronti dei governanti com-pleta infatti il riferimento alla prima parte del passo di Ulpiano e aicompiti giuridici dellrsquoimperatore in modo molto simile a ciograve che que-sti giuristi avevano sostenuto102 Cosigrave in unrsquoopera che ha come in-tento dichiarato quello di laquofare un generale convivioraquo delle bricioledi quel sapere che laquotutti li uomini naturalmente desideranoraquo (ConvI I 1) ma da cui per laquodiverse cagioniraquo possono essersi tenuti lontano(Conv I I 2-6) Dante sembra includere fra questi uomini anche chidovrebbe trovarsi al vertice del potere politico103 lrsquoimperatore ri-cordando innanzitutto che il suo potere si fonda sul diritto ovverosu una prerogativa che ne delimita lrsquoambito in quanto esistono altriambiti da lui indipendenti come quello ldquofilosoficordquo della definizio-ne della nobiltagrave poi che questo diritto egrave quella laquoragione scrittaraquo dicui egli dovrebbe essere piuttosto lrsquoinventore (nel senso dello sco-pritore) che il creatore e infine che anche in tale laquoinvenzioneraquo sa-rebbe pericoloso prescindere dalla laquofilosofica autoritaderaquo o per me-glio dire cosigrave come egrave stato osservato a proposito del passo di Ul-piano sopra ricordato laquoil sovrano poteva legiferare come gli piace-va [hellip] ma il controllo sulla corrispondenza dei suoi provvedimen-ti alla veritagrave e alla giustizia [hellip] non si trovava nelle sue mani nongli appartenevaraquo104 E questo controllo nel Convivio non spetta al

101 Ivi pp 107-109 102 E la vicinanza appare ancora piugrave evidente se si tiene conto del carattere es-

senzialmente etico che la filosofia riveste per Dante nel IV trattato del Convivio (vdsupra) e del fatto che nella contrapposizione ulpianea fra vera e falsa philosophia si ri-specchia molto probabilmente una contrapposizione risalente almeno a Platone eben presente laquonei circuiti intellettuali di I e II secolo [hellip] tra la riflessione etica chesi occupa tra gli altri temi della iustitia e dellrsquoaequitas e che egrave qualificata lsquovera phi-losophiarsquo e la dialettica fine a se stessa la sofistica una riflessione che anzicheacute ci-mentarsi con lrsquohonestum e con le virtutes egrave impegnata nelle cavillationes e nei sillogi-smi e perciograve della filosofia reca solo il nomeraquo FALCONE La lsquovera philosophiarsquo dei lsquosa-cerdotes iurisrsquo cit p 24 del pdf

103 Drsquoaltronde fra le ragioni che impediscono di dedicarsi alla sapienza Dante ri-corda proprio la laquocura civileraquo Conv I I 4

104 SCHIAVONE Ius cit p 378

giurista ma piuttosto a chi come lrsquoAlighieri laquofuggito della pasturadel vulgoraquo (Conv I I 10) si egrave innamorato di quella laquobellissima e one-stissima figlia dello Imperadore dellrsquouniverso alla quale Pittagorapuose nome Filosofiaraquo (Conv II XV 12)105

2 La Monarchia

Nella Monarchia (la cui datazione tuttora discussa egrave collocabi-le in un periodo che va dal 1308 fino al 1317-1318)106 lrsquoautore vo-

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105 Egrave interessante osservare come ha mostrato recentemente U CARPI LrsquoInfernodei guelfi e i principi del Purgatorio Milano Franco Angeli 2013 che ciograve che Dantescrive nel Convivio egrave profondamente legato allrsquoesperienza da lui vissuta nellrsquoesilioquando laquopovero e sbandato quanto si voglia inibito a scrivere dalle condizioni og-gettive e dal proprio stesso disorientamento [hellip] nelle sue dolorose pereginazioni eventurose evenienze [hellip] egrave venuto maturando sugli oggettivi fatti istituzionali e so-ciali culturali in cui si imbatte una riflessione politica sistematica tesa a ristabilire unpunto di vista e a ricomporre un quadroraquo (p 69) Cosigrave da una parte questa riflessionepolitica lo porta a teorizzare non la laquonegazione delle realtagrave politiche attuali regni co-muni feudalitagrave signorie ma la loro integrazione gerarchica dentro lrsquounitagrave imperialecon centro nella curia di Romaraquo (ibidem) dallrsquoaltra per citare un esempio partico-larmente pertinente al ruolo ldquopoliticordquo che Dante attribuisce alla filosofia nel IV trat-tato del Convivio lrsquoesperienza del 1306 alla corte di Morello Malaspina (a cui egrave rivoltalrsquoEpistola IV con cui accompagna la canzone Amor da che convien pur chrsquoio mi doglia)laquovale come concreto caso significativo e realizzatosi in curia minore del principiosecondo cui autoritagrave politica e autoritagrave filosofica sono inscindibili declinato cosigrave almassimo livello giurisdizionale ldquoCongiungasi la filosofica autoritade con la imperia-le a bene e perfettamente reggererdquoraquo (ivi p 74) Vedremo subito come anche nella Mo-narchia Dante assuma questo ruolo di laquoautoritagrave filosoficaraquo ruolo che nellrsquoapostrofeconclusiva del trattato eserciteragrave in modo esplicito e diretto nei confronti dellrsquoimpe-ratore (Mon III XV 18 su cui vd infra) Da osservare ancora che nellrsquoEpistola a Can-grande con la quale dedicheragrave il Paradiso al signore di Verona lrsquoAlighieri si include-ragrave fra coloro che laquointellectu ac ratione degentes [hellip] non ipsi legibus sed ipsis legespotius diriganturraquo (Ep XIII i 7)

106 Per uno status quaestionis con relativa discussione delle motivazioni delle va-rie datazioni si puograve recentemente vedere D QUAGLIONI Per la Monarchia di Dante(1313) in laquoIl Pensiero Politicoraquo XLV 2012 pp 149-74 (che porta a riprendere comepiugrave probabile lrsquoipotesi del 1313 nello spazio di tempo della spedizione di Enrico VIIcome giagrave affermava Boccaccio nel Trattatello in laude di Dante) e lrsquoIntroduzione di PCHIESA e A TABARRONI in Monarchia a cura di P CHIESA e A TABARRONI con la col-

lendo dare un contributo alla vita pubblica (laquoad rem publicam ali-quid afferreraquo Mon I I 2) decide di svolgere la laquonotitia utilissimaraquodella laquotemporalis monarchiaraquo (I I 5) ovvero di ciograve che comunementeegrave chiamato laquoimperiumraquo (I II 2) Nel rivendicare a seacute laquoquesto altissi-mo compito didatticoraquo Dante continua a svolgere quel ruolo che giagravesi era assunto nel Convivio laquoChe il sapiente debba mettere la pro-pria conoscenza a servizio degli altri lo aveva giagrave dichiarato aperta-mente nel Convivio [hellip] Ma ora [hellip] Dante ritaglia a seacute quello chesente come proprio compito specifico in ordine al progresso di co-noscenza dellrsquoumanitagrave quello che gli sembra spettare a lui fra tuttii sapienti e si tratta del contributo decisivo per il ldquobene esse mun-dirdquoraquo107 Dopo aver definito la monarchia come quel laquoprincipato uni-co posto sopra tutti gli altri principati temporali ndash i quali cioegrave spie-gano la loro azione tra quelle cose e su quelle cose che si misuran coltemporaquo ndash108 affronta tre problematiche ad essa relative se sia neces-

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 77

laborazione di D ELLERO Roma Salerno Editrice 2013 NECOD vol IV pp LX-LXVI do-ve i due autori pur riconoscendo specialmente tramite il confronto con le Epistole chealmeno un abbozzo dellrsquoopera dovesse essere giagrave stato costruito negli anni 1309-1313ma tenendo allo stesso tempo in conto le varie motivazioni degli studiosi che propon-gono ipotesi diverse formulano lrsquoipotesi di laquouna composizione ldquolungardquo dellrsquoopera o ndashforse meglio ndash di una ripresa successiva da parte di Dante stesso di un testo giagrave porta-to a compimento per arricchirlo precisarlo chiosarlo in una parola migliorarlo neicontenutiraquo e si chiedono laquose non sia anche a causa di una composizione non sincroni-ca che la data della Monarchia egrave risultata finora cosigrave elusiva Un processo testuale lun-go con revisioni e aggiustamenti progressivi porta inevitabilmente una diluizione de-gli elementi di databilitagrave e a un loro progressivo mascheramentoraquo (p LXVI)

107 CHIESA-TABARRONE Introduzione inMonarchia cit p XXIV Non solo se co-me abbiamo del resto appena visto nel Convivio laquoegli appariva molto preoccupato dirivendicare per seacute la qualifica di philosophusraquo nella Monarchia laquosembra piuttosto ri-tenere tale qualifica ormai pacificamente accolta e consolidata al punto da spingersiad accomunarsi ai sapienti in un plurale collettivo (ut ex hiis patet que de caelo phylo-sophamur II II 3)raquo (p XXV)

108Mon I II 2 laquoEst ergo temporalis Monarchia quam dicunt lsquoImperiumrsquo unicusprincipatus et super omnes in tempore vel in hiis et super hiis que tempore mensu-ranturraquo La traduzione di questo e dei passi successivamente citati della Monarchiasalvo indicazione contraria egrave quella di NARDI in DANTE ALIGHIERI Opere MinoriIII1 De vulgari eloquentia Monarchia a cura di PV MENGALDO-B NARDI Milano-Napoli Ricciardi 1979 dove il testo accolto egrave quello di Ricci nella collana Le operedi Dante Alighieri Edizione Nazionale a cura della Societagrave Dantesca Italiana (DANTE

ALIGHIERI Monarchia a cura di PG RICCI Milano Mondadori 1965) che egrave anche

saria al buon ordinamento del mondo se il popolo romano si sia at-tribuito a buon diritto lrsquoufficio di monarca se lrsquoautoritagrave del monar-ca dipenda direttamente da Dio o passi attraverso un suo vicario (ilpapa)109 La discussione di ognuna delle tre questioni poste occupanellrsquoordine uno dei tre libri del Trattato in particolare nei primi duelibri sono sviluppati in modo molto piugrave ampio e sistematico anchealcuni degli argomenti dei capitoli IV e V del IV libro del Convivio110Ci soffermeremo quindi piugrave in particolare su quei passi che semprea proposito di quellrsquoimpero che come si egrave visto egrave allo stesso tempolrsquoimpero di Dante e quello di Roma antica introducono elementi dinovitagrave o approfondiscono in modo originale quanto giagrave emerso dalConvivio

21 laquoSub divo Augusto monarcha existente Monarchia perfectaraquo(Mon I XVI 1-2)

Il I libro come abbiamo giagrave accennato si occupa di dimostrarela necessitagrave dellrsquoimpero al laquobene esse mundiraquo Dopo aver dimostra-to che laquoil fine di tutta quanta la societagrave umanaraquo sta in quella laquoope-razioneraquo che le egrave propria (Mon I III 1-4) si sostiene che tale laquoope-razioneraquo si rende manifesta se si considera qual egrave lrsquoultimo grado del-la potenza di tutta lrsquoumanitagrave ovvero laquola potenza o virtugrave intelletti-

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quello tuttora presente sul sito della Societagrave Dantesca e che ho quindi deciso di seguireanche per praticitagrave di consultazione nellrsquoedizione Salerno Chiesa accoglie invece inlinea di massima il nuovo testo stabilito da Shaw sempre per la medesima collana(DANTE ALIGHIERI Monarchia a cura di P SHAW Firenze Le Lettere 2009) con al-cuni ldquoaggiustamentirdquo elencati e motivati alle pp CXXXV-CXLI La differenza piugrave note-vole egrave la diversa scansione dei capitoli per la parte finale del III libro su cui vd infra

109 Mon I II 3 laquoMaxime autem de hac tria dubitata queruntur primo nanquedubitatur et queritur an ad bene esse mundi necessaria sit secundo an romanus po-pulus de iure Monarche offitium sibi asciverit et tertio an auctoritas Monarche de-pendeat a Deo inmediate vel ab alio Dei ministro seu vicarioraquo

110 Grossomodo il I libro corrisponde agli argomenti della prima metagrave del IV ca-pitolo del IV trattato del Convivio mentre il II libro a quelli della seconda metagrave delIV e del V capitolo Nel III troviamo invece un argomento non affrontato nel Convi-vio laquose lrsquoautoritagrave del Monarca romano che per diritto egrave Monarca del mondo comeegrave stato provato nel secondo libro dipenda immediatamente da Dio ovvero dallrsquoaltrovicario o ministro di Dio quale intendo che sia il successor di Pietroraquo (Mon III I 5)

varaquo (Mon I III 5-7)111 Solo lrsquoumanitagrave presa nel suo insieme (e non ilsingolo neacute altre piugrave piccole comunitagrave) puograve attuare tutta la potenzadellrsquointelletto (Mon I III 8 e IV l)112 ma osserva Dante (esplicitan-do cosigrave ciograve che era stato lasciato implicito nel IV capitolo del IV trat-tato del Convivio ovvero il motivo per cui lrsquoImpero necessario allapace fosse per questo necessario alla felicitagrave del genere umano) so-lo laquonella quiete ossia nella serenitagrave della pace il genere umano sitrova in condizione di attendere senza intoppi e difficoltagrave alla suapropria operazione [hellip] Dal che egrave manifesto che la pace universa-le egrave la piugrave desiderabile di tutte le cose che sono ordinate alla nostrabeatitudineraquo (Mon I IV 2)113 Il riconoscimento che la pax universa-

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 79

111 Cfr ARISTOTELE Ethica I 1097b -1098a Conv I I 1 e ARISTOTELEMetaphisi-ca I 980 a

112 Cfr ARISTOTELE De anima II 415a-415b e il commento di Nardi (ALIGHIERI

DANTE Opere Minori III1 cit p 298) ad I III 8 laquoLegato comrsquoegrave allrsquoorganismo per suanatura tanto per Dante quanto per Sigieri quanto per Averroegrave e in fondo anche persan Tommaso che a suo modo egrave pur sempre aristotelico lrsquointelletto umano per seacute stes-so egrave pur sempre ldquotabula rasardquo se esso non traesse dallrsquoesperienza sensibile i concettiintelligibili che ne attuano la pura potenzialitagrave Quindi anche lrsquointelletto umano [hellip]ha bisogno per essere sempre e dovunque attuato nella sua potenza o capacitagrave drsquoin-tendere di una molteplicitagrave di individui sparsi sulla terra dai quali tragga le immaginisensibili necessarie al suo passaggio dalla potenza allrsquoattoraquo Dante nel passo successi-vo (Mon I III 9) si richiama esplicitamente al commento di Averroegrave al De anima di Ari-stotele ma allo stesso tempo se ne distanzia in quanto Averroegrave ammette soltanto un uni-co intelletto possibile per tutto il genere umano mentre laquociograve che Dante richiede perottenere lo stesso risultato egrave [hellip] quella societagrave universale di tutti gli intelletti possibi-li individuali che costituisce il genere umanoraquo GILSON Dante e la filosofia cit p 158Cosigrave ancora GARFAGNINI Monarchia manifesto di libertagrave e responsabilitagrave civile cit pp16-18 Anche CHIESA-TABARRONE Introduzione in Monarchia cit pp LII-LIII so-stengono che Dante non segue Averroegrave laquonel fare dellrsquointelletto possibile una sostanzaseparata indipendenteraquo (come il poeta afferma espressamente anche in Purg XXV 62-66) ma che mantiene comunque separata laquoda un lato la necessitagrave dellrsquoesistenza di unamoltitudine di esseri umani che realizzano sempre tutti insieme [hellip] la potenzialitagrave deivari intelletti possibili e dallrsquoaltro la necessitagrave politica di un coordinamento politicouniversale per lo scopo comune ultimo [hellip] la realizzazione della scienza universaleraquo

113Mon I IV 1-2 laquoSatis igitur declaratum est quod proprium opus humani generistotaliter accepti est actuare semper totam potentiam intellectus possibilis [hellip] Genushumanum in quiete sive tranquillitate pacis ad proprium suum opus [hellip] liberrimeatque facillime se habet Unde manifestum est quod pax universalis est optimum eo-rum que ad nostram beatitudinem ordinanturraquo

lis egrave laquoil mezzo piugrave acconcio per arrivare a quello cui sono ordinatecome a fine ultimo tutte le nostre azioniraquo viene posto dallrsquoautore co-me laquoprincipio onde muovono tutti i ragionamenti che seguirannoraquo(Mon I IV 5)114 ovvero le undici argomentazioni svolte nel I libroper dimostrare che lrsquoImpero egrave necessario al benessere del mondo leprime dieci sono tutte laquodi ragioneraquo non si basano cioegrave sulle sacrescritture o su argomenti di fede ma si fondano su premesse filosofi-che-metafisiche115 in alcuni casi piugrave direttamente connesse allrsquoattivi-tagrave pratica di governo (dimostrando che laquola monarchia assicura alpiugrave alto grado la giustizia la libertagrave la concordiaraquo)116 Lrsquoultima lrsquoun-dicesima si basa invece su un fatto storico Dante ricorda una laquoex-perientia memorabilisraquo che rende testimonianza alle precedenti ar-gomentazioni ovvero il fatto che il momento dellrsquoincarnazione egrave av-venuto quando laquofu monarca il divo Augustoraquo cioegrave sotto una laquoMo-narchia perfettaraquo quando lrsquoumanitagrave era laquofelice nella tranquillitagrave diuna pace universaleraquo (Mon I XVI 1-2)117 mentre da quando lrsquounitagravedellrsquoimpero egrave stata infranta118 il genere umano egrave stato ed egrave sconvol-

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114Mon I IV 5 laquoEx hiis ergo que declarata sunt patet per quod melius ymo perquod optime genus humanum pertingit ad opus proprium et per consequens visumest propinquissimum medium per quod itur in illud ad quod velut in ultimum finemomnia nostra opera ordinantur quia est pax universalis que pro principio rationumsubsequentium supponaturraquo

115 Fra queste ricordo percheacute lrsquoabbiamo giagrave trovata in Conv IV IV 5 la prima di-mostrazione (fondata su Aristotele Politica I 1254a) laquoquando aliqua plura ordinan-tur ad unum oportet unum eorum regulare seu regere alia vero regulari seu regiraquo(Mon I V 3) vd supra n 25

116 CHIESA-TABARRONE Introduzione inMonarchia cit p XX117Mon I XVI 1-2 laquoRationibus omnibus supra positis experientia memorabilis at-

testatur status videlicet illius mortalium quem Dei Filius in salutem hominis homi-nem assumpturus vel expectavit vel cum voluit ipse disposuit Nam si a lapsu pri-morum parentum qui diverticulum fuit totius nostre deviationis dispositiones ho-minum et tempora recolamus non inveniemus nisi sub divo Augusto monarcha exi-stente Monarchia perfecta mundum undique fuisse quietum Et quod tunc huma-num genus fuerit felix in pacis universalis tranquillitateraquo

118 Il valore ldquosacrordquo dellrsquoimpero egrave sottolineato anche dal fatto che Dante alludealla sua disintegrazione con lrsquoimmagine di laquotunica ista inconsutilisraquo lacerata dalla laquocu-piditatis ungueraquo laquoQualiter autem se habuerit orbis ex quo tunica ista inconsutilis cu-piditatis ungue scissuram primitus passa est et legere possumus et utinam non vide-reraquo (Mon I XVI 3 e cfr anche III X 5) Nel Medioevo era invece attestata la tradizio-

to da tempeste e disgrazie (Mon I XVI 3-4)119 Per quanto riguarda ilI libro questo egrave il riferimento piugrave significativo allrsquoimpero di Romagarante di quella laquopax universalisraquo che sola ha permesso allo laquohu-manum genusraquo di vivere laquofelix in pacis universalis tranquillitateraquo (lalaquovita feliceraquo del Convivio IV IV 1) significativo innanzitutto percheacuteconferma quanto giagrave emerso nel precedente trattato e cioegrave che perDante lrsquoideale dellrsquoimpero universale non egrave unrsquoutopia ma egrave statorealizzato nella storia da una laquoexperientia memorabilisraquo lrsquoimperoaugusteo120 E inoltre percheacute se egrave vero che laquolrsquoincessante evocazionedella pace della ldquopax et tranquillitasrdquoraquo nella Monarchia rimanda allaquoprogramma politico di Enrico VIIraquo cosigrave come egrave documentato nel-le costituzioni pisane del 2 aprile 1313121 egrave anche vero che Dantecollocando lrsquoattuazione di questa pax nellrsquoetagrave di Augusto attesta il

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ne che riferiva tale immagine alla comunione inscindibile dei credenti cfr S CRI-STALDI Dante di fronte al Gioachimismo Caltanisetta-Roma Salvatora Sciascia Edi-tore 2000 pp 279 e 303 Vedono nel passo un riferimento alla donazione di Co-stantino (che Dante menzioneragrave esplicitamente alla fine del II libro [Mon II XI 8] edi cui tratteragrave specificatamente nel III [Mon III X]) CHIESA-TABARRONE Introdu-zione inMonarchia cit p XXXVI e Commento p 70 ad loc

119Mon I XVI 3-4 laquoQualiter autem se habuerit orbis ex quo tunica ista inconsu-tilis cupiditatis ungue scissuram primitus passa est et legere possumus et utinam nonvidere O genus humanum quantis procellis atque iacturis quantisque naufragiis agi-tari te necesse est dum bellua multorum capitum factum in diversa conarisraquo Ma cfranche il sect 3 dellrsquoEpistola VI indirizzata ai Fiorentini nel 1311 laquosolio augustali vacan-te totus orbis exorbitatraquo

120 E ricordiamo che nel Convivio (IV V 8) tale esperienza era stata giudicata ir-ripetibile laquoNeacute rsquol mondo mai non fu neacute saragrave sigrave perfettamente disposto come allora chealla voce drsquoun solo principe del roma[n] populo e comandatore si [descrisse sigrave] co-me testimonia Luca evangelista E perograve [che] pace universale era per tutto che maipiugrave non fu neacute fiaraquo Significativo che nellrsquoEpistola indirizzata ad Arrigo VII in occasionedella sua discesa in Italia la consapevolezza che ormai non esiste piugrave la perfetta mo-narchia universale di Augusto (a cui anche nellrsquoepistola ci si riferisce al sect 14) si espri-ma insieme alla convinzione che lrsquoimpero continui ad avere una vocazione ecumeni-ca secondo la prospettiva virgiliana laquoRomanorum gloriosa potestas nec metis Ytalienec tricornis Europe margine coarctatur Nam etsi vim passa in angustum guberna-cula sua contraxerit undique tamen de inviolabili iure fluctus Amphitritis attingensvix ab inutili unda Oceani se circumcingi dignatur Scriptum etenim nobis est ldquoNas-cetur pulcra Troyanus origine Cesar imperium Occeano famam qui terminet as-trisrdquoraquo (Ep VII 11-13 e il riferimento egrave evidentemente a VERG Aen I 286-87)

121 QUAGLIONI Per la Monarchia di Dante (1313) cit p 160

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122 Dallrsquoetagrave augustea la pace diventa laquosinonimo di impero romano inteso comemondo abitato dallrsquoumanitagrave civile a cui lrsquoimpero assicura la paceraquo (M SORDI Intro-duzione dalla lsquokoinegrave eirenersquo alla lsquopax Romanarsquo in laquoContributi dellrsquoIstituto di Storia an-tica dellrsquoUniversitagrave del Sacro Cuoreraquo 11 1985 pp 3-16 p 13) come proclamano idocumenti ufficiali gli storici i poeti le legendae delle monete e le epigrafi durantetutto il periodo imperiale basti pensare al famoso passo del sesto libro dellrsquoEneide diVirgilo nel quale si riserva al popolo romano la ldquomissionerdquo di laquoregere imperio popu-los [hellip] pacisque imponere moremraquo (851-52) e cfr G PICONE laquoPacatum reget or-bemraquo Etagrave dellrsquooro e tema della pace nei poeti augustei in La pace nel mondo antico At-ti del Convegno nazionale di studi (Torino 9-11 aprile 1990) a cura di R Uglione To-rino Associazione Italiana di Cultura Classica 1991 pp 191-210 I LANA Lrsquoidea del-la pace nellrsquoantichitagrave S Domenico di Fiesole Cultura della Pace 1991 pp 79-101A ARNALDI Motivi di celebrazione imperiale su monete ed epigrafi in laquoRivista Italia-na di Numismaticaraquo 82 1980 pp 85-107 Del resto anche prima dellrsquoetagrave imperialelaquoi Romani quando sono in guerra e dichiarano che il loro scopo egrave quello di ldquopacemdare leges paci imponere pacarerdquo [hellip] intendono dire che con la guerra mirano a rea-lizzare una situazione di superioritagrave che consenta loro di dettare allrsquoavversario le con-dizioni per lrsquoinstaurazione di un certo rapporto fra Roma e il nemico vinto In questosenso preciso essi ldquopacem dantrdquo ai vintiraquo LANA Lrsquoidea della pace nellrsquoantichitagrave citp 56

123 Per altri compendi medievali conosciuti dallrsquoAlighieri cfr CHIESA-TABARRO-NE in Monarchia cit p 69 ad I XVI 2

ldquosuccessordquo di uno dei motivi piugrave forti della propaganda del prin-ceps122 quello appunto di una pax che si trova inscindibilmente as-sociata al suo impero sia nella tradizione pagana sia in quella cri-stiana laquoEt quod tunc humanum genus fuerit felix in pacis univer-salis tranquillitate hoc ystoriographi omnes hoc poete illustres hocetiam scriba mansuetudinis Cristi testari dignatus est et deniquePaulus ldquoplenitudinem temporisrdquo statum illum felicissimum appella-vitraquo (Mon I XVI 2) Fra gli ystoriographi conosciuti a Dante fra gliantichi oltre Orosio vi saranno sicuramente Eutropio e Floro123mentre ricordando i poete lrsquoAlighieri si riferiragrave sicuramente a Virgi-lio (lo laquoscriba mansuetudinis Cristiraquo egrave invece lrsquoevangelista Luca) Eda Virgilio piugrave che da Orosio Dante assume la prospettiva con cuiguardare al principato augusteo per Orosio infatti il regno di Au-gusto era stato preparato da Dio laquoventuri Christi gratiaraquo (Hist VI 204) e la sua importanza risiedeva esclusivamente nella sua funziona-litagrave alla nascita di Cristo del resto lo abbiamo accennato per lo sto-rico la vera grandezza dellrsquoimpero era stata raggiunta in un periodo

successivo a quello augusteo solo grazie alla sua regeneratio chri-stiana124 Per Dante invece i due eventi impero di Augusto e nasci-ta di Cristo sono concomitanti non egrave esistito mai momento piugrave fe-lice per lrsquoumanitagrave dopo la caduta dovuta al peccato originale diquello in cui lrsquoimpero augusteo assicurograve la pace tanto che il figlio diDio potrebbe aver laquodispostoraquo o addirittura laquoattesoraquo proprio quelmomento per la sua incarnazione laquostatus videlicet illius mortaliumquem Dei Filius in salutem hominis hominem assumpturus vel ex-pectavit vel cum voluit ipse disposuitraquo (Mon I XVI 1)125 E la frase diSan Paolo sulla laquopienezza dei tempiraquo come egrave stato osservato126 ecome vedremo meglio anche in seguito sembra definitivamente au-torizzare lrsquoAlighieri a far sua lrsquointerpretazione virgiliana dellrsquoetagrave au-gustea come la nuova etagrave dellrsquooro in cui laquovere tempus et temporaliaqueque plena fueruntraquo (Mon I XVI 2)

22 laquoIustitia potissima est solum sub monarcharaquo (Mon I XI 2)

Vi sono altri passi della Monarchia in cui Dante pur non men-zionando esplicitamente Roma attribuisce allrsquoimpero del suo tem-po alcune ldquoqualitagraverdquo che caratterizzavano lrsquoantico impero romano sitratta come quello della ldquopacerdquo di motivi ampiamente diffusi cheattestano la vitalitagrave e quindi in un certo senso lrsquoattualitagrave di alcunitratti specifici del ldquomodellordquo romano che la scoperta e la rielabora-zione del Corpus Iuris Iustinianeum da parte dei giuristi medievalicontribuivano a proporre e a diffondere127

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 83

124 Vd supra nn 69-70125 In Conv IV V 9 riferendosi alla contemporaneitagrave fra la nascita di David e la

venuta di Enea nel Lazio (su cui vd supra nn 44-45) Dante aveva invece affermatolaquoOh ineffabile e incomprensibile sapienza di Dio che a una ora per la tua venuta inSiria suso e qua in Italia tanto dinanzi ti preparastiraquo Ma cfr anche il sect 26 dellrsquoEpi-stola V indirizzata ai principi drsquoItalia in occasione della venuta di Arrigo VII in ItalialaquoEt si hec que uti principia sunt ad probandum quod queritur non sufficiunt quisnon ab illata conclusione per talia precedentia mecum oppinari cogetur pace videli-cet annorum duodecim orbem totaliter amplexata que sui sillogizantis faciem Dei fi-lium sicuti opere patrato ostenditraquo

126 Cfr CHIESA-TABARRONE Introduzione inMonarchia cit p XXXVII127 Dopo la caduta dellrsquoimpero e i secoli ldquobuirdquo dellrsquoalto medioevo il diritto ro-

Innanzitutto lrsquoimpero proprio tramite lrsquoimperatore egrave per Dan-te lrsquounica istituzione capace di garantire la giustizia ai popoli sui qua-li si estende Ad esempio nella sesta argomentazione riguardante lanecessitagrave di risolvere le controversie si sostiene che se si ha un dis-sidio tra due prigravencipi di pari autoritagrave saragrave necessario un terzo di piugravealto potere che giudichi e decida (Mon I X 3 laquooportet esse tertiumiurisdictionis amplioris qui ambitu sui iuris ambobus principeturraquo)se questo terzo non fosse lrsquoimperatore vuol dire che ci sarebbe bi-sogno di un altro con autoritagrave superiore e si innescherebbe un pro-cesso allrsquoinfinito il che egrave impossibile (Mon I X 5) per questo biso-gna arrivare laquoad iudicem primum et summum de cuius iudicio cun-cta litigia dirimantur sive mediate sive inmediate et hic erit Monar-cha sive Imperatorraquo (ibidem)

Tutta la settima argomentazione poi riguarda la giustizia128 e lasua attuabilitagrave sempre grazie al potere imperiale il mondo egrave infattiordinato nel miglior modo quando in esso vrsquoegrave il massimo di giusti-zia e per questo Virgilio nella IV egloga volendo esaltare i suoi tem-pi aveva affermato laquoIam redit et Virgo redeunt Saturnia regnaraquo (v5) intendendo con Virgo proprio la giustizia e con laquoSaturnia regnaraquoquegli laquooptima tempora que etiam ldquoaureardquo nuncupabantraquo infattilaquoiustitia potissima est solum sub Monarcharaquo (Mon I XI 1-2)129 Di

FRANCESCA FONTANELLA84

mano riaffiorato nellrsquoXI secolo tramite la riscoperta dei Digesta egrave posto da allora laquoalcentro di unrsquoattenzione ininterrotta che ha radicato un modello giuridico neoroma-no nel cuore stesso del mondo moderno attraverso un percorso iniziato nelle rinatecittagrave dellrsquoItalia medievale e arrivato sino al cuore dellrsquoEuropa borgheseraquo SCHIAVO-NE Ius cit p 14 ma si veda tutto il primo capitolo Diritto romano e Occidente mo-derno pp 5-18

128 Per le fonti aristoteliche (con il commento tomistico) dei primi paragrafi diquesto capitolo (Mon I XI 3-5) nei quali si definisce la giustizia laquode se et in proprianatura considerataraquo come laquoquaedam rectitudo sive regula obliquum hic inde abi-ciensraquo (XI 3) cfr ad loc i commenti di NARDI (ALIGHIERI DANTE Opere Minori III1cit pp 328-34) e di CHIESA-TABARRONE inMonarchia cit pp 39-40

129Mon I XI 1-2 laquoPreterea mundus optime dispositus est cum iustitia in eo po-tissima est Unde Virgilius commendare volens illud seculum quod suo tempore sur-gere videbatur in suis Buccolicis cantabat ldquoIam redit et Virgo redeunt Saturnia re-gnardquo lsquoVirgorsquo nanque vocabatur iustitia quam etiam lsquoAstreamrsquo vocabant lsquoSaturniaregnarsquo dicebant optima tempora que etiam lsquoaurearsquo nuncupabant Iustitia potissima estsolum sub Monarcha ergo ad optimam mundi dispositionem requiritur esse Monar-chiam sive Imperiumraquo Da ossevare che nella VII Epistola indirizzata a Arrigo VII laquodi-

questrsquoultima affermazione non si puograve dubitare in quanto egrave chiaroche la giustizia raggiunge il suo massimo lagrave dove il contrasto egrave mini-mo (Mon I XI 5) sia nel campo della volontagrave sia nel campo del po-tere in effetti egrave indispensabile una volontagrave pura da ogni desiderioe una completa possibilitagrave di dare a ciascuno ciograve che gli egrave dovuto(Mon I XI 6-7 dove riecheggia la celebre definizione romana di iu-stitia che comanda di laquosuum cuique tribuereraquo)130 Ma soltanto lrsquoim-peratore ha volontagrave pura da ogni desiderio (egli che tutto posse-dendo egrave libero dalla cupidigia) e soltanto lrsquoimperatore ha il mag-giore potere possibile dunque soltanto se crsquoegrave un monarca la giusti-zia si realizza compiutamente (Mon I XI 8-12) Anzi egli possiedequel retto amore per gli uomini che rafforza la giustizia in quantocerca proprio la pace che della giustizia egrave frutto (Mon I XI 13-15)

E ancora nella nona argomentazione dove si vuole dimostrareche chi puograve garantire la migliore condizione di governo allrsquoumanitagraveegrave chi si trova nella condizione migliore di governo (Mon I XIII 1) do-po aver richiamato ma in toni piugrave realistici quanto affermato nel -lrsquoXI capitolo ovvero che il monarca laquonon ha alcun incentivo alla cu-pidigia o se mai il piugrave piccolo rispetto a tutti gli altri mortaliraquo si so-stiene che laquopoicheacute soltanto la cupidigia corrompe il giudizio e im-pedisce la giustiziaraquo il monarca egrave il piugrave adatto a governare laquoper la ra-gione che piugrave di tutti gli altri egli puograve avere giudizio e giustizia duecose che piugrave di tutte si addicono a chi fa la legge e a chi pon manoad essaraquo131

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 85

vina providentia Romanorum Regi et semper Augustoraquo Dante afferma che quandolrsquoimperatore varcograve le Alpi laquoTunc plerique vota sua prevenientes in iubilo tam Satur-nia regna quam Virginem redeuntem cum Marone cantabantraquo (Ep VII 6)

130Mon I XI 7 laquonam cum iustitia sit virtus ad alterum sine potentia tribuendi cui-que quod suum est quomodo quis operabitur secundum illamraquo La prima attesta-zione di questa definizione di iustitia egrave nella Rhetorica ad Herennium (Rhet Her III3 laquoiustitia est aequitas ius uni cuique retribuens pro dignitate cuiusqueraquo) si ritrovapoi in tutta lrsquoopera ciceroniana (CIC De inv II 160 De rep III 18 Part or 130 Top9 90 De fin V 65 De nat deor III 38 e De off I 15 II 78 III 43) e viene successiva-mente ripresa anche nel Digesto laquoIustitia est constans et perpetua voluntas ius suumcuique tribuendiraquo (Dig 1110 pr)

131 Mon I XIII 7 laquoCum ergo Monarcha nullam cupiditatis occasionem haberepossit vel saltem minimam inter mortales ut superius est ostensum quod ceteris prin-cipibus non contingit et cupiditas ipsa sola sit corruptiva iudicii et iustitie prepediti-

Questi passi della Monarchia ben si collocano nel contesto dellagiurisprudenza medievale che accogliendo nella seconda metagrave delXIII secolo la tradizione aristotelica del giudice perfetto come di-kaion empsuchon132 trasferigrave questa immagine al sovrano che diven-ta iustitia animata in modo che laquola similitudine aristotelica dello iu-stum animatum riguardante il giudice [hellip] venisse considerata unamera variante della ben nota definizione di Giustiniano del princi-pe come lex animataraquo133 E anche le precedenti osservazioni dante-sche a proposito del ruolo dellrsquoimperatore come supremo giudicenelle controversie trovano un immediato riscontro nella dottrina deigiuristi medievali laquosur lrsquoempire et la souveraineteacute impeacuteriale commeprincipe ordonnateur universel crsquoest-agrave-dire comme garantie ldquosou-verainerdquo drsquoun ordre juridique ancreacute dans lrsquoideacutee de iurisdictio edrsquoexercise de la justiceraquo dottrina che laquose manifeste avec une cer-taine emphase justement durant lrsquoeacutepoque de la crise de lrsquouniversa-lisme et au moment de lrsquoeacutepiphanie de nouvelles formes de pouvoiragrave la recherche drsquoune leacutegitimationraquo134

FRANCESCA FONTANELLA86

va consequens est quod ipse vel omnino vel maxime bene dispositus ad regendum es-se potest quia inter ceteros iudicium et iustitiam potissime habere potest que duoprincipalissime legis latori et legis executori conveniuntraquo

132 ARISTOTELE Eth V 1132a (iustum animatum nel commento di Tommaso alpasso aristotelico)

133 KANTOROWICZ I due corpi del re cit p 115 e tutte le pp 114-16 dove sonoriportate le fonti (Tommaso Pietro drsquoAlvernia Giovanni da Parigi Baldo AlbertoMagno ed Egidio Romano) attraverso le quali si osserva il passaggio dellrsquoimmaginedellrsquoiustum animatum dal iudex al rex e infine la definizione di questrsquoultimo sia co-me lex che come iustitia animata

134 D QUAGLIONI Empire et monarchie aspects du deacutebat juridique in Ideacutees drsquoEm-pire en Italie et en Espagne (XIVe-XVIIe siegravecle) sous la direction de F Creacutemoux et J-L Fournel Mont-Saint-Aignan Publications des Universiteacutes de Rouen et du Havre2010 pp 37-46 p 39 e p 38 laquoLa foi dans lrsquoempire est chez ces juristes [hellip] la foisdans un principe qui valide tout autre processus drsquoexercise du pouvoir et lrsquoempereurest le fondament de cette validiteacute [hellip] (lex animata selon lrsquoexpression justinienne demecircme que la lois est un inanimatus princeps)raquo Al saggio di QUAGLIONI rimando perla precedente bibliografia [ricordo solo P COSTA Iurisdictio Semantica del potere po-litico nella pubblicistica medievale (1100-1433) Milano Giuffregrave 20022 (1 ed 1969) eP GROSSI Lrsquoordine giuridico medievale Roma-Bari Laterza 1995] e per le testimo-nianze giuridiche medievali di cui riporto percheacute particolarmente significativo perun confronto colla Monarchia dantesca un passo di Bartolo del 1354 sulle ldquorappre-saglierdquo (il testo egrave pubblicato in D QUAGLIONI Il proemio del bartoliano laquoTractatus re-

Ma voglio accostare alle due argomentazioni dantesche anche duepassi di autori antichi e non di giuristi in cui veniva sottolineata que-sta funzione dellrsquoimperatore romano come supremo e imparziale giu-dice Leggiamo nel Panegirico rivolto da Plinio a Traiano (inizio delII secolo dC) laquoTu non siedi in tribunale solo intento ad arricchireil fisco neacute altro profitto ti viene dalla tua sentenza che la coscienzadrsquoaver bene giudicato [hellip] Opera veramente degna drsquoun principe[hellip] riconciliare cittagrave rivali placare piugrave con la ragione che con la for-za popoli inquieti opporsi alle ingiustizie dei magistrati annullaretutto ciograve che che non si sarebbe dovuto fareraquo135 E nellrsquoencomio ARoma probabilmente pronunciato davanti allrsquoimperatore Adriano(metagrave del II secolo dC) Elio Aristide sostiene

Nei regimi democratici non egrave possibile dopo che il verdetto egrave stato datonella cittagrave rivolgersi altrove neacute ad altri giudici ma egrave necessario rassegnarsi al-le decisioni prese [hellip] (invece nel vostro impero neacute chi sia stato condannatoegrave costretto ad accettare una sentenza) ingiusta neacute chi abbia intentato un pro-cesso e non abbia avuto successo egrave costretto ad accettare la sconfitta ma pres-so di voi rimane un altro giudice supremo a cui nulla mai sfugge di ciograve che ri-guarda la giustizia E qui si realizza una grande e bella uguaglianza fra il de-bole e il forte fra lo sconosciuto e il famoso fra il povero e il ricco e fra chi egravedi oscure origini e chi egrave nobile e si verifica il detto di Esiodo ldquofacilmente ren-de potente facilmente abbassa il potenterdquo questo giudice e signore condottodalla giustizia come la nave egrave condotta dal vento che non favorisce e proteg-ge di piugrave il ricco e meno il povero ma aiuta nello stesso modo chiunque gli ca-piti di incontrare sulla sua strada)136

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 87

presaliarumraquo in laquoPluteusraquo II 1984 pp 85-92) laquoPostea vero peccata nostra merue-runt quod Romanum Imperium prostratum iaceret per tempora multa et reges etprincipes ac etiam civitates maxime in Italia saltem de facto in temporalibus dominumnon agnoscerunt propter quod de iniustiis ad superiorem non potest haberi regressuscoeperunt represaliae frequentariraquo

135 PLIN Pan 80 laquoNon locupletando fisco sedes nec aliud tibi sententiae tuaepretium quam bene iudicasse [hellip] O vere principis [hellip] reconciliare aemulas civita-tes tumentesque populos non imperio magis quam ratione compescere intercedereiniquitatibus magistratuum infectumque reddere quidquid fieri non oportueritraquo Latraduzione egrave quella di Malcovati in PLINIO IL GIOVANE Il Panegirico di Traiano testocritico traduzione e commento a cura di E MALCOVATI Firenze Sansoni 1949

136 ELIO ARISTIDE A Roma 38-39 Mia la traduzione qui e infra (in ELIO ARISTI-DE A Roma Traduzione e commento a cura di F FONTANELLA introduzione di PDESIDERI Pisa Edizioni della Normale 2007)

Si tratta di due autori non conosciuti allrsquoAlighieri137 ma non sipuograve comunque fare a meno di osservare la profonda consonanza fraldquoantichirdquo e ldquomedievalirdquo nel riconoscere allrsquoimperatore il ruolo di giu-dice supremo capace proprio in quanto diretto interprete della giu-stizia di assicurare la pace alla societagrave civile

23 laquoSed existens sub monarcha est potissime liberumraquo (Mon IXII 8)

In secondo luogo per Dante lrsquoimpero garantisce la libertas Tut-ta lrsquoottava argomentazione del I libro della Monarchia egrave imperniatasul problema della libertagrave il cui primo fondamento egrave il libero arbi-trio138 cioegrave il giudizio non prevenuto e quindi non mosso dagli ap-petiti (Mon I XII 3-4)139 il piugrave gran dono fatto da Dio alla naturaumana percheacute ne dipende la nostra felicitagrave sulla terra in quanto es-seri mortali e la nostra felicitagrave in cielo in quanto esseri immortali(Mon I XII 6)140 laquoSe egrave cosigrave ndash chiede lrsquoAlighieri ndash chi mai oserebbe ne-

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137 Il caso di Elio Aristide egrave evidente Ma anche per quanto riguarda Plinio ilGiovane il Panegirico fu riscoperto solo nel XV secolo e lrsquoepistolario conosciuto inmodo limitato nel Medioevo fu probabilmente sconosciuto a Dante cfr la vocePlinio il Giovane di G BRUGNOLI (1970) nellrsquoEnciclopedia Dantesca (httpwwwtrec-caniitenciclopediaplinio-il-giovane_(Enciclopedia-Dantesca))

138 Mon I XII 2 laquosciendum quod principium primum nostre libertatis est liber-tas arbitrii quam multi habent in ore in intellectu vero pauciraquo

139 Mon I XII 3-4 laquoEt ideo dico quod iudicium medium est apprehensionis etappetitus nam primo res apprehenditur deinde apprehensa bona vel mala iudicaturet ultimo iudicans prosequitur sive fugit Si ergo iudicium moveat omnino appetitumet nullo modo preveniatur ab eo liberum est si vero ab appetitu quocunque modopreveniente iudicium moveatur liberum esse non potest quia non a se sed ab aliocaptivum trahiturraquo

140Mon I XII 6 laquoHoc viso iterum manifestum esse potest quod hec libertas siveprincipium hoc totius nostre libertatis est maximum donum humane nature a Deocollatum ndash sicut in Paradiso Comedie iam dixi ndash quia per ipsum hic felicitamur ut ho-mines per ipsum alibi felicitamur ut diiraquo Il rimando egrave evidentemente a Paradiso V 19-24 laquoLo maggior don che Dio per sua larghezza fesse creando e a la sua bontate piugrave conformato e quel chrsquoersquo piugrave apprezza fu de la volontagrave la libertate di che lecreature intelligenti e tutte e sole fuoro e son dotateraquo ma lrsquoautenticitagrave di questo in-ciso egrave ancora discussa cfr QUAGLIONI Per la Monarchia di Dante (1313) cit pp156-57 e note

gare che il genere umano viva felice sol quando puograve far il maggioreuso di questo principioraquo E dichiara laquoOra esso (scil il genere uma-no) egrave sommamente libero se vive sotto il Monarcaraquo (Mon I XII 7-8)La dimostrazione parte dalla citazione del passo della Metafisica diAristotele (Metaph I 982b) nel quale si definisce libero ciograve che laquoap-partiene a seacute stesso e non ad altriraquo Ma solo sotto lrsquoimperatore laquosonraddrizzati i governi obliqui ndash cioegrave le democrazie le oligarchie e letirannidi ndash che costringono in servitugrave il genere umano [hellip] e ben go-vernano i re gli aristocratici che diconsi ottimati e coloro che han-no a cuore la libertagrave popolareraquo (Mon I XII 9) Lrsquoimperatore impe-dendo le forme deviate di governo e favorendo invece quelle retteassicura quindi al cittadino il massimo grado di libertagrave in quanto ilaquogoverni retti si propongono la libertagrave sigrave che gli uomini abbiano davivere per seacuteraquo (Mon I XII 10)141 Il punto di partenza dantesco egrave quin-di una prerogativa dellrsquouomo il libero arbitrio che non dipende dalpotere imperiale questrsquoultimo perograve garantisce la miglior condizio-ne possibile in cui lrsquoumana libertagrave si possa esprimere142 salvando

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141 Mon I XII 8-10 laquoSed existens sub Monarcha est potissime liberum Propterquod sciendum quod illud est liberum quod ldquosui met et non alterius gratia estrdquo utPhylosopho placet in hiis que De simpliciter ente Nam illud quod est alterius gratianecessitatur ab illo cuius gratia est sicut via necessitatur a termino Genus humanumsolum imperante Monarcha sui et non alterius gratia est tunc enim solum politie di-riguntur oblique ndash democratie scilicet oligarchie atque tyramnides ndash que in servitu-tem cogunt genus humanum ut patet discurrenti per omnes et politizant reges aris-tocratici quos optimates vocant et populi libertatis zelatores quia cum Monarchamaxime diligat homines ut iam tactum est vult omnes homines bonos fieri quodesse non potest apud oblique politizantes Unde Phylosophus in suis Politicis ait quodin politia obliqua bonus homo est malus civis in recta vero bonus homo et civis bo-nus convertuntur Et huiusmodi politie recte libertatem intendunt scilicet ut hominespropter se sint Unde Phylosophus in suis Politicis ait quod in politia obliqua bonushomo est malus civis in recta vero bonus homo et civis bonus convertuntur Et huius-modi politie recte libertatem intendunt scilicet ut homines propter se sintraquo (Cfranche ARIST Pol III 1276b-1277b) Il capitolo si conclude con lrsquoosservazione laquoHincetiam patet quod quamvis consul sive rex respectu vie sint domini aliorum respectuautem termini aliorum ministri sunt et maxime Monarcha qui minister omnium pro-culdubio habendus est Hinc etiam iam innotescere potest quod Monarcha necessi-tatur a fine sibi prefixo in legibus ponendisraquo (sect 12)

142 HA LLOYD The relationship between centralization and autonomy in the hi-story of European legal and political thought in Challenging centralism decentramen-to e autonomie nel pensiero politico europeo a cura di L Campos Boralevi Firenze

lrsquouomo dai regimi laquocorrottiraquo non percheacute li abolisca ponendosi comeunica istituzione politica ma percheacute ha il potere di renderli laquorettiraquoDi nuovo siamo di fronte a un motivo che ampia diffusione avevaavuto nellrsquoantico impero ovvero quello di una libertas che parados-salmente non trova la sua negazione ma anzi la garanzia della suaesistenza sotto il governo dellrsquounico princeps Cosigrave ad esempio an-cora Elio Aristide rivolgendosi ai Romani affermava laquovoi siete i so-li fra quanti hanno mai posseduto un impero a governare su uomi-ni liberi La Caria non egrave infatti consegnata a Tissaferne neacute la Frigiaa Farnabazo neacute lrsquoEgitto a qualcun altro e nessun popolo egrave consi-derato il patrimonio personale di un qualche padrone in realtagrave nem-meno lui libero a cui quel popolo egrave consegnato percheacute lo servaraquo (ARoma 36) e ancora laquonessuno che sia degno di posti di comando odi fiducia egrave considerato uno straniero ma si egrave costituita unrsquounica de-mocrazia universale sotto un unico uomo il miglior capo e ordina-tore e tutti si riuniscono come in un foro comune ciascuno per ri-cevere ciograve che a lui si convieneraquo (ivi 60)143 E Cassio Dione (LII 14)faragrave dire a Mecenate nel suo famoso discorso a favore del principa-to laquoEcco percheacute ti consiglio di non cadere nellrsquoerrore di prenderein considerazione le cose da un punto di vista formale ma di valu-tarle attentamente per quello che sono di porre fine allrsquoaudacia del-la moltitudine e di affidare a te stesso e agli altri nobili lrsquoammini-strazione dei pubblici affari in modo tale che siano i piugrave saggi a de-liberare e i piugrave esperti a comandare [hellip] In questo modo ogni clas-se sociale [hellip] guadagneragrave unrsquoautentica democrazia (τὴν δημοκρα-τίαν τὴν ἀληθῆ) e una libertagrave sicura (τήν τε ἐλευθερίαν τὴνἀσφαλῆ)raquo144 Ma un tratto originale rispetto al pensiero antico egrave co-

FRANCESCA FONTANELLA90

University Press 2011 pp 1-8 pp 5-6 sottolinea il ruolo attribuito in questo passodella Monarchia allrsquoimperatore come garante di libertagrave non accennando perograve al cor-rettivo da questi esercitato sui vari regimi ma secondo quanto affermato in Mon IXII 12 riportato supra in nota solo al fatto che lrsquoesistenza del monarca garantisce laquothepresence [hellip] of a unitary legislative capability as the facilitator and guarantor of au-tonomy itselfraquo (ivi p 6)

143 Dato infatti che laquotrue liberty lay in the protection of all classes under one per-sonraquo egrave evidente che laquothe Empire represented the true the perfect democracyraquo (GCSTARR The perfect democracy of the roman empire in laquoAmerican Historical ReviewraquoLVIII 1952 pp 1-16 p 12)

144 La traduzione egrave quella di Stroppa in CASSIO DIONE Storia Romana V libri

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LII-LVI introd di G CRESCI MARRONE trad di A STROPPA note storiche di F ROHR

VIO Milano Rizzoli 1998 Per come venisse intesa la libertagrave in rapporto al regime im-periale romano cfr eg anche PLUT Mor 814 f PLIN Paneg 66 2-4 67 2 78 3 e MANT 1 14 su cui si veda il ldquoclassicordquo C WIRSZUBSKI Libertas as a political idea at Romeduring the late republic and early principate Cambridge Cambridge University Press1950 trad it Libertas il concetto politico di libertagrave a Roma tra Repubblica e ImperoBari Laterza 1957 pp 253-54 (ma si veda anche lrsquointero cap V pp 186-256) laquoQuel-lo che era stata la libertas populi Romani Quiritium finigrave col diventare libertas Augustila libertagrave che lrsquoimperatore accorda al suo popolo o secondo lrsquoespressione di MarcoAurelio ἐλευθερίαν τῶν ἀρχομένων Libertas ora significa rispetto per la persona e lalibertagrave del cittadino sicurezza e benessere ma posta comrsquoegrave sotto tutela essa non si-gnifica affatto indipendenza cosigrave come in un regime assolutistico non egrave per nulla undiritto politicoraquo

145 PLATONE Politico 291d-293e Repubblica VIII 544a146 ARISTOTELE Politica III 1279a-b IV 1289a-b147 CHIESA-TABARRONE Monarchia cit p 51 ad I XII 9148 Questa particolare forma di regime politico come egrave stato giustamente osser-

vato egrave infatti piugrave laquoun modo di analizzare e di interpretate una realtagrave politicaraquo cheuna realtagrave politica vera e propria C CARSANA La teoria della costituzione mista nel-lrsquoetagrave imperiale romana Como New Press 1990 p 7 Giagrave Platone (Leggi 712d) in-terpreta in questo modo il sistema politico spartano e lo giudica piugrave stabile propriopercheacute misto e moderato Aristotele lo apprezza in Politica II 6 1265b-1266a e inter-preta cosigrave quello dellrsquoAtene di Solone (Pol 1273b)

stituito in Dante (oltre che da una evidente e palese diversa conce-zione di ldquolibertagrave della personardquo) dallrsquoidea che lrsquoimperatore possa co-stituire un correttivo alla degenerazione dei vari sistemi politici Ladistinzione fra regimi laquorettiraquo e laquodegeneratiraquo egrave antica giagrave presente inPlatone145 e poi in Aristotele146 da cui la riprende lrsquoAlighieri147 Uncorrettivo a questo inevitabile corrompersi delle forme politiche futrovato nel modello della ldquocostituzione mistardquo148 e fu applicato daPolibio alla realtagrave politica romana individuando lrsquoelemento monar-chico nei consoli quello aristocratico nel senato e quello democra-tico nelle assemblee popolari un meccanismo di controlli reciprocifra questi tre elementi poteva assicurarne lrsquoequilibrio in modo darendere stabile questa forma di governo e non soggetta a decaden-za come quella delle costituzioni ldquosemplicirdquo (POLYB VI 11-18) An-che Cicerone nel De republica (I 69 II 57) aveva posto a fondamen-to del suo stato ideale una laquocostituzione mista e temperataraquo fonda-ta perograve sul contemperamento di tre principi (potestas auctoritas li-bertas) presenti in una classe dirigente unita e non come in Polibio

sullrsquoequilibrio di tre poteri (consoli senato popolo) che si contrap-pongono149 E nella Roma imperiale Elio Aristide non rinunceragrave ausare questo modello interpretativo150 laquoavendo infine rivolto losguardo allrsquolsquoefororsquo e al lsquopritanorsquo di tutto questo ndash scil lrsquoimperatore ndashgrazie al quale al popolo egrave dato di ottenere ciograve che desidera e ai lsquopo-chirsquo di governare e di avere potere vedragrave proprio colui che detienela monarchia piugrave perfetta libera dai mali della tirannide e superio-re ad ogni prestigio di reraquo (A Roma 90) Un precedente dellrsquoideadantesca che lrsquoimperatore impedisca la deviazione dei regimi costi-tuzionali si puograve quindi forse rintracciare nel ruolo attribuito allrsquoim-peratore romano come garante di unrsquoeffettiva realizzazione della co-stituzione mista in quanto il suo potere costituirebbe quellrsquoelemen-to monarchico che non elimina ma anzi garantisce il giusto svolgi-mento delle prerogative degli altri due elementi (aristocrazia e po-polo) Ma si tratta comunque di un ruolo che si esercita allrsquointernodi un unico organismo politico e che non ammette quindi lrsquoesisten-za separata dei tre regimi Del resto anche in etagrave medievale lo stes-so Tommaso nella Summa theologiae intende la costituzione mistacome contemperamento dellrsquounico regime monarchico attraverso lealtre due forme di governo151 Diversa evidentemente la concezio-ne di Dante secondo il quale lrsquoimperatore dovrebbe garantire il cor-

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149 Cfr in particolare JL FERRARY LrsquoArcheacuteologie du De re publica (224-37-63)Ciceacuteron entre Polybe et Platon in laquoJournal of Roman Studiesraquo LXXIV 1984 pp 87-98

150 Del resto il modello della ldquocostituzione mistardquo presente nel dibattito politi-co greco giagrave nel IV secolo come dimostrano le testimonianze di Platone e Aristotelesopra citate dovette in seguito imporsi nel III secolo nellrsquoambito delle scuole peripa-tetiche e stoiche per laquola volontagrave di definire un sistema di relazione tra basileus clas-se di governo cittadina e masse popolari allrsquointerno della nuova polis ellenisticaraquoCARSANA La teoria della costituzione mista nellrsquoetagrave imperiale romana cit p 15

151 Summa Theol Ia-IIae q 105 a 1 laquoTalis enim est optima politia bene com-mixta ex regno inquantum unus praeest et aristocratia inquantum multi principan-tur secundum virtutem et ex democratia idest potestate populi inquantum ex po-pularibus possunt eligi principes et ad populum pertinet electio principumraquo Invecenel commento alla Politica di Aristotele (Sententia libri Politicorum II 7 71-81) rico-nosce la maggior stabilitagrave del regime misto vero e proprio cfr S SIMONETTA Rime-scolare le carte Il tema del governo misto in Tommaso drsquoAquino e nella riflessione po-litica tardomedievale in Governo misto ricostruzione di unrsquoidea a cura di D FELICENapoli Liguori 2011 pp 161-93 con altra bibliografia sul tema

retto funzionamento delle varie forme di governo senza perograve abo-lirne alcuna laquola monarchia universale non egrave intesa come un gover-no che sostituisca o abroghi tutte le altre come una sorta di illumi-nata dittatura le normali forme di governo in cui egrave organizzata lasocietagrave nella loro varietagrave continuano a esistere in un contesto uni-versale che le preserva dalle deviazioni e garantisce cosigrave la libertagrave deisudditi In un certo senso si potrebbe dire che il monarca egrave un prin-cipio costituzionale del mondoraquo152

Questa funzione direttiva ma non invasiva dellrsquoimpero rispettoa tutte le altre forme politiche egrave ciograve che Dante sostiene anche nellapenultima argomentazione del I libro dove vuole dimostrare che ilgenere umano si trova nelle condizioni ideali quando egrave retto da unosolo153 Lrsquoautore si sente infatti in dovere di precisare che

questo non srsquoha da intendere sigrave che da lui immediatamente possano pro-venire le piugrave piccole decisioni di ciascun municipio mentre le stesse leggimunicipali sono talora imperfette ed abbisognano di discernimento comrsquoegravechiaro da ciograve che dice il Filosofo quando nel quinto libro [dellrsquoEtica] a Ni-comaco raccomanda lrsquoepiigravekia Ed invero le nazioni i regni e le cittagrave hanno co-stumi diversi lrsquouno dallrsquoaltro che occorre siano regolati con leggi diverse cheacuteappunto la legge egrave regola direttiva del vivere Cosigrave in un modo han da esserregolati gli Sciti i quali [hellip] dovendo sopportare una grande diversitagrave fra i

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152 CHIESA-TABARRONE Monarchia cit p 52 ad I XII 9 La stessa idea che spettiallrsquoimperatore intervenire per la reformatio dei regimi corrotti la troviamo nel De re-gimine civitatis di Bartolo da Sassoferrato cfr D QUAGLIONI Politica e diritto neltrecento italiano Il laquoDe tyrannoraquo di Bartolo da Sassoferrato (1314-1357) Con lrsquoedizio-ne critica dei trattati laquoDe Guelphis et Gebellinisraquo laquoDe regimine civitatisraquo e laquoDe ty-rannoraquo Firenze Olschki 1983 p 163 ll 315-24 dove si sottolinea il ruolo svoltodallrsquoimperatore Carlo IV nella riforma del governo di Siena e p 164 ll 354-57 Ladatazione del De regimine civitatis egrave da collocarsi tra il 1355 e il 1357 cfr D QUA-GLIONI laquoRegimen ad populumraquo e laquoregimen regisraquo in Egidio Romano e Bartolo da Sas-soferrato in laquoBullettino dellrsquoIstituto Storico Italiano per il Medio Evo e Archivio Mu-ratorianoraquo 87 1978 pp 201-28 p 201 n 1 Ma cfr anche quanto afferma sempreBartolo nelle glosse alle costituzioni pisane di Enrico VII (metagrave XIV secolo) laquocum im-perium fuit in statu et in tranquillitate totus mundus fuit in pace et tranquillitate uttempore Octaviani Augusti et cum Imperium fuit prostratum insurrexerunt diraetyrannidesraquo (in D QUAGLIONI Empire et monarchie aspects du deacutebat juridique citp 39)

153 Con la dimostrazione sulla quale non ci soffermiamo che laquoquod potest fieriper unum melius est per unum fieri quam per pluraraquo Mon I XVI 1-3

giorni e le notti sono oppressi da un rigore quasi intollerabile del freddo ein altro modo i Garamanti che abitando sotto il circolo equinoziale e tro-vandosi ad avere sempre la luce del digrave di durata eguale alle tenebre della not-te per il soverchio calore dellrsquoaria non tollerano di coprirsi di vesti Ma srsquohada intendere in guisa che il genere umano sia retto da lui in quello che ha dicomune e che compete a tutti gli uomini e con norma comune sia guidato al-la pace la qual norma o legge i principi particolari han da ricevere da lui(Mon I XIV 4-7)154

Il confronto con un passo del De regimine principum permette diprecisare meglio il pensiero dantesco Tolomeo da Lucca dalla con-statazione delle differenze di struttura fisica e di stile di vita fra quan-ti vivono in luoghi diversi fa infatti discendere lrsquoopportunitagrave di adat-tare la forma di governo (dispotico o politico) allrsquoindole servile o vi-rile e coraggiosa (cioegrave di chi laquoconfida nella forza del suo intellettoraquo)dei vari popoli in modo analogo a quanto avevano affermato gli an-tichi Greci fra cui Aristotele nella Politica a cui Tolomeo rimandaesplicitamente155 Dante invece si richiama ad Aristotele solo per ilprincipio della ἐπιείκεια156 ovvero per quella capacitagrave di adattare la

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154Mon I XIV 4-6 laquoSed humanum genus potest regi per unum suppremum prin-cipem qui est Monarcha Propter quod advertendum sane quod cum dicitur lsquohuma-num genus potest regi per unum suppremum principemrsquo non sic intelligendum estut minima iudicia cuiuscunque municipii ab illo uno inmediate prodire possint cumetiam leges municipales quandoque deficiant et opus habeant directivo [hellip] Habentnanque nationes regna et civitates intra se proprietates quas legibus differentibusregulari oportet est enim lex regula directiva vite Aliter quippe regulari oportet Sci-thas qui extra septimum clima viventes et magnam dierum et noctium inequalitatempatientes intolerabili quasi algore frigoris premuntur et aliter Garamantes qui subequinoctiali habitantes et coequatam semper lucem diurnam noctis tenebris habentesob estus aeris nimietatem vestimentis operiri non possuntraquo

155De regimine principum IV 8 e ARISTOTELE Polit VII 1327b Ma prima cfr an-che PS IPPOCRATE Sulle arie sulle acque e sui luoghi specialmente al cap 12 PLATO-NE Leggi V 747c-e

156 ARISTOTELE Eth V 1137b ma cfr anche TOMMASO Summa theol IIa-IIaeq 120 a 1 laquocum de legibus ageretur quia humani actus de quibus leges dantur insingularibus contingentibus consistunt quae infinitis modis variari possunt non fuitpossibile aliquam regulam legis institui quae in nullo casu deficeret sed legislatoresattendunt ad id quod in pluribus accidit secundum hoc legem ferentes quam tamenin aliquibus casibus servare est contra aequalitatem iustitiae et contra bonum com-mune quod lex intendit [hellip] In his ergo et similibus casibus malum esset sequi le-

legge alle varie circostanze insita anche nel concetto latino di aequi-tas157 La diversitagrave dei luoghi sembra allora solo richiedere misureparticolari per lo piugrave di ordine ldquopraticordquo ma la differenza fra i va-ri regimi politici che abbiamo vista riconosciuta e garantita nel XIIcapitolo della Monarchia non egrave assolutamente stabilita su basi etni-che158 Lrsquoimperatore puograve cosigrave dettare una comunis regula che riguar-di ciograve che egrave comune a tutto il genere umano percheacute questo sia con-dotto ad pacem159

La giurisdizione imperiale su nationes regna et civitates cosigrave co-me era intesa da Dante e dai giuristi medievali160 era evidentemen-

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gem positam bonum autem est praetermissis verbis legis sequi id quod poscit iusti-tiae ratio et communis utilitas Et ad hoc ordinatur epieikeia quae apud nos dicituraequitasraquo

157 Cfr SCHIAVONE Ius cit p 259 con passi citt a p 461 nota 47 Ma vd ancheil passo sopra riportato di Tommaso Sempre in TOMMASO Summa theol Ia-IIae q 95a 1 troviamo la definizione laquolex omnis directiva est actuum humanorumraquo

158 Cfr EM PETERS The Frowning Pages Scythians Garamantes Florentinesand the Two Laws in The lsquoDivine Comedyrsquo and the Encyclopedia of Arts and Scienceed by GC Di Scipio and A Scaglione Amsterdam-Philadelphia John Benjamins Pu-blishing Company 1988 pp 285-314 ristampato con la medesima impaginazione inID Limits of thought and power in Medieval Europe Aldershot-Burlington [VT]Ashgate 2001 specialmente pp 298-99 dove si sostiene che il riconoscimento di laquoacertain degree of local autonomy in lawmakingraquo ai popoli come gli Sciti e i Garamantiposti rispettivamente allrsquoestremo nord e sud dellrsquoecumene serva per contrasto asottolineare come invece i popoli al centro dellrsquoimpero non possano in nessun aspet-to derogare da quella laquoimperial lawraquo che coincide con la laquoratio scriptaraquo

159Mon I XIV 7 laquoSed sic intelligendum est ut humanum genus secundum sua co-munia que omnibus competunt ab eo regatur et comuni regula gubernetur ad pacemQuam quidem regulam sive legem particulares principes ab eo recipere debentraquo

160 laquoIl faudrait toujours rappeler que durant le Moyen Acircge juridique et politiqueles concepts de souveraineteacute et drsquoautonomie srsquoexpriment dans la figure du ldquoseigneurlontainrdquo drsquoun pouvoir impeacuterial drsquoun imperium dont lrsquoexistence est neacutecessaire pourassurer toute une construction eacutethico-juridique mais qui ne peut avoir la preacutesence me-naccedilante drsquoun pouvoir envahissant et despotiqueraquo QUAGLIONI Empire et monarchieaspects du deacutebat juridique cit p 41 Ma cfr anche Mon III X 10 laquoImperium est iu-risdictio omnem temporalem iurisdictionem ambitu suo comprehendensraquo dove Dan-te ricalca la formula della l Omnis iurisdictio vd sempre D QUAGLIONI Il diritto co-mune pubblico e le leggi di Roncaglia nuove testimonianze sulla l laquoOmnis iurisdictioraquoin Gli inizi del diritto pubblico lrsquoetagrave di Federico Barbarossa legislazione e scienza deldiritto = Die Anfaenge des oeffentlichen Rehts Gesetzgebung im Zeitalter FriedrichBarbarossas und das gelehrte Recht Bologna-Berlin Il Mulino-Duncker amp Humblot

te ben diversa da quella esercitata dallrsquoantica Roma sui vari popoli ecittagrave caduti sotto il suo dominio ma lrsquoautonomia nel senso etimo-logico del termine delle varie cittagrave (specialmente nelle provinceorientali)161 era comunque stata un fattore giuridico e ideologico digrande importanza nel costituirsi e stabilizzarsi dellrsquoantico imperoromano cosigrave come lrsquoidea di una ldquodoppia cittadinanzardquo ovvero diquella romana e di quella della propria civitas di provenienza a sca-pito di ogni piugrave vasta realtagrave etnico-provinciale162 E molto probabil-mente giagrave Ottone di Frisinga contemporaneo e amico di FedericoBarbarossa quando aveva definito il potere dellrsquoimperatore comeun patrocinium sul mondo163 aveva voluto ricollegarsi a questo ca-rattere non ldquomonoliticordquo dellrsquoantico impero romano

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2007 p 47-65 (Annali dellrsquoIstituto storico italo-germanico Contributi = Jahrbuchdes Italienisch-deutschen historisches Instituts in Trient Beitraumlge 19) ID Vecchie enuove testimonianze sulla l laquoOmnis iurisdictioraquo in Iuris historia liber amicorum Ge-ro Dolezalek a cura di V COLLI E CONTE Berkeley Calif Robbins Collection 2008p 89-104 Ma vd anche supra gli studi citati alla n 134

161 Come durante il periodo della sua espansione in Italia Roma aveva in alcunicasi permesso alle varie cittagrave italiche di mantenere in parte i loro ordinamenti (Li-neamenti di storia del diritto romano sotto la direzione di M Talamanca Giuffregrave Mi-lano 1989 pp 247-50) cosigrave in seguito concede a molte cittagrave dellrsquoOriente greco la con-dizione di civitates liberae foederate o sine foedere la cui autonomia sempre relativanaturalmente ovvero la possibilitagrave di governarsi in alcuni ambiti secondo proprie leg-gi era sancita o meno da un trattato cfr Lineamenti di storia del diritto romano citpp 506-10 e V MAROTTA Conflitti politici cittadini e governo provinciale NapoliLoffredo 2004 pp 17-23 con note e bibliografia Il diritto allrsquoautonomigravea e allrsquoeleu-therigravea che consisteva oltre che nel potersi governare con leggi proprie e nel non pa-gare tributi anche nella libertagrave dallrsquoinvio di presidi esterni era considerato il fonda-mento stesso della polis greca di etagrave classica e venne ribadito da Flaminino quando nel196 aC proclamograve la libertagrave della Grecia (POLYB XVIII 46 5) cfr M SORDI Intro-duzione dalla lsquokoinegrave eirenersquo alla lsquopax Romanarsquo cit pp 3-16 EAD Panellenismo elaquokoine eireneraquo in I Greci a cura di S Settis 2 III Una storia greca TrasformazioniTorino Einaudi 1998 pp 5-20 con fonti e bibliografia

162 Lrsquoosservazione egrave piugrave che appurata e documentata nella stragrande maggio-ranza degli studi sullrsquoantico impero romano rimando solo al recente S RODA Il mo-dello della repubblica imperiale romana fra mondo antico e moderno Milano Mon-duzzi 2011 in particolare pp 5-74 e 145-53 Sulla doppia cittadinanza nel mondo ro-mano rimando al ldquoclassicordquo AN SHERWIN-WHITE The Roman citizenship OxfordClarendon Press 19732 (1 ed 1939) pp 271-72 e 291-311

163 laquoAd imperatorem totius orbis spectat patrociniumraquo ChroniconVII 34 (MHGScriptores rerum Germanicarum in usum scholarum separatim editi vol 45 OTTONIS

La sovranitagrave imperiale cosigrave come egli la concepiva si estendeva infattisulle nazioni i principati e le cittagrave della cristianitagrave occidentale ma lrsquoimpera-tore non intendeva sostituirsi ai loro governanti nellrsquoesercizio quotidiano del-lrsquoautoritagrave Cosigrave come la Roma antica aveva rispettato almeno formalmentele autonomie municipali e ammesso la doppia cittadinanza [hellip] allrsquoimpera-tore bastava che tutti papa compreso riconoscessero il carattere universaledel suo potere che veniva da Dio e faceva di lui lrsquoincarnazione della giusti-zia e della legge164

E cosigrave viene tratteggiato lrsquoimpero nel I libro della Monarchia unimpero garante della pace assicurata attraverso lrsquoesercizio della giu-stizia e di un diritto che pur nel rispetto delle ldquoautonomie localirdquodetta ai particulares principes una regulam sive legem (Mon I XIV 7)anche a tutela della libertagrave dei singoli cives165

24 laquoRomanum Imperium [hellip] a Deo volitum et per consequensde iure fuit et estraquo (Mon II IV 4)

Il II libro della Monarchia egrave interamente dedicato a dimostrareche i Romani costituirono di diritto il loro Impero e non giagrave unica-mente con la forza cosa questrsquoultima che lo stesso Dante ammettedi aver in precedenza pensato166

Lrsquoautore vuole stabilire anzitutto (come nel primo libro) una ve-ritagrave a cui fare riferimento costante nel seguito della argomentazione(Mon II II 1) e per questo osserva che quanto esiste di bene nel

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EPISCOPI FRISINGENSIS Chronica sive Historia de duabus civitatibus editio altera re-cognovit A HOFMEISTER Hannoverae et Lipsiae Impensis bibliopolii Hahniani1912 p 367)

164 A GIARDINA-A VAUCHEZ Il mito di Roma Da Carlo Magno a Mussolini Ro-ma-Bari Laterza 2000 p 44

165 Ma cfr anche il sect 23 dellrsquoEpistola VI ai Fiorentini dove lrsquoAlighieri sostiene chechi cospira contro lrsquoimperatore non egrave libero in quanto solo lrsquoobbedienza alle leggi dagravela libertagrave e lrsquoimperatore egrave laquolegum princeps itaque solis existentibus liberis qui vo-luntarie legi obediunt quos vos esse censebitis qui dum pretenditis libertatis affec-tum contra leges universas in legum principem conspiratisraquo

166Mon II I 2 laquoAdmirabar equidem aliquando romanum populum in orbe ter-rarum sine ulla resistentia fuisse prefectum cum tantum superficialiter intuens il-lum nullo iure sed armorum tantummodo violentia obtinuisse arbitrabarraquo

mondo deriva da Dio e che quindi il diritto che egrave un bene si trovainnanzitutto nella mente divina ed egrave da Dio voluto167 Ma se il dirit-to egrave immagine della volontagrave divina chiedersi se una cosa sia statafatta di diritto equivale allora chiedersi se sia stata fatta secondo lavolontagrave di Dio168 da ciograve discende il principio su cui si fonderagrave tut-ta lrsquoargomentazione del II libro che quanto Dio vuole in seno alla so-cietagrave umana deve essere stimato come vero e puro diritto169 Postoquesto principio Dante per dimostrare il diritto dei Romani allrsquoIm-pero ricorreragrave a fatti incontestabili e a testimonianze autorevoli ca-paci di render manifesta lrsquoinvisibile volontagrave di Dio che ha voluto lrsquoaf-fermazione dellrsquoimpero romano170 Non credo che questa premessasia sufficiente a definire la posizione di Dante in tema di diritto co-me una posizione laquovolontaristicaraquo tout court (laquola giustizia non comeespressione della ragione ma dellrsquoimperscrutabile volontagrave di Dioraquo)opposta a quella laquorazionalisticaraquo propria a S Tommaso171 e pertan-

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167Mon II II 4 laquoEx hiis iam liquet quod ius cum sit bonum per prius in menteDei est et cum omne quod in mente Dei est sit Deus iuxta illud ldquoQuod factum estin ipso vita eratrdquo et Deus maxime se ipsum velit sequitur quod ius a Deo prout ineo est sit volitum Et cum voluntas et volitum in Deo sit idem sequitur ulterius quoddivina voluntas sit ipsum iusraquo

168 Mon II II 5-6 laquoEt iterum ex hoc sequitur quod ius in rebus nichil est aliudquam similitudo divine voluntatis unde fit quod quicquid divine voluntati non con-sonat ipsum ius esse non possit et quicquid divine voluntati est consonum ius ipsumsit Quapropter querere utrum de iure factum sit aliquid licet alia verba sint nichiltamen aliud queritur quam utrum factum sit secundum quod Deus vultraquo

169 Mon II II 6 laquoHoc ergo supponatur quod illud quod Deus in hominum so-tietate vult illud pro vero atque sincero iure habendum sitraquo

170 Mon II II 7-8 laquoPropter quod sufficienter argumenta sub invento principioprocedent si ex manifestis signis atque sapientum autoritatibus ius illius populi gloriosiqueratur Voluntas quidem Dei per se invisibilis est et invisibilia Dei ldquoper ea que fac-ta sunt intellecta conspiciunturrdquo nam occulto existente sigillo cera impressa de illoquamvis occulto tradit notitiam manifestam Nec mirum si divina voluntas per signaquerenda est cum etiam humana extra volentem non aliter quam per signa cernaturraquo

171 Cosigrave Fassograve che a proposito di Tommaso afferma laquola legge naturale fonte an-che della legge umana egrave conformemente allrsquoinsegnamento classico ragione ragionenaturale Il criterio grazie al quale lrsquouomo distingue il bene dal male e che gli egrave guidae regola nelle sue azioni egrave la sua ragione Questa ragione egrave parte (participatio) della ra-gione divina che egrave legge eterna ma lrsquouomo la trova in seacute nella propria natura e la stes-sa legge eterna alla quale essa puograve essere ricondotta egrave razionalitagrave non volontagrave arbi-traria di Dio percheacute Dio nel quale volontagrave e ragione coincidono non puograve volere se

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non ciograve che egrave razionale La ragione umana certo egrave limitata mentre quella divina nonha limiti e corrispondentemente la legge naturale non egrave che una parte della leggeeterna ma in ciograve per cui la prima partecipa della seconda esse sono ugualiraquo (FASSOgraveStoria della filosofia del diritto I cit p 215) Mentre a proposito di Dante laquouno deipochi argomenti a proposito dei quali il sommo poeta si allontana dal tomismo e dal-lrsquoaristotelismo accogliendo invece concezioni volontaristiche di ispirazione agosti-niana egrave quello della giustizia e del diritto Egli intende infatti la giustizia non comeespressione della ragione ma dellrsquoimperscrutabile volontagrave di Dio fino a rappresen-tarla come inaccessibile alla conoscenza umanaraquo (p 221)

172 Lrsquoespressione laquoinvenzione del dirittoraquo si riferisce evidentemente al sottotito-lo del volume di Schiavone (Ius) piugrave volte citato alle cui pagine rimando ancora lagravedove si sottolinea proprio lrsquoalto grado di razionalitagrave a cui il ius era giunto giagrave nellrsquoul-timo secolo della Repubblica grazie a una laquorivoluzione scientificaraquo che aveva tra-sformato le norme da laquoatti di volontagraveraquo a laquoatti di conoscenza e di applicazione di unascienzaraquo in modo da ridurre i rapporti sociali a un laquoquadro di formeraquo che impone-vano laquoalla ragione un continuo sforzo di adeguamento in cui innanzitutto consiste-va la veritagrave del dirittoraquo SCHIAVONE Ius cit pp 246-47 ma cfr anche pp 171-97con p 177 laquola regola giuridica non sarebbe apparsa altrimenti che come un atto diconoscenza e non di volontagrave un adeguamento del pensiero allrsquoessere il risultato diunrsquooperazione conoscitiva razionalmente controllabile in ogni sua fase del tutto sot-tratta allrsquoarbitrio alla sopraffazione al dominioraquo

173 Riportato supra alla n 167174Mon II II 2-4 laquoEst enim natura in mente primi motoris qui Deus est deinde

to di fatto lontana da quel diritto che fu una assoluta laquoinvenzioneraquodella ragione umana ovvero di quella romana172 O almeno si devericonoscere nellrsquoopera dellrsquoAlighieri la presenza di differenti conce-zioni del diritto che variano in funzione dei diversi contesti argo-mentativi e che quindi non risultano sempre facilmente conciliabi-li fra loro E infatti abbiamo visto sopra un passo del Convivio (IVIX 8-9) in cui il diritto egrave proprio quel ius ereditato dai Romani di cuisi riconosce lrsquoascendenza giusnaturalistica e quindi la conformitagrave auna laquoratio summa insita in naturaraquo (per dirla con Cicerone nel De le-gibus I 18) di cui egrave partecipe la ragione umana evidentemente que-sta ratio non potragrave per Dante non essere compresa anche e innanzi-tutto nella mens Dei e non potragrave quindi essere in contrasto colla Suavolontagrave in questo senso forse si puograve leggere quanto affermato nelII capitolo del II libro della Monarchia (Mon II II 4)173 anche percheacutenei primi paragrafi di questo stesso capitolo Dante si egrave preoccupa-to di ribadire il nesso fra Dio e la natura che laquoegrave nella mente del pri-mo motore che egrave Dioraquo (II II 2) proprio come il diritto174 E nel VI ca-

pitolo sempre del II libro si istituisce unrsquoesplicita equivalenza fralrsquoordine stabilito dalla natura e il diritto175 E ancora il principio sucui si fonderanno tutte le argomentazioni del successivo III libro egravela laquoirrefragabilis veritas [hellip] quod illud quod nature intentioni re-pugnat Deus nolitraquo (Mon III II 2) Tutti passi da cui difficilmente sipuograve dedurre che Dante concepisca il diritto come espressione di unavolontagrave divina assolutamente arbitraria rispetto alle leggi della naturae rispetto quindi anche alla ragione naturale dellrsquouomo176

Certo che in questo II libro della Monarchia aver posto il prin-cipio che quanto avviene tra gli uomini egrave conforme al diritto quan-do coincide con la volontagrave di Dio significa poi dedurre la presenzadel ius semplicemente da fatti favoriti consentiti insomma ldquovolutirdquoda Dio Cosigrave ad esempio nel IV capitolo Dante dopo aver definitoil miracolo come ciograve che avviene per intervento diretto della volon-tagrave di Dio indipendentemente dallrsquoordine naturale (Mon II IV 1)177sostiene che laquolrsquoImpero romano nel suo venire a perfezione fu aiuta-

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in celo tanquam in organo quo mediante similitudo bonitatis ecterne in fluitantemmateriam explicatur [hellip] et quod quicquid est in rebus inferioribus bonum cum abipsa materia esse non possit sola potentia existente per prius ab artifice Deo sit et se-cundario a celo quod organum est artis divine quam lsquonaturamrsquo comuniter appellantEx hiis iam liquet quod ius cum sit bonum per prius in mente Dei estraquo

175 Mon II VI 3 laquolrsquoordine naturale nelle cose non puograve mantenersi senza il dirit-to poicheacute il fondamento del diritto egrave inseparabilmente connesso con questrsquoordinedunque egrave necessario che lrsquoordine si mantenga di dirittoraquo (laquoordo naturalis in rebus ab-sque iure servari non possit cum inseparabiliter iuris fundamentum ordini sit anne-xum necesse igitur est ordinem de iure servariraquo) ma su questo capitolo vd infra

176 Ancora esempi di questa connessione fra la volontagrave di Dio la natura e la ra-gione umana connessione che si esprime proprio nel diritto si possono riscontrareanche nella epistola VI dellrsquoAlighieri laquoNempe legum sanctiones alme declarant ethumana ratio percontando decernit [hellip]raquo (sect 7) o ancora laquoet hoc Deus et natura nonvult et mortalium penitus abhorreret adsensusraquo sectsect 22 laquosacratissimis legibus que ius-titie naturalis imitantur ymaginemraquo (ibidem) Ma cfr anche lrsquoinizio di questa stessaEpistola (sect 2) dove di particolare interesse appare il nesso stabilito fra provvidenza di-vina impero e una vita ldquocivilerdquo secondo quanto richiede la ldquonaturardquo laquoEterni pia pro-videntia Regis [hellip] sacrosancto Romanorum Imperio res humanas disposuit guber-nandas ut sub tanti serenitate presidii genus mortale quiesceret et ubique naturaposcente civiliter degereturraquo

177 Secondo la definizione di TOMMASO Contra gent III 101 (laquohaec autem quaepraeter ordinem communiter in rebus statutum quandoque divinitus fiunt miraculadici solentraquo) a cui Dante rimanda

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178 Mon II IV 4 laquoromanum Imperium ad sui perfectionem miraculorum suffra-gio est adiutum ergo a Deo volitum et per consequens de iure fuit et estraquo

179 Mon II IV 5 laquoQuod autem pro romano Imperio perficiendo miracula Deusportenderit illustrium autorum testimoniis comprobaturraquo Anche nellrsquoepistola V neisectsect 22-25 si sostiene che laquoDeum romanum Principem predestinasse relucet in miris ef-fectibus [hellip] Nam si a prima scintillula huius ignis revolvamus preterita ex quo scili-cet Argis hospitalitas est a Frigibus denegata et usque ad Octaviani triumphos mundigesta revisere vacet nonnulla eorum videbimus humane virtutis omnino culmina tran-scendisse et Deum per homines tanquam per celos novos aliquid operatum fuisseraquo

180 Dante cita LIVIO (cfr I 20 4 e V 54 7) e LUCANO Phars IX 477-80181 Anche qui sono ricordati LIVIO (cfr V 47 4-6) e multi scriptores illustres non

meglio precisati si cita infine VERG Aen VIII 652-56182 Di nuovo LIVIO (cfr XXVI 11 1-8)183 Anche in questo caso pur se non menzionata espicitamente la fonte potreb-

be essere LIVIO II 13 6-11 Ma in questi episodi osservano CHIESA-TABARRONE Com-mento in Monarchia cit p 93 ad II IV 3 laquomolti particolari cui Dante accenna nonsi ritrovano in Livio ma sono riferiti da altri storici romani senza che qualcuno di es-si sia identificabile con sicurezza come fonte diretta Lo scrittore sta probabilmentericordando a memoria episodi vulgati che erano di dominio comune negli ambientiscolastici e circolavano con piccole varianti narrative la menzione di Livio vuole rial-lacciarsi alla tradizione piugrave nobile della storiografia romana anticaraquo

184 Vd supra e n 62

to dal concorso di miracoli dunque fu voluto da Dio e per conse-guenza fu ed egrave di dirittoraquo178 E laquoche poi Dio compiesse miracoli nelrecare a perfezione lrsquoImpero romano egrave dimostrato dalla testimo-nianza illustrium autorumraquo179 Gli esempi della storia romana ripor-tati in questo capitolo con la menzione degli laquoillustri autoriraquo che litestimoniano sono quello dellrsquoancile caduto mentre Numa sacrifi-cava agli degravei180 quello delle oche del Campidoglio181 quello dellagrandinata che avrebbe dissuaso Annibale dal dirigersi verso Ro-ma182 e quello della traversata del Tevere a nuoto di Clelia183 Da os-servare che nel passo del Convivio in cui Dante voleva ugualmentedimostrare lrsquointervento divino a favore dei Romani abbiamo trova-to solo uno di questi esempi quello delle oche del Campidoglio glialtri esempi del primo trattato mostravano infatti lrsquointervento divi-no ma ldquomediatordquo se cosigrave si puograve dire dalla virtus umana che costi-tuiva il focus della argomentazione dantesca184 Nella Monarchia in-vece Dante vuole piugrave propriamente dimostrare lrsquointervento direttodel ldquosoprannaturalerdquo come segno della volontagrave divina che egrave inter-

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185 Cfr CHIESA-TABARRONE Commento in Monarchia cit p 92 ad II IV 3 e p 93dove di nuovo si osserva che quella di Dante egrave laquouna prospettiva ricalcata su quella vir-giliana che legge la storia romana antica come preparazione dellrsquoimpero di Augustodestinato a portare a pienezza il progettoraquo

186 E anche nel caso in cui lrsquoimpresa sembra piugrave dovuta alla prodezza umana ecioegrave in quello di Clelia Dante sottolinea che la giovane fu laquomiro Dei auxilio adiutaraquo(Mon II IV 10) Ancora piugrave netta quindi la distanza da Agostino che se poteva in cer-ta misura riconoscere i meriti della virtus romana certamente non accettava ma an-zi confutava lrsquointervento della divinitagrave nei piugrave famosi episodi della storia di Roma pa-gana cfr ad es De civitate II 2 III 20

venuta nellrsquoantica storia di Roma ovvero nella fase formativa di quel-lrsquoimpero che ne costituiragrave poi la compiuta realizzazione185 non egrave in-fatti un caso che per la seconda guerra punica si ricordi la grandinee non la laquofranchezzaraquo di laquoquel benedetto Scipioneraquo (Convivio IV V19)186

25 laquoRomanus populus per duellum acquisivit Imperium ergo deiure acquisivitraquo (Mon II IX 21)

Anche nei capitoli VII-IX del II libro la concezione di Dante inmateria di diritto appare a prima vista assolutamente volontaristicaDopo aver distinto nel VII capitolo fra le vicende in cui il giudizio diDio (divinum iudicium) egrave manifesto (o grazie alla ragione o grazie al-la fede Mon II VII 1-6) e quelle in cui egrave occulto (Mon II VII 7)Dante distingue in questrsquoultimo caso quando tale giudizio irrag-giungibile dallrsquouomo si palesa attraverso una rivelazione diretta omediante una prova decisiva (ibidem) La rivelazione mediante unaprova si ha o con un sorteggio o con un leale confronto (laquoaut sorteaut certamineraquo VII 9) e di nuovo allrsquointerno del certamen si distinguequando questo avviene laquoex collisione virium sicut fit per duellumraquooppure quando avviene laquoex contentione plurium ad aliquod signumprevalere conantium sicut fit per pugnam athletarum currentiumad braviumraquo (ibidem) LrsquoVIII e il IX capitolo illustrano invertendolrsquoordine prima enunciato come il giudizio divino nei due tipi di cer-tamina si sia palesato a favore dei Romani lrsquoVIII dimostrando chelaquoRomanus populus cunctis athletizantibus pro imperio mundi pre-

valuitraquo (VIII 2) il IX che laquoromanus populus per duellum acquisivitImperium ergo de iure acquisivitraquo (IX 21)

In particolare nellrsquoVIII si dimostra che i Romani sono riusciti araggiungere quella meta che consiste in laquoomnibus preesse mortali-bus hoc enim lsquoImperiumrsquo dicimusraquo meta che laquonulli contigit nisi ro-mano populoraquo (VIII 2) dato che non era stata raggiunta dagli altrildquocontendentirdquo ovvero dagli Assiri dagli Egiziani dai Persiani e daiMacedoni (VIII 3-10) Qui Dante riprende il ben noto motivo dellasuccessione degli imperi che pur con variazioni sia negli imperi elen-cati sia nel valore ideologico attribuitole si puograve considerare laquounacostante del pensiero politico-storico grecoraquo187 trovandosi in Ero-doto in Ctesia (dove egrave giagrave presente la sequenza di Assiria Media ePersia) e quindi negli scrittori greci di etagrave ellenistica188 Si discute selrsquoorigine di tale teoria sia greca189 o non piuttosto orientale rintrac-ciabile nellrsquoambito di testi iranici eo delle profezie dinastiche babi-lonesi190 Qualunque ne sia lrsquoorigine essa ricorre nel libro di Danie-le (II 31-35 e VII 1-7) di ambiente ellenistico-giudaico dove perogravenon vengono identificati esplicitamente i vari imperi che si succe-

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 103

187 A MOMIGLIANO Daniele e la teoria greca della successione degli imperi inlaquoRendiconti dellrsquoAccademia Nazionale dei Lincei Classe di Scienze Morali Storichee Filologicheraquo XXXV 1980 pp 157-62 ora in ID La Storiografia Greca Torino Ei-naudi 1982 pp 293-301 p 295

188 Cfr D MENDELS The Five Empires a Note on a Propagandistic Topos inlaquoAmerican Journal of Philologyraquo CII 1981 pp 330-37 A MOMIGLIANO The originsof Universal History in laquoAnnali della Scuola Superiore Normale di Pisaraquo XII 1982pp 533-60 ora in ID Settimo contributo alla storia degli studi classici e del mondo an-tico Roma Edizioni di Storia e Letteraura 1984 pp 77-103 JM ALONSO NUacuteNtildeEZTrogue-Pompeacutee et lrsquoimpeacuterialisme romain in laquoBulletin de lrsquoAssociation G Budeacuteraquo 1990pp 72-86 p 83 JL FERRARY Lrsquooikoumene LrsquoOrient e lrsquoOccident drsquoAlexandre leGrand agrave Auguste histoire et historiographie in Convegno per Santo Mazzarino Attidel Convegno (Roma 9-11 maggio 1991) Roma LrsquoErma di Bretschneider 1998 pp97-132 specialmente pp 122-30

189 Cosigrave tutti gli studi citati alla nota precedente 190 Cfr JW SWAIN The theory of the four monarchies Opposition History under

the Roman Empire in laquoClassical Philologyraquo XXXV 1940 pp 1-21 D FLUSSER Thefour Empires in the fourth Sybil and in the book of Daniel in laquoIsrael Oriental StudiesraquoII 1972 pp 148-75 e M MAZZA Roma e i quattro imperi Temi della propaganda nel-la cultura ellenistico-romana in laquoStudi e materiali di storia delle religioniraquo LXII 1996pp 315-50 specialmente pp 333-45

FRANCESCA FONTANELLA104

191 PL 25 coll 503-504 528-530 Ma lrsquoinserzione di Roma (perograve come quinto im-pero dopo Assiria Media Persia e Macedonia) egrave giagrave attestata come ci informa unaglossa in VELLEIO PATERCOLO I 6 6 nellrsquoopera De annis populi Romani di un certoEmilio Sura non altrimenti noto databile probabilmente attraverso unrsquoanalisi inter-na del passo agli anni fra il 189 (sconfitta di Antioco III a Magnesia) e il 171 aC(prima della terza guerra Macedonica e di Pidna) SWAIN The theory of the four mo-narchies cit pp 2-12 MOMIGLIANO Daniele e la teoria greca della successione degliimperi cit p 294 JM ALONSO NUacuteNtildeEZ Aemilius Sura in laquoLatomusraquo XLVIII 1989pp 110-19 pp 110-12 ID Trogue-Pompeacutee et lrsquoimpeacuterialisme romain cit p 83 F GASCOacute La teoria de los cuatro imperios Reiteracioacuten y adaptacioacuten ideologica I Roma-nos y griegos in laquoHabisraquo XII 1981 pp 179-96 ora in ID Opuscola Selecta SevillaUniversidad 1996 pp 13-26 p 16 [contro questa datazione cfr MENDELS The FiveEmpires cit pp 330-32 (seconda metagrave I secolo aC) MAZZA Roma e i quattro im-peri cit pp 323-33 e FERRARY Lrsquooikoumene cit p 130 (etagrave cesariana)] Il tema pa-re ritrovarsi in POLIBIO (dove certamente crsquoegrave il paragone fra Roma e lrsquoegemonia spar-tana e lrsquoimpero macedone in I 2 1 ma forse anche proprio una menzione della suc-cessione ldquocanonicardquo degli imperi in XXXVIII 22 1-3 MOMIGLIANO Daniele e la teoriagreca della successione degli imperi cit pp 294-95 contra MAZZA Roma e i quattroimperi cit pp 318-23 e FERRARY Lrsquooikoumene cit pp 122 e 126 con nota 108) equindi in Pompeo Trogo che lo usa come schema per la sua storia universale (comesi evince dai Prologi unica parte dellrsquoopera pervenutaci al di fuori dellrsquoEpitome for-nitaci da Giustino) Nel contesto dellrsquoopera di Polibio e ancor di piugrave di quella di Pom-peo Trogo (per quello che possiamo ricostruire) lrsquouso del topos sembra perograve potergettare unrsquoombra sulla potenza romana insinuando lrsquoidea che essa potesse essere asua volta ldquorimpiazzatardquo da una nuova egemonia ALONSO NUacuteNtildeEZ Trogue-Pompeacutee etlrsquoimpeacuterialisme romain cit E GABBA Dionigi e la storia di Roma arcaica Bari Edi-puglia 1996 p 169 Bisogna arrivare a DIONIGI DI ALICARNASSO (I 2 1-4) e successi-vamente ad ELIO ARISTIDE (A Roma 91) e ad APPIANO (Praef 8-10) per trovare svol-to il tema in modo inequivocabilmente favorevole a Roma (mentre ancora in chiaveanti-romana lo troviamo in DIONE DI PRUSA Or LXXIX 6 su cui vd P DESIDERI Dionedi Prusa Un intellettuale greco nellrsquoimpero romano Messina-Firenze DrsquoAnna 1978pp 175-76 nota 5 e p 234)

dono Girolamo nel commento ai passi di Daniele (ripreso anchenella Glossa Ordinaria) li identifica con Babilonesi Persiani Mace-doni e Romani191 non menzionando quindi a differenza del passodella Monarchia gli Egiziani mentre Orosio in due passi delle Hi-storiae (II 1 4 VII 2 4) presenta la successione degli imperi dandolrsquoordine Babilonesi Macedoni Africani (Cartagine) Romani quan-do perograve tratta la storia dellrsquoOriente dettaglia i vari popoli e vi tro-viamo Nino e Semiramide (I 4) Vesoze re dellrsquoEgitto (I 14) Ciro (II6) e Serse (II 10) Ed infatti Dante rimanda esplicitamente ad Oro-

sio sia riguardo a Nino e Semiramide192 che riguardo a Vesoze193Sembra quindi ragionevole supporre che Dante abbia tenuto pre-sente lrsquoordine di Girolamo integrandolo con ciograve che leggeva nellestorie di Orosio194 per concludere infine che se il popolo Romanoprevalse su tutti gli altri laquode divino iudicio prevaluit et per conse-quens de divino iudicio obtinuit quod est de iure obtinuisseraquo (MonII VIII 15) Ma anche per questa argomentazione che si riferisce loabbiamo detto a quei casi in cui il giudizio divino non egrave raggiungi-bile tramite la ragione e che farebbe quindi coincidere il diritto so-lo con il riconoscimento di una volontagrave divina imperscrutabile al-lrsquouomo egrave stato ipotizzato che Dante avesse in mente un riferimentogiuridico rintracciabile nelle glosse sul certamen sacrum195

Ancora nel IX capitolo il presupposto che laquoquod per duellumacquiritur de iure acquiriturraquo (Mon II IX 1) in quanto anche il duel-lum egrave un certamen in cui si manifesterebbe il giudizio di Dio egrave un

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 105

192Mon II VIII 3 laquoPrimus nanque in mortalibus qui ad hoc bravium anelavit Ni-nus fuit Assiriorum rex qui quamvis cum consorte thori Semiramide per nonagintaet plures annos ut Orosius refert imperium mundi armis temptaveritraquo Il riferimen-to a due versi delle Metamorfosi di OVIDIO (IV 58 e 88 nellrsquoepisodio di Piramo e Ti-sbe) dove si menzionano Nino e Semiramide sono laquopuri abbellimentiraquo CHIESA-TA-BARRONE Commento in Monarchia cit p 123 ad II VIII 4

193 Mon II VIII 5 laquoSecundus Vesoges rex Egipti ad hoc bravium spiravit etquamvis meridiem atque septentrionem in Asya exagitaverit ut Orosius memoratnunquam tamen dimidiam partem orbis obtinuitraquo Ma cfr F FABBRINI Paolo OrosioUno storico Roma Edizioni di Storia e Letteratura 1979 p 26 proprio in rapportoa questo capitolo della Monarchia

194 Cosigrave anche Kay in DANTErsquoSMonarchia Translated with a commentary by RKAY Toronto Pontifical Institute of mediaeval studies 1998 ad loc

195 Cfr CANCELLI sv Diritto romano in Enciclopedia Dantesca cit laquoNel di-fendere i Romani dallrsquoaccusa di latrocinio si richiama al duello ndash istituto come ognu-no sa di origine germanica ndash su cui si pronuncia il giudizio di Dio ma i contenden-ti sono detti anche atleti (Mn II VII e VIII) ciograve che si capirebbe poco se non fosse chei testi del diritto gli porgevano opportuni sostegni Qui sono considerati gli atletiche disputano un certamen sacrum (Cod 10 54 (53) c un) la cui posta non egrave la mer-ces ma il trionfo della virtugrave secondo quanto si esplicava alla gl Athletae ad DigXXVII 1 8 [6 6] Et erant athletae qui sine mercede virtutis gratia certabant et cer-taminibus sacris deserviebant Lrsquoaver quindi il popolo romano disputato un certamensacrum ndash quindi divino ndash e averlo vinto volta a volta contro i vari popoli non puogravenon indurre il duplice fondamento giuridico e divino del suo possesso e dominiodel mondoraquo

argomento in apparenza esclusivamente ricollegabile alla tradizionegermanica e in particolare longobarda introdotta con lrsquoeditto di Ro-tari del 643 sopravvissuta per qualche secolo ma quasi scomparsaallrsquoepoca di Dante anche percheacute combattuta laquosempre piugrave risoluta-mente dal magistero ecclesiastico e dalle scuola di giurispruden-zaraquo196 In questa argomentazione lrsquoAlighieri pare quindi distanziarsinettamente dalla tradizione giuridica romana Eppure come egrave sta-to anche di recente evidenziato la dimostrazione (Mon II IX 12-18)che romanus populus per duellum acquisivit Imperium ergo de iureacquisivit (Mon II IX 21) si svolge facendo continuo riferimento al-la laquoautoritagrave del De officiis di Cicerone [hellip] disseminato verbaliterlungo tutto il paragraforaquo197 Dante si richiama infatti esplicitamentedue volte al trattato ciceroniano per stabilire in via preliminare quel-le regole per le quali uno scontro puograve essere definito un ldquoduellordquo laprima regola egrave che vi si debba ricorrere solo dopo aver prima tenta-to in tutti i modi una soluzione pacifica cosigrave come Cicerone nel Deofficiis (I 34)198 aveva raccomandato a proposito dellrsquointrapresa del-la guerra (Mon II IX 3)199 E la seconda regola (ma giagrave anticipata inMon II IX 2) egrave che i duellanti debbano affrontarsi di comune ac-

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196 Cfr FIORELLI Sul senso del diritto nella laquoMonarchiaraquo cit p 93 e tutte le pp90-97 dove si traccia una breve storia del duellum giudiziario in Italia e dellrsquoopposi-zione nei suoi confronti Ma cfr eg anche TOMMASO Super sententiis III dist 39 q 1art 2 qc 2 arg 3 laquoPraeterea in sortibus et judiciis quae fiunt per ignem et aquamvel per duellum expectatur divinum testimonium et propter hoc sunt prohibita quiain his videtur esse quaedam Dei tentatioraquo

197 C DI FONZO laquoAequitasraquo e giustizia retributiva nel Paradiso di Dante in Chal-lenging centralism cit pp 43-52 p 43

198 CIC De off I 34 laquoAtque in re publica maxime conservanda sunt iura belliNam cum sint duo genera decertandi unum per disceptationem alterum per vimcumque illud proprium sit hominis hoc beluarum confugiendum est ad posterius siuti non licet superioreraquo

199Mon II IX 3 laquoSed semper cavendum est ut quemadmodum in rebus bellicisprius omnia temptanda sunt per disceptationem quandam et ultimum per preliumdimicandum est ut Tullius et Vegetius concorditer precipiunt hic in Re militari illevero in Offitiisraquo In effetti anche VEGEZIO nel De re militari III 9 afferma laquoIdeo om-nia ante cogitanda sunt ante temptanda ante facienda sunt quam ad ultimum ue-niatur abruptumraquo ma riferendosi alle precauzioni che deve adottare un comandanteprima di attaccare battaglia

cordo laquonon per odio od amore ma soltanto per vivo desiderio digiustiziaraquo (Mon II IX 4) e a questo proposito chiama di nuovo incausa il De officiis200 affermando che Cicerone avrebbe laquotoccatoraquoquesto argomento quando aveva affermato che laquoSed bella quibusImperii corona proposita est minus acerbe gerenda suntraquo (Mon IIIX 4)201 Ma al di lagrave di queste citazioni quasi testuali occorre evi-denziare che lrsquoAlighieri mostra di aver ben presente il contesto da cuile trae si tratta infatti di quei passi del De officiis in cui allrsquointernodella trattazione della virtugrave della giustizia (De off I 20-60)202 Cice-rone definisce il laquobellum iustum romanumraquo (De off I 34-40) primacome quella guerra intrapresa laquosolo per poter vivere in pace e sen-za offesaraquo (De off I 35) quindi secondo il sanctissimum ius fetialedel popolo romano come quella guerra laquoche si intraprenda doporegolare domanda di soddisfazione e che sia stata prima minacciatae dichiarataraquo (De off I 36) 203 E nel passo che precede immediata-mente la citazione dantesca laquoSed bella quibus Imperii etcraquo Cice-rone afferma ancora che laquoQuando perograve si combatte per la supre-mazia e si cerca la gloria con la guerra egrave necessario tuttavia che vi

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200 CIC De off I 34 laquoSed bella quibus imperii proposita gloria est minus acer-be gerenda suntraquo

201Mon II IX 4 laquoDuo igitur formalia duelli apparent unum hoc quod nunc dic-tum est aliud quod superius tangebatur scilicet ut non odio non amore sed solo ze-lo iustitie de comuni assensu agoniste seu duelliones palestram ingrediantur Et prop-ter hoc bene Tullius cum de hac materia tangeret inquiebat enim ldquoSed bella quibusImperii corona proposita est minus acerbe gerenda suntrdquoraquo Si puograve ipotizzare cheDante abbia sostituito alla parola gloria la parola corona anche laquoper insistere nellametafora agonistica (la corona era il premio per il vincitore della gara)raquo CHIESA-TA-BARRONE Commento in Monarchia cit p 132 ad II IX 4

202 La giustizia egrave una delle quattro virtugrave che insieme a sapienza fortezza e tempe-ranza costituisce lrsquohonestum CIC De off I 15

203 Cicerone in De officiis I 35 seguendo probabilmente Panezio afferma chelaquosuscipienda quidem bella sunt ob eam causam ut sine iniuria in pace vivaturraquo e inI 36 rifacendosi alla tradizione romana che laquobelli quidem aequitas sanctissime fetia-li populi Romani iure perscripta est Ex quo intellegi potest nullum bellum esse iu-stum nisi quod aut rebus repetitis geratur aut denuntiatum ante sit et indictumraquo Latraduzione da me usata egrave quella di A Resta Barile in CICERONE I doveri con un sag-gio introduttivo e note di E NARDUCCI traduzione di A RESTA BARILE Milano Riz-zoli 1987

siano quelle giuste ragioni (iustae causae) che ho detto poco primaraquo(De off I 38)204 ribadendo quindi la necessitagrave che anche queste guer-re siano bella iusta Si puograve quindi ipotizzare che Dante quando intutto questo capitolo IX del II libro della Monarchia insiste propriosul laquovivo desiderio di giustiziaraquo e sulla laquogiustiziaraquo che dovrebbe es-sere presente nel duellum205 segua proprio lrsquoesempio di Ciceroneche aveva voluto definire la ldquogiustiziardquo del bellum romano206 Infine

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204 CIC De off I 38 laquoCum vero de imperio decertatur belloque quaeritur gloriacausas omnino subesse tamen oportet easdem quas dixi paulo ante iustas causas es-se bellorum Sed ea bella quibus imperii proposita gloria est minus acerbe gerendasuntraquo

205 E cosigrave infatti ancora prosegue dopo le citazioni ciceroniane laquoiustitie neces-sitate de comuni assensu congregati propter zelum iustitie nonne in nomine Dei con-gregati sunt Et si sic nonne Deus in medio illorum est cum ipse in evangelio nobishoc promictat Et si Deus adest nonne nefas est arbitrari iustitiam succumbere pos-se quam ipse in tantum diligit quantum superius prenotatur Et si iustitia in duellosuccumbere nequit nonne de iure acquiritur quod per duellum acquiriturraquo (MonII IX 5-6)

206 Gli studiosi moderni come egrave ben noto ritengono per lo piugrave che le iustae cau-sae che secondo Cicerone dovrebbero motivare anche la guerra de imperio siano so-lo identificabili con il rituale che fornirebbe parvenza di legalitagrave alle mire espansio-nistiche romane e che comunque anche nei passi precedenti il bellum iustum sia daintendersi come laquola guerra legittima in quanto (posta in essere in modo) conforme al-lrsquoordinamento vigente (romano interno ndash si sottolinei ndash) in materia di guerra [hellip] ilquale consiste nel complesso normativo dello ius fetiale che richiede lrsquoadempimentodella procedura indicata per lrsquointroduzione di uno stato di guerraraquo L LORETO Il bel-lum iustum e i suoi equivoci Napoli Jovene 2001 p 18 ma cfr anche PA BRUNTLaus imperii in Imperialism in the Ancient World edd PDA Garnsey-CR Whitta-ker Cambridge University Press Cambridge 1978 pp 159-91 pp 175-78 WV HAR-RIS War and Imperialism in Republican Rome 327-70 BC Oxford Oxford Univer-sity Press 1979 pp 163-75 A CALORE Forme giuridiche del lsquobellum iustumrsquo Mila-no Giuffregrave 2003 in particolare pp 142 152 155 Contra J-L FERRARY Philhelleacuteni-sme et impeacuterialisme Aspects ideacuteologiques de la conquecircte romaine du monde helleacutenisti-que Rome Eacutecole franccedilaise de Rome 1988 pp 410-15 che ritiene fondamentale nel-la definizione del bellum iustum il fatto che sia intrapreso laquout sine iniura in pace vi-vaturraquo e ipotizza che i Romani intendessero anche le guerre de imperio come guerreintraprese per la difesa dellrsquoimpero Ma pur ammettendo una concezione esclusiva-mente giuridica del bellum iustum sappiamo che gli scrittori romani (in primis Ci-cerone nel giagrave ricordato De republica III 36 vd supra n 24 e poi infra nel testo) si era-no posti anche il problema della iustitia laquosostanzialeraquo nella conquista e nella gestio-ne dellrsquoimpero Per questo non credo che Dante citi ldquoa spropositordquo Cicerone ldquoa pro-

sempre in De officiis I 38 questa volta immediatamente dopo la ci-tazione dantesca laquoSed bella quibus Imperii etcraquo si distingue fra leguerre combattute laquoper la soppravivenza e non per lrsquoimperiumraquo(laquouter esset non uter imperaretraquo come quelle con i Celtiberi e i coni Cimbri) da quelle combattute invece de imperio come quelle con-tro i Latini i Sabini i Sanniti i Cartaginesi e Pirro E dopo aver af-fermato che fra questi popoli i Cartaginesi furono comunque foedi-grafi e Annibale crudelis mentre tutti gli altri iustiores si riportanoalcuni versi di Ennio (senza perograve indicare lrsquoautore) nei quali si ri-cordano le laquonobilissime paroleraquo che Pirro avrebbe detto allrsquoamba-sceria guidata da Fabrizio rifiutando lrsquooro per il riscatto dei prigio-nieri romani

non chiedo per me oro neacute mi dovete dare il prezzo del riscatto non fac-ciamo la guerra da mercanti ma da soldati col ferro non con lrsquooro decidia-mo la nostra sorte Sperimentiamo col valore se la Fortuna signora delle co-se umane daragrave lrsquoimpero a me o a voi e cosa essa ci porti E tenete a menteho stabilito di concedere la libertagrave a quei valorosi che la la sorte della guerraha risparmiato Ve ne faccio dono conduceteli con voi col favore degli degravei

Parole ndash commenta Cicerone ndash veramente degne di un re e del-la stirpe degli Eacidi207

Ho voluto richiamare per intero anche questa ultima parte delpasso ciceroniano percheacute Dante quando forniragrave le prove storiche

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positordquo del laquovivo desiderio di giustiziaraquo Senza contare che per Cicerone come perDante il diritto romano espressione del ius naturae difficilmente poteva essere intesoin contraddizione alla ldquogiustiziardquo

207 CICDe off I 38 laquoSed ea bella quibus imperii proposita gloria est minus acer-be gerenda sunt Ut enim cum civi aliter contendimus si est inimicus aliter si com-petitor (cum altero certamen honoris et dignitatis est cum altero capitis et famae) siccum Celtiberis cum Cimbris bellum ut cum inimicis gerebatur uter esset non uterimperaret cum Latinis Sabinis Samnitibus Poenis Pyrrho de imperio dimicabaturPoeni foedifragi crudelis Hannibal reliqui iustiores Pyrrhi quidem de captivis red-dendis illa praeclara ldquoNec mi aurum posco nec mi pretium dederitis Nec caupo-nantes bellum sed belligerantes Ferro non auro vitam cernamus utrique Vosnevelit an me regnare era quidve ferat Fors Virtute experiamur Et hoc simul accipedictum Quorum virtuti belli Fortuna pepercit Eorundem libertati me parcerecertum est Dono ducite doque volentibus cum magnis disrdquo Regalis sane et dignaAeacidarum genere sententiaraquo

che laquoil popolo romano per duello acquistograve lrsquoimperoraquo (e quindi laquoconil dirittoraquo Mon II IX 12) seguiragrave nellrsquoelencare i duelli vittoriosicombattuti dagli eroi romani proprio lrsquoordine dei popoli presentinel De officiis rimandando poi alle testimonianze di Virgilio (perEnea e Turno Mon II IX 13-14) e di Livio (per gli Orazi e i Curia-zi Mon II IX 15 per i Sabini e i Sanniti contro i quali si combatteacutelaquosotto forma di duello sebbene molti fossero i combattentiraquo MonII IX 16-17 e infine per Fabrizio contro Pirro e per Scipione controAnnibale Mon II IX 18) e prima di passare a questo elenco per di-mostrare che anche i pagani laquocercavano il giudizio dalla fortuna delduelloraquo (Mon II IX 7)208 riporteragrave lrsquoesempio di Pirro citato nel De of-ficiis affermando che laquoHic Pirrus lsquoHeramrsquo vocabat fortunam quamcausam melius et rectius nos lsquodivinam providentiamrsquo appellamusraquo209una affermazione che laquopresuppone e concilia le due anime latina ecristiana tra loro intersecate nel terreno tra giuridico e teologicoraquo210Dopo lrsquoelenco dei ldquoduellirdquo sostenuti dai romani il capitolo IX si chiu-de con unrsquoinvettiva contro i laquogiuristi presuntuosiraquo che stanno laquosot-

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208 Dopo essersi richiamato in Mon II IX 5 (riportato supra alla n 205) al VangelolaquoDante si preoccupa di sottolineare che il ricorso al duello come pratica giudiziariavaleva anche prima della venuta di Cristo fra le regole del duello non vi egrave infatti quel-la che i duellanti riconoscano Cristo come Dio una condizione che avrebbe inficiatola sua argomentazione (percheacute gli esempi recati a dimostrazione del fatto che i Roma-ni acquisirono lrsquoimperium per mezzo del duello esposti nei parr 12-18 sono tutti pre-cedenti alla venuta di Cristo)raquo CHIESA-TABARRONE Commento in Monarchia cit p132 ad II IX 7-8

209Mon II IX 8 laquoUnde bene Pirrus ille tam moribus Eacidarum quam sanguinegenerosus cum legati Romanorum pro redimendis captivis ad illum missi fueruntrespondit Nec mi aurum posco nec mi pretium dederitis non cauponantes bellumsed belligerantes ferro non auro vitam cernamus utrique Vosne velit an me regna-re Hera quidve ferat sors virtute experiamur Quorum virtuti belli fortuna peperciteorundem me libertati parcere certum est Dono ducite Hic Pirrus lsquoHeramrsquo vocabatfortunam quam causam melius et rectius nos lsquodivinam providentiamrsquo appellamusraquoRispetto al passo del De officiis che cita questi versi di Ennio (cfr n 207) sono da os-servare in Dante le seguenti differenze il termine lsquoHerarsquo egrave inteso nella Monarchia co-me un appellativo e non come un apposizione il verso finale egrave omesso probabilmen-te per il troppo esplicito riferimento agli degravei il conclusivo commento ciceroniano sul-la nobiltagrave di Pirro egrave anticipato nella osservazione iniziale su Pirro laquochrsquoera nobile sigrave peri costumi propri degli Eacidi sigrave per il sangueraquo

210 DI FONZO laquoAequitasraquo e giustizia retributiva nel Paradiso di Dante cit p 44

to a quella specola della ragione onde la mente umana deduce spe-culando questi princigravepiraquo e che devono perciograve tacere laquoaccontentan-dosi di dare consigli e giudizi conformi al tenore della leggeraquo211 eproprio alla luce della rilettura dantesca del discorso di Pirro si puograveipotizzare che tale invettiva non sia laquorivolta contro un bersaglio ge-nericoraquo ma contro laquola stessa glossa alla 1 digna vox nel titolo de le-gibus del codice Giustiniano (Cod 1 14 4) dove Accursio [hellip] an-nota che lrsquoImpero deriva dalla fortuna (ldquocum imperium sit de for-tunardquo)raquo212 ovvero lrsquoopposto di ciograve che Dante ha voluto dimostraree che solo i laquoGentiles ante tubam evangelicamraquo (Mon II IX 7)213potevano credere chiamando appunto fortuna ciograve che laquonos lsquodivi-nam providentiamrsquo appellamusraquo214

Abbiamo cosigrave visto che anche nellrsquoargomentazione che piugrave sem-bra allontanarsi dalla concezione romana del diritto Dante si siaperograve adoperato per giustificare e ldquopuntellarerdquo la sua interpretazio-ne ldquovolontaristicardquo con continui riferimenti a fonti romane che se-condo lrsquoautore dovrebbero mettere a tacere anche e proprio queigiuristi che si proclamavano interpreti ed eredi del diritto roma-no215 Vedremo ora come la tradizione romana questa volta speci-

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211Mon II IX 20 laquoVideant nunc iuriste presumptuosi quantum infra sint ab illaspecula rationis unde humana mens hec principia speculatur et sileant secundumsensum legis consilium et iudicium exhibere contentiraquo

212 D QUAGLIONI laquoArte di bene e drsquoequitaderaquo Ancora sul senso del diritto in Dan-te (Monarchia II v 1) in laquoStudi Danteschiraquo LXXVI 2011 pp 27-46 p 35

213 Mon II IX 7 laquoHanc veritatem etiam Gentiles ante tubam evangelicam co-gnoscebant cum iudicium a fortuna duelli querebantraquo

214 Pur non addentrandomi sul tema della concezione della fortuna in Dante nonposso non richiamare almeno il VII canto dellrsquoInferno dove per bocca di Virgilio ilpoeta sostiene che Dio stesso stabiligrave la Fortuna come laquogeneral ministra e duce chepermutasse a tempo li benrsquo vani di gente in gente e drsquouno in altro sangue oltre ladifension drsquoi senni umani Per chrsquouna gente impera e lrsquoaltra langue seguendo logiudicio di costei che egrave occulto come in erba lrsquoangueraquo (Inf VII 78-84)

215 Cfr FIORELLI Sul senso del diritto nella laquoMonarchiaraquo cit p 95 laquoIl gloriosopopolo romano srsquoera guadagnato ldquosub iure duellirdquo la corona ldquoorbis totiusrdquo ma i giu-risti non sapevano levar lo sguardo piugrave su dei loro libri e dal silenzio di questi dedu-cevano conseguenze che la storia di Roma vista nella luce della Provvidenza smen-tiva ldquoVideant nunc iuriste presumptuosi helliprdquo muove da qui la famosa invettiva checontende al miope tecnicismo dei giureconsulti la capacitagrave di speculare sui grandiprigravencipiraquo

ficatamente giuridica rientri prepotentemente nel passo della Mo-narchia dove lrsquoAlighieri ha voluto offrire una definizione esplicitadel diritto

26 laquoIus est realis et personalis hominis ad hominem proportioraquo(Mon II V 1)

Di fronte ai passi finora analizzati dai quali emergono tratti del-la concezione dantesca del diritto non sempre ben armonizzabili fraloro egrave opportuno privilegiare la famosa definizione che Dante neoffre allrsquoinizio del V capitolo del II libro e anche il contesto in cuiquesta si colloca Tutto questo lunghissimo capitolo vuole provareche il popolo romano ottenne di diritto lrsquoimpero percheacute perseguigravesempre come fine il diritto e chi persegue come fine il diritto devenecessariamente agire con il diritto (Mon II V 18-23) La dimostra-zione che il popolo romano perseguigrave come fine il diritto egrave perograve svol-ta attraverso la dimostrazione che il popolo romano nelle sue con-quiste perseguigrave il bene comune dei popoli assoggettati assicurandoinnanzitutto pace e libertagrave (Mon II V 5-17) dato che e questo egrave ilprimo assunto che viene dimostrato (Mon II V 1-4) laquochiunque mi-ra al bene pubblico si propone il fine del dirittoraquo (Mon II V 1) Dan-te inizia quindi la sua argomentazione definendo il diritto come laquounreale e personale rapporto dellrsquouomo con lrsquouomo che rispettatoconserva la societagrave tra gli uomini e violato la manda in rovinaraquo(laquoius est realis et personalis hominis ad hominem proportio que ser-vata hominum servat sotietatem et corrupta corrumpitraquo) e precisadi voler e dover dare tale definizione percheacute laquoilla Digestorum de-scriptio [Dig 111 pr1 accolta in Convivio IV IX 8 laquola ragione scrit-ta egrave arte di bene e drsquoequitaderaquo] non dicit quod quid est iuris sed de-scribit illud per notitiam utendi illoraquo (Mon II V 1) Questa precisa-zione non egrave da sottovalutare il passo risulta infatti esemplare nelmostrare come per Dante il Digesto sia comunque laquoil punto di par-tenza necessarioraquo anche se laquoper uno scarto nella definizione dellequestioni in esameraquo216 E in effetti non solo la prima parte della de-

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216 QUAGLIONI laquoArte di bene e drsquoequitaderaquo Ancora sul senso del diritto in Dante(Monarchia II v 1) cit p 39 Si veda anche RUGGIERO Una definizione del diritto

finizione dantesca (laquoius est realis et personalis hominis ad hominemproportioraquo) per quanto formulata in modo felicemente originale217riecheggia la tradizione filosofica e giuridica antica (oltre a quellamedievale)218 ma anche lrsquoulteriore specificazione (laquoque servata ho-

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cit p 143 Diversamente CHIESA-TABARRONE per ragioni stilistiche (laquomentre la de-finizione iniziale (ius [hellip] corrumpit) egrave di alto valore retorico lrsquoinciso sul Digesto egravestilisticamente molto bruttoraquo) pensano che tale inciso sia una glossa aggiunta suc-cessivamente cfr CHIESA-TABARRONE Nota al testo in Monarchia cit p CXXX eCommento ivi pp 97-98 ad II V 1 CHIESA-TABARRONE comunque a mio avviso nonopportunamente per questo passo rimandano a Digesto 1110 pr (dove perograve si dagrave ladefinizione di iustitia vd infra n 218) e non alla definizione di Ulpiano-Celso

217 Tanto da essere considerata dai giuristi moderni laquofra le tante che si egrave tentato didarne [hellip] forse la piugrave felice e la piugrave profondaraquo FASSOgrave Storia della filosofia del dirit-to I cit p 223 si veda anche FIORELLI Sul senso del diritto nella laquoMonarchiaraquo citin particolare pp 80-81 dove traccia un breve storia della fortuna di questa definizio-ne fra gli storici moderni del diritto pur osservando come molti giudizi lrsquoabbiano elo-giata senza fornire le ragioni di tali elogi e QUAGLIONI laquoArte di bene e drsquoequitaderaquo An-cora sul senso del diritto in Dante (Monarchia II v 1) cit pp 40-41

218 Opportunamente Nardi (Commento in DANTE ALIGHIERI Opere MinoriIII1 cit p 386 ad II V 1) osserva innanzitutto che in questa definizione dantesca iltermine latino ius corrisponde al greco δίκαιον (iustum) rimandando al commento diTommaso al V libro dellrsquoEtica aristotelica (Exp Eth V lect XII 1) dove si precisa chei giuristi laquonominant [hellip] ius quod Aristotiles iustum nam et Isidorus dicit in libro Ety-mologiarum quod ius dicitur quasi iustumraquo Il concetto di giustizia come proportioegrave presente in ARISTOTELE Eth V 1131a-1132b in particolare 1131a laquoil giusto egrave in cer-to senso una proporzioneraquo (ma il concetto egrave giagrave in PLATONE Leggi VI 757b-c) e cfrsempre il commento di Tommaso allrsquoinizio della quinta lectio (Exp Eth V lect V 1laquoEst ergo iustum proportionale et ceteraraquo) ma anche Egidio Romano De regimineprincipum I II 11 laquoiustum est quoddam proportionabileraquo Ricordiamo che in Mon IXI 7 in modo simile Dante aveva definito la iustitia come quella laquovirtus ad alterumraquoche lrsquoimperatore poteva esercitare in quanto possedeva la laquopotentia tribuendi cuiquequod suum estraquo (vd supra n 130) Per le fonti giuridiche antiche si puograve vedere lefonti giagrave citate supra alla medesima nota fra cui ricordo ancora Digesto 1110 pr (Ul-pianus 1 reg) laquoIustitia est constans et perpetua voluntas ius suum cuique tribuendiraquoma anche Dig 11101 (Ulpianus 1 reg) laquoIuris praecepta sunt haec honeste viverealterum non laedere suum cuique tribuereraquo Con gli aggettivi realis e personalis si in-dica un laquoreciproco riconoscimento e reciproca limitazione dei poteri di ciascuno deiconsociati sopra cose e sopra personeraquo FIORELLI Sul senso del diritto nella laquoMonar-chiaraquo cit p 82 n 11 lrsquouso dellrsquoaggettivo realis egrave estraneo al Digesto (che usa sem-pre il sostantivo res) ma egrave invece attestato nei giuristi del XIII e XIV secolo laquoNulladunque drsquoeccezionale nellrsquouso che di realis fa Dante ma in tutti i modi il probabile

minum servat sotietatem et corrupta corrumpitraquo) rende evidentequanto Dante abbia recepito il ldquosensordquo del diritto antico Infatti os-serva lrsquoAlighieri

Se [hellip] questa definizione abbraccia insieme la ldquoquidditagraverdquo e il ldquopercheacuterdquodel diritto e se il fine di ogni associazione egrave il comune bene degli associati egravegiocoforza che fine drsquoogni diritto sia il bene comune ed egrave impossibile si diadiritto che non miri al bene comune [hellip] Egrave dunque evidente che chiunquemira al bene pubblico si propone il fine del diritto Se pertanto i Romanitendevano al bene dello stato saragrave vero il dire che essi avevano di mira il fi-ne del diritto219

Ma nota giustamente Quaglioni questa laquoidea dellrsquoidentitagrave delbonum rei publice (la salus rei publicae ciceroniana) col fine stessodel diritto appartiene alla tradizione teologico-politica e giuridico

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indizio drsquouna lettura diretta di testi giuridici e soprattutto di glosse non filtrata dascritture dottrinali drsquoaltra provenienzaraquo ivi p 87 QUAGLIONI laquoArte di bene e drsquoequi-taderaquo Ancora sul senso del diritto in Dante (Monarchia II v 1) cit pp 44-45 ipotiz-za un nesso fra la definizione dantesca e il dibattito sorto fra i giuristi del XIII e XIVsecolo proprio sulla definizione del ius in Digesto 111 Fra i testi giuridici medieva-li sono da ricordare le Quaestiones de iuris subtilitatibus operetta giuridica medieva-le per molto tempo attribuita a Irnerio diffusa in Toscana e quindi probabilmenteconosciuta da Dante cfr Quaest Exordium 4 laquout salvo singulis suo merito serveturincorrupta societas hominum cunctorumque perseverat illibata communitasraquoQuaestII 4 laquohoc dicitur ius respectu aequitatis non quia insit set quia pro officio statuentisinesse debuit nec dici potest aliam esse nominis eiusdem significantiam set magiseandem set inproprie acceptamraquo Quaest VI 3 laquoaequitas qua continetur aequabilitaset pro dignitate cuiusque congrua rerum quas ad usum hominum natura prodidit in-ter omnes distributioraquo Si veda anche CANCELLI sv Diritto romano in EnciclopediaDantesca cit FIORELLI Sul senso del diritto nella laquoMonarchiaraquo cit p 84 QUAGLIONIlaquoArte di bene e drsquoequitaderaquo Ancora sul senso del diritto in Dante (Monarchia II v 1)cit pp 44-45 Ma sul rapporto fra la definizione dantesca e le Quaestiones de iurissubtilitatibus piugrave estesamente si sofferma RUGGIERO Una definizione del diritto citpp 145-48

219Mon II V 1 laquoQuicunque preterea bonum rei publice intendit finem iuris in-tendit Quodque ita sequatur sic ostenditur ius est realis et personalis hominis ad ho-minem proportio que servata hominum servat sotietatem et corrupta corrumpitraquo2 laquonecesse est finem cuiusque iuris bonum comune esse et inpossibile est ius essebonum comune non intendensraquo 4 laquoPatet igitur quod quicunque bonum rei publiceintendit finem iuris intenditraquo

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220 QUAGLIONI laquoArte di bene e drsquoequitaderaquo Ancora sul senso del diritto in Dante(Monarchia II v 1) cit p 39 Sullrsquoambiguitagrave che la formula salus rei publicae puograve as-sumere nellrsquoopera ciceroniana cfr perograve C DrsquoALOJA Legge di natura e lotta politicanellrsquoopera di Cicerone in Testi e problemi del giusnaturalismo romano cit pp 127-61p 134 e FONTANELLA Politica e diritto naturale nel De legibus di Cicerone cit pp130-32

221 QUAGLIONI laquoArte di bene e drsquoequitaderaquo Ancora sul senso del diritto in Dante(Monarchia II v 1) cit pp 39-40 n 42 con RICCI (DANTE ALIGHIERI Monarchia acura di PG RICCI Edizione Nazionale delle opere di Dante Alighieri a cura della So-cieta Dantesca Italiana vol V Milano Mondadori 1965) NARDI (ALIGHIERI DANTEOpere Minori III1 cit) KAY (DANTErsquoSMonarchia cit) RUGGIERO Una definizionedel diritto cit p 142 n 2 per il comune bonum rimanda a Remigio dersquo Girolami Debono communi ed MC DE MATTEIS in laquoAnnali della Facoltagrave di Lettere dellrsquoUni-versitagrave di Lecceraquo 3 1965-1967 pp 13-86 Altra bibiliografia sul tema del comunebonum nel pensiero politico medievale in CHIESA-TABARRONE Commento in Mo-narchia cit p 98 ad II V 2

222 Da me riportati supra alla n 218223 CIC De inv I 68 laquoOmnes leges iudices ad commodum rei publicae referre

oportet et eas ex utilitate communi non ex scriptione quae in litteris est interpreta-ri Ea enim virtute et sapientia maiores nostri fuerunt ut in legibus scribendis nihil si-bi aliud nisi salutem atque utilitatem rei publicae proponerent Neque enim ipsi quodobesset scribere volebant et si scripsissent cum esset intellectum repudiatum irilegem intellegebant Nemo enim leges legum causa salvas esse vult sed rei publicaequod ex legibus omnes rem publicam optime putant administariraquo

politica occidentale [hellip] Naturalmente i lsquoprecedentirsquo piugrave vicini epiugrave autorevoli possono essere agevolmente indicati nel duplice stra-to aristotelico e ciceroniano della giuspubblicistica del XIII e XIVsecoloraquo220 Per la definizione dantesca del diritto Quaglioni in no-ta221 rimanda attraverso i commenti di Ricci Kay e Nardi allrsquoEticadi Aristotele col commento di Tommaso e al De regimine principumdi Egidio Romano222 Mi pare perograve che a conferma dellrsquoinfluenzadello laquostrato ciceronianoraquo a cui rimanda Dante stesso ricordando ilDe inventione (Mon II V 2 laquoPropter quod bene Tullius in Prima re-thorica semper ndash inquit ndash ad utilitatem rei publice leges interpre-tande suntraquo)223 si possa almeno citare il passo del III libro del De of-ficiis dove si afferma laquoNeque vero hoc solum natura id est iure gen-tium sed etiam legibus populorum quibus in singulis civitatibus respublica continetur eodem modo constitutum est ut non liceat suicommodi causa nocere alteri Hoc enim spectant leges hoc volunt

incolumem esse civium coniunctionemraquo224 E proprio dal De officiis egravetratta la prima ldquoprova storicardquo che laquoallontanata da seacute ogni cupidigiache egrave sempre nemica della repubblica e amando la pace universaleunita alla libertagrave quel santo pio e glorioso popolo si vede aver ne-gletto il proprio vantaggio per procurare quello pubblico a salvezzadel genere umano Onde a ragione fu scritto ldquoLrsquoimpero romano na-sce dal Fonte della pietagraverdquoraquo225 Per rintracciare i segni di questo agirelaquopublica pro salute humani generisraquo negli organi istituzionali del-lrsquoantica Roma basta infatti a Dante ricordare il passo del De officiisin cui il senato viene designato come laquoregum populorum et natio-num portus [hellip] et refugium quando imperium rei publice benefi-ciis tenebatur non iniuriis cosigrave che laquolsquopatrociniumrsquo orbis terrarum po-tius quam lsquoimperiumrsquo poterat nominariraquo226 Per dimostrare invecenelle singole personalitagrave della storia romana questo atteggiamentodeterminato dalla ricerca del bene pubblico si rievocano quasi glistessi esempi di eroi virtuosi che avevamo trovato nel Convivio227 con

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224 Ma cfr anche CIC De off I 15 17 20 III 69225Mon II V 5 laquoomni cupiditate summota que rei publice semper adversa est et

universali pace cum libertate dilecta populus ille sanctus pius et gloriosus propriacommoda neglexisse videtur ut publica pro salute humani generis procuraret Underecte illud scriptum est ldquoRomanum imperium de Fonte nascitur pietatisrdquoraquo La fraseegrave pronunciata da Costantino e riportata nella Legenda Aurea di Iacopo da VaragineMa cfr anche la V Epistola dove a proposito di Arrigo VII si afferma laquocum sit Cesaret maiestas eius de Fonte defluat pietatisraquo (Ep V 3)

226 CIC De officiis II 26-7 in Monarchia II V 7 laquosufficit illa sola Ciceronis autori-tas in secundis Offitiis ldquoQuandiurdquo inquit ldquoimperium rei publice beneficiis tenebaturnon iniuriis bella aut pro sotiis aut de imperio gerebantur exitus erant bellorum autmites aut necessarii regum populorum et nationum portus erat et refugium senatusnostri autem et magistratus imperatoresque in ea re maxime laudem capere studue-runt si provincias si sotios equitate et fide defendissent Itaque illud lsquopatrociniumrsquo or-bis terrarum potius quam lsquoimperiumrsquo poterat nominarirdquo Hec Ciceroraquo

227 Cfr Conv IV V su cui vd supra (anche per il confronto con Agostino) e n 47Fatta eccezione per quelli di Tito Manlio Torquato e di Marco Attilio Regolo assen-ti nella Monarchia dove a differenza del Convivio trovano invece posto i Decii quin-di nel Convivio abbiamo nellrsquoordine Luscino Fabrizio Manio Curio Dentato CaioMuzio Scevola Tito Manlio Torquato Lucio Giunio Bruto Marco Attilio RegoloLucio Quinzio Cincinnato Furio Camillo e Catone Uticense Nella Monarchia LucioQuinzio Cincinnato Luscino Fabrizio Furio Camillo Lucio Giunio Bruto Caio Mu-zio Scevola i Decii Catone Uticense Dunque sia il numero sia lrsquoordine con cui ven-gono ricordati i personaggi esemplari non solo non trova preciso riscontro nella tra-

rimandi molto piugrave precisi a Livio Cicerone e Virgilio (anche percheacutenella Monarchia non occorreva la traduzione in volgare della fontelatina) Ricordiamo che nel Convivio tali esempi servivano a dimo-strare il favore divino nei confronti dellrsquoimpero romano manifesta-tosi nella virtugrave eccezionale dei suoi uomini qui servono a dimostra-re che laquoil popolo romano sottomettendo a seacute il mondo mirograve al be-ne collettivoraquo che egrave laquola meta del dirittoraquo228 con la significativa di-

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dizione antica o medievale (vd supra) ma non egrave il medesimo nemmeno nei due trat-tati danteschi Per un confronto puntuale con le fonti classiche e medievali ricordoSILVERSTEIN On the genesis of laquoDe Monarchiaraquo II v cit supra alla n 49 CHIESA-TA-BARRONE (Introduzione inMonarchia cit p LVIII) osservano che mentre lrsquoordine se-guito nel Convivio sarebbe laquovagamente cronologicoraquo quello nella Monarchia sareb-be funzionale alla costruzione di una laquoclimax etica [hellip] dove lrsquoeroismo egrave in crescen-do da quello di Cincinnato che contribuigrave al bene comune con il proprio sudore fi-no a quello di Catone e dei Deci che per il bene comune sacrificarono la loro stessavitaraquo

228Mon II V 18 laquoDeclarata igitur duo sunt quorum unum est quod quicunquebonum rei publice intendit finem iuris intendit aliud est quod romanus populus su-biciendo sibi orbem bonum publicum intenditraquo Anche Agostino in De civitate V 18su cui ci siamo soffermati sopra indicava in questi personaggi un esempio di sacrificiodi seacute (non solo dei propri beni ma perfino della propria vita e di quella dei propri fi-gli) per il bene della patria ovvero per il bene pubblico la Monarchia sembrerebbequindi offrire un contesto piugrave vicino al De civitate di quello del precedente trattato An-che in questo caso perograve lrsquoapprovazione incondizionata di Dante per la virtus romananon potrebbe essere piugrave distante dalla contestualizzazione che egrave anche una ldquoconte-stazionerdquo messa in atto da Agostino basti soffermarci sullrsquoesempio di Lucio GiunioBruto di particolare interesse percheacute vi si mostra il diverso uso della stessa fonte an-tica cioegrave Virgilio in ambedue gli autori Nel VI libro dellrsquoEneide Anchise con questeparole profetizza il destino di Bruto che faragrave giustiziare i propri figli colpevoli di at-tentare alla repubblica laquonatosque pater nova bella moventes ad poenam pulchra prolibertate vocabit infelix utcumque ferent ea facta minores vincet amor patriae lau-dumque immensa cupidoraquo (820-23) Agostino riporta e commenta questi versi in mo-do da sottolineare come la stessa fonte virgiliana getti unrsquoombra sul comportamento diBruto laquoBruto autem quia filios occidit infelicitatis perhibet testimonium etiam poe-ta laudator Ait enim ldquoNatosque pater nova bella moventes Ad poenam pulchra prolibertate vocabit Infelix utcumque ferent ea facta minoresrdquo Sed versu sequenti con-solatus est infelicem ldquoVincit amor patriae laudumque immensa cupidordquoraquo (De civ V 18)Dante al contrario ldquotaglia cortordquo ovvero elimina proprio quei versi che potevano su-scitare unrsquoambiguitagrave di giudizio e scrive laquoNonne filios an non omnes alios postpo-nendos patrie libertati Brutus ille primus edocuit quem Livius dicit consulem exi-stentem proprios filios cum hostibus conspirantes morti dedisse Cuius gloria reno-

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vatur in sexto Poete nostri de ipso canentis ldquonatosque pater nova bella moventes adpenam pulcra pro libertate vocavitrdquoraquo (Mon II V 13) Per la lettura agostiniana di que-sto episodio della antica storia romana si veda ora S AUDANO Classici lettori di clas-sici Da Virgilio a Marguerite Yourcenar Foggia Edizioni Il castello 2012 il capitoloBruto e il lungo percorso di una sentenza virgilianaVincet amor patriae laudumque im-mensa cupido (Aen VI 823) pp 87-162 in particolare pp 116-34 Da osservare cheanche nel De regimine principum (III 5) Tolomeo da Lucca pur rifacendosi esplicita-mente al V libro del De civitate capovolge il giudizio agostiniano riportando comeesempio di zelus iustitiae il comportamento di Bruto e di Torquato verso i figli si ve-da sempre AUDANO Classici lettori di classici cit pp 134-40

229 Mon II V 15 laquoaccedit et illud inenarrabile sacrifitium severissimi vere liber-tatis tutoris Marci Catonis Quorum alteri pro salute patrie mortis tenebras non hor-ruerunt alter ut mundo libertatis amores accenderet quanti libertas esset ostenditdum e vita liber decedere maluit quam sine libertate manere in illaraquo

230 Vd supra Mon I XII e cfr RUGGIERO Una definizione del diritto cit p 149laquonon egrave casuale che la definizione dantesca sia contestuale al richiamo in II V 15 a Ca-tone ldquoseverissimus libertatis tutorrdquo cheacute ancora in Purgatorio XVI e in Paradiso I e Vil tema giuridico egrave indissolubilmente connesso con la riflessione dantesca sul temadella libertagraveraquo

231 Mon II V 19 laquoNunc arguatur ad propositum sic quicunque finem iuris in-tendit cum iure graditur romanus populus subiciendo sibi orbem finem iuris inten-dit ut manifeste per superiora in isto capitulo est probatum ergo romanus populussubiciendo sibi orbem cum iure hoc fecit et per consequens de iure sibi ascivit Im-perii dignitatemraquo

stinzione di Marco Catone laquoseverissimo fautore della vera libertagraveraquo ilcui esempio egrave servito piugrave in particolare ad laquoaccendere nel mondolrsquoamore della libertagraveraquo229 quasi a suggerire quel nesso fra diritto e li-bertagrave che avevamo visto affermato esplicitamente a proposito del-lrsquoimperatore garante del diritto e quindi della libertagrave dei cives230 Elaquochiunque si propone il fine del diritto procede drsquoaccordo col di-ritto il popolo romano assoggettandosi il mondo si propose il finedel diritto [hellip] dunque il popolo romano assoggettandosi il mondolo fece con diritto e per conseguenza a buon diritto si arrogograve la di-gnitagrave dellrsquoImperoraquo231 Cosa crsquoegrave di piugrave ldquoromanordquo di questa percezio-ne di un diritto che legittima e allo stesso tempo caratterizza lrsquoespan-sione romana estendendosi anchrsquoesso nella sua applicazione di pa-ri passo collrsquoestendersi dellrsquoimpero Cosigrave ad esempio leggiamo nel-le Historiae di Tacito (IV 74) nel discorso ai Treviri attribuito a Pe-tilio Ceriale (generale romano inviato nel 69 dC in Germania infe-riore a domare la rivolta dei Batavi) come la convenienza del-

lrsquoespansione romana fosse motivata proprio dal fatto che Romaavrebbe portato il diritto e con questo la pace e la partecipazione al-la stessa gestione dellrsquoimpero a popoli in precedenza sottoposti a ti-rannie e a guerre

Tirannie e guerre sempre ci furono in Gallia fincheacute non passaste al no-stro diritto (in nostrum ius) E noi bencheacute tante volte provocati del dirittodella vittoria ci giovammo solamente per garantire la pace Ma non esistequiete fra i popoli senza le armi neacute armi si danno senza stipendi neacute stipen-di si possono riscuotere senza tributi Ogni altra cosa in comune avete con noi(cetera in communi sita sunt) voi stessi in molti casi comandate le vostre le-gioni voi stessi governate queste ed altre province nessun priviliegio nessu-na esclusione (nihil separatum clausumve)232

La conferma della ldquoromanitagraverdquo delle argomentazioni che giustifi-cano lrsquoesistenza e lrsquoestensione dellrsquoimpero romano su tutta lrsquoecume-ne la troviamo nel seguente VI capitolo qui il discorso parte dal di-mostrare che ciograve che la natura ha ordinato si mantiene di diritto(Mon II VI 1-3)233 ma laquoRomanus populus ad imperandum ordina-tus fuit a naturaraquo (Mon II VI 4) in quanto la natura per raggiunge-

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232 TAC Hist IV 74 laquoRegna bellaque per Gallias semper fuere donec in nostrumius concederetis Nos quamquam totiens lacessiti iure victoriae id solum vobis ad-didimus quo pacem tueremur nam neque quies gentium sine armis neque arma si-ne stipendiis neque stipendia sine tributis haberi queunt cetera in communi sitasunt Ipsi plerumque legionibus nostris praesidetis ipsi has aliasque provincias re-gitis nihil separatum clausumveraquo Inutile ricordare che Dante non poteva sicura-mente conoscere questo testo Ricordo piuttosto che nonostante le fonti giuridichedellrsquoultimo secolo della Repubblica e dei primi due dellrsquoImpero facciano chiara-mente riferimento alla permanenza di un ius civile in senso stretto applicabile soloai cittadini romani e di un ius honorarium e di un ius gentium (ma questrsquoultimocomprendente sempre piugrave norme e istituti del sistema civilistico) che sono invece ap-plicati anche ai peregrini e nonostante le autonomie giuridiche concesse ad alcunecittagrave specialmente nella parte orientale dellrsquoimpero giagrave dalla etagrave repubblicana il di-ritto romano costituisce il quadro di riferimento per tutti i rapporti privati e pubblicidei Romani e dei popoli che Roma ha sottomesso cfr Lineamenti di storia del dirit-to romano cit pp 506-17 E ricordiamo anche che il ius egrave unrsquoinvenzione tutta ro-mana rispetto ad esempio ai sistemi di leggi presenti nel mondo greco dove esi-ste appunto la legge ma niente che sia equivalente al ius questo il tema del volu-me di SCHIAVONE Ius cit

233 Vd supra n 175

re il fine del genere umano non raggiungibile per mezzo di un solouomo produce una moltitudine di uomini ordinati ad operazionidiverse (Mon II VI 5-6) e pertanto laquoalcuni popoli sono atti per na-tura a dominare ed alcuni altri a star soggetti e servire come affer-ma il Filosofo nella Politica e per tali uomini come egli dice non so-lo egrave vantaggioso essere governati ma egrave anche giusto sebbene deb-bano esservi costrettiraquo (Mon II VI 7)234 Il principio aristotelico loabbiamo ricordato a proposito del Convivio era stato usato propriodai Romani nella legittimazione della propria espansione (cosigrave comeattesta il De republica di Cicerone)235 e Dante cita in questo capito-lo della Monarchia i celebri versi del VI libro (847-853) dellrsquoEneidedi Virgilio che esplicitano questa consapevolezza tutta romana del-la ldquovocazione allrsquoimperordquo236 per poi concludere laquoEgrave provato cosigravequanto basta che il popolo romano fu ordinato da natura a impera-re dunque il popolo romano assoggettandosi il mondo pervenneallrsquoImpero di dirittoraquo (Mon II VI 7)237

Se vogliamo individuare un filo conduttore nelle argomentazio-ni svolte in questi capitoli V e VI mi pare si possa osservare che perDante lrsquoesistenza di un diritto dei Romani allrsquoImpero si fondi in-nanzitutto sullrsquoesistenza e sulla validitagrave del loro diritto di quel iusche ancora come per Cicerone238 assicura il bene di tutti i popoli a

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234Mon II VI 7 laquoPropter quod videmus quod quidam non solum singulares ho-mines quinetiam populi apti nati sunt ad principari quidam alii ad subici atque mi-nistrare ut Phylosophus astruit in hiis que De politicis et talibus ut ipse dicit nonsolum regi est expediens sed etiam iustum etiamsi ad hoc coganturraquo

235 Vd supra n 24 Sul tema cfr ora P DESIDERI Impero romano e diritto di na-tura in Cicerone in Letteratura e civitas Transizioni dalla Repubblica allrsquoImpero In ri-cordo di E Narducci a cura di M Citroni Pisa ETS 2012 pp 73-87

236 VERG Aen VI 847-53 laquoExcudent alii spirantia mollius era credo equidemvivos ducent de marmore vultus orabunt causas melius celique meatus descri-bent radio et surgentia sidera dicent Tu regere imperio populos Romane memento hae tibi erunt artes pacique imponere morem parcere subiectis et debellare su-perbosraquo

237Mon II VI 11 laquoPropterea satis persuasum est quod romanus populus a natu-ra ordinatus fuit ad imperandum ergo romanus populus subiciendo sibi orbem de iu-re ad Imperium venitraquo

238 Egrave il riferimento al ius naturae che permette di legittimare a partire da Cice-rone lrsquoegemonia giuridica di Roma sui popoli in quanto realizzazione laquoin terra del-lrsquoordinamento politico il piugrave vicino possibile allrsquoordine naturale che regna nellrsquouni-

cui si applica in quanto corrisponde profondamente a quellrsquoordineche la ragione umana trova inscritto nella natura239

I capitoli finali del II libro dove Dante intende dimostrare pervia di fede ciograve che finora ha dimostrato per via di ragione240 non fan-no altro che ribadire da un altro punto di vista la ldquolegittimitagraverdquo delius Cristo nascendo quando venne promulgato da Augusto il fa-moso editto di censimento e accettando cosigrave di esservi iscritto di-mostrograve che quellrsquoeditto era giusto e che di conseguenza era di dirit-to lrsquoautoritagrave che lo promulgograve (Mon II X 4-8)241 La redenzione del ge-nere umano sarebbe stata impossibile se il peccato di Adamo nonfosse stato punito in Cristo ma ciograve egrave avvenuto e questo significa chelrsquoimperatore aveva giurisdizione sullrsquointero genere umano in quan-to lrsquoImpero era di diritto e per questo aveva potere di giudicare Cri-sto e di punire in lui il peccato dellrsquoumanitagrave (Mon II XI 1-6)242 E ilcapitolo e il II libro si chiudono con un netto giudizio su Costan-

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versoraquo e drsquoaltra parte laquoegrave proprio la dimensione imperiale dellrsquoesperienza politica ro-mana lrsquoelemento che ne giustifica la proposizione come modello di riferimento asso-luto in quanto storicamente realizzatoraquo DESIDERI Impero romano e diritto di naturain Cicerone cit pp 74 e 77

239 Cfr ancora CHIESA-TABARRONE Commento in Monarchia cit p 97 ad II V1 laquoLa conformitagrave dellrsquoimpero al diritto egrave per Dante una necessitagrave logica [hellip] e in que-sto sta la novitagrave e la profonditagrave di questa parte del trattato LrsquoImpero Romano egrave dun-que tale per diritto naturale la natura la volontagrave divina e il diritto positivo tendonoa coincidereraquo Ma anche R IMBACH Quattro idee sul pensiero politico di Dante Ali-ghieri in laquoLrsquoAlighieri Rassegna dantescaraquo ns 28 2006 pp 41-54 p 51 dove si evi-denzia il valore paradigmatico dellrsquoimperium romanum in Dante concepito comequella laquorealtagrave idealeraquo in cui avviene laquola perfetta realizzazione dello stato di dirittoche egrave a sua volta immagine della ragione nella sua piena trasparenzaraquo

240 Mon II X 1 laquoUsque adhuc patet propositum per rationes que plurimum ra-tionalibus principiis innituntur sed ex nunc ex principiis fidei cristiane iterum pate-faciendum estraquo

241 Cosigrave come lrsquoAlighieri sostiene anche nella Epistola VII a Arrigo VII laquoEt cumuniversaliter orbem describi edixisset Augustus [hellip] si non de iustissimi principatusaula prodiisset edictum unigenitus Dei Filius homo factus ad profitendum secun-dum naturam assumptam edicto se subditum nequaquam tunc nasci de Virgine vo-luisset non enim suasisset iniustum quem ldquoomnem iustitiam implererdquo decebatraquo (EpVII 14)

242 Cfr Par VI 88-90 laquola viva giustizia [hellip] li concedette in mano a quel chrsquoirsquodico [scil allrsquoimperatore Tiberio] gloria di far vendetta a la sua iraraquo

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243Mon II XI 8 laquoO felicem populum o Ausoniam te gloriosam si vel nunquaminfirmator ille Imperii tui natus fuisset vel nunquam sua pia intentio ipsum fefellis-setraquo Ma cfr anche Inf XIX 115-17 Purg XXXII 137-38 Par XX 55-60

244Mon III I 5 laquoet queritur utrum auctoritas Monarche romani qui de iure Mo-narcha mundi est ut in secundo libro probatum est inmediate a Deo dependeat anab aliquo Dei vicario vel ministro quem Petri successorem intelligo qui vere clavigerest regni celorumraquo

245 CHIESA-TABARRONE Commento inMonarchia cit p 155 ad III II246 Cfr CHIESA-TABARRONE Introduzione inMonarchia cit p XXXI laquoConside-

rando insieme i tre principii posti allrsquoinizio di ognuno dei tre libri ne emerge comedenominatore comune il richiamo alla volontagrave di Dio cosigrave come si esprime nel dise-gno generale della natura e nelle grandi linee di sviluppo della storia umana (e comedi conseguenza dallrsquoesame della natura e della storia puograve essere desunto)raquo

247 Mon III IV 1 laquoIsti vero ad quos erit tota disputatio sequens asserentes auc-

tino infirmator Imperii a cui si riconosce una pia intentio ma chelrsquoha tratto in inganno (Mon II XI 8)243 Dante si riferisce evidente-mente alla ldquodonazione di Costantinordquo a cui verragrave dedicato lrsquointero Xcapitolo del III libro

27 laquoImperio licitum non est contra ius humanum aliquid facereraquo(Mon III X 8)

Il III libro della Monarchia lo ricordiamo si propone di discu-tere la questione laquose lrsquoautoritagrave del Monarca romano che per dirittoegrave Monarca del mondo come egrave stato provato nel secondo libro di-penda immediatamente da Dio ovvero dallrsquoaltro vicario o ministrodi Dio quale intendo che sia il successor di Pietroraquo (Mon III I 5)244Come nei libri precedenti dopo aver posto e dimostrato qui attra-verso laquola dimostrazione formaleraquo che utilizza laquoil procedimento ari-stotelico della riduzione allrsquoassurdoraquo245 un principio su cui fondarele varie argomentazioni e cioegrave lrsquoassunto che abbiamo giagrave menzio-nato sopra laquoquod naturae intentioni repugnat Deus nolitraquo (MonIII II 2)246 Dante individua e distingue gli avversari ndash i sostenitoridel primato del papa ndash a cui intende rivolgersi (Mon III III) e il ti-po di argomentazione da essi avanzata che laquotraggono dalla SacraScrittura e da alcuni atti sigrave del Sommo Pontefice che dello stesso Im-peratoreraquo (Mon III IV 1)247 Dopo aver confutato gli argomenti di de-

rivazione scritturale (dallrsquoAntico e dal Nuovo Testamento Mon IIIIV-IX) affronta il primo degli laquoattiraquo su cui si fondano i suoi avversa-ri ovvero la donazione di Costantino un documento steso in realtagravefra la seconda metagrave del secolo VIII e i primi decenni del IX248 nelquale si trova attestata esplicitamente per la prima volta in Occi-dente lrsquoidea che Costantino avesse trasferito il suo imperium e lalaquoregni potestatem orientalibus [hellip] regionibusraquo249 e avesse invece

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toritatem Imperii ab auctoritate Ecclesie dependere velut artifex inferior dependetab architecto pluribus et diversis argumentis moventur que quidem de Sacra Scrip-tura eliciunt et de quibusdam gestis tam summi Pontificis quam ipsius Imperatorisnonnullum vero rationis indicium habere nitunturraquo

248 La ldquovulnerabilitagraverdquo delle argomentazioni elaborate nel Constitutum (vd infran 251) ha portato parte degli studiosi a ritenere che il documento non fosse stato ela-borato dalla curia romana cosigrave P DE LEO Ricerche sui falsi medioevali 1 Il Consti-tutum Constantini compilazione agiografica del sec 8 note e documenti per una nuo-va lettura Reggio Calabria Editori meridionali riuniti 1974 ha ipotizzato che il Con-stitutum appartenga alla produzione agiografica monastica intorno a papa SilvestroAnche secondo G DAGRON Representations de lrsquoancienne et de la nouvelle Romedans le sources byzantines des VIIe-XIIe siecles in Roma Costantinopoli Mosca cit pp295-306 laquole Constitutum nrsquoest rien de plus qursquoun appendice aux Actes de Silvestreraquo(p 301) ma che laquoagrave cause de lrsquousage qui en est fait est exclu par les Orientaux de lavulgate constantinienneraquo (p 304) Altri ritengono invece che pur se elaborato nellacuria il Constitutum fosse comunque inizialmente destinato ad avvalorare le pretesepontifice sul patrimonium Petri non tanto presso la raffinata diplomazia bizantinaquanto presso i nuovi regni barbarici primi fra tutti quello dei Franchi come forseavvenne quando papa Zaccaria richiese e ottenne lrsquoaiuto di Pipino il Breve contro iLongobardi Cfr P BELLINI La coscienza del principe Prospettazione ideologica e re-altagrave politica delle interposizioni prelatizie nel governo della cosa pubblica I-II TorinoGiappicchelli 2000 vol I p 595 Recentemente Johannes Fried ha supposto conmotivazioni filologiche e codicologiche che la compilazione sia avvenuta in ambien-te franco fra i monasteri di Corbie e Saint Denis latori delle prime testimonianzemanoscritte per dirimere la querelle sulla potestas territoriale che opponeva i sud-detti monasteri ai figli di Carlomagno nella prima metagrave del IX secolo (J FRIED Do-nation of Constantine and Constitutum Constantini the misinterpretation of a fictionand its original meaning with a contribution by W BRANDES The satraps of Con-stantine Berlin-New York De Gruyter 2007 p 201) Ma sulla storia del Constitutumvd anche GM VIAN La donazione di Costantino Bologna Il Mulino 2004 con bi-bliografia

249 Cosigrave recita il sect 18 del Constitutum laquoUnde congruum prospeximus nostrumimperium et regni potestatem orientalibus transferri ac transmutari regionibus et in By-zantiae provincia in optimo loco nomini nostro civitatem aedificari et nostrum illic

ceduto Roma e con essa le insegne imperiali e ampi territori in Oc-cidente a papa Silvestro e ai papi suoi successori250 da ciograve si facevaderivare la pretesa che spettasse alla Chiesa lrsquoautoritagrave di conferire ilpotere imperiale (Mon III X 1-2)251 Il poeta ammette come real-mente avvenuta la donazione costantiniana ma la considera non va-lida dimostrando prima che non era in potere di Costantino aliena-

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constitui imperium quoniam ubi principatus sacerdotum et christianae religionis ca-put ab imperatore caelesti constitutum est iustum non est ut illic imperator terrenushabeat potestatemraquo Per il testo del Constitutum Constantini si veda Das ConstitutumConstantini (Konstantinische Schenkung) herausgegeben von H FUHRMANN Han-nover Hansche Buchhandlung 1968 (Fontes iuris Germanici antiqui in usum schola-rum ex MGH separatim editi Bd X) riportato anche in FRIED Donation of Con-stantine and Constitutum Constantini cit Appendix B pp 129-37 Cfr anche GOEZTranslatio cit pp 53-55

250 Cosigrave il sect 17 del Constitutum laquoUnde ut non pontificals apex vilescat sed ma-gis amplius quam terreni imperii dignitas et gloriae potentia decoretur ecce tam pa-latium nostrum ut praelatum est quamque Romae urbis et omnes Italiae seu occi-dentalium regionum provincias loca et civitates seapefato beatissimo pontifici patrinostro Silvestrio universali papae contradentes atque relinquentes eius vel succes-sorum ipsius pontificum potestati et ditioni firma imperiali censura per hanc nostramdivalem sacram et pragmaticum constitutum decernimus disponenda atque iuri san-ctae Romanae ecclesiae concedimus permanendaraquo

251 Mon III X 1-2 laquoDicunt adhuc quidam quod Constantinus imperator mun-datus a lepra intercessione Silvestri tunc summi Pontificis Imperii sedem scilicetRomam donavit Ecclesie cum multis aliis Imperii dignitatibus Ex quo arguunt di-gnitates illas deinde neminem assummere posse nisi ab Ecclesia recipiat cuius eas es-se dicunt et ex hoc bene sequeretur auctoritatem unam ab alia dependere ut ipsi vo-luntraquo Il Constitutum nel tentativo di dare un fondamento giuridico e non piugrave soloteologico a quella identificazione fra romana ecclesia e Roma a cui abbiamo sopraaccennato (vd supra n 72 ) prestava il fianco a diverse obiezioni fra le quali la piugraveevidente era che il potere temporale del papa sarebbe dipeso in ultima istanza dal-lrsquoimperatore in quanto derivato da una sua concessione Nellrsquoambito della canonisticafurono perciograve elaborate argomentazioni di carattere teologico per reinterpretare ilConstitutum cosigrave nella Aeger cui levia documento composto nella curia di Inno-cenzo IV (papa dal 1243 al 1254) anche se forse non direttamente a lui attribuibilesi interpreta la donatio effettuata da Costantino dopo la conversione come la resti-tutio debita di un principatus che sarebbe spettato solo al papa in quanto unico vi-carius Christi e che da questi sarebbe stato poi riaffidato allo stesso Costantino BEL-LINI La coscienza del principe cit vol II pp 637-38 Ma Dante ldquotaglia alla radicerdquoquesta problematica dimostrando che lrsquoimperatore non puograve comunque ldquoalienarerdquolrsquoimpero (vd infra nel testo)

re la dignitagrave dellrsquoimpero (Mon III X 5-12) quindi che la Chiesa nonpoteva comunque ricevere questa dignitagrave (Mon III X 13-17) La pri-ma parte dellrsquoargomentazione quella che piugrave ci interessa si fonda suquattro motivi il primo (Mon III X 5-6) egrave che laquoa nessuno egrave con-sentito di fare mediante lrsquoufficio a lui affidato quello che egrave controlrsquoufficio stesso [hellip] ora egrave contrario allrsquoufficio affidato allrsquoImperato-re lo scindere lrsquoImpero dato che egrave suo compito di tenere il genereumano soggetto a uno solo volere e a un solo non volere come fa-cilmente puograve vedersi nel primo libro di questo scritto dunque al-lrsquoimperatore non egrave consentito di scindere lrsquoimperoraquo252 Il secondo(Mon III X 7-9) sostiene che come fondamento della Chiesa egrave Cri-sto il fondamento dellrsquoimpero egrave il ius humanum La Chiesa non puograveandare contro il suo fondamento ma laquocosigrave neppure allrsquoImpero egrave le-cito fare alcuncheacute contro il diritto umano Ma sarebbe contro il di-ritto umano che lrsquoImpero distruggesse seacute stesso [hellip] Poicheacute dun-que scindere lrsquoImpero significherebbe distruggerlo dal momentoche lrsquoImpero consiste nellrsquounitagrave della Monarchia universale egrave evi-dente che non egrave lecito scindere lrsquoimpero a chi dellrsquoimpero rappre-senta lrsquoautoritagraveraquo253 Il terzo motivo (Mon III X 10-11) si basa sul prin-cipio che laquoogni giurisdizione egrave prima del suo giudice il giudice in-fatti egrave ordinato alla giurisdizione non questa a quello ma lrsquoImperoegrave quella giurisdizione che nel suo ambito abbraccia ogni altra giuri-sdizione temporale dunque essa egrave prima del suo giudice che egrave lrsquoIm-

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252 Mon III X 5 laquoEt cum pertinaciter instant quod dico sic ostendi potest ne-mini licet ea facere per offitium sibi deputatum que sunt contra illud offitium quiasic idem in quantum idem esset contrarium sibi ipsi quod est inpossibile sed con-tra offitium deputatum Imperatori est scindere Imperium cum offitium eius sit hu-manum genus uni velle et uni nolle tenere subiectum ut in primo huius de facili vi-deri potest ergo scindere Imperium imperatori non licetraquo

253Mon III X 7-9 laquoPreterea sicut Ecclesia suum habet fundamentum sic et Im-perium suum Nam Ecclesie fundamentum Cristus est [hellip] Imperii vero fundamen-tum ius humanum est Modo dico quod sicut Ecclesie fundamento suo contrariarinon licet sed debet semper inniti super illud [hellip] sic et Imperio licitum non est con-tra ius humanum aliquid facere Sed contra ius humanum esset si se ipsum Impe-rium destrueret ergo Imperio se ipsum destruere non licet Cum ergo scindere Im-perium esset destruere ipsum consistente Imperio in unitate Monarchie universalismanifestum est quod Imperii auctoritate fungenti scindere Imperium non licet Quodautem destruere Imperium sit contra ius humanum ex superioribus est manifestumraquo

peratore poicheacute ad essa lrsquoImperatore egrave ordinato e non al contrarioDal che egrave chiaro che lrsquoImperatore non ha la facoltagrave di permutarlaraquo254Infine (Mon III X 12) laquose un Imperatore potesse staccare dalla giu-risdizione dellrsquoImpero una particella un altro potrebbe fare altret-tanto E siccome la giurisdizione temporale egrave finita e ogni cosa finitasi consuma con un numero finito di amputazioni ne seguirebbe chela prima giurisdizione potrebbe andare annientata il che egrave irragio-nevoleraquo255 Egrave stato da tempo dimostrato come le argomentazionidantesche rielaborate in modo originale e coerente con quanto af-fermato nei precedenti libri del trattato trovano riscontro in quellatradizione giuridica di parte imperiale (il cui precedente piugrave auto-revole egrave la Glossa Authenticorum di Accursio redatta nei primi de-cenni del XIII secolo) che ricorrendo al diritto romano aveva di-chiarato illegittima la donazione costantiniana Ai precedenti stu-di256 rimando quindi per un puntuale confronto fra questi paragrafidella Monarchia e tale tradizione257 Ho voluto comunque ripercor-

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254Mon III X 10 laquoPreterea omnis iurisdictio prior est suo iudice iudex enim adiurisdictionem ordinatur et non e converso sed Imperium est iurisdictio omnem tem-poralem iurisdictionem ambitu suo comprehendens ergo ipsa est prior suo iudice quiest Imperator quia ad ipsam Imperator est ordinatus et non e converso Ex quo pa-tet quod Imperator ipsam permutare non potest in quantum Imperator cum ab ea re-cipiat esse quod estraquo Cfr supra n 160

255Mon III X 12 laquosi unus Imperator aliquam particulam ab Imperii iurisdictio-ne discindere posset eadem ratione et alius Et cum iurisdictio temporalis finita sit etomne finitum per finitas decisiones assummatur sequeretur quod iurisdictio primaposset annichilari quod est irrationabileraquo

256 Fra questi ricordo solo gli ancora fondamentali studi di Nardi (B NARDI LalaquoDonatio Constantiniraquo e Dante in Nel mondo di Dante Roma Edizioni di Storia eLetteratura 1944 pp 107-60 ID Intorno ad una nuova interpretazione del terzo li-bro della Monarchia di Dante in Dal ldquoConviviordquo alla ldquoCommediardquo cit pp 151-313ID Dante e il laquoBuon Barbarossaraquo ossia Introduzione alla laquoMonarchiaraquo di Dante inDante Alighieri Opere Minori III1 cit pp 241-69) la puntuale analisi di G PU-LETTI La donazione di Costantino nei primi del rsquo300 e la laquoMonarchiaraquo di Dante inlaquoMedioevo e Rinascimentoraquo ns VII 1993 pp 113-35 e lrsquoampia disanima di S CRI-STALDI laquoRomanum Imperiumraquo e donazione di Costantino in Dante di fronte al Gioa-chimismo cit pp 223-392

257 Da osservare in particolare come Dante al principio evidenziato da Accursioe poi ripreso dai civilisti che lrsquoimperatore in quanto augustus deve augere e non mi-nuere lrsquoimperium sostituisca allrsquoinizio delle sue argomentazioni coerentemente conquanto affermato nei precedenti libri il principio della inscindibile unitagrave dellrsquoimpe-

rere lo svolgimento dellrsquoargomentazione percheacute mi sembra chiari-scano in modo esemplare attravero un caso storico o meglio pre-sunto tale quella concezione del diritto che come abbiamo vistonelle pagine precedenti egrave inscindibile in Dante dalla concezione delpotere imperiale il fatto che Dante contesti su base giuridica la do-nazione di Costantino conferma infatti la figura di un imperatorenon sovrano assoluto ma profondamente vincolato dal ius cosigrave co-me avevamo giagrave osservato anche nel Convivio258 e come viene riba-dito in special modo dallrsquoaffermazione (il terzo motivo) che la giuri-sdizione imperiale egrave prima dellrsquoimperatore che a questa egrave ordinatoEd egrave significativo il fatto che questo ius fondamento dellrsquoImperodiverso dal fondamento della Chiesa egrave da Dante indicato specifica-tamente come ius humanum

Nellrsquoantica Roma il ldquodiritto divinordquo ovvero quellrsquoinsieme di nor-me che regolavano il rapporto fra la comunitagrave civica e la divinitagrave dauna parte era concepito allrsquointerno del ius publicum come attesta lafamosa suddivisione ulpianea laquoPublicum ius in sacris in sacerdoti-bus in magistratibus consistitraquo (Digesto I112) dallrsquoaltra anchenella sua fase piugrave antica quando il monopolio della interpretazionegiurisprudenziale era in mano ai pontefici (IV secolo aC) il ius di-vinum era comunque distinto da quello humanum259 e questa di-

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ro paragonata ancora una volta alla tunica inconsutilis di Cristo (Mon III X 6 laquoSi er-go alique dignitates per Constantinum essent alienate ndash ut dicunt ndash ab Imperio etcessissent in potestatem Ecclesie scissa esset tunica inconsutilis quam scindere ausinon sunt etiam qui Cristum verum Deum lancea perforaruntraquo) questo percheacute ciograve checonta per lrsquoAlighieri non egrave unrsquoestensione per quanto ampia dellrsquoimpero ma la suauniversalitagrave condizione necessaria alla felicitagrave dellrsquouomo

258 Il che appare confermato anche delle epistole politiche dellrsquoAlighieri su cui cfrV RUSSO Le epistole politiche in laquoLetture Classensiraquo 1987 pp 69-78 specialmente pp73 s Interessante osservare che anche Bartolo da Sassoferrato nel De tyranno (datatoagli stessi anni del De regimine civitatis ndash 1355-1357 ndash e editato in QUAGLIONI Politi-ca e diritto nel trecento italiano cit pp 175-213) definisce il tiranno colui laquoqui in com-muni re publica non iure principaturraquo (cap II p 177) svolgendo poi e semplificandonel trattato un laquoduplice aspetto di antigiuridicitagrave da una parte per mancanza del tito-lo giuridico dallrsquoaltra in ragione dellrsquoesercizio perverso del potere legittimamente ac-quisitoraquo (ivi p 39)

259 Anche se la distinzione riguardava inizialmente solo lrsquooggetto del sapere giu-risprudenziale mentre il soggetto di tale sapere era comunque costituito dai pontefi-ci e la legittimitagrave del ius era dovuta alla sacralitagrave del responso alla connessione che i

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sacerdoti in quanto tali assicuravano fra il responso e la divinitagrave cfr i ldquoclassicirdquo RORESTANO Elemento divino ed elemento umano nel diritto di Roma in laquoRivista In-ternazionale di Filosofia del Dirittoraquo XXI 1941 pp 1-40 e F SCHULZ History of Ro-man Legal Science Oxford Clarendon Press 19532 trad it Storia della giurispru-denza romana Firenze Sansoni 1968 pp 34-71 che nellrsquoesposizione della giuri-sprudenza romana arcaica distingue al suo interno fra diritto sacro e diritto privato aseconda dellrsquooggetto del sapere giuridico dei pontefici

260 Cfr FONTANELLA Politica e diritto naturale nelDe legibus di Cicerone cit pp71-73

261 Cfr FASSOgrave Storia della filosofia del diritto I cit pp 139-43262 Anche se egrave ben noto che Agostino nel passo in cui parla di ius divinum pro-

prio in rapporto alla sacre scritture (laquoDivinum Ius in Scripturis habemusraquo AUG InIohannis Evangelium tr VI 25) riporta in realtagrave il pensiero dei suoi oppositori cioegravedei donatisti che in nome di un ldquopresuntordquo ius divinum rivendicavano la proprietagrave ec-clesiastica di ville e poderi mentre Agostino sostiene che la proprietagrave dei beni mate-riali va gestita in base al ius humanum ovvero alle leggi romane (ibidem) per una sin-tesi storica sullrsquouso e sul significato di questa ldquoformulardquo si puograve vedere P GHERRI Iusdivinum inadeguatezza di una formual testuale in Ius divinum Atti del XIII Conve-gno di Diritto Canonico (Venezia 17-21 settembre 2008) a cura di JI Arrieta co-ordinatore edizione C-M Fabris Venezia Marcianum Press 2010 pp 465-88

263 Cfr TOMMASO Summa Theol Ia-IIae q 91 a 4264 Cfr Mon III XIII 4 laquoomnis nanque divina lex duorum Testamentorum gremio

contineturraquo

stinzione si era meglio definita col progressivo sorgere e imporsi inetagrave repubblicana di un ius civile appannaggio di specialisti laici260Dopo la nascita del Cristianesimo quella societas cristiana che egrave laChiesa crescendo e iniziando ad organizzarsi come ogni societagraveespresse anche delle norme giuridiche tratte dal Vangelo e dalle tra-dizioni apostoliche con cui regolare la vita dei suoi membri le ge-rarchie gli organi amministrativi e legislativi le sanzioni etc261 in-somma tutto ciograve che dopo la svolta costantiniana riguardava sem-pre piugrave persone che erano allo stesso tempo membri della Chiesa ecives dellrsquoimpero e che in seguito fissato in decisioni conciliari oproclamato nel corso dei secoli da pontefici avrebbe dato origine aldiritto canonico Con ius divinum (o lex divina) si venne pertantoad indicare nella terminologia patristica262 e poi nella tradizione me-dievale pur con un certo sovrapporsi di significati in cui metteragrave or-dine Tommaso drsquoAquino quel complesso di norme che si volevanoderivate dalla parola rivelata di Dio innanzitutto tramite le scrittu-re263 come anche Dante mostra di intendere264 Questo ius divinum

a differenza dellrsquoantico ius sacrum pagano era quindi ab initio ete-rogeneo rispetto al ius pubblico e da ciograve poteva derivare insieme auna distinzione piugrave netta di quella pur presente nel diritto romanofra ius divinum e humanum anche una piugrave netta distinzione fra gliambiti di competenza delle due autoritagrave preposte a ciascuno ius co-me giagrave i primi cristiani avevano evinto dallrsquoevangelico laquorendere aCesare quel che egrave di Cesare e a Dio quel che egrave di Dioraquo (Mt 22 21)e dalla Lettera ai Romani di Paolo (Rm 13 1-7) e come aveva rico-nosciuto papa Gelasio I in una famosa lettera rivolta alla fine del Vsecolo allrsquoimperatore Anastasio

Duo sunt quippe imperator auguste quibus principaliter mundus hicregitur auctoritas sacrata pontificum et regalis potestas [hellip] Si enim quan-tum ad ordinem publicae pertinet disciplinae cognoscentes imperium tibisuperna dispositione conlatum legibus tuis ipsi quoque parent religionis an-tistites ne vel in rebus mundanis exclusae [hellip] videantur obviare sententiaequo oro te decet affectu eis et convenit oboedire qui praerogandis venera-bilibus sunt attributi mysteriis265

Il diritto giustinianeo sembra far propria questa distinzionequando nella VI delle Novellae afferma laquoMaxima quidem in homi-nibus sunt dona Dei a superna collata clementia sacerdotium et im-perium illud quidem divinis ministrans hoc autem humanis prae-sidens ac diligentiam exhibensraquo (Nov 6 pr)266 E infatti la glossa diAccursio sulla Donatio Constantini sopra ricordata si apre com-mentando una voce della praefatio a questa Novella da cui il giuri-

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265 Epistola VIII ad Anastasium imperatorem in PL LIX col 42 su cui ora si puogravevedere R RONZANI La lettera laquoFamuli uestrae pietatisraquo di Gelasio di Roma allrsquoimpe-ratore Anastasio I (CPL 1667 Ep 8) in laquoAugustinianumraquo 51 2011 pp 501-49 e p512 laquoGelasio nella lettera Famuli uestrae pietatis riferendosi alle due realtagrave che reg-gono il mondo non ha di mira rivendicazioni di carattere politico Al contrario il ve-scovo vuole ricordare che la regalis potestas ha il suo specifico ambito di esercizio in-discusso e invalicabile da parte anche dei vescovi Al contempo perograve ndash ed egrave questoche preme soprattutto ricordare al presule romano ndash egrave invalicabile lrsquoambito di eser-cizio dellrsquoauctoritas sacrata pontificum vale a dire dellrsquoautoritagrave specificamente eccle-siale dei vescovi in materia di dottrina e di disciplina ecclesiasticaraquo

266 Ma cfr anche Cod 1317 pr (Imperatores Honorius Theodosius) laquoPlacetnostrae clementiae ut nihil commune clerici cum publicis actibus vel ad curiam per-tinentibus cuius corpori non sunt adnexi habeantraquo

sta evince che laquoApparet ergo quod nec papa in temporalibus necimperator in spiritualibus se debent immiscereraquo267 Solo che questaNovella indirizzata nel 535 allrsquoarcivescovo di Costantinopoli si oc-cupava proprio di stabilire come recita il titolo laquoQuomodo opor-teat episcopos et reliquos clericos ad ordinationem deduci et de ex-pensis ecclesiarumraquo mostrando che lrsquoimperatore ritiene suo compi-to specifico di intervenire in divinis (laquoNos igitur maximam habemussollicitudinem circa vera dei dogmata et circa sacerdotum honesta-temraquo) come del resto si puograve evincere dai titoli dei primi articoli rac-colti nel I libro del Codex dovuti oltre che a Giustiniano agli im-peratori della fine del IV secolo e del V a partire da Teodosio268 In-somma giagrave alcuni decenni dopo lrsquoeditto di Costantino e poi sempredi piugrave nei secoli successivi si rivelograve per dirla collrsquoefficace sintesi diNardi che laquoil principio proclamato da Gelasio era saggio ma di dif-ficile applicazione Tanto vero che non riuscigrave a impedire nuovi esempre piugrave gravi conflitti per lrsquoingerenza da una parte dellrsquoautoritagravecivile nel governo della Chiesa ad esempio nella nomina dei vesco-vi e per la tendenza a fare della Chiesa uno strumento di dominio po-litico e dallrsquoaltra per la contraria tendenza sempre piugrave accentuatada parte della Curia papale a limitare il campo della giurisdizioneimperialeraquo269

Quanto abbiamo ricordato se pur in modo un porsquo approssima-tivo aiuta a comprendere meglio lrsquoimportanza del riferimento dan-tesco al ius humanum lrsquoaggettivo humanum specifica infatti che que-sto ius egrave di nuovo il diritto romano senzrsquoaltro conforme alla naturaalla volontagrave e alla mente di Dio (cosigrave abbiamo visto emergere dal-lrsquoanalisi complessiva della Monarchia)270 ma che non deriva dalla Ri-

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267 ACCURSIO Apparatus in Authentica Coll I tit VI (= Novella VI) pr v confe-rens generi Nella Glossa si rimanda fra altri passi del Corpus giustinianeno anche aCod 1317 che ho riportato alla nota precedente

268 Cfr eg Cod110 De summa trinitate et de fide catholica et ut nemo de ea pu-blice contendere audeat Cod120 De sacrosanctis ecclesiis et de rebus et privilegiis ea-rum Cod130 De episcopis et clericis et orphanotrophis et brephotrophis et xenodochiset asceteriis et monachis et privilegio eorum et castrensi peculio et de redimendis capti-vis et de nuptiis clericorum vetitis seu permissis Cod140 De episcopali audientia etde diversis capitulis quae ad ius curamque et reverentiam pontificalem pertinent etc

269 NARDI Dal ldquoConviviordquo alla ldquoCommediardquo (Sei saggi danteschi) cit p 155 270 La formula ius humanum laquorichiama lrsquoinsieme dei ragionamenti presentati

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nei primi due libri dellrsquoopera lrsquoimpero egrave la forma di governo voluta da Dio e dallanatura (primo libro) e il diritto corrisponde a ciograve che Dio vuole riguardo alla societagraveumana (II II 6) [hellip] questo concetto di diritto naturale egrave uno dei presupposti fon-damentali dellrsquooperaraquo CHIESA-TABARRONE Commento in Monarchia cit p 203ad III X 7

271 laquoFondamento dellrsquoImpero egrave per Dante Dio stesso ciograve non porta benintesolrsquoautore della Monarchia a individure il corrispettivo fondamento giuridico nel dirittodivino cioegrave nella Rivelazione lo induce piuttosto a porre il diritto come discenden-te dal volere di Dio [hellip] (II II 5) Se cosigrave egrave la legge promulgata dallrsquoimperatore egrave ta-le nella misura in cui realizza unrsquoadeguazione a quellrsquoistanza trascendente e a una si-mile legge egli pure egrave vincolatoraquo CRISTALDI laquoRomanum Imperiumraquo e donazione diCostantino cit p 325-26 Osserviamo che anche Manfredi figlio di Federico II di-fende lrsquoautonomia dellrsquoimpero proprio sulla base del ius humanum cfr A FRUGO-NI Il Manifesto di Manfredi ai Romani Palermo Palumbo 1951 con il testo alle pp21-42

272 Ancora nel X capitolo secondo il testo di Nardi e del sito della Societagrave Dan-tesca nellrsquoXI nellrsquoedizione di Shaw seguita da CHIESA-TABARRONE a partire da que-sto passo quindi il numero del capitolo a cui si riferisce il commento di CHIESA-TA-BARRONE non coincide piugrave (in quanto egrave superiore di una unitagrave) con quello del testoda me seguito

273Mon III X 18-19 laquoAdhuc dicunt quod Adrianus papa Carolum Magnum si-bi et Ecclesie advocavit ob iniuriam Longobardorum tempore Desiderii regis eorumet quod Carolus ab eo recepit Imperii dignitatem non obstante quod Michael impe-rabat apud Constantinopolim Propter quod dicunt quod omnes qui fuerunt Roma-norum Imperatores post ipsum et ipsi advocati Ecclesie sunt et debent ab Ecclesiaadvocari ex quo etiam sequeretur illa dependentia quam concludere voluntraquo

274 Quando Carlo Magno sconfisse Desiderio effettivamente era papa Adriano I

velazione271 ed egrave quindi indipendente dallrsquoautoritagrave ecclesialeIl secondo e ultimo argomento storico che Dante discute272 egrave

quello dellrsquoincoronazione imperiale di Carlo Magno da parte del pa-pa

Dicono altresigrave che papa Adriano tolse a difensore suo e della Chiesa Car-lo Magno contro le offese dei Longobardi al tempo del loro re Desiderio eche Carlo ricevette da lui la dignitagrave dellrsquoimpero nonostante che Michele fos-se imperatore di Costantinopoli Per il qual fatto dicono che tutti coloro chedopo di lui furono imperatori dei Romani sono difensori della Chiesa e talidebbono essere dalla Chiesa ritenuti dal che seguirebbe pure quella dipen-denza che essi pretendono inferirne273

Nonostante lrsquoimprecisione dei dati storici forniti dallrsquoAlighieri274

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che incoronograve Carlo re drsquoItalia nel 781 ma quando fu incoronato imperatore nel Na-tale dellrsquo800 era papa Leone III Inoltre a Costantinopoli non regnava Michele I malrsquoimperatrice Irene fatto questo che venne enfatizzato nelle fonti antiche come legit-timante la translatio sostenendo che il trono imperiale si poteva ritenere vacante inquanto occupato da una donna cosigrave ad esempio negli Annali di Lorsch (in Monu-menta Germaniae Historica Scriptores I Hannoverae Impensis Bibliopolii AuliciHahniani 1826 p 38) e nella Cronaca di Moissac (ivi pp 305-306) La fonte di Dan-te potrebbe essere stata il Decretum Gratiani (1 dist 63 22) cfr CHIESA-TABARRONECommento inMonarchia cit p 207 ad III XI 1

275 Vd supra n 1276 Vd supra n 251277 I documenti dei giuristi elaborati fra il XII e il XIII secolo mostrano come in

questo periodo si promuova una laquoaccezione sacrale e ministeriale che segna lrsquoImpe-ro cristiano nellrsquoetagrave intermedia differenziandolo dalla visione piugrave strettamente poli-tica propria dellrsquoimpero di diretta derivazione romana Lrsquoimperatore non egrave solo Si-gnore politico del mondo Egrave anche (diremmo soprattutto) lrsquoavvocato e il difensoredella Chiesa Lo egrave per decretazione superna di Dio stesso qual dalla Chiesa inter-pretata in guisa autenticaraquo cfr P BELLINI DOMINUS TOTIUS MUNDI LrsquoImpera-tore dei romani e i popoli estranei al popolo romano (sec XII-XIV) in Popoli e spazioromano tra diritto e profezia (Da Roma alla terza Roma Documenti e studi Collezio-ne diretta da P Catalano e P Siniscalco) Napoli Edizioni Scientifiche Italiane 1986pp 247-87 p 264 e pp 264-65 n 42 con ampia documentazione

egrave evidente come qui si alluda tramite anche il riferimento allrsquoimpe-ratore di Costantinopoli alla translatio imperii teoria presuppostalo abbiamo accennato allrsquoinizio anche nel VI canto del Paradiso275Lrsquoincoronazione di Carlo Magno non egrave quindi collegata dallrsquoAlighierialla donazione di Costantino (anche se i due episodi sono accomu-nati nella Monarchia in quanto costituiscono i due argomenti ldquosto-ricirdquo sostenuti dai suoi avversari) In effetti data lrsquoinnegabile ambi-guitagrave delle argomentazioni desumibili dal Constitutum276 gran par-te della pubblicistica di parte papale pur attribuendo allrsquoincorona-zione di Carlo Magno un valore di precedente storico convalidantela pretesa pontificia di avere lrsquoultima parola sul conferimento del ti-tolo imperiale fondava la legittimitagrave di tale precedente non sulleprerogative che il papa avrebbe ricevuto dal Constitutum quantopiuttosto sulla concezione del ruolo dellrsquoimperatore come advoca-tus ecclesiae277 secondo unrsquoidea solidaristica dei rapporti fra le duemassime autoritagrave che poteva essere chiamata in causa anche per giu-stificare lrsquointervento della Chiesa in temporalibus quando questa lo

ritenesse necessario o opportuno278 Dante non mette in dubbio ilruolo imperiale di advocatus ecclesiae che riconosceragrave esplicitamentea Carlo Magno nel VI canto del Paradiso (VI 96) e nemmeno che siaavvenuta una translatio a Graecis ad Francos ma sostiene che lrsquoautoredella translatio non sia stato il papa in quanto questi compigrave un attoillegittimo e laquolrsquousurpazione di un diritto non crea diritto altrimen-ti si potrebbe chiamare in causa unrsquoaltra vicenda storica ndash la depo-sizione di papa Benedetto V da parte dellrsquoimperatore Ottone I ndash perdimostrare la tesi oppostaraquo279 Dante chiude quindi velocementequesta vexata quaestio con la massima probabilmente da lui stessoconiata che usurpatio iuris non facit ius il motivo per cui lrsquoincoro-nazione di Carlo Magno sia da intendere come un usurpatio iurisqui a differenza di quanto avvenuto per la donazione di Costantinonon viene dimostrato (e si comprenderagrave in realtagrave solo nei successivicapitoli XII-XV dove si proveragrave che lrsquoautoritagrave imperiale puograve dipen-dere solo e direttamente da Dio)280 ma egrave comunque ancora una vol-ta tramite il diritto (o meglio in questo caso tramite la sua ldquoevoca-zionerdquo) che Dante inficia la presunta capacitagrave di un fatto storico dicostituire un precedente legittimante a una pretesa di per seacute privasecondo lrsquoautore di qualsiasi legittimitagrave

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278 Secondo una linea di pensiero preponderante fino ad Innocenzo III si ritenevache la Chiesa fosse chiamata ad intervenire in temporalibus ambito pur riconosciutodi specifica competenza del potere politico quando questrsquoultimo ratione peccati o an-che per semplice incompetenza non fosse in grado di assolvere il suo compito per unadettagliata analisi delle fonti si puograve vedere tutta la Parte Prima Il sistema curialisticoclassico in BELLINI La coscienza del principe cit vol I pp 87-615 passim

279 Cosigrave sintetizzano CHIESA-TABARRONE Commento in Monarchia cit p 207 adIII XI

280 Terminata la confutazione delle tesi degli avversari in questi capitoli Dante so-stiene la sua tesi dimostrando prima per via negativa che lrsquoimpero non dipende dallaChiesa percheacute la Chiesa non ne egrave la causa (XII) percheacute nessuna fonte ha attribuito al-la Chiesa il potere di conferire lrsquoimpero (XIII) e inoltre percheacute tale potere non fa par-te di quelli della Chiesa in quanto egrave contro la sua stessa natura (XIV) Infine nel XV ca-pitolo su cui ci soffermeremo brevemente dimostreragrave per via positiva che lrsquoautoritagravedellrsquoimpero dipende direttamente da Dio

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281 Cfr supra n 25 CHIESA-TABARRONE nel loro Commento (in Monarchia cit p209-10 ad III XII 1) chiariscono attraverso riferimenti a fonti antiche e medievali co-me la formulazione di questo principio in questo passo della Monarchia risenta del-la commistione fra lrsquoaccezione originale che laquosi applica rigorosamente solo allrsquointer-no delle distinzioni categoriali proprie dellrsquoontologia aristotelicaraquo e il laquoben diversoprincipio neoplatonico secondo cui tutto deriva dallrsquouno e allrsquouno puograve essere ricon-dottoraquo

282Mon III XI 1-2 laquoRatione vero sic arguunt Summunt etenim sibi principiumde decimo Prime phylosophie dicentes omnia que sunt unius generis reducuntur adunum quod est mensura omnium que sub illo genere sunt sed omnes homines suntunius generis ergo debent reduci ad unum tanquam ad mensuram omnium eorumEt cum summus Antistes et Imperator sint homines si conclusio illa est vera oportetquod reducantur ad unum hominem Et cum Papa non sit reducendus ad alium re-linquitur quod Imperator cum omnibus aliis sit reducendus ad ipsum tanquam admensuram et regulam propter quod sequitur etiam idem quod voluntraquo

283 CHIESA-TABARRONE Commento in Monarchia cit p 211 ad III XII 3

28 laquoMaxime debet intendere [hellip] romanus Princeps ut [hellip] li-bere cum pace vivaturraquo (Mon III XV 11)

Le conclusioni della Monarchia sono fra gli argomenti piugrave discussinegli studi sullrsquoopera e sulla concezione politica di Dante e vi accen-nerograve quindi soltanto per ciograve che riguarda piugrave specificatamente lrsquoog-getto di questo studio Per meglio comprendere proprio lrsquoultimo ca-pitolo del trattato mi sembra perograve prima opportuno richiamare lrsquouni-co argomento laquodi ragioneraquo che Dante confuta nellrsquoXI capitolo ovve-ro quello che in base al giagrave ricordato principio della reductio adunum281 postulava che tutti gli uomini appartenendo allo stesso ge-nere dovessero essere ricondotti a un solo uomo e laquosiccome il som-mo Pontefice e lrsquoImperatore sono uomini se quella conclusione egrave ve-ra bisogna che siano ricondotti a un solo uomo Ora poicheacute non egraveconsentito di ricondurre il Papa ad altro uomo rimane che lrsquoimpe-ratore insieme a tutti gli altri uomini deve essere ricondotto a lui co-me a misura e regolaraquo282 Nella sua confutazione lrsquoAlighieri accetta ilprincipio della reductio ad unum ma non la sua applicazione al papae allrsquoimperatore in quanto essi sarebbero riconducibili ad un unicouomo laquosolo ldquoin quanto uominirdquo (cioegrave in relazione alla loro natura so-stanziale) e non ldquoin quantordquo rispettivamente ldquopapardquo e ldquoimperatorerdquo(che riguarda invece la loro natura accidentale)raquo283

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284 Ivi p 209 ad III XII285 BELLINI DOMINUS TOTIUS MUNDI LrsquoImperatore dei romani e i popoli

estranei al popolo romano (sec XII-XIV) cit p 261 che cosigrave sintetizza parlando diunrsquolaquoidea solidaristica (imperium et sacerdotium sunt ut frater et soror) insita negli sche-mi integralistici della medievale civitas christiana tutta strutturata ndash nellrsquointerezza deisuoi tratti ndash in ragione della proiezione finale oltreterrena degli homines viatores Sivedeva il popolo cristiano consegnato ndash per decretazione provvida di Dio ndash alla cor-responsabile premura di quei due massimi apparati di governo di quelle due supre-mae auctoritates legate lrsquouna allrsquoaltra da unrsquoamicizia vicissim fortissima tutte e due or-dinate (ciascuna a modo suo secundum intellectum et vires suas) al bonum animaequod est maximumraquo

286 Cfr ivi p 265 laquola stessa logica unitaria [hellip] veniva a militare a favore dellapotestagrave vicaria in una unica personaraquo come aveva affermato il cardinale Ostiense (XIIIsecolo) nella sua Lectura alla Per venerabilem di Innocenzo III laquosicut enim ponere duoprincipia haereticum est [hellip] et sic ponere duos vicarios generales et sibi aequales interris haereticum videtur [hellip] vita igitur opinionem contrariam monstruosamraquoOSTIENSE Lectura in cap 13 Per venerabilem X qui filii sint legitimi 4 17 s vers Ple-nitudinem potestatis n 36

287Mon III XV 7 laquobeatitudinem scilicet huius vite que in operatione proprie vir-

Lrsquoargomento della reductio ad unum laquoun caposaldo della partepapaleraquo284 pur se confutato sul piano della logica non poteva co-munque di fatto essere messo a tacere se non si entrava nel meritodi quella concezione unitaria propria del mondo medievale secondola quale tutta la civitas egrave civitas christiana ovvero la societagrave coincidecon la Chiesa ed egrave quindi orientata anche su questa terra a rag-giungere il bonum animae285 dati questi presupposti difficilmentelrsquoimperatore poteva infatti risultare autonomo dalla suprema auto-ritagrave ecclesiastica anche in quellrsquoambito di sua specifica competenzache era la guida della societagrave civile286

Ora nel capitolo XV del III libro della Monarchia Dante dopoaver enunciato il principio metafisico secondo il quale lrsquouomo inquanto unione di corpo e anima partecipa sia alla natura corrutti-bile che a quella incorruttibile ognuna delle quali egrave orientata versoun suo proprio ultimo fine (sectsect 3-6) sostiene che di conseguenza duofines sono posti dalla provvidenza allrsquouomo vale a dire laquola beatitu-dine di questa vita consistente nellrsquoesplicazione delle proprie facol-tagrave [hellip] e la beatitudine della vita eterna consistente nel godimentodella visione di Dio cui la la virtugrave propria dellrsquouomo non puograve giun-gere senza il soccorso del lume divinoraquo287 Alla prima beatitudine

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tutis consistit [hellip] et beatitudinem vite ecterne que consistit in fruitione divini aspec-tus ad quam propria virtus ascendere non potest nisi lumine divino adiutaraquo

288Mon III XV 8 laquoNam ad primam per phylosophica documenta venimus dum-modo illa sequamur secundum virtutes morales et intellectuales operando ad secun-dam vero per documenta spiritualia que humanam rationem transcendunt dummo-do illa sequamur secundum virtutes theologicas operando fidem spem scilicet et ka-ritatemraquo

289 Vd supra n 64290 Egrave infatti ben noto che nel penultimo paragrafo della Monarchia (III XV 17) si

precisa che lrsquoImperatore non egrave in assoluto svincolato da una certa sottomissione alPapa dato che la felicitagrave terrena egrave quodammodo ordinata a quella immortale laquoQuequidem veritas ultime questionis non sic stricte recipienda est ut romanus Princepsin aliquo romano Pontifici non subiaceat cum mortalis ista felicitas quodammodo adinmortalem felicitatem ordineturraquo (Mon III XV 17 dove come opportunamente sot-tolineano CHIESA-TABARRONE Commento in Monarchia cit pp 241-42 ad III XVI 17lrsquoavverbio quodammodo non ha laquoun significato approssimativoraquo quanto piuttostolaquouna sua valenza tecnico-filosoficaraquo) Di tutto ciograve che egrave stato scritto su questo passoriporto solo percheacute la condivido pienamente questa osservazione di Cristaldi (CRI-STALDI laquoRomanum Imperiumraquo e donazione di Costantino cit p 299) laquoOnde scan-sare rischiosi fraintendimenti ribadiremo che questo separare non significa affattocontrapporre ci troviamo di fronte a un laico cristiano il quale egrave davvero remoto dacerte moderne preclusioni nei confronti della fede [hellip] Mantenendo che la felicitagrave ter-rena ldquoquodammodo ad inmortalem felicitate ordinaturrdquo (III xv 17) e che il sapere

laquonoi perveniamo per mezzo delle dottrine filosofiche purcheacute le se-guiamo praticando le virtugrave morali e quelle intellettuali alla secondainvece giungiamo per mezzo degli insegnamenti divini che trascen-dono la ragione umana purcheacute li seguiamo praticando le virtugrave teo-logicheraquo288 Anche nel IV trattato del Convivio lo ricordiamo in unpasso che molto si avvicina a questo della Monarchia Dante aveva af-fermato che le laquooperazioni delle morali virtudiraquo portano a una feli-citagrave laquoquasi imperfetta nella vita attivaraquo quelle laquodelle virtudi intel-lettualiraquo a una felicitagrave laquoperfetta quasi nella [vita contemplativa]raquo epoi che queste laquodue operazioni sono vie espedite e dirittissime a me-nare alla somma beatitudine la quale qui non si puote avereraquo (ConvIV XXII 18)289 Aveva quindi stabilito una distinzione ma con un pre-ciso ordine gerarchico che risulta invece assente in questo passo del-la Monarchia anche se per quanto riguarda il rapporto fra felicitagraveterrena e felicitagrave eterna tale ldquoordinerdquo saragrave ldquoin qualche modordquo ri-preso alla fine dellrsquoopera in una famosa e discussa asserzione290 Ma

prima del ldquofinalerdquo quello che si ribadisce egrave che per quanto riguar-da la felicitagrave in questa vita sono sufficienti le virtugrave morali e quelle in-tellettuali dato che come ha chiarito allrsquoinizio del I libro del tratta-to il bene esse mundi consiste nel fatto che lrsquoumanitagrave unita nella pa-ce possa attuare quellrsquooperazione che le egrave propria e che costituisceil suo fine ovvero tutta la potenza dellrsquointelletto291 Dato perograve chetutto questo laquolrsquoumana cupidigia se lo butterebbe dietro le spalleraquo292

se gli uomini non fossero costretti come si costringono i cavalli a se-guire una certa via laquofu necessaria allrsquouomo una duplice guida corri-spondente al duplice fine cioegrave il sommo Pontefice che conducesseil genere umano alla vita eterna per mezzo delle dottrine rivelate elrsquoImperatore il quale indirizzasse il genere umano alla felicitagrave tem-porale per mezzo degli insegnamenti della filosofiaraquo293 Lrsquoafferma-zione del ldquoduplice finerdquo del genere umano egrave quindi ciograve che permet-te a Dante di fondare lrsquoindipendenza del ruolo politico dellrsquoimpera-tore dallrsquoautoritagrave ecclesiastica294 ponendo quindi in sostanza i pre-

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umano viene compiuto dalla Rivelazione Dante recupera unrsquoarmonia di fondo tra lesfere che ha pur voluto scindere Ma certo la sua egrave una ricomposizione che non cor-risponde piugrave allrsquounitagrave tradizionalmente presupposta dal medioevo cristiano e a ben ve-dere nemmeno a quella di Tommaso drsquoAquino assertore di una distinzione nella su-bordinazione Nella Monarchia infatti i due ordini di realtagrave distinti trovano la lorosintesi solo in un punto di fuga trascendenteraquo

291Mon I IV 1-2 laquoSatis igitur declaratum est quod proprium opus humani generistotaliter accepti est actuare semper totam potentiam intellectus possibilis [hellip] Genushumanum in quiete sive tranquillitate pacis ad proprium suum opus [hellip] liberrimeatque facillime se habet Unde manifestum est quod pax universalis est optimum eo-rum que ad nostram beatitudinem ordinanturraquo

292Mon III XV 9 laquoHas igitur conclusiones et media licet ostensa sint nobis hecab humana ratione que per phylosophos tota nobis innotuit hec a Spiritu Sancto quiper prophetas et agiographos qui per coecternum sibi Dei filium Iesum Cristum etper eius discipulos supernaturalem veritatem ac nobis necessariam revelavit humanacupiditas postergaret nisi homines tanquam equi sua bestialitate vagantes ldquoin camoet frenordquo compescerentur in viaraquo cfr supra n 22

293Mon III XV 10 laquoPropter quod opus fuit homini duplici directivo secundumduplicem finem scilicet summo Pontifice qui secundum revelata humanum genusperduceret ad vitam ecternam et Imperatore qui secundum phylosophica documentagenus humanum ad temporalem felicitatem dirigeretraquo

294 Cosigrave come fra gli altri giagrave avevano ben evidenziato Gilson e Nardi cfr eg per-cheacute i passi in cui sostengono questa interpretazione sono numerosi GILSON Dante e

supposti non solo di una laquolaicizzazione della sfera politicaraquo ma an-che di una concezione della societagrave civile ovvero della laquocomunitagravedellrsquoimpero [hellip] per sua natura [hellip] cosmopolita essere degli ldquoani-mali razionalirdquo egrave il solo titolo richiesto per divenirne cittadiniraquo295tutta lrsquoumanitagrave egrave infatti unita da un fine la temporalis felicitas chelaquopuograve essere raggiunta dallrsquouomo in quanto tale senza far ricorso al-la grazia divina essa era disponibile prima della venuta di Cristocosigrave come era disponibile la veritas o quanto meno la veritas basatasui principii della ragione e della filosofiaraquo296 Ma siccome anche aquesta felicitagrave terrena laquonessuno o tuttrsquoal piugrave pochi e anche questicon estrema difficoltagrave saprebbero giungere se il genere umano se-date le tempeste della cupidigia che lo ammalia non si acqueta nel-la bonaccia della paceraquo Dante definisce ulteriormente il compitodellrsquoimperatore laquoquesta egrave la mira a cui deve volgere soprattutto gliocchi il tutore del mondo (curator orbis) che si chiama il Principe

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la filosofia cit p 194 laquoLa cosa piugrave notevole nellrsquoatteggiamento di Dante egrave peraltroche egli abbia compreso [hellip ] che non egrave possibile sottrarre totalmente il temporale al-la giurisdizione dello spirituale se non sottraendo totalmente la filosofia alla giurisdi-zione della teologiaraquo B NARDI Il concetto dellrsquoimpero nello svolgimento del pensierodantesco in ID Saggi di Filosofia Dantesca cit pp 215-75 p 253 laquodallrsquoautonomia delfine naturale dellrsquouomo di fronte al fine soprannaturale Dante deduce direttamentelrsquoautonomia e indipendenza del potere civile di fronte a quello ecclesiasticoraquo

295 IMBACH Quattro idee sul pensiero politico di Dante Alighieri cit pp 51-52che poi perograve osserva laquoQuesta fiducia nellrsquouniversalitagrave della ldquoragionerdquo fa problema peril lettore di oggi non diversamente dalla formulazione che dallrsquoaltra discende del-lrsquoesistenza di un unico diritto universale La voce dellrsquoAlighieri contraddice certe esi-tazioni contemporanee Chiama in giudizio forse le violazioni di diritti alle quali noiassistiamo Cosigrave facendo in ogni caso incita ancora alla riflessione su questi temiraquo Ecosigrave viene infatti da ldquoriflettererdquo che non sia forse un caso che questa fiducia in una pos-sibile unitagrave del genere umano fondata ldquolaicamenterdquo sullrsquouniversalitagrave della ragione siastata tanto potentemente espressa da un uomo ldquoprofondamente religiosordquo

296 CHIESA-TABARRONE Introduzione in Monarchia cit p XLV Ma anche CHIE-SA-TABARRONE osservano che si tratta di laquouna visione in apparenza laica ma ancheuna visione teologica percheacute questa unitarietagrave del genere umano fa parte di un ordi-ne delle cose voluto da Dio e governato dalla provvidenza La felicitagrave che si puograve con-seguire in questo mondo e la felicitagrave dellrsquoeternitagrave sono fra loro autonome e procedo-no per vie diverse ma non sono indipendenti come egrave vero che il mondo terreno egrave so-miglianza del mondo celesteraquo Del resto precisazioni analoghe le avevamo giagrave espres-se a proposito della ldquolaicitagraverdquo delle virtugrave del Convivio

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297Mon III XV 11 laquoEt cum ad hunc portum vel nulli vel pauci et hii cum diffi-cultate nimia pervenire possint nisi sedatis fluctibus blande cupiditatis genus hu-manum liberum in pacis tranquillitate quiescat hoc est illud signum ad quod maxi-me debet intendere curator orbis qui dicitur romanus Princeps ut scilicet in areolaista mortalium libere cum pace vivaturraquo Mi pare interessante osservare che ancheTommaso ma a proposito della veritagrave su Dio (per la quale anche Dante ritiene ne-cessaria la rivelazione) aveva affermato laquoQuia veritas de Deo per rationem investi-gata a paucis et per longum tempus et cum admixtione multorum errorum hominiproveniret a cuius tamen veritatis cognitione dependet tota hominis salus quae inDeo est Ut igitur salus hominibus et convenientius et certius proveniat necessariumfuit quod de divinis per divinam revelationem instruantur Necessarium igitur fuitpraeter philosophicas disciplinas quae per rationem investigantur sacram doctrinamper revelationem haberiraquo Summa Theologiae I q 1 art 1

298 Come giustamente sottolineano CHIESA-TABARRONE Commento in Monar-chia cit p 242 ad III XVI 17 laquoDante cambia interlocutore lrsquoinvito egrave rivolto allrsquoim-peratore non piugrave al papa che ndash insieme ad altri cristiani mal consigliati dal loro ec-cesso di zelo verso la Chiesa ndash egrave stato il destinatario del terzo libro e neppure ai sa-pienti in generale che sono il pubblico dellrsquointero trattato e ai quali sono indirizzati iparr 15-16raquo

299 Mon III XV 18 laquoIlla igitur reverentia Cesar utatur ad Petrum qua primoge-nitus filius debet uti ad patrem ut luce paterne gratie illustratus virtuosius orbem ter-re irradiet cui ab Illo solo prefectus est qui est omnium spiritualium et temporaliumgubernatorraquo Sul significato da attribuire al passo cfr supra n 289 Per il Convivio vdsupra e n 105 Ancora CHIESA-TABARRONE ibidem osservano che laquoil tono che Dan-te assume qui egrave quello del profeta veterotestamentario che si rivolge al sovrano co-me portatore dei messaggi di Dioraquo

300 Il vocabolo curator appartiene evidentemente allrsquoambito giuridico e indica

romano che nellrsquoaiuola terrena si viva liberi nella paceraquo (Mon III XV11)297 E il trattato si chiude con un passo (Mon III XV 18) in cuicambiando improvvisamente interlocutore298 lrsquoAlighieri si rivolgedirettamente a laquoCesareraquo assumendo cosigrave in modo esplicito quel ruo-lo di ldquoguidardquo della suprema autoritagrave politica che avevamo giagrave vistoemergere dal Convivio299

Per il tema di questo lavoro quello che piugrave ci interessa egrave che inquesti ultimi capitoli del III libro della Monarchia viene ripropostauna figura di imperatore che non solo non contraddice ma anzi rias-sume le caratteristiche viste nei libri precedenti del trattato o anchenel Convivio lrsquoimperatore di Dante vincolato e caratterizzato dal di-ritto e dalla filosofia egrave quel curator orbis (e di nuovo la terminologiaegrave giuridica)300 che solo puograve assicurare agli uomini la libertagrave e la pace

come guida distinta anche se non opposta allrsquoautoritagrave spiritualeMa voglio aggiungere una considerazione finale egrave ben noto che

la dottrina dei duo fines fu uno dei punti della Monarchia netta-mente condannati dal frate domenicano Guido Vernani301 forse nel-lo stesso anno 1329 (o poco prima) in cui il cardinale Bertrando dalPoggetto legato di papa Giovanni XXII condannograve a Bolognalrsquoopera a essere bruciata senza contare che nel 1554 il libro fu mes-so allrsquoIndice e ne fu ritirato solo nel XIX secolo302 Eppure con la di-stinzione dei due fini Dante individuando come ambito del potereldquolaicordquo il diritto romano e la filosofia si fa anche interprete del ldquocuo-rerdquo del pensiero giuridico europeo anticipandone quella sintesi cheproprio un papa Benedetto XVI ha recentemente proposto nel Di-scorso al parlamento tedesco del 2011

Nella storia gli ordinamenti giuridici sono stati quasi sempre motivati inmodo religioso sulla base di un riferimento alla Divinitagrave si decide ciograve che tragli uomini egrave giusto Contrariamente ad altre grandi religioni il cristianesimo

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nel diritto privato romano chi viene chiamato a integrare o a sostituire un soggetto in-capace o limitatamente capace di agire (come il minore la donna ma anche il furio-sus etc) inoltre egrave ben noto come a Roma venissero definiti curatores anche i magistratidestinati allrsquoassolvimento di particolari funzioni pubbliche quali ad esempio i cura-tores annonae quelli aquarum publicarum quelli viarum etc cfr eg Dizionario Giu-ridico Romano intr di A GUARINO Napoli Edizioni Giuridiche Simone 20003 pp141-44 Per un ambito ancora piugrave esteso di ldquocurardquo si puograve pensare ai curatores rei pu-blicae dei funzionari amministrativi creati con Traiano e incaricati essenzialmente disorvegliare le finanze cittadine locali ma in alcuni casi considerati anche piugrave in ge-nerale come garanti del buon funzionamento della cittagrave cfr M SARTORI Osservazio-ni sul ruolo del laquocurator rei publicaeraquo in laquoAthenaeumraquo LXVII 1989 pp 5-20 Lrsquoim-peratore di Dante si pone come al vertice di questi curatores egrave curator non Urbis orei publicae ma orbis

301 Che obiettava laquoad beatitudinem temporalem non ordinatur homo a Deo tan-quam ad finem ultimum quia talis beatitudo numquam terminare et satiare potuithominum appetitum [hellip] ordinatur ergo homo ad felicitatem eternam tamquam fi-nem ultimumraquo VERNANI De reprobatione Monarchie composite a Dante III 11 inMonarchia cit p 365

302 Alla storia della Monarchia di Dante fino allrsquoeditio princeps del 1559 egrave dedi-cato lrsquoesauriente studio di F CHENEVAL Die Rezeption der laquoMonarchiaraquo Dantes bis zurldquoEditio Princepsrdquo im Jahre 1559 Metamorphosen eines philosophischen Werkes Muumln-chen Fink 1995

[hellip] ha invece rimandato alla natura e alla ragione quali vere fonti del dirit-to ndash ha rimandato allrsquoarmonia tra ragione oggettiva e soggettiva unrsquoarmoniache perograve presuppone lrsquoessere ambedue le sfere fondate nella Ragione crea-trice di Dio Con ciograve i teologi cristiani si sono associati ad un movimento fi-losofico e giuridico che si era formato sin dal secolo II aC Nella prima me-tagrave del secondo secolo precristiano si ebbe un incontro tra il diritto naturalesociale sviluppato dai filosofi stoici e autorevoli maestri del diritto romanoIn questo contatto egrave nata la cultura giuridica occidentale che egrave stata ed egrave tut-tora di unrsquoimportanza determinante per la cultura giuridica dellrsquoumanitagrave Daquesto legame precristiano tra diritto e filosofia parte la via che porta attra-verso il Medioevo cristiano allo sviluppo giuridico dellrsquoIlluminismo fino al-la Dichiarazione dei Diritti umani303

In conclusione ciograve che emerge dalla lettura del Convivio e del-la Monarchia non egrave la mera riproposizione della forma esteriore diun modello politico quello dellrsquoimpero romano ormai irrimedia-bilmente sorpassato in questo caso infatti la concezione politica del-lrsquoAlighieri sarebbe per dirla con le parole di un recente studio so-lo laquounrsquoidea contraria alla storia [hellip] unrsquoutopia giustificabile gene-rosa ma inservibileraquo304 Si deve piuttosto osservare che Dante egrave riu-scito ad individuare quelle caratteristiche dellrsquoimpero che erano inqualche modo espressione di esigenze e di aspirazioni profonda-mente umane e quindi sempre attuali305 quelle di una vita civile vir-

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303 Il discorso si puograve ora leggere nel volume La legge di re Salomone Ragione e di-ritto nei discorsi di Benedetto XVI a cura di M CARTABIA e A SIMONCINI Prefazio-ne di G NAPOLITANO Milano Rizzoli 2013 pp 00

304 G GORNI Dante Storia di un visionario Roma-Bari Laterza 2009 p 181 Macfr invece O CAPITANI Spigolature sul III della Monarchia in ID Chiose minime dan-tesche Pagravetron 1983 p 81 laquoEgrave certo che la monarchia egrave unrsquoutopia politica ma in ciogravestesso sta il suo fortissimo valore storico nella linea di sviluppo del pensiero politicomedioevale Ha iniziato un processo che per far valere le motivazioni profonde chelo ispiravano ha dovuto ricostruire tutto il significato di un linguaggio che era il lin-guaggio della realtagrave del suo tempo Dante lrsquoha fatto con ovvio riferimento a questo lin-guaggio del tempo e valendosi dei processi formali che erano propri di una culturasigrave da fornire lrsquoimpressione di essere un pensatore soltanto in arretrato con la tenden-za intellettuale dei suoi contemporaneiraquo

305 IMBACH Quattro idee sul pensiero politico di Dante Alighieri cit p 44 giu-stamente preoccupato di laquoevitare di caricare di valore normativo i concetti politicielaborati nel passato in contesti eterogenei rispetto al nostroraquo (ovvero di laquotrarre del-

tuosa alla quale gli organi di governo sono chiamati a garantire unapace e una libertagrave che hanno il loro fondamento nel diritto A que-ste aspirazioni ed esigenze egli ha dato voce306 e in ciograve consiste misembra la continua attualitagrave della sua opera e in parte di quella delldquomodello romanordquo

Nel licenziare il presente saggio desidero ringraziare le bibliotecarie del-la Societagrave Dantesca Italiana e in particolare Giovanna Puletti per la pre-murosa disponibilitagrave e la competente consulenza offertami durante il mio la-voro di ricerca Solo in fase di correzione delle bozze ho potuto consultaresenza quindi poterli citare i recenti commenti di Gianfranco Fioravanti alConvivio e di Diego Quaglioni alla Monarchia in DANTE ALIGHIERI Opereedizione diretta da MARCO SANTAGATA vol II Convivio Monarchia Episto-le Egloge a cura di G FIORAVANTI C GIUNTA D QUAGLIONI C VILLA GALBANESE Milano Mondadori 2014

FRANCESCA FONTANELLA

FRANCESCA FONTANELLA142

le conclusioni immediate sul dover essere attualeraquo) sostiene invece che laquole domandealle quali rispose il filosofo fiorentino non sono le stesse alle quali debbono risponderei pensatori di oggiraquo (ibidem) Se questo egrave senzrsquoaltro vero per quanto riguarda lrsquoaspet-to piugrave fenomenico delle domande ldquopoliticherdquo dellrsquoAlighieri non lo egrave per le aspirazioniche le hanno suscitate e infatti Imbach riconosce e lo dimostra nel suo lavoro chelaquoquanto per noi egrave ldquofuori discussionerdquo accettato come pacifico o addirittura mai av-vertito viene risvegliato da domande ldquointempestiverdquo inattese e differenti le doman-de di Danteraquo (ibidem)

306 Naturalmente ben altra voce e molto piugrave potente egrave quella della Commedia dicui spero di potermi occupare in un prossimo studio Rimando per ora per la con-sonanza su alcune tematiche da me trattate in queste pagine allrsquoacuta ed approfon-dita analisi del VI canto del Paradiso di E FENZI Il volo dellrsquoaquila Una lettura di Pa-radiso VI in laquoChroniques italiennes webraquo 24 32012 (httpchroniquesitalien-nesuniv-paris3frPDFWeb241EFenzipdf) pp 1-58

FINITO DI STAMPARENEL MESE DI NOVEMBRE 2014

PER CONTO DELLACASA EDITRICE LE LETTERE

DALLA TIPOGRAFIA ABCSESTO FIORENTINO - FIRENZE

  • piatto Studi Danteschi 79
  • 00 frontespizio indice_Layout 1
  • 02 IMP Fontanella 39-142_Layout 1
  • 2
  • FINITO

MANOSCRITTI DANTESCHI

Marisa Boschi Rotiroti - Federico Sanguineti Il manoscrittoCarapelli 445

RECENSIONI

La Commedia di Dante Alighieri Con il commento di Robert Hollander (R Bruscagli) 451

Nuove prospettive sulla tradizione della laquoCommediaraquoSeconda serie (2008-2013) a cura di Elisabetta Tonelloe Paolo Trovato (M Giola) 467

Notizie della Societagrave Dantesca Italiana per lrsquoanno 2013 477

Indice dei manoscritti 487Indice dei nomi 489

INDICEVI

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIOE NELLA MONARCHIA

Nel Paradiso nel cielo di Mercurio dove si mostrano a Dante leanime laquodrsquoi buoni spirti che sono stati attivi percheacute onore e fama lisuccedaraquo (Par VI 113-14) il poeta incontra lrsquoimperatore Giustinia-no le cui parole occupano in maniera del tutto eccezionale rispettoalla struttura generale della Commedia un intero canto il sesto Alsuo interno troviamo tratteggiata la storia dellrsquoimpero romano rap-presentata come il volo di quellrsquoAquila che dellrsquoimpero era lrsquoinse-gna Questa storia ha il suo punto di partenza nelle origini Troiane(Par VI 2-3 35-36) ripercorre poi alcuni dei principali fatti e pro-tagonisti della Roma arcaica repubblicana e imperiale fino a Tito eda ligrave ldquosaltardquo e si conclude con Carlo Magno (Par VI 94-96) per es-sere seguita cosigrave come era stata introdotta (Par VI 31-33) dalla net-ta condanna di coloro che ora ai tempi di Dante si oppongono aquella stessa Aquila (i laquogigli gialliraquo di Francia del v 100) ma anchedi coloro che se ne appropriano (la parola laquoappropriaraquo ricorre sia alv 33 che al v 101) ovvero i Ghibellini che riducono lrsquoinsegna del-lrsquoimpero universale a quella di una ldquoparterdquo (Par VI 33 101-104)

Ho richiamato alla memoria questi ben noti versi per osservarein via preliminare che per noi parlare dellrsquoimpero romano in Dan-te significa rintracciare nella sua opera la presenza di una realtagrave po-litica che allrsquoepoca in cui il poeta visse era giagrave da tempo conclusa Perla concezione dellrsquoautore invece lrsquoimpero romano non era un fattodel passato che poteva al massimo fornire un modello per il presen-te ma una realtagrave storica viva che aveva avuto inizio in un lontano enobile passato1 Per questo lrsquoantica storia di Roma non egrave mai com-

1 I presupposti di tale concezione sono riconducibili allrsquointerpretazione dellrsquoin-

pletamente separabile in Dante dalla problematica del suo tempocirca il ruolo dellrsquoimpero in quel contesto politico e religioso

Questa osservazione implica unrsquoaltra precisazione affrontarequesta problematica estremamente complessa per la sofferta pro-fonditagrave del pensiero dantesco mai riconducibile a un sistema e perlrsquoimmensa bibliografia di esperti dantisti quale io non sono che sudi essa si sono cimentati laquomi fa tremar le vene e i polsiraquo Vorrei per-tanto delimitare lrsquooggetto di questo studio tentando di individuarenel Convivio e nella Monarchia (ma facendo anche eventuale riferi-mento ai passi delle Epistolae di ldquoargomento politicordquo che in parteripropongono alcune tematiche dei trattati) lrsquoatteggiamento e il giu-dizio di Dante rispetto alla storia dellrsquoantico impero romano e ad al-cune sue caratteristiche ben individuabili quali lo vedremo la vir-tugrave dei suoi ldquofondatorirdquo e il fatto di aver instaurato una pace ecume-nica garantita da un potere imperiale che trovava il suo fondamen-to e allo stesso tempo il suo limite nel diritto

1 Il Convivio

11 laquoE questo officio per eccellenza imperio egrave chiamatoraquo (Conv IV IV 7)

La prima opera in cui Dante si occupa specificatamente dellrsquoan-tico impero romano egrave il Convivio (composto probabilmente neglianni fra il 1304 e il 1307)2 nel IV trattato dedicato alla definizione

FRANCESCA FONTANELLA40

coronazione di Carlo Magno a Roma nellrsquo800 come una translatio dellrsquoantico imperoromano a Graecis (cioegrave da Costantinopoli) ad Francos interpretazione che troviamoattestata esplicitamente per la prima volta circa 50 anni dopo questo evento nella Vi-ta Willehadi cfr W GOEZ Translatio Imperii Tuumlbingen JCB Mohr (Paul Siebeck)1958 p 73

2 Le canzoni risalgono perograve agli anni fiorentini successivi alla Vita Nova tran-ne Doglia mi reca coeva alla prosa che fu composta tra il 1304 e il 1307 (secondo Pe-trocchi G PETROCCHI Vita di Dante Roma-Bari Laterza 19862 pp 102-103) otra il 1303 e il 1308 (secondo la Corti 1303-1304 i primi tre trattati 1306-1308 ilquarto M CORTI La felicitagrave mentale Nuove prospettive per Cavalcanti e Dante To-rino Einaudi 1983 pp 142-44 ora in EAD Scritti su Cavalcanti e Dante La felici-tagrave mentale Percorsi dellrsquoinvenzione e altri saggi Torino Einaudi 2003 pp 163-64)

della laquogentilezzaraquo (ovvero della nobiltagrave)3 Nel III capitolo si contestaa Federico II di Svevia la definizione di laquogentilezzaraquo come laquoanticaricchezza e belli costumiraquo (Conv IV III 6) Il detto che qui egrave attri-buito allrsquoImperatore ma che si trovava giagrave nella Politica4 di Aristo-tele (come lo stesso Dante indicheragrave poi nella Monarchia)5 si era lar-gamente diffuso privo dellrsquoultima parte nobiltagrave cioegrave veniva a equi-valere solo ad antica ricchezza Dato che la contestazione di questadefinizione6 sembra mettere in dubbio lrsquoautoritagrave imperiale che lrsquoave-

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Colla datazione Petrocchi ma limitandola al 1306 concorda M SANTAGATA Dan-te Il romanzo della sua vita Milano Mondadori 2012 pp 175-77 che localizza ta-le composizione a Bologna La scrittura del Convivio fu probabilmente interrottaper lrsquoimpegno della redazione dellrsquoInferno e per il rinnovato imporsi dellrsquoattivitagrave po-litica a cui lo scrittore fu sollecitato dallrsquoannunciata elezione di Arrigo VII a impe-ratore (1308)

3 Giagrave al v 16 della Canzone posta in apertura al trattato Le dolci rime drsquoamor chrsquoirsquosolia Il testo del Convivio e della Monarchia qui e nei passi successivamente citati egravetratto dal sito della Societagrave Dantesca Italiana (httpwwwdanteonlineit) che utiliz-za il testo dellrsquoEdizione Nazionale a cura della Societagrave Dantesca Italiana DANTE ALI-GHIERI Convivio a cura di F BRAMBILLA AGENO Firenze Le Lettere 1995

4 Pol IV 1294a Per quanto riguarda le traduzioni di Aristotele utilizzate da Dan-te vd infra

5Mon II III 3-4 dove Dante per dimostrare che laquoromanus populus de iure nonusurpando Monarche offitium quod lsquoImperiumrsquo dicitur sibi super mortales omnesascivitraquo (Mon II III 1) si fonda su questo sillogismo laquonobilissimo populo convenitomnibus aliis preferri romanus populus fuit nobilissimus ergo convenit ei omnibusaliis preferriraquo (Mon II III 2) Qui a differenza del Convivio Dante accoglie la defini-zione aristotelica di nobiltagrave come laquovirtugrave e antica ricchezzaraquo anche se vi accosta quel-la di Giovenale laquoEst enim nobilitas virtus et divitie antique iuxta Phylosophum in Po-liticis et iuxta Iuvenalem nobilitas animi sola est atque unica virtus Que due sen-tentie ad duas nobilitates dantur propriam scilicet et maiorumraquo (Mon II III 4 cfrIuv Sat VIII 20 laquo[hellip] nobilitas sola est atque unica virtusraquo) Dimostra quindi attra-verso la storia di Enea e dei suoi antenati che i Romani ebbero in grado massimo lavirtugrave che nobilita non soltanto la propria ma anche quella degli avi laquoHiis itaque adevidentiam subassumpte prenotatis cui non satis persuasum est romani populi pa-trem et per consequens ipsum populum nobilissimum fuisse sub celo Aut quem inillo duplici concursu sanguinis a qualibet mundi parte in unum virum predestinatiodivina latebitraquo (Mon II III 17)

6 Per cui cfr anche Conv IV XX 7-8 dove Dante rimanda alla celebre canzone diGuido Guinizzelli Al cor gentil ripara sempre Amore e Vita Nova 11 3 Amore e rsquol corgentil sono una cosa

va proferita7 Dante sente la necessitagrave di ribadirne il valore Il IV ca-pitolo inizia quindi dimostrando la necessitagrave naturale dellrsquoimperocome istituzione politica (fino al par 7) per poi passare a dimostra-re la ragione della sua attuazione storica (IV IV 8-14 V) in quellrsquoim-pero romano di cui Federico II era stato indicato nel capitolo pre-cedente come lrsquoultimo imperadore (Conv IV III 6)8

laquoLo fondamento radicale de la imperiale maiestaderaquo egrave indivi-duato nel Convivio nella laquonecessitagrave de la umana civilitade che a unofine egrave ordinata cioegrave a vita feliceraquo9 In cosa consista questa laquovita fe-liceraquo Dante in questo passo non lo esplicita ma egrave evidente e vi ac-cenno soltanto che tale affermazione non puograve essere letta in modoavulso dalla tematica di origine aristotelica riguardante la felicitagravecome compimento del desiderio naturale di sapere insito nellrsquouomotematica che attraversa tutto il Convivio fin dal suo incipit10 e che

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7 E anche lrsquoautoritagrave di Aristotele questrsquoultima non per la sentenza in seacute nel Con-vivio attribuita esclusivamente a Federico II ma percheacute il filosofo aveva detto che ciograveche pare alla maggioranza egrave impossibile che sia del tutto falso Dante in realtagrave comespesso succede sembra qui seguire piugrave TOMMASO DrsquoAQUINO (Exp Eth VII lect XIII

12 laquoIllud enim in quod omnes vel plures consentiunt non potest esse omninofalsumraquo) che il testo di Aristotele oggetto del commento di Tommaso (Eth VII1153b)

8 laquoFederigo di Soave ultimo imperadore de li Romani ndash ultimo dico per rispettoal tempo presente non ostante che Ridolfo e Andolfo e Alberto poi eletti siano apres-so la sua morte e delli suoi discendentiraquo (Conv IV III 6) Federico II muore nel 1250neacute Rodolfo di Asburgo eletto re dei Romani nel 1273 neacute Adolfo di Nassau eletto nel1291 neacute Alberto I drsquoAsburgo eletto nel 1298 erano mai stati incoronati imperatorianche se a questrsquoultimo che non era perograve mai sceso in Italia il titolo era stato rico-nosciuto da Bonifacio VIII nellrsquoestate del 1303 Dante non parla qui di Enrico VII diLussemburgo eletto re di Germania e designato imperatore a Francoforte nel 1308consacrato ad Aquisgrana nel 1309 Il che costituirebbe un termine ante quem di com-posizione del Convivio

9 Cfr ARISTOTELE Eth I 1099b con il commento di Tommaso drsquoAquino (ExpEth I lect XIV 10 laquoPosuimus enim ibi quod optimum humanorum bonorum scilicetfelicitas sit finis politicae cuius finis manifeste est operatio secundum virtutemraquo) maDante potrebbe far anche riferimento a quel passo della Politica (I 1252b) doveAristotele afferma che la polis egrave sigrave nata in funzione del vivere ma laquoin realtagrave esiste perrendere possibile una vita felice (eu zen)raquo (la traduzione italiana della Politica diAristotele qui e per i passi seguenti egrave quella di R LAURENTI in ARISTOTELE OpereRoma-Bari Laterza 1973 vol IV)

10 Conv I I 1 laquoSigrave come dice lo Filosofo nel principio della Prima Filosofia tutti

nella Monarchia saragrave piugrave esplicitamente posta in connessione collafunzione dellrsquoImpero11 In questo capitolo comunque Dante osser-va soltanto che nessuno puograve giungere da solo a tale fine e perciograve laquodi-ce lo Filosofo ndash scil Aristotele ndash che lrsquouomo naturalmente egrave compa-gnevole animaleraquo (Conv IV IV 1) Egrave immediato riconoscere in que-ste parole la volgarizzazione della celeberrima definizione del-lrsquoἄνθρωος ϕύσει ολιτικὸν ζῷον che troviamo nella Politica (I1253a) di Aristotele che a partire dalla laquoetagrave di Tommaso drsquoAquino[hellip] veicolava lrsquoidea della naturalitagrave dello stato nel senso che la so-cietagrave umana organizzata egrave il prodotto di un ldquoistinto naturalerdquo con-

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 43

li uomini naturalmente desiderano di sapere La ragione di che puote essere [ed] egrave checiascuna cosa da providenza di prima natura impinta egrave inclinabile alla sua propiaperfezione onde acciograve che la scienza egrave ultima perfezione della nostra anima nellaquale sta la nostra ultima felicitade tutti naturalmente al suo desiderio semo subiet-tiraquo Cfr ARISTOTELEMetaph I 980a Ma in questo IV trattato in cui come vedremola filosofia egrave per Dante innanzitutto etica puograve darsi che in effetti seguendo i passi diAristotele e di Tommaso a cui abbiamo rimandato nella nota precedente lrsquoAlighieriabbia in mente che quella felicitas che egrave il fine specifico della politica sia innanzitut-to il vivere secondo virtugrave vd infra nn 62 e 64

11 Specialmente Mon I III (e poi tutto il I libro) e III XV 7-16 sui quali vd infraSullrsquoargomento complesso e ampiamente discusso (specialmente e mi si perdoni lasemplificazione per quanto riguarda il triplice problema se in Dante il desiderio ldquona-turalerdquo di conoscere implichi o meno anche il desiderio di conoscere il ldquosoprannatu-ralerdquo e quindi se il compimento di tale desiderio che poi egrave la felicitagrave possa o non pos-sa essere raggiunto tramite la ragione umana e come ciograve possa attuarsi o meno nel-lrsquoambito della vita terrena) oltre agli ormai classici studi di Nardi (B NARDIDal ldquoCon-viviordquo alla ldquoCommediardquo (Sei saggi danteschi) con premessa alla ristampa di O CAPITA-NI Roma nella sede dellrsquoIstituto Palazzo Borromini Istituto storico italiano per il Me-dio Evo 1992 (ristampa anastatica dellrsquoedizione Roma 1960) ID Saggi di filosofia dan-tesca Milano La Nuova Italia 19672) Gilson (E GILSON Dante et la philosophie Pa-ris Librairie Philosophique J Vrin 1939 trad it Dante e la filosofia Milano Jaca Bo-ok 1987) e Corti (CORTI La felicitagrave mentale cit) segnalo per unrsquoequilibrata e utilemessa a punto il piugrave recente saggio di P PORRO Tra il ldquoConviviordquo e la ldquoCommediardquoDante e il laquoforte dubitareraquo intorno al desiderio naturale di conoscere le sostanze separa-te in 1308 Eine Topographie historischer Gleichzeitigkeit a cura di A Speer e D Wir-mer Berlin-New York W de Gruyter 2010 (laquoMiscellanea Mediaevaliaraquo 35) pp 629-60 e il volume di P FALZONE Desiderio della scienza e desiderio di Dio nel Convivio diDante Bologna il Mulino 2010 specialmente pp 101-248 che offre un ricco reper-torio di testi medievali editi e inediti a testimonianza dellrsquoambito intellettuale e del di-battito nel quale si collocano le problematiche dantesche

genito cioegrave allrsquoessere uominiraquo12 Dante puograve aver attinto questa defi-nizione o direttamente dalla Politica nella traduzione latina di Gu-glielmo di Moerbeke13 eo attraverso le citazioni presenti nei com-menti di Tommaso a varie opere aristoteliche14 o ancora in altri trat-tati politici di poco precedenti la stesura del Convivio come ilDe re-gimine principum (scritto per quanto riguarda il I libro e i primi ca-pitoli del II dallo stesso Tommaso tra il 1265 e i primi anni rsquo70 delDuecento proseguito poi fino al IV libro da Tolomeo di Lucca do-po lrsquoanno 1300)15 o il trattato omonimo di Egidio Romano16

Questa varietagrave di precedenti a cui si puograve riconnettere il passodantesco induce subito una precisazione per quanto riguarda il Con-vivio dobbiamo senzrsquoaltro parlare non tanto di laquofontiraquo quanto dilaquoautoriraquo e di laquotradizioniraquo in esso confluite17 Se infatti quasi ognipasso del trattato riecheggia pensieri o immagini giagrave presenti in ope-

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12 Cfr A GHISALBERTI Roma antica nel pensiero politico da Tommaso drsquoAquinoa Dante in Roma antica nel Medioevo Mito rappresentazioni sopravvivenze nella ldquoRe-spublica Christianardquo Milano Vita e Pensiero 2001 pp 347-64 p 348 Ma vd infran 22

13 Pol I 1253a laquoEx iis igitur manifestum quod eorum quae natura civitas est etquod homo natura civile animal estraquo Cfr anche ARISTOTELE Pol III 1278b Eth I1097b IX 1169b

14 Exp Eth I lect I 4 laquoSciendum est autem quod quia homo naturaliter est animalsociale utpote qui indiget ad suam vitam multis quae sibi ipse solus praeparare nonpotest consequens est quod homo naturaliter sit pars alicuius multitudinis per quampraestetur sibi auxilium ad bene vivendumraquo Exp Pol I lect I 26 laquoConcludit ergoprimo ex praemissis quod civitas est eorum quae sunt secundum naturam Et cumcivitas non sit nisi congregatio hominum sequitur quod homo sit animal naturalitercivileraquo

15 De regimine principum I I laquoNaturale autem est homini ut sit animal sociale etpoliticum in multitudine vivens magis etiam quam omnia alia animalia quod quidemnaturalis necessitas declaratraquo

16 Lrsquoaggettivo compagnevole ricorre nel volgarizzamento (conosciuto da Dantepercheacute citato al cap XXIV sempre del IV trattato del Convivio) del De regimineprincipum di Egidio Romano libro II part I cap I EGIDIO ROMANO Del reggimentodersquo principi trascritto nel MCCLXXXVIII pubblicato per cura di F CORAZZINIFirenze 1858 p 127 dove lrsquoautore laquoinsegna che lrsquouomo die naturalmente vivere incompagniaraquo rifacendosi esplicitamente ad Aristotele

17 Cfr C VASOLI Introduzione in DANTE ALIGHIERI Opere Minori vol II t Ia cura di C VASOLI e D DE ROBERTIS Milano-Napoli Ricciardi-Mondadori 1995 ppLXIV-LXXX

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 45

18 Conv II XII 7 egrave il periodo che segue la morte di Beatrice avvenuta nel 1290e la composizione della Vita Nova (1292-1293) e in cui Dante si ldquoinnamorardquo delladonna gentile ovvero della filosofia Conv II XV 12

19 VASOLI Introduzione cit p LXVI20 G PASCOLI Lrsquoaquilone in Primi Poemetti vv 1-2

re del mondo classico e medievale talvolta come in questo casoesplicitamente indicate dallrsquoAlighieri per la maggioranza di questipassi risulta perograve difficile individuare citazioni testuali che permet-tano di risalire ad una fonte precisa Egrave evidente che durante il diffi-cile periodo dellrsquoesilio doveva essere stata possibile allrsquoAlighieri laconsultazione diretta di solo pochi volumi il suo sapere saragrave cosigrave ri-corso spesso alla memoria di libri letti ma probabilmente anche diquelle laquodisputazioni de li filosofantiraquo a cui assistette per laquopiccioltempo forse di trenta mesiraquo come ricorda proprio nel Convivio18Inoltre allrsquoepoca circolavano excerpta e raccolte di sententiae in-somma laquoquel materiale lsquodi seconda manorsquo prodotto proprio perlrsquoutilitagrave dei lsquomagistrirsquo e dei lsquodoctoresrsquo che sappiamo diffuso anche inambienti laici e che nondimeno proprio per la sua genericitagrave e so-miglianza rende difficile unrsquoindividuazione direttaraquo19 Senza conta-re ancora che nel Convivio ogni fonte filosofica teologica o scien-tifica veniva resa in volgare subendo con inevitabili trasformazionialmeno un passaggio (dal latino al volgare) se non due (dal greco allatino dal latino al volgare) o addirittura tre (dal greco allrsquoarabodallrsquoarabo al latino e infine al volgare) Tutto ciograve fa parte delle ca-ratteristiche della cultura del tempo ed egrave senzrsquoaltro da tener pre-sente Resta il fatto che queste caratteristiche non possono a mio av-viso essere considerate come mere circostanze materiali che da soleavrebbero determinato un certo modo di usare gli auctores da partedi Dante O meglio sono insieme causa ma anche conseguenza di unatteggiamento culturale a cui non interessa storicizzare ciograve che latradizione offre quanto piuttosto immedesimarsi positivamente conessa per elaborare un pensiero originale in cui si avverta laquoqualcosadi nuovo [hellip] anzi di anticoraquo20 Voglio dire che lrsquoantico egrave ricono-sciuto accettato e quindi riformulato nel presente per risponderealle esigenze del presente (il che puograve implicare anche lrsquouso di stru-menti nuovi come la lingua volgare) Ritorna ciograve che avevamo os-servato allrsquoinizio lrsquoimpero romano (antico per noi) egrave per Dante una

realtagrave attuale cosigrave come egrave attuale la veritagrave filosofica laquolrsquouomo natu-ralmente egrave compagnevole animaleraquo veritagrave che Dante esprime e usain un contesto che non egrave quello di Aristotele e nemmeno quello diTommaso o di Egidio Romano ma che serve ad affrontare comevedremo un problema particolarmente cruciale per lrsquoautore e cioegraveproprio la validitagrave dellrsquoimpero E cosigrave lrsquoantico diventa nuovo21

Ma torniamo al nostro passo del Convivio la tradizione aristo-telica comunque e dovunque recepita influisce evidentemente an-che nellrsquoindividuare lo sviluppo della comunitagrave umana attraverso ilformarsi prima della famiglia quindi della laquovicinanzaraquo (κώμη nellaPolitica e vicus nella traduzione latina) e poi della cittagrave laquoche convie-ne a satisfacimentoraquo laquoperograve che una vicinanza [a] seacute non puograve in tut-to satisfareraquo (Conv IV IV 2) Fin qui sentiamo riecheggiare piugrave pre-cisamente il secondo capitolo del primo libro della Politica di Ari-stotele (I 1252a-b)22 ma poi Dante afferma che percheacute le cittagrave viva-

FRANCESCA FONTANELLA46

21 Cfr O CAPITANI Mondo della storia e senso della storia in Dante in Chiose mi-nime dantesche Bologna Patron 1983 pp 115-34 in particolare p 119 laquoproprioquella sconcertante ndash per noi ndash assenza di misura storica egrave il segreto della valutazio-ne dantesca di tutto il mondo dellrsquoumanitagrave che per noi egrave appunto storia ma per luiegrave ancora [hellip] solo umanitagraveraquo e le conclusioni a pp 133-34 laquoCerto cosigrave la storia uma-na non ha la sua autonomia certo cosigrave ogni approccio di tipo storicistico ndash e intendodi ogni storicismo ndash non puograve che far registrare un bilancio negativo o per lo meno in-soddisfacente Mi chiedo perograve per la perenne attualitagrave che Dante conserva per gli uo-mini se per noi oggi un approccio storicistico e cioegrave autogiustificativo dellrsquoaccadi-mento sia avendo gli occhi alle cose nostre presenti o anche passate liberatorio co-me dobbiamo immaginare fosse per Dante la condanna morale la ricostruzione ditutto il processo della storia umana nel travaglio dottrinale e nellrsquoelaborazione fanta-stica Egrave un invito alla meditazione di tutti egrave soprattutto un invito agli storici che nonlo siano ancora a mettersi in crisiraquo

22 Non mi pare quindi che per quanto riguarda questi capitoli del IV trattato delConvivio si possa negare la fedeltagrave di Dante al principio aristotelico e poi tomisticodella necessitagrave naturale degli uomini ad associarsi in formazioni politiche (e uso que-sta perifrasi per evitare la parola ldquostatordquo) Mentre il Nardi aveva voluto dimostrareche Dante distinguendosi da Tommaso e seguendo invece Agostino laquopur acco-gliendo il procedimento dimostrativo della politica aristotelicaraquo avrebbe inteso lrsquoor-ganizzazione politica come laquouna dolorosa necessitagrave risultante dallrsquointrinseca corru-zione attuale della natura umana un triste retaggio del peccatoraquo (Saggi di filosofiadantesca cit pp 227-28) Questa interpretazione si fondava perograve non tanto sul testodel Convivio quanto sui passi del Purgatorio e del Paradiso nei quali Dante tratta delpeccato originale e del Paradiso Terrestre (pp 225-26) Nel passo che stiamo analiz-

no in pace egrave necessario il regno (che nel passo della Politica fin quiseguito egrave invece solo uno dei regimi della όλις e anche il meno evo-luto) e che dato che lrsquoanimo umano mai sazio di potere desiderasempre acquistare gloria e da ciograve nascono laquodiscordie e guerre [hellip]intra regno e regnoraquo (Conv IV IV 3) si rende necessaria la laquoMonar-chia cioegrave uno solo principato e uno prenciperaquo che laquotutto posse-dendo e piugrave desiderare non possendo li regi tegna contenti nelli ter-mini delli regni sigrave che pace intra loro sia nella quale si posino le cit-tadi e in questa posa le vicinanze srsquoamino [e] in questo amore lecase prendano ogni loro bisogno lo qual preso lrsquouomo viva felice-mente che egrave quello per che esso egrave natoraquo (Conv IV IV 4) La neces-

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zando invece si parla solo di quel particolare lsquopeccatorsquo che consiste nel desiderio dilaquogloria drsquoacquistareraquo che si introduce solo successivamente al formarsi della societasumana e che suscita le guerre fra i regni questa laquoesperienzaraquo rende evidente la neces-sitagrave della Monarchia ovvero di quel comando di uno solo che di nuovo egrave la naturastessa a imporre laquoquando piugrave cose ad uno fine sono ordinateraquo vd infra nel testo e no-ta seguente Quanto qui affermato puograve sembrare contraddetto allrsquointerno dello stessoConvivio lagrave dove si sostiene che lrsquoautoritagrave filosofica ha bisogno di quella imperiale per-cheacute laquoquesta sanza quella egrave quasi debile non per seacute ma per la disordinanza della gen-teraquo (Mon IV VI 17) e lagrave dove si sostiene il ruolo dellrsquoimperatore come garante del di-ritto in quanto laquoequitade per due cagioni si puograve perdere o per non sapere quale essasi sia o per non volere quella seguitareraquo e pertanto laquotrovata fu la ragione scritta e permostrarla e per comandarlaraquo (Mon IV IX 8-9) Certo sia in questi passi sia ancor piugravein Mon III IV 14 se non lrsquoassociarsi umano sicuramente la funzione dellrsquoimperatore(ma a dire il vero nella Monarchia anche quella del Papa) sono viste come laquoremediacontra infirmitatem peccatiraquo di cui non ci sarebbe bisogno laquosi homo stetisset in statuinnocentie in quo a Deo factus estraquo e proprio alla fine del III libro della Monarchia siconclude che lrsquohumana cupiditas distoglierebbe dal retto cammino laquonisi homines tan-quam equi sua bestialitate vagantes ldquoin camo et frenordquo compescerentur in viaraquo (MonIII XVI 9) per cui credo si possa ragionevolmente affermare che per Dante laquolo stato na-sce tra gli uomini non soltanto percheacute crsquoegrave bisogno di una guida e di un freno alle lu-singhe del peccato neacute come unico esito della naturale socievolezza umana ma per en-trambe queste ragioni fuse insieme nella sua esistenzaraquo GC GARFAGNINI Monar-chia manifesto di libertagrave e responsabilitagrave civile in laquoStudi Danteschiraquo LXXV 2010 pp13-23 18-19 Cosigrave giagrave CT DAVIS Dante and the Empire in The Cambridge Companionto Dante a cura di R Jacoff Cambridge Cambridge University Press 1993 pp 67-79 p 70 Vede invece laquoun conflitto radicalmente inconciliabileraquo fra la posizione espres-sa nel IV trattato del Convivio (ma anche in Mon I III per cui vd infra) e quella negliultimi capitoli del III libro della Monarchia G SASSO Dante lrsquoimperatore e Aristote-le Roma nella Sede dellrsquoIstituto Palazzo Borromini 2002 pp 308-12

sitagrave di unrsquoistituzione siffatta egrave evidentemente e totalmente estraneaal pensiero di Aristotele che perograve Dante non esita a richiamare an-cora una volta laquoE a queste ragioni si possono reducere parole del Fi-losofo chrsquoelli nella Politica dice che quando piugrave cose ad uno finesono ordinate una di quelle conviene essere regolante o vero reg-gente e tutte lrsquoaltre rette e regolateraquo (Conv IV IV 5)23 Egrave ciograve che ef-fettivamente afferma Aristotele sempre nel I libro della Politica (I1254a) in un passo in cui occupandosi dellrsquoamministrazione fami-liare come prima componente della polis e giustificando in essa lrsquousodi quegli ldquooggetti animatirdquo che sono gli schiavi espone questo prin-cipio filosofico generale laquoin tutte le cose che risultano di una plu-ralitagrave di parti e formano unrsquounica entitagrave comune [hellip] si vede co-mandante e comandato questo viene nelle creature animate dallanatura nella sua totalitagraveraquo24 ma di nuovo considerando gli esempiche nel Convivio seguono questo assunto (sempre in Conv IV IV 5e poi Conv IV IV 6) Dante puograve aver avuto presente oltre che un al-tro passo della stessa Politica (III 1276b) anche la Metaphysica (XII1075a-1076a) e il relativo commento di Tommaso (Sententia libriMetaphisicae XII lect XII 8) e forse ancor piugrave il Proemio dellrsquoAqui-nate a questo stesso commento laquoSicut docet philosophus in politicissuis quando aliqua plura ordinantur ad unum oportet unum eorumesse regulans sive regens et alia regulata sive rectaraquo25

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23 laquoA causa di questo desiderio che rovesciando in seacute stesso la positivitagrave di quel-lo da cui il processo ascendente aveva preso il suo avvio produce ldquodiscordie e guer-rerdquo il cammino dellrsquouomo nella direzione della felicitagrave risulta interrotto e in realtagrave su-bisce una radicale inversione Verso il contrario della felicitagrave infatti la nave dellrsquouma-nitagrave correrebbe se la ragione stessa che opera nellrsquointerno delle cose non provve-desse alla drastica correzione della sua rottaraquo SASSO Dante lrsquoimperatore e Aristote-le cit pp 15-16

24 A questo stesso passo Dante rimanda anche in Mon I V 3 (vd infra) Il passoaristotelico si trova allrsquointerno dellrsquoargomentazione volta a sostenere che la differen-za fra schiavo e libero egrave posta dalla natura stessa nellrsquointeresse di entrambi (Pol I1253b-1255b) A questa stessa argomentazione attinge Cicerone nel III libro del De re-publica (De rep III 36) per sostenere la legittimitagrave dellrsquoimpero romano in quanto go-verno dei migliori esercitato per il bene stesso dei popoli sottomessi e anche lo stes-so Dante in Mon II VI su cui vd infra La menzione di questo passo della Politica po-trebbe quindi anche nel Convivio non risultare estranea alla successiva difesa del di-ritto degli antichi Romani allrsquoimpero vd infra

25 Tale argomentazione si richiama al principio universale della reductio ad unum

Sempre Tommaso nel I libro del De regimine principum usa que-ste stesse argomentazioni prima per affermare la necessitagrave naturale(laquonaturalis necessitasraquo) che lrsquoumana laquosocietasraquo abbia una qualcheforma di governo e poi per mostrare come il regno ne sia la formamigliore proprio percheacute laquoprovinciae vel civitates quae non regunturab uno dissensionibus laborant et absque pace fluctuantraquo mentre alcontrario se laquosub uno rege reguntur pace gaudentraquo26 E del restoe questo sarebbe forse il passo piugrave pertinente allrsquoargomentazionedantesca anche Aristotele nellrsquoEtica (VIII 1160a-b) aveva afferma-to che laquola forma migliore (di governo) egrave il regnoraquo con unrsquoaltra mo-tivazione che abbiamo visto presente nella giustificazione dantescadellrsquoimpero laquoRe infatti egrave una persona che egrave del tutto indipendentee sovrastante tutti per i suoi beni e un tal uomo non ha bisogno dinulla quindi egli baderagrave non alla sua utilitagrave personale ma ai suoisudditiraquo27

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ampiamente diffuso in tutti i trattati medievali cfr G DI GIANNATALE Dante tra Ari-stotele e S Tommaso Lrsquoargomento logico-metafisico dellrsquoldquoordinatio ad unumrdquo degli en-ti in laquoSapienzaraquo XXXIV 1981 pp 175-82

26 De regimine principum I I laquoIn omnibus autem quae ad finem aliquemordinantur in quibus contingit sic et aliter procedere opus est aliquo dirigente perquod directe debitum perveniatur ad finem [hellip] Naturale autem est homini ut sitanimal sociale et politicum in multitudine vivens magis etiam quam omnia aliaanimalia quod quidem naturalis necessitas declarat [hellip] Nam unus homo per sesufficienter vitam transigere non posset Est igitur homini naturale quod in societatemultorum vivat [hellip] Si ergo naturale est homini quod in societate multorum vivatnecesse est in hominibus esse per quod multitudo regatur [hellip] In universitate enimcorporum per primum corpus scilicet caeleste alia corpora ordine quodam divinaeprovidentiae reguntur omniaque corpora per creaturam rationalem In uno etiamhomine anima regit corpus atque inter animae partes irascibilis et concupiscibilisratione reguntur Itemque inter membra corporis unum est principale quod omniamovet ut cor aut caput Oportet igitur esse in omni multitudine aliquod regitivumraquoCfr anche cap III laquoNam provinciae vel civitates quae non reguntur ab unodissensionibus laborant et absque pace fluctuant ut videatur adimpleri quod dominusper prophetam conqueritur dicens ldquopastores multi demoliti sunt vineam meamrdquo Econtrario vero provinciae et civitates quae sub uno rege reguntur pace gaudentiustitia florent et affluentia rerum laetantur Unde dominus pro magno munere perprophetas populo suo promittit quod poneret sibi caput unum et quod princepsunus erit in medio eorumraquo

27 Trad it di A PLEBE in ARISTOTELE Opere cit vol III

Dante rielabora quindi e trasforma la tradizione aristotelica28 peraffermare nel Convivio la necessitagrave naturale non del re ma di

uno [hellip] che considerando le diverse condizioni del mondo ne li diver-si e necessarii offici ordinare abbia del tutto universale e inrepugnabile offi-cio di comandare E questo officio per eccellenza imperio egrave chiamato sanzanulla addizione perograve che esso egrave di tutti li altri comandamenti comandamen-to [hellip] Chi a questo officio egrave posto egrave chiamato Imperadore perograve che di tut-ti li comandatori elli egrave comandatore e quello che elli dice a tutti egrave legge e pertutti dee essere obedito e ogni altro comandamento da quello di costui pren-dere vigore e autoritade (Conv IV IV 7)

Di nuovo in queste parole sentiamo lrsquoeco di una tradizione anti-ca questa volta non perograve filosofica ma giuridica laquoQuod principiplacuit legis habet vigorem utpote cum lege regia quae de imperioeius lata est populus ei et in eum omne suum imperium et potesta-tem conferat Quodcumque igitur imperator per epistulam et sub-scriptionem statuit vel cognoscens decrevit vel de plano interlocutusest vel edicto praecepit legem esse constat Haec sunt quas volgoconstitutiones appellamusraquo29 si tratta di un passo del Digesto in cuiperograve a differenza di Dante egrave presente il riferimento a una lex regiaidentificabile probabilmente con la cosigrave detta lex de imperio Vespa-siani con la quale il popolo romano avrebbe conferito allrsquoimpera-tore oltre che lrsquoimperium anche il potere legislativo30 Non stupisce

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28 Cfr SASSO Dante lrsquoimperatore e Aristotele cit in particolare su questo passodel Convivio pp 12-19

29 Dig 141 pr (Ulpianus 1 inst) e 1411 (Ulpianus 1 inst)30 Cfr anche Inst 126 laquoSed et quod principi placuit legis habet vigorem cum

lege regia quae de imperio eius lata est populus ei et in eum omne suum imperiumet potestatem concessit Quodcumque igitur imperator per epistulam constituit velcognoscens decrevit vel edicto praecepit legem esse constat hae sunt quaeconstitutiones appellanturraquo Ancora Giustiniano si richiama a questa lex regia nellaconstitutio Deo auctore con la quale incarica Triboniano della raccolta che confluiragravenei Digesta laquocum enim lege antiqua quae regia nuncupabatur omne ius omnisquepotestas populi romani in imperatoriam translata sunt potestatemraquo (Cod 11717)Per un interessante dibattito sulla lex de imperio Vespasiani e sulla sua recezione in etagraveantica e moderna si possono vedere i contributi raccolti in La lex de ImperioVespasiani e la Roma dei Flavi Atti del Convegno 20-22 novembre 2008 a cura di LCapogrossi Colognesi e E Tassi Scandone Roma laquoLrsquoErmaraquo di Bretschneider 2009

che nel Convivio la citazione ometta tale riferimento dato che perDante come tenderagrave a dimostrare tutto il III libro della Monarchialrsquoautoritagrave imperiale con le prerogative ad essa connesse deriva di-rettamente da quella divina31 Osserveremo meglio in seguito qualesia lrsquoimmagine che di tale autoritagrave emerge dalle pagine del ConvivioOra per poter continuare a seguire il filo dellrsquoargomentazione dan-tesca ci interessa soltanto sottolineare che quel governo di uno so-lo indicato secondo unrsquoargomentazione filosofica come il migliorepercheacute piugrave conforme alla natura egrave collocato dallrsquoAlighieri nella sto-ria e identificato in una istituzione precisa quella appunto dellrsquoim-pero romano

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e piugrave in generale sui poteri imperiali gli studi in occasione del Collegio di DirittoRomano 2012 (CEDANT) di prossima pubblicazione ma di cui si puograve giagrave leggere ilresoconto in V FABRIZI Cronaca dei Lavori del Collegio di Diritto Romano 2012 laquoIlPrinceps romano autocrate o magistrato Fattori giuridici e fattori sociali del potereimperiale da Augusto a Commodoraquo in laquoAthenaeumraquo 101 2013 pp 388-94 Ma sulrapporto fra imperatore e lex ci soffermeremo infra

31 E questa egrave infatti la conclusione laquoSic ergo patet quod auctoritas temporalisMonarche sine ullo medio in ipsum de Fonte universalis auctoritatis descenditraquo (MonIII XV 15) Anche nel Corpus iuris civilis comunque si trova ampiamente affermatoil fondamento divino del potere imperiale tanto che anche in etagrave medievale tale fon-damento evidentemente indiscusso veniva sostenuto dai giuristi proprio col riferi-mento a passi della raccolta giustinianea cfr EH KANTOROWICZ I due corpi del reLrsquoidea di regalitagrave nella teologia politica medievale Introduzione di A BOUREAU Tori-no Einaudi 1989 (trad it di The Kingrsquos Two Bodies A Study in Mediaeval PoliticalTheology Princeton (NJ) Princeton University Press 1975) pp 100-103 Qui ri-cordo percheacute emblematico solo lrsquoincipit della constitutio Deo auctore laquoDeo auctorenostrum gubernantes imperium quod nobis a caelesti maiestate traditum estraquo (Cod1171 pr) anche se abbiamo visto che in un passo successivo proprio della medesimaconstitutio troviamo anche il riferimento alla lex regia Cod 11717 riportato alla notaprecedente In etagrave medievale ciograve che invece fu ampiamente discusso dal punto di vi-sta giuridico e teologico (e lo documenta anche e proprio la Monarchia) fu la neces-sitagrave o meno della mediazione del Papa a conferimento o per lo meno a conferma ditale fondamento

12 laquoOltre quello che per li uomini egrave predicato e aprovatoraquo (ConvIV V 20)

Ma a questo proposito come osserva Dante alcuni potrebberolaquogavillareraquo ammettiamo pure la necessitagrave naturale dellrsquoimpero (laquotut-to che al mondo officio drsquoimperio si richeggiaraquo) ma percheacute proprioquello romano laquoperograve che la romana potenza non per ragione [scilper diritto]32 neacute per decreto di convento universale fu acquistata maper forza che alla ragione pare essere contrariaraquo (Conv IV IV 8)Lrsquoargomento come ben sappiamo egrave antico basti pensare al III librodel De repubblica ciceroniano (III 24-28) lagrave dove Furio Filo (che vie-ne fatto portavoce delle obiezioni di Carneade) condanna lrsquoimperoromano proprio in nome della iustitia E si tratta di tematiche che al-lrsquoepoca di Dante ricorrevano in parte nella pubblicistica e nelle teo-rie politico-teologiche del tempo che presentavano lrsquoimpero sullascorta del De civitate Dei di Agostino come frutto di violenze e disopraffazioni33 Sicuramente non si puograve confondere il pensiero diAgostino con quello del cosigrave detto ldquoagostinismo politicordquo34 che aquello si rifaceva per sostenere le pretese temporali della Chiesa e lasupremazia papale su quella imperiale35 quel valore essenziale per la

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32 Numerosi i passi del Convivio oltre questo IV IV 8 in cui la parola laquoragioneraquoindica il ldquodirittordquo I X 3 IV IX 8 IV XII 9 IV XII 10 IV XIX 4 IV XXIV 2 IV XXIV 17

33 Si veda ad esempio GIOVANNI DA PARIGI De potestate regia et papali (1302-1303 sostenitore di Filippo il Bello contro Bonifacio VIII ma anche contro lrsquoimpero)cap XXI laquoSi igitur romani per violentiam dominium acceperunt numquid iuste etiamper violentiam abici potuit dominium eorum vel etiam contra eos perscribiraquo GIA-COMO DA VITERBO De regimine christiano (1301-1302 dalla parte di Bonifacio VIII)parte II cap X laquobeatus Augustinus ait IVdeg libro de Civitate Dei ldquoRegna sine iustitianon sunt nisi magna latrociniardquo Sed vera iustitia non est ubi Christus non est rectorut idem Augustinus ait IIdeg libdeg de Civ Dei Quare videtur quod regnum vel impe-rium Romanorum fuerit latrocinumraquo

34 Oltre a Giacomo da Viterbo citato supra ricordiamo almeno Egidio Romanosostenitore della posizione teocratica di Bonifacio VIII (nel De ecclesiastica potestate)e generale dellrsquoOrdine degli Eremitani di SantrsquoAgostino La definizione di ldquoagostini-smo politicordquo si afferma nella prima metagrave del rsquo900 grazie al volume di H-X AR-QUILLIEgraveRE LrsquoAugustinisme politique Essai sur la formation des theacuteories politiques duMoyen Acircge (1934) IIe eacuted revue et augmenteacutee Paris Vrin 1955

35 Cfr giagrave GILSON Dante e la filosofia cit pp 186-89 con la n 49 e piugrave recen-temente J MIETHKE Papalismus und Augustinismus in der politischen Theorie der

realizzazione della felicitagrave umana che Dante attribuisce allrsquoimperoAgostino infatti non lo riconosce a nessuna terrena civitas senzrsquoaltronon alla Roma pagana ma nemmeno allrsquoimpero diventato cristianoe neanche alla Chiesa come istituzione terrena36 Ma egrave altrettanto si-curo che in Agostino e in particolare nel De civitate Dei si trovanonumerosi passi in cui lrsquoautore denuncia lrsquoingiustizia che avrebbe ca-ratterizzato non solo lrsquoespansione romana37 ma la stessa esistenzadella res publica38 e sempre nel De civitate (XIX 21) si respinge la di-fesa ciceroniana della iustitia dellrsquoimpero romano basata sul giagrave ri-cordato presupposto di origine aristotelica39 che per natura il po-tere debba essere esercitato dai migliori in questo caso i Romani atutela degli interessi dei piugrave deboli40 Ora proprio questa argomen-

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spaumltmittelalterlichen Augustiner-Eremiten Ein Uumlberblick in Augustinus - Ethik undPolitik Zwei Wuumlrzburger Augustinus-Studientage laquoAspekte der Ethik bei Augustinusraquo(11 Juni 2005) laquoAugustinus und die Politikraquo (24 Juni 2006) a cura di C Mayer conla collaborazione di A Eisgrub e G Foumlrster Wuumlrzburg Augustinus-Verlag bei Echter2009 pp 243-72

36 Cfr eg De civitate I 35 XIV 1 XVIII 5437 Si veda ad es AUG De civitate I 30 III 10 14 IV 4 6 15 V 17 XIX 7 In Ago-

stino infatti lrsquoimpero non egrave il rimedio ai conflitti che nascono fra regno e regno per ilfatto che laquolrsquoanimo umano in terminata possessione di terra non si queti ma sempredesideri gloria drsquoacquistareraquo (vd supra Conv I IV 3) ma anzi egrave proprio lrsquoimpero a es-sere originato dalla stessa laquolibido dominandiraquo e laquocupiditas gloriaeraquo si vd ad es Decivitate I praef III 14 IV 6 V 12 19

38 In De civitate XIX 21 Agostino dimostra infatti che laquonumquam fuit Romanares publica quia numquam fuit res populiraquo (che egrave la definizione di res publica che Ci-cerone dagrave per bocca di Scipione Emiliano) percheacute il popolo sempre secondo la ce-lebre definizione ciceroniana egrave laquocoetus multitudinis iuris consensu et utilitatis com-munione sociatusraquo ma non vi puograve essere laquoiuris consensusraquo lagrave dove non vi egrave laquoiustitiaraquoe non vi egrave laquoiustitiaraquo (che egrave la laquovirtus [hellip] quae sua cuique distribuitraquo) quando si to-glie lrsquouomo al vero Dio e lo si consegna ai demoni

39 Vd supra n 2440 Sempre in questo passo del De civitate non si manca comunque di ricordare

un laquonobile argomento tratto in un certo modo dalla naturaraquo dai sostenitori della giu-stizia dellrsquoimpero romano laquoDio comanda allrsquouomo lo spirito comanda al corpo la ra-gione alla passioneraquo Agostino sembra cosigrave quasi riconoscere che laquoper alcuni la ser-vitugrave egrave utileraquo ma spostando subito il piano dai rapporti fra gli uomini a quelli fra lrsquouo-mo e Dio (laquoservire poi a Dio egrave utile per tuttiraquo) ribadisce in conclusione che nella Re-pubblica romana non vi fu mai vera giustizia percheacute gli uomini che ne facevano par-te non servivano Dio Inoltre nei precedenti capitoli 15-16 sempre del XIX libro delDe civitate aveva parlato della schiavitugrave e del dominio dellrsquouomo sullrsquouomo come

tazione della superiore attitudine romana al comando che Agostinoaveva voluto confutare egrave presente invece nel Convivio LrsquoAlighieriafferma infatti che ogni potere viene da Dio (Conv IV IV 9)41 e chequindi Dio scelse proprio il popolo romano laquoperograve che piugrave dolce na-tura [in] segnoreggiando e piugrave forte in sostenendo e piugrave sottile inacquistando neacute fu neacute fia che quella della gente latinaraquo (Conv IV IV10)42 E dato che allrsquoimpero

non sanza grandissima vertude venire si potesse e a quello usare gran-dissima e umanissima benignitade si richiedesse questo era quello popoloche a ciograve piugrave era disposto Onde non da forza fu principalmente preso per laromana gente ma da divina provedenza che egrave sopra ogni ragione [hellip] e co-sigrave non forza ma ragione e ancora divina [conviene] essere stata principio delromano imperio (Conv IV IV 11-12)

Vedremo in seguito cosa significhi per Dante che la laquodivina pro-vedenza [hellip] egrave sopra ogni ragioneraquo questo concetto qui appena ac-cennato egrave infatti ripreso e illustrato nella Monarchia43 Nel Convivio

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perturbamento introdotto dal peccato nellrsquoordine naturale voluto da Dio41 Cosigrave come troviamo piugrave volte ripetuto anche nel De civitate dove perograve al con-

tempo si afferma ripetutamente che il disegno divino egrave imperscrutabile e che laquoDio da-tore e autore della felicitagrave [hellip] dagrave i domini terreni ai buoni come ai cattiviraquo De civi-tate IV 33 laquoDeus igitur ille felicitatis auctor et dator quia solus est verus Deus ipsedat regna terrena et bonis et malis neque hoc temere et quasi fortuito quia Deus estnon fortuna sed pro rerum ordine ac temporum occulto nobis notissimo sibi cui ta-men ordini temporum non subditus servit sed eum ipse tamquam dominus regit mo-deratorque disponit felicitatem vero non dat nisi bonis Hanc enim possunt et nonhabere et habere servientes possunt et non habere et habere regnantes quae tamenplena in ea vita erit ubi nemo iam servietraquo Cfr anche ivi V praef e 21 laquoIlle igitur unusverus Deus qui nec iudicio nec adiutorio deserit genus humanum quando voluit etquantum voluit Romanis regnum dedit qui dedit Assyriis vel etiam Persis [hellip] Sicetiam hominibus qui Mario ipse Gaio Caesari qui Augusto ipse et Neroni qui Ve-spasianis vel patri vel filio suavissimis imperatoribus ipse et Domitiano crudelissi-mo et ne per singulos ire necesse sit qui Constantino christiano ipse apostatae Iu-liano [hellip] Haec plane Deus unus et verus regit et gubernat ut placet et si occultiscausis numquid iniustisraquo

42 Cosigrave ancor piugrave esplicitamente in Mon II VI 9-11 su cui vd infra43 Nel Convivio si accenna soltanto al rapporto fra ldquodirittordquo e ldquovolontagrave divinardquo

in modo invece piugrave ampio se ne argomenta la coincidenza in Mon II II su cui vdinfra

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44 Tresor I XXXIV dove perograve per datare la venuta di Enea nel Lazio si menziona nonla nascita ma piugrave genericamente il regno di Davide JA SCOTT La contemporaneitagraveEnea-Davide (laquoConvivioraquo IVv6) in laquoStudi Danteschiraquo XLIX 1972 pp 129-34

45 Conv IV V 6 laquoE tutto questo fu in uno temporale che David nacque e nacqueRoma cioegrave che Enea venne di Troia in Italia che fu origine della cittade romana sigravecome testimoniano le scritture Per che assai egrave manifesto la divina elezione del roma-no imperio per lo nascimento della santa cittade che fu contemporaneo alla radicedella progenie di Mariaraquo

46 Su questa immagine antropomorfa dello sviluppo dellrsquoimpero puograve con ogniprobabilitagrave avere influito il primo capitolo dellrsquoEpitome di Floro Epit I 4-7 Ma Flo-ro afferma anche che nei duecento anni che seguirono ad Augusto lrsquoimpero laquoconse-nuit atque decoxit nisi quod sub Traiano principe movit lacertos et praeter spem om-nium senectus imperii quasi reddita iuventute revirescitraquo (I 8) Per Dante invecelrsquoapice dellrsquoimpero romano egrave evidentemente raggiunto solo sotto Augusto come pre-ciseremo meglio anche in seguito a proposito di Mon I XVI 1-2

il discorso invece procede con la considerazione che la forza fu quin-di soltanto lo strumento (Conv IV IV 12) di un disegno divino chesi mostrograve sia nello laquospezial nascimentoraquo sia nello laquospezial processoraquodella storia di Roma (Conv IV IV 13) cosigrave come si passa a illustrarenel V capitolo ma prima di trattare delle origini di Roma Dante sot-tolinea il fatto che Dio scelse quel popolo per ridurre tutta la terrain pace e giustizia e creare lrsquolaquoottima disposizioneraquo la laquomonarchiaraquo(Conv IV V 4) per lrsquoincarnazione di Cristo La pace universale in-staurata da Augusto mai piugrave neacute raggiunta neacute raggiungibile fu il frut-to di una divina laquopreparazioneraquo (Conv IV V 9) in cui Dante collocala sincronia giagrave indicata nel Tresor di Brunetto Latini44 fra la nasci-ta di Davide (laquola radice de la progenie di Mariaraquo da cui nacque Cri-sto) e quella di Roma quando laquoEnea venne di Troia in Italiaraquo (ConvIV V 6)45 A questo punto si dimostra che non solo la nascita ma an-che lo svolgersi della sua storia laquospeziale processo ebbe da Dioraquo co-me conferma il rapido scorcio delle vicende di Roma presentato co-me una crescita umana dallrsquoinfanzia lrsquoetagrave dei re sino alla maturitagravelrsquoetagrave di Augusto (Conv IV V 10-11)46 Soffermandosi poi sulla laquomag-giore adoloscenza suaraquo cioegrave sulla storia di Roma che va laquodal primoconsolo infino a Cesare primo prencipe sommoraquo (Conv IV V 12)con lrsquouso anaforico della interrogativa laquoChi diragrave di [hellip]raquo Dante in-troduce una serie di eroi esemplari laquone li quali non amore umano madivino era inspirato in amare lei (scil Roma)raquo e ricorda lrsquoincorrut-tibilitagrave di Fabrizio e di Curio la fermezza di Muzio Scevola di Man-

lio Torquato e di Giunio Bruto il sacrificio dei Deci dei Drusi e diAttilio Regolo la modestia di Cincinnato e di Furio Camillo47 perpoi finire con unrsquoultima interrogativa rivolta in un crescendo di pre-terizione allo stesso Catone Uticense laquoO sacratissimo petto di Cato-ne chi presummeragrave di te parlare Certo maggiormente di te parlarenon si puograve che tacereraquo (Conv IV V 16) Gli esempi forniti da Dantesi ritrovano in diversi autori antichi da lui sicuramente conosciuti ecioegrave in Cicerone Virgilio e Livio (ai quali rimanda infatti esplicita-mente nella Monarchia dove si trovano menzionati pur se in un con-testo in parte diverso quasi tutti gli eroi del Convivio)48 cosigrave come inalcuni autori della tradizione tardo antica e medievale anche se aconferma di quanto prima osservato non si puograve indicare unrsquounicafonte in cui ricorrano tutti gli stessi esempi e nella stessa sequenza49Dobbiamo comunque sottolineare lrsquoevidente richiamo a tutto il ca-talogo degli eroi del VI libro dellrsquoEneide anche percheacute lrsquoandamento

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47 Conv IV V 13-15 laquoE chi diragrave che fosse sanza divina inspirazione Fabrizio in-finita quasi moltitudine drsquooro rifiutare per non volere abandonare sua patria Curiodalli Sanniti tentato di corrompere grandissima quantitagrave drsquooro per caritagrave della patriarifiutare dicendo che li romani cittadini non lrsquooro ma li posseditori dellrsquooro posse-dere voleano e Muzio la sua mano propia incendere percheacute fallato avea lo colpo cheper liberare Roma pensato avea Chi diragrave di Torquato giudicatore del suo figliuoloa morte per amore del publico bene sanza divino aiutorio ciograve avere sofferto e Bru-to predetto similemente Chi diragrave delli Decii e delli Drusi che puosero la loro vita perla patria Chi diragrave del cattivato Regolo da Cartagine mandato a Roma per commu-tare li presi Cartaginesi a seacute e alli altri presi Romani avere contra seacute per amore di Ro-ma dopo la legazione ritratta consigliato solo da [umana e non da] divina naturamosso Chi diragrave di Quinzio Cincinnato fatto dittatore e tolto dallo aratro dopo lotempo dellrsquoofficio spontaneamente quello rifiutando allo arare essere ritornato Chidiragrave di Cammillo bandeggiato e cacciato in essilio essere venuto a liberare Romacontra li suoi nimici e dopo la sua liberazione spontaneamente essere ritornato in es-silio per non offendere la senatoria autoritade sanza divina instigazioneraquo I perso-naggi della storia di Roma a cui si riferisce Dante sono Luscino Fabrizio Manio Cu-rio Dentato Caio Muzio ScevolaTito Manlio Torquato Lucio Giunio Bruto MarcoAttilio Regolo Lucio Quinzio Cincinnato e Furio Camillo

48Mon II V (su cui vd infra) 49 Per un puntuale confronto con luoghi paralleli di autori antichi tardo-antichi

e medievali cfr TH SILVERSTEIN On the Genesis of De Monarchia II v in laquoSpecu-lumraquo 13 1938 pp 326-49 (dove a dispetto del titolo si tratta anche di Conv IV V)e per gli antichi e i tardo-antichi anche D THOMPSON Dantersquos Virtuous Romans inlaquoDante Studiesraquo with the Annual Report of the Dante Society 96 1978 pp 145-62

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50 De civitate V 18 laquoet nobis proposita necessariae commonitionis exempla utsi virtutes quarum istae utcumque sunt similes quas isti pro civitatis terrenae gloriatenuerunt pro Dei gloriosissima civitate non tenuerimus pudore pungamurraquo Oltreagli studi citati alla nota precedente cfr in particolare C FILOSA La laquovirtugraveraquo dei Ro-mani nel giudizio di S Agostino e di Dante in Dante e Roma Atti del convegno diStudi Roma 8-9-10 aprile 1965 Firenze Le Monnier 1965 pp 195-210 e C VASO-LI Agostino nel Convivio e nellaMonarchia in Moderni e Antichi Quaderni del Cen-tro di Studi sul Classicismo diretti da R Cardini voll II-III (2004-2005) Firenze Edi-zioni Polistampa 2006 pp 263-84

51 Vd supra n 47 52 In Agostino si menzionano anche Manio Curzio Marco Orazio Pulvillo e Lu-

cio Valerio che mancano invece in Dante In De civitate V 18 manca invece la menzionedi Manio Curio Dentato dei Drusi e di Catone

della prosa dantesca con lrsquouso del pronome interrogativo in anafo-ra sembra costituire unrsquoesplicita ripresa dei versi 841-46

quis te magne Cato tacitum aut te Cosse relinquatquis Gracchi genus aut geminos duo fulmina belliScipiadas cladem Libyae parvoque potentemFabricium vel te sulco Serrane serentemquo fessum rapitis Fabii

Di particolare interesse inoltre risulta ancora una volta il con-fronto con il De civitate Dei con il diciottesimo capitolo del V librodove Agostino esorta i cristiani a non vantarsi se hanno compiutoazioni virtuose per amore della patria eterna dato che i Romani lehanno compiute per amore della patria terrena e della gloria uma-na50 E fra gli esempi citati quelli che coincidono con il Convivio51 so-no nellrsquoordine che troviamo nel De civitate Giunio Bruto ManlioTorquato Furio Camillo Mucio Scevola i Deci Attilio Regolo Cin-cinnato e Fabrizio52 Alla fine di questo capitolo del De civitate Deisi puograve in effetti trovare un apprezzamento della virtugrave romana simi-le a quello espresso da Dante laquoCosigrave ndash dice Agostino ndash quellrsquoimperocosigrave esteso e cosigrave duraturo reso illustre e glorioso dal valore di per-sonaggi tanto grandi costituigrave per essi la ricompensa a cui miravanoi loro sforziraquo (De civitate V 18) Ma nei capitoli immediatamente pre-cedenti Agostino era stato chiaro la gloria umana egrave un valore nel-lrsquoambito della cittagrave degli uomini e con essa la giustizia divina ha ri-compensato le virtugrave positive del popolo romano come lrsquoamor di pa-

FRANCESCA FONTANELLA58

53De civitate V 15 laquoQuibus ergo non erat daturus Deus vitam aeternam cum san-ctis Angelis suis in sua civitate caelesti ad cuius societatem pietas vera perducit quaenon exhibet servitutem religionis [hellip] si neque hanc eis terrenam gloriam excellen-tissimi imperii concederet non redderetur merces bonis artibus eorum id est virtu-tibus quibus ad tantam gloriam pervenire nitebantur De talibus enim qui propterhoc boni aliquid facere videntur ut glorificentur ab hominibus etiam Dominus aitAmen dico vobis perceperunt mercedem suamraquo

54 De civitate V 13 laquoQuam ob rem cum diu fuissent regna Orientis illustria vo-luit Deus et occidentale fieri quod tempore esset posterius sed imperii latitudine etmagnitudine illustrius idque talibus potissimum concessit hominibus ad domandagravia mala multarum gentium qui causa honoris laudis et gloriae consuluerunt pa-triae in qua ipsam gloriam requirebant salutemque eius saluti suae praeponere nondubitaverunt pro isto uno vitio id est amore laudis pecuniae cupiditatem et multaalia vitia comprimentes Nam sanius videt qui et amorem laudis vitium esse cognos-citraquo

55 Cosigrave ad esempio di fronte alla laquoinfelicitasraquo di Giunio Bruto laquoquia filios occi-ditraquo per la patria laquotemporale e terrenaraquo i cristiani dovrebbero pensare che la patriaeterna e celeste non obbliga nessuno a tale sacrificio e dovrebbero quindi non van-tarsi di essere solo chiamati a laquodonare ai poveri le sostanze che sembrava di raccoglieree serbare per i figliraquo e a considerare loro laquofigli i poveri di Cristoraquo o non gloriarsi delmartirio in cui trovano una morte che perograve non si infliggono da soli come invece fe-cero Manio Curzio o i Deci De civitate V 18 passim Ma cfr anche Mon II V su cuivd infra

tria ma non ha nessun valore nella Cittagrave di Dio che egrave preclusa a chisulla terra ha giagrave avuto la sua ricompensa (De civitate V 15)53 anzi ildesiderio di gloria non egrave una virtugrave ma un vero e proprio vizio (De ci-vitate V 13)54 ndash mentre Dante lo abbiamo ricordato allrsquoinizio porragravenel Paradiso laquoi buoni spirti che sono stati attivi percheacute onore e fa-ma li succedaraquo (Par VI 113-14) A marcare ancor piugrave la differenza frai due autori ricordiamo che sempre nel ldquocatalogordquo di De civitate V18 Agostino a fianco di ogni gesto virtuoso pagano ne costruisceuno cristiano che al precedente si oppone o lo corregge o per lomeno lo completa55 e che nei precedenti libri del De civitate Ago-stino aveva condannato senza esitazione il suicidio di Catone (De ci-vitate I 23) e aveva giudicato negativamente episodi come quello del-la guerra con Alba (secondo lui suscitata solo dalla libido dominan-di dei Romani De civitate III 14) o quello delle oche del Campido-glio (a dire il vero questo piugrave ridicolizzato ma proprio per dimo-strare che Roma non si sarebbe salvata se laquomentre gli degravei dormiva-no non fossero rimaste sveglie le ocheraquo De civitate II 22 cfr anche

III 8) episodi che Dante allrsquoopposto cita nel Convivio dopo glildquoesempi virtuosirdquo come vicende della storia di Roma in cui la prov-videnza divina sarebbe intervenuta direttamente a favore dei Ro-mani (Conv IV V 18)56

Si puograve spiegare questa differenza di valutazione su episodi e per-sonaggi dellrsquoantica storia di Roma col fatto che a Dante interessasostenere lrsquoimpero del suo tempo e di conseguenza esaltare quellastoria che egrave percepita senza soluzioni di continuitagrave con questo im-pero Sigrave ma non solo se cosigrave fosse infatti come si spiegherebbelrsquoesaltazione di Catone Uticense A prescindere dal problema mo-rale posto dal suo suicidio il motivo di questo estremo gesto cioegravelrsquoopposizione a Cesare laquoprimo prencipe sommoraquo dellrsquoimpero avreb-be dovuto trattenere il filo-imperiale Dante dallrsquoapprezzarne la fi-gura e dal farne alcuni anni piugrave tardi il guardiano del Purgatorio incontinuitagrave anche lessicale con lrsquoimmagine delineatane nel Convivio(laquoo sacratissimo petto di Catoneraquo in Conv IV V 16 laquoo santo pettoraquoin Purg I 80)57 E come si spiegherebbe il fatto che le stesse osser-vazioni e quasi tutti gli stessi esempi che abbiamo visto usati da Dan-te per illustrare quelle virtugrave che ai Romani meritarono lrsquoimpero si ri-trovano in unrsquoopera il De regimine principum di Tommaso-Tolomeoda Lucca le cui conclusioni sostengono la supremazia papale piut-tosto che quella imperiale Nel IV capitolo del III libro nella partequindi composta da Tolomeo si richiama infatti esplicitamente for-zandone perograve senzrsquoaltro il senso il capitolo 18 del V libro del De ci-

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 59

56 Gli altri esempi sono quello di Scipione che decidendo di portare la guerra inAfrica riuscigrave cosigrave a vincere la seconda guerra punica e quello di Cicerone che salvogravela Res Publica da Catilina Anche per queste vicende la tradizione confluita in Danterisaliragrave a Livio e allrsquoepitome di Floro ma anche ad Orosio e allo stesso Agostino Perlrsquoepisodio delle oche cfr Mon II IV 5-10 (dove si vuole dimostrare i miracoli avvenu-ti nella storia di Roma vd infra) per la guerra con Alba Longa e per Scipione inve-ce Mon II IX 15 e 18 (dove si menzionano le guerre a carattere di ldquoduellordquo vinte daiRomani per volere di Dio vd infra)

57 Anche se egrave evidente che Dante distingue nella storia di Roma due piani quel-lo etico in cui in continuitagrave colla tradizione classica risulta esemplare la virtus civilerepubblicana quello politico in cui esemplare egrave invece lrsquoimpero cfr R HOLLANDER

-A ROSSI Il repubblicanesimo di Dante in Studi americani su Dante a cura di GCAlessio e R Hollander Introduzione di D della Terza Milano Franco Angeli 1989p 297-323

vitate Dei e si giudica in modo provvidenziale come in Dante lastoria esemplare di Roma58

Per capire il motivo di questi giudizi positivi sulla storia e sullavirtugrave romana occorre allora guardare a quel passo compiuto dallacultura medievale nella rivalutazione della natura e quindi del-lrsquoesperienza umana anche precedente al cristianesimo che trova nel-lrsquoopera di Tommaso la sua piugrave famosa formulazione gratia non tollitnaturam sed perficit59 Non si trattava con questo come osservavaGilson di sostenere lrsquoidea di

una natura che sia autosufficiente senza la grazia per cui si ricadrebbe inpieno paganesimo ma neppure una natura senza di cui la grazia nulla avreb-be da salvare Ora quale migliore mezzo di conoscere la natura che rivol-gersi a quegli antichi i quali lrsquohanno cosigrave profondamente studiata e cosigrave bendescritta [hellip] Da questo deriva quella forma specialissima di umanesimoche venne praticata nel Medioevo umanesimo anzitutto morale che condus-se i pensatori cristiani a consultare gli antichi per istruirsi su cosa egrave lrsquouomo60

FRANCESCA FONTANELLA60

58 De regimine principum III 4 laquoDe isto autem amore patriae exemplumaccipimus ut historiae tradunt et beatus Augustinus in quinto de civitate Dei etc[hellip] De talibus autem concludit dictus doctor quod eisdem non datur dominandipotestas nisi summi Dei providentia quando res humanas iudicat talibus donis essedignas Multa similia ibidem dicit per quae definire videtur eorum dominium fuisselegitimum et eis a Deo collatumraquo Per la supremazia del potere spirituale su quellotemporale che dal primo viene istituito si veda invece ivi IV 10 Cfr SILVERSTEIN Onthe Genesis of De Monarchia II v cit passim (e p 189 dove si osserva che il passoin cui Tolomeo da Lucca richiamandosi ad Agostino fornisce il catalogo degli eroiromani laquoit is far closer in spirit to Dante than to St Augustineraquo) e GHISALBERTI Ro-ma antica nel pensiero politico da Tommaso drsquoAquino a Dante cit in particolare sulaquoRoma antica e il suo impero nel ldquoDe regimine principumrdquoraquo pp 349-55 Ma si vedaanche CT DAVIS Tolomeo da Lucca e la repubblica romana (1974) ora in LrsquoItalia diDante Bologna il Mulino 1988 p 231-69

59 TOMMASO Super sententiis II dist 9 q 1 art 8 laquoPraeterea quantumcumqueintellectus perficiatur lumine gratiae vel gloriae semper oportet quod intelligat sublumine naturali quia gratia non tollit naturam sed perficitraquo ivi IV dist 2 q 1 art 4qc 2 laquoSed contra gratia perficit naturamraquo Summa Theologiae I q 1 art 8 laquoCumenim gratia non tollat naturam sed perficiat oportet quod naturalis ratio subserviatfidei sicut et naturalis inclinatio voluntatis obsequitur caritati Unde et apostolusdicit II ad Cor X lsquoin captivitatem redigentes omnem intellectum in obsequiumChristirsquo Et inde est quod etiam auctoritatibus philosophorum sacra doctrina utiturubi per rationem naturalem veritatem cognoscere potueruntraquo

60 E GILSON Filosofia medievale e umanesimo Comunicazione fatta il 24 aprile

Difficile non ritrovare nellrsquoopera di Dante questo particolarelaquoumanesimoraquo61 disposto laquoper istruirsi su cosa egrave lrsquouomoraquo a guarda-re ad ogni esempio virtuoso del passato Cesare come Catone alaquoconsultareraquo i piugrave svariati auctores per elaborare infine un pensieroche non egrave di nessun altro se non dello stesso Alighieri

Questo apprezzamento della virtugrave morale degli antichi condivi-so ormai da gran parte del pensiero del suo tempo e nel Conviviofunzionale alla legittimazione dellrsquoimpero romano acquista una for-za particolare allrsquointerno delle argomentazioni svolte nel IV trattatoegrave qui infatti che piugrave specificatamente Dante sostiene la funzione e ilfine etico della filosofia62 e difende il valore dellrsquoetica salvaguardan-

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 61

1935 al Congresso Guillaume Budeacute a Nizza in Appendice a Eloisa e Abelardo Tori-no Einaudi 1950 p 207

61 Uso il termine ldquoumanesimordquo ben consapevole della laquoastrale distanza fra il ti-pico umanesimo cristiano di Dante e lrsquoUmanesimo storicamente determinabileraquo EPARATORE Lrsquoereditagrave classica in Dante in Dante e Roma cit pp 3-50 p 47

62 Conv IV VI 7-16 XVII 1-8 Sulle caratteristiche del IV trattato che lo differen-ziano dal laquoldquobloccordquo costituito dal II e IIIraquo cfr VASOLI Introduzione cit p XXXVIIIIn effetti anche in Conv II XIV 13 e 18 si sostiene che laquocessando la Morale Filosofialrsquoaltre scienze sarebbero celate alcuno tempo e non sarebbe generazione neacute vita di fe-licitade e indarno sarebbero scritte e per antico trovateraquo e in III XV 11-12 laquola mora-litade egrave bellezza della filosofiaraquo e laquoquinci nasce quella felicitade la quale diffinisceAristotile nel primo dellrsquoEtica dicendo che egrave operazione secondo vertugrave in vita per-fettaraquo a differenza perograve di quanto ritiene Gilson (Dante e la filosofia cit pp 99-149)la filosofia nel Convivio non rimane confinata esclusivamente nella sfera dellrsquoeticanumerosi infatti i passi specialmente nel II e nel III trattato nei quali viene identifi-cata con lrsquoamore alla sapienza in senso piugrave ampio e spesso in nesso profondo con laSapienza divina II XV 12 III VI 9-10 XI 14 (laquocosigrave fine della Filosofia egrave quella eccel-lentissima dile[tta]zione che non pate alcuna intermissione o vero difetto cioegrave verafelicitade che per contemplazione della veritade srsquoacquistaraquo) XII 12 (laquofilosofia egrave unoamoroso uso di sapienza lo quale massimamente egrave in Dio perograve che in lui egrave sommasapienza e sommo amore e sommo atto che non puograve essere altrove se non in quantoda esso procederaquo) 13-14 XIII 7 (laquodella pace di questa donna non fa lo studio sen[ti-re se n]on nellrsquoatto della speculazione E cosigrave si vede come questa egrave donna primiera-mente di Dio e secondariamente dellrsquoaltre intelligenze separate per continuo sguar-dare e appresso dellrsquoumana intelligenza per riguardare discontinuatoraquo) XIV 1-2 6(laquocheacute la sapienza nella quale questo amore fegravere etterna egrave Onde egrave scritto di lei ldquoDalprincipio [e] dinanzi dalli secoli creata sono e nel secolo che dee venire non verrograve me-nordquo e nelli Proverbi di Salomone essa Sapienza dice ldquoEtternalmente ordinata sonordquoe nel principio di Giovanni nellrsquoEvangelio si puograve la sua etternitade apertamente no-tareraquo) 7 XV 2-3

dole uno spazio autonomo non solo rispetto al potere politico63 main parte anche rispetto ad ogni altro fine trascendente in quantosono le virtugrave laquoche fanno lrsquouomo beato o vero felice nella loro ope-razioneraquo (Conv IV XVII 8)64 Indicare come campioni di virtugrave gli eroipagani risulta allora profondamente coerente con questo valore ldquolai-cordquo riconosciuto allrsquoetica e collrsquoaver posto un filosofo pagano Ari-stotele come suprema auctoritas in questo ambito65 Certo occorreprecisare che nella visione profondamente religiosa di Dante non vi

FRANCESCA FONTANELLA62

63 Conv IV IX su cui vd infra64 Conv IV XVII 8 laquoE queste sono quelle che fanno lrsquouomo beato o vero felice nel-

la loro operazione sigrave come dice lo Filosofo nel primo dellrsquoEtica quando diffinisce laFelicitade dicendo che ldquoFelicitade egrave operazione secondo virtude in vita perfettardquoraquo Masi vedano tutti i sectsect 1-12 Anche se nel sect 9 si afferma laquoVeramente egrave da sapere che noipotemo avere in questa vita due felicitadi secondo due diversi cammini buono e ot-timo che a ciograve ne menano lrsquouno egrave la vita attiva e lrsquoaltro la contemplativa la quale ave-gna che per lrsquoattiva si pervegna come detto egrave a buona felicitade ne mena ad ottimafelicitade e beatitudine secondo che pruova lo Filosofo nel decimo dellrsquoEticaraquo si pre-ferisce in conclusione (al sect 12) il ldquocammino eticordquo a quello ldquointellettualerdquo laquoOndeperciograve che le virtugrave morali paiano essere e siano piugrave comuni e piugrave sapute e piugrave richie-ste che lrsquoaltre e imitate nello aspetto di fuori utile e convenevole fue piugrave per quellocammino procedere che per lrsquoaltroraquo Ma cfr anche Conv III XV 11-12 (cit supra allan 62) Questi passi del Convivio (insieme a Conv III XV 7-10 IV XII 11-12 XIII 6-9)sembrano affermare lrsquoesistenza di un desiderio naturale che non ha bisogno di cono-scere il sovrannaturale per essere compiuto a differenza di quanto si sostiene nellaCommedia (cfr specialmente Inf IV 31-42 Purg III 34-45 XXI 1-6 Par IV 124-32) maanche in altri passi del Convivio nei quali anche per quella intima connessione fra sa-pienza umana e divina che osservavamo supra alla n 62 il desiderio naturale sembraesigere per il suo compimento proprio il divino si veda Conv III VIII 5 XII 13 XIV 13-14 XV 2 IV XII 14-17 XXII 4-18 Sul problema rimando agli studi menzionati supraalla n 11 Si osservi solo che in Conv IV XXII 18 Dante sottolineando un ordine ge-rarchico che ha come suo vertice quella beatitudine irraggiungibile sulla terra percheacutesi compiragrave solo nella visione di Dio distingue comunque anticipando ciograve che sosterragravein Mon III xv (su cui vd infra) una felicitagrave terrena per la quale sono sufficienti lelaquooperazioni delle morali virtudi raquo e quelle laquodelle virtudi intellettualiraquo da una felicitagraveeterna laquoE cosigrave appare che nostra beatitudine [cio]egrave questa felicitade di cui si parlaprima trovare potemo quasi imperfetta nella vita attiva cioegrave nelle operazioni dellemorali virtudi e poi perfetta quasi nella [vita contemplativa cioegrave] nelle operazionidelle virtudi intellettuali Le quali due operazioni sono vie espedite e dirittissime amenare alla somma beatitudine la quale qui non si puote avere come appare pur perquello che detto egraveraquo

65 Conv IV VI 8 16

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 63

egrave nulla che non provenga da Dio tantomeno lrsquouomo pagano o cri-stiano che sia con il suo laquodesiderio naturaleraquo66 e le sue umane vir-tugrave67 come viene esplicitamente affermato proprio alla fine della ldquocar-rellatardquo dei Romani virtuosi presentata nel Convivio laquoCerto e mani-festo essere dee rimembrando la vita di costoro e delli altri divini cit-tadini non sanza alcuna luce della divina bontade aggiunta sovra laloro buona natura essere tante mirabili operazioni stateraquo (Conv IVv 17)68 Ma esaltare la virtus degli antichi eroi pagani significava co-munque riconoscere alla storia dellrsquoimpero romano un valore indi-pendente da quello della sua successiva regeneratio christiana (a dif-ferenza ad esempio di quanto aveva sostenuto il discepolo di Ago-stino Orosio69 una delle fonti storiche piugrave seguite dallrsquoAlighieri)70 In

66 Giagrave esplicitamente in Conv I I 1 su cui vd ora FALZONE Desiderio della scien-za e desiderio di Dio nel Convivio di Dante cit pp 1-11

67 Si veda ad esempio Conv IV XX passim dove si definisce la vera nobiltagrave dallaquale discendono tutte le altre virtugrave (IV XVIII 1-2 XX 1-2) come quel laquoldquoseme di feli-citaderdquo messo da Dio nellrsquoanima ben postaraquo (IV XX 9) XXI passim (dove si descrivecome la nobiltagrave scende nellrsquouomo laquoprima per modo naturale e poi per modo teolo-gicoraquo (XXI 1) XXII passim (dove si tratta dellrsquolaquoappetito drsquoanimo naturaleraquo che nascelaquodella divina bontade in noi seminata e infusa dal principio della nostra generazio-neraquo) su questi capitoli del IV trattato vd sempre FALZONE Desiderio della scienza edesiderio di Dio nel Convivio di Dante cit pp 28-68 che giustamente osserva comeDante dopo aver sostenuto una concezione di nobiltagrave come specifico dono divinoelargito solo ad alcuni uomini eccezionali (IV XX-XXI) che sarebbero quasi laquoun altroDio incarnatoraquo (IV XXI 10) introduce poi delle precisazioni per cui la nobiltagrave diven-ta una potenza naturale presente in tutti gli uomini che ha bisogno dellrsquoeducazione edellrsquoimpegno per realizzarsi come virtugrave (IV XXI 13-14) laquoCosigrave egrave unrsquoistanza etica omeglio etico-politica a spiegare lrsquoaffermazione nel corpo del capitolo XXII che a nes-suno egrave consentito giustificare la propria mala condotta [hellip] adducendo a pretesto laviltagrave della sua anima poicheacute anche a colui che non abbia ricevuto ldquoda principiordquo il se-me divino (la nobiltagrave) [hellip] quel seme puograve essere innestato nellrsquoanimo per ldquomolta cor-rezione e culturardquo cioegrave attraverso lrsquoeducazione e le leggiraquo (ivi p 67)

68 E che Dante sia convinto di ciograve lo conferma ad esempio il fatto che nel Purga-torio fra i vari esempi di virtugrave contrarie ai peccati puniti nelle varie cornici si ricorre aesempi tratti anche dalla storia pre-cristiana e in particolare nel XX Canto ai vv 25-27 troviamo fra gli esempi di povertagrave opposti allrsquoavarizia accanto a quello di Maria(vv 19-24) e di San Nicola (vv 31-33) quello del Fabrizio giagrave ricordato nel Convivio

69 Cfr eg OROSIO Hist I praef 14 II 3 3-770 Cfr la voce Orosio di A MARTINA (1970) nellrsquoEnciclopedia Dantesca consula-

tabile sul sito httpwwwtreccaniitenciclopediapaolo-orosio_(Enciclopedia-Dan-tesca)

FRANCESCA FONTANELLA64

71 LUC Phars I 95 laquoFraterno primi maduerunt sanguine muriraquo Questa nettadistinzione fra Agostino e Dante riguardo al giudizio sullrsquoimpero non toglie il fattoche il primo abbia profondamente influito sullrsquoAlighieri che piugrave volte lo cita e che inMon III III 13 ne sottolinea esplicitamente lrsquoauctoritas in quanto dottore della Chie-sa ispirato direttamente dallo Spirito Santo Unrsquoutile panoramica sui vari studi che sisono occupati fin dalla fine dellrsquo800 dellrsquoinfluenza di Agostino sullrsquoopera dellrsquoAli-ghieri (anche ma non solo riguardo al pensiero politico dove piugrave marcata egrave la diffe-renza fra i due) in E BRILLI Firenze e il profeta Dante fra teologia e politica RomaCarocci 2012 pp 239-70 Nel volume lrsquoautrice mostrando come il tema della terre-na civitas sia vivo nella tradizione medievale dove diventa piugrave precisamente quellodella civitas diaboli di cui si riconoscono diverse rappresentazioni nella storia anchecontemporanea analizza nellrsquoopera dantesca la civitas diaboli sub specie Florentiae eriguardo al rapporto fra la Commedia e il De civitate Dei conclude che laquoallontanan-dosi Dante su Roma la tradizione agostiniana rimaneva viva nella sua memoria e mu-tatis mutandis Dante riutilizzograve rappresentazioni e argomenti agostiniani per forma-lizzare una materia diversa da quella in riferimento alla quale quelle rappresentazio-ni e quegli argomenti erano (in parte) nati In particolare Dante riutilizzograve il reperto-rio topico e il complesso impianto argomentativo di Agostino contro lrsquoImpero roma-no ai fini della propria polemica contro Firenzeraquo (ivi p 270)

questo modo insieme allrsquoimpero anche la stessa Urbs egrave sottratta auna valorizzazione esclusivamente cristiana alla fine del V capitolodel IV trattato infatti Dante sicuro di aver dimostrato laquoche spezialnascimento e spezial processo da Dio pensato e ordinato fosse quel-lo della santa cittaderaquo afferma laquoCerto di ferma sono oppinione chele pietre che nelle mura sue stanno siano degne di reverenza e losuolo dovrsquoella siede sia degno oltre quello che per li uomini egrave pre-dicato e aprovatoraquo (Conv IV V 20) Queste parole non solo sem-brano capovolgere il giudizio di Agostino che in De civitate XV 5 ri-cordando come allrsquoorigine dellrsquoUrbe vi fosse stato il fratricidio com-piuto da Romolo nei confronti di Remo citava la Pharsalia di Luca-no per ricordare che quelle stesse mura grondavano di sangue fra-terno71 ma affermando che lo laquosuoloraquo dove si trova la laquosanta citta-deraquo egrave laquodegno oltre quello che per li uomini egrave predicato e aprovatoraquosembrano anche voler decisamente correggere quella concezione diRoma (che si era andata affermando a partire dalla fine dellrsquoetagrave an-tica in concomitanza quindi da una parte col declino politico del-la cittagrave e dallrsquoaltra collrsquoascesa della sua importanza religiosa in quan-to sede apostolica) che aveva legato in modo esclusivo la sua ldquove-nerabilitagraverdquo al fatto che il martirio degli apostoli Pietro e Paolo avreb-

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 65

72 Cfr M MACCARONE La concezione di Roma cittagrave di Pietro e Paolo da Damasoa Leone I in Roma Costantinopoli Mosca Atti del I Seminario Internazionale di Stu-di Storici ldquoDa Roma alla terza Romardquo 21-23 aprile 1981 Napoli Edizioni Scientifi-che Italiane 1983 pp 63-85 e in particolare p 63 laquoLa Roma christiana non egrave una Ro-ma cristianizzata come poteva dirsi di ogni cittagrave del mondo greco-romano Vieneconcepita e proposta come una Roma non contrapposta alla Roma classica e imperialema che ad essa subentra e che la supera a motivo dei nuovi titoli che possiede Egrave in-fatti diversa e nuova rispetto alla vecchia Roma sia per la sua origine fatta derivaredagli Apostoli Pietro e Paolo sia per il suo nuovo volto di cittagrave santuario dei cristia-ni che ha modificato la stessa topografia urbana sia soprattutto percheacute in essa risie-de e svolge la sua azione universale la sedes apostolicaraquo Ed egrave interessante osservaresempre con MACCARONE (ivi p 72) che giagrave Rutilio Namaziano nel 417 ricordandoi limina sacra dei templi pagani che egrave andato a visitare a Roma prima della partenzaper il ritorno nella sua terra natia (De red suo I 43-46) sembri tacitamente rivendicarela sacralitagrave tradizionale dellrsquoUrbe rispetto a quella nuova dei limina apostolorum PerDante invece la ldquosacralitagraverdquo pagana e quella cristiana di Roma non sono in contrad-dizione come ben si capisce anche da Inf II 20-27 ad Enea scelto dal cielo come pa-dre laquode lrsquoalma Roma e di suo imperoraquo fu permessa la discesa agli Inferi in funzionedella laquosua vittoriaraquo e quindi dellrsquoimpero ma anche in funzione laquodel papale amman-toraquo La ldquocristianizzazionerdquo di Roma non egrave quindi una rifondazione che pone una ori-gine diversa da quella della precedente storia pagana dellrsquoUrbe percheacute proprio quel-la storia egrave stata voluta da Dio non solo per lrsquoaffermarsi dellrsquoimpero ma anche percheacuteRoma diventasse laquolo loco santo ursquo siede il successor del maggior Pieroraquo

be non solo fondato il primato della Chiesa di Roma ma quasi ldquori-fondatordquo ex-novo la cittagrave stessa 72

Cosigrave proprio alla fine della digressione sullrsquoimpero romano (cheal di lagrave della logica argomentativa con cui viene introdotta ben sicolloca lo ripetiamo in questo IV trattato del Convivio dedicato aunrsquoetica autonoma nel senso precisato sopra rispetto ad ogni finetrascendente) si riconosce a Roma un valore che se egrave sicuramenteimprescindibile da quella laquodivina bontaderaquo che ha reso possibililaquotante mirabili operazioniraquo (Conv IV V 17) non lo egrave altrettanto equesto saragrave il tema esplicito della Monarchia da quel papato checongiungendo laquola spada col pasturaleraquo (Purg XVI 109-10) ha prete-so lrsquoldquoesclusivardquo sulla cittagrave eterna

FRANCESCA FONTANELLA66

73 Secondo Dante infatti laquoAristotele quando diceva che non puograve essere del tut-to falso ciograve che pare vero ai piugrave intendeva certamente riferirsi al giudizio fondato sul-la ragione e non a quello che egrave frutto della sola apparenza sensibile Perciograve chi con-traddice lrsquoopinione del ldquovolgordquo non contrasta affatto la sua autoritagrave ma anzi la con-ferma e lrsquoonoraraquo VASOLI Introduzione cit p XLIII Ma vd anche supra n 7

13 laquoQuesto ufficiale posto di cui si parla cioegrave lo Imperadoreraquo(Conv IV IX 8)

Prima di passare allrsquoanalisi della Monarchia ricordiamo lrsquoargo-mentazione generale in cui si collocano questi capitoli che abbiamoanalizzato percheacute ciograve permette dopo aver osservato il valore attri-buito allrsquoimpero romano di specificare in esso la concezione della fi-gura imperiale Dante ha inteso dimostrare come lrsquoimperatore Fe-derico II non debba essere seguigraveto per quanto riguarda la definizio-ne della nobiltagrave ma non volendo con questa dimostrazione indurrelrsquoerrore di mettere in discussione la necessitagrave e la bontagrave dellrsquoimperoha ritenuto necessario in via preliminare ribadirne il valore (Conv IVIV-V) Dopo aver in modo analogo dedicato il VI capitolo a ribadireil valore dellrsquoautoritagrave e dellrsquoeccellenza di Aristotele fra tutti i filoso-fi nel VII afferma che egrave errata lrsquoopinione del volgo che ritiene la no-biltagrave legata alla stirpe mentre nel capitolo VIII dopo aver dimostra-to come la confutazione di questa communis opinio non sia in real-tagrave in contraddizione con il pensiero aristotelico che affermava nonpoter essere del tutto falso ciograve che pare vero ai piugrave73 asserisce che ta-le confutazione non egrave nemmeno un atto laquocontro la reverenza de loImperioraquo (Conv IV VIII 10) in quanto nel caso della definizione del-la nobiltagrave lrsquouomo non egrave laquodebitamente a la imperiale maiestagrave subiet-toraquo (Conv IV VIII 16) Tale affermazione per essere dimostrata ri-chiede ed egrave lrsquoargomento del IX capitolo la definizione degli ambitidi competenza e quindi dei limiti dellrsquoesercizio dellrsquoautoritagrave impe-riale questa laquoa perfezione dellrsquoumana vita fu trovataraquo e per questolaquoella egrave regolatrice e rettrice di tutte le nostre operazioni giusta-menteraquo (Conv IV IX 1) ma come tutto nella terra ha fine anchequesta autoritagrave ha un limite che le egrave posto da Dio (Conv IV IX 2-3)essendo chiamata a regolare non tutte le operazioni umane ma so-lo quelle che si possono realmente definire laquonostreraquo in quanto laquosu-biacciono alla ragione e alla volontade cheacute se in noi egrave lrsquooperazione

digestiva questa non egrave umana ma naturaleraquo (Conv IV IX 4) Inoltreanche riguardo alle ldquooperazioni razionalirdquo alcune74 sono sottopostealla nostra volontagrave solo nel senso che sono oggetto della nostra con-siderazione speculativa (che come tutte le attivitagrave umane egrave volonta-ria) ma non lo sono di per seacute percheacute non ne dipendono laquocheacute per-cheacute noi volessimo che le cose gravi salissero per natura suso e per-cheacute noi volessimo che rsquol silogismo con falsi principii conchiudesseveritade dimostrando e percheacute noi volessimo che la casa sedesse co-sigrave forte pendente come diritta non sarebbe perograve che di queste ope-razioni non fattori propiamente ma li trovatori semo altri lrsquoordinogravee fece maggiore fattoreraquo (Conv IV IX 6) altre ldquooperazionirdquo invececome laquooffendere e giovare [hellip] star fermo e fuggire alla battaglia[hellip] stare casto e lussuriare [hellip] del tutto suggiacciono alla nostravolontade e perograve semo detti da loro buoni e rei perchrsquoelle sono pro-pie nostre del tuttoraquo (Conv IV IX 7) In queste bisogna osservarelrsquolaquoequitaderaquo (Conv IV IX 8) ma siccome ci si puograve allontanare daquesta non solo volontariamente ma

per non sapere quale essa si sia [hellip] trovata fu la ragione scritta per mo-strarla e per comandarla [hellip] E perograve egrave scritto nel principio del Vecchio Di-gesto laquoLa ragione scritta egrave arte di bene e drsquoequitaderaquo A questa scrivere mo-strare e comandare egrave questo ufficiale posto di cui si parla cioegrave lo Impera-dore al quale tanto quanto le nostre operazioni propie che dette sono sistendono siamo subietti e piugrave oltre no (Conv IV IX 8-9)

laquoE piugrave oltre noraquo con questa limitazione si rivendica quindiunrsquoldquoautonomia del sapere dal potererdquo grazie alla quale si potragrave li-beramente procedere nei successivi capitoli del IV trattato ad ar-gomentare filosoficamente una ldquoverardquo definizione di nobiltagrave Lrsquoam-bito dellrsquoautoritagrave imperiale egrave invece un altro quello della laquoragionescrittaraquo ovvero lo abbiamo visto del diritto romano75 ed egrave compi-

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 67

74 Quelle elencate in Conv IV IX 5 laquocheacute operazioni sono che ella solamente con-sidera e non fa neacute puograve fare alcuna di quelle sigrave come sono le cose naturali e le sopra-naturali e le matematice e operazioni che essa considera e fa nel propio atto suo lequali si chiamano razionali sigrave come sono arti di parlare e operazioni sono che ella con-sidera e fa in materia di fuori di seacute sigrave come sono arti meccaniceraquo

75 Vd supra n 32 E cosigrave era stato infatti definito dai giuristi dei secoli XII-XIIIper i quali laquolrsquoesigenza [hellip] di un diritto universalmente valido la si sentiva giagrave sod-

to specifico dellrsquoimperatore formulare promulgare e far osservarequesto diritto secondo quanto Dante aveva precedentemente affer-mato nel passo sopra riportato del Convivio laquoquello che elli [scillrsquoimperatore] dice a tutti egrave legge e per tutti dee essere obedito eogni altro comandamento da quello di costui prendere vigore e au-toritaderaquo (Conv IV IV 7) Questa idea di un potere legislativo che ap-partiene specificatamente allrsquoimperatore si trovava come abbiamogiagrave osservato nel Corpus giustinianeo76 tanto che lrsquoimperatore veni-va ad identificarsi con la lex (laquolex animataraquo)77 identificazione que-sta largamente presente anche nella giurisprudenza medievale78 Ma

FRANCESCA FONTANELLA68

disfatta dal diritto dellrsquoImpero che era lo stato universale [hellip] Per di piugrave il diritto ro-mano nella sistemazione giustinianea possedeva oggettivamente un aspetto tale dicompletezza e di perfezione da poter essere accettato come il Diritto per antonoma-sia ciograve che fu detto lsquoratio scriptarsquoraquo G FASSOgrave Storia della filosofia del diritto I Anti-chitagrave e medioevo Roma-Bari Laterza 2004 p 178 Ma cfr anche P FIORELLI Sulsenso del diritto nella laquoMonarchiaraquo in laquoLetture classensiraquo 16 1987 pp 88-90 doveattraverso lrsquoetimologia della parola ragione (ratio) si ricostruisce la storia del laquocon-guaglio tra ragione e iusraquo

76 Cfr anche Cod 114121 (Imperator Justinianus) laquoQuid enim maius quidsanctius imperiali est maiestate vel quis tantae superbiae fastidio tumidus est ut re-galem sensum contemnat cum et veteris iuris conditores constitutiones quae ex im-periali decreto processerunt legis vicem obtinere aperte dilucideque definiuntraquo

77 Cfr Nov 105 2 4 laquoOmnibus enim a nobis dictis imperatoris excipiatur for-tuna cui et ipsas deus leges subiecit legem animatam eum mittens hominibusraquo Lrsquoesi-genza di persone che interpretino e incarnino la legge era giagrave stata affermata nel pen-siero filosofico greco (PLATONE Politico 293d-294c e ARISTOTELE Pol III 1284a) e aquesta tradizione accademico peripatetica aveva probabilmente attinto Cicerone nelDe legibus nel passo dove aveva affermato laquoVidetis igitur magistratus hanc esse vimut praesit praescribatque recta et utilia et coniuncta cum legibus Ut enim magistra-tibus leges ita populo praesunt magistratus vereque dici potest magistratum legemesse loquentem legem autem mutum magistratumraquo (De leg III 2) cfr F FONTANEL-LA Politica e diritto naturale nel De legibus di Cicerone Roma Edizioni di Storia eLetteratura 2012 p 80 e note La dottrina del νόμος ἔμψυχος si era perograve affermatapiugrave precisamente nellrsquoambito delle monarchie ellenistiche in connessione col potereregale ed era stata poi ripresa nel IV secolo da Temistio nelle sue orazioni (eg cfr OrV 2 64b con particolare riferimento a Teodosio XVI 212d XIX 228a)

78 Per la recezione e lo sviluppo dellrsquoidea del monarca come lex animata che si so-vrappone a partire dai secoli XII-XIII a quella del re come typus Christi predomi-nante nei secoli precedenti risulta sempre particolarmente utile e interessante la do-cumentazione e la relativa analisi in KANTOROWICZ I due corpi del re cit il capitoloIV La regalitagrave giuricentrica pp 76-165 e specialmente le pp 109-23

in questo IX capitolo del IV trattato Dante accoglie anche una defi-nizione di Ulpiano che a sua volta cita Celso e che si trova proprionellrsquoincipit del Digesto (Dig 111 pr1 laquoIuri operam daturum priusnosse oportet unde nomen iuris descendat Est autem a iustitia ap-pellatum nam ut eleganter Celsus definit ius est ars boni et aequiraquo)79colla quale attraverso la parola aequitas si collega il ius romano a unfondamento giusnaturalistico80 lrsquoAlighieri conferma cosigrave chiara-mente di intendere il diritto romano come la piugrave alta e perfetta for-ma della legge espressione del ius naturae e pertanto del vertice del-la ragione umana laquoragione scrittaraquo81 Il pensiero medievale aveva ri-preso e tentato di risolvere proprio attraverso il ricorso al dirittonaturale quella antinomia fra un laquoprinceps imago aequitatisraquo maallo stesso tempo laquoservus aequitatisraquo (cosigrave nel Policraticus di Gio-vanni di Salisbury)82 ovvero laquoiustitiae pater et filius dominus et mi-nisterraquo (cosigrave nel Liber augustalis pubblicato da Federico II)83 che

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 69

79 Tale definizione nellaMonarchia (II V 1) saragrave considerata una laquodescriptioraquo in-sufficiente a definire il diritto in quanto laquonon dicit quod quid est iuris sed describitillud per notitiam utendi illoraquo ma su questo passo vd infra

80 Il passo egrave ampiamente discusso e interpretato in questo senso in A SCHIAVO-NE Ius Lrsquoinvenzione del diritto in Occidente Torino Einaudi 2005 pp 361-71 e no-te alle pp 488-95 Cfr anche V MAROTTA Iustitia vera philosophia e natura Una no-ta sulle Institutiones di Ulpiano in Testi e problemi del giusnaturalismo romano a cu-ra di D Mantovani e A Schiavone Pavia IUSS Press 2007 pp 563-601 e FONTA-NELLA Politica e diritto naturale nelDe legibus di Cicerone cit pp 115-32 In parti-colare proprio sulla recezione dantesca dellrsquoaequitas classica in questo passo del Con-vivio e in Mon II V 1-2 si veda R RUGGIERO Una definizione del diritto in Del no-mar parean tutti contenti Studi offerti a Ruggiero Stefanelli a cura di P GuaragnellaMB Pagliara P Sabbatino L Sebastio Bari Progredit 2011 pp 142-62 pp 148-53

81 Cfr la voce Diritto Romano di F CANCELLI (1970) nellrsquoEnciclopedia Dantescaconsultabile sul sito httpwwwtreccaniitenciclopediadiritto-romano_(Enciclo-pedia-Dantesca)

82 I passi sono riportati e commentati da KANTOROWICZ I due corpi del re cit pp82-84

83 Ivi pp 84-93 con fonti Per quanto riguarda gli appellativi di iustitiae dominuse pater ricordiamo che nellrsquoantico impero da Augusto fino allrsquoetagrave degli Antonini lastoriografia giudica positivamente quegli imperatori che avevano rifiutato lrsquoappella-tivo latino di dominus (SVET Aug 53 Tib 27 TAC Ann II 87 XII 11) e quindi lrsquoar-bitrarietagrave assoluta del potere imperiale particolarmente significativo per lrsquoargomen-to che ci interessa quel passo del Panegirico di Plinio a Traiano dove dopo aver as-

trovava anchrsquoessa il suo precedente nel codice giustinianeo nellrsquoan-tinomia fra un laquoprinceps legibus solutusraquo ma allo stesso tempo laquole-gibus alligatusraquo84 La soluzione egrave cosigrave sintetizzata da Egidio Roma-

FRANCESCA FONTANELLA70

serito che laquosunt diversa natura dominatio et principatusraquo (Paneg 45) leggiamo laquoip-se te legibus subiecisti legibus Caesar quas nemo principi scripsit Sed tu nihil am-plius vis tibi licere quam nobis sic fit ut nos tibi plus velimus Quod ego nunc pri-mum audio nunc primum disco non est princeps supra leges sed leges supra prin-cipemraquo (Paneg 65 1-3) Dopo Costantino invece unrsquoiscrizione celebra ValentinianoI come laquolegum domino Romanorum iustitiae aequitatisque rectoriraquo (ILS 765) men-tre nelle Novellae (124) Giustiniano si proclameragrave laquolegis paterraquo

84 La stessa idea dellrsquoimperatore come laquolex animataraquo poteva comportare lrsquoideadella sua superioriagrave rispetto alle leggi (cosigrave in Nov 10524 riportata supra alla n 77)in modo conforme allrsquoimmagine di un laquoprinceps legibus solutusraquo di cui si puograve giagravetrovare traccia in una clausola della Lex de imperio Vespasiani (clausola da noi cono-sciuta solo attraverso la famosa epigrafe esposta nel 1347 nella Basilica di San Gio-vanni in Laterano da Cola di Rienzo) che prevedeva che limitatamente alle leggi e aiplebisciti che non avevano vincolato Augusto Tiberio e Claudio laquoiis legibusque sci-tis imp(erator) Caesar | Vespasianus solutus sitraquo (FIRA I15 ll 24-25) Tale clausolaldquodiscrezionalerdquo egrave comunque ancora ben lontana dalla massima piugrave generale del laquoprin-ceps legibus solutusraquo che si trova invece attestata dallrsquoetagrave severiana anche se in pas-si di cui si discute se il riferimento non sia invece cosigrave generale ma piuttosto anche inquesti casi rivolto a situazioni specifiche ad es in Dig 1331 (Ulpianus 13 ad l iulet pap) dove si riporta un passo di Ulpiano che si riferisce alle leges Iulia et Papia chelimitando alcune capacitagrave giuridiche dei celibi o dei coniugati senza figli facevanoeccezione per il principe che si trovasse in queste condizioni laquoPrinceps legibus solu-tus est augusta autem licet legibus soluta non est principes tamen eadem illi privile-gia tribuunt quae ipsi habentraquo Inoltre la raccolta giustinianea riporta anche quei pas-si in cui si cita questo principio per affermare perograve che non egrave opportuno applicarlocome ad esempio in Cod 6233 (Imperator Alexander Severus) laquolicet enim lex im-perii sollemnibus iuris imperatorem solverit nihil tamen tam proprium imperii est utlegibus vivereraquo (dove con laquolex imperiiraquo ci si riferiragrave probabilmente sempre alla laquolexregiaraquo) Ma cfr anche Dig 3223 (Paulus 5 sent) laquodecet enim tantae maiestati eas ser-vare leges quibus ipse solutus esse videturraquo e Inst 2178 laquosecundum haec divi quo-que Severus et Antoninus ndash (scil Settimio Severo e Caracalla) ndash saepissime rescripse-runt ldquolicet enimrdquo inquiunt ldquolegibus soluti sumus attamen legibus vivimusrdquoraquo E an-cora dopo Costantino pur se lrsquoimperatore diventa in modo quasi esclusivo legislato-re e interprete delle norme la famosa digna vox del 429 affermeragrave laquoDigna vox maie-state regnantis legibus alligatum se principem profiteri adeo de auctoritate iuris no-stra pendet auctoritas et re vera maius imperio est submittere legibus principatumraquo(Cod 1144 [Imperatores Theodosius Valentinianus]) cfr L DE GIOVANNI Il prin-cipe e la legge dalla lex de imperio Vespasiani al mondo tardoantico in La lex deImperio Vespasiani e la Roma dei Flavi cit pp 219-30

no nel suo De regimine principum (dove in I II 12 egrave ripresa anche ladefinizione del laquoprincepsraquo come laquoanimata lexraquo) laquoSciendum est re-gem et quemlibet principantem esse medium inter legem naturalemet positivam [hellip] Quare positiva lex est infra principantem sicut lexnaturalis est supra et si dicatur legem aliquam positivam esse supraprincipantem hoc non est ut positiva sed ut in ea reservatur virtusiuris naturalisraquo (III II 29)85 E poco prima Federico II proprio in ri-ferimento alle sue prerogative imperiali aveva affermato nella X As-sise di Capua laquoSed quamquam soluta imperialis a quibuscumquelegibus sit maiestas sic tamen in totum non est exempta iudicio ra-tionis que iuris est materraquo86 Lrsquoimperatore del Convivio si collocaquindi in questa tradizione del pensiero filosofico e giuridico me-dievale secondo la quale lrsquoimperatore egrave signore e artefice della leg-ge positiva ma in quanto nellrsquoesercizio di tale prerogativa segue lalegge naturale in modo da essere piugrave ldquoinventorerdquo (nel senso di ldquosco-pritorerdquo) che ldquocreatorerdquo del diritto

LrsquoAlighieri sembra perograve compiere unrsquoulteriore passo ricono-scendo alla laquofilosofica autoritaderaquo un ruolo specifico nellrsquoldquoinvenzio-nerdquo di questo diritto espressione della ratio naturale nei capitoli do-ve si era dimostrata la massima autoritagrave di Aristotele in campo filo-sofico in quanto laquola perfezione di questa moralitade per Aristotileterminata fueraquo (Conv IV VI 16) si era infatti concluso che laquonon re-pugna [la filosofica] autoritade alla imperiale ma quella sanza que-sta egrave pericolosa e questa sanza quella egrave quasi debile non per seacute maper la disordinanza della gente sigrave che lrsquouna collrsquoaltra congiunta uti-lissime e pienissime sono drsquoogni vigoreraquo (Conv IV VI 17) quasi a di-re che laquola Filosofia ha bisogno dellrsquoimpero per regolare efficacementei costumiraquo ma laquolrsquoimpero ha bisogno della filosofia per sapere comeregolare i costumi secondo giustizia e veritagraveraquo87 Nella Monarchia do-

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 71

85 KANTOROWICZ I due corpi del re cit pp 116-18 con altre fonti86 Citato ivi a p 92 dove si osserva che laquoEra una dottrina non priva di rischi

poicheacute lrsquointerpretazione della ragione poteva facilmente dipendere solo dal principe[hellip] tuttavia nella filosofia giuridica essa manteneva ancora le sembianze di una deandash una manifestazione della natura eguale a Dioraquo (ivi p 93) Ma cfr anche la voce As-sise di Capua (Federiciana 2005) a cura di A CERNIGLIARO consultabile nella edizio-ne online dellrsquoEnciclopedia Treccani (httpwwwtreccaniitenciclopediaassise-di-capua_(Federiciana))

87 GILSON Dante e la filosofia cit p 138

ve si riconosceragrave esplicitamente allrsquoimperatore il compito di condur-re laquosecundum phylosophica documenta genus humanum ad tempo-ralem felicitatemraquo (Mon III XV 10) Dante sembreragrave vagheggiare so-lo la figura dellrsquoimperatore-filosofo88 qui nel Convivio si contemplainvece anche la figura del filosofo-consigliere del principe come ri-sulta nellrsquoapostrofe rivolta ai regnanti contemporanei allrsquoAlighierilaquoOh miseri che al presente reggete e oh miserissimi che retti sietecheacute nulla filosofica autoritade si congiunge colli vostri reggimenti neacuteper propio studio neacute per consiglioraquo (Conv IV VI 19)

Lrsquoidea del filosofo-consigliere egrave vecchia almeno quanto Platonee per la sua attuazione quasi mai felice basti pensare allrsquoesempiodello stesso Platone con Dione e Dionigi di Siracusa o a quello diAristotele con Alessandro Magno o ancora a quello di Seneca conNerone e cosigrave via mentre per la figura dellrsquoimperatore filosofo ri-cordo come caso esemplare del mondo antico quello di Marco Au-relio Il fatto perograve che nel Convivio si auspichi la ldquocongiunzionerdquodella filosofia con un imperatore connotato prevalentemente in rap-porto al ius non puograve non richiamare alla mente Cicerone questinon solo aveva auspicato e in un certo senso ldquoincarnatordquo la figura delpolitico-filosofo89 ma nel De legibus dopo aver identificato la lexcon quella ratio naturale che coincide con la mens del sapiens90 ave-va affermato che proprio per questo solo il sapiens puograve riconosceree interpretare questa legge suprema (De leg I 19 62 II 8) ed inquanto sapiens aveva nel suo trattato ldquoscopertordquo ed enunciato le leg-gi conformi al ius naturae91 Dante quasi sicuramente non conosce-va il De legibus92 ma il pensiero ciceroniano trovava immediato ri-

FRANCESCA FONTANELLA72

88 Fatta eccezione per il ldquofinalerdquo della Monarchia (III XV 18) su cui vd infra (macfr sempre infra anche n 105)

89 Cfr eg CIC Fam XV 16 (del 51 aC) in cui lrsquoautore parlando di seacute e di Ca-tone afferma laquosoli [hellip] nos philosophiam veram illam et antiquam [hellip] in forum at-que in rem publicam atque in ipsam aciem paene deduximusraquo

90 De Leg II 11 laquoilla lex [hellip] est enim ratio mensque sapientis ad iubendum etad deterrendum idonearaquo cfr anche De leg I 18-19 II 8

91 Cfr FONTANELLA Politica e diritto naturale nelDe legibus di Cicerone cit pp13-14

92 I piugrave antichi codici del De legibus a noi pervenuti furono scritti in Francia a me-tagrave del IX secolo e custoditi nellrsquoabbazia di Corbie cfr P CHIESA Adoardo di Corbiee i lettori del lsquoDe legibusrsquo in etagrave carolingia in Cicerone e il diritto nella storia drsquoEuro-

scontro nella giurisprudenza romana dato che giagrave con Servio Sul-picio Rufo (giurista contemporano di Cicerone) e successivamentecon Labeone (giurista di etagrave augustea) si era realizzato laquoun punto digiuntura fra la tradizione retorico filosofica e il lavoro dei giuristi ilparadigma giusnaturalistico [hellip] sarebbe diventato da allora in poi[hellip] uno dei fili di trama della loro riflessione fino alla definitivaconsacrazione ulpianearaquo93 quando i giuristi non potendo piugrave com-petere col princeps nella creazione del ius ne assumono perograve unasorta di ldquocontrollordquo misurando e confermando i contenuti della le-gislazione in riferimento a un criterio di giustizia naturale e quindiuniversale applicabile a tutto lrsquoimpero94 Per questo aveva sostenu-to Ulpiano proprio di seguito al passo in cui riporta la definizione diius data da Celso laquocrsquoegrave chi a ragione ci chiama sacerdotesraquo95 in quan-

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 73

pa Atti del XIII Colloquium Tullianum Milano 27-29 marzo 2008 in laquoCiceronianaraquons XIII 2009 pp 101-16 Da Corbie il trattato si diffuse in Francia nella Germaniameridionale e in Inghilterra ma per la sua diffusione in Italia dobbiamo attendere ilPetrarca che conosce (e cita Fam II 2 1 6 19 XXIV 4 14) un testo che discende daunrsquoedizione del XII secolo in parte indipendente da quella dei codici di Corbie cfrAR DYCK A commentary on Cicero De legibus Ann Arbor The University of Mi-chigan Press 2004 pp 41-42 Mi parebbe quindi una pura illazione in assenza di al-tri riscontri supporre che Dante avesse conosciuto il testo in Francia sempre am-messo che si accetti come veritiera la notizia del viaggio del poeta a Parigi tramanda-ta da Boccaccio nel Trattatello in laude di Dante

93 SCHIAVONE Ius cit p 264 Ma cfr anche G FALCONE La lsquovera philosophiarsquo deilsquosacerdotes iurisrsquo Sulla raffigurazione ulpianea dei giuristi (D1111) in laquoAnnali del se-minario giuridico della Universitagrave di Palermoraquo 49 2004 (consultabile allrsquoindirizzowwwarchaeogateorgstorageFalcone1pdf) dove proprio riguardo al passo di Ul-piano riportato in Dig1111 (che riporto infra alla n 96) si ipotizza un rapporto colDe legibus di Cicerone che non si ridurrebbe a laquouna generica ispirazione o [hellip] echidi alcune idee che espresse nello scritto ciceroniano si sono sedimentate nella com-plessiva cultura di Ulpiano Piuttosto il giurista severiano dovette avere costantemen-te davanti agli occhi il De legibus come apposito modello e organizzare la propria scrit-tura esattamente (staremmo per dire fedelmente) sulla falsariga del testo di Ciceroneraquop 41 del pdf lrsquoargomentazione di questa ipotesi occupa tutte le pp 42-69

94 SCHIAVONE Ius cit pp 361-8995 laquoAl riguardo in aggiunta allrsquoeventualitagrave che Ulpiano riproponga piugrave o meno

consapevolmente lrsquooriginaria attribuzione del sapere e dellrsquooperare giuridici ai pon-tefici egrave possibile richiamare con la generalitagrave degli studiosi le parole dello stesso Ul-piano lsquosanctissima civilis sapientiarsquo e lsquoingressus sacramentirsquo o la qualifica lsquoantistes iu-risrsquo da parte di Quintiliano (Inst or XI 69) o ancora lrsquoesistenza di unrsquoepigrafe recan-

to laquoveneriamo la giustizia [hellip] aspirando se non sbaglio alla vera enon alla falsa filosofiaraquo96 Come osserva Schiavone laquoCicerone avevaa suo tempo cercato di fondare il diritto romano ex intima philoso-phia e Ulpiano stesso doveva averlo avuto ben presenteraquo nel suo ten-tativo di assimilare la propria dottrina alla filosofia in modo da tra-smettere laquolrsquoidea [hellip] che esistesse un rapporto profondo e privile-giato fra ricerca della giustizia e raggiungimento della veritagrave e che igiuristi fossero i custodi per eccellenza di questo legameraquo97 I gran-di giuristi dellrsquoetagrave dei Severi avevano quindi rivendicato a seacute questoruolo di sacerdotes del diritto prima che a partire dallrsquoetagrave costanti-niana gli imperatori diventassero non solo legislatori ma anche in-terpreti della legislazione98 La giurisprudenza medievale aveva bencompreso e fatto proprio questo ruolo di sacerdotes degli antichi giu-risti romani99 ma anche in etagrave medievale presto si dedusse che laquociograveche si confaceva ai giudici si confaceva anche al principe che do-po tutto era a capo della gerarchia giuridicaraquo100 per cui questo ran-

FRANCESCA FONTANELLA74

te proprio lrsquoespressione lsquosacerdos iurisrsquo (CIL VI 2250)raquo FALCONE La lsquovera philoso-phiarsquo dei lsquosacerdotes iurisrsquo cit n 111

96 Cfr il giagrave citato Dig 111 pr (Ulpianus 1 inst) insieme a Dig 1111 (Ulpia-nus 1 inst) laquoIuri operam daturum prius nosse oportet unde nomen iuris descendatEst autem a iustitia appellatum nam ut eleganter Celsus definit ius est ars boni et ae-qui Cuius merito quis nos sacerdotes appellet iustitiam namque colimus et boni et ae-qui notitiam profitemur aequum ab iniquo separantes licitum ab illicito discernentesbonos non solum metu poenarum verum etiam praemiorum quoque exhortatione ef-ficere cupientes veram nisi fallor philosophiam non simulatam affectantesraquo

97 SCHIAVONE Ius cit pp 370-71 98 Per la lsquoldquosvolta costantinianardquo cfr D MANTOVANI Il diritto da Augusto al Theo-

dosianus in E GABBA-D FORABOSCHI-D MANTOVANI-E LO CASCIO-L TROIANI In-troduzione alla storia di Roma Milano LED 1999 pp 465-534 pp 505-23 e egCod 1141 (Imperator Constantinus) laquoInter aequitatem iusque interpositam inter-pretationem nobis solis et oportet et licet inspicereraquo Cod 114123 (Imperator Ju-stinianus) laquoDefinimus autem omnem imperatoris legum interpretationem sive in pre-cibus sive in iudiciis sive alio quocumque modo factam ratam et indubitatam haberiSi enim in praesenti leges condere soli imperatori concessum est et leges interpreta-ri solum dignum imperio esse oportetraquo E infatti anche se al di fuori dellrsquoambito giu-ridico Simmaco nella famosa lettera a Teodosio riguardante lrsquoaltare della Vittoriachiama gli imperatori laquoiustitiae sacerdotesraquo (Ep X 3 15)

99 Fonti in KANTOROWICZ I due corpi del re cit pp 103-107 e 119-20100 Ivi p 107

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 75

go di sacerdos venne anche trasferito ai principes101 La posizione del-lrsquoAlighieri nel Convivio appare invece piugrave vicina a quella sostenutadai giuristi dellrsquoetagrave severiana che a quella delle etagrave successive il ruo-lo specifico assegnato alla filosofia nei confronti dei governanti com-pleta infatti il riferimento alla prima parte del passo di Ulpiano e aicompiti giuridici dellrsquoimperatore in modo molto simile a ciograve che que-sti giuristi avevano sostenuto102 Cosigrave in unrsquoopera che ha come in-tento dichiarato quello di laquofare un generale convivioraquo delle bricioledi quel sapere che laquotutti li uomini naturalmente desideranoraquo (ConvI I 1) ma da cui per laquodiverse cagioniraquo possono essersi tenuti lontano(Conv I I 2-6) Dante sembra includere fra questi uomini anche chidovrebbe trovarsi al vertice del potere politico103 lrsquoimperatore ri-cordando innanzitutto che il suo potere si fonda sul diritto ovverosu una prerogativa che ne delimita lrsquoambito in quanto esistono altriambiti da lui indipendenti come quello ldquofilosoficordquo della definizio-ne della nobiltagrave poi che questo diritto egrave quella laquoragione scrittaraquo dicui egli dovrebbe essere piuttosto lrsquoinventore (nel senso dello sco-pritore) che il creatore e infine che anche in tale laquoinvenzioneraquo sa-rebbe pericoloso prescindere dalla laquofilosofica autoritaderaquo o per me-glio dire cosigrave come egrave stato osservato a proposito del passo di Ul-piano sopra ricordato laquoil sovrano poteva legiferare come gli piace-va [hellip] ma il controllo sulla corrispondenza dei suoi provvedimen-ti alla veritagrave e alla giustizia [hellip] non si trovava nelle sue mani nongli appartenevaraquo104 E questo controllo nel Convivio non spetta al

101 Ivi pp 107-109 102 E la vicinanza appare ancora piugrave evidente se si tiene conto del carattere es-

senzialmente etico che la filosofia riveste per Dante nel IV trattato del Convivio (vdsupra) e del fatto che nella contrapposizione ulpianea fra vera e falsa philosophia si ri-specchia molto probabilmente una contrapposizione risalente almeno a Platone eben presente laquonei circuiti intellettuali di I e II secolo [hellip] tra la riflessione etica chesi occupa tra gli altri temi della iustitia e dellrsquoaequitas e che egrave qualificata lsquovera phi-losophiarsquo e la dialettica fine a se stessa la sofistica una riflessione che anzicheacute ci-mentarsi con lrsquohonestum e con le virtutes egrave impegnata nelle cavillationes e nei sillogi-smi e perciograve della filosofia reca solo il nomeraquo FALCONE La lsquovera philosophiarsquo dei lsquosa-cerdotes iurisrsquo cit p 24 del pdf

103 Drsquoaltronde fra le ragioni che impediscono di dedicarsi alla sapienza Dante ri-corda proprio la laquocura civileraquo Conv I I 4

104 SCHIAVONE Ius cit p 378

giurista ma piuttosto a chi come lrsquoAlighieri laquofuggito della pasturadel vulgoraquo (Conv I I 10) si egrave innamorato di quella laquobellissima e one-stissima figlia dello Imperadore dellrsquouniverso alla quale Pittagorapuose nome Filosofiaraquo (Conv II XV 12)105

2 La Monarchia

Nella Monarchia (la cui datazione tuttora discussa egrave collocabi-le in un periodo che va dal 1308 fino al 1317-1318)106 lrsquoautore vo-

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105 Egrave interessante osservare come ha mostrato recentemente U CARPI LrsquoInfernodei guelfi e i principi del Purgatorio Milano Franco Angeli 2013 che ciograve che Dantescrive nel Convivio egrave profondamente legato allrsquoesperienza da lui vissuta nellrsquoesilioquando laquopovero e sbandato quanto si voglia inibito a scrivere dalle condizioni og-gettive e dal proprio stesso disorientamento [hellip] nelle sue dolorose pereginazioni eventurose evenienze [hellip] egrave venuto maturando sugli oggettivi fatti istituzionali e so-ciali culturali in cui si imbatte una riflessione politica sistematica tesa a ristabilire unpunto di vista e a ricomporre un quadroraquo (p 69) Cosigrave da una parte questa riflessionepolitica lo porta a teorizzare non la laquonegazione delle realtagrave politiche attuali regni co-muni feudalitagrave signorie ma la loro integrazione gerarchica dentro lrsquounitagrave imperialecon centro nella curia di Romaraquo (ibidem) dallrsquoaltra per citare un esempio partico-larmente pertinente al ruolo ldquopoliticordquo che Dante attribuisce alla filosofia nel IV trat-tato del Convivio lrsquoesperienza del 1306 alla corte di Morello Malaspina (a cui egrave rivoltalrsquoEpistola IV con cui accompagna la canzone Amor da che convien pur chrsquoio mi doglia)laquovale come concreto caso significativo e realizzatosi in curia minore del principiosecondo cui autoritagrave politica e autoritagrave filosofica sono inscindibili declinato cosigrave almassimo livello giurisdizionale ldquoCongiungasi la filosofica autoritade con la imperia-le a bene e perfettamente reggererdquoraquo (ivi p 74) Vedremo subito come anche nella Mo-narchia Dante assuma questo ruolo di laquoautoritagrave filosoficaraquo ruolo che nellrsquoapostrofeconclusiva del trattato eserciteragrave in modo esplicito e diretto nei confronti dellrsquoimpe-ratore (Mon III XV 18 su cui vd infra) Da osservare ancora che nellrsquoEpistola a Can-grande con la quale dedicheragrave il Paradiso al signore di Verona lrsquoAlighieri si include-ragrave fra coloro che laquointellectu ac ratione degentes [hellip] non ipsi legibus sed ipsis legespotius diriganturraquo (Ep XIII i 7)

106 Per uno status quaestionis con relativa discussione delle motivazioni delle va-rie datazioni si puograve recentemente vedere D QUAGLIONI Per la Monarchia di Dante(1313) in laquoIl Pensiero Politicoraquo XLV 2012 pp 149-74 (che porta a riprendere comepiugrave probabile lrsquoipotesi del 1313 nello spazio di tempo della spedizione di Enrico VIIcome giagrave affermava Boccaccio nel Trattatello in laude di Dante) e lrsquoIntroduzione di PCHIESA e A TABARRONI in Monarchia a cura di P CHIESA e A TABARRONI con la col-

lendo dare un contributo alla vita pubblica (laquoad rem publicam ali-quid afferreraquo Mon I I 2) decide di svolgere la laquonotitia utilissimaraquodella laquotemporalis monarchiaraquo (I I 5) ovvero di ciograve che comunementeegrave chiamato laquoimperiumraquo (I II 2) Nel rivendicare a seacute laquoquesto altissi-mo compito didatticoraquo Dante continua a svolgere quel ruolo che giagravesi era assunto nel Convivio laquoChe il sapiente debba mettere la pro-pria conoscenza a servizio degli altri lo aveva giagrave dichiarato aperta-mente nel Convivio [hellip] Ma ora [hellip] Dante ritaglia a seacute quello chesente come proprio compito specifico in ordine al progresso di co-noscenza dellrsquoumanitagrave quello che gli sembra spettare a lui fra tuttii sapienti e si tratta del contributo decisivo per il ldquobene esse mun-dirdquoraquo107 Dopo aver definito la monarchia come quel laquoprincipato uni-co posto sopra tutti gli altri principati temporali ndash i quali cioegrave spie-gano la loro azione tra quelle cose e su quelle cose che si misuran coltemporaquo ndash108 affronta tre problematiche ad essa relative se sia neces-

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 77

laborazione di D ELLERO Roma Salerno Editrice 2013 NECOD vol IV pp LX-LXVI do-ve i due autori pur riconoscendo specialmente tramite il confronto con le Epistole chealmeno un abbozzo dellrsquoopera dovesse essere giagrave stato costruito negli anni 1309-1313ma tenendo allo stesso tempo in conto le varie motivazioni degli studiosi che propon-gono ipotesi diverse formulano lrsquoipotesi di laquouna composizione ldquolungardquo dellrsquoopera o ndashforse meglio ndash di una ripresa successiva da parte di Dante stesso di un testo giagrave porta-to a compimento per arricchirlo precisarlo chiosarlo in una parola migliorarlo neicontenutiraquo e si chiedono laquose non sia anche a causa di una composizione non sincroni-ca che la data della Monarchia egrave risultata finora cosigrave elusiva Un processo testuale lun-go con revisioni e aggiustamenti progressivi porta inevitabilmente una diluizione de-gli elementi di databilitagrave e a un loro progressivo mascheramentoraquo (p LXVI)

107 CHIESA-TABARRONE Introduzione inMonarchia cit p XXIV Non solo se co-me abbiamo del resto appena visto nel Convivio laquoegli appariva molto preoccupato dirivendicare per seacute la qualifica di philosophusraquo nella Monarchia laquosembra piuttosto ri-tenere tale qualifica ormai pacificamente accolta e consolidata al punto da spingersiad accomunarsi ai sapienti in un plurale collettivo (ut ex hiis patet que de caelo phylo-sophamur II II 3)raquo (p XXV)

108Mon I II 2 laquoEst ergo temporalis Monarchia quam dicunt lsquoImperiumrsquo unicusprincipatus et super omnes in tempore vel in hiis et super hiis que tempore mensu-ranturraquo La traduzione di questo e dei passi successivamente citati della Monarchiasalvo indicazione contraria egrave quella di NARDI in DANTE ALIGHIERI Opere MinoriIII1 De vulgari eloquentia Monarchia a cura di PV MENGALDO-B NARDI Milano-Napoli Ricciardi 1979 dove il testo accolto egrave quello di Ricci nella collana Le operedi Dante Alighieri Edizione Nazionale a cura della Societagrave Dantesca Italiana (DANTE

ALIGHIERI Monarchia a cura di PG RICCI Milano Mondadori 1965) che egrave anche

saria al buon ordinamento del mondo se il popolo romano si sia at-tribuito a buon diritto lrsquoufficio di monarca se lrsquoautoritagrave del monar-ca dipenda direttamente da Dio o passi attraverso un suo vicario (ilpapa)109 La discussione di ognuna delle tre questioni poste occupanellrsquoordine uno dei tre libri del Trattato in particolare nei primi duelibri sono sviluppati in modo molto piugrave ampio e sistematico anchealcuni degli argomenti dei capitoli IV e V del IV libro del Convivio110Ci soffermeremo quindi piugrave in particolare su quei passi che semprea proposito di quellrsquoimpero che come si egrave visto egrave allo stesso tempolrsquoimpero di Dante e quello di Roma antica introducono elementi dinovitagrave o approfondiscono in modo originale quanto giagrave emerso dalConvivio

21 laquoSub divo Augusto monarcha existente Monarchia perfectaraquo(Mon I XVI 1-2)

Il I libro come abbiamo giagrave accennato si occupa di dimostrarela necessitagrave dellrsquoimpero al laquobene esse mundiraquo Dopo aver dimostra-to che laquoil fine di tutta quanta la societagrave umanaraquo sta in quella laquoope-razioneraquo che le egrave propria (Mon I III 1-4) si sostiene che tale laquoope-razioneraquo si rende manifesta se si considera qual egrave lrsquoultimo grado del-la potenza di tutta lrsquoumanitagrave ovvero laquola potenza o virtugrave intelletti-

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quello tuttora presente sul sito della Societagrave Dantesca e che ho quindi deciso di seguireanche per praticitagrave di consultazione nellrsquoedizione Salerno Chiesa accoglie invece inlinea di massima il nuovo testo stabilito da Shaw sempre per la medesima collana(DANTE ALIGHIERI Monarchia a cura di P SHAW Firenze Le Lettere 2009) con al-cuni ldquoaggiustamentirdquo elencati e motivati alle pp CXXXV-CXLI La differenza piugrave note-vole egrave la diversa scansione dei capitoli per la parte finale del III libro su cui vd infra

109 Mon I II 3 laquoMaxime autem de hac tria dubitata queruntur primo nanquedubitatur et queritur an ad bene esse mundi necessaria sit secundo an romanus po-pulus de iure Monarche offitium sibi asciverit et tertio an auctoritas Monarche de-pendeat a Deo inmediate vel ab alio Dei ministro seu vicarioraquo

110 Grossomodo il I libro corrisponde agli argomenti della prima metagrave del IV ca-pitolo del IV trattato del Convivio mentre il II libro a quelli della seconda metagrave delIV e del V capitolo Nel III troviamo invece un argomento non affrontato nel Convi-vio laquose lrsquoautoritagrave del Monarca romano che per diritto egrave Monarca del mondo comeegrave stato provato nel secondo libro dipenda immediatamente da Dio ovvero dallrsquoaltrovicario o ministro di Dio quale intendo che sia il successor di Pietroraquo (Mon III I 5)

varaquo (Mon I III 5-7)111 Solo lrsquoumanitagrave presa nel suo insieme (e non ilsingolo neacute altre piugrave piccole comunitagrave) puograve attuare tutta la potenzadellrsquointelletto (Mon I III 8 e IV l)112 ma osserva Dante (esplicitan-do cosigrave ciograve che era stato lasciato implicito nel IV capitolo del IV trat-tato del Convivio ovvero il motivo per cui lrsquoImpero necessario allapace fosse per questo necessario alla felicitagrave del genere umano) so-lo laquonella quiete ossia nella serenitagrave della pace il genere umano sitrova in condizione di attendere senza intoppi e difficoltagrave alla suapropria operazione [hellip] Dal che egrave manifesto che la pace universa-le egrave la piugrave desiderabile di tutte le cose che sono ordinate alla nostrabeatitudineraquo (Mon I IV 2)113 Il riconoscimento che la pax universa-

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 79

111 Cfr ARISTOTELE Ethica I 1097b -1098a Conv I I 1 e ARISTOTELEMetaphisi-ca I 980 a

112 Cfr ARISTOTELE De anima II 415a-415b e il commento di Nardi (ALIGHIERI

DANTE Opere Minori III1 cit p 298) ad I III 8 laquoLegato comrsquoegrave allrsquoorganismo per suanatura tanto per Dante quanto per Sigieri quanto per Averroegrave e in fondo anche persan Tommaso che a suo modo egrave pur sempre aristotelico lrsquointelletto umano per seacute stes-so egrave pur sempre ldquotabula rasardquo se esso non traesse dallrsquoesperienza sensibile i concettiintelligibili che ne attuano la pura potenzialitagrave Quindi anche lrsquointelletto umano [hellip]ha bisogno per essere sempre e dovunque attuato nella sua potenza o capacitagrave drsquoin-tendere di una molteplicitagrave di individui sparsi sulla terra dai quali tragga le immaginisensibili necessarie al suo passaggio dalla potenza allrsquoattoraquo Dante nel passo successi-vo (Mon I III 9) si richiama esplicitamente al commento di Averroegrave al De anima di Ari-stotele ma allo stesso tempo se ne distanzia in quanto Averroegrave ammette soltanto un uni-co intelletto possibile per tutto il genere umano mentre laquociograve che Dante richiede perottenere lo stesso risultato egrave [hellip] quella societagrave universale di tutti gli intelletti possibi-li individuali che costituisce il genere umanoraquo GILSON Dante e la filosofia cit p 158Cosigrave ancora GARFAGNINI Monarchia manifesto di libertagrave e responsabilitagrave civile cit pp16-18 Anche CHIESA-TABARRONE Introduzione in Monarchia cit pp LII-LIII so-stengono che Dante non segue Averroegrave laquonel fare dellrsquointelletto possibile una sostanzaseparata indipendenteraquo (come il poeta afferma espressamente anche in Purg XXV 62-66) ma che mantiene comunque separata laquoda un lato la necessitagrave dellrsquoesistenza di unamoltitudine di esseri umani che realizzano sempre tutti insieme [hellip] la potenzialitagrave deivari intelletti possibili e dallrsquoaltro la necessitagrave politica di un coordinamento politicouniversale per lo scopo comune ultimo [hellip] la realizzazione della scienza universaleraquo

113Mon I IV 1-2 laquoSatis igitur declaratum est quod proprium opus humani generistotaliter accepti est actuare semper totam potentiam intellectus possibilis [hellip] Genushumanum in quiete sive tranquillitate pacis ad proprium suum opus [hellip] liberrimeatque facillime se habet Unde manifestum est quod pax universalis est optimum eo-rum que ad nostram beatitudinem ordinanturraquo

lis egrave laquoil mezzo piugrave acconcio per arrivare a quello cui sono ordinatecome a fine ultimo tutte le nostre azioniraquo viene posto dallrsquoautore co-me laquoprincipio onde muovono tutti i ragionamenti che seguirannoraquo(Mon I IV 5)114 ovvero le undici argomentazioni svolte nel I libroper dimostrare che lrsquoImpero egrave necessario al benessere del mondo leprime dieci sono tutte laquodi ragioneraquo non si basano cioegrave sulle sacrescritture o su argomenti di fede ma si fondano su premesse filosofi-che-metafisiche115 in alcuni casi piugrave direttamente connesse allrsquoattivi-tagrave pratica di governo (dimostrando che laquola monarchia assicura alpiugrave alto grado la giustizia la libertagrave la concordiaraquo)116 Lrsquoultima lrsquoun-dicesima si basa invece su un fatto storico Dante ricorda una laquoex-perientia memorabilisraquo che rende testimonianza alle precedenti ar-gomentazioni ovvero il fatto che il momento dellrsquoincarnazione egrave av-venuto quando laquofu monarca il divo Augustoraquo cioegrave sotto una laquoMo-narchia perfettaraquo quando lrsquoumanitagrave era laquofelice nella tranquillitagrave diuna pace universaleraquo (Mon I XVI 1-2)117 mentre da quando lrsquounitagravedellrsquoimpero egrave stata infranta118 il genere umano egrave stato ed egrave sconvol-

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114Mon I IV 5 laquoEx hiis ergo que declarata sunt patet per quod melius ymo perquod optime genus humanum pertingit ad opus proprium et per consequens visumest propinquissimum medium per quod itur in illud ad quod velut in ultimum finemomnia nostra opera ordinantur quia est pax universalis que pro principio rationumsubsequentium supponaturraquo

115 Fra queste ricordo percheacute lrsquoabbiamo giagrave trovata in Conv IV IV 5 la prima di-mostrazione (fondata su Aristotele Politica I 1254a) laquoquando aliqua plura ordinan-tur ad unum oportet unum eorum regulare seu regere alia vero regulari seu regiraquo(Mon I V 3) vd supra n 25

116 CHIESA-TABARRONE Introduzione inMonarchia cit p XX117Mon I XVI 1-2 laquoRationibus omnibus supra positis experientia memorabilis at-

testatur status videlicet illius mortalium quem Dei Filius in salutem hominis homi-nem assumpturus vel expectavit vel cum voluit ipse disposuit Nam si a lapsu pri-morum parentum qui diverticulum fuit totius nostre deviationis dispositiones ho-minum et tempora recolamus non inveniemus nisi sub divo Augusto monarcha exi-stente Monarchia perfecta mundum undique fuisse quietum Et quod tunc huma-num genus fuerit felix in pacis universalis tranquillitateraquo

118 Il valore ldquosacrordquo dellrsquoimpero egrave sottolineato anche dal fatto che Dante alludealla sua disintegrazione con lrsquoimmagine di laquotunica ista inconsutilisraquo lacerata dalla laquocu-piditatis ungueraquo laquoQualiter autem se habuerit orbis ex quo tunica ista inconsutilis cu-piditatis ungue scissuram primitus passa est et legere possumus et utinam non vide-reraquo (Mon I XVI 3 e cfr anche III X 5) Nel Medioevo era invece attestata la tradizio-

to da tempeste e disgrazie (Mon I XVI 3-4)119 Per quanto riguarda ilI libro questo egrave il riferimento piugrave significativo allrsquoimpero di Romagarante di quella laquopax universalisraquo che sola ha permesso allo laquohu-manum genusraquo di vivere laquofelix in pacis universalis tranquillitateraquo (lalaquovita feliceraquo del Convivio IV IV 1) significativo innanzitutto percheacuteconferma quanto giagrave emerso nel precedente trattato e cioegrave che perDante lrsquoideale dellrsquoimpero universale non egrave unrsquoutopia ma egrave statorealizzato nella storia da una laquoexperientia memorabilisraquo lrsquoimperoaugusteo120 E inoltre percheacute se egrave vero che laquolrsquoincessante evocazionedella pace della ldquopax et tranquillitasrdquoraquo nella Monarchia rimanda allaquoprogramma politico di Enrico VIIraquo cosigrave come egrave documentato nel-le costituzioni pisane del 2 aprile 1313121 egrave anche vero che Dantecollocando lrsquoattuazione di questa pax nellrsquoetagrave di Augusto attesta il

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 81

ne che riferiva tale immagine alla comunione inscindibile dei credenti cfr S CRI-STALDI Dante di fronte al Gioachimismo Caltanisetta-Roma Salvatora Sciascia Edi-tore 2000 pp 279 e 303 Vedono nel passo un riferimento alla donazione di Co-stantino (che Dante menzioneragrave esplicitamente alla fine del II libro [Mon II XI 8] edi cui tratteragrave specificatamente nel III [Mon III X]) CHIESA-TABARRONE Introdu-zione inMonarchia cit p XXXVI e Commento p 70 ad loc

119Mon I XVI 3-4 laquoQualiter autem se habuerit orbis ex quo tunica ista inconsu-tilis cupiditatis ungue scissuram primitus passa est et legere possumus et utinam nonvidere O genus humanum quantis procellis atque iacturis quantisque naufragiis agi-tari te necesse est dum bellua multorum capitum factum in diversa conarisraquo Ma cfranche il sect 3 dellrsquoEpistola VI indirizzata ai Fiorentini nel 1311 laquosolio augustali vacan-te totus orbis exorbitatraquo

120 E ricordiamo che nel Convivio (IV V 8) tale esperienza era stata giudicata ir-ripetibile laquoNeacute rsquol mondo mai non fu neacute saragrave sigrave perfettamente disposto come allora chealla voce drsquoun solo principe del roma[n] populo e comandatore si [descrisse sigrave] co-me testimonia Luca evangelista E perograve [che] pace universale era per tutto che maipiugrave non fu neacute fiaraquo Significativo che nellrsquoEpistola indirizzata ad Arrigo VII in occasionedella sua discesa in Italia la consapevolezza che ormai non esiste piugrave la perfetta mo-narchia universale di Augusto (a cui anche nellrsquoepistola ci si riferisce al sect 14) si espri-ma insieme alla convinzione che lrsquoimpero continui ad avere una vocazione ecumeni-ca secondo la prospettiva virgiliana laquoRomanorum gloriosa potestas nec metis Ytalienec tricornis Europe margine coarctatur Nam etsi vim passa in angustum guberna-cula sua contraxerit undique tamen de inviolabili iure fluctus Amphitritis attingensvix ab inutili unda Oceani se circumcingi dignatur Scriptum etenim nobis est ldquoNas-cetur pulcra Troyanus origine Cesar imperium Occeano famam qui terminet as-trisrdquoraquo (Ep VII 11-13 e il riferimento egrave evidentemente a VERG Aen I 286-87)

121 QUAGLIONI Per la Monarchia di Dante (1313) cit p 160

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122 Dallrsquoetagrave augustea la pace diventa laquosinonimo di impero romano inteso comemondo abitato dallrsquoumanitagrave civile a cui lrsquoimpero assicura la paceraquo (M SORDI Intro-duzione dalla lsquokoinegrave eirenersquo alla lsquopax Romanarsquo in laquoContributi dellrsquoIstituto di Storia an-tica dellrsquoUniversitagrave del Sacro Cuoreraquo 11 1985 pp 3-16 p 13) come proclamano idocumenti ufficiali gli storici i poeti le legendae delle monete e le epigrafi durantetutto il periodo imperiale basti pensare al famoso passo del sesto libro dellrsquoEneide diVirgilo nel quale si riserva al popolo romano la ldquomissionerdquo di laquoregere imperio popu-los [hellip] pacisque imponere moremraquo (851-52) e cfr G PICONE laquoPacatum reget or-bemraquo Etagrave dellrsquooro e tema della pace nei poeti augustei in La pace nel mondo antico At-ti del Convegno nazionale di studi (Torino 9-11 aprile 1990) a cura di R Uglione To-rino Associazione Italiana di Cultura Classica 1991 pp 191-210 I LANA Lrsquoidea del-la pace nellrsquoantichitagrave S Domenico di Fiesole Cultura della Pace 1991 pp 79-101A ARNALDI Motivi di celebrazione imperiale su monete ed epigrafi in laquoRivista Italia-na di Numismaticaraquo 82 1980 pp 85-107 Del resto anche prima dellrsquoetagrave imperialelaquoi Romani quando sono in guerra e dichiarano che il loro scopo egrave quello di ldquopacemdare leges paci imponere pacarerdquo [hellip] intendono dire che con la guerra mirano a rea-lizzare una situazione di superioritagrave che consenta loro di dettare allrsquoavversario le con-dizioni per lrsquoinstaurazione di un certo rapporto fra Roma e il nemico vinto In questosenso preciso essi ldquopacem dantrdquo ai vintiraquo LANA Lrsquoidea della pace nellrsquoantichitagrave citp 56

123 Per altri compendi medievali conosciuti dallrsquoAlighieri cfr CHIESA-TABARRO-NE in Monarchia cit p 69 ad I XVI 2

ldquosuccessordquo di uno dei motivi piugrave forti della propaganda del prin-ceps122 quello appunto di una pax che si trova inscindibilmente as-sociata al suo impero sia nella tradizione pagana sia in quella cri-stiana laquoEt quod tunc humanum genus fuerit felix in pacis univer-salis tranquillitate hoc ystoriographi omnes hoc poete illustres hocetiam scriba mansuetudinis Cristi testari dignatus est et deniquePaulus ldquoplenitudinem temporisrdquo statum illum felicissimum appella-vitraquo (Mon I XVI 2) Fra gli ystoriographi conosciuti a Dante fra gliantichi oltre Orosio vi saranno sicuramente Eutropio e Floro123mentre ricordando i poete lrsquoAlighieri si riferiragrave sicuramente a Virgi-lio (lo laquoscriba mansuetudinis Cristiraquo egrave invece lrsquoevangelista Luca) Eda Virgilio piugrave che da Orosio Dante assume la prospettiva con cuiguardare al principato augusteo per Orosio infatti il regno di Au-gusto era stato preparato da Dio laquoventuri Christi gratiaraquo (Hist VI 204) e la sua importanza risiedeva esclusivamente nella sua funziona-litagrave alla nascita di Cristo del resto lo abbiamo accennato per lo sto-rico la vera grandezza dellrsquoimpero era stata raggiunta in un periodo

successivo a quello augusteo solo grazie alla sua regeneratio chri-stiana124 Per Dante invece i due eventi impero di Augusto e nasci-ta di Cristo sono concomitanti non egrave esistito mai momento piugrave fe-lice per lrsquoumanitagrave dopo la caduta dovuta al peccato originale diquello in cui lrsquoimpero augusteo assicurograve la pace tanto che il figlio diDio potrebbe aver laquodispostoraquo o addirittura laquoattesoraquo proprio quelmomento per la sua incarnazione laquostatus videlicet illius mortaliumquem Dei Filius in salutem hominis hominem assumpturus vel ex-pectavit vel cum voluit ipse disposuitraquo (Mon I XVI 1)125 E la frase diSan Paolo sulla laquopienezza dei tempiraquo come egrave stato osservato126 ecome vedremo meglio anche in seguito sembra definitivamente au-torizzare lrsquoAlighieri a far sua lrsquointerpretazione virgiliana dellrsquoetagrave au-gustea come la nuova etagrave dellrsquooro in cui laquovere tempus et temporaliaqueque plena fueruntraquo (Mon I XVI 2)

22 laquoIustitia potissima est solum sub monarcharaquo (Mon I XI 2)

Vi sono altri passi della Monarchia in cui Dante pur non men-zionando esplicitamente Roma attribuisce allrsquoimpero del suo tem-po alcune ldquoqualitagraverdquo che caratterizzavano lrsquoantico impero romano sitratta come quello della ldquopacerdquo di motivi ampiamente diffusi cheattestano la vitalitagrave e quindi in un certo senso lrsquoattualitagrave di alcunitratti specifici del ldquomodellordquo romano che la scoperta e la rielabora-zione del Corpus Iuris Iustinianeum da parte dei giuristi medievalicontribuivano a proporre e a diffondere127

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 83

124 Vd supra nn 69-70125 In Conv IV V 9 riferendosi alla contemporaneitagrave fra la nascita di David e la

venuta di Enea nel Lazio (su cui vd supra nn 44-45) Dante aveva invece affermatolaquoOh ineffabile e incomprensibile sapienza di Dio che a una ora per la tua venuta inSiria suso e qua in Italia tanto dinanzi ti preparastiraquo Ma cfr anche il sect 26 dellrsquoEpi-stola V indirizzata ai principi drsquoItalia in occasione della venuta di Arrigo VII in ItalialaquoEt si hec que uti principia sunt ad probandum quod queritur non sufficiunt quisnon ab illata conclusione per talia precedentia mecum oppinari cogetur pace videli-cet annorum duodecim orbem totaliter amplexata que sui sillogizantis faciem Dei fi-lium sicuti opere patrato ostenditraquo

126 Cfr CHIESA-TABARRONE Introduzione inMonarchia cit p XXXVII127 Dopo la caduta dellrsquoimpero e i secoli ldquobuirdquo dellrsquoalto medioevo il diritto ro-

Innanzitutto lrsquoimpero proprio tramite lrsquoimperatore egrave per Dan-te lrsquounica istituzione capace di garantire la giustizia ai popoli sui qua-li si estende Ad esempio nella sesta argomentazione riguardante lanecessitagrave di risolvere le controversie si sostiene che se si ha un dis-sidio tra due prigravencipi di pari autoritagrave saragrave necessario un terzo di piugravealto potere che giudichi e decida (Mon I X 3 laquooportet esse tertiumiurisdictionis amplioris qui ambitu sui iuris ambobus principeturraquo)se questo terzo non fosse lrsquoimperatore vuol dire che ci sarebbe bi-sogno di un altro con autoritagrave superiore e si innescherebbe un pro-cesso allrsquoinfinito il che egrave impossibile (Mon I X 5) per questo biso-gna arrivare laquoad iudicem primum et summum de cuius iudicio cun-cta litigia dirimantur sive mediate sive inmediate et hic erit Monar-cha sive Imperatorraquo (ibidem)

Tutta la settima argomentazione poi riguarda la giustizia128 e lasua attuabilitagrave sempre grazie al potere imperiale il mondo egrave infattiordinato nel miglior modo quando in esso vrsquoegrave il massimo di giusti-zia e per questo Virgilio nella IV egloga volendo esaltare i suoi tem-pi aveva affermato laquoIam redit et Virgo redeunt Saturnia regnaraquo (v5) intendendo con Virgo proprio la giustizia e con laquoSaturnia regnaraquoquegli laquooptima tempora que etiam ldquoaureardquo nuncupabantraquo infattilaquoiustitia potissima est solum sub Monarcharaquo (Mon I XI 1-2)129 Di

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mano riaffiorato nellrsquoXI secolo tramite la riscoperta dei Digesta egrave posto da allora laquoalcentro di unrsquoattenzione ininterrotta che ha radicato un modello giuridico neoroma-no nel cuore stesso del mondo moderno attraverso un percorso iniziato nelle rinatecittagrave dellrsquoItalia medievale e arrivato sino al cuore dellrsquoEuropa borgheseraquo SCHIAVO-NE Ius cit p 14 ma si veda tutto il primo capitolo Diritto romano e Occidente mo-derno pp 5-18

128 Per le fonti aristoteliche (con il commento tomistico) dei primi paragrafi diquesto capitolo (Mon I XI 3-5) nei quali si definisce la giustizia laquode se et in proprianatura considerataraquo come laquoquaedam rectitudo sive regula obliquum hic inde abi-ciensraquo (XI 3) cfr ad loc i commenti di NARDI (ALIGHIERI DANTE Opere Minori III1cit pp 328-34) e di CHIESA-TABARRONE inMonarchia cit pp 39-40

129Mon I XI 1-2 laquoPreterea mundus optime dispositus est cum iustitia in eo po-tissima est Unde Virgilius commendare volens illud seculum quod suo tempore sur-gere videbatur in suis Buccolicis cantabat ldquoIam redit et Virgo redeunt Saturnia re-gnardquo lsquoVirgorsquo nanque vocabatur iustitia quam etiam lsquoAstreamrsquo vocabant lsquoSaturniaregnarsquo dicebant optima tempora que etiam lsquoaurearsquo nuncupabant Iustitia potissima estsolum sub Monarcha ergo ad optimam mundi dispositionem requiritur esse Monar-chiam sive Imperiumraquo Da ossevare che nella VII Epistola indirizzata a Arrigo VII laquodi-

questrsquoultima affermazione non si puograve dubitare in quanto egrave chiaroche la giustizia raggiunge il suo massimo lagrave dove il contrasto egrave mini-mo (Mon I XI 5) sia nel campo della volontagrave sia nel campo del po-tere in effetti egrave indispensabile una volontagrave pura da ogni desiderioe una completa possibilitagrave di dare a ciascuno ciograve che gli egrave dovuto(Mon I XI 6-7 dove riecheggia la celebre definizione romana di iu-stitia che comanda di laquosuum cuique tribuereraquo)130 Ma soltanto lrsquoim-peratore ha volontagrave pura da ogni desiderio (egli che tutto posse-dendo egrave libero dalla cupidigia) e soltanto lrsquoimperatore ha il mag-giore potere possibile dunque soltanto se crsquoegrave un monarca la giusti-zia si realizza compiutamente (Mon I XI 8-12) Anzi egli possiedequel retto amore per gli uomini che rafforza la giustizia in quantocerca proprio la pace che della giustizia egrave frutto (Mon I XI 13-15)

E ancora nella nona argomentazione dove si vuole dimostrareche chi puograve garantire la migliore condizione di governo allrsquoumanitagraveegrave chi si trova nella condizione migliore di governo (Mon I XIII 1) do-po aver richiamato ma in toni piugrave realistici quanto affermato nel -lrsquoXI capitolo ovvero che il monarca laquonon ha alcun incentivo alla cu-pidigia o se mai il piugrave piccolo rispetto a tutti gli altri mortaliraquo si so-stiene che laquopoicheacute soltanto la cupidigia corrompe il giudizio e im-pedisce la giustiziaraquo il monarca egrave il piugrave adatto a governare laquoper la ra-gione che piugrave di tutti gli altri egli puograve avere giudizio e giustizia duecose che piugrave di tutte si addicono a chi fa la legge e a chi pon manoad essaraquo131

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 85

vina providentia Romanorum Regi et semper Augustoraquo Dante afferma che quandolrsquoimperatore varcograve le Alpi laquoTunc plerique vota sua prevenientes in iubilo tam Satur-nia regna quam Virginem redeuntem cum Marone cantabantraquo (Ep VII 6)

130Mon I XI 7 laquonam cum iustitia sit virtus ad alterum sine potentia tribuendi cui-que quod suum est quomodo quis operabitur secundum illamraquo La prima attesta-zione di questa definizione di iustitia egrave nella Rhetorica ad Herennium (Rhet Her III3 laquoiustitia est aequitas ius uni cuique retribuens pro dignitate cuiusqueraquo) si ritrovapoi in tutta lrsquoopera ciceroniana (CIC De inv II 160 De rep III 18 Part or 130 Top9 90 De fin V 65 De nat deor III 38 e De off I 15 II 78 III 43) e viene successiva-mente ripresa anche nel Digesto laquoIustitia est constans et perpetua voluntas ius suumcuique tribuendiraquo (Dig 1110 pr)

131 Mon I XIII 7 laquoCum ergo Monarcha nullam cupiditatis occasionem haberepossit vel saltem minimam inter mortales ut superius est ostensum quod ceteris prin-cipibus non contingit et cupiditas ipsa sola sit corruptiva iudicii et iustitie prepediti-

Questi passi della Monarchia ben si collocano nel contesto dellagiurisprudenza medievale che accogliendo nella seconda metagrave delXIII secolo la tradizione aristotelica del giudice perfetto come di-kaion empsuchon132 trasferigrave questa immagine al sovrano che diven-ta iustitia animata in modo che laquola similitudine aristotelica dello iu-stum animatum riguardante il giudice [hellip] venisse considerata unamera variante della ben nota definizione di Giustiniano del princi-pe come lex animataraquo133 E anche le precedenti osservazioni dante-sche a proposito del ruolo dellrsquoimperatore come supremo giudicenelle controversie trovano un immediato riscontro nella dottrina deigiuristi medievali laquosur lrsquoempire et la souveraineteacute impeacuteriale commeprincipe ordonnateur universel crsquoest-agrave-dire comme garantie ldquosou-verainerdquo drsquoun ordre juridique ancreacute dans lrsquoideacutee de iurisdictio edrsquoexercise de la justiceraquo dottrina che laquose manifeste avec une cer-taine emphase justement durant lrsquoeacutepoque de la crise de lrsquouniversa-lisme et au moment de lrsquoeacutepiphanie de nouvelles formes de pouvoiragrave la recherche drsquoune leacutegitimationraquo134

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va consequens est quod ipse vel omnino vel maxime bene dispositus ad regendum es-se potest quia inter ceteros iudicium et iustitiam potissime habere potest que duoprincipalissime legis latori et legis executori conveniuntraquo

132 ARISTOTELE Eth V 1132a (iustum animatum nel commento di Tommaso alpasso aristotelico)

133 KANTOROWICZ I due corpi del re cit p 115 e tutte le pp 114-16 dove sonoriportate le fonti (Tommaso Pietro drsquoAlvernia Giovanni da Parigi Baldo AlbertoMagno ed Egidio Romano) attraverso le quali si osserva il passaggio dellrsquoimmaginedellrsquoiustum animatum dal iudex al rex e infine la definizione di questrsquoultimo sia co-me lex che come iustitia animata

134 D QUAGLIONI Empire et monarchie aspects du deacutebat juridique in Ideacutees drsquoEm-pire en Italie et en Espagne (XIVe-XVIIe siegravecle) sous la direction de F Creacutemoux et J-L Fournel Mont-Saint-Aignan Publications des Universiteacutes de Rouen et du Havre2010 pp 37-46 p 39 e p 38 laquoLa foi dans lrsquoempire est chez ces juristes [hellip] la foisdans un principe qui valide tout autre processus drsquoexercise du pouvoir et lrsquoempereurest le fondament de cette validiteacute [hellip] (lex animata selon lrsquoexpression justinienne demecircme que la lois est un inanimatus princeps)raquo Al saggio di QUAGLIONI rimando perla precedente bibliografia [ricordo solo P COSTA Iurisdictio Semantica del potere po-litico nella pubblicistica medievale (1100-1433) Milano Giuffregrave 20022 (1 ed 1969) eP GROSSI Lrsquoordine giuridico medievale Roma-Bari Laterza 1995] e per le testimo-nianze giuridiche medievali di cui riporto percheacute particolarmente significativo perun confronto colla Monarchia dantesca un passo di Bartolo del 1354 sulle ldquorappre-saglierdquo (il testo egrave pubblicato in D QUAGLIONI Il proemio del bartoliano laquoTractatus re-

Ma voglio accostare alle due argomentazioni dantesche anche duepassi di autori antichi e non di giuristi in cui veniva sottolineata que-sta funzione dellrsquoimperatore romano come supremo e imparziale giu-dice Leggiamo nel Panegirico rivolto da Plinio a Traiano (inizio delII secolo dC) laquoTu non siedi in tribunale solo intento ad arricchireil fisco neacute altro profitto ti viene dalla tua sentenza che la coscienzadrsquoaver bene giudicato [hellip] Opera veramente degna drsquoun principe[hellip] riconciliare cittagrave rivali placare piugrave con la ragione che con la for-za popoli inquieti opporsi alle ingiustizie dei magistrati annullaretutto ciograve che che non si sarebbe dovuto fareraquo135 E nellrsquoencomio ARoma probabilmente pronunciato davanti allrsquoimperatore Adriano(metagrave del II secolo dC) Elio Aristide sostiene

Nei regimi democratici non egrave possibile dopo che il verdetto egrave stato datonella cittagrave rivolgersi altrove neacute ad altri giudici ma egrave necessario rassegnarsi al-le decisioni prese [hellip] (invece nel vostro impero neacute chi sia stato condannatoegrave costretto ad accettare una sentenza) ingiusta neacute chi abbia intentato un pro-cesso e non abbia avuto successo egrave costretto ad accettare la sconfitta ma pres-so di voi rimane un altro giudice supremo a cui nulla mai sfugge di ciograve che ri-guarda la giustizia E qui si realizza una grande e bella uguaglianza fra il de-bole e il forte fra lo sconosciuto e il famoso fra il povero e il ricco e fra chi egravedi oscure origini e chi egrave nobile e si verifica il detto di Esiodo ldquofacilmente ren-de potente facilmente abbassa il potenterdquo questo giudice e signore condottodalla giustizia come la nave egrave condotta dal vento che non favorisce e proteg-ge di piugrave il ricco e meno il povero ma aiuta nello stesso modo chiunque gli ca-piti di incontrare sulla sua strada)136

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presaliarumraquo in laquoPluteusraquo II 1984 pp 85-92) laquoPostea vero peccata nostra merue-runt quod Romanum Imperium prostratum iaceret per tempora multa et reges etprincipes ac etiam civitates maxime in Italia saltem de facto in temporalibus dominumnon agnoscerunt propter quod de iniustiis ad superiorem non potest haberi regressuscoeperunt represaliae frequentariraquo

135 PLIN Pan 80 laquoNon locupletando fisco sedes nec aliud tibi sententiae tuaepretium quam bene iudicasse [hellip] O vere principis [hellip] reconciliare aemulas civita-tes tumentesque populos non imperio magis quam ratione compescere intercedereiniquitatibus magistratuum infectumque reddere quidquid fieri non oportueritraquo Latraduzione egrave quella di Malcovati in PLINIO IL GIOVANE Il Panegirico di Traiano testocritico traduzione e commento a cura di E MALCOVATI Firenze Sansoni 1949

136 ELIO ARISTIDE A Roma 38-39 Mia la traduzione qui e infra (in ELIO ARISTI-DE A Roma Traduzione e commento a cura di F FONTANELLA introduzione di PDESIDERI Pisa Edizioni della Normale 2007)

Si tratta di due autori non conosciuti allrsquoAlighieri137 ma non sipuograve comunque fare a meno di osservare la profonda consonanza fraldquoantichirdquo e ldquomedievalirdquo nel riconoscere allrsquoimperatore il ruolo di giu-dice supremo capace proprio in quanto diretto interprete della giu-stizia di assicurare la pace alla societagrave civile

23 laquoSed existens sub monarcha est potissime liberumraquo (Mon IXII 8)

In secondo luogo per Dante lrsquoimpero garantisce la libertas Tut-ta lrsquoottava argomentazione del I libro della Monarchia egrave imperniatasul problema della libertagrave il cui primo fondamento egrave il libero arbi-trio138 cioegrave il giudizio non prevenuto e quindi non mosso dagli ap-petiti (Mon I XII 3-4)139 il piugrave gran dono fatto da Dio alla naturaumana percheacute ne dipende la nostra felicitagrave sulla terra in quanto es-seri mortali e la nostra felicitagrave in cielo in quanto esseri immortali(Mon I XII 6)140 laquoSe egrave cosigrave ndash chiede lrsquoAlighieri ndash chi mai oserebbe ne-

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137 Il caso di Elio Aristide egrave evidente Ma anche per quanto riguarda Plinio ilGiovane il Panegirico fu riscoperto solo nel XV secolo e lrsquoepistolario conosciuto inmodo limitato nel Medioevo fu probabilmente sconosciuto a Dante cfr la vocePlinio il Giovane di G BRUGNOLI (1970) nellrsquoEnciclopedia Dantesca (httpwwwtrec-caniitenciclopediaplinio-il-giovane_(Enciclopedia-Dantesca))

138 Mon I XII 2 laquosciendum quod principium primum nostre libertatis est liber-tas arbitrii quam multi habent in ore in intellectu vero pauciraquo

139 Mon I XII 3-4 laquoEt ideo dico quod iudicium medium est apprehensionis etappetitus nam primo res apprehenditur deinde apprehensa bona vel mala iudicaturet ultimo iudicans prosequitur sive fugit Si ergo iudicium moveat omnino appetitumet nullo modo preveniatur ab eo liberum est si vero ab appetitu quocunque modopreveniente iudicium moveatur liberum esse non potest quia non a se sed ab aliocaptivum trahiturraquo

140Mon I XII 6 laquoHoc viso iterum manifestum esse potest quod hec libertas siveprincipium hoc totius nostre libertatis est maximum donum humane nature a Deocollatum ndash sicut in Paradiso Comedie iam dixi ndash quia per ipsum hic felicitamur ut ho-mines per ipsum alibi felicitamur ut diiraquo Il rimando egrave evidentemente a Paradiso V 19-24 laquoLo maggior don che Dio per sua larghezza fesse creando e a la sua bontate piugrave conformato e quel chrsquoersquo piugrave apprezza fu de la volontagrave la libertate di che lecreature intelligenti e tutte e sole fuoro e son dotateraquo ma lrsquoautenticitagrave di questo in-ciso egrave ancora discussa cfr QUAGLIONI Per la Monarchia di Dante (1313) cit pp156-57 e note

gare che il genere umano viva felice sol quando puograve far il maggioreuso di questo principioraquo E dichiara laquoOra esso (scil il genere uma-no) egrave sommamente libero se vive sotto il Monarcaraquo (Mon I XII 7-8)La dimostrazione parte dalla citazione del passo della Metafisica diAristotele (Metaph I 982b) nel quale si definisce libero ciograve che laquoap-partiene a seacute stesso e non ad altriraquo Ma solo sotto lrsquoimperatore laquosonraddrizzati i governi obliqui ndash cioegrave le democrazie le oligarchie e letirannidi ndash che costringono in servitugrave il genere umano [hellip] e ben go-vernano i re gli aristocratici che diconsi ottimati e coloro che han-no a cuore la libertagrave popolareraquo (Mon I XII 9) Lrsquoimperatore impe-dendo le forme deviate di governo e favorendo invece quelle retteassicura quindi al cittadino il massimo grado di libertagrave in quanto ilaquogoverni retti si propongono la libertagrave sigrave che gli uomini abbiano davivere per seacuteraquo (Mon I XII 10)141 Il punto di partenza dantesco egrave quin-di una prerogativa dellrsquouomo il libero arbitrio che non dipende dalpotere imperiale questrsquoultimo perograve garantisce la miglior condizio-ne possibile in cui lrsquoumana libertagrave si possa esprimere142 salvando

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141 Mon I XII 8-10 laquoSed existens sub Monarcha est potissime liberum Propterquod sciendum quod illud est liberum quod ldquosui met et non alterius gratia estrdquo utPhylosopho placet in hiis que De simpliciter ente Nam illud quod est alterius gratianecessitatur ab illo cuius gratia est sicut via necessitatur a termino Genus humanumsolum imperante Monarcha sui et non alterius gratia est tunc enim solum politie di-riguntur oblique ndash democratie scilicet oligarchie atque tyramnides ndash que in servitu-tem cogunt genus humanum ut patet discurrenti per omnes et politizant reges aris-tocratici quos optimates vocant et populi libertatis zelatores quia cum Monarchamaxime diligat homines ut iam tactum est vult omnes homines bonos fieri quodesse non potest apud oblique politizantes Unde Phylosophus in suis Politicis ait quodin politia obliqua bonus homo est malus civis in recta vero bonus homo et civis bo-nus convertuntur Et huiusmodi politie recte libertatem intendunt scilicet ut hominespropter se sint Unde Phylosophus in suis Politicis ait quod in politia obliqua bonushomo est malus civis in recta vero bonus homo et civis bonus convertuntur Et huius-modi politie recte libertatem intendunt scilicet ut homines propter se sintraquo (Cfranche ARIST Pol III 1276b-1277b) Il capitolo si conclude con lrsquoosservazione laquoHincetiam patet quod quamvis consul sive rex respectu vie sint domini aliorum respectuautem termini aliorum ministri sunt et maxime Monarcha qui minister omnium pro-culdubio habendus est Hinc etiam iam innotescere potest quod Monarcha necessi-tatur a fine sibi prefixo in legibus ponendisraquo (sect 12)

142 HA LLOYD The relationship between centralization and autonomy in the hi-story of European legal and political thought in Challenging centralism decentramen-to e autonomie nel pensiero politico europeo a cura di L Campos Boralevi Firenze

lrsquouomo dai regimi laquocorrottiraquo non percheacute li abolisca ponendosi comeunica istituzione politica ma percheacute ha il potere di renderli laquorettiraquoDi nuovo siamo di fronte a un motivo che ampia diffusione avevaavuto nellrsquoantico impero ovvero quello di una libertas che parados-salmente non trova la sua negazione ma anzi la garanzia della suaesistenza sotto il governo dellrsquounico princeps Cosigrave ad esempio an-cora Elio Aristide rivolgendosi ai Romani affermava laquovoi siete i so-li fra quanti hanno mai posseduto un impero a governare su uomi-ni liberi La Caria non egrave infatti consegnata a Tissaferne neacute la Frigiaa Farnabazo neacute lrsquoEgitto a qualcun altro e nessun popolo egrave consi-derato il patrimonio personale di un qualche padrone in realtagrave nem-meno lui libero a cui quel popolo egrave consegnato percheacute lo servaraquo (ARoma 36) e ancora laquonessuno che sia degno di posti di comando odi fiducia egrave considerato uno straniero ma si egrave costituita unrsquounica de-mocrazia universale sotto un unico uomo il miglior capo e ordina-tore e tutti si riuniscono come in un foro comune ciascuno per ri-cevere ciograve che a lui si convieneraquo (ivi 60)143 E Cassio Dione (LII 14)faragrave dire a Mecenate nel suo famoso discorso a favore del principa-to laquoEcco percheacute ti consiglio di non cadere nellrsquoerrore di prenderein considerazione le cose da un punto di vista formale ma di valu-tarle attentamente per quello che sono di porre fine allrsquoaudacia del-la moltitudine e di affidare a te stesso e agli altri nobili lrsquoammini-strazione dei pubblici affari in modo tale che siano i piugrave saggi a de-liberare e i piugrave esperti a comandare [hellip] In questo modo ogni clas-se sociale [hellip] guadagneragrave unrsquoautentica democrazia (τὴν δημοκρα-τίαν τὴν ἀληθῆ) e una libertagrave sicura (τήν τε ἐλευθερίαν τὴνἀσφαλῆ)raquo144 Ma un tratto originale rispetto al pensiero antico egrave co-

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University Press 2011 pp 1-8 pp 5-6 sottolinea il ruolo attribuito in questo passodella Monarchia allrsquoimperatore come garante di libertagrave non accennando perograve al cor-rettivo da questi esercitato sui vari regimi ma secondo quanto affermato in Mon IXII 12 riportato supra in nota solo al fatto che lrsquoesistenza del monarca garantisce laquothepresence [hellip] of a unitary legislative capability as the facilitator and guarantor of au-tonomy itselfraquo (ivi p 6)

143 Dato infatti che laquotrue liberty lay in the protection of all classes under one per-sonraquo egrave evidente che laquothe Empire represented the true the perfect democracyraquo (GCSTARR The perfect democracy of the roman empire in laquoAmerican Historical ReviewraquoLVIII 1952 pp 1-16 p 12)

144 La traduzione egrave quella di Stroppa in CASSIO DIONE Storia Romana V libri

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LII-LVI introd di G CRESCI MARRONE trad di A STROPPA note storiche di F ROHR

VIO Milano Rizzoli 1998 Per come venisse intesa la libertagrave in rapporto al regime im-periale romano cfr eg anche PLUT Mor 814 f PLIN Paneg 66 2-4 67 2 78 3 e MANT 1 14 su cui si veda il ldquoclassicordquo C WIRSZUBSKI Libertas as a political idea at Romeduring the late republic and early principate Cambridge Cambridge University Press1950 trad it Libertas il concetto politico di libertagrave a Roma tra Repubblica e ImperoBari Laterza 1957 pp 253-54 (ma si veda anche lrsquointero cap V pp 186-256) laquoQuel-lo che era stata la libertas populi Romani Quiritium finigrave col diventare libertas Augustila libertagrave che lrsquoimperatore accorda al suo popolo o secondo lrsquoespressione di MarcoAurelio ἐλευθερίαν τῶν ἀρχομένων Libertas ora significa rispetto per la persona e lalibertagrave del cittadino sicurezza e benessere ma posta comrsquoegrave sotto tutela essa non si-gnifica affatto indipendenza cosigrave come in un regime assolutistico non egrave per nulla undiritto politicoraquo

145 PLATONE Politico 291d-293e Repubblica VIII 544a146 ARISTOTELE Politica III 1279a-b IV 1289a-b147 CHIESA-TABARRONE Monarchia cit p 51 ad I XII 9148 Questa particolare forma di regime politico come egrave stato giustamente osser-

vato egrave infatti piugrave laquoun modo di analizzare e di interpretate una realtagrave politicaraquo cheuna realtagrave politica vera e propria C CARSANA La teoria della costituzione mista nel-lrsquoetagrave imperiale romana Como New Press 1990 p 7 Giagrave Platone (Leggi 712d) in-terpreta in questo modo il sistema politico spartano e lo giudica piugrave stabile propriopercheacute misto e moderato Aristotele lo apprezza in Politica II 6 1265b-1266a e inter-preta cosigrave quello dellrsquoAtene di Solone (Pol 1273b)

stituito in Dante (oltre che da una evidente e palese diversa conce-zione di ldquolibertagrave della personardquo) dallrsquoidea che lrsquoimperatore possa co-stituire un correttivo alla degenerazione dei vari sistemi politici Ladistinzione fra regimi laquorettiraquo e laquodegeneratiraquo egrave antica giagrave presente inPlatone145 e poi in Aristotele146 da cui la riprende lrsquoAlighieri147 Uncorrettivo a questo inevitabile corrompersi delle forme politiche futrovato nel modello della ldquocostituzione mistardquo148 e fu applicato daPolibio alla realtagrave politica romana individuando lrsquoelemento monar-chico nei consoli quello aristocratico nel senato e quello democra-tico nelle assemblee popolari un meccanismo di controlli reciprocifra questi tre elementi poteva assicurarne lrsquoequilibrio in modo darendere stabile questa forma di governo e non soggetta a decaden-za come quella delle costituzioni ldquosemplicirdquo (POLYB VI 11-18) An-che Cicerone nel De republica (I 69 II 57) aveva posto a fondamen-to del suo stato ideale una laquocostituzione mista e temperataraquo fonda-ta perograve sul contemperamento di tre principi (potestas auctoritas li-bertas) presenti in una classe dirigente unita e non come in Polibio

sullrsquoequilibrio di tre poteri (consoli senato popolo) che si contrap-pongono149 E nella Roma imperiale Elio Aristide non rinunceragrave ausare questo modello interpretativo150 laquoavendo infine rivolto losguardo allrsquolsquoefororsquo e al lsquopritanorsquo di tutto questo ndash scil lrsquoimperatore ndashgrazie al quale al popolo egrave dato di ottenere ciograve che desidera e ai lsquopo-chirsquo di governare e di avere potere vedragrave proprio colui che detienela monarchia piugrave perfetta libera dai mali della tirannide e superio-re ad ogni prestigio di reraquo (A Roma 90) Un precedente dellrsquoideadantesca che lrsquoimperatore impedisca la deviazione dei regimi costi-tuzionali si puograve quindi forse rintracciare nel ruolo attribuito allrsquoim-peratore romano come garante di unrsquoeffettiva realizzazione della co-stituzione mista in quanto il suo potere costituirebbe quellrsquoelemen-to monarchico che non elimina ma anzi garantisce il giusto svolgi-mento delle prerogative degli altri due elementi (aristocrazia e po-polo) Ma si tratta comunque di un ruolo che si esercita allrsquointernodi un unico organismo politico e che non ammette quindi lrsquoesisten-za separata dei tre regimi Del resto anche in etagrave medievale lo stes-so Tommaso nella Summa theologiae intende la costituzione mistacome contemperamento dellrsquounico regime monarchico attraverso lealtre due forme di governo151 Diversa evidentemente la concezio-ne di Dante secondo il quale lrsquoimperatore dovrebbe garantire il cor-

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149 Cfr in particolare JL FERRARY LrsquoArcheacuteologie du De re publica (224-37-63)Ciceacuteron entre Polybe et Platon in laquoJournal of Roman Studiesraquo LXXIV 1984 pp 87-98

150 Del resto il modello della ldquocostituzione mistardquo presente nel dibattito politi-co greco giagrave nel IV secolo come dimostrano le testimonianze di Platone e Aristotelesopra citate dovette in seguito imporsi nel III secolo nellrsquoambito delle scuole peripa-tetiche e stoiche per laquola volontagrave di definire un sistema di relazione tra basileus clas-se di governo cittadina e masse popolari allrsquointerno della nuova polis ellenisticaraquoCARSANA La teoria della costituzione mista nellrsquoetagrave imperiale romana cit p 15

151 Summa Theol Ia-IIae q 105 a 1 laquoTalis enim est optima politia bene com-mixta ex regno inquantum unus praeest et aristocratia inquantum multi principan-tur secundum virtutem et ex democratia idest potestate populi inquantum ex po-pularibus possunt eligi principes et ad populum pertinet electio principumraquo Invecenel commento alla Politica di Aristotele (Sententia libri Politicorum II 7 71-81) rico-nosce la maggior stabilitagrave del regime misto vero e proprio cfr S SIMONETTA Rime-scolare le carte Il tema del governo misto in Tommaso drsquoAquino e nella riflessione po-litica tardomedievale in Governo misto ricostruzione di unrsquoidea a cura di D FELICENapoli Liguori 2011 pp 161-93 con altra bibliografia sul tema

retto funzionamento delle varie forme di governo senza perograve abo-lirne alcuna laquola monarchia universale non egrave intesa come un gover-no che sostituisca o abroghi tutte le altre come una sorta di illumi-nata dittatura le normali forme di governo in cui egrave organizzata lasocietagrave nella loro varietagrave continuano a esistere in un contesto uni-versale che le preserva dalle deviazioni e garantisce cosigrave la libertagrave deisudditi In un certo senso si potrebbe dire che il monarca egrave un prin-cipio costituzionale del mondoraquo152

Questa funzione direttiva ma non invasiva dellrsquoimpero rispettoa tutte le altre forme politiche egrave ciograve che Dante sostiene anche nellapenultima argomentazione del I libro dove vuole dimostrare che ilgenere umano si trova nelle condizioni ideali quando egrave retto da unosolo153 Lrsquoautore si sente infatti in dovere di precisare che

questo non srsquoha da intendere sigrave che da lui immediatamente possano pro-venire le piugrave piccole decisioni di ciascun municipio mentre le stesse leggimunicipali sono talora imperfette ed abbisognano di discernimento comrsquoegravechiaro da ciograve che dice il Filosofo quando nel quinto libro [dellrsquoEtica] a Ni-comaco raccomanda lrsquoepiigravekia Ed invero le nazioni i regni e le cittagrave hanno co-stumi diversi lrsquouno dallrsquoaltro che occorre siano regolati con leggi diverse cheacuteappunto la legge egrave regola direttiva del vivere Cosigrave in un modo han da esserregolati gli Sciti i quali [hellip] dovendo sopportare una grande diversitagrave fra i

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152 CHIESA-TABARRONE Monarchia cit p 52 ad I XII 9 La stessa idea che spettiallrsquoimperatore intervenire per la reformatio dei regimi corrotti la troviamo nel De re-gimine civitatis di Bartolo da Sassoferrato cfr D QUAGLIONI Politica e diritto neltrecento italiano Il laquoDe tyrannoraquo di Bartolo da Sassoferrato (1314-1357) Con lrsquoedizio-ne critica dei trattati laquoDe Guelphis et Gebellinisraquo laquoDe regimine civitatisraquo e laquoDe ty-rannoraquo Firenze Olschki 1983 p 163 ll 315-24 dove si sottolinea il ruolo svoltodallrsquoimperatore Carlo IV nella riforma del governo di Siena e p 164 ll 354-57 Ladatazione del De regimine civitatis egrave da collocarsi tra il 1355 e il 1357 cfr D QUA-GLIONI laquoRegimen ad populumraquo e laquoregimen regisraquo in Egidio Romano e Bartolo da Sas-soferrato in laquoBullettino dellrsquoIstituto Storico Italiano per il Medio Evo e Archivio Mu-ratorianoraquo 87 1978 pp 201-28 p 201 n 1 Ma cfr anche quanto afferma sempreBartolo nelle glosse alle costituzioni pisane di Enrico VII (metagrave XIV secolo) laquocum im-perium fuit in statu et in tranquillitate totus mundus fuit in pace et tranquillitate uttempore Octaviani Augusti et cum Imperium fuit prostratum insurrexerunt diraetyrannidesraquo (in D QUAGLIONI Empire et monarchie aspects du deacutebat juridique citp 39)

153 Con la dimostrazione sulla quale non ci soffermiamo che laquoquod potest fieriper unum melius est per unum fieri quam per pluraraquo Mon I XVI 1-3

giorni e le notti sono oppressi da un rigore quasi intollerabile del freddo ein altro modo i Garamanti che abitando sotto il circolo equinoziale e tro-vandosi ad avere sempre la luce del digrave di durata eguale alle tenebre della not-te per il soverchio calore dellrsquoaria non tollerano di coprirsi di vesti Ma srsquohada intendere in guisa che il genere umano sia retto da lui in quello che ha dicomune e che compete a tutti gli uomini e con norma comune sia guidato al-la pace la qual norma o legge i principi particolari han da ricevere da lui(Mon I XIV 4-7)154

Il confronto con un passo del De regimine principum permette diprecisare meglio il pensiero dantesco Tolomeo da Lucca dalla con-statazione delle differenze di struttura fisica e di stile di vita fra quan-ti vivono in luoghi diversi fa infatti discendere lrsquoopportunitagrave di adat-tare la forma di governo (dispotico o politico) allrsquoindole servile o vi-rile e coraggiosa (cioegrave di chi laquoconfida nella forza del suo intellettoraquo)dei vari popoli in modo analogo a quanto avevano affermato gli an-tichi Greci fra cui Aristotele nella Politica a cui Tolomeo rimandaesplicitamente155 Dante invece si richiama ad Aristotele solo per ilprincipio della ἐπιείκεια156 ovvero per quella capacitagrave di adattare la

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154Mon I XIV 4-6 laquoSed humanum genus potest regi per unum suppremum prin-cipem qui est Monarcha Propter quod advertendum sane quod cum dicitur lsquohuma-num genus potest regi per unum suppremum principemrsquo non sic intelligendum estut minima iudicia cuiuscunque municipii ab illo uno inmediate prodire possint cumetiam leges municipales quandoque deficiant et opus habeant directivo [hellip] Habentnanque nationes regna et civitates intra se proprietates quas legibus differentibusregulari oportet est enim lex regula directiva vite Aliter quippe regulari oportet Sci-thas qui extra septimum clima viventes et magnam dierum et noctium inequalitatempatientes intolerabili quasi algore frigoris premuntur et aliter Garamantes qui subequinoctiali habitantes et coequatam semper lucem diurnam noctis tenebris habentesob estus aeris nimietatem vestimentis operiri non possuntraquo

155De regimine principum IV 8 e ARISTOTELE Polit VII 1327b Ma prima cfr an-che PS IPPOCRATE Sulle arie sulle acque e sui luoghi specialmente al cap 12 PLATO-NE Leggi V 747c-e

156 ARISTOTELE Eth V 1137b ma cfr anche TOMMASO Summa theol IIa-IIaeq 120 a 1 laquocum de legibus ageretur quia humani actus de quibus leges dantur insingularibus contingentibus consistunt quae infinitis modis variari possunt non fuitpossibile aliquam regulam legis institui quae in nullo casu deficeret sed legislatoresattendunt ad id quod in pluribus accidit secundum hoc legem ferentes quam tamenin aliquibus casibus servare est contra aequalitatem iustitiae et contra bonum com-mune quod lex intendit [hellip] In his ergo et similibus casibus malum esset sequi le-

legge alle varie circostanze insita anche nel concetto latino di aequi-tas157 La diversitagrave dei luoghi sembra allora solo richiedere misureparticolari per lo piugrave di ordine ldquopraticordquo ma la differenza fra i va-ri regimi politici che abbiamo vista riconosciuta e garantita nel XIIcapitolo della Monarchia non egrave assolutamente stabilita su basi etni-che158 Lrsquoimperatore puograve cosigrave dettare una comunis regula che riguar-di ciograve che egrave comune a tutto il genere umano percheacute questo sia con-dotto ad pacem159

La giurisdizione imperiale su nationes regna et civitates cosigrave co-me era intesa da Dante e dai giuristi medievali160 era evidentemen-

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gem positam bonum autem est praetermissis verbis legis sequi id quod poscit iusti-tiae ratio et communis utilitas Et ad hoc ordinatur epieikeia quae apud nos dicituraequitasraquo

157 Cfr SCHIAVONE Ius cit p 259 con passi citt a p 461 nota 47 Ma vd ancheil passo sopra riportato di Tommaso Sempre in TOMMASO Summa theol Ia-IIae q 95a 1 troviamo la definizione laquolex omnis directiva est actuum humanorumraquo

158 Cfr EM PETERS The Frowning Pages Scythians Garamantes Florentinesand the Two Laws in The lsquoDivine Comedyrsquo and the Encyclopedia of Arts and Scienceed by GC Di Scipio and A Scaglione Amsterdam-Philadelphia John Benjamins Pu-blishing Company 1988 pp 285-314 ristampato con la medesima impaginazione inID Limits of thought and power in Medieval Europe Aldershot-Burlington [VT]Ashgate 2001 specialmente pp 298-99 dove si sostiene che il riconoscimento di laquoacertain degree of local autonomy in lawmakingraquo ai popoli come gli Sciti e i Garamantiposti rispettivamente allrsquoestremo nord e sud dellrsquoecumene serva per contrasto asottolineare come invece i popoli al centro dellrsquoimpero non possano in nessun aspet-to derogare da quella laquoimperial lawraquo che coincide con la laquoratio scriptaraquo

159Mon I XIV 7 laquoSed sic intelligendum est ut humanum genus secundum sua co-munia que omnibus competunt ab eo regatur et comuni regula gubernetur ad pacemQuam quidem regulam sive legem particulares principes ab eo recipere debentraquo

160 laquoIl faudrait toujours rappeler que durant le Moyen Acircge juridique et politiqueles concepts de souveraineteacute et drsquoautonomie srsquoexpriment dans la figure du ldquoseigneurlontainrdquo drsquoun pouvoir impeacuterial drsquoun imperium dont lrsquoexistence est neacutecessaire pourassurer toute une construction eacutethico-juridique mais qui ne peut avoir la preacutesence me-naccedilante drsquoun pouvoir envahissant et despotiqueraquo QUAGLIONI Empire et monarchieaspects du deacutebat juridique cit p 41 Ma cfr anche Mon III X 10 laquoImperium est iu-risdictio omnem temporalem iurisdictionem ambitu suo comprehendensraquo dove Dan-te ricalca la formula della l Omnis iurisdictio vd sempre D QUAGLIONI Il diritto co-mune pubblico e le leggi di Roncaglia nuove testimonianze sulla l laquoOmnis iurisdictioraquoin Gli inizi del diritto pubblico lrsquoetagrave di Federico Barbarossa legislazione e scienza deldiritto = Die Anfaenge des oeffentlichen Rehts Gesetzgebung im Zeitalter FriedrichBarbarossas und das gelehrte Recht Bologna-Berlin Il Mulino-Duncker amp Humblot

te ben diversa da quella esercitata dallrsquoantica Roma sui vari popoli ecittagrave caduti sotto il suo dominio ma lrsquoautonomia nel senso etimo-logico del termine delle varie cittagrave (specialmente nelle provinceorientali)161 era comunque stata un fattore giuridico e ideologico digrande importanza nel costituirsi e stabilizzarsi dellrsquoantico imperoromano cosigrave come lrsquoidea di una ldquodoppia cittadinanzardquo ovvero diquella romana e di quella della propria civitas di provenienza a sca-pito di ogni piugrave vasta realtagrave etnico-provinciale162 E molto probabil-mente giagrave Ottone di Frisinga contemporaneo e amico di FedericoBarbarossa quando aveva definito il potere dellrsquoimperatore comeun patrocinium sul mondo163 aveva voluto ricollegarsi a questo ca-rattere non ldquomonoliticordquo dellrsquoantico impero romano

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2007 p 47-65 (Annali dellrsquoIstituto storico italo-germanico Contributi = Jahrbuchdes Italienisch-deutschen historisches Instituts in Trient Beitraumlge 19) ID Vecchie enuove testimonianze sulla l laquoOmnis iurisdictioraquo in Iuris historia liber amicorum Ge-ro Dolezalek a cura di V COLLI E CONTE Berkeley Calif Robbins Collection 2008p 89-104 Ma vd anche supra gli studi citati alla n 134

161 Come durante il periodo della sua espansione in Italia Roma aveva in alcunicasi permesso alle varie cittagrave italiche di mantenere in parte i loro ordinamenti (Li-neamenti di storia del diritto romano sotto la direzione di M Talamanca Giuffregrave Mi-lano 1989 pp 247-50) cosigrave in seguito concede a molte cittagrave dellrsquoOriente greco la con-dizione di civitates liberae foederate o sine foedere la cui autonomia sempre relativanaturalmente ovvero la possibilitagrave di governarsi in alcuni ambiti secondo proprie leg-gi era sancita o meno da un trattato cfr Lineamenti di storia del diritto romano citpp 506-10 e V MAROTTA Conflitti politici cittadini e governo provinciale NapoliLoffredo 2004 pp 17-23 con note e bibliografia Il diritto allrsquoautonomigravea e allrsquoeleu-therigravea che consisteva oltre che nel potersi governare con leggi proprie e nel non pa-gare tributi anche nella libertagrave dallrsquoinvio di presidi esterni era considerato il fonda-mento stesso della polis greca di etagrave classica e venne ribadito da Flaminino quando nel196 aC proclamograve la libertagrave della Grecia (POLYB XVIII 46 5) cfr M SORDI Intro-duzione dalla lsquokoinegrave eirenersquo alla lsquopax Romanarsquo cit pp 3-16 EAD Panellenismo elaquokoine eireneraquo in I Greci a cura di S Settis 2 III Una storia greca TrasformazioniTorino Einaudi 1998 pp 5-20 con fonti e bibliografia

162 Lrsquoosservazione egrave piugrave che appurata e documentata nella stragrande maggio-ranza degli studi sullrsquoantico impero romano rimando solo al recente S RODA Il mo-dello della repubblica imperiale romana fra mondo antico e moderno Milano Mon-duzzi 2011 in particolare pp 5-74 e 145-53 Sulla doppia cittadinanza nel mondo ro-mano rimando al ldquoclassicordquo AN SHERWIN-WHITE The Roman citizenship OxfordClarendon Press 19732 (1 ed 1939) pp 271-72 e 291-311

163 laquoAd imperatorem totius orbis spectat patrociniumraquo ChroniconVII 34 (MHGScriptores rerum Germanicarum in usum scholarum separatim editi vol 45 OTTONIS

La sovranitagrave imperiale cosigrave come egli la concepiva si estendeva infattisulle nazioni i principati e le cittagrave della cristianitagrave occidentale ma lrsquoimpera-tore non intendeva sostituirsi ai loro governanti nellrsquoesercizio quotidiano del-lrsquoautoritagrave Cosigrave come la Roma antica aveva rispettato almeno formalmentele autonomie municipali e ammesso la doppia cittadinanza [hellip] allrsquoimpera-tore bastava che tutti papa compreso riconoscessero il carattere universaledel suo potere che veniva da Dio e faceva di lui lrsquoincarnazione della giusti-zia e della legge164

E cosigrave viene tratteggiato lrsquoimpero nel I libro della Monarchia unimpero garante della pace assicurata attraverso lrsquoesercizio della giu-stizia e di un diritto che pur nel rispetto delle ldquoautonomie localirdquodetta ai particulares principes una regulam sive legem (Mon I XIV 7)anche a tutela della libertagrave dei singoli cives165

24 laquoRomanum Imperium [hellip] a Deo volitum et per consequensde iure fuit et estraquo (Mon II IV 4)

Il II libro della Monarchia egrave interamente dedicato a dimostrareche i Romani costituirono di diritto il loro Impero e non giagrave unica-mente con la forza cosa questrsquoultima che lo stesso Dante ammettedi aver in precedenza pensato166

Lrsquoautore vuole stabilire anzitutto (come nel primo libro) una ve-ritagrave a cui fare riferimento costante nel seguito della argomentazione(Mon II II 1) e per questo osserva che quanto esiste di bene nel

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EPISCOPI FRISINGENSIS Chronica sive Historia de duabus civitatibus editio altera re-cognovit A HOFMEISTER Hannoverae et Lipsiae Impensis bibliopolii Hahniani1912 p 367)

164 A GIARDINA-A VAUCHEZ Il mito di Roma Da Carlo Magno a Mussolini Ro-ma-Bari Laterza 2000 p 44

165 Ma cfr anche il sect 23 dellrsquoEpistola VI ai Fiorentini dove lrsquoAlighieri sostiene chechi cospira contro lrsquoimperatore non egrave libero in quanto solo lrsquoobbedienza alle leggi dagravela libertagrave e lrsquoimperatore egrave laquolegum princeps itaque solis existentibus liberis qui vo-luntarie legi obediunt quos vos esse censebitis qui dum pretenditis libertatis affec-tum contra leges universas in legum principem conspiratisraquo

166Mon II I 2 laquoAdmirabar equidem aliquando romanum populum in orbe ter-rarum sine ulla resistentia fuisse prefectum cum tantum superficialiter intuens il-lum nullo iure sed armorum tantummodo violentia obtinuisse arbitrabarraquo

mondo deriva da Dio e che quindi il diritto che egrave un bene si trovainnanzitutto nella mente divina ed egrave da Dio voluto167 Ma se il dirit-to egrave immagine della volontagrave divina chiedersi se una cosa sia statafatta di diritto equivale allora chiedersi se sia stata fatta secondo lavolontagrave di Dio168 da ciograve discende il principio su cui si fonderagrave tut-ta lrsquoargomentazione del II libro che quanto Dio vuole in seno alla so-cietagrave umana deve essere stimato come vero e puro diritto169 Postoquesto principio Dante per dimostrare il diritto dei Romani allrsquoIm-pero ricorreragrave a fatti incontestabili e a testimonianze autorevoli ca-paci di render manifesta lrsquoinvisibile volontagrave di Dio che ha voluto lrsquoaf-fermazione dellrsquoimpero romano170 Non credo che questa premessasia sufficiente a definire la posizione di Dante in tema di diritto co-me una posizione laquovolontaristicaraquo tout court (laquola giustizia non comeespressione della ragione ma dellrsquoimperscrutabile volontagrave di Dioraquo)opposta a quella laquorazionalisticaraquo propria a S Tommaso171 e pertan-

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167Mon II II 4 laquoEx hiis iam liquet quod ius cum sit bonum per prius in menteDei est et cum omne quod in mente Dei est sit Deus iuxta illud ldquoQuod factum estin ipso vita eratrdquo et Deus maxime se ipsum velit sequitur quod ius a Deo prout ineo est sit volitum Et cum voluntas et volitum in Deo sit idem sequitur ulterius quoddivina voluntas sit ipsum iusraquo

168 Mon II II 5-6 laquoEt iterum ex hoc sequitur quod ius in rebus nichil est aliudquam similitudo divine voluntatis unde fit quod quicquid divine voluntati non con-sonat ipsum ius esse non possit et quicquid divine voluntati est consonum ius ipsumsit Quapropter querere utrum de iure factum sit aliquid licet alia verba sint nichiltamen aliud queritur quam utrum factum sit secundum quod Deus vultraquo

169 Mon II II 6 laquoHoc ergo supponatur quod illud quod Deus in hominum so-tietate vult illud pro vero atque sincero iure habendum sitraquo

170 Mon II II 7-8 laquoPropter quod sufficienter argumenta sub invento principioprocedent si ex manifestis signis atque sapientum autoritatibus ius illius populi gloriosiqueratur Voluntas quidem Dei per se invisibilis est et invisibilia Dei ldquoper ea que fac-ta sunt intellecta conspiciunturrdquo nam occulto existente sigillo cera impressa de illoquamvis occulto tradit notitiam manifestam Nec mirum si divina voluntas per signaquerenda est cum etiam humana extra volentem non aliter quam per signa cernaturraquo

171 Cosigrave Fassograve che a proposito di Tommaso afferma laquola legge naturale fonte an-che della legge umana egrave conformemente allrsquoinsegnamento classico ragione ragionenaturale Il criterio grazie al quale lrsquouomo distingue il bene dal male e che gli egrave guidae regola nelle sue azioni egrave la sua ragione Questa ragione egrave parte (participatio) della ra-gione divina che egrave legge eterna ma lrsquouomo la trova in seacute nella propria natura e la stes-sa legge eterna alla quale essa puograve essere ricondotta egrave razionalitagrave non volontagrave arbi-traria di Dio percheacute Dio nel quale volontagrave e ragione coincidono non puograve volere se

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non ciograve che egrave razionale La ragione umana certo egrave limitata mentre quella divina nonha limiti e corrispondentemente la legge naturale non egrave che una parte della leggeeterna ma in ciograve per cui la prima partecipa della seconda esse sono ugualiraquo (FASSOgraveStoria della filosofia del diritto I cit p 215) Mentre a proposito di Dante laquouno deipochi argomenti a proposito dei quali il sommo poeta si allontana dal tomismo e dal-lrsquoaristotelismo accogliendo invece concezioni volontaristiche di ispirazione agosti-niana egrave quello della giustizia e del diritto Egli intende infatti la giustizia non comeespressione della ragione ma dellrsquoimperscrutabile volontagrave di Dio fino a rappresen-tarla come inaccessibile alla conoscenza umanaraquo (p 221)

172 Lrsquoespressione laquoinvenzione del dirittoraquo si riferisce evidentemente al sottotito-lo del volume di Schiavone (Ius) piugrave volte citato alle cui pagine rimando ancora lagravedove si sottolinea proprio lrsquoalto grado di razionalitagrave a cui il ius era giunto giagrave nellrsquoul-timo secolo della Repubblica grazie a una laquorivoluzione scientificaraquo che aveva tra-sformato le norme da laquoatti di volontagraveraquo a laquoatti di conoscenza e di applicazione di unascienzaraquo in modo da ridurre i rapporti sociali a un laquoquadro di formeraquo che impone-vano laquoalla ragione un continuo sforzo di adeguamento in cui innanzitutto consiste-va la veritagrave del dirittoraquo SCHIAVONE Ius cit pp 246-47 ma cfr anche pp 171-97con p 177 laquola regola giuridica non sarebbe apparsa altrimenti che come un atto diconoscenza e non di volontagrave un adeguamento del pensiero allrsquoessere il risultato diunrsquooperazione conoscitiva razionalmente controllabile in ogni sua fase del tutto sot-tratta allrsquoarbitrio alla sopraffazione al dominioraquo

173 Riportato supra alla n 167174Mon II II 2-4 laquoEst enim natura in mente primi motoris qui Deus est deinde

to di fatto lontana da quel diritto che fu una assoluta laquoinvenzioneraquodella ragione umana ovvero di quella romana172 O almeno si devericonoscere nellrsquoopera dellrsquoAlighieri la presenza di differenti conce-zioni del diritto che variano in funzione dei diversi contesti argo-mentativi e che quindi non risultano sempre facilmente conciliabi-li fra loro E infatti abbiamo visto sopra un passo del Convivio (IVIX 8-9) in cui il diritto egrave proprio quel ius ereditato dai Romani di cuisi riconosce lrsquoascendenza giusnaturalistica e quindi la conformitagrave auna laquoratio summa insita in naturaraquo (per dirla con Cicerone nel De le-gibus I 18) di cui egrave partecipe la ragione umana evidentemente que-sta ratio non potragrave per Dante non essere compresa anche e innanzi-tutto nella mens Dei e non potragrave quindi essere in contrasto colla Suavolontagrave in questo senso forse si puograve leggere quanto affermato nelII capitolo del II libro della Monarchia (Mon II II 4)173 anche percheacutenei primi paragrafi di questo stesso capitolo Dante si egrave preoccupa-to di ribadire il nesso fra Dio e la natura che laquoegrave nella mente del pri-mo motore che egrave Dioraquo (II II 2) proprio come il diritto174 E nel VI ca-

pitolo sempre del II libro si istituisce unrsquoesplicita equivalenza fralrsquoordine stabilito dalla natura e il diritto175 E ancora il principio sucui si fonderanno tutte le argomentazioni del successivo III libro egravela laquoirrefragabilis veritas [hellip] quod illud quod nature intentioni re-pugnat Deus nolitraquo (Mon III II 2) Tutti passi da cui difficilmente sipuograve dedurre che Dante concepisca il diritto come espressione di unavolontagrave divina assolutamente arbitraria rispetto alle leggi della naturae rispetto quindi anche alla ragione naturale dellrsquouomo176

Certo che in questo II libro della Monarchia aver posto il prin-cipio che quanto avviene tra gli uomini egrave conforme al diritto quan-do coincide con la volontagrave di Dio significa poi dedurre la presenzadel ius semplicemente da fatti favoriti consentiti insomma ldquovolutirdquoda Dio Cosigrave ad esempio nel IV capitolo Dante dopo aver definitoil miracolo come ciograve che avviene per intervento diretto della volon-tagrave di Dio indipendentemente dallrsquoordine naturale (Mon II IV 1)177sostiene che laquolrsquoImpero romano nel suo venire a perfezione fu aiuta-

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in celo tanquam in organo quo mediante similitudo bonitatis ecterne in fluitantemmateriam explicatur [hellip] et quod quicquid est in rebus inferioribus bonum cum abipsa materia esse non possit sola potentia existente per prius ab artifice Deo sit et se-cundario a celo quod organum est artis divine quam lsquonaturamrsquo comuniter appellantEx hiis iam liquet quod ius cum sit bonum per prius in mente Dei estraquo

175 Mon II VI 3 laquolrsquoordine naturale nelle cose non puograve mantenersi senza il dirit-to poicheacute il fondamento del diritto egrave inseparabilmente connesso con questrsquoordinedunque egrave necessario che lrsquoordine si mantenga di dirittoraquo (laquoordo naturalis in rebus ab-sque iure servari non possit cum inseparabiliter iuris fundamentum ordini sit anne-xum necesse igitur est ordinem de iure servariraquo) ma su questo capitolo vd infra

176 Ancora esempi di questa connessione fra la volontagrave di Dio la natura e la ra-gione umana connessione che si esprime proprio nel diritto si possono riscontrareanche nella epistola VI dellrsquoAlighieri laquoNempe legum sanctiones alme declarant ethumana ratio percontando decernit [hellip]raquo (sect 7) o ancora laquoet hoc Deus et natura nonvult et mortalium penitus abhorreret adsensusraquo sectsect 22 laquosacratissimis legibus que ius-titie naturalis imitantur ymaginemraquo (ibidem) Ma cfr anche lrsquoinizio di questa stessaEpistola (sect 2) dove di particolare interesse appare il nesso stabilito fra provvidenza di-vina impero e una vita ldquocivilerdquo secondo quanto richiede la ldquonaturardquo laquoEterni pia pro-videntia Regis [hellip] sacrosancto Romanorum Imperio res humanas disposuit guber-nandas ut sub tanti serenitate presidii genus mortale quiesceret et ubique naturaposcente civiliter degereturraquo

177 Secondo la definizione di TOMMASO Contra gent III 101 (laquohaec autem quaepraeter ordinem communiter in rebus statutum quandoque divinitus fiunt miraculadici solentraquo) a cui Dante rimanda

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178 Mon II IV 4 laquoromanum Imperium ad sui perfectionem miraculorum suffra-gio est adiutum ergo a Deo volitum et per consequens de iure fuit et estraquo

179 Mon II IV 5 laquoQuod autem pro romano Imperio perficiendo miracula Deusportenderit illustrium autorum testimoniis comprobaturraquo Anche nellrsquoepistola V neisectsect 22-25 si sostiene che laquoDeum romanum Principem predestinasse relucet in miris ef-fectibus [hellip] Nam si a prima scintillula huius ignis revolvamus preterita ex quo scili-cet Argis hospitalitas est a Frigibus denegata et usque ad Octaviani triumphos mundigesta revisere vacet nonnulla eorum videbimus humane virtutis omnino culmina tran-scendisse et Deum per homines tanquam per celos novos aliquid operatum fuisseraquo

180 Dante cita LIVIO (cfr I 20 4 e V 54 7) e LUCANO Phars IX 477-80181 Anche qui sono ricordati LIVIO (cfr V 47 4-6) e multi scriptores illustres non

meglio precisati si cita infine VERG Aen VIII 652-56182 Di nuovo LIVIO (cfr XXVI 11 1-8)183 Anche in questo caso pur se non menzionata espicitamente la fonte potreb-

be essere LIVIO II 13 6-11 Ma in questi episodi osservano CHIESA-TABARRONE Com-mento in Monarchia cit p 93 ad II IV 3 laquomolti particolari cui Dante accenna nonsi ritrovano in Livio ma sono riferiti da altri storici romani senza che qualcuno di es-si sia identificabile con sicurezza come fonte diretta Lo scrittore sta probabilmentericordando a memoria episodi vulgati che erano di dominio comune negli ambientiscolastici e circolavano con piccole varianti narrative la menzione di Livio vuole rial-lacciarsi alla tradizione piugrave nobile della storiografia romana anticaraquo

184 Vd supra e n 62

to dal concorso di miracoli dunque fu voluto da Dio e per conse-guenza fu ed egrave di dirittoraquo178 E laquoche poi Dio compiesse miracoli nelrecare a perfezione lrsquoImpero romano egrave dimostrato dalla testimo-nianza illustrium autorumraquo179 Gli esempi della storia romana ripor-tati in questo capitolo con la menzione degli laquoillustri autoriraquo che litestimoniano sono quello dellrsquoancile caduto mentre Numa sacrifi-cava agli degravei180 quello delle oche del Campidoglio181 quello dellagrandinata che avrebbe dissuaso Annibale dal dirigersi verso Ro-ma182 e quello della traversata del Tevere a nuoto di Clelia183 Da os-servare che nel passo del Convivio in cui Dante voleva ugualmentedimostrare lrsquointervento divino a favore dei Romani abbiamo trova-to solo uno di questi esempi quello delle oche del Campidoglio glialtri esempi del primo trattato mostravano infatti lrsquointervento divi-no ma ldquomediatordquo se cosigrave si puograve dire dalla virtus umana che costi-tuiva il focus della argomentazione dantesca184 Nella Monarchia in-vece Dante vuole piugrave propriamente dimostrare lrsquointervento direttodel ldquosoprannaturalerdquo come segno della volontagrave divina che egrave inter-

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185 Cfr CHIESA-TABARRONE Commento in Monarchia cit p 92 ad II IV 3 e p 93dove di nuovo si osserva che quella di Dante egrave laquouna prospettiva ricalcata su quella vir-giliana che legge la storia romana antica come preparazione dellrsquoimpero di Augustodestinato a portare a pienezza il progettoraquo

186 E anche nel caso in cui lrsquoimpresa sembra piugrave dovuta alla prodezza umana ecioegrave in quello di Clelia Dante sottolinea che la giovane fu laquomiro Dei auxilio adiutaraquo(Mon II IV 10) Ancora piugrave netta quindi la distanza da Agostino che se poteva in cer-ta misura riconoscere i meriti della virtus romana certamente non accettava ma an-zi confutava lrsquointervento della divinitagrave nei piugrave famosi episodi della storia di Roma pa-gana cfr ad es De civitate II 2 III 20

venuta nellrsquoantica storia di Roma ovvero nella fase formativa di quel-lrsquoimpero che ne costituiragrave poi la compiuta realizzazione185 non egrave in-fatti un caso che per la seconda guerra punica si ricordi la grandinee non la laquofranchezzaraquo di laquoquel benedetto Scipioneraquo (Convivio IV V19)186

25 laquoRomanus populus per duellum acquisivit Imperium ergo deiure acquisivitraquo (Mon II IX 21)

Anche nei capitoli VII-IX del II libro la concezione di Dante inmateria di diritto appare a prima vista assolutamente volontaristicaDopo aver distinto nel VII capitolo fra le vicende in cui il giudizio diDio (divinum iudicium) egrave manifesto (o grazie alla ragione o grazie al-la fede Mon II VII 1-6) e quelle in cui egrave occulto (Mon II VII 7)Dante distingue in questrsquoultimo caso quando tale giudizio irrag-giungibile dallrsquouomo si palesa attraverso una rivelazione diretta omediante una prova decisiva (ibidem) La rivelazione mediante unaprova si ha o con un sorteggio o con un leale confronto (laquoaut sorteaut certamineraquo VII 9) e di nuovo allrsquointerno del certamen si distinguequando questo avviene laquoex collisione virium sicut fit per duellumraquooppure quando avviene laquoex contentione plurium ad aliquod signumprevalere conantium sicut fit per pugnam athletarum currentiumad braviumraquo (ibidem) LrsquoVIII e il IX capitolo illustrano invertendolrsquoordine prima enunciato come il giudizio divino nei due tipi di cer-tamina si sia palesato a favore dei Romani lrsquoVIII dimostrando chelaquoRomanus populus cunctis athletizantibus pro imperio mundi pre-

valuitraquo (VIII 2) il IX che laquoromanus populus per duellum acquisivitImperium ergo de iure acquisivitraquo (IX 21)

In particolare nellrsquoVIII si dimostra che i Romani sono riusciti araggiungere quella meta che consiste in laquoomnibus preesse mortali-bus hoc enim lsquoImperiumrsquo dicimusraquo meta che laquonulli contigit nisi ro-mano populoraquo (VIII 2) dato che non era stata raggiunta dagli altrildquocontendentirdquo ovvero dagli Assiri dagli Egiziani dai Persiani e daiMacedoni (VIII 3-10) Qui Dante riprende il ben noto motivo dellasuccessione degli imperi che pur con variazioni sia negli imperi elen-cati sia nel valore ideologico attribuitole si puograve considerare laquounacostante del pensiero politico-storico grecoraquo187 trovandosi in Ero-doto in Ctesia (dove egrave giagrave presente la sequenza di Assiria Media ePersia) e quindi negli scrittori greci di etagrave ellenistica188 Si discute selrsquoorigine di tale teoria sia greca189 o non piuttosto orientale rintrac-ciabile nellrsquoambito di testi iranici eo delle profezie dinastiche babi-lonesi190 Qualunque ne sia lrsquoorigine essa ricorre nel libro di Danie-le (II 31-35 e VII 1-7) di ambiente ellenistico-giudaico dove perogravenon vengono identificati esplicitamente i vari imperi che si succe-

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187 A MOMIGLIANO Daniele e la teoria greca della successione degli imperi inlaquoRendiconti dellrsquoAccademia Nazionale dei Lincei Classe di Scienze Morali Storichee Filologicheraquo XXXV 1980 pp 157-62 ora in ID La Storiografia Greca Torino Ei-naudi 1982 pp 293-301 p 295

188 Cfr D MENDELS The Five Empires a Note on a Propagandistic Topos inlaquoAmerican Journal of Philologyraquo CII 1981 pp 330-37 A MOMIGLIANO The originsof Universal History in laquoAnnali della Scuola Superiore Normale di Pisaraquo XII 1982pp 533-60 ora in ID Settimo contributo alla storia degli studi classici e del mondo an-tico Roma Edizioni di Storia e Letteraura 1984 pp 77-103 JM ALONSO NUacuteNtildeEZTrogue-Pompeacutee et lrsquoimpeacuterialisme romain in laquoBulletin de lrsquoAssociation G Budeacuteraquo 1990pp 72-86 p 83 JL FERRARY Lrsquooikoumene LrsquoOrient e lrsquoOccident drsquoAlexandre leGrand agrave Auguste histoire et historiographie in Convegno per Santo Mazzarino Attidel Convegno (Roma 9-11 maggio 1991) Roma LrsquoErma di Bretschneider 1998 pp97-132 specialmente pp 122-30

189 Cosigrave tutti gli studi citati alla nota precedente 190 Cfr JW SWAIN The theory of the four monarchies Opposition History under

the Roman Empire in laquoClassical Philologyraquo XXXV 1940 pp 1-21 D FLUSSER Thefour Empires in the fourth Sybil and in the book of Daniel in laquoIsrael Oriental StudiesraquoII 1972 pp 148-75 e M MAZZA Roma e i quattro imperi Temi della propaganda nel-la cultura ellenistico-romana in laquoStudi e materiali di storia delle religioniraquo LXII 1996pp 315-50 specialmente pp 333-45

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191 PL 25 coll 503-504 528-530 Ma lrsquoinserzione di Roma (perograve come quinto im-pero dopo Assiria Media Persia e Macedonia) egrave giagrave attestata come ci informa unaglossa in VELLEIO PATERCOLO I 6 6 nellrsquoopera De annis populi Romani di un certoEmilio Sura non altrimenti noto databile probabilmente attraverso unrsquoanalisi inter-na del passo agli anni fra il 189 (sconfitta di Antioco III a Magnesia) e il 171 aC(prima della terza guerra Macedonica e di Pidna) SWAIN The theory of the four mo-narchies cit pp 2-12 MOMIGLIANO Daniele e la teoria greca della successione degliimperi cit p 294 JM ALONSO NUacuteNtildeEZ Aemilius Sura in laquoLatomusraquo XLVIII 1989pp 110-19 pp 110-12 ID Trogue-Pompeacutee et lrsquoimpeacuterialisme romain cit p 83 F GASCOacute La teoria de los cuatro imperios Reiteracioacuten y adaptacioacuten ideologica I Roma-nos y griegos in laquoHabisraquo XII 1981 pp 179-96 ora in ID Opuscola Selecta SevillaUniversidad 1996 pp 13-26 p 16 [contro questa datazione cfr MENDELS The FiveEmpires cit pp 330-32 (seconda metagrave I secolo aC) MAZZA Roma e i quattro im-peri cit pp 323-33 e FERRARY Lrsquooikoumene cit p 130 (etagrave cesariana)] Il tema pa-re ritrovarsi in POLIBIO (dove certamente crsquoegrave il paragone fra Roma e lrsquoegemonia spar-tana e lrsquoimpero macedone in I 2 1 ma forse anche proprio una menzione della suc-cessione ldquocanonicardquo degli imperi in XXXVIII 22 1-3 MOMIGLIANO Daniele e la teoriagreca della successione degli imperi cit pp 294-95 contra MAZZA Roma e i quattroimperi cit pp 318-23 e FERRARY Lrsquooikoumene cit pp 122 e 126 con nota 108) equindi in Pompeo Trogo che lo usa come schema per la sua storia universale (comesi evince dai Prologi unica parte dellrsquoopera pervenutaci al di fuori dellrsquoEpitome for-nitaci da Giustino) Nel contesto dellrsquoopera di Polibio e ancor di piugrave di quella di Pom-peo Trogo (per quello che possiamo ricostruire) lrsquouso del topos sembra perograve potergettare unrsquoombra sulla potenza romana insinuando lrsquoidea che essa potesse essere asua volta ldquorimpiazzatardquo da una nuova egemonia ALONSO NUacuteNtildeEZ Trogue-Pompeacutee etlrsquoimpeacuterialisme romain cit E GABBA Dionigi e la storia di Roma arcaica Bari Edi-puglia 1996 p 169 Bisogna arrivare a DIONIGI DI ALICARNASSO (I 2 1-4) e successi-vamente ad ELIO ARISTIDE (A Roma 91) e ad APPIANO (Praef 8-10) per trovare svol-to il tema in modo inequivocabilmente favorevole a Roma (mentre ancora in chiaveanti-romana lo troviamo in DIONE DI PRUSA Or LXXIX 6 su cui vd P DESIDERI Dionedi Prusa Un intellettuale greco nellrsquoimpero romano Messina-Firenze DrsquoAnna 1978pp 175-76 nota 5 e p 234)

dono Girolamo nel commento ai passi di Daniele (ripreso anchenella Glossa Ordinaria) li identifica con Babilonesi Persiani Mace-doni e Romani191 non menzionando quindi a differenza del passodella Monarchia gli Egiziani mentre Orosio in due passi delle Hi-storiae (II 1 4 VII 2 4) presenta la successione degli imperi dandolrsquoordine Babilonesi Macedoni Africani (Cartagine) Romani quan-do perograve tratta la storia dellrsquoOriente dettaglia i vari popoli e vi tro-viamo Nino e Semiramide (I 4) Vesoze re dellrsquoEgitto (I 14) Ciro (II6) e Serse (II 10) Ed infatti Dante rimanda esplicitamente ad Oro-

sio sia riguardo a Nino e Semiramide192 che riguardo a Vesoze193Sembra quindi ragionevole supporre che Dante abbia tenuto pre-sente lrsquoordine di Girolamo integrandolo con ciograve che leggeva nellestorie di Orosio194 per concludere infine che se il popolo Romanoprevalse su tutti gli altri laquode divino iudicio prevaluit et per conse-quens de divino iudicio obtinuit quod est de iure obtinuisseraquo (MonII VIII 15) Ma anche per questa argomentazione che si riferisce loabbiamo detto a quei casi in cui il giudizio divino non egrave raggiungi-bile tramite la ragione e che farebbe quindi coincidere il diritto so-lo con il riconoscimento di una volontagrave divina imperscrutabile al-lrsquouomo egrave stato ipotizzato che Dante avesse in mente un riferimentogiuridico rintracciabile nelle glosse sul certamen sacrum195

Ancora nel IX capitolo il presupposto che laquoquod per duellumacquiritur de iure acquiriturraquo (Mon II IX 1) in quanto anche il duel-lum egrave un certamen in cui si manifesterebbe il giudizio di Dio egrave un

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192Mon II VIII 3 laquoPrimus nanque in mortalibus qui ad hoc bravium anelavit Ni-nus fuit Assiriorum rex qui quamvis cum consorte thori Semiramide per nonagintaet plures annos ut Orosius refert imperium mundi armis temptaveritraquo Il riferimen-to a due versi delle Metamorfosi di OVIDIO (IV 58 e 88 nellrsquoepisodio di Piramo e Ti-sbe) dove si menzionano Nino e Semiramide sono laquopuri abbellimentiraquo CHIESA-TA-BARRONE Commento in Monarchia cit p 123 ad II VIII 4

193 Mon II VIII 5 laquoSecundus Vesoges rex Egipti ad hoc bravium spiravit etquamvis meridiem atque septentrionem in Asya exagitaverit ut Orosius memoratnunquam tamen dimidiam partem orbis obtinuitraquo Ma cfr F FABBRINI Paolo OrosioUno storico Roma Edizioni di Storia e Letteratura 1979 p 26 proprio in rapportoa questo capitolo della Monarchia

194 Cosigrave anche Kay in DANTErsquoSMonarchia Translated with a commentary by RKAY Toronto Pontifical Institute of mediaeval studies 1998 ad loc

195 Cfr CANCELLI sv Diritto romano in Enciclopedia Dantesca cit laquoNel di-fendere i Romani dallrsquoaccusa di latrocinio si richiama al duello ndash istituto come ognu-no sa di origine germanica ndash su cui si pronuncia il giudizio di Dio ma i contenden-ti sono detti anche atleti (Mn II VII e VIII) ciograve che si capirebbe poco se non fosse chei testi del diritto gli porgevano opportuni sostegni Qui sono considerati gli atletiche disputano un certamen sacrum (Cod 10 54 (53) c un) la cui posta non egrave la mer-ces ma il trionfo della virtugrave secondo quanto si esplicava alla gl Athletae ad DigXXVII 1 8 [6 6] Et erant athletae qui sine mercede virtutis gratia certabant et cer-taminibus sacris deserviebant Lrsquoaver quindi il popolo romano disputato un certamensacrum ndash quindi divino ndash e averlo vinto volta a volta contro i vari popoli non puogravenon indurre il duplice fondamento giuridico e divino del suo possesso e dominiodel mondoraquo

argomento in apparenza esclusivamente ricollegabile alla tradizionegermanica e in particolare longobarda introdotta con lrsquoeditto di Ro-tari del 643 sopravvissuta per qualche secolo ma quasi scomparsaallrsquoepoca di Dante anche percheacute combattuta laquosempre piugrave risoluta-mente dal magistero ecclesiastico e dalle scuola di giurispruden-zaraquo196 In questa argomentazione lrsquoAlighieri pare quindi distanziarsinettamente dalla tradizione giuridica romana Eppure come egrave sta-to anche di recente evidenziato la dimostrazione (Mon II IX 12-18)che romanus populus per duellum acquisivit Imperium ergo de iureacquisivit (Mon II IX 21) si svolge facendo continuo riferimento al-la laquoautoritagrave del De officiis di Cicerone [hellip] disseminato verbaliterlungo tutto il paragraforaquo197 Dante si richiama infatti esplicitamentedue volte al trattato ciceroniano per stabilire in via preliminare quel-le regole per le quali uno scontro puograve essere definito un ldquoduellordquo laprima regola egrave che vi si debba ricorrere solo dopo aver prima tenta-to in tutti i modi una soluzione pacifica cosigrave come Cicerone nel Deofficiis (I 34)198 aveva raccomandato a proposito dellrsquointrapresa del-la guerra (Mon II IX 3)199 E la seconda regola (ma giagrave anticipata inMon II IX 2) egrave che i duellanti debbano affrontarsi di comune ac-

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196 Cfr FIORELLI Sul senso del diritto nella laquoMonarchiaraquo cit p 93 e tutte le pp90-97 dove si traccia una breve storia del duellum giudiziario in Italia e dellrsquoopposi-zione nei suoi confronti Ma cfr eg anche TOMMASO Super sententiis III dist 39 q 1art 2 qc 2 arg 3 laquoPraeterea in sortibus et judiciis quae fiunt per ignem et aquamvel per duellum expectatur divinum testimonium et propter hoc sunt prohibita quiain his videtur esse quaedam Dei tentatioraquo

197 C DI FONZO laquoAequitasraquo e giustizia retributiva nel Paradiso di Dante in Chal-lenging centralism cit pp 43-52 p 43

198 CIC De off I 34 laquoAtque in re publica maxime conservanda sunt iura belliNam cum sint duo genera decertandi unum per disceptationem alterum per vimcumque illud proprium sit hominis hoc beluarum confugiendum est ad posterius siuti non licet superioreraquo

199Mon II IX 3 laquoSed semper cavendum est ut quemadmodum in rebus bellicisprius omnia temptanda sunt per disceptationem quandam et ultimum per preliumdimicandum est ut Tullius et Vegetius concorditer precipiunt hic in Re militari illevero in Offitiisraquo In effetti anche VEGEZIO nel De re militari III 9 afferma laquoIdeo om-nia ante cogitanda sunt ante temptanda ante facienda sunt quam ad ultimum ue-niatur abruptumraquo ma riferendosi alle precauzioni che deve adottare un comandanteprima di attaccare battaglia

cordo laquonon per odio od amore ma soltanto per vivo desiderio digiustiziaraquo (Mon II IX 4) e a questo proposito chiama di nuovo incausa il De officiis200 affermando che Cicerone avrebbe laquotoccatoraquoquesto argomento quando aveva affermato che laquoSed bella quibusImperii corona proposita est minus acerbe gerenda suntraquo (Mon IIIX 4)201 Ma al di lagrave di queste citazioni quasi testuali occorre evi-denziare che lrsquoAlighieri mostra di aver ben presente il contesto da cuile trae si tratta infatti di quei passi del De officiis in cui allrsquointernodella trattazione della virtugrave della giustizia (De off I 20-60)202 Cice-rone definisce il laquobellum iustum romanumraquo (De off I 34-40) primacome quella guerra intrapresa laquosolo per poter vivere in pace e sen-za offesaraquo (De off I 35) quindi secondo il sanctissimum ius fetialedel popolo romano come quella guerra laquoche si intraprenda doporegolare domanda di soddisfazione e che sia stata prima minacciatae dichiarataraquo (De off I 36) 203 E nel passo che precede immediata-mente la citazione dantesca laquoSed bella quibus Imperii etcraquo Cice-rone afferma ancora che laquoQuando perograve si combatte per la supre-mazia e si cerca la gloria con la guerra egrave necessario tuttavia che vi

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200 CIC De off I 34 laquoSed bella quibus imperii proposita gloria est minus acer-be gerenda suntraquo

201Mon II IX 4 laquoDuo igitur formalia duelli apparent unum hoc quod nunc dic-tum est aliud quod superius tangebatur scilicet ut non odio non amore sed solo ze-lo iustitie de comuni assensu agoniste seu duelliones palestram ingrediantur Et prop-ter hoc bene Tullius cum de hac materia tangeret inquiebat enim ldquoSed bella quibusImperii corona proposita est minus acerbe gerenda suntrdquoraquo Si puograve ipotizzare cheDante abbia sostituito alla parola gloria la parola corona anche laquoper insistere nellametafora agonistica (la corona era il premio per il vincitore della gara)raquo CHIESA-TA-BARRONE Commento in Monarchia cit p 132 ad II IX 4

202 La giustizia egrave una delle quattro virtugrave che insieme a sapienza fortezza e tempe-ranza costituisce lrsquohonestum CIC De off I 15

203 Cicerone in De officiis I 35 seguendo probabilmente Panezio afferma chelaquosuscipienda quidem bella sunt ob eam causam ut sine iniuria in pace vivaturraquo e inI 36 rifacendosi alla tradizione romana che laquobelli quidem aequitas sanctissime fetia-li populi Romani iure perscripta est Ex quo intellegi potest nullum bellum esse iu-stum nisi quod aut rebus repetitis geratur aut denuntiatum ante sit et indictumraquo Latraduzione da me usata egrave quella di A Resta Barile in CICERONE I doveri con un sag-gio introduttivo e note di E NARDUCCI traduzione di A RESTA BARILE Milano Riz-zoli 1987

siano quelle giuste ragioni (iustae causae) che ho detto poco primaraquo(De off I 38)204 ribadendo quindi la necessitagrave che anche queste guer-re siano bella iusta Si puograve quindi ipotizzare che Dante quando intutto questo capitolo IX del II libro della Monarchia insiste propriosul laquovivo desiderio di giustiziaraquo e sulla laquogiustiziaraquo che dovrebbe es-sere presente nel duellum205 segua proprio lrsquoesempio di Ciceroneche aveva voluto definire la ldquogiustiziardquo del bellum romano206 Infine

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204 CIC De off I 38 laquoCum vero de imperio decertatur belloque quaeritur gloriacausas omnino subesse tamen oportet easdem quas dixi paulo ante iustas causas es-se bellorum Sed ea bella quibus imperii proposita gloria est minus acerbe gerendasuntraquo

205 E cosigrave infatti ancora prosegue dopo le citazioni ciceroniane laquoiustitie neces-sitate de comuni assensu congregati propter zelum iustitie nonne in nomine Dei con-gregati sunt Et si sic nonne Deus in medio illorum est cum ipse in evangelio nobishoc promictat Et si Deus adest nonne nefas est arbitrari iustitiam succumbere pos-se quam ipse in tantum diligit quantum superius prenotatur Et si iustitia in duellosuccumbere nequit nonne de iure acquiritur quod per duellum acquiriturraquo (MonII IX 5-6)

206 Gli studiosi moderni come egrave ben noto ritengono per lo piugrave che le iustae cau-sae che secondo Cicerone dovrebbero motivare anche la guerra de imperio siano so-lo identificabili con il rituale che fornirebbe parvenza di legalitagrave alle mire espansio-nistiche romane e che comunque anche nei passi precedenti il bellum iustum sia daintendersi come laquola guerra legittima in quanto (posta in essere in modo) conforme al-lrsquoordinamento vigente (romano interno ndash si sottolinei ndash) in materia di guerra [hellip] ilquale consiste nel complesso normativo dello ius fetiale che richiede lrsquoadempimentodella procedura indicata per lrsquointroduzione di uno stato di guerraraquo L LORETO Il bel-lum iustum e i suoi equivoci Napoli Jovene 2001 p 18 ma cfr anche PA BRUNTLaus imperii in Imperialism in the Ancient World edd PDA Garnsey-CR Whitta-ker Cambridge University Press Cambridge 1978 pp 159-91 pp 175-78 WV HAR-RIS War and Imperialism in Republican Rome 327-70 BC Oxford Oxford Univer-sity Press 1979 pp 163-75 A CALORE Forme giuridiche del lsquobellum iustumrsquo Mila-no Giuffregrave 2003 in particolare pp 142 152 155 Contra J-L FERRARY Philhelleacuteni-sme et impeacuterialisme Aspects ideacuteologiques de la conquecircte romaine du monde helleacutenisti-que Rome Eacutecole franccedilaise de Rome 1988 pp 410-15 che ritiene fondamentale nel-la definizione del bellum iustum il fatto che sia intrapreso laquout sine iniura in pace vi-vaturraquo e ipotizza che i Romani intendessero anche le guerre de imperio come guerreintraprese per la difesa dellrsquoimpero Ma pur ammettendo una concezione esclusiva-mente giuridica del bellum iustum sappiamo che gli scrittori romani (in primis Ci-cerone nel giagrave ricordato De republica III 36 vd supra n 24 e poi infra nel testo) si era-no posti anche il problema della iustitia laquosostanzialeraquo nella conquista e nella gestio-ne dellrsquoimpero Per questo non credo che Dante citi ldquoa spropositordquo Cicerone ldquoa pro-

sempre in De officiis I 38 questa volta immediatamente dopo la ci-tazione dantesca laquoSed bella quibus Imperii etcraquo si distingue fra leguerre combattute laquoper la soppravivenza e non per lrsquoimperiumraquo(laquouter esset non uter imperaretraquo come quelle con i Celtiberi e i coni Cimbri) da quelle combattute invece de imperio come quelle con-tro i Latini i Sabini i Sanniti i Cartaginesi e Pirro E dopo aver af-fermato che fra questi popoli i Cartaginesi furono comunque foedi-grafi e Annibale crudelis mentre tutti gli altri iustiores si riportanoalcuni versi di Ennio (senza perograve indicare lrsquoautore) nei quali si ri-cordano le laquonobilissime paroleraquo che Pirro avrebbe detto allrsquoamba-sceria guidata da Fabrizio rifiutando lrsquooro per il riscatto dei prigio-nieri romani

non chiedo per me oro neacute mi dovete dare il prezzo del riscatto non fac-ciamo la guerra da mercanti ma da soldati col ferro non con lrsquooro decidia-mo la nostra sorte Sperimentiamo col valore se la Fortuna signora delle co-se umane daragrave lrsquoimpero a me o a voi e cosa essa ci porti E tenete a menteho stabilito di concedere la libertagrave a quei valorosi che la la sorte della guerraha risparmiato Ve ne faccio dono conduceteli con voi col favore degli degravei

Parole ndash commenta Cicerone ndash veramente degne di un re e del-la stirpe degli Eacidi207

Ho voluto richiamare per intero anche questa ultima parte delpasso ciceroniano percheacute Dante quando forniragrave le prove storiche

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positordquo del laquovivo desiderio di giustiziaraquo Senza contare che per Cicerone come perDante il diritto romano espressione del ius naturae difficilmente poteva essere intesoin contraddizione alla ldquogiustiziardquo

207 CICDe off I 38 laquoSed ea bella quibus imperii proposita gloria est minus acer-be gerenda sunt Ut enim cum civi aliter contendimus si est inimicus aliter si com-petitor (cum altero certamen honoris et dignitatis est cum altero capitis et famae) siccum Celtiberis cum Cimbris bellum ut cum inimicis gerebatur uter esset non uterimperaret cum Latinis Sabinis Samnitibus Poenis Pyrrho de imperio dimicabaturPoeni foedifragi crudelis Hannibal reliqui iustiores Pyrrhi quidem de captivis red-dendis illa praeclara ldquoNec mi aurum posco nec mi pretium dederitis Nec caupo-nantes bellum sed belligerantes Ferro non auro vitam cernamus utrique Vosnevelit an me regnare era quidve ferat Fors Virtute experiamur Et hoc simul accipedictum Quorum virtuti belli Fortuna pepercit Eorundem libertati me parcerecertum est Dono ducite doque volentibus cum magnis disrdquo Regalis sane et dignaAeacidarum genere sententiaraquo

che laquoil popolo romano per duello acquistograve lrsquoimperoraquo (e quindi laquoconil dirittoraquo Mon II IX 12) seguiragrave nellrsquoelencare i duelli vittoriosicombattuti dagli eroi romani proprio lrsquoordine dei popoli presentinel De officiis rimandando poi alle testimonianze di Virgilio (perEnea e Turno Mon II IX 13-14) e di Livio (per gli Orazi e i Curia-zi Mon II IX 15 per i Sabini e i Sanniti contro i quali si combatteacutelaquosotto forma di duello sebbene molti fossero i combattentiraquo MonII IX 16-17 e infine per Fabrizio contro Pirro e per Scipione controAnnibale Mon II IX 18) e prima di passare a questo elenco per di-mostrare che anche i pagani laquocercavano il giudizio dalla fortuna delduelloraquo (Mon II IX 7)208 riporteragrave lrsquoesempio di Pirro citato nel De of-ficiis affermando che laquoHic Pirrus lsquoHeramrsquo vocabat fortunam quamcausam melius et rectius nos lsquodivinam providentiamrsquo appellamusraquo209una affermazione che laquopresuppone e concilia le due anime latina ecristiana tra loro intersecate nel terreno tra giuridico e teologicoraquo210Dopo lrsquoelenco dei ldquoduellirdquo sostenuti dai romani il capitolo IX si chiu-de con unrsquoinvettiva contro i laquogiuristi presuntuosiraquo che stanno laquosot-

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208 Dopo essersi richiamato in Mon II IX 5 (riportato supra alla n 205) al VangelolaquoDante si preoccupa di sottolineare che il ricorso al duello come pratica giudiziariavaleva anche prima della venuta di Cristo fra le regole del duello non vi egrave infatti quel-la che i duellanti riconoscano Cristo come Dio una condizione che avrebbe inficiatola sua argomentazione (percheacute gli esempi recati a dimostrazione del fatto che i Roma-ni acquisirono lrsquoimperium per mezzo del duello esposti nei parr 12-18 sono tutti pre-cedenti alla venuta di Cristo)raquo CHIESA-TABARRONE Commento in Monarchia cit p132 ad II IX 7-8

209Mon II IX 8 laquoUnde bene Pirrus ille tam moribus Eacidarum quam sanguinegenerosus cum legati Romanorum pro redimendis captivis ad illum missi fueruntrespondit Nec mi aurum posco nec mi pretium dederitis non cauponantes bellumsed belligerantes ferro non auro vitam cernamus utrique Vosne velit an me regna-re Hera quidve ferat sors virtute experiamur Quorum virtuti belli fortuna peperciteorundem me libertati parcere certum est Dono ducite Hic Pirrus lsquoHeramrsquo vocabatfortunam quam causam melius et rectius nos lsquodivinam providentiamrsquo appellamusraquoRispetto al passo del De officiis che cita questi versi di Ennio (cfr n 207) sono da os-servare in Dante le seguenti differenze il termine lsquoHerarsquo egrave inteso nella Monarchia co-me un appellativo e non come un apposizione il verso finale egrave omesso probabilmen-te per il troppo esplicito riferimento agli degravei il conclusivo commento ciceroniano sul-la nobiltagrave di Pirro egrave anticipato nella osservazione iniziale su Pirro laquochrsquoera nobile sigrave peri costumi propri degli Eacidi sigrave per il sangueraquo

210 DI FONZO laquoAequitasraquo e giustizia retributiva nel Paradiso di Dante cit p 44

to a quella specola della ragione onde la mente umana deduce spe-culando questi princigravepiraquo e che devono perciograve tacere laquoaccontentan-dosi di dare consigli e giudizi conformi al tenore della leggeraquo211 eproprio alla luce della rilettura dantesca del discorso di Pirro si puograveipotizzare che tale invettiva non sia laquorivolta contro un bersaglio ge-nericoraquo ma contro laquola stessa glossa alla 1 digna vox nel titolo de le-gibus del codice Giustiniano (Cod 1 14 4) dove Accursio [hellip] an-nota che lrsquoImpero deriva dalla fortuna (ldquocum imperium sit de for-tunardquo)raquo212 ovvero lrsquoopposto di ciograve che Dante ha voluto dimostraree che solo i laquoGentiles ante tubam evangelicamraquo (Mon II IX 7)213potevano credere chiamando appunto fortuna ciograve che laquonos lsquodivi-nam providentiamrsquo appellamusraquo214

Abbiamo cosigrave visto che anche nellrsquoargomentazione che piugrave sem-bra allontanarsi dalla concezione romana del diritto Dante si siaperograve adoperato per giustificare e ldquopuntellarerdquo la sua interpretazio-ne ldquovolontaristicardquo con continui riferimenti a fonti romane che se-condo lrsquoautore dovrebbero mettere a tacere anche e proprio queigiuristi che si proclamavano interpreti ed eredi del diritto roma-no215 Vedremo ora come la tradizione romana questa volta speci-

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211Mon II IX 20 laquoVideant nunc iuriste presumptuosi quantum infra sint ab illaspecula rationis unde humana mens hec principia speculatur et sileant secundumsensum legis consilium et iudicium exhibere contentiraquo

212 D QUAGLIONI laquoArte di bene e drsquoequitaderaquo Ancora sul senso del diritto in Dan-te (Monarchia II v 1) in laquoStudi Danteschiraquo LXXVI 2011 pp 27-46 p 35

213 Mon II IX 7 laquoHanc veritatem etiam Gentiles ante tubam evangelicam co-gnoscebant cum iudicium a fortuna duelli querebantraquo

214 Pur non addentrandomi sul tema della concezione della fortuna in Dante nonposso non richiamare almeno il VII canto dellrsquoInferno dove per bocca di Virgilio ilpoeta sostiene che Dio stesso stabiligrave la Fortuna come laquogeneral ministra e duce chepermutasse a tempo li benrsquo vani di gente in gente e drsquouno in altro sangue oltre ladifension drsquoi senni umani Per chrsquouna gente impera e lrsquoaltra langue seguendo logiudicio di costei che egrave occulto come in erba lrsquoangueraquo (Inf VII 78-84)

215 Cfr FIORELLI Sul senso del diritto nella laquoMonarchiaraquo cit p 95 laquoIl gloriosopopolo romano srsquoera guadagnato ldquosub iure duellirdquo la corona ldquoorbis totiusrdquo ma i giu-risti non sapevano levar lo sguardo piugrave su dei loro libri e dal silenzio di questi dedu-cevano conseguenze che la storia di Roma vista nella luce della Provvidenza smen-tiva ldquoVideant nunc iuriste presumptuosi helliprdquo muove da qui la famosa invettiva checontende al miope tecnicismo dei giureconsulti la capacitagrave di speculare sui grandiprigravencipiraquo

ficatamente giuridica rientri prepotentemente nel passo della Mo-narchia dove lrsquoAlighieri ha voluto offrire una definizione esplicitadel diritto

26 laquoIus est realis et personalis hominis ad hominem proportioraquo(Mon II V 1)

Di fronte ai passi finora analizzati dai quali emergono tratti del-la concezione dantesca del diritto non sempre ben armonizzabili fraloro egrave opportuno privilegiare la famosa definizione che Dante neoffre allrsquoinizio del V capitolo del II libro e anche il contesto in cuiquesta si colloca Tutto questo lunghissimo capitolo vuole provareche il popolo romano ottenne di diritto lrsquoimpero percheacute perseguigravesempre come fine il diritto e chi persegue come fine il diritto devenecessariamente agire con il diritto (Mon II V 18-23) La dimostra-zione che il popolo romano perseguigrave come fine il diritto egrave perograve svol-ta attraverso la dimostrazione che il popolo romano nelle sue con-quiste perseguigrave il bene comune dei popoli assoggettati assicurandoinnanzitutto pace e libertagrave (Mon II V 5-17) dato che e questo egrave ilprimo assunto che viene dimostrato (Mon II V 1-4) laquochiunque mi-ra al bene pubblico si propone il fine del dirittoraquo (Mon II V 1) Dan-te inizia quindi la sua argomentazione definendo il diritto come laquounreale e personale rapporto dellrsquouomo con lrsquouomo che rispettatoconserva la societagrave tra gli uomini e violato la manda in rovinaraquo(laquoius est realis et personalis hominis ad hominem proportio que ser-vata hominum servat sotietatem et corrupta corrumpitraquo) e precisadi voler e dover dare tale definizione percheacute laquoilla Digestorum de-scriptio [Dig 111 pr1 accolta in Convivio IV IX 8 laquola ragione scrit-ta egrave arte di bene e drsquoequitaderaquo] non dicit quod quid est iuris sed de-scribit illud per notitiam utendi illoraquo (Mon II V 1) Questa precisa-zione non egrave da sottovalutare il passo risulta infatti esemplare nelmostrare come per Dante il Digesto sia comunque laquoil punto di par-tenza necessarioraquo anche se laquoper uno scarto nella definizione dellequestioni in esameraquo216 E in effetti non solo la prima parte della de-

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216 QUAGLIONI laquoArte di bene e drsquoequitaderaquo Ancora sul senso del diritto in Dante(Monarchia II v 1) cit p 39 Si veda anche RUGGIERO Una definizione del diritto

finizione dantesca (laquoius est realis et personalis hominis ad hominemproportioraquo) per quanto formulata in modo felicemente originale217riecheggia la tradizione filosofica e giuridica antica (oltre a quellamedievale)218 ma anche lrsquoulteriore specificazione (laquoque servata ho-

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cit p 143 Diversamente CHIESA-TABARRONE per ragioni stilistiche (laquomentre la de-finizione iniziale (ius [hellip] corrumpit) egrave di alto valore retorico lrsquoinciso sul Digesto egravestilisticamente molto bruttoraquo) pensano che tale inciso sia una glossa aggiunta suc-cessivamente cfr CHIESA-TABARRONE Nota al testo in Monarchia cit p CXXX eCommento ivi pp 97-98 ad II V 1 CHIESA-TABARRONE comunque a mio avviso nonopportunamente per questo passo rimandano a Digesto 1110 pr (dove perograve si dagrave ladefinizione di iustitia vd infra n 218) e non alla definizione di Ulpiano-Celso

217 Tanto da essere considerata dai giuristi moderni laquofra le tante che si egrave tentato didarne [hellip] forse la piugrave felice e la piugrave profondaraquo FASSOgrave Storia della filosofia del dirit-to I cit p 223 si veda anche FIORELLI Sul senso del diritto nella laquoMonarchiaraquo citin particolare pp 80-81 dove traccia un breve storia della fortuna di questa definizio-ne fra gli storici moderni del diritto pur osservando come molti giudizi lrsquoabbiano elo-giata senza fornire le ragioni di tali elogi e QUAGLIONI laquoArte di bene e drsquoequitaderaquo An-cora sul senso del diritto in Dante (Monarchia II v 1) cit pp 40-41

218 Opportunamente Nardi (Commento in DANTE ALIGHIERI Opere MinoriIII1 cit p 386 ad II V 1) osserva innanzitutto che in questa definizione dantesca iltermine latino ius corrisponde al greco δίκαιον (iustum) rimandando al commento diTommaso al V libro dellrsquoEtica aristotelica (Exp Eth V lect XII 1) dove si precisa chei giuristi laquonominant [hellip] ius quod Aristotiles iustum nam et Isidorus dicit in libro Ety-mologiarum quod ius dicitur quasi iustumraquo Il concetto di giustizia come proportioegrave presente in ARISTOTELE Eth V 1131a-1132b in particolare 1131a laquoil giusto egrave in cer-to senso una proporzioneraquo (ma il concetto egrave giagrave in PLATONE Leggi VI 757b-c) e cfrsempre il commento di Tommaso allrsquoinizio della quinta lectio (Exp Eth V lect V 1laquoEst ergo iustum proportionale et ceteraraquo) ma anche Egidio Romano De regimineprincipum I II 11 laquoiustum est quoddam proportionabileraquo Ricordiamo che in Mon IXI 7 in modo simile Dante aveva definito la iustitia come quella laquovirtus ad alterumraquoche lrsquoimperatore poteva esercitare in quanto possedeva la laquopotentia tribuendi cuiquequod suum estraquo (vd supra n 130) Per le fonti giuridiche antiche si puograve vedere lefonti giagrave citate supra alla medesima nota fra cui ricordo ancora Digesto 1110 pr (Ul-pianus 1 reg) laquoIustitia est constans et perpetua voluntas ius suum cuique tribuendiraquoma anche Dig 11101 (Ulpianus 1 reg) laquoIuris praecepta sunt haec honeste viverealterum non laedere suum cuique tribuereraquo Con gli aggettivi realis e personalis si in-dica un laquoreciproco riconoscimento e reciproca limitazione dei poteri di ciascuno deiconsociati sopra cose e sopra personeraquo FIORELLI Sul senso del diritto nella laquoMonar-chiaraquo cit p 82 n 11 lrsquouso dellrsquoaggettivo realis egrave estraneo al Digesto (che usa sem-pre il sostantivo res) ma egrave invece attestato nei giuristi del XIII e XIV secolo laquoNulladunque drsquoeccezionale nellrsquouso che di realis fa Dante ma in tutti i modi il probabile

minum servat sotietatem et corrupta corrumpitraquo) rende evidentequanto Dante abbia recepito il ldquosensordquo del diritto antico Infatti os-serva lrsquoAlighieri

Se [hellip] questa definizione abbraccia insieme la ldquoquidditagraverdquo e il ldquopercheacuterdquodel diritto e se il fine di ogni associazione egrave il comune bene degli associati egravegiocoforza che fine drsquoogni diritto sia il bene comune ed egrave impossibile si diadiritto che non miri al bene comune [hellip] Egrave dunque evidente che chiunquemira al bene pubblico si propone il fine del diritto Se pertanto i Romanitendevano al bene dello stato saragrave vero il dire che essi avevano di mira il fi-ne del diritto219

Ma nota giustamente Quaglioni questa laquoidea dellrsquoidentitagrave delbonum rei publice (la salus rei publicae ciceroniana) col fine stessodel diritto appartiene alla tradizione teologico-politica e giuridico

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indizio drsquouna lettura diretta di testi giuridici e soprattutto di glosse non filtrata dascritture dottrinali drsquoaltra provenienzaraquo ivi p 87 QUAGLIONI laquoArte di bene e drsquoequi-taderaquo Ancora sul senso del diritto in Dante (Monarchia II v 1) cit pp 44-45 ipotiz-za un nesso fra la definizione dantesca e il dibattito sorto fra i giuristi del XIII e XIVsecolo proprio sulla definizione del ius in Digesto 111 Fra i testi giuridici medieva-li sono da ricordare le Quaestiones de iuris subtilitatibus operetta giuridica medieva-le per molto tempo attribuita a Irnerio diffusa in Toscana e quindi probabilmenteconosciuta da Dante cfr Quaest Exordium 4 laquout salvo singulis suo merito serveturincorrupta societas hominum cunctorumque perseverat illibata communitasraquoQuaestII 4 laquohoc dicitur ius respectu aequitatis non quia insit set quia pro officio statuentisinesse debuit nec dici potest aliam esse nominis eiusdem significantiam set magiseandem set inproprie acceptamraquo Quaest VI 3 laquoaequitas qua continetur aequabilitaset pro dignitate cuiusque congrua rerum quas ad usum hominum natura prodidit in-ter omnes distributioraquo Si veda anche CANCELLI sv Diritto romano in EnciclopediaDantesca cit FIORELLI Sul senso del diritto nella laquoMonarchiaraquo cit p 84 QUAGLIONIlaquoArte di bene e drsquoequitaderaquo Ancora sul senso del diritto in Dante (Monarchia II v 1)cit pp 44-45 Ma sul rapporto fra la definizione dantesca e le Quaestiones de iurissubtilitatibus piugrave estesamente si sofferma RUGGIERO Una definizione del diritto citpp 145-48

219Mon II V 1 laquoQuicunque preterea bonum rei publice intendit finem iuris in-tendit Quodque ita sequatur sic ostenditur ius est realis et personalis hominis ad ho-minem proportio que servata hominum servat sotietatem et corrupta corrumpitraquo2 laquonecesse est finem cuiusque iuris bonum comune esse et inpossibile est ius essebonum comune non intendensraquo 4 laquoPatet igitur quod quicunque bonum rei publiceintendit finem iuris intenditraquo

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220 QUAGLIONI laquoArte di bene e drsquoequitaderaquo Ancora sul senso del diritto in Dante(Monarchia II v 1) cit p 39 Sullrsquoambiguitagrave che la formula salus rei publicae puograve as-sumere nellrsquoopera ciceroniana cfr perograve C DrsquoALOJA Legge di natura e lotta politicanellrsquoopera di Cicerone in Testi e problemi del giusnaturalismo romano cit pp 127-61p 134 e FONTANELLA Politica e diritto naturale nel De legibus di Cicerone cit pp130-32

221 QUAGLIONI laquoArte di bene e drsquoequitaderaquo Ancora sul senso del diritto in Dante(Monarchia II v 1) cit pp 39-40 n 42 con RICCI (DANTE ALIGHIERI Monarchia acura di PG RICCI Edizione Nazionale delle opere di Dante Alighieri a cura della So-cieta Dantesca Italiana vol V Milano Mondadori 1965) NARDI (ALIGHIERI DANTEOpere Minori III1 cit) KAY (DANTErsquoSMonarchia cit) RUGGIERO Una definizionedel diritto cit p 142 n 2 per il comune bonum rimanda a Remigio dersquo Girolami Debono communi ed MC DE MATTEIS in laquoAnnali della Facoltagrave di Lettere dellrsquoUni-versitagrave di Lecceraquo 3 1965-1967 pp 13-86 Altra bibiliografia sul tema del comunebonum nel pensiero politico medievale in CHIESA-TABARRONE Commento in Mo-narchia cit p 98 ad II V 2

222 Da me riportati supra alla n 218223 CIC De inv I 68 laquoOmnes leges iudices ad commodum rei publicae referre

oportet et eas ex utilitate communi non ex scriptione quae in litteris est interpreta-ri Ea enim virtute et sapientia maiores nostri fuerunt ut in legibus scribendis nihil si-bi aliud nisi salutem atque utilitatem rei publicae proponerent Neque enim ipsi quodobesset scribere volebant et si scripsissent cum esset intellectum repudiatum irilegem intellegebant Nemo enim leges legum causa salvas esse vult sed rei publicaequod ex legibus omnes rem publicam optime putant administariraquo

politica occidentale [hellip] Naturalmente i lsquoprecedentirsquo piugrave vicini epiugrave autorevoli possono essere agevolmente indicati nel duplice stra-to aristotelico e ciceroniano della giuspubblicistica del XIII e XIVsecoloraquo220 Per la definizione dantesca del diritto Quaglioni in no-ta221 rimanda attraverso i commenti di Ricci Kay e Nardi allrsquoEticadi Aristotele col commento di Tommaso e al De regimine principumdi Egidio Romano222 Mi pare perograve che a conferma dellrsquoinfluenzadello laquostrato ciceronianoraquo a cui rimanda Dante stesso ricordando ilDe inventione (Mon II V 2 laquoPropter quod bene Tullius in Prima re-thorica semper ndash inquit ndash ad utilitatem rei publice leges interpre-tande suntraquo)223 si possa almeno citare il passo del III libro del De of-ficiis dove si afferma laquoNeque vero hoc solum natura id est iure gen-tium sed etiam legibus populorum quibus in singulis civitatibus respublica continetur eodem modo constitutum est ut non liceat suicommodi causa nocere alteri Hoc enim spectant leges hoc volunt

incolumem esse civium coniunctionemraquo224 E proprio dal De officiis egravetratta la prima ldquoprova storicardquo che laquoallontanata da seacute ogni cupidigiache egrave sempre nemica della repubblica e amando la pace universaleunita alla libertagrave quel santo pio e glorioso popolo si vede aver ne-gletto il proprio vantaggio per procurare quello pubblico a salvezzadel genere umano Onde a ragione fu scritto ldquoLrsquoimpero romano na-sce dal Fonte della pietagraverdquoraquo225 Per rintracciare i segni di questo agirelaquopublica pro salute humani generisraquo negli organi istituzionali del-lrsquoantica Roma basta infatti a Dante ricordare il passo del De officiisin cui il senato viene designato come laquoregum populorum et natio-num portus [hellip] et refugium quando imperium rei publice benefi-ciis tenebatur non iniuriis cosigrave che laquolsquopatrociniumrsquo orbis terrarum po-tius quam lsquoimperiumrsquo poterat nominariraquo226 Per dimostrare invecenelle singole personalitagrave della storia romana questo atteggiamentodeterminato dalla ricerca del bene pubblico si rievocano quasi glistessi esempi di eroi virtuosi che avevamo trovato nel Convivio227 con

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224 Ma cfr anche CIC De off I 15 17 20 III 69225Mon II V 5 laquoomni cupiditate summota que rei publice semper adversa est et

universali pace cum libertate dilecta populus ille sanctus pius et gloriosus propriacommoda neglexisse videtur ut publica pro salute humani generis procuraret Underecte illud scriptum est ldquoRomanum imperium de Fonte nascitur pietatisrdquoraquo La fraseegrave pronunciata da Costantino e riportata nella Legenda Aurea di Iacopo da VaragineMa cfr anche la V Epistola dove a proposito di Arrigo VII si afferma laquocum sit Cesaret maiestas eius de Fonte defluat pietatisraquo (Ep V 3)

226 CIC De officiis II 26-7 in Monarchia II V 7 laquosufficit illa sola Ciceronis autori-tas in secundis Offitiis ldquoQuandiurdquo inquit ldquoimperium rei publice beneficiis tenebaturnon iniuriis bella aut pro sotiis aut de imperio gerebantur exitus erant bellorum autmites aut necessarii regum populorum et nationum portus erat et refugium senatusnostri autem et magistratus imperatoresque in ea re maxime laudem capere studue-runt si provincias si sotios equitate et fide defendissent Itaque illud lsquopatrociniumrsquo or-bis terrarum potius quam lsquoimperiumrsquo poterat nominarirdquo Hec Ciceroraquo

227 Cfr Conv IV V su cui vd supra (anche per il confronto con Agostino) e n 47Fatta eccezione per quelli di Tito Manlio Torquato e di Marco Attilio Regolo assen-ti nella Monarchia dove a differenza del Convivio trovano invece posto i Decii quin-di nel Convivio abbiamo nellrsquoordine Luscino Fabrizio Manio Curio Dentato CaioMuzio Scevola Tito Manlio Torquato Lucio Giunio Bruto Marco Attilio RegoloLucio Quinzio Cincinnato Furio Camillo e Catone Uticense Nella Monarchia LucioQuinzio Cincinnato Luscino Fabrizio Furio Camillo Lucio Giunio Bruto Caio Mu-zio Scevola i Decii Catone Uticense Dunque sia il numero sia lrsquoordine con cui ven-gono ricordati i personaggi esemplari non solo non trova preciso riscontro nella tra-

rimandi molto piugrave precisi a Livio Cicerone e Virgilio (anche percheacutenella Monarchia non occorreva la traduzione in volgare della fontelatina) Ricordiamo che nel Convivio tali esempi servivano a dimo-strare il favore divino nei confronti dellrsquoimpero romano manifesta-tosi nella virtugrave eccezionale dei suoi uomini qui servono a dimostra-re che laquoil popolo romano sottomettendo a seacute il mondo mirograve al be-ne collettivoraquo che egrave laquola meta del dirittoraquo228 con la significativa di-

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dizione antica o medievale (vd supra) ma non egrave il medesimo nemmeno nei due trat-tati danteschi Per un confronto puntuale con le fonti classiche e medievali ricordoSILVERSTEIN On the genesis of laquoDe Monarchiaraquo II v cit supra alla n 49 CHIESA-TA-BARRONE (Introduzione inMonarchia cit p LVIII) osservano che mentre lrsquoordine se-guito nel Convivio sarebbe laquovagamente cronologicoraquo quello nella Monarchia sareb-be funzionale alla costruzione di una laquoclimax etica [hellip] dove lrsquoeroismo egrave in crescen-do da quello di Cincinnato che contribuigrave al bene comune con il proprio sudore fi-no a quello di Catone e dei Deci che per il bene comune sacrificarono la loro stessavitaraquo

228Mon II V 18 laquoDeclarata igitur duo sunt quorum unum est quod quicunquebonum rei publice intendit finem iuris intendit aliud est quod romanus populus su-biciendo sibi orbem bonum publicum intenditraquo Anche Agostino in De civitate V 18su cui ci siamo soffermati sopra indicava in questi personaggi un esempio di sacrificiodi seacute (non solo dei propri beni ma perfino della propria vita e di quella dei propri fi-gli) per il bene della patria ovvero per il bene pubblico la Monarchia sembrerebbequindi offrire un contesto piugrave vicino al De civitate di quello del precedente trattato An-che in questo caso perograve lrsquoapprovazione incondizionata di Dante per la virtus romananon potrebbe essere piugrave distante dalla contestualizzazione che egrave anche una ldquoconte-stazionerdquo messa in atto da Agostino basti soffermarci sullrsquoesempio di Lucio GiunioBruto di particolare interesse percheacute vi si mostra il diverso uso della stessa fonte an-tica cioegrave Virgilio in ambedue gli autori Nel VI libro dellrsquoEneide Anchise con questeparole profetizza il destino di Bruto che faragrave giustiziare i propri figli colpevoli di at-tentare alla repubblica laquonatosque pater nova bella moventes ad poenam pulchra prolibertate vocabit infelix utcumque ferent ea facta minores vincet amor patriae lau-dumque immensa cupidoraquo (820-23) Agostino riporta e commenta questi versi in mo-do da sottolineare come la stessa fonte virgiliana getti unrsquoombra sul comportamento diBruto laquoBruto autem quia filios occidit infelicitatis perhibet testimonium etiam poe-ta laudator Ait enim ldquoNatosque pater nova bella moventes Ad poenam pulchra prolibertate vocabit Infelix utcumque ferent ea facta minoresrdquo Sed versu sequenti con-solatus est infelicem ldquoVincit amor patriae laudumque immensa cupidordquoraquo (De civ V 18)Dante al contrario ldquotaglia cortordquo ovvero elimina proprio quei versi che potevano su-scitare unrsquoambiguitagrave di giudizio e scrive laquoNonne filios an non omnes alios postpo-nendos patrie libertati Brutus ille primus edocuit quem Livius dicit consulem exi-stentem proprios filios cum hostibus conspirantes morti dedisse Cuius gloria reno-

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vatur in sexto Poete nostri de ipso canentis ldquonatosque pater nova bella moventes adpenam pulcra pro libertate vocavitrdquoraquo (Mon II V 13) Per la lettura agostiniana di que-sto episodio della antica storia romana si veda ora S AUDANO Classici lettori di clas-sici Da Virgilio a Marguerite Yourcenar Foggia Edizioni Il castello 2012 il capitoloBruto e il lungo percorso di una sentenza virgilianaVincet amor patriae laudumque im-mensa cupido (Aen VI 823) pp 87-162 in particolare pp 116-34 Da osservare cheanche nel De regimine principum (III 5) Tolomeo da Lucca pur rifacendosi esplicita-mente al V libro del De civitate capovolge il giudizio agostiniano riportando comeesempio di zelus iustitiae il comportamento di Bruto e di Torquato verso i figli si ve-da sempre AUDANO Classici lettori di classici cit pp 134-40

229 Mon II V 15 laquoaccedit et illud inenarrabile sacrifitium severissimi vere liber-tatis tutoris Marci Catonis Quorum alteri pro salute patrie mortis tenebras non hor-ruerunt alter ut mundo libertatis amores accenderet quanti libertas esset ostenditdum e vita liber decedere maluit quam sine libertate manere in illaraquo

230 Vd supra Mon I XII e cfr RUGGIERO Una definizione del diritto cit p 149laquonon egrave casuale che la definizione dantesca sia contestuale al richiamo in II V 15 a Ca-tone ldquoseverissimus libertatis tutorrdquo cheacute ancora in Purgatorio XVI e in Paradiso I e Vil tema giuridico egrave indissolubilmente connesso con la riflessione dantesca sul temadella libertagraveraquo

231 Mon II V 19 laquoNunc arguatur ad propositum sic quicunque finem iuris in-tendit cum iure graditur romanus populus subiciendo sibi orbem finem iuris inten-dit ut manifeste per superiora in isto capitulo est probatum ergo romanus populussubiciendo sibi orbem cum iure hoc fecit et per consequens de iure sibi ascivit Im-perii dignitatemraquo

stinzione di Marco Catone laquoseverissimo fautore della vera libertagraveraquo ilcui esempio egrave servito piugrave in particolare ad laquoaccendere nel mondolrsquoamore della libertagraveraquo229 quasi a suggerire quel nesso fra diritto e li-bertagrave che avevamo visto affermato esplicitamente a proposito del-lrsquoimperatore garante del diritto e quindi della libertagrave dei cives230 Elaquochiunque si propone il fine del diritto procede drsquoaccordo col di-ritto il popolo romano assoggettandosi il mondo si propose il finedel diritto [hellip] dunque il popolo romano assoggettandosi il mondolo fece con diritto e per conseguenza a buon diritto si arrogograve la di-gnitagrave dellrsquoImperoraquo231 Cosa crsquoegrave di piugrave ldquoromanordquo di questa percezio-ne di un diritto che legittima e allo stesso tempo caratterizza lrsquoespan-sione romana estendendosi anchrsquoesso nella sua applicazione di pa-ri passo collrsquoestendersi dellrsquoimpero Cosigrave ad esempio leggiamo nel-le Historiae di Tacito (IV 74) nel discorso ai Treviri attribuito a Pe-tilio Ceriale (generale romano inviato nel 69 dC in Germania infe-riore a domare la rivolta dei Batavi) come la convenienza del-

lrsquoespansione romana fosse motivata proprio dal fatto che Romaavrebbe portato il diritto e con questo la pace e la partecipazione al-la stessa gestione dellrsquoimpero a popoli in precedenza sottoposti a ti-rannie e a guerre

Tirannie e guerre sempre ci furono in Gallia fincheacute non passaste al no-stro diritto (in nostrum ius) E noi bencheacute tante volte provocati del dirittodella vittoria ci giovammo solamente per garantire la pace Ma non esistequiete fra i popoli senza le armi neacute armi si danno senza stipendi neacute stipen-di si possono riscuotere senza tributi Ogni altra cosa in comune avete con noi(cetera in communi sita sunt) voi stessi in molti casi comandate le vostre le-gioni voi stessi governate queste ed altre province nessun priviliegio nessu-na esclusione (nihil separatum clausumve)232

La conferma della ldquoromanitagraverdquo delle argomentazioni che giustifi-cano lrsquoesistenza e lrsquoestensione dellrsquoimpero romano su tutta lrsquoecume-ne la troviamo nel seguente VI capitolo qui il discorso parte dal di-mostrare che ciograve che la natura ha ordinato si mantiene di diritto(Mon II VI 1-3)233 ma laquoRomanus populus ad imperandum ordina-tus fuit a naturaraquo (Mon II VI 4) in quanto la natura per raggiunge-

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232 TAC Hist IV 74 laquoRegna bellaque per Gallias semper fuere donec in nostrumius concederetis Nos quamquam totiens lacessiti iure victoriae id solum vobis ad-didimus quo pacem tueremur nam neque quies gentium sine armis neque arma si-ne stipendiis neque stipendia sine tributis haberi queunt cetera in communi sitasunt Ipsi plerumque legionibus nostris praesidetis ipsi has aliasque provincias re-gitis nihil separatum clausumveraquo Inutile ricordare che Dante non poteva sicura-mente conoscere questo testo Ricordo piuttosto che nonostante le fonti giuridichedellrsquoultimo secolo della Repubblica e dei primi due dellrsquoImpero facciano chiara-mente riferimento alla permanenza di un ius civile in senso stretto applicabile soloai cittadini romani e di un ius honorarium e di un ius gentium (ma questrsquoultimocomprendente sempre piugrave norme e istituti del sistema civilistico) che sono invece ap-plicati anche ai peregrini e nonostante le autonomie giuridiche concesse ad alcunecittagrave specialmente nella parte orientale dellrsquoimpero giagrave dalla etagrave repubblicana il di-ritto romano costituisce il quadro di riferimento per tutti i rapporti privati e pubblicidei Romani e dei popoli che Roma ha sottomesso cfr Lineamenti di storia del dirit-to romano cit pp 506-17 E ricordiamo anche che il ius egrave unrsquoinvenzione tutta ro-mana rispetto ad esempio ai sistemi di leggi presenti nel mondo greco dove esi-ste appunto la legge ma niente che sia equivalente al ius questo il tema del volu-me di SCHIAVONE Ius cit

233 Vd supra n 175

re il fine del genere umano non raggiungibile per mezzo di un solouomo produce una moltitudine di uomini ordinati ad operazionidiverse (Mon II VI 5-6) e pertanto laquoalcuni popoli sono atti per na-tura a dominare ed alcuni altri a star soggetti e servire come affer-ma il Filosofo nella Politica e per tali uomini come egli dice non so-lo egrave vantaggioso essere governati ma egrave anche giusto sebbene deb-bano esservi costrettiraquo (Mon II VI 7)234 Il principio aristotelico loabbiamo ricordato a proposito del Convivio era stato usato propriodai Romani nella legittimazione della propria espansione (cosigrave comeattesta il De republica di Cicerone)235 e Dante cita in questo capito-lo della Monarchia i celebri versi del VI libro (847-853) dellrsquoEneidedi Virgilio che esplicitano questa consapevolezza tutta romana del-la ldquovocazione allrsquoimperordquo236 per poi concludere laquoEgrave provato cosigravequanto basta che il popolo romano fu ordinato da natura a impera-re dunque il popolo romano assoggettandosi il mondo pervenneallrsquoImpero di dirittoraquo (Mon II VI 7)237

Se vogliamo individuare un filo conduttore nelle argomentazio-ni svolte in questi capitoli V e VI mi pare si possa osservare che perDante lrsquoesistenza di un diritto dei Romani allrsquoImpero si fondi in-nanzitutto sullrsquoesistenza e sulla validitagrave del loro diritto di quel iusche ancora come per Cicerone238 assicura il bene di tutti i popoli a

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234Mon II VI 7 laquoPropter quod videmus quod quidam non solum singulares ho-mines quinetiam populi apti nati sunt ad principari quidam alii ad subici atque mi-nistrare ut Phylosophus astruit in hiis que De politicis et talibus ut ipse dicit nonsolum regi est expediens sed etiam iustum etiamsi ad hoc coganturraquo

235 Vd supra n 24 Sul tema cfr ora P DESIDERI Impero romano e diritto di na-tura in Cicerone in Letteratura e civitas Transizioni dalla Repubblica allrsquoImpero In ri-cordo di E Narducci a cura di M Citroni Pisa ETS 2012 pp 73-87

236 VERG Aen VI 847-53 laquoExcudent alii spirantia mollius era credo equidemvivos ducent de marmore vultus orabunt causas melius celique meatus descri-bent radio et surgentia sidera dicent Tu regere imperio populos Romane memento hae tibi erunt artes pacique imponere morem parcere subiectis et debellare su-perbosraquo

237Mon II VI 11 laquoPropterea satis persuasum est quod romanus populus a natu-ra ordinatus fuit ad imperandum ergo romanus populus subiciendo sibi orbem de iu-re ad Imperium venitraquo

238 Egrave il riferimento al ius naturae che permette di legittimare a partire da Cice-rone lrsquoegemonia giuridica di Roma sui popoli in quanto realizzazione laquoin terra del-lrsquoordinamento politico il piugrave vicino possibile allrsquoordine naturale che regna nellrsquouni-

cui si applica in quanto corrisponde profondamente a quellrsquoordineche la ragione umana trova inscritto nella natura239

I capitoli finali del II libro dove Dante intende dimostrare pervia di fede ciograve che finora ha dimostrato per via di ragione240 non fan-no altro che ribadire da un altro punto di vista la ldquolegittimitagraverdquo delius Cristo nascendo quando venne promulgato da Augusto il fa-moso editto di censimento e accettando cosigrave di esservi iscritto di-mostrograve che quellrsquoeditto era giusto e che di conseguenza era di dirit-to lrsquoautoritagrave che lo promulgograve (Mon II X 4-8)241 La redenzione del ge-nere umano sarebbe stata impossibile se il peccato di Adamo nonfosse stato punito in Cristo ma ciograve egrave avvenuto e questo significa chelrsquoimperatore aveva giurisdizione sullrsquointero genere umano in quan-to lrsquoImpero era di diritto e per questo aveva potere di giudicare Cri-sto e di punire in lui il peccato dellrsquoumanitagrave (Mon II XI 1-6)242 E ilcapitolo e il II libro si chiudono con un netto giudizio su Costan-

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versoraquo e drsquoaltra parte laquoegrave proprio la dimensione imperiale dellrsquoesperienza politica ro-mana lrsquoelemento che ne giustifica la proposizione come modello di riferimento asso-luto in quanto storicamente realizzatoraquo DESIDERI Impero romano e diritto di naturain Cicerone cit pp 74 e 77

239 Cfr ancora CHIESA-TABARRONE Commento in Monarchia cit p 97 ad II V1 laquoLa conformitagrave dellrsquoimpero al diritto egrave per Dante una necessitagrave logica [hellip] e in que-sto sta la novitagrave e la profonditagrave di questa parte del trattato LrsquoImpero Romano egrave dun-que tale per diritto naturale la natura la volontagrave divina e il diritto positivo tendonoa coincidereraquo Ma anche R IMBACH Quattro idee sul pensiero politico di Dante Ali-ghieri in laquoLrsquoAlighieri Rassegna dantescaraquo ns 28 2006 pp 41-54 p 51 dove si evi-denzia il valore paradigmatico dellrsquoimperium romanum in Dante concepito comequella laquorealtagrave idealeraquo in cui avviene laquola perfetta realizzazione dello stato di dirittoche egrave a sua volta immagine della ragione nella sua piena trasparenzaraquo

240 Mon II X 1 laquoUsque adhuc patet propositum per rationes que plurimum ra-tionalibus principiis innituntur sed ex nunc ex principiis fidei cristiane iterum pate-faciendum estraquo

241 Cosigrave come lrsquoAlighieri sostiene anche nella Epistola VII a Arrigo VII laquoEt cumuniversaliter orbem describi edixisset Augustus [hellip] si non de iustissimi principatusaula prodiisset edictum unigenitus Dei Filius homo factus ad profitendum secun-dum naturam assumptam edicto se subditum nequaquam tunc nasci de Virgine vo-luisset non enim suasisset iniustum quem ldquoomnem iustitiam implererdquo decebatraquo (EpVII 14)

242 Cfr Par VI 88-90 laquola viva giustizia [hellip] li concedette in mano a quel chrsquoirsquodico [scil allrsquoimperatore Tiberio] gloria di far vendetta a la sua iraraquo

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243Mon II XI 8 laquoO felicem populum o Ausoniam te gloriosam si vel nunquaminfirmator ille Imperii tui natus fuisset vel nunquam sua pia intentio ipsum fefellis-setraquo Ma cfr anche Inf XIX 115-17 Purg XXXII 137-38 Par XX 55-60

244Mon III I 5 laquoet queritur utrum auctoritas Monarche romani qui de iure Mo-narcha mundi est ut in secundo libro probatum est inmediate a Deo dependeat anab aliquo Dei vicario vel ministro quem Petri successorem intelligo qui vere clavigerest regni celorumraquo

245 CHIESA-TABARRONE Commento inMonarchia cit p 155 ad III II246 Cfr CHIESA-TABARRONE Introduzione inMonarchia cit p XXXI laquoConside-

rando insieme i tre principii posti allrsquoinizio di ognuno dei tre libri ne emerge comedenominatore comune il richiamo alla volontagrave di Dio cosigrave come si esprime nel dise-gno generale della natura e nelle grandi linee di sviluppo della storia umana (e comedi conseguenza dallrsquoesame della natura e della storia puograve essere desunto)raquo

247 Mon III IV 1 laquoIsti vero ad quos erit tota disputatio sequens asserentes auc-

tino infirmator Imperii a cui si riconosce una pia intentio ma chelrsquoha tratto in inganno (Mon II XI 8)243 Dante si riferisce evidente-mente alla ldquodonazione di Costantinordquo a cui verragrave dedicato lrsquointero Xcapitolo del III libro

27 laquoImperio licitum non est contra ius humanum aliquid facereraquo(Mon III X 8)

Il III libro della Monarchia lo ricordiamo si propone di discu-tere la questione laquose lrsquoautoritagrave del Monarca romano che per dirittoegrave Monarca del mondo come egrave stato provato nel secondo libro di-penda immediatamente da Dio ovvero dallrsquoaltro vicario o ministrodi Dio quale intendo che sia il successor di Pietroraquo (Mon III I 5)244Come nei libri precedenti dopo aver posto e dimostrato qui attra-verso laquola dimostrazione formaleraquo che utilizza laquoil procedimento ari-stotelico della riduzione allrsquoassurdoraquo245 un principio su cui fondarele varie argomentazioni e cioegrave lrsquoassunto che abbiamo giagrave menzio-nato sopra laquoquod naturae intentioni repugnat Deus nolitraquo (MonIII II 2)246 Dante individua e distingue gli avversari ndash i sostenitoridel primato del papa ndash a cui intende rivolgersi (Mon III III) e il ti-po di argomentazione da essi avanzata che laquotraggono dalla SacraScrittura e da alcuni atti sigrave del Sommo Pontefice che dello stesso Im-peratoreraquo (Mon III IV 1)247 Dopo aver confutato gli argomenti di de-

rivazione scritturale (dallrsquoAntico e dal Nuovo Testamento Mon IIIIV-IX) affronta il primo degli laquoattiraquo su cui si fondano i suoi avversa-ri ovvero la donazione di Costantino un documento steso in realtagravefra la seconda metagrave del secolo VIII e i primi decenni del IX248 nelquale si trova attestata esplicitamente per la prima volta in Occi-dente lrsquoidea che Costantino avesse trasferito il suo imperium e lalaquoregni potestatem orientalibus [hellip] regionibusraquo249 e avesse invece

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toritatem Imperii ab auctoritate Ecclesie dependere velut artifex inferior dependetab architecto pluribus et diversis argumentis moventur que quidem de Sacra Scrip-tura eliciunt et de quibusdam gestis tam summi Pontificis quam ipsius Imperatorisnonnullum vero rationis indicium habere nitunturraquo

248 La ldquovulnerabilitagraverdquo delle argomentazioni elaborate nel Constitutum (vd infran 251) ha portato parte degli studiosi a ritenere che il documento non fosse stato ela-borato dalla curia romana cosigrave P DE LEO Ricerche sui falsi medioevali 1 Il Consti-tutum Constantini compilazione agiografica del sec 8 note e documenti per una nuo-va lettura Reggio Calabria Editori meridionali riuniti 1974 ha ipotizzato che il Con-stitutum appartenga alla produzione agiografica monastica intorno a papa SilvestroAnche secondo G DAGRON Representations de lrsquoancienne et de la nouvelle Romedans le sources byzantines des VIIe-XIIe siecles in Roma Costantinopoli Mosca cit pp295-306 laquole Constitutum nrsquoest rien de plus qursquoun appendice aux Actes de Silvestreraquo(p 301) ma che laquoagrave cause de lrsquousage qui en est fait est exclu par les Orientaux de lavulgate constantinienneraquo (p 304) Altri ritengono invece che pur se elaborato nellacuria il Constitutum fosse comunque inizialmente destinato ad avvalorare le pretesepontifice sul patrimonium Petri non tanto presso la raffinata diplomazia bizantinaquanto presso i nuovi regni barbarici primi fra tutti quello dei Franchi come forseavvenne quando papa Zaccaria richiese e ottenne lrsquoaiuto di Pipino il Breve contro iLongobardi Cfr P BELLINI La coscienza del principe Prospettazione ideologica e re-altagrave politica delle interposizioni prelatizie nel governo della cosa pubblica I-II TorinoGiappicchelli 2000 vol I p 595 Recentemente Johannes Fried ha supposto conmotivazioni filologiche e codicologiche che la compilazione sia avvenuta in ambien-te franco fra i monasteri di Corbie e Saint Denis latori delle prime testimonianzemanoscritte per dirimere la querelle sulla potestas territoriale che opponeva i sud-detti monasteri ai figli di Carlomagno nella prima metagrave del IX secolo (J FRIED Do-nation of Constantine and Constitutum Constantini the misinterpretation of a fictionand its original meaning with a contribution by W BRANDES The satraps of Con-stantine Berlin-New York De Gruyter 2007 p 201) Ma sulla storia del Constitutumvd anche GM VIAN La donazione di Costantino Bologna Il Mulino 2004 con bi-bliografia

249 Cosigrave recita il sect 18 del Constitutum laquoUnde congruum prospeximus nostrumimperium et regni potestatem orientalibus transferri ac transmutari regionibus et in By-zantiae provincia in optimo loco nomini nostro civitatem aedificari et nostrum illic

ceduto Roma e con essa le insegne imperiali e ampi territori in Oc-cidente a papa Silvestro e ai papi suoi successori250 da ciograve si facevaderivare la pretesa che spettasse alla Chiesa lrsquoautoritagrave di conferire ilpotere imperiale (Mon III X 1-2)251 Il poeta ammette come real-mente avvenuta la donazione costantiniana ma la considera non va-lida dimostrando prima che non era in potere di Costantino aliena-

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constitui imperium quoniam ubi principatus sacerdotum et christianae religionis ca-put ab imperatore caelesti constitutum est iustum non est ut illic imperator terrenushabeat potestatemraquo Per il testo del Constitutum Constantini si veda Das ConstitutumConstantini (Konstantinische Schenkung) herausgegeben von H FUHRMANN Han-nover Hansche Buchhandlung 1968 (Fontes iuris Germanici antiqui in usum schola-rum ex MGH separatim editi Bd X) riportato anche in FRIED Donation of Con-stantine and Constitutum Constantini cit Appendix B pp 129-37 Cfr anche GOEZTranslatio cit pp 53-55

250 Cosigrave il sect 17 del Constitutum laquoUnde ut non pontificals apex vilescat sed ma-gis amplius quam terreni imperii dignitas et gloriae potentia decoretur ecce tam pa-latium nostrum ut praelatum est quamque Romae urbis et omnes Italiae seu occi-dentalium regionum provincias loca et civitates seapefato beatissimo pontifici patrinostro Silvestrio universali papae contradentes atque relinquentes eius vel succes-sorum ipsius pontificum potestati et ditioni firma imperiali censura per hanc nostramdivalem sacram et pragmaticum constitutum decernimus disponenda atque iuri san-ctae Romanae ecclesiae concedimus permanendaraquo

251 Mon III X 1-2 laquoDicunt adhuc quidam quod Constantinus imperator mun-datus a lepra intercessione Silvestri tunc summi Pontificis Imperii sedem scilicetRomam donavit Ecclesie cum multis aliis Imperii dignitatibus Ex quo arguunt di-gnitates illas deinde neminem assummere posse nisi ab Ecclesia recipiat cuius eas es-se dicunt et ex hoc bene sequeretur auctoritatem unam ab alia dependere ut ipsi vo-luntraquo Il Constitutum nel tentativo di dare un fondamento giuridico e non piugrave soloteologico a quella identificazione fra romana ecclesia e Roma a cui abbiamo sopraaccennato (vd supra n 72 ) prestava il fianco a diverse obiezioni fra le quali la piugraveevidente era che il potere temporale del papa sarebbe dipeso in ultima istanza dal-lrsquoimperatore in quanto derivato da una sua concessione Nellrsquoambito della canonisticafurono perciograve elaborate argomentazioni di carattere teologico per reinterpretare ilConstitutum cosigrave nella Aeger cui levia documento composto nella curia di Inno-cenzo IV (papa dal 1243 al 1254) anche se forse non direttamente a lui attribuibilesi interpreta la donatio effettuata da Costantino dopo la conversione come la resti-tutio debita di un principatus che sarebbe spettato solo al papa in quanto unico vi-carius Christi e che da questi sarebbe stato poi riaffidato allo stesso Costantino BEL-LINI La coscienza del principe cit vol II pp 637-38 Ma Dante ldquotaglia alla radicerdquoquesta problematica dimostrando che lrsquoimperatore non puograve comunque ldquoalienarerdquolrsquoimpero (vd infra nel testo)

re la dignitagrave dellrsquoimpero (Mon III X 5-12) quindi che la Chiesa nonpoteva comunque ricevere questa dignitagrave (Mon III X 13-17) La pri-ma parte dellrsquoargomentazione quella che piugrave ci interessa si fonda suquattro motivi il primo (Mon III X 5-6) egrave che laquoa nessuno egrave con-sentito di fare mediante lrsquoufficio a lui affidato quello che egrave controlrsquoufficio stesso [hellip] ora egrave contrario allrsquoufficio affidato allrsquoImperato-re lo scindere lrsquoImpero dato che egrave suo compito di tenere il genereumano soggetto a uno solo volere e a un solo non volere come fa-cilmente puograve vedersi nel primo libro di questo scritto dunque al-lrsquoimperatore non egrave consentito di scindere lrsquoimperoraquo252 Il secondo(Mon III X 7-9) sostiene che come fondamento della Chiesa egrave Cri-sto il fondamento dellrsquoimpero egrave il ius humanum La Chiesa non puograveandare contro il suo fondamento ma laquocosigrave neppure allrsquoImpero egrave le-cito fare alcuncheacute contro il diritto umano Ma sarebbe contro il di-ritto umano che lrsquoImpero distruggesse seacute stesso [hellip] Poicheacute dun-que scindere lrsquoImpero significherebbe distruggerlo dal momentoche lrsquoImpero consiste nellrsquounitagrave della Monarchia universale egrave evi-dente che non egrave lecito scindere lrsquoimpero a chi dellrsquoimpero rappre-senta lrsquoautoritagraveraquo253 Il terzo motivo (Mon III X 10-11) si basa sul prin-cipio che laquoogni giurisdizione egrave prima del suo giudice il giudice in-fatti egrave ordinato alla giurisdizione non questa a quello ma lrsquoImperoegrave quella giurisdizione che nel suo ambito abbraccia ogni altra giuri-sdizione temporale dunque essa egrave prima del suo giudice che egrave lrsquoIm-

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252 Mon III X 5 laquoEt cum pertinaciter instant quod dico sic ostendi potest ne-mini licet ea facere per offitium sibi deputatum que sunt contra illud offitium quiasic idem in quantum idem esset contrarium sibi ipsi quod est inpossibile sed con-tra offitium deputatum Imperatori est scindere Imperium cum offitium eius sit hu-manum genus uni velle et uni nolle tenere subiectum ut in primo huius de facili vi-deri potest ergo scindere Imperium imperatori non licetraquo

253Mon III X 7-9 laquoPreterea sicut Ecclesia suum habet fundamentum sic et Im-perium suum Nam Ecclesie fundamentum Cristus est [hellip] Imperii vero fundamen-tum ius humanum est Modo dico quod sicut Ecclesie fundamento suo contrariarinon licet sed debet semper inniti super illud [hellip] sic et Imperio licitum non est con-tra ius humanum aliquid facere Sed contra ius humanum esset si se ipsum Impe-rium destrueret ergo Imperio se ipsum destruere non licet Cum ergo scindere Im-perium esset destruere ipsum consistente Imperio in unitate Monarchie universalismanifestum est quod Imperii auctoritate fungenti scindere Imperium non licet Quodautem destruere Imperium sit contra ius humanum ex superioribus est manifestumraquo

peratore poicheacute ad essa lrsquoImperatore egrave ordinato e non al contrarioDal che egrave chiaro che lrsquoImperatore non ha la facoltagrave di permutarlaraquo254Infine (Mon III X 12) laquose un Imperatore potesse staccare dalla giu-risdizione dellrsquoImpero una particella un altro potrebbe fare altret-tanto E siccome la giurisdizione temporale egrave finita e ogni cosa finitasi consuma con un numero finito di amputazioni ne seguirebbe chela prima giurisdizione potrebbe andare annientata il che egrave irragio-nevoleraquo255 Egrave stato da tempo dimostrato come le argomentazionidantesche rielaborate in modo originale e coerente con quanto af-fermato nei precedenti libri del trattato trovano riscontro in quellatradizione giuridica di parte imperiale (il cui precedente piugrave auto-revole egrave la Glossa Authenticorum di Accursio redatta nei primi de-cenni del XIII secolo) che ricorrendo al diritto romano aveva di-chiarato illegittima la donazione costantiniana Ai precedenti stu-di256 rimando quindi per un puntuale confronto fra questi paragrafidella Monarchia e tale tradizione257 Ho voluto comunque ripercor-

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254Mon III X 10 laquoPreterea omnis iurisdictio prior est suo iudice iudex enim adiurisdictionem ordinatur et non e converso sed Imperium est iurisdictio omnem tem-poralem iurisdictionem ambitu suo comprehendens ergo ipsa est prior suo iudice quiest Imperator quia ad ipsam Imperator est ordinatus et non e converso Ex quo pa-tet quod Imperator ipsam permutare non potest in quantum Imperator cum ab ea re-cipiat esse quod estraquo Cfr supra n 160

255Mon III X 12 laquosi unus Imperator aliquam particulam ab Imperii iurisdictio-ne discindere posset eadem ratione et alius Et cum iurisdictio temporalis finita sit etomne finitum per finitas decisiones assummatur sequeretur quod iurisdictio primaposset annichilari quod est irrationabileraquo

256 Fra questi ricordo solo gli ancora fondamentali studi di Nardi (B NARDI LalaquoDonatio Constantiniraquo e Dante in Nel mondo di Dante Roma Edizioni di Storia eLetteratura 1944 pp 107-60 ID Intorno ad una nuova interpretazione del terzo li-bro della Monarchia di Dante in Dal ldquoConviviordquo alla ldquoCommediardquo cit pp 151-313ID Dante e il laquoBuon Barbarossaraquo ossia Introduzione alla laquoMonarchiaraquo di Dante inDante Alighieri Opere Minori III1 cit pp 241-69) la puntuale analisi di G PU-LETTI La donazione di Costantino nei primi del rsquo300 e la laquoMonarchiaraquo di Dante inlaquoMedioevo e Rinascimentoraquo ns VII 1993 pp 113-35 e lrsquoampia disanima di S CRI-STALDI laquoRomanum Imperiumraquo e donazione di Costantino in Dante di fronte al Gioa-chimismo cit pp 223-392

257 Da osservare in particolare come Dante al principio evidenziato da Accursioe poi ripreso dai civilisti che lrsquoimperatore in quanto augustus deve augere e non mi-nuere lrsquoimperium sostituisca allrsquoinizio delle sue argomentazioni coerentemente conquanto affermato nei precedenti libri il principio della inscindibile unitagrave dellrsquoimpe-

rere lo svolgimento dellrsquoargomentazione percheacute mi sembra chiari-scano in modo esemplare attravero un caso storico o meglio pre-sunto tale quella concezione del diritto che come abbiamo vistonelle pagine precedenti egrave inscindibile in Dante dalla concezione delpotere imperiale il fatto che Dante contesti su base giuridica la do-nazione di Costantino conferma infatti la figura di un imperatorenon sovrano assoluto ma profondamente vincolato dal ius cosigrave co-me avevamo giagrave osservato anche nel Convivio258 e come viene riba-dito in special modo dallrsquoaffermazione (il terzo motivo) che la giuri-sdizione imperiale egrave prima dellrsquoimperatore che a questa egrave ordinatoEd egrave significativo il fatto che questo ius fondamento dellrsquoImperodiverso dal fondamento della Chiesa egrave da Dante indicato specifica-tamente come ius humanum

Nellrsquoantica Roma il ldquodiritto divinordquo ovvero quellrsquoinsieme di nor-me che regolavano il rapporto fra la comunitagrave civica e la divinitagrave dauna parte era concepito allrsquointerno del ius publicum come attesta lafamosa suddivisione ulpianea laquoPublicum ius in sacris in sacerdoti-bus in magistratibus consistitraquo (Digesto I112) dallrsquoaltra anchenella sua fase piugrave antica quando il monopolio della interpretazionegiurisprudenziale era in mano ai pontefici (IV secolo aC) il ius di-vinum era comunque distinto da quello humanum259 e questa di-

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ro paragonata ancora una volta alla tunica inconsutilis di Cristo (Mon III X 6 laquoSi er-go alique dignitates per Constantinum essent alienate ndash ut dicunt ndash ab Imperio etcessissent in potestatem Ecclesie scissa esset tunica inconsutilis quam scindere ausinon sunt etiam qui Cristum verum Deum lancea perforaruntraquo) questo percheacute ciograve checonta per lrsquoAlighieri non egrave unrsquoestensione per quanto ampia dellrsquoimpero ma la suauniversalitagrave condizione necessaria alla felicitagrave dellrsquouomo

258 Il che appare confermato anche delle epistole politiche dellrsquoAlighieri su cui cfrV RUSSO Le epistole politiche in laquoLetture Classensiraquo 1987 pp 69-78 specialmente pp73 s Interessante osservare che anche Bartolo da Sassoferrato nel De tyranno (datatoagli stessi anni del De regimine civitatis ndash 1355-1357 ndash e editato in QUAGLIONI Politi-ca e diritto nel trecento italiano cit pp 175-213) definisce il tiranno colui laquoqui in com-muni re publica non iure principaturraquo (cap II p 177) svolgendo poi e semplificandonel trattato un laquoduplice aspetto di antigiuridicitagrave da una parte per mancanza del tito-lo giuridico dallrsquoaltra in ragione dellrsquoesercizio perverso del potere legittimamente ac-quisitoraquo (ivi p 39)

259 Anche se la distinzione riguardava inizialmente solo lrsquooggetto del sapere giu-risprudenziale mentre il soggetto di tale sapere era comunque costituito dai pontefi-ci e la legittimitagrave del ius era dovuta alla sacralitagrave del responso alla connessione che i

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sacerdoti in quanto tali assicuravano fra il responso e la divinitagrave cfr i ldquoclassicirdquo RORESTANO Elemento divino ed elemento umano nel diritto di Roma in laquoRivista In-ternazionale di Filosofia del Dirittoraquo XXI 1941 pp 1-40 e F SCHULZ History of Ro-man Legal Science Oxford Clarendon Press 19532 trad it Storia della giurispru-denza romana Firenze Sansoni 1968 pp 34-71 che nellrsquoesposizione della giuri-sprudenza romana arcaica distingue al suo interno fra diritto sacro e diritto privato aseconda dellrsquooggetto del sapere giuridico dei pontefici

260 Cfr FONTANELLA Politica e diritto naturale nelDe legibus di Cicerone cit pp71-73

261 Cfr FASSOgrave Storia della filosofia del diritto I cit pp 139-43262 Anche se egrave ben noto che Agostino nel passo in cui parla di ius divinum pro-

prio in rapporto alla sacre scritture (laquoDivinum Ius in Scripturis habemusraquo AUG InIohannis Evangelium tr VI 25) riporta in realtagrave il pensiero dei suoi oppositori cioegravedei donatisti che in nome di un ldquopresuntordquo ius divinum rivendicavano la proprietagrave ec-clesiastica di ville e poderi mentre Agostino sostiene che la proprietagrave dei beni mate-riali va gestita in base al ius humanum ovvero alle leggi romane (ibidem) per una sin-tesi storica sullrsquouso e sul significato di questa ldquoformulardquo si puograve vedere P GHERRI Iusdivinum inadeguatezza di una formual testuale in Ius divinum Atti del XIII Conve-gno di Diritto Canonico (Venezia 17-21 settembre 2008) a cura di JI Arrieta co-ordinatore edizione C-M Fabris Venezia Marcianum Press 2010 pp 465-88

263 Cfr TOMMASO Summa Theol Ia-IIae q 91 a 4264 Cfr Mon III XIII 4 laquoomnis nanque divina lex duorum Testamentorum gremio

contineturraquo

stinzione si era meglio definita col progressivo sorgere e imporsi inetagrave repubblicana di un ius civile appannaggio di specialisti laici260Dopo la nascita del Cristianesimo quella societas cristiana che egrave laChiesa crescendo e iniziando ad organizzarsi come ogni societagraveespresse anche delle norme giuridiche tratte dal Vangelo e dalle tra-dizioni apostoliche con cui regolare la vita dei suoi membri le ge-rarchie gli organi amministrativi e legislativi le sanzioni etc261 in-somma tutto ciograve che dopo la svolta costantiniana riguardava sem-pre piugrave persone che erano allo stesso tempo membri della Chiesa ecives dellrsquoimpero e che in seguito fissato in decisioni conciliari oproclamato nel corso dei secoli da pontefici avrebbe dato origine aldiritto canonico Con ius divinum (o lex divina) si venne pertantoad indicare nella terminologia patristica262 e poi nella tradizione me-dievale pur con un certo sovrapporsi di significati in cui metteragrave or-dine Tommaso drsquoAquino quel complesso di norme che si volevanoderivate dalla parola rivelata di Dio innanzitutto tramite le scrittu-re263 come anche Dante mostra di intendere264 Questo ius divinum

a differenza dellrsquoantico ius sacrum pagano era quindi ab initio ete-rogeneo rispetto al ius pubblico e da ciograve poteva derivare insieme auna distinzione piugrave netta di quella pur presente nel diritto romanofra ius divinum e humanum anche una piugrave netta distinzione fra gliambiti di competenza delle due autoritagrave preposte a ciascuno ius co-me giagrave i primi cristiani avevano evinto dallrsquoevangelico laquorendere aCesare quel che egrave di Cesare e a Dio quel che egrave di Dioraquo (Mt 22 21)e dalla Lettera ai Romani di Paolo (Rm 13 1-7) e come aveva rico-nosciuto papa Gelasio I in una famosa lettera rivolta alla fine del Vsecolo allrsquoimperatore Anastasio

Duo sunt quippe imperator auguste quibus principaliter mundus hicregitur auctoritas sacrata pontificum et regalis potestas [hellip] Si enim quan-tum ad ordinem publicae pertinet disciplinae cognoscentes imperium tibisuperna dispositione conlatum legibus tuis ipsi quoque parent religionis an-tistites ne vel in rebus mundanis exclusae [hellip] videantur obviare sententiaequo oro te decet affectu eis et convenit oboedire qui praerogandis venera-bilibus sunt attributi mysteriis265

Il diritto giustinianeo sembra far propria questa distinzionequando nella VI delle Novellae afferma laquoMaxima quidem in homi-nibus sunt dona Dei a superna collata clementia sacerdotium et im-perium illud quidem divinis ministrans hoc autem humanis prae-sidens ac diligentiam exhibensraquo (Nov 6 pr)266 E infatti la glossa diAccursio sulla Donatio Constantini sopra ricordata si apre com-mentando una voce della praefatio a questa Novella da cui il giuri-

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265 Epistola VIII ad Anastasium imperatorem in PL LIX col 42 su cui ora si puogravevedere R RONZANI La lettera laquoFamuli uestrae pietatisraquo di Gelasio di Roma allrsquoimpe-ratore Anastasio I (CPL 1667 Ep 8) in laquoAugustinianumraquo 51 2011 pp 501-49 e p512 laquoGelasio nella lettera Famuli uestrae pietatis riferendosi alle due realtagrave che reg-gono il mondo non ha di mira rivendicazioni di carattere politico Al contrario il ve-scovo vuole ricordare che la regalis potestas ha il suo specifico ambito di esercizio in-discusso e invalicabile da parte anche dei vescovi Al contempo perograve ndash ed egrave questoche preme soprattutto ricordare al presule romano ndash egrave invalicabile lrsquoambito di eser-cizio dellrsquoauctoritas sacrata pontificum vale a dire dellrsquoautoritagrave specificamente eccle-siale dei vescovi in materia di dottrina e di disciplina ecclesiasticaraquo

266 Ma cfr anche Cod 1317 pr (Imperatores Honorius Theodosius) laquoPlacetnostrae clementiae ut nihil commune clerici cum publicis actibus vel ad curiam per-tinentibus cuius corpori non sunt adnexi habeantraquo

sta evince che laquoApparet ergo quod nec papa in temporalibus necimperator in spiritualibus se debent immiscereraquo267 Solo che questaNovella indirizzata nel 535 allrsquoarcivescovo di Costantinopoli si oc-cupava proprio di stabilire come recita il titolo laquoQuomodo opor-teat episcopos et reliquos clericos ad ordinationem deduci et de ex-pensis ecclesiarumraquo mostrando che lrsquoimperatore ritiene suo compi-to specifico di intervenire in divinis (laquoNos igitur maximam habemussollicitudinem circa vera dei dogmata et circa sacerdotum honesta-temraquo) come del resto si puograve evincere dai titoli dei primi articoli rac-colti nel I libro del Codex dovuti oltre che a Giustiniano agli im-peratori della fine del IV secolo e del V a partire da Teodosio268 In-somma giagrave alcuni decenni dopo lrsquoeditto di Costantino e poi sempredi piugrave nei secoli successivi si rivelograve per dirla collrsquoefficace sintesi diNardi che laquoil principio proclamato da Gelasio era saggio ma di dif-ficile applicazione Tanto vero che non riuscigrave a impedire nuovi esempre piugrave gravi conflitti per lrsquoingerenza da una parte dellrsquoautoritagravecivile nel governo della Chiesa ad esempio nella nomina dei vesco-vi e per la tendenza a fare della Chiesa uno strumento di dominio po-litico e dallrsquoaltra per la contraria tendenza sempre piugrave accentuatada parte della Curia papale a limitare il campo della giurisdizioneimperialeraquo269

Quanto abbiamo ricordato se pur in modo un porsquo approssima-tivo aiuta a comprendere meglio lrsquoimportanza del riferimento dan-tesco al ius humanum lrsquoaggettivo humanum specifica infatti che que-sto ius egrave di nuovo il diritto romano senzrsquoaltro conforme alla naturaalla volontagrave e alla mente di Dio (cosigrave abbiamo visto emergere dal-lrsquoanalisi complessiva della Monarchia)270 ma che non deriva dalla Ri-

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267 ACCURSIO Apparatus in Authentica Coll I tit VI (= Novella VI) pr v confe-rens generi Nella Glossa si rimanda fra altri passi del Corpus giustinianeno anche aCod 1317 che ho riportato alla nota precedente

268 Cfr eg Cod110 De summa trinitate et de fide catholica et ut nemo de ea pu-blice contendere audeat Cod120 De sacrosanctis ecclesiis et de rebus et privilegiis ea-rum Cod130 De episcopis et clericis et orphanotrophis et brephotrophis et xenodochiset asceteriis et monachis et privilegio eorum et castrensi peculio et de redimendis capti-vis et de nuptiis clericorum vetitis seu permissis Cod140 De episcopali audientia etde diversis capitulis quae ad ius curamque et reverentiam pontificalem pertinent etc

269 NARDI Dal ldquoConviviordquo alla ldquoCommediardquo (Sei saggi danteschi) cit p 155 270 La formula ius humanum laquorichiama lrsquoinsieme dei ragionamenti presentati

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nei primi due libri dellrsquoopera lrsquoimpero egrave la forma di governo voluta da Dio e dallanatura (primo libro) e il diritto corrisponde a ciograve che Dio vuole riguardo alla societagraveumana (II II 6) [hellip] questo concetto di diritto naturale egrave uno dei presupposti fon-damentali dellrsquooperaraquo CHIESA-TABARRONE Commento in Monarchia cit p 203ad III X 7

271 laquoFondamento dellrsquoImpero egrave per Dante Dio stesso ciograve non porta benintesolrsquoautore della Monarchia a individure il corrispettivo fondamento giuridico nel dirittodivino cioegrave nella Rivelazione lo induce piuttosto a porre il diritto come discenden-te dal volere di Dio [hellip] (II II 5) Se cosigrave egrave la legge promulgata dallrsquoimperatore egrave ta-le nella misura in cui realizza unrsquoadeguazione a quellrsquoistanza trascendente e a una si-mile legge egli pure egrave vincolatoraquo CRISTALDI laquoRomanum Imperiumraquo e donazione diCostantino cit p 325-26 Osserviamo che anche Manfredi figlio di Federico II di-fende lrsquoautonomia dellrsquoimpero proprio sulla base del ius humanum cfr A FRUGO-NI Il Manifesto di Manfredi ai Romani Palermo Palumbo 1951 con il testo alle pp21-42

272 Ancora nel X capitolo secondo il testo di Nardi e del sito della Societagrave Dan-tesca nellrsquoXI nellrsquoedizione di Shaw seguita da CHIESA-TABARRONE a partire da que-sto passo quindi il numero del capitolo a cui si riferisce il commento di CHIESA-TA-BARRONE non coincide piugrave (in quanto egrave superiore di una unitagrave) con quello del testoda me seguito

273Mon III X 18-19 laquoAdhuc dicunt quod Adrianus papa Carolum Magnum si-bi et Ecclesie advocavit ob iniuriam Longobardorum tempore Desiderii regis eorumet quod Carolus ab eo recepit Imperii dignitatem non obstante quod Michael impe-rabat apud Constantinopolim Propter quod dicunt quod omnes qui fuerunt Roma-norum Imperatores post ipsum et ipsi advocati Ecclesie sunt et debent ab Ecclesiaadvocari ex quo etiam sequeretur illa dependentia quam concludere voluntraquo

274 Quando Carlo Magno sconfisse Desiderio effettivamente era papa Adriano I

velazione271 ed egrave quindi indipendente dallrsquoautoritagrave ecclesialeIl secondo e ultimo argomento storico che Dante discute272 egrave

quello dellrsquoincoronazione imperiale di Carlo Magno da parte del pa-pa

Dicono altresigrave che papa Adriano tolse a difensore suo e della Chiesa Car-lo Magno contro le offese dei Longobardi al tempo del loro re Desiderio eche Carlo ricevette da lui la dignitagrave dellrsquoimpero nonostante che Michele fos-se imperatore di Costantinopoli Per il qual fatto dicono che tutti coloro chedopo di lui furono imperatori dei Romani sono difensori della Chiesa e talidebbono essere dalla Chiesa ritenuti dal che seguirebbe pure quella dipen-denza che essi pretendono inferirne273

Nonostante lrsquoimprecisione dei dati storici forniti dallrsquoAlighieri274

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che incoronograve Carlo re drsquoItalia nel 781 ma quando fu incoronato imperatore nel Na-tale dellrsquo800 era papa Leone III Inoltre a Costantinopoli non regnava Michele I malrsquoimperatrice Irene fatto questo che venne enfatizzato nelle fonti antiche come legit-timante la translatio sostenendo che il trono imperiale si poteva ritenere vacante inquanto occupato da una donna cosigrave ad esempio negli Annali di Lorsch (in Monu-menta Germaniae Historica Scriptores I Hannoverae Impensis Bibliopolii AuliciHahniani 1826 p 38) e nella Cronaca di Moissac (ivi pp 305-306) La fonte di Dan-te potrebbe essere stata il Decretum Gratiani (1 dist 63 22) cfr CHIESA-TABARRONECommento inMonarchia cit p 207 ad III XI 1

275 Vd supra n 1276 Vd supra n 251277 I documenti dei giuristi elaborati fra il XII e il XIII secolo mostrano come in

questo periodo si promuova una laquoaccezione sacrale e ministeriale che segna lrsquoImpe-ro cristiano nellrsquoetagrave intermedia differenziandolo dalla visione piugrave strettamente poli-tica propria dellrsquoimpero di diretta derivazione romana Lrsquoimperatore non egrave solo Si-gnore politico del mondo Egrave anche (diremmo soprattutto) lrsquoavvocato e il difensoredella Chiesa Lo egrave per decretazione superna di Dio stesso qual dalla Chiesa inter-pretata in guisa autenticaraquo cfr P BELLINI DOMINUS TOTIUS MUNDI LrsquoImpera-tore dei romani e i popoli estranei al popolo romano (sec XII-XIV) in Popoli e spazioromano tra diritto e profezia (Da Roma alla terza Roma Documenti e studi Collezio-ne diretta da P Catalano e P Siniscalco) Napoli Edizioni Scientifiche Italiane 1986pp 247-87 p 264 e pp 264-65 n 42 con ampia documentazione

egrave evidente come qui si alluda tramite anche il riferimento allrsquoimpe-ratore di Costantinopoli alla translatio imperii teoria presuppostalo abbiamo accennato allrsquoinizio anche nel VI canto del Paradiso275Lrsquoincoronazione di Carlo Magno non egrave quindi collegata dallrsquoAlighierialla donazione di Costantino (anche se i due episodi sono accomu-nati nella Monarchia in quanto costituiscono i due argomenti ldquosto-ricirdquo sostenuti dai suoi avversari) In effetti data lrsquoinnegabile ambi-guitagrave delle argomentazioni desumibili dal Constitutum276 gran par-te della pubblicistica di parte papale pur attribuendo allrsquoincorona-zione di Carlo Magno un valore di precedente storico convalidantela pretesa pontificia di avere lrsquoultima parola sul conferimento del ti-tolo imperiale fondava la legittimitagrave di tale precedente non sulleprerogative che il papa avrebbe ricevuto dal Constitutum quantopiuttosto sulla concezione del ruolo dellrsquoimperatore come advoca-tus ecclesiae277 secondo unrsquoidea solidaristica dei rapporti fra le duemassime autoritagrave che poteva essere chiamata in causa anche per giu-stificare lrsquointervento della Chiesa in temporalibus quando questa lo

ritenesse necessario o opportuno278 Dante non mette in dubbio ilruolo imperiale di advocatus ecclesiae che riconosceragrave esplicitamentea Carlo Magno nel VI canto del Paradiso (VI 96) e nemmeno che siaavvenuta una translatio a Graecis ad Francos ma sostiene che lrsquoautoredella translatio non sia stato il papa in quanto questi compigrave un attoillegittimo e laquolrsquousurpazione di un diritto non crea diritto altrimen-ti si potrebbe chiamare in causa unrsquoaltra vicenda storica ndash la depo-sizione di papa Benedetto V da parte dellrsquoimperatore Ottone I ndash perdimostrare la tesi oppostaraquo279 Dante chiude quindi velocementequesta vexata quaestio con la massima probabilmente da lui stessoconiata che usurpatio iuris non facit ius il motivo per cui lrsquoincoro-nazione di Carlo Magno sia da intendere come un usurpatio iurisqui a differenza di quanto avvenuto per la donazione di Costantinonon viene dimostrato (e si comprenderagrave in realtagrave solo nei successivicapitoli XII-XV dove si proveragrave che lrsquoautoritagrave imperiale puograve dipen-dere solo e direttamente da Dio)280 ma egrave comunque ancora una vol-ta tramite il diritto (o meglio in questo caso tramite la sua ldquoevoca-zionerdquo) che Dante inficia la presunta capacitagrave di un fatto storico dicostituire un precedente legittimante a una pretesa di per seacute privasecondo lrsquoautore di qualsiasi legittimitagrave

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 133

278 Secondo una linea di pensiero preponderante fino ad Innocenzo III si ritenevache la Chiesa fosse chiamata ad intervenire in temporalibus ambito pur riconosciutodi specifica competenza del potere politico quando questrsquoultimo ratione peccati o an-che per semplice incompetenza non fosse in grado di assolvere il suo compito per unadettagliata analisi delle fonti si puograve vedere tutta la Parte Prima Il sistema curialisticoclassico in BELLINI La coscienza del principe cit vol I pp 87-615 passim

279 Cosigrave sintetizzano CHIESA-TABARRONE Commento in Monarchia cit p 207 adIII XI

280 Terminata la confutazione delle tesi degli avversari in questi capitoli Dante so-stiene la sua tesi dimostrando prima per via negativa che lrsquoimpero non dipende dallaChiesa percheacute la Chiesa non ne egrave la causa (XII) percheacute nessuna fonte ha attribuito al-la Chiesa il potere di conferire lrsquoimpero (XIII) e inoltre percheacute tale potere non fa par-te di quelli della Chiesa in quanto egrave contro la sua stessa natura (XIV) Infine nel XV ca-pitolo su cui ci soffermeremo brevemente dimostreragrave per via positiva che lrsquoautoritagravedellrsquoimpero dipende direttamente da Dio

FRANCESCA FONTANELLA134

281 Cfr supra n 25 CHIESA-TABARRONE nel loro Commento (in Monarchia cit p209-10 ad III XII 1) chiariscono attraverso riferimenti a fonti antiche e medievali co-me la formulazione di questo principio in questo passo della Monarchia risenta del-la commistione fra lrsquoaccezione originale che laquosi applica rigorosamente solo allrsquointer-no delle distinzioni categoriali proprie dellrsquoontologia aristotelicaraquo e il laquoben diversoprincipio neoplatonico secondo cui tutto deriva dallrsquouno e allrsquouno puograve essere ricon-dottoraquo

282Mon III XI 1-2 laquoRatione vero sic arguunt Summunt etenim sibi principiumde decimo Prime phylosophie dicentes omnia que sunt unius generis reducuntur adunum quod est mensura omnium que sub illo genere sunt sed omnes homines suntunius generis ergo debent reduci ad unum tanquam ad mensuram omnium eorumEt cum summus Antistes et Imperator sint homines si conclusio illa est vera oportetquod reducantur ad unum hominem Et cum Papa non sit reducendus ad alium re-linquitur quod Imperator cum omnibus aliis sit reducendus ad ipsum tanquam admensuram et regulam propter quod sequitur etiam idem quod voluntraquo

283 CHIESA-TABARRONE Commento in Monarchia cit p 211 ad III XII 3

28 laquoMaxime debet intendere [hellip] romanus Princeps ut [hellip] li-bere cum pace vivaturraquo (Mon III XV 11)

Le conclusioni della Monarchia sono fra gli argomenti piugrave discussinegli studi sullrsquoopera e sulla concezione politica di Dante e vi accen-nerograve quindi soltanto per ciograve che riguarda piugrave specificatamente lrsquoog-getto di questo studio Per meglio comprendere proprio lrsquoultimo ca-pitolo del trattato mi sembra perograve prima opportuno richiamare lrsquouni-co argomento laquodi ragioneraquo che Dante confuta nellrsquoXI capitolo ovve-ro quello che in base al giagrave ricordato principio della reductio adunum281 postulava che tutti gli uomini appartenendo allo stesso ge-nere dovessero essere ricondotti a un solo uomo e laquosiccome il som-mo Pontefice e lrsquoImperatore sono uomini se quella conclusione egrave ve-ra bisogna che siano ricondotti a un solo uomo Ora poicheacute non egraveconsentito di ricondurre il Papa ad altro uomo rimane che lrsquoimpe-ratore insieme a tutti gli altri uomini deve essere ricondotto a lui co-me a misura e regolaraquo282 Nella sua confutazione lrsquoAlighieri accetta ilprincipio della reductio ad unum ma non la sua applicazione al papae allrsquoimperatore in quanto essi sarebbero riconducibili ad un unicouomo laquosolo ldquoin quanto uominirdquo (cioegrave in relazione alla loro natura so-stanziale) e non ldquoin quantordquo rispettivamente ldquopapardquo e ldquoimperatorerdquo(che riguarda invece la loro natura accidentale)raquo283

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 135

284 Ivi p 209 ad III XII285 BELLINI DOMINUS TOTIUS MUNDI LrsquoImperatore dei romani e i popoli

estranei al popolo romano (sec XII-XIV) cit p 261 che cosigrave sintetizza parlando diunrsquolaquoidea solidaristica (imperium et sacerdotium sunt ut frater et soror) insita negli sche-mi integralistici della medievale civitas christiana tutta strutturata ndash nellrsquointerezza deisuoi tratti ndash in ragione della proiezione finale oltreterrena degli homines viatores Sivedeva il popolo cristiano consegnato ndash per decretazione provvida di Dio ndash alla cor-responsabile premura di quei due massimi apparati di governo di quelle due supre-mae auctoritates legate lrsquouna allrsquoaltra da unrsquoamicizia vicissim fortissima tutte e due or-dinate (ciascuna a modo suo secundum intellectum et vires suas) al bonum animaequod est maximumraquo

286 Cfr ivi p 265 laquola stessa logica unitaria [hellip] veniva a militare a favore dellapotestagrave vicaria in una unica personaraquo come aveva affermato il cardinale Ostiense (XIIIsecolo) nella sua Lectura alla Per venerabilem di Innocenzo III laquosicut enim ponere duoprincipia haereticum est [hellip] et sic ponere duos vicarios generales et sibi aequales interris haereticum videtur [hellip] vita igitur opinionem contrariam monstruosamraquoOSTIENSE Lectura in cap 13 Per venerabilem X qui filii sint legitimi 4 17 s vers Ple-nitudinem potestatis n 36

287Mon III XV 7 laquobeatitudinem scilicet huius vite que in operatione proprie vir-

Lrsquoargomento della reductio ad unum laquoun caposaldo della partepapaleraquo284 pur se confutato sul piano della logica non poteva co-munque di fatto essere messo a tacere se non si entrava nel meritodi quella concezione unitaria propria del mondo medievale secondola quale tutta la civitas egrave civitas christiana ovvero la societagrave coincidecon la Chiesa ed egrave quindi orientata anche su questa terra a rag-giungere il bonum animae285 dati questi presupposti difficilmentelrsquoimperatore poteva infatti risultare autonomo dalla suprema auto-ritagrave ecclesiastica anche in quellrsquoambito di sua specifica competenzache era la guida della societagrave civile286

Ora nel capitolo XV del III libro della Monarchia Dante dopoaver enunciato il principio metafisico secondo il quale lrsquouomo inquanto unione di corpo e anima partecipa sia alla natura corrutti-bile che a quella incorruttibile ognuna delle quali egrave orientata versoun suo proprio ultimo fine (sectsect 3-6) sostiene che di conseguenza duofines sono posti dalla provvidenza allrsquouomo vale a dire laquola beatitu-dine di questa vita consistente nellrsquoesplicazione delle proprie facol-tagrave [hellip] e la beatitudine della vita eterna consistente nel godimentodella visione di Dio cui la la virtugrave propria dellrsquouomo non puograve giun-gere senza il soccorso del lume divinoraquo287 Alla prima beatitudine

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tutis consistit [hellip] et beatitudinem vite ecterne que consistit in fruitione divini aspec-tus ad quam propria virtus ascendere non potest nisi lumine divino adiutaraquo

288Mon III XV 8 laquoNam ad primam per phylosophica documenta venimus dum-modo illa sequamur secundum virtutes morales et intellectuales operando ad secun-dam vero per documenta spiritualia que humanam rationem transcendunt dummo-do illa sequamur secundum virtutes theologicas operando fidem spem scilicet et ka-ritatemraquo

289 Vd supra n 64290 Egrave infatti ben noto che nel penultimo paragrafo della Monarchia (III XV 17) si

precisa che lrsquoImperatore non egrave in assoluto svincolato da una certa sottomissione alPapa dato che la felicitagrave terrena egrave quodammodo ordinata a quella immortale laquoQuequidem veritas ultime questionis non sic stricte recipienda est ut romanus Princepsin aliquo romano Pontifici non subiaceat cum mortalis ista felicitas quodammodo adinmortalem felicitatem ordineturraquo (Mon III XV 17 dove come opportunamente sot-tolineano CHIESA-TABARRONE Commento in Monarchia cit pp 241-42 ad III XVI 17lrsquoavverbio quodammodo non ha laquoun significato approssimativoraquo quanto piuttostolaquouna sua valenza tecnico-filosoficaraquo) Di tutto ciograve che egrave stato scritto su questo passoriporto solo percheacute la condivido pienamente questa osservazione di Cristaldi (CRI-STALDI laquoRomanum Imperiumraquo e donazione di Costantino cit p 299) laquoOnde scan-sare rischiosi fraintendimenti ribadiremo che questo separare non significa affattocontrapporre ci troviamo di fronte a un laico cristiano il quale egrave davvero remoto dacerte moderne preclusioni nei confronti della fede [hellip] Mantenendo che la felicitagrave ter-rena ldquoquodammodo ad inmortalem felicitate ordinaturrdquo (III xv 17) e che il sapere

laquonoi perveniamo per mezzo delle dottrine filosofiche purcheacute le se-guiamo praticando le virtugrave morali e quelle intellettuali alla secondainvece giungiamo per mezzo degli insegnamenti divini che trascen-dono la ragione umana purcheacute li seguiamo praticando le virtugrave teo-logicheraquo288 Anche nel IV trattato del Convivio lo ricordiamo in unpasso che molto si avvicina a questo della Monarchia Dante aveva af-fermato che le laquooperazioni delle morali virtudiraquo portano a una feli-citagrave laquoquasi imperfetta nella vita attivaraquo quelle laquodelle virtudi intel-lettualiraquo a una felicitagrave laquoperfetta quasi nella [vita contemplativa]raquo epoi che queste laquodue operazioni sono vie espedite e dirittissime a me-nare alla somma beatitudine la quale qui non si puote avereraquo (ConvIV XXII 18)289 Aveva quindi stabilito una distinzione ma con un pre-ciso ordine gerarchico che risulta invece assente in questo passo del-la Monarchia anche se per quanto riguarda il rapporto fra felicitagraveterrena e felicitagrave eterna tale ldquoordinerdquo saragrave ldquoin qualche modordquo ri-preso alla fine dellrsquoopera in una famosa e discussa asserzione290 Ma

prima del ldquofinalerdquo quello che si ribadisce egrave che per quanto riguar-da la felicitagrave in questa vita sono sufficienti le virtugrave morali e quelle in-tellettuali dato che come ha chiarito allrsquoinizio del I libro del tratta-to il bene esse mundi consiste nel fatto che lrsquoumanitagrave unita nella pa-ce possa attuare quellrsquooperazione che le egrave propria e che costituisceil suo fine ovvero tutta la potenza dellrsquointelletto291 Dato perograve chetutto questo laquolrsquoumana cupidigia se lo butterebbe dietro le spalleraquo292

se gli uomini non fossero costretti come si costringono i cavalli a se-guire una certa via laquofu necessaria allrsquouomo una duplice guida corri-spondente al duplice fine cioegrave il sommo Pontefice che conducesseil genere umano alla vita eterna per mezzo delle dottrine rivelate elrsquoImperatore il quale indirizzasse il genere umano alla felicitagrave tem-porale per mezzo degli insegnamenti della filosofiaraquo293 Lrsquoafferma-zione del ldquoduplice finerdquo del genere umano egrave quindi ciograve che permet-te a Dante di fondare lrsquoindipendenza del ruolo politico dellrsquoimpera-tore dallrsquoautoritagrave ecclesiastica294 ponendo quindi in sostanza i pre-

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umano viene compiuto dalla Rivelazione Dante recupera unrsquoarmonia di fondo tra lesfere che ha pur voluto scindere Ma certo la sua egrave una ricomposizione che non cor-risponde piugrave allrsquounitagrave tradizionalmente presupposta dal medioevo cristiano e a ben ve-dere nemmeno a quella di Tommaso drsquoAquino assertore di una distinzione nella su-bordinazione Nella Monarchia infatti i due ordini di realtagrave distinti trovano la lorosintesi solo in un punto di fuga trascendenteraquo

291Mon I IV 1-2 laquoSatis igitur declaratum est quod proprium opus humani generistotaliter accepti est actuare semper totam potentiam intellectus possibilis [hellip] Genushumanum in quiete sive tranquillitate pacis ad proprium suum opus [hellip] liberrimeatque facillime se habet Unde manifestum est quod pax universalis est optimum eo-rum que ad nostram beatitudinem ordinanturraquo

292Mon III XV 9 laquoHas igitur conclusiones et media licet ostensa sint nobis hecab humana ratione que per phylosophos tota nobis innotuit hec a Spiritu Sancto quiper prophetas et agiographos qui per coecternum sibi Dei filium Iesum Cristum etper eius discipulos supernaturalem veritatem ac nobis necessariam revelavit humanacupiditas postergaret nisi homines tanquam equi sua bestialitate vagantes ldquoin camoet frenordquo compescerentur in viaraquo cfr supra n 22

293Mon III XV 10 laquoPropter quod opus fuit homini duplici directivo secundumduplicem finem scilicet summo Pontifice qui secundum revelata humanum genusperduceret ad vitam ecternam et Imperatore qui secundum phylosophica documentagenus humanum ad temporalem felicitatem dirigeretraquo

294 Cosigrave come fra gli altri giagrave avevano ben evidenziato Gilson e Nardi cfr eg per-cheacute i passi in cui sostengono questa interpretazione sono numerosi GILSON Dante e

supposti non solo di una laquolaicizzazione della sfera politicaraquo ma an-che di una concezione della societagrave civile ovvero della laquocomunitagravedellrsquoimpero [hellip] per sua natura [hellip] cosmopolita essere degli ldquoani-mali razionalirdquo egrave il solo titolo richiesto per divenirne cittadiniraquo295tutta lrsquoumanitagrave egrave infatti unita da un fine la temporalis felicitas chelaquopuograve essere raggiunta dallrsquouomo in quanto tale senza far ricorso al-la grazia divina essa era disponibile prima della venuta di Cristocosigrave come era disponibile la veritas o quanto meno la veritas basatasui principii della ragione e della filosofiaraquo296 Ma siccome anche aquesta felicitagrave terrena laquonessuno o tuttrsquoal piugrave pochi e anche questicon estrema difficoltagrave saprebbero giungere se il genere umano se-date le tempeste della cupidigia che lo ammalia non si acqueta nel-la bonaccia della paceraquo Dante definisce ulteriormente il compitodellrsquoimperatore laquoquesta egrave la mira a cui deve volgere soprattutto gliocchi il tutore del mondo (curator orbis) che si chiama il Principe

FRANCESCA FONTANELLA138

la filosofia cit p 194 laquoLa cosa piugrave notevole nellrsquoatteggiamento di Dante egrave peraltroche egli abbia compreso [hellip ] che non egrave possibile sottrarre totalmente il temporale al-la giurisdizione dello spirituale se non sottraendo totalmente la filosofia alla giurisdi-zione della teologiaraquo B NARDI Il concetto dellrsquoimpero nello svolgimento del pensierodantesco in ID Saggi di Filosofia Dantesca cit pp 215-75 p 253 laquodallrsquoautonomia delfine naturale dellrsquouomo di fronte al fine soprannaturale Dante deduce direttamentelrsquoautonomia e indipendenza del potere civile di fronte a quello ecclesiasticoraquo

295 IMBACH Quattro idee sul pensiero politico di Dante Alighieri cit pp 51-52che poi perograve osserva laquoQuesta fiducia nellrsquouniversalitagrave della ldquoragionerdquo fa problema peril lettore di oggi non diversamente dalla formulazione che dallrsquoaltra discende del-lrsquoesistenza di un unico diritto universale La voce dellrsquoAlighieri contraddice certe esi-tazioni contemporanee Chiama in giudizio forse le violazioni di diritti alle quali noiassistiamo Cosigrave facendo in ogni caso incita ancora alla riflessione su questi temiraquo Ecosigrave viene infatti da ldquoriflettererdquo che non sia forse un caso che questa fiducia in una pos-sibile unitagrave del genere umano fondata ldquolaicamenterdquo sullrsquouniversalitagrave della ragione siastata tanto potentemente espressa da un uomo ldquoprofondamente religiosordquo

296 CHIESA-TABARRONE Introduzione in Monarchia cit p XLV Ma anche CHIE-SA-TABARRONE osservano che si tratta di laquouna visione in apparenza laica ma ancheuna visione teologica percheacute questa unitarietagrave del genere umano fa parte di un ordi-ne delle cose voluto da Dio e governato dalla provvidenza La felicitagrave che si puograve con-seguire in questo mondo e la felicitagrave dellrsquoeternitagrave sono fra loro autonome e procedo-no per vie diverse ma non sono indipendenti come egrave vero che il mondo terreno egrave so-miglianza del mondo celesteraquo Del resto precisazioni analoghe le avevamo giagrave espres-se a proposito della ldquolaicitagraverdquo delle virtugrave del Convivio

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 139

297Mon III XV 11 laquoEt cum ad hunc portum vel nulli vel pauci et hii cum diffi-cultate nimia pervenire possint nisi sedatis fluctibus blande cupiditatis genus hu-manum liberum in pacis tranquillitate quiescat hoc est illud signum ad quod maxi-me debet intendere curator orbis qui dicitur romanus Princeps ut scilicet in areolaista mortalium libere cum pace vivaturraquo Mi pare interessante osservare che ancheTommaso ma a proposito della veritagrave su Dio (per la quale anche Dante ritiene ne-cessaria la rivelazione) aveva affermato laquoQuia veritas de Deo per rationem investi-gata a paucis et per longum tempus et cum admixtione multorum errorum hominiproveniret a cuius tamen veritatis cognitione dependet tota hominis salus quae inDeo est Ut igitur salus hominibus et convenientius et certius proveniat necessariumfuit quod de divinis per divinam revelationem instruantur Necessarium igitur fuitpraeter philosophicas disciplinas quae per rationem investigantur sacram doctrinamper revelationem haberiraquo Summa Theologiae I q 1 art 1

298 Come giustamente sottolineano CHIESA-TABARRONE Commento in Monar-chia cit p 242 ad III XVI 17 laquoDante cambia interlocutore lrsquoinvito egrave rivolto allrsquoim-peratore non piugrave al papa che ndash insieme ad altri cristiani mal consigliati dal loro ec-cesso di zelo verso la Chiesa ndash egrave stato il destinatario del terzo libro e neppure ai sa-pienti in generale che sono il pubblico dellrsquointero trattato e ai quali sono indirizzati iparr 15-16raquo

299 Mon III XV 18 laquoIlla igitur reverentia Cesar utatur ad Petrum qua primoge-nitus filius debet uti ad patrem ut luce paterne gratie illustratus virtuosius orbem ter-re irradiet cui ab Illo solo prefectus est qui est omnium spiritualium et temporaliumgubernatorraquo Sul significato da attribuire al passo cfr supra n 289 Per il Convivio vdsupra e n 105 Ancora CHIESA-TABARRONE ibidem osservano che laquoil tono che Dan-te assume qui egrave quello del profeta veterotestamentario che si rivolge al sovrano co-me portatore dei messaggi di Dioraquo

300 Il vocabolo curator appartiene evidentemente allrsquoambito giuridico e indica

romano che nellrsquoaiuola terrena si viva liberi nella paceraquo (Mon III XV11)297 E il trattato si chiude con un passo (Mon III XV 18) in cuicambiando improvvisamente interlocutore298 lrsquoAlighieri si rivolgedirettamente a laquoCesareraquo assumendo cosigrave in modo esplicito quel ruo-lo di ldquoguidardquo della suprema autoritagrave politica che avevamo giagrave vistoemergere dal Convivio299

Per il tema di questo lavoro quello che piugrave ci interessa egrave che inquesti ultimi capitoli del III libro della Monarchia viene ripropostauna figura di imperatore che non solo non contraddice ma anzi rias-sume le caratteristiche viste nei libri precedenti del trattato o anchenel Convivio lrsquoimperatore di Dante vincolato e caratterizzato dal di-ritto e dalla filosofia egrave quel curator orbis (e di nuovo la terminologiaegrave giuridica)300 che solo puograve assicurare agli uomini la libertagrave e la pace

come guida distinta anche se non opposta allrsquoautoritagrave spiritualeMa voglio aggiungere una considerazione finale egrave ben noto che

la dottrina dei duo fines fu uno dei punti della Monarchia netta-mente condannati dal frate domenicano Guido Vernani301 forse nel-lo stesso anno 1329 (o poco prima) in cui il cardinale Bertrando dalPoggetto legato di papa Giovanni XXII condannograve a Bolognalrsquoopera a essere bruciata senza contare che nel 1554 il libro fu mes-so allrsquoIndice e ne fu ritirato solo nel XIX secolo302 Eppure con la di-stinzione dei due fini Dante individuando come ambito del potereldquolaicordquo il diritto romano e la filosofia si fa anche interprete del ldquocuo-rerdquo del pensiero giuridico europeo anticipandone quella sintesi cheproprio un papa Benedetto XVI ha recentemente proposto nel Di-scorso al parlamento tedesco del 2011

Nella storia gli ordinamenti giuridici sono stati quasi sempre motivati inmodo religioso sulla base di un riferimento alla Divinitagrave si decide ciograve che tragli uomini egrave giusto Contrariamente ad altre grandi religioni il cristianesimo

FRANCESCA FONTANELLA140

nel diritto privato romano chi viene chiamato a integrare o a sostituire un soggetto in-capace o limitatamente capace di agire (come il minore la donna ma anche il furio-sus etc) inoltre egrave ben noto come a Roma venissero definiti curatores anche i magistratidestinati allrsquoassolvimento di particolari funzioni pubbliche quali ad esempio i cura-tores annonae quelli aquarum publicarum quelli viarum etc cfr eg Dizionario Giu-ridico Romano intr di A GUARINO Napoli Edizioni Giuridiche Simone 20003 pp141-44 Per un ambito ancora piugrave esteso di ldquocurardquo si puograve pensare ai curatores rei pu-blicae dei funzionari amministrativi creati con Traiano e incaricati essenzialmente disorvegliare le finanze cittadine locali ma in alcuni casi considerati anche piugrave in ge-nerale come garanti del buon funzionamento della cittagrave cfr M SARTORI Osservazio-ni sul ruolo del laquocurator rei publicaeraquo in laquoAthenaeumraquo LXVII 1989 pp 5-20 Lrsquoim-peratore di Dante si pone come al vertice di questi curatores egrave curator non Urbis orei publicae ma orbis

301 Che obiettava laquoad beatitudinem temporalem non ordinatur homo a Deo tan-quam ad finem ultimum quia talis beatitudo numquam terminare et satiare potuithominum appetitum [hellip] ordinatur ergo homo ad felicitatem eternam tamquam fi-nem ultimumraquo VERNANI De reprobatione Monarchie composite a Dante III 11 inMonarchia cit p 365

302 Alla storia della Monarchia di Dante fino allrsquoeditio princeps del 1559 egrave dedi-cato lrsquoesauriente studio di F CHENEVAL Die Rezeption der laquoMonarchiaraquo Dantes bis zurldquoEditio Princepsrdquo im Jahre 1559 Metamorphosen eines philosophischen Werkes Muumln-chen Fink 1995

[hellip] ha invece rimandato alla natura e alla ragione quali vere fonti del dirit-to ndash ha rimandato allrsquoarmonia tra ragione oggettiva e soggettiva unrsquoarmoniache perograve presuppone lrsquoessere ambedue le sfere fondate nella Ragione crea-trice di Dio Con ciograve i teologi cristiani si sono associati ad un movimento fi-losofico e giuridico che si era formato sin dal secolo II aC Nella prima me-tagrave del secondo secolo precristiano si ebbe un incontro tra il diritto naturalesociale sviluppato dai filosofi stoici e autorevoli maestri del diritto romanoIn questo contatto egrave nata la cultura giuridica occidentale che egrave stata ed egrave tut-tora di unrsquoimportanza determinante per la cultura giuridica dellrsquoumanitagrave Daquesto legame precristiano tra diritto e filosofia parte la via che porta attra-verso il Medioevo cristiano allo sviluppo giuridico dellrsquoIlluminismo fino al-la Dichiarazione dei Diritti umani303

In conclusione ciograve che emerge dalla lettura del Convivio e del-la Monarchia non egrave la mera riproposizione della forma esteriore diun modello politico quello dellrsquoimpero romano ormai irrimedia-bilmente sorpassato in questo caso infatti la concezione politica del-lrsquoAlighieri sarebbe per dirla con le parole di un recente studio so-lo laquounrsquoidea contraria alla storia [hellip] unrsquoutopia giustificabile gene-rosa ma inservibileraquo304 Si deve piuttosto osservare che Dante egrave riu-scito ad individuare quelle caratteristiche dellrsquoimpero che erano inqualche modo espressione di esigenze e di aspirazioni profonda-mente umane e quindi sempre attuali305 quelle di una vita civile vir-

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303 Il discorso si puograve ora leggere nel volume La legge di re Salomone Ragione e di-ritto nei discorsi di Benedetto XVI a cura di M CARTABIA e A SIMONCINI Prefazio-ne di G NAPOLITANO Milano Rizzoli 2013 pp 00

304 G GORNI Dante Storia di un visionario Roma-Bari Laterza 2009 p 181 Macfr invece O CAPITANI Spigolature sul III della Monarchia in ID Chiose minime dan-tesche Pagravetron 1983 p 81 laquoEgrave certo che la monarchia egrave unrsquoutopia politica ma in ciogravestesso sta il suo fortissimo valore storico nella linea di sviluppo del pensiero politicomedioevale Ha iniziato un processo che per far valere le motivazioni profonde chelo ispiravano ha dovuto ricostruire tutto il significato di un linguaggio che era il lin-guaggio della realtagrave del suo tempo Dante lrsquoha fatto con ovvio riferimento a questo lin-guaggio del tempo e valendosi dei processi formali che erano propri di una culturasigrave da fornire lrsquoimpressione di essere un pensatore soltanto in arretrato con la tenden-za intellettuale dei suoi contemporaneiraquo

305 IMBACH Quattro idee sul pensiero politico di Dante Alighieri cit p 44 giu-stamente preoccupato di laquoevitare di caricare di valore normativo i concetti politicielaborati nel passato in contesti eterogenei rispetto al nostroraquo (ovvero di laquotrarre del-

tuosa alla quale gli organi di governo sono chiamati a garantire unapace e una libertagrave che hanno il loro fondamento nel diritto A que-ste aspirazioni ed esigenze egli ha dato voce306 e in ciograve consiste misembra la continua attualitagrave della sua opera e in parte di quella delldquomodello romanordquo

Nel licenziare il presente saggio desidero ringraziare le bibliotecarie del-la Societagrave Dantesca Italiana e in particolare Giovanna Puletti per la pre-murosa disponibilitagrave e la competente consulenza offertami durante il mio la-voro di ricerca Solo in fase di correzione delle bozze ho potuto consultaresenza quindi poterli citare i recenti commenti di Gianfranco Fioravanti alConvivio e di Diego Quaglioni alla Monarchia in DANTE ALIGHIERI Opereedizione diretta da MARCO SANTAGATA vol II Convivio Monarchia Episto-le Egloge a cura di G FIORAVANTI C GIUNTA D QUAGLIONI C VILLA GALBANESE Milano Mondadori 2014

FRANCESCA FONTANELLA

FRANCESCA FONTANELLA142

le conclusioni immediate sul dover essere attualeraquo) sostiene invece che laquole domandealle quali rispose il filosofo fiorentino non sono le stesse alle quali debbono risponderei pensatori di oggiraquo (ibidem) Se questo egrave senzrsquoaltro vero per quanto riguarda lrsquoaspet-to piugrave fenomenico delle domande ldquopoliticherdquo dellrsquoAlighieri non lo egrave per le aspirazioniche le hanno suscitate e infatti Imbach riconosce e lo dimostra nel suo lavoro chelaquoquanto per noi egrave ldquofuori discussionerdquo accettato come pacifico o addirittura mai av-vertito viene risvegliato da domande ldquointempestiverdquo inattese e differenti le doman-de di Danteraquo (ibidem)

306 Naturalmente ben altra voce e molto piugrave potente egrave quella della Commedia dicui spero di potermi occupare in un prossimo studio Rimando per ora per la con-sonanza su alcune tematiche da me trattate in queste pagine allrsquoacuta ed approfon-dita analisi del VI canto del Paradiso di E FENZI Il volo dellrsquoaquila Una lettura di Pa-radiso VI in laquoChroniques italiennes webraquo 24 32012 (httpchroniquesitalien-nesuniv-paris3frPDFWeb241EFenzipdf) pp 1-58

FINITO DI STAMPARENEL MESE DI NOVEMBRE 2014

PER CONTO DELLACASA EDITRICE LE LETTERE

DALLA TIPOGRAFIA ABCSESTO FIORENTINO - FIRENZE

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  • FINITO

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIOE NELLA MONARCHIA

Nel Paradiso nel cielo di Mercurio dove si mostrano a Dante leanime laquodrsquoi buoni spirti che sono stati attivi percheacute onore e fama lisuccedaraquo (Par VI 113-14) il poeta incontra lrsquoimperatore Giustinia-no le cui parole occupano in maniera del tutto eccezionale rispettoalla struttura generale della Commedia un intero canto il sesto Alsuo interno troviamo tratteggiata la storia dellrsquoimpero romano rap-presentata come il volo di quellrsquoAquila che dellrsquoimpero era lrsquoinse-gna Questa storia ha il suo punto di partenza nelle origini Troiane(Par VI 2-3 35-36) ripercorre poi alcuni dei principali fatti e pro-tagonisti della Roma arcaica repubblicana e imperiale fino a Tito eda ligrave ldquosaltardquo e si conclude con Carlo Magno (Par VI 94-96) per es-sere seguita cosigrave come era stata introdotta (Par VI 31-33) dalla net-ta condanna di coloro che ora ai tempi di Dante si oppongono aquella stessa Aquila (i laquogigli gialliraquo di Francia del v 100) ma anchedi coloro che se ne appropriano (la parola laquoappropriaraquo ricorre sia alv 33 che al v 101) ovvero i Ghibellini che riducono lrsquoinsegna del-lrsquoimpero universale a quella di una ldquoparterdquo (Par VI 33 101-104)

Ho richiamato alla memoria questi ben noti versi per osservarein via preliminare che per noi parlare dellrsquoimpero romano in Dan-te significa rintracciare nella sua opera la presenza di una realtagrave po-litica che allrsquoepoca in cui il poeta visse era giagrave da tempo conclusa Perla concezione dellrsquoautore invece lrsquoimpero romano non era un fattodel passato che poteva al massimo fornire un modello per il presen-te ma una realtagrave storica viva che aveva avuto inizio in un lontano enobile passato1 Per questo lrsquoantica storia di Roma non egrave mai com-

1 I presupposti di tale concezione sono riconducibili allrsquointerpretazione dellrsquoin-

pletamente separabile in Dante dalla problematica del suo tempocirca il ruolo dellrsquoimpero in quel contesto politico e religioso

Questa osservazione implica unrsquoaltra precisazione affrontarequesta problematica estremamente complessa per la sofferta pro-fonditagrave del pensiero dantesco mai riconducibile a un sistema e perlrsquoimmensa bibliografia di esperti dantisti quale io non sono che sudi essa si sono cimentati laquomi fa tremar le vene e i polsiraquo Vorrei per-tanto delimitare lrsquooggetto di questo studio tentando di individuarenel Convivio e nella Monarchia (ma facendo anche eventuale riferi-mento ai passi delle Epistolae di ldquoargomento politicordquo che in parteripropongono alcune tematiche dei trattati) lrsquoatteggiamento e il giu-dizio di Dante rispetto alla storia dellrsquoantico impero romano e ad al-cune sue caratteristiche ben individuabili quali lo vedremo la vir-tugrave dei suoi ldquofondatorirdquo e il fatto di aver instaurato una pace ecume-nica garantita da un potere imperiale che trovava il suo fondamen-to e allo stesso tempo il suo limite nel diritto

1 Il Convivio

11 laquoE questo officio per eccellenza imperio egrave chiamatoraquo (Conv IV IV 7)

La prima opera in cui Dante si occupa specificatamente dellrsquoan-tico impero romano egrave il Convivio (composto probabilmente neglianni fra il 1304 e il 1307)2 nel IV trattato dedicato alla definizione

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coronazione di Carlo Magno a Roma nellrsquo800 come una translatio dellrsquoantico imperoromano a Graecis (cioegrave da Costantinopoli) ad Francos interpretazione che troviamoattestata esplicitamente per la prima volta circa 50 anni dopo questo evento nella Vi-ta Willehadi cfr W GOEZ Translatio Imperii Tuumlbingen JCB Mohr (Paul Siebeck)1958 p 73

2 Le canzoni risalgono perograve agli anni fiorentini successivi alla Vita Nova tran-ne Doglia mi reca coeva alla prosa che fu composta tra il 1304 e il 1307 (secondo Pe-trocchi G PETROCCHI Vita di Dante Roma-Bari Laterza 19862 pp 102-103) otra il 1303 e il 1308 (secondo la Corti 1303-1304 i primi tre trattati 1306-1308 ilquarto M CORTI La felicitagrave mentale Nuove prospettive per Cavalcanti e Dante To-rino Einaudi 1983 pp 142-44 ora in EAD Scritti su Cavalcanti e Dante La felici-tagrave mentale Percorsi dellrsquoinvenzione e altri saggi Torino Einaudi 2003 pp 163-64)

della laquogentilezzaraquo (ovvero della nobiltagrave)3 Nel III capitolo si contestaa Federico II di Svevia la definizione di laquogentilezzaraquo come laquoanticaricchezza e belli costumiraquo (Conv IV III 6) Il detto che qui egrave attri-buito allrsquoImperatore ma che si trovava giagrave nella Politica4 di Aristo-tele (come lo stesso Dante indicheragrave poi nella Monarchia)5 si era lar-gamente diffuso privo dellrsquoultima parte nobiltagrave cioegrave veniva a equi-valere solo ad antica ricchezza Dato che la contestazione di questadefinizione6 sembra mettere in dubbio lrsquoautoritagrave imperiale che lrsquoave-

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Colla datazione Petrocchi ma limitandola al 1306 concorda M SANTAGATA Dan-te Il romanzo della sua vita Milano Mondadori 2012 pp 175-77 che localizza ta-le composizione a Bologna La scrittura del Convivio fu probabilmente interrottaper lrsquoimpegno della redazione dellrsquoInferno e per il rinnovato imporsi dellrsquoattivitagrave po-litica a cui lo scrittore fu sollecitato dallrsquoannunciata elezione di Arrigo VII a impe-ratore (1308)

3 Giagrave al v 16 della Canzone posta in apertura al trattato Le dolci rime drsquoamor chrsquoirsquosolia Il testo del Convivio e della Monarchia qui e nei passi successivamente citati egravetratto dal sito della Societagrave Dantesca Italiana (httpwwwdanteonlineit) che utiliz-za il testo dellrsquoEdizione Nazionale a cura della Societagrave Dantesca Italiana DANTE ALI-GHIERI Convivio a cura di F BRAMBILLA AGENO Firenze Le Lettere 1995

4 Pol IV 1294a Per quanto riguarda le traduzioni di Aristotele utilizzate da Dan-te vd infra

5Mon II III 3-4 dove Dante per dimostrare che laquoromanus populus de iure nonusurpando Monarche offitium quod lsquoImperiumrsquo dicitur sibi super mortales omnesascivitraquo (Mon II III 1) si fonda su questo sillogismo laquonobilissimo populo convenitomnibus aliis preferri romanus populus fuit nobilissimus ergo convenit ei omnibusaliis preferriraquo (Mon II III 2) Qui a differenza del Convivio Dante accoglie la defini-zione aristotelica di nobiltagrave come laquovirtugrave e antica ricchezzaraquo anche se vi accosta quel-la di Giovenale laquoEst enim nobilitas virtus et divitie antique iuxta Phylosophum in Po-liticis et iuxta Iuvenalem nobilitas animi sola est atque unica virtus Que due sen-tentie ad duas nobilitates dantur propriam scilicet et maiorumraquo (Mon II III 4 cfrIuv Sat VIII 20 laquo[hellip] nobilitas sola est atque unica virtusraquo) Dimostra quindi attra-verso la storia di Enea e dei suoi antenati che i Romani ebbero in grado massimo lavirtugrave che nobilita non soltanto la propria ma anche quella degli avi laquoHiis itaque adevidentiam subassumpte prenotatis cui non satis persuasum est romani populi pa-trem et per consequens ipsum populum nobilissimum fuisse sub celo Aut quem inillo duplici concursu sanguinis a qualibet mundi parte in unum virum predestinatiodivina latebitraquo (Mon II III 17)

6 Per cui cfr anche Conv IV XX 7-8 dove Dante rimanda alla celebre canzone diGuido Guinizzelli Al cor gentil ripara sempre Amore e Vita Nova 11 3 Amore e rsquol corgentil sono una cosa

va proferita7 Dante sente la necessitagrave di ribadirne il valore Il IV ca-pitolo inizia quindi dimostrando la necessitagrave naturale dellrsquoimperocome istituzione politica (fino al par 7) per poi passare a dimostra-re la ragione della sua attuazione storica (IV IV 8-14 V) in quellrsquoim-pero romano di cui Federico II era stato indicato nel capitolo pre-cedente come lrsquoultimo imperadore (Conv IV III 6)8

laquoLo fondamento radicale de la imperiale maiestaderaquo egrave indivi-duato nel Convivio nella laquonecessitagrave de la umana civilitade che a unofine egrave ordinata cioegrave a vita feliceraquo9 In cosa consista questa laquovita fe-liceraquo Dante in questo passo non lo esplicita ma egrave evidente e vi ac-cenno soltanto che tale affermazione non puograve essere letta in modoavulso dalla tematica di origine aristotelica riguardante la felicitagravecome compimento del desiderio naturale di sapere insito nellrsquouomotematica che attraversa tutto il Convivio fin dal suo incipit10 e che

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7 E anche lrsquoautoritagrave di Aristotele questrsquoultima non per la sentenza in seacute nel Con-vivio attribuita esclusivamente a Federico II ma percheacute il filosofo aveva detto che ciograveche pare alla maggioranza egrave impossibile che sia del tutto falso Dante in realtagrave comespesso succede sembra qui seguire piugrave TOMMASO DrsquoAQUINO (Exp Eth VII lect XIII

12 laquoIllud enim in quod omnes vel plures consentiunt non potest esse omninofalsumraquo) che il testo di Aristotele oggetto del commento di Tommaso (Eth VII1153b)

8 laquoFederigo di Soave ultimo imperadore de li Romani ndash ultimo dico per rispettoal tempo presente non ostante che Ridolfo e Andolfo e Alberto poi eletti siano apres-so la sua morte e delli suoi discendentiraquo (Conv IV III 6) Federico II muore nel 1250neacute Rodolfo di Asburgo eletto re dei Romani nel 1273 neacute Adolfo di Nassau eletto nel1291 neacute Alberto I drsquoAsburgo eletto nel 1298 erano mai stati incoronati imperatorianche se a questrsquoultimo che non era perograve mai sceso in Italia il titolo era stato rico-nosciuto da Bonifacio VIII nellrsquoestate del 1303 Dante non parla qui di Enrico VII diLussemburgo eletto re di Germania e designato imperatore a Francoforte nel 1308consacrato ad Aquisgrana nel 1309 Il che costituirebbe un termine ante quem di com-posizione del Convivio

9 Cfr ARISTOTELE Eth I 1099b con il commento di Tommaso drsquoAquino (ExpEth I lect XIV 10 laquoPosuimus enim ibi quod optimum humanorum bonorum scilicetfelicitas sit finis politicae cuius finis manifeste est operatio secundum virtutemraquo) maDante potrebbe far anche riferimento a quel passo della Politica (I 1252b) doveAristotele afferma che la polis egrave sigrave nata in funzione del vivere ma laquoin realtagrave esiste perrendere possibile una vita felice (eu zen)raquo (la traduzione italiana della Politica diAristotele qui e per i passi seguenti egrave quella di R LAURENTI in ARISTOTELE OpereRoma-Bari Laterza 1973 vol IV)

10 Conv I I 1 laquoSigrave come dice lo Filosofo nel principio della Prima Filosofia tutti

nella Monarchia saragrave piugrave esplicitamente posta in connessione collafunzione dellrsquoImpero11 In questo capitolo comunque Dante osser-va soltanto che nessuno puograve giungere da solo a tale fine e perciograve laquodi-ce lo Filosofo ndash scil Aristotele ndash che lrsquouomo naturalmente egrave compa-gnevole animaleraquo (Conv IV IV 1) Egrave immediato riconoscere in que-ste parole la volgarizzazione della celeberrima definizione del-lrsquoἄνθρωος ϕύσει ολιτικὸν ζῷον che troviamo nella Politica (I1253a) di Aristotele che a partire dalla laquoetagrave di Tommaso drsquoAquino[hellip] veicolava lrsquoidea della naturalitagrave dello stato nel senso che la so-cietagrave umana organizzata egrave il prodotto di un ldquoistinto naturalerdquo con-

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li uomini naturalmente desiderano di sapere La ragione di che puote essere [ed] egrave checiascuna cosa da providenza di prima natura impinta egrave inclinabile alla sua propiaperfezione onde acciograve che la scienza egrave ultima perfezione della nostra anima nellaquale sta la nostra ultima felicitade tutti naturalmente al suo desiderio semo subiet-tiraquo Cfr ARISTOTELEMetaph I 980a Ma in questo IV trattato in cui come vedremola filosofia egrave per Dante innanzitutto etica puograve darsi che in effetti seguendo i passi diAristotele e di Tommaso a cui abbiamo rimandato nella nota precedente lrsquoAlighieriabbia in mente che quella felicitas che egrave il fine specifico della politica sia innanzitut-to il vivere secondo virtugrave vd infra nn 62 e 64

11 Specialmente Mon I III (e poi tutto il I libro) e III XV 7-16 sui quali vd infraSullrsquoargomento complesso e ampiamente discusso (specialmente e mi si perdoni lasemplificazione per quanto riguarda il triplice problema se in Dante il desiderio ldquona-turalerdquo di conoscere implichi o meno anche il desiderio di conoscere il ldquosoprannatu-ralerdquo e quindi se il compimento di tale desiderio che poi egrave la felicitagrave possa o non pos-sa essere raggiunto tramite la ragione umana e come ciograve possa attuarsi o meno nel-lrsquoambito della vita terrena) oltre agli ormai classici studi di Nardi (B NARDIDal ldquoCon-viviordquo alla ldquoCommediardquo (Sei saggi danteschi) con premessa alla ristampa di O CAPITA-NI Roma nella sede dellrsquoIstituto Palazzo Borromini Istituto storico italiano per il Me-dio Evo 1992 (ristampa anastatica dellrsquoedizione Roma 1960) ID Saggi di filosofia dan-tesca Milano La Nuova Italia 19672) Gilson (E GILSON Dante et la philosophie Pa-ris Librairie Philosophique J Vrin 1939 trad it Dante e la filosofia Milano Jaca Bo-ok 1987) e Corti (CORTI La felicitagrave mentale cit) segnalo per unrsquoequilibrata e utilemessa a punto il piugrave recente saggio di P PORRO Tra il ldquoConviviordquo e la ldquoCommediardquoDante e il laquoforte dubitareraquo intorno al desiderio naturale di conoscere le sostanze separa-te in 1308 Eine Topographie historischer Gleichzeitigkeit a cura di A Speer e D Wir-mer Berlin-New York W de Gruyter 2010 (laquoMiscellanea Mediaevaliaraquo 35) pp 629-60 e il volume di P FALZONE Desiderio della scienza e desiderio di Dio nel Convivio diDante Bologna il Mulino 2010 specialmente pp 101-248 che offre un ricco reper-torio di testi medievali editi e inediti a testimonianza dellrsquoambito intellettuale e del di-battito nel quale si collocano le problematiche dantesche

genito cioegrave allrsquoessere uominiraquo12 Dante puograve aver attinto questa defi-nizione o direttamente dalla Politica nella traduzione latina di Gu-glielmo di Moerbeke13 eo attraverso le citazioni presenti nei com-menti di Tommaso a varie opere aristoteliche14 o ancora in altri trat-tati politici di poco precedenti la stesura del Convivio come ilDe re-gimine principum (scritto per quanto riguarda il I libro e i primi ca-pitoli del II dallo stesso Tommaso tra il 1265 e i primi anni rsquo70 delDuecento proseguito poi fino al IV libro da Tolomeo di Lucca do-po lrsquoanno 1300)15 o il trattato omonimo di Egidio Romano16

Questa varietagrave di precedenti a cui si puograve riconnettere il passodantesco induce subito una precisazione per quanto riguarda il Con-vivio dobbiamo senzrsquoaltro parlare non tanto di laquofontiraquo quanto dilaquoautoriraquo e di laquotradizioniraquo in esso confluite17 Se infatti quasi ognipasso del trattato riecheggia pensieri o immagini giagrave presenti in ope-

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12 Cfr A GHISALBERTI Roma antica nel pensiero politico da Tommaso drsquoAquinoa Dante in Roma antica nel Medioevo Mito rappresentazioni sopravvivenze nella ldquoRe-spublica Christianardquo Milano Vita e Pensiero 2001 pp 347-64 p 348 Ma vd infran 22

13 Pol I 1253a laquoEx iis igitur manifestum quod eorum quae natura civitas est etquod homo natura civile animal estraquo Cfr anche ARISTOTELE Pol III 1278b Eth I1097b IX 1169b

14 Exp Eth I lect I 4 laquoSciendum est autem quod quia homo naturaliter est animalsociale utpote qui indiget ad suam vitam multis quae sibi ipse solus praeparare nonpotest consequens est quod homo naturaliter sit pars alicuius multitudinis per quampraestetur sibi auxilium ad bene vivendumraquo Exp Pol I lect I 26 laquoConcludit ergoprimo ex praemissis quod civitas est eorum quae sunt secundum naturam Et cumcivitas non sit nisi congregatio hominum sequitur quod homo sit animal naturalitercivileraquo

15 De regimine principum I I laquoNaturale autem est homini ut sit animal sociale etpoliticum in multitudine vivens magis etiam quam omnia alia animalia quod quidemnaturalis necessitas declaratraquo

16 Lrsquoaggettivo compagnevole ricorre nel volgarizzamento (conosciuto da Dantepercheacute citato al cap XXIV sempre del IV trattato del Convivio) del De regimineprincipum di Egidio Romano libro II part I cap I EGIDIO ROMANO Del reggimentodersquo principi trascritto nel MCCLXXXVIII pubblicato per cura di F CORAZZINIFirenze 1858 p 127 dove lrsquoautore laquoinsegna che lrsquouomo die naturalmente vivere incompagniaraquo rifacendosi esplicitamente ad Aristotele

17 Cfr C VASOLI Introduzione in DANTE ALIGHIERI Opere Minori vol II t Ia cura di C VASOLI e D DE ROBERTIS Milano-Napoli Ricciardi-Mondadori 1995 ppLXIV-LXXX

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18 Conv II XII 7 egrave il periodo che segue la morte di Beatrice avvenuta nel 1290e la composizione della Vita Nova (1292-1293) e in cui Dante si ldquoinnamorardquo delladonna gentile ovvero della filosofia Conv II XV 12

19 VASOLI Introduzione cit p LXVI20 G PASCOLI Lrsquoaquilone in Primi Poemetti vv 1-2

re del mondo classico e medievale talvolta come in questo casoesplicitamente indicate dallrsquoAlighieri per la maggioranza di questipassi risulta perograve difficile individuare citazioni testuali che permet-tano di risalire ad una fonte precisa Egrave evidente che durante il diffi-cile periodo dellrsquoesilio doveva essere stata possibile allrsquoAlighieri laconsultazione diretta di solo pochi volumi il suo sapere saragrave cosigrave ri-corso spesso alla memoria di libri letti ma probabilmente anche diquelle laquodisputazioni de li filosofantiraquo a cui assistette per laquopiccioltempo forse di trenta mesiraquo come ricorda proprio nel Convivio18Inoltre allrsquoepoca circolavano excerpta e raccolte di sententiae in-somma laquoquel materiale lsquodi seconda manorsquo prodotto proprio perlrsquoutilitagrave dei lsquomagistrirsquo e dei lsquodoctoresrsquo che sappiamo diffuso anche inambienti laici e che nondimeno proprio per la sua genericitagrave e so-miglianza rende difficile unrsquoindividuazione direttaraquo19 Senza conta-re ancora che nel Convivio ogni fonte filosofica teologica o scien-tifica veniva resa in volgare subendo con inevitabili trasformazionialmeno un passaggio (dal latino al volgare) se non due (dal greco allatino dal latino al volgare) o addirittura tre (dal greco allrsquoarabodallrsquoarabo al latino e infine al volgare) Tutto ciograve fa parte delle ca-ratteristiche della cultura del tempo ed egrave senzrsquoaltro da tener pre-sente Resta il fatto che queste caratteristiche non possono a mio av-viso essere considerate come mere circostanze materiali che da soleavrebbero determinato un certo modo di usare gli auctores da partedi Dante O meglio sono insieme causa ma anche conseguenza di unatteggiamento culturale a cui non interessa storicizzare ciograve che latradizione offre quanto piuttosto immedesimarsi positivamente conessa per elaborare un pensiero originale in cui si avverta laquoqualcosadi nuovo [hellip] anzi di anticoraquo20 Voglio dire che lrsquoantico egrave ricono-sciuto accettato e quindi riformulato nel presente per risponderealle esigenze del presente (il che puograve implicare anche lrsquouso di stru-menti nuovi come la lingua volgare) Ritorna ciograve che avevamo os-servato allrsquoinizio lrsquoimpero romano (antico per noi) egrave per Dante una

realtagrave attuale cosigrave come egrave attuale la veritagrave filosofica laquolrsquouomo natu-ralmente egrave compagnevole animaleraquo veritagrave che Dante esprime e usain un contesto che non egrave quello di Aristotele e nemmeno quello diTommaso o di Egidio Romano ma che serve ad affrontare comevedremo un problema particolarmente cruciale per lrsquoautore e cioegraveproprio la validitagrave dellrsquoimpero E cosigrave lrsquoantico diventa nuovo21

Ma torniamo al nostro passo del Convivio la tradizione aristo-telica comunque e dovunque recepita influisce evidentemente an-che nellrsquoindividuare lo sviluppo della comunitagrave umana attraverso ilformarsi prima della famiglia quindi della laquovicinanzaraquo (κώμη nellaPolitica e vicus nella traduzione latina) e poi della cittagrave laquoche convie-ne a satisfacimentoraquo laquoperograve che una vicinanza [a] seacute non puograve in tut-to satisfareraquo (Conv IV IV 2) Fin qui sentiamo riecheggiare piugrave pre-cisamente il secondo capitolo del primo libro della Politica di Ari-stotele (I 1252a-b)22 ma poi Dante afferma che percheacute le cittagrave viva-

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21 Cfr O CAPITANI Mondo della storia e senso della storia in Dante in Chiose mi-nime dantesche Bologna Patron 1983 pp 115-34 in particolare p 119 laquoproprioquella sconcertante ndash per noi ndash assenza di misura storica egrave il segreto della valutazio-ne dantesca di tutto il mondo dellrsquoumanitagrave che per noi egrave appunto storia ma per luiegrave ancora [hellip] solo umanitagraveraquo e le conclusioni a pp 133-34 laquoCerto cosigrave la storia uma-na non ha la sua autonomia certo cosigrave ogni approccio di tipo storicistico ndash e intendodi ogni storicismo ndash non puograve che far registrare un bilancio negativo o per lo meno in-soddisfacente Mi chiedo perograve per la perenne attualitagrave che Dante conserva per gli uo-mini se per noi oggi un approccio storicistico e cioegrave autogiustificativo dellrsquoaccadi-mento sia avendo gli occhi alle cose nostre presenti o anche passate liberatorio co-me dobbiamo immaginare fosse per Dante la condanna morale la ricostruzione ditutto il processo della storia umana nel travaglio dottrinale e nellrsquoelaborazione fanta-stica Egrave un invito alla meditazione di tutti egrave soprattutto un invito agli storici che nonlo siano ancora a mettersi in crisiraquo

22 Non mi pare quindi che per quanto riguarda questi capitoli del IV trattato delConvivio si possa negare la fedeltagrave di Dante al principio aristotelico e poi tomisticodella necessitagrave naturale degli uomini ad associarsi in formazioni politiche (e uso que-sta perifrasi per evitare la parola ldquostatordquo) Mentre il Nardi aveva voluto dimostrareche Dante distinguendosi da Tommaso e seguendo invece Agostino laquopur acco-gliendo il procedimento dimostrativo della politica aristotelicaraquo avrebbe inteso lrsquoor-ganizzazione politica come laquouna dolorosa necessitagrave risultante dallrsquointrinseca corru-zione attuale della natura umana un triste retaggio del peccatoraquo (Saggi di filosofiadantesca cit pp 227-28) Questa interpretazione si fondava perograve non tanto sul testodel Convivio quanto sui passi del Purgatorio e del Paradiso nei quali Dante tratta delpeccato originale e del Paradiso Terrestre (pp 225-26) Nel passo che stiamo analiz-

no in pace egrave necessario il regno (che nel passo della Politica fin quiseguito egrave invece solo uno dei regimi della όλις e anche il meno evo-luto) e che dato che lrsquoanimo umano mai sazio di potere desiderasempre acquistare gloria e da ciograve nascono laquodiscordie e guerre [hellip]intra regno e regnoraquo (Conv IV IV 3) si rende necessaria la laquoMonar-chia cioegrave uno solo principato e uno prenciperaquo che laquotutto posse-dendo e piugrave desiderare non possendo li regi tegna contenti nelli ter-mini delli regni sigrave che pace intra loro sia nella quale si posino le cit-tadi e in questa posa le vicinanze srsquoamino [e] in questo amore lecase prendano ogni loro bisogno lo qual preso lrsquouomo viva felice-mente che egrave quello per che esso egrave natoraquo (Conv IV IV 4) La neces-

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zando invece si parla solo di quel particolare lsquopeccatorsquo che consiste nel desiderio dilaquogloria drsquoacquistareraquo che si introduce solo successivamente al formarsi della societasumana e che suscita le guerre fra i regni questa laquoesperienzaraquo rende evidente la neces-sitagrave della Monarchia ovvero di quel comando di uno solo che di nuovo egrave la naturastessa a imporre laquoquando piugrave cose ad uno fine sono ordinateraquo vd infra nel testo e no-ta seguente Quanto qui affermato puograve sembrare contraddetto allrsquointerno dello stessoConvivio lagrave dove si sostiene che lrsquoautoritagrave filosofica ha bisogno di quella imperiale per-cheacute laquoquesta sanza quella egrave quasi debile non per seacute ma per la disordinanza della gen-teraquo (Mon IV VI 17) e lagrave dove si sostiene il ruolo dellrsquoimperatore come garante del di-ritto in quanto laquoequitade per due cagioni si puograve perdere o per non sapere quale essasi sia o per non volere quella seguitareraquo e pertanto laquotrovata fu la ragione scritta e permostrarla e per comandarlaraquo (Mon IV IX 8-9) Certo sia in questi passi sia ancor piugravein Mon III IV 14 se non lrsquoassociarsi umano sicuramente la funzione dellrsquoimperatore(ma a dire il vero nella Monarchia anche quella del Papa) sono viste come laquoremediacontra infirmitatem peccatiraquo di cui non ci sarebbe bisogno laquosi homo stetisset in statuinnocentie in quo a Deo factus estraquo e proprio alla fine del III libro della Monarchia siconclude che lrsquohumana cupiditas distoglierebbe dal retto cammino laquonisi homines tan-quam equi sua bestialitate vagantes ldquoin camo et frenordquo compescerentur in viaraquo (MonIII XVI 9) per cui credo si possa ragionevolmente affermare che per Dante laquolo stato na-sce tra gli uomini non soltanto percheacute crsquoegrave bisogno di una guida e di un freno alle lu-singhe del peccato neacute come unico esito della naturale socievolezza umana ma per en-trambe queste ragioni fuse insieme nella sua esistenzaraquo GC GARFAGNINI Monar-chia manifesto di libertagrave e responsabilitagrave civile in laquoStudi Danteschiraquo LXXV 2010 pp13-23 18-19 Cosigrave giagrave CT DAVIS Dante and the Empire in The Cambridge Companionto Dante a cura di R Jacoff Cambridge Cambridge University Press 1993 pp 67-79 p 70 Vede invece laquoun conflitto radicalmente inconciliabileraquo fra la posizione espres-sa nel IV trattato del Convivio (ma anche in Mon I III per cui vd infra) e quella negliultimi capitoli del III libro della Monarchia G SASSO Dante lrsquoimperatore e Aristote-le Roma nella Sede dellrsquoIstituto Palazzo Borromini 2002 pp 308-12

sitagrave di unrsquoistituzione siffatta egrave evidentemente e totalmente estraneaal pensiero di Aristotele che perograve Dante non esita a richiamare an-cora una volta laquoE a queste ragioni si possono reducere parole del Fi-losofo chrsquoelli nella Politica dice che quando piugrave cose ad uno finesono ordinate una di quelle conviene essere regolante o vero reg-gente e tutte lrsquoaltre rette e regolateraquo (Conv IV IV 5)23 Egrave ciograve che ef-fettivamente afferma Aristotele sempre nel I libro della Politica (I1254a) in un passo in cui occupandosi dellrsquoamministrazione fami-liare come prima componente della polis e giustificando in essa lrsquousodi quegli ldquooggetti animatirdquo che sono gli schiavi espone questo prin-cipio filosofico generale laquoin tutte le cose che risultano di una plu-ralitagrave di parti e formano unrsquounica entitagrave comune [hellip] si vede co-mandante e comandato questo viene nelle creature animate dallanatura nella sua totalitagraveraquo24 ma di nuovo considerando gli esempiche nel Convivio seguono questo assunto (sempre in Conv IV IV 5e poi Conv IV IV 6) Dante puograve aver avuto presente oltre che un al-tro passo della stessa Politica (III 1276b) anche la Metaphysica (XII1075a-1076a) e il relativo commento di Tommaso (Sententia libriMetaphisicae XII lect XII 8) e forse ancor piugrave il Proemio dellrsquoAqui-nate a questo stesso commento laquoSicut docet philosophus in politicissuis quando aliqua plura ordinantur ad unum oportet unum eorumesse regulans sive regens et alia regulata sive rectaraquo25

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23 laquoA causa di questo desiderio che rovesciando in seacute stesso la positivitagrave di quel-lo da cui il processo ascendente aveva preso il suo avvio produce ldquodiscordie e guer-rerdquo il cammino dellrsquouomo nella direzione della felicitagrave risulta interrotto e in realtagrave su-bisce una radicale inversione Verso il contrario della felicitagrave infatti la nave dellrsquouma-nitagrave correrebbe se la ragione stessa che opera nellrsquointerno delle cose non provve-desse alla drastica correzione della sua rottaraquo SASSO Dante lrsquoimperatore e Aristote-le cit pp 15-16

24 A questo stesso passo Dante rimanda anche in Mon I V 3 (vd infra) Il passoaristotelico si trova allrsquointerno dellrsquoargomentazione volta a sostenere che la differen-za fra schiavo e libero egrave posta dalla natura stessa nellrsquointeresse di entrambi (Pol I1253b-1255b) A questa stessa argomentazione attinge Cicerone nel III libro del De re-publica (De rep III 36) per sostenere la legittimitagrave dellrsquoimpero romano in quanto go-verno dei migliori esercitato per il bene stesso dei popoli sottomessi e anche lo stes-so Dante in Mon II VI su cui vd infra La menzione di questo passo della Politica po-trebbe quindi anche nel Convivio non risultare estranea alla successiva difesa del di-ritto degli antichi Romani allrsquoimpero vd infra

25 Tale argomentazione si richiama al principio universale della reductio ad unum

Sempre Tommaso nel I libro del De regimine principum usa que-ste stesse argomentazioni prima per affermare la necessitagrave naturale(laquonaturalis necessitasraquo) che lrsquoumana laquosocietasraquo abbia una qualcheforma di governo e poi per mostrare come il regno ne sia la formamigliore proprio percheacute laquoprovinciae vel civitates quae non regunturab uno dissensionibus laborant et absque pace fluctuantraquo mentre alcontrario se laquosub uno rege reguntur pace gaudentraquo26 E del restoe questo sarebbe forse il passo piugrave pertinente allrsquoargomentazionedantesca anche Aristotele nellrsquoEtica (VIII 1160a-b) aveva afferma-to che laquola forma migliore (di governo) egrave il regnoraquo con unrsquoaltra mo-tivazione che abbiamo visto presente nella giustificazione dantescadellrsquoimpero laquoRe infatti egrave una persona che egrave del tutto indipendentee sovrastante tutti per i suoi beni e un tal uomo non ha bisogno dinulla quindi egli baderagrave non alla sua utilitagrave personale ma ai suoisudditiraquo27

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ampiamente diffuso in tutti i trattati medievali cfr G DI GIANNATALE Dante tra Ari-stotele e S Tommaso Lrsquoargomento logico-metafisico dellrsquoldquoordinatio ad unumrdquo degli en-ti in laquoSapienzaraquo XXXIV 1981 pp 175-82

26 De regimine principum I I laquoIn omnibus autem quae ad finem aliquemordinantur in quibus contingit sic et aliter procedere opus est aliquo dirigente perquod directe debitum perveniatur ad finem [hellip] Naturale autem est homini ut sitanimal sociale et politicum in multitudine vivens magis etiam quam omnia aliaanimalia quod quidem naturalis necessitas declarat [hellip] Nam unus homo per sesufficienter vitam transigere non posset Est igitur homini naturale quod in societatemultorum vivat [hellip] Si ergo naturale est homini quod in societate multorum vivatnecesse est in hominibus esse per quod multitudo regatur [hellip] In universitate enimcorporum per primum corpus scilicet caeleste alia corpora ordine quodam divinaeprovidentiae reguntur omniaque corpora per creaturam rationalem In uno etiamhomine anima regit corpus atque inter animae partes irascibilis et concupiscibilisratione reguntur Itemque inter membra corporis unum est principale quod omniamovet ut cor aut caput Oportet igitur esse in omni multitudine aliquod regitivumraquoCfr anche cap III laquoNam provinciae vel civitates quae non reguntur ab unodissensionibus laborant et absque pace fluctuant ut videatur adimpleri quod dominusper prophetam conqueritur dicens ldquopastores multi demoliti sunt vineam meamrdquo Econtrario vero provinciae et civitates quae sub uno rege reguntur pace gaudentiustitia florent et affluentia rerum laetantur Unde dominus pro magno munere perprophetas populo suo promittit quod poneret sibi caput unum et quod princepsunus erit in medio eorumraquo

27 Trad it di A PLEBE in ARISTOTELE Opere cit vol III

Dante rielabora quindi e trasforma la tradizione aristotelica28 peraffermare nel Convivio la necessitagrave naturale non del re ma di

uno [hellip] che considerando le diverse condizioni del mondo ne li diver-si e necessarii offici ordinare abbia del tutto universale e inrepugnabile offi-cio di comandare E questo officio per eccellenza imperio egrave chiamato sanzanulla addizione perograve che esso egrave di tutti li altri comandamenti comandamen-to [hellip] Chi a questo officio egrave posto egrave chiamato Imperadore perograve che di tut-ti li comandatori elli egrave comandatore e quello che elli dice a tutti egrave legge e pertutti dee essere obedito e ogni altro comandamento da quello di costui pren-dere vigore e autoritade (Conv IV IV 7)

Di nuovo in queste parole sentiamo lrsquoeco di una tradizione anti-ca questa volta non perograve filosofica ma giuridica laquoQuod principiplacuit legis habet vigorem utpote cum lege regia quae de imperioeius lata est populus ei et in eum omne suum imperium et potesta-tem conferat Quodcumque igitur imperator per epistulam et sub-scriptionem statuit vel cognoscens decrevit vel de plano interlocutusest vel edicto praecepit legem esse constat Haec sunt quas volgoconstitutiones appellamusraquo29 si tratta di un passo del Digesto in cuiperograve a differenza di Dante egrave presente il riferimento a una lex regiaidentificabile probabilmente con la cosigrave detta lex de imperio Vespa-siani con la quale il popolo romano avrebbe conferito allrsquoimpera-tore oltre che lrsquoimperium anche il potere legislativo30 Non stupisce

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28 Cfr SASSO Dante lrsquoimperatore e Aristotele cit in particolare su questo passodel Convivio pp 12-19

29 Dig 141 pr (Ulpianus 1 inst) e 1411 (Ulpianus 1 inst)30 Cfr anche Inst 126 laquoSed et quod principi placuit legis habet vigorem cum

lege regia quae de imperio eius lata est populus ei et in eum omne suum imperiumet potestatem concessit Quodcumque igitur imperator per epistulam constituit velcognoscens decrevit vel edicto praecepit legem esse constat hae sunt quaeconstitutiones appellanturraquo Ancora Giustiniano si richiama a questa lex regia nellaconstitutio Deo auctore con la quale incarica Triboniano della raccolta che confluiragravenei Digesta laquocum enim lege antiqua quae regia nuncupabatur omne ius omnisquepotestas populi romani in imperatoriam translata sunt potestatemraquo (Cod 11717)Per un interessante dibattito sulla lex de imperio Vespasiani e sulla sua recezione in etagraveantica e moderna si possono vedere i contributi raccolti in La lex de ImperioVespasiani e la Roma dei Flavi Atti del Convegno 20-22 novembre 2008 a cura di LCapogrossi Colognesi e E Tassi Scandone Roma laquoLrsquoErmaraquo di Bretschneider 2009

che nel Convivio la citazione ometta tale riferimento dato che perDante come tenderagrave a dimostrare tutto il III libro della Monarchialrsquoautoritagrave imperiale con le prerogative ad essa connesse deriva di-rettamente da quella divina31 Osserveremo meglio in seguito qualesia lrsquoimmagine che di tale autoritagrave emerge dalle pagine del ConvivioOra per poter continuare a seguire il filo dellrsquoargomentazione dan-tesca ci interessa soltanto sottolineare che quel governo di uno so-lo indicato secondo unrsquoargomentazione filosofica come il migliorepercheacute piugrave conforme alla natura egrave collocato dallrsquoAlighieri nella sto-ria e identificato in una istituzione precisa quella appunto dellrsquoim-pero romano

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e piugrave in generale sui poteri imperiali gli studi in occasione del Collegio di DirittoRomano 2012 (CEDANT) di prossima pubblicazione ma di cui si puograve giagrave leggere ilresoconto in V FABRIZI Cronaca dei Lavori del Collegio di Diritto Romano 2012 laquoIlPrinceps romano autocrate o magistrato Fattori giuridici e fattori sociali del potereimperiale da Augusto a Commodoraquo in laquoAthenaeumraquo 101 2013 pp 388-94 Ma sulrapporto fra imperatore e lex ci soffermeremo infra

31 E questa egrave infatti la conclusione laquoSic ergo patet quod auctoritas temporalisMonarche sine ullo medio in ipsum de Fonte universalis auctoritatis descenditraquo (MonIII XV 15) Anche nel Corpus iuris civilis comunque si trova ampiamente affermatoil fondamento divino del potere imperiale tanto che anche in etagrave medievale tale fon-damento evidentemente indiscusso veniva sostenuto dai giuristi proprio col riferi-mento a passi della raccolta giustinianea cfr EH KANTOROWICZ I due corpi del reLrsquoidea di regalitagrave nella teologia politica medievale Introduzione di A BOUREAU Tori-no Einaudi 1989 (trad it di The Kingrsquos Two Bodies A Study in Mediaeval PoliticalTheology Princeton (NJ) Princeton University Press 1975) pp 100-103 Qui ri-cordo percheacute emblematico solo lrsquoincipit della constitutio Deo auctore laquoDeo auctorenostrum gubernantes imperium quod nobis a caelesti maiestate traditum estraquo (Cod1171 pr) anche se abbiamo visto che in un passo successivo proprio della medesimaconstitutio troviamo anche il riferimento alla lex regia Cod 11717 riportato alla notaprecedente In etagrave medievale ciograve che invece fu ampiamente discusso dal punto di vi-sta giuridico e teologico (e lo documenta anche e proprio la Monarchia) fu la neces-sitagrave o meno della mediazione del Papa a conferimento o per lo meno a conferma ditale fondamento

12 laquoOltre quello che per li uomini egrave predicato e aprovatoraquo (ConvIV V 20)

Ma a questo proposito come osserva Dante alcuni potrebberolaquogavillareraquo ammettiamo pure la necessitagrave naturale dellrsquoimpero (laquotut-to che al mondo officio drsquoimperio si richeggiaraquo) ma percheacute proprioquello romano laquoperograve che la romana potenza non per ragione [scilper diritto]32 neacute per decreto di convento universale fu acquistata maper forza che alla ragione pare essere contrariaraquo (Conv IV IV 8)Lrsquoargomento come ben sappiamo egrave antico basti pensare al III librodel De repubblica ciceroniano (III 24-28) lagrave dove Furio Filo (che vie-ne fatto portavoce delle obiezioni di Carneade) condanna lrsquoimperoromano proprio in nome della iustitia E si tratta di tematiche che al-lrsquoepoca di Dante ricorrevano in parte nella pubblicistica e nelle teo-rie politico-teologiche del tempo che presentavano lrsquoimpero sullascorta del De civitate Dei di Agostino come frutto di violenze e disopraffazioni33 Sicuramente non si puograve confondere il pensiero diAgostino con quello del cosigrave detto ldquoagostinismo politicordquo34 che aquello si rifaceva per sostenere le pretese temporali della Chiesa e lasupremazia papale su quella imperiale35 quel valore essenziale per la

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32 Numerosi i passi del Convivio oltre questo IV IV 8 in cui la parola laquoragioneraquoindica il ldquodirittordquo I X 3 IV IX 8 IV XII 9 IV XII 10 IV XIX 4 IV XXIV 2 IV XXIV 17

33 Si veda ad esempio GIOVANNI DA PARIGI De potestate regia et papali (1302-1303 sostenitore di Filippo il Bello contro Bonifacio VIII ma anche contro lrsquoimpero)cap XXI laquoSi igitur romani per violentiam dominium acceperunt numquid iuste etiamper violentiam abici potuit dominium eorum vel etiam contra eos perscribiraquo GIA-COMO DA VITERBO De regimine christiano (1301-1302 dalla parte di Bonifacio VIII)parte II cap X laquobeatus Augustinus ait IVdeg libro de Civitate Dei ldquoRegna sine iustitianon sunt nisi magna latrociniardquo Sed vera iustitia non est ubi Christus non est rectorut idem Augustinus ait IIdeg libdeg de Civ Dei Quare videtur quod regnum vel impe-rium Romanorum fuerit latrocinumraquo

34 Oltre a Giacomo da Viterbo citato supra ricordiamo almeno Egidio Romanosostenitore della posizione teocratica di Bonifacio VIII (nel De ecclesiastica potestate)e generale dellrsquoOrdine degli Eremitani di SantrsquoAgostino La definizione di ldquoagostini-smo politicordquo si afferma nella prima metagrave del rsquo900 grazie al volume di H-X AR-QUILLIEgraveRE LrsquoAugustinisme politique Essai sur la formation des theacuteories politiques duMoyen Acircge (1934) IIe eacuted revue et augmenteacutee Paris Vrin 1955

35 Cfr giagrave GILSON Dante e la filosofia cit pp 186-89 con la n 49 e piugrave recen-temente J MIETHKE Papalismus und Augustinismus in der politischen Theorie der

realizzazione della felicitagrave umana che Dante attribuisce allrsquoimperoAgostino infatti non lo riconosce a nessuna terrena civitas senzrsquoaltronon alla Roma pagana ma nemmeno allrsquoimpero diventato cristianoe neanche alla Chiesa come istituzione terrena36 Ma egrave altrettanto si-curo che in Agostino e in particolare nel De civitate Dei si trovanonumerosi passi in cui lrsquoautore denuncia lrsquoingiustizia che avrebbe ca-ratterizzato non solo lrsquoespansione romana37 ma la stessa esistenzadella res publica38 e sempre nel De civitate (XIX 21) si respinge la di-fesa ciceroniana della iustitia dellrsquoimpero romano basata sul giagrave ri-cordato presupposto di origine aristotelica39 che per natura il po-tere debba essere esercitato dai migliori in questo caso i Romani atutela degli interessi dei piugrave deboli40 Ora proprio questa argomen-

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spaumltmittelalterlichen Augustiner-Eremiten Ein Uumlberblick in Augustinus - Ethik undPolitik Zwei Wuumlrzburger Augustinus-Studientage laquoAspekte der Ethik bei Augustinusraquo(11 Juni 2005) laquoAugustinus und die Politikraquo (24 Juni 2006) a cura di C Mayer conla collaborazione di A Eisgrub e G Foumlrster Wuumlrzburg Augustinus-Verlag bei Echter2009 pp 243-72

36 Cfr eg De civitate I 35 XIV 1 XVIII 5437 Si veda ad es AUG De civitate I 30 III 10 14 IV 4 6 15 V 17 XIX 7 In Ago-

stino infatti lrsquoimpero non egrave il rimedio ai conflitti che nascono fra regno e regno per ilfatto che laquolrsquoanimo umano in terminata possessione di terra non si queti ma sempredesideri gloria drsquoacquistareraquo (vd supra Conv I IV 3) ma anzi egrave proprio lrsquoimpero a es-sere originato dalla stessa laquolibido dominandiraquo e laquocupiditas gloriaeraquo si vd ad es Decivitate I praef III 14 IV 6 V 12 19

38 In De civitate XIX 21 Agostino dimostra infatti che laquonumquam fuit Romanares publica quia numquam fuit res populiraquo (che egrave la definizione di res publica che Ci-cerone dagrave per bocca di Scipione Emiliano) percheacute il popolo sempre secondo la ce-lebre definizione ciceroniana egrave laquocoetus multitudinis iuris consensu et utilitatis com-munione sociatusraquo ma non vi puograve essere laquoiuris consensusraquo lagrave dove non vi egrave laquoiustitiaraquoe non vi egrave laquoiustitiaraquo (che egrave la laquovirtus [hellip] quae sua cuique distribuitraquo) quando si to-glie lrsquouomo al vero Dio e lo si consegna ai demoni

39 Vd supra n 2440 Sempre in questo passo del De civitate non si manca comunque di ricordare

un laquonobile argomento tratto in un certo modo dalla naturaraquo dai sostenitori della giu-stizia dellrsquoimpero romano laquoDio comanda allrsquouomo lo spirito comanda al corpo la ra-gione alla passioneraquo Agostino sembra cosigrave quasi riconoscere che laquoper alcuni la ser-vitugrave egrave utileraquo ma spostando subito il piano dai rapporti fra gli uomini a quelli fra lrsquouo-mo e Dio (laquoservire poi a Dio egrave utile per tuttiraquo) ribadisce in conclusione che nella Re-pubblica romana non vi fu mai vera giustizia percheacute gli uomini che ne facevano par-te non servivano Dio Inoltre nei precedenti capitoli 15-16 sempre del XIX libro delDe civitate aveva parlato della schiavitugrave e del dominio dellrsquouomo sullrsquouomo come

tazione della superiore attitudine romana al comando che Agostinoaveva voluto confutare egrave presente invece nel Convivio LrsquoAlighieriafferma infatti che ogni potere viene da Dio (Conv IV IV 9)41 e chequindi Dio scelse proprio il popolo romano laquoperograve che piugrave dolce na-tura [in] segnoreggiando e piugrave forte in sostenendo e piugrave sottile inacquistando neacute fu neacute fia che quella della gente latinaraquo (Conv IV IV10)42 E dato che allrsquoimpero

non sanza grandissima vertude venire si potesse e a quello usare gran-dissima e umanissima benignitade si richiedesse questo era quello popoloche a ciograve piugrave era disposto Onde non da forza fu principalmente preso per laromana gente ma da divina provedenza che egrave sopra ogni ragione [hellip] e co-sigrave non forza ma ragione e ancora divina [conviene] essere stata principio delromano imperio (Conv IV IV 11-12)

Vedremo in seguito cosa significhi per Dante che la laquodivina pro-vedenza [hellip] egrave sopra ogni ragioneraquo questo concetto qui appena ac-cennato egrave infatti ripreso e illustrato nella Monarchia43 Nel Convivio

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perturbamento introdotto dal peccato nellrsquoordine naturale voluto da Dio41 Cosigrave come troviamo piugrave volte ripetuto anche nel De civitate dove perograve al con-

tempo si afferma ripetutamente che il disegno divino egrave imperscrutabile e che laquoDio da-tore e autore della felicitagrave [hellip] dagrave i domini terreni ai buoni come ai cattiviraquo De civi-tate IV 33 laquoDeus igitur ille felicitatis auctor et dator quia solus est verus Deus ipsedat regna terrena et bonis et malis neque hoc temere et quasi fortuito quia Deus estnon fortuna sed pro rerum ordine ac temporum occulto nobis notissimo sibi cui ta-men ordini temporum non subditus servit sed eum ipse tamquam dominus regit mo-deratorque disponit felicitatem vero non dat nisi bonis Hanc enim possunt et nonhabere et habere servientes possunt et non habere et habere regnantes quae tamenplena in ea vita erit ubi nemo iam servietraquo Cfr anche ivi V praef e 21 laquoIlle igitur unusverus Deus qui nec iudicio nec adiutorio deserit genus humanum quando voluit etquantum voluit Romanis regnum dedit qui dedit Assyriis vel etiam Persis [hellip] Sicetiam hominibus qui Mario ipse Gaio Caesari qui Augusto ipse et Neroni qui Ve-spasianis vel patri vel filio suavissimis imperatoribus ipse et Domitiano crudelissi-mo et ne per singulos ire necesse sit qui Constantino christiano ipse apostatae Iu-liano [hellip] Haec plane Deus unus et verus regit et gubernat ut placet et si occultiscausis numquid iniustisraquo

42 Cosigrave ancor piugrave esplicitamente in Mon II VI 9-11 su cui vd infra43 Nel Convivio si accenna soltanto al rapporto fra ldquodirittordquo e ldquovolontagrave divinardquo

in modo invece piugrave ampio se ne argomenta la coincidenza in Mon II II su cui vdinfra

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44 Tresor I XXXIV dove perograve per datare la venuta di Enea nel Lazio si menziona nonla nascita ma piugrave genericamente il regno di Davide JA SCOTT La contemporaneitagraveEnea-Davide (laquoConvivioraquo IVv6) in laquoStudi Danteschiraquo XLIX 1972 pp 129-34

45 Conv IV V 6 laquoE tutto questo fu in uno temporale che David nacque e nacqueRoma cioegrave che Enea venne di Troia in Italia che fu origine della cittade romana sigravecome testimoniano le scritture Per che assai egrave manifesto la divina elezione del roma-no imperio per lo nascimento della santa cittade che fu contemporaneo alla radicedella progenie di Mariaraquo

46 Su questa immagine antropomorfa dello sviluppo dellrsquoimpero puograve con ogniprobabilitagrave avere influito il primo capitolo dellrsquoEpitome di Floro Epit I 4-7 Ma Flo-ro afferma anche che nei duecento anni che seguirono ad Augusto lrsquoimpero laquoconse-nuit atque decoxit nisi quod sub Traiano principe movit lacertos et praeter spem om-nium senectus imperii quasi reddita iuventute revirescitraquo (I 8) Per Dante invecelrsquoapice dellrsquoimpero romano egrave evidentemente raggiunto solo sotto Augusto come pre-ciseremo meglio anche in seguito a proposito di Mon I XVI 1-2

il discorso invece procede con la considerazione che la forza fu quin-di soltanto lo strumento (Conv IV IV 12) di un disegno divino chesi mostrograve sia nello laquospezial nascimentoraquo sia nello laquospezial processoraquodella storia di Roma (Conv IV IV 13) cosigrave come si passa a illustrarenel V capitolo ma prima di trattare delle origini di Roma Dante sot-tolinea il fatto che Dio scelse quel popolo per ridurre tutta la terrain pace e giustizia e creare lrsquolaquoottima disposizioneraquo la laquomonarchiaraquo(Conv IV V 4) per lrsquoincarnazione di Cristo La pace universale in-staurata da Augusto mai piugrave neacute raggiunta neacute raggiungibile fu il frut-to di una divina laquopreparazioneraquo (Conv IV V 9) in cui Dante collocala sincronia giagrave indicata nel Tresor di Brunetto Latini44 fra la nasci-ta di Davide (laquola radice de la progenie di Mariaraquo da cui nacque Cri-sto) e quella di Roma quando laquoEnea venne di Troia in Italiaraquo (ConvIV V 6)45 A questo punto si dimostra che non solo la nascita ma an-che lo svolgersi della sua storia laquospeziale processo ebbe da Dioraquo co-me conferma il rapido scorcio delle vicende di Roma presentato co-me una crescita umana dallrsquoinfanzia lrsquoetagrave dei re sino alla maturitagravelrsquoetagrave di Augusto (Conv IV V 10-11)46 Soffermandosi poi sulla laquomag-giore adoloscenza suaraquo cioegrave sulla storia di Roma che va laquodal primoconsolo infino a Cesare primo prencipe sommoraquo (Conv IV V 12)con lrsquouso anaforico della interrogativa laquoChi diragrave di [hellip]raquo Dante in-troduce una serie di eroi esemplari laquone li quali non amore umano madivino era inspirato in amare lei (scil Roma)raquo e ricorda lrsquoincorrut-tibilitagrave di Fabrizio e di Curio la fermezza di Muzio Scevola di Man-

lio Torquato e di Giunio Bruto il sacrificio dei Deci dei Drusi e diAttilio Regolo la modestia di Cincinnato e di Furio Camillo47 perpoi finire con unrsquoultima interrogativa rivolta in un crescendo di pre-terizione allo stesso Catone Uticense laquoO sacratissimo petto di Cato-ne chi presummeragrave di te parlare Certo maggiormente di te parlarenon si puograve che tacereraquo (Conv IV V 16) Gli esempi forniti da Dantesi ritrovano in diversi autori antichi da lui sicuramente conosciuti ecioegrave in Cicerone Virgilio e Livio (ai quali rimanda infatti esplicita-mente nella Monarchia dove si trovano menzionati pur se in un con-testo in parte diverso quasi tutti gli eroi del Convivio)48 cosigrave come inalcuni autori della tradizione tardo antica e medievale anche se aconferma di quanto prima osservato non si puograve indicare unrsquounicafonte in cui ricorrano tutti gli stessi esempi e nella stessa sequenza49Dobbiamo comunque sottolineare lrsquoevidente richiamo a tutto il ca-talogo degli eroi del VI libro dellrsquoEneide anche percheacute lrsquoandamento

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47 Conv IV V 13-15 laquoE chi diragrave che fosse sanza divina inspirazione Fabrizio in-finita quasi moltitudine drsquooro rifiutare per non volere abandonare sua patria Curiodalli Sanniti tentato di corrompere grandissima quantitagrave drsquooro per caritagrave della patriarifiutare dicendo che li romani cittadini non lrsquooro ma li posseditori dellrsquooro posse-dere voleano e Muzio la sua mano propia incendere percheacute fallato avea lo colpo cheper liberare Roma pensato avea Chi diragrave di Torquato giudicatore del suo figliuoloa morte per amore del publico bene sanza divino aiutorio ciograve avere sofferto e Bru-to predetto similemente Chi diragrave delli Decii e delli Drusi che puosero la loro vita perla patria Chi diragrave del cattivato Regolo da Cartagine mandato a Roma per commu-tare li presi Cartaginesi a seacute e alli altri presi Romani avere contra seacute per amore di Ro-ma dopo la legazione ritratta consigliato solo da [umana e non da] divina naturamosso Chi diragrave di Quinzio Cincinnato fatto dittatore e tolto dallo aratro dopo lotempo dellrsquoofficio spontaneamente quello rifiutando allo arare essere ritornato Chidiragrave di Cammillo bandeggiato e cacciato in essilio essere venuto a liberare Romacontra li suoi nimici e dopo la sua liberazione spontaneamente essere ritornato in es-silio per non offendere la senatoria autoritade sanza divina instigazioneraquo I perso-naggi della storia di Roma a cui si riferisce Dante sono Luscino Fabrizio Manio Cu-rio Dentato Caio Muzio ScevolaTito Manlio Torquato Lucio Giunio Bruto MarcoAttilio Regolo Lucio Quinzio Cincinnato e Furio Camillo

48Mon II V (su cui vd infra) 49 Per un puntuale confronto con luoghi paralleli di autori antichi tardo-antichi

e medievali cfr TH SILVERSTEIN On the Genesis of De Monarchia II v in laquoSpecu-lumraquo 13 1938 pp 326-49 (dove a dispetto del titolo si tratta anche di Conv IV V)e per gli antichi e i tardo-antichi anche D THOMPSON Dantersquos Virtuous Romans inlaquoDante Studiesraquo with the Annual Report of the Dante Society 96 1978 pp 145-62

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50 De civitate V 18 laquoet nobis proposita necessariae commonitionis exempla utsi virtutes quarum istae utcumque sunt similes quas isti pro civitatis terrenae gloriatenuerunt pro Dei gloriosissima civitate non tenuerimus pudore pungamurraquo Oltreagli studi citati alla nota precedente cfr in particolare C FILOSA La laquovirtugraveraquo dei Ro-mani nel giudizio di S Agostino e di Dante in Dante e Roma Atti del convegno diStudi Roma 8-9-10 aprile 1965 Firenze Le Monnier 1965 pp 195-210 e C VASO-LI Agostino nel Convivio e nellaMonarchia in Moderni e Antichi Quaderni del Cen-tro di Studi sul Classicismo diretti da R Cardini voll II-III (2004-2005) Firenze Edi-zioni Polistampa 2006 pp 263-84

51 Vd supra n 47 52 In Agostino si menzionano anche Manio Curzio Marco Orazio Pulvillo e Lu-

cio Valerio che mancano invece in Dante In De civitate V 18 manca invece la menzionedi Manio Curio Dentato dei Drusi e di Catone

della prosa dantesca con lrsquouso del pronome interrogativo in anafo-ra sembra costituire unrsquoesplicita ripresa dei versi 841-46

quis te magne Cato tacitum aut te Cosse relinquatquis Gracchi genus aut geminos duo fulmina belliScipiadas cladem Libyae parvoque potentemFabricium vel te sulco Serrane serentemquo fessum rapitis Fabii

Di particolare interesse inoltre risulta ancora una volta il con-fronto con il De civitate Dei con il diciottesimo capitolo del V librodove Agostino esorta i cristiani a non vantarsi se hanno compiutoazioni virtuose per amore della patria eterna dato che i Romani lehanno compiute per amore della patria terrena e della gloria uma-na50 E fra gli esempi citati quelli che coincidono con il Convivio51 so-no nellrsquoordine che troviamo nel De civitate Giunio Bruto ManlioTorquato Furio Camillo Mucio Scevola i Deci Attilio Regolo Cin-cinnato e Fabrizio52 Alla fine di questo capitolo del De civitate Deisi puograve in effetti trovare un apprezzamento della virtugrave romana simi-le a quello espresso da Dante laquoCosigrave ndash dice Agostino ndash quellrsquoimperocosigrave esteso e cosigrave duraturo reso illustre e glorioso dal valore di per-sonaggi tanto grandi costituigrave per essi la ricompensa a cui miravanoi loro sforziraquo (De civitate V 18) Ma nei capitoli immediatamente pre-cedenti Agostino era stato chiaro la gloria umana egrave un valore nel-lrsquoambito della cittagrave degli uomini e con essa la giustizia divina ha ri-compensato le virtugrave positive del popolo romano come lrsquoamor di pa-

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53De civitate V 15 laquoQuibus ergo non erat daturus Deus vitam aeternam cum san-ctis Angelis suis in sua civitate caelesti ad cuius societatem pietas vera perducit quaenon exhibet servitutem religionis [hellip] si neque hanc eis terrenam gloriam excellen-tissimi imperii concederet non redderetur merces bonis artibus eorum id est virtu-tibus quibus ad tantam gloriam pervenire nitebantur De talibus enim qui propterhoc boni aliquid facere videntur ut glorificentur ab hominibus etiam Dominus aitAmen dico vobis perceperunt mercedem suamraquo

54 De civitate V 13 laquoQuam ob rem cum diu fuissent regna Orientis illustria vo-luit Deus et occidentale fieri quod tempore esset posterius sed imperii latitudine etmagnitudine illustrius idque talibus potissimum concessit hominibus ad domandagravia mala multarum gentium qui causa honoris laudis et gloriae consuluerunt pa-triae in qua ipsam gloriam requirebant salutemque eius saluti suae praeponere nondubitaverunt pro isto uno vitio id est amore laudis pecuniae cupiditatem et multaalia vitia comprimentes Nam sanius videt qui et amorem laudis vitium esse cognos-citraquo

55 Cosigrave ad esempio di fronte alla laquoinfelicitasraquo di Giunio Bruto laquoquia filios occi-ditraquo per la patria laquotemporale e terrenaraquo i cristiani dovrebbero pensare che la patriaeterna e celeste non obbliga nessuno a tale sacrificio e dovrebbero quindi non van-tarsi di essere solo chiamati a laquodonare ai poveri le sostanze che sembrava di raccoglieree serbare per i figliraquo e a considerare loro laquofigli i poveri di Cristoraquo o non gloriarsi delmartirio in cui trovano una morte che perograve non si infliggono da soli come invece fe-cero Manio Curzio o i Deci De civitate V 18 passim Ma cfr anche Mon II V su cuivd infra

tria ma non ha nessun valore nella Cittagrave di Dio che egrave preclusa a chisulla terra ha giagrave avuto la sua ricompensa (De civitate V 15)53 anzi ildesiderio di gloria non egrave una virtugrave ma un vero e proprio vizio (De ci-vitate V 13)54 ndash mentre Dante lo abbiamo ricordato allrsquoinizio porragravenel Paradiso laquoi buoni spirti che sono stati attivi percheacute onore e fa-ma li succedaraquo (Par VI 113-14) A marcare ancor piugrave la differenza frai due autori ricordiamo che sempre nel ldquocatalogordquo di De civitate V18 Agostino a fianco di ogni gesto virtuoso pagano ne costruisceuno cristiano che al precedente si oppone o lo corregge o per lomeno lo completa55 e che nei precedenti libri del De civitate Ago-stino aveva condannato senza esitazione il suicidio di Catone (De ci-vitate I 23) e aveva giudicato negativamente episodi come quello del-la guerra con Alba (secondo lui suscitata solo dalla libido dominan-di dei Romani De civitate III 14) o quello delle oche del Campido-glio (a dire il vero questo piugrave ridicolizzato ma proprio per dimo-strare che Roma non si sarebbe salvata se laquomentre gli degravei dormiva-no non fossero rimaste sveglie le ocheraquo De civitate II 22 cfr anche

III 8) episodi che Dante allrsquoopposto cita nel Convivio dopo glildquoesempi virtuosirdquo come vicende della storia di Roma in cui la prov-videnza divina sarebbe intervenuta direttamente a favore dei Ro-mani (Conv IV V 18)56

Si puograve spiegare questa differenza di valutazione su episodi e per-sonaggi dellrsquoantica storia di Roma col fatto che a Dante interessasostenere lrsquoimpero del suo tempo e di conseguenza esaltare quellastoria che egrave percepita senza soluzioni di continuitagrave con questo im-pero Sigrave ma non solo se cosigrave fosse infatti come si spiegherebbelrsquoesaltazione di Catone Uticense A prescindere dal problema mo-rale posto dal suo suicidio il motivo di questo estremo gesto cioegravelrsquoopposizione a Cesare laquoprimo prencipe sommoraquo dellrsquoimpero avreb-be dovuto trattenere il filo-imperiale Dante dallrsquoapprezzarne la fi-gura e dal farne alcuni anni piugrave tardi il guardiano del Purgatorio incontinuitagrave anche lessicale con lrsquoimmagine delineatane nel Convivio(laquoo sacratissimo petto di Catoneraquo in Conv IV V 16 laquoo santo pettoraquoin Purg I 80)57 E come si spiegherebbe il fatto che le stesse osser-vazioni e quasi tutti gli stessi esempi che abbiamo visto usati da Dan-te per illustrare quelle virtugrave che ai Romani meritarono lrsquoimpero si ri-trovano in unrsquoopera il De regimine principum di Tommaso-Tolomeoda Lucca le cui conclusioni sostengono la supremazia papale piut-tosto che quella imperiale Nel IV capitolo del III libro nella partequindi composta da Tolomeo si richiama infatti esplicitamente for-zandone perograve senzrsquoaltro il senso il capitolo 18 del V libro del De ci-

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56 Gli altri esempi sono quello di Scipione che decidendo di portare la guerra inAfrica riuscigrave cosigrave a vincere la seconda guerra punica e quello di Cicerone che salvogravela Res Publica da Catilina Anche per queste vicende la tradizione confluita in Danterisaliragrave a Livio e allrsquoepitome di Floro ma anche ad Orosio e allo stesso Agostino Perlrsquoepisodio delle oche cfr Mon II IV 5-10 (dove si vuole dimostrare i miracoli avvenu-ti nella storia di Roma vd infra) per la guerra con Alba Longa e per Scipione inve-ce Mon II IX 15 e 18 (dove si menzionano le guerre a carattere di ldquoduellordquo vinte daiRomani per volere di Dio vd infra)

57 Anche se egrave evidente che Dante distingue nella storia di Roma due piani quel-lo etico in cui in continuitagrave colla tradizione classica risulta esemplare la virtus civilerepubblicana quello politico in cui esemplare egrave invece lrsquoimpero cfr R HOLLANDER

-A ROSSI Il repubblicanesimo di Dante in Studi americani su Dante a cura di GCAlessio e R Hollander Introduzione di D della Terza Milano Franco Angeli 1989p 297-323

vitate Dei e si giudica in modo provvidenziale come in Dante lastoria esemplare di Roma58

Per capire il motivo di questi giudizi positivi sulla storia e sullavirtugrave romana occorre allora guardare a quel passo compiuto dallacultura medievale nella rivalutazione della natura e quindi del-lrsquoesperienza umana anche precedente al cristianesimo che trova nel-lrsquoopera di Tommaso la sua piugrave famosa formulazione gratia non tollitnaturam sed perficit59 Non si trattava con questo come osservavaGilson di sostenere lrsquoidea di

una natura che sia autosufficiente senza la grazia per cui si ricadrebbe inpieno paganesimo ma neppure una natura senza di cui la grazia nulla avreb-be da salvare Ora quale migliore mezzo di conoscere la natura che rivol-gersi a quegli antichi i quali lrsquohanno cosigrave profondamente studiata e cosigrave bendescritta [hellip] Da questo deriva quella forma specialissima di umanesimoche venne praticata nel Medioevo umanesimo anzitutto morale che condus-se i pensatori cristiani a consultare gli antichi per istruirsi su cosa egrave lrsquouomo60

FRANCESCA FONTANELLA60

58 De regimine principum III 4 laquoDe isto autem amore patriae exemplumaccipimus ut historiae tradunt et beatus Augustinus in quinto de civitate Dei etc[hellip] De talibus autem concludit dictus doctor quod eisdem non datur dominandipotestas nisi summi Dei providentia quando res humanas iudicat talibus donis essedignas Multa similia ibidem dicit per quae definire videtur eorum dominium fuisselegitimum et eis a Deo collatumraquo Per la supremazia del potere spirituale su quellotemporale che dal primo viene istituito si veda invece ivi IV 10 Cfr SILVERSTEIN Onthe Genesis of De Monarchia II v cit passim (e p 189 dove si osserva che il passoin cui Tolomeo da Lucca richiamandosi ad Agostino fornisce il catalogo degli eroiromani laquoit is far closer in spirit to Dante than to St Augustineraquo) e GHISALBERTI Ro-ma antica nel pensiero politico da Tommaso drsquoAquino a Dante cit in particolare sulaquoRoma antica e il suo impero nel ldquoDe regimine principumrdquoraquo pp 349-55 Ma si vedaanche CT DAVIS Tolomeo da Lucca e la repubblica romana (1974) ora in LrsquoItalia diDante Bologna il Mulino 1988 p 231-69

59 TOMMASO Super sententiis II dist 9 q 1 art 8 laquoPraeterea quantumcumqueintellectus perficiatur lumine gratiae vel gloriae semper oportet quod intelligat sublumine naturali quia gratia non tollit naturam sed perficitraquo ivi IV dist 2 q 1 art 4qc 2 laquoSed contra gratia perficit naturamraquo Summa Theologiae I q 1 art 8 laquoCumenim gratia non tollat naturam sed perficiat oportet quod naturalis ratio subserviatfidei sicut et naturalis inclinatio voluntatis obsequitur caritati Unde et apostolusdicit II ad Cor X lsquoin captivitatem redigentes omnem intellectum in obsequiumChristirsquo Et inde est quod etiam auctoritatibus philosophorum sacra doctrina utiturubi per rationem naturalem veritatem cognoscere potueruntraquo

60 E GILSON Filosofia medievale e umanesimo Comunicazione fatta il 24 aprile

Difficile non ritrovare nellrsquoopera di Dante questo particolarelaquoumanesimoraquo61 disposto laquoper istruirsi su cosa egrave lrsquouomoraquo a guarda-re ad ogni esempio virtuoso del passato Cesare come Catone alaquoconsultareraquo i piugrave svariati auctores per elaborare infine un pensieroche non egrave di nessun altro se non dello stesso Alighieri

Questo apprezzamento della virtugrave morale degli antichi condivi-so ormai da gran parte del pensiero del suo tempo e nel Conviviofunzionale alla legittimazione dellrsquoimpero romano acquista una for-za particolare allrsquointerno delle argomentazioni svolte nel IV trattatoegrave qui infatti che piugrave specificatamente Dante sostiene la funzione e ilfine etico della filosofia62 e difende il valore dellrsquoetica salvaguardan-

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 61

1935 al Congresso Guillaume Budeacute a Nizza in Appendice a Eloisa e Abelardo Tori-no Einaudi 1950 p 207

61 Uso il termine ldquoumanesimordquo ben consapevole della laquoastrale distanza fra il ti-pico umanesimo cristiano di Dante e lrsquoUmanesimo storicamente determinabileraquo EPARATORE Lrsquoereditagrave classica in Dante in Dante e Roma cit pp 3-50 p 47

62 Conv IV VI 7-16 XVII 1-8 Sulle caratteristiche del IV trattato che lo differen-ziano dal laquoldquobloccordquo costituito dal II e IIIraquo cfr VASOLI Introduzione cit p XXXVIIIIn effetti anche in Conv II XIV 13 e 18 si sostiene che laquocessando la Morale Filosofialrsquoaltre scienze sarebbero celate alcuno tempo e non sarebbe generazione neacute vita di fe-licitade e indarno sarebbero scritte e per antico trovateraquo e in III XV 11-12 laquola mora-litade egrave bellezza della filosofiaraquo e laquoquinci nasce quella felicitade la quale diffinisceAristotile nel primo dellrsquoEtica dicendo che egrave operazione secondo vertugrave in vita per-fettaraquo a differenza perograve di quanto ritiene Gilson (Dante e la filosofia cit pp 99-149)la filosofia nel Convivio non rimane confinata esclusivamente nella sfera dellrsquoeticanumerosi infatti i passi specialmente nel II e nel III trattato nei quali viene identifi-cata con lrsquoamore alla sapienza in senso piugrave ampio e spesso in nesso profondo con laSapienza divina II XV 12 III VI 9-10 XI 14 (laquocosigrave fine della Filosofia egrave quella eccel-lentissima dile[tta]zione che non pate alcuna intermissione o vero difetto cioegrave verafelicitade che per contemplazione della veritade srsquoacquistaraquo) XII 12 (laquofilosofia egrave unoamoroso uso di sapienza lo quale massimamente egrave in Dio perograve che in lui egrave sommasapienza e sommo amore e sommo atto che non puograve essere altrove se non in quantoda esso procederaquo) 13-14 XIII 7 (laquodella pace di questa donna non fa lo studio sen[ti-re se n]on nellrsquoatto della speculazione E cosigrave si vede come questa egrave donna primiera-mente di Dio e secondariamente dellrsquoaltre intelligenze separate per continuo sguar-dare e appresso dellrsquoumana intelligenza per riguardare discontinuatoraquo) XIV 1-2 6(laquocheacute la sapienza nella quale questo amore fegravere etterna egrave Onde egrave scritto di lei ldquoDalprincipio [e] dinanzi dalli secoli creata sono e nel secolo che dee venire non verrograve me-nordquo e nelli Proverbi di Salomone essa Sapienza dice ldquoEtternalmente ordinata sonordquoe nel principio di Giovanni nellrsquoEvangelio si puograve la sua etternitade apertamente no-tareraquo) 7 XV 2-3

dole uno spazio autonomo non solo rispetto al potere politico63 main parte anche rispetto ad ogni altro fine trascendente in quantosono le virtugrave laquoche fanno lrsquouomo beato o vero felice nella loro ope-razioneraquo (Conv IV XVII 8)64 Indicare come campioni di virtugrave gli eroipagani risulta allora profondamente coerente con questo valore ldquolai-cordquo riconosciuto allrsquoetica e collrsquoaver posto un filosofo pagano Ari-stotele come suprema auctoritas in questo ambito65 Certo occorreprecisare che nella visione profondamente religiosa di Dante non vi

FRANCESCA FONTANELLA62

63 Conv IV IX su cui vd infra64 Conv IV XVII 8 laquoE queste sono quelle che fanno lrsquouomo beato o vero felice nel-

la loro operazione sigrave come dice lo Filosofo nel primo dellrsquoEtica quando diffinisce laFelicitade dicendo che ldquoFelicitade egrave operazione secondo virtude in vita perfettardquoraquo Masi vedano tutti i sectsect 1-12 Anche se nel sect 9 si afferma laquoVeramente egrave da sapere che noipotemo avere in questa vita due felicitadi secondo due diversi cammini buono e ot-timo che a ciograve ne menano lrsquouno egrave la vita attiva e lrsquoaltro la contemplativa la quale ave-gna che per lrsquoattiva si pervegna come detto egrave a buona felicitade ne mena ad ottimafelicitade e beatitudine secondo che pruova lo Filosofo nel decimo dellrsquoEticaraquo si pre-ferisce in conclusione (al sect 12) il ldquocammino eticordquo a quello ldquointellettualerdquo laquoOndeperciograve che le virtugrave morali paiano essere e siano piugrave comuni e piugrave sapute e piugrave richie-ste che lrsquoaltre e imitate nello aspetto di fuori utile e convenevole fue piugrave per quellocammino procedere che per lrsquoaltroraquo Ma cfr anche Conv III XV 11-12 (cit supra allan 62) Questi passi del Convivio (insieme a Conv III XV 7-10 IV XII 11-12 XIII 6-9)sembrano affermare lrsquoesistenza di un desiderio naturale che non ha bisogno di cono-scere il sovrannaturale per essere compiuto a differenza di quanto si sostiene nellaCommedia (cfr specialmente Inf IV 31-42 Purg III 34-45 XXI 1-6 Par IV 124-32) maanche in altri passi del Convivio nei quali anche per quella intima connessione fra sa-pienza umana e divina che osservavamo supra alla n 62 il desiderio naturale sembraesigere per il suo compimento proprio il divino si veda Conv III VIII 5 XII 13 XIV 13-14 XV 2 IV XII 14-17 XXII 4-18 Sul problema rimando agli studi menzionati supraalla n 11 Si osservi solo che in Conv IV XXII 18 Dante sottolineando un ordine ge-rarchico che ha come suo vertice quella beatitudine irraggiungibile sulla terra percheacutesi compiragrave solo nella visione di Dio distingue comunque anticipando ciograve che sosterragravein Mon III xv (su cui vd infra) una felicitagrave terrena per la quale sono sufficienti lelaquooperazioni delle morali virtudi raquo e quelle laquodelle virtudi intellettualiraquo da una felicitagraveeterna laquoE cosigrave appare che nostra beatitudine [cio]egrave questa felicitade di cui si parlaprima trovare potemo quasi imperfetta nella vita attiva cioegrave nelle operazioni dellemorali virtudi e poi perfetta quasi nella [vita contemplativa cioegrave] nelle operazionidelle virtudi intellettuali Le quali due operazioni sono vie espedite e dirittissime amenare alla somma beatitudine la quale qui non si puote avere come appare pur perquello che detto egraveraquo

65 Conv IV VI 8 16

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 63

egrave nulla che non provenga da Dio tantomeno lrsquouomo pagano o cri-stiano che sia con il suo laquodesiderio naturaleraquo66 e le sue umane vir-tugrave67 come viene esplicitamente affermato proprio alla fine della ldquocar-rellatardquo dei Romani virtuosi presentata nel Convivio laquoCerto e mani-festo essere dee rimembrando la vita di costoro e delli altri divini cit-tadini non sanza alcuna luce della divina bontade aggiunta sovra laloro buona natura essere tante mirabili operazioni stateraquo (Conv IVv 17)68 Ma esaltare la virtus degli antichi eroi pagani significava co-munque riconoscere alla storia dellrsquoimpero romano un valore indi-pendente da quello della sua successiva regeneratio christiana (a dif-ferenza ad esempio di quanto aveva sostenuto il discepolo di Ago-stino Orosio69 una delle fonti storiche piugrave seguite dallrsquoAlighieri)70 In

66 Giagrave esplicitamente in Conv I I 1 su cui vd ora FALZONE Desiderio della scien-za e desiderio di Dio nel Convivio di Dante cit pp 1-11

67 Si veda ad esempio Conv IV XX passim dove si definisce la vera nobiltagrave dallaquale discendono tutte le altre virtugrave (IV XVIII 1-2 XX 1-2) come quel laquoldquoseme di feli-citaderdquo messo da Dio nellrsquoanima ben postaraquo (IV XX 9) XXI passim (dove si descrivecome la nobiltagrave scende nellrsquouomo laquoprima per modo naturale e poi per modo teolo-gicoraquo (XXI 1) XXII passim (dove si tratta dellrsquolaquoappetito drsquoanimo naturaleraquo che nascelaquodella divina bontade in noi seminata e infusa dal principio della nostra generazio-neraquo) su questi capitoli del IV trattato vd sempre FALZONE Desiderio della scienza edesiderio di Dio nel Convivio di Dante cit pp 28-68 che giustamente osserva comeDante dopo aver sostenuto una concezione di nobiltagrave come specifico dono divinoelargito solo ad alcuni uomini eccezionali (IV XX-XXI) che sarebbero quasi laquoun altroDio incarnatoraquo (IV XXI 10) introduce poi delle precisazioni per cui la nobiltagrave diven-ta una potenza naturale presente in tutti gli uomini che ha bisogno dellrsquoeducazione edellrsquoimpegno per realizzarsi come virtugrave (IV XXI 13-14) laquoCosigrave egrave unrsquoistanza etica omeglio etico-politica a spiegare lrsquoaffermazione nel corpo del capitolo XXII che a nes-suno egrave consentito giustificare la propria mala condotta [hellip] adducendo a pretesto laviltagrave della sua anima poicheacute anche a colui che non abbia ricevuto ldquoda principiordquo il se-me divino (la nobiltagrave) [hellip] quel seme puograve essere innestato nellrsquoanimo per ldquomolta cor-rezione e culturardquo cioegrave attraverso lrsquoeducazione e le leggiraquo (ivi p 67)

68 E che Dante sia convinto di ciograve lo conferma ad esempio il fatto che nel Purga-torio fra i vari esempi di virtugrave contrarie ai peccati puniti nelle varie cornici si ricorre aesempi tratti anche dalla storia pre-cristiana e in particolare nel XX Canto ai vv 25-27 troviamo fra gli esempi di povertagrave opposti allrsquoavarizia accanto a quello di Maria(vv 19-24) e di San Nicola (vv 31-33) quello del Fabrizio giagrave ricordato nel Convivio

69 Cfr eg OROSIO Hist I praef 14 II 3 3-770 Cfr la voce Orosio di A MARTINA (1970) nellrsquoEnciclopedia Dantesca consula-

tabile sul sito httpwwwtreccaniitenciclopediapaolo-orosio_(Enciclopedia-Dan-tesca)

FRANCESCA FONTANELLA64

71 LUC Phars I 95 laquoFraterno primi maduerunt sanguine muriraquo Questa nettadistinzione fra Agostino e Dante riguardo al giudizio sullrsquoimpero non toglie il fattoche il primo abbia profondamente influito sullrsquoAlighieri che piugrave volte lo cita e che inMon III III 13 ne sottolinea esplicitamente lrsquoauctoritas in quanto dottore della Chie-sa ispirato direttamente dallo Spirito Santo Unrsquoutile panoramica sui vari studi che sisono occupati fin dalla fine dellrsquo800 dellrsquoinfluenza di Agostino sullrsquoopera dellrsquoAli-ghieri (anche ma non solo riguardo al pensiero politico dove piugrave marcata egrave la diffe-renza fra i due) in E BRILLI Firenze e il profeta Dante fra teologia e politica RomaCarocci 2012 pp 239-70 Nel volume lrsquoautrice mostrando come il tema della terre-na civitas sia vivo nella tradizione medievale dove diventa piugrave precisamente quellodella civitas diaboli di cui si riconoscono diverse rappresentazioni nella storia anchecontemporanea analizza nellrsquoopera dantesca la civitas diaboli sub specie Florentiae eriguardo al rapporto fra la Commedia e il De civitate Dei conclude che laquoallontanan-dosi Dante su Roma la tradizione agostiniana rimaneva viva nella sua memoria e mu-tatis mutandis Dante riutilizzograve rappresentazioni e argomenti agostiniani per forma-lizzare una materia diversa da quella in riferimento alla quale quelle rappresentazio-ni e quegli argomenti erano (in parte) nati In particolare Dante riutilizzograve il reperto-rio topico e il complesso impianto argomentativo di Agostino contro lrsquoImpero roma-no ai fini della propria polemica contro Firenzeraquo (ivi p 270)

questo modo insieme allrsquoimpero anche la stessa Urbs egrave sottratta auna valorizzazione esclusivamente cristiana alla fine del V capitolodel IV trattato infatti Dante sicuro di aver dimostrato laquoche spezialnascimento e spezial processo da Dio pensato e ordinato fosse quel-lo della santa cittaderaquo afferma laquoCerto di ferma sono oppinione chele pietre che nelle mura sue stanno siano degne di reverenza e losuolo dovrsquoella siede sia degno oltre quello che per li uomini egrave pre-dicato e aprovatoraquo (Conv IV V 20) Queste parole non solo sem-brano capovolgere il giudizio di Agostino che in De civitate XV 5 ri-cordando come allrsquoorigine dellrsquoUrbe vi fosse stato il fratricidio com-piuto da Romolo nei confronti di Remo citava la Pharsalia di Luca-no per ricordare che quelle stesse mura grondavano di sangue fra-terno71 ma affermando che lo laquosuoloraquo dove si trova la laquosanta citta-deraquo egrave laquodegno oltre quello che per li uomini egrave predicato e aprovatoraquosembrano anche voler decisamente correggere quella concezione diRoma (che si era andata affermando a partire dalla fine dellrsquoetagrave an-tica in concomitanza quindi da una parte col declino politico del-la cittagrave e dallrsquoaltra collrsquoascesa della sua importanza religiosa in quan-to sede apostolica) che aveva legato in modo esclusivo la sua ldquove-nerabilitagraverdquo al fatto che il martirio degli apostoli Pietro e Paolo avreb-

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 65

72 Cfr M MACCARONE La concezione di Roma cittagrave di Pietro e Paolo da Damasoa Leone I in Roma Costantinopoli Mosca Atti del I Seminario Internazionale di Stu-di Storici ldquoDa Roma alla terza Romardquo 21-23 aprile 1981 Napoli Edizioni Scientifi-che Italiane 1983 pp 63-85 e in particolare p 63 laquoLa Roma christiana non egrave una Ro-ma cristianizzata come poteva dirsi di ogni cittagrave del mondo greco-romano Vieneconcepita e proposta come una Roma non contrapposta alla Roma classica e imperialema che ad essa subentra e che la supera a motivo dei nuovi titoli che possiede Egrave in-fatti diversa e nuova rispetto alla vecchia Roma sia per la sua origine fatta derivaredagli Apostoli Pietro e Paolo sia per il suo nuovo volto di cittagrave santuario dei cristia-ni che ha modificato la stessa topografia urbana sia soprattutto percheacute in essa risie-de e svolge la sua azione universale la sedes apostolicaraquo Ed egrave interessante osservaresempre con MACCARONE (ivi p 72) che giagrave Rutilio Namaziano nel 417 ricordandoi limina sacra dei templi pagani che egrave andato a visitare a Roma prima della partenzaper il ritorno nella sua terra natia (De red suo I 43-46) sembri tacitamente rivendicarela sacralitagrave tradizionale dellrsquoUrbe rispetto a quella nuova dei limina apostolorum PerDante invece la ldquosacralitagraverdquo pagana e quella cristiana di Roma non sono in contrad-dizione come ben si capisce anche da Inf II 20-27 ad Enea scelto dal cielo come pa-dre laquode lrsquoalma Roma e di suo imperoraquo fu permessa la discesa agli Inferi in funzionedella laquosua vittoriaraquo e quindi dellrsquoimpero ma anche in funzione laquodel papale amman-toraquo La ldquocristianizzazionerdquo di Roma non egrave quindi una rifondazione che pone una ori-gine diversa da quella della precedente storia pagana dellrsquoUrbe percheacute proprio quel-la storia egrave stata voluta da Dio non solo per lrsquoaffermarsi dellrsquoimpero ma anche percheacuteRoma diventasse laquolo loco santo ursquo siede il successor del maggior Pieroraquo

be non solo fondato il primato della Chiesa di Roma ma quasi ldquori-fondatordquo ex-novo la cittagrave stessa 72

Cosigrave proprio alla fine della digressione sullrsquoimpero romano (cheal di lagrave della logica argomentativa con cui viene introdotta ben sicolloca lo ripetiamo in questo IV trattato del Convivio dedicato aunrsquoetica autonoma nel senso precisato sopra rispetto ad ogni finetrascendente) si riconosce a Roma un valore che se egrave sicuramenteimprescindibile da quella laquodivina bontaderaquo che ha reso possibililaquotante mirabili operazioniraquo (Conv IV V 17) non lo egrave altrettanto equesto saragrave il tema esplicito della Monarchia da quel papato checongiungendo laquola spada col pasturaleraquo (Purg XVI 109-10) ha prete-so lrsquoldquoesclusivardquo sulla cittagrave eterna

FRANCESCA FONTANELLA66

73 Secondo Dante infatti laquoAristotele quando diceva che non puograve essere del tut-to falso ciograve che pare vero ai piugrave intendeva certamente riferirsi al giudizio fondato sul-la ragione e non a quello che egrave frutto della sola apparenza sensibile Perciograve chi con-traddice lrsquoopinione del ldquovolgordquo non contrasta affatto la sua autoritagrave ma anzi la con-ferma e lrsquoonoraraquo VASOLI Introduzione cit p XLIII Ma vd anche supra n 7

13 laquoQuesto ufficiale posto di cui si parla cioegrave lo Imperadoreraquo(Conv IV IX 8)

Prima di passare allrsquoanalisi della Monarchia ricordiamo lrsquoargo-mentazione generale in cui si collocano questi capitoli che abbiamoanalizzato percheacute ciograve permette dopo aver osservato il valore attri-buito allrsquoimpero romano di specificare in esso la concezione della fi-gura imperiale Dante ha inteso dimostrare come lrsquoimperatore Fe-derico II non debba essere seguigraveto per quanto riguarda la definizio-ne della nobiltagrave ma non volendo con questa dimostrazione indurrelrsquoerrore di mettere in discussione la necessitagrave e la bontagrave dellrsquoimperoha ritenuto necessario in via preliminare ribadirne il valore (Conv IVIV-V) Dopo aver in modo analogo dedicato il VI capitolo a ribadireil valore dellrsquoautoritagrave e dellrsquoeccellenza di Aristotele fra tutti i filoso-fi nel VII afferma che egrave errata lrsquoopinione del volgo che ritiene la no-biltagrave legata alla stirpe mentre nel capitolo VIII dopo aver dimostra-to come la confutazione di questa communis opinio non sia in real-tagrave in contraddizione con il pensiero aristotelico che affermava nonpoter essere del tutto falso ciograve che pare vero ai piugrave73 asserisce che ta-le confutazione non egrave nemmeno un atto laquocontro la reverenza de loImperioraquo (Conv IV VIII 10) in quanto nel caso della definizione del-la nobiltagrave lrsquouomo non egrave laquodebitamente a la imperiale maiestagrave subiet-toraquo (Conv IV VIII 16) Tale affermazione per essere dimostrata ri-chiede ed egrave lrsquoargomento del IX capitolo la definizione degli ambitidi competenza e quindi dei limiti dellrsquoesercizio dellrsquoautoritagrave impe-riale questa laquoa perfezione dellrsquoumana vita fu trovataraquo e per questolaquoella egrave regolatrice e rettrice di tutte le nostre operazioni giusta-menteraquo (Conv IV IX 1) ma come tutto nella terra ha fine anchequesta autoritagrave ha un limite che le egrave posto da Dio (Conv IV IX 2-3)essendo chiamata a regolare non tutte le operazioni umane ma so-lo quelle che si possono realmente definire laquonostreraquo in quanto laquosu-biacciono alla ragione e alla volontade cheacute se in noi egrave lrsquooperazione

digestiva questa non egrave umana ma naturaleraquo (Conv IV IX 4) Inoltreanche riguardo alle ldquooperazioni razionalirdquo alcune74 sono sottopostealla nostra volontagrave solo nel senso che sono oggetto della nostra con-siderazione speculativa (che come tutte le attivitagrave umane egrave volonta-ria) ma non lo sono di per seacute percheacute non ne dipendono laquocheacute per-cheacute noi volessimo che le cose gravi salissero per natura suso e per-cheacute noi volessimo che rsquol silogismo con falsi principii conchiudesseveritade dimostrando e percheacute noi volessimo che la casa sedesse co-sigrave forte pendente come diritta non sarebbe perograve che di queste ope-razioni non fattori propiamente ma li trovatori semo altri lrsquoordinogravee fece maggiore fattoreraquo (Conv IV IX 6) altre ldquooperazionirdquo invececome laquooffendere e giovare [hellip] star fermo e fuggire alla battaglia[hellip] stare casto e lussuriare [hellip] del tutto suggiacciono alla nostravolontade e perograve semo detti da loro buoni e rei perchrsquoelle sono pro-pie nostre del tuttoraquo (Conv IV IX 7) In queste bisogna osservarelrsquolaquoequitaderaquo (Conv IV IX 8) ma siccome ci si puograve allontanare daquesta non solo volontariamente ma

per non sapere quale essa si sia [hellip] trovata fu la ragione scritta per mo-strarla e per comandarla [hellip] E perograve egrave scritto nel principio del Vecchio Di-gesto laquoLa ragione scritta egrave arte di bene e drsquoequitaderaquo A questa scrivere mo-strare e comandare egrave questo ufficiale posto di cui si parla cioegrave lo Impera-dore al quale tanto quanto le nostre operazioni propie che dette sono sistendono siamo subietti e piugrave oltre no (Conv IV IX 8-9)

laquoE piugrave oltre noraquo con questa limitazione si rivendica quindiunrsquoldquoautonomia del sapere dal potererdquo grazie alla quale si potragrave li-beramente procedere nei successivi capitoli del IV trattato ad ar-gomentare filosoficamente una ldquoverardquo definizione di nobiltagrave Lrsquoam-bito dellrsquoautoritagrave imperiale egrave invece un altro quello della laquoragionescrittaraquo ovvero lo abbiamo visto del diritto romano75 ed egrave compi-

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 67

74 Quelle elencate in Conv IV IX 5 laquocheacute operazioni sono che ella solamente con-sidera e non fa neacute puograve fare alcuna di quelle sigrave come sono le cose naturali e le sopra-naturali e le matematice e operazioni che essa considera e fa nel propio atto suo lequali si chiamano razionali sigrave come sono arti di parlare e operazioni sono che ella con-sidera e fa in materia di fuori di seacute sigrave come sono arti meccaniceraquo

75 Vd supra n 32 E cosigrave era stato infatti definito dai giuristi dei secoli XII-XIIIper i quali laquolrsquoesigenza [hellip] di un diritto universalmente valido la si sentiva giagrave sod-

to specifico dellrsquoimperatore formulare promulgare e far osservarequesto diritto secondo quanto Dante aveva precedentemente affer-mato nel passo sopra riportato del Convivio laquoquello che elli [scillrsquoimperatore] dice a tutti egrave legge e per tutti dee essere obedito eogni altro comandamento da quello di costui prendere vigore e au-toritaderaquo (Conv IV IV 7) Questa idea di un potere legislativo che ap-partiene specificatamente allrsquoimperatore si trovava come abbiamogiagrave osservato nel Corpus giustinianeo76 tanto che lrsquoimperatore veni-va ad identificarsi con la lex (laquolex animataraquo)77 identificazione que-sta largamente presente anche nella giurisprudenza medievale78 Ma

FRANCESCA FONTANELLA68

disfatta dal diritto dellrsquoImpero che era lo stato universale [hellip] Per di piugrave il diritto ro-mano nella sistemazione giustinianea possedeva oggettivamente un aspetto tale dicompletezza e di perfezione da poter essere accettato come il Diritto per antonoma-sia ciograve che fu detto lsquoratio scriptarsquoraquo G FASSOgrave Storia della filosofia del diritto I Anti-chitagrave e medioevo Roma-Bari Laterza 2004 p 178 Ma cfr anche P FIORELLI Sulsenso del diritto nella laquoMonarchiaraquo in laquoLetture classensiraquo 16 1987 pp 88-90 doveattraverso lrsquoetimologia della parola ragione (ratio) si ricostruisce la storia del laquocon-guaglio tra ragione e iusraquo

76 Cfr anche Cod 114121 (Imperator Justinianus) laquoQuid enim maius quidsanctius imperiali est maiestate vel quis tantae superbiae fastidio tumidus est ut re-galem sensum contemnat cum et veteris iuris conditores constitutiones quae ex im-periali decreto processerunt legis vicem obtinere aperte dilucideque definiuntraquo

77 Cfr Nov 105 2 4 laquoOmnibus enim a nobis dictis imperatoris excipiatur for-tuna cui et ipsas deus leges subiecit legem animatam eum mittens hominibusraquo Lrsquoesi-genza di persone che interpretino e incarnino la legge era giagrave stata affermata nel pen-siero filosofico greco (PLATONE Politico 293d-294c e ARISTOTELE Pol III 1284a) e aquesta tradizione accademico peripatetica aveva probabilmente attinto Cicerone nelDe legibus nel passo dove aveva affermato laquoVidetis igitur magistratus hanc esse vimut praesit praescribatque recta et utilia et coniuncta cum legibus Ut enim magistra-tibus leges ita populo praesunt magistratus vereque dici potest magistratum legemesse loquentem legem autem mutum magistratumraquo (De leg III 2) cfr F FONTANEL-LA Politica e diritto naturale nel De legibus di Cicerone Roma Edizioni di Storia eLetteratura 2012 p 80 e note La dottrina del νόμος ἔμψυχος si era perograve affermatapiugrave precisamente nellrsquoambito delle monarchie ellenistiche in connessione col potereregale ed era stata poi ripresa nel IV secolo da Temistio nelle sue orazioni (eg cfr OrV 2 64b con particolare riferimento a Teodosio XVI 212d XIX 228a)

78 Per la recezione e lo sviluppo dellrsquoidea del monarca come lex animata che si so-vrappone a partire dai secoli XII-XIII a quella del re come typus Christi predomi-nante nei secoli precedenti risulta sempre particolarmente utile e interessante la do-cumentazione e la relativa analisi in KANTOROWICZ I due corpi del re cit il capitoloIV La regalitagrave giuricentrica pp 76-165 e specialmente le pp 109-23

in questo IX capitolo del IV trattato Dante accoglie anche una defi-nizione di Ulpiano che a sua volta cita Celso e che si trova proprionellrsquoincipit del Digesto (Dig 111 pr1 laquoIuri operam daturum priusnosse oportet unde nomen iuris descendat Est autem a iustitia ap-pellatum nam ut eleganter Celsus definit ius est ars boni et aequiraquo)79colla quale attraverso la parola aequitas si collega il ius romano a unfondamento giusnaturalistico80 lrsquoAlighieri conferma cosigrave chiara-mente di intendere il diritto romano come la piugrave alta e perfetta for-ma della legge espressione del ius naturae e pertanto del vertice del-la ragione umana laquoragione scrittaraquo81 Il pensiero medievale aveva ri-preso e tentato di risolvere proprio attraverso il ricorso al dirittonaturale quella antinomia fra un laquoprinceps imago aequitatisraquo maallo stesso tempo laquoservus aequitatisraquo (cosigrave nel Policraticus di Gio-vanni di Salisbury)82 ovvero laquoiustitiae pater et filius dominus et mi-nisterraquo (cosigrave nel Liber augustalis pubblicato da Federico II)83 che

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 69

79 Tale definizione nellaMonarchia (II V 1) saragrave considerata una laquodescriptioraquo in-sufficiente a definire il diritto in quanto laquonon dicit quod quid est iuris sed describitillud per notitiam utendi illoraquo ma su questo passo vd infra

80 Il passo egrave ampiamente discusso e interpretato in questo senso in A SCHIAVO-NE Ius Lrsquoinvenzione del diritto in Occidente Torino Einaudi 2005 pp 361-71 e no-te alle pp 488-95 Cfr anche V MAROTTA Iustitia vera philosophia e natura Una no-ta sulle Institutiones di Ulpiano in Testi e problemi del giusnaturalismo romano a cu-ra di D Mantovani e A Schiavone Pavia IUSS Press 2007 pp 563-601 e FONTA-NELLA Politica e diritto naturale nelDe legibus di Cicerone cit pp 115-32 In parti-colare proprio sulla recezione dantesca dellrsquoaequitas classica in questo passo del Con-vivio e in Mon II V 1-2 si veda R RUGGIERO Una definizione del diritto in Del no-mar parean tutti contenti Studi offerti a Ruggiero Stefanelli a cura di P GuaragnellaMB Pagliara P Sabbatino L Sebastio Bari Progredit 2011 pp 142-62 pp 148-53

81 Cfr la voce Diritto Romano di F CANCELLI (1970) nellrsquoEnciclopedia Dantescaconsultabile sul sito httpwwwtreccaniitenciclopediadiritto-romano_(Enciclo-pedia-Dantesca)

82 I passi sono riportati e commentati da KANTOROWICZ I due corpi del re cit pp82-84

83 Ivi pp 84-93 con fonti Per quanto riguarda gli appellativi di iustitiae dominuse pater ricordiamo che nellrsquoantico impero da Augusto fino allrsquoetagrave degli Antonini lastoriografia giudica positivamente quegli imperatori che avevano rifiutato lrsquoappella-tivo latino di dominus (SVET Aug 53 Tib 27 TAC Ann II 87 XII 11) e quindi lrsquoar-bitrarietagrave assoluta del potere imperiale particolarmente significativo per lrsquoargomen-to che ci interessa quel passo del Panegirico di Plinio a Traiano dove dopo aver as-

trovava anchrsquoessa il suo precedente nel codice giustinianeo nellrsquoan-tinomia fra un laquoprinceps legibus solutusraquo ma allo stesso tempo laquole-gibus alligatusraquo84 La soluzione egrave cosigrave sintetizzata da Egidio Roma-

FRANCESCA FONTANELLA70

serito che laquosunt diversa natura dominatio et principatusraquo (Paneg 45) leggiamo laquoip-se te legibus subiecisti legibus Caesar quas nemo principi scripsit Sed tu nihil am-plius vis tibi licere quam nobis sic fit ut nos tibi plus velimus Quod ego nunc pri-mum audio nunc primum disco non est princeps supra leges sed leges supra prin-cipemraquo (Paneg 65 1-3) Dopo Costantino invece unrsquoiscrizione celebra ValentinianoI come laquolegum domino Romanorum iustitiae aequitatisque rectoriraquo (ILS 765) men-tre nelle Novellae (124) Giustiniano si proclameragrave laquolegis paterraquo

84 La stessa idea dellrsquoimperatore come laquolex animataraquo poteva comportare lrsquoideadella sua superioriagrave rispetto alle leggi (cosigrave in Nov 10524 riportata supra alla n 77)in modo conforme allrsquoimmagine di un laquoprinceps legibus solutusraquo di cui si puograve giagravetrovare traccia in una clausola della Lex de imperio Vespasiani (clausola da noi cono-sciuta solo attraverso la famosa epigrafe esposta nel 1347 nella Basilica di San Gio-vanni in Laterano da Cola di Rienzo) che prevedeva che limitatamente alle leggi e aiplebisciti che non avevano vincolato Augusto Tiberio e Claudio laquoiis legibusque sci-tis imp(erator) Caesar | Vespasianus solutus sitraquo (FIRA I15 ll 24-25) Tale clausolaldquodiscrezionalerdquo egrave comunque ancora ben lontana dalla massima piugrave generale del laquoprin-ceps legibus solutusraquo che si trova invece attestata dallrsquoetagrave severiana anche se in pas-si di cui si discute se il riferimento non sia invece cosigrave generale ma piuttosto anche inquesti casi rivolto a situazioni specifiche ad es in Dig 1331 (Ulpianus 13 ad l iulet pap) dove si riporta un passo di Ulpiano che si riferisce alle leges Iulia et Papia chelimitando alcune capacitagrave giuridiche dei celibi o dei coniugati senza figli facevanoeccezione per il principe che si trovasse in queste condizioni laquoPrinceps legibus solu-tus est augusta autem licet legibus soluta non est principes tamen eadem illi privile-gia tribuunt quae ipsi habentraquo Inoltre la raccolta giustinianea riporta anche quei pas-si in cui si cita questo principio per affermare perograve che non egrave opportuno applicarlocome ad esempio in Cod 6233 (Imperator Alexander Severus) laquolicet enim lex im-perii sollemnibus iuris imperatorem solverit nihil tamen tam proprium imperii est utlegibus vivereraquo (dove con laquolex imperiiraquo ci si riferiragrave probabilmente sempre alla laquolexregiaraquo) Ma cfr anche Dig 3223 (Paulus 5 sent) laquodecet enim tantae maiestati eas ser-vare leges quibus ipse solutus esse videturraquo e Inst 2178 laquosecundum haec divi quo-que Severus et Antoninus ndash (scil Settimio Severo e Caracalla) ndash saepissime rescripse-runt ldquolicet enimrdquo inquiunt ldquolegibus soluti sumus attamen legibus vivimusrdquoraquo E an-cora dopo Costantino pur se lrsquoimperatore diventa in modo quasi esclusivo legislato-re e interprete delle norme la famosa digna vox del 429 affermeragrave laquoDigna vox maie-state regnantis legibus alligatum se principem profiteri adeo de auctoritate iuris no-stra pendet auctoritas et re vera maius imperio est submittere legibus principatumraquo(Cod 1144 [Imperatores Theodosius Valentinianus]) cfr L DE GIOVANNI Il prin-cipe e la legge dalla lex de imperio Vespasiani al mondo tardoantico in La lex deImperio Vespasiani e la Roma dei Flavi cit pp 219-30

no nel suo De regimine principum (dove in I II 12 egrave ripresa anche ladefinizione del laquoprincepsraquo come laquoanimata lexraquo) laquoSciendum est re-gem et quemlibet principantem esse medium inter legem naturalemet positivam [hellip] Quare positiva lex est infra principantem sicut lexnaturalis est supra et si dicatur legem aliquam positivam esse supraprincipantem hoc non est ut positiva sed ut in ea reservatur virtusiuris naturalisraquo (III II 29)85 E poco prima Federico II proprio in ri-ferimento alle sue prerogative imperiali aveva affermato nella X As-sise di Capua laquoSed quamquam soluta imperialis a quibuscumquelegibus sit maiestas sic tamen in totum non est exempta iudicio ra-tionis que iuris est materraquo86 Lrsquoimperatore del Convivio si collocaquindi in questa tradizione del pensiero filosofico e giuridico me-dievale secondo la quale lrsquoimperatore egrave signore e artefice della leg-ge positiva ma in quanto nellrsquoesercizio di tale prerogativa segue lalegge naturale in modo da essere piugrave ldquoinventorerdquo (nel senso di ldquosco-pritorerdquo) che ldquocreatorerdquo del diritto

LrsquoAlighieri sembra perograve compiere unrsquoulteriore passo ricono-scendo alla laquofilosofica autoritaderaquo un ruolo specifico nellrsquoldquoinvenzio-nerdquo di questo diritto espressione della ratio naturale nei capitoli do-ve si era dimostrata la massima autoritagrave di Aristotele in campo filo-sofico in quanto laquola perfezione di questa moralitade per Aristotileterminata fueraquo (Conv IV VI 16) si era infatti concluso che laquonon re-pugna [la filosofica] autoritade alla imperiale ma quella sanza que-sta egrave pericolosa e questa sanza quella egrave quasi debile non per seacute maper la disordinanza della gente sigrave che lrsquouna collrsquoaltra congiunta uti-lissime e pienissime sono drsquoogni vigoreraquo (Conv IV VI 17) quasi a di-re che laquola Filosofia ha bisogno dellrsquoimpero per regolare efficacementei costumiraquo ma laquolrsquoimpero ha bisogno della filosofia per sapere comeregolare i costumi secondo giustizia e veritagraveraquo87 Nella Monarchia do-

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 71

85 KANTOROWICZ I due corpi del re cit pp 116-18 con altre fonti86 Citato ivi a p 92 dove si osserva che laquoEra una dottrina non priva di rischi

poicheacute lrsquointerpretazione della ragione poteva facilmente dipendere solo dal principe[hellip] tuttavia nella filosofia giuridica essa manteneva ancora le sembianze di una deandash una manifestazione della natura eguale a Dioraquo (ivi p 93) Ma cfr anche la voce As-sise di Capua (Federiciana 2005) a cura di A CERNIGLIARO consultabile nella edizio-ne online dellrsquoEnciclopedia Treccani (httpwwwtreccaniitenciclopediaassise-di-capua_(Federiciana))

87 GILSON Dante e la filosofia cit p 138

ve si riconosceragrave esplicitamente allrsquoimperatore il compito di condur-re laquosecundum phylosophica documenta genus humanum ad tempo-ralem felicitatemraquo (Mon III XV 10) Dante sembreragrave vagheggiare so-lo la figura dellrsquoimperatore-filosofo88 qui nel Convivio si contemplainvece anche la figura del filosofo-consigliere del principe come ri-sulta nellrsquoapostrofe rivolta ai regnanti contemporanei allrsquoAlighierilaquoOh miseri che al presente reggete e oh miserissimi che retti sietecheacute nulla filosofica autoritade si congiunge colli vostri reggimenti neacuteper propio studio neacute per consiglioraquo (Conv IV VI 19)

Lrsquoidea del filosofo-consigliere egrave vecchia almeno quanto Platonee per la sua attuazione quasi mai felice basti pensare allrsquoesempiodello stesso Platone con Dione e Dionigi di Siracusa o a quello diAristotele con Alessandro Magno o ancora a quello di Seneca conNerone e cosigrave via mentre per la figura dellrsquoimperatore filosofo ri-cordo come caso esemplare del mondo antico quello di Marco Au-relio Il fatto perograve che nel Convivio si auspichi la ldquocongiunzionerdquodella filosofia con un imperatore connotato prevalentemente in rap-porto al ius non puograve non richiamare alla mente Cicerone questinon solo aveva auspicato e in un certo senso ldquoincarnatordquo la figura delpolitico-filosofo89 ma nel De legibus dopo aver identificato la lexcon quella ratio naturale che coincide con la mens del sapiens90 ave-va affermato che proprio per questo solo il sapiens puograve riconosceree interpretare questa legge suprema (De leg I 19 62 II 8) ed inquanto sapiens aveva nel suo trattato ldquoscopertordquo ed enunciato le leg-gi conformi al ius naturae91 Dante quasi sicuramente non conosce-va il De legibus92 ma il pensiero ciceroniano trovava immediato ri-

FRANCESCA FONTANELLA72

88 Fatta eccezione per il ldquofinalerdquo della Monarchia (III XV 18) su cui vd infra (macfr sempre infra anche n 105)

89 Cfr eg CIC Fam XV 16 (del 51 aC) in cui lrsquoautore parlando di seacute e di Ca-tone afferma laquosoli [hellip] nos philosophiam veram illam et antiquam [hellip] in forum at-que in rem publicam atque in ipsam aciem paene deduximusraquo

90 De Leg II 11 laquoilla lex [hellip] est enim ratio mensque sapientis ad iubendum etad deterrendum idonearaquo cfr anche De leg I 18-19 II 8

91 Cfr FONTANELLA Politica e diritto naturale nelDe legibus di Cicerone cit pp13-14

92 I piugrave antichi codici del De legibus a noi pervenuti furono scritti in Francia a me-tagrave del IX secolo e custoditi nellrsquoabbazia di Corbie cfr P CHIESA Adoardo di Corbiee i lettori del lsquoDe legibusrsquo in etagrave carolingia in Cicerone e il diritto nella storia drsquoEuro-

scontro nella giurisprudenza romana dato che giagrave con Servio Sul-picio Rufo (giurista contemporano di Cicerone) e successivamentecon Labeone (giurista di etagrave augustea) si era realizzato laquoun punto digiuntura fra la tradizione retorico filosofica e il lavoro dei giuristi ilparadigma giusnaturalistico [hellip] sarebbe diventato da allora in poi[hellip] uno dei fili di trama della loro riflessione fino alla definitivaconsacrazione ulpianearaquo93 quando i giuristi non potendo piugrave com-petere col princeps nella creazione del ius ne assumono perograve unasorta di ldquocontrollordquo misurando e confermando i contenuti della le-gislazione in riferimento a un criterio di giustizia naturale e quindiuniversale applicabile a tutto lrsquoimpero94 Per questo aveva sostenu-to Ulpiano proprio di seguito al passo in cui riporta la definizione diius data da Celso laquocrsquoegrave chi a ragione ci chiama sacerdotesraquo95 in quan-

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 73

pa Atti del XIII Colloquium Tullianum Milano 27-29 marzo 2008 in laquoCiceronianaraquons XIII 2009 pp 101-16 Da Corbie il trattato si diffuse in Francia nella Germaniameridionale e in Inghilterra ma per la sua diffusione in Italia dobbiamo attendere ilPetrarca che conosce (e cita Fam II 2 1 6 19 XXIV 4 14) un testo che discende daunrsquoedizione del XII secolo in parte indipendente da quella dei codici di Corbie cfrAR DYCK A commentary on Cicero De legibus Ann Arbor The University of Mi-chigan Press 2004 pp 41-42 Mi parebbe quindi una pura illazione in assenza di al-tri riscontri supporre che Dante avesse conosciuto il testo in Francia sempre am-messo che si accetti come veritiera la notizia del viaggio del poeta a Parigi tramanda-ta da Boccaccio nel Trattatello in laude di Dante

93 SCHIAVONE Ius cit p 264 Ma cfr anche G FALCONE La lsquovera philosophiarsquo deilsquosacerdotes iurisrsquo Sulla raffigurazione ulpianea dei giuristi (D1111) in laquoAnnali del se-minario giuridico della Universitagrave di Palermoraquo 49 2004 (consultabile allrsquoindirizzowwwarchaeogateorgstorageFalcone1pdf) dove proprio riguardo al passo di Ul-piano riportato in Dig1111 (che riporto infra alla n 96) si ipotizza un rapporto colDe legibus di Cicerone che non si ridurrebbe a laquouna generica ispirazione o [hellip] echidi alcune idee che espresse nello scritto ciceroniano si sono sedimentate nella com-plessiva cultura di Ulpiano Piuttosto il giurista severiano dovette avere costantemen-te davanti agli occhi il De legibus come apposito modello e organizzare la propria scrit-tura esattamente (staremmo per dire fedelmente) sulla falsariga del testo di Ciceroneraquop 41 del pdf lrsquoargomentazione di questa ipotesi occupa tutte le pp 42-69

94 SCHIAVONE Ius cit pp 361-8995 laquoAl riguardo in aggiunta allrsquoeventualitagrave che Ulpiano riproponga piugrave o meno

consapevolmente lrsquooriginaria attribuzione del sapere e dellrsquooperare giuridici ai pon-tefici egrave possibile richiamare con la generalitagrave degli studiosi le parole dello stesso Ul-piano lsquosanctissima civilis sapientiarsquo e lsquoingressus sacramentirsquo o la qualifica lsquoantistes iu-risrsquo da parte di Quintiliano (Inst or XI 69) o ancora lrsquoesistenza di unrsquoepigrafe recan-

to laquoveneriamo la giustizia [hellip] aspirando se non sbaglio alla vera enon alla falsa filosofiaraquo96 Come osserva Schiavone laquoCicerone avevaa suo tempo cercato di fondare il diritto romano ex intima philoso-phia e Ulpiano stesso doveva averlo avuto ben presenteraquo nel suo ten-tativo di assimilare la propria dottrina alla filosofia in modo da tra-smettere laquolrsquoidea [hellip] che esistesse un rapporto profondo e privile-giato fra ricerca della giustizia e raggiungimento della veritagrave e che igiuristi fossero i custodi per eccellenza di questo legameraquo97 I gran-di giuristi dellrsquoetagrave dei Severi avevano quindi rivendicato a seacute questoruolo di sacerdotes del diritto prima che a partire dallrsquoetagrave costanti-niana gli imperatori diventassero non solo legislatori ma anche in-terpreti della legislazione98 La giurisprudenza medievale aveva bencompreso e fatto proprio questo ruolo di sacerdotes degli antichi giu-risti romani99 ma anche in etagrave medievale presto si dedusse che laquociograveche si confaceva ai giudici si confaceva anche al principe che do-po tutto era a capo della gerarchia giuridicaraquo100 per cui questo ran-

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te proprio lrsquoespressione lsquosacerdos iurisrsquo (CIL VI 2250)raquo FALCONE La lsquovera philoso-phiarsquo dei lsquosacerdotes iurisrsquo cit n 111

96 Cfr il giagrave citato Dig 111 pr (Ulpianus 1 inst) insieme a Dig 1111 (Ulpia-nus 1 inst) laquoIuri operam daturum prius nosse oportet unde nomen iuris descendatEst autem a iustitia appellatum nam ut eleganter Celsus definit ius est ars boni et ae-qui Cuius merito quis nos sacerdotes appellet iustitiam namque colimus et boni et ae-qui notitiam profitemur aequum ab iniquo separantes licitum ab illicito discernentesbonos non solum metu poenarum verum etiam praemiorum quoque exhortatione ef-ficere cupientes veram nisi fallor philosophiam non simulatam affectantesraquo

97 SCHIAVONE Ius cit pp 370-71 98 Per la lsquoldquosvolta costantinianardquo cfr D MANTOVANI Il diritto da Augusto al Theo-

dosianus in E GABBA-D FORABOSCHI-D MANTOVANI-E LO CASCIO-L TROIANI In-troduzione alla storia di Roma Milano LED 1999 pp 465-534 pp 505-23 e egCod 1141 (Imperator Constantinus) laquoInter aequitatem iusque interpositam inter-pretationem nobis solis et oportet et licet inspicereraquo Cod 114123 (Imperator Ju-stinianus) laquoDefinimus autem omnem imperatoris legum interpretationem sive in pre-cibus sive in iudiciis sive alio quocumque modo factam ratam et indubitatam haberiSi enim in praesenti leges condere soli imperatori concessum est et leges interpreta-ri solum dignum imperio esse oportetraquo E infatti anche se al di fuori dellrsquoambito giu-ridico Simmaco nella famosa lettera a Teodosio riguardante lrsquoaltare della Vittoriachiama gli imperatori laquoiustitiae sacerdotesraquo (Ep X 3 15)

99 Fonti in KANTOROWICZ I due corpi del re cit pp 103-107 e 119-20100 Ivi p 107

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 75

go di sacerdos venne anche trasferito ai principes101 La posizione del-lrsquoAlighieri nel Convivio appare invece piugrave vicina a quella sostenutadai giuristi dellrsquoetagrave severiana che a quella delle etagrave successive il ruo-lo specifico assegnato alla filosofia nei confronti dei governanti com-pleta infatti il riferimento alla prima parte del passo di Ulpiano e aicompiti giuridici dellrsquoimperatore in modo molto simile a ciograve che que-sti giuristi avevano sostenuto102 Cosigrave in unrsquoopera che ha come in-tento dichiarato quello di laquofare un generale convivioraquo delle bricioledi quel sapere che laquotutti li uomini naturalmente desideranoraquo (ConvI I 1) ma da cui per laquodiverse cagioniraquo possono essersi tenuti lontano(Conv I I 2-6) Dante sembra includere fra questi uomini anche chidovrebbe trovarsi al vertice del potere politico103 lrsquoimperatore ri-cordando innanzitutto che il suo potere si fonda sul diritto ovverosu una prerogativa che ne delimita lrsquoambito in quanto esistono altriambiti da lui indipendenti come quello ldquofilosoficordquo della definizio-ne della nobiltagrave poi che questo diritto egrave quella laquoragione scrittaraquo dicui egli dovrebbe essere piuttosto lrsquoinventore (nel senso dello sco-pritore) che il creatore e infine che anche in tale laquoinvenzioneraquo sa-rebbe pericoloso prescindere dalla laquofilosofica autoritaderaquo o per me-glio dire cosigrave come egrave stato osservato a proposito del passo di Ul-piano sopra ricordato laquoil sovrano poteva legiferare come gli piace-va [hellip] ma il controllo sulla corrispondenza dei suoi provvedimen-ti alla veritagrave e alla giustizia [hellip] non si trovava nelle sue mani nongli appartenevaraquo104 E questo controllo nel Convivio non spetta al

101 Ivi pp 107-109 102 E la vicinanza appare ancora piugrave evidente se si tiene conto del carattere es-

senzialmente etico che la filosofia riveste per Dante nel IV trattato del Convivio (vdsupra) e del fatto che nella contrapposizione ulpianea fra vera e falsa philosophia si ri-specchia molto probabilmente una contrapposizione risalente almeno a Platone eben presente laquonei circuiti intellettuali di I e II secolo [hellip] tra la riflessione etica chesi occupa tra gli altri temi della iustitia e dellrsquoaequitas e che egrave qualificata lsquovera phi-losophiarsquo e la dialettica fine a se stessa la sofistica una riflessione che anzicheacute ci-mentarsi con lrsquohonestum e con le virtutes egrave impegnata nelle cavillationes e nei sillogi-smi e perciograve della filosofia reca solo il nomeraquo FALCONE La lsquovera philosophiarsquo dei lsquosa-cerdotes iurisrsquo cit p 24 del pdf

103 Drsquoaltronde fra le ragioni che impediscono di dedicarsi alla sapienza Dante ri-corda proprio la laquocura civileraquo Conv I I 4

104 SCHIAVONE Ius cit p 378

giurista ma piuttosto a chi come lrsquoAlighieri laquofuggito della pasturadel vulgoraquo (Conv I I 10) si egrave innamorato di quella laquobellissima e one-stissima figlia dello Imperadore dellrsquouniverso alla quale Pittagorapuose nome Filosofiaraquo (Conv II XV 12)105

2 La Monarchia

Nella Monarchia (la cui datazione tuttora discussa egrave collocabi-le in un periodo che va dal 1308 fino al 1317-1318)106 lrsquoautore vo-

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105 Egrave interessante osservare come ha mostrato recentemente U CARPI LrsquoInfernodei guelfi e i principi del Purgatorio Milano Franco Angeli 2013 che ciograve che Dantescrive nel Convivio egrave profondamente legato allrsquoesperienza da lui vissuta nellrsquoesilioquando laquopovero e sbandato quanto si voglia inibito a scrivere dalle condizioni og-gettive e dal proprio stesso disorientamento [hellip] nelle sue dolorose pereginazioni eventurose evenienze [hellip] egrave venuto maturando sugli oggettivi fatti istituzionali e so-ciali culturali in cui si imbatte una riflessione politica sistematica tesa a ristabilire unpunto di vista e a ricomporre un quadroraquo (p 69) Cosigrave da una parte questa riflessionepolitica lo porta a teorizzare non la laquonegazione delle realtagrave politiche attuali regni co-muni feudalitagrave signorie ma la loro integrazione gerarchica dentro lrsquounitagrave imperialecon centro nella curia di Romaraquo (ibidem) dallrsquoaltra per citare un esempio partico-larmente pertinente al ruolo ldquopoliticordquo che Dante attribuisce alla filosofia nel IV trat-tato del Convivio lrsquoesperienza del 1306 alla corte di Morello Malaspina (a cui egrave rivoltalrsquoEpistola IV con cui accompagna la canzone Amor da che convien pur chrsquoio mi doglia)laquovale come concreto caso significativo e realizzatosi in curia minore del principiosecondo cui autoritagrave politica e autoritagrave filosofica sono inscindibili declinato cosigrave almassimo livello giurisdizionale ldquoCongiungasi la filosofica autoritade con la imperia-le a bene e perfettamente reggererdquoraquo (ivi p 74) Vedremo subito come anche nella Mo-narchia Dante assuma questo ruolo di laquoautoritagrave filosoficaraquo ruolo che nellrsquoapostrofeconclusiva del trattato eserciteragrave in modo esplicito e diretto nei confronti dellrsquoimpe-ratore (Mon III XV 18 su cui vd infra) Da osservare ancora che nellrsquoEpistola a Can-grande con la quale dedicheragrave il Paradiso al signore di Verona lrsquoAlighieri si include-ragrave fra coloro che laquointellectu ac ratione degentes [hellip] non ipsi legibus sed ipsis legespotius diriganturraquo (Ep XIII i 7)

106 Per uno status quaestionis con relativa discussione delle motivazioni delle va-rie datazioni si puograve recentemente vedere D QUAGLIONI Per la Monarchia di Dante(1313) in laquoIl Pensiero Politicoraquo XLV 2012 pp 149-74 (che porta a riprendere comepiugrave probabile lrsquoipotesi del 1313 nello spazio di tempo della spedizione di Enrico VIIcome giagrave affermava Boccaccio nel Trattatello in laude di Dante) e lrsquoIntroduzione di PCHIESA e A TABARRONI in Monarchia a cura di P CHIESA e A TABARRONI con la col-

lendo dare un contributo alla vita pubblica (laquoad rem publicam ali-quid afferreraquo Mon I I 2) decide di svolgere la laquonotitia utilissimaraquodella laquotemporalis monarchiaraquo (I I 5) ovvero di ciograve che comunementeegrave chiamato laquoimperiumraquo (I II 2) Nel rivendicare a seacute laquoquesto altissi-mo compito didatticoraquo Dante continua a svolgere quel ruolo che giagravesi era assunto nel Convivio laquoChe il sapiente debba mettere la pro-pria conoscenza a servizio degli altri lo aveva giagrave dichiarato aperta-mente nel Convivio [hellip] Ma ora [hellip] Dante ritaglia a seacute quello chesente come proprio compito specifico in ordine al progresso di co-noscenza dellrsquoumanitagrave quello che gli sembra spettare a lui fra tuttii sapienti e si tratta del contributo decisivo per il ldquobene esse mun-dirdquoraquo107 Dopo aver definito la monarchia come quel laquoprincipato uni-co posto sopra tutti gli altri principati temporali ndash i quali cioegrave spie-gano la loro azione tra quelle cose e su quelle cose che si misuran coltemporaquo ndash108 affronta tre problematiche ad essa relative se sia neces-

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 77

laborazione di D ELLERO Roma Salerno Editrice 2013 NECOD vol IV pp LX-LXVI do-ve i due autori pur riconoscendo specialmente tramite il confronto con le Epistole chealmeno un abbozzo dellrsquoopera dovesse essere giagrave stato costruito negli anni 1309-1313ma tenendo allo stesso tempo in conto le varie motivazioni degli studiosi che propon-gono ipotesi diverse formulano lrsquoipotesi di laquouna composizione ldquolungardquo dellrsquoopera o ndashforse meglio ndash di una ripresa successiva da parte di Dante stesso di un testo giagrave porta-to a compimento per arricchirlo precisarlo chiosarlo in una parola migliorarlo neicontenutiraquo e si chiedono laquose non sia anche a causa di una composizione non sincroni-ca che la data della Monarchia egrave risultata finora cosigrave elusiva Un processo testuale lun-go con revisioni e aggiustamenti progressivi porta inevitabilmente una diluizione de-gli elementi di databilitagrave e a un loro progressivo mascheramentoraquo (p LXVI)

107 CHIESA-TABARRONE Introduzione inMonarchia cit p XXIV Non solo se co-me abbiamo del resto appena visto nel Convivio laquoegli appariva molto preoccupato dirivendicare per seacute la qualifica di philosophusraquo nella Monarchia laquosembra piuttosto ri-tenere tale qualifica ormai pacificamente accolta e consolidata al punto da spingersiad accomunarsi ai sapienti in un plurale collettivo (ut ex hiis patet que de caelo phylo-sophamur II II 3)raquo (p XXV)

108Mon I II 2 laquoEst ergo temporalis Monarchia quam dicunt lsquoImperiumrsquo unicusprincipatus et super omnes in tempore vel in hiis et super hiis que tempore mensu-ranturraquo La traduzione di questo e dei passi successivamente citati della Monarchiasalvo indicazione contraria egrave quella di NARDI in DANTE ALIGHIERI Opere MinoriIII1 De vulgari eloquentia Monarchia a cura di PV MENGALDO-B NARDI Milano-Napoli Ricciardi 1979 dove il testo accolto egrave quello di Ricci nella collana Le operedi Dante Alighieri Edizione Nazionale a cura della Societagrave Dantesca Italiana (DANTE

ALIGHIERI Monarchia a cura di PG RICCI Milano Mondadori 1965) che egrave anche

saria al buon ordinamento del mondo se il popolo romano si sia at-tribuito a buon diritto lrsquoufficio di monarca se lrsquoautoritagrave del monar-ca dipenda direttamente da Dio o passi attraverso un suo vicario (ilpapa)109 La discussione di ognuna delle tre questioni poste occupanellrsquoordine uno dei tre libri del Trattato in particolare nei primi duelibri sono sviluppati in modo molto piugrave ampio e sistematico anchealcuni degli argomenti dei capitoli IV e V del IV libro del Convivio110Ci soffermeremo quindi piugrave in particolare su quei passi che semprea proposito di quellrsquoimpero che come si egrave visto egrave allo stesso tempolrsquoimpero di Dante e quello di Roma antica introducono elementi dinovitagrave o approfondiscono in modo originale quanto giagrave emerso dalConvivio

21 laquoSub divo Augusto monarcha existente Monarchia perfectaraquo(Mon I XVI 1-2)

Il I libro come abbiamo giagrave accennato si occupa di dimostrarela necessitagrave dellrsquoimpero al laquobene esse mundiraquo Dopo aver dimostra-to che laquoil fine di tutta quanta la societagrave umanaraquo sta in quella laquoope-razioneraquo che le egrave propria (Mon I III 1-4) si sostiene che tale laquoope-razioneraquo si rende manifesta se si considera qual egrave lrsquoultimo grado del-la potenza di tutta lrsquoumanitagrave ovvero laquola potenza o virtugrave intelletti-

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quello tuttora presente sul sito della Societagrave Dantesca e che ho quindi deciso di seguireanche per praticitagrave di consultazione nellrsquoedizione Salerno Chiesa accoglie invece inlinea di massima il nuovo testo stabilito da Shaw sempre per la medesima collana(DANTE ALIGHIERI Monarchia a cura di P SHAW Firenze Le Lettere 2009) con al-cuni ldquoaggiustamentirdquo elencati e motivati alle pp CXXXV-CXLI La differenza piugrave note-vole egrave la diversa scansione dei capitoli per la parte finale del III libro su cui vd infra

109 Mon I II 3 laquoMaxime autem de hac tria dubitata queruntur primo nanquedubitatur et queritur an ad bene esse mundi necessaria sit secundo an romanus po-pulus de iure Monarche offitium sibi asciverit et tertio an auctoritas Monarche de-pendeat a Deo inmediate vel ab alio Dei ministro seu vicarioraquo

110 Grossomodo il I libro corrisponde agli argomenti della prima metagrave del IV ca-pitolo del IV trattato del Convivio mentre il II libro a quelli della seconda metagrave delIV e del V capitolo Nel III troviamo invece un argomento non affrontato nel Convi-vio laquose lrsquoautoritagrave del Monarca romano che per diritto egrave Monarca del mondo comeegrave stato provato nel secondo libro dipenda immediatamente da Dio ovvero dallrsquoaltrovicario o ministro di Dio quale intendo che sia il successor di Pietroraquo (Mon III I 5)

varaquo (Mon I III 5-7)111 Solo lrsquoumanitagrave presa nel suo insieme (e non ilsingolo neacute altre piugrave piccole comunitagrave) puograve attuare tutta la potenzadellrsquointelletto (Mon I III 8 e IV l)112 ma osserva Dante (esplicitan-do cosigrave ciograve che era stato lasciato implicito nel IV capitolo del IV trat-tato del Convivio ovvero il motivo per cui lrsquoImpero necessario allapace fosse per questo necessario alla felicitagrave del genere umano) so-lo laquonella quiete ossia nella serenitagrave della pace il genere umano sitrova in condizione di attendere senza intoppi e difficoltagrave alla suapropria operazione [hellip] Dal che egrave manifesto che la pace universa-le egrave la piugrave desiderabile di tutte le cose che sono ordinate alla nostrabeatitudineraquo (Mon I IV 2)113 Il riconoscimento che la pax universa-

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111 Cfr ARISTOTELE Ethica I 1097b -1098a Conv I I 1 e ARISTOTELEMetaphisi-ca I 980 a

112 Cfr ARISTOTELE De anima II 415a-415b e il commento di Nardi (ALIGHIERI

DANTE Opere Minori III1 cit p 298) ad I III 8 laquoLegato comrsquoegrave allrsquoorganismo per suanatura tanto per Dante quanto per Sigieri quanto per Averroegrave e in fondo anche persan Tommaso che a suo modo egrave pur sempre aristotelico lrsquointelletto umano per seacute stes-so egrave pur sempre ldquotabula rasardquo se esso non traesse dallrsquoesperienza sensibile i concettiintelligibili che ne attuano la pura potenzialitagrave Quindi anche lrsquointelletto umano [hellip]ha bisogno per essere sempre e dovunque attuato nella sua potenza o capacitagrave drsquoin-tendere di una molteplicitagrave di individui sparsi sulla terra dai quali tragga le immaginisensibili necessarie al suo passaggio dalla potenza allrsquoattoraquo Dante nel passo successi-vo (Mon I III 9) si richiama esplicitamente al commento di Averroegrave al De anima di Ari-stotele ma allo stesso tempo se ne distanzia in quanto Averroegrave ammette soltanto un uni-co intelletto possibile per tutto il genere umano mentre laquociograve che Dante richiede perottenere lo stesso risultato egrave [hellip] quella societagrave universale di tutti gli intelletti possibi-li individuali che costituisce il genere umanoraquo GILSON Dante e la filosofia cit p 158Cosigrave ancora GARFAGNINI Monarchia manifesto di libertagrave e responsabilitagrave civile cit pp16-18 Anche CHIESA-TABARRONE Introduzione in Monarchia cit pp LII-LIII so-stengono che Dante non segue Averroegrave laquonel fare dellrsquointelletto possibile una sostanzaseparata indipendenteraquo (come il poeta afferma espressamente anche in Purg XXV 62-66) ma che mantiene comunque separata laquoda un lato la necessitagrave dellrsquoesistenza di unamoltitudine di esseri umani che realizzano sempre tutti insieme [hellip] la potenzialitagrave deivari intelletti possibili e dallrsquoaltro la necessitagrave politica di un coordinamento politicouniversale per lo scopo comune ultimo [hellip] la realizzazione della scienza universaleraquo

113Mon I IV 1-2 laquoSatis igitur declaratum est quod proprium opus humani generistotaliter accepti est actuare semper totam potentiam intellectus possibilis [hellip] Genushumanum in quiete sive tranquillitate pacis ad proprium suum opus [hellip] liberrimeatque facillime se habet Unde manifestum est quod pax universalis est optimum eo-rum que ad nostram beatitudinem ordinanturraquo

lis egrave laquoil mezzo piugrave acconcio per arrivare a quello cui sono ordinatecome a fine ultimo tutte le nostre azioniraquo viene posto dallrsquoautore co-me laquoprincipio onde muovono tutti i ragionamenti che seguirannoraquo(Mon I IV 5)114 ovvero le undici argomentazioni svolte nel I libroper dimostrare che lrsquoImpero egrave necessario al benessere del mondo leprime dieci sono tutte laquodi ragioneraquo non si basano cioegrave sulle sacrescritture o su argomenti di fede ma si fondano su premesse filosofi-che-metafisiche115 in alcuni casi piugrave direttamente connesse allrsquoattivi-tagrave pratica di governo (dimostrando che laquola monarchia assicura alpiugrave alto grado la giustizia la libertagrave la concordiaraquo)116 Lrsquoultima lrsquoun-dicesima si basa invece su un fatto storico Dante ricorda una laquoex-perientia memorabilisraquo che rende testimonianza alle precedenti ar-gomentazioni ovvero il fatto che il momento dellrsquoincarnazione egrave av-venuto quando laquofu monarca il divo Augustoraquo cioegrave sotto una laquoMo-narchia perfettaraquo quando lrsquoumanitagrave era laquofelice nella tranquillitagrave diuna pace universaleraquo (Mon I XVI 1-2)117 mentre da quando lrsquounitagravedellrsquoimpero egrave stata infranta118 il genere umano egrave stato ed egrave sconvol-

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114Mon I IV 5 laquoEx hiis ergo que declarata sunt patet per quod melius ymo perquod optime genus humanum pertingit ad opus proprium et per consequens visumest propinquissimum medium per quod itur in illud ad quod velut in ultimum finemomnia nostra opera ordinantur quia est pax universalis que pro principio rationumsubsequentium supponaturraquo

115 Fra queste ricordo percheacute lrsquoabbiamo giagrave trovata in Conv IV IV 5 la prima di-mostrazione (fondata su Aristotele Politica I 1254a) laquoquando aliqua plura ordinan-tur ad unum oportet unum eorum regulare seu regere alia vero regulari seu regiraquo(Mon I V 3) vd supra n 25

116 CHIESA-TABARRONE Introduzione inMonarchia cit p XX117Mon I XVI 1-2 laquoRationibus omnibus supra positis experientia memorabilis at-

testatur status videlicet illius mortalium quem Dei Filius in salutem hominis homi-nem assumpturus vel expectavit vel cum voluit ipse disposuit Nam si a lapsu pri-morum parentum qui diverticulum fuit totius nostre deviationis dispositiones ho-minum et tempora recolamus non inveniemus nisi sub divo Augusto monarcha exi-stente Monarchia perfecta mundum undique fuisse quietum Et quod tunc huma-num genus fuerit felix in pacis universalis tranquillitateraquo

118 Il valore ldquosacrordquo dellrsquoimpero egrave sottolineato anche dal fatto che Dante alludealla sua disintegrazione con lrsquoimmagine di laquotunica ista inconsutilisraquo lacerata dalla laquocu-piditatis ungueraquo laquoQualiter autem se habuerit orbis ex quo tunica ista inconsutilis cu-piditatis ungue scissuram primitus passa est et legere possumus et utinam non vide-reraquo (Mon I XVI 3 e cfr anche III X 5) Nel Medioevo era invece attestata la tradizio-

to da tempeste e disgrazie (Mon I XVI 3-4)119 Per quanto riguarda ilI libro questo egrave il riferimento piugrave significativo allrsquoimpero di Romagarante di quella laquopax universalisraquo che sola ha permesso allo laquohu-manum genusraquo di vivere laquofelix in pacis universalis tranquillitateraquo (lalaquovita feliceraquo del Convivio IV IV 1) significativo innanzitutto percheacuteconferma quanto giagrave emerso nel precedente trattato e cioegrave che perDante lrsquoideale dellrsquoimpero universale non egrave unrsquoutopia ma egrave statorealizzato nella storia da una laquoexperientia memorabilisraquo lrsquoimperoaugusteo120 E inoltre percheacute se egrave vero che laquolrsquoincessante evocazionedella pace della ldquopax et tranquillitasrdquoraquo nella Monarchia rimanda allaquoprogramma politico di Enrico VIIraquo cosigrave come egrave documentato nel-le costituzioni pisane del 2 aprile 1313121 egrave anche vero che Dantecollocando lrsquoattuazione di questa pax nellrsquoetagrave di Augusto attesta il

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ne che riferiva tale immagine alla comunione inscindibile dei credenti cfr S CRI-STALDI Dante di fronte al Gioachimismo Caltanisetta-Roma Salvatora Sciascia Edi-tore 2000 pp 279 e 303 Vedono nel passo un riferimento alla donazione di Co-stantino (che Dante menzioneragrave esplicitamente alla fine del II libro [Mon II XI 8] edi cui tratteragrave specificatamente nel III [Mon III X]) CHIESA-TABARRONE Introdu-zione inMonarchia cit p XXXVI e Commento p 70 ad loc

119Mon I XVI 3-4 laquoQualiter autem se habuerit orbis ex quo tunica ista inconsu-tilis cupiditatis ungue scissuram primitus passa est et legere possumus et utinam nonvidere O genus humanum quantis procellis atque iacturis quantisque naufragiis agi-tari te necesse est dum bellua multorum capitum factum in diversa conarisraquo Ma cfranche il sect 3 dellrsquoEpistola VI indirizzata ai Fiorentini nel 1311 laquosolio augustali vacan-te totus orbis exorbitatraquo

120 E ricordiamo che nel Convivio (IV V 8) tale esperienza era stata giudicata ir-ripetibile laquoNeacute rsquol mondo mai non fu neacute saragrave sigrave perfettamente disposto come allora chealla voce drsquoun solo principe del roma[n] populo e comandatore si [descrisse sigrave] co-me testimonia Luca evangelista E perograve [che] pace universale era per tutto che maipiugrave non fu neacute fiaraquo Significativo che nellrsquoEpistola indirizzata ad Arrigo VII in occasionedella sua discesa in Italia la consapevolezza che ormai non esiste piugrave la perfetta mo-narchia universale di Augusto (a cui anche nellrsquoepistola ci si riferisce al sect 14) si espri-ma insieme alla convinzione che lrsquoimpero continui ad avere una vocazione ecumeni-ca secondo la prospettiva virgiliana laquoRomanorum gloriosa potestas nec metis Ytalienec tricornis Europe margine coarctatur Nam etsi vim passa in angustum guberna-cula sua contraxerit undique tamen de inviolabili iure fluctus Amphitritis attingensvix ab inutili unda Oceani se circumcingi dignatur Scriptum etenim nobis est ldquoNas-cetur pulcra Troyanus origine Cesar imperium Occeano famam qui terminet as-trisrdquoraquo (Ep VII 11-13 e il riferimento egrave evidentemente a VERG Aen I 286-87)

121 QUAGLIONI Per la Monarchia di Dante (1313) cit p 160

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122 Dallrsquoetagrave augustea la pace diventa laquosinonimo di impero romano inteso comemondo abitato dallrsquoumanitagrave civile a cui lrsquoimpero assicura la paceraquo (M SORDI Intro-duzione dalla lsquokoinegrave eirenersquo alla lsquopax Romanarsquo in laquoContributi dellrsquoIstituto di Storia an-tica dellrsquoUniversitagrave del Sacro Cuoreraquo 11 1985 pp 3-16 p 13) come proclamano idocumenti ufficiali gli storici i poeti le legendae delle monete e le epigrafi durantetutto il periodo imperiale basti pensare al famoso passo del sesto libro dellrsquoEneide diVirgilo nel quale si riserva al popolo romano la ldquomissionerdquo di laquoregere imperio popu-los [hellip] pacisque imponere moremraquo (851-52) e cfr G PICONE laquoPacatum reget or-bemraquo Etagrave dellrsquooro e tema della pace nei poeti augustei in La pace nel mondo antico At-ti del Convegno nazionale di studi (Torino 9-11 aprile 1990) a cura di R Uglione To-rino Associazione Italiana di Cultura Classica 1991 pp 191-210 I LANA Lrsquoidea del-la pace nellrsquoantichitagrave S Domenico di Fiesole Cultura della Pace 1991 pp 79-101A ARNALDI Motivi di celebrazione imperiale su monete ed epigrafi in laquoRivista Italia-na di Numismaticaraquo 82 1980 pp 85-107 Del resto anche prima dellrsquoetagrave imperialelaquoi Romani quando sono in guerra e dichiarano che il loro scopo egrave quello di ldquopacemdare leges paci imponere pacarerdquo [hellip] intendono dire che con la guerra mirano a rea-lizzare una situazione di superioritagrave che consenta loro di dettare allrsquoavversario le con-dizioni per lrsquoinstaurazione di un certo rapporto fra Roma e il nemico vinto In questosenso preciso essi ldquopacem dantrdquo ai vintiraquo LANA Lrsquoidea della pace nellrsquoantichitagrave citp 56

123 Per altri compendi medievali conosciuti dallrsquoAlighieri cfr CHIESA-TABARRO-NE in Monarchia cit p 69 ad I XVI 2

ldquosuccessordquo di uno dei motivi piugrave forti della propaganda del prin-ceps122 quello appunto di una pax che si trova inscindibilmente as-sociata al suo impero sia nella tradizione pagana sia in quella cri-stiana laquoEt quod tunc humanum genus fuerit felix in pacis univer-salis tranquillitate hoc ystoriographi omnes hoc poete illustres hocetiam scriba mansuetudinis Cristi testari dignatus est et deniquePaulus ldquoplenitudinem temporisrdquo statum illum felicissimum appella-vitraquo (Mon I XVI 2) Fra gli ystoriographi conosciuti a Dante fra gliantichi oltre Orosio vi saranno sicuramente Eutropio e Floro123mentre ricordando i poete lrsquoAlighieri si riferiragrave sicuramente a Virgi-lio (lo laquoscriba mansuetudinis Cristiraquo egrave invece lrsquoevangelista Luca) Eda Virgilio piugrave che da Orosio Dante assume la prospettiva con cuiguardare al principato augusteo per Orosio infatti il regno di Au-gusto era stato preparato da Dio laquoventuri Christi gratiaraquo (Hist VI 204) e la sua importanza risiedeva esclusivamente nella sua funziona-litagrave alla nascita di Cristo del resto lo abbiamo accennato per lo sto-rico la vera grandezza dellrsquoimpero era stata raggiunta in un periodo

successivo a quello augusteo solo grazie alla sua regeneratio chri-stiana124 Per Dante invece i due eventi impero di Augusto e nasci-ta di Cristo sono concomitanti non egrave esistito mai momento piugrave fe-lice per lrsquoumanitagrave dopo la caduta dovuta al peccato originale diquello in cui lrsquoimpero augusteo assicurograve la pace tanto che il figlio diDio potrebbe aver laquodispostoraquo o addirittura laquoattesoraquo proprio quelmomento per la sua incarnazione laquostatus videlicet illius mortaliumquem Dei Filius in salutem hominis hominem assumpturus vel ex-pectavit vel cum voluit ipse disposuitraquo (Mon I XVI 1)125 E la frase diSan Paolo sulla laquopienezza dei tempiraquo come egrave stato osservato126 ecome vedremo meglio anche in seguito sembra definitivamente au-torizzare lrsquoAlighieri a far sua lrsquointerpretazione virgiliana dellrsquoetagrave au-gustea come la nuova etagrave dellrsquooro in cui laquovere tempus et temporaliaqueque plena fueruntraquo (Mon I XVI 2)

22 laquoIustitia potissima est solum sub monarcharaquo (Mon I XI 2)

Vi sono altri passi della Monarchia in cui Dante pur non men-zionando esplicitamente Roma attribuisce allrsquoimpero del suo tem-po alcune ldquoqualitagraverdquo che caratterizzavano lrsquoantico impero romano sitratta come quello della ldquopacerdquo di motivi ampiamente diffusi cheattestano la vitalitagrave e quindi in un certo senso lrsquoattualitagrave di alcunitratti specifici del ldquomodellordquo romano che la scoperta e la rielabora-zione del Corpus Iuris Iustinianeum da parte dei giuristi medievalicontribuivano a proporre e a diffondere127

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124 Vd supra nn 69-70125 In Conv IV V 9 riferendosi alla contemporaneitagrave fra la nascita di David e la

venuta di Enea nel Lazio (su cui vd supra nn 44-45) Dante aveva invece affermatolaquoOh ineffabile e incomprensibile sapienza di Dio che a una ora per la tua venuta inSiria suso e qua in Italia tanto dinanzi ti preparastiraquo Ma cfr anche il sect 26 dellrsquoEpi-stola V indirizzata ai principi drsquoItalia in occasione della venuta di Arrigo VII in ItalialaquoEt si hec que uti principia sunt ad probandum quod queritur non sufficiunt quisnon ab illata conclusione per talia precedentia mecum oppinari cogetur pace videli-cet annorum duodecim orbem totaliter amplexata que sui sillogizantis faciem Dei fi-lium sicuti opere patrato ostenditraquo

126 Cfr CHIESA-TABARRONE Introduzione inMonarchia cit p XXXVII127 Dopo la caduta dellrsquoimpero e i secoli ldquobuirdquo dellrsquoalto medioevo il diritto ro-

Innanzitutto lrsquoimpero proprio tramite lrsquoimperatore egrave per Dan-te lrsquounica istituzione capace di garantire la giustizia ai popoli sui qua-li si estende Ad esempio nella sesta argomentazione riguardante lanecessitagrave di risolvere le controversie si sostiene che se si ha un dis-sidio tra due prigravencipi di pari autoritagrave saragrave necessario un terzo di piugravealto potere che giudichi e decida (Mon I X 3 laquooportet esse tertiumiurisdictionis amplioris qui ambitu sui iuris ambobus principeturraquo)se questo terzo non fosse lrsquoimperatore vuol dire che ci sarebbe bi-sogno di un altro con autoritagrave superiore e si innescherebbe un pro-cesso allrsquoinfinito il che egrave impossibile (Mon I X 5) per questo biso-gna arrivare laquoad iudicem primum et summum de cuius iudicio cun-cta litigia dirimantur sive mediate sive inmediate et hic erit Monar-cha sive Imperatorraquo (ibidem)

Tutta la settima argomentazione poi riguarda la giustizia128 e lasua attuabilitagrave sempre grazie al potere imperiale il mondo egrave infattiordinato nel miglior modo quando in esso vrsquoegrave il massimo di giusti-zia e per questo Virgilio nella IV egloga volendo esaltare i suoi tem-pi aveva affermato laquoIam redit et Virgo redeunt Saturnia regnaraquo (v5) intendendo con Virgo proprio la giustizia e con laquoSaturnia regnaraquoquegli laquooptima tempora que etiam ldquoaureardquo nuncupabantraquo infattilaquoiustitia potissima est solum sub Monarcharaquo (Mon I XI 1-2)129 Di

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mano riaffiorato nellrsquoXI secolo tramite la riscoperta dei Digesta egrave posto da allora laquoalcentro di unrsquoattenzione ininterrotta che ha radicato un modello giuridico neoroma-no nel cuore stesso del mondo moderno attraverso un percorso iniziato nelle rinatecittagrave dellrsquoItalia medievale e arrivato sino al cuore dellrsquoEuropa borgheseraquo SCHIAVO-NE Ius cit p 14 ma si veda tutto il primo capitolo Diritto romano e Occidente mo-derno pp 5-18

128 Per le fonti aristoteliche (con il commento tomistico) dei primi paragrafi diquesto capitolo (Mon I XI 3-5) nei quali si definisce la giustizia laquode se et in proprianatura considerataraquo come laquoquaedam rectitudo sive regula obliquum hic inde abi-ciensraquo (XI 3) cfr ad loc i commenti di NARDI (ALIGHIERI DANTE Opere Minori III1cit pp 328-34) e di CHIESA-TABARRONE inMonarchia cit pp 39-40

129Mon I XI 1-2 laquoPreterea mundus optime dispositus est cum iustitia in eo po-tissima est Unde Virgilius commendare volens illud seculum quod suo tempore sur-gere videbatur in suis Buccolicis cantabat ldquoIam redit et Virgo redeunt Saturnia re-gnardquo lsquoVirgorsquo nanque vocabatur iustitia quam etiam lsquoAstreamrsquo vocabant lsquoSaturniaregnarsquo dicebant optima tempora que etiam lsquoaurearsquo nuncupabant Iustitia potissima estsolum sub Monarcha ergo ad optimam mundi dispositionem requiritur esse Monar-chiam sive Imperiumraquo Da ossevare che nella VII Epistola indirizzata a Arrigo VII laquodi-

questrsquoultima affermazione non si puograve dubitare in quanto egrave chiaroche la giustizia raggiunge il suo massimo lagrave dove il contrasto egrave mini-mo (Mon I XI 5) sia nel campo della volontagrave sia nel campo del po-tere in effetti egrave indispensabile una volontagrave pura da ogni desiderioe una completa possibilitagrave di dare a ciascuno ciograve che gli egrave dovuto(Mon I XI 6-7 dove riecheggia la celebre definizione romana di iu-stitia che comanda di laquosuum cuique tribuereraquo)130 Ma soltanto lrsquoim-peratore ha volontagrave pura da ogni desiderio (egli che tutto posse-dendo egrave libero dalla cupidigia) e soltanto lrsquoimperatore ha il mag-giore potere possibile dunque soltanto se crsquoegrave un monarca la giusti-zia si realizza compiutamente (Mon I XI 8-12) Anzi egli possiedequel retto amore per gli uomini che rafforza la giustizia in quantocerca proprio la pace che della giustizia egrave frutto (Mon I XI 13-15)

E ancora nella nona argomentazione dove si vuole dimostrareche chi puograve garantire la migliore condizione di governo allrsquoumanitagraveegrave chi si trova nella condizione migliore di governo (Mon I XIII 1) do-po aver richiamato ma in toni piugrave realistici quanto affermato nel -lrsquoXI capitolo ovvero che il monarca laquonon ha alcun incentivo alla cu-pidigia o se mai il piugrave piccolo rispetto a tutti gli altri mortaliraquo si so-stiene che laquopoicheacute soltanto la cupidigia corrompe il giudizio e im-pedisce la giustiziaraquo il monarca egrave il piugrave adatto a governare laquoper la ra-gione che piugrave di tutti gli altri egli puograve avere giudizio e giustizia duecose che piugrave di tutte si addicono a chi fa la legge e a chi pon manoad essaraquo131

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vina providentia Romanorum Regi et semper Augustoraquo Dante afferma che quandolrsquoimperatore varcograve le Alpi laquoTunc plerique vota sua prevenientes in iubilo tam Satur-nia regna quam Virginem redeuntem cum Marone cantabantraquo (Ep VII 6)

130Mon I XI 7 laquonam cum iustitia sit virtus ad alterum sine potentia tribuendi cui-que quod suum est quomodo quis operabitur secundum illamraquo La prima attesta-zione di questa definizione di iustitia egrave nella Rhetorica ad Herennium (Rhet Her III3 laquoiustitia est aequitas ius uni cuique retribuens pro dignitate cuiusqueraquo) si ritrovapoi in tutta lrsquoopera ciceroniana (CIC De inv II 160 De rep III 18 Part or 130 Top9 90 De fin V 65 De nat deor III 38 e De off I 15 II 78 III 43) e viene successiva-mente ripresa anche nel Digesto laquoIustitia est constans et perpetua voluntas ius suumcuique tribuendiraquo (Dig 1110 pr)

131 Mon I XIII 7 laquoCum ergo Monarcha nullam cupiditatis occasionem haberepossit vel saltem minimam inter mortales ut superius est ostensum quod ceteris prin-cipibus non contingit et cupiditas ipsa sola sit corruptiva iudicii et iustitie prepediti-

Questi passi della Monarchia ben si collocano nel contesto dellagiurisprudenza medievale che accogliendo nella seconda metagrave delXIII secolo la tradizione aristotelica del giudice perfetto come di-kaion empsuchon132 trasferigrave questa immagine al sovrano che diven-ta iustitia animata in modo che laquola similitudine aristotelica dello iu-stum animatum riguardante il giudice [hellip] venisse considerata unamera variante della ben nota definizione di Giustiniano del princi-pe come lex animataraquo133 E anche le precedenti osservazioni dante-sche a proposito del ruolo dellrsquoimperatore come supremo giudicenelle controversie trovano un immediato riscontro nella dottrina deigiuristi medievali laquosur lrsquoempire et la souveraineteacute impeacuteriale commeprincipe ordonnateur universel crsquoest-agrave-dire comme garantie ldquosou-verainerdquo drsquoun ordre juridique ancreacute dans lrsquoideacutee de iurisdictio edrsquoexercise de la justiceraquo dottrina che laquose manifeste avec une cer-taine emphase justement durant lrsquoeacutepoque de la crise de lrsquouniversa-lisme et au moment de lrsquoeacutepiphanie de nouvelles formes de pouvoiragrave la recherche drsquoune leacutegitimationraquo134

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va consequens est quod ipse vel omnino vel maxime bene dispositus ad regendum es-se potest quia inter ceteros iudicium et iustitiam potissime habere potest que duoprincipalissime legis latori et legis executori conveniuntraquo

132 ARISTOTELE Eth V 1132a (iustum animatum nel commento di Tommaso alpasso aristotelico)

133 KANTOROWICZ I due corpi del re cit p 115 e tutte le pp 114-16 dove sonoriportate le fonti (Tommaso Pietro drsquoAlvernia Giovanni da Parigi Baldo AlbertoMagno ed Egidio Romano) attraverso le quali si osserva il passaggio dellrsquoimmaginedellrsquoiustum animatum dal iudex al rex e infine la definizione di questrsquoultimo sia co-me lex che come iustitia animata

134 D QUAGLIONI Empire et monarchie aspects du deacutebat juridique in Ideacutees drsquoEm-pire en Italie et en Espagne (XIVe-XVIIe siegravecle) sous la direction de F Creacutemoux et J-L Fournel Mont-Saint-Aignan Publications des Universiteacutes de Rouen et du Havre2010 pp 37-46 p 39 e p 38 laquoLa foi dans lrsquoempire est chez ces juristes [hellip] la foisdans un principe qui valide tout autre processus drsquoexercise du pouvoir et lrsquoempereurest le fondament de cette validiteacute [hellip] (lex animata selon lrsquoexpression justinienne demecircme que la lois est un inanimatus princeps)raquo Al saggio di QUAGLIONI rimando perla precedente bibliografia [ricordo solo P COSTA Iurisdictio Semantica del potere po-litico nella pubblicistica medievale (1100-1433) Milano Giuffregrave 20022 (1 ed 1969) eP GROSSI Lrsquoordine giuridico medievale Roma-Bari Laterza 1995] e per le testimo-nianze giuridiche medievali di cui riporto percheacute particolarmente significativo perun confronto colla Monarchia dantesca un passo di Bartolo del 1354 sulle ldquorappre-saglierdquo (il testo egrave pubblicato in D QUAGLIONI Il proemio del bartoliano laquoTractatus re-

Ma voglio accostare alle due argomentazioni dantesche anche duepassi di autori antichi e non di giuristi in cui veniva sottolineata que-sta funzione dellrsquoimperatore romano come supremo e imparziale giu-dice Leggiamo nel Panegirico rivolto da Plinio a Traiano (inizio delII secolo dC) laquoTu non siedi in tribunale solo intento ad arricchireil fisco neacute altro profitto ti viene dalla tua sentenza che la coscienzadrsquoaver bene giudicato [hellip] Opera veramente degna drsquoun principe[hellip] riconciliare cittagrave rivali placare piugrave con la ragione che con la for-za popoli inquieti opporsi alle ingiustizie dei magistrati annullaretutto ciograve che che non si sarebbe dovuto fareraquo135 E nellrsquoencomio ARoma probabilmente pronunciato davanti allrsquoimperatore Adriano(metagrave del II secolo dC) Elio Aristide sostiene

Nei regimi democratici non egrave possibile dopo che il verdetto egrave stato datonella cittagrave rivolgersi altrove neacute ad altri giudici ma egrave necessario rassegnarsi al-le decisioni prese [hellip] (invece nel vostro impero neacute chi sia stato condannatoegrave costretto ad accettare una sentenza) ingiusta neacute chi abbia intentato un pro-cesso e non abbia avuto successo egrave costretto ad accettare la sconfitta ma pres-so di voi rimane un altro giudice supremo a cui nulla mai sfugge di ciograve che ri-guarda la giustizia E qui si realizza una grande e bella uguaglianza fra il de-bole e il forte fra lo sconosciuto e il famoso fra il povero e il ricco e fra chi egravedi oscure origini e chi egrave nobile e si verifica il detto di Esiodo ldquofacilmente ren-de potente facilmente abbassa il potenterdquo questo giudice e signore condottodalla giustizia come la nave egrave condotta dal vento che non favorisce e proteg-ge di piugrave il ricco e meno il povero ma aiuta nello stesso modo chiunque gli ca-piti di incontrare sulla sua strada)136

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presaliarumraquo in laquoPluteusraquo II 1984 pp 85-92) laquoPostea vero peccata nostra merue-runt quod Romanum Imperium prostratum iaceret per tempora multa et reges etprincipes ac etiam civitates maxime in Italia saltem de facto in temporalibus dominumnon agnoscerunt propter quod de iniustiis ad superiorem non potest haberi regressuscoeperunt represaliae frequentariraquo

135 PLIN Pan 80 laquoNon locupletando fisco sedes nec aliud tibi sententiae tuaepretium quam bene iudicasse [hellip] O vere principis [hellip] reconciliare aemulas civita-tes tumentesque populos non imperio magis quam ratione compescere intercedereiniquitatibus magistratuum infectumque reddere quidquid fieri non oportueritraquo Latraduzione egrave quella di Malcovati in PLINIO IL GIOVANE Il Panegirico di Traiano testocritico traduzione e commento a cura di E MALCOVATI Firenze Sansoni 1949

136 ELIO ARISTIDE A Roma 38-39 Mia la traduzione qui e infra (in ELIO ARISTI-DE A Roma Traduzione e commento a cura di F FONTANELLA introduzione di PDESIDERI Pisa Edizioni della Normale 2007)

Si tratta di due autori non conosciuti allrsquoAlighieri137 ma non sipuograve comunque fare a meno di osservare la profonda consonanza fraldquoantichirdquo e ldquomedievalirdquo nel riconoscere allrsquoimperatore il ruolo di giu-dice supremo capace proprio in quanto diretto interprete della giu-stizia di assicurare la pace alla societagrave civile

23 laquoSed existens sub monarcha est potissime liberumraquo (Mon IXII 8)

In secondo luogo per Dante lrsquoimpero garantisce la libertas Tut-ta lrsquoottava argomentazione del I libro della Monarchia egrave imperniatasul problema della libertagrave il cui primo fondamento egrave il libero arbi-trio138 cioegrave il giudizio non prevenuto e quindi non mosso dagli ap-petiti (Mon I XII 3-4)139 il piugrave gran dono fatto da Dio alla naturaumana percheacute ne dipende la nostra felicitagrave sulla terra in quanto es-seri mortali e la nostra felicitagrave in cielo in quanto esseri immortali(Mon I XII 6)140 laquoSe egrave cosigrave ndash chiede lrsquoAlighieri ndash chi mai oserebbe ne-

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137 Il caso di Elio Aristide egrave evidente Ma anche per quanto riguarda Plinio ilGiovane il Panegirico fu riscoperto solo nel XV secolo e lrsquoepistolario conosciuto inmodo limitato nel Medioevo fu probabilmente sconosciuto a Dante cfr la vocePlinio il Giovane di G BRUGNOLI (1970) nellrsquoEnciclopedia Dantesca (httpwwwtrec-caniitenciclopediaplinio-il-giovane_(Enciclopedia-Dantesca))

138 Mon I XII 2 laquosciendum quod principium primum nostre libertatis est liber-tas arbitrii quam multi habent in ore in intellectu vero pauciraquo

139 Mon I XII 3-4 laquoEt ideo dico quod iudicium medium est apprehensionis etappetitus nam primo res apprehenditur deinde apprehensa bona vel mala iudicaturet ultimo iudicans prosequitur sive fugit Si ergo iudicium moveat omnino appetitumet nullo modo preveniatur ab eo liberum est si vero ab appetitu quocunque modopreveniente iudicium moveatur liberum esse non potest quia non a se sed ab aliocaptivum trahiturraquo

140Mon I XII 6 laquoHoc viso iterum manifestum esse potest quod hec libertas siveprincipium hoc totius nostre libertatis est maximum donum humane nature a Deocollatum ndash sicut in Paradiso Comedie iam dixi ndash quia per ipsum hic felicitamur ut ho-mines per ipsum alibi felicitamur ut diiraquo Il rimando egrave evidentemente a Paradiso V 19-24 laquoLo maggior don che Dio per sua larghezza fesse creando e a la sua bontate piugrave conformato e quel chrsquoersquo piugrave apprezza fu de la volontagrave la libertate di che lecreature intelligenti e tutte e sole fuoro e son dotateraquo ma lrsquoautenticitagrave di questo in-ciso egrave ancora discussa cfr QUAGLIONI Per la Monarchia di Dante (1313) cit pp156-57 e note

gare che il genere umano viva felice sol quando puograve far il maggioreuso di questo principioraquo E dichiara laquoOra esso (scil il genere uma-no) egrave sommamente libero se vive sotto il Monarcaraquo (Mon I XII 7-8)La dimostrazione parte dalla citazione del passo della Metafisica diAristotele (Metaph I 982b) nel quale si definisce libero ciograve che laquoap-partiene a seacute stesso e non ad altriraquo Ma solo sotto lrsquoimperatore laquosonraddrizzati i governi obliqui ndash cioegrave le democrazie le oligarchie e letirannidi ndash che costringono in servitugrave il genere umano [hellip] e ben go-vernano i re gli aristocratici che diconsi ottimati e coloro che han-no a cuore la libertagrave popolareraquo (Mon I XII 9) Lrsquoimperatore impe-dendo le forme deviate di governo e favorendo invece quelle retteassicura quindi al cittadino il massimo grado di libertagrave in quanto ilaquogoverni retti si propongono la libertagrave sigrave che gli uomini abbiano davivere per seacuteraquo (Mon I XII 10)141 Il punto di partenza dantesco egrave quin-di una prerogativa dellrsquouomo il libero arbitrio che non dipende dalpotere imperiale questrsquoultimo perograve garantisce la miglior condizio-ne possibile in cui lrsquoumana libertagrave si possa esprimere142 salvando

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141 Mon I XII 8-10 laquoSed existens sub Monarcha est potissime liberum Propterquod sciendum quod illud est liberum quod ldquosui met et non alterius gratia estrdquo utPhylosopho placet in hiis que De simpliciter ente Nam illud quod est alterius gratianecessitatur ab illo cuius gratia est sicut via necessitatur a termino Genus humanumsolum imperante Monarcha sui et non alterius gratia est tunc enim solum politie di-riguntur oblique ndash democratie scilicet oligarchie atque tyramnides ndash que in servitu-tem cogunt genus humanum ut patet discurrenti per omnes et politizant reges aris-tocratici quos optimates vocant et populi libertatis zelatores quia cum Monarchamaxime diligat homines ut iam tactum est vult omnes homines bonos fieri quodesse non potest apud oblique politizantes Unde Phylosophus in suis Politicis ait quodin politia obliqua bonus homo est malus civis in recta vero bonus homo et civis bo-nus convertuntur Et huiusmodi politie recte libertatem intendunt scilicet ut hominespropter se sint Unde Phylosophus in suis Politicis ait quod in politia obliqua bonushomo est malus civis in recta vero bonus homo et civis bonus convertuntur Et huius-modi politie recte libertatem intendunt scilicet ut homines propter se sintraquo (Cfranche ARIST Pol III 1276b-1277b) Il capitolo si conclude con lrsquoosservazione laquoHincetiam patet quod quamvis consul sive rex respectu vie sint domini aliorum respectuautem termini aliorum ministri sunt et maxime Monarcha qui minister omnium pro-culdubio habendus est Hinc etiam iam innotescere potest quod Monarcha necessi-tatur a fine sibi prefixo in legibus ponendisraquo (sect 12)

142 HA LLOYD The relationship between centralization and autonomy in the hi-story of European legal and political thought in Challenging centralism decentramen-to e autonomie nel pensiero politico europeo a cura di L Campos Boralevi Firenze

lrsquouomo dai regimi laquocorrottiraquo non percheacute li abolisca ponendosi comeunica istituzione politica ma percheacute ha il potere di renderli laquorettiraquoDi nuovo siamo di fronte a un motivo che ampia diffusione avevaavuto nellrsquoantico impero ovvero quello di una libertas che parados-salmente non trova la sua negazione ma anzi la garanzia della suaesistenza sotto il governo dellrsquounico princeps Cosigrave ad esempio an-cora Elio Aristide rivolgendosi ai Romani affermava laquovoi siete i so-li fra quanti hanno mai posseduto un impero a governare su uomi-ni liberi La Caria non egrave infatti consegnata a Tissaferne neacute la Frigiaa Farnabazo neacute lrsquoEgitto a qualcun altro e nessun popolo egrave consi-derato il patrimonio personale di un qualche padrone in realtagrave nem-meno lui libero a cui quel popolo egrave consegnato percheacute lo servaraquo (ARoma 36) e ancora laquonessuno che sia degno di posti di comando odi fiducia egrave considerato uno straniero ma si egrave costituita unrsquounica de-mocrazia universale sotto un unico uomo il miglior capo e ordina-tore e tutti si riuniscono come in un foro comune ciascuno per ri-cevere ciograve che a lui si convieneraquo (ivi 60)143 E Cassio Dione (LII 14)faragrave dire a Mecenate nel suo famoso discorso a favore del principa-to laquoEcco percheacute ti consiglio di non cadere nellrsquoerrore di prenderein considerazione le cose da un punto di vista formale ma di valu-tarle attentamente per quello che sono di porre fine allrsquoaudacia del-la moltitudine e di affidare a te stesso e agli altri nobili lrsquoammini-strazione dei pubblici affari in modo tale che siano i piugrave saggi a de-liberare e i piugrave esperti a comandare [hellip] In questo modo ogni clas-se sociale [hellip] guadagneragrave unrsquoautentica democrazia (τὴν δημοκρα-τίαν τὴν ἀληθῆ) e una libertagrave sicura (τήν τε ἐλευθερίαν τὴνἀσφαλῆ)raquo144 Ma un tratto originale rispetto al pensiero antico egrave co-

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University Press 2011 pp 1-8 pp 5-6 sottolinea il ruolo attribuito in questo passodella Monarchia allrsquoimperatore come garante di libertagrave non accennando perograve al cor-rettivo da questi esercitato sui vari regimi ma secondo quanto affermato in Mon IXII 12 riportato supra in nota solo al fatto che lrsquoesistenza del monarca garantisce laquothepresence [hellip] of a unitary legislative capability as the facilitator and guarantor of au-tonomy itselfraquo (ivi p 6)

143 Dato infatti che laquotrue liberty lay in the protection of all classes under one per-sonraquo egrave evidente che laquothe Empire represented the true the perfect democracyraquo (GCSTARR The perfect democracy of the roman empire in laquoAmerican Historical ReviewraquoLVIII 1952 pp 1-16 p 12)

144 La traduzione egrave quella di Stroppa in CASSIO DIONE Storia Romana V libri

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LII-LVI introd di G CRESCI MARRONE trad di A STROPPA note storiche di F ROHR

VIO Milano Rizzoli 1998 Per come venisse intesa la libertagrave in rapporto al regime im-periale romano cfr eg anche PLUT Mor 814 f PLIN Paneg 66 2-4 67 2 78 3 e MANT 1 14 su cui si veda il ldquoclassicordquo C WIRSZUBSKI Libertas as a political idea at Romeduring the late republic and early principate Cambridge Cambridge University Press1950 trad it Libertas il concetto politico di libertagrave a Roma tra Repubblica e ImperoBari Laterza 1957 pp 253-54 (ma si veda anche lrsquointero cap V pp 186-256) laquoQuel-lo che era stata la libertas populi Romani Quiritium finigrave col diventare libertas Augustila libertagrave che lrsquoimperatore accorda al suo popolo o secondo lrsquoespressione di MarcoAurelio ἐλευθερίαν τῶν ἀρχομένων Libertas ora significa rispetto per la persona e lalibertagrave del cittadino sicurezza e benessere ma posta comrsquoegrave sotto tutela essa non si-gnifica affatto indipendenza cosigrave come in un regime assolutistico non egrave per nulla undiritto politicoraquo

145 PLATONE Politico 291d-293e Repubblica VIII 544a146 ARISTOTELE Politica III 1279a-b IV 1289a-b147 CHIESA-TABARRONE Monarchia cit p 51 ad I XII 9148 Questa particolare forma di regime politico come egrave stato giustamente osser-

vato egrave infatti piugrave laquoun modo di analizzare e di interpretate una realtagrave politicaraquo cheuna realtagrave politica vera e propria C CARSANA La teoria della costituzione mista nel-lrsquoetagrave imperiale romana Como New Press 1990 p 7 Giagrave Platone (Leggi 712d) in-terpreta in questo modo il sistema politico spartano e lo giudica piugrave stabile propriopercheacute misto e moderato Aristotele lo apprezza in Politica II 6 1265b-1266a e inter-preta cosigrave quello dellrsquoAtene di Solone (Pol 1273b)

stituito in Dante (oltre che da una evidente e palese diversa conce-zione di ldquolibertagrave della personardquo) dallrsquoidea che lrsquoimperatore possa co-stituire un correttivo alla degenerazione dei vari sistemi politici Ladistinzione fra regimi laquorettiraquo e laquodegeneratiraquo egrave antica giagrave presente inPlatone145 e poi in Aristotele146 da cui la riprende lrsquoAlighieri147 Uncorrettivo a questo inevitabile corrompersi delle forme politiche futrovato nel modello della ldquocostituzione mistardquo148 e fu applicato daPolibio alla realtagrave politica romana individuando lrsquoelemento monar-chico nei consoli quello aristocratico nel senato e quello democra-tico nelle assemblee popolari un meccanismo di controlli reciprocifra questi tre elementi poteva assicurarne lrsquoequilibrio in modo darendere stabile questa forma di governo e non soggetta a decaden-za come quella delle costituzioni ldquosemplicirdquo (POLYB VI 11-18) An-che Cicerone nel De republica (I 69 II 57) aveva posto a fondamen-to del suo stato ideale una laquocostituzione mista e temperataraquo fonda-ta perograve sul contemperamento di tre principi (potestas auctoritas li-bertas) presenti in una classe dirigente unita e non come in Polibio

sullrsquoequilibrio di tre poteri (consoli senato popolo) che si contrap-pongono149 E nella Roma imperiale Elio Aristide non rinunceragrave ausare questo modello interpretativo150 laquoavendo infine rivolto losguardo allrsquolsquoefororsquo e al lsquopritanorsquo di tutto questo ndash scil lrsquoimperatore ndashgrazie al quale al popolo egrave dato di ottenere ciograve che desidera e ai lsquopo-chirsquo di governare e di avere potere vedragrave proprio colui che detienela monarchia piugrave perfetta libera dai mali della tirannide e superio-re ad ogni prestigio di reraquo (A Roma 90) Un precedente dellrsquoideadantesca che lrsquoimperatore impedisca la deviazione dei regimi costi-tuzionali si puograve quindi forse rintracciare nel ruolo attribuito allrsquoim-peratore romano come garante di unrsquoeffettiva realizzazione della co-stituzione mista in quanto il suo potere costituirebbe quellrsquoelemen-to monarchico che non elimina ma anzi garantisce il giusto svolgi-mento delle prerogative degli altri due elementi (aristocrazia e po-polo) Ma si tratta comunque di un ruolo che si esercita allrsquointernodi un unico organismo politico e che non ammette quindi lrsquoesisten-za separata dei tre regimi Del resto anche in etagrave medievale lo stes-so Tommaso nella Summa theologiae intende la costituzione mistacome contemperamento dellrsquounico regime monarchico attraverso lealtre due forme di governo151 Diversa evidentemente la concezio-ne di Dante secondo il quale lrsquoimperatore dovrebbe garantire il cor-

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149 Cfr in particolare JL FERRARY LrsquoArcheacuteologie du De re publica (224-37-63)Ciceacuteron entre Polybe et Platon in laquoJournal of Roman Studiesraquo LXXIV 1984 pp 87-98

150 Del resto il modello della ldquocostituzione mistardquo presente nel dibattito politi-co greco giagrave nel IV secolo come dimostrano le testimonianze di Platone e Aristotelesopra citate dovette in seguito imporsi nel III secolo nellrsquoambito delle scuole peripa-tetiche e stoiche per laquola volontagrave di definire un sistema di relazione tra basileus clas-se di governo cittadina e masse popolari allrsquointerno della nuova polis ellenisticaraquoCARSANA La teoria della costituzione mista nellrsquoetagrave imperiale romana cit p 15

151 Summa Theol Ia-IIae q 105 a 1 laquoTalis enim est optima politia bene com-mixta ex regno inquantum unus praeest et aristocratia inquantum multi principan-tur secundum virtutem et ex democratia idest potestate populi inquantum ex po-pularibus possunt eligi principes et ad populum pertinet electio principumraquo Invecenel commento alla Politica di Aristotele (Sententia libri Politicorum II 7 71-81) rico-nosce la maggior stabilitagrave del regime misto vero e proprio cfr S SIMONETTA Rime-scolare le carte Il tema del governo misto in Tommaso drsquoAquino e nella riflessione po-litica tardomedievale in Governo misto ricostruzione di unrsquoidea a cura di D FELICENapoli Liguori 2011 pp 161-93 con altra bibliografia sul tema

retto funzionamento delle varie forme di governo senza perograve abo-lirne alcuna laquola monarchia universale non egrave intesa come un gover-no che sostituisca o abroghi tutte le altre come una sorta di illumi-nata dittatura le normali forme di governo in cui egrave organizzata lasocietagrave nella loro varietagrave continuano a esistere in un contesto uni-versale che le preserva dalle deviazioni e garantisce cosigrave la libertagrave deisudditi In un certo senso si potrebbe dire che il monarca egrave un prin-cipio costituzionale del mondoraquo152

Questa funzione direttiva ma non invasiva dellrsquoimpero rispettoa tutte le altre forme politiche egrave ciograve che Dante sostiene anche nellapenultima argomentazione del I libro dove vuole dimostrare che ilgenere umano si trova nelle condizioni ideali quando egrave retto da unosolo153 Lrsquoautore si sente infatti in dovere di precisare che

questo non srsquoha da intendere sigrave che da lui immediatamente possano pro-venire le piugrave piccole decisioni di ciascun municipio mentre le stesse leggimunicipali sono talora imperfette ed abbisognano di discernimento comrsquoegravechiaro da ciograve che dice il Filosofo quando nel quinto libro [dellrsquoEtica] a Ni-comaco raccomanda lrsquoepiigravekia Ed invero le nazioni i regni e le cittagrave hanno co-stumi diversi lrsquouno dallrsquoaltro che occorre siano regolati con leggi diverse cheacuteappunto la legge egrave regola direttiva del vivere Cosigrave in un modo han da esserregolati gli Sciti i quali [hellip] dovendo sopportare una grande diversitagrave fra i

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152 CHIESA-TABARRONE Monarchia cit p 52 ad I XII 9 La stessa idea che spettiallrsquoimperatore intervenire per la reformatio dei regimi corrotti la troviamo nel De re-gimine civitatis di Bartolo da Sassoferrato cfr D QUAGLIONI Politica e diritto neltrecento italiano Il laquoDe tyrannoraquo di Bartolo da Sassoferrato (1314-1357) Con lrsquoedizio-ne critica dei trattati laquoDe Guelphis et Gebellinisraquo laquoDe regimine civitatisraquo e laquoDe ty-rannoraquo Firenze Olschki 1983 p 163 ll 315-24 dove si sottolinea il ruolo svoltodallrsquoimperatore Carlo IV nella riforma del governo di Siena e p 164 ll 354-57 Ladatazione del De regimine civitatis egrave da collocarsi tra il 1355 e il 1357 cfr D QUA-GLIONI laquoRegimen ad populumraquo e laquoregimen regisraquo in Egidio Romano e Bartolo da Sas-soferrato in laquoBullettino dellrsquoIstituto Storico Italiano per il Medio Evo e Archivio Mu-ratorianoraquo 87 1978 pp 201-28 p 201 n 1 Ma cfr anche quanto afferma sempreBartolo nelle glosse alle costituzioni pisane di Enrico VII (metagrave XIV secolo) laquocum im-perium fuit in statu et in tranquillitate totus mundus fuit in pace et tranquillitate uttempore Octaviani Augusti et cum Imperium fuit prostratum insurrexerunt diraetyrannidesraquo (in D QUAGLIONI Empire et monarchie aspects du deacutebat juridique citp 39)

153 Con la dimostrazione sulla quale non ci soffermiamo che laquoquod potest fieriper unum melius est per unum fieri quam per pluraraquo Mon I XVI 1-3

giorni e le notti sono oppressi da un rigore quasi intollerabile del freddo ein altro modo i Garamanti che abitando sotto il circolo equinoziale e tro-vandosi ad avere sempre la luce del digrave di durata eguale alle tenebre della not-te per il soverchio calore dellrsquoaria non tollerano di coprirsi di vesti Ma srsquohada intendere in guisa che il genere umano sia retto da lui in quello che ha dicomune e che compete a tutti gli uomini e con norma comune sia guidato al-la pace la qual norma o legge i principi particolari han da ricevere da lui(Mon I XIV 4-7)154

Il confronto con un passo del De regimine principum permette diprecisare meglio il pensiero dantesco Tolomeo da Lucca dalla con-statazione delle differenze di struttura fisica e di stile di vita fra quan-ti vivono in luoghi diversi fa infatti discendere lrsquoopportunitagrave di adat-tare la forma di governo (dispotico o politico) allrsquoindole servile o vi-rile e coraggiosa (cioegrave di chi laquoconfida nella forza del suo intellettoraquo)dei vari popoli in modo analogo a quanto avevano affermato gli an-tichi Greci fra cui Aristotele nella Politica a cui Tolomeo rimandaesplicitamente155 Dante invece si richiama ad Aristotele solo per ilprincipio della ἐπιείκεια156 ovvero per quella capacitagrave di adattare la

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154Mon I XIV 4-6 laquoSed humanum genus potest regi per unum suppremum prin-cipem qui est Monarcha Propter quod advertendum sane quod cum dicitur lsquohuma-num genus potest regi per unum suppremum principemrsquo non sic intelligendum estut minima iudicia cuiuscunque municipii ab illo uno inmediate prodire possint cumetiam leges municipales quandoque deficiant et opus habeant directivo [hellip] Habentnanque nationes regna et civitates intra se proprietates quas legibus differentibusregulari oportet est enim lex regula directiva vite Aliter quippe regulari oportet Sci-thas qui extra septimum clima viventes et magnam dierum et noctium inequalitatempatientes intolerabili quasi algore frigoris premuntur et aliter Garamantes qui subequinoctiali habitantes et coequatam semper lucem diurnam noctis tenebris habentesob estus aeris nimietatem vestimentis operiri non possuntraquo

155De regimine principum IV 8 e ARISTOTELE Polit VII 1327b Ma prima cfr an-che PS IPPOCRATE Sulle arie sulle acque e sui luoghi specialmente al cap 12 PLATO-NE Leggi V 747c-e

156 ARISTOTELE Eth V 1137b ma cfr anche TOMMASO Summa theol IIa-IIaeq 120 a 1 laquocum de legibus ageretur quia humani actus de quibus leges dantur insingularibus contingentibus consistunt quae infinitis modis variari possunt non fuitpossibile aliquam regulam legis institui quae in nullo casu deficeret sed legislatoresattendunt ad id quod in pluribus accidit secundum hoc legem ferentes quam tamenin aliquibus casibus servare est contra aequalitatem iustitiae et contra bonum com-mune quod lex intendit [hellip] In his ergo et similibus casibus malum esset sequi le-

legge alle varie circostanze insita anche nel concetto latino di aequi-tas157 La diversitagrave dei luoghi sembra allora solo richiedere misureparticolari per lo piugrave di ordine ldquopraticordquo ma la differenza fra i va-ri regimi politici che abbiamo vista riconosciuta e garantita nel XIIcapitolo della Monarchia non egrave assolutamente stabilita su basi etni-che158 Lrsquoimperatore puograve cosigrave dettare una comunis regula che riguar-di ciograve che egrave comune a tutto il genere umano percheacute questo sia con-dotto ad pacem159

La giurisdizione imperiale su nationes regna et civitates cosigrave co-me era intesa da Dante e dai giuristi medievali160 era evidentemen-

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gem positam bonum autem est praetermissis verbis legis sequi id quod poscit iusti-tiae ratio et communis utilitas Et ad hoc ordinatur epieikeia quae apud nos dicituraequitasraquo

157 Cfr SCHIAVONE Ius cit p 259 con passi citt a p 461 nota 47 Ma vd ancheil passo sopra riportato di Tommaso Sempre in TOMMASO Summa theol Ia-IIae q 95a 1 troviamo la definizione laquolex omnis directiva est actuum humanorumraquo

158 Cfr EM PETERS The Frowning Pages Scythians Garamantes Florentinesand the Two Laws in The lsquoDivine Comedyrsquo and the Encyclopedia of Arts and Scienceed by GC Di Scipio and A Scaglione Amsterdam-Philadelphia John Benjamins Pu-blishing Company 1988 pp 285-314 ristampato con la medesima impaginazione inID Limits of thought and power in Medieval Europe Aldershot-Burlington [VT]Ashgate 2001 specialmente pp 298-99 dove si sostiene che il riconoscimento di laquoacertain degree of local autonomy in lawmakingraquo ai popoli come gli Sciti e i Garamantiposti rispettivamente allrsquoestremo nord e sud dellrsquoecumene serva per contrasto asottolineare come invece i popoli al centro dellrsquoimpero non possano in nessun aspet-to derogare da quella laquoimperial lawraquo che coincide con la laquoratio scriptaraquo

159Mon I XIV 7 laquoSed sic intelligendum est ut humanum genus secundum sua co-munia que omnibus competunt ab eo regatur et comuni regula gubernetur ad pacemQuam quidem regulam sive legem particulares principes ab eo recipere debentraquo

160 laquoIl faudrait toujours rappeler que durant le Moyen Acircge juridique et politiqueles concepts de souveraineteacute et drsquoautonomie srsquoexpriment dans la figure du ldquoseigneurlontainrdquo drsquoun pouvoir impeacuterial drsquoun imperium dont lrsquoexistence est neacutecessaire pourassurer toute une construction eacutethico-juridique mais qui ne peut avoir la preacutesence me-naccedilante drsquoun pouvoir envahissant et despotiqueraquo QUAGLIONI Empire et monarchieaspects du deacutebat juridique cit p 41 Ma cfr anche Mon III X 10 laquoImperium est iu-risdictio omnem temporalem iurisdictionem ambitu suo comprehendensraquo dove Dan-te ricalca la formula della l Omnis iurisdictio vd sempre D QUAGLIONI Il diritto co-mune pubblico e le leggi di Roncaglia nuove testimonianze sulla l laquoOmnis iurisdictioraquoin Gli inizi del diritto pubblico lrsquoetagrave di Federico Barbarossa legislazione e scienza deldiritto = Die Anfaenge des oeffentlichen Rehts Gesetzgebung im Zeitalter FriedrichBarbarossas und das gelehrte Recht Bologna-Berlin Il Mulino-Duncker amp Humblot

te ben diversa da quella esercitata dallrsquoantica Roma sui vari popoli ecittagrave caduti sotto il suo dominio ma lrsquoautonomia nel senso etimo-logico del termine delle varie cittagrave (specialmente nelle provinceorientali)161 era comunque stata un fattore giuridico e ideologico digrande importanza nel costituirsi e stabilizzarsi dellrsquoantico imperoromano cosigrave come lrsquoidea di una ldquodoppia cittadinanzardquo ovvero diquella romana e di quella della propria civitas di provenienza a sca-pito di ogni piugrave vasta realtagrave etnico-provinciale162 E molto probabil-mente giagrave Ottone di Frisinga contemporaneo e amico di FedericoBarbarossa quando aveva definito il potere dellrsquoimperatore comeun patrocinium sul mondo163 aveva voluto ricollegarsi a questo ca-rattere non ldquomonoliticordquo dellrsquoantico impero romano

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2007 p 47-65 (Annali dellrsquoIstituto storico italo-germanico Contributi = Jahrbuchdes Italienisch-deutschen historisches Instituts in Trient Beitraumlge 19) ID Vecchie enuove testimonianze sulla l laquoOmnis iurisdictioraquo in Iuris historia liber amicorum Ge-ro Dolezalek a cura di V COLLI E CONTE Berkeley Calif Robbins Collection 2008p 89-104 Ma vd anche supra gli studi citati alla n 134

161 Come durante il periodo della sua espansione in Italia Roma aveva in alcunicasi permesso alle varie cittagrave italiche di mantenere in parte i loro ordinamenti (Li-neamenti di storia del diritto romano sotto la direzione di M Talamanca Giuffregrave Mi-lano 1989 pp 247-50) cosigrave in seguito concede a molte cittagrave dellrsquoOriente greco la con-dizione di civitates liberae foederate o sine foedere la cui autonomia sempre relativanaturalmente ovvero la possibilitagrave di governarsi in alcuni ambiti secondo proprie leg-gi era sancita o meno da un trattato cfr Lineamenti di storia del diritto romano citpp 506-10 e V MAROTTA Conflitti politici cittadini e governo provinciale NapoliLoffredo 2004 pp 17-23 con note e bibliografia Il diritto allrsquoautonomigravea e allrsquoeleu-therigravea che consisteva oltre che nel potersi governare con leggi proprie e nel non pa-gare tributi anche nella libertagrave dallrsquoinvio di presidi esterni era considerato il fonda-mento stesso della polis greca di etagrave classica e venne ribadito da Flaminino quando nel196 aC proclamograve la libertagrave della Grecia (POLYB XVIII 46 5) cfr M SORDI Intro-duzione dalla lsquokoinegrave eirenersquo alla lsquopax Romanarsquo cit pp 3-16 EAD Panellenismo elaquokoine eireneraquo in I Greci a cura di S Settis 2 III Una storia greca TrasformazioniTorino Einaudi 1998 pp 5-20 con fonti e bibliografia

162 Lrsquoosservazione egrave piugrave che appurata e documentata nella stragrande maggio-ranza degli studi sullrsquoantico impero romano rimando solo al recente S RODA Il mo-dello della repubblica imperiale romana fra mondo antico e moderno Milano Mon-duzzi 2011 in particolare pp 5-74 e 145-53 Sulla doppia cittadinanza nel mondo ro-mano rimando al ldquoclassicordquo AN SHERWIN-WHITE The Roman citizenship OxfordClarendon Press 19732 (1 ed 1939) pp 271-72 e 291-311

163 laquoAd imperatorem totius orbis spectat patrociniumraquo ChroniconVII 34 (MHGScriptores rerum Germanicarum in usum scholarum separatim editi vol 45 OTTONIS

La sovranitagrave imperiale cosigrave come egli la concepiva si estendeva infattisulle nazioni i principati e le cittagrave della cristianitagrave occidentale ma lrsquoimpera-tore non intendeva sostituirsi ai loro governanti nellrsquoesercizio quotidiano del-lrsquoautoritagrave Cosigrave come la Roma antica aveva rispettato almeno formalmentele autonomie municipali e ammesso la doppia cittadinanza [hellip] allrsquoimpera-tore bastava che tutti papa compreso riconoscessero il carattere universaledel suo potere che veniva da Dio e faceva di lui lrsquoincarnazione della giusti-zia e della legge164

E cosigrave viene tratteggiato lrsquoimpero nel I libro della Monarchia unimpero garante della pace assicurata attraverso lrsquoesercizio della giu-stizia e di un diritto che pur nel rispetto delle ldquoautonomie localirdquodetta ai particulares principes una regulam sive legem (Mon I XIV 7)anche a tutela della libertagrave dei singoli cives165

24 laquoRomanum Imperium [hellip] a Deo volitum et per consequensde iure fuit et estraquo (Mon II IV 4)

Il II libro della Monarchia egrave interamente dedicato a dimostrareche i Romani costituirono di diritto il loro Impero e non giagrave unica-mente con la forza cosa questrsquoultima che lo stesso Dante ammettedi aver in precedenza pensato166

Lrsquoautore vuole stabilire anzitutto (come nel primo libro) una ve-ritagrave a cui fare riferimento costante nel seguito della argomentazione(Mon II II 1) e per questo osserva che quanto esiste di bene nel

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EPISCOPI FRISINGENSIS Chronica sive Historia de duabus civitatibus editio altera re-cognovit A HOFMEISTER Hannoverae et Lipsiae Impensis bibliopolii Hahniani1912 p 367)

164 A GIARDINA-A VAUCHEZ Il mito di Roma Da Carlo Magno a Mussolini Ro-ma-Bari Laterza 2000 p 44

165 Ma cfr anche il sect 23 dellrsquoEpistola VI ai Fiorentini dove lrsquoAlighieri sostiene chechi cospira contro lrsquoimperatore non egrave libero in quanto solo lrsquoobbedienza alle leggi dagravela libertagrave e lrsquoimperatore egrave laquolegum princeps itaque solis existentibus liberis qui vo-luntarie legi obediunt quos vos esse censebitis qui dum pretenditis libertatis affec-tum contra leges universas in legum principem conspiratisraquo

166Mon II I 2 laquoAdmirabar equidem aliquando romanum populum in orbe ter-rarum sine ulla resistentia fuisse prefectum cum tantum superficialiter intuens il-lum nullo iure sed armorum tantummodo violentia obtinuisse arbitrabarraquo

mondo deriva da Dio e che quindi il diritto che egrave un bene si trovainnanzitutto nella mente divina ed egrave da Dio voluto167 Ma se il dirit-to egrave immagine della volontagrave divina chiedersi se una cosa sia statafatta di diritto equivale allora chiedersi se sia stata fatta secondo lavolontagrave di Dio168 da ciograve discende il principio su cui si fonderagrave tut-ta lrsquoargomentazione del II libro che quanto Dio vuole in seno alla so-cietagrave umana deve essere stimato come vero e puro diritto169 Postoquesto principio Dante per dimostrare il diritto dei Romani allrsquoIm-pero ricorreragrave a fatti incontestabili e a testimonianze autorevoli ca-paci di render manifesta lrsquoinvisibile volontagrave di Dio che ha voluto lrsquoaf-fermazione dellrsquoimpero romano170 Non credo che questa premessasia sufficiente a definire la posizione di Dante in tema di diritto co-me una posizione laquovolontaristicaraquo tout court (laquola giustizia non comeespressione della ragione ma dellrsquoimperscrutabile volontagrave di Dioraquo)opposta a quella laquorazionalisticaraquo propria a S Tommaso171 e pertan-

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167Mon II II 4 laquoEx hiis iam liquet quod ius cum sit bonum per prius in menteDei est et cum omne quod in mente Dei est sit Deus iuxta illud ldquoQuod factum estin ipso vita eratrdquo et Deus maxime se ipsum velit sequitur quod ius a Deo prout ineo est sit volitum Et cum voluntas et volitum in Deo sit idem sequitur ulterius quoddivina voluntas sit ipsum iusraquo

168 Mon II II 5-6 laquoEt iterum ex hoc sequitur quod ius in rebus nichil est aliudquam similitudo divine voluntatis unde fit quod quicquid divine voluntati non con-sonat ipsum ius esse non possit et quicquid divine voluntati est consonum ius ipsumsit Quapropter querere utrum de iure factum sit aliquid licet alia verba sint nichiltamen aliud queritur quam utrum factum sit secundum quod Deus vultraquo

169 Mon II II 6 laquoHoc ergo supponatur quod illud quod Deus in hominum so-tietate vult illud pro vero atque sincero iure habendum sitraquo

170 Mon II II 7-8 laquoPropter quod sufficienter argumenta sub invento principioprocedent si ex manifestis signis atque sapientum autoritatibus ius illius populi gloriosiqueratur Voluntas quidem Dei per se invisibilis est et invisibilia Dei ldquoper ea que fac-ta sunt intellecta conspiciunturrdquo nam occulto existente sigillo cera impressa de illoquamvis occulto tradit notitiam manifestam Nec mirum si divina voluntas per signaquerenda est cum etiam humana extra volentem non aliter quam per signa cernaturraquo

171 Cosigrave Fassograve che a proposito di Tommaso afferma laquola legge naturale fonte an-che della legge umana egrave conformemente allrsquoinsegnamento classico ragione ragionenaturale Il criterio grazie al quale lrsquouomo distingue il bene dal male e che gli egrave guidae regola nelle sue azioni egrave la sua ragione Questa ragione egrave parte (participatio) della ra-gione divina che egrave legge eterna ma lrsquouomo la trova in seacute nella propria natura e la stes-sa legge eterna alla quale essa puograve essere ricondotta egrave razionalitagrave non volontagrave arbi-traria di Dio percheacute Dio nel quale volontagrave e ragione coincidono non puograve volere se

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 99

non ciograve che egrave razionale La ragione umana certo egrave limitata mentre quella divina nonha limiti e corrispondentemente la legge naturale non egrave che una parte della leggeeterna ma in ciograve per cui la prima partecipa della seconda esse sono ugualiraquo (FASSOgraveStoria della filosofia del diritto I cit p 215) Mentre a proposito di Dante laquouno deipochi argomenti a proposito dei quali il sommo poeta si allontana dal tomismo e dal-lrsquoaristotelismo accogliendo invece concezioni volontaristiche di ispirazione agosti-niana egrave quello della giustizia e del diritto Egli intende infatti la giustizia non comeespressione della ragione ma dellrsquoimperscrutabile volontagrave di Dio fino a rappresen-tarla come inaccessibile alla conoscenza umanaraquo (p 221)

172 Lrsquoespressione laquoinvenzione del dirittoraquo si riferisce evidentemente al sottotito-lo del volume di Schiavone (Ius) piugrave volte citato alle cui pagine rimando ancora lagravedove si sottolinea proprio lrsquoalto grado di razionalitagrave a cui il ius era giunto giagrave nellrsquoul-timo secolo della Repubblica grazie a una laquorivoluzione scientificaraquo che aveva tra-sformato le norme da laquoatti di volontagraveraquo a laquoatti di conoscenza e di applicazione di unascienzaraquo in modo da ridurre i rapporti sociali a un laquoquadro di formeraquo che impone-vano laquoalla ragione un continuo sforzo di adeguamento in cui innanzitutto consiste-va la veritagrave del dirittoraquo SCHIAVONE Ius cit pp 246-47 ma cfr anche pp 171-97con p 177 laquola regola giuridica non sarebbe apparsa altrimenti che come un atto diconoscenza e non di volontagrave un adeguamento del pensiero allrsquoessere il risultato diunrsquooperazione conoscitiva razionalmente controllabile in ogni sua fase del tutto sot-tratta allrsquoarbitrio alla sopraffazione al dominioraquo

173 Riportato supra alla n 167174Mon II II 2-4 laquoEst enim natura in mente primi motoris qui Deus est deinde

to di fatto lontana da quel diritto che fu una assoluta laquoinvenzioneraquodella ragione umana ovvero di quella romana172 O almeno si devericonoscere nellrsquoopera dellrsquoAlighieri la presenza di differenti conce-zioni del diritto che variano in funzione dei diversi contesti argo-mentativi e che quindi non risultano sempre facilmente conciliabi-li fra loro E infatti abbiamo visto sopra un passo del Convivio (IVIX 8-9) in cui il diritto egrave proprio quel ius ereditato dai Romani di cuisi riconosce lrsquoascendenza giusnaturalistica e quindi la conformitagrave auna laquoratio summa insita in naturaraquo (per dirla con Cicerone nel De le-gibus I 18) di cui egrave partecipe la ragione umana evidentemente que-sta ratio non potragrave per Dante non essere compresa anche e innanzi-tutto nella mens Dei e non potragrave quindi essere in contrasto colla Suavolontagrave in questo senso forse si puograve leggere quanto affermato nelII capitolo del II libro della Monarchia (Mon II II 4)173 anche percheacutenei primi paragrafi di questo stesso capitolo Dante si egrave preoccupa-to di ribadire il nesso fra Dio e la natura che laquoegrave nella mente del pri-mo motore che egrave Dioraquo (II II 2) proprio come il diritto174 E nel VI ca-

pitolo sempre del II libro si istituisce unrsquoesplicita equivalenza fralrsquoordine stabilito dalla natura e il diritto175 E ancora il principio sucui si fonderanno tutte le argomentazioni del successivo III libro egravela laquoirrefragabilis veritas [hellip] quod illud quod nature intentioni re-pugnat Deus nolitraquo (Mon III II 2) Tutti passi da cui difficilmente sipuograve dedurre che Dante concepisca il diritto come espressione di unavolontagrave divina assolutamente arbitraria rispetto alle leggi della naturae rispetto quindi anche alla ragione naturale dellrsquouomo176

Certo che in questo II libro della Monarchia aver posto il prin-cipio che quanto avviene tra gli uomini egrave conforme al diritto quan-do coincide con la volontagrave di Dio significa poi dedurre la presenzadel ius semplicemente da fatti favoriti consentiti insomma ldquovolutirdquoda Dio Cosigrave ad esempio nel IV capitolo Dante dopo aver definitoil miracolo come ciograve che avviene per intervento diretto della volon-tagrave di Dio indipendentemente dallrsquoordine naturale (Mon II IV 1)177sostiene che laquolrsquoImpero romano nel suo venire a perfezione fu aiuta-

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in celo tanquam in organo quo mediante similitudo bonitatis ecterne in fluitantemmateriam explicatur [hellip] et quod quicquid est in rebus inferioribus bonum cum abipsa materia esse non possit sola potentia existente per prius ab artifice Deo sit et se-cundario a celo quod organum est artis divine quam lsquonaturamrsquo comuniter appellantEx hiis iam liquet quod ius cum sit bonum per prius in mente Dei estraquo

175 Mon II VI 3 laquolrsquoordine naturale nelle cose non puograve mantenersi senza il dirit-to poicheacute il fondamento del diritto egrave inseparabilmente connesso con questrsquoordinedunque egrave necessario che lrsquoordine si mantenga di dirittoraquo (laquoordo naturalis in rebus ab-sque iure servari non possit cum inseparabiliter iuris fundamentum ordini sit anne-xum necesse igitur est ordinem de iure servariraquo) ma su questo capitolo vd infra

176 Ancora esempi di questa connessione fra la volontagrave di Dio la natura e la ra-gione umana connessione che si esprime proprio nel diritto si possono riscontrareanche nella epistola VI dellrsquoAlighieri laquoNempe legum sanctiones alme declarant ethumana ratio percontando decernit [hellip]raquo (sect 7) o ancora laquoet hoc Deus et natura nonvult et mortalium penitus abhorreret adsensusraquo sectsect 22 laquosacratissimis legibus que ius-titie naturalis imitantur ymaginemraquo (ibidem) Ma cfr anche lrsquoinizio di questa stessaEpistola (sect 2) dove di particolare interesse appare il nesso stabilito fra provvidenza di-vina impero e una vita ldquocivilerdquo secondo quanto richiede la ldquonaturardquo laquoEterni pia pro-videntia Regis [hellip] sacrosancto Romanorum Imperio res humanas disposuit guber-nandas ut sub tanti serenitate presidii genus mortale quiesceret et ubique naturaposcente civiliter degereturraquo

177 Secondo la definizione di TOMMASO Contra gent III 101 (laquohaec autem quaepraeter ordinem communiter in rebus statutum quandoque divinitus fiunt miraculadici solentraquo) a cui Dante rimanda

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 101

178 Mon II IV 4 laquoromanum Imperium ad sui perfectionem miraculorum suffra-gio est adiutum ergo a Deo volitum et per consequens de iure fuit et estraquo

179 Mon II IV 5 laquoQuod autem pro romano Imperio perficiendo miracula Deusportenderit illustrium autorum testimoniis comprobaturraquo Anche nellrsquoepistola V neisectsect 22-25 si sostiene che laquoDeum romanum Principem predestinasse relucet in miris ef-fectibus [hellip] Nam si a prima scintillula huius ignis revolvamus preterita ex quo scili-cet Argis hospitalitas est a Frigibus denegata et usque ad Octaviani triumphos mundigesta revisere vacet nonnulla eorum videbimus humane virtutis omnino culmina tran-scendisse et Deum per homines tanquam per celos novos aliquid operatum fuisseraquo

180 Dante cita LIVIO (cfr I 20 4 e V 54 7) e LUCANO Phars IX 477-80181 Anche qui sono ricordati LIVIO (cfr V 47 4-6) e multi scriptores illustres non

meglio precisati si cita infine VERG Aen VIII 652-56182 Di nuovo LIVIO (cfr XXVI 11 1-8)183 Anche in questo caso pur se non menzionata espicitamente la fonte potreb-

be essere LIVIO II 13 6-11 Ma in questi episodi osservano CHIESA-TABARRONE Com-mento in Monarchia cit p 93 ad II IV 3 laquomolti particolari cui Dante accenna nonsi ritrovano in Livio ma sono riferiti da altri storici romani senza che qualcuno di es-si sia identificabile con sicurezza come fonte diretta Lo scrittore sta probabilmentericordando a memoria episodi vulgati che erano di dominio comune negli ambientiscolastici e circolavano con piccole varianti narrative la menzione di Livio vuole rial-lacciarsi alla tradizione piugrave nobile della storiografia romana anticaraquo

184 Vd supra e n 62

to dal concorso di miracoli dunque fu voluto da Dio e per conse-guenza fu ed egrave di dirittoraquo178 E laquoche poi Dio compiesse miracoli nelrecare a perfezione lrsquoImpero romano egrave dimostrato dalla testimo-nianza illustrium autorumraquo179 Gli esempi della storia romana ripor-tati in questo capitolo con la menzione degli laquoillustri autoriraquo che litestimoniano sono quello dellrsquoancile caduto mentre Numa sacrifi-cava agli degravei180 quello delle oche del Campidoglio181 quello dellagrandinata che avrebbe dissuaso Annibale dal dirigersi verso Ro-ma182 e quello della traversata del Tevere a nuoto di Clelia183 Da os-servare che nel passo del Convivio in cui Dante voleva ugualmentedimostrare lrsquointervento divino a favore dei Romani abbiamo trova-to solo uno di questi esempi quello delle oche del Campidoglio glialtri esempi del primo trattato mostravano infatti lrsquointervento divi-no ma ldquomediatordquo se cosigrave si puograve dire dalla virtus umana che costi-tuiva il focus della argomentazione dantesca184 Nella Monarchia in-vece Dante vuole piugrave propriamente dimostrare lrsquointervento direttodel ldquosoprannaturalerdquo come segno della volontagrave divina che egrave inter-

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185 Cfr CHIESA-TABARRONE Commento in Monarchia cit p 92 ad II IV 3 e p 93dove di nuovo si osserva che quella di Dante egrave laquouna prospettiva ricalcata su quella vir-giliana che legge la storia romana antica come preparazione dellrsquoimpero di Augustodestinato a portare a pienezza il progettoraquo

186 E anche nel caso in cui lrsquoimpresa sembra piugrave dovuta alla prodezza umana ecioegrave in quello di Clelia Dante sottolinea che la giovane fu laquomiro Dei auxilio adiutaraquo(Mon II IV 10) Ancora piugrave netta quindi la distanza da Agostino che se poteva in cer-ta misura riconoscere i meriti della virtus romana certamente non accettava ma an-zi confutava lrsquointervento della divinitagrave nei piugrave famosi episodi della storia di Roma pa-gana cfr ad es De civitate II 2 III 20

venuta nellrsquoantica storia di Roma ovvero nella fase formativa di quel-lrsquoimpero che ne costituiragrave poi la compiuta realizzazione185 non egrave in-fatti un caso che per la seconda guerra punica si ricordi la grandinee non la laquofranchezzaraquo di laquoquel benedetto Scipioneraquo (Convivio IV V19)186

25 laquoRomanus populus per duellum acquisivit Imperium ergo deiure acquisivitraquo (Mon II IX 21)

Anche nei capitoli VII-IX del II libro la concezione di Dante inmateria di diritto appare a prima vista assolutamente volontaristicaDopo aver distinto nel VII capitolo fra le vicende in cui il giudizio diDio (divinum iudicium) egrave manifesto (o grazie alla ragione o grazie al-la fede Mon II VII 1-6) e quelle in cui egrave occulto (Mon II VII 7)Dante distingue in questrsquoultimo caso quando tale giudizio irrag-giungibile dallrsquouomo si palesa attraverso una rivelazione diretta omediante una prova decisiva (ibidem) La rivelazione mediante unaprova si ha o con un sorteggio o con un leale confronto (laquoaut sorteaut certamineraquo VII 9) e di nuovo allrsquointerno del certamen si distinguequando questo avviene laquoex collisione virium sicut fit per duellumraquooppure quando avviene laquoex contentione plurium ad aliquod signumprevalere conantium sicut fit per pugnam athletarum currentiumad braviumraquo (ibidem) LrsquoVIII e il IX capitolo illustrano invertendolrsquoordine prima enunciato come il giudizio divino nei due tipi di cer-tamina si sia palesato a favore dei Romani lrsquoVIII dimostrando chelaquoRomanus populus cunctis athletizantibus pro imperio mundi pre-

valuitraquo (VIII 2) il IX che laquoromanus populus per duellum acquisivitImperium ergo de iure acquisivitraquo (IX 21)

In particolare nellrsquoVIII si dimostra che i Romani sono riusciti araggiungere quella meta che consiste in laquoomnibus preesse mortali-bus hoc enim lsquoImperiumrsquo dicimusraquo meta che laquonulli contigit nisi ro-mano populoraquo (VIII 2) dato che non era stata raggiunta dagli altrildquocontendentirdquo ovvero dagli Assiri dagli Egiziani dai Persiani e daiMacedoni (VIII 3-10) Qui Dante riprende il ben noto motivo dellasuccessione degli imperi che pur con variazioni sia negli imperi elen-cati sia nel valore ideologico attribuitole si puograve considerare laquounacostante del pensiero politico-storico grecoraquo187 trovandosi in Ero-doto in Ctesia (dove egrave giagrave presente la sequenza di Assiria Media ePersia) e quindi negli scrittori greci di etagrave ellenistica188 Si discute selrsquoorigine di tale teoria sia greca189 o non piuttosto orientale rintrac-ciabile nellrsquoambito di testi iranici eo delle profezie dinastiche babi-lonesi190 Qualunque ne sia lrsquoorigine essa ricorre nel libro di Danie-le (II 31-35 e VII 1-7) di ambiente ellenistico-giudaico dove perogravenon vengono identificati esplicitamente i vari imperi che si succe-

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187 A MOMIGLIANO Daniele e la teoria greca della successione degli imperi inlaquoRendiconti dellrsquoAccademia Nazionale dei Lincei Classe di Scienze Morali Storichee Filologicheraquo XXXV 1980 pp 157-62 ora in ID La Storiografia Greca Torino Ei-naudi 1982 pp 293-301 p 295

188 Cfr D MENDELS The Five Empires a Note on a Propagandistic Topos inlaquoAmerican Journal of Philologyraquo CII 1981 pp 330-37 A MOMIGLIANO The originsof Universal History in laquoAnnali della Scuola Superiore Normale di Pisaraquo XII 1982pp 533-60 ora in ID Settimo contributo alla storia degli studi classici e del mondo an-tico Roma Edizioni di Storia e Letteraura 1984 pp 77-103 JM ALONSO NUacuteNtildeEZTrogue-Pompeacutee et lrsquoimpeacuterialisme romain in laquoBulletin de lrsquoAssociation G Budeacuteraquo 1990pp 72-86 p 83 JL FERRARY Lrsquooikoumene LrsquoOrient e lrsquoOccident drsquoAlexandre leGrand agrave Auguste histoire et historiographie in Convegno per Santo Mazzarino Attidel Convegno (Roma 9-11 maggio 1991) Roma LrsquoErma di Bretschneider 1998 pp97-132 specialmente pp 122-30

189 Cosigrave tutti gli studi citati alla nota precedente 190 Cfr JW SWAIN The theory of the four monarchies Opposition History under

the Roman Empire in laquoClassical Philologyraquo XXXV 1940 pp 1-21 D FLUSSER Thefour Empires in the fourth Sybil and in the book of Daniel in laquoIsrael Oriental StudiesraquoII 1972 pp 148-75 e M MAZZA Roma e i quattro imperi Temi della propaganda nel-la cultura ellenistico-romana in laquoStudi e materiali di storia delle religioniraquo LXII 1996pp 315-50 specialmente pp 333-45

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191 PL 25 coll 503-504 528-530 Ma lrsquoinserzione di Roma (perograve come quinto im-pero dopo Assiria Media Persia e Macedonia) egrave giagrave attestata come ci informa unaglossa in VELLEIO PATERCOLO I 6 6 nellrsquoopera De annis populi Romani di un certoEmilio Sura non altrimenti noto databile probabilmente attraverso unrsquoanalisi inter-na del passo agli anni fra il 189 (sconfitta di Antioco III a Magnesia) e il 171 aC(prima della terza guerra Macedonica e di Pidna) SWAIN The theory of the four mo-narchies cit pp 2-12 MOMIGLIANO Daniele e la teoria greca della successione degliimperi cit p 294 JM ALONSO NUacuteNtildeEZ Aemilius Sura in laquoLatomusraquo XLVIII 1989pp 110-19 pp 110-12 ID Trogue-Pompeacutee et lrsquoimpeacuterialisme romain cit p 83 F GASCOacute La teoria de los cuatro imperios Reiteracioacuten y adaptacioacuten ideologica I Roma-nos y griegos in laquoHabisraquo XII 1981 pp 179-96 ora in ID Opuscola Selecta SevillaUniversidad 1996 pp 13-26 p 16 [contro questa datazione cfr MENDELS The FiveEmpires cit pp 330-32 (seconda metagrave I secolo aC) MAZZA Roma e i quattro im-peri cit pp 323-33 e FERRARY Lrsquooikoumene cit p 130 (etagrave cesariana)] Il tema pa-re ritrovarsi in POLIBIO (dove certamente crsquoegrave il paragone fra Roma e lrsquoegemonia spar-tana e lrsquoimpero macedone in I 2 1 ma forse anche proprio una menzione della suc-cessione ldquocanonicardquo degli imperi in XXXVIII 22 1-3 MOMIGLIANO Daniele e la teoriagreca della successione degli imperi cit pp 294-95 contra MAZZA Roma e i quattroimperi cit pp 318-23 e FERRARY Lrsquooikoumene cit pp 122 e 126 con nota 108) equindi in Pompeo Trogo che lo usa come schema per la sua storia universale (comesi evince dai Prologi unica parte dellrsquoopera pervenutaci al di fuori dellrsquoEpitome for-nitaci da Giustino) Nel contesto dellrsquoopera di Polibio e ancor di piugrave di quella di Pom-peo Trogo (per quello che possiamo ricostruire) lrsquouso del topos sembra perograve potergettare unrsquoombra sulla potenza romana insinuando lrsquoidea che essa potesse essere asua volta ldquorimpiazzatardquo da una nuova egemonia ALONSO NUacuteNtildeEZ Trogue-Pompeacutee etlrsquoimpeacuterialisme romain cit E GABBA Dionigi e la storia di Roma arcaica Bari Edi-puglia 1996 p 169 Bisogna arrivare a DIONIGI DI ALICARNASSO (I 2 1-4) e successi-vamente ad ELIO ARISTIDE (A Roma 91) e ad APPIANO (Praef 8-10) per trovare svol-to il tema in modo inequivocabilmente favorevole a Roma (mentre ancora in chiaveanti-romana lo troviamo in DIONE DI PRUSA Or LXXIX 6 su cui vd P DESIDERI Dionedi Prusa Un intellettuale greco nellrsquoimpero romano Messina-Firenze DrsquoAnna 1978pp 175-76 nota 5 e p 234)

dono Girolamo nel commento ai passi di Daniele (ripreso anchenella Glossa Ordinaria) li identifica con Babilonesi Persiani Mace-doni e Romani191 non menzionando quindi a differenza del passodella Monarchia gli Egiziani mentre Orosio in due passi delle Hi-storiae (II 1 4 VII 2 4) presenta la successione degli imperi dandolrsquoordine Babilonesi Macedoni Africani (Cartagine) Romani quan-do perograve tratta la storia dellrsquoOriente dettaglia i vari popoli e vi tro-viamo Nino e Semiramide (I 4) Vesoze re dellrsquoEgitto (I 14) Ciro (II6) e Serse (II 10) Ed infatti Dante rimanda esplicitamente ad Oro-

sio sia riguardo a Nino e Semiramide192 che riguardo a Vesoze193Sembra quindi ragionevole supporre che Dante abbia tenuto pre-sente lrsquoordine di Girolamo integrandolo con ciograve che leggeva nellestorie di Orosio194 per concludere infine che se il popolo Romanoprevalse su tutti gli altri laquode divino iudicio prevaluit et per conse-quens de divino iudicio obtinuit quod est de iure obtinuisseraquo (MonII VIII 15) Ma anche per questa argomentazione che si riferisce loabbiamo detto a quei casi in cui il giudizio divino non egrave raggiungi-bile tramite la ragione e che farebbe quindi coincidere il diritto so-lo con il riconoscimento di una volontagrave divina imperscrutabile al-lrsquouomo egrave stato ipotizzato che Dante avesse in mente un riferimentogiuridico rintracciabile nelle glosse sul certamen sacrum195

Ancora nel IX capitolo il presupposto che laquoquod per duellumacquiritur de iure acquiriturraquo (Mon II IX 1) in quanto anche il duel-lum egrave un certamen in cui si manifesterebbe il giudizio di Dio egrave un

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192Mon II VIII 3 laquoPrimus nanque in mortalibus qui ad hoc bravium anelavit Ni-nus fuit Assiriorum rex qui quamvis cum consorte thori Semiramide per nonagintaet plures annos ut Orosius refert imperium mundi armis temptaveritraquo Il riferimen-to a due versi delle Metamorfosi di OVIDIO (IV 58 e 88 nellrsquoepisodio di Piramo e Ti-sbe) dove si menzionano Nino e Semiramide sono laquopuri abbellimentiraquo CHIESA-TA-BARRONE Commento in Monarchia cit p 123 ad II VIII 4

193 Mon II VIII 5 laquoSecundus Vesoges rex Egipti ad hoc bravium spiravit etquamvis meridiem atque septentrionem in Asya exagitaverit ut Orosius memoratnunquam tamen dimidiam partem orbis obtinuitraquo Ma cfr F FABBRINI Paolo OrosioUno storico Roma Edizioni di Storia e Letteratura 1979 p 26 proprio in rapportoa questo capitolo della Monarchia

194 Cosigrave anche Kay in DANTErsquoSMonarchia Translated with a commentary by RKAY Toronto Pontifical Institute of mediaeval studies 1998 ad loc

195 Cfr CANCELLI sv Diritto romano in Enciclopedia Dantesca cit laquoNel di-fendere i Romani dallrsquoaccusa di latrocinio si richiama al duello ndash istituto come ognu-no sa di origine germanica ndash su cui si pronuncia il giudizio di Dio ma i contenden-ti sono detti anche atleti (Mn II VII e VIII) ciograve che si capirebbe poco se non fosse chei testi del diritto gli porgevano opportuni sostegni Qui sono considerati gli atletiche disputano un certamen sacrum (Cod 10 54 (53) c un) la cui posta non egrave la mer-ces ma il trionfo della virtugrave secondo quanto si esplicava alla gl Athletae ad DigXXVII 1 8 [6 6] Et erant athletae qui sine mercede virtutis gratia certabant et cer-taminibus sacris deserviebant Lrsquoaver quindi il popolo romano disputato un certamensacrum ndash quindi divino ndash e averlo vinto volta a volta contro i vari popoli non puogravenon indurre il duplice fondamento giuridico e divino del suo possesso e dominiodel mondoraquo

argomento in apparenza esclusivamente ricollegabile alla tradizionegermanica e in particolare longobarda introdotta con lrsquoeditto di Ro-tari del 643 sopravvissuta per qualche secolo ma quasi scomparsaallrsquoepoca di Dante anche percheacute combattuta laquosempre piugrave risoluta-mente dal magistero ecclesiastico e dalle scuola di giurispruden-zaraquo196 In questa argomentazione lrsquoAlighieri pare quindi distanziarsinettamente dalla tradizione giuridica romana Eppure come egrave sta-to anche di recente evidenziato la dimostrazione (Mon II IX 12-18)che romanus populus per duellum acquisivit Imperium ergo de iureacquisivit (Mon II IX 21) si svolge facendo continuo riferimento al-la laquoautoritagrave del De officiis di Cicerone [hellip] disseminato verbaliterlungo tutto il paragraforaquo197 Dante si richiama infatti esplicitamentedue volte al trattato ciceroniano per stabilire in via preliminare quel-le regole per le quali uno scontro puograve essere definito un ldquoduellordquo laprima regola egrave che vi si debba ricorrere solo dopo aver prima tenta-to in tutti i modi una soluzione pacifica cosigrave come Cicerone nel Deofficiis (I 34)198 aveva raccomandato a proposito dellrsquointrapresa del-la guerra (Mon II IX 3)199 E la seconda regola (ma giagrave anticipata inMon II IX 2) egrave che i duellanti debbano affrontarsi di comune ac-

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196 Cfr FIORELLI Sul senso del diritto nella laquoMonarchiaraquo cit p 93 e tutte le pp90-97 dove si traccia una breve storia del duellum giudiziario in Italia e dellrsquoopposi-zione nei suoi confronti Ma cfr eg anche TOMMASO Super sententiis III dist 39 q 1art 2 qc 2 arg 3 laquoPraeterea in sortibus et judiciis quae fiunt per ignem et aquamvel per duellum expectatur divinum testimonium et propter hoc sunt prohibita quiain his videtur esse quaedam Dei tentatioraquo

197 C DI FONZO laquoAequitasraquo e giustizia retributiva nel Paradiso di Dante in Chal-lenging centralism cit pp 43-52 p 43

198 CIC De off I 34 laquoAtque in re publica maxime conservanda sunt iura belliNam cum sint duo genera decertandi unum per disceptationem alterum per vimcumque illud proprium sit hominis hoc beluarum confugiendum est ad posterius siuti non licet superioreraquo

199Mon II IX 3 laquoSed semper cavendum est ut quemadmodum in rebus bellicisprius omnia temptanda sunt per disceptationem quandam et ultimum per preliumdimicandum est ut Tullius et Vegetius concorditer precipiunt hic in Re militari illevero in Offitiisraquo In effetti anche VEGEZIO nel De re militari III 9 afferma laquoIdeo om-nia ante cogitanda sunt ante temptanda ante facienda sunt quam ad ultimum ue-niatur abruptumraquo ma riferendosi alle precauzioni che deve adottare un comandanteprima di attaccare battaglia

cordo laquonon per odio od amore ma soltanto per vivo desiderio digiustiziaraquo (Mon II IX 4) e a questo proposito chiama di nuovo incausa il De officiis200 affermando che Cicerone avrebbe laquotoccatoraquoquesto argomento quando aveva affermato che laquoSed bella quibusImperii corona proposita est minus acerbe gerenda suntraquo (Mon IIIX 4)201 Ma al di lagrave di queste citazioni quasi testuali occorre evi-denziare che lrsquoAlighieri mostra di aver ben presente il contesto da cuile trae si tratta infatti di quei passi del De officiis in cui allrsquointernodella trattazione della virtugrave della giustizia (De off I 20-60)202 Cice-rone definisce il laquobellum iustum romanumraquo (De off I 34-40) primacome quella guerra intrapresa laquosolo per poter vivere in pace e sen-za offesaraquo (De off I 35) quindi secondo il sanctissimum ius fetialedel popolo romano come quella guerra laquoche si intraprenda doporegolare domanda di soddisfazione e che sia stata prima minacciatae dichiarataraquo (De off I 36) 203 E nel passo che precede immediata-mente la citazione dantesca laquoSed bella quibus Imperii etcraquo Cice-rone afferma ancora che laquoQuando perograve si combatte per la supre-mazia e si cerca la gloria con la guerra egrave necessario tuttavia che vi

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200 CIC De off I 34 laquoSed bella quibus imperii proposita gloria est minus acer-be gerenda suntraquo

201Mon II IX 4 laquoDuo igitur formalia duelli apparent unum hoc quod nunc dic-tum est aliud quod superius tangebatur scilicet ut non odio non amore sed solo ze-lo iustitie de comuni assensu agoniste seu duelliones palestram ingrediantur Et prop-ter hoc bene Tullius cum de hac materia tangeret inquiebat enim ldquoSed bella quibusImperii corona proposita est minus acerbe gerenda suntrdquoraquo Si puograve ipotizzare cheDante abbia sostituito alla parola gloria la parola corona anche laquoper insistere nellametafora agonistica (la corona era il premio per il vincitore della gara)raquo CHIESA-TA-BARRONE Commento in Monarchia cit p 132 ad II IX 4

202 La giustizia egrave una delle quattro virtugrave che insieme a sapienza fortezza e tempe-ranza costituisce lrsquohonestum CIC De off I 15

203 Cicerone in De officiis I 35 seguendo probabilmente Panezio afferma chelaquosuscipienda quidem bella sunt ob eam causam ut sine iniuria in pace vivaturraquo e inI 36 rifacendosi alla tradizione romana che laquobelli quidem aequitas sanctissime fetia-li populi Romani iure perscripta est Ex quo intellegi potest nullum bellum esse iu-stum nisi quod aut rebus repetitis geratur aut denuntiatum ante sit et indictumraquo Latraduzione da me usata egrave quella di A Resta Barile in CICERONE I doveri con un sag-gio introduttivo e note di E NARDUCCI traduzione di A RESTA BARILE Milano Riz-zoli 1987

siano quelle giuste ragioni (iustae causae) che ho detto poco primaraquo(De off I 38)204 ribadendo quindi la necessitagrave che anche queste guer-re siano bella iusta Si puograve quindi ipotizzare che Dante quando intutto questo capitolo IX del II libro della Monarchia insiste propriosul laquovivo desiderio di giustiziaraquo e sulla laquogiustiziaraquo che dovrebbe es-sere presente nel duellum205 segua proprio lrsquoesempio di Ciceroneche aveva voluto definire la ldquogiustiziardquo del bellum romano206 Infine

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204 CIC De off I 38 laquoCum vero de imperio decertatur belloque quaeritur gloriacausas omnino subesse tamen oportet easdem quas dixi paulo ante iustas causas es-se bellorum Sed ea bella quibus imperii proposita gloria est minus acerbe gerendasuntraquo

205 E cosigrave infatti ancora prosegue dopo le citazioni ciceroniane laquoiustitie neces-sitate de comuni assensu congregati propter zelum iustitie nonne in nomine Dei con-gregati sunt Et si sic nonne Deus in medio illorum est cum ipse in evangelio nobishoc promictat Et si Deus adest nonne nefas est arbitrari iustitiam succumbere pos-se quam ipse in tantum diligit quantum superius prenotatur Et si iustitia in duellosuccumbere nequit nonne de iure acquiritur quod per duellum acquiriturraquo (MonII IX 5-6)

206 Gli studiosi moderni come egrave ben noto ritengono per lo piugrave che le iustae cau-sae che secondo Cicerone dovrebbero motivare anche la guerra de imperio siano so-lo identificabili con il rituale che fornirebbe parvenza di legalitagrave alle mire espansio-nistiche romane e che comunque anche nei passi precedenti il bellum iustum sia daintendersi come laquola guerra legittima in quanto (posta in essere in modo) conforme al-lrsquoordinamento vigente (romano interno ndash si sottolinei ndash) in materia di guerra [hellip] ilquale consiste nel complesso normativo dello ius fetiale che richiede lrsquoadempimentodella procedura indicata per lrsquointroduzione di uno stato di guerraraquo L LORETO Il bel-lum iustum e i suoi equivoci Napoli Jovene 2001 p 18 ma cfr anche PA BRUNTLaus imperii in Imperialism in the Ancient World edd PDA Garnsey-CR Whitta-ker Cambridge University Press Cambridge 1978 pp 159-91 pp 175-78 WV HAR-RIS War and Imperialism in Republican Rome 327-70 BC Oxford Oxford Univer-sity Press 1979 pp 163-75 A CALORE Forme giuridiche del lsquobellum iustumrsquo Mila-no Giuffregrave 2003 in particolare pp 142 152 155 Contra J-L FERRARY Philhelleacuteni-sme et impeacuterialisme Aspects ideacuteologiques de la conquecircte romaine du monde helleacutenisti-que Rome Eacutecole franccedilaise de Rome 1988 pp 410-15 che ritiene fondamentale nel-la definizione del bellum iustum il fatto che sia intrapreso laquout sine iniura in pace vi-vaturraquo e ipotizza che i Romani intendessero anche le guerre de imperio come guerreintraprese per la difesa dellrsquoimpero Ma pur ammettendo una concezione esclusiva-mente giuridica del bellum iustum sappiamo che gli scrittori romani (in primis Ci-cerone nel giagrave ricordato De republica III 36 vd supra n 24 e poi infra nel testo) si era-no posti anche il problema della iustitia laquosostanzialeraquo nella conquista e nella gestio-ne dellrsquoimpero Per questo non credo che Dante citi ldquoa spropositordquo Cicerone ldquoa pro-

sempre in De officiis I 38 questa volta immediatamente dopo la ci-tazione dantesca laquoSed bella quibus Imperii etcraquo si distingue fra leguerre combattute laquoper la soppravivenza e non per lrsquoimperiumraquo(laquouter esset non uter imperaretraquo come quelle con i Celtiberi e i coni Cimbri) da quelle combattute invece de imperio come quelle con-tro i Latini i Sabini i Sanniti i Cartaginesi e Pirro E dopo aver af-fermato che fra questi popoli i Cartaginesi furono comunque foedi-grafi e Annibale crudelis mentre tutti gli altri iustiores si riportanoalcuni versi di Ennio (senza perograve indicare lrsquoautore) nei quali si ri-cordano le laquonobilissime paroleraquo che Pirro avrebbe detto allrsquoamba-sceria guidata da Fabrizio rifiutando lrsquooro per il riscatto dei prigio-nieri romani

non chiedo per me oro neacute mi dovete dare il prezzo del riscatto non fac-ciamo la guerra da mercanti ma da soldati col ferro non con lrsquooro decidia-mo la nostra sorte Sperimentiamo col valore se la Fortuna signora delle co-se umane daragrave lrsquoimpero a me o a voi e cosa essa ci porti E tenete a menteho stabilito di concedere la libertagrave a quei valorosi che la la sorte della guerraha risparmiato Ve ne faccio dono conduceteli con voi col favore degli degravei

Parole ndash commenta Cicerone ndash veramente degne di un re e del-la stirpe degli Eacidi207

Ho voluto richiamare per intero anche questa ultima parte delpasso ciceroniano percheacute Dante quando forniragrave le prove storiche

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positordquo del laquovivo desiderio di giustiziaraquo Senza contare che per Cicerone come perDante il diritto romano espressione del ius naturae difficilmente poteva essere intesoin contraddizione alla ldquogiustiziardquo

207 CICDe off I 38 laquoSed ea bella quibus imperii proposita gloria est minus acer-be gerenda sunt Ut enim cum civi aliter contendimus si est inimicus aliter si com-petitor (cum altero certamen honoris et dignitatis est cum altero capitis et famae) siccum Celtiberis cum Cimbris bellum ut cum inimicis gerebatur uter esset non uterimperaret cum Latinis Sabinis Samnitibus Poenis Pyrrho de imperio dimicabaturPoeni foedifragi crudelis Hannibal reliqui iustiores Pyrrhi quidem de captivis red-dendis illa praeclara ldquoNec mi aurum posco nec mi pretium dederitis Nec caupo-nantes bellum sed belligerantes Ferro non auro vitam cernamus utrique Vosnevelit an me regnare era quidve ferat Fors Virtute experiamur Et hoc simul accipedictum Quorum virtuti belli Fortuna pepercit Eorundem libertati me parcerecertum est Dono ducite doque volentibus cum magnis disrdquo Regalis sane et dignaAeacidarum genere sententiaraquo

che laquoil popolo romano per duello acquistograve lrsquoimperoraquo (e quindi laquoconil dirittoraquo Mon II IX 12) seguiragrave nellrsquoelencare i duelli vittoriosicombattuti dagli eroi romani proprio lrsquoordine dei popoli presentinel De officiis rimandando poi alle testimonianze di Virgilio (perEnea e Turno Mon II IX 13-14) e di Livio (per gli Orazi e i Curia-zi Mon II IX 15 per i Sabini e i Sanniti contro i quali si combatteacutelaquosotto forma di duello sebbene molti fossero i combattentiraquo MonII IX 16-17 e infine per Fabrizio contro Pirro e per Scipione controAnnibale Mon II IX 18) e prima di passare a questo elenco per di-mostrare che anche i pagani laquocercavano il giudizio dalla fortuna delduelloraquo (Mon II IX 7)208 riporteragrave lrsquoesempio di Pirro citato nel De of-ficiis affermando che laquoHic Pirrus lsquoHeramrsquo vocabat fortunam quamcausam melius et rectius nos lsquodivinam providentiamrsquo appellamusraquo209una affermazione che laquopresuppone e concilia le due anime latina ecristiana tra loro intersecate nel terreno tra giuridico e teologicoraquo210Dopo lrsquoelenco dei ldquoduellirdquo sostenuti dai romani il capitolo IX si chiu-de con unrsquoinvettiva contro i laquogiuristi presuntuosiraquo che stanno laquosot-

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208 Dopo essersi richiamato in Mon II IX 5 (riportato supra alla n 205) al VangelolaquoDante si preoccupa di sottolineare che il ricorso al duello come pratica giudiziariavaleva anche prima della venuta di Cristo fra le regole del duello non vi egrave infatti quel-la che i duellanti riconoscano Cristo come Dio una condizione che avrebbe inficiatola sua argomentazione (percheacute gli esempi recati a dimostrazione del fatto che i Roma-ni acquisirono lrsquoimperium per mezzo del duello esposti nei parr 12-18 sono tutti pre-cedenti alla venuta di Cristo)raquo CHIESA-TABARRONE Commento in Monarchia cit p132 ad II IX 7-8

209Mon II IX 8 laquoUnde bene Pirrus ille tam moribus Eacidarum quam sanguinegenerosus cum legati Romanorum pro redimendis captivis ad illum missi fueruntrespondit Nec mi aurum posco nec mi pretium dederitis non cauponantes bellumsed belligerantes ferro non auro vitam cernamus utrique Vosne velit an me regna-re Hera quidve ferat sors virtute experiamur Quorum virtuti belli fortuna peperciteorundem me libertati parcere certum est Dono ducite Hic Pirrus lsquoHeramrsquo vocabatfortunam quam causam melius et rectius nos lsquodivinam providentiamrsquo appellamusraquoRispetto al passo del De officiis che cita questi versi di Ennio (cfr n 207) sono da os-servare in Dante le seguenti differenze il termine lsquoHerarsquo egrave inteso nella Monarchia co-me un appellativo e non come un apposizione il verso finale egrave omesso probabilmen-te per il troppo esplicito riferimento agli degravei il conclusivo commento ciceroniano sul-la nobiltagrave di Pirro egrave anticipato nella osservazione iniziale su Pirro laquochrsquoera nobile sigrave peri costumi propri degli Eacidi sigrave per il sangueraquo

210 DI FONZO laquoAequitasraquo e giustizia retributiva nel Paradiso di Dante cit p 44

to a quella specola della ragione onde la mente umana deduce spe-culando questi princigravepiraquo e che devono perciograve tacere laquoaccontentan-dosi di dare consigli e giudizi conformi al tenore della leggeraquo211 eproprio alla luce della rilettura dantesca del discorso di Pirro si puograveipotizzare che tale invettiva non sia laquorivolta contro un bersaglio ge-nericoraquo ma contro laquola stessa glossa alla 1 digna vox nel titolo de le-gibus del codice Giustiniano (Cod 1 14 4) dove Accursio [hellip] an-nota che lrsquoImpero deriva dalla fortuna (ldquocum imperium sit de for-tunardquo)raquo212 ovvero lrsquoopposto di ciograve che Dante ha voluto dimostraree che solo i laquoGentiles ante tubam evangelicamraquo (Mon II IX 7)213potevano credere chiamando appunto fortuna ciograve che laquonos lsquodivi-nam providentiamrsquo appellamusraquo214

Abbiamo cosigrave visto che anche nellrsquoargomentazione che piugrave sem-bra allontanarsi dalla concezione romana del diritto Dante si siaperograve adoperato per giustificare e ldquopuntellarerdquo la sua interpretazio-ne ldquovolontaristicardquo con continui riferimenti a fonti romane che se-condo lrsquoautore dovrebbero mettere a tacere anche e proprio queigiuristi che si proclamavano interpreti ed eredi del diritto roma-no215 Vedremo ora come la tradizione romana questa volta speci-

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211Mon II IX 20 laquoVideant nunc iuriste presumptuosi quantum infra sint ab illaspecula rationis unde humana mens hec principia speculatur et sileant secundumsensum legis consilium et iudicium exhibere contentiraquo

212 D QUAGLIONI laquoArte di bene e drsquoequitaderaquo Ancora sul senso del diritto in Dan-te (Monarchia II v 1) in laquoStudi Danteschiraquo LXXVI 2011 pp 27-46 p 35

213 Mon II IX 7 laquoHanc veritatem etiam Gentiles ante tubam evangelicam co-gnoscebant cum iudicium a fortuna duelli querebantraquo

214 Pur non addentrandomi sul tema della concezione della fortuna in Dante nonposso non richiamare almeno il VII canto dellrsquoInferno dove per bocca di Virgilio ilpoeta sostiene che Dio stesso stabiligrave la Fortuna come laquogeneral ministra e duce chepermutasse a tempo li benrsquo vani di gente in gente e drsquouno in altro sangue oltre ladifension drsquoi senni umani Per chrsquouna gente impera e lrsquoaltra langue seguendo logiudicio di costei che egrave occulto come in erba lrsquoangueraquo (Inf VII 78-84)

215 Cfr FIORELLI Sul senso del diritto nella laquoMonarchiaraquo cit p 95 laquoIl gloriosopopolo romano srsquoera guadagnato ldquosub iure duellirdquo la corona ldquoorbis totiusrdquo ma i giu-risti non sapevano levar lo sguardo piugrave su dei loro libri e dal silenzio di questi dedu-cevano conseguenze che la storia di Roma vista nella luce della Provvidenza smen-tiva ldquoVideant nunc iuriste presumptuosi helliprdquo muove da qui la famosa invettiva checontende al miope tecnicismo dei giureconsulti la capacitagrave di speculare sui grandiprigravencipiraquo

ficatamente giuridica rientri prepotentemente nel passo della Mo-narchia dove lrsquoAlighieri ha voluto offrire una definizione esplicitadel diritto

26 laquoIus est realis et personalis hominis ad hominem proportioraquo(Mon II V 1)

Di fronte ai passi finora analizzati dai quali emergono tratti del-la concezione dantesca del diritto non sempre ben armonizzabili fraloro egrave opportuno privilegiare la famosa definizione che Dante neoffre allrsquoinizio del V capitolo del II libro e anche il contesto in cuiquesta si colloca Tutto questo lunghissimo capitolo vuole provareche il popolo romano ottenne di diritto lrsquoimpero percheacute perseguigravesempre come fine il diritto e chi persegue come fine il diritto devenecessariamente agire con il diritto (Mon II V 18-23) La dimostra-zione che il popolo romano perseguigrave come fine il diritto egrave perograve svol-ta attraverso la dimostrazione che il popolo romano nelle sue con-quiste perseguigrave il bene comune dei popoli assoggettati assicurandoinnanzitutto pace e libertagrave (Mon II V 5-17) dato che e questo egrave ilprimo assunto che viene dimostrato (Mon II V 1-4) laquochiunque mi-ra al bene pubblico si propone il fine del dirittoraquo (Mon II V 1) Dan-te inizia quindi la sua argomentazione definendo il diritto come laquounreale e personale rapporto dellrsquouomo con lrsquouomo che rispettatoconserva la societagrave tra gli uomini e violato la manda in rovinaraquo(laquoius est realis et personalis hominis ad hominem proportio que ser-vata hominum servat sotietatem et corrupta corrumpitraquo) e precisadi voler e dover dare tale definizione percheacute laquoilla Digestorum de-scriptio [Dig 111 pr1 accolta in Convivio IV IX 8 laquola ragione scrit-ta egrave arte di bene e drsquoequitaderaquo] non dicit quod quid est iuris sed de-scribit illud per notitiam utendi illoraquo (Mon II V 1) Questa precisa-zione non egrave da sottovalutare il passo risulta infatti esemplare nelmostrare come per Dante il Digesto sia comunque laquoil punto di par-tenza necessarioraquo anche se laquoper uno scarto nella definizione dellequestioni in esameraquo216 E in effetti non solo la prima parte della de-

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216 QUAGLIONI laquoArte di bene e drsquoequitaderaquo Ancora sul senso del diritto in Dante(Monarchia II v 1) cit p 39 Si veda anche RUGGIERO Una definizione del diritto

finizione dantesca (laquoius est realis et personalis hominis ad hominemproportioraquo) per quanto formulata in modo felicemente originale217riecheggia la tradizione filosofica e giuridica antica (oltre a quellamedievale)218 ma anche lrsquoulteriore specificazione (laquoque servata ho-

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cit p 143 Diversamente CHIESA-TABARRONE per ragioni stilistiche (laquomentre la de-finizione iniziale (ius [hellip] corrumpit) egrave di alto valore retorico lrsquoinciso sul Digesto egravestilisticamente molto bruttoraquo) pensano che tale inciso sia una glossa aggiunta suc-cessivamente cfr CHIESA-TABARRONE Nota al testo in Monarchia cit p CXXX eCommento ivi pp 97-98 ad II V 1 CHIESA-TABARRONE comunque a mio avviso nonopportunamente per questo passo rimandano a Digesto 1110 pr (dove perograve si dagrave ladefinizione di iustitia vd infra n 218) e non alla definizione di Ulpiano-Celso

217 Tanto da essere considerata dai giuristi moderni laquofra le tante che si egrave tentato didarne [hellip] forse la piugrave felice e la piugrave profondaraquo FASSOgrave Storia della filosofia del dirit-to I cit p 223 si veda anche FIORELLI Sul senso del diritto nella laquoMonarchiaraquo citin particolare pp 80-81 dove traccia un breve storia della fortuna di questa definizio-ne fra gli storici moderni del diritto pur osservando come molti giudizi lrsquoabbiano elo-giata senza fornire le ragioni di tali elogi e QUAGLIONI laquoArte di bene e drsquoequitaderaquo An-cora sul senso del diritto in Dante (Monarchia II v 1) cit pp 40-41

218 Opportunamente Nardi (Commento in DANTE ALIGHIERI Opere MinoriIII1 cit p 386 ad II V 1) osserva innanzitutto che in questa definizione dantesca iltermine latino ius corrisponde al greco δίκαιον (iustum) rimandando al commento diTommaso al V libro dellrsquoEtica aristotelica (Exp Eth V lect XII 1) dove si precisa chei giuristi laquonominant [hellip] ius quod Aristotiles iustum nam et Isidorus dicit in libro Ety-mologiarum quod ius dicitur quasi iustumraquo Il concetto di giustizia come proportioegrave presente in ARISTOTELE Eth V 1131a-1132b in particolare 1131a laquoil giusto egrave in cer-to senso una proporzioneraquo (ma il concetto egrave giagrave in PLATONE Leggi VI 757b-c) e cfrsempre il commento di Tommaso allrsquoinizio della quinta lectio (Exp Eth V lect V 1laquoEst ergo iustum proportionale et ceteraraquo) ma anche Egidio Romano De regimineprincipum I II 11 laquoiustum est quoddam proportionabileraquo Ricordiamo che in Mon IXI 7 in modo simile Dante aveva definito la iustitia come quella laquovirtus ad alterumraquoche lrsquoimperatore poteva esercitare in quanto possedeva la laquopotentia tribuendi cuiquequod suum estraquo (vd supra n 130) Per le fonti giuridiche antiche si puograve vedere lefonti giagrave citate supra alla medesima nota fra cui ricordo ancora Digesto 1110 pr (Ul-pianus 1 reg) laquoIustitia est constans et perpetua voluntas ius suum cuique tribuendiraquoma anche Dig 11101 (Ulpianus 1 reg) laquoIuris praecepta sunt haec honeste viverealterum non laedere suum cuique tribuereraquo Con gli aggettivi realis e personalis si in-dica un laquoreciproco riconoscimento e reciproca limitazione dei poteri di ciascuno deiconsociati sopra cose e sopra personeraquo FIORELLI Sul senso del diritto nella laquoMonar-chiaraquo cit p 82 n 11 lrsquouso dellrsquoaggettivo realis egrave estraneo al Digesto (che usa sem-pre il sostantivo res) ma egrave invece attestato nei giuristi del XIII e XIV secolo laquoNulladunque drsquoeccezionale nellrsquouso che di realis fa Dante ma in tutti i modi il probabile

minum servat sotietatem et corrupta corrumpitraquo) rende evidentequanto Dante abbia recepito il ldquosensordquo del diritto antico Infatti os-serva lrsquoAlighieri

Se [hellip] questa definizione abbraccia insieme la ldquoquidditagraverdquo e il ldquopercheacuterdquodel diritto e se il fine di ogni associazione egrave il comune bene degli associati egravegiocoforza che fine drsquoogni diritto sia il bene comune ed egrave impossibile si diadiritto che non miri al bene comune [hellip] Egrave dunque evidente che chiunquemira al bene pubblico si propone il fine del diritto Se pertanto i Romanitendevano al bene dello stato saragrave vero il dire che essi avevano di mira il fi-ne del diritto219

Ma nota giustamente Quaglioni questa laquoidea dellrsquoidentitagrave delbonum rei publice (la salus rei publicae ciceroniana) col fine stessodel diritto appartiene alla tradizione teologico-politica e giuridico

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indizio drsquouna lettura diretta di testi giuridici e soprattutto di glosse non filtrata dascritture dottrinali drsquoaltra provenienzaraquo ivi p 87 QUAGLIONI laquoArte di bene e drsquoequi-taderaquo Ancora sul senso del diritto in Dante (Monarchia II v 1) cit pp 44-45 ipotiz-za un nesso fra la definizione dantesca e il dibattito sorto fra i giuristi del XIII e XIVsecolo proprio sulla definizione del ius in Digesto 111 Fra i testi giuridici medieva-li sono da ricordare le Quaestiones de iuris subtilitatibus operetta giuridica medieva-le per molto tempo attribuita a Irnerio diffusa in Toscana e quindi probabilmenteconosciuta da Dante cfr Quaest Exordium 4 laquout salvo singulis suo merito serveturincorrupta societas hominum cunctorumque perseverat illibata communitasraquoQuaestII 4 laquohoc dicitur ius respectu aequitatis non quia insit set quia pro officio statuentisinesse debuit nec dici potest aliam esse nominis eiusdem significantiam set magiseandem set inproprie acceptamraquo Quaest VI 3 laquoaequitas qua continetur aequabilitaset pro dignitate cuiusque congrua rerum quas ad usum hominum natura prodidit in-ter omnes distributioraquo Si veda anche CANCELLI sv Diritto romano in EnciclopediaDantesca cit FIORELLI Sul senso del diritto nella laquoMonarchiaraquo cit p 84 QUAGLIONIlaquoArte di bene e drsquoequitaderaquo Ancora sul senso del diritto in Dante (Monarchia II v 1)cit pp 44-45 Ma sul rapporto fra la definizione dantesca e le Quaestiones de iurissubtilitatibus piugrave estesamente si sofferma RUGGIERO Una definizione del diritto citpp 145-48

219Mon II V 1 laquoQuicunque preterea bonum rei publice intendit finem iuris in-tendit Quodque ita sequatur sic ostenditur ius est realis et personalis hominis ad ho-minem proportio que servata hominum servat sotietatem et corrupta corrumpitraquo2 laquonecesse est finem cuiusque iuris bonum comune esse et inpossibile est ius essebonum comune non intendensraquo 4 laquoPatet igitur quod quicunque bonum rei publiceintendit finem iuris intenditraquo

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220 QUAGLIONI laquoArte di bene e drsquoequitaderaquo Ancora sul senso del diritto in Dante(Monarchia II v 1) cit p 39 Sullrsquoambiguitagrave che la formula salus rei publicae puograve as-sumere nellrsquoopera ciceroniana cfr perograve C DrsquoALOJA Legge di natura e lotta politicanellrsquoopera di Cicerone in Testi e problemi del giusnaturalismo romano cit pp 127-61p 134 e FONTANELLA Politica e diritto naturale nel De legibus di Cicerone cit pp130-32

221 QUAGLIONI laquoArte di bene e drsquoequitaderaquo Ancora sul senso del diritto in Dante(Monarchia II v 1) cit pp 39-40 n 42 con RICCI (DANTE ALIGHIERI Monarchia acura di PG RICCI Edizione Nazionale delle opere di Dante Alighieri a cura della So-cieta Dantesca Italiana vol V Milano Mondadori 1965) NARDI (ALIGHIERI DANTEOpere Minori III1 cit) KAY (DANTErsquoSMonarchia cit) RUGGIERO Una definizionedel diritto cit p 142 n 2 per il comune bonum rimanda a Remigio dersquo Girolami Debono communi ed MC DE MATTEIS in laquoAnnali della Facoltagrave di Lettere dellrsquoUni-versitagrave di Lecceraquo 3 1965-1967 pp 13-86 Altra bibiliografia sul tema del comunebonum nel pensiero politico medievale in CHIESA-TABARRONE Commento in Mo-narchia cit p 98 ad II V 2

222 Da me riportati supra alla n 218223 CIC De inv I 68 laquoOmnes leges iudices ad commodum rei publicae referre

oportet et eas ex utilitate communi non ex scriptione quae in litteris est interpreta-ri Ea enim virtute et sapientia maiores nostri fuerunt ut in legibus scribendis nihil si-bi aliud nisi salutem atque utilitatem rei publicae proponerent Neque enim ipsi quodobesset scribere volebant et si scripsissent cum esset intellectum repudiatum irilegem intellegebant Nemo enim leges legum causa salvas esse vult sed rei publicaequod ex legibus omnes rem publicam optime putant administariraquo

politica occidentale [hellip] Naturalmente i lsquoprecedentirsquo piugrave vicini epiugrave autorevoli possono essere agevolmente indicati nel duplice stra-to aristotelico e ciceroniano della giuspubblicistica del XIII e XIVsecoloraquo220 Per la definizione dantesca del diritto Quaglioni in no-ta221 rimanda attraverso i commenti di Ricci Kay e Nardi allrsquoEticadi Aristotele col commento di Tommaso e al De regimine principumdi Egidio Romano222 Mi pare perograve che a conferma dellrsquoinfluenzadello laquostrato ciceronianoraquo a cui rimanda Dante stesso ricordando ilDe inventione (Mon II V 2 laquoPropter quod bene Tullius in Prima re-thorica semper ndash inquit ndash ad utilitatem rei publice leges interpre-tande suntraquo)223 si possa almeno citare il passo del III libro del De of-ficiis dove si afferma laquoNeque vero hoc solum natura id est iure gen-tium sed etiam legibus populorum quibus in singulis civitatibus respublica continetur eodem modo constitutum est ut non liceat suicommodi causa nocere alteri Hoc enim spectant leges hoc volunt

incolumem esse civium coniunctionemraquo224 E proprio dal De officiis egravetratta la prima ldquoprova storicardquo che laquoallontanata da seacute ogni cupidigiache egrave sempre nemica della repubblica e amando la pace universaleunita alla libertagrave quel santo pio e glorioso popolo si vede aver ne-gletto il proprio vantaggio per procurare quello pubblico a salvezzadel genere umano Onde a ragione fu scritto ldquoLrsquoimpero romano na-sce dal Fonte della pietagraverdquoraquo225 Per rintracciare i segni di questo agirelaquopublica pro salute humani generisraquo negli organi istituzionali del-lrsquoantica Roma basta infatti a Dante ricordare il passo del De officiisin cui il senato viene designato come laquoregum populorum et natio-num portus [hellip] et refugium quando imperium rei publice benefi-ciis tenebatur non iniuriis cosigrave che laquolsquopatrociniumrsquo orbis terrarum po-tius quam lsquoimperiumrsquo poterat nominariraquo226 Per dimostrare invecenelle singole personalitagrave della storia romana questo atteggiamentodeterminato dalla ricerca del bene pubblico si rievocano quasi glistessi esempi di eroi virtuosi che avevamo trovato nel Convivio227 con

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224 Ma cfr anche CIC De off I 15 17 20 III 69225Mon II V 5 laquoomni cupiditate summota que rei publice semper adversa est et

universali pace cum libertate dilecta populus ille sanctus pius et gloriosus propriacommoda neglexisse videtur ut publica pro salute humani generis procuraret Underecte illud scriptum est ldquoRomanum imperium de Fonte nascitur pietatisrdquoraquo La fraseegrave pronunciata da Costantino e riportata nella Legenda Aurea di Iacopo da VaragineMa cfr anche la V Epistola dove a proposito di Arrigo VII si afferma laquocum sit Cesaret maiestas eius de Fonte defluat pietatisraquo (Ep V 3)

226 CIC De officiis II 26-7 in Monarchia II V 7 laquosufficit illa sola Ciceronis autori-tas in secundis Offitiis ldquoQuandiurdquo inquit ldquoimperium rei publice beneficiis tenebaturnon iniuriis bella aut pro sotiis aut de imperio gerebantur exitus erant bellorum autmites aut necessarii regum populorum et nationum portus erat et refugium senatusnostri autem et magistratus imperatoresque in ea re maxime laudem capere studue-runt si provincias si sotios equitate et fide defendissent Itaque illud lsquopatrociniumrsquo or-bis terrarum potius quam lsquoimperiumrsquo poterat nominarirdquo Hec Ciceroraquo

227 Cfr Conv IV V su cui vd supra (anche per il confronto con Agostino) e n 47Fatta eccezione per quelli di Tito Manlio Torquato e di Marco Attilio Regolo assen-ti nella Monarchia dove a differenza del Convivio trovano invece posto i Decii quin-di nel Convivio abbiamo nellrsquoordine Luscino Fabrizio Manio Curio Dentato CaioMuzio Scevola Tito Manlio Torquato Lucio Giunio Bruto Marco Attilio RegoloLucio Quinzio Cincinnato Furio Camillo e Catone Uticense Nella Monarchia LucioQuinzio Cincinnato Luscino Fabrizio Furio Camillo Lucio Giunio Bruto Caio Mu-zio Scevola i Decii Catone Uticense Dunque sia il numero sia lrsquoordine con cui ven-gono ricordati i personaggi esemplari non solo non trova preciso riscontro nella tra-

rimandi molto piugrave precisi a Livio Cicerone e Virgilio (anche percheacutenella Monarchia non occorreva la traduzione in volgare della fontelatina) Ricordiamo che nel Convivio tali esempi servivano a dimo-strare il favore divino nei confronti dellrsquoimpero romano manifesta-tosi nella virtugrave eccezionale dei suoi uomini qui servono a dimostra-re che laquoil popolo romano sottomettendo a seacute il mondo mirograve al be-ne collettivoraquo che egrave laquola meta del dirittoraquo228 con la significativa di-

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dizione antica o medievale (vd supra) ma non egrave il medesimo nemmeno nei due trat-tati danteschi Per un confronto puntuale con le fonti classiche e medievali ricordoSILVERSTEIN On the genesis of laquoDe Monarchiaraquo II v cit supra alla n 49 CHIESA-TA-BARRONE (Introduzione inMonarchia cit p LVIII) osservano che mentre lrsquoordine se-guito nel Convivio sarebbe laquovagamente cronologicoraquo quello nella Monarchia sareb-be funzionale alla costruzione di una laquoclimax etica [hellip] dove lrsquoeroismo egrave in crescen-do da quello di Cincinnato che contribuigrave al bene comune con il proprio sudore fi-no a quello di Catone e dei Deci che per il bene comune sacrificarono la loro stessavitaraquo

228Mon II V 18 laquoDeclarata igitur duo sunt quorum unum est quod quicunquebonum rei publice intendit finem iuris intendit aliud est quod romanus populus su-biciendo sibi orbem bonum publicum intenditraquo Anche Agostino in De civitate V 18su cui ci siamo soffermati sopra indicava in questi personaggi un esempio di sacrificiodi seacute (non solo dei propri beni ma perfino della propria vita e di quella dei propri fi-gli) per il bene della patria ovvero per il bene pubblico la Monarchia sembrerebbequindi offrire un contesto piugrave vicino al De civitate di quello del precedente trattato An-che in questo caso perograve lrsquoapprovazione incondizionata di Dante per la virtus romananon potrebbe essere piugrave distante dalla contestualizzazione che egrave anche una ldquoconte-stazionerdquo messa in atto da Agostino basti soffermarci sullrsquoesempio di Lucio GiunioBruto di particolare interesse percheacute vi si mostra il diverso uso della stessa fonte an-tica cioegrave Virgilio in ambedue gli autori Nel VI libro dellrsquoEneide Anchise con questeparole profetizza il destino di Bruto che faragrave giustiziare i propri figli colpevoli di at-tentare alla repubblica laquonatosque pater nova bella moventes ad poenam pulchra prolibertate vocabit infelix utcumque ferent ea facta minores vincet amor patriae lau-dumque immensa cupidoraquo (820-23) Agostino riporta e commenta questi versi in mo-do da sottolineare come la stessa fonte virgiliana getti unrsquoombra sul comportamento diBruto laquoBruto autem quia filios occidit infelicitatis perhibet testimonium etiam poe-ta laudator Ait enim ldquoNatosque pater nova bella moventes Ad poenam pulchra prolibertate vocabit Infelix utcumque ferent ea facta minoresrdquo Sed versu sequenti con-solatus est infelicem ldquoVincit amor patriae laudumque immensa cupidordquoraquo (De civ V 18)Dante al contrario ldquotaglia cortordquo ovvero elimina proprio quei versi che potevano su-scitare unrsquoambiguitagrave di giudizio e scrive laquoNonne filios an non omnes alios postpo-nendos patrie libertati Brutus ille primus edocuit quem Livius dicit consulem exi-stentem proprios filios cum hostibus conspirantes morti dedisse Cuius gloria reno-

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vatur in sexto Poete nostri de ipso canentis ldquonatosque pater nova bella moventes adpenam pulcra pro libertate vocavitrdquoraquo (Mon II V 13) Per la lettura agostiniana di que-sto episodio della antica storia romana si veda ora S AUDANO Classici lettori di clas-sici Da Virgilio a Marguerite Yourcenar Foggia Edizioni Il castello 2012 il capitoloBruto e il lungo percorso di una sentenza virgilianaVincet amor patriae laudumque im-mensa cupido (Aen VI 823) pp 87-162 in particolare pp 116-34 Da osservare cheanche nel De regimine principum (III 5) Tolomeo da Lucca pur rifacendosi esplicita-mente al V libro del De civitate capovolge il giudizio agostiniano riportando comeesempio di zelus iustitiae il comportamento di Bruto e di Torquato verso i figli si ve-da sempre AUDANO Classici lettori di classici cit pp 134-40

229 Mon II V 15 laquoaccedit et illud inenarrabile sacrifitium severissimi vere liber-tatis tutoris Marci Catonis Quorum alteri pro salute patrie mortis tenebras non hor-ruerunt alter ut mundo libertatis amores accenderet quanti libertas esset ostenditdum e vita liber decedere maluit quam sine libertate manere in illaraquo

230 Vd supra Mon I XII e cfr RUGGIERO Una definizione del diritto cit p 149laquonon egrave casuale che la definizione dantesca sia contestuale al richiamo in II V 15 a Ca-tone ldquoseverissimus libertatis tutorrdquo cheacute ancora in Purgatorio XVI e in Paradiso I e Vil tema giuridico egrave indissolubilmente connesso con la riflessione dantesca sul temadella libertagraveraquo

231 Mon II V 19 laquoNunc arguatur ad propositum sic quicunque finem iuris in-tendit cum iure graditur romanus populus subiciendo sibi orbem finem iuris inten-dit ut manifeste per superiora in isto capitulo est probatum ergo romanus populussubiciendo sibi orbem cum iure hoc fecit et per consequens de iure sibi ascivit Im-perii dignitatemraquo

stinzione di Marco Catone laquoseverissimo fautore della vera libertagraveraquo ilcui esempio egrave servito piugrave in particolare ad laquoaccendere nel mondolrsquoamore della libertagraveraquo229 quasi a suggerire quel nesso fra diritto e li-bertagrave che avevamo visto affermato esplicitamente a proposito del-lrsquoimperatore garante del diritto e quindi della libertagrave dei cives230 Elaquochiunque si propone il fine del diritto procede drsquoaccordo col di-ritto il popolo romano assoggettandosi il mondo si propose il finedel diritto [hellip] dunque il popolo romano assoggettandosi il mondolo fece con diritto e per conseguenza a buon diritto si arrogograve la di-gnitagrave dellrsquoImperoraquo231 Cosa crsquoegrave di piugrave ldquoromanordquo di questa percezio-ne di un diritto che legittima e allo stesso tempo caratterizza lrsquoespan-sione romana estendendosi anchrsquoesso nella sua applicazione di pa-ri passo collrsquoestendersi dellrsquoimpero Cosigrave ad esempio leggiamo nel-le Historiae di Tacito (IV 74) nel discorso ai Treviri attribuito a Pe-tilio Ceriale (generale romano inviato nel 69 dC in Germania infe-riore a domare la rivolta dei Batavi) come la convenienza del-

lrsquoespansione romana fosse motivata proprio dal fatto che Romaavrebbe portato il diritto e con questo la pace e la partecipazione al-la stessa gestione dellrsquoimpero a popoli in precedenza sottoposti a ti-rannie e a guerre

Tirannie e guerre sempre ci furono in Gallia fincheacute non passaste al no-stro diritto (in nostrum ius) E noi bencheacute tante volte provocati del dirittodella vittoria ci giovammo solamente per garantire la pace Ma non esistequiete fra i popoli senza le armi neacute armi si danno senza stipendi neacute stipen-di si possono riscuotere senza tributi Ogni altra cosa in comune avete con noi(cetera in communi sita sunt) voi stessi in molti casi comandate le vostre le-gioni voi stessi governate queste ed altre province nessun priviliegio nessu-na esclusione (nihil separatum clausumve)232

La conferma della ldquoromanitagraverdquo delle argomentazioni che giustifi-cano lrsquoesistenza e lrsquoestensione dellrsquoimpero romano su tutta lrsquoecume-ne la troviamo nel seguente VI capitolo qui il discorso parte dal di-mostrare che ciograve che la natura ha ordinato si mantiene di diritto(Mon II VI 1-3)233 ma laquoRomanus populus ad imperandum ordina-tus fuit a naturaraquo (Mon II VI 4) in quanto la natura per raggiunge-

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232 TAC Hist IV 74 laquoRegna bellaque per Gallias semper fuere donec in nostrumius concederetis Nos quamquam totiens lacessiti iure victoriae id solum vobis ad-didimus quo pacem tueremur nam neque quies gentium sine armis neque arma si-ne stipendiis neque stipendia sine tributis haberi queunt cetera in communi sitasunt Ipsi plerumque legionibus nostris praesidetis ipsi has aliasque provincias re-gitis nihil separatum clausumveraquo Inutile ricordare che Dante non poteva sicura-mente conoscere questo testo Ricordo piuttosto che nonostante le fonti giuridichedellrsquoultimo secolo della Repubblica e dei primi due dellrsquoImpero facciano chiara-mente riferimento alla permanenza di un ius civile in senso stretto applicabile soloai cittadini romani e di un ius honorarium e di un ius gentium (ma questrsquoultimocomprendente sempre piugrave norme e istituti del sistema civilistico) che sono invece ap-plicati anche ai peregrini e nonostante le autonomie giuridiche concesse ad alcunecittagrave specialmente nella parte orientale dellrsquoimpero giagrave dalla etagrave repubblicana il di-ritto romano costituisce il quadro di riferimento per tutti i rapporti privati e pubblicidei Romani e dei popoli che Roma ha sottomesso cfr Lineamenti di storia del dirit-to romano cit pp 506-17 E ricordiamo anche che il ius egrave unrsquoinvenzione tutta ro-mana rispetto ad esempio ai sistemi di leggi presenti nel mondo greco dove esi-ste appunto la legge ma niente che sia equivalente al ius questo il tema del volu-me di SCHIAVONE Ius cit

233 Vd supra n 175

re il fine del genere umano non raggiungibile per mezzo di un solouomo produce una moltitudine di uomini ordinati ad operazionidiverse (Mon II VI 5-6) e pertanto laquoalcuni popoli sono atti per na-tura a dominare ed alcuni altri a star soggetti e servire come affer-ma il Filosofo nella Politica e per tali uomini come egli dice non so-lo egrave vantaggioso essere governati ma egrave anche giusto sebbene deb-bano esservi costrettiraquo (Mon II VI 7)234 Il principio aristotelico loabbiamo ricordato a proposito del Convivio era stato usato propriodai Romani nella legittimazione della propria espansione (cosigrave comeattesta il De republica di Cicerone)235 e Dante cita in questo capito-lo della Monarchia i celebri versi del VI libro (847-853) dellrsquoEneidedi Virgilio che esplicitano questa consapevolezza tutta romana del-la ldquovocazione allrsquoimperordquo236 per poi concludere laquoEgrave provato cosigravequanto basta che il popolo romano fu ordinato da natura a impera-re dunque il popolo romano assoggettandosi il mondo pervenneallrsquoImpero di dirittoraquo (Mon II VI 7)237

Se vogliamo individuare un filo conduttore nelle argomentazio-ni svolte in questi capitoli V e VI mi pare si possa osservare che perDante lrsquoesistenza di un diritto dei Romani allrsquoImpero si fondi in-nanzitutto sullrsquoesistenza e sulla validitagrave del loro diritto di quel iusche ancora come per Cicerone238 assicura il bene di tutti i popoli a

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234Mon II VI 7 laquoPropter quod videmus quod quidam non solum singulares ho-mines quinetiam populi apti nati sunt ad principari quidam alii ad subici atque mi-nistrare ut Phylosophus astruit in hiis que De politicis et talibus ut ipse dicit nonsolum regi est expediens sed etiam iustum etiamsi ad hoc coganturraquo

235 Vd supra n 24 Sul tema cfr ora P DESIDERI Impero romano e diritto di na-tura in Cicerone in Letteratura e civitas Transizioni dalla Repubblica allrsquoImpero In ri-cordo di E Narducci a cura di M Citroni Pisa ETS 2012 pp 73-87

236 VERG Aen VI 847-53 laquoExcudent alii spirantia mollius era credo equidemvivos ducent de marmore vultus orabunt causas melius celique meatus descri-bent radio et surgentia sidera dicent Tu regere imperio populos Romane memento hae tibi erunt artes pacique imponere morem parcere subiectis et debellare su-perbosraquo

237Mon II VI 11 laquoPropterea satis persuasum est quod romanus populus a natu-ra ordinatus fuit ad imperandum ergo romanus populus subiciendo sibi orbem de iu-re ad Imperium venitraquo

238 Egrave il riferimento al ius naturae che permette di legittimare a partire da Cice-rone lrsquoegemonia giuridica di Roma sui popoli in quanto realizzazione laquoin terra del-lrsquoordinamento politico il piugrave vicino possibile allrsquoordine naturale che regna nellrsquouni-

cui si applica in quanto corrisponde profondamente a quellrsquoordineche la ragione umana trova inscritto nella natura239

I capitoli finali del II libro dove Dante intende dimostrare pervia di fede ciograve che finora ha dimostrato per via di ragione240 non fan-no altro che ribadire da un altro punto di vista la ldquolegittimitagraverdquo delius Cristo nascendo quando venne promulgato da Augusto il fa-moso editto di censimento e accettando cosigrave di esservi iscritto di-mostrograve che quellrsquoeditto era giusto e che di conseguenza era di dirit-to lrsquoautoritagrave che lo promulgograve (Mon II X 4-8)241 La redenzione del ge-nere umano sarebbe stata impossibile se il peccato di Adamo nonfosse stato punito in Cristo ma ciograve egrave avvenuto e questo significa chelrsquoimperatore aveva giurisdizione sullrsquointero genere umano in quan-to lrsquoImpero era di diritto e per questo aveva potere di giudicare Cri-sto e di punire in lui il peccato dellrsquoumanitagrave (Mon II XI 1-6)242 E ilcapitolo e il II libro si chiudono con un netto giudizio su Costan-

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versoraquo e drsquoaltra parte laquoegrave proprio la dimensione imperiale dellrsquoesperienza politica ro-mana lrsquoelemento che ne giustifica la proposizione come modello di riferimento asso-luto in quanto storicamente realizzatoraquo DESIDERI Impero romano e diritto di naturain Cicerone cit pp 74 e 77

239 Cfr ancora CHIESA-TABARRONE Commento in Monarchia cit p 97 ad II V1 laquoLa conformitagrave dellrsquoimpero al diritto egrave per Dante una necessitagrave logica [hellip] e in que-sto sta la novitagrave e la profonditagrave di questa parte del trattato LrsquoImpero Romano egrave dun-que tale per diritto naturale la natura la volontagrave divina e il diritto positivo tendonoa coincidereraquo Ma anche R IMBACH Quattro idee sul pensiero politico di Dante Ali-ghieri in laquoLrsquoAlighieri Rassegna dantescaraquo ns 28 2006 pp 41-54 p 51 dove si evi-denzia il valore paradigmatico dellrsquoimperium romanum in Dante concepito comequella laquorealtagrave idealeraquo in cui avviene laquola perfetta realizzazione dello stato di dirittoche egrave a sua volta immagine della ragione nella sua piena trasparenzaraquo

240 Mon II X 1 laquoUsque adhuc patet propositum per rationes que plurimum ra-tionalibus principiis innituntur sed ex nunc ex principiis fidei cristiane iterum pate-faciendum estraquo

241 Cosigrave come lrsquoAlighieri sostiene anche nella Epistola VII a Arrigo VII laquoEt cumuniversaliter orbem describi edixisset Augustus [hellip] si non de iustissimi principatusaula prodiisset edictum unigenitus Dei Filius homo factus ad profitendum secun-dum naturam assumptam edicto se subditum nequaquam tunc nasci de Virgine vo-luisset non enim suasisset iniustum quem ldquoomnem iustitiam implererdquo decebatraquo (EpVII 14)

242 Cfr Par VI 88-90 laquola viva giustizia [hellip] li concedette in mano a quel chrsquoirsquodico [scil allrsquoimperatore Tiberio] gloria di far vendetta a la sua iraraquo

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243Mon II XI 8 laquoO felicem populum o Ausoniam te gloriosam si vel nunquaminfirmator ille Imperii tui natus fuisset vel nunquam sua pia intentio ipsum fefellis-setraquo Ma cfr anche Inf XIX 115-17 Purg XXXII 137-38 Par XX 55-60

244Mon III I 5 laquoet queritur utrum auctoritas Monarche romani qui de iure Mo-narcha mundi est ut in secundo libro probatum est inmediate a Deo dependeat anab aliquo Dei vicario vel ministro quem Petri successorem intelligo qui vere clavigerest regni celorumraquo

245 CHIESA-TABARRONE Commento inMonarchia cit p 155 ad III II246 Cfr CHIESA-TABARRONE Introduzione inMonarchia cit p XXXI laquoConside-

rando insieme i tre principii posti allrsquoinizio di ognuno dei tre libri ne emerge comedenominatore comune il richiamo alla volontagrave di Dio cosigrave come si esprime nel dise-gno generale della natura e nelle grandi linee di sviluppo della storia umana (e comedi conseguenza dallrsquoesame della natura e della storia puograve essere desunto)raquo

247 Mon III IV 1 laquoIsti vero ad quos erit tota disputatio sequens asserentes auc-

tino infirmator Imperii a cui si riconosce una pia intentio ma chelrsquoha tratto in inganno (Mon II XI 8)243 Dante si riferisce evidente-mente alla ldquodonazione di Costantinordquo a cui verragrave dedicato lrsquointero Xcapitolo del III libro

27 laquoImperio licitum non est contra ius humanum aliquid facereraquo(Mon III X 8)

Il III libro della Monarchia lo ricordiamo si propone di discu-tere la questione laquose lrsquoautoritagrave del Monarca romano che per dirittoegrave Monarca del mondo come egrave stato provato nel secondo libro di-penda immediatamente da Dio ovvero dallrsquoaltro vicario o ministrodi Dio quale intendo che sia il successor di Pietroraquo (Mon III I 5)244Come nei libri precedenti dopo aver posto e dimostrato qui attra-verso laquola dimostrazione formaleraquo che utilizza laquoil procedimento ari-stotelico della riduzione allrsquoassurdoraquo245 un principio su cui fondarele varie argomentazioni e cioegrave lrsquoassunto che abbiamo giagrave menzio-nato sopra laquoquod naturae intentioni repugnat Deus nolitraquo (MonIII II 2)246 Dante individua e distingue gli avversari ndash i sostenitoridel primato del papa ndash a cui intende rivolgersi (Mon III III) e il ti-po di argomentazione da essi avanzata che laquotraggono dalla SacraScrittura e da alcuni atti sigrave del Sommo Pontefice che dello stesso Im-peratoreraquo (Mon III IV 1)247 Dopo aver confutato gli argomenti di de-

rivazione scritturale (dallrsquoAntico e dal Nuovo Testamento Mon IIIIV-IX) affronta il primo degli laquoattiraquo su cui si fondano i suoi avversa-ri ovvero la donazione di Costantino un documento steso in realtagravefra la seconda metagrave del secolo VIII e i primi decenni del IX248 nelquale si trova attestata esplicitamente per la prima volta in Occi-dente lrsquoidea che Costantino avesse trasferito il suo imperium e lalaquoregni potestatem orientalibus [hellip] regionibusraquo249 e avesse invece

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toritatem Imperii ab auctoritate Ecclesie dependere velut artifex inferior dependetab architecto pluribus et diversis argumentis moventur que quidem de Sacra Scrip-tura eliciunt et de quibusdam gestis tam summi Pontificis quam ipsius Imperatorisnonnullum vero rationis indicium habere nitunturraquo

248 La ldquovulnerabilitagraverdquo delle argomentazioni elaborate nel Constitutum (vd infran 251) ha portato parte degli studiosi a ritenere che il documento non fosse stato ela-borato dalla curia romana cosigrave P DE LEO Ricerche sui falsi medioevali 1 Il Consti-tutum Constantini compilazione agiografica del sec 8 note e documenti per una nuo-va lettura Reggio Calabria Editori meridionali riuniti 1974 ha ipotizzato che il Con-stitutum appartenga alla produzione agiografica monastica intorno a papa SilvestroAnche secondo G DAGRON Representations de lrsquoancienne et de la nouvelle Romedans le sources byzantines des VIIe-XIIe siecles in Roma Costantinopoli Mosca cit pp295-306 laquole Constitutum nrsquoest rien de plus qursquoun appendice aux Actes de Silvestreraquo(p 301) ma che laquoagrave cause de lrsquousage qui en est fait est exclu par les Orientaux de lavulgate constantinienneraquo (p 304) Altri ritengono invece che pur se elaborato nellacuria il Constitutum fosse comunque inizialmente destinato ad avvalorare le pretesepontifice sul patrimonium Petri non tanto presso la raffinata diplomazia bizantinaquanto presso i nuovi regni barbarici primi fra tutti quello dei Franchi come forseavvenne quando papa Zaccaria richiese e ottenne lrsquoaiuto di Pipino il Breve contro iLongobardi Cfr P BELLINI La coscienza del principe Prospettazione ideologica e re-altagrave politica delle interposizioni prelatizie nel governo della cosa pubblica I-II TorinoGiappicchelli 2000 vol I p 595 Recentemente Johannes Fried ha supposto conmotivazioni filologiche e codicologiche che la compilazione sia avvenuta in ambien-te franco fra i monasteri di Corbie e Saint Denis latori delle prime testimonianzemanoscritte per dirimere la querelle sulla potestas territoriale che opponeva i sud-detti monasteri ai figli di Carlomagno nella prima metagrave del IX secolo (J FRIED Do-nation of Constantine and Constitutum Constantini the misinterpretation of a fictionand its original meaning with a contribution by W BRANDES The satraps of Con-stantine Berlin-New York De Gruyter 2007 p 201) Ma sulla storia del Constitutumvd anche GM VIAN La donazione di Costantino Bologna Il Mulino 2004 con bi-bliografia

249 Cosigrave recita il sect 18 del Constitutum laquoUnde congruum prospeximus nostrumimperium et regni potestatem orientalibus transferri ac transmutari regionibus et in By-zantiae provincia in optimo loco nomini nostro civitatem aedificari et nostrum illic

ceduto Roma e con essa le insegne imperiali e ampi territori in Oc-cidente a papa Silvestro e ai papi suoi successori250 da ciograve si facevaderivare la pretesa che spettasse alla Chiesa lrsquoautoritagrave di conferire ilpotere imperiale (Mon III X 1-2)251 Il poeta ammette come real-mente avvenuta la donazione costantiniana ma la considera non va-lida dimostrando prima che non era in potere di Costantino aliena-

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constitui imperium quoniam ubi principatus sacerdotum et christianae religionis ca-put ab imperatore caelesti constitutum est iustum non est ut illic imperator terrenushabeat potestatemraquo Per il testo del Constitutum Constantini si veda Das ConstitutumConstantini (Konstantinische Schenkung) herausgegeben von H FUHRMANN Han-nover Hansche Buchhandlung 1968 (Fontes iuris Germanici antiqui in usum schola-rum ex MGH separatim editi Bd X) riportato anche in FRIED Donation of Con-stantine and Constitutum Constantini cit Appendix B pp 129-37 Cfr anche GOEZTranslatio cit pp 53-55

250 Cosigrave il sect 17 del Constitutum laquoUnde ut non pontificals apex vilescat sed ma-gis amplius quam terreni imperii dignitas et gloriae potentia decoretur ecce tam pa-latium nostrum ut praelatum est quamque Romae urbis et omnes Italiae seu occi-dentalium regionum provincias loca et civitates seapefato beatissimo pontifici patrinostro Silvestrio universali papae contradentes atque relinquentes eius vel succes-sorum ipsius pontificum potestati et ditioni firma imperiali censura per hanc nostramdivalem sacram et pragmaticum constitutum decernimus disponenda atque iuri san-ctae Romanae ecclesiae concedimus permanendaraquo

251 Mon III X 1-2 laquoDicunt adhuc quidam quod Constantinus imperator mun-datus a lepra intercessione Silvestri tunc summi Pontificis Imperii sedem scilicetRomam donavit Ecclesie cum multis aliis Imperii dignitatibus Ex quo arguunt di-gnitates illas deinde neminem assummere posse nisi ab Ecclesia recipiat cuius eas es-se dicunt et ex hoc bene sequeretur auctoritatem unam ab alia dependere ut ipsi vo-luntraquo Il Constitutum nel tentativo di dare un fondamento giuridico e non piugrave soloteologico a quella identificazione fra romana ecclesia e Roma a cui abbiamo sopraaccennato (vd supra n 72 ) prestava il fianco a diverse obiezioni fra le quali la piugraveevidente era che il potere temporale del papa sarebbe dipeso in ultima istanza dal-lrsquoimperatore in quanto derivato da una sua concessione Nellrsquoambito della canonisticafurono perciograve elaborate argomentazioni di carattere teologico per reinterpretare ilConstitutum cosigrave nella Aeger cui levia documento composto nella curia di Inno-cenzo IV (papa dal 1243 al 1254) anche se forse non direttamente a lui attribuibilesi interpreta la donatio effettuata da Costantino dopo la conversione come la resti-tutio debita di un principatus che sarebbe spettato solo al papa in quanto unico vi-carius Christi e che da questi sarebbe stato poi riaffidato allo stesso Costantino BEL-LINI La coscienza del principe cit vol II pp 637-38 Ma Dante ldquotaglia alla radicerdquoquesta problematica dimostrando che lrsquoimperatore non puograve comunque ldquoalienarerdquolrsquoimpero (vd infra nel testo)

re la dignitagrave dellrsquoimpero (Mon III X 5-12) quindi che la Chiesa nonpoteva comunque ricevere questa dignitagrave (Mon III X 13-17) La pri-ma parte dellrsquoargomentazione quella che piugrave ci interessa si fonda suquattro motivi il primo (Mon III X 5-6) egrave che laquoa nessuno egrave con-sentito di fare mediante lrsquoufficio a lui affidato quello che egrave controlrsquoufficio stesso [hellip] ora egrave contrario allrsquoufficio affidato allrsquoImperato-re lo scindere lrsquoImpero dato che egrave suo compito di tenere il genereumano soggetto a uno solo volere e a un solo non volere come fa-cilmente puograve vedersi nel primo libro di questo scritto dunque al-lrsquoimperatore non egrave consentito di scindere lrsquoimperoraquo252 Il secondo(Mon III X 7-9) sostiene che come fondamento della Chiesa egrave Cri-sto il fondamento dellrsquoimpero egrave il ius humanum La Chiesa non puograveandare contro il suo fondamento ma laquocosigrave neppure allrsquoImpero egrave le-cito fare alcuncheacute contro il diritto umano Ma sarebbe contro il di-ritto umano che lrsquoImpero distruggesse seacute stesso [hellip] Poicheacute dun-que scindere lrsquoImpero significherebbe distruggerlo dal momentoche lrsquoImpero consiste nellrsquounitagrave della Monarchia universale egrave evi-dente che non egrave lecito scindere lrsquoimpero a chi dellrsquoimpero rappre-senta lrsquoautoritagraveraquo253 Il terzo motivo (Mon III X 10-11) si basa sul prin-cipio che laquoogni giurisdizione egrave prima del suo giudice il giudice in-fatti egrave ordinato alla giurisdizione non questa a quello ma lrsquoImperoegrave quella giurisdizione che nel suo ambito abbraccia ogni altra giuri-sdizione temporale dunque essa egrave prima del suo giudice che egrave lrsquoIm-

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252 Mon III X 5 laquoEt cum pertinaciter instant quod dico sic ostendi potest ne-mini licet ea facere per offitium sibi deputatum que sunt contra illud offitium quiasic idem in quantum idem esset contrarium sibi ipsi quod est inpossibile sed con-tra offitium deputatum Imperatori est scindere Imperium cum offitium eius sit hu-manum genus uni velle et uni nolle tenere subiectum ut in primo huius de facili vi-deri potest ergo scindere Imperium imperatori non licetraquo

253Mon III X 7-9 laquoPreterea sicut Ecclesia suum habet fundamentum sic et Im-perium suum Nam Ecclesie fundamentum Cristus est [hellip] Imperii vero fundamen-tum ius humanum est Modo dico quod sicut Ecclesie fundamento suo contrariarinon licet sed debet semper inniti super illud [hellip] sic et Imperio licitum non est con-tra ius humanum aliquid facere Sed contra ius humanum esset si se ipsum Impe-rium destrueret ergo Imperio se ipsum destruere non licet Cum ergo scindere Im-perium esset destruere ipsum consistente Imperio in unitate Monarchie universalismanifestum est quod Imperii auctoritate fungenti scindere Imperium non licet Quodautem destruere Imperium sit contra ius humanum ex superioribus est manifestumraquo

peratore poicheacute ad essa lrsquoImperatore egrave ordinato e non al contrarioDal che egrave chiaro che lrsquoImperatore non ha la facoltagrave di permutarlaraquo254Infine (Mon III X 12) laquose un Imperatore potesse staccare dalla giu-risdizione dellrsquoImpero una particella un altro potrebbe fare altret-tanto E siccome la giurisdizione temporale egrave finita e ogni cosa finitasi consuma con un numero finito di amputazioni ne seguirebbe chela prima giurisdizione potrebbe andare annientata il che egrave irragio-nevoleraquo255 Egrave stato da tempo dimostrato come le argomentazionidantesche rielaborate in modo originale e coerente con quanto af-fermato nei precedenti libri del trattato trovano riscontro in quellatradizione giuridica di parte imperiale (il cui precedente piugrave auto-revole egrave la Glossa Authenticorum di Accursio redatta nei primi de-cenni del XIII secolo) che ricorrendo al diritto romano aveva di-chiarato illegittima la donazione costantiniana Ai precedenti stu-di256 rimando quindi per un puntuale confronto fra questi paragrafidella Monarchia e tale tradizione257 Ho voluto comunque ripercor-

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254Mon III X 10 laquoPreterea omnis iurisdictio prior est suo iudice iudex enim adiurisdictionem ordinatur et non e converso sed Imperium est iurisdictio omnem tem-poralem iurisdictionem ambitu suo comprehendens ergo ipsa est prior suo iudice quiest Imperator quia ad ipsam Imperator est ordinatus et non e converso Ex quo pa-tet quod Imperator ipsam permutare non potest in quantum Imperator cum ab ea re-cipiat esse quod estraquo Cfr supra n 160

255Mon III X 12 laquosi unus Imperator aliquam particulam ab Imperii iurisdictio-ne discindere posset eadem ratione et alius Et cum iurisdictio temporalis finita sit etomne finitum per finitas decisiones assummatur sequeretur quod iurisdictio primaposset annichilari quod est irrationabileraquo

256 Fra questi ricordo solo gli ancora fondamentali studi di Nardi (B NARDI LalaquoDonatio Constantiniraquo e Dante in Nel mondo di Dante Roma Edizioni di Storia eLetteratura 1944 pp 107-60 ID Intorno ad una nuova interpretazione del terzo li-bro della Monarchia di Dante in Dal ldquoConviviordquo alla ldquoCommediardquo cit pp 151-313ID Dante e il laquoBuon Barbarossaraquo ossia Introduzione alla laquoMonarchiaraquo di Dante inDante Alighieri Opere Minori III1 cit pp 241-69) la puntuale analisi di G PU-LETTI La donazione di Costantino nei primi del rsquo300 e la laquoMonarchiaraquo di Dante inlaquoMedioevo e Rinascimentoraquo ns VII 1993 pp 113-35 e lrsquoampia disanima di S CRI-STALDI laquoRomanum Imperiumraquo e donazione di Costantino in Dante di fronte al Gioa-chimismo cit pp 223-392

257 Da osservare in particolare come Dante al principio evidenziato da Accursioe poi ripreso dai civilisti che lrsquoimperatore in quanto augustus deve augere e non mi-nuere lrsquoimperium sostituisca allrsquoinizio delle sue argomentazioni coerentemente conquanto affermato nei precedenti libri il principio della inscindibile unitagrave dellrsquoimpe-

rere lo svolgimento dellrsquoargomentazione percheacute mi sembra chiari-scano in modo esemplare attravero un caso storico o meglio pre-sunto tale quella concezione del diritto che come abbiamo vistonelle pagine precedenti egrave inscindibile in Dante dalla concezione delpotere imperiale il fatto che Dante contesti su base giuridica la do-nazione di Costantino conferma infatti la figura di un imperatorenon sovrano assoluto ma profondamente vincolato dal ius cosigrave co-me avevamo giagrave osservato anche nel Convivio258 e come viene riba-dito in special modo dallrsquoaffermazione (il terzo motivo) che la giuri-sdizione imperiale egrave prima dellrsquoimperatore che a questa egrave ordinatoEd egrave significativo il fatto che questo ius fondamento dellrsquoImperodiverso dal fondamento della Chiesa egrave da Dante indicato specifica-tamente come ius humanum

Nellrsquoantica Roma il ldquodiritto divinordquo ovvero quellrsquoinsieme di nor-me che regolavano il rapporto fra la comunitagrave civica e la divinitagrave dauna parte era concepito allrsquointerno del ius publicum come attesta lafamosa suddivisione ulpianea laquoPublicum ius in sacris in sacerdoti-bus in magistratibus consistitraquo (Digesto I112) dallrsquoaltra anchenella sua fase piugrave antica quando il monopolio della interpretazionegiurisprudenziale era in mano ai pontefici (IV secolo aC) il ius di-vinum era comunque distinto da quello humanum259 e questa di-

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ro paragonata ancora una volta alla tunica inconsutilis di Cristo (Mon III X 6 laquoSi er-go alique dignitates per Constantinum essent alienate ndash ut dicunt ndash ab Imperio etcessissent in potestatem Ecclesie scissa esset tunica inconsutilis quam scindere ausinon sunt etiam qui Cristum verum Deum lancea perforaruntraquo) questo percheacute ciograve checonta per lrsquoAlighieri non egrave unrsquoestensione per quanto ampia dellrsquoimpero ma la suauniversalitagrave condizione necessaria alla felicitagrave dellrsquouomo

258 Il che appare confermato anche delle epistole politiche dellrsquoAlighieri su cui cfrV RUSSO Le epistole politiche in laquoLetture Classensiraquo 1987 pp 69-78 specialmente pp73 s Interessante osservare che anche Bartolo da Sassoferrato nel De tyranno (datatoagli stessi anni del De regimine civitatis ndash 1355-1357 ndash e editato in QUAGLIONI Politi-ca e diritto nel trecento italiano cit pp 175-213) definisce il tiranno colui laquoqui in com-muni re publica non iure principaturraquo (cap II p 177) svolgendo poi e semplificandonel trattato un laquoduplice aspetto di antigiuridicitagrave da una parte per mancanza del tito-lo giuridico dallrsquoaltra in ragione dellrsquoesercizio perverso del potere legittimamente ac-quisitoraquo (ivi p 39)

259 Anche se la distinzione riguardava inizialmente solo lrsquooggetto del sapere giu-risprudenziale mentre il soggetto di tale sapere era comunque costituito dai pontefi-ci e la legittimitagrave del ius era dovuta alla sacralitagrave del responso alla connessione che i

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sacerdoti in quanto tali assicuravano fra il responso e la divinitagrave cfr i ldquoclassicirdquo RORESTANO Elemento divino ed elemento umano nel diritto di Roma in laquoRivista In-ternazionale di Filosofia del Dirittoraquo XXI 1941 pp 1-40 e F SCHULZ History of Ro-man Legal Science Oxford Clarendon Press 19532 trad it Storia della giurispru-denza romana Firenze Sansoni 1968 pp 34-71 che nellrsquoesposizione della giuri-sprudenza romana arcaica distingue al suo interno fra diritto sacro e diritto privato aseconda dellrsquooggetto del sapere giuridico dei pontefici

260 Cfr FONTANELLA Politica e diritto naturale nelDe legibus di Cicerone cit pp71-73

261 Cfr FASSOgrave Storia della filosofia del diritto I cit pp 139-43262 Anche se egrave ben noto che Agostino nel passo in cui parla di ius divinum pro-

prio in rapporto alla sacre scritture (laquoDivinum Ius in Scripturis habemusraquo AUG InIohannis Evangelium tr VI 25) riporta in realtagrave il pensiero dei suoi oppositori cioegravedei donatisti che in nome di un ldquopresuntordquo ius divinum rivendicavano la proprietagrave ec-clesiastica di ville e poderi mentre Agostino sostiene che la proprietagrave dei beni mate-riali va gestita in base al ius humanum ovvero alle leggi romane (ibidem) per una sin-tesi storica sullrsquouso e sul significato di questa ldquoformulardquo si puograve vedere P GHERRI Iusdivinum inadeguatezza di una formual testuale in Ius divinum Atti del XIII Conve-gno di Diritto Canonico (Venezia 17-21 settembre 2008) a cura di JI Arrieta co-ordinatore edizione C-M Fabris Venezia Marcianum Press 2010 pp 465-88

263 Cfr TOMMASO Summa Theol Ia-IIae q 91 a 4264 Cfr Mon III XIII 4 laquoomnis nanque divina lex duorum Testamentorum gremio

contineturraquo

stinzione si era meglio definita col progressivo sorgere e imporsi inetagrave repubblicana di un ius civile appannaggio di specialisti laici260Dopo la nascita del Cristianesimo quella societas cristiana che egrave laChiesa crescendo e iniziando ad organizzarsi come ogni societagraveespresse anche delle norme giuridiche tratte dal Vangelo e dalle tra-dizioni apostoliche con cui regolare la vita dei suoi membri le ge-rarchie gli organi amministrativi e legislativi le sanzioni etc261 in-somma tutto ciograve che dopo la svolta costantiniana riguardava sem-pre piugrave persone che erano allo stesso tempo membri della Chiesa ecives dellrsquoimpero e che in seguito fissato in decisioni conciliari oproclamato nel corso dei secoli da pontefici avrebbe dato origine aldiritto canonico Con ius divinum (o lex divina) si venne pertantoad indicare nella terminologia patristica262 e poi nella tradizione me-dievale pur con un certo sovrapporsi di significati in cui metteragrave or-dine Tommaso drsquoAquino quel complesso di norme che si volevanoderivate dalla parola rivelata di Dio innanzitutto tramite le scrittu-re263 come anche Dante mostra di intendere264 Questo ius divinum

a differenza dellrsquoantico ius sacrum pagano era quindi ab initio ete-rogeneo rispetto al ius pubblico e da ciograve poteva derivare insieme auna distinzione piugrave netta di quella pur presente nel diritto romanofra ius divinum e humanum anche una piugrave netta distinzione fra gliambiti di competenza delle due autoritagrave preposte a ciascuno ius co-me giagrave i primi cristiani avevano evinto dallrsquoevangelico laquorendere aCesare quel che egrave di Cesare e a Dio quel che egrave di Dioraquo (Mt 22 21)e dalla Lettera ai Romani di Paolo (Rm 13 1-7) e come aveva rico-nosciuto papa Gelasio I in una famosa lettera rivolta alla fine del Vsecolo allrsquoimperatore Anastasio

Duo sunt quippe imperator auguste quibus principaliter mundus hicregitur auctoritas sacrata pontificum et regalis potestas [hellip] Si enim quan-tum ad ordinem publicae pertinet disciplinae cognoscentes imperium tibisuperna dispositione conlatum legibus tuis ipsi quoque parent religionis an-tistites ne vel in rebus mundanis exclusae [hellip] videantur obviare sententiaequo oro te decet affectu eis et convenit oboedire qui praerogandis venera-bilibus sunt attributi mysteriis265

Il diritto giustinianeo sembra far propria questa distinzionequando nella VI delle Novellae afferma laquoMaxima quidem in homi-nibus sunt dona Dei a superna collata clementia sacerdotium et im-perium illud quidem divinis ministrans hoc autem humanis prae-sidens ac diligentiam exhibensraquo (Nov 6 pr)266 E infatti la glossa diAccursio sulla Donatio Constantini sopra ricordata si apre com-mentando una voce della praefatio a questa Novella da cui il giuri-

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265 Epistola VIII ad Anastasium imperatorem in PL LIX col 42 su cui ora si puogravevedere R RONZANI La lettera laquoFamuli uestrae pietatisraquo di Gelasio di Roma allrsquoimpe-ratore Anastasio I (CPL 1667 Ep 8) in laquoAugustinianumraquo 51 2011 pp 501-49 e p512 laquoGelasio nella lettera Famuli uestrae pietatis riferendosi alle due realtagrave che reg-gono il mondo non ha di mira rivendicazioni di carattere politico Al contrario il ve-scovo vuole ricordare che la regalis potestas ha il suo specifico ambito di esercizio in-discusso e invalicabile da parte anche dei vescovi Al contempo perograve ndash ed egrave questoche preme soprattutto ricordare al presule romano ndash egrave invalicabile lrsquoambito di eser-cizio dellrsquoauctoritas sacrata pontificum vale a dire dellrsquoautoritagrave specificamente eccle-siale dei vescovi in materia di dottrina e di disciplina ecclesiasticaraquo

266 Ma cfr anche Cod 1317 pr (Imperatores Honorius Theodosius) laquoPlacetnostrae clementiae ut nihil commune clerici cum publicis actibus vel ad curiam per-tinentibus cuius corpori non sunt adnexi habeantraquo

sta evince che laquoApparet ergo quod nec papa in temporalibus necimperator in spiritualibus se debent immiscereraquo267 Solo che questaNovella indirizzata nel 535 allrsquoarcivescovo di Costantinopoli si oc-cupava proprio di stabilire come recita il titolo laquoQuomodo opor-teat episcopos et reliquos clericos ad ordinationem deduci et de ex-pensis ecclesiarumraquo mostrando che lrsquoimperatore ritiene suo compi-to specifico di intervenire in divinis (laquoNos igitur maximam habemussollicitudinem circa vera dei dogmata et circa sacerdotum honesta-temraquo) come del resto si puograve evincere dai titoli dei primi articoli rac-colti nel I libro del Codex dovuti oltre che a Giustiniano agli im-peratori della fine del IV secolo e del V a partire da Teodosio268 In-somma giagrave alcuni decenni dopo lrsquoeditto di Costantino e poi sempredi piugrave nei secoli successivi si rivelograve per dirla collrsquoefficace sintesi diNardi che laquoil principio proclamato da Gelasio era saggio ma di dif-ficile applicazione Tanto vero che non riuscigrave a impedire nuovi esempre piugrave gravi conflitti per lrsquoingerenza da una parte dellrsquoautoritagravecivile nel governo della Chiesa ad esempio nella nomina dei vesco-vi e per la tendenza a fare della Chiesa uno strumento di dominio po-litico e dallrsquoaltra per la contraria tendenza sempre piugrave accentuatada parte della Curia papale a limitare il campo della giurisdizioneimperialeraquo269

Quanto abbiamo ricordato se pur in modo un porsquo approssima-tivo aiuta a comprendere meglio lrsquoimportanza del riferimento dan-tesco al ius humanum lrsquoaggettivo humanum specifica infatti che que-sto ius egrave di nuovo il diritto romano senzrsquoaltro conforme alla naturaalla volontagrave e alla mente di Dio (cosigrave abbiamo visto emergere dal-lrsquoanalisi complessiva della Monarchia)270 ma che non deriva dalla Ri-

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267 ACCURSIO Apparatus in Authentica Coll I tit VI (= Novella VI) pr v confe-rens generi Nella Glossa si rimanda fra altri passi del Corpus giustinianeno anche aCod 1317 che ho riportato alla nota precedente

268 Cfr eg Cod110 De summa trinitate et de fide catholica et ut nemo de ea pu-blice contendere audeat Cod120 De sacrosanctis ecclesiis et de rebus et privilegiis ea-rum Cod130 De episcopis et clericis et orphanotrophis et brephotrophis et xenodochiset asceteriis et monachis et privilegio eorum et castrensi peculio et de redimendis capti-vis et de nuptiis clericorum vetitis seu permissis Cod140 De episcopali audientia etde diversis capitulis quae ad ius curamque et reverentiam pontificalem pertinent etc

269 NARDI Dal ldquoConviviordquo alla ldquoCommediardquo (Sei saggi danteschi) cit p 155 270 La formula ius humanum laquorichiama lrsquoinsieme dei ragionamenti presentati

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nei primi due libri dellrsquoopera lrsquoimpero egrave la forma di governo voluta da Dio e dallanatura (primo libro) e il diritto corrisponde a ciograve che Dio vuole riguardo alla societagraveumana (II II 6) [hellip] questo concetto di diritto naturale egrave uno dei presupposti fon-damentali dellrsquooperaraquo CHIESA-TABARRONE Commento in Monarchia cit p 203ad III X 7

271 laquoFondamento dellrsquoImpero egrave per Dante Dio stesso ciograve non porta benintesolrsquoautore della Monarchia a individure il corrispettivo fondamento giuridico nel dirittodivino cioegrave nella Rivelazione lo induce piuttosto a porre il diritto come discenden-te dal volere di Dio [hellip] (II II 5) Se cosigrave egrave la legge promulgata dallrsquoimperatore egrave ta-le nella misura in cui realizza unrsquoadeguazione a quellrsquoistanza trascendente e a una si-mile legge egli pure egrave vincolatoraquo CRISTALDI laquoRomanum Imperiumraquo e donazione diCostantino cit p 325-26 Osserviamo che anche Manfredi figlio di Federico II di-fende lrsquoautonomia dellrsquoimpero proprio sulla base del ius humanum cfr A FRUGO-NI Il Manifesto di Manfredi ai Romani Palermo Palumbo 1951 con il testo alle pp21-42

272 Ancora nel X capitolo secondo il testo di Nardi e del sito della Societagrave Dan-tesca nellrsquoXI nellrsquoedizione di Shaw seguita da CHIESA-TABARRONE a partire da que-sto passo quindi il numero del capitolo a cui si riferisce il commento di CHIESA-TA-BARRONE non coincide piugrave (in quanto egrave superiore di una unitagrave) con quello del testoda me seguito

273Mon III X 18-19 laquoAdhuc dicunt quod Adrianus papa Carolum Magnum si-bi et Ecclesie advocavit ob iniuriam Longobardorum tempore Desiderii regis eorumet quod Carolus ab eo recepit Imperii dignitatem non obstante quod Michael impe-rabat apud Constantinopolim Propter quod dicunt quod omnes qui fuerunt Roma-norum Imperatores post ipsum et ipsi advocati Ecclesie sunt et debent ab Ecclesiaadvocari ex quo etiam sequeretur illa dependentia quam concludere voluntraquo

274 Quando Carlo Magno sconfisse Desiderio effettivamente era papa Adriano I

velazione271 ed egrave quindi indipendente dallrsquoautoritagrave ecclesialeIl secondo e ultimo argomento storico che Dante discute272 egrave

quello dellrsquoincoronazione imperiale di Carlo Magno da parte del pa-pa

Dicono altresigrave che papa Adriano tolse a difensore suo e della Chiesa Car-lo Magno contro le offese dei Longobardi al tempo del loro re Desiderio eche Carlo ricevette da lui la dignitagrave dellrsquoimpero nonostante che Michele fos-se imperatore di Costantinopoli Per il qual fatto dicono che tutti coloro chedopo di lui furono imperatori dei Romani sono difensori della Chiesa e talidebbono essere dalla Chiesa ritenuti dal che seguirebbe pure quella dipen-denza che essi pretendono inferirne273

Nonostante lrsquoimprecisione dei dati storici forniti dallrsquoAlighieri274

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che incoronograve Carlo re drsquoItalia nel 781 ma quando fu incoronato imperatore nel Na-tale dellrsquo800 era papa Leone III Inoltre a Costantinopoli non regnava Michele I malrsquoimperatrice Irene fatto questo che venne enfatizzato nelle fonti antiche come legit-timante la translatio sostenendo che il trono imperiale si poteva ritenere vacante inquanto occupato da una donna cosigrave ad esempio negli Annali di Lorsch (in Monu-menta Germaniae Historica Scriptores I Hannoverae Impensis Bibliopolii AuliciHahniani 1826 p 38) e nella Cronaca di Moissac (ivi pp 305-306) La fonte di Dan-te potrebbe essere stata il Decretum Gratiani (1 dist 63 22) cfr CHIESA-TABARRONECommento inMonarchia cit p 207 ad III XI 1

275 Vd supra n 1276 Vd supra n 251277 I documenti dei giuristi elaborati fra il XII e il XIII secolo mostrano come in

questo periodo si promuova una laquoaccezione sacrale e ministeriale che segna lrsquoImpe-ro cristiano nellrsquoetagrave intermedia differenziandolo dalla visione piugrave strettamente poli-tica propria dellrsquoimpero di diretta derivazione romana Lrsquoimperatore non egrave solo Si-gnore politico del mondo Egrave anche (diremmo soprattutto) lrsquoavvocato e il difensoredella Chiesa Lo egrave per decretazione superna di Dio stesso qual dalla Chiesa inter-pretata in guisa autenticaraquo cfr P BELLINI DOMINUS TOTIUS MUNDI LrsquoImpera-tore dei romani e i popoli estranei al popolo romano (sec XII-XIV) in Popoli e spazioromano tra diritto e profezia (Da Roma alla terza Roma Documenti e studi Collezio-ne diretta da P Catalano e P Siniscalco) Napoli Edizioni Scientifiche Italiane 1986pp 247-87 p 264 e pp 264-65 n 42 con ampia documentazione

egrave evidente come qui si alluda tramite anche il riferimento allrsquoimpe-ratore di Costantinopoli alla translatio imperii teoria presuppostalo abbiamo accennato allrsquoinizio anche nel VI canto del Paradiso275Lrsquoincoronazione di Carlo Magno non egrave quindi collegata dallrsquoAlighierialla donazione di Costantino (anche se i due episodi sono accomu-nati nella Monarchia in quanto costituiscono i due argomenti ldquosto-ricirdquo sostenuti dai suoi avversari) In effetti data lrsquoinnegabile ambi-guitagrave delle argomentazioni desumibili dal Constitutum276 gran par-te della pubblicistica di parte papale pur attribuendo allrsquoincorona-zione di Carlo Magno un valore di precedente storico convalidantela pretesa pontificia di avere lrsquoultima parola sul conferimento del ti-tolo imperiale fondava la legittimitagrave di tale precedente non sulleprerogative che il papa avrebbe ricevuto dal Constitutum quantopiuttosto sulla concezione del ruolo dellrsquoimperatore come advoca-tus ecclesiae277 secondo unrsquoidea solidaristica dei rapporti fra le duemassime autoritagrave che poteva essere chiamata in causa anche per giu-stificare lrsquointervento della Chiesa in temporalibus quando questa lo

ritenesse necessario o opportuno278 Dante non mette in dubbio ilruolo imperiale di advocatus ecclesiae che riconosceragrave esplicitamentea Carlo Magno nel VI canto del Paradiso (VI 96) e nemmeno che siaavvenuta una translatio a Graecis ad Francos ma sostiene che lrsquoautoredella translatio non sia stato il papa in quanto questi compigrave un attoillegittimo e laquolrsquousurpazione di un diritto non crea diritto altrimen-ti si potrebbe chiamare in causa unrsquoaltra vicenda storica ndash la depo-sizione di papa Benedetto V da parte dellrsquoimperatore Ottone I ndash perdimostrare la tesi oppostaraquo279 Dante chiude quindi velocementequesta vexata quaestio con la massima probabilmente da lui stessoconiata che usurpatio iuris non facit ius il motivo per cui lrsquoincoro-nazione di Carlo Magno sia da intendere come un usurpatio iurisqui a differenza di quanto avvenuto per la donazione di Costantinonon viene dimostrato (e si comprenderagrave in realtagrave solo nei successivicapitoli XII-XV dove si proveragrave che lrsquoautoritagrave imperiale puograve dipen-dere solo e direttamente da Dio)280 ma egrave comunque ancora una vol-ta tramite il diritto (o meglio in questo caso tramite la sua ldquoevoca-zionerdquo) che Dante inficia la presunta capacitagrave di un fatto storico dicostituire un precedente legittimante a una pretesa di per seacute privasecondo lrsquoautore di qualsiasi legittimitagrave

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278 Secondo una linea di pensiero preponderante fino ad Innocenzo III si ritenevache la Chiesa fosse chiamata ad intervenire in temporalibus ambito pur riconosciutodi specifica competenza del potere politico quando questrsquoultimo ratione peccati o an-che per semplice incompetenza non fosse in grado di assolvere il suo compito per unadettagliata analisi delle fonti si puograve vedere tutta la Parte Prima Il sistema curialisticoclassico in BELLINI La coscienza del principe cit vol I pp 87-615 passim

279 Cosigrave sintetizzano CHIESA-TABARRONE Commento in Monarchia cit p 207 adIII XI

280 Terminata la confutazione delle tesi degli avversari in questi capitoli Dante so-stiene la sua tesi dimostrando prima per via negativa che lrsquoimpero non dipende dallaChiesa percheacute la Chiesa non ne egrave la causa (XII) percheacute nessuna fonte ha attribuito al-la Chiesa il potere di conferire lrsquoimpero (XIII) e inoltre percheacute tale potere non fa par-te di quelli della Chiesa in quanto egrave contro la sua stessa natura (XIV) Infine nel XV ca-pitolo su cui ci soffermeremo brevemente dimostreragrave per via positiva che lrsquoautoritagravedellrsquoimpero dipende direttamente da Dio

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281 Cfr supra n 25 CHIESA-TABARRONE nel loro Commento (in Monarchia cit p209-10 ad III XII 1) chiariscono attraverso riferimenti a fonti antiche e medievali co-me la formulazione di questo principio in questo passo della Monarchia risenta del-la commistione fra lrsquoaccezione originale che laquosi applica rigorosamente solo allrsquointer-no delle distinzioni categoriali proprie dellrsquoontologia aristotelicaraquo e il laquoben diversoprincipio neoplatonico secondo cui tutto deriva dallrsquouno e allrsquouno puograve essere ricon-dottoraquo

282Mon III XI 1-2 laquoRatione vero sic arguunt Summunt etenim sibi principiumde decimo Prime phylosophie dicentes omnia que sunt unius generis reducuntur adunum quod est mensura omnium que sub illo genere sunt sed omnes homines suntunius generis ergo debent reduci ad unum tanquam ad mensuram omnium eorumEt cum summus Antistes et Imperator sint homines si conclusio illa est vera oportetquod reducantur ad unum hominem Et cum Papa non sit reducendus ad alium re-linquitur quod Imperator cum omnibus aliis sit reducendus ad ipsum tanquam admensuram et regulam propter quod sequitur etiam idem quod voluntraquo

283 CHIESA-TABARRONE Commento in Monarchia cit p 211 ad III XII 3

28 laquoMaxime debet intendere [hellip] romanus Princeps ut [hellip] li-bere cum pace vivaturraquo (Mon III XV 11)

Le conclusioni della Monarchia sono fra gli argomenti piugrave discussinegli studi sullrsquoopera e sulla concezione politica di Dante e vi accen-nerograve quindi soltanto per ciograve che riguarda piugrave specificatamente lrsquoog-getto di questo studio Per meglio comprendere proprio lrsquoultimo ca-pitolo del trattato mi sembra perograve prima opportuno richiamare lrsquouni-co argomento laquodi ragioneraquo che Dante confuta nellrsquoXI capitolo ovve-ro quello che in base al giagrave ricordato principio della reductio adunum281 postulava che tutti gli uomini appartenendo allo stesso ge-nere dovessero essere ricondotti a un solo uomo e laquosiccome il som-mo Pontefice e lrsquoImperatore sono uomini se quella conclusione egrave ve-ra bisogna che siano ricondotti a un solo uomo Ora poicheacute non egraveconsentito di ricondurre il Papa ad altro uomo rimane che lrsquoimpe-ratore insieme a tutti gli altri uomini deve essere ricondotto a lui co-me a misura e regolaraquo282 Nella sua confutazione lrsquoAlighieri accetta ilprincipio della reductio ad unum ma non la sua applicazione al papae allrsquoimperatore in quanto essi sarebbero riconducibili ad un unicouomo laquosolo ldquoin quanto uominirdquo (cioegrave in relazione alla loro natura so-stanziale) e non ldquoin quantordquo rispettivamente ldquopapardquo e ldquoimperatorerdquo(che riguarda invece la loro natura accidentale)raquo283

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 135

284 Ivi p 209 ad III XII285 BELLINI DOMINUS TOTIUS MUNDI LrsquoImperatore dei romani e i popoli

estranei al popolo romano (sec XII-XIV) cit p 261 che cosigrave sintetizza parlando diunrsquolaquoidea solidaristica (imperium et sacerdotium sunt ut frater et soror) insita negli sche-mi integralistici della medievale civitas christiana tutta strutturata ndash nellrsquointerezza deisuoi tratti ndash in ragione della proiezione finale oltreterrena degli homines viatores Sivedeva il popolo cristiano consegnato ndash per decretazione provvida di Dio ndash alla cor-responsabile premura di quei due massimi apparati di governo di quelle due supre-mae auctoritates legate lrsquouna allrsquoaltra da unrsquoamicizia vicissim fortissima tutte e due or-dinate (ciascuna a modo suo secundum intellectum et vires suas) al bonum animaequod est maximumraquo

286 Cfr ivi p 265 laquola stessa logica unitaria [hellip] veniva a militare a favore dellapotestagrave vicaria in una unica personaraquo come aveva affermato il cardinale Ostiense (XIIIsecolo) nella sua Lectura alla Per venerabilem di Innocenzo III laquosicut enim ponere duoprincipia haereticum est [hellip] et sic ponere duos vicarios generales et sibi aequales interris haereticum videtur [hellip] vita igitur opinionem contrariam monstruosamraquoOSTIENSE Lectura in cap 13 Per venerabilem X qui filii sint legitimi 4 17 s vers Ple-nitudinem potestatis n 36

287Mon III XV 7 laquobeatitudinem scilicet huius vite que in operatione proprie vir-

Lrsquoargomento della reductio ad unum laquoun caposaldo della partepapaleraquo284 pur se confutato sul piano della logica non poteva co-munque di fatto essere messo a tacere se non si entrava nel meritodi quella concezione unitaria propria del mondo medievale secondola quale tutta la civitas egrave civitas christiana ovvero la societagrave coincidecon la Chiesa ed egrave quindi orientata anche su questa terra a rag-giungere il bonum animae285 dati questi presupposti difficilmentelrsquoimperatore poteva infatti risultare autonomo dalla suprema auto-ritagrave ecclesiastica anche in quellrsquoambito di sua specifica competenzache era la guida della societagrave civile286

Ora nel capitolo XV del III libro della Monarchia Dante dopoaver enunciato il principio metafisico secondo il quale lrsquouomo inquanto unione di corpo e anima partecipa sia alla natura corrutti-bile che a quella incorruttibile ognuna delle quali egrave orientata versoun suo proprio ultimo fine (sectsect 3-6) sostiene che di conseguenza duofines sono posti dalla provvidenza allrsquouomo vale a dire laquola beatitu-dine di questa vita consistente nellrsquoesplicazione delle proprie facol-tagrave [hellip] e la beatitudine della vita eterna consistente nel godimentodella visione di Dio cui la la virtugrave propria dellrsquouomo non puograve giun-gere senza il soccorso del lume divinoraquo287 Alla prima beatitudine

FRANCESCA FONTANELLA136

tutis consistit [hellip] et beatitudinem vite ecterne que consistit in fruitione divini aspec-tus ad quam propria virtus ascendere non potest nisi lumine divino adiutaraquo

288Mon III XV 8 laquoNam ad primam per phylosophica documenta venimus dum-modo illa sequamur secundum virtutes morales et intellectuales operando ad secun-dam vero per documenta spiritualia que humanam rationem transcendunt dummo-do illa sequamur secundum virtutes theologicas operando fidem spem scilicet et ka-ritatemraquo

289 Vd supra n 64290 Egrave infatti ben noto che nel penultimo paragrafo della Monarchia (III XV 17) si

precisa che lrsquoImperatore non egrave in assoluto svincolato da una certa sottomissione alPapa dato che la felicitagrave terrena egrave quodammodo ordinata a quella immortale laquoQuequidem veritas ultime questionis non sic stricte recipienda est ut romanus Princepsin aliquo romano Pontifici non subiaceat cum mortalis ista felicitas quodammodo adinmortalem felicitatem ordineturraquo (Mon III XV 17 dove come opportunamente sot-tolineano CHIESA-TABARRONE Commento in Monarchia cit pp 241-42 ad III XVI 17lrsquoavverbio quodammodo non ha laquoun significato approssimativoraquo quanto piuttostolaquouna sua valenza tecnico-filosoficaraquo) Di tutto ciograve che egrave stato scritto su questo passoriporto solo percheacute la condivido pienamente questa osservazione di Cristaldi (CRI-STALDI laquoRomanum Imperiumraquo e donazione di Costantino cit p 299) laquoOnde scan-sare rischiosi fraintendimenti ribadiremo che questo separare non significa affattocontrapporre ci troviamo di fronte a un laico cristiano il quale egrave davvero remoto dacerte moderne preclusioni nei confronti della fede [hellip] Mantenendo che la felicitagrave ter-rena ldquoquodammodo ad inmortalem felicitate ordinaturrdquo (III xv 17) e che il sapere

laquonoi perveniamo per mezzo delle dottrine filosofiche purcheacute le se-guiamo praticando le virtugrave morali e quelle intellettuali alla secondainvece giungiamo per mezzo degli insegnamenti divini che trascen-dono la ragione umana purcheacute li seguiamo praticando le virtugrave teo-logicheraquo288 Anche nel IV trattato del Convivio lo ricordiamo in unpasso che molto si avvicina a questo della Monarchia Dante aveva af-fermato che le laquooperazioni delle morali virtudiraquo portano a una feli-citagrave laquoquasi imperfetta nella vita attivaraquo quelle laquodelle virtudi intel-lettualiraquo a una felicitagrave laquoperfetta quasi nella [vita contemplativa]raquo epoi che queste laquodue operazioni sono vie espedite e dirittissime a me-nare alla somma beatitudine la quale qui non si puote avereraquo (ConvIV XXII 18)289 Aveva quindi stabilito una distinzione ma con un pre-ciso ordine gerarchico che risulta invece assente in questo passo del-la Monarchia anche se per quanto riguarda il rapporto fra felicitagraveterrena e felicitagrave eterna tale ldquoordinerdquo saragrave ldquoin qualche modordquo ri-preso alla fine dellrsquoopera in una famosa e discussa asserzione290 Ma

prima del ldquofinalerdquo quello che si ribadisce egrave che per quanto riguar-da la felicitagrave in questa vita sono sufficienti le virtugrave morali e quelle in-tellettuali dato che come ha chiarito allrsquoinizio del I libro del tratta-to il bene esse mundi consiste nel fatto che lrsquoumanitagrave unita nella pa-ce possa attuare quellrsquooperazione che le egrave propria e che costituisceil suo fine ovvero tutta la potenza dellrsquointelletto291 Dato perograve chetutto questo laquolrsquoumana cupidigia se lo butterebbe dietro le spalleraquo292

se gli uomini non fossero costretti come si costringono i cavalli a se-guire una certa via laquofu necessaria allrsquouomo una duplice guida corri-spondente al duplice fine cioegrave il sommo Pontefice che conducesseil genere umano alla vita eterna per mezzo delle dottrine rivelate elrsquoImperatore il quale indirizzasse il genere umano alla felicitagrave tem-porale per mezzo degli insegnamenti della filosofiaraquo293 Lrsquoafferma-zione del ldquoduplice finerdquo del genere umano egrave quindi ciograve che permet-te a Dante di fondare lrsquoindipendenza del ruolo politico dellrsquoimpera-tore dallrsquoautoritagrave ecclesiastica294 ponendo quindi in sostanza i pre-

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 137

umano viene compiuto dalla Rivelazione Dante recupera unrsquoarmonia di fondo tra lesfere che ha pur voluto scindere Ma certo la sua egrave una ricomposizione che non cor-risponde piugrave allrsquounitagrave tradizionalmente presupposta dal medioevo cristiano e a ben ve-dere nemmeno a quella di Tommaso drsquoAquino assertore di una distinzione nella su-bordinazione Nella Monarchia infatti i due ordini di realtagrave distinti trovano la lorosintesi solo in un punto di fuga trascendenteraquo

291Mon I IV 1-2 laquoSatis igitur declaratum est quod proprium opus humani generistotaliter accepti est actuare semper totam potentiam intellectus possibilis [hellip] Genushumanum in quiete sive tranquillitate pacis ad proprium suum opus [hellip] liberrimeatque facillime se habet Unde manifestum est quod pax universalis est optimum eo-rum que ad nostram beatitudinem ordinanturraquo

292Mon III XV 9 laquoHas igitur conclusiones et media licet ostensa sint nobis hecab humana ratione que per phylosophos tota nobis innotuit hec a Spiritu Sancto quiper prophetas et agiographos qui per coecternum sibi Dei filium Iesum Cristum etper eius discipulos supernaturalem veritatem ac nobis necessariam revelavit humanacupiditas postergaret nisi homines tanquam equi sua bestialitate vagantes ldquoin camoet frenordquo compescerentur in viaraquo cfr supra n 22

293Mon III XV 10 laquoPropter quod opus fuit homini duplici directivo secundumduplicem finem scilicet summo Pontifice qui secundum revelata humanum genusperduceret ad vitam ecternam et Imperatore qui secundum phylosophica documentagenus humanum ad temporalem felicitatem dirigeretraquo

294 Cosigrave come fra gli altri giagrave avevano ben evidenziato Gilson e Nardi cfr eg per-cheacute i passi in cui sostengono questa interpretazione sono numerosi GILSON Dante e

supposti non solo di una laquolaicizzazione della sfera politicaraquo ma an-che di una concezione della societagrave civile ovvero della laquocomunitagravedellrsquoimpero [hellip] per sua natura [hellip] cosmopolita essere degli ldquoani-mali razionalirdquo egrave il solo titolo richiesto per divenirne cittadiniraquo295tutta lrsquoumanitagrave egrave infatti unita da un fine la temporalis felicitas chelaquopuograve essere raggiunta dallrsquouomo in quanto tale senza far ricorso al-la grazia divina essa era disponibile prima della venuta di Cristocosigrave come era disponibile la veritas o quanto meno la veritas basatasui principii della ragione e della filosofiaraquo296 Ma siccome anche aquesta felicitagrave terrena laquonessuno o tuttrsquoal piugrave pochi e anche questicon estrema difficoltagrave saprebbero giungere se il genere umano se-date le tempeste della cupidigia che lo ammalia non si acqueta nel-la bonaccia della paceraquo Dante definisce ulteriormente il compitodellrsquoimperatore laquoquesta egrave la mira a cui deve volgere soprattutto gliocchi il tutore del mondo (curator orbis) che si chiama il Principe

FRANCESCA FONTANELLA138

la filosofia cit p 194 laquoLa cosa piugrave notevole nellrsquoatteggiamento di Dante egrave peraltroche egli abbia compreso [hellip ] che non egrave possibile sottrarre totalmente il temporale al-la giurisdizione dello spirituale se non sottraendo totalmente la filosofia alla giurisdi-zione della teologiaraquo B NARDI Il concetto dellrsquoimpero nello svolgimento del pensierodantesco in ID Saggi di Filosofia Dantesca cit pp 215-75 p 253 laquodallrsquoautonomia delfine naturale dellrsquouomo di fronte al fine soprannaturale Dante deduce direttamentelrsquoautonomia e indipendenza del potere civile di fronte a quello ecclesiasticoraquo

295 IMBACH Quattro idee sul pensiero politico di Dante Alighieri cit pp 51-52che poi perograve osserva laquoQuesta fiducia nellrsquouniversalitagrave della ldquoragionerdquo fa problema peril lettore di oggi non diversamente dalla formulazione che dallrsquoaltra discende del-lrsquoesistenza di un unico diritto universale La voce dellrsquoAlighieri contraddice certe esi-tazioni contemporanee Chiama in giudizio forse le violazioni di diritti alle quali noiassistiamo Cosigrave facendo in ogni caso incita ancora alla riflessione su questi temiraquo Ecosigrave viene infatti da ldquoriflettererdquo che non sia forse un caso che questa fiducia in una pos-sibile unitagrave del genere umano fondata ldquolaicamenterdquo sullrsquouniversalitagrave della ragione siastata tanto potentemente espressa da un uomo ldquoprofondamente religiosordquo

296 CHIESA-TABARRONE Introduzione in Monarchia cit p XLV Ma anche CHIE-SA-TABARRONE osservano che si tratta di laquouna visione in apparenza laica ma ancheuna visione teologica percheacute questa unitarietagrave del genere umano fa parte di un ordi-ne delle cose voluto da Dio e governato dalla provvidenza La felicitagrave che si puograve con-seguire in questo mondo e la felicitagrave dellrsquoeternitagrave sono fra loro autonome e procedo-no per vie diverse ma non sono indipendenti come egrave vero che il mondo terreno egrave so-miglianza del mondo celesteraquo Del resto precisazioni analoghe le avevamo giagrave espres-se a proposito della ldquolaicitagraverdquo delle virtugrave del Convivio

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 139

297Mon III XV 11 laquoEt cum ad hunc portum vel nulli vel pauci et hii cum diffi-cultate nimia pervenire possint nisi sedatis fluctibus blande cupiditatis genus hu-manum liberum in pacis tranquillitate quiescat hoc est illud signum ad quod maxi-me debet intendere curator orbis qui dicitur romanus Princeps ut scilicet in areolaista mortalium libere cum pace vivaturraquo Mi pare interessante osservare che ancheTommaso ma a proposito della veritagrave su Dio (per la quale anche Dante ritiene ne-cessaria la rivelazione) aveva affermato laquoQuia veritas de Deo per rationem investi-gata a paucis et per longum tempus et cum admixtione multorum errorum hominiproveniret a cuius tamen veritatis cognitione dependet tota hominis salus quae inDeo est Ut igitur salus hominibus et convenientius et certius proveniat necessariumfuit quod de divinis per divinam revelationem instruantur Necessarium igitur fuitpraeter philosophicas disciplinas quae per rationem investigantur sacram doctrinamper revelationem haberiraquo Summa Theologiae I q 1 art 1

298 Come giustamente sottolineano CHIESA-TABARRONE Commento in Monar-chia cit p 242 ad III XVI 17 laquoDante cambia interlocutore lrsquoinvito egrave rivolto allrsquoim-peratore non piugrave al papa che ndash insieme ad altri cristiani mal consigliati dal loro ec-cesso di zelo verso la Chiesa ndash egrave stato il destinatario del terzo libro e neppure ai sa-pienti in generale che sono il pubblico dellrsquointero trattato e ai quali sono indirizzati iparr 15-16raquo

299 Mon III XV 18 laquoIlla igitur reverentia Cesar utatur ad Petrum qua primoge-nitus filius debet uti ad patrem ut luce paterne gratie illustratus virtuosius orbem ter-re irradiet cui ab Illo solo prefectus est qui est omnium spiritualium et temporaliumgubernatorraquo Sul significato da attribuire al passo cfr supra n 289 Per il Convivio vdsupra e n 105 Ancora CHIESA-TABARRONE ibidem osservano che laquoil tono che Dan-te assume qui egrave quello del profeta veterotestamentario che si rivolge al sovrano co-me portatore dei messaggi di Dioraquo

300 Il vocabolo curator appartiene evidentemente allrsquoambito giuridico e indica

romano che nellrsquoaiuola terrena si viva liberi nella paceraquo (Mon III XV11)297 E il trattato si chiude con un passo (Mon III XV 18) in cuicambiando improvvisamente interlocutore298 lrsquoAlighieri si rivolgedirettamente a laquoCesareraquo assumendo cosigrave in modo esplicito quel ruo-lo di ldquoguidardquo della suprema autoritagrave politica che avevamo giagrave vistoemergere dal Convivio299

Per il tema di questo lavoro quello che piugrave ci interessa egrave che inquesti ultimi capitoli del III libro della Monarchia viene ripropostauna figura di imperatore che non solo non contraddice ma anzi rias-sume le caratteristiche viste nei libri precedenti del trattato o anchenel Convivio lrsquoimperatore di Dante vincolato e caratterizzato dal di-ritto e dalla filosofia egrave quel curator orbis (e di nuovo la terminologiaegrave giuridica)300 che solo puograve assicurare agli uomini la libertagrave e la pace

come guida distinta anche se non opposta allrsquoautoritagrave spiritualeMa voglio aggiungere una considerazione finale egrave ben noto che

la dottrina dei duo fines fu uno dei punti della Monarchia netta-mente condannati dal frate domenicano Guido Vernani301 forse nel-lo stesso anno 1329 (o poco prima) in cui il cardinale Bertrando dalPoggetto legato di papa Giovanni XXII condannograve a Bolognalrsquoopera a essere bruciata senza contare che nel 1554 il libro fu mes-so allrsquoIndice e ne fu ritirato solo nel XIX secolo302 Eppure con la di-stinzione dei due fini Dante individuando come ambito del potereldquolaicordquo il diritto romano e la filosofia si fa anche interprete del ldquocuo-rerdquo del pensiero giuridico europeo anticipandone quella sintesi cheproprio un papa Benedetto XVI ha recentemente proposto nel Di-scorso al parlamento tedesco del 2011

Nella storia gli ordinamenti giuridici sono stati quasi sempre motivati inmodo religioso sulla base di un riferimento alla Divinitagrave si decide ciograve che tragli uomini egrave giusto Contrariamente ad altre grandi religioni il cristianesimo

FRANCESCA FONTANELLA140

nel diritto privato romano chi viene chiamato a integrare o a sostituire un soggetto in-capace o limitatamente capace di agire (come il minore la donna ma anche il furio-sus etc) inoltre egrave ben noto come a Roma venissero definiti curatores anche i magistratidestinati allrsquoassolvimento di particolari funzioni pubbliche quali ad esempio i cura-tores annonae quelli aquarum publicarum quelli viarum etc cfr eg Dizionario Giu-ridico Romano intr di A GUARINO Napoli Edizioni Giuridiche Simone 20003 pp141-44 Per un ambito ancora piugrave esteso di ldquocurardquo si puograve pensare ai curatores rei pu-blicae dei funzionari amministrativi creati con Traiano e incaricati essenzialmente disorvegliare le finanze cittadine locali ma in alcuni casi considerati anche piugrave in ge-nerale come garanti del buon funzionamento della cittagrave cfr M SARTORI Osservazio-ni sul ruolo del laquocurator rei publicaeraquo in laquoAthenaeumraquo LXVII 1989 pp 5-20 Lrsquoim-peratore di Dante si pone come al vertice di questi curatores egrave curator non Urbis orei publicae ma orbis

301 Che obiettava laquoad beatitudinem temporalem non ordinatur homo a Deo tan-quam ad finem ultimum quia talis beatitudo numquam terminare et satiare potuithominum appetitum [hellip] ordinatur ergo homo ad felicitatem eternam tamquam fi-nem ultimumraquo VERNANI De reprobatione Monarchie composite a Dante III 11 inMonarchia cit p 365

302 Alla storia della Monarchia di Dante fino allrsquoeditio princeps del 1559 egrave dedi-cato lrsquoesauriente studio di F CHENEVAL Die Rezeption der laquoMonarchiaraquo Dantes bis zurldquoEditio Princepsrdquo im Jahre 1559 Metamorphosen eines philosophischen Werkes Muumln-chen Fink 1995

[hellip] ha invece rimandato alla natura e alla ragione quali vere fonti del dirit-to ndash ha rimandato allrsquoarmonia tra ragione oggettiva e soggettiva unrsquoarmoniache perograve presuppone lrsquoessere ambedue le sfere fondate nella Ragione crea-trice di Dio Con ciograve i teologi cristiani si sono associati ad un movimento fi-losofico e giuridico che si era formato sin dal secolo II aC Nella prima me-tagrave del secondo secolo precristiano si ebbe un incontro tra il diritto naturalesociale sviluppato dai filosofi stoici e autorevoli maestri del diritto romanoIn questo contatto egrave nata la cultura giuridica occidentale che egrave stata ed egrave tut-tora di unrsquoimportanza determinante per la cultura giuridica dellrsquoumanitagrave Daquesto legame precristiano tra diritto e filosofia parte la via che porta attra-verso il Medioevo cristiano allo sviluppo giuridico dellrsquoIlluminismo fino al-la Dichiarazione dei Diritti umani303

In conclusione ciograve che emerge dalla lettura del Convivio e del-la Monarchia non egrave la mera riproposizione della forma esteriore diun modello politico quello dellrsquoimpero romano ormai irrimedia-bilmente sorpassato in questo caso infatti la concezione politica del-lrsquoAlighieri sarebbe per dirla con le parole di un recente studio so-lo laquounrsquoidea contraria alla storia [hellip] unrsquoutopia giustificabile gene-rosa ma inservibileraquo304 Si deve piuttosto osservare che Dante egrave riu-scito ad individuare quelle caratteristiche dellrsquoimpero che erano inqualche modo espressione di esigenze e di aspirazioni profonda-mente umane e quindi sempre attuali305 quelle di una vita civile vir-

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303 Il discorso si puograve ora leggere nel volume La legge di re Salomone Ragione e di-ritto nei discorsi di Benedetto XVI a cura di M CARTABIA e A SIMONCINI Prefazio-ne di G NAPOLITANO Milano Rizzoli 2013 pp 00

304 G GORNI Dante Storia di un visionario Roma-Bari Laterza 2009 p 181 Macfr invece O CAPITANI Spigolature sul III della Monarchia in ID Chiose minime dan-tesche Pagravetron 1983 p 81 laquoEgrave certo che la monarchia egrave unrsquoutopia politica ma in ciogravestesso sta il suo fortissimo valore storico nella linea di sviluppo del pensiero politicomedioevale Ha iniziato un processo che per far valere le motivazioni profonde chelo ispiravano ha dovuto ricostruire tutto il significato di un linguaggio che era il lin-guaggio della realtagrave del suo tempo Dante lrsquoha fatto con ovvio riferimento a questo lin-guaggio del tempo e valendosi dei processi formali che erano propri di una culturasigrave da fornire lrsquoimpressione di essere un pensatore soltanto in arretrato con la tenden-za intellettuale dei suoi contemporaneiraquo

305 IMBACH Quattro idee sul pensiero politico di Dante Alighieri cit p 44 giu-stamente preoccupato di laquoevitare di caricare di valore normativo i concetti politicielaborati nel passato in contesti eterogenei rispetto al nostroraquo (ovvero di laquotrarre del-

tuosa alla quale gli organi di governo sono chiamati a garantire unapace e una libertagrave che hanno il loro fondamento nel diritto A que-ste aspirazioni ed esigenze egli ha dato voce306 e in ciograve consiste misembra la continua attualitagrave della sua opera e in parte di quella delldquomodello romanordquo

Nel licenziare il presente saggio desidero ringraziare le bibliotecarie del-la Societagrave Dantesca Italiana e in particolare Giovanna Puletti per la pre-murosa disponibilitagrave e la competente consulenza offertami durante il mio la-voro di ricerca Solo in fase di correzione delle bozze ho potuto consultaresenza quindi poterli citare i recenti commenti di Gianfranco Fioravanti alConvivio e di Diego Quaglioni alla Monarchia in DANTE ALIGHIERI Opereedizione diretta da MARCO SANTAGATA vol II Convivio Monarchia Episto-le Egloge a cura di G FIORAVANTI C GIUNTA D QUAGLIONI C VILLA GALBANESE Milano Mondadori 2014

FRANCESCA FONTANELLA

FRANCESCA FONTANELLA142

le conclusioni immediate sul dover essere attualeraquo) sostiene invece che laquole domandealle quali rispose il filosofo fiorentino non sono le stesse alle quali debbono risponderei pensatori di oggiraquo (ibidem) Se questo egrave senzrsquoaltro vero per quanto riguarda lrsquoaspet-to piugrave fenomenico delle domande ldquopoliticherdquo dellrsquoAlighieri non lo egrave per le aspirazioniche le hanno suscitate e infatti Imbach riconosce e lo dimostra nel suo lavoro chelaquoquanto per noi egrave ldquofuori discussionerdquo accettato come pacifico o addirittura mai av-vertito viene risvegliato da domande ldquointempestiverdquo inattese e differenti le doman-de di Danteraquo (ibidem)

306 Naturalmente ben altra voce e molto piugrave potente egrave quella della Commedia dicui spero di potermi occupare in un prossimo studio Rimando per ora per la con-sonanza su alcune tematiche da me trattate in queste pagine allrsquoacuta ed approfon-dita analisi del VI canto del Paradiso di E FENZI Il volo dellrsquoaquila Una lettura di Pa-radiso VI in laquoChroniques italiennes webraquo 24 32012 (httpchroniquesitalien-nesuniv-paris3frPDFWeb241EFenzipdf) pp 1-58

FINITO DI STAMPARENEL MESE DI NOVEMBRE 2014

PER CONTO DELLACASA EDITRICE LE LETTERE

DALLA TIPOGRAFIA ABCSESTO FIORENTINO - FIRENZE

  • piatto Studi Danteschi 79
  • 00 frontespizio indice_Layout 1
  • 02 IMP Fontanella 39-142_Layout 1
  • 2
  • FINITO

pletamente separabile in Dante dalla problematica del suo tempocirca il ruolo dellrsquoimpero in quel contesto politico e religioso

Questa osservazione implica unrsquoaltra precisazione affrontarequesta problematica estremamente complessa per la sofferta pro-fonditagrave del pensiero dantesco mai riconducibile a un sistema e perlrsquoimmensa bibliografia di esperti dantisti quale io non sono che sudi essa si sono cimentati laquomi fa tremar le vene e i polsiraquo Vorrei per-tanto delimitare lrsquooggetto di questo studio tentando di individuarenel Convivio e nella Monarchia (ma facendo anche eventuale riferi-mento ai passi delle Epistolae di ldquoargomento politicordquo che in parteripropongono alcune tematiche dei trattati) lrsquoatteggiamento e il giu-dizio di Dante rispetto alla storia dellrsquoantico impero romano e ad al-cune sue caratteristiche ben individuabili quali lo vedremo la vir-tugrave dei suoi ldquofondatorirdquo e il fatto di aver instaurato una pace ecume-nica garantita da un potere imperiale che trovava il suo fondamen-to e allo stesso tempo il suo limite nel diritto

1 Il Convivio

11 laquoE questo officio per eccellenza imperio egrave chiamatoraquo (Conv IV IV 7)

La prima opera in cui Dante si occupa specificatamente dellrsquoan-tico impero romano egrave il Convivio (composto probabilmente neglianni fra il 1304 e il 1307)2 nel IV trattato dedicato alla definizione

FRANCESCA FONTANELLA40

coronazione di Carlo Magno a Roma nellrsquo800 come una translatio dellrsquoantico imperoromano a Graecis (cioegrave da Costantinopoli) ad Francos interpretazione che troviamoattestata esplicitamente per la prima volta circa 50 anni dopo questo evento nella Vi-ta Willehadi cfr W GOEZ Translatio Imperii Tuumlbingen JCB Mohr (Paul Siebeck)1958 p 73

2 Le canzoni risalgono perograve agli anni fiorentini successivi alla Vita Nova tran-ne Doglia mi reca coeva alla prosa che fu composta tra il 1304 e il 1307 (secondo Pe-trocchi G PETROCCHI Vita di Dante Roma-Bari Laterza 19862 pp 102-103) otra il 1303 e il 1308 (secondo la Corti 1303-1304 i primi tre trattati 1306-1308 ilquarto M CORTI La felicitagrave mentale Nuove prospettive per Cavalcanti e Dante To-rino Einaudi 1983 pp 142-44 ora in EAD Scritti su Cavalcanti e Dante La felici-tagrave mentale Percorsi dellrsquoinvenzione e altri saggi Torino Einaudi 2003 pp 163-64)

della laquogentilezzaraquo (ovvero della nobiltagrave)3 Nel III capitolo si contestaa Federico II di Svevia la definizione di laquogentilezzaraquo come laquoanticaricchezza e belli costumiraquo (Conv IV III 6) Il detto che qui egrave attri-buito allrsquoImperatore ma che si trovava giagrave nella Politica4 di Aristo-tele (come lo stesso Dante indicheragrave poi nella Monarchia)5 si era lar-gamente diffuso privo dellrsquoultima parte nobiltagrave cioegrave veniva a equi-valere solo ad antica ricchezza Dato che la contestazione di questadefinizione6 sembra mettere in dubbio lrsquoautoritagrave imperiale che lrsquoave-

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 41

Colla datazione Petrocchi ma limitandola al 1306 concorda M SANTAGATA Dan-te Il romanzo della sua vita Milano Mondadori 2012 pp 175-77 che localizza ta-le composizione a Bologna La scrittura del Convivio fu probabilmente interrottaper lrsquoimpegno della redazione dellrsquoInferno e per il rinnovato imporsi dellrsquoattivitagrave po-litica a cui lo scrittore fu sollecitato dallrsquoannunciata elezione di Arrigo VII a impe-ratore (1308)

3 Giagrave al v 16 della Canzone posta in apertura al trattato Le dolci rime drsquoamor chrsquoirsquosolia Il testo del Convivio e della Monarchia qui e nei passi successivamente citati egravetratto dal sito della Societagrave Dantesca Italiana (httpwwwdanteonlineit) che utiliz-za il testo dellrsquoEdizione Nazionale a cura della Societagrave Dantesca Italiana DANTE ALI-GHIERI Convivio a cura di F BRAMBILLA AGENO Firenze Le Lettere 1995

4 Pol IV 1294a Per quanto riguarda le traduzioni di Aristotele utilizzate da Dan-te vd infra

5Mon II III 3-4 dove Dante per dimostrare che laquoromanus populus de iure nonusurpando Monarche offitium quod lsquoImperiumrsquo dicitur sibi super mortales omnesascivitraquo (Mon II III 1) si fonda su questo sillogismo laquonobilissimo populo convenitomnibus aliis preferri romanus populus fuit nobilissimus ergo convenit ei omnibusaliis preferriraquo (Mon II III 2) Qui a differenza del Convivio Dante accoglie la defini-zione aristotelica di nobiltagrave come laquovirtugrave e antica ricchezzaraquo anche se vi accosta quel-la di Giovenale laquoEst enim nobilitas virtus et divitie antique iuxta Phylosophum in Po-liticis et iuxta Iuvenalem nobilitas animi sola est atque unica virtus Que due sen-tentie ad duas nobilitates dantur propriam scilicet et maiorumraquo (Mon II III 4 cfrIuv Sat VIII 20 laquo[hellip] nobilitas sola est atque unica virtusraquo) Dimostra quindi attra-verso la storia di Enea e dei suoi antenati che i Romani ebbero in grado massimo lavirtugrave che nobilita non soltanto la propria ma anche quella degli avi laquoHiis itaque adevidentiam subassumpte prenotatis cui non satis persuasum est romani populi pa-trem et per consequens ipsum populum nobilissimum fuisse sub celo Aut quem inillo duplici concursu sanguinis a qualibet mundi parte in unum virum predestinatiodivina latebitraquo (Mon II III 17)

6 Per cui cfr anche Conv IV XX 7-8 dove Dante rimanda alla celebre canzone diGuido Guinizzelli Al cor gentil ripara sempre Amore e Vita Nova 11 3 Amore e rsquol corgentil sono una cosa

va proferita7 Dante sente la necessitagrave di ribadirne il valore Il IV ca-pitolo inizia quindi dimostrando la necessitagrave naturale dellrsquoimperocome istituzione politica (fino al par 7) per poi passare a dimostra-re la ragione della sua attuazione storica (IV IV 8-14 V) in quellrsquoim-pero romano di cui Federico II era stato indicato nel capitolo pre-cedente come lrsquoultimo imperadore (Conv IV III 6)8

laquoLo fondamento radicale de la imperiale maiestaderaquo egrave indivi-duato nel Convivio nella laquonecessitagrave de la umana civilitade che a unofine egrave ordinata cioegrave a vita feliceraquo9 In cosa consista questa laquovita fe-liceraquo Dante in questo passo non lo esplicita ma egrave evidente e vi ac-cenno soltanto che tale affermazione non puograve essere letta in modoavulso dalla tematica di origine aristotelica riguardante la felicitagravecome compimento del desiderio naturale di sapere insito nellrsquouomotematica che attraversa tutto il Convivio fin dal suo incipit10 e che

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7 E anche lrsquoautoritagrave di Aristotele questrsquoultima non per la sentenza in seacute nel Con-vivio attribuita esclusivamente a Federico II ma percheacute il filosofo aveva detto che ciograveche pare alla maggioranza egrave impossibile che sia del tutto falso Dante in realtagrave comespesso succede sembra qui seguire piugrave TOMMASO DrsquoAQUINO (Exp Eth VII lect XIII

12 laquoIllud enim in quod omnes vel plures consentiunt non potest esse omninofalsumraquo) che il testo di Aristotele oggetto del commento di Tommaso (Eth VII1153b)

8 laquoFederigo di Soave ultimo imperadore de li Romani ndash ultimo dico per rispettoal tempo presente non ostante che Ridolfo e Andolfo e Alberto poi eletti siano apres-so la sua morte e delli suoi discendentiraquo (Conv IV III 6) Federico II muore nel 1250neacute Rodolfo di Asburgo eletto re dei Romani nel 1273 neacute Adolfo di Nassau eletto nel1291 neacute Alberto I drsquoAsburgo eletto nel 1298 erano mai stati incoronati imperatorianche se a questrsquoultimo che non era perograve mai sceso in Italia il titolo era stato rico-nosciuto da Bonifacio VIII nellrsquoestate del 1303 Dante non parla qui di Enrico VII diLussemburgo eletto re di Germania e designato imperatore a Francoforte nel 1308consacrato ad Aquisgrana nel 1309 Il che costituirebbe un termine ante quem di com-posizione del Convivio

9 Cfr ARISTOTELE Eth I 1099b con il commento di Tommaso drsquoAquino (ExpEth I lect XIV 10 laquoPosuimus enim ibi quod optimum humanorum bonorum scilicetfelicitas sit finis politicae cuius finis manifeste est operatio secundum virtutemraquo) maDante potrebbe far anche riferimento a quel passo della Politica (I 1252b) doveAristotele afferma che la polis egrave sigrave nata in funzione del vivere ma laquoin realtagrave esiste perrendere possibile una vita felice (eu zen)raquo (la traduzione italiana della Politica diAristotele qui e per i passi seguenti egrave quella di R LAURENTI in ARISTOTELE OpereRoma-Bari Laterza 1973 vol IV)

10 Conv I I 1 laquoSigrave come dice lo Filosofo nel principio della Prima Filosofia tutti

nella Monarchia saragrave piugrave esplicitamente posta in connessione collafunzione dellrsquoImpero11 In questo capitolo comunque Dante osser-va soltanto che nessuno puograve giungere da solo a tale fine e perciograve laquodi-ce lo Filosofo ndash scil Aristotele ndash che lrsquouomo naturalmente egrave compa-gnevole animaleraquo (Conv IV IV 1) Egrave immediato riconoscere in que-ste parole la volgarizzazione della celeberrima definizione del-lrsquoἄνθρωος ϕύσει ολιτικὸν ζῷον che troviamo nella Politica (I1253a) di Aristotele che a partire dalla laquoetagrave di Tommaso drsquoAquino[hellip] veicolava lrsquoidea della naturalitagrave dello stato nel senso che la so-cietagrave umana organizzata egrave il prodotto di un ldquoistinto naturalerdquo con-

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li uomini naturalmente desiderano di sapere La ragione di che puote essere [ed] egrave checiascuna cosa da providenza di prima natura impinta egrave inclinabile alla sua propiaperfezione onde acciograve che la scienza egrave ultima perfezione della nostra anima nellaquale sta la nostra ultima felicitade tutti naturalmente al suo desiderio semo subiet-tiraquo Cfr ARISTOTELEMetaph I 980a Ma in questo IV trattato in cui come vedremola filosofia egrave per Dante innanzitutto etica puograve darsi che in effetti seguendo i passi diAristotele e di Tommaso a cui abbiamo rimandato nella nota precedente lrsquoAlighieriabbia in mente che quella felicitas che egrave il fine specifico della politica sia innanzitut-to il vivere secondo virtugrave vd infra nn 62 e 64

11 Specialmente Mon I III (e poi tutto il I libro) e III XV 7-16 sui quali vd infraSullrsquoargomento complesso e ampiamente discusso (specialmente e mi si perdoni lasemplificazione per quanto riguarda il triplice problema se in Dante il desiderio ldquona-turalerdquo di conoscere implichi o meno anche il desiderio di conoscere il ldquosoprannatu-ralerdquo e quindi se il compimento di tale desiderio che poi egrave la felicitagrave possa o non pos-sa essere raggiunto tramite la ragione umana e come ciograve possa attuarsi o meno nel-lrsquoambito della vita terrena) oltre agli ormai classici studi di Nardi (B NARDIDal ldquoCon-viviordquo alla ldquoCommediardquo (Sei saggi danteschi) con premessa alla ristampa di O CAPITA-NI Roma nella sede dellrsquoIstituto Palazzo Borromini Istituto storico italiano per il Me-dio Evo 1992 (ristampa anastatica dellrsquoedizione Roma 1960) ID Saggi di filosofia dan-tesca Milano La Nuova Italia 19672) Gilson (E GILSON Dante et la philosophie Pa-ris Librairie Philosophique J Vrin 1939 trad it Dante e la filosofia Milano Jaca Bo-ok 1987) e Corti (CORTI La felicitagrave mentale cit) segnalo per unrsquoequilibrata e utilemessa a punto il piugrave recente saggio di P PORRO Tra il ldquoConviviordquo e la ldquoCommediardquoDante e il laquoforte dubitareraquo intorno al desiderio naturale di conoscere le sostanze separa-te in 1308 Eine Topographie historischer Gleichzeitigkeit a cura di A Speer e D Wir-mer Berlin-New York W de Gruyter 2010 (laquoMiscellanea Mediaevaliaraquo 35) pp 629-60 e il volume di P FALZONE Desiderio della scienza e desiderio di Dio nel Convivio diDante Bologna il Mulino 2010 specialmente pp 101-248 che offre un ricco reper-torio di testi medievali editi e inediti a testimonianza dellrsquoambito intellettuale e del di-battito nel quale si collocano le problematiche dantesche

genito cioegrave allrsquoessere uominiraquo12 Dante puograve aver attinto questa defi-nizione o direttamente dalla Politica nella traduzione latina di Gu-glielmo di Moerbeke13 eo attraverso le citazioni presenti nei com-menti di Tommaso a varie opere aristoteliche14 o ancora in altri trat-tati politici di poco precedenti la stesura del Convivio come ilDe re-gimine principum (scritto per quanto riguarda il I libro e i primi ca-pitoli del II dallo stesso Tommaso tra il 1265 e i primi anni rsquo70 delDuecento proseguito poi fino al IV libro da Tolomeo di Lucca do-po lrsquoanno 1300)15 o il trattato omonimo di Egidio Romano16

Questa varietagrave di precedenti a cui si puograve riconnettere il passodantesco induce subito una precisazione per quanto riguarda il Con-vivio dobbiamo senzrsquoaltro parlare non tanto di laquofontiraquo quanto dilaquoautoriraquo e di laquotradizioniraquo in esso confluite17 Se infatti quasi ognipasso del trattato riecheggia pensieri o immagini giagrave presenti in ope-

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12 Cfr A GHISALBERTI Roma antica nel pensiero politico da Tommaso drsquoAquinoa Dante in Roma antica nel Medioevo Mito rappresentazioni sopravvivenze nella ldquoRe-spublica Christianardquo Milano Vita e Pensiero 2001 pp 347-64 p 348 Ma vd infran 22

13 Pol I 1253a laquoEx iis igitur manifestum quod eorum quae natura civitas est etquod homo natura civile animal estraquo Cfr anche ARISTOTELE Pol III 1278b Eth I1097b IX 1169b

14 Exp Eth I lect I 4 laquoSciendum est autem quod quia homo naturaliter est animalsociale utpote qui indiget ad suam vitam multis quae sibi ipse solus praeparare nonpotest consequens est quod homo naturaliter sit pars alicuius multitudinis per quampraestetur sibi auxilium ad bene vivendumraquo Exp Pol I lect I 26 laquoConcludit ergoprimo ex praemissis quod civitas est eorum quae sunt secundum naturam Et cumcivitas non sit nisi congregatio hominum sequitur quod homo sit animal naturalitercivileraquo

15 De regimine principum I I laquoNaturale autem est homini ut sit animal sociale etpoliticum in multitudine vivens magis etiam quam omnia alia animalia quod quidemnaturalis necessitas declaratraquo

16 Lrsquoaggettivo compagnevole ricorre nel volgarizzamento (conosciuto da Dantepercheacute citato al cap XXIV sempre del IV trattato del Convivio) del De regimineprincipum di Egidio Romano libro II part I cap I EGIDIO ROMANO Del reggimentodersquo principi trascritto nel MCCLXXXVIII pubblicato per cura di F CORAZZINIFirenze 1858 p 127 dove lrsquoautore laquoinsegna che lrsquouomo die naturalmente vivere incompagniaraquo rifacendosi esplicitamente ad Aristotele

17 Cfr C VASOLI Introduzione in DANTE ALIGHIERI Opere Minori vol II t Ia cura di C VASOLI e D DE ROBERTIS Milano-Napoli Ricciardi-Mondadori 1995 ppLXIV-LXXX

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18 Conv II XII 7 egrave il periodo che segue la morte di Beatrice avvenuta nel 1290e la composizione della Vita Nova (1292-1293) e in cui Dante si ldquoinnamorardquo delladonna gentile ovvero della filosofia Conv II XV 12

19 VASOLI Introduzione cit p LXVI20 G PASCOLI Lrsquoaquilone in Primi Poemetti vv 1-2

re del mondo classico e medievale talvolta come in questo casoesplicitamente indicate dallrsquoAlighieri per la maggioranza di questipassi risulta perograve difficile individuare citazioni testuali che permet-tano di risalire ad una fonte precisa Egrave evidente che durante il diffi-cile periodo dellrsquoesilio doveva essere stata possibile allrsquoAlighieri laconsultazione diretta di solo pochi volumi il suo sapere saragrave cosigrave ri-corso spesso alla memoria di libri letti ma probabilmente anche diquelle laquodisputazioni de li filosofantiraquo a cui assistette per laquopiccioltempo forse di trenta mesiraquo come ricorda proprio nel Convivio18Inoltre allrsquoepoca circolavano excerpta e raccolte di sententiae in-somma laquoquel materiale lsquodi seconda manorsquo prodotto proprio perlrsquoutilitagrave dei lsquomagistrirsquo e dei lsquodoctoresrsquo che sappiamo diffuso anche inambienti laici e che nondimeno proprio per la sua genericitagrave e so-miglianza rende difficile unrsquoindividuazione direttaraquo19 Senza conta-re ancora che nel Convivio ogni fonte filosofica teologica o scien-tifica veniva resa in volgare subendo con inevitabili trasformazionialmeno un passaggio (dal latino al volgare) se non due (dal greco allatino dal latino al volgare) o addirittura tre (dal greco allrsquoarabodallrsquoarabo al latino e infine al volgare) Tutto ciograve fa parte delle ca-ratteristiche della cultura del tempo ed egrave senzrsquoaltro da tener pre-sente Resta il fatto che queste caratteristiche non possono a mio av-viso essere considerate come mere circostanze materiali che da soleavrebbero determinato un certo modo di usare gli auctores da partedi Dante O meglio sono insieme causa ma anche conseguenza di unatteggiamento culturale a cui non interessa storicizzare ciograve che latradizione offre quanto piuttosto immedesimarsi positivamente conessa per elaborare un pensiero originale in cui si avverta laquoqualcosadi nuovo [hellip] anzi di anticoraquo20 Voglio dire che lrsquoantico egrave ricono-sciuto accettato e quindi riformulato nel presente per risponderealle esigenze del presente (il che puograve implicare anche lrsquouso di stru-menti nuovi come la lingua volgare) Ritorna ciograve che avevamo os-servato allrsquoinizio lrsquoimpero romano (antico per noi) egrave per Dante una

realtagrave attuale cosigrave come egrave attuale la veritagrave filosofica laquolrsquouomo natu-ralmente egrave compagnevole animaleraquo veritagrave che Dante esprime e usain un contesto che non egrave quello di Aristotele e nemmeno quello diTommaso o di Egidio Romano ma che serve ad affrontare comevedremo un problema particolarmente cruciale per lrsquoautore e cioegraveproprio la validitagrave dellrsquoimpero E cosigrave lrsquoantico diventa nuovo21

Ma torniamo al nostro passo del Convivio la tradizione aristo-telica comunque e dovunque recepita influisce evidentemente an-che nellrsquoindividuare lo sviluppo della comunitagrave umana attraverso ilformarsi prima della famiglia quindi della laquovicinanzaraquo (κώμη nellaPolitica e vicus nella traduzione latina) e poi della cittagrave laquoche convie-ne a satisfacimentoraquo laquoperograve che una vicinanza [a] seacute non puograve in tut-to satisfareraquo (Conv IV IV 2) Fin qui sentiamo riecheggiare piugrave pre-cisamente il secondo capitolo del primo libro della Politica di Ari-stotele (I 1252a-b)22 ma poi Dante afferma che percheacute le cittagrave viva-

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21 Cfr O CAPITANI Mondo della storia e senso della storia in Dante in Chiose mi-nime dantesche Bologna Patron 1983 pp 115-34 in particolare p 119 laquoproprioquella sconcertante ndash per noi ndash assenza di misura storica egrave il segreto della valutazio-ne dantesca di tutto il mondo dellrsquoumanitagrave che per noi egrave appunto storia ma per luiegrave ancora [hellip] solo umanitagraveraquo e le conclusioni a pp 133-34 laquoCerto cosigrave la storia uma-na non ha la sua autonomia certo cosigrave ogni approccio di tipo storicistico ndash e intendodi ogni storicismo ndash non puograve che far registrare un bilancio negativo o per lo meno in-soddisfacente Mi chiedo perograve per la perenne attualitagrave che Dante conserva per gli uo-mini se per noi oggi un approccio storicistico e cioegrave autogiustificativo dellrsquoaccadi-mento sia avendo gli occhi alle cose nostre presenti o anche passate liberatorio co-me dobbiamo immaginare fosse per Dante la condanna morale la ricostruzione ditutto il processo della storia umana nel travaglio dottrinale e nellrsquoelaborazione fanta-stica Egrave un invito alla meditazione di tutti egrave soprattutto un invito agli storici che nonlo siano ancora a mettersi in crisiraquo

22 Non mi pare quindi che per quanto riguarda questi capitoli del IV trattato delConvivio si possa negare la fedeltagrave di Dante al principio aristotelico e poi tomisticodella necessitagrave naturale degli uomini ad associarsi in formazioni politiche (e uso que-sta perifrasi per evitare la parola ldquostatordquo) Mentre il Nardi aveva voluto dimostrareche Dante distinguendosi da Tommaso e seguendo invece Agostino laquopur acco-gliendo il procedimento dimostrativo della politica aristotelicaraquo avrebbe inteso lrsquoor-ganizzazione politica come laquouna dolorosa necessitagrave risultante dallrsquointrinseca corru-zione attuale della natura umana un triste retaggio del peccatoraquo (Saggi di filosofiadantesca cit pp 227-28) Questa interpretazione si fondava perograve non tanto sul testodel Convivio quanto sui passi del Purgatorio e del Paradiso nei quali Dante tratta delpeccato originale e del Paradiso Terrestre (pp 225-26) Nel passo che stiamo analiz-

no in pace egrave necessario il regno (che nel passo della Politica fin quiseguito egrave invece solo uno dei regimi della όλις e anche il meno evo-luto) e che dato che lrsquoanimo umano mai sazio di potere desiderasempre acquistare gloria e da ciograve nascono laquodiscordie e guerre [hellip]intra regno e regnoraquo (Conv IV IV 3) si rende necessaria la laquoMonar-chia cioegrave uno solo principato e uno prenciperaquo che laquotutto posse-dendo e piugrave desiderare non possendo li regi tegna contenti nelli ter-mini delli regni sigrave che pace intra loro sia nella quale si posino le cit-tadi e in questa posa le vicinanze srsquoamino [e] in questo amore lecase prendano ogni loro bisogno lo qual preso lrsquouomo viva felice-mente che egrave quello per che esso egrave natoraquo (Conv IV IV 4) La neces-

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zando invece si parla solo di quel particolare lsquopeccatorsquo che consiste nel desiderio dilaquogloria drsquoacquistareraquo che si introduce solo successivamente al formarsi della societasumana e che suscita le guerre fra i regni questa laquoesperienzaraquo rende evidente la neces-sitagrave della Monarchia ovvero di quel comando di uno solo che di nuovo egrave la naturastessa a imporre laquoquando piugrave cose ad uno fine sono ordinateraquo vd infra nel testo e no-ta seguente Quanto qui affermato puograve sembrare contraddetto allrsquointerno dello stessoConvivio lagrave dove si sostiene che lrsquoautoritagrave filosofica ha bisogno di quella imperiale per-cheacute laquoquesta sanza quella egrave quasi debile non per seacute ma per la disordinanza della gen-teraquo (Mon IV VI 17) e lagrave dove si sostiene il ruolo dellrsquoimperatore come garante del di-ritto in quanto laquoequitade per due cagioni si puograve perdere o per non sapere quale essasi sia o per non volere quella seguitareraquo e pertanto laquotrovata fu la ragione scritta e permostrarla e per comandarlaraquo (Mon IV IX 8-9) Certo sia in questi passi sia ancor piugravein Mon III IV 14 se non lrsquoassociarsi umano sicuramente la funzione dellrsquoimperatore(ma a dire il vero nella Monarchia anche quella del Papa) sono viste come laquoremediacontra infirmitatem peccatiraquo di cui non ci sarebbe bisogno laquosi homo stetisset in statuinnocentie in quo a Deo factus estraquo e proprio alla fine del III libro della Monarchia siconclude che lrsquohumana cupiditas distoglierebbe dal retto cammino laquonisi homines tan-quam equi sua bestialitate vagantes ldquoin camo et frenordquo compescerentur in viaraquo (MonIII XVI 9) per cui credo si possa ragionevolmente affermare che per Dante laquolo stato na-sce tra gli uomini non soltanto percheacute crsquoegrave bisogno di una guida e di un freno alle lu-singhe del peccato neacute come unico esito della naturale socievolezza umana ma per en-trambe queste ragioni fuse insieme nella sua esistenzaraquo GC GARFAGNINI Monar-chia manifesto di libertagrave e responsabilitagrave civile in laquoStudi Danteschiraquo LXXV 2010 pp13-23 18-19 Cosigrave giagrave CT DAVIS Dante and the Empire in The Cambridge Companionto Dante a cura di R Jacoff Cambridge Cambridge University Press 1993 pp 67-79 p 70 Vede invece laquoun conflitto radicalmente inconciliabileraquo fra la posizione espres-sa nel IV trattato del Convivio (ma anche in Mon I III per cui vd infra) e quella negliultimi capitoli del III libro della Monarchia G SASSO Dante lrsquoimperatore e Aristote-le Roma nella Sede dellrsquoIstituto Palazzo Borromini 2002 pp 308-12

sitagrave di unrsquoistituzione siffatta egrave evidentemente e totalmente estraneaal pensiero di Aristotele che perograve Dante non esita a richiamare an-cora una volta laquoE a queste ragioni si possono reducere parole del Fi-losofo chrsquoelli nella Politica dice che quando piugrave cose ad uno finesono ordinate una di quelle conviene essere regolante o vero reg-gente e tutte lrsquoaltre rette e regolateraquo (Conv IV IV 5)23 Egrave ciograve che ef-fettivamente afferma Aristotele sempre nel I libro della Politica (I1254a) in un passo in cui occupandosi dellrsquoamministrazione fami-liare come prima componente della polis e giustificando in essa lrsquousodi quegli ldquooggetti animatirdquo che sono gli schiavi espone questo prin-cipio filosofico generale laquoin tutte le cose che risultano di una plu-ralitagrave di parti e formano unrsquounica entitagrave comune [hellip] si vede co-mandante e comandato questo viene nelle creature animate dallanatura nella sua totalitagraveraquo24 ma di nuovo considerando gli esempiche nel Convivio seguono questo assunto (sempre in Conv IV IV 5e poi Conv IV IV 6) Dante puograve aver avuto presente oltre che un al-tro passo della stessa Politica (III 1276b) anche la Metaphysica (XII1075a-1076a) e il relativo commento di Tommaso (Sententia libriMetaphisicae XII lect XII 8) e forse ancor piugrave il Proemio dellrsquoAqui-nate a questo stesso commento laquoSicut docet philosophus in politicissuis quando aliqua plura ordinantur ad unum oportet unum eorumesse regulans sive regens et alia regulata sive rectaraquo25

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23 laquoA causa di questo desiderio che rovesciando in seacute stesso la positivitagrave di quel-lo da cui il processo ascendente aveva preso il suo avvio produce ldquodiscordie e guer-rerdquo il cammino dellrsquouomo nella direzione della felicitagrave risulta interrotto e in realtagrave su-bisce una radicale inversione Verso il contrario della felicitagrave infatti la nave dellrsquouma-nitagrave correrebbe se la ragione stessa che opera nellrsquointerno delle cose non provve-desse alla drastica correzione della sua rottaraquo SASSO Dante lrsquoimperatore e Aristote-le cit pp 15-16

24 A questo stesso passo Dante rimanda anche in Mon I V 3 (vd infra) Il passoaristotelico si trova allrsquointerno dellrsquoargomentazione volta a sostenere che la differen-za fra schiavo e libero egrave posta dalla natura stessa nellrsquointeresse di entrambi (Pol I1253b-1255b) A questa stessa argomentazione attinge Cicerone nel III libro del De re-publica (De rep III 36) per sostenere la legittimitagrave dellrsquoimpero romano in quanto go-verno dei migliori esercitato per il bene stesso dei popoli sottomessi e anche lo stes-so Dante in Mon II VI su cui vd infra La menzione di questo passo della Politica po-trebbe quindi anche nel Convivio non risultare estranea alla successiva difesa del di-ritto degli antichi Romani allrsquoimpero vd infra

25 Tale argomentazione si richiama al principio universale della reductio ad unum

Sempre Tommaso nel I libro del De regimine principum usa que-ste stesse argomentazioni prima per affermare la necessitagrave naturale(laquonaturalis necessitasraquo) che lrsquoumana laquosocietasraquo abbia una qualcheforma di governo e poi per mostrare come il regno ne sia la formamigliore proprio percheacute laquoprovinciae vel civitates quae non regunturab uno dissensionibus laborant et absque pace fluctuantraquo mentre alcontrario se laquosub uno rege reguntur pace gaudentraquo26 E del restoe questo sarebbe forse il passo piugrave pertinente allrsquoargomentazionedantesca anche Aristotele nellrsquoEtica (VIII 1160a-b) aveva afferma-to che laquola forma migliore (di governo) egrave il regnoraquo con unrsquoaltra mo-tivazione che abbiamo visto presente nella giustificazione dantescadellrsquoimpero laquoRe infatti egrave una persona che egrave del tutto indipendentee sovrastante tutti per i suoi beni e un tal uomo non ha bisogno dinulla quindi egli baderagrave non alla sua utilitagrave personale ma ai suoisudditiraquo27

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ampiamente diffuso in tutti i trattati medievali cfr G DI GIANNATALE Dante tra Ari-stotele e S Tommaso Lrsquoargomento logico-metafisico dellrsquoldquoordinatio ad unumrdquo degli en-ti in laquoSapienzaraquo XXXIV 1981 pp 175-82

26 De regimine principum I I laquoIn omnibus autem quae ad finem aliquemordinantur in quibus contingit sic et aliter procedere opus est aliquo dirigente perquod directe debitum perveniatur ad finem [hellip] Naturale autem est homini ut sitanimal sociale et politicum in multitudine vivens magis etiam quam omnia aliaanimalia quod quidem naturalis necessitas declarat [hellip] Nam unus homo per sesufficienter vitam transigere non posset Est igitur homini naturale quod in societatemultorum vivat [hellip] Si ergo naturale est homini quod in societate multorum vivatnecesse est in hominibus esse per quod multitudo regatur [hellip] In universitate enimcorporum per primum corpus scilicet caeleste alia corpora ordine quodam divinaeprovidentiae reguntur omniaque corpora per creaturam rationalem In uno etiamhomine anima regit corpus atque inter animae partes irascibilis et concupiscibilisratione reguntur Itemque inter membra corporis unum est principale quod omniamovet ut cor aut caput Oportet igitur esse in omni multitudine aliquod regitivumraquoCfr anche cap III laquoNam provinciae vel civitates quae non reguntur ab unodissensionibus laborant et absque pace fluctuant ut videatur adimpleri quod dominusper prophetam conqueritur dicens ldquopastores multi demoliti sunt vineam meamrdquo Econtrario vero provinciae et civitates quae sub uno rege reguntur pace gaudentiustitia florent et affluentia rerum laetantur Unde dominus pro magno munere perprophetas populo suo promittit quod poneret sibi caput unum et quod princepsunus erit in medio eorumraquo

27 Trad it di A PLEBE in ARISTOTELE Opere cit vol III

Dante rielabora quindi e trasforma la tradizione aristotelica28 peraffermare nel Convivio la necessitagrave naturale non del re ma di

uno [hellip] che considerando le diverse condizioni del mondo ne li diver-si e necessarii offici ordinare abbia del tutto universale e inrepugnabile offi-cio di comandare E questo officio per eccellenza imperio egrave chiamato sanzanulla addizione perograve che esso egrave di tutti li altri comandamenti comandamen-to [hellip] Chi a questo officio egrave posto egrave chiamato Imperadore perograve che di tut-ti li comandatori elli egrave comandatore e quello che elli dice a tutti egrave legge e pertutti dee essere obedito e ogni altro comandamento da quello di costui pren-dere vigore e autoritade (Conv IV IV 7)

Di nuovo in queste parole sentiamo lrsquoeco di una tradizione anti-ca questa volta non perograve filosofica ma giuridica laquoQuod principiplacuit legis habet vigorem utpote cum lege regia quae de imperioeius lata est populus ei et in eum omne suum imperium et potesta-tem conferat Quodcumque igitur imperator per epistulam et sub-scriptionem statuit vel cognoscens decrevit vel de plano interlocutusest vel edicto praecepit legem esse constat Haec sunt quas volgoconstitutiones appellamusraquo29 si tratta di un passo del Digesto in cuiperograve a differenza di Dante egrave presente il riferimento a una lex regiaidentificabile probabilmente con la cosigrave detta lex de imperio Vespa-siani con la quale il popolo romano avrebbe conferito allrsquoimpera-tore oltre che lrsquoimperium anche il potere legislativo30 Non stupisce

FRANCESCA FONTANELLA50

28 Cfr SASSO Dante lrsquoimperatore e Aristotele cit in particolare su questo passodel Convivio pp 12-19

29 Dig 141 pr (Ulpianus 1 inst) e 1411 (Ulpianus 1 inst)30 Cfr anche Inst 126 laquoSed et quod principi placuit legis habet vigorem cum

lege regia quae de imperio eius lata est populus ei et in eum omne suum imperiumet potestatem concessit Quodcumque igitur imperator per epistulam constituit velcognoscens decrevit vel edicto praecepit legem esse constat hae sunt quaeconstitutiones appellanturraquo Ancora Giustiniano si richiama a questa lex regia nellaconstitutio Deo auctore con la quale incarica Triboniano della raccolta che confluiragravenei Digesta laquocum enim lege antiqua quae regia nuncupabatur omne ius omnisquepotestas populi romani in imperatoriam translata sunt potestatemraquo (Cod 11717)Per un interessante dibattito sulla lex de imperio Vespasiani e sulla sua recezione in etagraveantica e moderna si possono vedere i contributi raccolti in La lex de ImperioVespasiani e la Roma dei Flavi Atti del Convegno 20-22 novembre 2008 a cura di LCapogrossi Colognesi e E Tassi Scandone Roma laquoLrsquoErmaraquo di Bretschneider 2009

che nel Convivio la citazione ometta tale riferimento dato che perDante come tenderagrave a dimostrare tutto il III libro della Monarchialrsquoautoritagrave imperiale con le prerogative ad essa connesse deriva di-rettamente da quella divina31 Osserveremo meglio in seguito qualesia lrsquoimmagine che di tale autoritagrave emerge dalle pagine del ConvivioOra per poter continuare a seguire il filo dellrsquoargomentazione dan-tesca ci interessa soltanto sottolineare che quel governo di uno so-lo indicato secondo unrsquoargomentazione filosofica come il migliorepercheacute piugrave conforme alla natura egrave collocato dallrsquoAlighieri nella sto-ria e identificato in una istituzione precisa quella appunto dellrsquoim-pero romano

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e piugrave in generale sui poteri imperiali gli studi in occasione del Collegio di DirittoRomano 2012 (CEDANT) di prossima pubblicazione ma di cui si puograve giagrave leggere ilresoconto in V FABRIZI Cronaca dei Lavori del Collegio di Diritto Romano 2012 laquoIlPrinceps romano autocrate o magistrato Fattori giuridici e fattori sociali del potereimperiale da Augusto a Commodoraquo in laquoAthenaeumraquo 101 2013 pp 388-94 Ma sulrapporto fra imperatore e lex ci soffermeremo infra

31 E questa egrave infatti la conclusione laquoSic ergo patet quod auctoritas temporalisMonarche sine ullo medio in ipsum de Fonte universalis auctoritatis descenditraquo (MonIII XV 15) Anche nel Corpus iuris civilis comunque si trova ampiamente affermatoil fondamento divino del potere imperiale tanto che anche in etagrave medievale tale fon-damento evidentemente indiscusso veniva sostenuto dai giuristi proprio col riferi-mento a passi della raccolta giustinianea cfr EH KANTOROWICZ I due corpi del reLrsquoidea di regalitagrave nella teologia politica medievale Introduzione di A BOUREAU Tori-no Einaudi 1989 (trad it di The Kingrsquos Two Bodies A Study in Mediaeval PoliticalTheology Princeton (NJ) Princeton University Press 1975) pp 100-103 Qui ri-cordo percheacute emblematico solo lrsquoincipit della constitutio Deo auctore laquoDeo auctorenostrum gubernantes imperium quod nobis a caelesti maiestate traditum estraquo (Cod1171 pr) anche se abbiamo visto che in un passo successivo proprio della medesimaconstitutio troviamo anche il riferimento alla lex regia Cod 11717 riportato alla notaprecedente In etagrave medievale ciograve che invece fu ampiamente discusso dal punto di vi-sta giuridico e teologico (e lo documenta anche e proprio la Monarchia) fu la neces-sitagrave o meno della mediazione del Papa a conferimento o per lo meno a conferma ditale fondamento

12 laquoOltre quello che per li uomini egrave predicato e aprovatoraquo (ConvIV V 20)

Ma a questo proposito come osserva Dante alcuni potrebberolaquogavillareraquo ammettiamo pure la necessitagrave naturale dellrsquoimpero (laquotut-to che al mondo officio drsquoimperio si richeggiaraquo) ma percheacute proprioquello romano laquoperograve che la romana potenza non per ragione [scilper diritto]32 neacute per decreto di convento universale fu acquistata maper forza che alla ragione pare essere contrariaraquo (Conv IV IV 8)Lrsquoargomento come ben sappiamo egrave antico basti pensare al III librodel De repubblica ciceroniano (III 24-28) lagrave dove Furio Filo (che vie-ne fatto portavoce delle obiezioni di Carneade) condanna lrsquoimperoromano proprio in nome della iustitia E si tratta di tematiche che al-lrsquoepoca di Dante ricorrevano in parte nella pubblicistica e nelle teo-rie politico-teologiche del tempo che presentavano lrsquoimpero sullascorta del De civitate Dei di Agostino come frutto di violenze e disopraffazioni33 Sicuramente non si puograve confondere il pensiero diAgostino con quello del cosigrave detto ldquoagostinismo politicordquo34 che aquello si rifaceva per sostenere le pretese temporali della Chiesa e lasupremazia papale su quella imperiale35 quel valore essenziale per la

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32 Numerosi i passi del Convivio oltre questo IV IV 8 in cui la parola laquoragioneraquoindica il ldquodirittordquo I X 3 IV IX 8 IV XII 9 IV XII 10 IV XIX 4 IV XXIV 2 IV XXIV 17

33 Si veda ad esempio GIOVANNI DA PARIGI De potestate regia et papali (1302-1303 sostenitore di Filippo il Bello contro Bonifacio VIII ma anche contro lrsquoimpero)cap XXI laquoSi igitur romani per violentiam dominium acceperunt numquid iuste etiamper violentiam abici potuit dominium eorum vel etiam contra eos perscribiraquo GIA-COMO DA VITERBO De regimine christiano (1301-1302 dalla parte di Bonifacio VIII)parte II cap X laquobeatus Augustinus ait IVdeg libro de Civitate Dei ldquoRegna sine iustitianon sunt nisi magna latrociniardquo Sed vera iustitia non est ubi Christus non est rectorut idem Augustinus ait IIdeg libdeg de Civ Dei Quare videtur quod regnum vel impe-rium Romanorum fuerit latrocinumraquo

34 Oltre a Giacomo da Viterbo citato supra ricordiamo almeno Egidio Romanosostenitore della posizione teocratica di Bonifacio VIII (nel De ecclesiastica potestate)e generale dellrsquoOrdine degli Eremitani di SantrsquoAgostino La definizione di ldquoagostini-smo politicordquo si afferma nella prima metagrave del rsquo900 grazie al volume di H-X AR-QUILLIEgraveRE LrsquoAugustinisme politique Essai sur la formation des theacuteories politiques duMoyen Acircge (1934) IIe eacuted revue et augmenteacutee Paris Vrin 1955

35 Cfr giagrave GILSON Dante e la filosofia cit pp 186-89 con la n 49 e piugrave recen-temente J MIETHKE Papalismus und Augustinismus in der politischen Theorie der

realizzazione della felicitagrave umana che Dante attribuisce allrsquoimperoAgostino infatti non lo riconosce a nessuna terrena civitas senzrsquoaltronon alla Roma pagana ma nemmeno allrsquoimpero diventato cristianoe neanche alla Chiesa come istituzione terrena36 Ma egrave altrettanto si-curo che in Agostino e in particolare nel De civitate Dei si trovanonumerosi passi in cui lrsquoautore denuncia lrsquoingiustizia che avrebbe ca-ratterizzato non solo lrsquoespansione romana37 ma la stessa esistenzadella res publica38 e sempre nel De civitate (XIX 21) si respinge la di-fesa ciceroniana della iustitia dellrsquoimpero romano basata sul giagrave ri-cordato presupposto di origine aristotelica39 che per natura il po-tere debba essere esercitato dai migliori in questo caso i Romani atutela degli interessi dei piugrave deboli40 Ora proprio questa argomen-

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spaumltmittelalterlichen Augustiner-Eremiten Ein Uumlberblick in Augustinus - Ethik undPolitik Zwei Wuumlrzburger Augustinus-Studientage laquoAspekte der Ethik bei Augustinusraquo(11 Juni 2005) laquoAugustinus und die Politikraquo (24 Juni 2006) a cura di C Mayer conla collaborazione di A Eisgrub e G Foumlrster Wuumlrzburg Augustinus-Verlag bei Echter2009 pp 243-72

36 Cfr eg De civitate I 35 XIV 1 XVIII 5437 Si veda ad es AUG De civitate I 30 III 10 14 IV 4 6 15 V 17 XIX 7 In Ago-

stino infatti lrsquoimpero non egrave il rimedio ai conflitti che nascono fra regno e regno per ilfatto che laquolrsquoanimo umano in terminata possessione di terra non si queti ma sempredesideri gloria drsquoacquistareraquo (vd supra Conv I IV 3) ma anzi egrave proprio lrsquoimpero a es-sere originato dalla stessa laquolibido dominandiraquo e laquocupiditas gloriaeraquo si vd ad es Decivitate I praef III 14 IV 6 V 12 19

38 In De civitate XIX 21 Agostino dimostra infatti che laquonumquam fuit Romanares publica quia numquam fuit res populiraquo (che egrave la definizione di res publica che Ci-cerone dagrave per bocca di Scipione Emiliano) percheacute il popolo sempre secondo la ce-lebre definizione ciceroniana egrave laquocoetus multitudinis iuris consensu et utilitatis com-munione sociatusraquo ma non vi puograve essere laquoiuris consensusraquo lagrave dove non vi egrave laquoiustitiaraquoe non vi egrave laquoiustitiaraquo (che egrave la laquovirtus [hellip] quae sua cuique distribuitraquo) quando si to-glie lrsquouomo al vero Dio e lo si consegna ai demoni

39 Vd supra n 2440 Sempre in questo passo del De civitate non si manca comunque di ricordare

un laquonobile argomento tratto in un certo modo dalla naturaraquo dai sostenitori della giu-stizia dellrsquoimpero romano laquoDio comanda allrsquouomo lo spirito comanda al corpo la ra-gione alla passioneraquo Agostino sembra cosigrave quasi riconoscere che laquoper alcuni la ser-vitugrave egrave utileraquo ma spostando subito il piano dai rapporti fra gli uomini a quelli fra lrsquouo-mo e Dio (laquoservire poi a Dio egrave utile per tuttiraquo) ribadisce in conclusione che nella Re-pubblica romana non vi fu mai vera giustizia percheacute gli uomini che ne facevano par-te non servivano Dio Inoltre nei precedenti capitoli 15-16 sempre del XIX libro delDe civitate aveva parlato della schiavitugrave e del dominio dellrsquouomo sullrsquouomo come

tazione della superiore attitudine romana al comando che Agostinoaveva voluto confutare egrave presente invece nel Convivio LrsquoAlighieriafferma infatti che ogni potere viene da Dio (Conv IV IV 9)41 e chequindi Dio scelse proprio il popolo romano laquoperograve che piugrave dolce na-tura [in] segnoreggiando e piugrave forte in sostenendo e piugrave sottile inacquistando neacute fu neacute fia che quella della gente latinaraquo (Conv IV IV10)42 E dato che allrsquoimpero

non sanza grandissima vertude venire si potesse e a quello usare gran-dissima e umanissima benignitade si richiedesse questo era quello popoloche a ciograve piugrave era disposto Onde non da forza fu principalmente preso per laromana gente ma da divina provedenza che egrave sopra ogni ragione [hellip] e co-sigrave non forza ma ragione e ancora divina [conviene] essere stata principio delromano imperio (Conv IV IV 11-12)

Vedremo in seguito cosa significhi per Dante che la laquodivina pro-vedenza [hellip] egrave sopra ogni ragioneraquo questo concetto qui appena ac-cennato egrave infatti ripreso e illustrato nella Monarchia43 Nel Convivio

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perturbamento introdotto dal peccato nellrsquoordine naturale voluto da Dio41 Cosigrave come troviamo piugrave volte ripetuto anche nel De civitate dove perograve al con-

tempo si afferma ripetutamente che il disegno divino egrave imperscrutabile e che laquoDio da-tore e autore della felicitagrave [hellip] dagrave i domini terreni ai buoni come ai cattiviraquo De civi-tate IV 33 laquoDeus igitur ille felicitatis auctor et dator quia solus est verus Deus ipsedat regna terrena et bonis et malis neque hoc temere et quasi fortuito quia Deus estnon fortuna sed pro rerum ordine ac temporum occulto nobis notissimo sibi cui ta-men ordini temporum non subditus servit sed eum ipse tamquam dominus regit mo-deratorque disponit felicitatem vero non dat nisi bonis Hanc enim possunt et nonhabere et habere servientes possunt et non habere et habere regnantes quae tamenplena in ea vita erit ubi nemo iam servietraquo Cfr anche ivi V praef e 21 laquoIlle igitur unusverus Deus qui nec iudicio nec adiutorio deserit genus humanum quando voluit etquantum voluit Romanis regnum dedit qui dedit Assyriis vel etiam Persis [hellip] Sicetiam hominibus qui Mario ipse Gaio Caesari qui Augusto ipse et Neroni qui Ve-spasianis vel patri vel filio suavissimis imperatoribus ipse et Domitiano crudelissi-mo et ne per singulos ire necesse sit qui Constantino christiano ipse apostatae Iu-liano [hellip] Haec plane Deus unus et verus regit et gubernat ut placet et si occultiscausis numquid iniustisraquo

42 Cosigrave ancor piugrave esplicitamente in Mon II VI 9-11 su cui vd infra43 Nel Convivio si accenna soltanto al rapporto fra ldquodirittordquo e ldquovolontagrave divinardquo

in modo invece piugrave ampio se ne argomenta la coincidenza in Mon II II su cui vdinfra

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44 Tresor I XXXIV dove perograve per datare la venuta di Enea nel Lazio si menziona nonla nascita ma piugrave genericamente il regno di Davide JA SCOTT La contemporaneitagraveEnea-Davide (laquoConvivioraquo IVv6) in laquoStudi Danteschiraquo XLIX 1972 pp 129-34

45 Conv IV V 6 laquoE tutto questo fu in uno temporale che David nacque e nacqueRoma cioegrave che Enea venne di Troia in Italia che fu origine della cittade romana sigravecome testimoniano le scritture Per che assai egrave manifesto la divina elezione del roma-no imperio per lo nascimento della santa cittade che fu contemporaneo alla radicedella progenie di Mariaraquo

46 Su questa immagine antropomorfa dello sviluppo dellrsquoimpero puograve con ogniprobabilitagrave avere influito il primo capitolo dellrsquoEpitome di Floro Epit I 4-7 Ma Flo-ro afferma anche che nei duecento anni che seguirono ad Augusto lrsquoimpero laquoconse-nuit atque decoxit nisi quod sub Traiano principe movit lacertos et praeter spem om-nium senectus imperii quasi reddita iuventute revirescitraquo (I 8) Per Dante invecelrsquoapice dellrsquoimpero romano egrave evidentemente raggiunto solo sotto Augusto come pre-ciseremo meglio anche in seguito a proposito di Mon I XVI 1-2

il discorso invece procede con la considerazione che la forza fu quin-di soltanto lo strumento (Conv IV IV 12) di un disegno divino chesi mostrograve sia nello laquospezial nascimentoraquo sia nello laquospezial processoraquodella storia di Roma (Conv IV IV 13) cosigrave come si passa a illustrarenel V capitolo ma prima di trattare delle origini di Roma Dante sot-tolinea il fatto che Dio scelse quel popolo per ridurre tutta la terrain pace e giustizia e creare lrsquolaquoottima disposizioneraquo la laquomonarchiaraquo(Conv IV V 4) per lrsquoincarnazione di Cristo La pace universale in-staurata da Augusto mai piugrave neacute raggiunta neacute raggiungibile fu il frut-to di una divina laquopreparazioneraquo (Conv IV V 9) in cui Dante collocala sincronia giagrave indicata nel Tresor di Brunetto Latini44 fra la nasci-ta di Davide (laquola radice de la progenie di Mariaraquo da cui nacque Cri-sto) e quella di Roma quando laquoEnea venne di Troia in Italiaraquo (ConvIV V 6)45 A questo punto si dimostra che non solo la nascita ma an-che lo svolgersi della sua storia laquospeziale processo ebbe da Dioraquo co-me conferma il rapido scorcio delle vicende di Roma presentato co-me una crescita umana dallrsquoinfanzia lrsquoetagrave dei re sino alla maturitagravelrsquoetagrave di Augusto (Conv IV V 10-11)46 Soffermandosi poi sulla laquomag-giore adoloscenza suaraquo cioegrave sulla storia di Roma che va laquodal primoconsolo infino a Cesare primo prencipe sommoraquo (Conv IV V 12)con lrsquouso anaforico della interrogativa laquoChi diragrave di [hellip]raquo Dante in-troduce una serie di eroi esemplari laquone li quali non amore umano madivino era inspirato in amare lei (scil Roma)raquo e ricorda lrsquoincorrut-tibilitagrave di Fabrizio e di Curio la fermezza di Muzio Scevola di Man-

lio Torquato e di Giunio Bruto il sacrificio dei Deci dei Drusi e diAttilio Regolo la modestia di Cincinnato e di Furio Camillo47 perpoi finire con unrsquoultima interrogativa rivolta in un crescendo di pre-terizione allo stesso Catone Uticense laquoO sacratissimo petto di Cato-ne chi presummeragrave di te parlare Certo maggiormente di te parlarenon si puograve che tacereraquo (Conv IV V 16) Gli esempi forniti da Dantesi ritrovano in diversi autori antichi da lui sicuramente conosciuti ecioegrave in Cicerone Virgilio e Livio (ai quali rimanda infatti esplicita-mente nella Monarchia dove si trovano menzionati pur se in un con-testo in parte diverso quasi tutti gli eroi del Convivio)48 cosigrave come inalcuni autori della tradizione tardo antica e medievale anche se aconferma di quanto prima osservato non si puograve indicare unrsquounicafonte in cui ricorrano tutti gli stessi esempi e nella stessa sequenza49Dobbiamo comunque sottolineare lrsquoevidente richiamo a tutto il ca-talogo degli eroi del VI libro dellrsquoEneide anche percheacute lrsquoandamento

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47 Conv IV V 13-15 laquoE chi diragrave che fosse sanza divina inspirazione Fabrizio in-finita quasi moltitudine drsquooro rifiutare per non volere abandonare sua patria Curiodalli Sanniti tentato di corrompere grandissima quantitagrave drsquooro per caritagrave della patriarifiutare dicendo che li romani cittadini non lrsquooro ma li posseditori dellrsquooro posse-dere voleano e Muzio la sua mano propia incendere percheacute fallato avea lo colpo cheper liberare Roma pensato avea Chi diragrave di Torquato giudicatore del suo figliuoloa morte per amore del publico bene sanza divino aiutorio ciograve avere sofferto e Bru-to predetto similemente Chi diragrave delli Decii e delli Drusi che puosero la loro vita perla patria Chi diragrave del cattivato Regolo da Cartagine mandato a Roma per commu-tare li presi Cartaginesi a seacute e alli altri presi Romani avere contra seacute per amore di Ro-ma dopo la legazione ritratta consigliato solo da [umana e non da] divina naturamosso Chi diragrave di Quinzio Cincinnato fatto dittatore e tolto dallo aratro dopo lotempo dellrsquoofficio spontaneamente quello rifiutando allo arare essere ritornato Chidiragrave di Cammillo bandeggiato e cacciato in essilio essere venuto a liberare Romacontra li suoi nimici e dopo la sua liberazione spontaneamente essere ritornato in es-silio per non offendere la senatoria autoritade sanza divina instigazioneraquo I perso-naggi della storia di Roma a cui si riferisce Dante sono Luscino Fabrizio Manio Cu-rio Dentato Caio Muzio ScevolaTito Manlio Torquato Lucio Giunio Bruto MarcoAttilio Regolo Lucio Quinzio Cincinnato e Furio Camillo

48Mon II V (su cui vd infra) 49 Per un puntuale confronto con luoghi paralleli di autori antichi tardo-antichi

e medievali cfr TH SILVERSTEIN On the Genesis of De Monarchia II v in laquoSpecu-lumraquo 13 1938 pp 326-49 (dove a dispetto del titolo si tratta anche di Conv IV V)e per gli antichi e i tardo-antichi anche D THOMPSON Dantersquos Virtuous Romans inlaquoDante Studiesraquo with the Annual Report of the Dante Society 96 1978 pp 145-62

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50 De civitate V 18 laquoet nobis proposita necessariae commonitionis exempla utsi virtutes quarum istae utcumque sunt similes quas isti pro civitatis terrenae gloriatenuerunt pro Dei gloriosissima civitate non tenuerimus pudore pungamurraquo Oltreagli studi citati alla nota precedente cfr in particolare C FILOSA La laquovirtugraveraquo dei Ro-mani nel giudizio di S Agostino e di Dante in Dante e Roma Atti del convegno diStudi Roma 8-9-10 aprile 1965 Firenze Le Monnier 1965 pp 195-210 e C VASO-LI Agostino nel Convivio e nellaMonarchia in Moderni e Antichi Quaderni del Cen-tro di Studi sul Classicismo diretti da R Cardini voll II-III (2004-2005) Firenze Edi-zioni Polistampa 2006 pp 263-84

51 Vd supra n 47 52 In Agostino si menzionano anche Manio Curzio Marco Orazio Pulvillo e Lu-

cio Valerio che mancano invece in Dante In De civitate V 18 manca invece la menzionedi Manio Curio Dentato dei Drusi e di Catone

della prosa dantesca con lrsquouso del pronome interrogativo in anafo-ra sembra costituire unrsquoesplicita ripresa dei versi 841-46

quis te magne Cato tacitum aut te Cosse relinquatquis Gracchi genus aut geminos duo fulmina belliScipiadas cladem Libyae parvoque potentemFabricium vel te sulco Serrane serentemquo fessum rapitis Fabii

Di particolare interesse inoltre risulta ancora una volta il con-fronto con il De civitate Dei con il diciottesimo capitolo del V librodove Agostino esorta i cristiani a non vantarsi se hanno compiutoazioni virtuose per amore della patria eterna dato che i Romani lehanno compiute per amore della patria terrena e della gloria uma-na50 E fra gli esempi citati quelli che coincidono con il Convivio51 so-no nellrsquoordine che troviamo nel De civitate Giunio Bruto ManlioTorquato Furio Camillo Mucio Scevola i Deci Attilio Regolo Cin-cinnato e Fabrizio52 Alla fine di questo capitolo del De civitate Deisi puograve in effetti trovare un apprezzamento della virtugrave romana simi-le a quello espresso da Dante laquoCosigrave ndash dice Agostino ndash quellrsquoimperocosigrave esteso e cosigrave duraturo reso illustre e glorioso dal valore di per-sonaggi tanto grandi costituigrave per essi la ricompensa a cui miravanoi loro sforziraquo (De civitate V 18) Ma nei capitoli immediatamente pre-cedenti Agostino era stato chiaro la gloria umana egrave un valore nel-lrsquoambito della cittagrave degli uomini e con essa la giustizia divina ha ri-compensato le virtugrave positive del popolo romano come lrsquoamor di pa-

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53De civitate V 15 laquoQuibus ergo non erat daturus Deus vitam aeternam cum san-ctis Angelis suis in sua civitate caelesti ad cuius societatem pietas vera perducit quaenon exhibet servitutem religionis [hellip] si neque hanc eis terrenam gloriam excellen-tissimi imperii concederet non redderetur merces bonis artibus eorum id est virtu-tibus quibus ad tantam gloriam pervenire nitebantur De talibus enim qui propterhoc boni aliquid facere videntur ut glorificentur ab hominibus etiam Dominus aitAmen dico vobis perceperunt mercedem suamraquo

54 De civitate V 13 laquoQuam ob rem cum diu fuissent regna Orientis illustria vo-luit Deus et occidentale fieri quod tempore esset posterius sed imperii latitudine etmagnitudine illustrius idque talibus potissimum concessit hominibus ad domandagravia mala multarum gentium qui causa honoris laudis et gloriae consuluerunt pa-triae in qua ipsam gloriam requirebant salutemque eius saluti suae praeponere nondubitaverunt pro isto uno vitio id est amore laudis pecuniae cupiditatem et multaalia vitia comprimentes Nam sanius videt qui et amorem laudis vitium esse cognos-citraquo

55 Cosigrave ad esempio di fronte alla laquoinfelicitasraquo di Giunio Bruto laquoquia filios occi-ditraquo per la patria laquotemporale e terrenaraquo i cristiani dovrebbero pensare che la patriaeterna e celeste non obbliga nessuno a tale sacrificio e dovrebbero quindi non van-tarsi di essere solo chiamati a laquodonare ai poveri le sostanze che sembrava di raccoglieree serbare per i figliraquo e a considerare loro laquofigli i poveri di Cristoraquo o non gloriarsi delmartirio in cui trovano una morte che perograve non si infliggono da soli come invece fe-cero Manio Curzio o i Deci De civitate V 18 passim Ma cfr anche Mon II V su cuivd infra

tria ma non ha nessun valore nella Cittagrave di Dio che egrave preclusa a chisulla terra ha giagrave avuto la sua ricompensa (De civitate V 15)53 anzi ildesiderio di gloria non egrave una virtugrave ma un vero e proprio vizio (De ci-vitate V 13)54 ndash mentre Dante lo abbiamo ricordato allrsquoinizio porragravenel Paradiso laquoi buoni spirti che sono stati attivi percheacute onore e fa-ma li succedaraquo (Par VI 113-14) A marcare ancor piugrave la differenza frai due autori ricordiamo che sempre nel ldquocatalogordquo di De civitate V18 Agostino a fianco di ogni gesto virtuoso pagano ne costruisceuno cristiano che al precedente si oppone o lo corregge o per lomeno lo completa55 e che nei precedenti libri del De civitate Ago-stino aveva condannato senza esitazione il suicidio di Catone (De ci-vitate I 23) e aveva giudicato negativamente episodi come quello del-la guerra con Alba (secondo lui suscitata solo dalla libido dominan-di dei Romani De civitate III 14) o quello delle oche del Campido-glio (a dire il vero questo piugrave ridicolizzato ma proprio per dimo-strare che Roma non si sarebbe salvata se laquomentre gli degravei dormiva-no non fossero rimaste sveglie le ocheraquo De civitate II 22 cfr anche

III 8) episodi che Dante allrsquoopposto cita nel Convivio dopo glildquoesempi virtuosirdquo come vicende della storia di Roma in cui la prov-videnza divina sarebbe intervenuta direttamente a favore dei Ro-mani (Conv IV V 18)56

Si puograve spiegare questa differenza di valutazione su episodi e per-sonaggi dellrsquoantica storia di Roma col fatto che a Dante interessasostenere lrsquoimpero del suo tempo e di conseguenza esaltare quellastoria che egrave percepita senza soluzioni di continuitagrave con questo im-pero Sigrave ma non solo se cosigrave fosse infatti come si spiegherebbelrsquoesaltazione di Catone Uticense A prescindere dal problema mo-rale posto dal suo suicidio il motivo di questo estremo gesto cioegravelrsquoopposizione a Cesare laquoprimo prencipe sommoraquo dellrsquoimpero avreb-be dovuto trattenere il filo-imperiale Dante dallrsquoapprezzarne la fi-gura e dal farne alcuni anni piugrave tardi il guardiano del Purgatorio incontinuitagrave anche lessicale con lrsquoimmagine delineatane nel Convivio(laquoo sacratissimo petto di Catoneraquo in Conv IV V 16 laquoo santo pettoraquoin Purg I 80)57 E come si spiegherebbe il fatto che le stesse osser-vazioni e quasi tutti gli stessi esempi che abbiamo visto usati da Dan-te per illustrare quelle virtugrave che ai Romani meritarono lrsquoimpero si ri-trovano in unrsquoopera il De regimine principum di Tommaso-Tolomeoda Lucca le cui conclusioni sostengono la supremazia papale piut-tosto che quella imperiale Nel IV capitolo del III libro nella partequindi composta da Tolomeo si richiama infatti esplicitamente for-zandone perograve senzrsquoaltro il senso il capitolo 18 del V libro del De ci-

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56 Gli altri esempi sono quello di Scipione che decidendo di portare la guerra inAfrica riuscigrave cosigrave a vincere la seconda guerra punica e quello di Cicerone che salvogravela Res Publica da Catilina Anche per queste vicende la tradizione confluita in Danterisaliragrave a Livio e allrsquoepitome di Floro ma anche ad Orosio e allo stesso Agostino Perlrsquoepisodio delle oche cfr Mon II IV 5-10 (dove si vuole dimostrare i miracoli avvenu-ti nella storia di Roma vd infra) per la guerra con Alba Longa e per Scipione inve-ce Mon II IX 15 e 18 (dove si menzionano le guerre a carattere di ldquoduellordquo vinte daiRomani per volere di Dio vd infra)

57 Anche se egrave evidente che Dante distingue nella storia di Roma due piani quel-lo etico in cui in continuitagrave colla tradizione classica risulta esemplare la virtus civilerepubblicana quello politico in cui esemplare egrave invece lrsquoimpero cfr R HOLLANDER

-A ROSSI Il repubblicanesimo di Dante in Studi americani su Dante a cura di GCAlessio e R Hollander Introduzione di D della Terza Milano Franco Angeli 1989p 297-323

vitate Dei e si giudica in modo provvidenziale come in Dante lastoria esemplare di Roma58

Per capire il motivo di questi giudizi positivi sulla storia e sullavirtugrave romana occorre allora guardare a quel passo compiuto dallacultura medievale nella rivalutazione della natura e quindi del-lrsquoesperienza umana anche precedente al cristianesimo che trova nel-lrsquoopera di Tommaso la sua piugrave famosa formulazione gratia non tollitnaturam sed perficit59 Non si trattava con questo come osservavaGilson di sostenere lrsquoidea di

una natura che sia autosufficiente senza la grazia per cui si ricadrebbe inpieno paganesimo ma neppure una natura senza di cui la grazia nulla avreb-be da salvare Ora quale migliore mezzo di conoscere la natura che rivol-gersi a quegli antichi i quali lrsquohanno cosigrave profondamente studiata e cosigrave bendescritta [hellip] Da questo deriva quella forma specialissima di umanesimoche venne praticata nel Medioevo umanesimo anzitutto morale che condus-se i pensatori cristiani a consultare gli antichi per istruirsi su cosa egrave lrsquouomo60

FRANCESCA FONTANELLA60

58 De regimine principum III 4 laquoDe isto autem amore patriae exemplumaccipimus ut historiae tradunt et beatus Augustinus in quinto de civitate Dei etc[hellip] De talibus autem concludit dictus doctor quod eisdem non datur dominandipotestas nisi summi Dei providentia quando res humanas iudicat talibus donis essedignas Multa similia ibidem dicit per quae definire videtur eorum dominium fuisselegitimum et eis a Deo collatumraquo Per la supremazia del potere spirituale su quellotemporale che dal primo viene istituito si veda invece ivi IV 10 Cfr SILVERSTEIN Onthe Genesis of De Monarchia II v cit passim (e p 189 dove si osserva che il passoin cui Tolomeo da Lucca richiamandosi ad Agostino fornisce il catalogo degli eroiromani laquoit is far closer in spirit to Dante than to St Augustineraquo) e GHISALBERTI Ro-ma antica nel pensiero politico da Tommaso drsquoAquino a Dante cit in particolare sulaquoRoma antica e il suo impero nel ldquoDe regimine principumrdquoraquo pp 349-55 Ma si vedaanche CT DAVIS Tolomeo da Lucca e la repubblica romana (1974) ora in LrsquoItalia diDante Bologna il Mulino 1988 p 231-69

59 TOMMASO Super sententiis II dist 9 q 1 art 8 laquoPraeterea quantumcumqueintellectus perficiatur lumine gratiae vel gloriae semper oportet quod intelligat sublumine naturali quia gratia non tollit naturam sed perficitraquo ivi IV dist 2 q 1 art 4qc 2 laquoSed contra gratia perficit naturamraquo Summa Theologiae I q 1 art 8 laquoCumenim gratia non tollat naturam sed perficiat oportet quod naturalis ratio subserviatfidei sicut et naturalis inclinatio voluntatis obsequitur caritati Unde et apostolusdicit II ad Cor X lsquoin captivitatem redigentes omnem intellectum in obsequiumChristirsquo Et inde est quod etiam auctoritatibus philosophorum sacra doctrina utiturubi per rationem naturalem veritatem cognoscere potueruntraquo

60 E GILSON Filosofia medievale e umanesimo Comunicazione fatta il 24 aprile

Difficile non ritrovare nellrsquoopera di Dante questo particolarelaquoumanesimoraquo61 disposto laquoper istruirsi su cosa egrave lrsquouomoraquo a guarda-re ad ogni esempio virtuoso del passato Cesare come Catone alaquoconsultareraquo i piugrave svariati auctores per elaborare infine un pensieroche non egrave di nessun altro se non dello stesso Alighieri

Questo apprezzamento della virtugrave morale degli antichi condivi-so ormai da gran parte del pensiero del suo tempo e nel Conviviofunzionale alla legittimazione dellrsquoimpero romano acquista una for-za particolare allrsquointerno delle argomentazioni svolte nel IV trattatoegrave qui infatti che piugrave specificatamente Dante sostiene la funzione e ilfine etico della filosofia62 e difende il valore dellrsquoetica salvaguardan-

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1935 al Congresso Guillaume Budeacute a Nizza in Appendice a Eloisa e Abelardo Tori-no Einaudi 1950 p 207

61 Uso il termine ldquoumanesimordquo ben consapevole della laquoastrale distanza fra il ti-pico umanesimo cristiano di Dante e lrsquoUmanesimo storicamente determinabileraquo EPARATORE Lrsquoereditagrave classica in Dante in Dante e Roma cit pp 3-50 p 47

62 Conv IV VI 7-16 XVII 1-8 Sulle caratteristiche del IV trattato che lo differen-ziano dal laquoldquobloccordquo costituito dal II e IIIraquo cfr VASOLI Introduzione cit p XXXVIIIIn effetti anche in Conv II XIV 13 e 18 si sostiene che laquocessando la Morale Filosofialrsquoaltre scienze sarebbero celate alcuno tempo e non sarebbe generazione neacute vita di fe-licitade e indarno sarebbero scritte e per antico trovateraquo e in III XV 11-12 laquola mora-litade egrave bellezza della filosofiaraquo e laquoquinci nasce quella felicitade la quale diffinisceAristotile nel primo dellrsquoEtica dicendo che egrave operazione secondo vertugrave in vita per-fettaraquo a differenza perograve di quanto ritiene Gilson (Dante e la filosofia cit pp 99-149)la filosofia nel Convivio non rimane confinata esclusivamente nella sfera dellrsquoeticanumerosi infatti i passi specialmente nel II e nel III trattato nei quali viene identifi-cata con lrsquoamore alla sapienza in senso piugrave ampio e spesso in nesso profondo con laSapienza divina II XV 12 III VI 9-10 XI 14 (laquocosigrave fine della Filosofia egrave quella eccel-lentissima dile[tta]zione che non pate alcuna intermissione o vero difetto cioegrave verafelicitade che per contemplazione della veritade srsquoacquistaraquo) XII 12 (laquofilosofia egrave unoamoroso uso di sapienza lo quale massimamente egrave in Dio perograve che in lui egrave sommasapienza e sommo amore e sommo atto che non puograve essere altrove se non in quantoda esso procederaquo) 13-14 XIII 7 (laquodella pace di questa donna non fa lo studio sen[ti-re se n]on nellrsquoatto della speculazione E cosigrave si vede come questa egrave donna primiera-mente di Dio e secondariamente dellrsquoaltre intelligenze separate per continuo sguar-dare e appresso dellrsquoumana intelligenza per riguardare discontinuatoraquo) XIV 1-2 6(laquocheacute la sapienza nella quale questo amore fegravere etterna egrave Onde egrave scritto di lei ldquoDalprincipio [e] dinanzi dalli secoli creata sono e nel secolo che dee venire non verrograve me-nordquo e nelli Proverbi di Salomone essa Sapienza dice ldquoEtternalmente ordinata sonordquoe nel principio di Giovanni nellrsquoEvangelio si puograve la sua etternitade apertamente no-tareraquo) 7 XV 2-3

dole uno spazio autonomo non solo rispetto al potere politico63 main parte anche rispetto ad ogni altro fine trascendente in quantosono le virtugrave laquoche fanno lrsquouomo beato o vero felice nella loro ope-razioneraquo (Conv IV XVII 8)64 Indicare come campioni di virtugrave gli eroipagani risulta allora profondamente coerente con questo valore ldquolai-cordquo riconosciuto allrsquoetica e collrsquoaver posto un filosofo pagano Ari-stotele come suprema auctoritas in questo ambito65 Certo occorreprecisare che nella visione profondamente religiosa di Dante non vi

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63 Conv IV IX su cui vd infra64 Conv IV XVII 8 laquoE queste sono quelle che fanno lrsquouomo beato o vero felice nel-

la loro operazione sigrave come dice lo Filosofo nel primo dellrsquoEtica quando diffinisce laFelicitade dicendo che ldquoFelicitade egrave operazione secondo virtude in vita perfettardquoraquo Masi vedano tutti i sectsect 1-12 Anche se nel sect 9 si afferma laquoVeramente egrave da sapere che noipotemo avere in questa vita due felicitadi secondo due diversi cammini buono e ot-timo che a ciograve ne menano lrsquouno egrave la vita attiva e lrsquoaltro la contemplativa la quale ave-gna che per lrsquoattiva si pervegna come detto egrave a buona felicitade ne mena ad ottimafelicitade e beatitudine secondo che pruova lo Filosofo nel decimo dellrsquoEticaraquo si pre-ferisce in conclusione (al sect 12) il ldquocammino eticordquo a quello ldquointellettualerdquo laquoOndeperciograve che le virtugrave morali paiano essere e siano piugrave comuni e piugrave sapute e piugrave richie-ste che lrsquoaltre e imitate nello aspetto di fuori utile e convenevole fue piugrave per quellocammino procedere che per lrsquoaltroraquo Ma cfr anche Conv III XV 11-12 (cit supra allan 62) Questi passi del Convivio (insieme a Conv III XV 7-10 IV XII 11-12 XIII 6-9)sembrano affermare lrsquoesistenza di un desiderio naturale che non ha bisogno di cono-scere il sovrannaturale per essere compiuto a differenza di quanto si sostiene nellaCommedia (cfr specialmente Inf IV 31-42 Purg III 34-45 XXI 1-6 Par IV 124-32) maanche in altri passi del Convivio nei quali anche per quella intima connessione fra sa-pienza umana e divina che osservavamo supra alla n 62 il desiderio naturale sembraesigere per il suo compimento proprio il divino si veda Conv III VIII 5 XII 13 XIV 13-14 XV 2 IV XII 14-17 XXII 4-18 Sul problema rimando agli studi menzionati supraalla n 11 Si osservi solo che in Conv IV XXII 18 Dante sottolineando un ordine ge-rarchico che ha come suo vertice quella beatitudine irraggiungibile sulla terra percheacutesi compiragrave solo nella visione di Dio distingue comunque anticipando ciograve che sosterragravein Mon III xv (su cui vd infra) una felicitagrave terrena per la quale sono sufficienti lelaquooperazioni delle morali virtudi raquo e quelle laquodelle virtudi intellettualiraquo da una felicitagraveeterna laquoE cosigrave appare che nostra beatitudine [cio]egrave questa felicitade di cui si parlaprima trovare potemo quasi imperfetta nella vita attiva cioegrave nelle operazioni dellemorali virtudi e poi perfetta quasi nella [vita contemplativa cioegrave] nelle operazionidelle virtudi intellettuali Le quali due operazioni sono vie espedite e dirittissime amenare alla somma beatitudine la quale qui non si puote avere come appare pur perquello che detto egraveraquo

65 Conv IV VI 8 16

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 63

egrave nulla che non provenga da Dio tantomeno lrsquouomo pagano o cri-stiano che sia con il suo laquodesiderio naturaleraquo66 e le sue umane vir-tugrave67 come viene esplicitamente affermato proprio alla fine della ldquocar-rellatardquo dei Romani virtuosi presentata nel Convivio laquoCerto e mani-festo essere dee rimembrando la vita di costoro e delli altri divini cit-tadini non sanza alcuna luce della divina bontade aggiunta sovra laloro buona natura essere tante mirabili operazioni stateraquo (Conv IVv 17)68 Ma esaltare la virtus degli antichi eroi pagani significava co-munque riconoscere alla storia dellrsquoimpero romano un valore indi-pendente da quello della sua successiva regeneratio christiana (a dif-ferenza ad esempio di quanto aveva sostenuto il discepolo di Ago-stino Orosio69 una delle fonti storiche piugrave seguite dallrsquoAlighieri)70 In

66 Giagrave esplicitamente in Conv I I 1 su cui vd ora FALZONE Desiderio della scien-za e desiderio di Dio nel Convivio di Dante cit pp 1-11

67 Si veda ad esempio Conv IV XX passim dove si definisce la vera nobiltagrave dallaquale discendono tutte le altre virtugrave (IV XVIII 1-2 XX 1-2) come quel laquoldquoseme di feli-citaderdquo messo da Dio nellrsquoanima ben postaraquo (IV XX 9) XXI passim (dove si descrivecome la nobiltagrave scende nellrsquouomo laquoprima per modo naturale e poi per modo teolo-gicoraquo (XXI 1) XXII passim (dove si tratta dellrsquolaquoappetito drsquoanimo naturaleraquo che nascelaquodella divina bontade in noi seminata e infusa dal principio della nostra generazio-neraquo) su questi capitoli del IV trattato vd sempre FALZONE Desiderio della scienza edesiderio di Dio nel Convivio di Dante cit pp 28-68 che giustamente osserva comeDante dopo aver sostenuto una concezione di nobiltagrave come specifico dono divinoelargito solo ad alcuni uomini eccezionali (IV XX-XXI) che sarebbero quasi laquoun altroDio incarnatoraquo (IV XXI 10) introduce poi delle precisazioni per cui la nobiltagrave diven-ta una potenza naturale presente in tutti gli uomini che ha bisogno dellrsquoeducazione edellrsquoimpegno per realizzarsi come virtugrave (IV XXI 13-14) laquoCosigrave egrave unrsquoistanza etica omeglio etico-politica a spiegare lrsquoaffermazione nel corpo del capitolo XXII che a nes-suno egrave consentito giustificare la propria mala condotta [hellip] adducendo a pretesto laviltagrave della sua anima poicheacute anche a colui che non abbia ricevuto ldquoda principiordquo il se-me divino (la nobiltagrave) [hellip] quel seme puograve essere innestato nellrsquoanimo per ldquomolta cor-rezione e culturardquo cioegrave attraverso lrsquoeducazione e le leggiraquo (ivi p 67)

68 E che Dante sia convinto di ciograve lo conferma ad esempio il fatto che nel Purga-torio fra i vari esempi di virtugrave contrarie ai peccati puniti nelle varie cornici si ricorre aesempi tratti anche dalla storia pre-cristiana e in particolare nel XX Canto ai vv 25-27 troviamo fra gli esempi di povertagrave opposti allrsquoavarizia accanto a quello di Maria(vv 19-24) e di San Nicola (vv 31-33) quello del Fabrizio giagrave ricordato nel Convivio

69 Cfr eg OROSIO Hist I praef 14 II 3 3-770 Cfr la voce Orosio di A MARTINA (1970) nellrsquoEnciclopedia Dantesca consula-

tabile sul sito httpwwwtreccaniitenciclopediapaolo-orosio_(Enciclopedia-Dan-tesca)

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71 LUC Phars I 95 laquoFraterno primi maduerunt sanguine muriraquo Questa nettadistinzione fra Agostino e Dante riguardo al giudizio sullrsquoimpero non toglie il fattoche il primo abbia profondamente influito sullrsquoAlighieri che piugrave volte lo cita e che inMon III III 13 ne sottolinea esplicitamente lrsquoauctoritas in quanto dottore della Chie-sa ispirato direttamente dallo Spirito Santo Unrsquoutile panoramica sui vari studi che sisono occupati fin dalla fine dellrsquo800 dellrsquoinfluenza di Agostino sullrsquoopera dellrsquoAli-ghieri (anche ma non solo riguardo al pensiero politico dove piugrave marcata egrave la diffe-renza fra i due) in E BRILLI Firenze e il profeta Dante fra teologia e politica RomaCarocci 2012 pp 239-70 Nel volume lrsquoautrice mostrando come il tema della terre-na civitas sia vivo nella tradizione medievale dove diventa piugrave precisamente quellodella civitas diaboli di cui si riconoscono diverse rappresentazioni nella storia anchecontemporanea analizza nellrsquoopera dantesca la civitas diaboli sub specie Florentiae eriguardo al rapporto fra la Commedia e il De civitate Dei conclude che laquoallontanan-dosi Dante su Roma la tradizione agostiniana rimaneva viva nella sua memoria e mu-tatis mutandis Dante riutilizzograve rappresentazioni e argomenti agostiniani per forma-lizzare una materia diversa da quella in riferimento alla quale quelle rappresentazio-ni e quegli argomenti erano (in parte) nati In particolare Dante riutilizzograve il reperto-rio topico e il complesso impianto argomentativo di Agostino contro lrsquoImpero roma-no ai fini della propria polemica contro Firenzeraquo (ivi p 270)

questo modo insieme allrsquoimpero anche la stessa Urbs egrave sottratta auna valorizzazione esclusivamente cristiana alla fine del V capitolodel IV trattato infatti Dante sicuro di aver dimostrato laquoche spezialnascimento e spezial processo da Dio pensato e ordinato fosse quel-lo della santa cittaderaquo afferma laquoCerto di ferma sono oppinione chele pietre che nelle mura sue stanno siano degne di reverenza e losuolo dovrsquoella siede sia degno oltre quello che per li uomini egrave pre-dicato e aprovatoraquo (Conv IV V 20) Queste parole non solo sem-brano capovolgere il giudizio di Agostino che in De civitate XV 5 ri-cordando come allrsquoorigine dellrsquoUrbe vi fosse stato il fratricidio com-piuto da Romolo nei confronti di Remo citava la Pharsalia di Luca-no per ricordare che quelle stesse mura grondavano di sangue fra-terno71 ma affermando che lo laquosuoloraquo dove si trova la laquosanta citta-deraquo egrave laquodegno oltre quello che per li uomini egrave predicato e aprovatoraquosembrano anche voler decisamente correggere quella concezione diRoma (che si era andata affermando a partire dalla fine dellrsquoetagrave an-tica in concomitanza quindi da una parte col declino politico del-la cittagrave e dallrsquoaltra collrsquoascesa della sua importanza religiosa in quan-to sede apostolica) che aveva legato in modo esclusivo la sua ldquove-nerabilitagraverdquo al fatto che il martirio degli apostoli Pietro e Paolo avreb-

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72 Cfr M MACCARONE La concezione di Roma cittagrave di Pietro e Paolo da Damasoa Leone I in Roma Costantinopoli Mosca Atti del I Seminario Internazionale di Stu-di Storici ldquoDa Roma alla terza Romardquo 21-23 aprile 1981 Napoli Edizioni Scientifi-che Italiane 1983 pp 63-85 e in particolare p 63 laquoLa Roma christiana non egrave una Ro-ma cristianizzata come poteva dirsi di ogni cittagrave del mondo greco-romano Vieneconcepita e proposta come una Roma non contrapposta alla Roma classica e imperialema che ad essa subentra e che la supera a motivo dei nuovi titoli che possiede Egrave in-fatti diversa e nuova rispetto alla vecchia Roma sia per la sua origine fatta derivaredagli Apostoli Pietro e Paolo sia per il suo nuovo volto di cittagrave santuario dei cristia-ni che ha modificato la stessa topografia urbana sia soprattutto percheacute in essa risie-de e svolge la sua azione universale la sedes apostolicaraquo Ed egrave interessante osservaresempre con MACCARONE (ivi p 72) che giagrave Rutilio Namaziano nel 417 ricordandoi limina sacra dei templi pagani che egrave andato a visitare a Roma prima della partenzaper il ritorno nella sua terra natia (De red suo I 43-46) sembri tacitamente rivendicarela sacralitagrave tradizionale dellrsquoUrbe rispetto a quella nuova dei limina apostolorum PerDante invece la ldquosacralitagraverdquo pagana e quella cristiana di Roma non sono in contrad-dizione come ben si capisce anche da Inf II 20-27 ad Enea scelto dal cielo come pa-dre laquode lrsquoalma Roma e di suo imperoraquo fu permessa la discesa agli Inferi in funzionedella laquosua vittoriaraquo e quindi dellrsquoimpero ma anche in funzione laquodel papale amman-toraquo La ldquocristianizzazionerdquo di Roma non egrave quindi una rifondazione che pone una ori-gine diversa da quella della precedente storia pagana dellrsquoUrbe percheacute proprio quel-la storia egrave stata voluta da Dio non solo per lrsquoaffermarsi dellrsquoimpero ma anche percheacuteRoma diventasse laquolo loco santo ursquo siede il successor del maggior Pieroraquo

be non solo fondato il primato della Chiesa di Roma ma quasi ldquori-fondatordquo ex-novo la cittagrave stessa 72

Cosigrave proprio alla fine della digressione sullrsquoimpero romano (cheal di lagrave della logica argomentativa con cui viene introdotta ben sicolloca lo ripetiamo in questo IV trattato del Convivio dedicato aunrsquoetica autonoma nel senso precisato sopra rispetto ad ogni finetrascendente) si riconosce a Roma un valore che se egrave sicuramenteimprescindibile da quella laquodivina bontaderaquo che ha reso possibililaquotante mirabili operazioniraquo (Conv IV V 17) non lo egrave altrettanto equesto saragrave il tema esplicito della Monarchia da quel papato checongiungendo laquola spada col pasturaleraquo (Purg XVI 109-10) ha prete-so lrsquoldquoesclusivardquo sulla cittagrave eterna

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73 Secondo Dante infatti laquoAristotele quando diceva che non puograve essere del tut-to falso ciograve che pare vero ai piugrave intendeva certamente riferirsi al giudizio fondato sul-la ragione e non a quello che egrave frutto della sola apparenza sensibile Perciograve chi con-traddice lrsquoopinione del ldquovolgordquo non contrasta affatto la sua autoritagrave ma anzi la con-ferma e lrsquoonoraraquo VASOLI Introduzione cit p XLIII Ma vd anche supra n 7

13 laquoQuesto ufficiale posto di cui si parla cioegrave lo Imperadoreraquo(Conv IV IX 8)

Prima di passare allrsquoanalisi della Monarchia ricordiamo lrsquoargo-mentazione generale in cui si collocano questi capitoli che abbiamoanalizzato percheacute ciograve permette dopo aver osservato il valore attri-buito allrsquoimpero romano di specificare in esso la concezione della fi-gura imperiale Dante ha inteso dimostrare come lrsquoimperatore Fe-derico II non debba essere seguigraveto per quanto riguarda la definizio-ne della nobiltagrave ma non volendo con questa dimostrazione indurrelrsquoerrore di mettere in discussione la necessitagrave e la bontagrave dellrsquoimperoha ritenuto necessario in via preliminare ribadirne il valore (Conv IVIV-V) Dopo aver in modo analogo dedicato il VI capitolo a ribadireil valore dellrsquoautoritagrave e dellrsquoeccellenza di Aristotele fra tutti i filoso-fi nel VII afferma che egrave errata lrsquoopinione del volgo che ritiene la no-biltagrave legata alla stirpe mentre nel capitolo VIII dopo aver dimostra-to come la confutazione di questa communis opinio non sia in real-tagrave in contraddizione con il pensiero aristotelico che affermava nonpoter essere del tutto falso ciograve che pare vero ai piugrave73 asserisce che ta-le confutazione non egrave nemmeno un atto laquocontro la reverenza de loImperioraquo (Conv IV VIII 10) in quanto nel caso della definizione del-la nobiltagrave lrsquouomo non egrave laquodebitamente a la imperiale maiestagrave subiet-toraquo (Conv IV VIII 16) Tale affermazione per essere dimostrata ri-chiede ed egrave lrsquoargomento del IX capitolo la definizione degli ambitidi competenza e quindi dei limiti dellrsquoesercizio dellrsquoautoritagrave impe-riale questa laquoa perfezione dellrsquoumana vita fu trovataraquo e per questolaquoella egrave regolatrice e rettrice di tutte le nostre operazioni giusta-menteraquo (Conv IV IX 1) ma come tutto nella terra ha fine anchequesta autoritagrave ha un limite che le egrave posto da Dio (Conv IV IX 2-3)essendo chiamata a regolare non tutte le operazioni umane ma so-lo quelle che si possono realmente definire laquonostreraquo in quanto laquosu-biacciono alla ragione e alla volontade cheacute se in noi egrave lrsquooperazione

digestiva questa non egrave umana ma naturaleraquo (Conv IV IX 4) Inoltreanche riguardo alle ldquooperazioni razionalirdquo alcune74 sono sottopostealla nostra volontagrave solo nel senso che sono oggetto della nostra con-siderazione speculativa (che come tutte le attivitagrave umane egrave volonta-ria) ma non lo sono di per seacute percheacute non ne dipendono laquocheacute per-cheacute noi volessimo che le cose gravi salissero per natura suso e per-cheacute noi volessimo che rsquol silogismo con falsi principii conchiudesseveritade dimostrando e percheacute noi volessimo che la casa sedesse co-sigrave forte pendente come diritta non sarebbe perograve che di queste ope-razioni non fattori propiamente ma li trovatori semo altri lrsquoordinogravee fece maggiore fattoreraquo (Conv IV IX 6) altre ldquooperazionirdquo invececome laquooffendere e giovare [hellip] star fermo e fuggire alla battaglia[hellip] stare casto e lussuriare [hellip] del tutto suggiacciono alla nostravolontade e perograve semo detti da loro buoni e rei perchrsquoelle sono pro-pie nostre del tuttoraquo (Conv IV IX 7) In queste bisogna osservarelrsquolaquoequitaderaquo (Conv IV IX 8) ma siccome ci si puograve allontanare daquesta non solo volontariamente ma

per non sapere quale essa si sia [hellip] trovata fu la ragione scritta per mo-strarla e per comandarla [hellip] E perograve egrave scritto nel principio del Vecchio Di-gesto laquoLa ragione scritta egrave arte di bene e drsquoequitaderaquo A questa scrivere mo-strare e comandare egrave questo ufficiale posto di cui si parla cioegrave lo Impera-dore al quale tanto quanto le nostre operazioni propie che dette sono sistendono siamo subietti e piugrave oltre no (Conv IV IX 8-9)

laquoE piugrave oltre noraquo con questa limitazione si rivendica quindiunrsquoldquoautonomia del sapere dal potererdquo grazie alla quale si potragrave li-beramente procedere nei successivi capitoli del IV trattato ad ar-gomentare filosoficamente una ldquoverardquo definizione di nobiltagrave Lrsquoam-bito dellrsquoautoritagrave imperiale egrave invece un altro quello della laquoragionescrittaraquo ovvero lo abbiamo visto del diritto romano75 ed egrave compi-

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74 Quelle elencate in Conv IV IX 5 laquocheacute operazioni sono che ella solamente con-sidera e non fa neacute puograve fare alcuna di quelle sigrave come sono le cose naturali e le sopra-naturali e le matematice e operazioni che essa considera e fa nel propio atto suo lequali si chiamano razionali sigrave come sono arti di parlare e operazioni sono che ella con-sidera e fa in materia di fuori di seacute sigrave come sono arti meccaniceraquo

75 Vd supra n 32 E cosigrave era stato infatti definito dai giuristi dei secoli XII-XIIIper i quali laquolrsquoesigenza [hellip] di un diritto universalmente valido la si sentiva giagrave sod-

to specifico dellrsquoimperatore formulare promulgare e far osservarequesto diritto secondo quanto Dante aveva precedentemente affer-mato nel passo sopra riportato del Convivio laquoquello che elli [scillrsquoimperatore] dice a tutti egrave legge e per tutti dee essere obedito eogni altro comandamento da quello di costui prendere vigore e au-toritaderaquo (Conv IV IV 7) Questa idea di un potere legislativo che ap-partiene specificatamente allrsquoimperatore si trovava come abbiamogiagrave osservato nel Corpus giustinianeo76 tanto che lrsquoimperatore veni-va ad identificarsi con la lex (laquolex animataraquo)77 identificazione que-sta largamente presente anche nella giurisprudenza medievale78 Ma

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disfatta dal diritto dellrsquoImpero che era lo stato universale [hellip] Per di piugrave il diritto ro-mano nella sistemazione giustinianea possedeva oggettivamente un aspetto tale dicompletezza e di perfezione da poter essere accettato come il Diritto per antonoma-sia ciograve che fu detto lsquoratio scriptarsquoraquo G FASSOgrave Storia della filosofia del diritto I Anti-chitagrave e medioevo Roma-Bari Laterza 2004 p 178 Ma cfr anche P FIORELLI Sulsenso del diritto nella laquoMonarchiaraquo in laquoLetture classensiraquo 16 1987 pp 88-90 doveattraverso lrsquoetimologia della parola ragione (ratio) si ricostruisce la storia del laquocon-guaglio tra ragione e iusraquo

76 Cfr anche Cod 114121 (Imperator Justinianus) laquoQuid enim maius quidsanctius imperiali est maiestate vel quis tantae superbiae fastidio tumidus est ut re-galem sensum contemnat cum et veteris iuris conditores constitutiones quae ex im-periali decreto processerunt legis vicem obtinere aperte dilucideque definiuntraquo

77 Cfr Nov 105 2 4 laquoOmnibus enim a nobis dictis imperatoris excipiatur for-tuna cui et ipsas deus leges subiecit legem animatam eum mittens hominibusraquo Lrsquoesi-genza di persone che interpretino e incarnino la legge era giagrave stata affermata nel pen-siero filosofico greco (PLATONE Politico 293d-294c e ARISTOTELE Pol III 1284a) e aquesta tradizione accademico peripatetica aveva probabilmente attinto Cicerone nelDe legibus nel passo dove aveva affermato laquoVidetis igitur magistratus hanc esse vimut praesit praescribatque recta et utilia et coniuncta cum legibus Ut enim magistra-tibus leges ita populo praesunt magistratus vereque dici potest magistratum legemesse loquentem legem autem mutum magistratumraquo (De leg III 2) cfr F FONTANEL-LA Politica e diritto naturale nel De legibus di Cicerone Roma Edizioni di Storia eLetteratura 2012 p 80 e note La dottrina del νόμος ἔμψυχος si era perograve affermatapiugrave precisamente nellrsquoambito delle monarchie ellenistiche in connessione col potereregale ed era stata poi ripresa nel IV secolo da Temistio nelle sue orazioni (eg cfr OrV 2 64b con particolare riferimento a Teodosio XVI 212d XIX 228a)

78 Per la recezione e lo sviluppo dellrsquoidea del monarca come lex animata che si so-vrappone a partire dai secoli XII-XIII a quella del re come typus Christi predomi-nante nei secoli precedenti risulta sempre particolarmente utile e interessante la do-cumentazione e la relativa analisi in KANTOROWICZ I due corpi del re cit il capitoloIV La regalitagrave giuricentrica pp 76-165 e specialmente le pp 109-23

in questo IX capitolo del IV trattato Dante accoglie anche una defi-nizione di Ulpiano che a sua volta cita Celso e che si trova proprionellrsquoincipit del Digesto (Dig 111 pr1 laquoIuri operam daturum priusnosse oportet unde nomen iuris descendat Est autem a iustitia ap-pellatum nam ut eleganter Celsus definit ius est ars boni et aequiraquo)79colla quale attraverso la parola aequitas si collega il ius romano a unfondamento giusnaturalistico80 lrsquoAlighieri conferma cosigrave chiara-mente di intendere il diritto romano come la piugrave alta e perfetta for-ma della legge espressione del ius naturae e pertanto del vertice del-la ragione umana laquoragione scrittaraquo81 Il pensiero medievale aveva ri-preso e tentato di risolvere proprio attraverso il ricorso al dirittonaturale quella antinomia fra un laquoprinceps imago aequitatisraquo maallo stesso tempo laquoservus aequitatisraquo (cosigrave nel Policraticus di Gio-vanni di Salisbury)82 ovvero laquoiustitiae pater et filius dominus et mi-nisterraquo (cosigrave nel Liber augustalis pubblicato da Federico II)83 che

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79 Tale definizione nellaMonarchia (II V 1) saragrave considerata una laquodescriptioraquo in-sufficiente a definire il diritto in quanto laquonon dicit quod quid est iuris sed describitillud per notitiam utendi illoraquo ma su questo passo vd infra

80 Il passo egrave ampiamente discusso e interpretato in questo senso in A SCHIAVO-NE Ius Lrsquoinvenzione del diritto in Occidente Torino Einaudi 2005 pp 361-71 e no-te alle pp 488-95 Cfr anche V MAROTTA Iustitia vera philosophia e natura Una no-ta sulle Institutiones di Ulpiano in Testi e problemi del giusnaturalismo romano a cu-ra di D Mantovani e A Schiavone Pavia IUSS Press 2007 pp 563-601 e FONTA-NELLA Politica e diritto naturale nelDe legibus di Cicerone cit pp 115-32 In parti-colare proprio sulla recezione dantesca dellrsquoaequitas classica in questo passo del Con-vivio e in Mon II V 1-2 si veda R RUGGIERO Una definizione del diritto in Del no-mar parean tutti contenti Studi offerti a Ruggiero Stefanelli a cura di P GuaragnellaMB Pagliara P Sabbatino L Sebastio Bari Progredit 2011 pp 142-62 pp 148-53

81 Cfr la voce Diritto Romano di F CANCELLI (1970) nellrsquoEnciclopedia Dantescaconsultabile sul sito httpwwwtreccaniitenciclopediadiritto-romano_(Enciclo-pedia-Dantesca)

82 I passi sono riportati e commentati da KANTOROWICZ I due corpi del re cit pp82-84

83 Ivi pp 84-93 con fonti Per quanto riguarda gli appellativi di iustitiae dominuse pater ricordiamo che nellrsquoantico impero da Augusto fino allrsquoetagrave degli Antonini lastoriografia giudica positivamente quegli imperatori che avevano rifiutato lrsquoappella-tivo latino di dominus (SVET Aug 53 Tib 27 TAC Ann II 87 XII 11) e quindi lrsquoar-bitrarietagrave assoluta del potere imperiale particolarmente significativo per lrsquoargomen-to che ci interessa quel passo del Panegirico di Plinio a Traiano dove dopo aver as-

trovava anchrsquoessa il suo precedente nel codice giustinianeo nellrsquoan-tinomia fra un laquoprinceps legibus solutusraquo ma allo stesso tempo laquole-gibus alligatusraquo84 La soluzione egrave cosigrave sintetizzata da Egidio Roma-

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serito che laquosunt diversa natura dominatio et principatusraquo (Paneg 45) leggiamo laquoip-se te legibus subiecisti legibus Caesar quas nemo principi scripsit Sed tu nihil am-plius vis tibi licere quam nobis sic fit ut nos tibi plus velimus Quod ego nunc pri-mum audio nunc primum disco non est princeps supra leges sed leges supra prin-cipemraquo (Paneg 65 1-3) Dopo Costantino invece unrsquoiscrizione celebra ValentinianoI come laquolegum domino Romanorum iustitiae aequitatisque rectoriraquo (ILS 765) men-tre nelle Novellae (124) Giustiniano si proclameragrave laquolegis paterraquo

84 La stessa idea dellrsquoimperatore come laquolex animataraquo poteva comportare lrsquoideadella sua superioriagrave rispetto alle leggi (cosigrave in Nov 10524 riportata supra alla n 77)in modo conforme allrsquoimmagine di un laquoprinceps legibus solutusraquo di cui si puograve giagravetrovare traccia in una clausola della Lex de imperio Vespasiani (clausola da noi cono-sciuta solo attraverso la famosa epigrafe esposta nel 1347 nella Basilica di San Gio-vanni in Laterano da Cola di Rienzo) che prevedeva che limitatamente alle leggi e aiplebisciti che non avevano vincolato Augusto Tiberio e Claudio laquoiis legibusque sci-tis imp(erator) Caesar | Vespasianus solutus sitraquo (FIRA I15 ll 24-25) Tale clausolaldquodiscrezionalerdquo egrave comunque ancora ben lontana dalla massima piugrave generale del laquoprin-ceps legibus solutusraquo che si trova invece attestata dallrsquoetagrave severiana anche se in pas-si di cui si discute se il riferimento non sia invece cosigrave generale ma piuttosto anche inquesti casi rivolto a situazioni specifiche ad es in Dig 1331 (Ulpianus 13 ad l iulet pap) dove si riporta un passo di Ulpiano che si riferisce alle leges Iulia et Papia chelimitando alcune capacitagrave giuridiche dei celibi o dei coniugati senza figli facevanoeccezione per il principe che si trovasse in queste condizioni laquoPrinceps legibus solu-tus est augusta autem licet legibus soluta non est principes tamen eadem illi privile-gia tribuunt quae ipsi habentraquo Inoltre la raccolta giustinianea riporta anche quei pas-si in cui si cita questo principio per affermare perograve che non egrave opportuno applicarlocome ad esempio in Cod 6233 (Imperator Alexander Severus) laquolicet enim lex im-perii sollemnibus iuris imperatorem solverit nihil tamen tam proprium imperii est utlegibus vivereraquo (dove con laquolex imperiiraquo ci si riferiragrave probabilmente sempre alla laquolexregiaraquo) Ma cfr anche Dig 3223 (Paulus 5 sent) laquodecet enim tantae maiestati eas ser-vare leges quibus ipse solutus esse videturraquo e Inst 2178 laquosecundum haec divi quo-que Severus et Antoninus ndash (scil Settimio Severo e Caracalla) ndash saepissime rescripse-runt ldquolicet enimrdquo inquiunt ldquolegibus soluti sumus attamen legibus vivimusrdquoraquo E an-cora dopo Costantino pur se lrsquoimperatore diventa in modo quasi esclusivo legislato-re e interprete delle norme la famosa digna vox del 429 affermeragrave laquoDigna vox maie-state regnantis legibus alligatum se principem profiteri adeo de auctoritate iuris no-stra pendet auctoritas et re vera maius imperio est submittere legibus principatumraquo(Cod 1144 [Imperatores Theodosius Valentinianus]) cfr L DE GIOVANNI Il prin-cipe e la legge dalla lex de imperio Vespasiani al mondo tardoantico in La lex deImperio Vespasiani e la Roma dei Flavi cit pp 219-30

no nel suo De regimine principum (dove in I II 12 egrave ripresa anche ladefinizione del laquoprincepsraquo come laquoanimata lexraquo) laquoSciendum est re-gem et quemlibet principantem esse medium inter legem naturalemet positivam [hellip] Quare positiva lex est infra principantem sicut lexnaturalis est supra et si dicatur legem aliquam positivam esse supraprincipantem hoc non est ut positiva sed ut in ea reservatur virtusiuris naturalisraquo (III II 29)85 E poco prima Federico II proprio in ri-ferimento alle sue prerogative imperiali aveva affermato nella X As-sise di Capua laquoSed quamquam soluta imperialis a quibuscumquelegibus sit maiestas sic tamen in totum non est exempta iudicio ra-tionis que iuris est materraquo86 Lrsquoimperatore del Convivio si collocaquindi in questa tradizione del pensiero filosofico e giuridico me-dievale secondo la quale lrsquoimperatore egrave signore e artefice della leg-ge positiva ma in quanto nellrsquoesercizio di tale prerogativa segue lalegge naturale in modo da essere piugrave ldquoinventorerdquo (nel senso di ldquosco-pritorerdquo) che ldquocreatorerdquo del diritto

LrsquoAlighieri sembra perograve compiere unrsquoulteriore passo ricono-scendo alla laquofilosofica autoritaderaquo un ruolo specifico nellrsquoldquoinvenzio-nerdquo di questo diritto espressione della ratio naturale nei capitoli do-ve si era dimostrata la massima autoritagrave di Aristotele in campo filo-sofico in quanto laquola perfezione di questa moralitade per Aristotileterminata fueraquo (Conv IV VI 16) si era infatti concluso che laquonon re-pugna [la filosofica] autoritade alla imperiale ma quella sanza que-sta egrave pericolosa e questa sanza quella egrave quasi debile non per seacute maper la disordinanza della gente sigrave che lrsquouna collrsquoaltra congiunta uti-lissime e pienissime sono drsquoogni vigoreraquo (Conv IV VI 17) quasi a di-re che laquola Filosofia ha bisogno dellrsquoimpero per regolare efficacementei costumiraquo ma laquolrsquoimpero ha bisogno della filosofia per sapere comeregolare i costumi secondo giustizia e veritagraveraquo87 Nella Monarchia do-

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85 KANTOROWICZ I due corpi del re cit pp 116-18 con altre fonti86 Citato ivi a p 92 dove si osserva che laquoEra una dottrina non priva di rischi

poicheacute lrsquointerpretazione della ragione poteva facilmente dipendere solo dal principe[hellip] tuttavia nella filosofia giuridica essa manteneva ancora le sembianze di una deandash una manifestazione della natura eguale a Dioraquo (ivi p 93) Ma cfr anche la voce As-sise di Capua (Federiciana 2005) a cura di A CERNIGLIARO consultabile nella edizio-ne online dellrsquoEnciclopedia Treccani (httpwwwtreccaniitenciclopediaassise-di-capua_(Federiciana))

87 GILSON Dante e la filosofia cit p 138

ve si riconosceragrave esplicitamente allrsquoimperatore il compito di condur-re laquosecundum phylosophica documenta genus humanum ad tempo-ralem felicitatemraquo (Mon III XV 10) Dante sembreragrave vagheggiare so-lo la figura dellrsquoimperatore-filosofo88 qui nel Convivio si contemplainvece anche la figura del filosofo-consigliere del principe come ri-sulta nellrsquoapostrofe rivolta ai regnanti contemporanei allrsquoAlighierilaquoOh miseri che al presente reggete e oh miserissimi che retti sietecheacute nulla filosofica autoritade si congiunge colli vostri reggimenti neacuteper propio studio neacute per consiglioraquo (Conv IV VI 19)

Lrsquoidea del filosofo-consigliere egrave vecchia almeno quanto Platonee per la sua attuazione quasi mai felice basti pensare allrsquoesempiodello stesso Platone con Dione e Dionigi di Siracusa o a quello diAristotele con Alessandro Magno o ancora a quello di Seneca conNerone e cosigrave via mentre per la figura dellrsquoimperatore filosofo ri-cordo come caso esemplare del mondo antico quello di Marco Au-relio Il fatto perograve che nel Convivio si auspichi la ldquocongiunzionerdquodella filosofia con un imperatore connotato prevalentemente in rap-porto al ius non puograve non richiamare alla mente Cicerone questinon solo aveva auspicato e in un certo senso ldquoincarnatordquo la figura delpolitico-filosofo89 ma nel De legibus dopo aver identificato la lexcon quella ratio naturale che coincide con la mens del sapiens90 ave-va affermato che proprio per questo solo il sapiens puograve riconosceree interpretare questa legge suprema (De leg I 19 62 II 8) ed inquanto sapiens aveva nel suo trattato ldquoscopertordquo ed enunciato le leg-gi conformi al ius naturae91 Dante quasi sicuramente non conosce-va il De legibus92 ma il pensiero ciceroniano trovava immediato ri-

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88 Fatta eccezione per il ldquofinalerdquo della Monarchia (III XV 18) su cui vd infra (macfr sempre infra anche n 105)

89 Cfr eg CIC Fam XV 16 (del 51 aC) in cui lrsquoautore parlando di seacute e di Ca-tone afferma laquosoli [hellip] nos philosophiam veram illam et antiquam [hellip] in forum at-que in rem publicam atque in ipsam aciem paene deduximusraquo

90 De Leg II 11 laquoilla lex [hellip] est enim ratio mensque sapientis ad iubendum etad deterrendum idonearaquo cfr anche De leg I 18-19 II 8

91 Cfr FONTANELLA Politica e diritto naturale nelDe legibus di Cicerone cit pp13-14

92 I piugrave antichi codici del De legibus a noi pervenuti furono scritti in Francia a me-tagrave del IX secolo e custoditi nellrsquoabbazia di Corbie cfr P CHIESA Adoardo di Corbiee i lettori del lsquoDe legibusrsquo in etagrave carolingia in Cicerone e il diritto nella storia drsquoEuro-

scontro nella giurisprudenza romana dato che giagrave con Servio Sul-picio Rufo (giurista contemporano di Cicerone) e successivamentecon Labeone (giurista di etagrave augustea) si era realizzato laquoun punto digiuntura fra la tradizione retorico filosofica e il lavoro dei giuristi ilparadigma giusnaturalistico [hellip] sarebbe diventato da allora in poi[hellip] uno dei fili di trama della loro riflessione fino alla definitivaconsacrazione ulpianearaquo93 quando i giuristi non potendo piugrave com-petere col princeps nella creazione del ius ne assumono perograve unasorta di ldquocontrollordquo misurando e confermando i contenuti della le-gislazione in riferimento a un criterio di giustizia naturale e quindiuniversale applicabile a tutto lrsquoimpero94 Per questo aveva sostenu-to Ulpiano proprio di seguito al passo in cui riporta la definizione diius data da Celso laquocrsquoegrave chi a ragione ci chiama sacerdotesraquo95 in quan-

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pa Atti del XIII Colloquium Tullianum Milano 27-29 marzo 2008 in laquoCiceronianaraquons XIII 2009 pp 101-16 Da Corbie il trattato si diffuse in Francia nella Germaniameridionale e in Inghilterra ma per la sua diffusione in Italia dobbiamo attendere ilPetrarca che conosce (e cita Fam II 2 1 6 19 XXIV 4 14) un testo che discende daunrsquoedizione del XII secolo in parte indipendente da quella dei codici di Corbie cfrAR DYCK A commentary on Cicero De legibus Ann Arbor The University of Mi-chigan Press 2004 pp 41-42 Mi parebbe quindi una pura illazione in assenza di al-tri riscontri supporre che Dante avesse conosciuto il testo in Francia sempre am-messo che si accetti come veritiera la notizia del viaggio del poeta a Parigi tramanda-ta da Boccaccio nel Trattatello in laude di Dante

93 SCHIAVONE Ius cit p 264 Ma cfr anche G FALCONE La lsquovera philosophiarsquo deilsquosacerdotes iurisrsquo Sulla raffigurazione ulpianea dei giuristi (D1111) in laquoAnnali del se-minario giuridico della Universitagrave di Palermoraquo 49 2004 (consultabile allrsquoindirizzowwwarchaeogateorgstorageFalcone1pdf) dove proprio riguardo al passo di Ul-piano riportato in Dig1111 (che riporto infra alla n 96) si ipotizza un rapporto colDe legibus di Cicerone che non si ridurrebbe a laquouna generica ispirazione o [hellip] echidi alcune idee che espresse nello scritto ciceroniano si sono sedimentate nella com-plessiva cultura di Ulpiano Piuttosto il giurista severiano dovette avere costantemen-te davanti agli occhi il De legibus come apposito modello e organizzare la propria scrit-tura esattamente (staremmo per dire fedelmente) sulla falsariga del testo di Ciceroneraquop 41 del pdf lrsquoargomentazione di questa ipotesi occupa tutte le pp 42-69

94 SCHIAVONE Ius cit pp 361-8995 laquoAl riguardo in aggiunta allrsquoeventualitagrave che Ulpiano riproponga piugrave o meno

consapevolmente lrsquooriginaria attribuzione del sapere e dellrsquooperare giuridici ai pon-tefici egrave possibile richiamare con la generalitagrave degli studiosi le parole dello stesso Ul-piano lsquosanctissima civilis sapientiarsquo e lsquoingressus sacramentirsquo o la qualifica lsquoantistes iu-risrsquo da parte di Quintiliano (Inst or XI 69) o ancora lrsquoesistenza di unrsquoepigrafe recan-

to laquoveneriamo la giustizia [hellip] aspirando se non sbaglio alla vera enon alla falsa filosofiaraquo96 Come osserva Schiavone laquoCicerone avevaa suo tempo cercato di fondare il diritto romano ex intima philoso-phia e Ulpiano stesso doveva averlo avuto ben presenteraquo nel suo ten-tativo di assimilare la propria dottrina alla filosofia in modo da tra-smettere laquolrsquoidea [hellip] che esistesse un rapporto profondo e privile-giato fra ricerca della giustizia e raggiungimento della veritagrave e che igiuristi fossero i custodi per eccellenza di questo legameraquo97 I gran-di giuristi dellrsquoetagrave dei Severi avevano quindi rivendicato a seacute questoruolo di sacerdotes del diritto prima che a partire dallrsquoetagrave costanti-niana gli imperatori diventassero non solo legislatori ma anche in-terpreti della legislazione98 La giurisprudenza medievale aveva bencompreso e fatto proprio questo ruolo di sacerdotes degli antichi giu-risti romani99 ma anche in etagrave medievale presto si dedusse che laquociograveche si confaceva ai giudici si confaceva anche al principe che do-po tutto era a capo della gerarchia giuridicaraquo100 per cui questo ran-

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te proprio lrsquoespressione lsquosacerdos iurisrsquo (CIL VI 2250)raquo FALCONE La lsquovera philoso-phiarsquo dei lsquosacerdotes iurisrsquo cit n 111

96 Cfr il giagrave citato Dig 111 pr (Ulpianus 1 inst) insieme a Dig 1111 (Ulpia-nus 1 inst) laquoIuri operam daturum prius nosse oportet unde nomen iuris descendatEst autem a iustitia appellatum nam ut eleganter Celsus definit ius est ars boni et ae-qui Cuius merito quis nos sacerdotes appellet iustitiam namque colimus et boni et ae-qui notitiam profitemur aequum ab iniquo separantes licitum ab illicito discernentesbonos non solum metu poenarum verum etiam praemiorum quoque exhortatione ef-ficere cupientes veram nisi fallor philosophiam non simulatam affectantesraquo

97 SCHIAVONE Ius cit pp 370-71 98 Per la lsquoldquosvolta costantinianardquo cfr D MANTOVANI Il diritto da Augusto al Theo-

dosianus in E GABBA-D FORABOSCHI-D MANTOVANI-E LO CASCIO-L TROIANI In-troduzione alla storia di Roma Milano LED 1999 pp 465-534 pp 505-23 e egCod 1141 (Imperator Constantinus) laquoInter aequitatem iusque interpositam inter-pretationem nobis solis et oportet et licet inspicereraquo Cod 114123 (Imperator Ju-stinianus) laquoDefinimus autem omnem imperatoris legum interpretationem sive in pre-cibus sive in iudiciis sive alio quocumque modo factam ratam et indubitatam haberiSi enim in praesenti leges condere soli imperatori concessum est et leges interpreta-ri solum dignum imperio esse oportetraquo E infatti anche se al di fuori dellrsquoambito giu-ridico Simmaco nella famosa lettera a Teodosio riguardante lrsquoaltare della Vittoriachiama gli imperatori laquoiustitiae sacerdotesraquo (Ep X 3 15)

99 Fonti in KANTOROWICZ I due corpi del re cit pp 103-107 e 119-20100 Ivi p 107

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go di sacerdos venne anche trasferito ai principes101 La posizione del-lrsquoAlighieri nel Convivio appare invece piugrave vicina a quella sostenutadai giuristi dellrsquoetagrave severiana che a quella delle etagrave successive il ruo-lo specifico assegnato alla filosofia nei confronti dei governanti com-pleta infatti il riferimento alla prima parte del passo di Ulpiano e aicompiti giuridici dellrsquoimperatore in modo molto simile a ciograve che que-sti giuristi avevano sostenuto102 Cosigrave in unrsquoopera che ha come in-tento dichiarato quello di laquofare un generale convivioraquo delle bricioledi quel sapere che laquotutti li uomini naturalmente desideranoraquo (ConvI I 1) ma da cui per laquodiverse cagioniraquo possono essersi tenuti lontano(Conv I I 2-6) Dante sembra includere fra questi uomini anche chidovrebbe trovarsi al vertice del potere politico103 lrsquoimperatore ri-cordando innanzitutto che il suo potere si fonda sul diritto ovverosu una prerogativa che ne delimita lrsquoambito in quanto esistono altriambiti da lui indipendenti come quello ldquofilosoficordquo della definizio-ne della nobiltagrave poi che questo diritto egrave quella laquoragione scrittaraquo dicui egli dovrebbe essere piuttosto lrsquoinventore (nel senso dello sco-pritore) che il creatore e infine che anche in tale laquoinvenzioneraquo sa-rebbe pericoloso prescindere dalla laquofilosofica autoritaderaquo o per me-glio dire cosigrave come egrave stato osservato a proposito del passo di Ul-piano sopra ricordato laquoil sovrano poteva legiferare come gli piace-va [hellip] ma il controllo sulla corrispondenza dei suoi provvedimen-ti alla veritagrave e alla giustizia [hellip] non si trovava nelle sue mani nongli appartenevaraquo104 E questo controllo nel Convivio non spetta al

101 Ivi pp 107-109 102 E la vicinanza appare ancora piugrave evidente se si tiene conto del carattere es-

senzialmente etico che la filosofia riveste per Dante nel IV trattato del Convivio (vdsupra) e del fatto che nella contrapposizione ulpianea fra vera e falsa philosophia si ri-specchia molto probabilmente una contrapposizione risalente almeno a Platone eben presente laquonei circuiti intellettuali di I e II secolo [hellip] tra la riflessione etica chesi occupa tra gli altri temi della iustitia e dellrsquoaequitas e che egrave qualificata lsquovera phi-losophiarsquo e la dialettica fine a se stessa la sofistica una riflessione che anzicheacute ci-mentarsi con lrsquohonestum e con le virtutes egrave impegnata nelle cavillationes e nei sillogi-smi e perciograve della filosofia reca solo il nomeraquo FALCONE La lsquovera philosophiarsquo dei lsquosa-cerdotes iurisrsquo cit p 24 del pdf

103 Drsquoaltronde fra le ragioni che impediscono di dedicarsi alla sapienza Dante ri-corda proprio la laquocura civileraquo Conv I I 4

104 SCHIAVONE Ius cit p 378

giurista ma piuttosto a chi come lrsquoAlighieri laquofuggito della pasturadel vulgoraquo (Conv I I 10) si egrave innamorato di quella laquobellissima e one-stissima figlia dello Imperadore dellrsquouniverso alla quale Pittagorapuose nome Filosofiaraquo (Conv II XV 12)105

2 La Monarchia

Nella Monarchia (la cui datazione tuttora discussa egrave collocabi-le in un periodo che va dal 1308 fino al 1317-1318)106 lrsquoautore vo-

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105 Egrave interessante osservare come ha mostrato recentemente U CARPI LrsquoInfernodei guelfi e i principi del Purgatorio Milano Franco Angeli 2013 che ciograve che Dantescrive nel Convivio egrave profondamente legato allrsquoesperienza da lui vissuta nellrsquoesilioquando laquopovero e sbandato quanto si voglia inibito a scrivere dalle condizioni og-gettive e dal proprio stesso disorientamento [hellip] nelle sue dolorose pereginazioni eventurose evenienze [hellip] egrave venuto maturando sugli oggettivi fatti istituzionali e so-ciali culturali in cui si imbatte una riflessione politica sistematica tesa a ristabilire unpunto di vista e a ricomporre un quadroraquo (p 69) Cosigrave da una parte questa riflessionepolitica lo porta a teorizzare non la laquonegazione delle realtagrave politiche attuali regni co-muni feudalitagrave signorie ma la loro integrazione gerarchica dentro lrsquounitagrave imperialecon centro nella curia di Romaraquo (ibidem) dallrsquoaltra per citare un esempio partico-larmente pertinente al ruolo ldquopoliticordquo che Dante attribuisce alla filosofia nel IV trat-tato del Convivio lrsquoesperienza del 1306 alla corte di Morello Malaspina (a cui egrave rivoltalrsquoEpistola IV con cui accompagna la canzone Amor da che convien pur chrsquoio mi doglia)laquovale come concreto caso significativo e realizzatosi in curia minore del principiosecondo cui autoritagrave politica e autoritagrave filosofica sono inscindibili declinato cosigrave almassimo livello giurisdizionale ldquoCongiungasi la filosofica autoritade con la imperia-le a bene e perfettamente reggererdquoraquo (ivi p 74) Vedremo subito come anche nella Mo-narchia Dante assuma questo ruolo di laquoautoritagrave filosoficaraquo ruolo che nellrsquoapostrofeconclusiva del trattato eserciteragrave in modo esplicito e diretto nei confronti dellrsquoimpe-ratore (Mon III XV 18 su cui vd infra) Da osservare ancora che nellrsquoEpistola a Can-grande con la quale dedicheragrave il Paradiso al signore di Verona lrsquoAlighieri si include-ragrave fra coloro che laquointellectu ac ratione degentes [hellip] non ipsi legibus sed ipsis legespotius diriganturraquo (Ep XIII i 7)

106 Per uno status quaestionis con relativa discussione delle motivazioni delle va-rie datazioni si puograve recentemente vedere D QUAGLIONI Per la Monarchia di Dante(1313) in laquoIl Pensiero Politicoraquo XLV 2012 pp 149-74 (che porta a riprendere comepiugrave probabile lrsquoipotesi del 1313 nello spazio di tempo della spedizione di Enrico VIIcome giagrave affermava Boccaccio nel Trattatello in laude di Dante) e lrsquoIntroduzione di PCHIESA e A TABARRONI in Monarchia a cura di P CHIESA e A TABARRONI con la col-

lendo dare un contributo alla vita pubblica (laquoad rem publicam ali-quid afferreraquo Mon I I 2) decide di svolgere la laquonotitia utilissimaraquodella laquotemporalis monarchiaraquo (I I 5) ovvero di ciograve che comunementeegrave chiamato laquoimperiumraquo (I II 2) Nel rivendicare a seacute laquoquesto altissi-mo compito didatticoraquo Dante continua a svolgere quel ruolo che giagravesi era assunto nel Convivio laquoChe il sapiente debba mettere la pro-pria conoscenza a servizio degli altri lo aveva giagrave dichiarato aperta-mente nel Convivio [hellip] Ma ora [hellip] Dante ritaglia a seacute quello chesente come proprio compito specifico in ordine al progresso di co-noscenza dellrsquoumanitagrave quello che gli sembra spettare a lui fra tuttii sapienti e si tratta del contributo decisivo per il ldquobene esse mun-dirdquoraquo107 Dopo aver definito la monarchia come quel laquoprincipato uni-co posto sopra tutti gli altri principati temporali ndash i quali cioegrave spie-gano la loro azione tra quelle cose e su quelle cose che si misuran coltemporaquo ndash108 affronta tre problematiche ad essa relative se sia neces-

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laborazione di D ELLERO Roma Salerno Editrice 2013 NECOD vol IV pp LX-LXVI do-ve i due autori pur riconoscendo specialmente tramite il confronto con le Epistole chealmeno un abbozzo dellrsquoopera dovesse essere giagrave stato costruito negli anni 1309-1313ma tenendo allo stesso tempo in conto le varie motivazioni degli studiosi che propon-gono ipotesi diverse formulano lrsquoipotesi di laquouna composizione ldquolungardquo dellrsquoopera o ndashforse meglio ndash di una ripresa successiva da parte di Dante stesso di un testo giagrave porta-to a compimento per arricchirlo precisarlo chiosarlo in una parola migliorarlo neicontenutiraquo e si chiedono laquose non sia anche a causa di una composizione non sincroni-ca che la data della Monarchia egrave risultata finora cosigrave elusiva Un processo testuale lun-go con revisioni e aggiustamenti progressivi porta inevitabilmente una diluizione de-gli elementi di databilitagrave e a un loro progressivo mascheramentoraquo (p LXVI)

107 CHIESA-TABARRONE Introduzione inMonarchia cit p XXIV Non solo se co-me abbiamo del resto appena visto nel Convivio laquoegli appariva molto preoccupato dirivendicare per seacute la qualifica di philosophusraquo nella Monarchia laquosembra piuttosto ri-tenere tale qualifica ormai pacificamente accolta e consolidata al punto da spingersiad accomunarsi ai sapienti in un plurale collettivo (ut ex hiis patet que de caelo phylo-sophamur II II 3)raquo (p XXV)

108Mon I II 2 laquoEst ergo temporalis Monarchia quam dicunt lsquoImperiumrsquo unicusprincipatus et super omnes in tempore vel in hiis et super hiis que tempore mensu-ranturraquo La traduzione di questo e dei passi successivamente citati della Monarchiasalvo indicazione contraria egrave quella di NARDI in DANTE ALIGHIERI Opere MinoriIII1 De vulgari eloquentia Monarchia a cura di PV MENGALDO-B NARDI Milano-Napoli Ricciardi 1979 dove il testo accolto egrave quello di Ricci nella collana Le operedi Dante Alighieri Edizione Nazionale a cura della Societagrave Dantesca Italiana (DANTE

ALIGHIERI Monarchia a cura di PG RICCI Milano Mondadori 1965) che egrave anche

saria al buon ordinamento del mondo se il popolo romano si sia at-tribuito a buon diritto lrsquoufficio di monarca se lrsquoautoritagrave del monar-ca dipenda direttamente da Dio o passi attraverso un suo vicario (ilpapa)109 La discussione di ognuna delle tre questioni poste occupanellrsquoordine uno dei tre libri del Trattato in particolare nei primi duelibri sono sviluppati in modo molto piugrave ampio e sistematico anchealcuni degli argomenti dei capitoli IV e V del IV libro del Convivio110Ci soffermeremo quindi piugrave in particolare su quei passi che semprea proposito di quellrsquoimpero che come si egrave visto egrave allo stesso tempolrsquoimpero di Dante e quello di Roma antica introducono elementi dinovitagrave o approfondiscono in modo originale quanto giagrave emerso dalConvivio

21 laquoSub divo Augusto monarcha existente Monarchia perfectaraquo(Mon I XVI 1-2)

Il I libro come abbiamo giagrave accennato si occupa di dimostrarela necessitagrave dellrsquoimpero al laquobene esse mundiraquo Dopo aver dimostra-to che laquoil fine di tutta quanta la societagrave umanaraquo sta in quella laquoope-razioneraquo che le egrave propria (Mon I III 1-4) si sostiene che tale laquoope-razioneraquo si rende manifesta se si considera qual egrave lrsquoultimo grado del-la potenza di tutta lrsquoumanitagrave ovvero laquola potenza o virtugrave intelletti-

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quello tuttora presente sul sito della Societagrave Dantesca e che ho quindi deciso di seguireanche per praticitagrave di consultazione nellrsquoedizione Salerno Chiesa accoglie invece inlinea di massima il nuovo testo stabilito da Shaw sempre per la medesima collana(DANTE ALIGHIERI Monarchia a cura di P SHAW Firenze Le Lettere 2009) con al-cuni ldquoaggiustamentirdquo elencati e motivati alle pp CXXXV-CXLI La differenza piugrave note-vole egrave la diversa scansione dei capitoli per la parte finale del III libro su cui vd infra

109 Mon I II 3 laquoMaxime autem de hac tria dubitata queruntur primo nanquedubitatur et queritur an ad bene esse mundi necessaria sit secundo an romanus po-pulus de iure Monarche offitium sibi asciverit et tertio an auctoritas Monarche de-pendeat a Deo inmediate vel ab alio Dei ministro seu vicarioraquo

110 Grossomodo il I libro corrisponde agli argomenti della prima metagrave del IV ca-pitolo del IV trattato del Convivio mentre il II libro a quelli della seconda metagrave delIV e del V capitolo Nel III troviamo invece un argomento non affrontato nel Convi-vio laquose lrsquoautoritagrave del Monarca romano che per diritto egrave Monarca del mondo comeegrave stato provato nel secondo libro dipenda immediatamente da Dio ovvero dallrsquoaltrovicario o ministro di Dio quale intendo che sia il successor di Pietroraquo (Mon III I 5)

varaquo (Mon I III 5-7)111 Solo lrsquoumanitagrave presa nel suo insieme (e non ilsingolo neacute altre piugrave piccole comunitagrave) puograve attuare tutta la potenzadellrsquointelletto (Mon I III 8 e IV l)112 ma osserva Dante (esplicitan-do cosigrave ciograve che era stato lasciato implicito nel IV capitolo del IV trat-tato del Convivio ovvero il motivo per cui lrsquoImpero necessario allapace fosse per questo necessario alla felicitagrave del genere umano) so-lo laquonella quiete ossia nella serenitagrave della pace il genere umano sitrova in condizione di attendere senza intoppi e difficoltagrave alla suapropria operazione [hellip] Dal che egrave manifesto che la pace universa-le egrave la piugrave desiderabile di tutte le cose che sono ordinate alla nostrabeatitudineraquo (Mon I IV 2)113 Il riconoscimento che la pax universa-

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 79

111 Cfr ARISTOTELE Ethica I 1097b -1098a Conv I I 1 e ARISTOTELEMetaphisi-ca I 980 a

112 Cfr ARISTOTELE De anima II 415a-415b e il commento di Nardi (ALIGHIERI

DANTE Opere Minori III1 cit p 298) ad I III 8 laquoLegato comrsquoegrave allrsquoorganismo per suanatura tanto per Dante quanto per Sigieri quanto per Averroegrave e in fondo anche persan Tommaso che a suo modo egrave pur sempre aristotelico lrsquointelletto umano per seacute stes-so egrave pur sempre ldquotabula rasardquo se esso non traesse dallrsquoesperienza sensibile i concettiintelligibili che ne attuano la pura potenzialitagrave Quindi anche lrsquointelletto umano [hellip]ha bisogno per essere sempre e dovunque attuato nella sua potenza o capacitagrave drsquoin-tendere di una molteplicitagrave di individui sparsi sulla terra dai quali tragga le immaginisensibili necessarie al suo passaggio dalla potenza allrsquoattoraquo Dante nel passo successi-vo (Mon I III 9) si richiama esplicitamente al commento di Averroegrave al De anima di Ari-stotele ma allo stesso tempo se ne distanzia in quanto Averroegrave ammette soltanto un uni-co intelletto possibile per tutto il genere umano mentre laquociograve che Dante richiede perottenere lo stesso risultato egrave [hellip] quella societagrave universale di tutti gli intelletti possibi-li individuali che costituisce il genere umanoraquo GILSON Dante e la filosofia cit p 158Cosigrave ancora GARFAGNINI Monarchia manifesto di libertagrave e responsabilitagrave civile cit pp16-18 Anche CHIESA-TABARRONE Introduzione in Monarchia cit pp LII-LIII so-stengono che Dante non segue Averroegrave laquonel fare dellrsquointelletto possibile una sostanzaseparata indipendenteraquo (come il poeta afferma espressamente anche in Purg XXV 62-66) ma che mantiene comunque separata laquoda un lato la necessitagrave dellrsquoesistenza di unamoltitudine di esseri umani che realizzano sempre tutti insieme [hellip] la potenzialitagrave deivari intelletti possibili e dallrsquoaltro la necessitagrave politica di un coordinamento politicouniversale per lo scopo comune ultimo [hellip] la realizzazione della scienza universaleraquo

113Mon I IV 1-2 laquoSatis igitur declaratum est quod proprium opus humani generistotaliter accepti est actuare semper totam potentiam intellectus possibilis [hellip] Genushumanum in quiete sive tranquillitate pacis ad proprium suum opus [hellip] liberrimeatque facillime se habet Unde manifestum est quod pax universalis est optimum eo-rum que ad nostram beatitudinem ordinanturraquo

lis egrave laquoil mezzo piugrave acconcio per arrivare a quello cui sono ordinatecome a fine ultimo tutte le nostre azioniraquo viene posto dallrsquoautore co-me laquoprincipio onde muovono tutti i ragionamenti che seguirannoraquo(Mon I IV 5)114 ovvero le undici argomentazioni svolte nel I libroper dimostrare che lrsquoImpero egrave necessario al benessere del mondo leprime dieci sono tutte laquodi ragioneraquo non si basano cioegrave sulle sacrescritture o su argomenti di fede ma si fondano su premesse filosofi-che-metafisiche115 in alcuni casi piugrave direttamente connesse allrsquoattivi-tagrave pratica di governo (dimostrando che laquola monarchia assicura alpiugrave alto grado la giustizia la libertagrave la concordiaraquo)116 Lrsquoultima lrsquoun-dicesima si basa invece su un fatto storico Dante ricorda una laquoex-perientia memorabilisraquo che rende testimonianza alle precedenti ar-gomentazioni ovvero il fatto che il momento dellrsquoincarnazione egrave av-venuto quando laquofu monarca il divo Augustoraquo cioegrave sotto una laquoMo-narchia perfettaraquo quando lrsquoumanitagrave era laquofelice nella tranquillitagrave diuna pace universaleraquo (Mon I XVI 1-2)117 mentre da quando lrsquounitagravedellrsquoimpero egrave stata infranta118 il genere umano egrave stato ed egrave sconvol-

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114Mon I IV 5 laquoEx hiis ergo que declarata sunt patet per quod melius ymo perquod optime genus humanum pertingit ad opus proprium et per consequens visumest propinquissimum medium per quod itur in illud ad quod velut in ultimum finemomnia nostra opera ordinantur quia est pax universalis que pro principio rationumsubsequentium supponaturraquo

115 Fra queste ricordo percheacute lrsquoabbiamo giagrave trovata in Conv IV IV 5 la prima di-mostrazione (fondata su Aristotele Politica I 1254a) laquoquando aliqua plura ordinan-tur ad unum oportet unum eorum regulare seu regere alia vero regulari seu regiraquo(Mon I V 3) vd supra n 25

116 CHIESA-TABARRONE Introduzione inMonarchia cit p XX117Mon I XVI 1-2 laquoRationibus omnibus supra positis experientia memorabilis at-

testatur status videlicet illius mortalium quem Dei Filius in salutem hominis homi-nem assumpturus vel expectavit vel cum voluit ipse disposuit Nam si a lapsu pri-morum parentum qui diverticulum fuit totius nostre deviationis dispositiones ho-minum et tempora recolamus non inveniemus nisi sub divo Augusto monarcha exi-stente Monarchia perfecta mundum undique fuisse quietum Et quod tunc huma-num genus fuerit felix in pacis universalis tranquillitateraquo

118 Il valore ldquosacrordquo dellrsquoimpero egrave sottolineato anche dal fatto che Dante alludealla sua disintegrazione con lrsquoimmagine di laquotunica ista inconsutilisraquo lacerata dalla laquocu-piditatis ungueraquo laquoQualiter autem se habuerit orbis ex quo tunica ista inconsutilis cu-piditatis ungue scissuram primitus passa est et legere possumus et utinam non vide-reraquo (Mon I XVI 3 e cfr anche III X 5) Nel Medioevo era invece attestata la tradizio-

to da tempeste e disgrazie (Mon I XVI 3-4)119 Per quanto riguarda ilI libro questo egrave il riferimento piugrave significativo allrsquoimpero di Romagarante di quella laquopax universalisraquo che sola ha permesso allo laquohu-manum genusraquo di vivere laquofelix in pacis universalis tranquillitateraquo (lalaquovita feliceraquo del Convivio IV IV 1) significativo innanzitutto percheacuteconferma quanto giagrave emerso nel precedente trattato e cioegrave che perDante lrsquoideale dellrsquoimpero universale non egrave unrsquoutopia ma egrave statorealizzato nella storia da una laquoexperientia memorabilisraquo lrsquoimperoaugusteo120 E inoltre percheacute se egrave vero che laquolrsquoincessante evocazionedella pace della ldquopax et tranquillitasrdquoraquo nella Monarchia rimanda allaquoprogramma politico di Enrico VIIraquo cosigrave come egrave documentato nel-le costituzioni pisane del 2 aprile 1313121 egrave anche vero che Dantecollocando lrsquoattuazione di questa pax nellrsquoetagrave di Augusto attesta il

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 81

ne che riferiva tale immagine alla comunione inscindibile dei credenti cfr S CRI-STALDI Dante di fronte al Gioachimismo Caltanisetta-Roma Salvatora Sciascia Edi-tore 2000 pp 279 e 303 Vedono nel passo un riferimento alla donazione di Co-stantino (che Dante menzioneragrave esplicitamente alla fine del II libro [Mon II XI 8] edi cui tratteragrave specificatamente nel III [Mon III X]) CHIESA-TABARRONE Introdu-zione inMonarchia cit p XXXVI e Commento p 70 ad loc

119Mon I XVI 3-4 laquoQualiter autem se habuerit orbis ex quo tunica ista inconsu-tilis cupiditatis ungue scissuram primitus passa est et legere possumus et utinam nonvidere O genus humanum quantis procellis atque iacturis quantisque naufragiis agi-tari te necesse est dum bellua multorum capitum factum in diversa conarisraquo Ma cfranche il sect 3 dellrsquoEpistola VI indirizzata ai Fiorentini nel 1311 laquosolio augustali vacan-te totus orbis exorbitatraquo

120 E ricordiamo che nel Convivio (IV V 8) tale esperienza era stata giudicata ir-ripetibile laquoNeacute rsquol mondo mai non fu neacute saragrave sigrave perfettamente disposto come allora chealla voce drsquoun solo principe del roma[n] populo e comandatore si [descrisse sigrave] co-me testimonia Luca evangelista E perograve [che] pace universale era per tutto che maipiugrave non fu neacute fiaraquo Significativo che nellrsquoEpistola indirizzata ad Arrigo VII in occasionedella sua discesa in Italia la consapevolezza che ormai non esiste piugrave la perfetta mo-narchia universale di Augusto (a cui anche nellrsquoepistola ci si riferisce al sect 14) si espri-ma insieme alla convinzione che lrsquoimpero continui ad avere una vocazione ecumeni-ca secondo la prospettiva virgiliana laquoRomanorum gloriosa potestas nec metis Ytalienec tricornis Europe margine coarctatur Nam etsi vim passa in angustum guberna-cula sua contraxerit undique tamen de inviolabili iure fluctus Amphitritis attingensvix ab inutili unda Oceani se circumcingi dignatur Scriptum etenim nobis est ldquoNas-cetur pulcra Troyanus origine Cesar imperium Occeano famam qui terminet as-trisrdquoraquo (Ep VII 11-13 e il riferimento egrave evidentemente a VERG Aen I 286-87)

121 QUAGLIONI Per la Monarchia di Dante (1313) cit p 160

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122 Dallrsquoetagrave augustea la pace diventa laquosinonimo di impero romano inteso comemondo abitato dallrsquoumanitagrave civile a cui lrsquoimpero assicura la paceraquo (M SORDI Intro-duzione dalla lsquokoinegrave eirenersquo alla lsquopax Romanarsquo in laquoContributi dellrsquoIstituto di Storia an-tica dellrsquoUniversitagrave del Sacro Cuoreraquo 11 1985 pp 3-16 p 13) come proclamano idocumenti ufficiali gli storici i poeti le legendae delle monete e le epigrafi durantetutto il periodo imperiale basti pensare al famoso passo del sesto libro dellrsquoEneide diVirgilo nel quale si riserva al popolo romano la ldquomissionerdquo di laquoregere imperio popu-los [hellip] pacisque imponere moremraquo (851-52) e cfr G PICONE laquoPacatum reget or-bemraquo Etagrave dellrsquooro e tema della pace nei poeti augustei in La pace nel mondo antico At-ti del Convegno nazionale di studi (Torino 9-11 aprile 1990) a cura di R Uglione To-rino Associazione Italiana di Cultura Classica 1991 pp 191-210 I LANA Lrsquoidea del-la pace nellrsquoantichitagrave S Domenico di Fiesole Cultura della Pace 1991 pp 79-101A ARNALDI Motivi di celebrazione imperiale su monete ed epigrafi in laquoRivista Italia-na di Numismaticaraquo 82 1980 pp 85-107 Del resto anche prima dellrsquoetagrave imperialelaquoi Romani quando sono in guerra e dichiarano che il loro scopo egrave quello di ldquopacemdare leges paci imponere pacarerdquo [hellip] intendono dire che con la guerra mirano a rea-lizzare una situazione di superioritagrave che consenta loro di dettare allrsquoavversario le con-dizioni per lrsquoinstaurazione di un certo rapporto fra Roma e il nemico vinto In questosenso preciso essi ldquopacem dantrdquo ai vintiraquo LANA Lrsquoidea della pace nellrsquoantichitagrave citp 56

123 Per altri compendi medievali conosciuti dallrsquoAlighieri cfr CHIESA-TABARRO-NE in Monarchia cit p 69 ad I XVI 2

ldquosuccessordquo di uno dei motivi piugrave forti della propaganda del prin-ceps122 quello appunto di una pax che si trova inscindibilmente as-sociata al suo impero sia nella tradizione pagana sia in quella cri-stiana laquoEt quod tunc humanum genus fuerit felix in pacis univer-salis tranquillitate hoc ystoriographi omnes hoc poete illustres hocetiam scriba mansuetudinis Cristi testari dignatus est et deniquePaulus ldquoplenitudinem temporisrdquo statum illum felicissimum appella-vitraquo (Mon I XVI 2) Fra gli ystoriographi conosciuti a Dante fra gliantichi oltre Orosio vi saranno sicuramente Eutropio e Floro123mentre ricordando i poete lrsquoAlighieri si riferiragrave sicuramente a Virgi-lio (lo laquoscriba mansuetudinis Cristiraquo egrave invece lrsquoevangelista Luca) Eda Virgilio piugrave che da Orosio Dante assume la prospettiva con cuiguardare al principato augusteo per Orosio infatti il regno di Au-gusto era stato preparato da Dio laquoventuri Christi gratiaraquo (Hist VI 204) e la sua importanza risiedeva esclusivamente nella sua funziona-litagrave alla nascita di Cristo del resto lo abbiamo accennato per lo sto-rico la vera grandezza dellrsquoimpero era stata raggiunta in un periodo

successivo a quello augusteo solo grazie alla sua regeneratio chri-stiana124 Per Dante invece i due eventi impero di Augusto e nasci-ta di Cristo sono concomitanti non egrave esistito mai momento piugrave fe-lice per lrsquoumanitagrave dopo la caduta dovuta al peccato originale diquello in cui lrsquoimpero augusteo assicurograve la pace tanto che il figlio diDio potrebbe aver laquodispostoraquo o addirittura laquoattesoraquo proprio quelmomento per la sua incarnazione laquostatus videlicet illius mortaliumquem Dei Filius in salutem hominis hominem assumpturus vel ex-pectavit vel cum voluit ipse disposuitraquo (Mon I XVI 1)125 E la frase diSan Paolo sulla laquopienezza dei tempiraquo come egrave stato osservato126 ecome vedremo meglio anche in seguito sembra definitivamente au-torizzare lrsquoAlighieri a far sua lrsquointerpretazione virgiliana dellrsquoetagrave au-gustea come la nuova etagrave dellrsquooro in cui laquovere tempus et temporaliaqueque plena fueruntraquo (Mon I XVI 2)

22 laquoIustitia potissima est solum sub monarcharaquo (Mon I XI 2)

Vi sono altri passi della Monarchia in cui Dante pur non men-zionando esplicitamente Roma attribuisce allrsquoimpero del suo tem-po alcune ldquoqualitagraverdquo che caratterizzavano lrsquoantico impero romano sitratta come quello della ldquopacerdquo di motivi ampiamente diffusi cheattestano la vitalitagrave e quindi in un certo senso lrsquoattualitagrave di alcunitratti specifici del ldquomodellordquo romano che la scoperta e la rielabora-zione del Corpus Iuris Iustinianeum da parte dei giuristi medievalicontribuivano a proporre e a diffondere127

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 83

124 Vd supra nn 69-70125 In Conv IV V 9 riferendosi alla contemporaneitagrave fra la nascita di David e la

venuta di Enea nel Lazio (su cui vd supra nn 44-45) Dante aveva invece affermatolaquoOh ineffabile e incomprensibile sapienza di Dio che a una ora per la tua venuta inSiria suso e qua in Italia tanto dinanzi ti preparastiraquo Ma cfr anche il sect 26 dellrsquoEpi-stola V indirizzata ai principi drsquoItalia in occasione della venuta di Arrigo VII in ItalialaquoEt si hec que uti principia sunt ad probandum quod queritur non sufficiunt quisnon ab illata conclusione per talia precedentia mecum oppinari cogetur pace videli-cet annorum duodecim orbem totaliter amplexata que sui sillogizantis faciem Dei fi-lium sicuti opere patrato ostenditraquo

126 Cfr CHIESA-TABARRONE Introduzione inMonarchia cit p XXXVII127 Dopo la caduta dellrsquoimpero e i secoli ldquobuirdquo dellrsquoalto medioevo il diritto ro-

Innanzitutto lrsquoimpero proprio tramite lrsquoimperatore egrave per Dan-te lrsquounica istituzione capace di garantire la giustizia ai popoli sui qua-li si estende Ad esempio nella sesta argomentazione riguardante lanecessitagrave di risolvere le controversie si sostiene che se si ha un dis-sidio tra due prigravencipi di pari autoritagrave saragrave necessario un terzo di piugravealto potere che giudichi e decida (Mon I X 3 laquooportet esse tertiumiurisdictionis amplioris qui ambitu sui iuris ambobus principeturraquo)se questo terzo non fosse lrsquoimperatore vuol dire che ci sarebbe bi-sogno di un altro con autoritagrave superiore e si innescherebbe un pro-cesso allrsquoinfinito il che egrave impossibile (Mon I X 5) per questo biso-gna arrivare laquoad iudicem primum et summum de cuius iudicio cun-cta litigia dirimantur sive mediate sive inmediate et hic erit Monar-cha sive Imperatorraquo (ibidem)

Tutta la settima argomentazione poi riguarda la giustizia128 e lasua attuabilitagrave sempre grazie al potere imperiale il mondo egrave infattiordinato nel miglior modo quando in esso vrsquoegrave il massimo di giusti-zia e per questo Virgilio nella IV egloga volendo esaltare i suoi tem-pi aveva affermato laquoIam redit et Virgo redeunt Saturnia regnaraquo (v5) intendendo con Virgo proprio la giustizia e con laquoSaturnia regnaraquoquegli laquooptima tempora que etiam ldquoaureardquo nuncupabantraquo infattilaquoiustitia potissima est solum sub Monarcharaquo (Mon I XI 1-2)129 Di

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mano riaffiorato nellrsquoXI secolo tramite la riscoperta dei Digesta egrave posto da allora laquoalcentro di unrsquoattenzione ininterrotta che ha radicato un modello giuridico neoroma-no nel cuore stesso del mondo moderno attraverso un percorso iniziato nelle rinatecittagrave dellrsquoItalia medievale e arrivato sino al cuore dellrsquoEuropa borgheseraquo SCHIAVO-NE Ius cit p 14 ma si veda tutto il primo capitolo Diritto romano e Occidente mo-derno pp 5-18

128 Per le fonti aristoteliche (con il commento tomistico) dei primi paragrafi diquesto capitolo (Mon I XI 3-5) nei quali si definisce la giustizia laquode se et in proprianatura considerataraquo come laquoquaedam rectitudo sive regula obliquum hic inde abi-ciensraquo (XI 3) cfr ad loc i commenti di NARDI (ALIGHIERI DANTE Opere Minori III1cit pp 328-34) e di CHIESA-TABARRONE inMonarchia cit pp 39-40

129Mon I XI 1-2 laquoPreterea mundus optime dispositus est cum iustitia in eo po-tissima est Unde Virgilius commendare volens illud seculum quod suo tempore sur-gere videbatur in suis Buccolicis cantabat ldquoIam redit et Virgo redeunt Saturnia re-gnardquo lsquoVirgorsquo nanque vocabatur iustitia quam etiam lsquoAstreamrsquo vocabant lsquoSaturniaregnarsquo dicebant optima tempora que etiam lsquoaurearsquo nuncupabant Iustitia potissima estsolum sub Monarcha ergo ad optimam mundi dispositionem requiritur esse Monar-chiam sive Imperiumraquo Da ossevare che nella VII Epistola indirizzata a Arrigo VII laquodi-

questrsquoultima affermazione non si puograve dubitare in quanto egrave chiaroche la giustizia raggiunge il suo massimo lagrave dove il contrasto egrave mini-mo (Mon I XI 5) sia nel campo della volontagrave sia nel campo del po-tere in effetti egrave indispensabile una volontagrave pura da ogni desiderioe una completa possibilitagrave di dare a ciascuno ciograve che gli egrave dovuto(Mon I XI 6-7 dove riecheggia la celebre definizione romana di iu-stitia che comanda di laquosuum cuique tribuereraquo)130 Ma soltanto lrsquoim-peratore ha volontagrave pura da ogni desiderio (egli che tutto posse-dendo egrave libero dalla cupidigia) e soltanto lrsquoimperatore ha il mag-giore potere possibile dunque soltanto se crsquoegrave un monarca la giusti-zia si realizza compiutamente (Mon I XI 8-12) Anzi egli possiedequel retto amore per gli uomini che rafforza la giustizia in quantocerca proprio la pace che della giustizia egrave frutto (Mon I XI 13-15)

E ancora nella nona argomentazione dove si vuole dimostrareche chi puograve garantire la migliore condizione di governo allrsquoumanitagraveegrave chi si trova nella condizione migliore di governo (Mon I XIII 1) do-po aver richiamato ma in toni piugrave realistici quanto affermato nel -lrsquoXI capitolo ovvero che il monarca laquonon ha alcun incentivo alla cu-pidigia o se mai il piugrave piccolo rispetto a tutti gli altri mortaliraquo si so-stiene che laquopoicheacute soltanto la cupidigia corrompe il giudizio e im-pedisce la giustiziaraquo il monarca egrave il piugrave adatto a governare laquoper la ra-gione che piugrave di tutti gli altri egli puograve avere giudizio e giustizia duecose che piugrave di tutte si addicono a chi fa la legge e a chi pon manoad essaraquo131

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 85

vina providentia Romanorum Regi et semper Augustoraquo Dante afferma che quandolrsquoimperatore varcograve le Alpi laquoTunc plerique vota sua prevenientes in iubilo tam Satur-nia regna quam Virginem redeuntem cum Marone cantabantraquo (Ep VII 6)

130Mon I XI 7 laquonam cum iustitia sit virtus ad alterum sine potentia tribuendi cui-que quod suum est quomodo quis operabitur secundum illamraquo La prima attesta-zione di questa definizione di iustitia egrave nella Rhetorica ad Herennium (Rhet Her III3 laquoiustitia est aequitas ius uni cuique retribuens pro dignitate cuiusqueraquo) si ritrovapoi in tutta lrsquoopera ciceroniana (CIC De inv II 160 De rep III 18 Part or 130 Top9 90 De fin V 65 De nat deor III 38 e De off I 15 II 78 III 43) e viene successiva-mente ripresa anche nel Digesto laquoIustitia est constans et perpetua voluntas ius suumcuique tribuendiraquo (Dig 1110 pr)

131 Mon I XIII 7 laquoCum ergo Monarcha nullam cupiditatis occasionem haberepossit vel saltem minimam inter mortales ut superius est ostensum quod ceteris prin-cipibus non contingit et cupiditas ipsa sola sit corruptiva iudicii et iustitie prepediti-

Questi passi della Monarchia ben si collocano nel contesto dellagiurisprudenza medievale che accogliendo nella seconda metagrave delXIII secolo la tradizione aristotelica del giudice perfetto come di-kaion empsuchon132 trasferigrave questa immagine al sovrano che diven-ta iustitia animata in modo che laquola similitudine aristotelica dello iu-stum animatum riguardante il giudice [hellip] venisse considerata unamera variante della ben nota definizione di Giustiniano del princi-pe come lex animataraquo133 E anche le precedenti osservazioni dante-sche a proposito del ruolo dellrsquoimperatore come supremo giudicenelle controversie trovano un immediato riscontro nella dottrina deigiuristi medievali laquosur lrsquoempire et la souveraineteacute impeacuteriale commeprincipe ordonnateur universel crsquoest-agrave-dire comme garantie ldquosou-verainerdquo drsquoun ordre juridique ancreacute dans lrsquoideacutee de iurisdictio edrsquoexercise de la justiceraquo dottrina che laquose manifeste avec une cer-taine emphase justement durant lrsquoeacutepoque de la crise de lrsquouniversa-lisme et au moment de lrsquoeacutepiphanie de nouvelles formes de pouvoiragrave la recherche drsquoune leacutegitimationraquo134

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va consequens est quod ipse vel omnino vel maxime bene dispositus ad regendum es-se potest quia inter ceteros iudicium et iustitiam potissime habere potest que duoprincipalissime legis latori et legis executori conveniuntraquo

132 ARISTOTELE Eth V 1132a (iustum animatum nel commento di Tommaso alpasso aristotelico)

133 KANTOROWICZ I due corpi del re cit p 115 e tutte le pp 114-16 dove sonoriportate le fonti (Tommaso Pietro drsquoAlvernia Giovanni da Parigi Baldo AlbertoMagno ed Egidio Romano) attraverso le quali si osserva il passaggio dellrsquoimmaginedellrsquoiustum animatum dal iudex al rex e infine la definizione di questrsquoultimo sia co-me lex che come iustitia animata

134 D QUAGLIONI Empire et monarchie aspects du deacutebat juridique in Ideacutees drsquoEm-pire en Italie et en Espagne (XIVe-XVIIe siegravecle) sous la direction de F Creacutemoux et J-L Fournel Mont-Saint-Aignan Publications des Universiteacutes de Rouen et du Havre2010 pp 37-46 p 39 e p 38 laquoLa foi dans lrsquoempire est chez ces juristes [hellip] la foisdans un principe qui valide tout autre processus drsquoexercise du pouvoir et lrsquoempereurest le fondament de cette validiteacute [hellip] (lex animata selon lrsquoexpression justinienne demecircme que la lois est un inanimatus princeps)raquo Al saggio di QUAGLIONI rimando perla precedente bibliografia [ricordo solo P COSTA Iurisdictio Semantica del potere po-litico nella pubblicistica medievale (1100-1433) Milano Giuffregrave 20022 (1 ed 1969) eP GROSSI Lrsquoordine giuridico medievale Roma-Bari Laterza 1995] e per le testimo-nianze giuridiche medievali di cui riporto percheacute particolarmente significativo perun confronto colla Monarchia dantesca un passo di Bartolo del 1354 sulle ldquorappre-saglierdquo (il testo egrave pubblicato in D QUAGLIONI Il proemio del bartoliano laquoTractatus re-

Ma voglio accostare alle due argomentazioni dantesche anche duepassi di autori antichi e non di giuristi in cui veniva sottolineata que-sta funzione dellrsquoimperatore romano come supremo e imparziale giu-dice Leggiamo nel Panegirico rivolto da Plinio a Traiano (inizio delII secolo dC) laquoTu non siedi in tribunale solo intento ad arricchireil fisco neacute altro profitto ti viene dalla tua sentenza che la coscienzadrsquoaver bene giudicato [hellip] Opera veramente degna drsquoun principe[hellip] riconciliare cittagrave rivali placare piugrave con la ragione che con la for-za popoli inquieti opporsi alle ingiustizie dei magistrati annullaretutto ciograve che che non si sarebbe dovuto fareraquo135 E nellrsquoencomio ARoma probabilmente pronunciato davanti allrsquoimperatore Adriano(metagrave del II secolo dC) Elio Aristide sostiene

Nei regimi democratici non egrave possibile dopo che il verdetto egrave stato datonella cittagrave rivolgersi altrove neacute ad altri giudici ma egrave necessario rassegnarsi al-le decisioni prese [hellip] (invece nel vostro impero neacute chi sia stato condannatoegrave costretto ad accettare una sentenza) ingiusta neacute chi abbia intentato un pro-cesso e non abbia avuto successo egrave costretto ad accettare la sconfitta ma pres-so di voi rimane un altro giudice supremo a cui nulla mai sfugge di ciograve che ri-guarda la giustizia E qui si realizza una grande e bella uguaglianza fra il de-bole e il forte fra lo sconosciuto e il famoso fra il povero e il ricco e fra chi egravedi oscure origini e chi egrave nobile e si verifica il detto di Esiodo ldquofacilmente ren-de potente facilmente abbassa il potenterdquo questo giudice e signore condottodalla giustizia come la nave egrave condotta dal vento che non favorisce e proteg-ge di piugrave il ricco e meno il povero ma aiuta nello stesso modo chiunque gli ca-piti di incontrare sulla sua strada)136

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 87

presaliarumraquo in laquoPluteusraquo II 1984 pp 85-92) laquoPostea vero peccata nostra merue-runt quod Romanum Imperium prostratum iaceret per tempora multa et reges etprincipes ac etiam civitates maxime in Italia saltem de facto in temporalibus dominumnon agnoscerunt propter quod de iniustiis ad superiorem non potest haberi regressuscoeperunt represaliae frequentariraquo

135 PLIN Pan 80 laquoNon locupletando fisco sedes nec aliud tibi sententiae tuaepretium quam bene iudicasse [hellip] O vere principis [hellip] reconciliare aemulas civita-tes tumentesque populos non imperio magis quam ratione compescere intercedereiniquitatibus magistratuum infectumque reddere quidquid fieri non oportueritraquo Latraduzione egrave quella di Malcovati in PLINIO IL GIOVANE Il Panegirico di Traiano testocritico traduzione e commento a cura di E MALCOVATI Firenze Sansoni 1949

136 ELIO ARISTIDE A Roma 38-39 Mia la traduzione qui e infra (in ELIO ARISTI-DE A Roma Traduzione e commento a cura di F FONTANELLA introduzione di PDESIDERI Pisa Edizioni della Normale 2007)

Si tratta di due autori non conosciuti allrsquoAlighieri137 ma non sipuograve comunque fare a meno di osservare la profonda consonanza fraldquoantichirdquo e ldquomedievalirdquo nel riconoscere allrsquoimperatore il ruolo di giu-dice supremo capace proprio in quanto diretto interprete della giu-stizia di assicurare la pace alla societagrave civile

23 laquoSed existens sub monarcha est potissime liberumraquo (Mon IXII 8)

In secondo luogo per Dante lrsquoimpero garantisce la libertas Tut-ta lrsquoottava argomentazione del I libro della Monarchia egrave imperniatasul problema della libertagrave il cui primo fondamento egrave il libero arbi-trio138 cioegrave il giudizio non prevenuto e quindi non mosso dagli ap-petiti (Mon I XII 3-4)139 il piugrave gran dono fatto da Dio alla naturaumana percheacute ne dipende la nostra felicitagrave sulla terra in quanto es-seri mortali e la nostra felicitagrave in cielo in quanto esseri immortali(Mon I XII 6)140 laquoSe egrave cosigrave ndash chiede lrsquoAlighieri ndash chi mai oserebbe ne-

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137 Il caso di Elio Aristide egrave evidente Ma anche per quanto riguarda Plinio ilGiovane il Panegirico fu riscoperto solo nel XV secolo e lrsquoepistolario conosciuto inmodo limitato nel Medioevo fu probabilmente sconosciuto a Dante cfr la vocePlinio il Giovane di G BRUGNOLI (1970) nellrsquoEnciclopedia Dantesca (httpwwwtrec-caniitenciclopediaplinio-il-giovane_(Enciclopedia-Dantesca))

138 Mon I XII 2 laquosciendum quod principium primum nostre libertatis est liber-tas arbitrii quam multi habent in ore in intellectu vero pauciraquo

139 Mon I XII 3-4 laquoEt ideo dico quod iudicium medium est apprehensionis etappetitus nam primo res apprehenditur deinde apprehensa bona vel mala iudicaturet ultimo iudicans prosequitur sive fugit Si ergo iudicium moveat omnino appetitumet nullo modo preveniatur ab eo liberum est si vero ab appetitu quocunque modopreveniente iudicium moveatur liberum esse non potest quia non a se sed ab aliocaptivum trahiturraquo

140Mon I XII 6 laquoHoc viso iterum manifestum esse potest quod hec libertas siveprincipium hoc totius nostre libertatis est maximum donum humane nature a Deocollatum ndash sicut in Paradiso Comedie iam dixi ndash quia per ipsum hic felicitamur ut ho-mines per ipsum alibi felicitamur ut diiraquo Il rimando egrave evidentemente a Paradiso V 19-24 laquoLo maggior don che Dio per sua larghezza fesse creando e a la sua bontate piugrave conformato e quel chrsquoersquo piugrave apprezza fu de la volontagrave la libertate di che lecreature intelligenti e tutte e sole fuoro e son dotateraquo ma lrsquoautenticitagrave di questo in-ciso egrave ancora discussa cfr QUAGLIONI Per la Monarchia di Dante (1313) cit pp156-57 e note

gare che il genere umano viva felice sol quando puograve far il maggioreuso di questo principioraquo E dichiara laquoOra esso (scil il genere uma-no) egrave sommamente libero se vive sotto il Monarcaraquo (Mon I XII 7-8)La dimostrazione parte dalla citazione del passo della Metafisica diAristotele (Metaph I 982b) nel quale si definisce libero ciograve che laquoap-partiene a seacute stesso e non ad altriraquo Ma solo sotto lrsquoimperatore laquosonraddrizzati i governi obliqui ndash cioegrave le democrazie le oligarchie e letirannidi ndash che costringono in servitugrave il genere umano [hellip] e ben go-vernano i re gli aristocratici che diconsi ottimati e coloro che han-no a cuore la libertagrave popolareraquo (Mon I XII 9) Lrsquoimperatore impe-dendo le forme deviate di governo e favorendo invece quelle retteassicura quindi al cittadino il massimo grado di libertagrave in quanto ilaquogoverni retti si propongono la libertagrave sigrave che gli uomini abbiano davivere per seacuteraquo (Mon I XII 10)141 Il punto di partenza dantesco egrave quin-di una prerogativa dellrsquouomo il libero arbitrio che non dipende dalpotere imperiale questrsquoultimo perograve garantisce la miglior condizio-ne possibile in cui lrsquoumana libertagrave si possa esprimere142 salvando

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141 Mon I XII 8-10 laquoSed existens sub Monarcha est potissime liberum Propterquod sciendum quod illud est liberum quod ldquosui met et non alterius gratia estrdquo utPhylosopho placet in hiis que De simpliciter ente Nam illud quod est alterius gratianecessitatur ab illo cuius gratia est sicut via necessitatur a termino Genus humanumsolum imperante Monarcha sui et non alterius gratia est tunc enim solum politie di-riguntur oblique ndash democratie scilicet oligarchie atque tyramnides ndash que in servitu-tem cogunt genus humanum ut patet discurrenti per omnes et politizant reges aris-tocratici quos optimates vocant et populi libertatis zelatores quia cum Monarchamaxime diligat homines ut iam tactum est vult omnes homines bonos fieri quodesse non potest apud oblique politizantes Unde Phylosophus in suis Politicis ait quodin politia obliqua bonus homo est malus civis in recta vero bonus homo et civis bo-nus convertuntur Et huiusmodi politie recte libertatem intendunt scilicet ut hominespropter se sint Unde Phylosophus in suis Politicis ait quod in politia obliqua bonushomo est malus civis in recta vero bonus homo et civis bonus convertuntur Et huius-modi politie recte libertatem intendunt scilicet ut homines propter se sintraquo (Cfranche ARIST Pol III 1276b-1277b) Il capitolo si conclude con lrsquoosservazione laquoHincetiam patet quod quamvis consul sive rex respectu vie sint domini aliorum respectuautem termini aliorum ministri sunt et maxime Monarcha qui minister omnium pro-culdubio habendus est Hinc etiam iam innotescere potest quod Monarcha necessi-tatur a fine sibi prefixo in legibus ponendisraquo (sect 12)

142 HA LLOYD The relationship between centralization and autonomy in the hi-story of European legal and political thought in Challenging centralism decentramen-to e autonomie nel pensiero politico europeo a cura di L Campos Boralevi Firenze

lrsquouomo dai regimi laquocorrottiraquo non percheacute li abolisca ponendosi comeunica istituzione politica ma percheacute ha il potere di renderli laquorettiraquoDi nuovo siamo di fronte a un motivo che ampia diffusione avevaavuto nellrsquoantico impero ovvero quello di una libertas che parados-salmente non trova la sua negazione ma anzi la garanzia della suaesistenza sotto il governo dellrsquounico princeps Cosigrave ad esempio an-cora Elio Aristide rivolgendosi ai Romani affermava laquovoi siete i so-li fra quanti hanno mai posseduto un impero a governare su uomi-ni liberi La Caria non egrave infatti consegnata a Tissaferne neacute la Frigiaa Farnabazo neacute lrsquoEgitto a qualcun altro e nessun popolo egrave consi-derato il patrimonio personale di un qualche padrone in realtagrave nem-meno lui libero a cui quel popolo egrave consegnato percheacute lo servaraquo (ARoma 36) e ancora laquonessuno che sia degno di posti di comando odi fiducia egrave considerato uno straniero ma si egrave costituita unrsquounica de-mocrazia universale sotto un unico uomo il miglior capo e ordina-tore e tutti si riuniscono come in un foro comune ciascuno per ri-cevere ciograve che a lui si convieneraquo (ivi 60)143 E Cassio Dione (LII 14)faragrave dire a Mecenate nel suo famoso discorso a favore del principa-to laquoEcco percheacute ti consiglio di non cadere nellrsquoerrore di prenderein considerazione le cose da un punto di vista formale ma di valu-tarle attentamente per quello che sono di porre fine allrsquoaudacia del-la moltitudine e di affidare a te stesso e agli altri nobili lrsquoammini-strazione dei pubblici affari in modo tale che siano i piugrave saggi a de-liberare e i piugrave esperti a comandare [hellip] In questo modo ogni clas-se sociale [hellip] guadagneragrave unrsquoautentica democrazia (τὴν δημοκρα-τίαν τὴν ἀληθῆ) e una libertagrave sicura (τήν τε ἐλευθερίαν τὴνἀσφαλῆ)raquo144 Ma un tratto originale rispetto al pensiero antico egrave co-

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University Press 2011 pp 1-8 pp 5-6 sottolinea il ruolo attribuito in questo passodella Monarchia allrsquoimperatore come garante di libertagrave non accennando perograve al cor-rettivo da questi esercitato sui vari regimi ma secondo quanto affermato in Mon IXII 12 riportato supra in nota solo al fatto che lrsquoesistenza del monarca garantisce laquothepresence [hellip] of a unitary legislative capability as the facilitator and guarantor of au-tonomy itselfraquo (ivi p 6)

143 Dato infatti che laquotrue liberty lay in the protection of all classes under one per-sonraquo egrave evidente che laquothe Empire represented the true the perfect democracyraquo (GCSTARR The perfect democracy of the roman empire in laquoAmerican Historical ReviewraquoLVIII 1952 pp 1-16 p 12)

144 La traduzione egrave quella di Stroppa in CASSIO DIONE Storia Romana V libri

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LII-LVI introd di G CRESCI MARRONE trad di A STROPPA note storiche di F ROHR

VIO Milano Rizzoli 1998 Per come venisse intesa la libertagrave in rapporto al regime im-periale romano cfr eg anche PLUT Mor 814 f PLIN Paneg 66 2-4 67 2 78 3 e MANT 1 14 su cui si veda il ldquoclassicordquo C WIRSZUBSKI Libertas as a political idea at Romeduring the late republic and early principate Cambridge Cambridge University Press1950 trad it Libertas il concetto politico di libertagrave a Roma tra Repubblica e ImperoBari Laterza 1957 pp 253-54 (ma si veda anche lrsquointero cap V pp 186-256) laquoQuel-lo che era stata la libertas populi Romani Quiritium finigrave col diventare libertas Augustila libertagrave che lrsquoimperatore accorda al suo popolo o secondo lrsquoespressione di MarcoAurelio ἐλευθερίαν τῶν ἀρχομένων Libertas ora significa rispetto per la persona e lalibertagrave del cittadino sicurezza e benessere ma posta comrsquoegrave sotto tutela essa non si-gnifica affatto indipendenza cosigrave come in un regime assolutistico non egrave per nulla undiritto politicoraquo

145 PLATONE Politico 291d-293e Repubblica VIII 544a146 ARISTOTELE Politica III 1279a-b IV 1289a-b147 CHIESA-TABARRONE Monarchia cit p 51 ad I XII 9148 Questa particolare forma di regime politico come egrave stato giustamente osser-

vato egrave infatti piugrave laquoun modo di analizzare e di interpretate una realtagrave politicaraquo cheuna realtagrave politica vera e propria C CARSANA La teoria della costituzione mista nel-lrsquoetagrave imperiale romana Como New Press 1990 p 7 Giagrave Platone (Leggi 712d) in-terpreta in questo modo il sistema politico spartano e lo giudica piugrave stabile propriopercheacute misto e moderato Aristotele lo apprezza in Politica II 6 1265b-1266a e inter-preta cosigrave quello dellrsquoAtene di Solone (Pol 1273b)

stituito in Dante (oltre che da una evidente e palese diversa conce-zione di ldquolibertagrave della personardquo) dallrsquoidea che lrsquoimperatore possa co-stituire un correttivo alla degenerazione dei vari sistemi politici Ladistinzione fra regimi laquorettiraquo e laquodegeneratiraquo egrave antica giagrave presente inPlatone145 e poi in Aristotele146 da cui la riprende lrsquoAlighieri147 Uncorrettivo a questo inevitabile corrompersi delle forme politiche futrovato nel modello della ldquocostituzione mistardquo148 e fu applicato daPolibio alla realtagrave politica romana individuando lrsquoelemento monar-chico nei consoli quello aristocratico nel senato e quello democra-tico nelle assemblee popolari un meccanismo di controlli reciprocifra questi tre elementi poteva assicurarne lrsquoequilibrio in modo darendere stabile questa forma di governo e non soggetta a decaden-za come quella delle costituzioni ldquosemplicirdquo (POLYB VI 11-18) An-che Cicerone nel De republica (I 69 II 57) aveva posto a fondamen-to del suo stato ideale una laquocostituzione mista e temperataraquo fonda-ta perograve sul contemperamento di tre principi (potestas auctoritas li-bertas) presenti in una classe dirigente unita e non come in Polibio

sullrsquoequilibrio di tre poteri (consoli senato popolo) che si contrap-pongono149 E nella Roma imperiale Elio Aristide non rinunceragrave ausare questo modello interpretativo150 laquoavendo infine rivolto losguardo allrsquolsquoefororsquo e al lsquopritanorsquo di tutto questo ndash scil lrsquoimperatore ndashgrazie al quale al popolo egrave dato di ottenere ciograve che desidera e ai lsquopo-chirsquo di governare e di avere potere vedragrave proprio colui che detienela monarchia piugrave perfetta libera dai mali della tirannide e superio-re ad ogni prestigio di reraquo (A Roma 90) Un precedente dellrsquoideadantesca che lrsquoimperatore impedisca la deviazione dei regimi costi-tuzionali si puograve quindi forse rintracciare nel ruolo attribuito allrsquoim-peratore romano come garante di unrsquoeffettiva realizzazione della co-stituzione mista in quanto il suo potere costituirebbe quellrsquoelemen-to monarchico che non elimina ma anzi garantisce il giusto svolgi-mento delle prerogative degli altri due elementi (aristocrazia e po-polo) Ma si tratta comunque di un ruolo che si esercita allrsquointernodi un unico organismo politico e che non ammette quindi lrsquoesisten-za separata dei tre regimi Del resto anche in etagrave medievale lo stes-so Tommaso nella Summa theologiae intende la costituzione mistacome contemperamento dellrsquounico regime monarchico attraverso lealtre due forme di governo151 Diversa evidentemente la concezio-ne di Dante secondo il quale lrsquoimperatore dovrebbe garantire il cor-

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149 Cfr in particolare JL FERRARY LrsquoArcheacuteologie du De re publica (224-37-63)Ciceacuteron entre Polybe et Platon in laquoJournal of Roman Studiesraquo LXXIV 1984 pp 87-98

150 Del resto il modello della ldquocostituzione mistardquo presente nel dibattito politi-co greco giagrave nel IV secolo come dimostrano le testimonianze di Platone e Aristotelesopra citate dovette in seguito imporsi nel III secolo nellrsquoambito delle scuole peripa-tetiche e stoiche per laquola volontagrave di definire un sistema di relazione tra basileus clas-se di governo cittadina e masse popolari allrsquointerno della nuova polis ellenisticaraquoCARSANA La teoria della costituzione mista nellrsquoetagrave imperiale romana cit p 15

151 Summa Theol Ia-IIae q 105 a 1 laquoTalis enim est optima politia bene com-mixta ex regno inquantum unus praeest et aristocratia inquantum multi principan-tur secundum virtutem et ex democratia idest potestate populi inquantum ex po-pularibus possunt eligi principes et ad populum pertinet electio principumraquo Invecenel commento alla Politica di Aristotele (Sententia libri Politicorum II 7 71-81) rico-nosce la maggior stabilitagrave del regime misto vero e proprio cfr S SIMONETTA Rime-scolare le carte Il tema del governo misto in Tommaso drsquoAquino e nella riflessione po-litica tardomedievale in Governo misto ricostruzione di unrsquoidea a cura di D FELICENapoli Liguori 2011 pp 161-93 con altra bibliografia sul tema

retto funzionamento delle varie forme di governo senza perograve abo-lirne alcuna laquola monarchia universale non egrave intesa come un gover-no che sostituisca o abroghi tutte le altre come una sorta di illumi-nata dittatura le normali forme di governo in cui egrave organizzata lasocietagrave nella loro varietagrave continuano a esistere in un contesto uni-versale che le preserva dalle deviazioni e garantisce cosigrave la libertagrave deisudditi In un certo senso si potrebbe dire che il monarca egrave un prin-cipio costituzionale del mondoraquo152

Questa funzione direttiva ma non invasiva dellrsquoimpero rispettoa tutte le altre forme politiche egrave ciograve che Dante sostiene anche nellapenultima argomentazione del I libro dove vuole dimostrare che ilgenere umano si trova nelle condizioni ideali quando egrave retto da unosolo153 Lrsquoautore si sente infatti in dovere di precisare che

questo non srsquoha da intendere sigrave che da lui immediatamente possano pro-venire le piugrave piccole decisioni di ciascun municipio mentre le stesse leggimunicipali sono talora imperfette ed abbisognano di discernimento comrsquoegravechiaro da ciograve che dice il Filosofo quando nel quinto libro [dellrsquoEtica] a Ni-comaco raccomanda lrsquoepiigravekia Ed invero le nazioni i regni e le cittagrave hanno co-stumi diversi lrsquouno dallrsquoaltro che occorre siano regolati con leggi diverse cheacuteappunto la legge egrave regola direttiva del vivere Cosigrave in un modo han da esserregolati gli Sciti i quali [hellip] dovendo sopportare una grande diversitagrave fra i

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152 CHIESA-TABARRONE Monarchia cit p 52 ad I XII 9 La stessa idea che spettiallrsquoimperatore intervenire per la reformatio dei regimi corrotti la troviamo nel De re-gimine civitatis di Bartolo da Sassoferrato cfr D QUAGLIONI Politica e diritto neltrecento italiano Il laquoDe tyrannoraquo di Bartolo da Sassoferrato (1314-1357) Con lrsquoedizio-ne critica dei trattati laquoDe Guelphis et Gebellinisraquo laquoDe regimine civitatisraquo e laquoDe ty-rannoraquo Firenze Olschki 1983 p 163 ll 315-24 dove si sottolinea il ruolo svoltodallrsquoimperatore Carlo IV nella riforma del governo di Siena e p 164 ll 354-57 Ladatazione del De regimine civitatis egrave da collocarsi tra il 1355 e il 1357 cfr D QUA-GLIONI laquoRegimen ad populumraquo e laquoregimen regisraquo in Egidio Romano e Bartolo da Sas-soferrato in laquoBullettino dellrsquoIstituto Storico Italiano per il Medio Evo e Archivio Mu-ratorianoraquo 87 1978 pp 201-28 p 201 n 1 Ma cfr anche quanto afferma sempreBartolo nelle glosse alle costituzioni pisane di Enrico VII (metagrave XIV secolo) laquocum im-perium fuit in statu et in tranquillitate totus mundus fuit in pace et tranquillitate uttempore Octaviani Augusti et cum Imperium fuit prostratum insurrexerunt diraetyrannidesraquo (in D QUAGLIONI Empire et monarchie aspects du deacutebat juridique citp 39)

153 Con la dimostrazione sulla quale non ci soffermiamo che laquoquod potest fieriper unum melius est per unum fieri quam per pluraraquo Mon I XVI 1-3

giorni e le notti sono oppressi da un rigore quasi intollerabile del freddo ein altro modo i Garamanti che abitando sotto il circolo equinoziale e tro-vandosi ad avere sempre la luce del digrave di durata eguale alle tenebre della not-te per il soverchio calore dellrsquoaria non tollerano di coprirsi di vesti Ma srsquohada intendere in guisa che il genere umano sia retto da lui in quello che ha dicomune e che compete a tutti gli uomini e con norma comune sia guidato al-la pace la qual norma o legge i principi particolari han da ricevere da lui(Mon I XIV 4-7)154

Il confronto con un passo del De regimine principum permette diprecisare meglio il pensiero dantesco Tolomeo da Lucca dalla con-statazione delle differenze di struttura fisica e di stile di vita fra quan-ti vivono in luoghi diversi fa infatti discendere lrsquoopportunitagrave di adat-tare la forma di governo (dispotico o politico) allrsquoindole servile o vi-rile e coraggiosa (cioegrave di chi laquoconfida nella forza del suo intellettoraquo)dei vari popoli in modo analogo a quanto avevano affermato gli an-tichi Greci fra cui Aristotele nella Politica a cui Tolomeo rimandaesplicitamente155 Dante invece si richiama ad Aristotele solo per ilprincipio della ἐπιείκεια156 ovvero per quella capacitagrave di adattare la

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154Mon I XIV 4-6 laquoSed humanum genus potest regi per unum suppremum prin-cipem qui est Monarcha Propter quod advertendum sane quod cum dicitur lsquohuma-num genus potest regi per unum suppremum principemrsquo non sic intelligendum estut minima iudicia cuiuscunque municipii ab illo uno inmediate prodire possint cumetiam leges municipales quandoque deficiant et opus habeant directivo [hellip] Habentnanque nationes regna et civitates intra se proprietates quas legibus differentibusregulari oportet est enim lex regula directiva vite Aliter quippe regulari oportet Sci-thas qui extra septimum clima viventes et magnam dierum et noctium inequalitatempatientes intolerabili quasi algore frigoris premuntur et aliter Garamantes qui subequinoctiali habitantes et coequatam semper lucem diurnam noctis tenebris habentesob estus aeris nimietatem vestimentis operiri non possuntraquo

155De regimine principum IV 8 e ARISTOTELE Polit VII 1327b Ma prima cfr an-che PS IPPOCRATE Sulle arie sulle acque e sui luoghi specialmente al cap 12 PLATO-NE Leggi V 747c-e

156 ARISTOTELE Eth V 1137b ma cfr anche TOMMASO Summa theol IIa-IIaeq 120 a 1 laquocum de legibus ageretur quia humani actus de quibus leges dantur insingularibus contingentibus consistunt quae infinitis modis variari possunt non fuitpossibile aliquam regulam legis institui quae in nullo casu deficeret sed legislatoresattendunt ad id quod in pluribus accidit secundum hoc legem ferentes quam tamenin aliquibus casibus servare est contra aequalitatem iustitiae et contra bonum com-mune quod lex intendit [hellip] In his ergo et similibus casibus malum esset sequi le-

legge alle varie circostanze insita anche nel concetto latino di aequi-tas157 La diversitagrave dei luoghi sembra allora solo richiedere misureparticolari per lo piugrave di ordine ldquopraticordquo ma la differenza fra i va-ri regimi politici che abbiamo vista riconosciuta e garantita nel XIIcapitolo della Monarchia non egrave assolutamente stabilita su basi etni-che158 Lrsquoimperatore puograve cosigrave dettare una comunis regula che riguar-di ciograve che egrave comune a tutto il genere umano percheacute questo sia con-dotto ad pacem159

La giurisdizione imperiale su nationes regna et civitates cosigrave co-me era intesa da Dante e dai giuristi medievali160 era evidentemen-

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gem positam bonum autem est praetermissis verbis legis sequi id quod poscit iusti-tiae ratio et communis utilitas Et ad hoc ordinatur epieikeia quae apud nos dicituraequitasraquo

157 Cfr SCHIAVONE Ius cit p 259 con passi citt a p 461 nota 47 Ma vd ancheil passo sopra riportato di Tommaso Sempre in TOMMASO Summa theol Ia-IIae q 95a 1 troviamo la definizione laquolex omnis directiva est actuum humanorumraquo

158 Cfr EM PETERS The Frowning Pages Scythians Garamantes Florentinesand the Two Laws in The lsquoDivine Comedyrsquo and the Encyclopedia of Arts and Scienceed by GC Di Scipio and A Scaglione Amsterdam-Philadelphia John Benjamins Pu-blishing Company 1988 pp 285-314 ristampato con la medesima impaginazione inID Limits of thought and power in Medieval Europe Aldershot-Burlington [VT]Ashgate 2001 specialmente pp 298-99 dove si sostiene che il riconoscimento di laquoacertain degree of local autonomy in lawmakingraquo ai popoli come gli Sciti e i Garamantiposti rispettivamente allrsquoestremo nord e sud dellrsquoecumene serva per contrasto asottolineare come invece i popoli al centro dellrsquoimpero non possano in nessun aspet-to derogare da quella laquoimperial lawraquo che coincide con la laquoratio scriptaraquo

159Mon I XIV 7 laquoSed sic intelligendum est ut humanum genus secundum sua co-munia que omnibus competunt ab eo regatur et comuni regula gubernetur ad pacemQuam quidem regulam sive legem particulares principes ab eo recipere debentraquo

160 laquoIl faudrait toujours rappeler que durant le Moyen Acircge juridique et politiqueles concepts de souveraineteacute et drsquoautonomie srsquoexpriment dans la figure du ldquoseigneurlontainrdquo drsquoun pouvoir impeacuterial drsquoun imperium dont lrsquoexistence est neacutecessaire pourassurer toute une construction eacutethico-juridique mais qui ne peut avoir la preacutesence me-naccedilante drsquoun pouvoir envahissant et despotiqueraquo QUAGLIONI Empire et monarchieaspects du deacutebat juridique cit p 41 Ma cfr anche Mon III X 10 laquoImperium est iu-risdictio omnem temporalem iurisdictionem ambitu suo comprehendensraquo dove Dan-te ricalca la formula della l Omnis iurisdictio vd sempre D QUAGLIONI Il diritto co-mune pubblico e le leggi di Roncaglia nuove testimonianze sulla l laquoOmnis iurisdictioraquoin Gli inizi del diritto pubblico lrsquoetagrave di Federico Barbarossa legislazione e scienza deldiritto = Die Anfaenge des oeffentlichen Rehts Gesetzgebung im Zeitalter FriedrichBarbarossas und das gelehrte Recht Bologna-Berlin Il Mulino-Duncker amp Humblot

te ben diversa da quella esercitata dallrsquoantica Roma sui vari popoli ecittagrave caduti sotto il suo dominio ma lrsquoautonomia nel senso etimo-logico del termine delle varie cittagrave (specialmente nelle provinceorientali)161 era comunque stata un fattore giuridico e ideologico digrande importanza nel costituirsi e stabilizzarsi dellrsquoantico imperoromano cosigrave come lrsquoidea di una ldquodoppia cittadinanzardquo ovvero diquella romana e di quella della propria civitas di provenienza a sca-pito di ogni piugrave vasta realtagrave etnico-provinciale162 E molto probabil-mente giagrave Ottone di Frisinga contemporaneo e amico di FedericoBarbarossa quando aveva definito il potere dellrsquoimperatore comeun patrocinium sul mondo163 aveva voluto ricollegarsi a questo ca-rattere non ldquomonoliticordquo dellrsquoantico impero romano

FRANCESCA FONTANELLA96

2007 p 47-65 (Annali dellrsquoIstituto storico italo-germanico Contributi = Jahrbuchdes Italienisch-deutschen historisches Instituts in Trient Beitraumlge 19) ID Vecchie enuove testimonianze sulla l laquoOmnis iurisdictioraquo in Iuris historia liber amicorum Ge-ro Dolezalek a cura di V COLLI E CONTE Berkeley Calif Robbins Collection 2008p 89-104 Ma vd anche supra gli studi citati alla n 134

161 Come durante il periodo della sua espansione in Italia Roma aveva in alcunicasi permesso alle varie cittagrave italiche di mantenere in parte i loro ordinamenti (Li-neamenti di storia del diritto romano sotto la direzione di M Talamanca Giuffregrave Mi-lano 1989 pp 247-50) cosigrave in seguito concede a molte cittagrave dellrsquoOriente greco la con-dizione di civitates liberae foederate o sine foedere la cui autonomia sempre relativanaturalmente ovvero la possibilitagrave di governarsi in alcuni ambiti secondo proprie leg-gi era sancita o meno da un trattato cfr Lineamenti di storia del diritto romano citpp 506-10 e V MAROTTA Conflitti politici cittadini e governo provinciale NapoliLoffredo 2004 pp 17-23 con note e bibliografia Il diritto allrsquoautonomigravea e allrsquoeleu-therigravea che consisteva oltre che nel potersi governare con leggi proprie e nel non pa-gare tributi anche nella libertagrave dallrsquoinvio di presidi esterni era considerato il fonda-mento stesso della polis greca di etagrave classica e venne ribadito da Flaminino quando nel196 aC proclamograve la libertagrave della Grecia (POLYB XVIII 46 5) cfr M SORDI Intro-duzione dalla lsquokoinegrave eirenersquo alla lsquopax Romanarsquo cit pp 3-16 EAD Panellenismo elaquokoine eireneraquo in I Greci a cura di S Settis 2 III Una storia greca TrasformazioniTorino Einaudi 1998 pp 5-20 con fonti e bibliografia

162 Lrsquoosservazione egrave piugrave che appurata e documentata nella stragrande maggio-ranza degli studi sullrsquoantico impero romano rimando solo al recente S RODA Il mo-dello della repubblica imperiale romana fra mondo antico e moderno Milano Mon-duzzi 2011 in particolare pp 5-74 e 145-53 Sulla doppia cittadinanza nel mondo ro-mano rimando al ldquoclassicordquo AN SHERWIN-WHITE The Roman citizenship OxfordClarendon Press 19732 (1 ed 1939) pp 271-72 e 291-311

163 laquoAd imperatorem totius orbis spectat patrociniumraquo ChroniconVII 34 (MHGScriptores rerum Germanicarum in usum scholarum separatim editi vol 45 OTTONIS

La sovranitagrave imperiale cosigrave come egli la concepiva si estendeva infattisulle nazioni i principati e le cittagrave della cristianitagrave occidentale ma lrsquoimpera-tore non intendeva sostituirsi ai loro governanti nellrsquoesercizio quotidiano del-lrsquoautoritagrave Cosigrave come la Roma antica aveva rispettato almeno formalmentele autonomie municipali e ammesso la doppia cittadinanza [hellip] allrsquoimpera-tore bastava che tutti papa compreso riconoscessero il carattere universaledel suo potere che veniva da Dio e faceva di lui lrsquoincarnazione della giusti-zia e della legge164

E cosigrave viene tratteggiato lrsquoimpero nel I libro della Monarchia unimpero garante della pace assicurata attraverso lrsquoesercizio della giu-stizia e di un diritto che pur nel rispetto delle ldquoautonomie localirdquodetta ai particulares principes una regulam sive legem (Mon I XIV 7)anche a tutela della libertagrave dei singoli cives165

24 laquoRomanum Imperium [hellip] a Deo volitum et per consequensde iure fuit et estraquo (Mon II IV 4)

Il II libro della Monarchia egrave interamente dedicato a dimostrareche i Romani costituirono di diritto il loro Impero e non giagrave unica-mente con la forza cosa questrsquoultima che lo stesso Dante ammettedi aver in precedenza pensato166

Lrsquoautore vuole stabilire anzitutto (come nel primo libro) una ve-ritagrave a cui fare riferimento costante nel seguito della argomentazione(Mon II II 1) e per questo osserva che quanto esiste di bene nel

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EPISCOPI FRISINGENSIS Chronica sive Historia de duabus civitatibus editio altera re-cognovit A HOFMEISTER Hannoverae et Lipsiae Impensis bibliopolii Hahniani1912 p 367)

164 A GIARDINA-A VAUCHEZ Il mito di Roma Da Carlo Magno a Mussolini Ro-ma-Bari Laterza 2000 p 44

165 Ma cfr anche il sect 23 dellrsquoEpistola VI ai Fiorentini dove lrsquoAlighieri sostiene chechi cospira contro lrsquoimperatore non egrave libero in quanto solo lrsquoobbedienza alle leggi dagravela libertagrave e lrsquoimperatore egrave laquolegum princeps itaque solis existentibus liberis qui vo-luntarie legi obediunt quos vos esse censebitis qui dum pretenditis libertatis affec-tum contra leges universas in legum principem conspiratisraquo

166Mon II I 2 laquoAdmirabar equidem aliquando romanum populum in orbe ter-rarum sine ulla resistentia fuisse prefectum cum tantum superficialiter intuens il-lum nullo iure sed armorum tantummodo violentia obtinuisse arbitrabarraquo

mondo deriva da Dio e che quindi il diritto che egrave un bene si trovainnanzitutto nella mente divina ed egrave da Dio voluto167 Ma se il dirit-to egrave immagine della volontagrave divina chiedersi se una cosa sia statafatta di diritto equivale allora chiedersi se sia stata fatta secondo lavolontagrave di Dio168 da ciograve discende il principio su cui si fonderagrave tut-ta lrsquoargomentazione del II libro che quanto Dio vuole in seno alla so-cietagrave umana deve essere stimato come vero e puro diritto169 Postoquesto principio Dante per dimostrare il diritto dei Romani allrsquoIm-pero ricorreragrave a fatti incontestabili e a testimonianze autorevoli ca-paci di render manifesta lrsquoinvisibile volontagrave di Dio che ha voluto lrsquoaf-fermazione dellrsquoimpero romano170 Non credo che questa premessasia sufficiente a definire la posizione di Dante in tema di diritto co-me una posizione laquovolontaristicaraquo tout court (laquola giustizia non comeespressione della ragione ma dellrsquoimperscrutabile volontagrave di Dioraquo)opposta a quella laquorazionalisticaraquo propria a S Tommaso171 e pertan-

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167Mon II II 4 laquoEx hiis iam liquet quod ius cum sit bonum per prius in menteDei est et cum omne quod in mente Dei est sit Deus iuxta illud ldquoQuod factum estin ipso vita eratrdquo et Deus maxime se ipsum velit sequitur quod ius a Deo prout ineo est sit volitum Et cum voluntas et volitum in Deo sit idem sequitur ulterius quoddivina voluntas sit ipsum iusraquo

168 Mon II II 5-6 laquoEt iterum ex hoc sequitur quod ius in rebus nichil est aliudquam similitudo divine voluntatis unde fit quod quicquid divine voluntati non con-sonat ipsum ius esse non possit et quicquid divine voluntati est consonum ius ipsumsit Quapropter querere utrum de iure factum sit aliquid licet alia verba sint nichiltamen aliud queritur quam utrum factum sit secundum quod Deus vultraquo

169 Mon II II 6 laquoHoc ergo supponatur quod illud quod Deus in hominum so-tietate vult illud pro vero atque sincero iure habendum sitraquo

170 Mon II II 7-8 laquoPropter quod sufficienter argumenta sub invento principioprocedent si ex manifestis signis atque sapientum autoritatibus ius illius populi gloriosiqueratur Voluntas quidem Dei per se invisibilis est et invisibilia Dei ldquoper ea que fac-ta sunt intellecta conspiciunturrdquo nam occulto existente sigillo cera impressa de illoquamvis occulto tradit notitiam manifestam Nec mirum si divina voluntas per signaquerenda est cum etiam humana extra volentem non aliter quam per signa cernaturraquo

171 Cosigrave Fassograve che a proposito di Tommaso afferma laquola legge naturale fonte an-che della legge umana egrave conformemente allrsquoinsegnamento classico ragione ragionenaturale Il criterio grazie al quale lrsquouomo distingue il bene dal male e che gli egrave guidae regola nelle sue azioni egrave la sua ragione Questa ragione egrave parte (participatio) della ra-gione divina che egrave legge eterna ma lrsquouomo la trova in seacute nella propria natura e la stes-sa legge eterna alla quale essa puograve essere ricondotta egrave razionalitagrave non volontagrave arbi-traria di Dio percheacute Dio nel quale volontagrave e ragione coincidono non puograve volere se

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non ciograve che egrave razionale La ragione umana certo egrave limitata mentre quella divina nonha limiti e corrispondentemente la legge naturale non egrave che una parte della leggeeterna ma in ciograve per cui la prima partecipa della seconda esse sono ugualiraquo (FASSOgraveStoria della filosofia del diritto I cit p 215) Mentre a proposito di Dante laquouno deipochi argomenti a proposito dei quali il sommo poeta si allontana dal tomismo e dal-lrsquoaristotelismo accogliendo invece concezioni volontaristiche di ispirazione agosti-niana egrave quello della giustizia e del diritto Egli intende infatti la giustizia non comeespressione della ragione ma dellrsquoimperscrutabile volontagrave di Dio fino a rappresen-tarla come inaccessibile alla conoscenza umanaraquo (p 221)

172 Lrsquoespressione laquoinvenzione del dirittoraquo si riferisce evidentemente al sottotito-lo del volume di Schiavone (Ius) piugrave volte citato alle cui pagine rimando ancora lagravedove si sottolinea proprio lrsquoalto grado di razionalitagrave a cui il ius era giunto giagrave nellrsquoul-timo secolo della Repubblica grazie a una laquorivoluzione scientificaraquo che aveva tra-sformato le norme da laquoatti di volontagraveraquo a laquoatti di conoscenza e di applicazione di unascienzaraquo in modo da ridurre i rapporti sociali a un laquoquadro di formeraquo che impone-vano laquoalla ragione un continuo sforzo di adeguamento in cui innanzitutto consiste-va la veritagrave del dirittoraquo SCHIAVONE Ius cit pp 246-47 ma cfr anche pp 171-97con p 177 laquola regola giuridica non sarebbe apparsa altrimenti che come un atto diconoscenza e non di volontagrave un adeguamento del pensiero allrsquoessere il risultato diunrsquooperazione conoscitiva razionalmente controllabile in ogni sua fase del tutto sot-tratta allrsquoarbitrio alla sopraffazione al dominioraquo

173 Riportato supra alla n 167174Mon II II 2-4 laquoEst enim natura in mente primi motoris qui Deus est deinde

to di fatto lontana da quel diritto che fu una assoluta laquoinvenzioneraquodella ragione umana ovvero di quella romana172 O almeno si devericonoscere nellrsquoopera dellrsquoAlighieri la presenza di differenti conce-zioni del diritto che variano in funzione dei diversi contesti argo-mentativi e che quindi non risultano sempre facilmente conciliabi-li fra loro E infatti abbiamo visto sopra un passo del Convivio (IVIX 8-9) in cui il diritto egrave proprio quel ius ereditato dai Romani di cuisi riconosce lrsquoascendenza giusnaturalistica e quindi la conformitagrave auna laquoratio summa insita in naturaraquo (per dirla con Cicerone nel De le-gibus I 18) di cui egrave partecipe la ragione umana evidentemente que-sta ratio non potragrave per Dante non essere compresa anche e innanzi-tutto nella mens Dei e non potragrave quindi essere in contrasto colla Suavolontagrave in questo senso forse si puograve leggere quanto affermato nelII capitolo del II libro della Monarchia (Mon II II 4)173 anche percheacutenei primi paragrafi di questo stesso capitolo Dante si egrave preoccupa-to di ribadire il nesso fra Dio e la natura che laquoegrave nella mente del pri-mo motore che egrave Dioraquo (II II 2) proprio come il diritto174 E nel VI ca-

pitolo sempre del II libro si istituisce unrsquoesplicita equivalenza fralrsquoordine stabilito dalla natura e il diritto175 E ancora il principio sucui si fonderanno tutte le argomentazioni del successivo III libro egravela laquoirrefragabilis veritas [hellip] quod illud quod nature intentioni re-pugnat Deus nolitraquo (Mon III II 2) Tutti passi da cui difficilmente sipuograve dedurre che Dante concepisca il diritto come espressione di unavolontagrave divina assolutamente arbitraria rispetto alle leggi della naturae rispetto quindi anche alla ragione naturale dellrsquouomo176

Certo che in questo II libro della Monarchia aver posto il prin-cipio che quanto avviene tra gli uomini egrave conforme al diritto quan-do coincide con la volontagrave di Dio significa poi dedurre la presenzadel ius semplicemente da fatti favoriti consentiti insomma ldquovolutirdquoda Dio Cosigrave ad esempio nel IV capitolo Dante dopo aver definitoil miracolo come ciograve che avviene per intervento diretto della volon-tagrave di Dio indipendentemente dallrsquoordine naturale (Mon II IV 1)177sostiene che laquolrsquoImpero romano nel suo venire a perfezione fu aiuta-

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in celo tanquam in organo quo mediante similitudo bonitatis ecterne in fluitantemmateriam explicatur [hellip] et quod quicquid est in rebus inferioribus bonum cum abipsa materia esse non possit sola potentia existente per prius ab artifice Deo sit et se-cundario a celo quod organum est artis divine quam lsquonaturamrsquo comuniter appellantEx hiis iam liquet quod ius cum sit bonum per prius in mente Dei estraquo

175 Mon II VI 3 laquolrsquoordine naturale nelle cose non puograve mantenersi senza il dirit-to poicheacute il fondamento del diritto egrave inseparabilmente connesso con questrsquoordinedunque egrave necessario che lrsquoordine si mantenga di dirittoraquo (laquoordo naturalis in rebus ab-sque iure servari non possit cum inseparabiliter iuris fundamentum ordini sit anne-xum necesse igitur est ordinem de iure servariraquo) ma su questo capitolo vd infra

176 Ancora esempi di questa connessione fra la volontagrave di Dio la natura e la ra-gione umana connessione che si esprime proprio nel diritto si possono riscontrareanche nella epistola VI dellrsquoAlighieri laquoNempe legum sanctiones alme declarant ethumana ratio percontando decernit [hellip]raquo (sect 7) o ancora laquoet hoc Deus et natura nonvult et mortalium penitus abhorreret adsensusraquo sectsect 22 laquosacratissimis legibus que ius-titie naturalis imitantur ymaginemraquo (ibidem) Ma cfr anche lrsquoinizio di questa stessaEpistola (sect 2) dove di particolare interesse appare il nesso stabilito fra provvidenza di-vina impero e una vita ldquocivilerdquo secondo quanto richiede la ldquonaturardquo laquoEterni pia pro-videntia Regis [hellip] sacrosancto Romanorum Imperio res humanas disposuit guber-nandas ut sub tanti serenitate presidii genus mortale quiesceret et ubique naturaposcente civiliter degereturraquo

177 Secondo la definizione di TOMMASO Contra gent III 101 (laquohaec autem quaepraeter ordinem communiter in rebus statutum quandoque divinitus fiunt miraculadici solentraquo) a cui Dante rimanda

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178 Mon II IV 4 laquoromanum Imperium ad sui perfectionem miraculorum suffra-gio est adiutum ergo a Deo volitum et per consequens de iure fuit et estraquo

179 Mon II IV 5 laquoQuod autem pro romano Imperio perficiendo miracula Deusportenderit illustrium autorum testimoniis comprobaturraquo Anche nellrsquoepistola V neisectsect 22-25 si sostiene che laquoDeum romanum Principem predestinasse relucet in miris ef-fectibus [hellip] Nam si a prima scintillula huius ignis revolvamus preterita ex quo scili-cet Argis hospitalitas est a Frigibus denegata et usque ad Octaviani triumphos mundigesta revisere vacet nonnulla eorum videbimus humane virtutis omnino culmina tran-scendisse et Deum per homines tanquam per celos novos aliquid operatum fuisseraquo

180 Dante cita LIVIO (cfr I 20 4 e V 54 7) e LUCANO Phars IX 477-80181 Anche qui sono ricordati LIVIO (cfr V 47 4-6) e multi scriptores illustres non

meglio precisati si cita infine VERG Aen VIII 652-56182 Di nuovo LIVIO (cfr XXVI 11 1-8)183 Anche in questo caso pur se non menzionata espicitamente la fonte potreb-

be essere LIVIO II 13 6-11 Ma in questi episodi osservano CHIESA-TABARRONE Com-mento in Monarchia cit p 93 ad II IV 3 laquomolti particolari cui Dante accenna nonsi ritrovano in Livio ma sono riferiti da altri storici romani senza che qualcuno di es-si sia identificabile con sicurezza come fonte diretta Lo scrittore sta probabilmentericordando a memoria episodi vulgati che erano di dominio comune negli ambientiscolastici e circolavano con piccole varianti narrative la menzione di Livio vuole rial-lacciarsi alla tradizione piugrave nobile della storiografia romana anticaraquo

184 Vd supra e n 62

to dal concorso di miracoli dunque fu voluto da Dio e per conse-guenza fu ed egrave di dirittoraquo178 E laquoche poi Dio compiesse miracoli nelrecare a perfezione lrsquoImpero romano egrave dimostrato dalla testimo-nianza illustrium autorumraquo179 Gli esempi della storia romana ripor-tati in questo capitolo con la menzione degli laquoillustri autoriraquo che litestimoniano sono quello dellrsquoancile caduto mentre Numa sacrifi-cava agli degravei180 quello delle oche del Campidoglio181 quello dellagrandinata che avrebbe dissuaso Annibale dal dirigersi verso Ro-ma182 e quello della traversata del Tevere a nuoto di Clelia183 Da os-servare che nel passo del Convivio in cui Dante voleva ugualmentedimostrare lrsquointervento divino a favore dei Romani abbiamo trova-to solo uno di questi esempi quello delle oche del Campidoglio glialtri esempi del primo trattato mostravano infatti lrsquointervento divi-no ma ldquomediatordquo se cosigrave si puograve dire dalla virtus umana che costi-tuiva il focus della argomentazione dantesca184 Nella Monarchia in-vece Dante vuole piugrave propriamente dimostrare lrsquointervento direttodel ldquosoprannaturalerdquo come segno della volontagrave divina che egrave inter-

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185 Cfr CHIESA-TABARRONE Commento in Monarchia cit p 92 ad II IV 3 e p 93dove di nuovo si osserva che quella di Dante egrave laquouna prospettiva ricalcata su quella vir-giliana che legge la storia romana antica come preparazione dellrsquoimpero di Augustodestinato a portare a pienezza il progettoraquo

186 E anche nel caso in cui lrsquoimpresa sembra piugrave dovuta alla prodezza umana ecioegrave in quello di Clelia Dante sottolinea che la giovane fu laquomiro Dei auxilio adiutaraquo(Mon II IV 10) Ancora piugrave netta quindi la distanza da Agostino che se poteva in cer-ta misura riconoscere i meriti della virtus romana certamente non accettava ma an-zi confutava lrsquointervento della divinitagrave nei piugrave famosi episodi della storia di Roma pa-gana cfr ad es De civitate II 2 III 20

venuta nellrsquoantica storia di Roma ovvero nella fase formativa di quel-lrsquoimpero che ne costituiragrave poi la compiuta realizzazione185 non egrave in-fatti un caso che per la seconda guerra punica si ricordi la grandinee non la laquofranchezzaraquo di laquoquel benedetto Scipioneraquo (Convivio IV V19)186

25 laquoRomanus populus per duellum acquisivit Imperium ergo deiure acquisivitraquo (Mon II IX 21)

Anche nei capitoli VII-IX del II libro la concezione di Dante inmateria di diritto appare a prima vista assolutamente volontaristicaDopo aver distinto nel VII capitolo fra le vicende in cui il giudizio diDio (divinum iudicium) egrave manifesto (o grazie alla ragione o grazie al-la fede Mon II VII 1-6) e quelle in cui egrave occulto (Mon II VII 7)Dante distingue in questrsquoultimo caso quando tale giudizio irrag-giungibile dallrsquouomo si palesa attraverso una rivelazione diretta omediante una prova decisiva (ibidem) La rivelazione mediante unaprova si ha o con un sorteggio o con un leale confronto (laquoaut sorteaut certamineraquo VII 9) e di nuovo allrsquointerno del certamen si distinguequando questo avviene laquoex collisione virium sicut fit per duellumraquooppure quando avviene laquoex contentione plurium ad aliquod signumprevalere conantium sicut fit per pugnam athletarum currentiumad braviumraquo (ibidem) LrsquoVIII e il IX capitolo illustrano invertendolrsquoordine prima enunciato come il giudizio divino nei due tipi di cer-tamina si sia palesato a favore dei Romani lrsquoVIII dimostrando chelaquoRomanus populus cunctis athletizantibus pro imperio mundi pre-

valuitraquo (VIII 2) il IX che laquoromanus populus per duellum acquisivitImperium ergo de iure acquisivitraquo (IX 21)

In particolare nellrsquoVIII si dimostra che i Romani sono riusciti araggiungere quella meta che consiste in laquoomnibus preesse mortali-bus hoc enim lsquoImperiumrsquo dicimusraquo meta che laquonulli contigit nisi ro-mano populoraquo (VIII 2) dato che non era stata raggiunta dagli altrildquocontendentirdquo ovvero dagli Assiri dagli Egiziani dai Persiani e daiMacedoni (VIII 3-10) Qui Dante riprende il ben noto motivo dellasuccessione degli imperi che pur con variazioni sia negli imperi elen-cati sia nel valore ideologico attribuitole si puograve considerare laquounacostante del pensiero politico-storico grecoraquo187 trovandosi in Ero-doto in Ctesia (dove egrave giagrave presente la sequenza di Assiria Media ePersia) e quindi negli scrittori greci di etagrave ellenistica188 Si discute selrsquoorigine di tale teoria sia greca189 o non piuttosto orientale rintrac-ciabile nellrsquoambito di testi iranici eo delle profezie dinastiche babi-lonesi190 Qualunque ne sia lrsquoorigine essa ricorre nel libro di Danie-le (II 31-35 e VII 1-7) di ambiente ellenistico-giudaico dove perogravenon vengono identificati esplicitamente i vari imperi che si succe-

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187 A MOMIGLIANO Daniele e la teoria greca della successione degli imperi inlaquoRendiconti dellrsquoAccademia Nazionale dei Lincei Classe di Scienze Morali Storichee Filologicheraquo XXXV 1980 pp 157-62 ora in ID La Storiografia Greca Torino Ei-naudi 1982 pp 293-301 p 295

188 Cfr D MENDELS The Five Empires a Note on a Propagandistic Topos inlaquoAmerican Journal of Philologyraquo CII 1981 pp 330-37 A MOMIGLIANO The originsof Universal History in laquoAnnali della Scuola Superiore Normale di Pisaraquo XII 1982pp 533-60 ora in ID Settimo contributo alla storia degli studi classici e del mondo an-tico Roma Edizioni di Storia e Letteraura 1984 pp 77-103 JM ALONSO NUacuteNtildeEZTrogue-Pompeacutee et lrsquoimpeacuterialisme romain in laquoBulletin de lrsquoAssociation G Budeacuteraquo 1990pp 72-86 p 83 JL FERRARY Lrsquooikoumene LrsquoOrient e lrsquoOccident drsquoAlexandre leGrand agrave Auguste histoire et historiographie in Convegno per Santo Mazzarino Attidel Convegno (Roma 9-11 maggio 1991) Roma LrsquoErma di Bretschneider 1998 pp97-132 specialmente pp 122-30

189 Cosigrave tutti gli studi citati alla nota precedente 190 Cfr JW SWAIN The theory of the four monarchies Opposition History under

the Roman Empire in laquoClassical Philologyraquo XXXV 1940 pp 1-21 D FLUSSER Thefour Empires in the fourth Sybil and in the book of Daniel in laquoIsrael Oriental StudiesraquoII 1972 pp 148-75 e M MAZZA Roma e i quattro imperi Temi della propaganda nel-la cultura ellenistico-romana in laquoStudi e materiali di storia delle religioniraquo LXII 1996pp 315-50 specialmente pp 333-45

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191 PL 25 coll 503-504 528-530 Ma lrsquoinserzione di Roma (perograve come quinto im-pero dopo Assiria Media Persia e Macedonia) egrave giagrave attestata come ci informa unaglossa in VELLEIO PATERCOLO I 6 6 nellrsquoopera De annis populi Romani di un certoEmilio Sura non altrimenti noto databile probabilmente attraverso unrsquoanalisi inter-na del passo agli anni fra il 189 (sconfitta di Antioco III a Magnesia) e il 171 aC(prima della terza guerra Macedonica e di Pidna) SWAIN The theory of the four mo-narchies cit pp 2-12 MOMIGLIANO Daniele e la teoria greca della successione degliimperi cit p 294 JM ALONSO NUacuteNtildeEZ Aemilius Sura in laquoLatomusraquo XLVIII 1989pp 110-19 pp 110-12 ID Trogue-Pompeacutee et lrsquoimpeacuterialisme romain cit p 83 F GASCOacute La teoria de los cuatro imperios Reiteracioacuten y adaptacioacuten ideologica I Roma-nos y griegos in laquoHabisraquo XII 1981 pp 179-96 ora in ID Opuscola Selecta SevillaUniversidad 1996 pp 13-26 p 16 [contro questa datazione cfr MENDELS The FiveEmpires cit pp 330-32 (seconda metagrave I secolo aC) MAZZA Roma e i quattro im-peri cit pp 323-33 e FERRARY Lrsquooikoumene cit p 130 (etagrave cesariana)] Il tema pa-re ritrovarsi in POLIBIO (dove certamente crsquoegrave il paragone fra Roma e lrsquoegemonia spar-tana e lrsquoimpero macedone in I 2 1 ma forse anche proprio una menzione della suc-cessione ldquocanonicardquo degli imperi in XXXVIII 22 1-3 MOMIGLIANO Daniele e la teoriagreca della successione degli imperi cit pp 294-95 contra MAZZA Roma e i quattroimperi cit pp 318-23 e FERRARY Lrsquooikoumene cit pp 122 e 126 con nota 108) equindi in Pompeo Trogo che lo usa come schema per la sua storia universale (comesi evince dai Prologi unica parte dellrsquoopera pervenutaci al di fuori dellrsquoEpitome for-nitaci da Giustino) Nel contesto dellrsquoopera di Polibio e ancor di piugrave di quella di Pom-peo Trogo (per quello che possiamo ricostruire) lrsquouso del topos sembra perograve potergettare unrsquoombra sulla potenza romana insinuando lrsquoidea che essa potesse essere asua volta ldquorimpiazzatardquo da una nuova egemonia ALONSO NUacuteNtildeEZ Trogue-Pompeacutee etlrsquoimpeacuterialisme romain cit E GABBA Dionigi e la storia di Roma arcaica Bari Edi-puglia 1996 p 169 Bisogna arrivare a DIONIGI DI ALICARNASSO (I 2 1-4) e successi-vamente ad ELIO ARISTIDE (A Roma 91) e ad APPIANO (Praef 8-10) per trovare svol-to il tema in modo inequivocabilmente favorevole a Roma (mentre ancora in chiaveanti-romana lo troviamo in DIONE DI PRUSA Or LXXIX 6 su cui vd P DESIDERI Dionedi Prusa Un intellettuale greco nellrsquoimpero romano Messina-Firenze DrsquoAnna 1978pp 175-76 nota 5 e p 234)

dono Girolamo nel commento ai passi di Daniele (ripreso anchenella Glossa Ordinaria) li identifica con Babilonesi Persiani Mace-doni e Romani191 non menzionando quindi a differenza del passodella Monarchia gli Egiziani mentre Orosio in due passi delle Hi-storiae (II 1 4 VII 2 4) presenta la successione degli imperi dandolrsquoordine Babilonesi Macedoni Africani (Cartagine) Romani quan-do perograve tratta la storia dellrsquoOriente dettaglia i vari popoli e vi tro-viamo Nino e Semiramide (I 4) Vesoze re dellrsquoEgitto (I 14) Ciro (II6) e Serse (II 10) Ed infatti Dante rimanda esplicitamente ad Oro-

sio sia riguardo a Nino e Semiramide192 che riguardo a Vesoze193Sembra quindi ragionevole supporre che Dante abbia tenuto pre-sente lrsquoordine di Girolamo integrandolo con ciograve che leggeva nellestorie di Orosio194 per concludere infine che se il popolo Romanoprevalse su tutti gli altri laquode divino iudicio prevaluit et per conse-quens de divino iudicio obtinuit quod est de iure obtinuisseraquo (MonII VIII 15) Ma anche per questa argomentazione che si riferisce loabbiamo detto a quei casi in cui il giudizio divino non egrave raggiungi-bile tramite la ragione e che farebbe quindi coincidere il diritto so-lo con il riconoscimento di una volontagrave divina imperscrutabile al-lrsquouomo egrave stato ipotizzato che Dante avesse in mente un riferimentogiuridico rintracciabile nelle glosse sul certamen sacrum195

Ancora nel IX capitolo il presupposto che laquoquod per duellumacquiritur de iure acquiriturraquo (Mon II IX 1) in quanto anche il duel-lum egrave un certamen in cui si manifesterebbe il giudizio di Dio egrave un

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192Mon II VIII 3 laquoPrimus nanque in mortalibus qui ad hoc bravium anelavit Ni-nus fuit Assiriorum rex qui quamvis cum consorte thori Semiramide per nonagintaet plures annos ut Orosius refert imperium mundi armis temptaveritraquo Il riferimen-to a due versi delle Metamorfosi di OVIDIO (IV 58 e 88 nellrsquoepisodio di Piramo e Ti-sbe) dove si menzionano Nino e Semiramide sono laquopuri abbellimentiraquo CHIESA-TA-BARRONE Commento in Monarchia cit p 123 ad II VIII 4

193 Mon II VIII 5 laquoSecundus Vesoges rex Egipti ad hoc bravium spiravit etquamvis meridiem atque septentrionem in Asya exagitaverit ut Orosius memoratnunquam tamen dimidiam partem orbis obtinuitraquo Ma cfr F FABBRINI Paolo OrosioUno storico Roma Edizioni di Storia e Letteratura 1979 p 26 proprio in rapportoa questo capitolo della Monarchia

194 Cosigrave anche Kay in DANTErsquoSMonarchia Translated with a commentary by RKAY Toronto Pontifical Institute of mediaeval studies 1998 ad loc

195 Cfr CANCELLI sv Diritto romano in Enciclopedia Dantesca cit laquoNel di-fendere i Romani dallrsquoaccusa di latrocinio si richiama al duello ndash istituto come ognu-no sa di origine germanica ndash su cui si pronuncia il giudizio di Dio ma i contenden-ti sono detti anche atleti (Mn II VII e VIII) ciograve che si capirebbe poco se non fosse chei testi del diritto gli porgevano opportuni sostegni Qui sono considerati gli atletiche disputano un certamen sacrum (Cod 10 54 (53) c un) la cui posta non egrave la mer-ces ma il trionfo della virtugrave secondo quanto si esplicava alla gl Athletae ad DigXXVII 1 8 [6 6] Et erant athletae qui sine mercede virtutis gratia certabant et cer-taminibus sacris deserviebant Lrsquoaver quindi il popolo romano disputato un certamensacrum ndash quindi divino ndash e averlo vinto volta a volta contro i vari popoli non puogravenon indurre il duplice fondamento giuridico e divino del suo possesso e dominiodel mondoraquo

argomento in apparenza esclusivamente ricollegabile alla tradizionegermanica e in particolare longobarda introdotta con lrsquoeditto di Ro-tari del 643 sopravvissuta per qualche secolo ma quasi scomparsaallrsquoepoca di Dante anche percheacute combattuta laquosempre piugrave risoluta-mente dal magistero ecclesiastico e dalle scuola di giurispruden-zaraquo196 In questa argomentazione lrsquoAlighieri pare quindi distanziarsinettamente dalla tradizione giuridica romana Eppure come egrave sta-to anche di recente evidenziato la dimostrazione (Mon II IX 12-18)che romanus populus per duellum acquisivit Imperium ergo de iureacquisivit (Mon II IX 21) si svolge facendo continuo riferimento al-la laquoautoritagrave del De officiis di Cicerone [hellip] disseminato verbaliterlungo tutto il paragraforaquo197 Dante si richiama infatti esplicitamentedue volte al trattato ciceroniano per stabilire in via preliminare quel-le regole per le quali uno scontro puograve essere definito un ldquoduellordquo laprima regola egrave che vi si debba ricorrere solo dopo aver prima tenta-to in tutti i modi una soluzione pacifica cosigrave come Cicerone nel Deofficiis (I 34)198 aveva raccomandato a proposito dellrsquointrapresa del-la guerra (Mon II IX 3)199 E la seconda regola (ma giagrave anticipata inMon II IX 2) egrave che i duellanti debbano affrontarsi di comune ac-

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196 Cfr FIORELLI Sul senso del diritto nella laquoMonarchiaraquo cit p 93 e tutte le pp90-97 dove si traccia una breve storia del duellum giudiziario in Italia e dellrsquoopposi-zione nei suoi confronti Ma cfr eg anche TOMMASO Super sententiis III dist 39 q 1art 2 qc 2 arg 3 laquoPraeterea in sortibus et judiciis quae fiunt per ignem et aquamvel per duellum expectatur divinum testimonium et propter hoc sunt prohibita quiain his videtur esse quaedam Dei tentatioraquo

197 C DI FONZO laquoAequitasraquo e giustizia retributiva nel Paradiso di Dante in Chal-lenging centralism cit pp 43-52 p 43

198 CIC De off I 34 laquoAtque in re publica maxime conservanda sunt iura belliNam cum sint duo genera decertandi unum per disceptationem alterum per vimcumque illud proprium sit hominis hoc beluarum confugiendum est ad posterius siuti non licet superioreraquo

199Mon II IX 3 laquoSed semper cavendum est ut quemadmodum in rebus bellicisprius omnia temptanda sunt per disceptationem quandam et ultimum per preliumdimicandum est ut Tullius et Vegetius concorditer precipiunt hic in Re militari illevero in Offitiisraquo In effetti anche VEGEZIO nel De re militari III 9 afferma laquoIdeo om-nia ante cogitanda sunt ante temptanda ante facienda sunt quam ad ultimum ue-niatur abruptumraquo ma riferendosi alle precauzioni che deve adottare un comandanteprima di attaccare battaglia

cordo laquonon per odio od amore ma soltanto per vivo desiderio digiustiziaraquo (Mon II IX 4) e a questo proposito chiama di nuovo incausa il De officiis200 affermando che Cicerone avrebbe laquotoccatoraquoquesto argomento quando aveva affermato che laquoSed bella quibusImperii corona proposita est minus acerbe gerenda suntraquo (Mon IIIX 4)201 Ma al di lagrave di queste citazioni quasi testuali occorre evi-denziare che lrsquoAlighieri mostra di aver ben presente il contesto da cuile trae si tratta infatti di quei passi del De officiis in cui allrsquointernodella trattazione della virtugrave della giustizia (De off I 20-60)202 Cice-rone definisce il laquobellum iustum romanumraquo (De off I 34-40) primacome quella guerra intrapresa laquosolo per poter vivere in pace e sen-za offesaraquo (De off I 35) quindi secondo il sanctissimum ius fetialedel popolo romano come quella guerra laquoche si intraprenda doporegolare domanda di soddisfazione e che sia stata prima minacciatae dichiarataraquo (De off I 36) 203 E nel passo che precede immediata-mente la citazione dantesca laquoSed bella quibus Imperii etcraquo Cice-rone afferma ancora che laquoQuando perograve si combatte per la supre-mazia e si cerca la gloria con la guerra egrave necessario tuttavia che vi

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200 CIC De off I 34 laquoSed bella quibus imperii proposita gloria est minus acer-be gerenda suntraquo

201Mon II IX 4 laquoDuo igitur formalia duelli apparent unum hoc quod nunc dic-tum est aliud quod superius tangebatur scilicet ut non odio non amore sed solo ze-lo iustitie de comuni assensu agoniste seu duelliones palestram ingrediantur Et prop-ter hoc bene Tullius cum de hac materia tangeret inquiebat enim ldquoSed bella quibusImperii corona proposita est minus acerbe gerenda suntrdquoraquo Si puograve ipotizzare cheDante abbia sostituito alla parola gloria la parola corona anche laquoper insistere nellametafora agonistica (la corona era il premio per il vincitore della gara)raquo CHIESA-TA-BARRONE Commento in Monarchia cit p 132 ad II IX 4

202 La giustizia egrave una delle quattro virtugrave che insieme a sapienza fortezza e tempe-ranza costituisce lrsquohonestum CIC De off I 15

203 Cicerone in De officiis I 35 seguendo probabilmente Panezio afferma chelaquosuscipienda quidem bella sunt ob eam causam ut sine iniuria in pace vivaturraquo e inI 36 rifacendosi alla tradizione romana che laquobelli quidem aequitas sanctissime fetia-li populi Romani iure perscripta est Ex quo intellegi potest nullum bellum esse iu-stum nisi quod aut rebus repetitis geratur aut denuntiatum ante sit et indictumraquo Latraduzione da me usata egrave quella di A Resta Barile in CICERONE I doveri con un sag-gio introduttivo e note di E NARDUCCI traduzione di A RESTA BARILE Milano Riz-zoli 1987

siano quelle giuste ragioni (iustae causae) che ho detto poco primaraquo(De off I 38)204 ribadendo quindi la necessitagrave che anche queste guer-re siano bella iusta Si puograve quindi ipotizzare che Dante quando intutto questo capitolo IX del II libro della Monarchia insiste propriosul laquovivo desiderio di giustiziaraquo e sulla laquogiustiziaraquo che dovrebbe es-sere presente nel duellum205 segua proprio lrsquoesempio di Ciceroneche aveva voluto definire la ldquogiustiziardquo del bellum romano206 Infine

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204 CIC De off I 38 laquoCum vero de imperio decertatur belloque quaeritur gloriacausas omnino subesse tamen oportet easdem quas dixi paulo ante iustas causas es-se bellorum Sed ea bella quibus imperii proposita gloria est minus acerbe gerendasuntraquo

205 E cosigrave infatti ancora prosegue dopo le citazioni ciceroniane laquoiustitie neces-sitate de comuni assensu congregati propter zelum iustitie nonne in nomine Dei con-gregati sunt Et si sic nonne Deus in medio illorum est cum ipse in evangelio nobishoc promictat Et si Deus adest nonne nefas est arbitrari iustitiam succumbere pos-se quam ipse in tantum diligit quantum superius prenotatur Et si iustitia in duellosuccumbere nequit nonne de iure acquiritur quod per duellum acquiriturraquo (MonII IX 5-6)

206 Gli studiosi moderni come egrave ben noto ritengono per lo piugrave che le iustae cau-sae che secondo Cicerone dovrebbero motivare anche la guerra de imperio siano so-lo identificabili con il rituale che fornirebbe parvenza di legalitagrave alle mire espansio-nistiche romane e che comunque anche nei passi precedenti il bellum iustum sia daintendersi come laquola guerra legittima in quanto (posta in essere in modo) conforme al-lrsquoordinamento vigente (romano interno ndash si sottolinei ndash) in materia di guerra [hellip] ilquale consiste nel complesso normativo dello ius fetiale che richiede lrsquoadempimentodella procedura indicata per lrsquointroduzione di uno stato di guerraraquo L LORETO Il bel-lum iustum e i suoi equivoci Napoli Jovene 2001 p 18 ma cfr anche PA BRUNTLaus imperii in Imperialism in the Ancient World edd PDA Garnsey-CR Whitta-ker Cambridge University Press Cambridge 1978 pp 159-91 pp 175-78 WV HAR-RIS War and Imperialism in Republican Rome 327-70 BC Oxford Oxford Univer-sity Press 1979 pp 163-75 A CALORE Forme giuridiche del lsquobellum iustumrsquo Mila-no Giuffregrave 2003 in particolare pp 142 152 155 Contra J-L FERRARY Philhelleacuteni-sme et impeacuterialisme Aspects ideacuteologiques de la conquecircte romaine du monde helleacutenisti-que Rome Eacutecole franccedilaise de Rome 1988 pp 410-15 che ritiene fondamentale nel-la definizione del bellum iustum il fatto che sia intrapreso laquout sine iniura in pace vi-vaturraquo e ipotizza che i Romani intendessero anche le guerre de imperio come guerreintraprese per la difesa dellrsquoimpero Ma pur ammettendo una concezione esclusiva-mente giuridica del bellum iustum sappiamo che gli scrittori romani (in primis Ci-cerone nel giagrave ricordato De republica III 36 vd supra n 24 e poi infra nel testo) si era-no posti anche il problema della iustitia laquosostanzialeraquo nella conquista e nella gestio-ne dellrsquoimpero Per questo non credo che Dante citi ldquoa spropositordquo Cicerone ldquoa pro-

sempre in De officiis I 38 questa volta immediatamente dopo la ci-tazione dantesca laquoSed bella quibus Imperii etcraquo si distingue fra leguerre combattute laquoper la soppravivenza e non per lrsquoimperiumraquo(laquouter esset non uter imperaretraquo come quelle con i Celtiberi e i coni Cimbri) da quelle combattute invece de imperio come quelle con-tro i Latini i Sabini i Sanniti i Cartaginesi e Pirro E dopo aver af-fermato che fra questi popoli i Cartaginesi furono comunque foedi-grafi e Annibale crudelis mentre tutti gli altri iustiores si riportanoalcuni versi di Ennio (senza perograve indicare lrsquoautore) nei quali si ri-cordano le laquonobilissime paroleraquo che Pirro avrebbe detto allrsquoamba-sceria guidata da Fabrizio rifiutando lrsquooro per il riscatto dei prigio-nieri romani

non chiedo per me oro neacute mi dovete dare il prezzo del riscatto non fac-ciamo la guerra da mercanti ma da soldati col ferro non con lrsquooro decidia-mo la nostra sorte Sperimentiamo col valore se la Fortuna signora delle co-se umane daragrave lrsquoimpero a me o a voi e cosa essa ci porti E tenete a menteho stabilito di concedere la libertagrave a quei valorosi che la la sorte della guerraha risparmiato Ve ne faccio dono conduceteli con voi col favore degli degravei

Parole ndash commenta Cicerone ndash veramente degne di un re e del-la stirpe degli Eacidi207

Ho voluto richiamare per intero anche questa ultima parte delpasso ciceroniano percheacute Dante quando forniragrave le prove storiche

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positordquo del laquovivo desiderio di giustiziaraquo Senza contare che per Cicerone come perDante il diritto romano espressione del ius naturae difficilmente poteva essere intesoin contraddizione alla ldquogiustiziardquo

207 CICDe off I 38 laquoSed ea bella quibus imperii proposita gloria est minus acer-be gerenda sunt Ut enim cum civi aliter contendimus si est inimicus aliter si com-petitor (cum altero certamen honoris et dignitatis est cum altero capitis et famae) siccum Celtiberis cum Cimbris bellum ut cum inimicis gerebatur uter esset non uterimperaret cum Latinis Sabinis Samnitibus Poenis Pyrrho de imperio dimicabaturPoeni foedifragi crudelis Hannibal reliqui iustiores Pyrrhi quidem de captivis red-dendis illa praeclara ldquoNec mi aurum posco nec mi pretium dederitis Nec caupo-nantes bellum sed belligerantes Ferro non auro vitam cernamus utrique Vosnevelit an me regnare era quidve ferat Fors Virtute experiamur Et hoc simul accipedictum Quorum virtuti belli Fortuna pepercit Eorundem libertati me parcerecertum est Dono ducite doque volentibus cum magnis disrdquo Regalis sane et dignaAeacidarum genere sententiaraquo

che laquoil popolo romano per duello acquistograve lrsquoimperoraquo (e quindi laquoconil dirittoraquo Mon II IX 12) seguiragrave nellrsquoelencare i duelli vittoriosicombattuti dagli eroi romani proprio lrsquoordine dei popoli presentinel De officiis rimandando poi alle testimonianze di Virgilio (perEnea e Turno Mon II IX 13-14) e di Livio (per gli Orazi e i Curia-zi Mon II IX 15 per i Sabini e i Sanniti contro i quali si combatteacutelaquosotto forma di duello sebbene molti fossero i combattentiraquo MonII IX 16-17 e infine per Fabrizio contro Pirro e per Scipione controAnnibale Mon II IX 18) e prima di passare a questo elenco per di-mostrare che anche i pagani laquocercavano il giudizio dalla fortuna delduelloraquo (Mon II IX 7)208 riporteragrave lrsquoesempio di Pirro citato nel De of-ficiis affermando che laquoHic Pirrus lsquoHeramrsquo vocabat fortunam quamcausam melius et rectius nos lsquodivinam providentiamrsquo appellamusraquo209una affermazione che laquopresuppone e concilia le due anime latina ecristiana tra loro intersecate nel terreno tra giuridico e teologicoraquo210Dopo lrsquoelenco dei ldquoduellirdquo sostenuti dai romani il capitolo IX si chiu-de con unrsquoinvettiva contro i laquogiuristi presuntuosiraquo che stanno laquosot-

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208 Dopo essersi richiamato in Mon II IX 5 (riportato supra alla n 205) al VangelolaquoDante si preoccupa di sottolineare che il ricorso al duello come pratica giudiziariavaleva anche prima della venuta di Cristo fra le regole del duello non vi egrave infatti quel-la che i duellanti riconoscano Cristo come Dio una condizione che avrebbe inficiatola sua argomentazione (percheacute gli esempi recati a dimostrazione del fatto che i Roma-ni acquisirono lrsquoimperium per mezzo del duello esposti nei parr 12-18 sono tutti pre-cedenti alla venuta di Cristo)raquo CHIESA-TABARRONE Commento in Monarchia cit p132 ad II IX 7-8

209Mon II IX 8 laquoUnde bene Pirrus ille tam moribus Eacidarum quam sanguinegenerosus cum legati Romanorum pro redimendis captivis ad illum missi fueruntrespondit Nec mi aurum posco nec mi pretium dederitis non cauponantes bellumsed belligerantes ferro non auro vitam cernamus utrique Vosne velit an me regna-re Hera quidve ferat sors virtute experiamur Quorum virtuti belli fortuna peperciteorundem me libertati parcere certum est Dono ducite Hic Pirrus lsquoHeramrsquo vocabatfortunam quam causam melius et rectius nos lsquodivinam providentiamrsquo appellamusraquoRispetto al passo del De officiis che cita questi versi di Ennio (cfr n 207) sono da os-servare in Dante le seguenti differenze il termine lsquoHerarsquo egrave inteso nella Monarchia co-me un appellativo e non come un apposizione il verso finale egrave omesso probabilmen-te per il troppo esplicito riferimento agli degravei il conclusivo commento ciceroniano sul-la nobiltagrave di Pirro egrave anticipato nella osservazione iniziale su Pirro laquochrsquoera nobile sigrave peri costumi propri degli Eacidi sigrave per il sangueraquo

210 DI FONZO laquoAequitasraquo e giustizia retributiva nel Paradiso di Dante cit p 44

to a quella specola della ragione onde la mente umana deduce spe-culando questi princigravepiraquo e che devono perciograve tacere laquoaccontentan-dosi di dare consigli e giudizi conformi al tenore della leggeraquo211 eproprio alla luce della rilettura dantesca del discorso di Pirro si puograveipotizzare che tale invettiva non sia laquorivolta contro un bersaglio ge-nericoraquo ma contro laquola stessa glossa alla 1 digna vox nel titolo de le-gibus del codice Giustiniano (Cod 1 14 4) dove Accursio [hellip] an-nota che lrsquoImpero deriva dalla fortuna (ldquocum imperium sit de for-tunardquo)raquo212 ovvero lrsquoopposto di ciograve che Dante ha voluto dimostraree che solo i laquoGentiles ante tubam evangelicamraquo (Mon II IX 7)213potevano credere chiamando appunto fortuna ciograve che laquonos lsquodivi-nam providentiamrsquo appellamusraquo214

Abbiamo cosigrave visto che anche nellrsquoargomentazione che piugrave sem-bra allontanarsi dalla concezione romana del diritto Dante si siaperograve adoperato per giustificare e ldquopuntellarerdquo la sua interpretazio-ne ldquovolontaristicardquo con continui riferimenti a fonti romane che se-condo lrsquoautore dovrebbero mettere a tacere anche e proprio queigiuristi che si proclamavano interpreti ed eredi del diritto roma-no215 Vedremo ora come la tradizione romana questa volta speci-

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211Mon II IX 20 laquoVideant nunc iuriste presumptuosi quantum infra sint ab illaspecula rationis unde humana mens hec principia speculatur et sileant secundumsensum legis consilium et iudicium exhibere contentiraquo

212 D QUAGLIONI laquoArte di bene e drsquoequitaderaquo Ancora sul senso del diritto in Dan-te (Monarchia II v 1) in laquoStudi Danteschiraquo LXXVI 2011 pp 27-46 p 35

213 Mon II IX 7 laquoHanc veritatem etiam Gentiles ante tubam evangelicam co-gnoscebant cum iudicium a fortuna duelli querebantraquo

214 Pur non addentrandomi sul tema della concezione della fortuna in Dante nonposso non richiamare almeno il VII canto dellrsquoInferno dove per bocca di Virgilio ilpoeta sostiene che Dio stesso stabiligrave la Fortuna come laquogeneral ministra e duce chepermutasse a tempo li benrsquo vani di gente in gente e drsquouno in altro sangue oltre ladifension drsquoi senni umani Per chrsquouna gente impera e lrsquoaltra langue seguendo logiudicio di costei che egrave occulto come in erba lrsquoangueraquo (Inf VII 78-84)

215 Cfr FIORELLI Sul senso del diritto nella laquoMonarchiaraquo cit p 95 laquoIl gloriosopopolo romano srsquoera guadagnato ldquosub iure duellirdquo la corona ldquoorbis totiusrdquo ma i giu-risti non sapevano levar lo sguardo piugrave su dei loro libri e dal silenzio di questi dedu-cevano conseguenze che la storia di Roma vista nella luce della Provvidenza smen-tiva ldquoVideant nunc iuriste presumptuosi helliprdquo muove da qui la famosa invettiva checontende al miope tecnicismo dei giureconsulti la capacitagrave di speculare sui grandiprigravencipiraquo

ficatamente giuridica rientri prepotentemente nel passo della Mo-narchia dove lrsquoAlighieri ha voluto offrire una definizione esplicitadel diritto

26 laquoIus est realis et personalis hominis ad hominem proportioraquo(Mon II V 1)

Di fronte ai passi finora analizzati dai quali emergono tratti del-la concezione dantesca del diritto non sempre ben armonizzabili fraloro egrave opportuno privilegiare la famosa definizione che Dante neoffre allrsquoinizio del V capitolo del II libro e anche il contesto in cuiquesta si colloca Tutto questo lunghissimo capitolo vuole provareche il popolo romano ottenne di diritto lrsquoimpero percheacute perseguigravesempre come fine il diritto e chi persegue come fine il diritto devenecessariamente agire con il diritto (Mon II V 18-23) La dimostra-zione che il popolo romano perseguigrave come fine il diritto egrave perograve svol-ta attraverso la dimostrazione che il popolo romano nelle sue con-quiste perseguigrave il bene comune dei popoli assoggettati assicurandoinnanzitutto pace e libertagrave (Mon II V 5-17) dato che e questo egrave ilprimo assunto che viene dimostrato (Mon II V 1-4) laquochiunque mi-ra al bene pubblico si propone il fine del dirittoraquo (Mon II V 1) Dan-te inizia quindi la sua argomentazione definendo il diritto come laquounreale e personale rapporto dellrsquouomo con lrsquouomo che rispettatoconserva la societagrave tra gli uomini e violato la manda in rovinaraquo(laquoius est realis et personalis hominis ad hominem proportio que ser-vata hominum servat sotietatem et corrupta corrumpitraquo) e precisadi voler e dover dare tale definizione percheacute laquoilla Digestorum de-scriptio [Dig 111 pr1 accolta in Convivio IV IX 8 laquola ragione scrit-ta egrave arte di bene e drsquoequitaderaquo] non dicit quod quid est iuris sed de-scribit illud per notitiam utendi illoraquo (Mon II V 1) Questa precisa-zione non egrave da sottovalutare il passo risulta infatti esemplare nelmostrare come per Dante il Digesto sia comunque laquoil punto di par-tenza necessarioraquo anche se laquoper uno scarto nella definizione dellequestioni in esameraquo216 E in effetti non solo la prima parte della de-

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216 QUAGLIONI laquoArte di bene e drsquoequitaderaquo Ancora sul senso del diritto in Dante(Monarchia II v 1) cit p 39 Si veda anche RUGGIERO Una definizione del diritto

finizione dantesca (laquoius est realis et personalis hominis ad hominemproportioraquo) per quanto formulata in modo felicemente originale217riecheggia la tradizione filosofica e giuridica antica (oltre a quellamedievale)218 ma anche lrsquoulteriore specificazione (laquoque servata ho-

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cit p 143 Diversamente CHIESA-TABARRONE per ragioni stilistiche (laquomentre la de-finizione iniziale (ius [hellip] corrumpit) egrave di alto valore retorico lrsquoinciso sul Digesto egravestilisticamente molto bruttoraquo) pensano che tale inciso sia una glossa aggiunta suc-cessivamente cfr CHIESA-TABARRONE Nota al testo in Monarchia cit p CXXX eCommento ivi pp 97-98 ad II V 1 CHIESA-TABARRONE comunque a mio avviso nonopportunamente per questo passo rimandano a Digesto 1110 pr (dove perograve si dagrave ladefinizione di iustitia vd infra n 218) e non alla definizione di Ulpiano-Celso

217 Tanto da essere considerata dai giuristi moderni laquofra le tante che si egrave tentato didarne [hellip] forse la piugrave felice e la piugrave profondaraquo FASSOgrave Storia della filosofia del dirit-to I cit p 223 si veda anche FIORELLI Sul senso del diritto nella laquoMonarchiaraquo citin particolare pp 80-81 dove traccia un breve storia della fortuna di questa definizio-ne fra gli storici moderni del diritto pur osservando come molti giudizi lrsquoabbiano elo-giata senza fornire le ragioni di tali elogi e QUAGLIONI laquoArte di bene e drsquoequitaderaquo An-cora sul senso del diritto in Dante (Monarchia II v 1) cit pp 40-41

218 Opportunamente Nardi (Commento in DANTE ALIGHIERI Opere MinoriIII1 cit p 386 ad II V 1) osserva innanzitutto che in questa definizione dantesca iltermine latino ius corrisponde al greco δίκαιον (iustum) rimandando al commento diTommaso al V libro dellrsquoEtica aristotelica (Exp Eth V lect XII 1) dove si precisa chei giuristi laquonominant [hellip] ius quod Aristotiles iustum nam et Isidorus dicit in libro Ety-mologiarum quod ius dicitur quasi iustumraquo Il concetto di giustizia come proportioegrave presente in ARISTOTELE Eth V 1131a-1132b in particolare 1131a laquoil giusto egrave in cer-to senso una proporzioneraquo (ma il concetto egrave giagrave in PLATONE Leggi VI 757b-c) e cfrsempre il commento di Tommaso allrsquoinizio della quinta lectio (Exp Eth V lect V 1laquoEst ergo iustum proportionale et ceteraraquo) ma anche Egidio Romano De regimineprincipum I II 11 laquoiustum est quoddam proportionabileraquo Ricordiamo che in Mon IXI 7 in modo simile Dante aveva definito la iustitia come quella laquovirtus ad alterumraquoche lrsquoimperatore poteva esercitare in quanto possedeva la laquopotentia tribuendi cuiquequod suum estraquo (vd supra n 130) Per le fonti giuridiche antiche si puograve vedere lefonti giagrave citate supra alla medesima nota fra cui ricordo ancora Digesto 1110 pr (Ul-pianus 1 reg) laquoIustitia est constans et perpetua voluntas ius suum cuique tribuendiraquoma anche Dig 11101 (Ulpianus 1 reg) laquoIuris praecepta sunt haec honeste viverealterum non laedere suum cuique tribuereraquo Con gli aggettivi realis e personalis si in-dica un laquoreciproco riconoscimento e reciproca limitazione dei poteri di ciascuno deiconsociati sopra cose e sopra personeraquo FIORELLI Sul senso del diritto nella laquoMonar-chiaraquo cit p 82 n 11 lrsquouso dellrsquoaggettivo realis egrave estraneo al Digesto (che usa sem-pre il sostantivo res) ma egrave invece attestato nei giuristi del XIII e XIV secolo laquoNulladunque drsquoeccezionale nellrsquouso che di realis fa Dante ma in tutti i modi il probabile

minum servat sotietatem et corrupta corrumpitraquo) rende evidentequanto Dante abbia recepito il ldquosensordquo del diritto antico Infatti os-serva lrsquoAlighieri

Se [hellip] questa definizione abbraccia insieme la ldquoquidditagraverdquo e il ldquopercheacuterdquodel diritto e se il fine di ogni associazione egrave il comune bene degli associati egravegiocoforza che fine drsquoogni diritto sia il bene comune ed egrave impossibile si diadiritto che non miri al bene comune [hellip] Egrave dunque evidente che chiunquemira al bene pubblico si propone il fine del diritto Se pertanto i Romanitendevano al bene dello stato saragrave vero il dire che essi avevano di mira il fi-ne del diritto219

Ma nota giustamente Quaglioni questa laquoidea dellrsquoidentitagrave delbonum rei publice (la salus rei publicae ciceroniana) col fine stessodel diritto appartiene alla tradizione teologico-politica e giuridico

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indizio drsquouna lettura diretta di testi giuridici e soprattutto di glosse non filtrata dascritture dottrinali drsquoaltra provenienzaraquo ivi p 87 QUAGLIONI laquoArte di bene e drsquoequi-taderaquo Ancora sul senso del diritto in Dante (Monarchia II v 1) cit pp 44-45 ipotiz-za un nesso fra la definizione dantesca e il dibattito sorto fra i giuristi del XIII e XIVsecolo proprio sulla definizione del ius in Digesto 111 Fra i testi giuridici medieva-li sono da ricordare le Quaestiones de iuris subtilitatibus operetta giuridica medieva-le per molto tempo attribuita a Irnerio diffusa in Toscana e quindi probabilmenteconosciuta da Dante cfr Quaest Exordium 4 laquout salvo singulis suo merito serveturincorrupta societas hominum cunctorumque perseverat illibata communitasraquoQuaestII 4 laquohoc dicitur ius respectu aequitatis non quia insit set quia pro officio statuentisinesse debuit nec dici potest aliam esse nominis eiusdem significantiam set magiseandem set inproprie acceptamraquo Quaest VI 3 laquoaequitas qua continetur aequabilitaset pro dignitate cuiusque congrua rerum quas ad usum hominum natura prodidit in-ter omnes distributioraquo Si veda anche CANCELLI sv Diritto romano in EnciclopediaDantesca cit FIORELLI Sul senso del diritto nella laquoMonarchiaraquo cit p 84 QUAGLIONIlaquoArte di bene e drsquoequitaderaquo Ancora sul senso del diritto in Dante (Monarchia II v 1)cit pp 44-45 Ma sul rapporto fra la definizione dantesca e le Quaestiones de iurissubtilitatibus piugrave estesamente si sofferma RUGGIERO Una definizione del diritto citpp 145-48

219Mon II V 1 laquoQuicunque preterea bonum rei publice intendit finem iuris in-tendit Quodque ita sequatur sic ostenditur ius est realis et personalis hominis ad ho-minem proportio que servata hominum servat sotietatem et corrupta corrumpitraquo2 laquonecesse est finem cuiusque iuris bonum comune esse et inpossibile est ius essebonum comune non intendensraquo 4 laquoPatet igitur quod quicunque bonum rei publiceintendit finem iuris intenditraquo

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220 QUAGLIONI laquoArte di bene e drsquoequitaderaquo Ancora sul senso del diritto in Dante(Monarchia II v 1) cit p 39 Sullrsquoambiguitagrave che la formula salus rei publicae puograve as-sumere nellrsquoopera ciceroniana cfr perograve C DrsquoALOJA Legge di natura e lotta politicanellrsquoopera di Cicerone in Testi e problemi del giusnaturalismo romano cit pp 127-61p 134 e FONTANELLA Politica e diritto naturale nel De legibus di Cicerone cit pp130-32

221 QUAGLIONI laquoArte di bene e drsquoequitaderaquo Ancora sul senso del diritto in Dante(Monarchia II v 1) cit pp 39-40 n 42 con RICCI (DANTE ALIGHIERI Monarchia acura di PG RICCI Edizione Nazionale delle opere di Dante Alighieri a cura della So-cieta Dantesca Italiana vol V Milano Mondadori 1965) NARDI (ALIGHIERI DANTEOpere Minori III1 cit) KAY (DANTErsquoSMonarchia cit) RUGGIERO Una definizionedel diritto cit p 142 n 2 per il comune bonum rimanda a Remigio dersquo Girolami Debono communi ed MC DE MATTEIS in laquoAnnali della Facoltagrave di Lettere dellrsquoUni-versitagrave di Lecceraquo 3 1965-1967 pp 13-86 Altra bibiliografia sul tema del comunebonum nel pensiero politico medievale in CHIESA-TABARRONE Commento in Mo-narchia cit p 98 ad II V 2

222 Da me riportati supra alla n 218223 CIC De inv I 68 laquoOmnes leges iudices ad commodum rei publicae referre

oportet et eas ex utilitate communi non ex scriptione quae in litteris est interpreta-ri Ea enim virtute et sapientia maiores nostri fuerunt ut in legibus scribendis nihil si-bi aliud nisi salutem atque utilitatem rei publicae proponerent Neque enim ipsi quodobesset scribere volebant et si scripsissent cum esset intellectum repudiatum irilegem intellegebant Nemo enim leges legum causa salvas esse vult sed rei publicaequod ex legibus omnes rem publicam optime putant administariraquo

politica occidentale [hellip] Naturalmente i lsquoprecedentirsquo piugrave vicini epiugrave autorevoli possono essere agevolmente indicati nel duplice stra-to aristotelico e ciceroniano della giuspubblicistica del XIII e XIVsecoloraquo220 Per la definizione dantesca del diritto Quaglioni in no-ta221 rimanda attraverso i commenti di Ricci Kay e Nardi allrsquoEticadi Aristotele col commento di Tommaso e al De regimine principumdi Egidio Romano222 Mi pare perograve che a conferma dellrsquoinfluenzadello laquostrato ciceronianoraquo a cui rimanda Dante stesso ricordando ilDe inventione (Mon II V 2 laquoPropter quod bene Tullius in Prima re-thorica semper ndash inquit ndash ad utilitatem rei publice leges interpre-tande suntraquo)223 si possa almeno citare il passo del III libro del De of-ficiis dove si afferma laquoNeque vero hoc solum natura id est iure gen-tium sed etiam legibus populorum quibus in singulis civitatibus respublica continetur eodem modo constitutum est ut non liceat suicommodi causa nocere alteri Hoc enim spectant leges hoc volunt

incolumem esse civium coniunctionemraquo224 E proprio dal De officiis egravetratta la prima ldquoprova storicardquo che laquoallontanata da seacute ogni cupidigiache egrave sempre nemica della repubblica e amando la pace universaleunita alla libertagrave quel santo pio e glorioso popolo si vede aver ne-gletto il proprio vantaggio per procurare quello pubblico a salvezzadel genere umano Onde a ragione fu scritto ldquoLrsquoimpero romano na-sce dal Fonte della pietagraverdquoraquo225 Per rintracciare i segni di questo agirelaquopublica pro salute humani generisraquo negli organi istituzionali del-lrsquoantica Roma basta infatti a Dante ricordare il passo del De officiisin cui il senato viene designato come laquoregum populorum et natio-num portus [hellip] et refugium quando imperium rei publice benefi-ciis tenebatur non iniuriis cosigrave che laquolsquopatrociniumrsquo orbis terrarum po-tius quam lsquoimperiumrsquo poterat nominariraquo226 Per dimostrare invecenelle singole personalitagrave della storia romana questo atteggiamentodeterminato dalla ricerca del bene pubblico si rievocano quasi glistessi esempi di eroi virtuosi che avevamo trovato nel Convivio227 con

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224 Ma cfr anche CIC De off I 15 17 20 III 69225Mon II V 5 laquoomni cupiditate summota que rei publice semper adversa est et

universali pace cum libertate dilecta populus ille sanctus pius et gloriosus propriacommoda neglexisse videtur ut publica pro salute humani generis procuraret Underecte illud scriptum est ldquoRomanum imperium de Fonte nascitur pietatisrdquoraquo La fraseegrave pronunciata da Costantino e riportata nella Legenda Aurea di Iacopo da VaragineMa cfr anche la V Epistola dove a proposito di Arrigo VII si afferma laquocum sit Cesaret maiestas eius de Fonte defluat pietatisraquo (Ep V 3)

226 CIC De officiis II 26-7 in Monarchia II V 7 laquosufficit illa sola Ciceronis autori-tas in secundis Offitiis ldquoQuandiurdquo inquit ldquoimperium rei publice beneficiis tenebaturnon iniuriis bella aut pro sotiis aut de imperio gerebantur exitus erant bellorum autmites aut necessarii regum populorum et nationum portus erat et refugium senatusnostri autem et magistratus imperatoresque in ea re maxime laudem capere studue-runt si provincias si sotios equitate et fide defendissent Itaque illud lsquopatrociniumrsquo or-bis terrarum potius quam lsquoimperiumrsquo poterat nominarirdquo Hec Ciceroraquo

227 Cfr Conv IV V su cui vd supra (anche per il confronto con Agostino) e n 47Fatta eccezione per quelli di Tito Manlio Torquato e di Marco Attilio Regolo assen-ti nella Monarchia dove a differenza del Convivio trovano invece posto i Decii quin-di nel Convivio abbiamo nellrsquoordine Luscino Fabrizio Manio Curio Dentato CaioMuzio Scevola Tito Manlio Torquato Lucio Giunio Bruto Marco Attilio RegoloLucio Quinzio Cincinnato Furio Camillo e Catone Uticense Nella Monarchia LucioQuinzio Cincinnato Luscino Fabrizio Furio Camillo Lucio Giunio Bruto Caio Mu-zio Scevola i Decii Catone Uticense Dunque sia il numero sia lrsquoordine con cui ven-gono ricordati i personaggi esemplari non solo non trova preciso riscontro nella tra-

rimandi molto piugrave precisi a Livio Cicerone e Virgilio (anche percheacutenella Monarchia non occorreva la traduzione in volgare della fontelatina) Ricordiamo che nel Convivio tali esempi servivano a dimo-strare il favore divino nei confronti dellrsquoimpero romano manifesta-tosi nella virtugrave eccezionale dei suoi uomini qui servono a dimostra-re che laquoil popolo romano sottomettendo a seacute il mondo mirograve al be-ne collettivoraquo che egrave laquola meta del dirittoraquo228 con la significativa di-

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dizione antica o medievale (vd supra) ma non egrave il medesimo nemmeno nei due trat-tati danteschi Per un confronto puntuale con le fonti classiche e medievali ricordoSILVERSTEIN On the genesis of laquoDe Monarchiaraquo II v cit supra alla n 49 CHIESA-TA-BARRONE (Introduzione inMonarchia cit p LVIII) osservano che mentre lrsquoordine se-guito nel Convivio sarebbe laquovagamente cronologicoraquo quello nella Monarchia sareb-be funzionale alla costruzione di una laquoclimax etica [hellip] dove lrsquoeroismo egrave in crescen-do da quello di Cincinnato che contribuigrave al bene comune con il proprio sudore fi-no a quello di Catone e dei Deci che per il bene comune sacrificarono la loro stessavitaraquo

228Mon II V 18 laquoDeclarata igitur duo sunt quorum unum est quod quicunquebonum rei publice intendit finem iuris intendit aliud est quod romanus populus su-biciendo sibi orbem bonum publicum intenditraquo Anche Agostino in De civitate V 18su cui ci siamo soffermati sopra indicava in questi personaggi un esempio di sacrificiodi seacute (non solo dei propri beni ma perfino della propria vita e di quella dei propri fi-gli) per il bene della patria ovvero per il bene pubblico la Monarchia sembrerebbequindi offrire un contesto piugrave vicino al De civitate di quello del precedente trattato An-che in questo caso perograve lrsquoapprovazione incondizionata di Dante per la virtus romananon potrebbe essere piugrave distante dalla contestualizzazione che egrave anche una ldquoconte-stazionerdquo messa in atto da Agostino basti soffermarci sullrsquoesempio di Lucio GiunioBruto di particolare interesse percheacute vi si mostra il diverso uso della stessa fonte an-tica cioegrave Virgilio in ambedue gli autori Nel VI libro dellrsquoEneide Anchise con questeparole profetizza il destino di Bruto che faragrave giustiziare i propri figli colpevoli di at-tentare alla repubblica laquonatosque pater nova bella moventes ad poenam pulchra prolibertate vocabit infelix utcumque ferent ea facta minores vincet amor patriae lau-dumque immensa cupidoraquo (820-23) Agostino riporta e commenta questi versi in mo-do da sottolineare come la stessa fonte virgiliana getti unrsquoombra sul comportamento diBruto laquoBruto autem quia filios occidit infelicitatis perhibet testimonium etiam poe-ta laudator Ait enim ldquoNatosque pater nova bella moventes Ad poenam pulchra prolibertate vocabit Infelix utcumque ferent ea facta minoresrdquo Sed versu sequenti con-solatus est infelicem ldquoVincit amor patriae laudumque immensa cupidordquoraquo (De civ V 18)Dante al contrario ldquotaglia cortordquo ovvero elimina proprio quei versi che potevano su-scitare unrsquoambiguitagrave di giudizio e scrive laquoNonne filios an non omnes alios postpo-nendos patrie libertati Brutus ille primus edocuit quem Livius dicit consulem exi-stentem proprios filios cum hostibus conspirantes morti dedisse Cuius gloria reno-

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vatur in sexto Poete nostri de ipso canentis ldquonatosque pater nova bella moventes adpenam pulcra pro libertate vocavitrdquoraquo (Mon II V 13) Per la lettura agostiniana di que-sto episodio della antica storia romana si veda ora S AUDANO Classici lettori di clas-sici Da Virgilio a Marguerite Yourcenar Foggia Edizioni Il castello 2012 il capitoloBruto e il lungo percorso di una sentenza virgilianaVincet amor patriae laudumque im-mensa cupido (Aen VI 823) pp 87-162 in particolare pp 116-34 Da osservare cheanche nel De regimine principum (III 5) Tolomeo da Lucca pur rifacendosi esplicita-mente al V libro del De civitate capovolge il giudizio agostiniano riportando comeesempio di zelus iustitiae il comportamento di Bruto e di Torquato verso i figli si ve-da sempre AUDANO Classici lettori di classici cit pp 134-40

229 Mon II V 15 laquoaccedit et illud inenarrabile sacrifitium severissimi vere liber-tatis tutoris Marci Catonis Quorum alteri pro salute patrie mortis tenebras non hor-ruerunt alter ut mundo libertatis amores accenderet quanti libertas esset ostenditdum e vita liber decedere maluit quam sine libertate manere in illaraquo

230 Vd supra Mon I XII e cfr RUGGIERO Una definizione del diritto cit p 149laquonon egrave casuale che la definizione dantesca sia contestuale al richiamo in II V 15 a Ca-tone ldquoseverissimus libertatis tutorrdquo cheacute ancora in Purgatorio XVI e in Paradiso I e Vil tema giuridico egrave indissolubilmente connesso con la riflessione dantesca sul temadella libertagraveraquo

231 Mon II V 19 laquoNunc arguatur ad propositum sic quicunque finem iuris in-tendit cum iure graditur romanus populus subiciendo sibi orbem finem iuris inten-dit ut manifeste per superiora in isto capitulo est probatum ergo romanus populussubiciendo sibi orbem cum iure hoc fecit et per consequens de iure sibi ascivit Im-perii dignitatemraquo

stinzione di Marco Catone laquoseverissimo fautore della vera libertagraveraquo ilcui esempio egrave servito piugrave in particolare ad laquoaccendere nel mondolrsquoamore della libertagraveraquo229 quasi a suggerire quel nesso fra diritto e li-bertagrave che avevamo visto affermato esplicitamente a proposito del-lrsquoimperatore garante del diritto e quindi della libertagrave dei cives230 Elaquochiunque si propone il fine del diritto procede drsquoaccordo col di-ritto il popolo romano assoggettandosi il mondo si propose il finedel diritto [hellip] dunque il popolo romano assoggettandosi il mondolo fece con diritto e per conseguenza a buon diritto si arrogograve la di-gnitagrave dellrsquoImperoraquo231 Cosa crsquoegrave di piugrave ldquoromanordquo di questa percezio-ne di un diritto che legittima e allo stesso tempo caratterizza lrsquoespan-sione romana estendendosi anchrsquoesso nella sua applicazione di pa-ri passo collrsquoestendersi dellrsquoimpero Cosigrave ad esempio leggiamo nel-le Historiae di Tacito (IV 74) nel discorso ai Treviri attribuito a Pe-tilio Ceriale (generale romano inviato nel 69 dC in Germania infe-riore a domare la rivolta dei Batavi) come la convenienza del-

lrsquoespansione romana fosse motivata proprio dal fatto che Romaavrebbe portato il diritto e con questo la pace e la partecipazione al-la stessa gestione dellrsquoimpero a popoli in precedenza sottoposti a ti-rannie e a guerre

Tirannie e guerre sempre ci furono in Gallia fincheacute non passaste al no-stro diritto (in nostrum ius) E noi bencheacute tante volte provocati del dirittodella vittoria ci giovammo solamente per garantire la pace Ma non esistequiete fra i popoli senza le armi neacute armi si danno senza stipendi neacute stipen-di si possono riscuotere senza tributi Ogni altra cosa in comune avete con noi(cetera in communi sita sunt) voi stessi in molti casi comandate le vostre le-gioni voi stessi governate queste ed altre province nessun priviliegio nessu-na esclusione (nihil separatum clausumve)232

La conferma della ldquoromanitagraverdquo delle argomentazioni che giustifi-cano lrsquoesistenza e lrsquoestensione dellrsquoimpero romano su tutta lrsquoecume-ne la troviamo nel seguente VI capitolo qui il discorso parte dal di-mostrare che ciograve che la natura ha ordinato si mantiene di diritto(Mon II VI 1-3)233 ma laquoRomanus populus ad imperandum ordina-tus fuit a naturaraquo (Mon II VI 4) in quanto la natura per raggiunge-

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232 TAC Hist IV 74 laquoRegna bellaque per Gallias semper fuere donec in nostrumius concederetis Nos quamquam totiens lacessiti iure victoriae id solum vobis ad-didimus quo pacem tueremur nam neque quies gentium sine armis neque arma si-ne stipendiis neque stipendia sine tributis haberi queunt cetera in communi sitasunt Ipsi plerumque legionibus nostris praesidetis ipsi has aliasque provincias re-gitis nihil separatum clausumveraquo Inutile ricordare che Dante non poteva sicura-mente conoscere questo testo Ricordo piuttosto che nonostante le fonti giuridichedellrsquoultimo secolo della Repubblica e dei primi due dellrsquoImpero facciano chiara-mente riferimento alla permanenza di un ius civile in senso stretto applicabile soloai cittadini romani e di un ius honorarium e di un ius gentium (ma questrsquoultimocomprendente sempre piugrave norme e istituti del sistema civilistico) che sono invece ap-plicati anche ai peregrini e nonostante le autonomie giuridiche concesse ad alcunecittagrave specialmente nella parte orientale dellrsquoimpero giagrave dalla etagrave repubblicana il di-ritto romano costituisce il quadro di riferimento per tutti i rapporti privati e pubblicidei Romani e dei popoli che Roma ha sottomesso cfr Lineamenti di storia del dirit-to romano cit pp 506-17 E ricordiamo anche che il ius egrave unrsquoinvenzione tutta ro-mana rispetto ad esempio ai sistemi di leggi presenti nel mondo greco dove esi-ste appunto la legge ma niente che sia equivalente al ius questo il tema del volu-me di SCHIAVONE Ius cit

233 Vd supra n 175

re il fine del genere umano non raggiungibile per mezzo di un solouomo produce una moltitudine di uomini ordinati ad operazionidiverse (Mon II VI 5-6) e pertanto laquoalcuni popoli sono atti per na-tura a dominare ed alcuni altri a star soggetti e servire come affer-ma il Filosofo nella Politica e per tali uomini come egli dice non so-lo egrave vantaggioso essere governati ma egrave anche giusto sebbene deb-bano esservi costrettiraquo (Mon II VI 7)234 Il principio aristotelico loabbiamo ricordato a proposito del Convivio era stato usato propriodai Romani nella legittimazione della propria espansione (cosigrave comeattesta il De republica di Cicerone)235 e Dante cita in questo capito-lo della Monarchia i celebri versi del VI libro (847-853) dellrsquoEneidedi Virgilio che esplicitano questa consapevolezza tutta romana del-la ldquovocazione allrsquoimperordquo236 per poi concludere laquoEgrave provato cosigravequanto basta che il popolo romano fu ordinato da natura a impera-re dunque il popolo romano assoggettandosi il mondo pervenneallrsquoImpero di dirittoraquo (Mon II VI 7)237

Se vogliamo individuare un filo conduttore nelle argomentazio-ni svolte in questi capitoli V e VI mi pare si possa osservare che perDante lrsquoesistenza di un diritto dei Romani allrsquoImpero si fondi in-nanzitutto sullrsquoesistenza e sulla validitagrave del loro diritto di quel iusche ancora come per Cicerone238 assicura il bene di tutti i popoli a

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234Mon II VI 7 laquoPropter quod videmus quod quidam non solum singulares ho-mines quinetiam populi apti nati sunt ad principari quidam alii ad subici atque mi-nistrare ut Phylosophus astruit in hiis que De politicis et talibus ut ipse dicit nonsolum regi est expediens sed etiam iustum etiamsi ad hoc coganturraquo

235 Vd supra n 24 Sul tema cfr ora P DESIDERI Impero romano e diritto di na-tura in Cicerone in Letteratura e civitas Transizioni dalla Repubblica allrsquoImpero In ri-cordo di E Narducci a cura di M Citroni Pisa ETS 2012 pp 73-87

236 VERG Aen VI 847-53 laquoExcudent alii spirantia mollius era credo equidemvivos ducent de marmore vultus orabunt causas melius celique meatus descri-bent radio et surgentia sidera dicent Tu regere imperio populos Romane memento hae tibi erunt artes pacique imponere morem parcere subiectis et debellare su-perbosraquo

237Mon II VI 11 laquoPropterea satis persuasum est quod romanus populus a natu-ra ordinatus fuit ad imperandum ergo romanus populus subiciendo sibi orbem de iu-re ad Imperium venitraquo

238 Egrave il riferimento al ius naturae che permette di legittimare a partire da Cice-rone lrsquoegemonia giuridica di Roma sui popoli in quanto realizzazione laquoin terra del-lrsquoordinamento politico il piugrave vicino possibile allrsquoordine naturale che regna nellrsquouni-

cui si applica in quanto corrisponde profondamente a quellrsquoordineche la ragione umana trova inscritto nella natura239

I capitoli finali del II libro dove Dante intende dimostrare pervia di fede ciograve che finora ha dimostrato per via di ragione240 non fan-no altro che ribadire da un altro punto di vista la ldquolegittimitagraverdquo delius Cristo nascendo quando venne promulgato da Augusto il fa-moso editto di censimento e accettando cosigrave di esservi iscritto di-mostrograve che quellrsquoeditto era giusto e che di conseguenza era di dirit-to lrsquoautoritagrave che lo promulgograve (Mon II X 4-8)241 La redenzione del ge-nere umano sarebbe stata impossibile se il peccato di Adamo nonfosse stato punito in Cristo ma ciograve egrave avvenuto e questo significa chelrsquoimperatore aveva giurisdizione sullrsquointero genere umano in quan-to lrsquoImpero era di diritto e per questo aveva potere di giudicare Cri-sto e di punire in lui il peccato dellrsquoumanitagrave (Mon II XI 1-6)242 E ilcapitolo e il II libro si chiudono con un netto giudizio su Costan-

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versoraquo e drsquoaltra parte laquoegrave proprio la dimensione imperiale dellrsquoesperienza politica ro-mana lrsquoelemento che ne giustifica la proposizione come modello di riferimento asso-luto in quanto storicamente realizzatoraquo DESIDERI Impero romano e diritto di naturain Cicerone cit pp 74 e 77

239 Cfr ancora CHIESA-TABARRONE Commento in Monarchia cit p 97 ad II V1 laquoLa conformitagrave dellrsquoimpero al diritto egrave per Dante una necessitagrave logica [hellip] e in que-sto sta la novitagrave e la profonditagrave di questa parte del trattato LrsquoImpero Romano egrave dun-que tale per diritto naturale la natura la volontagrave divina e il diritto positivo tendonoa coincidereraquo Ma anche R IMBACH Quattro idee sul pensiero politico di Dante Ali-ghieri in laquoLrsquoAlighieri Rassegna dantescaraquo ns 28 2006 pp 41-54 p 51 dove si evi-denzia il valore paradigmatico dellrsquoimperium romanum in Dante concepito comequella laquorealtagrave idealeraquo in cui avviene laquola perfetta realizzazione dello stato di dirittoche egrave a sua volta immagine della ragione nella sua piena trasparenzaraquo

240 Mon II X 1 laquoUsque adhuc patet propositum per rationes que plurimum ra-tionalibus principiis innituntur sed ex nunc ex principiis fidei cristiane iterum pate-faciendum estraquo

241 Cosigrave come lrsquoAlighieri sostiene anche nella Epistola VII a Arrigo VII laquoEt cumuniversaliter orbem describi edixisset Augustus [hellip] si non de iustissimi principatusaula prodiisset edictum unigenitus Dei Filius homo factus ad profitendum secun-dum naturam assumptam edicto se subditum nequaquam tunc nasci de Virgine vo-luisset non enim suasisset iniustum quem ldquoomnem iustitiam implererdquo decebatraquo (EpVII 14)

242 Cfr Par VI 88-90 laquola viva giustizia [hellip] li concedette in mano a quel chrsquoirsquodico [scil allrsquoimperatore Tiberio] gloria di far vendetta a la sua iraraquo

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243Mon II XI 8 laquoO felicem populum o Ausoniam te gloriosam si vel nunquaminfirmator ille Imperii tui natus fuisset vel nunquam sua pia intentio ipsum fefellis-setraquo Ma cfr anche Inf XIX 115-17 Purg XXXII 137-38 Par XX 55-60

244Mon III I 5 laquoet queritur utrum auctoritas Monarche romani qui de iure Mo-narcha mundi est ut in secundo libro probatum est inmediate a Deo dependeat anab aliquo Dei vicario vel ministro quem Petri successorem intelligo qui vere clavigerest regni celorumraquo

245 CHIESA-TABARRONE Commento inMonarchia cit p 155 ad III II246 Cfr CHIESA-TABARRONE Introduzione inMonarchia cit p XXXI laquoConside-

rando insieme i tre principii posti allrsquoinizio di ognuno dei tre libri ne emerge comedenominatore comune il richiamo alla volontagrave di Dio cosigrave come si esprime nel dise-gno generale della natura e nelle grandi linee di sviluppo della storia umana (e comedi conseguenza dallrsquoesame della natura e della storia puograve essere desunto)raquo

247 Mon III IV 1 laquoIsti vero ad quos erit tota disputatio sequens asserentes auc-

tino infirmator Imperii a cui si riconosce una pia intentio ma chelrsquoha tratto in inganno (Mon II XI 8)243 Dante si riferisce evidente-mente alla ldquodonazione di Costantinordquo a cui verragrave dedicato lrsquointero Xcapitolo del III libro

27 laquoImperio licitum non est contra ius humanum aliquid facereraquo(Mon III X 8)

Il III libro della Monarchia lo ricordiamo si propone di discu-tere la questione laquose lrsquoautoritagrave del Monarca romano che per dirittoegrave Monarca del mondo come egrave stato provato nel secondo libro di-penda immediatamente da Dio ovvero dallrsquoaltro vicario o ministrodi Dio quale intendo che sia il successor di Pietroraquo (Mon III I 5)244Come nei libri precedenti dopo aver posto e dimostrato qui attra-verso laquola dimostrazione formaleraquo che utilizza laquoil procedimento ari-stotelico della riduzione allrsquoassurdoraquo245 un principio su cui fondarele varie argomentazioni e cioegrave lrsquoassunto che abbiamo giagrave menzio-nato sopra laquoquod naturae intentioni repugnat Deus nolitraquo (MonIII II 2)246 Dante individua e distingue gli avversari ndash i sostenitoridel primato del papa ndash a cui intende rivolgersi (Mon III III) e il ti-po di argomentazione da essi avanzata che laquotraggono dalla SacraScrittura e da alcuni atti sigrave del Sommo Pontefice che dello stesso Im-peratoreraquo (Mon III IV 1)247 Dopo aver confutato gli argomenti di de-

rivazione scritturale (dallrsquoAntico e dal Nuovo Testamento Mon IIIIV-IX) affronta il primo degli laquoattiraquo su cui si fondano i suoi avversa-ri ovvero la donazione di Costantino un documento steso in realtagravefra la seconda metagrave del secolo VIII e i primi decenni del IX248 nelquale si trova attestata esplicitamente per la prima volta in Occi-dente lrsquoidea che Costantino avesse trasferito il suo imperium e lalaquoregni potestatem orientalibus [hellip] regionibusraquo249 e avesse invece

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toritatem Imperii ab auctoritate Ecclesie dependere velut artifex inferior dependetab architecto pluribus et diversis argumentis moventur que quidem de Sacra Scrip-tura eliciunt et de quibusdam gestis tam summi Pontificis quam ipsius Imperatorisnonnullum vero rationis indicium habere nitunturraquo

248 La ldquovulnerabilitagraverdquo delle argomentazioni elaborate nel Constitutum (vd infran 251) ha portato parte degli studiosi a ritenere che il documento non fosse stato ela-borato dalla curia romana cosigrave P DE LEO Ricerche sui falsi medioevali 1 Il Consti-tutum Constantini compilazione agiografica del sec 8 note e documenti per una nuo-va lettura Reggio Calabria Editori meridionali riuniti 1974 ha ipotizzato che il Con-stitutum appartenga alla produzione agiografica monastica intorno a papa SilvestroAnche secondo G DAGRON Representations de lrsquoancienne et de la nouvelle Romedans le sources byzantines des VIIe-XIIe siecles in Roma Costantinopoli Mosca cit pp295-306 laquole Constitutum nrsquoest rien de plus qursquoun appendice aux Actes de Silvestreraquo(p 301) ma che laquoagrave cause de lrsquousage qui en est fait est exclu par les Orientaux de lavulgate constantinienneraquo (p 304) Altri ritengono invece che pur se elaborato nellacuria il Constitutum fosse comunque inizialmente destinato ad avvalorare le pretesepontifice sul patrimonium Petri non tanto presso la raffinata diplomazia bizantinaquanto presso i nuovi regni barbarici primi fra tutti quello dei Franchi come forseavvenne quando papa Zaccaria richiese e ottenne lrsquoaiuto di Pipino il Breve contro iLongobardi Cfr P BELLINI La coscienza del principe Prospettazione ideologica e re-altagrave politica delle interposizioni prelatizie nel governo della cosa pubblica I-II TorinoGiappicchelli 2000 vol I p 595 Recentemente Johannes Fried ha supposto conmotivazioni filologiche e codicologiche che la compilazione sia avvenuta in ambien-te franco fra i monasteri di Corbie e Saint Denis latori delle prime testimonianzemanoscritte per dirimere la querelle sulla potestas territoriale che opponeva i sud-detti monasteri ai figli di Carlomagno nella prima metagrave del IX secolo (J FRIED Do-nation of Constantine and Constitutum Constantini the misinterpretation of a fictionand its original meaning with a contribution by W BRANDES The satraps of Con-stantine Berlin-New York De Gruyter 2007 p 201) Ma sulla storia del Constitutumvd anche GM VIAN La donazione di Costantino Bologna Il Mulino 2004 con bi-bliografia

249 Cosigrave recita il sect 18 del Constitutum laquoUnde congruum prospeximus nostrumimperium et regni potestatem orientalibus transferri ac transmutari regionibus et in By-zantiae provincia in optimo loco nomini nostro civitatem aedificari et nostrum illic

ceduto Roma e con essa le insegne imperiali e ampi territori in Oc-cidente a papa Silvestro e ai papi suoi successori250 da ciograve si facevaderivare la pretesa che spettasse alla Chiesa lrsquoautoritagrave di conferire ilpotere imperiale (Mon III X 1-2)251 Il poeta ammette come real-mente avvenuta la donazione costantiniana ma la considera non va-lida dimostrando prima che non era in potere di Costantino aliena-

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constitui imperium quoniam ubi principatus sacerdotum et christianae religionis ca-put ab imperatore caelesti constitutum est iustum non est ut illic imperator terrenushabeat potestatemraquo Per il testo del Constitutum Constantini si veda Das ConstitutumConstantini (Konstantinische Schenkung) herausgegeben von H FUHRMANN Han-nover Hansche Buchhandlung 1968 (Fontes iuris Germanici antiqui in usum schola-rum ex MGH separatim editi Bd X) riportato anche in FRIED Donation of Con-stantine and Constitutum Constantini cit Appendix B pp 129-37 Cfr anche GOEZTranslatio cit pp 53-55

250 Cosigrave il sect 17 del Constitutum laquoUnde ut non pontificals apex vilescat sed ma-gis amplius quam terreni imperii dignitas et gloriae potentia decoretur ecce tam pa-latium nostrum ut praelatum est quamque Romae urbis et omnes Italiae seu occi-dentalium regionum provincias loca et civitates seapefato beatissimo pontifici patrinostro Silvestrio universali papae contradentes atque relinquentes eius vel succes-sorum ipsius pontificum potestati et ditioni firma imperiali censura per hanc nostramdivalem sacram et pragmaticum constitutum decernimus disponenda atque iuri san-ctae Romanae ecclesiae concedimus permanendaraquo

251 Mon III X 1-2 laquoDicunt adhuc quidam quod Constantinus imperator mun-datus a lepra intercessione Silvestri tunc summi Pontificis Imperii sedem scilicetRomam donavit Ecclesie cum multis aliis Imperii dignitatibus Ex quo arguunt di-gnitates illas deinde neminem assummere posse nisi ab Ecclesia recipiat cuius eas es-se dicunt et ex hoc bene sequeretur auctoritatem unam ab alia dependere ut ipsi vo-luntraquo Il Constitutum nel tentativo di dare un fondamento giuridico e non piugrave soloteologico a quella identificazione fra romana ecclesia e Roma a cui abbiamo sopraaccennato (vd supra n 72 ) prestava il fianco a diverse obiezioni fra le quali la piugraveevidente era che il potere temporale del papa sarebbe dipeso in ultima istanza dal-lrsquoimperatore in quanto derivato da una sua concessione Nellrsquoambito della canonisticafurono perciograve elaborate argomentazioni di carattere teologico per reinterpretare ilConstitutum cosigrave nella Aeger cui levia documento composto nella curia di Inno-cenzo IV (papa dal 1243 al 1254) anche se forse non direttamente a lui attribuibilesi interpreta la donatio effettuata da Costantino dopo la conversione come la resti-tutio debita di un principatus che sarebbe spettato solo al papa in quanto unico vi-carius Christi e che da questi sarebbe stato poi riaffidato allo stesso Costantino BEL-LINI La coscienza del principe cit vol II pp 637-38 Ma Dante ldquotaglia alla radicerdquoquesta problematica dimostrando che lrsquoimperatore non puograve comunque ldquoalienarerdquolrsquoimpero (vd infra nel testo)

re la dignitagrave dellrsquoimpero (Mon III X 5-12) quindi che la Chiesa nonpoteva comunque ricevere questa dignitagrave (Mon III X 13-17) La pri-ma parte dellrsquoargomentazione quella che piugrave ci interessa si fonda suquattro motivi il primo (Mon III X 5-6) egrave che laquoa nessuno egrave con-sentito di fare mediante lrsquoufficio a lui affidato quello che egrave controlrsquoufficio stesso [hellip] ora egrave contrario allrsquoufficio affidato allrsquoImperato-re lo scindere lrsquoImpero dato che egrave suo compito di tenere il genereumano soggetto a uno solo volere e a un solo non volere come fa-cilmente puograve vedersi nel primo libro di questo scritto dunque al-lrsquoimperatore non egrave consentito di scindere lrsquoimperoraquo252 Il secondo(Mon III X 7-9) sostiene che come fondamento della Chiesa egrave Cri-sto il fondamento dellrsquoimpero egrave il ius humanum La Chiesa non puograveandare contro il suo fondamento ma laquocosigrave neppure allrsquoImpero egrave le-cito fare alcuncheacute contro il diritto umano Ma sarebbe contro il di-ritto umano che lrsquoImpero distruggesse seacute stesso [hellip] Poicheacute dun-que scindere lrsquoImpero significherebbe distruggerlo dal momentoche lrsquoImpero consiste nellrsquounitagrave della Monarchia universale egrave evi-dente che non egrave lecito scindere lrsquoimpero a chi dellrsquoimpero rappre-senta lrsquoautoritagraveraquo253 Il terzo motivo (Mon III X 10-11) si basa sul prin-cipio che laquoogni giurisdizione egrave prima del suo giudice il giudice in-fatti egrave ordinato alla giurisdizione non questa a quello ma lrsquoImperoegrave quella giurisdizione che nel suo ambito abbraccia ogni altra giuri-sdizione temporale dunque essa egrave prima del suo giudice che egrave lrsquoIm-

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252 Mon III X 5 laquoEt cum pertinaciter instant quod dico sic ostendi potest ne-mini licet ea facere per offitium sibi deputatum que sunt contra illud offitium quiasic idem in quantum idem esset contrarium sibi ipsi quod est inpossibile sed con-tra offitium deputatum Imperatori est scindere Imperium cum offitium eius sit hu-manum genus uni velle et uni nolle tenere subiectum ut in primo huius de facili vi-deri potest ergo scindere Imperium imperatori non licetraquo

253Mon III X 7-9 laquoPreterea sicut Ecclesia suum habet fundamentum sic et Im-perium suum Nam Ecclesie fundamentum Cristus est [hellip] Imperii vero fundamen-tum ius humanum est Modo dico quod sicut Ecclesie fundamento suo contrariarinon licet sed debet semper inniti super illud [hellip] sic et Imperio licitum non est con-tra ius humanum aliquid facere Sed contra ius humanum esset si se ipsum Impe-rium destrueret ergo Imperio se ipsum destruere non licet Cum ergo scindere Im-perium esset destruere ipsum consistente Imperio in unitate Monarchie universalismanifestum est quod Imperii auctoritate fungenti scindere Imperium non licet Quodautem destruere Imperium sit contra ius humanum ex superioribus est manifestumraquo

peratore poicheacute ad essa lrsquoImperatore egrave ordinato e non al contrarioDal che egrave chiaro che lrsquoImperatore non ha la facoltagrave di permutarlaraquo254Infine (Mon III X 12) laquose un Imperatore potesse staccare dalla giu-risdizione dellrsquoImpero una particella un altro potrebbe fare altret-tanto E siccome la giurisdizione temporale egrave finita e ogni cosa finitasi consuma con un numero finito di amputazioni ne seguirebbe chela prima giurisdizione potrebbe andare annientata il che egrave irragio-nevoleraquo255 Egrave stato da tempo dimostrato come le argomentazionidantesche rielaborate in modo originale e coerente con quanto af-fermato nei precedenti libri del trattato trovano riscontro in quellatradizione giuridica di parte imperiale (il cui precedente piugrave auto-revole egrave la Glossa Authenticorum di Accursio redatta nei primi de-cenni del XIII secolo) che ricorrendo al diritto romano aveva di-chiarato illegittima la donazione costantiniana Ai precedenti stu-di256 rimando quindi per un puntuale confronto fra questi paragrafidella Monarchia e tale tradizione257 Ho voluto comunque ripercor-

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254Mon III X 10 laquoPreterea omnis iurisdictio prior est suo iudice iudex enim adiurisdictionem ordinatur et non e converso sed Imperium est iurisdictio omnem tem-poralem iurisdictionem ambitu suo comprehendens ergo ipsa est prior suo iudice quiest Imperator quia ad ipsam Imperator est ordinatus et non e converso Ex quo pa-tet quod Imperator ipsam permutare non potest in quantum Imperator cum ab ea re-cipiat esse quod estraquo Cfr supra n 160

255Mon III X 12 laquosi unus Imperator aliquam particulam ab Imperii iurisdictio-ne discindere posset eadem ratione et alius Et cum iurisdictio temporalis finita sit etomne finitum per finitas decisiones assummatur sequeretur quod iurisdictio primaposset annichilari quod est irrationabileraquo

256 Fra questi ricordo solo gli ancora fondamentali studi di Nardi (B NARDI LalaquoDonatio Constantiniraquo e Dante in Nel mondo di Dante Roma Edizioni di Storia eLetteratura 1944 pp 107-60 ID Intorno ad una nuova interpretazione del terzo li-bro della Monarchia di Dante in Dal ldquoConviviordquo alla ldquoCommediardquo cit pp 151-313ID Dante e il laquoBuon Barbarossaraquo ossia Introduzione alla laquoMonarchiaraquo di Dante inDante Alighieri Opere Minori III1 cit pp 241-69) la puntuale analisi di G PU-LETTI La donazione di Costantino nei primi del rsquo300 e la laquoMonarchiaraquo di Dante inlaquoMedioevo e Rinascimentoraquo ns VII 1993 pp 113-35 e lrsquoampia disanima di S CRI-STALDI laquoRomanum Imperiumraquo e donazione di Costantino in Dante di fronte al Gioa-chimismo cit pp 223-392

257 Da osservare in particolare come Dante al principio evidenziato da Accursioe poi ripreso dai civilisti che lrsquoimperatore in quanto augustus deve augere e non mi-nuere lrsquoimperium sostituisca allrsquoinizio delle sue argomentazioni coerentemente conquanto affermato nei precedenti libri il principio della inscindibile unitagrave dellrsquoimpe-

rere lo svolgimento dellrsquoargomentazione percheacute mi sembra chiari-scano in modo esemplare attravero un caso storico o meglio pre-sunto tale quella concezione del diritto che come abbiamo vistonelle pagine precedenti egrave inscindibile in Dante dalla concezione delpotere imperiale il fatto che Dante contesti su base giuridica la do-nazione di Costantino conferma infatti la figura di un imperatorenon sovrano assoluto ma profondamente vincolato dal ius cosigrave co-me avevamo giagrave osservato anche nel Convivio258 e come viene riba-dito in special modo dallrsquoaffermazione (il terzo motivo) che la giuri-sdizione imperiale egrave prima dellrsquoimperatore che a questa egrave ordinatoEd egrave significativo il fatto che questo ius fondamento dellrsquoImperodiverso dal fondamento della Chiesa egrave da Dante indicato specifica-tamente come ius humanum

Nellrsquoantica Roma il ldquodiritto divinordquo ovvero quellrsquoinsieme di nor-me che regolavano il rapporto fra la comunitagrave civica e la divinitagrave dauna parte era concepito allrsquointerno del ius publicum come attesta lafamosa suddivisione ulpianea laquoPublicum ius in sacris in sacerdoti-bus in magistratibus consistitraquo (Digesto I112) dallrsquoaltra anchenella sua fase piugrave antica quando il monopolio della interpretazionegiurisprudenziale era in mano ai pontefici (IV secolo aC) il ius di-vinum era comunque distinto da quello humanum259 e questa di-

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ro paragonata ancora una volta alla tunica inconsutilis di Cristo (Mon III X 6 laquoSi er-go alique dignitates per Constantinum essent alienate ndash ut dicunt ndash ab Imperio etcessissent in potestatem Ecclesie scissa esset tunica inconsutilis quam scindere ausinon sunt etiam qui Cristum verum Deum lancea perforaruntraquo) questo percheacute ciograve checonta per lrsquoAlighieri non egrave unrsquoestensione per quanto ampia dellrsquoimpero ma la suauniversalitagrave condizione necessaria alla felicitagrave dellrsquouomo

258 Il che appare confermato anche delle epistole politiche dellrsquoAlighieri su cui cfrV RUSSO Le epistole politiche in laquoLetture Classensiraquo 1987 pp 69-78 specialmente pp73 s Interessante osservare che anche Bartolo da Sassoferrato nel De tyranno (datatoagli stessi anni del De regimine civitatis ndash 1355-1357 ndash e editato in QUAGLIONI Politi-ca e diritto nel trecento italiano cit pp 175-213) definisce il tiranno colui laquoqui in com-muni re publica non iure principaturraquo (cap II p 177) svolgendo poi e semplificandonel trattato un laquoduplice aspetto di antigiuridicitagrave da una parte per mancanza del tito-lo giuridico dallrsquoaltra in ragione dellrsquoesercizio perverso del potere legittimamente ac-quisitoraquo (ivi p 39)

259 Anche se la distinzione riguardava inizialmente solo lrsquooggetto del sapere giu-risprudenziale mentre il soggetto di tale sapere era comunque costituito dai pontefi-ci e la legittimitagrave del ius era dovuta alla sacralitagrave del responso alla connessione che i

FRANCESCA FONTANELLA128

sacerdoti in quanto tali assicuravano fra il responso e la divinitagrave cfr i ldquoclassicirdquo RORESTANO Elemento divino ed elemento umano nel diritto di Roma in laquoRivista In-ternazionale di Filosofia del Dirittoraquo XXI 1941 pp 1-40 e F SCHULZ History of Ro-man Legal Science Oxford Clarendon Press 19532 trad it Storia della giurispru-denza romana Firenze Sansoni 1968 pp 34-71 che nellrsquoesposizione della giuri-sprudenza romana arcaica distingue al suo interno fra diritto sacro e diritto privato aseconda dellrsquooggetto del sapere giuridico dei pontefici

260 Cfr FONTANELLA Politica e diritto naturale nelDe legibus di Cicerone cit pp71-73

261 Cfr FASSOgrave Storia della filosofia del diritto I cit pp 139-43262 Anche se egrave ben noto che Agostino nel passo in cui parla di ius divinum pro-

prio in rapporto alla sacre scritture (laquoDivinum Ius in Scripturis habemusraquo AUG InIohannis Evangelium tr VI 25) riporta in realtagrave il pensiero dei suoi oppositori cioegravedei donatisti che in nome di un ldquopresuntordquo ius divinum rivendicavano la proprietagrave ec-clesiastica di ville e poderi mentre Agostino sostiene che la proprietagrave dei beni mate-riali va gestita in base al ius humanum ovvero alle leggi romane (ibidem) per una sin-tesi storica sullrsquouso e sul significato di questa ldquoformulardquo si puograve vedere P GHERRI Iusdivinum inadeguatezza di una formual testuale in Ius divinum Atti del XIII Conve-gno di Diritto Canonico (Venezia 17-21 settembre 2008) a cura di JI Arrieta co-ordinatore edizione C-M Fabris Venezia Marcianum Press 2010 pp 465-88

263 Cfr TOMMASO Summa Theol Ia-IIae q 91 a 4264 Cfr Mon III XIII 4 laquoomnis nanque divina lex duorum Testamentorum gremio

contineturraquo

stinzione si era meglio definita col progressivo sorgere e imporsi inetagrave repubblicana di un ius civile appannaggio di specialisti laici260Dopo la nascita del Cristianesimo quella societas cristiana che egrave laChiesa crescendo e iniziando ad organizzarsi come ogni societagraveespresse anche delle norme giuridiche tratte dal Vangelo e dalle tra-dizioni apostoliche con cui regolare la vita dei suoi membri le ge-rarchie gli organi amministrativi e legislativi le sanzioni etc261 in-somma tutto ciograve che dopo la svolta costantiniana riguardava sem-pre piugrave persone che erano allo stesso tempo membri della Chiesa ecives dellrsquoimpero e che in seguito fissato in decisioni conciliari oproclamato nel corso dei secoli da pontefici avrebbe dato origine aldiritto canonico Con ius divinum (o lex divina) si venne pertantoad indicare nella terminologia patristica262 e poi nella tradizione me-dievale pur con un certo sovrapporsi di significati in cui metteragrave or-dine Tommaso drsquoAquino quel complesso di norme che si volevanoderivate dalla parola rivelata di Dio innanzitutto tramite le scrittu-re263 come anche Dante mostra di intendere264 Questo ius divinum

a differenza dellrsquoantico ius sacrum pagano era quindi ab initio ete-rogeneo rispetto al ius pubblico e da ciograve poteva derivare insieme auna distinzione piugrave netta di quella pur presente nel diritto romanofra ius divinum e humanum anche una piugrave netta distinzione fra gliambiti di competenza delle due autoritagrave preposte a ciascuno ius co-me giagrave i primi cristiani avevano evinto dallrsquoevangelico laquorendere aCesare quel che egrave di Cesare e a Dio quel che egrave di Dioraquo (Mt 22 21)e dalla Lettera ai Romani di Paolo (Rm 13 1-7) e come aveva rico-nosciuto papa Gelasio I in una famosa lettera rivolta alla fine del Vsecolo allrsquoimperatore Anastasio

Duo sunt quippe imperator auguste quibus principaliter mundus hicregitur auctoritas sacrata pontificum et regalis potestas [hellip] Si enim quan-tum ad ordinem publicae pertinet disciplinae cognoscentes imperium tibisuperna dispositione conlatum legibus tuis ipsi quoque parent religionis an-tistites ne vel in rebus mundanis exclusae [hellip] videantur obviare sententiaequo oro te decet affectu eis et convenit oboedire qui praerogandis venera-bilibus sunt attributi mysteriis265

Il diritto giustinianeo sembra far propria questa distinzionequando nella VI delle Novellae afferma laquoMaxima quidem in homi-nibus sunt dona Dei a superna collata clementia sacerdotium et im-perium illud quidem divinis ministrans hoc autem humanis prae-sidens ac diligentiam exhibensraquo (Nov 6 pr)266 E infatti la glossa diAccursio sulla Donatio Constantini sopra ricordata si apre com-mentando una voce della praefatio a questa Novella da cui il giuri-

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265 Epistola VIII ad Anastasium imperatorem in PL LIX col 42 su cui ora si puogravevedere R RONZANI La lettera laquoFamuli uestrae pietatisraquo di Gelasio di Roma allrsquoimpe-ratore Anastasio I (CPL 1667 Ep 8) in laquoAugustinianumraquo 51 2011 pp 501-49 e p512 laquoGelasio nella lettera Famuli uestrae pietatis riferendosi alle due realtagrave che reg-gono il mondo non ha di mira rivendicazioni di carattere politico Al contrario il ve-scovo vuole ricordare che la regalis potestas ha il suo specifico ambito di esercizio in-discusso e invalicabile da parte anche dei vescovi Al contempo perograve ndash ed egrave questoche preme soprattutto ricordare al presule romano ndash egrave invalicabile lrsquoambito di eser-cizio dellrsquoauctoritas sacrata pontificum vale a dire dellrsquoautoritagrave specificamente eccle-siale dei vescovi in materia di dottrina e di disciplina ecclesiasticaraquo

266 Ma cfr anche Cod 1317 pr (Imperatores Honorius Theodosius) laquoPlacetnostrae clementiae ut nihil commune clerici cum publicis actibus vel ad curiam per-tinentibus cuius corpori non sunt adnexi habeantraquo

sta evince che laquoApparet ergo quod nec papa in temporalibus necimperator in spiritualibus se debent immiscereraquo267 Solo che questaNovella indirizzata nel 535 allrsquoarcivescovo di Costantinopoli si oc-cupava proprio di stabilire come recita il titolo laquoQuomodo opor-teat episcopos et reliquos clericos ad ordinationem deduci et de ex-pensis ecclesiarumraquo mostrando che lrsquoimperatore ritiene suo compi-to specifico di intervenire in divinis (laquoNos igitur maximam habemussollicitudinem circa vera dei dogmata et circa sacerdotum honesta-temraquo) come del resto si puograve evincere dai titoli dei primi articoli rac-colti nel I libro del Codex dovuti oltre che a Giustiniano agli im-peratori della fine del IV secolo e del V a partire da Teodosio268 In-somma giagrave alcuni decenni dopo lrsquoeditto di Costantino e poi sempredi piugrave nei secoli successivi si rivelograve per dirla collrsquoefficace sintesi diNardi che laquoil principio proclamato da Gelasio era saggio ma di dif-ficile applicazione Tanto vero che non riuscigrave a impedire nuovi esempre piugrave gravi conflitti per lrsquoingerenza da una parte dellrsquoautoritagravecivile nel governo della Chiesa ad esempio nella nomina dei vesco-vi e per la tendenza a fare della Chiesa uno strumento di dominio po-litico e dallrsquoaltra per la contraria tendenza sempre piugrave accentuatada parte della Curia papale a limitare il campo della giurisdizioneimperialeraquo269

Quanto abbiamo ricordato se pur in modo un porsquo approssima-tivo aiuta a comprendere meglio lrsquoimportanza del riferimento dan-tesco al ius humanum lrsquoaggettivo humanum specifica infatti che que-sto ius egrave di nuovo il diritto romano senzrsquoaltro conforme alla naturaalla volontagrave e alla mente di Dio (cosigrave abbiamo visto emergere dal-lrsquoanalisi complessiva della Monarchia)270 ma che non deriva dalla Ri-

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267 ACCURSIO Apparatus in Authentica Coll I tit VI (= Novella VI) pr v confe-rens generi Nella Glossa si rimanda fra altri passi del Corpus giustinianeno anche aCod 1317 che ho riportato alla nota precedente

268 Cfr eg Cod110 De summa trinitate et de fide catholica et ut nemo de ea pu-blice contendere audeat Cod120 De sacrosanctis ecclesiis et de rebus et privilegiis ea-rum Cod130 De episcopis et clericis et orphanotrophis et brephotrophis et xenodochiset asceteriis et monachis et privilegio eorum et castrensi peculio et de redimendis capti-vis et de nuptiis clericorum vetitis seu permissis Cod140 De episcopali audientia etde diversis capitulis quae ad ius curamque et reverentiam pontificalem pertinent etc

269 NARDI Dal ldquoConviviordquo alla ldquoCommediardquo (Sei saggi danteschi) cit p 155 270 La formula ius humanum laquorichiama lrsquoinsieme dei ragionamenti presentati

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nei primi due libri dellrsquoopera lrsquoimpero egrave la forma di governo voluta da Dio e dallanatura (primo libro) e il diritto corrisponde a ciograve che Dio vuole riguardo alla societagraveumana (II II 6) [hellip] questo concetto di diritto naturale egrave uno dei presupposti fon-damentali dellrsquooperaraquo CHIESA-TABARRONE Commento in Monarchia cit p 203ad III X 7

271 laquoFondamento dellrsquoImpero egrave per Dante Dio stesso ciograve non porta benintesolrsquoautore della Monarchia a individure il corrispettivo fondamento giuridico nel dirittodivino cioegrave nella Rivelazione lo induce piuttosto a porre il diritto come discenden-te dal volere di Dio [hellip] (II II 5) Se cosigrave egrave la legge promulgata dallrsquoimperatore egrave ta-le nella misura in cui realizza unrsquoadeguazione a quellrsquoistanza trascendente e a una si-mile legge egli pure egrave vincolatoraquo CRISTALDI laquoRomanum Imperiumraquo e donazione diCostantino cit p 325-26 Osserviamo che anche Manfredi figlio di Federico II di-fende lrsquoautonomia dellrsquoimpero proprio sulla base del ius humanum cfr A FRUGO-NI Il Manifesto di Manfredi ai Romani Palermo Palumbo 1951 con il testo alle pp21-42

272 Ancora nel X capitolo secondo il testo di Nardi e del sito della Societagrave Dan-tesca nellrsquoXI nellrsquoedizione di Shaw seguita da CHIESA-TABARRONE a partire da que-sto passo quindi il numero del capitolo a cui si riferisce il commento di CHIESA-TA-BARRONE non coincide piugrave (in quanto egrave superiore di una unitagrave) con quello del testoda me seguito

273Mon III X 18-19 laquoAdhuc dicunt quod Adrianus papa Carolum Magnum si-bi et Ecclesie advocavit ob iniuriam Longobardorum tempore Desiderii regis eorumet quod Carolus ab eo recepit Imperii dignitatem non obstante quod Michael impe-rabat apud Constantinopolim Propter quod dicunt quod omnes qui fuerunt Roma-norum Imperatores post ipsum et ipsi advocati Ecclesie sunt et debent ab Ecclesiaadvocari ex quo etiam sequeretur illa dependentia quam concludere voluntraquo

274 Quando Carlo Magno sconfisse Desiderio effettivamente era papa Adriano I

velazione271 ed egrave quindi indipendente dallrsquoautoritagrave ecclesialeIl secondo e ultimo argomento storico che Dante discute272 egrave

quello dellrsquoincoronazione imperiale di Carlo Magno da parte del pa-pa

Dicono altresigrave che papa Adriano tolse a difensore suo e della Chiesa Car-lo Magno contro le offese dei Longobardi al tempo del loro re Desiderio eche Carlo ricevette da lui la dignitagrave dellrsquoimpero nonostante che Michele fos-se imperatore di Costantinopoli Per il qual fatto dicono che tutti coloro chedopo di lui furono imperatori dei Romani sono difensori della Chiesa e talidebbono essere dalla Chiesa ritenuti dal che seguirebbe pure quella dipen-denza che essi pretendono inferirne273

Nonostante lrsquoimprecisione dei dati storici forniti dallrsquoAlighieri274

FRANCESCA FONTANELLA132

che incoronograve Carlo re drsquoItalia nel 781 ma quando fu incoronato imperatore nel Na-tale dellrsquo800 era papa Leone III Inoltre a Costantinopoli non regnava Michele I malrsquoimperatrice Irene fatto questo che venne enfatizzato nelle fonti antiche come legit-timante la translatio sostenendo che il trono imperiale si poteva ritenere vacante inquanto occupato da una donna cosigrave ad esempio negli Annali di Lorsch (in Monu-menta Germaniae Historica Scriptores I Hannoverae Impensis Bibliopolii AuliciHahniani 1826 p 38) e nella Cronaca di Moissac (ivi pp 305-306) La fonte di Dan-te potrebbe essere stata il Decretum Gratiani (1 dist 63 22) cfr CHIESA-TABARRONECommento inMonarchia cit p 207 ad III XI 1

275 Vd supra n 1276 Vd supra n 251277 I documenti dei giuristi elaborati fra il XII e il XIII secolo mostrano come in

questo periodo si promuova una laquoaccezione sacrale e ministeriale che segna lrsquoImpe-ro cristiano nellrsquoetagrave intermedia differenziandolo dalla visione piugrave strettamente poli-tica propria dellrsquoimpero di diretta derivazione romana Lrsquoimperatore non egrave solo Si-gnore politico del mondo Egrave anche (diremmo soprattutto) lrsquoavvocato e il difensoredella Chiesa Lo egrave per decretazione superna di Dio stesso qual dalla Chiesa inter-pretata in guisa autenticaraquo cfr P BELLINI DOMINUS TOTIUS MUNDI LrsquoImpera-tore dei romani e i popoli estranei al popolo romano (sec XII-XIV) in Popoli e spazioromano tra diritto e profezia (Da Roma alla terza Roma Documenti e studi Collezio-ne diretta da P Catalano e P Siniscalco) Napoli Edizioni Scientifiche Italiane 1986pp 247-87 p 264 e pp 264-65 n 42 con ampia documentazione

egrave evidente come qui si alluda tramite anche il riferimento allrsquoimpe-ratore di Costantinopoli alla translatio imperii teoria presuppostalo abbiamo accennato allrsquoinizio anche nel VI canto del Paradiso275Lrsquoincoronazione di Carlo Magno non egrave quindi collegata dallrsquoAlighierialla donazione di Costantino (anche se i due episodi sono accomu-nati nella Monarchia in quanto costituiscono i due argomenti ldquosto-ricirdquo sostenuti dai suoi avversari) In effetti data lrsquoinnegabile ambi-guitagrave delle argomentazioni desumibili dal Constitutum276 gran par-te della pubblicistica di parte papale pur attribuendo allrsquoincorona-zione di Carlo Magno un valore di precedente storico convalidantela pretesa pontificia di avere lrsquoultima parola sul conferimento del ti-tolo imperiale fondava la legittimitagrave di tale precedente non sulleprerogative che il papa avrebbe ricevuto dal Constitutum quantopiuttosto sulla concezione del ruolo dellrsquoimperatore come advoca-tus ecclesiae277 secondo unrsquoidea solidaristica dei rapporti fra le duemassime autoritagrave che poteva essere chiamata in causa anche per giu-stificare lrsquointervento della Chiesa in temporalibus quando questa lo

ritenesse necessario o opportuno278 Dante non mette in dubbio ilruolo imperiale di advocatus ecclesiae che riconosceragrave esplicitamentea Carlo Magno nel VI canto del Paradiso (VI 96) e nemmeno che siaavvenuta una translatio a Graecis ad Francos ma sostiene che lrsquoautoredella translatio non sia stato il papa in quanto questi compigrave un attoillegittimo e laquolrsquousurpazione di un diritto non crea diritto altrimen-ti si potrebbe chiamare in causa unrsquoaltra vicenda storica ndash la depo-sizione di papa Benedetto V da parte dellrsquoimperatore Ottone I ndash perdimostrare la tesi oppostaraquo279 Dante chiude quindi velocementequesta vexata quaestio con la massima probabilmente da lui stessoconiata che usurpatio iuris non facit ius il motivo per cui lrsquoincoro-nazione di Carlo Magno sia da intendere come un usurpatio iurisqui a differenza di quanto avvenuto per la donazione di Costantinonon viene dimostrato (e si comprenderagrave in realtagrave solo nei successivicapitoli XII-XV dove si proveragrave che lrsquoautoritagrave imperiale puograve dipen-dere solo e direttamente da Dio)280 ma egrave comunque ancora una vol-ta tramite il diritto (o meglio in questo caso tramite la sua ldquoevoca-zionerdquo) che Dante inficia la presunta capacitagrave di un fatto storico dicostituire un precedente legittimante a una pretesa di per seacute privasecondo lrsquoautore di qualsiasi legittimitagrave

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 133

278 Secondo una linea di pensiero preponderante fino ad Innocenzo III si ritenevache la Chiesa fosse chiamata ad intervenire in temporalibus ambito pur riconosciutodi specifica competenza del potere politico quando questrsquoultimo ratione peccati o an-che per semplice incompetenza non fosse in grado di assolvere il suo compito per unadettagliata analisi delle fonti si puograve vedere tutta la Parte Prima Il sistema curialisticoclassico in BELLINI La coscienza del principe cit vol I pp 87-615 passim

279 Cosigrave sintetizzano CHIESA-TABARRONE Commento in Monarchia cit p 207 adIII XI

280 Terminata la confutazione delle tesi degli avversari in questi capitoli Dante so-stiene la sua tesi dimostrando prima per via negativa che lrsquoimpero non dipende dallaChiesa percheacute la Chiesa non ne egrave la causa (XII) percheacute nessuna fonte ha attribuito al-la Chiesa il potere di conferire lrsquoimpero (XIII) e inoltre percheacute tale potere non fa par-te di quelli della Chiesa in quanto egrave contro la sua stessa natura (XIV) Infine nel XV ca-pitolo su cui ci soffermeremo brevemente dimostreragrave per via positiva che lrsquoautoritagravedellrsquoimpero dipende direttamente da Dio

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281 Cfr supra n 25 CHIESA-TABARRONE nel loro Commento (in Monarchia cit p209-10 ad III XII 1) chiariscono attraverso riferimenti a fonti antiche e medievali co-me la formulazione di questo principio in questo passo della Monarchia risenta del-la commistione fra lrsquoaccezione originale che laquosi applica rigorosamente solo allrsquointer-no delle distinzioni categoriali proprie dellrsquoontologia aristotelicaraquo e il laquoben diversoprincipio neoplatonico secondo cui tutto deriva dallrsquouno e allrsquouno puograve essere ricon-dottoraquo

282Mon III XI 1-2 laquoRatione vero sic arguunt Summunt etenim sibi principiumde decimo Prime phylosophie dicentes omnia que sunt unius generis reducuntur adunum quod est mensura omnium que sub illo genere sunt sed omnes homines suntunius generis ergo debent reduci ad unum tanquam ad mensuram omnium eorumEt cum summus Antistes et Imperator sint homines si conclusio illa est vera oportetquod reducantur ad unum hominem Et cum Papa non sit reducendus ad alium re-linquitur quod Imperator cum omnibus aliis sit reducendus ad ipsum tanquam admensuram et regulam propter quod sequitur etiam idem quod voluntraquo

283 CHIESA-TABARRONE Commento in Monarchia cit p 211 ad III XII 3

28 laquoMaxime debet intendere [hellip] romanus Princeps ut [hellip] li-bere cum pace vivaturraquo (Mon III XV 11)

Le conclusioni della Monarchia sono fra gli argomenti piugrave discussinegli studi sullrsquoopera e sulla concezione politica di Dante e vi accen-nerograve quindi soltanto per ciograve che riguarda piugrave specificatamente lrsquoog-getto di questo studio Per meglio comprendere proprio lrsquoultimo ca-pitolo del trattato mi sembra perograve prima opportuno richiamare lrsquouni-co argomento laquodi ragioneraquo che Dante confuta nellrsquoXI capitolo ovve-ro quello che in base al giagrave ricordato principio della reductio adunum281 postulava che tutti gli uomini appartenendo allo stesso ge-nere dovessero essere ricondotti a un solo uomo e laquosiccome il som-mo Pontefice e lrsquoImperatore sono uomini se quella conclusione egrave ve-ra bisogna che siano ricondotti a un solo uomo Ora poicheacute non egraveconsentito di ricondurre il Papa ad altro uomo rimane che lrsquoimpe-ratore insieme a tutti gli altri uomini deve essere ricondotto a lui co-me a misura e regolaraquo282 Nella sua confutazione lrsquoAlighieri accetta ilprincipio della reductio ad unum ma non la sua applicazione al papae allrsquoimperatore in quanto essi sarebbero riconducibili ad un unicouomo laquosolo ldquoin quanto uominirdquo (cioegrave in relazione alla loro natura so-stanziale) e non ldquoin quantordquo rispettivamente ldquopapardquo e ldquoimperatorerdquo(che riguarda invece la loro natura accidentale)raquo283

LrsquoIMPERO ROMANO NEL CONVIVIO E NELLA MONARCHIA 135

284 Ivi p 209 ad III XII285 BELLINI DOMINUS TOTIUS MUNDI LrsquoImperatore dei romani e i popoli

estranei al popolo romano (sec XII-XIV) cit p 261 che cosigrave sintetizza parlando diunrsquolaquoidea solidaristica (imperium et sacerdotium sunt ut frater et soror) insita negli sche-mi integralistici della medievale civitas christiana tutta strutturata ndash nellrsquointerezza deisuoi tratti ndash in ragione della proiezione finale oltreterrena degli homines viatores Sivedeva il popolo cristiano consegnato ndash per decretazione provvida di Dio ndash alla cor-responsabile premura di quei due massimi apparati di governo di quelle due supre-mae auctoritates legate lrsquouna allrsquoaltra da unrsquoamicizia vicissim fortissima tutte e due or-dinate (ciascuna a modo suo secundum intellectum et vires suas) al bonum animaequod est maximumraquo

286 Cfr ivi p 265 laquola stessa logica unitaria [hellip] veniva a militare a favore dellapotestagrave vicaria in una unica personaraquo come aveva affermato il cardinale Ostiense (XIIIsecolo) nella sua Lectura alla Per venerabilem di Innocenzo III laquosicut enim ponere duoprincipia haereticum est [hellip] et sic ponere duos vicarios generales et sibi aequales interris haereticum videtur [hellip] vita igitur opinionem contrariam monstruosamraquoOSTIENSE Lectura in cap 13 Per venerabilem X qui filii sint legitimi 4 17 s vers Ple-nitudinem potestatis n 36

287Mon III XV 7 laquobeatitudinem scilicet huius vite que in operatione proprie vir-

Lrsquoargomento della reductio ad unum laquoun caposaldo della partepapaleraquo284 pur se confutato sul piano della logica non poteva co-munque di fatto essere messo a tacere se non si entrava nel meritodi quella concezione unitaria propria del mondo medievale secondola quale tutta la civitas egrave civitas christiana ovvero la societagrave coincidecon la Chiesa ed egrave quindi orientata anche su questa terra a rag-giungere il bonum animae285 dati questi presupposti difficilmentelrsquoimperatore poteva infatti risultare autonomo dalla suprema auto-ritagrave ecclesiastica anche in quellrsquoambito di sua specifica competenzache era la guida della societagrave civile286

Ora nel capitolo XV del III libro della Monarchia Dante dopoaver enunciato il principio metafisico secondo il quale lrsquouomo inquanto unione di corpo e anima partecipa sia alla natura corrutti-bile che a quella incorruttibile ognuna delle quali egrave orientata versoun suo proprio ultimo fine (sectsect 3-6) sostiene che di conseguenza duofines sono posti dalla provvidenza allrsquouomo vale a dire laquola beatitu-dine di questa vita consistente nellrsquoesplicazione delle proprie facol-tagrave [hellip] e la beatitudine della vita eterna consistente nel godimentodella visione di Dio cui la la virtugrave propria dellrsquouomo non puograve giun-gere senza il soccorso del lume divinoraquo287 Alla prima beatitudine

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tutis consistit [hellip] et beatitudinem vite ecterne que consistit in fruitione divini aspec-tus ad quam propria virtus ascendere non potest nisi lumine divino adiutaraquo

288Mon III XV 8 laquoNam ad primam per phylosophica documenta venimus dum-modo illa sequamur secundum virtutes morales et intellectuales operando ad secun-dam vero per documenta spiritualia que humanam rationem transcendunt dummo-do illa sequamur secundum virtutes theologicas operando fidem spem scilicet et ka-ritatemraquo

289 Vd supra n 64290 Egrave infatti ben noto che nel penultimo paragrafo della Monarchia (III XV 17) si

precisa che lrsquoImperatore non egrave in assoluto svincolato da una certa sottomissione alPapa dato che la felicitagrave terrena egrave quodammodo ordinata a quella immortale laquoQuequidem veritas ultime questionis non sic stricte recipienda est ut romanus Princepsin aliquo romano Pontifici non subiaceat cum mortalis ista felicitas quodammodo adinmortalem felicitatem ordineturraquo (Mon III XV 17 dove come opportunamente sot-tolineano CHIESA-TABARRONE Commento in Monarchia cit pp 241-42 ad III XVI 17lrsquoavverbio quodammodo non ha laquoun significato approssimativoraquo quanto piuttostolaquouna sua valenza tecnico-filosoficaraquo) Di tutto ciograve che egrave stato scritto su questo passoriporto solo percheacute la condivido pienamente questa osservazione di Cristaldi (CRI-STALDI laquoRomanum Imperiumraquo e donazione di Costantino cit p 299) laquoOnde scan-sare rischiosi fraintendimenti ribadiremo che questo separare non significa affattocontrapporre ci troviamo di fronte a un laico cristiano il quale egrave davvero remoto dacerte moderne preclusioni nei confronti della fede [hellip] Mantenendo che la felicitagrave ter-rena ldquoquodammodo ad inmortalem felicitate ordinaturrdquo (III xv 17) e che il sapere

laquonoi perveniamo per mezzo delle dottrine filosofiche purcheacute le se-guiamo praticando le virtugrave morali e quelle intellettuali alla secondainvece giungiamo per mezzo degli insegnamenti divini che trascen-dono la ragione umana purcheacute li seguiamo praticando le virtugrave teo-logicheraquo288 Anche nel IV trattato del Convivio lo ricordiamo in unpasso che molto si avvicina a questo della Monarchia Dante aveva af-fermato che le laquooperazioni delle morali virtudiraquo portano a una feli-citagrave laquoquasi imperfetta nella vita attivaraquo quelle laquodelle virtudi intel-lettualiraquo a una felicitagrave laquoperfetta quasi nella [vita contemplativa]raquo epoi che queste laquodue operazioni sono vie espedite e dirittissime a me-nare alla somma beatitudine la quale qui non si puote avereraquo (ConvIV XXII 18)289 Aveva quindi stabilito una distinzione ma con un pre-ciso ordine gerarchico che risulta invece assente in questo passo del-la Monarchia anche se per quanto riguarda il rapporto fra felicitagraveterrena e felicitagrave eterna tale ldquoordinerdquo saragrave ldquoin qualche modordquo ri-preso alla fine dellrsquoopera in una famosa e discussa asserzione290 Ma

prima del ldquofinalerdquo quello che si ribadisce egrave che per quanto riguar-da la felicitagrave in questa vita sono sufficienti le virtugrave morali e quelle in-tellettuali dato che come ha chiarito allrsquoinizio del I libro del tratta-to il bene esse mundi consiste nel fatto che lrsquoumanitagrave unita nella pa-ce possa attuare quellrsquooperazione che le egrave propria e che costituisceil suo fine ovvero tutta la potenza dellrsquointelletto291 Dato perograve chetutto questo laquolrsquoumana cupidigia se lo butterebbe dietro le spalleraquo292

se gli uomini non fossero costretti come si costringono i cavalli a se-guire una certa via laquofu necessaria allrsquouomo una duplice guida corri-spondente al duplice fine cioegrave il sommo Pontefice che conducesseil genere umano alla vita eterna per mezzo delle dottrine rivelate elrsquoImperatore il quale indirizzasse il genere umano alla felicitagrave tem-porale per mezzo degli insegnamenti della filosofiaraquo293 Lrsquoafferma-zione del ldquoduplice finerdquo del genere umano egrave quindi ciograve che permet-te a Dante di fondare lrsquoindipendenza del ruolo politico dellrsquoimpera-tore dallrsquoautoritagrave ecclesiastica294 ponendo quindi in sostanza i pre-

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umano viene compiuto dalla Rivelazione Dante recupera unrsquoarmonia di fondo tra lesfere che ha pur voluto scindere Ma certo la sua egrave una ricomposizione che non cor-risponde piugrave allrsquounitagrave tradizionalmente presupposta dal medioevo cristiano e a ben ve-dere nemmeno a quella di Tommaso drsquoAquino assertore di una distinzione nella su-bordinazione Nella Monarchia infatti i due ordini di realtagrave distinti trovano la lorosintesi solo in un punto di fuga trascendenteraquo

291Mon I IV 1-2 laquoSatis igitur declaratum est quod proprium opus humani generistotaliter accepti est actuare semper totam potentiam intellectus possibilis [hellip] Genushumanum in quiete sive tranquillitate pacis ad proprium suum opus [hellip] liberrimeatque facillime se habet Unde manifestum est quod pax universalis est optimum eo-rum que ad nostram beatitudinem ordinanturraquo

292Mon III XV 9 laquoHas igitur conclusiones et media licet ostensa sint nobis hecab humana ratione que per phylosophos tota nobis innotuit hec a Spiritu Sancto quiper prophetas et agiographos qui per coecternum sibi Dei filium Iesum Cristum etper eius discipulos supernaturalem veritatem ac nobis necessariam revelavit humanacupiditas postergaret nisi homines tanquam equi sua bestialitate vagantes ldquoin camoet frenordquo compescerentur in viaraquo cfr supra n 22

293Mon III XV 10 laquoPropter quod opus fuit homini duplici directivo secundumduplicem finem scilicet summo Pontifice qui secundum revelata humanum genusperduceret ad vitam ecternam et Imperatore qui secundum phylosophica documentagenus humanum ad temporalem felicitatem dirigeretraquo

294 Cosigrave come fra gli altri giagrave avevano ben evidenziato Gilson e Nardi cfr eg per-cheacute i passi in cui sostengono questa interpretazione sono numerosi GILSON Dante e

supposti non solo di una laquolaicizzazione della sfera politicaraquo ma an-che di una concezione della societagrave civile ovvero della laquocomunitagravedellrsquoimpero [hellip] per sua natura [hellip] cosmopolita essere degli ldquoani-mali razionalirdquo egrave il solo titolo richiesto per divenirne cittadiniraquo295tutta lrsquoumanitagrave egrave infatti unita da un fine la temporalis felicitas chelaquopuograve essere raggiunta dallrsquouomo in quanto tale senza far ricorso al-la grazia divina essa era disponibile prima della venuta di Cristocosigrave come era disponibile la veritas o quanto meno la veritas basatasui principii della ragione e della filosofiaraquo296 Ma siccome anche aquesta felicitagrave terrena laquonessuno o tuttrsquoal piugrave pochi e anche questicon estrema difficoltagrave saprebbero giungere se il genere umano se-date le tempeste della cupidigia che lo ammalia non si acqueta nel-la bonaccia della paceraquo Dante definisce ulteriormente il compitodellrsquoimperatore laquoquesta egrave la mira a cui deve volgere soprattutto gliocchi il tutore del mondo (curator orbis) che si chiama il Principe

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la filosofia cit p 194 laquoLa cosa piugrave notevole nellrsquoatteggiamento di Dante egrave peraltroche egli abbia compreso [hellip ] che non egrave possibile sottrarre totalmente il temporale al-la giurisdizione dello spirituale se non sottraendo totalmente la filosofia alla giurisdi-zione della teologiaraquo B NARDI Il concetto dellrsquoimpero nello svolgimento del pensierodantesco in ID Saggi di Filosofia Dantesca cit pp 215-75 p 253 laquodallrsquoautonomia delfine naturale dellrsquouomo di fronte al fine soprannaturale Dante deduce direttamentelrsquoautonomia e indipendenza del potere civile di fronte a quello ecclesiasticoraquo

295 IMBACH Quattro idee sul pensiero politico di Dante Alighieri cit pp 51-52che poi perograve osserva laquoQuesta fiducia nellrsquouniversalitagrave della ldquoragionerdquo fa problema peril lettore di oggi non diversamente dalla formulazione che dallrsquoaltra discende del-lrsquoesistenza di un unico diritto universale La voce dellrsquoAlighieri contraddice certe esi-tazioni contemporanee Chiama in giudizio forse le violazioni di diritti alle quali noiassistiamo Cosigrave facendo in ogni caso incita ancora alla riflessione su questi temiraquo Ecosigrave viene infatti da ldquoriflettererdquo che non sia forse un caso che questa fiducia in una pos-sibile unitagrave del genere umano fondata ldquolaicamenterdquo sullrsquouniversalitagrave della ragione siastata tanto potentemente espressa da un uomo ldquoprofondamente religiosordquo

296 CHIESA-TABARRONE Introduzione in Monarchia cit p XLV Ma anche CHIE-SA-TABARRONE osservano che si tratta di laquouna visione in apparenza laica ma ancheuna visione teologica percheacute questa unitarietagrave del genere umano fa parte di un ordi-ne delle cose voluto da Dio e governato dalla provvidenza La felicitagrave che si puograve con-seguire in questo mondo e la felicitagrave dellrsquoeternitagrave sono fra loro autonome e procedo-no per vie diverse ma non sono indipendenti come egrave vero che il mondo terreno egrave so-miglianza del mondo celesteraquo Del resto precisazioni analoghe le avevamo giagrave espres-se a proposito della ldquolaicitagraverdquo delle virtugrave del Convivio

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297Mon III XV 11 laquoEt cum ad hunc portum vel nulli vel pauci et hii cum diffi-cultate nimia pervenire possint nisi sedatis fluctibus blande cupiditatis genus hu-manum liberum in pacis tranquillitate quiescat hoc est illud signum ad quod maxi-me debet intendere curator orbis qui dicitur romanus Princeps ut scilicet in areolaista mortalium libere cum pace vivaturraquo Mi pare interessante osservare che ancheTommaso ma a proposito della veritagrave su Dio (per la quale anche Dante ritiene ne-cessaria la rivelazione) aveva affermato laquoQuia veritas de Deo per rationem investi-gata a paucis et per longum tempus et cum admixtione multorum errorum hominiproveniret a cuius tamen veritatis cognitione dependet tota hominis salus quae inDeo est Ut igitur salus hominibus et convenientius et certius proveniat necessariumfuit quod de divinis per divinam revelationem instruantur Necessarium igitur fuitpraeter philosophicas disciplinas quae per rationem investigantur sacram doctrinamper revelationem haberiraquo Summa Theologiae I q 1 art 1

298 Come giustamente sottolineano CHIESA-TABARRONE Commento in Monar-chia cit p 242 ad III XVI 17 laquoDante cambia interlocutore lrsquoinvito egrave rivolto allrsquoim-peratore non piugrave al papa che ndash insieme ad altri cristiani mal consigliati dal loro ec-cesso di zelo verso la Chiesa ndash egrave stato il destinatario del terzo libro e neppure ai sa-pienti in generale che sono il pubblico dellrsquointero trattato e ai quali sono indirizzati iparr 15-16raquo

299 Mon III XV 18 laquoIlla igitur reverentia Cesar utatur ad Petrum qua primoge-nitus filius debet uti ad patrem ut luce paterne gratie illustratus virtuosius orbem ter-re irradiet cui ab Illo solo prefectus est qui est omnium spiritualium et temporaliumgubernatorraquo Sul significato da attribuire al passo cfr supra n 289 Per il Convivio vdsupra e n 105 Ancora CHIESA-TABARRONE ibidem osservano che laquoil tono che Dan-te assume qui egrave quello del profeta veterotestamentario che si rivolge al sovrano co-me portatore dei messaggi di Dioraquo

300 Il vocabolo curator appartiene evidentemente allrsquoambito giuridico e indica

romano che nellrsquoaiuola terrena si viva liberi nella paceraquo (Mon III XV11)297 E il trattato si chiude con un passo (Mon III XV 18) in cuicambiando improvvisamente interlocutore298 lrsquoAlighieri si rivolgedirettamente a laquoCesareraquo assumendo cosigrave in modo esplicito quel ruo-lo di ldquoguidardquo della suprema autoritagrave politica che avevamo giagrave vistoemergere dal Convivio299

Per il tema di questo lavoro quello che piugrave ci interessa egrave che inquesti ultimi capitoli del III libro della Monarchia viene ripropostauna figura di imperatore che non solo non contraddice ma anzi rias-sume le caratteristiche viste nei libri precedenti del trattato o anchenel Convivio lrsquoimperatore di Dante vincolato e caratterizzato dal di-ritto e dalla filosofia egrave quel curator orbis (e di nuovo la terminologiaegrave giuridica)300 che solo puograve assicurare agli uomini la libertagrave e la pace

come guida distinta anche se non opposta allrsquoautoritagrave spiritualeMa voglio aggiungere una considerazione finale egrave ben noto che

la dottrina dei duo fines fu uno dei punti della Monarchia netta-mente condannati dal frate domenicano Guido Vernani301 forse nel-lo stesso anno 1329 (o poco prima) in cui il cardinale Bertrando dalPoggetto legato di papa Giovanni XXII condannograve a Bolognalrsquoopera a essere bruciata senza contare che nel 1554 il libro fu mes-so allrsquoIndice e ne fu ritirato solo nel XIX secolo302 Eppure con la di-stinzione dei due fini Dante individuando come ambito del potereldquolaicordquo il diritto romano e la filosofia si fa anche interprete del ldquocuo-rerdquo del pensiero giuridico europeo anticipandone quella sintesi cheproprio un papa Benedetto XVI ha recentemente proposto nel Di-scorso al parlamento tedesco del 2011

Nella storia gli ordinamenti giuridici sono stati quasi sempre motivati inmodo religioso sulla base di un riferimento alla Divinitagrave si decide ciograve che tragli uomini egrave giusto Contrariamente ad altre grandi religioni il cristianesimo

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nel diritto privato romano chi viene chiamato a integrare o a sostituire un soggetto in-capace o limitatamente capace di agire (come il minore la donna ma anche il furio-sus etc) inoltre egrave ben noto come a Roma venissero definiti curatores anche i magistratidestinati allrsquoassolvimento di particolari funzioni pubbliche quali ad esempio i cura-tores annonae quelli aquarum publicarum quelli viarum etc cfr eg Dizionario Giu-ridico Romano intr di A GUARINO Napoli Edizioni Giuridiche Simone 20003 pp141-44 Per un ambito ancora piugrave esteso di ldquocurardquo si puograve pensare ai curatores rei pu-blicae dei funzionari amministrativi creati con Traiano e incaricati essenzialmente disorvegliare le finanze cittadine locali ma in alcuni casi considerati anche piugrave in ge-nerale come garanti del buon funzionamento della cittagrave cfr M SARTORI Osservazio-ni sul ruolo del laquocurator rei publicaeraquo in laquoAthenaeumraquo LXVII 1989 pp 5-20 Lrsquoim-peratore di Dante si pone come al vertice di questi curatores egrave curator non Urbis orei publicae ma orbis

301 Che obiettava laquoad beatitudinem temporalem non ordinatur homo a Deo tan-quam ad finem ultimum quia talis beatitudo numquam terminare et satiare potuithominum appetitum [hellip] ordinatur ergo homo ad felicitatem eternam tamquam fi-nem ultimumraquo VERNANI De reprobatione Monarchie composite a Dante III 11 inMonarchia cit p 365

302 Alla storia della Monarchia di Dante fino allrsquoeditio princeps del 1559 egrave dedi-cato lrsquoesauriente studio di F CHENEVAL Die Rezeption der laquoMonarchiaraquo Dantes bis zurldquoEditio Princepsrdquo im Jahre 1559 Metamorphosen eines philosophischen Werkes Muumln-chen Fink 1995

[hellip] ha invece rimandato alla natura e alla ragione quali vere fonti del dirit-to ndash ha rimandato allrsquoarmonia tra ragione oggettiva e soggettiva unrsquoarmoniache perograve presuppone lrsquoessere ambedue le sfere fondate nella Ragione crea-trice di Dio Con ciograve i teologi cristiani si sono associati ad un movimento fi-losofico e giuridico che si era formato sin dal secolo II aC Nella prima me-tagrave del secondo secolo precristiano si ebbe un incontro tra il diritto naturalesociale sviluppato dai filosofi stoici e autorevoli maestri del diritto romanoIn questo contatto egrave nata la cultura giuridica occidentale che egrave stata ed egrave tut-tora di unrsquoimportanza determinante per la cultura giuridica dellrsquoumanitagrave Daquesto legame precristiano tra diritto e filosofia parte la via che porta attra-verso il Medioevo cristiano allo sviluppo giuridico dellrsquoIlluminismo fino al-la Dichiarazione dei Diritti umani303

In conclusione ciograve che emerge dalla lettura del Convivio e del-la Monarchia non egrave la mera riproposizione della forma esteriore diun modello politico quello dellrsquoimpero romano ormai irrimedia-bilmente sorpassato in questo caso infatti la concezione politica del-lrsquoAlighieri sarebbe per dirla con le parole di un recente studio so-lo laquounrsquoidea contraria alla storia [hellip] unrsquoutopia giustificabile gene-rosa ma inservibileraquo304 Si deve piuttosto osservare che Dante egrave riu-scito ad individuare quelle caratteristiche dellrsquoimpero che erano inqualche modo espressione di esigenze e di aspirazioni profonda-mente umane e quindi sempre attuali305 quelle di una vita civile vir-

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303 Il discorso si puograve ora leggere nel volume La legge di re Salomone Ragione e di-ritto nei discorsi di Benedetto XVI a cura di M CARTABIA e A SIMONCINI Prefazio-ne di G NAPOLITANO Milano Rizzoli 2013 pp 00

304 G GORNI Dante Storia di un visionario Roma-Bari Laterza 2009 p 181 Macfr invece O CAPITANI Spigolature sul III della Monarchia in ID Chiose minime dan-tesche Pagravetron 1983 p 81 laquoEgrave certo che la monarchia egrave unrsquoutopia politica ma in ciogravestesso sta il suo fortissimo valore storico nella linea di sviluppo del pensiero politicomedioevale Ha iniziato un processo che per far valere le motivazioni profonde chelo ispiravano ha dovuto ricostruire tutto il significato di un linguaggio che era il lin-guaggio della realtagrave del suo tempo Dante lrsquoha fatto con ovvio riferimento a questo lin-guaggio del tempo e valendosi dei processi formali che erano propri di una culturasigrave da fornire lrsquoimpressione di essere un pensatore soltanto in arretrato con la tenden-za intellettuale dei suoi contemporaneiraquo

305 IMBACH Quattro idee sul pensiero politico di Dante Alighieri cit p 44 giu-stamente preoccupato di laquoevitare di caricare di valore normativo i concetti politicielaborati nel passato in contesti eterogenei rispetto al nostroraquo (ovvero di laquotrarre del-

tuosa alla quale gli organi di governo sono chiamati a garantire unapace e una libertagrave che hanno il loro fondamento nel diritto A que-ste aspirazioni ed esigenze egli ha dato voce306 e in ciograve consiste misembra la continua attualitagrave della sua opera e in parte di quella delldquomodello romanordquo

Nel licenziare il presente saggio desidero ringraziare le bibliotecarie del-la Societagrave Dantesca Italiana e in particolare Giovanna Puletti per la pre-murosa disponibilitagrave e la competente consulenza offertami durante il mio la-voro di ricerca Solo in fase di correzione delle bozze ho potuto consultaresenza quindi poterli citare i recenti commenti di Gianfranco Fioravanti alConvivio e di Diego Quaglioni alla Monarchia in DANTE ALIGHIERI Opereedizione diretta da MARCO SANTAGATA vol II Convivio Monarchia Episto-le Egloge a cura di G FIORAVANTI C GIUNTA D QUAGLIONI C VILLA GALBANESE Milano Mondadori 2014

FRANCESCA FONTANELLA

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le conclusioni immediate sul dover essere attualeraquo) sostiene invece che laquole domandealle quali rispose il filosofo fiorentino non sono le stesse alle quali debbono risponderei pensatori di oggiraquo (ibidem) Se questo egrave senzrsquoaltro vero per quanto riguarda lrsquoaspet-to piugrave fenomenico delle domande ldquopoliticherdquo dellrsquoAlighieri non lo egrave per le aspirazioniche le hanno suscitate e infatti Imbach riconosce e lo dimostra nel suo lavoro chelaquoquanto per noi egrave ldquofuori discussionerdquo accettato come pacifico o addirittura mai av-vertito viene risvegliato da domande ldquointempestiverdquo inattese e differenti le doman-de di Danteraquo (ibidem)

306 Naturalmente ben altra voce e molto piugrave potente egrave quella della Commedia dicui spero di potermi occupare in un prossimo studio Rimando per ora per la con-sonanza su alcune tematiche da me trattate in queste pagine allrsquoacuta ed approfon-dita analisi del VI canto del Paradiso di E FENZI Il volo dellrsquoaquila Una lettura di Pa-radiso VI in laquoChroniques italiennes webraquo 24 32012 (httpchroniquesitalien-nesuniv-paris3frPDFWeb241EFenzipdf) pp 1-58

FINITO DI STAMPARENEL MESE DI NOVEMBRE 2014

PER CONTO DELLACASA EDITRICE LE LETTERE

DALLA TIPOGRAFIA ABCSESTO FIORENTINO - FIRENZE

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