Strumenti Musicali in Sicilia

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    Strumenti musicali

    in Sicilia

    a cura diGiovanni Paolo Di StefanoSelima Giorgia Giuliano

    Sandra Proto

    StrumentimusicaliinSicilia

    Regione SicilianaAssessorato dei beni culturali e dellidentit sicilianaDipartimento dei beni culturali e dellidentit siciliana

    Centro regionale per linventario, la catalogazione e la documentazionegrafica, fotografica, aerofotografica, audiovisiva e filmoteca regionale siciliana

    UNIVERSITDEGLI STUDIDI PALERMO

    Saggio gratuito fuori commercioai sensi del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633,art. 2 comma 3, lettera d

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    Strumenti musicali

    in Sicilia

    a cura di

    Giovanni Paolo Di Stefano

    Selima Giorgia GiulianoSandra Proto

    REGIONE SICILIANA

    Assessorato dei beni culturali e dellidentit siciliana

    Dipartimento dei beni culturali e dellidentit siciliana

    PALERMO 2013

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    Testi:

    Carla Aleo NeroAngela BelliaSergio BonanzingaGiovanni Paolo Di StefanoGirolamo GarofaloSelima Giorgia GiulianoSandra ProtoGiuseppe Salerno

    Schede di catalogo:

    Angela Bellia (a.b.)Calogera Bertolone (c.b.)Sergio Bonanzinga (s.b.)Simona Carrara (s.c.)

    Vincenzo Cesareo (v.c.)Anna Corona (a.c.)Giovanni Paolo Di Stefano (g.p.d.s.)Saveria Maria Emmolo (s.m.e.)Giuseppe Giordano (g.g.)Dario Lo Cicero (d.l.c.)Fabio Nicotra (f.n.)Gabriele Rossi Rognoni (g.r.r.)Mario Sarica (m.s.)

    Indice dei nomi:

    Nunzia Maria ZasaGiovanni Paolo Di Stefano

    Acquisizione ed elaborazionedigitale delle immagini:

    Salvatore Plano

    Progetto grafico, impaginazionee stampa:

    Officine Grafiche Riunite,Palermo

    Referenze fotografiche:

    Schede di catalogoMaurizio De Francisci (CRICD): 3,

    38-45, 57, 75, 78, 83, 87, 91, 94Salvatore Plano (CRICD): 2, 10, 51,

    60, 62-68, 77, 82, 85, 89, 93, 97Francesco Passante (CRICD): 98, 99.Carlo Giunta (Sopr. RG): 6, 34, 35,

    50, 52, 53, 56, 69, 70, 74Riccardo Vadal (Sopr. ME): 7, 8, 12,

    18-20, 23, 29, 33, 36, 47, 49, 55, 71,76, 95, 96, 61

    Gaetano Gambino - Biagio Talleri

    (Sopr. CT): 84, 86, 88, 90Dario Di Vincenzo (Sopr. PA): 59,100

    Fabiola Saitta - Licia Settineri - UgoNizza (CRPR): 72, 73, 80

    Giuseppe Barbagiovanni (MuseoRegionale, Adrano) 24

    Archivio Museo Pitr: 4, 5, 9, 11, 13-16, 21, 22, 27, 28, 30, 31, 32, 37,46, 48

    Archivio Museo Civico Castello Ur-sino di Catania: 58

    Archivio Museo Regionale Paolo

    Orsi di Siracusa: 1, 25Archivio Museo Archeologico Regio-nale di Gela: 26

    Vincenzo Cesareo: 81Giovanni Paolo Di Stefano: 92Calogera Bertolone: 17, 54, 79

    Foto dei testiMaurizio De Francisci (CRICD): pp.

    12, 44, 48, 101 (nn. 4-5), 107 (n. 15)Salvatore Plano (CRICD): pp. 41,

    45, 100, 105, 106 (nn. 12, 14), 229Vittoria Stracquadaini (Sopr. RG):

    p. 104

    Carlo Giunta (Sopr. RG): p. 10Riccardo Vadal (Sopr. ME): pp. 108-110 (nn. 21-22), 113

    Gaetano Gambino - Biagio Talleri(Sopr. CT): p. 103 (n. 9)

    Regione SicilianaAssessorato dei beni culturali e dellidentit sicilianaDipartimento dei beni culturali e dellidentit siciliana

    Centro regionale per linventario, la catalogazione e la documentazionegrafica, fotografica, aerofotografica, audiovisiva e filmoteca regionale siciliana

    Direttore:Giulia DavU.O. VI Beni Storico artistici e etnoantropologici:Maria Carmela Ferracane

    Strumenti musicali in Sicilia / acura di Giovanni Paolo Di Stefano,Selima Giorgia Giuliano, SandraProto. Palermo : CRICD, 2013.ISBN 978-88-98398-01-01. Strumenti musicali Sicilia.I. Di Stefano, Giovanni Paolo. II. Giuliano, SelimaGiorgia . III. Proto,Sandra .784.1909458 CDD 22SBN Pal0269458

    CIP - Biblioteca centrale della

    Regione siciliana AlbertoBombace

    Leditore a disposizione deglieventuali detentori di diritti chenon sia stato possibile rintracciare.

    2013 Regione SicilianaSaggio gratuito fuori commercioai sensi del D.P.R. 26 ottobre 1972,n. 633, art. 2 comma 3, lettera d

    In copertina:

    Particolari di un flauto a becco dicanna siciliano del XIX secolo(Museo Regionale Interdisciplinare,Messina), foto di Riccardo Vadal(Sopr. ME)

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    Museo Civico Belliniano (CT);Museo Civico Castello Ursino(CT);Museo Cultura e Musica Popolare

    dei Peloritani, Localit Gesso (ME);Museo degli Strumenti Etnico-Musi-

    cali, Chiaramonte Gulfi (RG);Museo Etnoantropologico e dellA-

    te Sacra Fra Giammaria da Tusa,Gibilmanna, Cefal (PA);

    Museo Etnografico Siciliano Giu-seppe Pitr (PA);

    Museo Internazionale delle Mario-nette Antonio Pasqualino (PA);

    Museo Regionale di Adrano (CT);Museo Regionale Interdisciplinare

    Conte Agostino Pepoli (TP);Museo Regionale Interdisciplinare

    di Messina;Museo Regionale di Palazzo Mirto

    (PA);Palazzo Nicolaci Villadorata, Noto (SR);Soprintendenza per i Beni Culturali

    e Ambientali di Agrigento;Soprintendenza per i Beni Culturali

    e Ambientali di Caltanissetta;Soprintendenza per i Beni Culturali

    e Ambientali di Catania;Soprintendenza per i Beni Culturali

    e Ambientali di Enna;

    Soprintendenza per i Beni Culturalie Ambientali di Messina;

    Soprintendenza per i Beni Culturalie Ambientali di Palermo;

    Soprintendenza per i Beni Culturalie Ambientali di Ragusa;

    Soprintendenza per i Beni Culturalie Ambientali di Siracusa;

    Soprintendenza per i Beni Culturalie Ambientali di Trapani;

    Societ Cooperativa Teatroarte Cu-ticchio, Cefal (PA);

    Teatro del canto popolare Ditiram-

    mu (PA).

    Si ringraziano inoltre:

    Massimo Barrale, AntonioBovelacci, Luciano Buono,Fausto Cannone, GiovanniCatania, Gabriella Carlino, PaolaCarlomagno, Ugo Casiglia, CristinaFatta del Bosco, Antonio DiGarbo, Rachele Fichera, AdrianaFresina, Giovanni Garofalo,Cristina Ghirardini, GiuseppeGiannola, Luciano Inguaggiato,

    Dario Lo Cicero, Renato Meucci,Antonino Milici, Giovanna Modica,Francesco Oliveri, RobertoPagano, Alessio Pampalone,Gaetano Pennino, Franco Persico

    Dario Di Vincenzo (Sopr. PA): 228Fabiola Saitta - Licia Settineri - Ugo

    Nizza (CRPR): pp. 15, 101 (n. 2)Archivio Museo Pitr: pp. 87, 110

    (nn. 23-24)Archivio Museo Regionale Agostino

    Pepoli: pp. 8, 107 (nn. 17-18)Archivio Museo Archeologico Regio-

    nale Pietro Griffo di Agrigento:pp. 94 (nn. 4-5), 95, 96

    Calogera Bertolone: pp. 111, 112

    Si ringraziano per lacollaborazione e la disponibilitle seguenti istituzioni:

    Archivio Centrale dello Stato di Roma;Archivio Comunale di Palermo;Archivio di Stato di Agrigento (sez.

    di Sciacca);Associazione Amici della Musica Sal-

    vatore Cicero, Cefal (PA);Associazione Figli dArte Cuticchio

    (PA);Casa di Cura Candela (PA);Casa-museo Antonino Uccello, Pa-

    lazzolo Acreide (SR);Castello di Donnafugata (RG);Collegio Capizzi, Bronte (CT);Centro Regionale per la Progettazio-

    ne e per il Restauro e per le ScienzeNaturali e Applicate ai Beni Cultu-rali (PA);

    Conservatorio di Musica di StatoVincenzo Bellini di Palermo;

    Educandato Statale Maria Adelaide(PA);

    Facolt Teologica di Sicilia (PA);Fondazione Famiglia Piccolo di Ca-

    lanovella, Capo dOrlando (ME);Fondazione Giuseppe Whitaker (PA);Fondazione Orchestra Sinfonica Si-

    ciliana (PA);Fondazione Sicilia (PA);Fondazione Teatro Massimo (PA);Galleria Interdisciplinare Regionale

    della Sicilia di Palazzo Abatellis(PA);

    Istituto delle Figlie di SantAnna (PA);Museo Archeologico Regionale An-

    tonino Salinas (PA);Museo Archeologico Regionale diAidone (EN);

    Museo Archeologico Regionale diGela (CL);

    Museo Archeologico Regionale Ibleo

    (RG);Museo Archeologico Regionale Pao-

    lo Orsi (SR);Museo Archeologico Regionale Pie-

    tro Griffo (AG);

    Monroy, Gabriele Rossi Rognoni,Franco Severi, Luigi FerdinandoTagliavini, Gioacchino Vaccaro,Francesco Vergara Caffarelli.

    Un sentito ringraziamento vainoltre allUniversit di Palermo,in particolare a Sergio Bonanzingae Girolamo Garofalo; al personaledel CRICD, in particolar modo ad

    Andrea Mangione, Fabio Militello,Antonina Scancarello, OriettaSorgi, al Comitato di Gestione ea tutti coloro i quali, a qualsiasi

    titolo, hanno collaborato allarealizzazione di questopera.

    La progettazione di questo volume il frutto di un lavoro comune dei trecuratori. La redazione finale dei testi sideve a Giovanni Paolo Di Stefano.

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    Indice

    Presentazioni 9

    Introduzione 13

    SAGGI

    Strumenti musicali nelle collezioni sicilianeGiovanni Paolo Di Stefano 17

    Sugli strumenti musicali popolari in SiciliaSergio Bonanzinga 53

    Oggetti sonori e strumenti musicali in Sicilia dal Neolitico al Bronzo Anticoe dallEt del Ferro allEt Arcaica, Classica ed EllenisticaAngela Bellia 91

    La decorazione degli strumenti musicaliSelima Giorgia Giuliano - Sandra Proto 99

    CATALOGO

    Introduzione alle schedeGiovanni Paolo Di Stefano 115

    Idiofoni 117

    Membranofoni 126

    Aerofoni 130

    Cordofoni a manico 156

    Cordofoni senza manico 178

    Strumenti a tastiera 186

    Strumenti meccanici 218

    Appendice: Un flauto di et islamica recentemente rinvenuto a PalermoCarla Aleo Nero 228

    APPARATI

    Censimento degli strumenti musicali nelle collezioni e nei musei sicilianiGiovanni Paolo Di Stefano - Girolamo Garofalo 231

    Diagnostica per immagini nello studio degli strumenti musicali

    Giuseppe Salerno 239Bibliografia 241

    Indice dei nomi 251

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    Particolare della tavola armonica del mandolone di Ignazio De Grandis, Palermo 1750 ca. (Museo Interdisciplinare Regionale ConteAgostino Pepoli, Trapani)

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    Secondo un concetto ormai del tutto acquisito e sedi-mentato la catalogazione dei beni culturali, con lenormebagaglio di conoscenza che in s comporta, si pone comeil primo baluardo per la tutela e la salvaguardia dei benistessi, consentendo altres, si auspica in piena sicurezza,laccesso di un maggior numero di persone possibili al-la fruizione del patrimonio culturale. Salta subito agliocchi quindi il notevole impatto di una pubblicazione

    di tal genere, credo unica e prima nel suo campo conqueste peculiarit e caratteristiche, che si posta ed haportato avanti lambizioso progetto di squarciare il velodi quelloblio in cui sono stati avviluppati per secoli glistrumenti musicali, tipologia di opere antichissime giampiamente citate nella letteratura antica, come le Iscri-zioni egiziane e la Bibbia, con riguardo alla Sicilia. Glistrumenti musicali, unici esempi del genere nel campodei beni culturali, racchiudono in s una duplice valenzadi concetti (contenuti) affiancando al compito primariodi produzione ed emissione di un suono, in unicum, la

    presenza di un oggetto costruito o modificato con il fine

    di produrre della musica. In tale maniera, quindi, unbene immateriale viene a fondersi ed identificarsi conun bene materico palpabile, di connotazione etnoantro-

    pologica, storica o artistica. Tale connubio, tra laltro,viene quasi sempre conseguenzialmente a conferire unsignificato rituale se non sacrale allopera, come vienesottolineato, ad esempio nel film francese Un coeur enhiverdi Claude Sautet (1992) dove due compagni di unConservatorio di musica curano violini ammalorati conrispetto e religiosit in una bottega simile per certi versi aquella dellalchimista. E questo approccio, fatto di umilte di rispetto nei confronti di un bene culturale verso la fase

    conoscitiva dellopera nonch quelle successive pertinentila conservazione e la tutela della stessa, privilegia unpensiero ormai del tutto alieno da ogni forma di discrimi-

    nazione verso quel settore delle arti spesso impropriamentechiamato delle arti minori, secondo unespressione cheha radici risalenti al primato delle arti del periodo rina-scimentale e che ha purtroppo ancora radici profonde neglianimi nonostante lavanzarsi in progressdegli studi sulsettore. Questa classificazione, peraltro gi confutata nelcorso del XVII secolo, fu protagonista di un pi ampiodibattito intorno allarte, allartigianato e allindustria

    sviluppatosi in epoca successiva a seguito della specificanecessit di trovare un punto di contatto tra la creativitartistica e la progettazione tecnica del prodotto seriale,specie quello industriale.

    Ben viene ad inserirsi quindi nellottica di un dibat-tito ancora aperto questo prezioso volume che indaga atrecentosessanta gradi il fascinoso e per certi versi ancoramisterioso mondo degli Strumenti musicali in Sicilia.

    Esso si caratterizza, quindi, quale strumento poliedrico diconoscenze scientifiche e interdisciplinari edito dopo annidi ricerca (teorica e sul campo) ed attenti studi, frutto,

    peraltro, di una stretta collaborazione fra Istituzioni

    pubbliche ed apporti di privati, che viene ad offrire adun vasto e differenziato pubblico di studiosi, amatori esemplici fruitori un vasto compendio sia tecnico che scien-tifico di questo specifico settore del patrimonio culturalesiciliano alla luce di un saldo impianto metodologico.

    Un particolare riconoscimento quindi a tutti gli autoridel Catalogo e soprattutto ai curatori dello stesso che hannocondotto con piglio sicuro lorchestrazione dellarduo elungo percorso dallinizio fino alla fine senza tentenna-mento alcuno. Un grazie speciale, infine, a tutti quelliche a vario titolo hanno contribuito alla realizzazionedel volume.

    Giulia DavDirettore del CRICD

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    Particolare dellorgano di Francesco Lo Pinto, Pettineo 1862 (Museo Etnoantropologico e dellArte Sacra Fra Giammaria da Tusa,Gibilmanna - Cefal, Palermo)

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    Lintenzione di catalogare gli strumenti musicali diinteresse storico, organologico, musicologico, artistico emusicale conservati in Sicilia, che allorigine di que-sto volume, emblematica di una fondamentale sfidascientifica, la comprensione delle dinamiche che defini-scono un campo del reale, una sfida coraggiosa se nonaltro per limpossibilit di astrarre unimmagine defini-ta di un insieme dal veloce mutare delle molte variabili

    che concorrono a formarlo.Un catalogo e le parti di cui esso fatto, le schedecon i loro campi distinti, confinanti e sconfinanti, unidea filosofica prima che uno strumento di messa inordine materiale e logico. Lavvento dellera informa-tica ha accelerato e agevolato lattuarsi in vari campidi questidea. Le schede cartacee dei cataloghi di unavolta, che tutti abbiamo pi o meno conosciuto, dauna parte accennavano nel formato, negli inchiostri,nelle calligrafie o nei segni differenziati delle macchineda scrivere ad alcune particolarit umane accessorie;dallaltra richiedevano espressamente laccomodamento

    mentale di chi le sfogliava per il loro variare in baseal mutamento nel tempo dei criteri con cui venivanoredatte. Caratteristiche che denunciavano la difficol-t di considerare il patrimonio catalogato un insiemecoerente, e in pari tempo la necessit di vederlo cometale per astrarne le qualit ricorrenti. Unimpresa chesembra potersi realizzare nei cataloghi informatici nontanto per la loro apparenza asettica e indifferente; si fa

    presto infatti ad accorgersi che, se manca in essi la pre-senza tangibile del tratto, non scompare la soggettivitdel catalogatore rivelata comunque dalle sue scelte e daisuoi errori amplificati e moltiplicati in modo irrime-

    diabile. E neanche per lunicit con cui ci appare ognischeda, isolata e indipendente dalle altre e per lordi-ne continuamente ricreato e variabile in cui possibiledisporle, cose che comunque fanno parte di unappa-renza che non compone i termini dellaporia singolare/generale. Linnovazione decisiva dellinformatica, cheagevola lapplicazione dei princip, di fissare unifor-memente per tutti (tutti gli oggetti e tutti i catalogatori),e in linea teorica definitivamente, i criteri dellanalisi acui deve essere sottoposto ogni individuo di un insieme.Cosicch il lavoro di elaborazione che li definisce pu

    procedere anche gradualmente e lentamente, pu arti-

    colarsi per fasi successive anche complesse senza perderedi vista lintero, e pu trovare strumenti esemplificativiin corso dopera, come un volume a stampa: i termini diriferimento per quanto astratti e generali oppure specifi-ci e particolari non andranno persi e neanche travisati.

    Il lettore di questo volume non sfuggir a riflessio-ni di questo genere, accogliendone le sollecitazioni che

    provengono dal materiale stesso oggetto dello studio edal taglio disposto dai curatori. La sfida in questocaso particolarmente coraggiosa e intrigante in quantorivolta a un campo di confine tra discipline fisiche, ma-tematiche e umanistiche, tra tecnologia e arti applicate.

    Ricordo bene come ebbe inizio il lavoro. Ero allora

    direttore del Dipartimento Aglaia, che comprendeva lexIstituto di Storia della musica dellUniversit di Paler-mo, quando ci giunse dal CRICD linvito a un impegnocomune per predisporre una scheda per la catalogazionedegli strumenti musicali di interesse culturale. Non erala prima collaborazione tra i due Enti (Dipartimento eCentro Regionale del Catalogo) e le buone esperienze cheriguardavano specialmente larchivio di Luigi Rogno-ni, la sua conservazione e la sua pubblicit, ci reserosubito proclivi ad accettare linvito e ottimisti sullesi-to della nuova intrapresa. Da qualche anno, per altro,avevamo la fortuna di contare tra i giovani interessati

    alla ricerca Giovanni Paolo Di Stefano, attratto fin dagiovanissimo dallorganologia, e capace di costruirsi inbreve tempo una notevole esperienza e competenza nellastoria e nella tecnologia degli strumenti musicali. Ac-canto alletnomusicologo Girolamo Garofalo del nostro

    Dipartimento e in collaborazione con lantropologa Se-lima Giorgia Giuliano e con la storica dellarte San-dra Proto, entrambe del CRICD, avrebbero costituito ungruppo in grado di mettere le basi e affrontare un lavo-ro complesso: specialistico e interdisciplinare.

    Questo volume vede anche la partecipazione di altridue studiosi unici nel loro campo: Sergio Bonanzinga

    che mette insieme la storia, letnologia e lantropologiaper mostrarci in ampio disegno la variet degli stru-menti popolari, e Angela Bellia che unisce la storia,larcheologia e liconografia per dare corpo ai suonidel passato. Come gi lelaborazione e la presentazionedella scheda catalograficaSMal mondo scientifico chenon ha mancato di mostrare interesse e apprezzamento,questo volume, dopo i molti anni che dicono le fatichedi tutti, d ragione dellottimismo di allora.

    Ho accennato al taglio dato dai curatori al materia-le, taglio che dichiara esplicitamente e a primo sguardolaporia che il libro contiene e compone. Le sezioni fonda-

    mentali, Saggi, Catalogo, Apparati, a loro voltainternamente articolate, si pongono su due livelli: de-scrittivo e analitico. I quattro scritti, che costituiscono la

    prima parte e si pongono sul primo livello, rappresenta-no, ciascuno nel proprio ambito e tutti per linsieme, quel

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    12 Presentazione

    A questo innumerabile, a questo continuo, a questoinfinito di cui mi sono sforzata di rendere limpressione

    fascinosa in queste righe introduttive ma che ciascunopotr meglio incontrare e verificare poche pagine piavanti, si oppone dunque il secondo livello con lesem-

    plificazione delle categorie imprescindibili di un catalo-go, la completezza e luniformit. Non soltanto lambi-zione e la speranza che la scheda venga adoperata per

    dare un numero allinnumerabile e che tutti gli stru-menti significativi conservati in Sicilia possano averequello spazio che ne far, anche del minimo, parte diun insieme da tutelare ed eventualmente da restaurare;ma anche e questa non una aspirazione ma unaqualit gi attuata dalla scheda che deve soltanto, nelcatalogo, trovare conferma lidentit dei criteri e del-le misure con cui ciascuno strumento viene analizzato;la verifica a posteriori di unidea a priori che apparivaquasi in contraddizione con gli aspetti sensibili e conlesperienza, ma necessaria per iniziare il lavoro e percontinuarlo: che i cimbali di bronzo del Museo Salinas,

    il fischietto di terracotta del Museo Pitr, larpa rarddellIstituto delle Figlie di SantAnna a Palermo, latrcculaa forma di farfalla ritrovata ad Alcara Li Fu-si, larmadio a tastiera del Museo Belliniano a Cataniaappartengano tutti a ununica categoria.

    Amalia CollisaniUniversit di Palermo

    continuo storico, geografico, antropologico, artistico chele schede, contenute nella seconda parte e significativedel secondo livello, sezionano e frazionano secondo cate-gorie ragionate e ordinate. Luna parte e laltra luno elaltro livello costituiscono due modelli esemplari.

    Il materiale oggetto dello studio, gli strumenti mu-sicali da catalogare, si squaderna agli occhi del lettorequasi un infinito: storico, costruttivo, decorativo, fun-

    zionale, sonoro; forme, colori, suoni in caleidoscopichetessere visivo-acustiche. Da raffinate meccaniche a sona-gli infantili, da frammenti dosso a materiali nobili, daciarameddemessinesi a trombe tibetane, un universo sidispiega inciso e percorso da mille linee che congiungonointersecandosi i suoi fuochi. E pure sappiamo che la Sici-lia non un contenitore di strumenti musicali pi riccodi altri. Al contrario, quella sua certa marginalit geo-grafica e culturale che dura ormai da diversi secoli ha te-nuto relativamente basso il numero sia di costruttori chedi collezionisti. Ma lonnipresenza della musica nel fareumano finisce con lo sforare comunque nellinnumera-

    bile. E tale appare il patrimonio conservato in Sicilianei quattro saggi che lo descrivono con angoli di visualetalvolta contigui, talvolta incrociati, talaltra opposti; euna nuova traiettoria dello sguardo che penetra nei ma-teriali si aggiunge, negli Apparati, con la descrizione

    fattaci da Giuseppe Salerno dellaDiagnostica per im-maginiche illustra limpiego possibile e sperimentato distrumenti radiologici a fini conservativi e di restauro.

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    ristretto numero di strumenti musicali ritenuti diparticolare interesse storico-artistico o etnoantro-pologico. Questi sono stati dunque considerati peril loro valore storico ed estetico o in quanto oggetticoncepiti nellambito della cultura materiale po-polare ( per esempio il caso di alcuni strumentidelle collezioni del Museo Pitr di Palermo e delMuseo Antonino Uccello di Palazzolo Acreide).3

    Le campagne catalografiche condotte, tra gli anniOttanta e i primi anni del 2000, dagli istituti peri-ferici siciliani e coordinate a livello regionale dalCRICD, hanno cos considerato gli strumenti mu-sicali talora come oggetti storico-artistici (facendodunque uso della scheda OA), talvolta come beni diinteresse antropologico (catalogati con la schedaBDMexFKO), altre volte come reperti archeologici(schedati con il tracciato RA).

    Sulla scorta di queste considerazioni natalesigenza di elaborare una scheda catalograficaespressamente destinata al patrimonio organo-

    logico, la prima realizzata in Italia, che analizzas-se gli aspetti peculiari dello strumento musicaledal punto di vista storico, tecnologico, musicale,estetico, antropologico. A tale scopo, nel 2006 ilCRICD ha manifestato la necessit di confrontocon le professionalit della sezione musicologicadellallora Dipartimento Aglaia dellUniversitdi Palermo (oggi confluito nel Dipartimento diScienze Umanistiche) per garantire un adeguatoapprofondimento scientifico sullargomento. Talecollaborazione ha portato allelaborazione e pub-blicazione, nel 2010, della scheda SM(GIULIANO-

    PROTO

    2010) che costituisce il primo tracciato nelsuo genere in Italia, cui ha fatto seguito quelloelaborato dallICCD per la scheda SMnazionaleattualmente in fase di sperimentazione.

    Lelaborazione della scheda SMha stimolatola riflessione sulle problematiche metodologichee catalografiche inerenti la terminologia, la clas-sificazione, gli aspetti costruttivi, la decorazione,lacustica, luso, lambito culturale, la misurazio-ne, la documentazione tecnica e fotografica deglistrumenti musicali e ha evidenziato lesigenza didefinire un modus operandiuniforme.

    Per lelaborazione del tracciato sono state presein considerazione tutte le principali tipologie distrumenti musicali eccetto lorgano che, per le suecomplesse peculiarit tecnico-costruttive, occupaun posto a s stante nel panorama organologi-

    A seguito dellapprovazione della legge n. 44del 10 dicembre 1985, la Regione Siciliana si impegnata a incentivare le attivit di ricerca mu-sicologica ed etnomusicologica, [] di documen-tazione [musicale] e a promuovere il restauro distrumenti musicali antichi e/o di valore storico(art. 2). Per quanto concerne in modo specificoi beni di interesse organologico, grazie a questa

    normativa sono state da allora intraprese nume-rose azioni finalizzate soprattutto al restauro degliantichi organi a canne, spesso di grande pregiostorico-artistico e presenti in tutto il territorio sici-liano. La stessa legge ha consentito listituzione diun gabinetto per il restauro di strumenti musicalipresso il Centro Regionale per la Progettazione e ilRestauro della Regione Siciliana, laboratorio uniconel suo genere in Italia in quanto direttamenteafferente alla Pubblica Amministrazione.1

    La legge n. 44 ha anche favorito, a partire dallafine degli anni Ottanta, censimenti, campagne

    catalografiche e attivit di ricerca relative al pa-trimonio organario dellIsola.2La prima campa-gna catalografica riguardante gli antichi organisiciliani, che si avvalsa di una scheda strutturataderivata dal tracciato OA, stata condotta in viasperimentale nei primi anni Novanta proprio dalCentro Regionale per lInventario, la Catalogazio-ne e la Documentazione (CRICD) e ha consenti-to lo studio di dieci strumenti tra quelli esistentinella diocesi di Acireale (CASSATA1991). Questeiniziative di censimento e catalogazione, dedicateal patrimonio organario siciliano, si sono per

    sostanzialmente fermate a una fase embrionalee non erano state finora estese ad altre tipologiestrumentali. daltronde opportuno ricordare chegli strumenti musicali non trovano ancora oggi unachiara collocazione nella normativa in vigore inItalia (Codice per i beni culturali e del paesaggio, 2004)che non indica esplicitamente tali oggetti tra lecategorie di beni da tutelare. Questo mancatoriconoscimento ufficiale ha dunque contribuito aritardare, sia in ambito nazionale che regionale,non solo lelaborazione di un modello unico dischedatura per gli strumenti musicali ma anche

    la realizzazione di un censimento sistematico delpatrimonio organologico presente nei musei enelle collezioni siciliane.

    In Sicilia, gli interventi di catalogazione, tutelae valorizzazione sono stati cos finora riservati a un

    Introduzione

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    14 Introduzione

    documentarne le particolarit costruttive e diattestarne lo stato di conservazione. Per tutti gli

    strumenti catalogati sono state effettuate riprodu-zioni fotografiche frontali, tergali, laterali nonchriprese di particolari costruttivi, delle decorazionie, laddove presenti, delle etichette e dei mar-chi che attestano i nomi dei costruttori (questadocumentazione, solo parzialmente inclusa nelpresente volume, a disposizione degli studiosipresso il CRICD).

    opportuno precisare che il patrimonio stru-mentale siciliano, pubblico e privato, attende atuttoggi di essere catalogato utilizzando la schedaSMil cui uso, affidato a catalogatori con adeguate

    competenze tecnico-scientifiche, potr probabil-mente stimolare nuove iniziative volte alla tutelae alla conoscenza di questo particolare settore deibeni culturali, indispensabile per la ricostruzionee la comprensione delle pratiche musicali deisecoli passati.

    I curatori

    NOTE

    1 Il laboratorio del CRPR ha curato lelaborazione di progetti

    interdisciplinari (che hanno implicato la collaborazione, tragli altri, di chimici, fisici, botanici e restauratori in serviziopresso il medesimo Centro) finalizzati al recupero di alcunistrumenti musicali in possesso di istituzioni pubbliche siciliane:nel 2002 il restauro di un violino anonimo e di un mandolonesettecentesco del liutaio palermitano Ignazio De Grandis, en-trambi conservati presso il Museo Interdisciplinare RegionaleConte Agostino Pepoli di Trapani (GAROFALO2002); nel 2004il restauro conservativo di un contrabbasso del 1752 del liutaio

    Vincenzo Trusiano Panormo appartenente alla collezione delConservatorio Vincenzo Bellini di Palermo (CRPR 2008); nel2006 lintervento di disinfestazione preventiva della collezionedi antichi strumenti ad arco del Conservatorio di Palermo;nel 2007 il restauro delle decorazioni pittoriche del salteriodi Giovanni Battista Di Paola del 1790 della collezione dellaFondazione Teatro Massimo di Palermo; e pi recentemente,il restauro della lira chitarra tardo settecentesca e del liutocantabile della fabbrica catanese Rosario Porto anchessiappartenenti alla collezione del Teatro Massimo.2Per quanto concerne lo studio, il censimento e la cataloga-zione del patrimonio organario di alcune diocesi siciliane si

    veda: BUONO- NICOLETTI1987; DISPENSAZACCARIA1988; REGINA1991;VAGLICA1991; APPIANO1993; GAIEZZA1995; BUONO- NI-COLETTI- LARIN1996; CIMS 1998; BUONO1998; MAIORE1998;PARADISO- BEVINETTO1998; CUSMANO2002; CANNIZZARO2005a.3Nel 2003 (DDS n. 7495 del 4 marzo 2003) la Soprintendenzaai Beni Culturali e Ambientali di Palermo ha inoltre emessoun provvedimento tutorio di una zampogna a chiave doppiadi propriet privata per il particolare interesse storico edetnoantropologico.4Si vedano, tra gli altri, i cataloghi scientifici delle collezionimilanesi del Teatro alla Scala (BIZZI1991) e del Castello Sfor-zesco (GATTI1998), della Galleria dellAccademia di Firenze(FALLETTI- MEUCCI- ROSSIROGNONI2001), del Museo delle Artie Tradizioni Popolari di Roma (SIMEONI- TUCCI1991).

    co e per il quale era stata gi peraltro elaboratadallICCD una scheda catalografica specifica, la

    scheda SMO(ICCD 2008).Le ricerche intraprese nellambito dello studioper la formulazione del tracciato SMsono statedunque propedeutiche allelaborazione del pre-sente volume. Esso segue la linea intrapresa, gia partire dagli anni Novanta del secolo scorso, daalcuni tra i pi importanti musei italiani che, at-traverso la pubblicazione di cataloghi scientifici astampa, hanno contribuito in modo rilevante allaconoscenza del patrimonio organologico italiano.4

    Lobiettivo principale di questo lavoro statodunque in primo luogo quello di censire e docu-

    mentare per la prima volta gli strumenti musicalidi interesse culturale presenti nelle collezioni enei musei siciliani (soprattutto darte, archeolo-gici ed etnoantropologici) disseminati in tutte leprovince della regione. Tra le collezioni segnalate,le pi importanti sono di propriet statale, comu-nale e regionale anche se non mancano alcunerilevanti collezioni private. Al fine di promuoverelo studio e la conoscenza di questo patrimonio, stata dunque realizzata una mappatura del-le collezioni siciliane che includono strumen-ti musicali e si provveduto alla compilazione

    di schede scientifiche di alcuni degli esemplaripi rappresentativi in esse raccolti. Tra gli oltremille strumenti finora censiti, ne sono stati cosselezionati cento, ascrivibili sia alla tradizioneculta sia a quella popolare, privilegiando quelliinediti, poco studiati o di particolare interessescientifico. Per quanto concerne gli strumentipopolari, la catalogazione ha riguardato non so-lo esemplari della tradizione siciliana ma anchequelli extraeuropei che costituiscono il nucleopi importante di alcune collezioni (tra le altre,quella del Museo Civico di Chiaramonte Gulfi e

    la Collezione Cannone di Alcamo). La stesuradelle schede, sebbene affidata a diversi catalo-gatori, segue sempre la medesima impostazionein modo da rendere quanto pi confrontabili ledescrizioni degli strumenti selezionati. Il catalo-go preceduto da quattro saggi scientifici cheforniscono una visione dinsieme sugli strumentidambito culto, popolare e archeologico e che neanalizzano la storia, la tecnologia, i repertori, gliaspetti estetici e simbolici.

    Nella realizzazione della campagna catalogra-fica stato dato notevole rilievo alla documenta-zione fotografica, particolarmente importantenellambito dello studio degli strumenti musicali.Il rilevamento fotografico, condotto da tecnicispecializzati, ha infatti il triplice intento di con-sentire limmediata identificazione del bene, di

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    Saggi

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    Nella pagina precedente:

    Particolare della tavola armonica del liuto cantabile Rosario Porto e figli, Catania, 1900 ca. (Fondazione Teatro Massimo, Palermo)

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    Gorga che ha costituito il nucleo fondamentale delMuseo Nazionale di Strumenti Musicali di Roma(CIONCI2004). A queste si aggiungono una note-

    vole quantit di importantissime raccolte storichedisseminate, da nord a sud, presso conservatori(in particolare quelli di Firenze, Milano, Napoli,Parma e Torino), accademie musicali (AccademieFilarmoniche di Bologna e di Verona e Accademia

    Nazionale di Santa Cecilia di Roma), teatri (in pri-mo luogo il Teatro Alla Scala di Milano) e musei(per esempio le collezioni oggi esposte al CastelloSforzesco di Milano e al Museo Internazionale eBiblioteca della Musica di Bologna).2

    Per quanto riguarda la Sicilia, si pu ritenereche lIsola sia rimasta sostanzialmente estranea alfenomeno del collezionismo strumentale fino alNovecento inoltrato. Se si eccettua infatti la colle-zione del Conservatorio di Palermodi cui diremoa breve e la raccolta di strumenti popolari sicilianimessa insieme dal demologo Giuseppe Pitr in

    occasione dellEsposizione Nazionale di Palermodel 1891 (si veda al riguardo il contributo di SergioBonanzinga in questo stesso volume) tra la finedellOttocento e per buona parte del Novecento,non sembra esservi stata sostanzialmente tracciain Sicilia di vere e proprie collezioni di strumentimusicali.

    Probabilmente per questa ragione, nel 1885cadeva dunque nel vuoto la richiesta avanzata dalmarchese inglese Hamilton allallora sindaco diPalermo Salvatore Romano Lo Faso:

    Mi pregio informarla che il comitato esecutivo perlEsposizione Internazionale di Invenzioni e di mu-sica che avr luogo a Londra dal maggio allottobredi questanno ha stabilito che nella sezione destinataesclusivamente per la musica, vi debba pur essere unacollezione storica musicale formata col gentile e soloconcorso degli amatori di musica o collettori che fos-sero fortunatamente possessori di istrumenti musicaliantichi e moderni []. Il sottoscritto a nome del co-mitato esecutivo ha lonore di rivolgere preghiera a

    V. S. perch voglia colla sua influenza e col suo validoappoggio cooperare in modo che la mostra storicamusicale tanto per gli oggetti preziosi ed interessanti

    che potessero appartenere a codesto Municipio o adIstituzioni della citt che dal Municipio dipendono,quanto per collezioni di privati che fossero a conoscenzadella S.V., avesse a riuscire, come si hanno molte ragionia sperare, interessante ed istruttiva [].3

    1. CollezioniSullonda del fenomeno del collezionismo di

    stampo positivistico, tra la seconda met dellOtto-cento e linizio del Novecento nacquero in Europa enegli Stati Uniti dAmerica alcune delle pi grandiraccolte di antichi strumenti musicali. Tra le pifamose si annoverano quella appartenuta al celebremusicologo Franois-Joseph Ftis, acquistata nel

    1872 dal governo belga come nucleo costitutivodella collezione del Conservatorio di Bruxelles(oggi Muse des instruments de musique); lim-portante raccolta di Mary Elisabeth Crosby Brown,acquisita nel 1889 dal Metropolitan Museum of

    Art di New York; quella dellolandese Paul de Witche fu in parte venduta, tra il 1888 e il 1890, allaBerliner Musikhochschule (oggi esposta presso ilMusikinstrumenten Museum); la collezione di CarlClaudius che nel 1897 costitu il primo nucleo delMusikhistorisk Museum di Copenhagen; la raccoltadi Francis William Galpin confluita nel 1917 nelle

    collezioni del Museum of Fine Art di Boston.In quegli stessi anni in Italia, paese che avevavantato fino al secondo Ottocento un ruolo diprimaria importanza nel campo del collezioni-smo strumentale, si registrava sostanzialmente unatendenza di segno opposto. Con poche eccezioni,a cavallo tra Otto e Novecento si verific infattila dispersione, soprattutto a vantaggio del mer-cato antiquario internazionale, di alcune dellepi importanti collezioni private italiane.1Casoemblematico quello della preziosa collezionefiorentina del barone Alessandro Kraus la cui parte

    pi preziosa fu acquistata nel 1908 dal collezionistatedesco Wilhelm Heyer di Colonia che nel 1926la cedette a sua volta allUniversit di Lipsia doveancora oggi si trova (ROSSIROGNONI2007).

    Nonostante la disgregazione di tante antiche eimportanti collezioni private, lItaliache tuttog-gi continua a essere un bacino privilegiato per ilmercato antiquario internazionale di strumentimusicali ha mantenuto un posto di primo pia-no per qualit e quantit di raccolte strumentali,alcune delle quali vantano appunto una storia piche secolare. Per limitarci alle collezioni pubbliche,

    possono essere ricordate la raccolta del musicografomodenese Luigi Francesco Valdrighi, esposta dal1892 presso il Museo Civico di Modena (LUCCHI1982) e quella messa insieme, tra la fine dellOtto-cento e linizio del Novecento, dal cantante Evan

    Giovanni Paolo Di Stefano

    Strumenti musicali nelle collezioni siciliane

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    Il modulo allegato alla lettera di Hamilton, conil quale il comitato britannico richiedeva di enu-

    merare gli strumenti musicali di interesse storicopresenti in citt, si conserva ancora intonso pressolArchivio Comunale di Palermo e possiamo proba-bilmente immaginare che lamministrazione mu-nicipale non ritenne dunque opportuno segnalarealcunch agli organizzatori della manifestazionebritannica. Daltronde, di vere collezioni di antichistrumenti musicali, come dicevamo, non si ha so-stanzialmente notizia a quellepoca n a Palermon in altri centri dellIsola.4

    In realt, in occasione della mostra di instrumentiantichi e rari organizzata nellambito dellEsposizio-

    ne Musicale di Milano del 1881, furono esposti dueesemplari provenienti dalla Sicilia. Si trattava di unKinari Vina, con spiegazione del modo di usarlo econ una cassettina di corde acquistate in Calcuttae di un violoncello di Antonio Stradivari del 1669che erano stati rispettivamente dati in prestito daGiuseppe Giuliano, direttore del Real Circolo Bellinidi Catania, e dalleditore palermitano Luigi PedoneLauriel: a ogni modo, i personaggi qui citati non pos-sono essere considerati dei veri e propri collezionistidi strumenti musicali (ESPOSIZIONE1881, pp. 41, 45).5Ovviamente, antichi strumenti erano certamente

    presenti a quel tempo nellIsola ma non si trattavamai di vere raccolte quanto piuttosto di singoli esem-plari, o tuttal pi di poche unit, preservati tra gliarredi di antiche dimore nobiliari, presso istituzionimusicali e istituti religiosi e soprattutto nel casodegli strumenti ad arco in possesso di musicistiche ne facevano uso a scopo professionale: nulladunque di realmente paragonabile alle importantiraccolte dellItalia centro-settentrionale o alle grandicollezioni internazionali.

    Forse proprio allassenza in Sicilia di collezionisti,fino ad anni abbastanza recenti, pu essere dunque

    addebitata la dispersione, pressoch totale, delpatrimonio strumentale anteriore al XIX secolodi cui rendono invece ampliamente conto le fontiarchivistico-documentarie.6

    Nelle pagine che seguono cercheremo di fornireuna panoramica dinsieme delle raccolte siciliane,di contestualizzarne la storia e di descrivere le ti-pologie strumentali in esse custodite.

    Antiche collezioni didatticheCome abbiamo accennato sopra, lunica rac-

    colta siciliana ottocentesca di antichi strumentimusicali di cui si abbia notizia, almeno per quantoci dato sapere, quella del Conservatorio diPalermo (fig. 1). Come avvenuto in altri conserva-tori italiani, la collezione il frutto di progressiviacquisti e di donazioni private.

    Secondo Federico De Maria, che condussericerche presso larchivio del Conservatorio inepoca precedente alla distruzione provocata daun bombardamento nel 1943, le prime informa-zioni relative allacquisizione di strumenti mu-

    sicali risalgono ai primi decenni del Settecentoquando:

    si erano fatti acquisti di strumenti e di materiale musicale.Una nota di spese del 1721 ci d notizia di un tale donNicol Petrini che fu incaricato dal Deputato priore dicomprare a Napoli alcuni strumenti da fiato usati perlammontare di onze 9 e tar 27 [], strumenti chefurono messi a nuovo nellofficina dello stesso Conserva-torio. Pi furono comprati un violino, corde di ricambio,carta da musica per onze 4 e tar 4 [], un cembalocon corde e sordine di rame, un violingello, una viola,altro cembalo con ottava stesa per il contrappunto [DEMARIA

    1941, p. 21].Qualche altra informazione fornita da Gaetano

    Daita in un opuscolo sulla storia del Conservatoriopalermitano pubblicato nel 1875:

    1.La collezione di antichi strumenti ad arco del Conservatoriodi Palermo allinizio del XX secolo (foto in DEMARIA1941)

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    Un cenno apposito merita anche la collezione di stru-menti darco e da fiato che possiede il Collegio, nellamaggior parte di costruzione pregevole. Ma fra tutti sono

    veramente preziosi: un Contrabbasso di Avena [sic] daPalermo ed un Violoncello antichissimo, dignoto au-tore, tutti e due donati allIstituto dalla munificenza delprincipe di Butera, verso il 1815. Una Viola del rinomato

    Antonio Stradivario. Un Violino del tedesco GiacobbeSteiner ed altra Viola di Niccol Amati. I nomi degliautori bastano solo per dimostrare il pregio speciale disiffatti strumenti [DAITA1875, pp. 9-10].7

    Alcuni esemplari della collezione furono dunquedonati da generosi benefattori. Tra questi, oltre alcitato principe di Butera (probabilmente Pietro

    Lanza) va ricordato il messinese Guido GaetanoAnastasi, cultore intelligentissimo di musica, chenel 1902, per spontaneo impulso e sentimentodarte, aveva regalato al Conservatorio tre antichistrumenti ad arco: un violino tedesco di scuolaSteiner, un violino francese di Nicolas AugustinChappuy del 1759 e una viola napoletana del 1792realizzata da Giuseppe Gagliano.8

    La raccolta, costituita principalmente da stru-menti ad arco, non era comunque stata formata confinalit museali o documentarie ma piuttosto perrispondere alle esigenze pratiche di maestri e al-

    lievi. Luso che questi potevano fare degli strumentiera disciplinato da tre articoli del Regolamento cheil Conservatorio aveva approvato nel 1866:

    Art 19. Il Prefetto di musica ha la custodia e la manuten-zione degli strumenti di propriet del Collegio. quindisua cura consegnare agli alunni pria di cominciare lostudio, gli strumenti di cui avr bisogno [] e di ritirarlidai medesimi alla fine delle scuole.

    Art. 20. Ove occorrano delle riparazioni od acconciatureagli strumenti, ne far per mezzo del Direttore di musicarichiesta al Presidente.

    Art. 21. Il Prefetto di musica terr registro degli stru-

    menti del Collegio in due originali riconosciuti dalPresidente, uno dei quali rimarr presso il Prefetto,e laltro da lui firmato sar conservato nellarchiviodellAmministrazione. Alla fine di ciascun mese dovrprender nota degli strumenti divenuti inservibili, e deinuovi strumenti acquistati, e darne avviso allUfficio diamministrazione.9

    evidente che il Conservatorio, fino ad annirecenti, non matur concretamente lidea dicostituire una collezione di strumenti storici perfini museali. Per questa ragione, con la parzialeeccezione degli strumenti ad arco e di alcunearpe, praticamente nulla si conservato del pa-trimonio strumentale in dotazione dellIstitutotra Sette e Novecento: non appena ritenuti inser-

    vibili per lattivit musicale, gli strumenti erano

    infatti destinati a essere alienati e sostituiti conmodelli pi moderni ed efficienti.10Per esempio,

    nel 1868 il Conservatorio aveva venduto il suoantico organo a canne ormai ritenuto inutiliz-zabile alla parrocchia del paese di Cefal Dianaper rimpiazzarlo con un moderno armonium.Ne troviamo notizia in una lettera inviata dalpresidente dellIstituto allufficio del Ministrodella Pubblica Istruzione:

    Fra gli oggetti compresi nellinventario trasmesso acodesto Ministero al N 45 cat. Cappella, trovasi anno-tato un vecchio organo apprezzato per Lire 127.50. Orconvenendo tanto negli interessi del Collegio quantoallutilit dellIstruzione degli Alunni acquistare invece

    un acconcio melodium [armonium], il sottoscritto pregail Ministero di voler permettere la vendita del vecchioorgano, ed autorizzare che sul prezzo che se ne ritrarrsi faccia la compra del melodium.11

    Meno di ventanni dopo, nel 1885, lo stesso ar-monium, ormai inservibile per vetust, fu ba-rattato con uno nuovo.12Stessa sorte ebbero, treanni dopo, ventuno strumenti a fiato (tra i quali

    vi erano presumibilmente anche quelli cui facevariferimento Daita nel 1875) che furono appuntodati in permuta al costruttore milanese Giuseppe

    Pellitti per lacquisto di modelli aggiornati alle pimoderne esigenze esecutive. Come infatti comu-nicava al Ministero Vincenzo Merlo, presidentedellIstituto:

    Essendosi resi inservibili i sotto descritti strumentimusicali non solo per vetust ma benanco per la con-seguenza del nuovo corista normale gi adottato, hoinvitato diversi fabbricanti e negozianti di strumentimusicali di questa Citt per tentarne la riduzione nonche la riparazione. Essi per mi hanno dichiarato dinon essere possibile che detti strumenti si mettesseroin accordo col nuovo diapason. Rimanendo dunque

    inutili alluso di questo R[eal] Istituto, ed offrendo ilSignor Pellitti la somma di 105 che stata la massimaofferta del prezzo di detti strumenti, devo pregare la S.V.affinch voglia provocare la debita autorizzazione delMinistero perch si possano barattare pel detto prezzoil quale servir ad attenuare la spesa di altri strumentinuovi, gi commissionati al detto Signor Pellitti deiquali questo Collegio sente bisogno di provvedersi.Gli strumenti inservibili sono i seguenti e portano ilnumero dello inventario come appresso: Flauti N 40,41, 378, 458; Clarini N 45, 46, 47, 217, 238, 490, 717,785; Obo N 50, 51, 164, 560; Ottavini N 69, 371;Fagotti N 43, 44, 86.13

    Tali baratti, che determinarono la dispersionedel patrimonio strumentale storico, erano anchedettati dalle perenni ristrettezze economiche in

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    strumenti a fiato citati nella relazione del Floresnon comunque rimasta oggi traccia.16

    Non pi felice stata daltronde la sorte dellacollezione di antichi strumenti ad arco del Conser-

    vatorio la pi importante a sud di Napoli che,pur essendo scampata al gi citato bombardamentoche nellaprile del 1943 distrusse parte dellIstituto,non sopravvissuta allincuria e alla dissennatagestione che, tra la fine degli anni Novanta delNovecento e i primi anni del 2000, ha causato

    la dispersione di una parte consistente di questapregevole raccolta, caso limite come osservaRenato Meucci di come un patrimonio pubblicodella nazione possa purtroppo trasformarsi in unaspecie di propriet privata (MEUCCI2003, p. 141).Risale dunque allultimo ventennio la scomparsadi un numero cospicuo di strumenti ad arco dellacollezione tra cui una viola di Giuseppe Gaglianodel 1792. Un recente progetto di musealizzazionedel patrimonio strumentale superstite, attualmen-te in fase di elaborazione, dovrebbe finalmentealmeno cos si spera consentire la tutela e ilrecupero di quanto rimane di questa importantecollezione storica.

    Sempre alla seconda met dellOttocento e allini-zio del Novecento risalgono le piccole raccolte dialtre due istituzioni scolastiche palermitane: il Regio

    cui versavano le casse dellIstituto, come peral-tro testimoniano le estenuanti trattative che il

    Conservatorio palermitano fu spesso costretto aintrattenere con il Ministero per ottenere i fon-di necessari allacquisto di strumenti. Ne rendeconto la relazione redatta nel 1889 dal marcheseFrancesco Flores dArcais,ispettore ministerialepresso lIstituto palermitano:

    Nessun riordinamento sar efficace, e neanche possi-bile, se al R. Collegio di Palermo non verr fatta unaconveniente dotazione di strumenti musicali dei qualiora sprovvisto. Il Consiglio, in seguito a domanda delDirettore tecnico, ha recentemente autorizzato lacqui-sto di alcuni strumenti da fiato o a corda. Altri per ne

    occorrono. E innanzi tutto urgente che si provveda ilCollegio del necessario numero di pianoforti. Attual-mente il Collegio non possiede che quattro pianoforti,tre dei quali addirittura inservibili. Uno, il migliore, un Pleyel non autentico ed ha bisogno di riparazioni, enon pu servire neppure esso agli alunni che studianoper intraprendere la carriera del concertista o del pro-fessore di pianoforte. I convittori che attendono a questostudio, sono ora costretti a procurarsi a proprie spese, ipianoforti a nolo. Nelle scuole darmonia manca pureil pianoforte e per conseguenza, tolta la possibilit diqualunque esercizio pratico. Nel collegio di Palermo sistudia larmonia teoricamente, ma nessun allievo viene

    esercitato ad armonizzare un basso sul pianoforte osullharmonium, la qual cosa parr incredibile a coloroche hanno qualche pratica delle musicali discipline.Quando, in forza del nuovo ordinamento, che si vienpreparando, si dovr aggiungere il Liceo al Convitto,e lo studio complementare del pianoforte diventerobbligatorio per tutti indistintamente gli alunni, comegi si fa negli altri Conservatori e Licei, non si avranno aPalermo gli strumenti, che val quanto dire i ferri del me-stiere, per effettuare questa salutare riforma. Il Direttoretecnico di parere che occorrano almeno sette nuovipianoforti, uno dei quali di gran formato, per concertie gli altri di qualit inferiore. Ma a questa dotazione non

    arrivano le forze del bilancio dellIstituto e converr cheil Ministero esamini il modo di provvedervi. La spesaper i nuovi strumenti dei quali lIstituto ha bisogno(sette pianoforti, un harmonium, dieci violini, ecc.)ascenderebbe a circa diecimila lire, e sarebbe fatta peruna volta tanto. opinione del sottoscritto che, senza inecessari strumenti, la progettata riforma resterebbe,in molte parti, lettera morta.14

    Quella messa in evidenza dal Flores era una que-stione annosa dato che le lunghissime trattativeper rinnovare lo strumentario, e in particolare perincrementare il numero di pianoforti dellIstituto,erano state avviate almeno dal 1871.15Anche diquesti sospirati pianoforti per esempio del citatoPleyel a coda moyen modlacquistato a Parigi, dopotante trattative, nella primavera del 1880e degli

    2.Il teatro dellEducandato Maria Adelaide in una foto dellini-zio del XX secolo. Sul palco il pianoforte a coda Steinweg, larparard e un pianoforte verticale (Archivio dellEducandatoStatale Maria Adelaide, Palermo)

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    altre fonti documentarie, nel corso della sua vitaaveva avuto occasione di suonarli. Si tratta di unapiccola raccolta che tuttavia conta alcuni esem-plari di notevole interesse: uno dei pi antichipianoforti siciliani oggi noti (si veda la scheda84 del catalogo); lunico pianoforte verticale aforma darmadio di costruzione inglese di cui siabbia notizia in Sicilia (scheda 86); un pianofortea coda costruito a Monaco dalla fabbrica Sailerintorno al 1820 appartenuto al compositore

    Mario Bellini, fratello minore di Vincenzo

    chepresenta una tastiera insolitamente estesa rispet-to ai pianoforti coevi (Fa0-Do7); un pianoforte acoda di fattura catanese dotato di una meccanicatipicamente siciliana (scheda 88); un pianofortea tavolo viennese di Carl Fuchs che porta sul-la tavola armonica la firma dello stesso Bellini(scheda 90).17

    Pi o meno agli stessi anni del Museo Bellinianorisale lapertura del Museo dArte Teatrale inau-gurato il 1 maggio 1940, presso i locali del TeatroMassimo di Palermo, alla presenza del compositorePietro Mascagni (INGRASSIA1940a e 1940b).18

    Il nuovo museo palermitano intendeva probabil-mente emulare il riuscito esperimento del Teatro

    Alla Scala di Milano che, nel 1913, aveva appuntocostituito il suo Museo Teatrale. Come il museo

    Educatorio Maria Adelaide (oggi EducandatoStatale) e lIstituto SantAnna, ambedue originaria-mente destinati alleducazione femminile. Anchein questo caso, gli antichi strumenti che oggi siconservano presso i due Istituti soprattutto pia-noforti e arpe di fattura otto-novecentesca sonouna testimonianza dellattivit didattico-musicalesvolta in queste scuole (figg. 2-3).

    Musei

    Risale invece agli anni Trenta del Novecentolinaugurazione dei primi due musei musicali si-ciliani nel cui allestimento furono anche inclusialcuni antichi strumenti: il Museo Belliniano diCatania e il Museo dArte Teatrale di Palermo.

    Il primo, tuttoggi esistente, fu inaugurato il 5maggio 1930 presso il Palazzo Gravina Cruyllas,casa natale di Vincenzo Bellini, in Piazza San Fran-cesco a Catania. Lallestimento, realizzato grazieal contributo di appassionati cittadini e persino didiscendenti di Bellini, consent la raccolta di auto-grafi musicali, dipinti, cimeli e strumenti musicalilegati alla vita del compositore e dei suoi familiari.

    Gli strumenti esposti, soprattutto pianoforti,sebbene non direttamente appartenuti a Belli-ni, erano stati in possesso di parenti e amici delcompositore il quale, come attestano carteggi e

    3.Lorchestrina dellIstituto SantAnna, diretta dal compositore Guglielmo Zuelli, in una foto dellinizio del XX secolo. Benvisibili le due arpe rard ancora oggi in possesso dellIstituto (Archivio dellIstituto SantAnna, Palermo)

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    importanza storica (si pensi per esempio al preziosoviolino di Girolamo Amati del 1683 conservato nei

    magazzini del Museo Civico Castello Ursino diCatania, scheda 58) e, nella stragrande maggioranzadei casi, poco o per nulla valorizzato (gran partedegli strumenti versano infatti in cattivo stato diconservazione, molti di essi non sono fruibili alpubblico e giacciono in depositi, praticamentenessuno stato finora catalogato dalle Sovrinten-denze di pertinenza).

    Antiche dimore nobili e notabiliI palazzi dellaristocrazia siciliana, scrigni di stra-

    ordinari tesori artistici, non di rado custodiscono

    tra i loro arredi anche importanti testimonianzedi artigianato musicale. Come noto, la musica hainfatti svolto, almeno fino allinizio del XX secolo,un ruolo significativo nelleducazione e nella vitasociale dellaristocrazia e dellalta borghesia e glistrumenti musicali si pensi soprattutto al clavi-cembalo e, dalla seconda met del XVIII secolo,al pianoforte sono spesso stati degli immanca-bili quanto irrinunciabili complementi darredoe talvolta dei veri e propri status symbolnelle ca-se patrizie (DISTEFANO2011a, pp. 17-27). Bastadunque scorrere gli inventari dei beni mobili in

    possesso delle pi importanti famiglie aristocrati-che dellIsola per rintracciare immancabilmentetra gli arredi anche pregevoli strumenti musicali.Particolarmente preziosi erano per esempio quellipresenti, nel 1629, presso la dimora della nobileGiovanna Branciforti principessa di Pietraperzia:un cimbalo et una spinetta [...], un milacordio[clavicordo] picciolo, [] una chitarra di ebano,[] uno scrittorio di ebano et avolio istoriato conle sue porte et una spinetta, [] un scrittorio di

    Alemagna con un organo dentro con una investa[coperta] di velluto verde con due maniche di

    argento indorati(DISTEFANO

    2007a, p. 44). Pocopi tardi, nel 1665, il principe Giovanni Valdinacustodiva nel suo palazzo di Palermo un cimbaloplano foderato dAlacchi [lacche] rossi con passa-mano dargento, una chitarra di legno [], unachitarra di ebano, un cimbalo grande Romanocomprato onze 40 foderato di coiro [cuoio] ros-so con fascetti adorati [dorati] dentro cassa, unaspinetta Veneziana [...], un concerto di Viole tuttin. 6 [sei viole da gamba] con suoi archi (ibidem).

    Gli esempi tratti dalle carte darchivio potrebberoessere numerosissimi, purtuttavia se ci limitiamoa una sommaria ricognizione del patrimonio stru-mentale tuttoggi presente nei palazzi notabili sici-liani, almeno in quelli accessibili, risulta evidenteche gli strumenti che si sono conservati comeabbiamo avuto gi modo di sottolineare sono

    milanese, anche quello del Teatro palermitanoaveva infatti lambizione di illustrare la storia della

    musica e in particolare del melodramma attraversolesposizione di cimeli, di opere darte, di abitidi scena, di bozzetti teatrali, di partiture e auto-grafi musicali, di documenti cartacei e di antichistrumenti musicali. Gli oggetti erano stati raccoltigrazie al contributo di privati e rintracciati pressoaltri musei cittadini. Dalle collezioni del MuseoNazionale e della Societ di Storia Patria erano peresempio rispettivamente giunti due degli strumentidi maggiore interesse della raccolta: il salterio sette-centesco di Giovanni Battista Di Paola (scheda 80)e il pianoforte di Johann Jakesch che la tradizione

    voleva fosse appartenuto alla regina Maria Carolinadi Napoli (scheda 87).19La storia del Museo dArte Teatrale dur pur-

    troppo meno di tre anni. Come annotava infatti,nel maggio del 1943, il direttore Giovanni Rutellila notte del 15 febbraio una barbara incursionenemica, gettando alcune bombe sulla piazza delTeatro Massimo, colpiva in pi punti il colossalemonumento del Basile e sconquassava il Museodarte teatrale.20I cimeli e dunque anche lapiccola raccolta di strumenti musicali (per la cuidescrizione rimandiamo alCensimento, curato da chi

    scrive, in coda a questo volume)

    furono fortuna-tamente messi in salvo e successivamente trasferitinei magazzini del Teatro dove sono sostanzialmenterimasti fino ai nostri giorni.

    Ad anni pi recenti risale l apertura di altridue musei espressamente dedicati agli strumentimusicali, il Museo Musica e Cultura dei Pelorita-ni, inaugurato nel 1996 presso il Villaggio Gesso,nei pressi di Messina, e il Museo degli StrumentiEtnico-Musicali di Chiaramonte Gulfi, in provinciadi Ragusa, che stato aperto al pubblico nel 2000.Entrambi i musei la cui sommaria descrizione

    anche in questo caso fornita nel Censimento

    sonodedicati agli strumenti folklorici (alla tradizionemusicale messinese il primo e principalmente alleculture extra-europee il secondo).

    Ancora pi recente il Museo delle Bande mu-sicali di Sicilia istituito a Ramacca, in provinciadi Catania, nel 2009 che espone una raccolta distrumenti a fiato, principalmente ottoni della finedel XIX e dellinizio del XX secolo.

    A queste piccole realt museali di taglio pret-tamente musicale si aggiungono una notevolequantit di musei darte, archeologici ed etno-an-tropologici che includono nelle proprie collezionianche strumenti musicali (di questi diamo notiziaancora una volta nel succitato Censimento). Si trattadi un patrimonio disseminato sostanzialmente intutte le province della regione, talvolta di notevole

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    Strumenti musicali nelle collezioni siciliane 23

    extraeuropei di Fausto Cannone ad Alcamo, inprovincia di Trapani).

    Sempre ad anni relativamente recenti risaleanche la costituzione della collezione di antichistrumenti musicali del flautista Dario Lo Cicerodi Palermo. La raccolta comprende una pregevoleselezione di strumenti a fiato dei secoli XVIII-XX,in particolare flauti traversi, tra cui spiccano pezzidi assoluto interesse quali, ad esempio, uno deipi antichi flauti in cristallo di Claude Laurent(scheda 40) e un raro flauto discendente al Sol diStephan Koch (scheda 41). La collezione includeanche alcuni antichi strumenti a tastiera, in parti-colare pianoforti di costruzione siciliana (si veda

    per esempio quello a tavolo descritto nella scheda85) e strumenti sperimentali e singolari (tra cuiun fantasioso salterio a tastiera proveniente dallacelebre collezione del citato barone Kraus di Fi-renze, scheda 83).

    Quasi interamente dedicata agli strumenti atastiera poi la collezione del cembalaro Ugo Ca-siglia a Cinisi, in provincia di Palermo. La raccoltainclude pianoforti di costruzione straniera (tra cuiuna piccola selezione di strumenti a coda, verticalie a tavolo della fabbrica Pleyel di Parigi) e italiana(per esempio della manifattura De Meglio di Na-poli, scheda 89). La collezione comprende ancheun raro organo a cilindro dellinizio del XIX se-colo realizzato a Napoli dal viennese Anton Beyer(scheda 97) e un harmoninodella fabbrica Debaindi Parigi (scheda 94).

    quasi sempre di costruzione successiva allinizio delXIX secolo. Come abbiamo infatti gi accennato,

    in modo pressoch analogo a quanto avviene ogginel settore dellelettronica e dellinformatica, glistrumenti musicali furono macchine sottoposte acontinue innovazioni (oltre che ovviamente sog-gette allinevitabile usura del tempo) e, come icomputer dei nostri giorni, furono spesso destinatia essere messi da parte nel giro di pochi anni peressere sostituiti con modelli tecnologicamente pisofisticati, pi efficienti in rapporto allevoluzionedei repertori musicali e persino esteticamente pialla moda.

    Generalmente, gli strumenti dinteresse storico

    che oggi ritroviamo negli antichi palazzi sono staticonservati per il loro fascino estetico e integrati tragli antichi arredi delle dimore in quanto, oltre aessere arnesi sonori, ormai spesso non pi effi-cienti, sono anche dei pregevoli mobili: rientranoin questa categoria in primo luogo gli strumentia tastiera (soprattutto i pianoforti) ma anche learpe e gli strumenti musicali meccanici di cui siconservano in Sicilia numerosi esemplari di fatturaottocentesca.

    Sono per esempio riconducibili alle tipologiestrumentali citate le piccole collezioni di Palazzo

    Mirto a Palermo che, oltre a pregevoli pianofortidel viennese Mathias Jakesch e della fabbrica pari-gina Pleyel, custodisce un raro organo a cilindronapoletano di Anton Beyer (DISTEFANO2011a) quella del Castello di Donnafugata nelle vicinanzedi Ragusa (dove si conservano pianoforti, tra cuiforse il pi antico strumento del viennese ConradGraf, e alcuni pianoforti a cilindro) e ancora lepiccole raccolte di strumenti antichi di PalazzoNicolaci a Noto (fig. 4), di Villa Whitaker a Pa-lermo, di Villa Piccolo a Capo dOrlando ma lalista che ancora ben lontana dallessere com-

    pleta

    potrebbe diventare assai pi lunga. Se ledimore appena citate sono state infatti acquisitedalla Pubblica Amministrazione o sono passatesotto la gestione di fondazioni private che ne ren-dono fruibili le collezioni, gran parte di questopatrimonio invece in possesso privato per cui uncensimento completo, se non impossibile, risultaassai arduo da portare a compimento.

    Collezioni privateAbbiamo gi visto come la Sicilia sia sostanzial-

    mente rimasta estranea al fenomeno del colle-zionismo strumentale fino ad anni assai recentiquando sono state costituite alcune collezioni diinteresse etno-organologico (oltre alle raccoltedi Gesso e di Chiaramonte Gulfi, di cui abbiamogi detto, va qui citata la collezione di strumenti

    4.La sala della musica del Palazzo Nicolaci a Noto (Si-racusa)

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    e lanno successivo stabil con lo stesso una societper la costruzione di strumenti da vendere tanto

    nella citt di Palermo quanto nelle fiere di questoRegno di Sicilia.23I tamburelli erano infatti spessovenduti in occasione delle fiere patronali cosicchcome ricordava ancora allinizio del NovecentoGaetano La Corte Cailler qualche mese primadelle feste [] un fervente lavorio di tamburinaiprovvedeva a rifornire in abbondanza il popolofestante(LACORTECAILLER1926, p. 117). A Paler-mo, tra Cinque e Seicento, la festa pi solenne eraquella in memoria della traslazione del corpo disanta Cristina, almeno fino al 1625 quando santaRosalia fu eletta patrona della citt. La fiera orga-

    nizzata in quella occasione, che si teneva nel mesedi maggio per quindici giorni consecutivi, era la piambita dagli artigiani della capitale che gi moltimesi prima iniziavano a preparare le proprie mer-canzie che sarebbero poi state esposte in botteghedi legno costruite per loccasione sul piano dellacattedrale (GENZARDI1891, p. 327). Fiere patronalierano comunque organizzate in tutti i principalicentri dellIsola.

    I tamburelli realizzati dagli artigiani palermitanierano generalmente costruiti in tre misure (grandi,mezzani e piccoli). Per gli strumenti grandi, nei

    documenti cinque-seicenteschi si incontra spessoil riferimento a tamburelli cosiddetti di garbuli dilarcara, con diametro maggiore rispetto a quelliordinari. Presumibilmente, si trattava di granditamburi a cornice garbula infatti il terminesiciliano anticamente impiegato per indicare lecornici di setacci e tamburelli (MORTILLARO1862, p.418) caratteristici del paese messinese di AlcaraLi Fusi (fino al XVIII secolo detto appuntoLarcara,LArcarao LAlcara). Allorigine non palermitana diquesta tipologia di tamburi a cornice si dovrebberoanche riferire le espressioni tamburelli magni ut

    dicitur fora di la porta e tamburelli di fora dilu posto, ossia tamburelli grandi provenienti dafuori citt, che si incontrano in taluni documentipalermitani dellepoca.24Questi riferimenti archivi-stici sembrano essere le pi antiche attestazioni suquesta tipologia di tamburello di grande formatoil cui uso stato attestato ad Alcara Li Fusi fino adanni recenti.25

    Tutti i tamburelli potevano essere dotati dipiattini metallici (che negli strumenti pi pre-giati avevano forma circolare) e molto spessopresentavano pelli decorate, generalmente configure antropomorfe, realizzate da pittori chelavoravano al servizio dei tamburinai. Nel 1597Laura e Mariano Zoida, madre e figlio, vendetteroad esempio a tale Matteo de Vincentio cinquecen-to tamburelli tra grandi, medi e piccoli con

    Sempre in provincia di Palermo, questa volta aGangi, si trova la collezione del saxofonista Luciano

    Inguaggiato che comprende circa sessanta saxofonicostruiti tra il 1866 e la seconda met del XX secolo.

    2. Tipologie strumentaliNelle prossime pagine forniremo un approfon-

    dimento sulle principali tipologie di strumentimusicali, soprattutto di ambito culto, documen-tate in Sicilia tra il XVI e il XX secolo e in buonaparte dei casi descritte nel presente catalogo (allecui schede faremo dunque spesso riferimentonel corso della trattazione). Per comodit, lor-ganizzazione dei sottoparagrafi segue allincirca

    lo stesso criterio con cui sono state ordinate lesezioni del catalogo, basate seppur non semprerigorosamente sul sistema di classificazioneHornbostel-Sachs (1914).

    Strumenti a percussione idiofoni e membranofoniLa produzione di percussioni in Sicilia fu so-

    stanzialmente limitata agli strumenti di ambitopopolare e semi-culto. Tamburi, tamburinispessoimpiegati assieme alle trombe per scandire il ritmodelle cerimonie ufficiali, di processioni e corteietamburi monopelle a cornice (i tamburelli detti in

    siciliano tammureddi) furono ampiamente diffusinellIsola nel Medioevo anche se le prime testi-monianze archivistiche sulla costruzione di questistrumenti risalgono soltanto al Cinquecento. apartire da quel secolo che disponiamo infatti di unnumero notevole di testimonianze documentarie.Questi documenti che pubblichiamo qui per laprima volta e sui quali desideriamo soffermarci comprovano appunto la straordinaria produzionee diffusione in Sicilia di tamburelli, percussionisuonate in contesti di festa, per accompagnaremomenti di danza e per sostenere ritmicamente

    il suono di altri strumenti.Nel Rinascimento, la diffusione dei tamburi acornice documentata un po ovunque in Sicilia.Una delle testimonianze archivistiche pi anticherisale al 1542 quando il prete alcamese BernardoGulino entr in societ con il pittore Filippo Giuf-fr per realizzare tamburelli et tampanelli le cuipelli dovevano essere decorate cum immaginecrucifixi et altri immagini (CATALDO1997, p. 63).

    A Palermo, nella seconda met del secolo, fuattiva la bottega del tamburinaio Giuliano Baruniche nel 1589 stabil un accordo con il mastro CesareCascia per la costruzione delle cornici dei tambu-relli e per lacquisto di pelli di agnello e di caprettoutilizzate per la costruzione delle membrane.21Nel1596 Baruni incaric il genero Bernardino Rizzodi planare rotas viginti quatuor di tamburelli22

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    Nel 1597 Aleonora Baruni vendette ai liutaipalermitani Gaspare De Yraci e Pasquale Cangemi

    ben duecento tamburelli grandi e mille tamburellipi piccoli, alcuni dei quali presentavano pellidipinte (coloritos) e piattini dottone (cim-bi octunj) montati nella cornice. La Baruni siobblig a consegnare gli strumenti entro il mesedi maggio, in vista della Fiera di Santa Cristina,e si impegn a incimbare viginti tamburelolosmagnos de cimbis tundis.30Lanno successivola tamburinaia vendette nuovamente al De Yracicirca ottocento tamburelli.31

    Come era prassi comune a quel tempo, la Barunistabil spesso accordi per iscritto con figli e con-

    giunti cos da regolamentare lattivit dellaziendafamiliare. Nel 1599, per esempio, Aleonora insie-me alla figlia Agata, stipul un atto notarile permezzo del quale si impegn a vendere al figlioFrancesco e al genero Bernardino tamburelli alprezzo di 1 tar e 6 grani per ogni singolo pezzo.Latto stabil inoltre che, per quallanno, le duetamburinaie non avrebbero inviato i propri stru-menti alle fiere di Monreale e di Carini, eviden-temente per non guastare la piazza ai due soci.32Nel 1601 Aleonora e Bernardino si impegnarononuovamente con De Yraci per la costruzione di

    mille e quattrocento tamburelli che, secondoquanto precisato nel documento, dovevano esseresuddivisi in quattro cento tamburelli grandi etmizani (centotrenta dei quali dotati di piattinitondi e in parte di garbuli di larcara) e milletamburelli piccoli tra i quali dovevano esservianche quattrocento tamburini (probabilmentetamburi-giocattolo).33Pochi giorni dopo, i duetamburinai vendettero al gi citato Matteo de

    Vincentio parente del marito di Salvatora Baru-ni, figlia minore di Aleonora altri quattrocentotamburelli grandi di garbuli di larcara di cui due-

    cento cum li cimbi tundi, mille e cinquecentotamburelli piccoli e trecento tamburini pinti.34Gli strumenti in questo caso furono decorati dalpittore Andrea Catalano che si era appunto im-pegnato con la Baruni a dipingere tutta quellaquantit di tamburelli che avrebbe richiesto alprezzo di 26 tar ogni cento tamburellos ma-gnos e 13 tar per ogni singolo centenario ditamburelli piccoli.35Lanno successivo la Baruni

    vendette a De Vincentio mille tamburelli: duecen-to grandi di garbuli di larcara, di cui cento concimbis tundis, settecento tamburelli piccoli ecento tamburini pintj della pittura che ha solitofare et fa andrea pitturi della detta vendetrice.36Due mesi dopo, De Vincentio ordinava altri centotamburelli piccoli e venticinque grandi forniti dipiattini e con pelli dipinte.37

    piattini dottone e decorazioni sulle membrane(depictos cum eorum cimbis octunij). Laccor-

    do precisava che venticinque de li pi grandihabiano di esseri pinti con quattro figuri seu pupiet li soi cimbi tundi conformi che fa gaspano [Ga-spare] seu tagliati per qualsivoglia tamburello lialtri settanta cinque habiano esseri pinti cum trifiguri et li quattro cento picchiolanj habiano diessiri cum tri figuri per ognuno. Come si visto,i piattini dovevano dunque essere quelli di un taleGaspare (forse De Yraci) mentre le decorazioni,a quattro o tre figure, sarebbero state realizzatedal pittore Pietro Zoida, rispettivamente figlio efratello dei contraenti, o in alternativa da un tale

    Vincenzo Messana.26

    Zoida fu un decoratore di tamburelli molto atti-vo in quegli anni a Palermo. Nel 1596 si impegncon il tamburinaio Bernardino Rizzo a dipingerenovecento tamburelli, settecento piccoli e duecentograndi, che questi aveva venduto a tale Mariano Fa-chidihomo.27Inoltre, dal 1597, con laiuto della mo-glie Pietrutia Ingales, Zoida lavor frequentementeal servizio della tamburinaia Aleonora Marraffa,

    vedova del gi citato costruttore Giuliano Baruni,che operava a Palermo nella zona del Ponticellodove la presenza di costruttori di tamburelli e di

    setacci documentata fino alla seconda met delXX secolo.28A tal riguardo opportuno precisareche, in tutta la Sicilia, i tamburinai furono appun-to soliti costruire anche setacci (in siciliano crivi)costituiti da una cornice di legno analoga a quelladei tamburelli su cui, al posto della membrana dipelle, era montata una retina.

    Tra Cinque e Seicento, la bottega diretta daAleonora Baruni che lavor soprattutto con ifigli Francesco, Agata e Sigismonda e con il maritodi questultima, il gi citato Bernardino Rizzofupresumibilmente una delle pi fiorenti a Palermo.

    Lo dimostrano gli inediti documenti darchivio danoi rintracciati che, tra il 1597 e il 1611, registranouna produzione di strumenti davvero sorpren-dente (oltre dodici mila quelli di cui si d notiziaqui ma ovviamente questo numero non pu cheessere parziale). Tali fonti rivelano peraltro il di-retto coinvolgimento delle succitate donne nellacostruzione dei tamburelli, fenomeno che potreb-be essere messo in relazione con la destinazionefemminile di questi strumenti: dai tempi dellaMagna Grecia e fino al Novecento inoltrato, inSicilia la pratica musicale del tamburello fu infattitradizionalmente affidata alle donne. I documentiqui citati sembrerebbero dunque evidenziare unsingolare caso di artigianato strumentale praticatoda donne e destinato a un pubblico di esecutoriin larga misura femminile.29

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    millesettecentocinquanta tamburelli piccoli bonoscoloritos cum eorum cimbij furono prodotti

    dalla Baruni nel 1608 (e nuovamente inviati nellemedesime quantit alle fiere di Trapani, Terminie Alcamo). Il prezzo concordato fu di 4 onze e 10tar ogni cento tamburelli grandi e di 2 onze e 5 tarper ogni singulo centenario di quelli piccoli.46Nel 1611 la Baroni vendette duecento tamburelligrandi e settecento tamburini anche al nipote Vin-cenzo Marraffa, figlio del citato Nicola.47

    La bottega dei Baruni non era lunica nella zonadel Ponticello. Nel 1599, per esempio, due tamburi-nai di nome Francesco e Angelo de Grimaldo, padree figlio, si impegnarono con il gi citato Matteo

    De Vincentio per la costruzione di quattrocentotamburelli grandi ut dicitur di quattro apostae anco quello di fori non sia manco di diamitrodi palmj dieci simplici et che a vinti dui di dettitamburelli ci habbino di essere li cimbi tundi eduecento tamburelli ut dicitur di minuzanj etanche lo pi piccolo non sia manco di uno palmosimplici di diamitro tutti dipinti manu petri zoida

    vel vincentij de messana.48Negli stessi anni furonoattivi al Ponticello anche i tamburinai Antonino eFrancesco Lavocato che, nel 1604, vendettero al

    violaro De Yraci tamburellos mille bonos depin-

    tos di cui duecento grandi e i restanti ottocentopichiulini.49A questa mole straordinaria di documenti dar-

    chivio che consente dunque di intuire quantoampia dovesse essere nei secoli passati la diffusionein Sicilia di tamburi a cornice non corrispon-de un altrettanto ricco patrimonio di strumentisuperstiti. Delle decine di migliaia di strumentiche furono infatti prodotti in Sicilia tra Cinque eSeicento, nemmeno un tamburello di quellepo-ca si conserva infatti nelle collezioni siciliane.Lunica, seppur parziale, testimonianza di questa

    tradizione artigianale uninedita membrana sei-centesca decorata che, dopo essere stata rimossadalla cornice lignea, allinizio del Settecento fuutilizzata per la legatura in pelle di un volume no-tarile oggi conservato presso lArchivio di Stato diSciacca (fig. 5).50La decorazione, purtroppo assaidanneggiata, raffigura come osserva RacheleFichera due dame che danzano una giga, conun cavaliere tra loro, davanti a una tenda decorataa grandi fiori che segue il tondo e lascia intravedereun giardino. Le ampie gonne blu sono decorate a

    volute, tocchi in arancio e lumeggiature in biacca,come nei ricami a motivi naturalistici stilizzati emulticolori tipici del Seicento siciliano. Il cavaliere,piccolo come un ragazzo o forse un personaggiodi rango inferiore, porta il pantalone al ginocchioe il giustacuore attillato con una bottoniera fitta,

    I rapporti commerciali con De Vincentio pro-seguirono anche lanno successivo visto che, nel

    1603, questi risulta avere commissionato alla Baru-ni altri quattrocento tamburelli: cento grandi, dicui cinquanta con piattini tondi e cinquanta conpiattini tondi singoli (cum una cimba tunda),e trecento tamburelli piccoli di midi palmi etdi midi digiti tutti bene dipictos.38Nel 1604la Baruni stabil una societ per la costruzione ditamburelli e setacci con le figlie Agata e Sigismonda,questultima ormai vedova di Bernardino e sposatain seconde nozze con un tale Cucinella.39Le tredonne, in societ con il pittore Catalano, ricevetterouna nuova grossa commessa dal violaro De Yraci

    che ordin ben duemila e seicento strumenti: tre-cento tamburelli tra grandi e medi, quattrocentotamburini in li quali ci aviano di essiri tamborinicento di garbuli di larcara e altri mille e seicentotamburelli piccoli. De Yraci precisava che i tam-burelli dovessero essere di larghezza di la misurache tienino li detti contraenti scripta di mia manoet li tamburelli grandi ci haviano di essiri cento etdieci tamburelli di garbuli di larcara cum li cimbitundi.40Successivamente, il De Yrachi stabil unasociet con tale Aglante Rocchetta per la venditadei tamburi acquistati.41

    Possiamo immaginare che, per la costruzione del-le cornici di legno dei tamburi, le donne dovesseroavvalersi del lavoro di collaboratori. Gi nel 1598la Baruni aveva incaricato il genero Bernardinodi planare totam illam quantitatem garbularumnecessaria nel corso dellanno.42Morto Bernardino,nel 1604 la tamburinaia stabil una societ con ilnipote Pietro Mazzotta, fabbricante di setacci (cri-barius), che fu forse ingaggiato proprio con questamansione.43Pietro e un altro congiunto di nomeDemetrio Mazzotta furono anche i fornitori dellepelli dagnello usate dai Baruni che dunque per la

    costruzione degli strumenti si avvalsero di un veroe proprio indotto familiare.44Negli anni successivi gli affari della tamburinaia

    non sembrano avere subito battute darresto. Nel1607 la Baruni si impegn a costruire altri duemilastrumenti, questa volta su richiesta del fratello Ni-cola Marraffa che gi, almeno dagli anni Ottantadel Cinquecento, era stato in affari con il suo de-funto marito Giuliano. Gli strumenti commissio-nati in questa occasione furono centocinquantatamburi-giocattolo, duecento tamburelli grandie millecentocinquanta tamburelli medi destinatialle fiere di altre citt siciliane. Mille tamburellifurono dunque inviati a Trapani, cinquecento aTermini e altrettanti ad Alcamo.45Altri duemilastrumenti destinati alle stesse citt cio centotamburini, centocinquanta tamburelli grandi e

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    marchese Francesco Maria Emanuele Gaetani diVillabianca. Il nobile palermitano, nei suoiDiari,

    attribuisce infatti al reggimento svizzero

    giunto aPalermo intorno al 1734 sotto il regno di Carlo IIIdi Borbone lintroduzione in Sicilia, intorno aglianni Sessanta del secolo, di tre strumenti novelli ditamburo e piattini di metallo che furono utilizzatiper la musica turca tanto di moda soprattuttoin ambito operistico tra la met del Settecento elinizio dellOttocento. Questi strumenti ed altrichiamati triangolo, timpani ecc., che hanno portatoli Svizzeri furono ascoltati a Palermo per la prima

    volta in occasione di un concerto che la banda delreggimento, diretta dal maresciallo Claudio Flori-

    mondo de Jauk, tenne nel 1768 presso il palazzo deiprincipi di Resuttano (DISTEFANO2008b, p. 417).Anche nel corso del secolo successivo, gli spora-

    dici riferimenti alle percussioni usate in contestimusicali di ambito culto confermano lintroduzio-ne in Sicilia di strumenti dallItalia continentalee dallestero.

    Nella seconda met del secolo a Palermo la piassortita raccolta di percussioni orchestrali fu quellain dotazione della Banda Municipale (su cui tor-neremo nel prossimo paragrafo) tanto che, finoallinizio del Novecento, alcuni di questi strumenti

    furono sovente chiesti in prestito dal Conservatorioe dai teatri cittadini. Linventario degli strumentidel Corpo di Musica Municipale, redatto nel 1885,comprendeva: una catuba di rame a cilindro, unacatuba di legno a corda, cinque mazze per tamburo,sei tamburelli, un sistro con diciannove lastrine diferro, otto paia di castagnette, un paio di piatti,sessantasette sognagli attaccati a cuoio, una frustadi legno a due battenti, una macchina per imitare lapioggia o il moto della locomotiva, cinque lastronidi ferro per limitazione del tuono, quattro cam-pane di diverse dimensioni, due tamburi di rame

    a cilindro, un triangolo. A questi strumenti neglianni successivi se ne aggiunsero di nuovi tra cui, nel1893, un tam-tam che fu lunico in citt a quel tem-po disponibile e che fu anche utilizzato dal TeatroMassimo in occasione dellesecuzione di opere diGiacomo Puccini.52Ma ovviamente anche di questistrumenti ottocenteschi non rimasta traccia.

    Aerofoni: legni e ottoniA differenza di quanto avvenne nel settore orga-

    nario, cembalario e liutario di cui parleremo neiprossimi paragrafie se si esclude la pur importanteproduzione di strumenti documentata in ambitoarcheologico e popolare (argomenti trattati da An-gela Bellia e da Sergio Bonanzinga in questo stesso

    volume), lattivit dei costruttori siciliani di legni eottoni non fu neanche lontanamente paragonabile

    tipicamente seicenteschi. I visi, le mani e i piedi a

    tratti di pennello e i pochi colori, vicini agli originaliper la permanenza al riparo dalla luce, indicanouna fattura gi seriale ma ricca di dettagli.51I sog-getti femminili raffigurati, seppur qui pi raffinati,ricordano le figure di donne stilizzate presenti sudue tamburelli ottocenteschi custoditi presso ilMuseo Etnografico Siciliano Giuseppe Pitr diPalermo (schede 21-22). Le decorazioni popolaricon soggetti di donna che ribadiscono peraltrola destinazione femminile di questi strumentifu-rono tanto diffuse sulle membrane dei tamburellisiciliani da avere ispirato lespressione dialettale

    pupa di tammureddu(letteralmente bambola ditamburello) che i dizionari ottocenteschi rivelanoappunto essere stata comunemente utilizzata perindicare una figura a donna imbellettata o a dipin-tura malamente fatta (MORTILLARO1844, p. 160).

    Per quanto riguarda la costruzione in Siciliadi idiofoni di tradizione popolare e semi-cultatriangoli, sonagli, castagnette, campane (per i qualirimandiamo alle schede 1-16) se si eccettua laproduzione campanaria destinata alle chiese, lefonti archivistiche non sembrano fornire infor-mazioni neanche lontanamente paragonabili aquelle citate nelle pagine precedenti a propositodei tamburinai.

    Sulla diffusione nellIsola di idiofoni e mem-branofoni in ambito culto, un dato interessan-te invece fornito alla fine del XVIII secolo dal

    5.Frammento di membrana di tamburello, Sicilia XVII secolo (Ar-chivio di Stato di Agrigento - sezione di Sciacca: spezzone n. 111)

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    il concerto dei pifari costituito appunto da duesuonatori di piffero, un cornettista e un trombo-

    nista

    che fu istituito nel 1628 a Caltagirone, inprovincia di Catania, per accompagnare il Senatocittadino nei cortei processionali, in occasione dellecerimonie pubbliche e per effettuare esecuzionimusicali per le strade e nella piazza principale delpaese durante le festivit (BUONOcds).

    Larghissima parte degli strumenti a fiato in usoin Sicilia, eccetto quelli di tradizione prettamen-te popolare, furono generalmente importati dalcontinente: forse dalla Germania, da Veneziae soprattutto come abbiamo visto nel caso dei

    piffaridi Trapani da Napoli. Ovviamente non

    possiamo escludere che vi siano stati anche in Siciliacostruttori e riparatori di strumenti a fiato ma, finoai primi decenni dellOttocento, non disponiamodi informazioni documentarie al riguardo.

    Il primo dato disponibile risale soltanto al 1833quando un anonimo annotatore rifer di aver vi-sto a Ragusa due trombe di canna fatte da unSac[erdote] Eccellente nelle arti meccaniche chia-mato D[on] Antonino Ventura, le quali sonavanonelle orchestre con pi melodia di quelle di bronzoed ammirate furono acquistate da un signore dellacapitale.55Quella del Ventura sembra comunque

    essere stata pi la sperimentazione di un religiosoappassionato di arti meccaniche che il prodottodi un costruttore professionista.

    Botteghe effettivamente specializzate nella costru-zione e riparazione di strumenti a fiato furono invecepresenti in quegli stessi anni a Messina dove Antonioe Natale Falconieri e Natale Bonaviri si dedicarono aquesto settore dellartigianato strumentale prestan-do la propria opera anche al di l dello stretto, peresempio presso la Scuola di Musica dellOrfanotrofiodi Reggio Calabria (PITARRESI1988, pp. 93-94; MEUCCI1998a, p. 119 e CHIRICO2006, pp. 52-53).

    Sempre negli anni Trenta a Cefal, poco lontanoda Palermo, un tale Stefano Guercio apport dellemigliorie alla costruzione del clarinetto. Linven-zione comunicata in un articolo del 1837 apparsosul periodico Effemeridi scientifiche e letterarieper la Sicilia:

    In Cefal Stefano Guercio, inteso a riconoscere collespinte del suo ingegno le imperfezioni del Clarino,seppe costruirne uno con aggiunte e miglioramentidegni di grandissima lode. Onde venuto in Palermo fuil suo strumento esaminato dai signori Domenico Balloprofessore di clarino, e Giuseppe Lumia Maestro di

    Cappella, i quali conosciuta lestenzione [sic] de suoni,che per quello si ottengono, e lintonazione di ognuno,giudicarono che il Clarino del Guercio sorpassa quelloordinario in estenzione per una ottava e due tuoni, cioda s basso a s acuto, cosicch riesce con tali aggiunte pi

    a quella degli artigiani attivi in altre aree della Pe-nisola (per esempio a Napoli, Milano, Venezia e in

    molte altre citt dellItalia settentrionale).53

    Ovviamente, la diffusione di strumenti a fiato ampiamente attestata nellIsola sin da epocheremote (si vedano per esempio gli auloialle schede24 e 25 e il flauto globulare alla scheda 26, prove-nienti da scavi archeologici siciliani). Abbondantisono anche le raffigurazioni det medievalecherappresentano soprattutto trombe dritte, flauti,doppi flauti e zampogne e depoca rinascimen-tale quando, come nel resto della Penisola, fu assaidiffuso il piffero. Questo aerofono ad ancia doppiadalla forma allungata terminante con un padiglio-

    ne svasato

    che in Italia fu successivamente anchechiamato bombarda in Sicilia era comunementedettopffara, bbfarao bbfira(nella provincia diMessina tale strumento fu impiegato in ambitopopolare fino alla met del XX secolo, si veda lostrumento alla scheda 50).

    Troviamo testimonianza sulluso dei pifferi inun atto notarile del 1558 che sanciva laccordoprofessionale tra i suonatori ambulanti palermita-ni Vincenzo e Giuseppe Gallo, Cesare Deamico eGiuseppe DArpino. I quatt