Strategia marittima ed interessi nazionali: rinnovata ... · riguardo agli sbocchi sul mare, dal...

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CENTRO ALTI STUDI PER LA DIFESA CENTRO MILITARE DI STUDI STRATEGICI Gruppo di lavoro 68^sessione di Studio dell’Istituto Alti Studi per la Difesa Strategia marittima ed interessi nazionali: rinnovata presenza militare e penetrazione economica della Federazione Russa in (Codice AM-SMD-02)

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CENTRO ALTI STUDI

PER LA DIFESA

CENTRO MILITARE

DI STUDI STRATEGICI

Gruppo di lavoro 68^sessione di Studio

dell’Istituto Alti Studi per la Difesa

Strategia marittima ed interessi

nazionali: rinnovata presenza militare

e penetrazione economica della

Federazione Russa in

Mar Mediterraneo e nel Mar Nero

(Codice AM-SMD-02)

Il Centro Militare di Studi Strategici (Ce.Mi.S.S.), costituito nel 1987 e situato presso Palazzo

Salviati a Roma, è diretto da un Generale di Divisione (Direttore), o Ufficiale di grado equivalente,

ed è strutturato su due Dipartimenti (Monitoraggio Strategico - Ricerche) ed un Ufficio Relazioni

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Il Ce.Mi.S.S. svolge attività di studio e ricerca a carattere strategico-politico-militare, per le

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Le attività condotte dal Ce.Mi.S.S. sono dirette allo studio di fenomeni di natura politica,

economica, sociale, culturale, militare e dell'effetto dell'introduzione di nuove tecnologie, ovvero dei

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Per lo svolgimento delle attività di studio e ricerca, il Ce.Mi.S.S. impegna:

a) di personale militare e civile del Ministero della Difesa, in possesso di idonea esperienza e

qualifica professionale, all'uopo assegnato al Centro, anche mediante distacchi temporanei,

sulla base di quanto disposto annualmente dal Capo di Stato Maggiore dalla Difesa, d'intesa

con il Segretario Generale della difesa/Direttore Nazionale degli Armamenti per l'impiego del

personale civile;

b) collaboratori non appartenenti all'amministrazione pubblica, (selezionati in conformità alle

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Per lo sviluppo della cultura e della conoscenza di temi di interesse della Difesa, il Ce.Mi.S.S.

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emana le direttive in merito alle attività di ricerca strategica, stabilendo le lenee guida per l'attività

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trattati, il contenuto degli studi pubblicati riflette esclusivamente il pensiero dei singoli autori, e non

quello del Ministero della Difesa né delle eventuali Istituzioni militari e/o civili alle quali i Ricercatori

stessi appartengono.

CENTRO ALTI STUDI PER LA DIFESA

ISTITUTO ALTI STUDI PER LA DIFESA

68ª SESSIONE DI STUDIO

Anno Accademico 2016 - 2017

5ª Sezione

Strategia marittima ed interessi nazionali: rinnovata presenza

militare e penetrazione economica della Federazione Russa in

Mar Mediterraneo e nel Mar Nero

Codice AM-SMD-02

LAVORO DI GRUPPO

Gen. B. Oronzo GRECO - GUARDIA DI FINANZA (Vice Capo Corso)

C.A. Pietro COVINO - MARINA

Col. Pietro ADDIS - ESERCITO

Col. Stefano FRANCESCONI - ESERCITO

Col. Giuseppe MEGA - AERONAUTICA

Gen. B. Osama Mohamed Kamal Shahawy BESHR - EGITTO

Col. Yinsheng HE - CINA

Dott.ssa Benedetta Giovanna PELLEGRINO - MASTER

Ing. Claudio RANDO - AIAD LEONARDO FINMECCANICA - (DIV. SISTEMI SICUREZZA INFORMAZIONI)

Direttore Coadiutore:

Gen. D. Dario RANIERI - ESERCITO

II

INDICE

SOMMARIO III

ABSTRACT VII

INTRODUZIONE 1

Retrospettiva storica 1

Capitolo I - PRESENZA NAVALE RUSSA NEL MEDITERRANEO E NEL MAR NERO 3

1.1 - Una nuova dottrina marittima per la federazione russa 3

1.2 - L’importanza strategica del Mar Nero ai fini del controllo del Mediterraneo Orientale 5

1.3 - Evoluzione della presenza navale russa in mar Mediterraneo 14

1.4 - Dispositivo Navale russo permanente in mar Mediterraneo 16

1.5 - Presenza dei sommergibili nel Mar Mediterraneo. 18

- MAROCCO 20

- ALGERIA 20

- EGITTO 20

Capitolo II - RELAZIONI GEOPOLITICHE REGIONALI (Turchia e Nord-Africa) 23

2.1 - Relazioni tra Russia e Turchia 23

2.2 - I rapporti della Russia con i paesi del Nord Africa e loro influenza nei rapporti di forza

regionale. 28

Capitolo III - RELAZIONI GEOPOLITICHE CON GLI STATI E LE ORGANIZZAZIONI

OCCIDENTALI (UE/NATO) 31

3.1 - Relazioni Russia – UE 31

3.2 - Relazioni Russia – NATO 34

3.3 - Relazioni Russia – Italia 36

Capitolo IV - LA LEADERSHIP ENERGETICA DELLA RUSSIA 39

4.1 - Le vie del gas russo verso l’Europa 39

4.2 - L’energia come strumento di equilibrio nel Mediterraneo 42

4.3 - Implicazioni energetiche per l’Italia e l’Unione Europea. 43

CONCLUSIONI 47

Bibliografia 50

Sitografia 51

Curricula 54

III

SOMMARIO

La Federazione Russa ha, da sempre, fatto grande uso dello strumento navale a tutela dei

propri interessi nazionali –segnatamente politici, economici e militari-, in aree ritenute di interesse

strategico, anche se geograficamente distanti dai confini nazionali.

Il bacino del Mediterraneo, in tale contesto, è ritenuto di primario interesse da Mosca, che ricerca

sia accesso alle risorse energetiche che partnership forti con i Paesi che insistono nell’area.

Per tali ragioni dal 2013 Mosca ha rilanciato le proprie ambizioni ad imporsi come punto di

riferimento nella porzione orientale del Mediterraneo, istituendo un Dispositivo Navale permanente,

in costante elevato assetto di prontezza operativa e come valido strumento per ampliare il campo

delle possibili opzioni politiche e militari: dispositivo, questo, supportato da un asse logistico di

unità ausiliarie che svolgono compiti di trasporto tra Sebastopoli e Tartus (la c.d. Operazione Syria

Express). Dagli ultimi mesi dello scorso anno, per manifestare la volontà di supremazia marittima

nell’area la Russia ha inviato un Gruppo Navale di battaglia guidato dalla portaerei Kuznestov,

dimostrazione pratica della “coercitive diplomacy”, che costringe forzosamente le Nazioni a

includere valutazioni sulla presenza e/o reazione nell’ambito delle scelte strategiche

dell’Occidente.

Nel bacino del Mediterraneo la Federazione russa ha, oltre che a preminenti interessi

energetici, tra cui lo sfruttamento dei giacimenti di gas e rilevanti investimenti nelle pertinenti

infrastrutture, partner economici e militari di prim’ordine, quali Algeria, Egitto e Siria. Questi Paesi

sono peraltro acquirenti di armamenti russi, enorme fonte di provento per la Difesa nell’ultimo

quinquennio, anche grazie alla poderosa efficacia offerta proprio dal teatro siriano.

Da queste considerazioni preliminari muove il presente lavoro che viene strutturato nel

seguente modo:

dopo una breve introduzione storica sull’evoluzione della politica estera, avuto specifico

riguardo agli sbocchi sul mare, dal XVII secolo della Russia dei Romanov sino alla guerra

fredda tra blocchi contrapposti della fine del XX secolo, nel 1^ Capitolo viene esaminata la

presenza navale russa nel Mediterraneo e nel Mar Nero, partendo dalla Nuova Dottrina

marittima adottata dalla Federazione Russa il 26 luglio 2015 nell’ambito di una revisione del

posizionamento strategico del Paese conseguente al mutare delle condizioni interne ed

internazionali. Infatti il rilancio strategico della dimensione marittima può essere interpretato

come risposta al percepito accerchiamento e rafforzamento della Nato, sia in termini navali che

terrestri.

Sempre nel 1^ capitolo viene quindi messa in luce l’importanza strategica del Mar Nero ai fini

del controllo del Mediterraneo Orientale, risultando questo il mare cruciale per lo sviluppo dei

commerci mondiali, ed in particolare per il commercio di risorse energetiche di Russia, Iran,

Arabia Saudita, Repubbliche caucasiche, Egitto, Israele.

IV

Ma l’importanza strategica del “Mare Nostrum” non è solo correlata ai rapporti economici ma è

anche – e soprattutto- legata a questioni riguardanti la sicurezza e la stabilità regionale: di qui il

massiccio dispiegamento della flotta russa nel Mediterraneo per riaffermare, come sopra

cennato, la sua influenza nell’area, soprattutto nel Medio Oriente.

Tale processo passa attraverso la ricostituzione della flotta russa, il riavvicinamento a diversi

Stati della regione (in primis, Algeria, Egitto, Cipro e Iran), l’annessione della Crimea e del porto

di Sebastopoli, l’istituzione del Syrian Express che alimenta le operazioni in Medio oriente ed il

ricondizionamento della base permanente di Tartus.

Nel prosieguo del capitolo, ci si sofferma anche sull’evoluzione della presenza navale russa in

Mediterraneo, dal Comando navale congiunto russo-ucraino stabilito nel 1992 sino alla

scissione della flotta del Mar Nero in due marine distinte ed indipendenti: una russa ed una

ucraina.

Si passa quindi a descrivere l’articolazione del dispositivo navale russo permanente nel

Mediterraneo, oggi denominata “Operazione Syrian Express”, poiché legata alle operazioni

militari in Siria.

Ed infine viene effettuata una disamina comparata della presenza dei sommergibili nel Mar

Mediterraneo, riferita alla Russia ed agli Stati rivieraschi nordafricani di Algeria, Egitto e

Marocco.

Nel 2^ capitolo si ricostruiscono le relazioni geopolitiche della Russia con la Turchia e con il

Nord-Africa

In particolare, nonostante l’adesione della Turchia alla Nato, i suoi rapporti con la Russia, pur

nella differente visione geostrategica e nell’assenza di una reale cooperazione strategica, i suoi

rapporti con la Russia sono connotati da importanti legami commerciali (soprattutto di natura

energetica), nonché vicinanza politica su specifici temi, tra cui il Mar Nero.

Infatti l’intento comune dei due Paesi è quello di palesare al mondo l’esistenza di una cornice di

sicurezza nel Mar Nero, prevenendo ed opponendosi entrambi alla penetrazione occidentale in

quello che considerano una sorta di lago turco-russo.

In questo quadro strategico, la Russia e Turchia hanno mantenuto i loro rapporti ondivaghi,

rivestendo ruoli in apparenza contrastanti, per poi invece perseguire obiettivi spesso coincidenti,

come nel caso dell’intervento in Siria.

Ma è proprio l’inclinazione turca verso l’Ovest a costituire per la Russia il link con l’Europa,

elemento fondamentale della sua strategia globale.

Con riferimento ai rapporti della Russia con i paesi rivieraschi del Nord Africa, Mosca ha

rafforzato la cooperazione, soprattutto nel campo energetico e militare, oltre che con la Siria

anche con l’Egitto, l’Algeria, la Libia e il Marocco.

V

Nel 3^ capitolo vengono esaminate le relazioni geopolitiche della Russia con l’Unione

Europea, la NATO e con l’Italia. In particolare l’Unione Europea risulta il principale partner

commerciale della Russia essendo anche il suo primo acquirente di energia; l’UE infatti dipende

dalle forniture energetiche della Russia, che è il più grande esportatore di gas al mondo. Il forte

legame dell’economia russa con il settore energetico rende centrale per Mosca l’importanza

strategica dei rapporti con i paesi consumatori di energia, tra cui appunto l’Unione Europea.

Ma la Russia è interessata anche a risaldare la cooperazione con l’Unione Europea in altri

settori sensibili quali la lotta al terrorismo, alla criminalità organizzata, al traffico di esseri umani

e di stupefacenti: ciò al fine di accrescere la costituzione di un sistema collettivo di sicurezza

comune, all’interno di una chiara cornice giuridica.

Con riferimento ai rapporti con la NATO, la Russia ha sempre visto l’Alleanza Atlantica come

una minaccia alla sua sicurezza nazionale. Una svolta nei rapporti tra i due attori si ebbe con il

vertice NATO di Lisbona del 2010, con cui si è avviata una nuova fase nelle relazioni

prevedendo una nuova cooperazione nel campo della sicurezza e della stabilità internazionale.

L’Italia, invece, ha sempre mantenuto buone relazioni con la Russia sin dal periodo sovietico,

risultando il secondo e più importante partner commerciale della Federazione Russa in Europa,

dopo la Germania. Le collaborazioni fra i due stati riguardano prioritariamente l’ambito

energetico e l’ambito industriale, mentre altre importanti relazioni sono state sviluppate per

agevolare le adozioni di minori, la lotta al traffico di droga e la cooperazione culturale.

Oggi in Russia sono stabilmente presenti circa 400 imprese italiane, di cui 70 con impianti

produttivi: in particolare i settori più rilevanti delle esportazioni riguardano macchinari,

arredamento e prodotti farmaceutici.

Il 4^ capitolo è incentrato sulla leadership energetica della Russia in Europa e nel

Mediterraneo. La Russia essendo una superpotenza energetica, con le più grandi riserve di gas

naturale nel mondo (e tra le più grandi riserve di petrolio), utilizza l’energia, in modo particolare

il gas, come “arma strategica” nei confronti dell’Europa, attraverso il suo “braccio armato”, la

società Gazprom.

La Federazione Russa rifornisce l’Europa attraverso i suoi pipeline, tra cui per primo il Nord

Stream che collega la Russia con la Germania attraverso il Mar Baltico. Il Blue Stream è invece

un pipeline che collega la Russia con la Turchia attraverso l’Ucraina e giace interamente nel

Mar Nero. Allo scopo di bypassare lo Stato ucraino nel collegamento con la Turchia è stata

approvata la costruzione di un ulteriore gasdotto, il Turkish Stream (sostitutivo del naufragato

progetto South Stream), che dopo aver raggiunto la Turchia si diramerà verso i paesi del sud e

sud-est Europa.

La dimensione energetica della Russia è, quindi, un elemento che può portare ad un “ordine”

nel Mediterraneo, nonostante la dipendenza energetica dell’Unione Europea abbia da sempre

costituito il suo tallone d’Achille. Infatti nell’ambito di un concetto di sicurezza energetica l’UE ha

VI

dovuto più volte affrontare la scelta tra diversi tracciati di gasdotti per l’afflusso di gas dalla

Russia, dal Caucaso, dal Medio Oriente e dall’Asia Centrale.

Tali scelte, spesso difficili, dei paesi europei dimostrano proprio la necessità del legame

indissolubile tra il tema economico-energetico e quello della sicurezza e difesa.

A conclusione del presente lavoro va sottolineata la rinnovata attenzione della Federazione

Russa verso la dimensione marittima della propria strategia, focalizzata in particolare sulla

regione del Mediterraneo e del Mar Nero, che si traduce in una maggior presenza navale di

natura permanente e militare. Il rafforzamento della flotta nel Bacino Mediterraneo è infatti

funzionale alla possibilità di condurre con maggior autorevolezza ed efficacia azioni di

intervento e supporto ad aree calde per la politica internazionale contemporanea.

Non va però sottaciuto che in termini generali la flotta russa si qualifica solo come una “green

water force”, in grado cioè di esercitare deterrenza via mare entro un raggio di azione tutto

sommato limitato come il Bacino Mediterraneo, anche se di interesse strategico essenziale.

Manca invece la capacità di operare in alto mare (“blue water capabilities”) lontano dalle coste

nazionali, il che ridimensiona notevolmente l’aspirazione al rango di grande potenza navale

globale.

VII

ABSTRACT

The Russian Federation has always made great use of the naval fleet to protect its national

interests - politically, economically and military field - in areas deemed to be strategic, even if

geographically distant from national borders.

The Mediterranean area, in this context, is considered to be of primary interest by Moscow,

which seeks access to energy resources and strong partnerships with the area’s countries.

For these reasons, since 2013, Moscow has relaunched its ambitions to set itself as a benchmark

in the eastern part of the Mediterranean by establishing a permanent Naval Device, in constant

high operational readiness and as a valid tool to broaden the range of possible political and military

options: this device, supported by a logistic axle of auxiliary units carrying out the transport tasks

between Sevastopol and Tartus (ie Operation Syria Express). From the end of last year, Russia

sent a Naval Battle Group, led by Kuznestov aircraft carrier, to show the will of maritime supremacy

in the area, a practical demonstration of "coercive diplomacy", which constrains the nations to

evaluate the presence and / or reaction within the strategic choices of the Western countries.

The Russian Federation, in addition to having its pre-eminent energy interests, including the

exploitation of gas deposits and significant investments in the relevant infrastructure, important

economic and military partners such as Algeria, Egypt and Syria. These countries are also clients

of Russian armament, which has been significant source of income.

From these preliminary considerations, this work is structured as follows:

After a brief historical introduction to the evolution of Russian foreign policy, with particular

regards towards a sea access, from the XVII century of Romanov until the Cold War of the late

20th century. In the first chapter, the naval presence Russian market in the Mediterranean and

Black Sea is examined beginnings with the New Maritime doctrine adopted by the Russian

Federation on July 26, 2015 as part of a review of the country's strategic position resulting from

the change of internal and international conditions. In fact, the strategic relaunch of the maritime

dimension can be interpreted as a response to the perceived encirclement and strengthening of

NATO, both in naval and terrestrial terms.

Furthermore in Chapter 1, the strategic importance of the Black Sea is highlighted for the

control of the Eastern Mediterranean, which is the crucial sea for the development of world trade

and, in particular, for the trading of energy resources of Russia, Iran , Saudi Arabia, Caucasian

Republics, Egypt, Israel.

The strategic importance of "Mare Nostrum" is not only related to economic relations but is also

- and above all - related to issues reguarding regional security and stability: hence the massive

deployment of the Russian fleet in the Mediterranean to reaffirm, as above Cited, its influence in

the area, especially in the Middle East.

VIII

Such process goes through the rebuilding of the Russian fleet, the rapprochement to several

states in the region (primarily, Algeria, Egypt, Cyprus and Iran), the annexation of the Crimea

and the Port of Sevastopol, the establishment of the Syrian Express supporting the Operations

in the Middle East and permanent enlargement of Tartus's base.

Continuing in this chapter, we also focus on the evolution of Russian naval presence in the

Mediterranean, the Russian-Ukrainian Joint Naval Command established in 1992 until the Black

Sea fleet was split into two separate and independent navies: a Russian and a Ukrainian.

It then carries out to describe the articulation of the permanent Russian naval device in the

Mediterranean, now called "Syrian Express Operation", since it is linked to military operations in

Syria.

Finally, a comparative study of the presence of submarines in the Mediterranean Sea is

reported, referring to Russia and the North African coasts of Algeria, Egypt and Morocco.

In Chapter 2, we reconstruct the geopolitical relations of Russia with Turkey and with North

Africa. In particular, despite the accession of Turkey to NATO, its relations with Russia, despite

its different geostrategic vision and lack of real strategic cooperation, its relations with Russia

are characterized by important trade links (above all by nature Energy), as well as political

proximity to specific themes, including the Black Sea.

In fact, the common purpose of the two countries is to show the world the existence of a security

framework in the Black Sea, preventing and opposing both Western penetration in what they

consider a sort of Turkish-Russian lake.

In this strategic framework, Russia and Turkey have kept their wakeful relations, playing roles in

conflicting appearances, while often pursuing common objectives, as in the case of intervention

in Syria. The Turkish inclination towards the West is for Russia the link with Europe, a

fundamental element of its global strategy.

With regards to Russia's relations with the North African coastal countries, Moscow has

strengthened cooperation, especially in the field of energy and military, as well as with Syria,

including Egypt, Algeria, Libya and Morocco.

Chapter 3 examines Russia's geopolitical relations with the European Union, NATO and Italy.

In particular, the European Union is Russia's leading commercial partner, also being its first

energy buyer; The EU is in fact dependent on Russia's energy supplies, which is the largest gas

exporter in the world. The strong link between the Russian economy and the energy sector

makes Moscow central to the strategic importance of relations with energy consumer countries,

including the European Union.

Russia is also interested in resuming cooperation with the European Union in other relevant

areas such as the fight against terrorism, organized crime, trafficking in human beings and

narcotics: in order to increase the establishment of a collective system of Common security,

within a clear legal framework.

IX

With reference to NATO relations, Russia has always censored the Atlantic Alliance as a threat

to its national security. A breakthrough in the relations between the two actors took place with

the NATO summit in Lisbon in 2010, with which a new phase of relations began with new

cooperation in the field of international security and stability.

Italy, on the other hand, has always maintained good relations with Russia since the Soviet era,

becoming the second and most important trade partner of the Russian Federation in Europe

after Germany. Collaborations between the two states primarily concern the energy sector and

industry, while other important relationships have been developed to facilitate adoption of

minors, fight drug trafficking and cultural cooperation. Today, approximately 400 Italian

companies are permanently present in Russia, of which 70 are manufacturing facilities: in

particular, the most important sectors of exports concern machinery, furniture and

pharmaceuticals.

Chapter 4 focuses on Russia's energy leadership in Europe and in the Mediterranean. Russia,

being an energy superpower, with the world's largest natural gas reserves (and among the

biggest oil reserves), uses energy, particularly gas, as a "strategic weapon" for Europe, through

its "armed arm", Gazprom.

The Russian Federation supplies Europe through its pipelines, including the Nord Stream,

which connects Russia with Germany through the Baltic Sea. The Blue Stream, on the other

hand, is a pipeline that connects Russia with Turkey through Ukraine and lies entirely in the

Black Sea. In order to bypass the Ukrainian state in connection with Turkey, it was approved the

construction of a further pipeline, the Turkish Stream (Replacement of the wrecked South

Stream project), which, after reaching Turkey, will move towards the countries of South and

Southeast Europe.

The energy dimension of Russia is therefore an element that can lead to an "order" in the

Mediterranean, despite the European Union's energy dependence has always been its heel of

Achilles. In fact, in the context of an energy security concept, it has often faced the choice

between several gas pipeline routes for the influx of gas from Russia, the Caucasus, the Middle

East and Central Asia.

These often difficult choices of European countries demonstrate the necessity of the

indissoluble link between the economic-energy and the security and defense issues.

At the end of the present work, the Russian Federation's renewed focus on the maritime

dimension of its strategy, focusing in particular on the Mediterranean and Black Sea regions,

should be underlined, resulting in a greater naval presence of a permanent and military nature.

The strengthening of the fleet in the Mediterranean area is, in fact, functional in the ability to

lead with more authoritative and effective support in hot areas for contemporary international

politics.

X

It should be said, however, that in general terms the Russian fleet qualifies only as a "green

water force" capable of exercising deterrence by sea within a limited range of action as the

Mediterranean area, even if it is of essential strategic interest, while capacity is limited to

operate in the deep sea ("blue water capabilities") far from the national coasts, which greatly

reduces the aspiration to the rank of great global naval power.

1

INTRODUZIONE

Retrospettiva storica

Nel corso dei secoli, la politica estera della Russia è stata fortemente incentrata sul

conseguimento dell’accesso al mare: verso settentrione le aspirazioni russe venivano indirizzate al

Mar Baltico e Mare del Nord, mentre a Sud si guardava al Mar Nero e agli Stretti del Bosforo e dei

Dardanelli.

La rivalità ora con l’Impero Ottomano, ora con la Svezia e con i loro rispettivi alleati, ha

determinato la prevalenza della prima o della seconda tendenza della politica estera nei diversi

periodi storici: di solito, poi, la scelta di privilegiare una delle due prospettive comportava

inevitabilmente mutamenti delle compagini dei Governi pro-tempore.

Nel XVII secolo, l’immensa Russia era, infatti, alla ricerca di sbocchi sul Mare: il Mar Baltico

era saldamente controllato dalla Svezia, il Mar Nero era dominio turco; gli unici sbocchi Russi

erano il Mar Bianco, gelato per la maggior parte dell’anno, ed il Mar Caspio, un mare chiuso.

Durante il regno di Sofia Romanov, reggente di Russia (1682-1689) e sorella di Pietro il

Grande, fu intrapreso un tentativo volto ad ottenere lo sbocco sul Mare di Azov, proseguito da suo

fratello che, con la seconda campagna d’Azov nel 1696, conquistò la fortezza d’Azov sottraendola

ai turchi e guadagnando l’accesso al Mare. Nello stesso anno Pietro I, approvando con decreto la

costituzione della Marina Russa, riusciva a trasformare la Russia in una potenza marittima.

Il regno di Pietro il Grande fu anche contrassegnato dalla Grande guerra del Nord contro la

Svezia per la conquista delle coste del Baltico, il cui esito finale nel 1721 vide la Svezia cedere

quasi tutti i suoi possedimenti nel Baltico a favore della Russia, che si affermava invece come

nuova grande potenza europea.

Il famoso e piuttosto utopistico “Progetto Greco” elaborato da Caterina II combinava assieme

la strategia politica e la missione religiosa ortodossa: esso prevedeva l’espulsione degli Ottomani

dall’Europa e dalla Grecia ed il rinnovamento dell’Impero Bizantino con la restaurazione di una

monarchia cristiana sotto il controllo russo. Caterina II perseguì la sconfitta dell’Impero Ottomano

con la quinta guerra russo turca (1768-1774) e sperò di ricreare una qualche parvenza dell’Impero

Ortodosso Bizantino, guidato da Costantino, suo nipote. Ciò anche con l’intento di assicurare alla

Marina russa l’accesso agli Stretti ed al contempo rinforzare la sua influenza sui Balcani, sul

Caucaso e sulle regioni Transcaucasiche.

La guerra russo-turca (1768-1774) oltre a risultare un conflitto decisivo per portare

definitivamente l’Ucraina meridionale, il Caucaso settentrionale e la Crimea sotto il dominio russo,

costituì anche un importante episodio del lungo processo di espansione dell’impero verso sud e

verso ovest nel corso dei secoli XVIII e XIX. Seppur una delle dodici guerre russo-turche, fu anche

la prima guerra in cui la marina russa svolse un ruolo fondamentale, come peraltro notato da tutte

le potenze occidentali.

2

I passi concreti successivamente intrapresi da Caterina II comportarono, nel 1783,

l’annessione completa della Crimea e la firma del decreto di formazione della Flotta del Mar Nero

con base principale a Sebastopoli, nonché l’ingresso della Georgia sotto il protettorato della

Russia.

Durante le guerre di Napoleone, lo zar Paolo I, figlio di Caterina II, non nascose le sue

ambizioni nel Mediterraneo, facendo anche un tentativo per far divenire l’isola di Malta una

provincia dell’Impero russo.

Alla vigilia della guerra di Crimea (1853-1856) la Russia stava producendo notevoli sforzi

diplomatici tesi a realizzare il suo antico desiderio di assicurare la libera navigazione attraverso gli

Stretti. Nel 1878 dopo la vittoriosa guerra con la Turchia, la Marina russa fece il suo ingresso negli

Stretti del Bosforo e dei Dardanelli e il Governo zarista alimentò le speranze di raggiungere

l’obiettivo di controllarli direttamente, allo scopo di ottenere in qualsiasi momento libero accesso al

Mediterraneo dal Mar Nero.

Nel corso della Grande Guerra i diplomatici russi disputarono sul futuro di Costantinopoli e

degli Stretti, mentre sino al 1917 la Russia mantenne la sua flotta permanente nel Mediterraneo.

Nel 1936 la Convenzione di Montreux sullo status degli Stretti e sulla regolamentazione della

navigazione e del passaggio fu firmata anche dall’Unione Sovietica: nell’occasione fu riconosciuta

la piena libertà di transito delle navi mercantili in tempo di pace e fu sancito il controllo degli Stretti

da parte della Turchia.

La Convenzione, in particolare, proibisce alle navi di Paesi non rivieraschi di rimanere nel

bacino per più di 21 giorni e consente alla Turchia di chiudere gli Stretti del Bosforo e dei

Dardanelli al passaggio di navi militari straniere solo in caso di guerra dichiarata.

All’indomani della II Guerra Mondiale, il desiderio di ottenere un maggior numero di basi nel

Mediterraneo, spinse Stalin a paventare la possibilità di riportare la Tripolitania, ultima colonia

italiana, all’interno dell’impero sovietico.

Durante la Guerra Fredda, la flotta sovietica del Mar Nero, dispiegata nel Mare Mediterraneo,

non era in grado di competere con la VI Flotta degli Stati Uniti. In ragione del peggioramento della

situazione in Medio Oriente, le Autorità sovietiche decisero di istituire e dislocare uno Squadrone

navale per le operazioni nel Mare Mediterraneo.

L’assenza però di basi navali sovietiche in quella regione complicò le azioni dello Squadrone,

che poteva solo utilizzare un numero limitato di posti di rifornimento. Queste basi erano allocate in

mare aperto in Siria, così come nella vicina Libia, Egitto ed altri Paesi limitrofi, mentre il Quartier

Generale del Comando fu dislocato al largo delle coste della Tunisia. Le navi delle Flotte del Mar

del Nord, del Mar Baltico e del Mar Nero arrivavano alternativamente e si posizionavano nella

regione del Mediterraneo secondo un programma prestabilito. I sistemi di difesa dell’aviazione

sovietica e lo squadrone dell’aviazione della Marina furono dislocati in Egitto tra gli ultimi anni ’60

ed i primi anni ’70.

3

Capitolo I - PRESENZA NAVALE RUSSA NEL MEDITERRANEO E NEL

MAR NERO

1.1 - Una nuova dottrina marittima per la federazione russa

Il giorno 26 luglio 2015, in concomitanza con la festa della Marina Russa, il Cremlino ha

adottato una nuova versione della dottrina Marittima, nell’ambito di un processo di revisione del

posizionamento strategico del Paese.

Al riguardo, alla luce delle dichiarazioni del Presidente russo Vladimir Putin, l’obiettivo

principale della revisionata dottrina marittima è quella di dotare il Paese di una politica navale

completa, coerente e concreta che protegga gli interessi della Russia

Peraltro, secondo il vice Primo Ministro della difesa, Dmitrij Ragozin, la nuova dottrina nasce

anche come reazione all’espansione ad Est della NATO e come risposta alla definizione delle

alleanze dei Paesi viciniori.

La precedente versione del 2001, invero, pareva soddisfacente nel proprio impianto di

massima e in continuità con gli altri documenti programmatici redatti dall’”apparato” moscovita; pur

tuttavia, il mutare delle condizioni interne ed internazionali ha richiesto un aggiornamento delle

linee strategiche.

Varie sono state, plausibilmente, le ragioni sottese a questo cambiamento: innanzitutto il

mutamento del contesto internazionale. Negli ultimi quindici anni la distribuzione di potere e le

gerarchie “internazionali” hanno subito considerevoli variazioni; se infatti al termine della “guerra

fredda” si riteneva scontato che il Giappone sarebbe stato fra i grandi del futuro prossimo, oggi

invece il Paese del Sol Levante svolge un ruolo ancora relativamente defilato, fortemente legato al

sistema di sicurezza statunitense continuamente appesantito da una congiuntura economica

altalenante, tra alti e bassi economici, che dagli anni Novanta in poi gli hanno, di fatto, precluso la

realizzazione delle previsioni ottimistiche degli analisti.

Tutt’altro che inaspettata è invece l’affermazione come “attore” principale e la scalata nella

gerarchia internazionale della Repubblica Popolare Cinese, la quale, dopo le grandi riforme di

Deng Xiaoping, ha continuato a manifestare negli anni Novanta la volontà di modernità, frutto del

connubio sinergico tra conservatorismo politico e dinamismo economico sovente aperto ad

un’economia di mercato.

Sin dalla metà degli anni Ottanta in particolare dal crollo del Muro di Berlino, gli Stati Uniti si

erano preoccupati per l’ascesa di Pechino come potenza mondiale, non ritenendo invece Mosca

quale credibile e temibile contendente sul proscenio internazionale.

Tuttavia la Russia aspira oggi, con rinnovato vigore, a riacquisire quel ruolo di Grande

Potenza non riconosciutole nell’ultimo ventennio, pur avendo la stessa continuato ad

(auto)attribuirsi velleitariamente tale ruolo, anche all’indomani della dissoluzione dell’Unione

Sovietica.

4

Accanto a ciò, tra i fattori del mutamento del contesto internazionale, vanno annoverati

anche la minore presa sul sistema internazionale da parte degli Stati Uniti, i quali

progressivamente hanno abdicato al ruolo egemone ed alla volontà politica di impiegare

efficacemente le proprie risorse negli scenari globali, e le titubanze dell’Unione Europea,

ostacolata dalle proprie contraddizioni interne e dal proprio miope approccio di tipo economico-

normativo.

Ordunque, sta prendendo piede un progressivo rimodellamento della forma del sistema

internazionale, virando nettamente in direzione di una multipolarizzazione la quale, spostando il

baricentro politico-strategico dalla sua “classica” sede – l’Occidente – lascia maggior spazio al

blocco Euroasiatico, costituito in primis da Russia e Cina.

Si affacciano, infatti, sulla scena una serie di nuovi attori con pretese legittime nel sistema

internazionale, connesse al proliferare di sfide non convenzionali per il sistema medesimo,

intricando enormemente il quadro strategico, se confrontato con quello vigente nel 2001, data della

precedente dottrina marittima della Federazione russa.

Ma dietro la riformulazione della suddetta dottrina v’è anche dell’altro: si tratta del relativo

miglioramento dello stato della Marina russa, sia civile sia, per quello che qui specificamente ci

occupa, militare.

Le ingenti risorse spese nel comparto della Difesa negli ultimi anni sembrano aver sortito

buoni effetti sull’operatività della flotta nel suo complesso, di certo risollevandola dalle sorti

disastrose a cui l’aveva segnata il crollo dell’Unione Sovietica, in una spirale di obsolescenza e

cattiva gestione che l’aveva sospinta dall’essere il fiore all’occhiello delle Forze armate sovietiche a

fanalino di coda e membro comatoso del settore di sicurezza.

Possiamo quindi affermare che non solo la Russia oggi può avere, a livello aggregato,

maggiori spazi di manovra per far sentire la propria voce nel contesto internazionale, ma anche a

livello settoriale, quantomeno in termini navali, è riuscita a dotarsi di uno strumento idoneo, in

chiave prospettica, alle proprie aspirazioni di ruolo egemone, a cominciare dall’area del

Mediterraneo.

In esito ai cambiamenti congiunturali sopra delineati, la rinnovata dottrina marittima si pone

tre principali obiettivi tra loro concatenati.

Il primo è quello di accrescere lo status della Russia come potenza navale mediante

l’acquisizione delle cosiddette “blu water capabilities”, cioè la capacità di operare in acque

profonde, lontano dalle coste nazionali. In buona sostanza, Mosca vuole poter proiettare il proprio

potere in acque oceaniche, al di là del raggio ristretto di controllo marittimo richiesto dalla semplice

difesa del mare territoriale o della propria Zona Economica Esclusiva. Tale potenzialità si

tradurrebbe in enormi vantaggi non solo per costruire una linea avanzata di difesa, ma anche per

sviluppare un efficace sistema di deterrenza sia convenzionale che non convenzionale (risultando i

5

sottomarini russi armati anche con testate nucleari), e pertanto aumentando le garanzie

strategiche della Russia.

Il secondo obiettivo deriva direttamente dal mutato contesto internazionale e degli effetti che

questo produce sulle elités politiche e militari russe: infatti il rilancio strategico della dimensione

marittima, soprattutto con riguardo alla dimensione militare, può essere letta come risposta al

percepito accerchiamento e rafforzamento della NATO, sia in termini navali che terrestri. Invero, le

maggiori minacce per Mosca parrebbero provenire principalmente dalla terra-ferma; si pensi ad

esempio all’istallazione dello scudo missilistico europeo (EPAA) in Romania nel giugno 2016, o al

dispiegamento di un rinforzato contingente in Est Europa, nelle Repubbliche Baltiche e in Polonia.

Il terzo obiettivo, infine, reso esplicito dall’attenzione per il comparto industriale, è quello di

mobilitare e dare nuova linfa allo Stato. Ancora una volta si presenta di tutta evidenza il legame tra

ambito interno e livello internazionale, che nel caso della Russia è particolarmente marcato. Nel

suo permeare aspetti civili e militari, misure sociali ed economiche, la dottrina marittima di Mosca

si caratterizza non solo come risposta a pressioni esterne, ma come occasione del potere Politico

di implementare nuove politiche di transizione e rilanciare il dinamismo interno del sistema Russia.

In termini generali, quindi, le linee guida strategico-politiche in ambito marittimo, pur nel

mutare delle contingenze internazionali e delle dinamiche interne, rimangono le medesime rispetto

a quelle già delineate nel 2001, riflettendo la necessità di portare a termine, ora in modo più

incisivo e credibile, quel difficile processo di transizione che procede a fasi alterne dal crollo

dell’Unione Sovietica non solo in termini economici ma anche politico-militari: azione indipendente,

protezione della sovranità e competizione strategica, si fondono ancora con cooperazione per la

tutela delle risorse e dell’ecosistema oceanici e rispetto delle norme internazionali, in una cornice

di percezione o velleità di grande potenza marittima.

In termini prettamente bellici, questo si traduce in quattro principali compiti per la Marina:

applicare deterrenza (anche tramite l’effettuazione di esercitazioni navali), identificare e prevenire

minacce militari, dislocare forze e potenziale ove necessario, assicurare e testimoniare le

potenzialità e lo status di grande potenza della Federazione Russa.

1.2 - L’importanza strategica del Mar Nero ai fini del controllo del Mediterraneo Orientale

Il Mediterraneo è il mare cruciale per lo sviluppo dei commerci mondiali, non solo per quelli

che riguardano l’estremo oriente e l’Europa, ma anche per la rete di commercio globale che vede

fra i principali protagonisti le compagnie di spedizioni marittime cinesi. Esse, infatti,

circumnavigano il globo trasportando oltre merci proprie anche beni prodotti da Stati Uniti, Canada,

ed Europa. Il Mediterraneo gioca inoltre un ruolo decisivo per il commercio delle risorse

energetiche di Russia, Iran, Arabia Saudita, Repubbliche Caucasiche e oggi di Egitto e Israele.

6

Sia l’impero zarista sia quello sovietico hanno avuto stretti legami con i Paesi arabi e africani

sostenendo fortemente negli anni ‘50 il loro iter di decolonizzazione, seguito poi da una forte

presenza ed ingerenza nella costruzione di infrastrutture terrestri e portuali. Ciò, con l’evidente

scopo di ottenere basi nel Mediterraneo, nel quadro militare del Patto di Varsavia e nel frangente

storico della Guerra Fredda. In tale contesto, il Documento sulla Dottrina navale russa presentato

nel luglio del 2015 evidenzia in modo inequivocabile il desiderio di una proiezione strategica del

Cremlino nell’instabile scenario del mediterraneo.

Tale documento evidenzia un cambiamento dovuto principalmente a due fattori: il

mutamento degli equilibri politico-militari nel Mar Nero1 e l’avvio di una politica assertiva da parte di

Putin.

Infatti, con l’annessione della Crimea nell’estate 20142, il potenziale navale dell’Ucraina è

stato annullato da Mosca e, laddove gli Stati minori del Mar Nero non costituiscono una minaccia,

la partita da giocare resta ora quella con la Turchia.

Fig. 1 La Crimea geostrategica (fonte: LIMES).

1 La presenza navale russa nel Mar Nero ha le sue origini nel XVI secolo per contrastare l’Impero Ottomano e

difendere i propri interessi nella regione. I contenziosi tra Impero Ottomano e Impero russo portarono nel tempo a

diversi conflitti, dalla guerra di Crimea sino alla prima guerra mondiale, quando gli ottomani dovettero cedere il

controllo del mare ai russi almeno fino alla fine dello zarismo avvenuta nel 1917.

2 La penisola, incorporata nell’impero russo nel 1783 durante il regno di Caterina la grande, nel 1954 è stata donata dal presidente dell’Unione Sovietica Nikita Kruscev (che era ucraino) al governo di Kiev. Già prima del marzo 2014, questa ospitava la base militare russa di Sebastopoli, che Kiev aveva concesso in affitto a Mosca fino al 2042. Questa base ha un ruolo strategico poiché consente alla sua flotta di accedere velocemente al Mar Mediterraneo, alla penisola balcanica e al Medio Oriente. Inoltre, l’estremità orientale della Crimea dista pochi chilometri dall’instabile Caucaso, teatro geopolitico di grande importanza per il capo del Cremlino.

7

Ankara ha deciso di avere parte attiva nello scacchiere mediorientale spostando il suo

baricentro strategico verso sud-est ed esponendo quindi le proprie spalle alla Russia. In tale

quadro, a prescindere da alcune recenti incomprensioni, i rapporti russo-turchi si basano su una

comune visione “multipolare” del sistema internazionale, da Entrambi i Paesi, almeno per il

momento, preferiscono il dialogo allo scontro e questo comporta che i Dardanelli possono

diventare una potenziale via d’accesso al Mediterraneo. Nel passato la strategia sovietica era

basata molto sulla diffusione dell’ideologia, oltre che alla massimizzazione del profitto geopolitico;

oggi Mosca sembra privilegiare la costruzione di una cooperazione economica di mutui interessi,

non dimenticando peraltro quella penetrazione ideologica propria dell’era sovietica, anche se con

parametri diversi e forse più sottili. Non si possono tralasciare le visite di Putin in Israele, Egitto,

Marocco e presso l’Autorità Palestinese nel 2005 e nel 2006. I nodi della questione riguardano non

solo i rapporti economici, ma forse ancora di più quelli della sicurezza e della stabilità regionale,

dei conflitti e del terrorismo islamico che minaccia di allagarsi sempre più anche nei territori

confinanti con la Russia. Per gli studiosi è evidente che la Russia ha bisogno di una presenza

strategica nella regione, che deriva da una relativa vicinanza degli stati del Mediterraneo orientale

ad alcuni di quelli che aderiscono alla Comunità degli Stati Indipendenti (CSI)3.

Da questo snodo si passa al secondo punto della questione; quella politica, spregiudicata,

che ha consentito a Putin di ritagliarsi spazi di manovra che prima Mosca non aveva.

Un dispiegamento intelligente delle proprie forze navali può consentire ai russi di avere voce in

capitolo nella futura sistemazione dello scacchiere mediterraneo e levantino. Mosca non ha esitato

ad annunciare il potenziamento della base navale di Tartus, sulle coste siriane, lasciata decadere

fin dall’inizio degli anni ‘90 per poi ritornare al centro degli interessi e di progetti di sviluppo

imponenti; il potenziale russo nell’area aumenterebbe considerevolmente dando al Cremlino la

possibilità di trasformarsi in un importante attore sul palcoscenico del Mediterraneo orientale, dove

si nota oggi l’assenza di una Potenza egemone.

In tale scenario, la Russia intensifica la sua presenza militare in Mediterraneo e fornisce a

Damasco supporto ed armamenti, con l’obiettivo di accrescere i propri margini di trattativa al tavolo

negoziale e bloccare l’opzione militare statunitense in territorio siriano. Mosca, quindi, manifesta

chiaramente il proprio interesse per il Medio Oriente schierando navi da guerra nei pressi della sua

unica base navale estera, quella siriana di Tartus. Questo secondo un piano di rinnovata presenza

della marina militare russa nel Mediterraneo, lanciato dal ministero della Difesa a inizio 2013, e

reso operativo dal 2015.

Mosca ha ricollocato nelle proprie strategie il Mediterraneo, il Medio Oriente e la Siria che negli

ultimi anni è risultata il maggior acquirente di armamenti russi della regione.

3 Fondata dai capi di governo di Bielorussia, Ucraina e Federazione Russa il 21 dicembre 1991, prevalentemente per

aspetti di carattere economico.

8

Era il 31 dicembre 1992, esattamente un anno dopo la deflagrazione dell’URSS, quando

Mosca decise di smantellare la sua 5ª Flotta, lo squadrone di decine e decine di navi da guerra

presenti nel Mediterraneo. Oggi, dopo oltre vent’anni, sono riapparse. In numero inferiore, ma

ugualmente pronte a difendere gli interessi della Russia ed i suoi alleati.

Fig. 2 La Task Force navale russa nel Mediterraneo (fonte: BBC).

In quest’ottica va letto l’arrivo della squadra navale Russa nel Mediterraneo, solo

parzialmente anticipato in relazione all’aggravarsi della situazione siriana.

Il deterioramento dei rapporti con l’Unione europea, causati principalmente dalla crisi in

Crimea, hanno costretto Putin a riprendere in considerazione la vecchia vocazione “nordafricana”

della diplomazia sovietica. Tale linea politico-diplomatica funzionò all’epoca della Guerra fredda a

causa della decolonizzazione e della conseguente ricerca da parte dei neonati Stati africani di

“referenti” tra le Superpotenze. Oggi la situazione appare molto simile: le “primavere arabe” hanno

destabilizzato l’equilibrio politico del “grande Medio Oriente” dando vita a veri e propri processi

di ricostruzione su basi nuove dell’autorità statale e della coscienza nazionale di alcuni Stati

(Tunisia). Per altri invece si è trattato di processi incompiuti con conseguenze gravi (Libia), o ad un

“ritorno” alle forme di governo pre-rivoluzionarie (Egitto). In questo contesto la lentezza dell’azione

dell’Unione Europea ha permesso alla Russia, che ha ben altre capacità decisionali, di stringere

importanti relazioni con l’Egitto.

Uno scenario fluido come quello mediterraneo, con le Potenze storiche (Italia, Francia,

Turchia ed Egitto) alle prese con la gestione della difficile situazione, rappresenta una ghiotta

opportunità per quanti a Mosca premono per il rafforzamento della presenza navale russa (che

significa anche apertura di vie commerciali) in quello che fu il “Mare nostrum”.

9

Mosca è stata in grado di avere una visione a lungo termine della situazione geopolitica

mediterranea, agendo da conservatrice dello status quo nel periodo “incerto” delle primavere arabe

(2011-2013) per poi essere capace di sfruttare i disordini della fase di “ricostruzione” (2014-2015),

tentando di strutturare l’equilibrio politico-militare del Mediterraneo su misura per i propri interessi.

Starà anche alle Potenze europee capire come non rimanere schiacciate dall’ingombrante

presenza dell’orso russo in quello che era considerato, fino a qualche tempo fa, terreno esclusivo

d’azione dell’Occidente. Infatti, le unità della Flotta russa in navigazione verso la Siria, con i loro

circa 4mila uomini imbarcati (20 navi), rappresentano il più imponente dispiegamento marittimo

operativo messo in campo da Mosca sin dai tempi della Guerra Fredda; ma, a guardar bene,

l’arrivo della Task Force russa nel Mediterraneo Orientale ha un valore politico e strategico assai

superiore a quello operativo, dimostrando la volontà del Cremlino di perseguire fino in fondo i suoi

obiettivi, costituendo un credibile deterrente nei confronti delle potenze straniere che volessero

intraprendere azioni ostili agli interessi della Russia o dei suoi alleati. Con il massiccio

dispiegamento della Flotta russa, Mosca compie un ulteriore passo nella ricostruzione della sua

influenza nel Mediterraneo Orientale e nel Medio Oriente. Un processo passato con la

ricostituzione della Flotta russa del Mediterraneo, il riavvicinamento a diversi Stati della Regione

(Algeria, Cipro, Egitto ed Iran), l’annessione della Crimea e del porto di Sebastopoli, l’istituzione

del Syrian Express che alimenta le operazioni in Medio Oriente e il ricondizionamento della base

permanente di Tartus.

Un chiaro messaggio inviato sia alla NATO che agli altri attori locali, che la Russia è tornata

inserendosi a pieno titolo nel disastroso caos creato nel Medio Oriente, e che non è disposta ad

accettare alcun fatto compiuto contro i propri interessi. D’altronde, la proiezione di potenza a difesa

dell’interesse nazionale attraverso lo strumento navale è stata da sempre una costante delle

potenze occidentali ed in primis degli Stati Uniti; l’invio della Flotta russa nel Mediterraneo

Orientale intende dimostrare al mondo (ma soprattutto proprio all’Occidente) che Mosca può

competere a pieno titolo con esse anche in questo campo4.

Ciò che appare rilevante è stata la capacità di Mosca di ottenere tale risultato in tempi brevi e

con risorse tutto sommato non straordinarie (nel 2015 la Russia ha speso per la Difesa 66,4 Mld a

fronte dei 596 degli Usa); è bene ricordare infatti che solo negli ultimi anni la Flotta russa sta

4 Inoltre, i recenti programmi di riarmo e modernizzazione, hanno lucidamente dato la precedenza a battelli sottomarini

nucleari e ad unità di superficie minori come fregate e corvette che, grazie a moderni e innovativi sistemi missilistici

antinave e di attacco ad obiettivi terrestri, sono le più indicate per la deterrenza strategica della Russia

10

risorgendo dal disastroso crollo dell’Urss, che l’aveva ridotta ad un ammasso di inutili ferraglie che

arrugginivano nei porti. Fra le 20 navi impegnate nel rischieramento dinnanzi alle coste siriane ci

sono certo una decina di ottime unità, ma il cuore di quella Flotta russa, la Kuznetsov, è una

vecchia portaerei tradizionale, compromessa da gravi difetti fin dalla nascita, con le turbine a gas

in pessimo stato, tanto che per la specifica missione è stata costretta a lunghi lavori, ed altri ne

dovrà eseguire al termine della medesima.

Anche il gruppo aereo imbarcato ha una forza ridotta: invece dei 40 aeromobili avrà 10

caccia multiruolo Su-33 (anche se resi micidiali dal nuovo sistema di targeting Gefest), 5 caccia

d’attacco MiG-29KR ed una dozzina di elicotteri (fra essi debutteranno una coppia di Ka-52K messi

in vetrina per l’esportazione). Le ragioni vanno ricercate, fra le altre, nella difficoltà di qualificare in

tempi brevi i piloti dell’Aviazione russa alle operazioni navali.

Malgrado le attuali limitazioni, la Flotta russa nel Mediterraneo deve essere considerata una

credibile manifestazione di una altrettanto coerente volontà politica, posta al servizio della

realizzazione di un chiaro progetto strategico. Entro alcuni anni è prevedibile che le lacune

saranno colmate secondo i programmi già in atto, facendo della Flotta russa un potente strumento

per la tutela degli interessi nazionali. Ancor meglio di quanto non faccia già adesso.

Fig. 3 Il rischieramento del Battle Group Ammiraglio Kuznetsov dall’Artico al Mediterraneo (Ottobre 2016).

11

A fronte di ciò, Mosca è preoccupata dall’attivismo della Marina statunitense in acque

meridionali più calde5: infatti lo scorso 6 giugno uno squadrone di cacciatorpedinieri della Marina

statunitense, tra cui la Uss Porter (DDG-78), ha superato il Bosforo per fare il suo ingresso nel Mar

Nero6.

Fra i compiti dei cacciatorpediniere rientra infatti la conduzione di missioni di pattugliamento

nel Mediterraneo e nel Mar Nero nell’ambito della prima fase del European Phased Adaptive

Approach (EPAA), l’iniziativa dell’amministrazione Obama per la difesa dell’Europa da missili

balistici.

La seconda fase di EPAA è data dalla realizzazione del sito antimissile balistico di Deveselu

(Romania) che è stato inaugurato il 12 maggio 2015, cui seguirà una terza fase nel 2018 con

l’apertura di un sito identico sul territorio polacco. Questo provoca irritazione da parte di Mosca,

che percepisce il progetto statunitense EPAA come un sistema diretto contro il proprio arsenale

missilistico.

Tutto ciò spiega l’allarme russo alla notizia dell’ingresso del Porter nel Mar Nero, uno spazio

marittimo su cui è tornata a crescere l’influenza del Cremlino dopo l’annessione della Crimea.

Il Porter si eserciterà con la Marina rumena nel tentativo di tranquillizzare l’alleato, cui non

dispiacerebbe vedere la costituzione di una flottiglia internazionale sotto l’egida NATO per

rispondere all’accresciuta presenza russa.

Al netto di ogni valutazione strategica – il Mar Nero e il Mediterraneo, ad esempio, non sono

aree vitali per gli interessi americani – è bene ricordare come la Convenzione di Montreux

proibisca alle navi di paesi non rivieraschi di rimanere nel bacino per più di 21 giorni.

Secondo la Convenzione di Montreux del 1936, la Turchia ha il diritto di chiudere lo stretto

del Bosforo e dei Dardanelli al passaggio delle navi militari straniere solo in caso di guerra

dichiarata7. La Turchia non potrà bloccare il Bosforo e lo stretto dei Dardanelli alle navi russe che

riforniscono le forze aeree russe nelle basi in Siria. “La Turchia non potrà chiudere gli stretti del

Mar Nero alle navi russe dirette in Siria: sarebbe una violazione del diritto internazionale e della

Convenzione di Montreux, dal momento che è stata firmata dalla maggior parte dei Paesi del

mondo in quel periodo," — ha detto Kravchenko”. Ha inoltre ricordato che, anche durante la

Seconda Guerra Mondiale, nonostante le pressioni della Germania nazista, rispettando i trattati

5 www.limesonline.com il-ma-nero-fra-usa-e-russia-notizie-mondo-oggi

6 L’unità appartiene al Destroyer Squadron 60, una formazione della Us Navy che fa base a Rota, stazione della

Marina sita sulla costa atlantica della Spagna in prossimità di Cadice.

7 Principio cardine dell’accordo è che è riconosciuto alla Turchia, quale Stato avente sovranità su tutte le coste degli Stretti, un ruolo di primazia nel controllo del transito a garanzia dei propri interessi di sicurezza e di quelli degli altri Stati rivieraschi del Mar Nero. Nello stesso tempo è tuttavia riconosciuta, in tempo di pace, sia di giorno che di notte, senza alcuna formalità, a meno di disposizioni sanitarie, la completa libertà di transito delle navi mercantili di qualsiasi bandiera. Da notare che la denominazione generale di “Stretti” è usata nel testo della Convenzione per indicare lo Stretto dei Dardanelli, il Mar di Marmara ed il Bosforo in quanto quella di “Stretti turchi” – oramai entrata nell’uso comune non era accettata né dalla Grecia né dalla Russia (che pare preferisse quella di “Stretti del Mar Nero”). Diverso il regime per le navi da guerra. La Convenzione riconosce il loro diritto di passaggio, ma con particolari restrizioni volte a tutelare la sicurezza della Turchia e con l’obbligo di informare il Governo turco prima del transito (normalmente quindici giorni per i Paesi esterni al Mar Nero), a specifiche categorie di unità navali.

12

internazionali, la Turchia non aveva provveduto a chiudere il Bosforo e i Dardanelli, pertanto ora

non ci sarebbe motivo di credere che gli stretti vengano chiusi.

In sintesi, la Russia ha estrema necessità, come l’Europa, di un Mediterraneo e di un Medio

Oriente stabilizzato e sembra stia facendo del proprio meglio attraverso la diplomazia per evitare

nuovi conflitti e per arginare un islam politico fondamentalista, che possa prendere il potere in

questa regione strategica per la presenza di numerosi gasdotti e giacimenti di gas naturale, i quali

rientrano nell’interesse delle maggiori imprese di settore (Gazprom, Lukoil)8. Il bacino, inoltre, offre

a Mosca l’opportunità di palesare il confronto con la NATO, che traspare sia nella dialettica russa,

che nelle strategie di procurement, partnership e presenza in aree chiave degli assetti navali. È la

dottrina del c.d. ’”arco d’acciaio”9, che prevede il potenziamento delle capacità navali russe ed il

consolidamento dei rapporti con Paesi alleati in aree remote dalla Russia, ma di interesse

geostrategico. Lo scopo ultimo è quello di minare la percezione di superiorità della NATO e porre

in discussione, ad un livello quantomeno paritetico, il dominio dei mari. Le sfere di azione sono

molteplici e comprendono aspetti di comunicazione strategica10, dialettica politica, attività cyber,

corsa agli armamenti e ricerca di sistemi offensivi e difensivi deputati alla deterrenza. Anche

l’estensione geografica del bacino di interesse russo ha riflettuto in pieno il concetto dell’arco

d’acciaio, interessando vari settori: dal potenziamento della componente subacquea balistica

nucleare nelle zone artiche e pacifiche, all’allacciamento di rapporti sempre più ferrei con Forze

Armate dei più importanti Paesi dell’Estremo Oriente11, tanto da divenire veri e propri satelliti.

La penetrazione economica può servire ad evitare altri conflitti, ma nel passato quel tipo di

penetrazione scatenò molte guerre. Siamo tuttavia nel XXI secolo: la storia può cambiare con il

mutare delle condizioni storiche e socio-economiche.

Infatti, a distanza di pochi mesi, i rapporti tra la Turchia e la Russia sono nettamente

migliorati, mentre la politica di avvicinamento di Trump potrebbe ridimensionare il ruolo degli Stati

Uniti e la conseguente strategia della Nato nel Mar Nero.

Da rilevare, infine, che nonostante l’iniziale senso di riavvicinamento con la Russia, diffuso

dal neoeletto Presidente americano Trump, la visione europea occidentale del Cremlino è rimasta

praticamente immutata. Durante il prossimo vertice della Nato che si svolgerà a Bruxelles nel

mese di maggio, emergerà il nuovo quadro delle relazioni tra la Russia e la Nato.

8 Il Mediterraneo diviene, in questo senso, ancora più rilevante per la strategia energetica russa se si considerano

anche gli accordi per l’estrazione di gas di scisto con l’Algeria ed i progetti ROSATOM per la costruzione di centrali

termonucleari in Algeria e in Tunisia.

9 Definizione dell’Ammiraglio Ferguson, Comandante di EUCOM fino al 2014 e precedentemente vice Capo di Stato

Maggiore della Marina Statunitense.

10 Negli ultimi anni l’uso di organi di stampa ufficiali per la diffusione di messaggi relativi alle dominanti capacità russe è

stato evidente, così come l’intento di denigrare le costruzioni militari occidentali e le scelte politiche della NATO.

11 www.aurorasito.wordpress.com “Russia e Giappone sempre più vicini” Alexander Mercouris 5 settembre 2016.

13

(Il gas fra i tre mari. Fonte Limes 4 settembre 2008)

(East Med NG explotation. Fonte: www.geopoliticalatlas.org)

14

1.3 - Evoluzione della presenza navale russa in mar Mediterraneo

Il collasso del sistema bipolare portò alla ribalta in modo particolare la questione della non

proliferazione delle armi nucleari.

Nel 1994, a Budapest, i Presidenti di Russia, Ucraina ed Usa, assieme al Primo Ministro

della Gran Bretagna, firmarono un “memorandum” che definiva l’Ucraina uno Stato non-Nucleare.

Nel 1996, le Nazioni firmatarie ribadirono il loro impegno a “rispettare l’indipendenza e la sovranità,

nonché i confini esistenti dell’Ucraina […] e ad astenersi da minacce o dall’uso della forza contro

l’integrità territoriale o l’indipendenza politica dell’Ucraina”.12

Con il Memorandum sulla politica navale russa nel Mediterraneo del Novembre 1995, le

Autorità russe manifestarono ufficialmente i loro interessi nel Mar Mediterraneo, affermando che la

strategia della Russia nella regione era basata sul concetto di “Grande Mediterraneo” definito

anche “Mediterraneo allargato”, ovvero un partenariato dei Paesi che si affacciano sul Mar Nero,

sul Mediterraneo ed Paesi del Medio Oriente, tutti storicamente uniti da comuni interessi in

politica, economia, ambiente e cultura.

Gli autori del documento tentarono di evidenziare la dimensione mediterranea dell’OCSE

(Organizzazione per la Cooperazione e Sicurezza in Europa), includendo le questioni del

Mediterraneo nel quadro del modello di sicurezza per l’Europa del 21^ secolo.

I firmatari del Memorandum, in particolare, suggerirono di organizzare una tavola rotonda

OCSE sul “Grande Mediterraneo” e iniziare a discutere su come organizzare una Conferenza sulla

Sicurezza e Cooperazione nella regione del Mediterraneo. Secondo gli autori del documento, un

Mediterraneo militarmente sicuro avrebbe creato le premesse per rendere nuclear-free la regione

del Medio Oriente.

Comunque, dopo la disgregazione dell’Unione Sovietica, la Marina della Federazione russa

(RFN – Russian Federation Navy) ridusse fortemente la sua presenza navale nel Mar

Mediterraneo Mediterraneo, anche in ragione di un lungo periodo di forte recessione socio-

economica durato sino al 2007, potendo così difficilmente rivendicare il ruolo di grande potenza

marittima. Durante questo periodo la presenza navale nell’area era limitata a Unità intelligence e

navi ausiliarie di supporto, con il dislocamento in modo pressoché continuativo a Tartus (Siria) di

una nave in qualità di Autorità Navale Portuale di collegamento (Senior Liaison Naval Port

Autority).

Nell’agosto del 1992, il Presidente della nuova ed indipendente Ucraina incontrò il

Presidente russo a Tashkent per formalizzare un accordo che prevedeva che il comando della

12 Memorandum on Security Assurances in connection with Ukraine’s Accession to the Non-Proliferation Treaty

15

flotta e dei porti fosse demandato ad un comando congiunto russo-ucraino attivo nei tre anni a

venire. Non solo: parte delle navi, del personale, degli armamenti e delle difese costiere una volta

di proprietà dell’Unione Sovietica passarono all’Ucraina; fu proprio da queste risorse che nacque la

marina militare ucraina.

La Russia conservava una flotta equipaggiata con armi nucleari solo nei porti del Nord: nella

regione del Mar Nero la Russia possedeva il porto di Novorossiysk, dove però erano piuttosto

frequenti fortissimi venti minacciosi per la stabilità delle navi.

Nel giugno 1993 il presidente ucraino e quello russo ufficializzarono con un accordo l’idea di

dividere la Flotta del Mar Nero in due parti da ripartire equamente tra i due Stati in un processo che

in teoria si sarebbe dovuto concludere entro il 1996. L’accordo venne poi rinegoziato più volte sino

all’aprile 1994.

Nella seconda metà degli anni ’90, però, la questione della ripartizione della Flotta del Mar

Nero deteriorò le relazioni tra Russia e Ucraina. Nel maggio del 1997, quindi, Russia e Ucraina

firmarono un Trattato per la scissione della Flotta del Mar Nero (con ripartizione di basi ed

armamenti) in due marine distinte ed indipendenti l’una dall’altra: una sotto l’egida russa, l’altra

sotto l’egida ucraina.

La Flotta del Mar Nero, che venne collocata nella penisola di Crimea, fu suddivisa tra Russia

(338 imbarcazioni) e Ucraina (30 imbarcazioni), e l’Ucraina cedette alla Russia circa la metà delle

basi sino al 2017, inclusa quella di Sebastopoli (condivisa dalle due marine), avendo però in

cambio un tornaconto annuo di $ 98 milioni. Il Trattato permetteva alla Russia anche di avere

truppe per circa 25000 uomini, così come altri sistemi militari, veicoli ed ulteriori velivoli militari

sulla penisola di Crimea. La Federazione Russa assunse l’impegno di non detenere armi nucleari

per il contingente della Flotta del Mar Nero di stanza sul territorio dell’Ucraina.

L’accordo firmato nel 2010 a Kharkiv, in Ucraina, tra il presidente ucraino Janucovyc e quello

russo Medvedev, estendeva il programma di utilizzo delle basi ucraine e dei relativi servizi da parte

delle navi russe sino al 2042, con l’opzione di un rinnovo di ulteriori 5 anni. I Parlamenti della

Russia e dell’Ucraina ratificarono entrambi gli accordi.

Il 28 Marzo 2014, una settimana dopo l’annessione della Crimea alla Federazione Russa, il

Presidente Vladimir Putin chiese alla Duma di denunciare il trattato di Ripartizione e l’accordo di

Kharkiv: cosa che la Duma puntualmente fece dopo tre giorni. In conseguenza di ciò, lo squadrone

mediterraneo della Flotta del Mar Nero era stato ricostituito.

Secondo il Comandante in Capo della Marina russa, Viktor Chirkov, la predetta forza navale

sarebbe stata utilizzata non solo nel Mare Mediterraneo ma anche in altre parti del mondo, in

particolare nell’Atlantico e nel Oceano indiano, laddove richiesto dalla situazione contingente.

In seguito alla crescita della minaccia terroristica, alle vicissitudini della “Primavera Araba” ed

al persistente conflitto in Medio Oriente, nonché al radicamento della pirateria e del traffico di

16

droga nel Mar Nero e nel Mediterraneo, i leaders russi manifestarono la loro intenzione di dislocare

una flotta permanente nel Mediterraneo. Nel 2013 ebbero luogo le più grandi esercitazioni della

Marina russa, cui parteciparono le navi da guerra del Mar Nero, le flotte del Mar Baltico e del Mar

del Nord, così come anche velivoli dell’Aviazione a lungo raggio.

Nel maggio del 2015, la Russia e la Cina tennero un’esercitazione congiunta nel

Mediterraneo Orientale denominata “Mare Unito 2015”. Secondo alcuni esperti della Russia,

queste esercitazioni evidenziano gli interessi russi e cinesi nella regione, ove sono anche

costantemente presenti gli Stati Uniti ed altri Paesi della Nato. Alcuni media Cinesi hanno espresso

l’opinione che la Cina abbia fornito supporto alla Russia come effetto della rafforzata cooperazione

tra il Giappone e gli Stati Uniti.

1.4 - Dispositivo Navale russo permanente in mar Mediterraneo

Dalla dissoluzione dell’Unione Sovietica, la Marina della Federazione russa, aveva

significativamente ridotto la propria presenza navale in Mediterraneo, lasciando in modo pressoché

continuativo a Tartus (Siria), una nave in qualità di Autorità Navale Portuale di Collegamento

(Senior Liaison Naval Port Authority – SLNPA). Il rilancio della presenza navale nell’area è stato

segnato nel dicembre 2007, quando un gruppo navale d’altura, guidato proprio dalla portaerei

Kuznetsov, ha operato in Mar Mediterraneo per un periodo complessivo di due mesi, ed è

progressivamente aumentata, fino ad arrivare, nel 2012, alla decisione del Cremlino di mantenere

nel bacino un dispositivo navale permanente13 delle unità anfibie (LST classi Ropucha e Alligator)

che supportano l’intervento russo a difesa del regime di Assad, a cornice dell’asse logistico Mar

Nero - Siria (denominato Syria Express). Con il progressivo incremento delle attività navali russe

nel bacino, è nata la necessità di procedere ad un adeguamento del porto di Tartus, unico

avamposto russo disponibile in area. Dall'inizio della campagna militare in Siria, la Russia sta

trasformando la struttura in una moderna base navale. Mosca e Damasco hanno firmato un

accordo che consentirà l’ormeggio contemporaneo di 11 navi russe nel porto e questo consentirà

alla Russia di utilizzare la base di Tartus come fulcro delle sue attività militari nel Mar

Mediterraneo, implementabili rapidamente con le navi ed i sottomarini della flotta del Mar Nero.

A ciò si aggiungono gli assetti aerei presso l’aeroporto di Hmeimim Air Base di Latakia.

Tale rischieramento permanente a Latakia potrebbe implicare, inoltre, lo stanziamento stabile in

Siria di missili SAM S-400 per l’intera durata del dispiegamento russo. Tale situazione costituisce

un indubbio vantaggio per la Russia ed agevola i colloqui con tutti i paesi del Nord Africa -

13 Il dispositivo vede la presenza di almeno una Unità con capacità di scoperta e difesa aerea (solitamente un caccia

classe Slava o Udaloy), due/tre Unità combattenti minori ed Unità ausiliarie. Le navi anfibie sono deputate al

trasporto di armamenti mentre, frequentemente, la Russia impiega sullo stesso asse anche mercantili governativi per

il trasferimento dal Mar nero di materiale di supporto.

17

fortemente colpiti dalla “primavera araba” - che in qualche misura imputano all’Occidente tali forme

di ribellione. Secondo l’esperto militare Vadim Soloviev, Mosca acquisisce un significativo

vantaggio politico e militare dalla cooperazione con Egitto, Libia e soprattutto Algeria, rafforzando

le sue posizioni nel Mediterraneo senza la necessità di costruire altre basi permanenti (come

Tartus) che risultano molto costose. In proposito, nel 2014 il Ministro della Difesa russo, Sergei

Shoigu, disse che i negoziati volti al dislocamento di ulteriori basi militari erano stati avviati con un

certo numero di Paesi stranieri.

In definitiva per la Russia è importante poter ricevere assistenza e supporto per le proprie

unità in porti “amici” piuttosto che immobilizzare ingenti capitali per realizzare nuove infrastrutture.

La potremmo definire la nuova real politik Russa che sfrutta significativamente la propria capacità

di decidere con “snellezza” rispetto ad apparati molto più strutturati quali la NATO e l’UE.

Al riguardo giova considerare che uno degli obiettivi russi prioritari, fissati sin dalla nuova

riformulazione della dottrina marittima della Russia, è quello di ricostruire la presenza militare nel

Mediterraneo.

Non è casuale che la versione aggiornata del documento sia stata presentata due mesi

prima che la Russia lanciasse la sua operazione militare in Siria.

Durante la campagna, le navi da

guerra russe forniscono copertura

per le missioni aeree e conducono

attacchi missilistici contro i

terroristi. Un altro compito

importante è quello di monitorare i

controversi movimenti delle forze navali della NATO. Le forze navali della Russia sono schierate al

largo della costa siriana a rotazione, quindi, di fatto, vi è una presenza navale russa permanente

nel Mediterraneo. Il dispositivo, operativo dal marzo 2013, costituisce uno strumento per ampliare il

campo delle possibili opzioni politiche e militari di Mosca in periodi di crisi. Tale dispositivo, indicato

dalla Marina Russa con la denominazione di “Operazione Syria Express”, è strutturato per

assolvere determinati compiti e portare a termine specifiche missioni di volta in volta assegnate ed

è suddiviso in un Gruppo Navale combattente e di supporto (di solito unità 3/4 combattenti e 6/9

supporto) ed un Gruppo navale da Trasporto (di solito unità anfibie ed ausiliarie); la composizione

18

del dispositivo, in media, è di 10/12 unità navali (per lo più appartenenti alla Flotta del Mar Nero).

In periodi di particolare interesse, come quello attuale, il dispositivo Navale è ulteriormente

rinforzato con la presenza della Portaerei russa CVGM 063 Admiral Kuznetsov, classe

KUZNETSOV, e dall’incrociatore nucleare CGHMN 099 Petr Velikiy, classe KIROV, e due

cacciatorpediniere classe UDALOY. L’area di operazioni del dispositivo Navale russo è quella

all’interno delle acque territoriali e della Zona Economica Esclusiva (ZEE) siriana. Secondo le

dichiarazioni del Ministro della Difesa russo Sergey Shoigu, la missione Fuori Acque Territoriali

(FAT) della Kuznetsov dovrebbe avere una durata di quattro mesi. La portaerei, prima della

campagna in MEDOR14, ha condotto un periodo di addestramento della componente imbarcabile

delle forze aeree15 nei pressi della penisola di Kola, ampiamente pubblicizzato anche dalle fonti

aperte, e concluso con successo ottenendo le qualificazioni del personale della linea volo16.

1.5 - Presenza dei sommergibili nel Mar Mediterraneo.

Quello che sembrava ormai un mezzo desueto, il sottomarino - che ha scritto pagine

importanti del secondo conflitto mondiale ed ancor più strumento impareggiabile nel confronto est-

ovest nel periodo della guerra fredda17 – destinato a non far parte più degli strumenti militari del XX

secolo, è oggi diventato oggetto dei desideri di molti paesi, che ne hanno rivalutato l’efficacia per le

sue caratteristiche intrinseche, anche non necessariamente a propulsione nucleare.

Ad inizio 2016 si contano 500 sommergibili militari per 43 Paesi che si contendono gli spazi

subacquei. In particolare la Russia ha creato a Sevmash il mega-polo nazionale per la costruzione

dei battelli a propulsione nucleare. Il neo attivismo di Mosca su scala globale ha indotto molti Paesi

limitrofi, quali Polonia, Svezia e Norvegia, a dotarsi di sommergibili ed a riprendere progetti

accantonati. Inoltre, l’immissione di nuove forze nel Mar Nero ed il pattugliamento russo del

Mediterraneo effettuato anche con i sottomarini sta contribuendo a determinare la crescita di

nuove potenze marittime come Algeria, Egitto e Marocco. Il Mediterraneo sarà sempre più

controllato ed i sottomarini ritorneranno ad essere uno strumento cruciale dal punto di vista

14 MEDOR, sigla per Mediterraneo Orientale.

15 L’attività di decolli ed appontaggi è stata condotta da 279 caccia SU-25 FROGFOOT, SU-33 FLANKER, MIG-29

FULCRUM.

16 Le manovre si sono tenute anche presso la struttura di abilitazione di Novofedrorovka, dove i piloti russi hanno

effettuato oltre 150 decolli e atterraggi in ogni condizione di luce e di condizioni atmosferiche.

17 Negli anni della Guerra Fredda, le ipotesi di scontro navale erano inevitabilmente legate agli scenari cosiddetti “blue

water”, ovvero ai contesti di alto mare. Sarebbe stato, infatti, qui – in particolare in contesti quali l‟Atlantico del Nord o

il Pacifico - che le forze contrapposte della NATO e del Patto di Varsavia sarebbero venute a confronto in caso di

conflitto. In tali contesti, i sottomarini – di entrambi gli schieramenti – avrebbero avuto un ruolo di rilievo. Grazie alle

sue naturali doti di furtività, infatti, il sottomarino si prestava al meglio sia per le operazioni d‟interdizione e disturbo

delle linee di comunicazione marittime avversarie, sia per l‟attacco di task force navali all‟epoca altamente protette

contro la minaccia proveniente dall’aria.

http://it.wikipedia.org/wiki/Guerra_fredda http://it.wikipedia.org/wiki/Patto_di_Varsavia

19

strategico data la loro poliedricità d’impiego dovuta alla difficile rilevazione ed individuazione18.

Innanzitutto intelligence, sorveglianza e ricognizione: hanno accesso ad informazioni difficilmente

reperibili con altri strumenti, monitorano l’area di interesse costantemente, sette giorni su sette, in

qualsiasi condizione atmosferica, usano canali satellitari ultrasicuri, trasmettendo alle altre unità e

ai comandi decisionali informazioni rapide e preziose sulla disposizione delle forze nemiche, ben

prima delle ostilità. I sommergibili hanno un ulteriore atout: quando rilasciano veicoli non pilotati

(UAV) possono insinuarsi ina aree recondite, come l’interno di un porto nemico. Possono perfino

bombardare, come avvenuto in tutte le operazioni militari da Desert Storm in poi. In definitiva, oggi

la minaccia rappresentata dai sottomarini è più attuale che mai e sono sempre più numerosi i

Paesi che, per tutta una serie di ragioni, si stanno dotando di componenti subacquee, in quanto la

sola presenza di un sottomarino, se opportunamente impiegata, può cambiare il corso degli eventi

operativi anche in uno scenario convenzionale.

In tal senso il sottomarino si presta benissimo ad essere usato, in modo squisitamente

convenzionale, come strumento deterrente in grado di limitare le diverse opzioni operative

dell’avversario.

Il processo di ricerca della supremazia marittima ha comportato inevitabilmente che negli

ultimi anni molte Marine mediterranee abbiano avviato profondi programmi di ammodernamento ed

ampliamento delle componenti subacquee. Oggi nel “Mare Nostrum” sono stabilmente presenti

circa cinquanta sommergibili tutti abbastanza moderni ed efficienti. Il seguente riepilogo, tratta da

alcuni siti Internet, ne mostra la loro ripartizione:

Algeria 4

Egitto 4 + 4 ordinati che rimpiazzeranno i mezzi presenti

Francia 6 a propulsione nucleare

Grecia 11

Israele 3 + 3 ordinati che affiancheranno i mezzi presenti

Italia 6

Marocco 1 in trattativa con la Russia

Spagna 3

Turchia 14

18 Con la fine della Guerra Fredda, e l’enfasi sugli scenari asimmetrici, il baricentro di eventuali scontri navali si è

spostato dagli scenari oceanici agli scenari litoranei o cosiddetti “brown water”. Rispetto alle acque “blu”, le acque

“marroni” sono più difficili e complesse. Le profondità sono ridotte – comprese tra i 50 m e i 100 m – sovente ci si può

imbattere in ostacoli sommersi e, altrettanto spesso, vi possono essere forti correnti dovute alla presenza di foci di

fiumi e così via. Insomma, un insieme di fattori fisici che contribuiscono a fare degli scenari litoranei un unicum molto

delicato. In questi ambienti condurre operazioni di sminamento o di lotta antisom è particolarmente difficile. Tutte le

principali Marine Militari del pianeta sono ben consapevoli di questa realtà e nel corso degli ultimi anni hanno fatto di

tutto per incrementare le proprie capacità anti-som, sviluppando suite sonar in grado di operare al meglio nelle acque

basse per fronteggiare un ambiente acustico del tutto nuovo e diverso da quello, più semplice, dell‟alto mare, e unità

di superficie appositamente dedicate agli scenari costieri (i cosiddetti "littoral"), come le americane del programma

Littoral Combat Ship. http://it.wikipedia.org/wiki/Littoral_combat_ship

20

Di seguito si elenca una disamina più dettagliata dei mezzi e dei programmi delle marine del

bacino del Nord Africa:

- MAROCCO19

Le limitate risorse della Marina Reale del Marocco, sia in termini economici sia logistici,

incidono sull’Ordine di battaglia del Paese. Per quanto noto, il Marocco ad oggi non possiede

sottomarini, ma nel programma di ammodernamento e potenziamento della flotta, rientra il

progetto di acquisizione di 1/2 battelli convenzionali, e la scelta potrebbe essere orientata verso il

progetto 677 russo.

- ALGERIA20

La componente subacquea della Marina algerina conta 2 battelli classe KILO-I. Inoltre, Algeri

ha commissionato alla Federazione Russa 4 battelli classe KILO-II in versione da esportazione

(progetto 636.1), due dei quali sono già stati consegnati. I restanti due dovrebbero essere

consegnati nel 2018.

- EGITTO21

La componente subacquea attualmente è composta da quattro sommergibili classe ROMEO

di costruzione sovietica e ricevuti dalla Cina, di cui solo 2 verosimilmente operativi. Nell’ambito del

programma di ammodernamento della componente subacquea, l’Egitto ha firmato un contratto per

l’acquisizione di quattro battelli SSK TYPE-209 dalla Germania. La consegna del primo battello è

avvenuta il 12 dicembre 2016.

19 http://www.wikiwand.com/it/Marine_royale_(Marocco)-http://www.analisidifesa.it/2016/08/il-marocco-vuole-aerei-e-

sottomarini-russi/ 20 http://www.aviait.com/act/reparti/Reparti_2015/Seg_art_dic_15/Presente_e_futuro_della_Marina_algerina.pdf http://www.analisidifesa.it/2014/02/altri-due-sottomarini-kilo-per-lalgeria/ 21 http://www.difesaonline.it/mondo-militare/mediterraneo-affollato-la-germania-vara-il-primo-dei-quattro-sottomarini-

acquistati http://www.agenzianova.com/a/58508b25a434a6.97198317/1469529/2016-12-13/difesa-egitto-ricevera-a-giugno-

secondo-sottomarino-classe-209-1400-http://quwa.org/2016/12/12/tkms-formally-hands-over-first-2-type-209-

submarines-to-egypt/- http://navaltoday.com/2016/12/12/egypt-receives-first-type-209-submarine-from-german-tkms/

21

SOTTOMARINI RUSSI NEL MEDITERRANEO22

Dall’inizio di novembre del 2016, tre sottomarini russi, due dei quali a propulsione nucleare,

sono presenti nel Mar Mediterraneo. I primi due sottomarini d’attacco a propulsione nucleare

classe Akula, equipaggiati con missili da crociera Kalibr, hanno lasciato Severmorsk, nei pressi di

Murmansk, il 29 ottobre scorso. Con la Flotta del Nord sono schierati sei Akula, ma soltanto tre

sono i sottomarini attivi ed equipaggiati con missili da crociera Kalibr: il K-154 Tigr, il K-335 Gepard

ed il K-317 Pantera. Il K-335 Gepard, l’unico sottomarino classe Akula III realizzato, è certamente

nel Mediterraneo. Gli Akula fanno parte del Gruppo da Battaglia della Admiral Kuznetsov.

Il terzo sottomarino russo a propulsione diesel elettrica nel Mediterraneo, appartiene alla

classe Kilo. I russi possiedono venti sottomarini d’attacco diesel-elettrici appartenenti alla classe

Kilo ed Improved Kilo. L’ultima evoluzione è la classe Varshavyanka. I classe Varshavyanka

(Progetto 636m) sono propulsi da motori a diesel-elettrici a bassissima emissione di rumore e

possono colpire bersagli a lunghe distanze senza essere rilevati dai radar antisommergibile nemici.

I Varshavyanka sono schierati nella Flotta del Mar Nero in turnazione permanente nel

Mediterraneo.

I sottomarini Oscar-II

La terza generazione di sottomarini lanciamissili antinave a propulsione nucleare

rappresentata dalla classe Oscar-II Progetto 949A, è entrata in servizio a metà degli anni ’80. Sono

stati progettati nello specifico ruolo carrier-killer, per contrastare cioè le portaerei americane ed

impedire la loro proiezione strategica. Lunghi 152 metri, possono raggiungere una velocità

massima di trentasette miglia all'ora in immersione ad una profondità di cinquecento metri. Sono

tra i più grandi sottomarini mai costruiti, superati soltanto dalla classe Typhoon (Progetto 941

Akula) ed Ohio americana.

I 949A trasportano attualmente 24 missili antinave P-700 Granit/SS-N-19 Shipwreck.

La classe Oscar a doppio scafo, è stata concepita come piattaforma di tiro per gli SS-19-

Shipwreck, missili da crociera a lungo dieci metri pesanti otto tonnellate: possono imbarcare

testate nucleari da cinquecento kilotoni. I Grant raggiungono il bersaglio ad una velocità massima

di Mach 2,5 (ramjet nella fase finale) a 550 km di distanza. Lanciati a sciame, i missili sono

collegati in rete cosi da condividere le informazioni di targeting e le diverse angolazioni di attacco.

Le otto piattaforme Oscar-II in servizio sulle undici costruite tra gli anni ’80 e ’90, saranno portate

allo standard 949AM che prevede maggiore capacità offensiva ed implementazione di nuovi

sistemi. I sottomarini 949AM potranno trasportare fino a 72 missili antinave, compresi gli SS-N-26

Strobile e gli SS-N-27 Sizzler: non saranno necessarie modifiche allo scafo. Sia la Rubin Central

Design Bureau che la Missile Design Bureau Mashinostroyeniya e Novator, sono al lavoro per

sviluppare un lanciatore standard.

22 Franco Iacch - Sab, 10/12/2016 - 12:14 giornale.it

22

Come vediamo l’arma subacquea è particolarmente presente nello scacchiere orientale del

nostro mare e richiederebbe un accordo per evitare possibili incidenti nel suo impiego che per

l’intrinseca natura stessa del mezzo è necessariamente occulto. Tuttavia, non sembra che

nell’attuale situazione internazionale ci sia una volontà positiva a discutere di un accordo di questo

tipo e quindi, come inevitabile contro altare appare sempre più opportuno non perdere la grande

capacità antisommergibile (ASW, anti-submarine warfare) che l’Occidente aveva ormai acquisito

nel vecchio confronto della Guerra Fredda.

23

Capitolo II - RELAZIONI GEOPOLITICHE REGIONALI (Turchia e Nord-

Africa)

2.1 - Relazioni tra Russia e Turchia

Russia e Turchia hanno vissuto in un rapporto di rivalità, durato secoli, per la supremazia

regionale, specialmente nell’area balcanica e nel Mar Nero per il controllo degli Stretti. Il contrasto

nasceva dalla configurazione geografica delle due entità che, estendendosi dai confini dell’Europa

all’Asia Centrale, produceva la sovrapposizione delle rispettive sfere di interesse con l’apertura di

potenziali scenari complessi che spaziavano dal confronto aperto e diretto, sino all’integrazione

strategica. In questo ruolo antagonista la Turchia assumeva, quindi, grande importanza strategica

per la tenuta dei Paesi occidentali per il quale costituiva l’ultimo baluardo per il contenimento della

spinta espansionistica sovietica verso l’Europa e il Golfo Persico.

Nel periodo della Guerra Fredda il contrasto si diluì in quello più profondo e ampio con

l’Occidente, materializzatosi con la costituzione della NATO e l’adesione della Turchia all’Alleanza

che si opponeva all’Unione Sovietica. Il crollo della cortina di ferro creò un vuoto che la Russia

sembrò non essere in grado di colmare e che alla Turchia pareva invece offrire nuove opportunità.

La disgregazione dell’Unione Sovietica portò al ritorno o alla formazione di nuovi Stati indipendenti

in quelle aree che la Turchia considerava sotto la propria sfera di influenza e che occuparono ogni

tratto del confine comune con la Russia. I Paesi dell’Asia Centrale e, in particolare, della Regione

del Caucaso, ormai svincolati da ogni legame con il passato, offrivano nuovi spazi aprendosi alla

politica estera turca. La Turchia si proponeva, infatti, quale interlocutore principale per condurre

un ruolo di guida per tutti i Paesi caucasici e il cosiddetto Turkestan, verso i quali i legami etnici e

linguistici, la religione islamica secolarizzata, l’aspirazione all’adesione alla UE e alla NATO,

esercitavano una profonda attrattiva.

A valle della dissoluzione dell’Unione sovietica e a fronte della conseguente profonda crisi

economica russa, la Turchia avviò un piano di investimenti con un grande impegno di risorse

economiche e umane. L’impegno turco, in quello che veniva ancora considerato un settore di

influenza della Russia, fu visto da quest’ultima, non come un’azione indipendente in applicazione

della propria politica estera, bensì come uno strumento dell’Occidente ai fini della costituzione di

un cordone di Paesi satelliti che si estendesse dal Mar Nero al Mar Baltico e la isolasse.

Tuttavia, gli sforzi turchi non portarono i risultati sperati in quanto le attese e le esigenze da

fronteggiare eccedevano le reali capacità economiche della Turchia che, già al suo interno,

attraversava un periodo di crisi economica e instabilità politica. La conseguente riduzione

dell’impegno turco nell’area caucasica e del Turkestan occidentale, le guerre in Iraq e in

Afghanistan, l’incrementata presenza statunitense nella regione, l’apparente riduzione del valore

24

strategico della NATO, portarono ad uno stravolgimento dell’intero scenario geopolitico

evidenziando, a tratti e su specifici argomenti, la vicinanza tra le politiche di Mosca e di Ankara.

Nonostante le differenti vedute sull’agenda geostrategica, la cooperazione economica e gli

scambi commerciali tra i due Paesi conobbero, nel decennio a cavallo del cambio di secolo, un

rateo di crescita annuale del 15-20%. Con un flusso energetico pari a circa l’88% dell’intero

quantitativo esportato dalla Russia diretto in Turchia e investimenti industriali turchi in Russia

intorno al miliardo e mezzo di dollari, i due Paesi rivali erano, in realtà, profondamente uniti da una

stretta correlazione economica23.

Tali importanti legami commerciali, unitamente ad una progressiva emancipazione della

Turchia dal precedente stato di tutoraggio statunitense, hanno certamente facilitato il proliferare dei

rapporti con la Russia. A maggior ragione, in seguito ad alcune tensioni sorte a partire dalla metà

degli anni 2000 sia con l’Unione Europea sia con gli USA: verso l’UE per le persistenti difficoltà nel

perseguimento dei requisiti di accesso all’Unione e, verso gli USA, per le differenti vedute in merito

all’intervento americano in Iraq a seguito dell’attentato di New York. La stretta collaborazione ebbe

ulteriore impulso con l’ascesa di Recep Tayyip Erdoğan all’incarico di Primo Ministro della

Repubblica di Turchia nel 2003 con i conseguenti rapporti commerciali che costituirono il motore

per lo sviluppo di legami più profondi. Questi culminarono, nel maggio 2010, con la creazione

dell’High Level Cooperation Council con l’obiettivo di sviluppare la strategia e fornire le indicazioni

fondamentali per l’ulteriore evoluzione delle relazioni tra i due Paesi24.

Tuttavia, al di là delle svariate collaborazioni nei più diversificati settori commerciali ed

energetici, e benché la Russia sia riuscita ad ottenere dalla Turchia, se non la solidarietà almeno

l’assenza di critiche aperte sulla crescente deriva autoritaria della leadership russa, i fatti mostrano

l’assenza sia di una reale cooperazione strategica sia di una sinergia negli interessi geopolitici.25

Prova ne sia che, già nel periodo 2011-12, le opinioni dei due Paesi in relazione alla cosiddetta

‘primavera araba’ e, in particolare, della guerra sul territorio siriano, furono del tutto divergenti e

causarono un ‘raffreddamento’ nei rapporti bilaterali. Anche l’opinione in merito al colpo di Stato in

Egitto del 2013 fu diversa al punto che mentre la Turchia supportò il leader dei Fratelli Musulmani,

la Russia sostenne la giunta militare e, allo stesso tempo, strinse forti relazioni con i partiti della

destra europei che non hanno mai mostrato buone attitudini nei confronti di Ankara.

Un ulteriore punto di disaccordo è quello relativo alle strategie dei due Paesi nei confronti

degli Stati cosiddetti ‘post-sovietici’. È, infatti, evidente l’interesse russo affinché questi rientrino

nella propria area di esclusiva influenza, sottraendoli all’analogo tentativo turco. Sebbene nessuno

dei due Paesi, in particolare la Turchia, cerchi il confronto diretto, le posizioni sono agli antipodi

23 QUERCIA P.. Turkey and Russia in a changing regional strategic environment. New challenges for old enemies, in

CeMISS Quarterly, Year II, n. 4, spring 2005, pag. 22-23.

24 Russia and Turkey have established the High Level Cooperation Council. eu.kremlin.ru/events/president/news/7723.

12 maggio 2010 (P)

25 BALCER A. Dances with the Bear: Turkey and Russia after Crimea. In Global Turkey in Europe III – IAI Research

Papers. 2015, pag. 30.

25

l’una dall’altra: al ripristino di una situazione ‘simil-sovietica’ cercata dalla Russia, si oppone

l’interesse turco a creare un’area di multipolarità nella quale poter giocare un ruolo di primo piano

con i Paesi del Turkestan, attraverso l’instaurazione di rapporti con Azerbaijan, Georgia, Moldavia,

Ucraina e Turkmenistan, e promuovendo la cooperazione culturale a favore delle comunità turche

in Russia dove, infatti, ben il 15% della popolazione è di religione islamica sunnita di etnia turca.

Di contro, oltre al fatto che ben pochi russi lasciano il proprio Paese per andare a studiare in

Turchia, anche la presenza di istituzioni scolastiche turche in Russia è estremamente limitata, a

dimostrazione della ridotta spinta russa nella cooperazione e integrazione culturale.

Anche nel campo della sicurezza la collaborazione appare limitata. La costituzione della

Black Sea Naval Force, su iniziativa della Turchia allo scopo di promuovere la sicurezza e stabilità

nell’area del Mar Nero e oltre, rinforzare l’amicizia e le relazioni tra gli Stati della regione e

incrementare l’interoperabilità tra le forze navali di questi Paesi, con la partecipazione di Bulgaria,

Romania, Ucraina, Russia e Georgia, ha conseguito solo limitatissimi risultati. Ciò a causa dei

molteplici eventi susseguitisi dalla sua costituzione nel 2001, come il conflitto tra Russia e Georgia

o quello in Ucraina sfociato nell’annessione russa della penisola di Crimea, a fronte dei quali è

stata più volte sospesa26.

Appare, tuttavia, chiaro l’intento comune dei due Paesi, ulteriormente rafforzatosi con

l’annessione della penisola di Crimea da parte della Russia nel 2014, cioè quello di mostrare al

mondo l’esistenza di una cornice di sicurezza nel Mar Nero, prevenendo e opponendosi entrambi

alla penetrazione occidentale27. La Russia, infatti, ha sempre avuto un legame particolare con quel

‘mare caldo’, via d’accesso al Mar Mediterraneo, che solo a causa della crisi seguita alla

dissoluzione dell’Unione Sovietica ha subito un temporaneo allentamento; tuttavia, la recente

rinascita ha riportato il Mar Nero al centro dell’attenzione della Russia la cui recente politica si

estrinseca lungo due direttrici: da un lato, una grintosa politica energetica a supporto della propria

politica estera, che evidenzia la dipendenza di molti Paesi della regione dai prodotti fossili russi,

essenziali anche per i Paesi dell’Unione Europea che dimostrano difficoltà nella differenziazione

delle proprie fonti di approvvigionamento energetico; dall’altro, il mantenimento dello status quo

precedente alla fine dell’URSS con l’opposizione ad ogni ulteriore allargamento della NATO e degli

interessi occidentali nell’area. Anche la Turchia è storicamente legata al Mar Nero che, per l’intera

durata dell’Impero Ottomano, è stato considerato un ‘lago turco’ tanto che, con la Convenzione di

Montreux del 1936, ad essa fu affidata la giurisdizione e il controllo degli stretti che vi danno

accesso. Questo potere, riconosciuto alla Turchia dalla comunità internazionale, assume una

grande valenza strategica, sia in termini economici sia di sicurezza regionale, e costituisce,

pertanto, il fondamento per la volontà turca di mantenere invariata l’attuale situazione.

26 Black Sea Naval Force. https://en.wikipedia.org/wiki/Black_Sea_Naval_Force. 27 marzo 2017 (C). 27 NICODANO E. La Sicurezza nella regione del Mar Nero: sfide e prospettive, pag. 10.

26

Quello sul Mar Nero rimane, quindi, un argomento sul quale i due Paesi nutrono, per quanto

con motivi diversi, un profondo accordo - peraltro condiviso da tutti i Paesi rivieraschi – per quello

che considerano un “lago turco-russo”28.

In tale quadro strategico, quindi, Russia e Turchia hanno mantenuto i propri altalenanti

rapporti ricoprendo ruoli apparentemente contrastanti, ma perseguendo obiettivi molto spesso,

coincidenti. Nel frattempo, la spinta geostrategica euro-atlantica in direzione sud-est e tesa alla

costituzione di una fascia di Paesi democratici, legati all’Unione Europea in un’area di libero

scambio di beni e di persone, ha costretto la Russia ad un ruolo di ‘spettatore’. Le forti opposizioni

russe all’intervento occidentale in Serbia e in Iraq vennero isolate; le rivoluzioni nei Paesi ex-

sovietici portarono alla cacciata dei governi pro-Russia in Serbia, Ucraina, Kirghizistan e Georgia;

la ‘primavera araba’ rovesciò i regimi filo-russi in Libia, Egitto e Tunisia. Tutto ciò, visto come una

vittoria della democrazia dai Paesi dell’Occidente, costituiva per la Russia la prova dell’intento

occidentale di distruggere ogni governo che si opponesse al volere degli USA. Solo con

l’avvicinamento all’Iran sulla questione del nucleare e, successivamente, con l’intervento delle sue

forze armate nel conflitto siriano, la Russia rientrava in gioco nello scacchiere medio-orientale

favorita anche dal graduale disimpegno statunitense nella regione attuato dalla presidenza

Obama. L’intervento russo in Siria è motivato, ufficialmente, dal perseguimento dell’obiettivo di

garanzia della sicurezza nazionale mediante l’eliminazione dei fattori di rischio alla sicurezza

interna, già posti dal crescente terrorismo di matrice caucasica ma incrementati dal progressivo

successo della predicazione del sedicente Stato Islamico (ISIS). Ciò implica, necessariamente, il

supporto alle forze governative di Assad29, non tanto perché la Russia abbia interesse a che il

dittatore siriano mantenga il potere, quanto perché appare il mezzo per mantenere una sorta di

stabilità nell’area, senza la quale Mosca perderebbe la propria influenza in Medio Oriente30.

Tale intervento, tuttavia, ha offerto alla Russia un’ulteriore occasione di mostrare la propria

rinnovata forza. Al contrario, l’intervento turco è maggiormente indirizzato al contenimento dei

successi dell’armata curda, costituitasi a fianco dei ribelli al regime di Assad, con l’obiettivo di

prevenire l’insorgenza di rivendicazioni, successive alla fine del conflitto, per la costituzione di uno

stato curdo indipendente che comprenda i territori dell’Iraq, della Siria e della stessa Turchia con

popolazione a maggioranza curda.31 Pur con tale radicalmente opposta visione della situazione, la

frammentazione delle forze ribelli e la nascita delle frange fondamentaliste islamiche hanno

catalizzato gli sforzi dei due Paesi contro il comune avversario (ISIS), anche se con qualche

dubbio sul reale operato di entrambe.

28 Ibidem, pag. 19. 29 DI PLACIDO L.. 2016: Un anno cruciale per le relazioni est-ovest. In 2016 ‘Confini e Conflitti. Il ritorno della

geopolitica’. Edizione Speciale Osservatorio Strategico CeMISS. Gennaio 2016, pag. 71. 30 Putin’s Middle East Dream: The Russia Takeover. Russia is clawing its way back to being a superpower at the

expense of U.S. influence and prestige, in Newsweek International, 17 febbraio 2017, pag. 31. 31 REDAZIONE. La nuova strategia turca verso la Siria. https://notiziarioestero.com/2016/08/28/la-nuova-strategia-

turca-verso-la-siria. 28 agosto 2016 (P).

27

Questo zigzagante tatticismo ha portato, quindi, ad nuovo riavvicinamento tra le due

potenze, superando così un serio momento di contrasto seguito all’abbattimento di un jet russo da

parte della contraerea turca, durante il quale si è sfiorato lo scontro diretto, e bollando come un

tentativo di provocazione32 l’uccisione ad Ankara dell’Ambasciatore russo in Turchia, Andrej

Karlov; riavvicinamento che è stato favorito dai risultati nella guerra – riconquista di Aleppo da

parte delle forze governative – e dal fallito golpe in Turchia, per il quale il premier Erdoğan ha

subito fortissime critiche da UE e USA per la durissima repressione in danno di migliaia di

rappresentanti dell’opposizione33.

Sebbene anche questo periodo di distensione tra Russia e Turchia possa dimostrarsi

‘transitorio’, al momento appare soddisfare entrambi: Ankara intende prendere le distanze da

Washington e Mosca non potrebbe essere più soddisfatta dell’applicazione dello storico principio

secondo il quale “il nemico del mio nemico è mio amico”34.

La strategia russa, quindi, appare sufficientemente chiara. La Russia è riuscita nel

recentissimo passato a riassumere un ruolo importante nella gestione degli equilibri internazionali,

dimostrando di possedere una visione strategica chiara e delineata, comunque sufficientemente

flessibile per adeguarsi a specifiche congiunture. Il crollo del colosso sovietico e l’improvviso

isolamento sofferto nel periodo immediatamente successivo hanno spinto la Russia a nuove forme

di associazione nella ricerca di garanzie per il mantenimento della sicurezza nazionale.

Rivitalizzando alcune attività già in essere ai tempi dell’URSS e puntando, più che su alleanze

armate, sull’integrazione e lo sviluppo economico, la Russia ha avviato il progetto di costruzione

della “Grande Eurasia”. Questo spazio, costituito dall’insieme dei due continenti europeo e

asiatico, si estende dall’Atlantico al Pacifico e rappresenta un formidabile contesto per lo sviluppo

economico e commerciale dei Paesi che lo occupano. L’originaria partnership tra Russia,

Kazakistan e Bielorussia nell’Unione Doganale Eurasiatica si è trasformata, nel 2011, nell’Unione

Economica Eurasiatica, un progetto di collaborazione aperto, ovviamente, anche all’Unione

Europea che si porrebbe al suo fianco e non all’interno. L’UE, d’altra parte, rimane un partner

economico e commerciale strategico per la Russia che, pertanto, cerca di favorire ogni possibile

riavvicinamento nonostante le sanzioni applicate in seguito alle vicende legate alla penisola di

Crimea del 2014. In questo scenario, la ritrovata collaborazione con la Turchia, potrebbe favorire

la strategia russa. Per la Turchia, infatti, a dispetto dei toni alti utilizzati dal premier Erdoğan nei

confronti di alcuni Paesi europei che hanno vietato lo svolgimento di comizi propagandistici in

relazione al referendum turco per la riforma in senso “presidenziale” della Costituzione del Paese,

l’Europa costituisce un partner fondamentale nei campi economico, sociale e della sicurezza.

32 L’anello debole della strategia russa in Siria. Newsletter Transatlantico N. 86-2016. www.transatlantico.info/2017/strategia/lanello-debole-della-strategia-russa-in-siria . 6 gennaio 2017 (P). 33 Putin’s Middle East Dream: …Op. cit., pag. 32.

34 Ibidem, pag. 33.

28

Proprio questa propensione turca verso l’Occidente costituisce, per la Russia, il trait d'union con

l’Europa, elemento integrante della sua strategia globale. Una Turchia “amica” rappresenta, inoltre,

una garanzia di sicurezza per l’area post-sovietica di rispettiva influenza, e consente la ripartizione

degli sforzi per il mantenimento dello status quo nel Mar Nero, confacente ad entrambe i Paesi.

Questa relativa, ancorché potenzialmente temporanea, tranquillità ha concesso alla Russia

la possibilità di orientare la propria attenzione al Mar Mediterraneo, nel quale l’Occidente aveva, da

sempre, svolto un ruolo da padrone. La partecipazione alla guerra in Siria ha consentito alla

Russia di giocare un ruolo primario utilizzando le proprie capacità militari e diplomatiche nella

ricerca di una soluzione in grado di riportare, nella regione, la stabilità di cui la Russia necessità

per il perseguimento dei propri interessi strategici e di sicurezza nazionale. Attraverso il

consolidamento della presenza in Siria, l’amicizia con l’Iran - che ha consentito la partenza di

bombardieri russi da Hamadan e l’attraversamento del proprio spazio aereo a missili da crociera

lanciati da navi da guerra russe nel Mar Caspio – e la conduzione degli incontri per la ricerca di

una soluzione al conflitto siriano, la Russia ha prepotentemente riconquistato il ruolo di potenza del

quale si era sentita privata dopo la dissoluzione dell’URSS. L’annessione della Crimea, a fronte

del quale la Turchia, pur condannando apertamente l’operato russo e votando a favore sia della

risoluzione ONU che indicava la Crimea quale parte integrante dell’Ucraina sia della sospensione

della Russia dal Consiglio d’Europa, non ha causato evidenti fratture nei rapporti tra i due Paesi,35

consentendo a Mosca di rafforzare la propria presenza nel Mar Nero. I buoni rapporti con la

Turchia faciliteranno, inoltre, il transito delle navi russe da e per il Mar Mediterraneo dove la

presenza della Russia si va gradualmente imponendo, a fronte del progressivo disimpegno

statunitense avviato dalla presidenza Obama.

2.2 - I rapporti della Russia con i paesi del Nord Africa e loro influenza nei rapporti di forza

regionale.

Approfittando della mancanza di unanimità in seno all'Unione europea e vista l'incertezza

della politica estera USA, la Russia sta costruendo stretti legami con i paesi del Mediterraneo nel

preciso intento di recuperare, in quell’area, un ruolo di primo piano. In particolare i rapporti con la

Siria, l'Egitto, l'Algeria, la Libia e il Marocco possono aiutare a rafforzare la sua influenza in Medio

Oriente. Tutti questi paesi sono partner di Mosca in uno stretto rapporto di cooperazione militare e

tecnica. In cambio di forniture di armi, i paesi mediterranei sono pronti a concedere l'accesso ai

loro porti alla marina russa che complessivamente ha in servizio più di 30 grandi navi da guerra, 21

navi anfibie e oltre 50 sottomarini, dei quali 16 sottomarini trasportano missili balistici e 15 sono

armati di missili da crociera. Come abbiamo visto, oltre le spese per l’ammodernamento della base

siriana di Tartus, la Russia non ha intenzione di realizzare nuove basi, che risultano essere molto

35 BALCER A. Dances with the Bear:… Op. cit., pag. 28.

29

costose sia per l’installazione che per il mantenimento, ma intende creare le giuste intese affinché

vi siano un numero di sorgitori nel Mediterraneo pronti a dare supporto alla flotta Russa.

Al riguardo, è noto che il Ministero della Difesa russo sia in trattative con l’Egitto per ottenere

l'accesso alle basi aeree e navali, in particolare, un aeroporto nella città egiziana di Sidi Barrani.

L’esito delle trattative pare avviato al successo anche in considerazione degli eccellenti rapporti tra

il presidente russo Vladimir Putin ed il leader egiziano Abdel Fattah el-Sisi. Infatti, nonostante i

recenti cambiamenti sociali e politici, l’atmosfera di fiducia e rispetto reciproci ha sempre svolto un

ruolo chiave nel rapporto tra Mosca e Cairo. Attualmente, entrambi i Paesi sono partner in accordi

bilaterali e sulla scena internazionale. Ciò non sorprende, se si ricordano i capitoli gloriosi di una

partnership reciprocamente vantaggiosa quali la diga idroelettrica di Aswan, l’Helwan Iron and

Steel Works, fabbrica di alluminio a Nag Hammadi, l’Università russo-egiziana di Cairo e molto

altro. Oggi, secondo gli esperti, la Russia ha grandi opportunità d’investimento nell’economia

egiziana, dalle infrastrutture all’alta tecnologia come lo dimostra un importante accordo del

febbraio 2015 per la creazione di una zona di libero scambio della Russia con l’Unione Economica

Eurasiatica, firmato nel corso di una visita ufficiale del Presidente russo Vladimir Putin al Cairo.

Nello stesso anno l’Egitto ha firmato accordi con la Russia per 5 miliardi di dollari sugli armamenti,

tra cui 50 aerei da combattimento MiG-29M, sistemi di difesa aerea a lungo raggio Buk-M2E e

Antej-2500 e 50 elicotteri Ka-52K per le nuove navi d’assalto Mistral che l’Egitto ha acquistato in

Francia. Le navi anfibie furono costruite per la Russia, ma l’accordo su sospeso dalla Francia nel

settembre 2015. La Russia fornirà attrezzature e la versione navale degli elicotteri d’attacco Ka-

52K per armare le Mistral egiziane. Istruttori e personale russi saranno in Egitto per operare su

elicotteri e aerei da combattimento. I due Paesi hanno inoltre firmato diversi accordi per la

ristrutturazione degli impianti di produzione militare dell’Egitto. Un protocollo è stato firmato per

concedere all’Egitto l’accesso al GLONASS, il sistema di posizionamento satellitare globale russo.

A settembre 2016, il Ministro della Difesa Sadqy Sobhy ha visitato la Russia per rafforzare le

relazioni tra i due stati sulla sicurezza a lungo termine. In tale circostanza sono state gettate le basi

per proseguire le esercitazioni navali congiunte in Mediterraneo. La prima si ebbe già nel 2015 con

l’incrociatore lanciamissili Moskva, ammiraglia della Flotta del Mar Nero russa e presto la Marina

Egiziana potrebbe cooperare con la portaerei Admiral Kuznetsov, attualmente in pattugliamento

per la Siria.

I rapporti tra Algeria e Russia sono sempre stati intensi fin dai tempi della Guerra Fredda;

solo durante il governo di Mikhaïl Gorbatchov i rapporti subirono un certo raffreddamento, ma,

successivamente, la sottoscrizione di importanti contratti sul gas e sulle armi hanno consolidato i

rapporti russo-algerini. I due Paesi sono tra i più grandi fornitori di petrolio e di gas naturale

dell'Europa ed il rafforzamento della loro cooperazione politica ed economica risulta un asset

strategico per entrambi. Molti analisti pensano, infatti, che la Russia stia cercando di ottenere dei

diritti per sviluppare le riserve algerine di gas e petrolio, cosa, questa, che le permetterebbe di

30

avere maggior presa sui mercati europei tramite la Gazprom che è la più grande compagnia

energetica mondiale: essa produce un quinto del gas naturale al mondo ed è perciò in grado di

imporne il prezzo sui mercati internazionali. Oltre alla questione energetica, un altro motivo

altrettanto rilevante del rafforzamento della cooperazione tra i due paesi è la firma del più ampio

contratto di esportazioni di armi mai fatto nella Russia post-sovietica (circa 4 miliardi di dollari

statunitensi): esso comprende la fornitura all'Algeria di 28 caccia Su-30, 8 sezioni del sistema di

difesa aerea 300Mpu 2 Favorit e un lotto di carri armati T-90, nonché l'aggiornamento di 36 caccia

MiG-29Smt.

31

Capitolo III - RELAZIONI GEOPOLITICHE CON GLI STATI E LE

ORGANIZZAZIONI OCCIDENTALI (UE/NATO)

3.1 - Relazioni Russia – UE

I rapporti dell’Unione Europea con la Russia sono stati nel passato e sono tutt’oggi

particolarmente complessi e di grande importanza reciproca.

Per l’Unione Europea, la Russia è uno dei principali interlocutori sulle questioni di sicurezza,

oltre ad essere il maggior fornitore di energia e un partner commerciale di grande rilievo mentre,

per contro, l’UE a sua volta è il principale partner commerciale della Russia, e il suo primo

acquirente di energia36: circa il 30% delle importazioni europee di petrolio, assieme al 45% di

quelle di gas, provengono dalla Russia, che esporta in Europa intorno ai due terzi della produzione

di gas naturale.

Questa sintesi delinea uno scenario chiaro: la Russia è il terzo partner commerciale dell'UE,

mentre l'Unione Europea è il principale partner commerciale della Russia poiché la Russia detiene

saldamente la posizione di fornitore di energia fondamentale per l'UE, soddisfacendo oltre un terzo

della richiesta di petrolio e gas naturale dell'UE, e quasi per un quarto per quanto riguarda il

carbone.

Il settore oil and gas è pertanto il settore economico prioritario dell’economia russa. Basti

ricordare che la Federazione possiede infatti le maggiori riserve mondiali di gas, di cui è il primo

esportatore, mentre nel settore petrolifero la Russia è l’ottavo detentore al mondo di riserve

petrolifere, secondo esportatore mondiale di petrolio e terzo produttore: nello scorso anno si è

registrata ancora una produzione record (oltre la soglia dei 10 milioni di barili al giorno) e si è

confermata nel contempo l’importanza dell’esplorazione e del potenziale sfruttamento delle risorse

artiche e dell’attrazione di investimenti e tecnologia straniera per il futuro dell’industria estrattiva

russa37.

È possibile quindi trarre la sintesi che l’Unione Europea dipende dalle forniture energetiche

della Russia ossia il più grande paese fornitore di gas al mondo ed uno dei maggiori paesi

esportatori di petrolio.

In base a queste premesse, il rapporto che si è creato tra questi partner, nel corso della

storia, ruota intorno a temi economico e commerciali nel settore energetico, con oscillazioni tra

rafforzamento indebolimento: resta chiaro, tuttavia, che la cooperazione economica e commerciale

è sempre stata importante nel rapporto Russia – UE.

Più in generale, il settore energetico è il punto centrale delle collaborazioni e delle relazioni

della Russia con le altre potenze mondiali e gli altri paesi: per effetto della eccezionale produzione

36 http://www.iai.it/sites/default/files/pi_a_c_103.pdf

37 http://www.infomercatiesteri.it/dove_investire.php?id_paesi=88

32

di gas nello scorso anno, la Russia è stata la prima produttrice ed esportatrice di gas naturale al

mondo, con riserve seconde solo a quelle iraniane, rappresentando quindi le entrate oil and gas il

40% del bilancio pubblico ed il 58% delle esportazioni.

E’ quindi evidente come questa forte dipendenza dell’economia russa dal settore energetico

centralizzi per Mosca l’importanza strategica dei rapporti con i paesi consumatori di energia,

ricercando la stabilità e la cooperazione con quei paesi maggiormente fruitori dell’energia russa,

tra cui proprio l’Unione Europea.

Come conseguenza dei rapporti e delle collaborazione in ambito energetico e non solo, alla

fine del primo decennio di questo terzo millennio, il fatturato del commercio tra Russia ed UE

mostrava tassi di crescita elevati: questa tendenza fu interrotta a causa dell’avvenuta crisi

economica mondiale e quindi della crisi russa ed europea, nonché per effetto dell'adozione da

parte della Russia di una serie di misure unilaterali, che influenzarono negativamente le relazioni

commerciali tra Russia e UE.

Con gli inizi del secondo decennio, questo indice riprese la sua crescita e raggiunse un

valore record nel 2012, anno in cui le esportazioni e le importazioni dai paesi dell’UE in Russia

diminuirono leggermente, alla luce dell’introduzione da parte della Russia di alcune restrizioni

conseguenti all’entrata della Russia nell’OMC, Organizzazione Mondiale del Commercio.

Nel 2014, il fatturato del commercio tra la Russia e l'Unione Europea, anche dopo una

riduzione rispetto all'anno precedente, era pari a 285,5 miliardi di euro: ciò significa che l'Unione

Europea rappresentava, di fatto, il 49,6% del volume totale del commercio estero della Russia

mentre, a sua volta, per l'Unione Europea, la Russia rappresentava il terzo più grande partner

commerciale.

Tuttavia, la crisi economica in Russia tra il 2015 e il 2016 ebbe un impatto negativo sul

volume degli scambi commerciali Russia – UE, e il resto del mondo nel suo complesso: nei tempi

pre-crisi, quando il prezzo di un barile di petrolio superava 100 dollari, la Russia riuscì ad

accrescere significative riserve economiche, che le permisero, in un certo senso, il contenimento

dell’influenza negativa della congiuntura internazionale sulla sua economia.

In questi ultimi anni, oltre ad occuparsi di temi economico-energetici, la Russia ha iniziato ad

avvertire una serie di minacce alla società: minacce di carattere ambientale, sociale, tecnologico o

geopolitico.

Così come tutte le grandi potenze mondiali, la Russia sta assegnando molte risorse ai temi

contemporanei, sempre con l’obiettivo condiviso a livello mondiale, di innalzare il livello di

resilienza del Paese, per garantire la “continuità” di fronte ad eventi traumatici: proprio in

quest’ultimo ambito, la Russia è interessata a rafforzare la cooperazione con l'Unione Europea nei

settori della lotta al terrorismo, della criminalità organizzata, dell’immigrazione clandestina, del

traffico di esseri umani e del traffico di droga, oltre ad un confronto molto importante indirizzato alle

conseguenze dei cambiamenti climatici.

33

Su questi due temi, ma anche sui principali problemi politici del mondo moderno, tra cui la

risoluzione dei conflitti in Medio Oriente, in Afghanistan, nei Balcani e in altre regioni, nonché sulla

prevenzione della proliferazione delle armi di distruzione di massa e delle tecnologie correlate,

Russia e Unione Europea sono i maggiori organizzatori di conferenze mondiali.

Nelle evoluzioni dei rapporti di cooperazione tra Russia ed UE vi sta sempre alla base

l’Accordo di Partenariato e Cooperazione (APC) firmato nel giugno 1994 e che costituisce, da oltre

vent’anni, la base giuridica su cui poggiano tutti gli accordi operativi, ossia un fondamento giuridico

stabile per lo sviluppo globale del dialogo in vari campi: l’Accordo creò i presupposti per la

costruzione di approfondite relazioni economiche, compresa la prospettiva di formare una zona di

libero commercio, nell’ambito di un più ampio livello di cooperazione, venendo così a definire il

“frame” del dialogo politico tra la Russia e l'UE.

Infatti, constatata la differenza tra le economie degli Stati membri dell'Unione Europea, è

sempre stato prioritario per la Russia trovare modelli stabili per lo sviluppo economico sostenibile

in tutti i paesi dell'UE: uno strumento di sviluppo importante è la scelta giusta di un percorso stabile

di sviluppo innovativo anche per gli Stati membri più periferici.

La grande differenza nello sviluppo dei settori industriali e alimentari, apre grandi opportunità

per l'Unione Europea sulle rotte di approvvigionamento dei suoi prodotti altamente competitivi in

Russia che per contro, da parte sua, potrebbe garantire quelle forniture energetica tanto

indispensabili all’UE, operando così verso una riorganizzazione dei propri impianti di produzione

per effetto dei crediti europei, studiando e implementando tecnologie europee innovative nei

principali settori e offrendo propri prodotti ai mercati europei, in conformità con le norme dell'OMC

(Organizzazione Mondiale del Commercio).

Esistono infatti molte aree di sviluppo cooperativo ed integrato Russia – UE in grado di

arricchire reciprocamente queste due realtà, portandole fuori dalla prolungata crisi.

L’Unione Europea, così come Stati Uniti e Cina, in questi ultimi decenni, ha acuito i livelli di

attenzione nei confronti della Russia, paese che sin dai periodi della Guerra Fredda ha

rappresentato un punto di riferimento negli equilibri internazionali, ciò per conoscere meglio le linee

strategiche di rafforzamento della Federazione Russa al fine di gestire gli equilibri geopolitici.

Per contro, la Russia stessa, nell’avvertire questo atteggiamento guardingo da parte delle

maggiori potenze mondiali, ha sempre più innalzato i propri livelli di attenzione e di percezione

delle forze esterne elaborando, con sempre più particolarizzazione, un proprio programma di

sviluppo nazionale ed internazionale per la messa in sicurezza della propria esistenza e

coesistenza nei confronti degli equilibri internazionali: emerge come nelle relazioni internazionali,

la “forza” rivesta ancora un ruolo estremamente importante per la Russia, al punto tale da

sviluppare una propensione alla crescita delle capacità dei sistemi d’arma, come unico strumento

per tutelare la propria integrità nei confronti di uno scenario circostante che, oltre ad accerchiarla,

non ne condivide la medesima visione delle priorità di sicurezza.

34

Ecco perché la voce di spesa dedicata agli armamenti in Russia, dettata anche dalla crisi

con l’Ucraina e dall’intervento militare in Siria, evidenzia un budget per la Difesa oggi doppio

rispetto a dieci anni fa.

E’ per queste ragioni che con sempre maggior convinzione viene richiamata l’importanza e la

necessità di riprendere una cooperazione reciprocamente vantaggiosa tra Russia e Unione

Europea, capace di armonizzare processi di integrazione sullo spazio europeo ed ex sovietico,

nonché in grado di accrescere la costituzione di un sistema collettivo di sicurezza comune,

all’interno di una chiara cornice giuridica.

Proprio in ambito sicurezza, anche alla luce dei recenti accadimenti sul settore cyberspazio e

della difesa delle infrastrutture critiche, relativamente agli ultimi episodi di violazione dati da parte

della Russia, l’UE sta ripensando e rilanciando la costruzione di piattaforme informatiche europee

più sicure e dotate di intelligence e di gestione predittiva: è certo che una strategia di integrazione

digitale Russia – UE verrà discussa nei prossimi mesi sia come opzione della politica di sicurezza,

sia come strategia di sviluppo economico, ma per le stesse ragioni, di sviluppo e sicurezza, si

torna a discutere di una strategia comune per l’energia, essendo questa trasportata su una delle

tante infrastrutture critiche che consentono il funzionamento della società moderna, la

preservazione ed il funzionamento della quale è divenuta materia di primaria rilevanza

internazionale.

3.2 - Relazioni Russia – NATO

Con maggior enfasi rispetto al passato la Russia vede oggi l’Alleanza Atlantica quale

minaccia alla sicurezza nazionale, attiva militarmente a livello globale e intenta ad espandersi

verso i propri confini. Tale azione si integra con la presenza massiccia degli Stati Uniti, dotati di

sistemi missilistici dislocati in Europa, nella regione Asia-Pacifico e in Medio Oriente, ossia Mosca

considera complessivamente come una manovra di “distribuzione ad impatto globale”, costituito da

armi di precisione non nucleari.

Ci furono nel passato episodi che hanno significato il massimo esempio di divergenza nella

relazione Russia – NATO: uno tra questi, ricordati nella storia, è la guerra russo-georgiana.

Essa, infatti, ha rappresentato il culmine della crescente dissonanza strategica tra Russia e NATO,

il momento in cui ciascuna parte traeva differenti e discordanti conclusioni dallo stesso fatto, dalle

"rivoluzioni colorate" in Georgia e in Ucraina alle dispute sul gas tra Gazprom e Naftohaz Ukraini.

35

La fine della contrapposizione che aveva caratterizzato gli anni della guerra fredda si ebbe a

maggio 2002, nel vertice della NATO, dove per la prima volta le porte dell'Alleanza Atlantica si

aprirono all'ex-potenza sovietica. I capi di Stato e di governo dei 19 paesi membri dell'Alleanza e il

presidente russo Vladimir Putin misero la fine alla contrapposizione che caratterizzarono gli anni

della guerra fredda, inaugurando una nuova visione unitaria degli equilibri mondiali38.

Ciò tuttavia, l’analisi strategica di Mosca sviluppata dopo il 2008, mise in particolare risalto il

declino dell’influenza occidentale negli affari internazionali, l'incapacità della NATO a risolvere i

problemi di sicurezza europei, vedendo la NATO come una potenziale minaccia per gli interessi

russi, oltre all’inaccettabilità di una NATO nel ruolo di “poliziotto del mondo”.

La svolta si ebbe nel 2009, allorché la comunità euro-atlantica cercò di riavviare le relazioni

con la Russia, sforzandosi di recuperare e riattivare quelle relazioni a distanza di dieci anni,

interrotte dopo la guerra in Kosovo: infatti, a partire dal 2010, furono lanciate azioni per rivitalizzare

la collaborazione tra l'Alleanza Atlantica e la Russia e mettere a punto un effettivo partenariato

strategico con la Russia.

Il vertice NATO di Lisbona e i successivi incontri del novembre 2010 rappresentarono un

importante passaggio per rivitalizzare le relazioni, allorché i rispettivi vertici di Russia e NATO

sottolinearono l’avvio di una nuova fase nelle relazioni, con i relativi sforzi fatti per modernizzarla.

La NATO infatti riconobbe questa nuova cooperazione con la Russia di importanza

strategica, al fine di creare un comune spazio di pace, di stabilità e sicurezza, ossia una

cooperazione per contrastare il terrorismo, la pirateria, la droga, la promozione della sicurezza

internazionale e la difesa missilistica, decidendo di abbandonare tematiche che costituivano

differenti vedute ed elementi di contrasto del passato, tra cui la guerra russo-georgiana e il

riconoscimento da parte della Russia dell’Ossezia meridionale e dell’Abkhazia.

Resta però fermo un concetto base, che di fatto continua a rappresentare un divario tra

Russia e NATO, legato ai differenti modi d’intendere l'indivisibilità della sicurezza:

nella NATO, l'indivisibilità della sicurezza è determinata dalla complessiva natura della

sicurezza nelle sue tre dimensioni (umana, economica e politico-militare), della sicurezza tra gli

stati e del riconoscimento che la sicurezza dell’Europa e dell’Eurasia sia parte della sicurezza

globale.

a Mosca, l'indivisibilità della sicurezza viene considerata in modo diverso, in termini di livelli di

sicurezza: una stabilita politicamente a livello OSCE (Organization for Security and Cooperation

in Europe), e l’altra a livello NATO e UE, con impegni giuridicamente vincolanti, scenario in cui

Mosca non ha né voto né garanzie giuridiche.

38 https://it.wikipedia.org/wiki/Relazioni_bilaterali_tra_Italia_e_Russia

36

In uno scenario globale, è quanto mai evidente come gli equilibri e le forze in gioco siano

interdipendenti e, in questo senso, i tentativi condotti anche recentemente per migliorare le

relazioni Russia – NATO risentono del ruolo degli Stati Uniti.

Qualcosa in più si potrà comprendere a valle del vertice della NATO di fine maggio.

3.3 - Relazioni Russia – Italia

I rapporti tra la Russia e Italia sono molto antichi e negli anni si sono consolidati sul piano

politico, economico e commerciale: infatti, diversamente dagli altri Paesi Occidentali, l'Italia ha

sempre tradizionalmente mantenuto buone relazioni con la Russia, anche durante il periodo

sovietico, basando il rapporto russo-italiano su interessi commerciali, scambi culturali e umanitari

tra i due paesi.

Tale intensa relazione ha indotto Russia e Italia a finalizzare, negli anni, diversi protocolli

d’intesa e cooperazione, per agire congiuntamente contro il crimine e per difendere i diritti civili, su

base umanitaria, industriale e commerciale, al punto tale da rendere operativa addirittura una

Camera di Commercio Italo-Russa, con il fine di raggruppare le principali aziende Italiane che

operano in Russia e viceversa.

Vale la pena qui ricordare che fin dal lontano 1924, il Regno d'Italia, per volontà di Benito

Mussolini, riconobbe ufficialmente l'Unione Sovietica: questo rispetto e senso di riconoscimento

dell’Italia verso la Russia, durante la seconda guerra mondiale, quando l'Italia fascista combatté al

fianco della Germania nazista contro l'Unione Sovietica, si constatò anche nell’atteggiamento

“protezionistico” delle truppe italiane verso i civili russi, più benevolo rispetto a quello agito dai

tedeschi.

Nel passare degli anni, l’Italia in Europa ha assunto progressivamente per la Russia un ruolo

centrale, negli ultimi anni ulteriormente consolidato, al punto da potersi qualificare come "relazioni

privilegiate": l'Italia è il secondo più importante partner commerciale della Federazione Russa

nell'Unione Europea (dopo la Germania), il quarto nel mondo, (dopo la Germania, i Paesi Bassi e

la Cina; il terzo se si escludono i Paesi Bassi che statisticamente computano le merci in transito

per il porto di Rotterdam), e il settimo fornitore.

Il commercio tra Italia e Russia è esploso, raddoppiando negli ultimi 10 anni e fondato su due

elementi essenziali:

Le collaborazioni in ambito energetico – la Russia è il principale fornitore di energia all’Italia: da

Mosca acquistiamo infatti il 20% delle nostre importazioni di petrolio e il 47% delle nostre

importazioni di gas: proprio per questo motivo e per effetto della forte dipendenza dell’Italia dal

gas russo, l'azienda energetica di stato italiana, l'ENI, firmò diversi contratti e sviluppò un

ingente numero di programmi dedicati all’importazione di gas in Italia. E’ sufficiente qui ricordare

il Blue Stream nel 2003, uno dei principali gasdotti internazionali che trasporta gas naturale

dalla Russia alla Turchia attraverso il Mar Nero, costruito da una joint-venture tra la russa

37

Gazprom e dall'italiana ENI così come, la stessa collaborazione, diede luogo al gasdotto South

Stream, un progetto volto alla costruzione di un nuovo gasdotto per connettere direttamente

Russia ed UE.

Le collaborazioni in ambito industriale – la massima rappresentazione dell’industria italiana,

ovvero la FIAT, perfezionò un importante accordo economico-commerciale con la Russia

finalizzato a costruire un impianto di assemblaggio in Russia: nel 1964 il Governo Sovietico,

deliberò infatti la costruzione di un colossale impianto per la produzione di automobili "popolari",

affidando questo mandato alla FIAT, dalla quale venne acquisita la licenza per produrre alcuni

modelli di auto, come le famose 124.

A livello politico39, a differenza degli altri Paesi europei, l'Italia ha sempre mantenuto, anche

durante la guerra fredda un buon rapporto con la Russia: l'Italia aveva il più grande partito

comunista Occidentale, con oltre 2 milioni di iscritti ed in segno di riconoscimento, nel 1964, la città

di Stavropol'-na-Volge (Ста́врополь-На-Волге) assunse la denominazione di Togliatti, in onore di

Palmiro Togliatti, allora segretario del Partito Comunista Italiano.

Con la dissoluzione dell'Unione Sovietica, l'Italia riconobbe nel dicembre 1991 la

Federazione Russa come un soggetto di pieno diritto internazionale e successore dell'Unione

Sovietica.

Negli anni novanta, furono redatti due documenti sui quali si fondò il rapporto moderno tra la

Federazione Russa e la Repubblica italiana: un accordo di amicizia e ampia cooperazione

nell’ottobre 1994 e un "Piano d'azione nelle relazioni tra la Federazione Russa e la Repubblica

Italiana" nel febbraio 1998.

Dal 2000, dopo la prima visita ufficiale in Italia del presidente russo Vladimir Putin e la

nascita della simpatia tra i due paesi, fu promossa attivamente la cooperazione bilaterale, al punto

tale da creare un legame diretto Cremlino e Palazzo Chigi ed una serie di nuovi programmi

industriali.

La massima rappresentazione della collaborazione a livello industriale si ebbe nel settore

aerospace, sviluppando congiuntamente il programma Superjet 100, ovvero un aereo di linea

regionale biturbina da 75-100 posti prodotto da Sukhoi Civil Aircraft Company (SCAC), in

collaborazione con Alenia Aermacchi, società dell’allora gruppo Finmeccanica, oggi dal Gennaio

2016 una tra le più importanti Divisioni della società Leonardo.

Alla fine del primo decennio del terzo millennio si intensificarono gli ambiti di collaborazione

tra Russia e Italia: furono firmati a Mosca accordi con Finmeccanica per fornire sistemi di

segnalazione alle ferrovie di Mosca, con Pirelli per costruire uno stabilimento a Togliattigrad

dedicato alla produzione di pneumatici, con il gruppo Buzzi Unicem, già presente con altri due

cementifici sugli Urali e in Siberia, per la produzione di cemento.

39 https://it.wikipedia.org/wiki/Relazioni_bilaterali_tra_Italia_e_Russia

38

Altre importanti collaborazioni e relazioni sono state sviluppate per agevolare le adozioni di

minori, la lotta al traffico di droga e la cooperazione culturale.

Nel novembre 2013, nell'ambito del forum Russia – Italia e del concomitante vertice

bilaterale a Trieste, furono firmati 28 accordi commerciali, dedicati a finanza, energia e industria:

tra essi vengono annoverati gli accordi di Eni con Rosneft e con Novatek, di Poste e Selex (gruppo

Leonardo) con Poste russe, di Mediobanca, Fincantieri e Pirelli.

I rapporti tra Italia e Russia40 si sono conservati intensi e positivi anche in una fase delicata,

caratterizzata da un regime di misure restrittive imposte a Mosca dall’UE e dai principali partner

occidentali quali conseguenze ai gravi fatti occorsi in Ucraina fin dal 2014.

L’Italia ha sempre considerato necessario, pur riconoscendo le responsabilità russe rispetto

all’annessione della Crimea ed alla destabilizzazione in Donbass41, conservare un approccio

dialogante e costruttivo con la Federazione Russa, basato sulla necessità di un approccio

inclusivo, che incentivi la Russia a collaborare alla ricerca di soluzioni condivise ai principali

problemi globali, incluso il contrasto all’estremismo violento, ed alle maggiori crisi internazionali.

Il livello complessivo dei rapporti economici Russia – Italia rimane importante, anche se si è

registrato un importante calo dell’interscambio a partire dal 2014, dovuto sostanzialmente alla

congiuntura negativa dell’economia russa, al crollo del prezzo degli idrocarburi, alla svalutazione

del rublo e alle restrizioni agli scambi seguite alla crisi ucraina: nonostante ciò, l’interscambio ha

superato i 21 miliardi di euro nel 2015. Oggi in Russia sono stabilmente presenti circa 400 imprese

italiane, di cui 70 con impianti produttivi, cui si aggiungono 8 banche e alcuni studi legali. I settori

più rilevanti delle nostre esportazioni sono macchinari e apparecchi meccanici, tessile,

arredamento, materie plastiche e prodotti farmaceutici.

40 http://www.esteri.it/mae/it/politica_estera/aree_geografiche/europa/i_nuovi_rapporti.html

41 Donbass è il bacino del Donek e dell’omonimo fiume che attraversa Russia e Ucraina, area storica che dal 2014 non

fa più parte dell’Ucraina.

39

Capitolo IV - LA LEADERSHIP ENERGETICA DELLA RUSSIA

4.1 - Le vie del gas russo verso l’Europa

Lo scenario energetico mondiale sta cambiando, in particolar modo quello dell’area del

Mediterraneo. La scarsa quantità di petrolio, il crollo del prezzo dei combustibili fossili e il gas

attestato su livelli minimi danno inizio ad una nuova era, in cui i Paesi del Medio Oriente e del Nord

Africa mostrano le loro ambizioni. Ma la crisi che si sta avendo nell’area mediterranea va al di là

della questione energetica: per questo motivo, per creare una maggiore stabilità, è necessaria la

messa in campo di obiettivi comuni europei e dei Paesi MENA (Middle East - North Africa).

L’instabilità geopolitica dell’area, non nuova a conflitti interni, trova spiegazione sia nella crisi degli

stati arabi, sia nei vecchi confini imposti in passato dall’Occidente. È proprio in quest’ottica che si

ripropone con prepotenza la Russia, in particolar modo dopo il riavvicinamento con la Turchia: in

un certo senso la Russia utilizza l’energia, in particolar modo il gas, come “arma strategica” nei

confronti dell’Europa.

La Russia è una superpotenza energetica e possiede le più grandi riserve di gas naturale nel

mondo, nonché le ottave più grandi riserve di petrolio, rendendola così il principale esportatore

mondiale di gas naturale e il secondo più grande produttore.

La più importante azienda al mondo di energia è infatti la società russa Gazprom42, che

possiede circa il 17% delle riserve di gas mondiali e il 72% delle riserve di gas russe e che al

momento sta implementando progetti di sviluppo del gas su larga scala. La suddetta azienda è

fornitrice di gas per consumatori russi e stranieri, inoltre possiede il più grande sistema di

trasmissione (circa 171.2 mila chilometri).

La Federazione Russa rifornisce l’Europa attraverso i suoi pipeline, primo fra tutti il Nord

Stream che collega direttamente la Russia con la Germania (Fig. 1): partendo da Vyborg in Russia

attraversa il Mar Baltico e arriva nei pressi di Greifwald in Germania.

Un doppio gasdotto lungo 1224 km che gioca un ruolo importante nell’assicurare

un’affidabile fornitura di gas naturale russo all’Europa, pari a circa 55 bcm all’anno. La costruzione

della Linea 1 del sistema di pipeline gemelli iniziò nell’aprile 2010 e fu completato nel giugno 2011,

mentre il trasporto di gas ebbe inizio nel novembre 2011. La costruzione della Linea 2 invece fu

iniziata nel maggio 2011 e completata nell’aprile 2012; nell’ottobre dello stesso anno ebbe inizio

anche il trasporto di gas mediante la seconda conduttura.

42 Gazprom è la più importante compagnia russa, che detiene le più grandi riserve di gas naturale al mondo. Inoltre è il

più grande esportatore di gas naturale nel mercato europeo, la quota di gas russo nel consumo europeo di gas

ammonta al 34 %.

40

(FIGURA 1 | Fonte: www. gazprom.net - Nord Stream)

La grande richiesta di gas da parte dell’Europa ha portato Gazprom a spingere per la

realizzazione di un Nord Stream 2, che affiancherebbe il Nord Stream. Così nel giugno del 2015 si

è arrivati alla firma di un Memorandum43, che riflette la volontà delle parti di realizzare la

costruzione di due pipeline aggiuntivi. Il 9 dicembre del 2016, la Nord Stream 2 AG e Allseas44

hanno siglato la lettera di intenti per la deposizione della prima stringa della sezione offshore del

gasdotto attraverso il Baltico, con la possibilità di collaborare anche per la realizzazione della

seconda.

Il Blue Stream è invece una struttura di trasmissione di gas unica, che non ha simili nel

mondo, un pipeline che collega la Russia con la Turchia e giace interamente nel Mar Nero per

1213 km, aggirando paesi terzi (Fig.2). Questo progetto ha aumentato significativamente la

fornitura di riserve di gas alla Turchia e contribuisce allo sviluppo del mercato del gas e delle

infrastrutture nello stesso paese.

(FIGURA 2 | Fonte: Gazprom. Bluestream)

43 Memorandum siglato da Alexey Miller, presidente del Comitato di gestione di Gazprom, Klaus Schaefer, Membro del

Consiglio di amministrazione di E.ON, Ben van Beurden, amministratore delegato della Royal Dutch Shell e Manfred

Leitner, Membro del Consiglio di amministrazione di OMV.

44 Nosd Stream 2 AG è un consorzio per la costruzione e il funzionamento del gasdotto Nord Stream 2. Allseas Gropu

S.A. è un appaltatore offshore con sede in Svizzera, specializzato in condutture, carichi pesanti e costruzioni

sottomarine.

41

Infine il Turkstream (o Turkish Stream), ovvero un progetto per la costruzione di un gasdotto

che attraversa il Mar Nero e collega la Russia alla Turchia, bypassando l’Ucraina, e poi dalla

Turchia giunge ai paesi vicini (Fig. 3). La prima stringa del gasdotto è quindi destinata ai

consumatori turchi, mentre la seconda consegnerà il gas ai paesi del Sud e Sudest Europa.

(FIGURA 3 | Fonte: Gazprom. Turkstream)

Il Turkstream va a sostituire il South Stream45 (Fig. 4), che fu concepito per collegare la

Russia all’Europa, ma che trovò difficoltà nella definizione dell’accordo tra Mosca e l’UE; visti

quindi la richiesta di gas da parte dell’Europa in costante aumento, si decise di ripiegare sul

Turkstream. Non pochi furono gli ostacoli all’accordo, causati principalmente dal rapporto

altalenante tra Russia e Turchia, che sembrava aver congelato definitivamente il progetto in

seguito all’abbattimento di un aereo russo da parte della Turchia il 24 novembre del 2015.

La Turchia era, ed è tuttora, il primo cliente della multinazionale Gazprom (dopo la Germania) e

riceve il gas naturale da Mosca attraverso le pipeline Trans Balkan e Blue Stream; pertanto il

suddetto congelamento mise in evidenza due aspetti: la debole posizione della Turchia nella

disputa e la posizione di forza della Russia, la quale avrebbe comunque compensato le perdite

grazie al Nord Stream 2 oppure trasportando la materia prima attraverso i Balcani.

Il “disgelo” tra i due paesi è iniziato in occasione del summit di San Pietroburgo nell’agosto

del 2016, grazie alle scuse presentate dal presidente turco Erdogan a Putin per l’abbattimento

dell’aereo russo nel novembre del 2015 e alla “soffiata” russa sul colpo di stato da parte dei militari

nel luglio 2016. Un ritrovato accordo tra i due, suggellato nel nome degli interessi energetici, che

ha fatto resuscitare il Turkish Stream e che prevede la costruzione di due linee principali sul fondo

del Mar Nero, prevista per la fine del 2019. Il costo previsto è di 11,4 miliardi di euro per 910 km di

tratto sottomarino e 180 sul territorio turco.

45 South Stream era un progetto pensato per la costruzione di un gasdotto che avrebbe dovuto connettere direttamente

la Russia e l’Unione Europea, bypassando tutti i Paesi extra comunitari dal transito. Un progetto promosso da Eni,

Gazprom, EDF e Wintershall.

42

Putin e la Federazione Russa hanno quindi già raggiunto un obiettivo: la rottura dell’asse del

Mar Nero, ovvero quel partenariato politico e militare tra la Turchia e l’Ucraina generato in

prospettiva anti-russa e supportato dalla NATO.

4.2 - L’energia come strumento di equilibrio nel Mediterraneo

La difesa e l’espansione degli interessi russi nel Mediterraneo non possono essere garantiti

solo dallo strumento militare; in tale ottica, il Cremlino ha puntato su uno dei principali assetti

strategici: il petrolio e le risorse energetiche. La dimensione energetica è quindi un elemento che

può portare ad “un ordine” nel Mediterraneo. La Russia a questo proposito si è servita della

compagnia petrolifera statale Rosneft per chiudere accordi con l’Eni sul grande giacimento di gas,

denominato Zohr, e ha mostrato interesse più a est verso quelli israeliani.

(Fonte: Eni | Eni in Egitto)

Pochi mesi fa, il 20% della società petrolifera è stato privatizzato, con un intervento corposo

della Qatar Investment Authority, finanziato da Intesa Sanpaolo46. Il Qatar è coinvolto pienamente

in questa operazione: ha interesse affinché le manovre di Rosneft, in cui ha investito, abbiano

successo, e allo stesso tempo ha enormi legami con l’Italia. Per esempio, l’Italia dipende per il

10% dal gas naturale di Doha, che viene gestito attraverso l’impianto di rigassificazione di Rovigo,

di cui i qatarini detengono ancora il 20%, una quota scelta come garanzia di sicurezza per i

guadagni futuri.

46 La banca italiana ha grandi legami con la Russia. Ma c’è di più: Rosneft ha già storiche relazioni con l’Italia, per il

ruolo avuto in Saras della famiglia Moratti.

43

Va inoltre ricordato che il Qatar vendendo il gas in forma liquefatta, ha bisogno quindi di questi

scali e soprattutto ha necessità che i passaggi cruciali per le navi che esportano il proprio bene

siano liberi. Si delinea così il quadro della situazione: la Russia inserendo Rosneft in queste

dinamiche mediterranee si assicura l’amicizia italiana e qatarina. Quest’ultimo legame serve a sua

volta a rassicurare l’Egitto del presidente Abdel Fatah al Sisi, il quale combatte l’Islam politico

rappresentato dalla Fratellanza Musulmana, storicamente sponsorizzata dal Qatar; ma fintanto che

il Qatar si muove all’interno di quelle dinamiche, il Cairo può ritenere che gli emiri non spingano per

destabilizzare la regione. Per il buon fine di questi affari economici serve stabilità: in particolare, è

necessario un ordine politico, militare ed economico. È inoltre importante ricordare che gli egiziani

hanno la sovranità territoriale nell’area di Zohr e che di questo disegno russo beneficia anche

l’Italia. Nella zona orientale del Mediterraneo i grandi pozzi come quello egiziano e quelli israeliani

comporteranno la costruzione di gasdotti, infrastrutture che segnano fisicamente i legami tra Stati.

Rosneft ha da poco annunciato anche un accordo con la NOC (National Oil Corporation),

società statale libica che si occupa di petrolio.

A questo punto Mosca dovrà risolvere un’ambiguità importante: infatti, nonostante la

strategia attuata dalla Russia con Rosneft comporti la costruzione di “un ordine regionale” di cui

essa è tra gli attori principali, la stessa, risultando membro permanente del Consiglio di Sicurezza

delle Nazioni Unite, non può tessere trame solo con una parte del Paese, facendo da sponsor al

partito d’opposizione di un governo che l’ONU invece sta cercando di sostenere.

In definitiva, quindi, non c’è nessun ostacolo al perseguimento dello schema del

Mediterraneo che la Russia sta attuando: la scelta dell’energia è strategica e verosimilmente

funzionale e in tale ottica è necessaria la creazione di una fitta rete di legami con Stati come l’Iran,

che esercita un’influenza nell’area al pari di quella russa. Ciò in quanto Mosca non può

sottovalutare la minaccia del programma nucleare iraniano, di cui teme una riqualificazione

militare.

4.3 - Implicazioni energetiche per l’Italia e l’Unione Europea.

Bisogna premettere che la dipendenza energetica dell’Unione Europea ha da sempre

costituito il suo tallone d’Achille, tanto che oltre la metà del suo fabbisogno energetico è coperto

dalle importazioni di idrocarburi (Fig. 4). Infatti nonostante la volontà di molti paesi europei, in

particolare l’Italia47, di voler sviluppare la propria politica estera energetica in direzione Nord-Sud,

quindi verso i paesi africani (come l’Algeria), il principale esportatore rimane la Federazione Russa.

Questo anche a causa sia dell’instabilità politica che della scarsità degli investimenti nei paesi

africani, che hanno portato ad una scarsa espansione e ad esportazioni a livello di plateau.

47 Il 2 dicembre 2014, subito dopo la cancellazione del progetto South Stream, il premier italiano Renzi illustra al suo

omologo algerino Abd al-Malik Sallal come “la tematica energetica si svilupperà sempre più in direzione Nord-Sud e

le relazioni con i paesi africani saranno di primaria importanza”.

44

(FIGURA 4 | Importazioni energetiche nell’UE)

Nell’ambito del suo concetto di sicurezza energetica l’Unione Europea ha dovuto più volte

affrontare la scelta fra diversi tracciati di gasdotti per l’afflusso di gas dalla Russia, dal Caucaso,

dal Medio Oriente e dall’Asia Centrale. Nei primi anni 2000 le alternative per l’UE erano il Nabucco,

il South Stream e il Trans Adriatic Pipeline (TAP).

Il Nabucco era un ambizioso progetto nel tentativo di sganciare l’Europa dal gas russo; esso

avrebbe dovuto portare il gas naturale dal mar Caspio48 attraverso il Caucaso e Turchia fino

all’Austria ed essendo un progetto europeo era sostenuto in un primo momento dalla Commissione

Europea e dagli Stati Uniti: in questo modo garantiva una buona differenziazione delle fonti ed

escludeva quelle russe.

Il TAP (Trans Adriatic Pipeline – Fig. 5) invece è il progetto volto alla costruzione di un

gasdotto di 870 km che dal confine greco-turco approda in Italia, permettendo l’afflusso di gas

naturale proveniente dal Mar Caspio e che insieme al TANAP (Trans Anatolian Pipeline) e a SCP

(South Caucasus Pipeline) aprirà il cosiddetto Corridoio Sud del Gas.

48 Gas naturale proveniente da Azerbaijan, Turkmenistan, Kazakhstan, Uzbekistan, Iran, Iraq, Egitto e così via.

45

(FIGURA 5 | Fonte: www.tap-ag.it | TAP)

L’ultimo era il South Stream49, progettato per trasportare il gas dalla Russia all’Italia

attraverso il Mar Nero e la Bulgaria, bypassando i rischi di transito in Ucraina. Una conduttura dalla

portata di 63 miliardi di metri cubi di gas, compartecipata da Gazprom, ENI e altri enti europei, ma

che ha trovato ostacoli sia nell’indecisione del governo bulgaro che nella Commissione UE. Proprio

a causa di questo atteggiamento titubante della Bulgaria e della posizione non costruttiva della

Commissione, il premier russo Putin annunciò il 1 dicembre 2014 l’interruzione del progetto South

Stream. Nello stesso momento Alexej Miller, presidente del consiglio di amministrazione di

Gazprom e Mehmet Konuk, suo omologo della Botas Petroleum Pipeline Corporation,

sottoscrivevano ad Ankara un memorandum di collaborazione per la costruzione di un gasdotto

offshore che dovrebbe attraversare il Mar Nero fino a giungere in Turchia: il Turkstream.

In questo modo il South Stream è diventato un terreno di scontro nella guerra economica tra

Occidente e Russia. Inoltre l’abbandono del progetto non ha fatto altro che scatenare la

frustrazione di molti paesi del Sud Europa che ne avrebbero beneficiato, essi hanno perso i loro

investimenti già effettuati nella costruzione della conduttura e i potenziali futuri benefici.

L’Italia potrebbe trarre beneficio da questo nuovo progetto? Il passaggio dal naufragato

South Stream al Turkish Stream in realtà non ha portato vantaggi all’Italia, poiché la società South

Stream Transport50, che ha in appalto la costruzione della pipeline russo-turca, ha firmato un

contratto con la società offshore svizzera Allseas. Accordo che prevede la costruzione di due

condutture sul fondo del Mar Nero, di cui la prima già appaltata e la seconda in opzione alla stessa

società svizzera. Dal momento che le tratte dei suddetti South e Turkish Stream sono quasi

coincidenti (Fig. 6) la scelta più logica sarebbe stata quella di continuare ad utilizzare la ditta

49 Primo accordo nel 2007 siglato da Romano Prodi. Validità del progetto riconfermata da Silvio Berlusconi nell’agosto

2009.

50 La South Stream Transport B.V. è una compagnia, con sede ad Amsterdam, Olanda, sussidiaria di Gazprom e

responsabile per la costruzione del gasdotto Turkstream.

46

italiana Saipem51, che già nel 2014 si era aggiudicata l’appalto per 2,4 miliardi di euro relativo al

South Stream, di cui 400 milioni già contabilizzati. Per questo motivo Saipem ha attivato un

arbitrato52 per tentare di recuperare da Gazprom i costi sostenuti per gli investimenti già realizzati

sul progetto naufragato.

(FIGURA 6 | Fonte: Gazprom | South Stream vs. Turkish Stream)

In definitiva la chiave per capire come la Russia influenzi l’Unione Europea va ricercata nel

campo della geopolitica energetica: si potrà capire quanto l’Europa dipenda da Mosca (dal suo gas

e dal suo petrolio) solo quando si avrà ben chiaro lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività

del prodotto fornito in un mercato globale.

Il coinvolgimento dei paesi della NATO nel settore dell’energia indica proprio la necessità di

legare il tema economico/energetico al tema della sicurezza e difesa. L’energia risulta essere una

variabile decisiva per la creazione di nuove vie di cooperazione e integrazione nella regione euro-

mediterranea, decisiva inoltre per legare insieme obiettivi strategici, politici, economici e di stabilità.

51 Saipem S.p.A. (Società Anonima Italiana Perforazioni e Montaggi) è una società per azioni nata nel 1956 e che

opera nel settore della prestazione dei servizi per il settore petrolifero. E’ leader mondiale nei servizi di perforazione,

ingegneria, approvvigionamento, costruzione e installazione di condotte e grandi impianti nel settore oil e gas a mare

e a terra.

52 https://www.milanofinanza.it/news/gazprom-sceglie-allseas-per-il-turkish-stream-non-saipem-201612081346255946

47

CONCLUSIONI

La Federazione Russa, come si è visto, ha interessi consolidati da lungo tempo nel

Mediterraneo: sia l’impero zarista sia “l’impero sovietico” hanno avuto stretti legami con i Paesi

Arabi e africani, sostenendo fortemente negli anni Cinquanta e Sessanta il loro iter di

decolonizzazione, seguito poi da una forte presenza nella costruzione di infrastrutture (da

ricordare, tra l’altro, la diga di Assuan in Egitto, e quelle in Algeria) e di porti, con l’evidente scopo

di ottenere basi nel Mediterraneo, oltre che nella vendita di armi a quei Paesi (soprattutto alla Libia

e alla Siria): il tutto, nel quadro militare del Patto di Varsavia e nel contesto storico della Guerra

Fredda.

V’è stato un momento di pausa in questi stretti rapporti, quando i problemi interni all’Unione

Sovietica, che hanno portato alla sua implosione e disintegrazione, hanno rallentato i legami

politico-economici, ripresi quasi subito agli inizi degli anni 2000.

Ordunque, la rinnovata attenzione della Federazione Russa verso la dimensione marittima

della propria strategia, focalizzata in particolare sulla regione del Mediterraneo, va considerata

come effetto di reazione ad un ambiente internazionale che agli occhi di Mosca pare offrire sempre

maggiori spunti di preoccupazione e, parimenti, di opportunità.

La percezione di un’accresciuta ostilità da parte dell’Occidente conduce ad un maggior

attivismo del Cremlino che tende anche ad incanalarsi in atteggiamenti assertivi.

In ambito navale questo si è tradotto nella volontà di riconfigurare la precedente dottrina

marittima in termini maggiormente chiari con riferimento alle aspirazioni di grande potenza,

mantenendo un atteggiamento riflessivo nei confronti dei propri stessi limiti, segnatamente di

natura industriale ed economica.

Accanto ad elementi di continuità con le linee generali del pensiero politico russo come la

centralità dello Stato, si affiancano importanti svolte, come l’ampliamento degli scenari regionali di

interesse per la Marina Militare, in chiave strategica.

Tale allargamento degli scenari ha dispiegato i suoi effetti con una maggiore presenza

navale, di natura permanente e militare, nel Mar Mediterraneo e nel Mar Nero, laddove risultano

ben evidenti le linee strategiche russe che conducono rispettivamente al Medio Oriente e

all’Ucraina.

Il Mediterraneo è un mare cruciale per lo sviluppo dei commerci mondiali, non solo quelli che

riguardano il Medio-Oriente e l’Europa, ma anche per la rete di commercio globale che vede oggi

come protagoniste le compagnie di spedizioni marittime cinesi, che circumnavigano il globo

trasportando non solo merci proprie ma anche beni prodotti da Stati Uniti, Canada ed Europa.

Il Mediterraneo è inoltre il luogo cruciale per il commercio di risorse energetiche di Russia, Iran

Arabia Saudita, Repubbliche Caucasiche e oggi anche Egitto ed Israele.

48

Il rafforzamento della flotta nel Bacino Mediterraneo è infatti funzionale, precipuamente, alla

possibilità di condurre con maggior autorevolezza ed efficacia azioni di supporto ad aree calde per

la politica internazionale contemporanea, tra cui la Siria. D’altronde, è notorio che la Russia ha

numerosi interessi politici, economici e militari in Medio Oriente, tra cui lo sfruttamento dei

giacimenti di gas individuati nell’area, investimenti in infrastrutture energetiche: interessi, questi,

rivolti in particolare nei confronti della Siria, che rappresenta oggi per gli strateghi del Cremlino il

luogo chiave per il controllo del Mediterraneo, grazie alla piccola base di Tartus. Dall’altro

versante, invece, una più solida presenza nel Mar Nero è richiesta dalla annessione di Crimea e

Sebastopoli: si assiste qui, ancora una volta, ad una confluenza di obiettivi tra dominio interno ed

esterno della sfera politica russa, ossia tra bisogno di promuovere lo sviluppo ed una maggiore

integrazione economica della regione dopo lo shock geopolitico che ha investito l’area, ed allo

stesso modo la necessità di impiantare rapidamente un valido deterrente rispetto ad eventuali

nuovi capovolgimenti dello status quo appena definito, da cui la rafforzata presenza navale nella

regione.

Mette conto anche citare invero anche l’area del Mar Baltico, rilevante almeno per un paio di

questioni: da un canto, l’annosa questione di Kaliningrad, porzione di territorio russo racchiusa tra

Polonia e Lituania, che offre alla Russia una testa di ponte militare e commerciale verso l’Europa

centro-orientale. Dall’altro canto, possiamo ricordare alcune dispute con i Paesi Scandinavi, in

particolar modo con la Svezia, con riferimento alla delimitazione delle aree di sovranità marittima, e

le tensioni sollevate con Estonia, Lettonia e Lituania inerenti a questioni energetiche.

Il Cremlino non perde occasione per dimostrare al mondo che alla Russia non può essere

negato il ruolo di potente attore regionale. E’ la dimostrazione pratica della “coercitive diplomacy”

russa che costringe forzosamente gli altri Paesi ad includere valutazioni sulla presenza e/o

reazione russa nelle scelte strategiche dell’Occidente.

Nel bacino del Mediterraneo la Federazione Russa ha, come visto, oltre che preminenti

interessi energetici ed infrastrutturali, partner economici di primo piano, quali Algeria, Egitto e Siria.

Questi Paesi, si è detto, sono acquirenti di armamenti russi, enorme fonte di provento per la Difesa

negli ultimi anni, anche grazie al teatro operativo siriano che Mosca ha abilmente sfruttato quale

“vetrina” per i propri armamenti, a dimostrazione dell’efficacia e versatilità delle proprie

costruzioni53.

A conclusione del presente lavoro, va sottolineato che in termini generali la flotta russa si

qualifica come una “green water force”: Mosca, infatti, grazie alle sue unità di dimensioni moderate

e relativamente moderne, detiene piene capacità di esercitare via mare deterrenza sia

53 Ad esempio si citano l’impiego di caccia intercettori in un territorio in cui la superiorità aerea dei bombardieri russi è

palese o l’impiego di Unità di superficie e caccia strategici per il lancio di missili da crociera Sagaris, a prescindere

dal ridislocamento sul territorio di una componente aeree in grado di raggiungere autonomamente tutta la Siria.

Rilevante evidenziare che detti lanci di missili cruise siano stati costantemente documentati sui media russi, che

hanno sbandierato a tutto il mondo, con una copertura puntuale e quasi in tempo reale, l’efficacia degli armamenti e

le capacità offensive a lungo raggio della Marina e dell’Aeronautica.

49

convenzionale che nucleare entro un raggio d’azione che interessa tutta l’Europa e buona parte

dell’Asia Centrale, vedendo dunque coperte le aree di interesse strategico essenziale. Manca,

tuttavia la capacità di operare in alto mare, lontano dalle coste nazionali o dai porti sicuri, il che

ridimensiona notevolmente l’aspirazione al rango di grande potenza navale globale in grado di

dispiegare “blue water capabilities”, alla stregua degli Stati Uniti d’America.

E’ pur vero che allo stato attuale la marina russa risulta in grado di fronteggiare nel

Mediterraneo lo sforzo navale americano, oggi primariamente concentrato sul contrasto della Cina

sullo scenario internazionale. Infatti con una Marina operante per circa il 60% nel Pacifico, gli Stati

Uniti lasciano inevitabilmente scoperte altre aree marittime, esponendole all’attivismo di altri attori

concorrenti nei bacini europei, tra cui –come già visto- la Russia.

50

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ambasciatore-russo-ankara

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40. http://wikipedia.org/wiki/guerra_fredda

41. http://wikipedia.org/wiki/patto_di_varsavia;

42. http://wikipedia.org/wiki/classe_seawolf

43. http://wikiwand.com/it/Marine_royale (marocco)

53

44. http://www.analisidifesa.it/2013/11/i-programmi-di-ammodernamento-della-marine-national-

algerienne/

54

Curricula

Gen. B. Oronzo GRECO

Il Generale di Brigata della Guardia di Finanza Oronzo Greco è nato in provincia di Bari il 5

gennaio 1963. Ha frequentato i corsi ordinari dell’Accademia della Guardia di Finanza in

Bergamo dal 1984 al 1988. Successivamente ha svolto vari incarichi operativi nella Capitale e

nel Nordest d’Italia. Attualmente è in forza all’Ispettorato della Guardia di Finanza per gli Istituti

d’istruzione, per la frequenza del corso IASD. È laureato in Giurisprudenza, Economia e

Commercio, Sociologia e Scienze della sicurezza economico-finanziaria.

Gen. B. Osama M. K. S. BESHR

Il Generale di Brigata Osama Mohamed Kamal Shahawy Beshr è nato a Kafrelshikh, Egitto, il 1

marzo 1971. Anzianità di servizio 10 ottobre 1988, anzianità di grado 1 gennaio 2017.

C.A. Pietro COVINO

Il Contrammiraglio Pietro Covino è nato a Taranto l’11 dicembre 1960. Dopo la laurea in

Giurisprudenza, conseguita nel 1982 presso l’Università degli studi di Modena, entra in

Accademia Navale quale ufficiale del Corpo di Commissariato Militare Marittimo. Nel corso della

carriera ha assolto numerosi incarichi di natura amministrativo-finanziaria ed operativi sia in

periferia che presso lo Stato Maggiore della Marina. Specializzato quale Consigliere giuridico

per le operazioni marittime e gli affari legali, negli ultimi anni ha assolto l’incarico di Capo Ufficio

Generale Affari legali dello Stato Maggiore Marina ed attualmente è il Capo del 1° Reparto

dell’Ufficio Centrale del Bilancio e degli affari Finanziari.

Col. AM Giuseppe MEGA

Il Colonnello dell’Aeronautica Militare Giuseppe Mega è nato a Roma l’11 ottobre del 1962. Ha

frequentato l’Accademia Aeronautica dal 1981 al 1985, specializzandosi successivamente nel

settore della Difesa Aerea. Attualmente presta servizio presso il Servizio dei Supporti del

Comando Logistico AM con l’incarico di Capo Reparto Supporto Operativo. È laureato in

Scienze Aeronautiche all’Università Federico II di Napoli e in Scienze Internazionali e

Diplomatiche all’Università di Trieste.

55

Col. E.I. Stefano FRANCESCONI

Il Colonnello dell’Esercito Italiano Stefano Francesconi è nato a Roma il 5 settembre 1969. Ha

frequentato l’Accademia militare di Modena dal 1998 al 1999 e la scuola di applicazione di

Torino dal 1990 al 1993. Attualmente presta servizio allo Stato Maggiore dell’Esercito come

Capo Ufficio Pianificazione e Coordinamento Risorse C4I, occupandosi in particolare degli

approvvigionamenti CIS (Communication And Informatica Systems). È laureato in Scienze

dell’Informazione all’Università di Torino.

Col. Yinsheng HE

Il Colonnello Yinsheng He è nato ad Anhui, Cina, il 10 agosto 1971. Anzianità di servizio 1

settembre 1989, anzianità di grado 1 luglio 2009.

Ing. Claudio RANDO

L’ingegnere Claudio Rando è nato a Genova il 5 febbraio 1964. Si è laureato con lode in

Ingegneria Elettronica all’Università di Genova. Entra nel mondo del lavoro nel 1991 in Elsag

Bainley nel ruolo di analista di processo, per poi occupare l’incarico di Responsabile

dell’ingegneria d’Offerta per l’estero nel 1997 e diventare responsabile commerciale Italia/estero

nel 2000. Dal 2012 riveste il ruolo di Direttore Commerciale, prima sul mercato Industria e da 3

anni sul mercato Government Italia/estero, per la Divisione Secure Information Systems. Parla

Inglese, Francese e Spagnolo.

Dott.ssa Benedetta Giovanna PELLEGRINO

La dottoressa Benedetta Giovanna Pellegrino è nata a Manfredonia (FG) il 16 gennaio 1991.

Ha ottenuto la laurea triennale in Scienze Politiche, con indirizzo politologico, e la magistrale in

Relazioni Internazionali presso la Luiss Guido Carli di Roma. Frequenta il Master di II livello in

Strategia globale e sicurezza organizzato dallo IASD in collaborazione con l’Università

Sapienza di Roma.

Stampato dalla Tipografia delCentro Alti Studi per la Difesa