STRANI MA VERI! - FamilyWithoutBorders · di telefono nel caso in cui, di notte, avessi-mo avuto...

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ANNO 15° N.718 DEL 6 NOVEMBRE 2010 SETTIMANALE, SUPPLEMENTO AL NUMERO ODIERNO - DA VENDERSI ESCLUSIVAMENTE CON IL QUOTIDIANO “LA REPUBBLICA” - SPED. ABB. POST. ART. 1, LEGGE 46/04 DEL 27/02/2004-ROMA STRANI MA VERI! L’eccentrica vita degli inglesi di Francia Il piacere della paura tra le pagine di Emma Donoghue Il talento scorretto di Russell Brand Paolo Rossi e altri 10 pazzi vogliono riempire i teatri

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L’eccentrica vita degli inglesi di FranciaIl piacere della paura tra le pagine di Emma DonoghueIl talento scorretto di Russell BrandPaolo Rossi e altri 10 pazzi vogliono riempire i teatri

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6 MESI ON THEROADA 6 MESIVIAGGI CON BEBÈLui fotografo, lei giornalista,una passione comune: i reportage ultraspartani. Ma che fare quando nasce Hanna?Continuare come prima, in tre. Da Berlino al Mar Nero, e ritorno di Rosario Morabito

foto di Thomas Alboth e Anna Sulewska

Al centro: Anna e Hannasul lago Sevan, Armenia. In

alto da sinistra: la stradaverso il villaggio di Lahic,

Azerbaijan; Thomas eHanna a Tiraspol,

Transnistria; un porcospinoa Zorats Karer, la

Stonehenge d’Armenia; a Pankisi, villaggio ceceno

in Georgia. A destra:confronto tra passato

e presente nel Nagorno-Karabakh,

Caucaso meridionale.

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Anna Sulewska e Thomas Alboth si sono cono-sciuti a Bruxelles, durante una conferenzadella European Youth Press, per cui lavoranoentrambi (giornalista lei, fotografo lui). Si sonoinnamorati, e hanno deciso di unire al lavorola passione per i viaggi, con lunghe spedizionialla ricerca di scatti e storie autentici. Ma chefare con l’arrivo di un figlio? Si continua la vita

di prima, on the road. In tre. Così, appena Hanna ha compiuto seimesi, i suoi genitori non hanno avuto dubbi: era il momento di ri-mettersi in viaggio, in barba alle perplessità che una bimba al se-guito avrebbe suscitato. Gli zaini da trekking hanno lasciato il po-sto a una monovolume e Anna, Thomas e Hanna hanno viaggiatoper sei mesi da Berlino al Mar Nero e ritorno, attraverso nove pae-si e altrettante terre di nessuno. Foto e aneddoti sono finiti in unblog: un album di famiglia speciale. Ma anche un viaggio poetico-antropologico, ricco di incontri umani e di confronti culturali au-tentici. Complici la lentezza, l’assenza di comfort tecnologici comeil navigatore («che ci obbligava a chiedere informazioni alle perso-ne», dice Thomas) e, ovviamente, il bebè: «La sua presenza ci hapermesso di entrare in sintonia con gli altriin modo sincero. Hanna è stata la chiaveche ci ha aperto molte porte: tutti hanno fi-gli, ovunque, a ogni livello sociale, e questoelemento comune dava lo spunto per parla-re, partendo dai giochi e dagli animali do-mestici per arrivare a questioni importanti». Perché questo itinerario e non un altro?«Ci ha sempre interessato più l’Est chel’Ovest, in un’Unione Europea in cui i paesisi somigliano sempre di più. L’itinerario at-torno al Mar Nero si è creato in modo natu-rale. Ci siamo chiesti: “Dove abbiamo degliamici?”. Molti posti li avevamo già visitati,ma sempre di sfuggita. Dal Mar Nero, il pas-so per arrivare in Azerbaijan e Armenia è stato breve: una volta lì,potevamo anche spingerci oltre, fino al Mar Caspio. Sapevamoche viaggiare con una bambina piccola al seguito armati solo dizaini sarebbe stato impossibile, così abbiamo deciso per un viag-gio in macchina, per piccole tappe. All’improvviso i nostri zaini so-no diventati una Renault Espace piena di pannolini, omogeneizza-ti, vestitini - Hanna cresce giorno dopo giorno - e un letto da viag-gio per lei: il suo piccolo castello dove sentirsi al sicuro, uno spa-zio che le fosse familiare». In che periodo vi siete messi in viaggio?«Siamo partiti all’inizio di aprile, quando Hanna ha terminato il ci-clo di vaccinazioni, spostandoci da Berlino a Varsavia. Sapevamoche il nostro congedo (la Parental Leave sostiene entrambi i geni-tori durante un’assenza prolungata dal lavoro, ndr) sarebbe dura-to fino a ottobre, poi saremmo dovuti tornare in Germania». Come vi siete organizzati? Che cosa vi serviva davvero?«Abbiamo acquistato le cartine e i libri e stipulato le assicurazioni,per l’auto e le spese mediche, solo qualche giorno prima dellapartenza. Abbiamo portato da casa quello che ritenevamo utile».Un viaggio di questo tipo è costoso?«No, direi di no. Be’, abbiamo rinunciato al lusso, subaffittato ilnostro appartamento per tutta la durata dela nostra assenza, e ac-quistato cibo direttamente dai coltivatori sul tragitto. Abbiamo dor-mito quasi esclusivamente da amici, o in macchina. Ci siamo fer-mati in albergo (sempre pensioni molto economiche) solo due set-timane nell’arco di sei mesi. Paradossalmente, trascorrere lo stes-

«Nostra figlia ci ha apertomolte porte: tuttihanno bambini,e questo elementocomune ci hadato lo spunto per parlare»

Dall’alto: sulla spiaggia del lago Sevan; radarsulla montagna di Ay-Petri, Crimea;

sul traghetto che solca il Mar Nero, Hannasocializza con i turchi; ciò che resta dellascuola di Beslan dopo la strage del 2004.

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so tempo a casa sarebbe costato di più». Con il blog siete riusciti a portare i lettori con voi. Che tipo diesperienza avete condiviso?«Complessa, sotto molti aspetti: naturalistico, culturale, umano.Sul Mar Nero e nel Caucaso i panorami si fanno selvaggi, e inogni valle trovi una nuova etnia, con lingua e tradizioni proprie. Inmolti di questi posti la gente non spera in un lavoro migliore né inun buon reddito: si accontenta di sopravvivere, di avere la corren-te elettrica, un po’ di pace, una strada che arrivi in paese e un go-verno meno corrotto. Le persone ci hanno colpito moltissimo: so-no innocenti, umili, generose. Per comunicare abbiamo parlatorusso, polacco, tedesco, un po’ di inglese. In Turchia e in un cam-po profughi in Georgia ci siamo sentiti frustrati: non conoscendola lingua osseta, eravamo incapaci di fare domande».Quali erano i vostri bisogni primari?«Qualcuno di cui potersi fidare, con cui trascorrere molto tempo efare squadra, condividendo le scoperte. Fondamentale è averesempre dell’acqua pulita, per bere, cucinare o lavarsi. Niente fri-go, meglio alimenti locali freschi. Non usavamo il navigatore: perle direzioni, chiedevamo. E non avevamo nemmeno Internet sultelefonino: preferivamo parlare con le persone. Per aggiornare ilblog bastava l’accesso un paio di volte a settimana, a casa di ami-ci o in piccoli Internet café. E usavamo la corrente elettrica dei barper ricaricare macchina fotografica e computer».I momenti più forti e memorabili?«Varcare il confine tra Polonia e Ucraina: ha segnato l’inizio delvero viaggio (lasciavamo l’Unione Europea). Il posto più toccante,sul piano emotivo, è stato Beslan. Come genitori, indimenticabili iprimi passi di Hanna: è successo l’ultimo giorno in Serbia, pocoprima di salire sul volo verso casa (la nostra macchina ci ha ab-bandonati, e abbiamo dovuto interrompere il viaggio cinque giorniprima, tornando direttamente a Berlino)».Avete attraversato paesi generalmente ignorati dai media e deci-samente trascurati dal turismo: Georgia, Azerbaijan, ecc... «È vero. La Georgia ha fatto notizia solo per le guerre, o per la Ri-voluzione delle rose nel 2003. È stata la sorpresa più grande: tuttiincredibilmente ospitali e amichevoli. Quando abbiamo bucatouna gomma, un tassista che passava di lì ciha cambiato la ruota senza farci muovereun dito. In ogni villaggio, quando chiedeva-mo informazioni per un posto dove andare acena, venivamo invitati da qualcuno a man-giare a casa. Dormivamo all’aperto, e lagente ci portava latte appena munto per labambina o frutta secca, dandoci il numerodi telefono nel caso in cui, di notte, avessi-mo avuto bisogno. Sempre così. Eravamostupefatti. Anche in Azerbaijan la gente ciinvitava a cena, ma per loro era più unaquestione d’onore: non potevamo rifiutare,si sarebbero offesi. In Armenia ci è succes-so di essere ospitati, salvo poi vederci chie-dere il conto la mattina dopo: qualche dollaro, per far fronte a unasituazione economicamente difficile. I georgiani, invece, non ac-cettavano mai un soldo, pur essendo poveri: i rapporti umani sonopiù importanti, per loro».Una storia, un incontro che meritano di essere ricordati?«Difficilmente dimenticheremo la scuola di Beslan, nell’Osseziadel Nord, Federazione Russa. Il primo giorno di lezione del 2004,quando genitori, nonni, sorelle e fratelli erano lì assieme agli alun-ni, i terroristi presero tutti in ostaggio, tenendoli senza cibo né ac-

Dall’alto: sul lago Shaori, Georgia; Hannascopre i pesci a Chisinau, Moldavia; nei

dintorni di Rzeszow, Polonia; il primoincontro con il Mar Nero, a Varna, Bulgaria.

«In Georgia lagente ti invita acena a casa, ti dàil suo numero incaso di necessità.Anche inArmenia, maper soldi»

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qua. La vicenda si concluse tragicamente, con oltre 330 morti, dicui 186 bambini. L’edificio è carbonizzato, senza finestre e conenormi crepe. Ma anche le persone hanno dentro crepe profon-de: molti tornano alla scuola ogni giorno perché lì, sei anni prima,hanno perso tutto quello che avevano: i propri cari. Allo stessomodo, non potremo dimenticare una famiglia estremamente po-vera in Transnistria, repubblica autonoma in Moldavia. Luoghi fer-mi a vent’anni fa, dove la gente parla russo, ama il presidenteSmimov, non riceve alcuna radio o tv estera. Questa famiglia ci hainvitati a casa, offrendoci il proprio letto per dormire, passando ilpomeriggio a bollire acqua per il bagnetto diHanna: tanto poveri quanto ospitali. Uno deifigli ha dedicato una giornata a giocare conla nostra macchina fotografica: la prima cheavesse mai visto. E resteranno nel nostrocuore anche i ceceni dei piccoli villaggi nelnord della Georgia. Con loro abbiamo tra-scorso tre giorni cucinando, visitando i postipiù belli, cavalcando e parlando. E guardan-do le foto dei ragazzi della famiglia, tuttimorti in qualche guerra». Vi siete mai trovati in pericolo? «Il momento più duro sono stati i 2500 chi-lometri di strada in Russia. La polizia russaè la peggiore che ti possa capitare, special-mente se hai una targa straniera: non è li per mantenere l’ordine,ma per spillarti soldi. Ti aspettano ai grandi incroci, o ai confini,nei posti di blocco. A volte venivamo fermati più di dieci volte nellostesso giorno e ogni volta ci chiedevano soldi: ora cento, ora cin-quanta dollari. Episodi inquietanti». La routine quotidiana di un neonato può essere impegnativa.Come ve la siete cavata?«Un neonato è impegnativo sempre. Ma in questi sei mesi, fare igenitori è stato più semplice del previsto, e Hanna era felice. Sicu-ramente viaggiare con un bebè è diverso. Abbiamo dovuto impa-rare in fretta a seguire i suoi ritmi: guidare quand’era stanca o pri-ma della pappa, e poi fermarci a fare qualcosa di speciale quandoera sveglia. È stata un’avventura anche per lei: ogni giorno unpaesaggio e un’esperienza diversa. Siamo felici che abbia impara-to il verso della mucca dalla mucca, anziché da un libro o dalla tv.Probabilmente Hanna non ricorderà nulla, ma ci piace pensareche questa lezione sulla diversità le rimarrà dentro». Alla fine dell’avventura, che cosa avete portato a casa?«Forse abbiamo dimostrato, non solo agli altri ma a noi stessi, cheun bambino a bordo può rendere tutto più interessante, anzichépiù complicato. Attraverso foto e appunti, è come se avessimo let-to decine di libri. Abbiamo conosciuto i Lezgins (minoranza etnicache vive nel nord dell’Azerbaijan e nel Dagestan), il regno di Ro-ma in Moldavia, e vissuto con famiglie turche durante il Bayram (igiorni finali del Ramadan, fra i più importanti dell’anno per unmusulmano). Possiamo puntare a caso il dito sulla mappa e attin-gere a un enorme bagaglio di racconti».I piani per il futuro? «Stiamo cercando di tornare con i piedi per terra: la nostra testa èancora on the road. Stiamo lavorando al materiale raccolto, orga-nizzando conferenze, e pensando a come divulgare il tutto. Abbia-mo avuto numerosi feedback da altre coppie su come la nostraesperienza li abbia tranquillizzati riguardo all’avere un bambino.Siamo di nuovo in dolce attesa, che nel nostro caso potrebbe vo-ler dire progettare fin d’ora il prossimo viaggio. Questa volta con ilbagaglio dimezzato: servirà più spazio per il secondo seggiolino».

Dall’alto: monumento ai martiri a Baku,Azerbaijan; in radio, a Cracovia; i dintorni

di Baku; macchina carica a Trzebownisko,Polonia. Il sito di Thomas e Anna è:www.thefamilywithoutborders.com

«La piccola haimparatoil verso dellamucca dallamucca, nondalla tv. Speroche questo lerimarrà dentro»