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STORIA NELLE STORIE COMUNICARE IL PASSATO PROGETTO DELLA CLASSE 2B, LICEO A. MORO, REGGIO EMILIA STORYTELLING, LIVING HISTORY, MEDIOEVO

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STORIA NELLE STORIECOMUNICARE IL PASSATO

PROGETTO DELLA CLASSE 2B, LICEO A. MORO, REGGIO EMILIA

STORYTELLING, LIVING HISTORY, MEDIOEVO

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CLASSE 2B DOCENTE: ANNA ISOTTI

DISCIPLINA: STORIA

Percorso didattico basato sullo storytelling con il seguente obiettivo: comunicare la storia.

L’attività ha offerto agli studenti una chiave nuova per avvicinarsi alla Storia partendo da un dato archeologico e storico per poi “raccontare” il passato facendo leva sulle storie di vita e sulla quoti-dianità degli individui.

Ambito storico prescelto: i Longobardi in Italia.

L’attività è stata realizzata con il prezioso contributo della collega Sara Uboldi, docente di Poten-ziamento con specifiche competenze in Archeologia.

Il potere della narrazione e i manufatti

L’archeologia e la cultura materiale forniscono una chiave utile per avvicinare gli studenti alla disciplina della storia.

Il concetto di cultura materiale può essere impie-gato per ‘raccontare’ il passato facendo leva sul-le storie di vita e sulla quotidianità degli individui, dei gruppi e della società.

In particolare, l’oggetto materiale permette di par-tire dal dato archeologico e storico per stimolare interesse e apprendimento.

Calvino ha scritto, nelle sue Lezioni americane, che un oggetto introdotto in una narrazione è sempre centro potenziale di un sistema di relazio-

ni capaci di strutturare l’intero plot. I manufatti si comportano infatti da “attrattori cognitivi” o “unità d’attenzione” (Baillargeon et al. 1995).

La natura intrinseca dell’oggetto rende il manufat-to il centro di una complessa rete di relazioni e rapporti culturali, sociali, economici, produttivi e simbolici.

Recenti esperimenti neuroscientifici dimostrano come la visione di un artefatto coinvolga i sistemi motori e di Simulazione incarnata concernenti sia la manipolazione dell’oggetto (affordance), sia l’atto creativo, che appare così racchiuso nella consistenza materica dello stesso (Freedberg, Gallese 2009, (Mecklinger et al. 2002).

Di fatto, il nostro cervello legge manufatti e arte-fatti come prodotti di un “fenotipo esteso” della nostra specie, come le ragnatele per i ragni, le dighe per i castori o gli alveari per le api

PREFAZIONE: PERCHÉ LO STORYTELLING?

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SARA UBOLDI

(Dawkins 1982). È per questo che gli oggetti as-sumono uno statuto particolare per la mente del-l’uomo, persino quando esistono solo in una nar-razione.

La scelta di strutturare percorsi didattici basati sullo storytelling consente di sfruttare il valore evocativo degli oggetti e e delle attestazioni ma-teriali, intervenendo sia a livello culturale e simbo-lico sia a livello implicito, non conscio. Lavorare sulla materialità dell’oggetto significa poter dirige-re la percezione dell’osservatore verso la sfera aptica, il “toccare con gli occhi”, condurlo verso una visione sinestetica. Intervenire sulla corporei-tà significa quindi trasformare l’incontro tra oc-chio e reperto archeologico in un’esperienza co-involgente, capace di collegare l’esterno e il vi-scerale, in grado di sollecitare una conoscenza tattile e visiva, di creare legame empatico tra sog-getto e oggetto.

Storytelling e valorizzazione del patrimonio culturale

Il primo obiettivo di uno storytelling rivolto alla co-municazione della storia deve essere quello di riattivare i processi di memoria di breve e lungo termine saldando il più possibile memoria indivi-duale, memoria collettiva e territorio.

La narrazione deve quindi essere memorabile: deve mettere in atto processi empatici, stimolare emozioni che rimarranno ancorate al ricordo del-l’esperienza e assecondare le tendenze e le atte-se della mente del fruitore.

È possibile identificare tre diversi livelli nel pro-cesso di incontro tra narrazione, memoria indivi-duale e memoria collettiva: l’esperienza incarna-ta suscitata dal racconto, la stabilizzazione nella

memoria a lungo termine degli elementi emotiva-mente e cognitivamente rilevanti e la loro condivi-sione nella società attraverso i processi di simula-zione, di apprendimento e di educazione.

Il primo livello è quello incarnato: la storia pene-tra nella dimensione più profonda delle percezio-ni corporee e mentali del fruitore, stimola i mec-canismi di simulazione a specchio che ci consen-tono di vivere in prima persona l’esperienza fin-zionale. L’emozione, che scaturisce dallo stimolo suscitato dall’esperienza incarnata, si trasforma in un marcatore somatico, stabilizzato nella me-moria del fruitore, capace di associare l’esperien-za emozionale positiva alla storia, al simbolo, al-l’artefatto, al luogo. L’esperienza individuale quin-di genera tracce di memoria (tracce neuronali stabilizzate) che saranno poi assimilate e incor-porate alla storia sociale e culturale del proprio ambiente sociale.

Gli elementi dell’esperienza stabilizzati saranno impiegati dall’individuo nei processi di analisi del reale e di costruzione della conoscenza del mon-do, verranno quindi condivisi, attraverso i proces-si di simulazione, di apprendimento e di educa-zione all’interno della propria comunità. L’origine delle rappresentazioni culturali della memoria col-lettiva – mnemi, engrammi o pathosformeln, co-me sono state chiamate dallo storico dell’arte Aby Warburg - sono da ricercare nei pattern neu-ronali con carattere di stabilità, depositati nella memoria individuale, e nel meccanismo di comu-nicazione intercerebrale. Infatti, ogni ‘oggetto di memoria’ risulta prodotto dalla ricostruzione e dall’assemblaggio di tracce fisiche immagazzina-te dal cervello. Il mneme può quindi divenire me-moria collettiva solo dopo aver superato i proces-si di informazione (memoria individuale a breve termine) e di adozione (memoria a lungo termine

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plurigenerazionale) (Cavalli-Sforza, Fellman 1981).

La narrazione incarnata

Gli studi neuroscientifici e la narratologia di nuo-va generazione dimostrano come la narrazione costituisca un’esperienza incarnata capace di coinvolgere la dimensione più profonda della per-cezione del corpo. Alla base di questo processo, gli scienziati identificano un meccanismo funzio-nale (Feeling of Body, FOB) che consente il “per-cepire” le azioni, gli stati e le emozioni dei perso-naggi finzionali registrandoli nel corpo dei lettori. L’intersoggettività dei rapporti finzionali instaurati tra lettore e personaggi deve quindi essere letta in termini di intercorporeità, in quanto i meccani-smi di specchiamento sono attivati nei processi di condivisione con gli altri delle emozioni e delle sensazioni (Gallese 2003; Gallese, Wojciehowski 2011). L’osservazione della percezione di un’emozione di base, come ad esempio il disgu-sto, in un altro individuo provoca infatti la reazio-ne delle stesse aree cerebrali che si attiverebbe-ro durante l’esperienza percettiva diretta e tali meccanismi di specchiamento sono attivi anche quando si immagina di fare o di percepire qual-cosa. I neuroscienziati hanno infatti dimostrato che quando immaginiamo una scena visiva si at-tivano le medesime aree del cervello coinvolte nella partecipazione effettiva della stessa scena (Farah, 1998).

Attraverso la lente neuro-cognitivista, non solo i confini tra mondo reale e mondo immaginario ap-paiono assai più sfumati di quanto si pensasse, ma gli stessi rapporti interpersonali, siano questi

appartenenti alla sfera della realtà sociale o agli storyworld, sono contraddistinti dal coinvolgimen-to corporeo prodotto dalle azioni, dai sentimenti e dalle sensazioni degli altri.

Le percezioni corporee (FOB) risultano addirittu-ra più potenti se attivate in rapporto agli stati di “immersione” nei mondi finzionali, rispetto agli stati di immersione - molto più spuri e intermitten-ti - nella dimensione del reale. Secondo il neuro-scienziato Vittorio Gallese, uno dei padri della teoria dei neuroni specchio, la sospensione della nostra presa sul mondo comporta, più che una sospensione dell’incredulità, una libera “simula-zione incarnata” in base alla quale noi agiamo e esperiamo eventi come se fossimo degli attori del mondo finzionale: “durante la lettura di un ro-manzo, durante l’osservazione di un’opera d’ar-te, di un film o di uno spettacolo teatrale la no-stra simulazione incarnata si libera dal peso di modellare la nostra presenza reale nella vita quo-tidiana” (Gallese 2008, 115).

Storytelling, emozioni e memoria

In sostanza, i nostri meccanismi empatici incar-nati si attivano in modo più potente di fronte a un personaggio di finzione che non di fronte a una persona reale. L’esperienza incarnata dello story-telling imprime una traccia profonda nella mente e nel corpo del lettore, ascoltatore, fruitore di sto-rie che potrà essere stabilizzata nella memoria a lungo termine. Il ricordo dell’esperienza potrà inoltre essere tracciato da un’emozione. Le emo-zioni acquisiscono infatti un ruolo fondamentale nei processi di memoria.

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Un recente studio condotto dal gruppo di ricerca-tori dell’Istituto Nazionale di Neuroscienze di Tori-no (Inn) suggerisce nuovi elementi per la com-prensione dei meccanismi di memoria attivati in presenza di esperienze emotive (Sacco, Sacchet-ti 2011). La ricerca aveva già identificato alcune strutture volte all’elaborazione degli aspetti emoti-vi, quali l’amigdala e il nucleo accumbens, men-tre, più nello specifico, lo studio dei ricercatori torinesi ha dimostrato come alcune cortecce sen-soriali di ordine superiore, volte all’elaborazione degli stimoli provenienti dai sensi, svolgano un ruolo chiave anche nel conservare i ricordi emoti-vi. Quindi, le cortecce sensoriali superiori con-sentono di associare le informazioni visive, uditi-ve, gustative e tattili alle emozioni.

Lo studio dimostra inoltre come la memoria di un’esperienza emotiva associata a stimoli senso-riali comporti il rilascio della proteina chinasi MZ che produce un rafforzamento sinaptico delle connessioni corticali, consente quindi un’effica-ce stabilizzazione del ricordo. Il rafforzamento sinaptico delle connessioni corticali consente in-fatti di richiamare alla memoria la visione integra-ta (o simulata) dell’esperienza emotiva vissuta. L’area cerebrale delle cortecce secondarie codifi-ca quindi la valenza emozionale acquisita attra-verso gli stimoli sensoriali prodotti dall’esperien-za. In altre parole, svolge una funzione di archi-viazione e recupero degli stimoli sensoriali che hanno acquisito una rilevanza nell’esperienza vis-suta dell’individuo, comportandosi come una sor-ta di “supermagazzino” delle esperienze emozio-nali.

Sulla base di tali assunti, il progetto Comuni-care la Storia si è sviluppato attraverso l’esplorazione della pratiche di Living History, con particolare riferimento all’esperienza con-

dotta dall’Università di Siena presso Parco ar-cheologico di Poggibonsi (SI).

Partendo dalla drammatizzazione della storia e degli aspetti di vita materiale ricostruiti da-gli archeologi, gli studenti della classe II B del Liceo Moro hanno creato delle narrazioni ca-paci di coinvolgere, stupire, emozionare.

Bibliografia

Baillargeon R., Kotovsky L., Needham A., 1995, The acquisition of physical knowledge in infancy, in D. Sperber, D. Premack, A. James-Prwmack (eds.), Causal Cognition. A multidisciplinary de-bate, Pxford, Clarendon Press, pp. 79-115.

Cavalli Sforza L.L., Fellman M.V., 1981, Cultural Transmission and Evolution: a Quantitative Appro-ach, Princeton University Press, Princeton.

Dawkins R., 1982, Il fenotipo esteso. Il gene co-me unità di replicazione, Roma, Zanichelli.

Freedberg D., Gallese V., 2009, Movimento, emo-zione ed empatia nell’esperienza estetica, in A. Pinotti, A. Somaini (eds.), Teorie dell’immagine. Il dibattito contemporaneo, Milano, Raffaello Corti-na.

Gallese V., Wojciehowski H.C., 2011, How Stories Make Us Feel: Toward an Embodied Narratology, in “California Italian Studies”, 2, 1.

Gallese V., 2011, Embodied Simulation: Imagina-tion and narrative, in “Neuropsychoanalysis, 13, 2, pp. 196-200.

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Gallese V., 2008, Il corpo teatrale: mimetismo, neuroni specchio, simulazione incarnata, in “Cul-ture Teatrali”, 16, pp. 13-38.

Gallese V., 2003, The Manifold Nature of Interper-sonal Relations: The Quest for a Common Mecha-nism, in “Philosophical Transactions of the Royal Society of London”, B, pp. 517-528.

Mecklinger A., Gruenewald C., Besson M, Ma-gnie M.-N., Von Cramon Y., 2002, Separable neu-ronal circuit for manipolables and non manipolab-le object in working memory, in “Cerebral Cortex, 12, pp. 115-123.

Sacco T., Sacchetti B., 2010, Role of secondary sensory cortices in emotional memory storage and retrieval in rats, in “Science”, 329, pp. 649-655.

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Sentivo la fredda lama della spada trafiggermi il petto. Mentre il mio cuore scandiva gli ultimi battiti, rividi l’intera esistenza scorrermi davanti agli oc-chi.

1Anulo:'un'guerriero,'un'uomo''Giulia&Ferrari&&&Ludovica&Boccaletti&&&Simone&Bertolini&&

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Sentivo la fredda lama della spada trafiggermi il petto. Mentre il mio cuore scandiva gli ultimi battiti, rividi l’intera esistenza scor-rermi davanti agli occhi.

Ero in marcia insieme ai miei compagni quando ripensai alla mia amata Ermenegilda, lasciata in balia della solitudine dovuta all’im-minente partenza.

Allestito l’accampamento ai piedi del monte, fui incaricato dal co-mandante della spedizione Crodio di reclutare i soldati più esper-ti per compiere un sopralluogo dell’accampamento nemico.

Appostatomi dietro a un cespuglio, scrutavo attentamente i movi-menti del corpo militare bizantino in preparazione allo scontro ormai prossimo; quando scorsi di lontano l’addio di una donna, con in grembo il figlio, al marito pronto alla battaglia. E fu proprio in quegli istanti che affiorarono il ricordo della mia amata che ave-vo lasciato al villaggio e il desiderio di potere tornare da lei. Men-tre rimpiangevo la mia felicità sentii il fruscio delle foglie dietro di me e i ferri dei miei compagni lottare per la vita. Mi risvegliai dal mio sogno ad occhi aperti. Mi voltai. Non riuscii neanche a ren-dermi conto di cosa stesse succedendo che subito vidi cadere

ANULO, UN GUERRIERO, UN UOMO

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ai miei piedi il mio più fedele compagno, colpito da un pugnale.

La voglia di vendetta mi scorreva nelle vene tan-to che ripresi prontamente la mia arma, mi sca-gliai all’attacco, affondai colpi di spada a chiun-que mi ostacolasse il passaggio. La determina-zione cresceva a ogni passo; ma preso da un ec-cessivo impeto guerriero mi distrassi dall’obietti-vo principale e in questo modo fui trafitto da quel-la fatale lama di morte.

I pochi sopravvissuti ci riportarono al villaggio da cui eravamo partiti e tra lacrime e pianti fummo preparati per i funerali. Il mio si svolse pochi gior-ni dopo il nostro arrivo, vi parteciparono i maggio-ri capi per onorarmi in quanto guerriero più valo-roso del gruppo.

Il sacerdote pregò per me, parole magnifiche fu-rono proferite in mio tributo. Mi ricoprirono il ca-po con un sacco di juta e mi posero sugli occhi due monete per permettermi un viaggio sicuro nell’aldilà e per rendere pace alla mia anima. Nel mentre, la dolce Ermenegilda accompagnava la mia sepoltura con una soave melodia di flauto, interrotta dal suo pianto di dolore. Tutti intonaro-no allora un canto di morte su quella musica, mi posero nella buca scavata precedentemente in preparazione alla cerimonia. Il sacerdote, gli spi-riti e i parenti in lutto posarono sul mio corpo de-gli ulivi in segno di benedizione e infine fui rico-perto dalla terra arida sulla quale ero cresciuto. Mentre la mia anima si preparava a salire verso il cielo, diedi un ultimo sguardo a tutto ciò che la-sciavo per sempre, pensando con curiosità al fu-turo che mi sarebbe spettato.

L’immagine è tratta dal sito del gruppo di Living H i s t o r y “ L a F a r a ” , https://ilpalazzodisichelgaita.wordpress.com/201

5/07/05/longobardi-per-litalia-parte-2-anno-domini-568-archeologia-pubblica/

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Era un freddo giorno di novembre, la stagione dei morti, rimanevano sugli alberi le ultime foglie, una di queste cadde precocemente, così come Anulo.

LIUTPRANDO, UN RE UMILE ! Ferrari Enrico, Rigolin Alessandro,

Speroni Lorenzo, Zoino Federico

!

Era un freddo giorno di novembre, la stagione dei morti, rimane-vano sugli alberi le ultime foglie, una di queste cadde precoce-mente, così come Anulo.

Era un guerriero valoroso, morto in guerra per un popolo ingrato che non gli aveva reso abbastanza onore.

Il rito funebre fu molto scarno e modesto, solo tre persone vi par-teciparono: la moglie Gerberga, il compagno d’infanzia e re, che era accorso segretamente, Cuniperto e il piccolo figlio Liutpran-do, l’unico segno che il defunto sembrava aver lasciato in questo caduco mondo. Colui che aveva combattuto tanto valorosamen-te, ora giaceva disteso per terra, privo di vita, coperto da un velo bianco e da rami di ulivo con monete sugli occhi posate da Liut-prando, come da tradizione longobarda.

Il campo di battaglia fu tinto di rosso, il combattimento fu assai cruento e anche Liutprando ebbe modo di combattere, lo fece valorosamente… Ma un vigliacco traditore, alleato del ducato, pu-gnalò alle spalle il re Liutprando, lo massacrò ferocemente; sul

LIUTPRANDO, UN RE UMILE

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punto di morire, con il sangue che sgorgava inin-terrottamente, con le sue ultime forze e con lo stu-pore di tutti nominò suo erede il figlio adottivo Liutprando.

L’idillio durò poco e i fratellastri non aspettarono molto a fargli capir che avrebbe dovuto lasciare il regno a loro affinché se lo spartissero, si profila-va così una lunga e sanguinosa guerra civile.

Liutprando sapeva che per vincere un conflitto civile bisognava avere dalla propria parte il popo-lo e l’esercito regio, e per certificare la propria posizione, con lunghi comizi rivendicò il potere datogli dal padre adottivo.

Inoltre, per ingraziarsi il popolo egli ristrutturò con apposite leggi le cariche dei funzionari regio-nali, definendone la gerarchia e le funzioni per ottenere una più stabile e solida amministrazione della giustizia e una più forte sicurezza interna.

La resa dei conti arrivò pochi mesi dopo la sua nomina, il campo di battaglia fu nei pressi di Pa-via, la capitale. Inutile dire che fu una battaglia combattuta fino all’ultimo sangue, tutte le parti persero molti uomini e due dei tre fratellastri di Liutprando persero la vita.

Il terzo ormai senza speranze di vittoria, si conse-gnò al re, si sentiva sicuro della propria morte, ma improvvisamente, Liutprando, magnanima-mente, lo risparmiò, a patto che se ne andasse in esilio.

Liutprando governò il suo regno per trent’anni prosperi, la sua morte fu alquanto compianta dal popolo longobardo, che per tanto tempo lo ricor-dò come un re onesto e umile.

Anulo ne sarebbe stato tanto fiero…

Immagine di una rievocazione del gruppo “La Fara”,https://ilpalazzodisichelgaita.wordpress.com/2015/07/05/longobardi-per-litalia-parte-2-anno-domini-568-archeologia-pubblica/

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Da lontano si sentiva la musica funeraria; il corteo avanzava, mentre conduceva il corpo del giovane guerriero Anulo, morto in una selva oscura nell’in-tento di salvare il fedele amico Speculo.

3LO SCIAGURATO ANULO

L.Calza,(A.Podgornii,(E.L.Zhou(

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Da lontano si sentiva la musica funeraria; il corteo avanzava, mentre conduceva il corpo del giovane guerriero Anulo, morto in una selva oscura nell’intento di salvare il fedele amico Speculo. La triste musica dei tamburi e degli antichi strumenti a corda ac-compagnava il pianto e il lutto dei parenti e amici che seguivano il corteo di sacerdoti. Alcuni fra gli amici più cari, secondo il rito tradizionale, avevano il volto ricoperto di terra nera; vi erano inol-tre spiriti che avevano invece sul volto una particolare terra bian-ca. Il corteo procedeva sempre più afflitto dalla perdita, all’im-provviso una donna iniziò a cantare in onore di Anulo, era la sorel-la Amelia che nel mentre pensava:

“Forse ho sbagliato quel giorno ad accettare l’assurda idea della moglie Cassandra di ucciderlo, ma la mia ira era tale che senza accorgermene accettai.

Lo portai con l’inganno nel bosco facendogli credere che l’amico Speculo fosse in pericolo;

arrivati nel cuore del bosco lo colpii con un pugnale e ritornata al villaggio raccontai a tutti che una brigata aveva rapito Speculo e ucciso Anulo accorso per salvarlo.

LO SCIAGURATO ANULO

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Se solo potessi tornare indietro …”.

La soave voce della sorella era accompagnata dal suono melodioso di un ancestrale flauto di legno; il volto della flautista era rigato anch’esso dalle lacrime e nel contempo ella pensava:

“Finalmente ho avuto la mia vendetta.

Mio marito era un ubriacone, non molti erano a conoscenza di questo suo debole;

quando si ubriacava diventava violento con me e i nostri figli; decisi di liberarmene perché ero stanca e volevo un po’ di pace e tranquillità so-prattutto per i miei figli.

Chiesi così aiuto alla sorella Amelia, perché sape-vo che avrei potuto contare sulla sua complicità, siccome Anulo aveva avuto comportamenti vio-lenti anche nei confronti dei suoi figli.

E ora devo fingere queste lacrime di dolore …”

Il corteo era giunto al cimitero dove erano tutti pronti a terminare il funerale con la sepoltura. Po-sero il corpo in una fossa e due sacerdoti poggia-rono due monete sugli occhi del povero Anulo come tributo agli dei, augurandogli un lieto pas-saggio per l’al di là.

Gli amici più cari tenevano un discorso in memo-ria del defunto; una donna anziana che era la persona a lui più legata, ovvero la madre, piange-va particolarmente e perciò non spese parole per il figlio ma pensava:

“Sono fiera di mio figlio morto valorosamente nel-l’intento di salvare l’amico.

Non auguro a nessuna madre di provare un dolo-re così immenso come la perdita di un figlio”.

Tutti contribuirono alla sepoltura del corpo rico-prendolo con foglie d’ulivo e terra. Il mistero del-la morte di Anulo rimarrà sepolto insieme a lui.

ARCHEODROMO DI POGGIBONSI, EVENTO DI LIVING HISTORY.

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Sentii fin da subito che sarebbe stata una brutta giornata, avevo un brutto presentimento. Era il ter-zo anno di guerra contro i Carolingi e già dall’alba ero di vedetta sulla torre est al limitare del bosco; gli effetti della guerra iniziavano a manifestarsi e le nostre truppe davano segni di cedimento, il mora-le dei soldati era a terra e le scorte scarseggiava-no. Ma sarebbe meglio raccontare tutto ciò parten-do dall’inizio.

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DESTINO DI UN GUERRIERO CAGOSSI CAMILLA, LOMBARDINI CARLOTTA, POLI LAURA E ZHANG SHENG

Sentii fin da subito che sarebbe stata una brutta giornata, avevo un brutto presentimento. Era il terzo anno di guerra contro i Carolingi e già dal-l’alba ero di vedetta sulla torre est al limitare del bosco; gli effetti della guerra iniziavano a manife-starsi e le nostre truppe davano segni di cedi-mento, il morale dei soldati era a terra e le scor-te scarseggiavano. Ma sarebbe meglio racconta-re tutto ciò partendo dall’inizio.

Sapevo che il mio destino sarebbe stato quello di diventare un guerriero, essendo il terzo di quat-tro figli. I miei genitori mi hanno educato sin da bambino secondo le tradizioni del mio popolo ma a causa delle umili origini della mia famiglia non ho mai potuto aspirare a un impiego miglio-re. Raggiunta la maggiore età mi sono arruolato nelle truppe comandate da Bénneo, duca di Pa-via. Grazie alle mie buone doti di arciere, dopo varie selezioni, sono stato affidato al comparto di difesa della torre est, così ho partecipato a nume-rose battaglie rimanendo sempre illeso; tuttavia questa volta non andò così.

Ho un ricordo indistinto delle ore iniziali della gior-nata perché la nebbia e il gelo offuscavano la mia mente. Ricordo però di aver sentito l’urlo strozzato di una donna ai piedi delle mura e di essermi sporto dalla torre quando improvvisa-mente un’ondata di calore ha pervaso il mio cor-po e mi sono sentito più leggero: mi sono accor-to di essere stato trafitto da una freccia nemica. Solo ora, ripensandoci, mi rendo conto che quel-lo della donna era un diversivo che aveva per-messo ai nemici di penetrare nell’accampamen-to.

Vidi il mio corpo disteso a terra ma io sentivo di essere ancora in piedi; non capii subito cosa stesse succedendo. Restai a guardare per ore il

mio corpo che pian piano perdeva colore e veni-va ricoperto dalla brina. Cercai di toccarlo ma la mia mano trapassava sia il cadavere che il pavi-mento della torre.

Essendo riusciti a contenere l’attacco dei nemici, i comandanti perlustrarono il perimetro delle mu-ra per valutare i danni subiti. Una guardia, veden-domi disteso a terra, cercò aiuto tra le truppe dentro le mura, ma era troppo tardi. Portò il mio corpo vicino alle salme dei soldati che come me erano stati uccisi durante l’attacco all’alba. Rima-si a osservare la scena fino a quando la sera stessa arrivò il momento dei funerali. Tutti i cada-veri vennero portati nella necropoli fuori dalle mu-ra e, dopo essere stati avvolti in grandi teli bian-chi, vennero calati ognuno nella propria fossa.

Gli abitanti del villaggio vicino accorsero per par-tecipare al rito funebre, cantando e ricoprendo i corpi con rami di ulivo e terra secondo la nostra tradizione. Trascorsi la notte accanto al fuoco che era stato acceso per la cerimonia senza pe-rò riuscire a percepire il calore che emanava. Ri-pensai alla mia vita: a tutti i momenti felici vissuti con la mia famiglia e con i miei compagni d’armi, ai momenti di paura e a quelli in cui ho rischiato di perdere la vita. Rimpiansi di essere cascato così facilmente nel tranello dei nemici dopo aver superato tante altre difficoltà.

Improvvisamente la debole luce emanata dal fuo-co diventò sempre più intensa fino ad accecar-mi, sentii che mi avvolse e poi più nulla.

Vidi il mio corpo disteso a terra ma io sentivo di essere ancora in piedi; non capii subito cosa stesse succedendo. Restai a guardare per ore il mio corpo che pian piano perdeva colore e veni-va ricoperto dalla brina. Cercai di toccarlo ma la

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mia mano trapassava sia il cadavere che il pavimento della torre.

Essendo riusciti a contenere l’attacco dei nemici, i comandanti perlu-strarono il perimetro delle mura per valutare i danni subiti. Una guardia, vedendomi disteso a terra, cercò aiuto tra le truppe dentro le mura, ma era troppo tardi. Portò il mio corpo vicino alle salme dei soldati che co-me me erano stati uccisi durante l’attacco all’alba. Rimasi a osservare la scena fino a quando la sera stessa arrivò il momento dei funerali. Tut-ti i cadaveri vennero portati nella necropoli fuori dalle mura e, dopo es-sere stati avvolti in grandi teli bianchi, vennero calati ognuno nella pro-pria fossa.

Gli abitanti del villaggio vicino accorsero per partecipare al rito fune-bre, cantando e ricoprendo i corpi con rami di ulivo e terra secondo la nostra tradizione. Trascorsi la notte accanto al fuoco che era stato acce-so per la cerimonia senza però riuscire a percepire il calore che emana-va. Ripensai alla mia vita: a tutti i momenti felici vissuti con la mia fami-glia e con i miei compagni d’armi, ai momenti di paura e a quelli in cui ho rischiato di perdere la vita. Rimpiansi di essere cascato così facil-mente nel tranello dei nemici dopo aver superato tante altre difficoltà.

Improvvisamente la debole luce emanata dal fuoco diventò sempre più intensa fino ad accecarmi, sentii che mi avvolse e poi più nulla.

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Il funerale di Anulo, uno dei più valorosi guerrieri dell'esercito del grande re Liutprando era comin-ciato.

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IL GUERRIERO ANULOMATTEO ROMEI, DAVIDE NIBALI, LORENZO MICAGNI, CAMILLA INCERTI VEZZANI, RICCARDO PEDRAZZI

Il funerale di Anulo, uno dei più valorosi guerrieri dell'esercito del grande re Liutprando era cominciato.

Il suono della cetra si udiva in ogni parte dell'ormai deserto villag-gio, penetrava in ogni abitazione, come il ricordo del grande sol-dato nella mente dei suoi compagni.

Anulo nacque in un umile villaggio di contadini, in cui la vita era difficile a causa della grande povertà che riversava su tutto il po-polo. Egli viveva con i suoi genitori, grandi lavoratori che avreb-bero voluto che il loro unico figlio maschio lavorasse con loro e che dedicasse la vita al bene del suo villaggio.

Dotato di un grande attaccamento verso il proprio popolo, un giorno, quando giunse nel suo paese la notizia del bisogno di uo-mini in vista della grande battaglia per la conquista di nuovi terri-tori in Italia meridionale, l'aspirante soldato decise di offrirsi volon-

IL FUNERALE DI ANULO

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tario, prendere parte all'esercito, cominciando ad immaginare ad un futuro diverso per lui.

Amava il suo popolo e avrebbe fatto qualunque cosa per renderlo potente e vederlo dominare su tutta l'Italia.

Dopo l'arruolamento, passati alcuni mesi di con-quiste verso il sud dell'Italia, ogni soldato notò il suo grande valore, compresi i più alti generali e lo stesso Liutprando. Quest'ultimo lo convocò nel suo accampamento comunicandogli che, sicco-me era rimasto colpito dalle sue abilità in batta-glia, aveva intenzione di nominarlo suo fedelissi-mo guerriero nonché generale, in modo tale che il suo valore divenisse esemplare per i guerrieri, che ormai sembravano non avere motivazione.

Quando l'esercito mosse verso il castello di Sutri non trovò molta resistenza e riuscì a conquistare quest'ultimo con facilità. Tale fortezza si trovava molto vicina a Roma e il papa dunque, sentendo-si minacciato da questa avanzata da parte dei Longobardi, chiese aiuto a Pipino il Breve, re dei Franchi. Questi così mossero contro i Longobar-di e una volta giunti in Italia assediarono la capi-tale del loro regno: Pavia.

La notizia dell’avanzata franca non tardò ad arri-vare tra le file dell’esercito di Liutprando e alle orecchie di Anulo. Il generale essendo impaurito per la sorte del suo villaggio, chiese al re di po-ter accorrere in aiuto ai suoi familiari e a tutti gli abitanti del villaggio.

Liutprando però rifiutò, dato che sapeva molto bene che il suo guerriero più fedele non sarebbe mai riuscito a fermare l’avanzata franca da solo e poiché egli non voleva lasciare incustodito il ca-stello di Sutri. Anulo non accettò il rifiuto del suo superiore; dunque radunò un drappello di uomini valorosi a lui fedeli e di notte partì di nascosto per Pavia.

Dopo una settimana di viaggio giunse dinanzi al-l'esercito franco. I suoi uomini, data la loro inferio-rità numerica, consigliarono ad Anulo di rinuncia-re all'impresa e di fare ritorno a Sutri per evitare una crudele sconfitta.

Il generale era però così intestardito dalla sua idea che non prese neanche in considerazione il consiglio dei suoi uomini e ordinò loro di prepa-rarsi allo scontro.

Dopo qualche ora Anulo esortó all'attacco e i suoi uomini, ormai non più impauriti perché si sentivano al sicuro sotto la guida di un così abile comandante, si scontrarono duramente con l’esercito franco .

Dopo una dura battaglia che si dimostrò tutt’altro che dall’esito scontato, Anulo e il suo esercito fu-rono costretti a suonar la ritirata.

La fuga dal luogo del combattimento fu una rovi-na per il piccolo esercito sconfitto, la morte colpì molti uomini e anche Anulo ne rimase quasi del tutto coinvolto. Infatti il ragazzo venne colpito da una freccia e, sapendo che ormai il suo destino

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era segnato, si fece portare dai suoi uomini al suo villaggio natio.

Una volta giunti al paese i soldati portarono Anu-lo da sua madre la quale appena lo vide lo ab-bracciò ma il grande guerriero, ormai allo stremo delle proprie forze, morì tra le braccia di sua ma-dre, con l'unica consolazione di averla vista alme-no un'alta volta prima di esalare l'ultimo respiro.

Il giorno seguente tutto il popolo, grato delle azio-ni compiute dal giovane e abile guerriero, si riunì per celebrare il suo funerale e svolgere gli ade-guati riti funebri.

Poco lontano dalla folla vi era un uomo, suonava una cetra; era il padre del giovane Anulo che lo salutava così.

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All’alba presi velocemente la sacca con l’occorren-te: castagne essiccate, nocciole e carne di maiale sotto sale. Dato il freddo, fui costretto a prendere la pelliccia di mio fratello. Mi avvicinai alla porta, mi voltai un’ultima volta: vidi mia madre dormire serena sul suo letto di paglia.

6L’ONOREAlessia Masoni, Sara Lunghini, Giulia Lanciotti. !

All’alba presi velocemente la sacca con l’occorrente: castagne essiccate, nocciole e carne di maiale sotto sale. Dato il freddo, fui costretto a prendere la pelliccia di mio fratello. Mi avvicinai al-la porta, mi voltai un’ultima volta: vidi mia madre dormire serena sul suo letto di paglia.

Fui quasi tentato a non partire, ma ormai avevo deciso: dovevo scappare.

In realtà non sapevo dove andare, sapevo solo che dovevo allon-tanarmi e non tornare più.

Iniziai a correre velocemente.

Non vi erano strade, solo boschi.

Corsi tanto da sentire dolore alle gambe e da sudare nonostante il freddo. Decisi così di sedermi, avevo bisogno di riposare.

L’ONORE

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Poco dopo ricominciai a camminare e vidi una grande capanna di legno in lontananza e decisi di chiedere ospitalità a chiunque vi abitasse.

C’era un’unica porta principale senza finestre. All’esterno vi erano recinti di pecore, maiali e cin-ghiali affiancati da un pollaio.

Un uomo stava lavorando la terra.

Gli chiesi se poteva ospitarmi per la notte e lui mi fece entrare.

Alla destra c’era un telaio in cui una donna stava tessendo e, vedendola, mi ricordai di mia madre che era solita farlo tutti i giorni. Ai muri erano ap-pesi gli attrezzi da lavoro e utensili; gli unici mobi-li erano vasi di argilla posati su un lungo tavolo circondato da sedie pieghevoli.

Mi mostrò un letto di paglia su cui avrei potuto riposare con sopra delle pelli per coprirmi.

Mi offrì una zuppa di verdure calda e nel frattem-po mi chiese chi fossi e da dove venissi.

Gli raccontai che ero scappato da casa per non dover prendere parte alla guerra contro i Bizanti-ni, essendo io il figlio maggiore.

Mio padre Anulo era morto in guerra e la paura di subire la stessa sorte mi aveva portato a scap-pare dal mio villaggio. In quel momento ripensai al suo funerale: il suo corpo era avvolto da un te-lo bianco, trasportato da quattro suoi compagni di guerra che avevano il viso dipinto di nero.

Mia madre suonava il flauto per accompagnare il suo spirito. Il corpo di mio padre venne posto in una buca con le braccia raccolte, gli vennero po-sizionate due monete sugli occhi, simbolo del pa-gamento dell’ingresso all’aldilà e ricoperto con

rami di ulivo che erano stati tenuti in mano duran-te tutta la cerimonia.

L’uomo diventò pensieroso, ma rimase in silen-zio.

Continuai a mangiare, iniziando sempre di più a provare vergogna per ciò che avevo fatto.

Egli mi chiese se scappare dalla guerra ne fosse valsa davvero la pena: del resto, morire da eroe ha più valore che scappare da vigliacco.

Quando disse questo, mi sentii un codardo e, quella notte, ripensando alle parole di quell’uo-mo, decisi che il giorno dopo sarei tornato a ca-sa per riconquistare il mio onore.

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