Storia di un’esperienza di Peer Education · 3) l’EMPOWERED che comporta una fase di dialogo...

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MASTER Programmare, progettare, valutare per competenze PROJECT WORK Storia di un’esperienza di Peer Education Anna Bressan – Silvia Dal Canton Anno Accademico: 2013/2014

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MASTER

Programmare, progettare, valutare per competenze

PROJECT WORK

Storia di un’esperienza di

Peer Education

Anna Bressan – Silvia Dal Canton Anno Accademico: 2013/2014

“Non dubitare che un piccolo gruppo

di riflessivi e

impegnati cittadini possano cambiare il

mondo.

Infatti, è l’unica cosa che è sempre

avvenuta

Margaret Mead

Da prof a prof Cari Colleghi

“Da un po' di tempo osservo le abitudini di studio di mia figlia, che è una liceale, e noto che

quasi tutti i giorni si trova a ripassare con una compagna di classe diversa. A parte il fastidio

di doverla scarrozzare da una parte all'altra di Milano, mi chiedevo fino a che punto una

pratica di socializzazione così frequente potesse aiutarla davvero nei doveri scolastici, alquanto

impellenti per chi, come lei, è iscritta ad un liceo classico. Temevo che i riscontri nella

valutazione degli apprendimenti l’avrebbero convinta a studiare di più da sola, piuttosto che

continuare a spostarsi da una compagna all’altra, con tutte le distrazioni (musica, mp3,

videogiochi e quant’altro) che ben conoscono i genitori della mia generazione. La sorpresa è

che, invece di peggiorare, i voti di mia figlia sono migliorati. Mi sono chiesto allora perché, e,

forse, ho trovato una risposta grazie anche a quanto studiato durante il master universitario

con il prof. Bertagna e nel corso di alcune lezioni del prof. Nicoli (Univ. Cattolica di Brescia).

Emerge infatti dalle ricerche e dagli studi universitari che l’apprendimento tra pari (la peer

education) è spesso molto proficua dal punto di vista dei rendimenti scolastici. Si impara di più

dal compagno di classe che non dal docente. Questo, essendo io un docente, tra l’altro molto

orgoglioso di esserlo e molto convinto del valore insostituibile della lezione scolastica, e della

professione del docente, avrebbe potuto essere frustrante, se non addirittura sconfortante per

me. Ad una analisi più attenta, però, si scopre che le due operazioni dell’ascolto della lezione

in classe (che per me, scusate, sarò un tradizionalista, ma continua ad avere un ruolo

importante) e del lavoro a casa non sono in conflitto tra di loro. Piuttosto, emerge in modo

chiaro che si impara facendo qualcosa insieme agli altri (es. producendo insieme una tavola

sinottica), piuttosto che scaldando il banco in classe. Si impara guardando, assimilando

l’esempio, in un rapporto diverso da quello distaccato tra docente e alunno. Si impara,

insomma, sbagliando e correggendosi l’un l’altro. Sì, ma se uno dei due è comunque più avanti

nella preparazione rispetto all’altro, che senso ha fargli perdere del tempo “abbassandosi” al

livello del compagno? È proprio qui che interviene il frutto dell’ osservazione di mia figlia e

degli studi del prof. Nicoli: paradossalmente si diventa eccellenti (si passa, grossolanamente

parlando, dal 7 all’8 o al 9) quando si insegna qualcosa agli altri, perché quel sapere diventa

tuo. Noi tutti insegnanti conosciamo questo segreto, poiché abbiamo imparato la nostra

disciplina più spiegandola ai nostri alunni, che non studiandola da universitari. Così, ho

scoperto perché mia figlia ha degli ottimi voti: certamente perché ha forza di volontà, voglia di

studiare, capacità, ecc…, ma anche perché perde alcuni suoi pomeriggi a “insegnare” quello

che sa alle sue compagne”(1).

INDICE INTRODUZIONE

Abstract……………………………………………………………………. 5 Cos’è la Peer Education…………………………………………….…..… 6 RIFERIMENTI TEORICI Precedenti Storici……………………………………….…………..……... 8 Peer Education e Life Skills………………………………………...……...10 Life Skills e Competenze …………………................................................. 11 I destinatari della Peer Education………………………………………….12 Tutor (peer educator) e tutee: la Peer Education nel recupero scolastico…13 PROJECT WORK Storia di un’esperienza di Peer Education…….………………………..… 15 IDEAZIONE Come è nata l’idea ………………………………………………………...15 Raccolta di Informazioni………………………………………...………...16 Analisi di fattibilità……………………………………………………….. 18 DEFINIZIONE O PIANIFICAZIONE DEL PROGETTO Destinatari……………………………………………………………….. 19

Finalità e obiettivi generali………………………………………………..20 Pianificazione delle azioni………………………………………………...21 Individuazione delle risorse………………………………………….…....22 REALIZZAZIONE

Un avvio rallentato………………………………..……………………. . 23 Individuazione di tutor e tutee………………………………………….....23 Revisione del progetto………………………………………………….. . 24 Incontro preliminare con tutor………………………………………….....26 Il calendario……………………………………………………………….26 Il registrino………………………………………………………………..27 Il Progetto Giovani IdeAli…………………………………………….…..27 La gestione dei rapporti……………………………………………….…..27 RIESAME Monitoraggio e valutazione……………………………………………...28 Note…………………………………………………………………….. 33 Siti visitati………………………………………………………………. 34 Allegati…………………………………………………………………...35 Bibliografia……………………………………………………………. 36

Normativa……………………………………………………………… 37 Allegati (cartella ALLEGATI)

ABSTRACT L’esperienza di Peer Education nell’ambito del recupero scolastico,

oggetto di questo lavoro, si inserisce all’interno dell’iniziativa più vasta di

Peer Education, voluta dal Ministero della Pubblica Istruzione in

conformità alle norme europee per l’educazione alla salute, la prevenzione

alle malattie sessualmente trasmissibili, all’uso di sostanze stupefacenti e ai

comportamenti a rischio in generale.

Si tratta di una metodologia di innovazione pedagogica che pone tra i

suoi obiettivi la crescita personale dello studente, cercando di rendere

protagonisti i ragazzi ( tutor e tutee) tra i 14 e i 19 anni all’interno della

scuola o di una classe, per sviluppare il loro senso di esistere come parte

della collettività e stimolarli ad investire le loro risorse a favore della

stessa. E’ chiesta loro un’assunzione di responsabilità: ai tutor di rendersi

disponibili per diventare parte attiva nel processo formativo all’interno

della scuola, per la propria crescita, per migliorare il livello scolastico della

classe, per aiutare i loro compagni più deboli; ai tutee di aver rispetto di

chi dedica loro il tempo ed energie e di dimostrarlo con l’impegno.

Lo scopo è quindi è il successo formativo nell’apprendimento per sé e

per gli altri, grazie alla pratica del Learning by Teaching e alla pratica

delle Life Skills implicite nel processo formativo.

INTRODUZIONE

Che cos’è la Peer Education ?

Il termine peer era usato nel passato in Gran Bretagna per designare i membri dei

cinque gradi di nobiltà (duca, barone, marchese, conte e visconte); attualmente il

significato è cambiato, il dizionario Webster alla voce Peer Education riporta: one that

is equal standing with another, one belonging to the same societal group especially

based on age, grade, status, ossia un pari, un coetaneo.

La Peer Education, letteralmente educazione tra pari, è un metodo educativo basato

sulla responsabilizzazione di alcuni membri di un gruppo (peer educator) i quali, dopo

essere stati formati, assumono un ruolo tutoriale all’interno del gruppo di appartenenza,

realizzando specifiche attività con i loro pari quanto a età, condizione lavorativa, sesso,

status o etnia. L’azione del peer educator mira a potenziare nei pari conoscenze,

atteggiamenti e competenze che consentiranno loro di agire in modo più responsabile,

salvaguardando la propria salute fisica, psicologica, sociale e migliorando la qualità

della propria vita. Si instaura così un rapporto di educazione reciproca, basato su

modalità relazionali dirette e sull’uso di un linguaggio comune: una comunicazione

bidirezionale e circolare caratterizzata dal libero accesso alle informazioni (2). E’

proprio il feedback reciproco, che viene a stabilirsi a determinare nei partecipanti

l’abbandono di comportamenti sbagliati per cercare soluzioni migliori. (3)

La Peer Education è considerata uno dei metodi più efficaci della prevenzione tra

pari e della promozione alla salute, sfere privilegiate di applicazione; è quindi un valido

mezzo per combattere il disagio e i comportamenti a rischio. Nell’ambito

dell’autonomia scolastica essa consente di potenziare la dimensione sociale

dell’apprendimento e di veicolare con maggior efficacia l’insegnamento delle life skills,

idonee a formare o a rafforzare l’efficacia individuale e collettiva indispensabili per il

raggiungimento del successo formativo (4).

La Peer Education si differenzia dall’educazione dei giovani in generale proprio

perchè sono gli adolescenti stessi ad assumere il ruolo di agenti di cambiamento nei

riguardi dei loro pari. Quasi sempre la loro selezione è preceduta da un’adesione

volontaria e/o da una segnalazione da parte dei compagni, o anche di adulti con cui sono

in contatto; vengono opportunamente formati e, promuovendo iniziative di vario tipo, si

operano per favorire un cambiamento nel loro ambiente di vita e nelle conoscenze, negli

atteggiamenti e nei comportamenti dei coetanei. Il punto di forza della Peer Education è

proprio questo, oltre a quello di affondare le radici in precisi presupposti teorici della

psicologica dello sviluppo e della ricerca psicosociale, come si avrà modo di appurare in

seguito (5).

Esistono tre diversi modelli di educazione fra pari:

1) il MODELLO PURO che prevede interventi formativi brevi di tipo addestrativo-

informativo e assegna agli adulti il compito di selezionare i peer educator e di

individuare le tematiche di lavoro;

2) il MODELLO MISTO che implica una fase formativa breve, ma è caratterizzato

da un maggior protagonismo dei peer educator nella fase realizzativa; la loro

individuazione non è legata a criteri fissi ma variabili;

3) l’EMPOWERED che comporta una fase di dialogo fra competenze degli adulti e

dei peer educator e accentua il protagonismo di questi ultimi, che scelgono le

tematiche e organizzano autonomamente tutte le fasi di lavoro (6).

MODELLO PURO MODELLI MISTI MODELLO EMPOWERED

SELEZIONE

da parte degli adulti

criteri variabili

da parte dei destinatari

OBIETTIVI

scelti dagli adulti

scelti dagli adulti

Scelti dai peer educator

FORMAZIONE

trasmissiva, sui contenuti

partecipativa sui contenuti, talora sullo sviluppo delle competenze

partecipativa sui contenuti, talora sullo sviluppo delle competenze e contenuti

PROGETTAZIONE

gestita dagli adulti

gestita da adulti e peer educator

interamente gestita da adulti e peer educator

VALUTAZIONE

effettuata dagli adulti

criteri variabili

effettuata da adulti e peer educator

RIFERIMENTI TEORICI

Precedenti storici

Il concetto di tutoring si è sviluppato all’interno del cooperative learning, i cui

precursori appartengono a due aree distinte: l’area pedagogico-didattica e l’area di

psicologia sociale e dell’apprendimento di gruppo.

Area pedagogico-didattica

A. Bell J. Lancaster J. Dewey C. Freinet J.H. Pestalozzi N.F.S. Grundtvig

Area di psicologia sociale e dell’apprendimento di gruppo

K. Lewin, M. Deutsch R. Lippit

Testimonianze di apprendimento cooperativo sono tuttavia riscontrabili già nel I

sec., al tempo dell’Impero Romano: Quintiliano era convinto che, aiutandosi

reciprocamente, gli allievi ne avrebbero tratto tutti dei vantaggi; Qui docet discet,

sosteneva Seneca.

I primi interventi di tutoring in ambito scolastico risalgono all’ Inghilterra di fine

Settecento e precisamente all’opera del missionario anglicano A. Bell e del quacchero J.

Lancaster, promotori del mutuo apprendimento, il primo in India, il secondo nei

quartieri operai di Londra. Nel 1789 Bell avvia l’impiego sistematico del tutoring

(Madras System of Education): i ragazzi più grandi, tutor, opportunamente istruiti dal

maestro, insegnano a loro volta agli studenti più giovani, tutee. Lancaster opera, invece,

presso una scuola londinese, la Borough Road School dove, a partire dal 1801, avvia

una sperimentazione simile, utilizzando una didattica semplificata e strumenti molto

economici. Il principio è quello dell’aiuto reciproco: ogni classe ha un monitore e

assistenti monitori. Tale metodologia prende piede in Gran Bretagna e negli Stati Uniti,

ma anche nel nostro Paese. In Lombardia, la metodologia basata sul mutuo

insegnamento (7) è sostenuta da Federico Confalonieri, da Silvio Pellico e dal

federalista Giuseppe Pecchio attraverso la rivista Il Conciliatore.

In una direzione diversa e più vicina alla Peer Education si muove John Dewey, il

primo a considerare l’educazione una vera e propria scienza, a concepire il bambino

come soggetto attivo, protagonista nei processi di apprendimento, a ritenere

l’educazione, compresa quella scolastica, un fatto sociale.(8)

Sulla motivazione insiste il francese C. Freinet, convinto che si apprenda di più

laddove c’è dell’interesse (9), mentre J.H. Pestalozzi trasforma i ragazzi più grandi

dell’orfanatrofio di Stans in Svizzera in aiutanti e collaboratori, chiedendo loro senso di

responsabilità e atteggiamento fraterno verso i più piccoli. Promotore di scuole per

adulti è Grundtvig, certo che le capacità relazionali e comunicative dell’individuo

migliorino, se si esprimono in una specifica comunità e se sono basate sulla

comunicazione verbale, sulla reciprocità e sulla mutua promozione (10).

In ambito tedesco si sviluppano, invece, la psicologia sociale e l’apprendimento in

gruppo, all’interno del quale, sostiene Lewin, c’è interdipendenza e continuo

cambiamento (11). Della risoluzione dei conflitti all’interno di un gruppo si occupano

Deutsch e ancora Lewin, Lippit e White ai quali si deve l’elaborazione del concetto di

“clima o atmosfera sociale” (12).

Alcuni principi della Peer Education possono essere rintracciati nelle teorie di Piaget,

secondo il quale, le interazioni tra pari, durante l’apprendimento, stimolano i processi

di costruzione intellettiva, favoriti dalla ”comunanza di linguaggio, dall’immediatezza

di comunicazione e dal desiderio di amicizia”(13). Il dialogo tra pari, sostiene

Vygotskij, consente di interiorizzare i processi cognitivi impliciti nelle interazioni,

fornendo nuovi pattern cognitivi ed incrementando il ragionamento deduttivo e

combinatorio (14), ma esso, aggiunge N.Damon, sostiene l’autostima dei ragazzi, li

stimola al cambiamento, migliora il rendimento scolastico e incoraggia il

comportamento pro sociale (15).

Intorno agli anni Settanta del Novecento la Peer Education comincia ad essere

applicata negli USA nell’ambito dell’educazione sanitaria, per arginare il diffondersi di

infezioni trasmesse sessualmente, per sensibilizzare i giovani sulle conseguenze

dell’abuso di tabacco, droga e alcol. I fondamenti teorici fino allora elaborati vengono

integrati con la teoria dell’apprendimento sociale di A.Bandura, basata sull’interazione

tra individuo e ambiente e sulla convinzione che l’apprendimento abbia le sue radici

nell’imitazione e nelle dinamiche interpersonali. I tutor, adeguatamente formati, sono

giovani che hanno vissuto sulla propria pelle situazioni di disagio, il loro messaggio

orizzontale risulta più efficace dell’informazione rigorosa, proprio perché fondato sulla

condivisione di esperienze ed emozioni. I progetti si moltiplicano, l’obiettivo è quello di

stimolare nuove strategie di coping e sviluppare life skills (16).

Per quanto concerne l’Italia, un esempio innovativo, originale ed efficace di

cooperative learning, è l’esperienza avviata a Barbiana da don Lorenzo Milani a partire

dagli anni Cinquanta: una scuola a tempo pieno per le classi popolari, dove si lavora

tutti insieme, e chi sa di più aiuta chi sa di meno. Il riconoscimento della peculiarità di

ogni individuo e della persona come soggetto del processo di apprendimento comporta

l’elaborazione di un curricolo centrato sull’alunno e non sui contenuti o sul docente.

Negli anni Settanta la Peer Education comincia a diffondersi gradualmente in tutto

il mondo e nei contesti più svariati: ospedali, scuole, carceri, comunità terapeutiche, per

la prevenzione all’AIDS e alle malattie sessualmente trasmissibili.

Oggi la Peer Education è impiegata per arginare comportamenti a rischio quali

assunzione di droghe o alcol, consumo di tabacco, guida spericolata, bullismo, violenza

e comportamento alimentare non corretto. Un recente sviluppo è quello dell’azione

all’interno del web per una prevenzione on-line sia dei comportamenti a rischio in

generale, sia di quelli più specifici, legati all’uso di Internet; si pensi, ad esempio, al

cyber-bullismo, mentre resta marginale l’applicazione per il recupero scolastico.

Peer Education e Life Skills

Fin dall’inizio degli anni Novanta del secolo scorso, La Commissione Europea per

la Sanità comincia ad incoraggiare l’insegnamento delle life skills, constatando che

molti giovani non ne sono adeguatamente provvisti. Cambiamenti culturali e nello stile

di vita comportano per i giovani nuove richieste e determinano spesso situazioni di

stress; d’altro canto i meccanismi tradizionali di trasmissione delle life skills si

dimostrano spesso impotenti (WHO, 1994).

Nel 1997 l’OMS individua nell'educazione alle life skills e nella peer education gli

strumenti più validi per attuare percorsi innovativi di insegnamento-apprendimento e di

prevenzione per i giovani dai 15 ai 19 anni. I Paesi europei aderiscono al Progetto

Europeer e in Italia, dato l’esito positivo di un progetto realizzato a Cremona,

Autonomia, life skills e peer education, il MIUR avvia un’iniziativa pilota che coinvolge

venti province e molti altri Enti, comprese le istituzioni scolastiche. Giuliana Boda,

direttamente coinvolta in tale iniziativa, dichiara che è necessario “aiutare i ragazzi ad

individuare il senso del loro esistere come individui e come collettività, affinché

vogliano investire le loro risorse in un processo di crescita che li valorizzi e li renda

parte attiva e coscienza critica dei processi formativi che li coinvolgono all'interno

della scuola dell'autonomia” (17).

L’associazione tra la metodologia della Peer Education e il potenziamento delle life

skills, oltre al desiderio di incidere positivamente nella vita futura dei nostri studenti

hanno costituito il motore del progetto avviato nel nostro Istituto e di cui si disquisirà in

seguito. Ciò giustifica l’ampio spazio riservato a tali tematiche nella prima parte di

questo lavoro.

Life skills e competenze

L’Organizzazione Mondiale della Salute ha dato un forte impulso alla diffusione delle

life skills nel mondo. Secondo questa prestigiosa agenzia internazionale, le “competenze

psicosociali” giocano un ruolo importante nella promozione della salute, intesa nel

senso più pieno di benessere biopsicosociale.

La psicologia ha sottolineato come la mente e la personalità umana mettano in

campo una serie di strategie che possono essere descritte come competenze potenziali o

skills, comprendenti la sfera cognitiva, quella emozionale e quella della relazione

sociale. Ogni individuo nel corso della vita si costruisce una serie di competenze che gli

consentono di avere una vita di qualità: impara a parlare, allacciarsi le scarpe, leggere,

scrivere, andare in bicicletta, cucinare…, abilità pratiche sempre più complesse. Fra tali

competenze l’OMS ne ha individuate dieci , dette life skills, cioè abilità di vita, ritenute

fondamentali nel processo di sviluppo individuale e di adattamento. Sono:

1) capacità di prendere decisioni

2) capacità di risolvere problemi

3) creatività

4) senso critico

5) comunicazione efficace

6) capacità di stabilire relazioni positive

7) autocoscienza

8) empatia

9) gestione delle emozioni

10) gestione dello stress

Possedere tali competenze, per un giovane, significa avere nella vita di tutti i

giorni un efficace strumento di prevenzione primaria per la tutela della salute. Si

tratta, infatti, di atteggiamenti e valori che consentono di ridurre al minimo i

comportamenti a rischio per sé e per gli altri, migliorando lo stato di benessere.

I destinatari della Peer Education

I destinatari privilegiati di interventi di Peer Education sono gli adolescenti, a

cominciare da quelli che popolano i nostri istituti scolastici per due motivi: per il

profondo valore che gli stessi attribuiscono alla comunicazione e perché le scuole sono

affollate di giovani. L’adolescenza è il momento cruciale per la costruzione del sé e la

classe appare il luogo ideale dove attuare esperienze simili, sostiene un’insegnante,

infatti rappresenta un ponte tra la classe ufficiale, fatta di programmi, lezioni, materie,

insegnanti, e la «classe segreta», fatta di intrecci affettivi, dinamiche di inclusione e di

esclusione (18).

Si è ampiamente discusso nella parte precedente su alcune peculiarità di tale

metodologia, che prende a modello un processo fisiologico e spontaneo in funzione

Acqusizione di

conoscenze

Acqusizione pratica di life skills

Attitudini, valori e rafforzamento o modificazione del comportamento

Compor-tamento sano e positivo

Preven-zione dei problemi sanitari

educativa, usando la naturale tendenza dei giovani ad influenzarsi reciprocamente, a

confrontarsi, a scambiarsi emozioni ed esperienze con qualcuno che si pone le loro

stesse domande e che sta affrontando gli stessi problemi. Se, nella nostra società divisa

in fasce di età, ogni categoria anagrafica ha proprie norme e valori e i contatti tra

persone di età diversa diminuiscono con l’aumentare della differenza di età, è anche

vero che il tutoring facilita lo scambio e la crescita sociale tra gli studenti di uno stesso

istituto.

Tutor (peer educator) e tutee: la Peer Education nel recupero scolastico

Tutor e tutee condividono interessi e linguaggio, riti e valori con un pari che sa che

cosa significa essere adolescenti oggi, una persona credibile, di cui ci si può fidare.

Tutto ciò agevola il processo di apprendimento e, nello specifico ambito del recupero

scolastico, adatta l’istruzione a livello del singolo studente e può migliorarne il profitto.

Individuare dei peer educator in ambito scolastico implica un nuovo ruolo per gli

studenti ai quali è rivolta l’azione dei tutor; gli studenti, infatti, non sono più ricettori di

contenuti, di valori ed esperienze di un adulto, ma diventano soggetti attivi del loro

sviluppo e della loro formazione. Ciò avviene attraverso il confronto di punti di vista

diversi, scambio di idee, analisi dei problemi e ricerca di possibili soluzioni in una

dinamica tra pari, che tuttavia non esclude la possibilità di chiedere collaborazione e

supporto di esperti.

Da un punto di vista strettamente scolastico, nonostante il tutor conosca la materia

che va ad insegnare, l’esperienza di tutoraggio gli permette di assimilare meglio le

conoscenze già acquisite; per quanto riguarda il tutee, può usufruire di un insegnamento

individualizzato con compiti più adeguati alle sue carenze.

Il canadese Goodlad definisce il tutoring un’esperienza estremamente gratificante.

Il tutor assume il ruolo di formatori del tutee, sviluppa abilità sociali, autostima,

autonomia e senso di responsabilità; dal punto di vista cognitivo, pur conoscendo la

materia che va ad insegnare, ha l’opportunità di rivedere e consolidare conoscenze

precedentemente acquisite, colmare eventuali lacune, individuare altri significati e

riformulare le proprie conoscenze in contesti concettuali nuovi. Anche per il tutee sono

evidenti i vantaggi: miglioramento della padronanza verbale, e di altre forme di

rinforzamento sociale. Se dal punto di vista qualitativo, l’insegnamento del tutor è

inferiore a quello erogato dal docente, tuttavia esso garantisce una serie di vantaggi

attinenti alla sfera della solidarietà oltre a permettergli di usufruire di un insegnamento

individualizzato con compiti più adeguati alle sue necessità (19).

K.Topping sottolinea che in un sistema scuola, che stimola competizione ed

individualismo, solo l’apprendimento cooperativo favorisce il successo di tutti. Precisa,

inoltre, che con il termine “tutoring” s’intende un approccio più complesso ed articolato

rispetto a tante esperienze del passato, il quale implica un’organizzazione precisa

dell’attività, la definizione di obiettivi specifici e comunque una “struttura”, anche se

flessibile e aperta. Ad esempio, bisogna scegliere con cura i tutor e i tutee, fissare orari

regolari per le attività di recupero, fornire ai tutor un’adeguata formazione e, se

necessario, del materiale didattico, prevedere sistemi di monitoraggio, di supervisione e

di valutazione (20).

PROJECT WORK

Storia di un’esperienza di Peer Education

IDEAZIONE

Com’è nata l’idea

Il progetto di cui si intende discutere, Peer Education: interventi per il successo

scolastico, si colloca nell’ambito degli azioni contro la dispersione scolastica ed è stato

realizzato nel corso dell’ anno 2012-2013. E’ stato ideato e coordinato da due docenti

dell’ITS L.Einaudi (attualmente IIS Einaudi-Scarpa) di Montebelluna, le prof.sse

Bressan Anna e Dal Canton Silvia.

L’attività si è svolta da fine gennaio a fine maggio 2013 ed ha coinvolto circa

centocinquanta studenti in una forma alternativa di sostegno/recupero, già sperimentata

con successo in altre istituzioni scolastiche e, per un periodo limitato, in una classe

quarta dello stesso Istituto nell’anno scolastico 2010/11.

Quando ci si trova di fronte ad una situazione critica, è normale cercare una

soluzione. Alcune riflessioni su come arginare la percentuale di ripetenze, soprattutto

nel biennio, ma anche su come contenere il diffuso fenomeno dei “debiti” sono sorte di

fronte ai tabelloni con gli esiti di fine anno scolastico (2011-2012), esposti come al

solito, sulle vetrate dell’ingresso. Al triennio il fenomeno è più contenuto, ma al

biennio le non ammissioni o i giudizi sospesi abbondano, segnalando che i tradizionali

corsi di recupero attuati non sono sufficienti ad arginare il fenomeno. A ciò si aggiunga

la difficile condizione in cui versano le finanze pubbliche e i ripetuti tagli ai fondi

destinati alle istituzioni scolastiche dai quali si attinge appunto per l’organizzazione dei

corsi di recupero pomeridiani, una delle attività integrative più importanti, per erogare

un servizio di qualità rispondente alle aspettative delle famiglie e degli studenti.

Dopo un’analisi oggettiva e dettagliata delle forme di recupero disciplinare note e

già sperimentate all’interno dell’Istituto, corsi di recupero, sportello, recupero in itinere,

sospensione delle lezioni per una settimana di recupero/potenziamento e infine una

breve esperienza di recupero tra pari all’interno di una classe, si è optato per

quest’ultima soluzione, ma pensando di coinvolgere l’intero Istituto.

L’esperimento di tutoraggio tra pari, attuato un anno prima, con ragazzi

caratterizzati da uno spiccato individualismo, aveva dato esiti positivi nel profitto, oltre

a costituire un momento di crescita, infatti, gli studenti avevano accettato volentieri di

collaborare e di aiutarsi e hanno continuato a farlo. Quel breve esperimento aveva

migliorato le relazioni tra compagni, era stato una specie di investimento per il futuro.

Il tutoraggio tra pari è parso allora un’ottima alternativa più coinvolgente e motivante

per gli studenti, meno dispendiosa per l’istituzione scolastica. Un’occasione per

favorire la socializzazione e valorizzare le eccellenze, consentendo a tanti bravi ragazzi,

studiosi, intelligenti e responsabili, che spesso in classe sono penalizzati e non

opportunamente stimolati, di mettersi alla prova. Si è pensato allora alla scuola come

spazio dove il sapere si coniuga con il processo di crescita, quella fase in cui si

sperimenta se stessi alla ricerca della propria identità, si impara a collaborare, ad

aiutarsi, a scoprire che, studiando insieme, ognuno dà qualcosa e riceve qualcos’altro

dagli altri. Un’opportunità per mobilitare risorse personali,talvolta ancora latenti, per lo

sviluppo individuale e collettivo. Acquisire la consapevolezza di possedere questo

importante patrimonio di competenze d’azione o life skills, da spendere per sé e con gli

altri, ora e in futuro (21). La scuola avrebbe potuto offrire questo stimolo attraverso un

progetto strutturato, in futuro mettendo a disposizione gli spazi per incontrarsi e

favorendo la libera iniziativa degli studenti. Era già possibile fermarsi a scuola il

pomeriggio per studiare, ma erano pochi gli studenti che approfittavano di tale

opportunità. C’era in noi la convinzione che, promuovendo le relazioni all’interno del

contesto scolastico, sarebbe migliorato il clima generale favorendo anche successo

dell’azione formativa.

La raccolta di informazioni sulla Peer Education

La ricerca di informazioni è un momento fondamentale, due sono stati i canali

utilizzati: Internet e il confronto diretto con una collega da qualche anno impegnata in

attività di Peer Education nella scuola. Le esperienze e le testimonianze reperite,

soprattutto in Internet, hanno consentito di riflettere su varie modalità di attuazione del

progetto, di confrontare le diverse soluzioni adottate in alcuni istituti della Penisola,

Veneto compreso (22), provando di volta in volta ad immaginare se quella particolare

soluzione avrebbe potuto essere attuata nel nostro contesto scolastico. Ognuna aveva

qualcosa che la distingueva dalle altre.

Si è rivelato determinante ai fini della progettazione, conoscere i modelli teorici ai

quali fanno riferimento le attività legate alla Peer Education, in particolare la

distinzione tra modello puro, misto e il cosiddetto empowered e si è privilegiato il

modello misto, il più adatto, a nostro avviso, per il recupero disciplinare.

Durante questa fase di ricerca, si è compreso che sarebbe stato utile dare visibilità al

progetto non solo all’interno dell’Istituto ma anche all’esterno, avvalendosi di tutti i

mezzi di comunicazione a disposizione (sito della scuola, sito dei genitori della scuola,

stampa locale).

Mentre si accumulavano conoscenze ed informazioni, era sempre più chiaro che la

soluzione adottata avrebbe dovuto essere originale, “giusta” per il nostro contesto e tale

consapevolezza fu ancor più evidente, come si è già sottolineato, dopo un confronto

diretto con chi era già in prima linea nel nostro territorio.

E’ seguito un confronto con il Dirigente Scolastico sulle ipotesi fino a quel

momento elaborate:

- un’attività di recupero (Peer Education – modello misto) come parte integrante

di un progetto di simulazione di impresa che avrebbe comportato un piccolo

contributo economico da parte delle famiglie, dal quale attingere per un

simbolico compenso ai tutor; la gestione finanziaria sarebbe stata affidata agli

stessi tutor o ad un gruppo di studenti appositamente individuato, con la

supervisione di un docente di economia;

- l’inserimento del progetto all’interno delle attività integrative, previste dal POF

e finanziate con il Fondo di Istituto, prevedendo comunque un modesto

contributo da parte delle famiglie, per la stessa ragione espressa sopra;

- l’inserimento del progetto nell’ambito delle attività integrative, previste dal POF

e completamente finanziato con il Fondo di Istituto, ma escludendo qualsiasi

riconoscimento economico per i tutor.

Data la difficile situazione economica e le incertezze circa i finanziamenti alle

scuole, si è scelta quest’ultima soluzione, stabilendo inoltre un tetto massimo di spesa

per le attività connesse alla realizzazione del progetto.

Il nostro è un grande Istituto, all’epoca contava circa 1400 studenti (da quest’anno

circa 1900) e comprende vari indirizzi di studio; l’idea originaria era di stabilire un

rapporto di collaborazione tra gli studenti dell’Istituto, facendo in modo che i più grandi

sostenessero i più giovani e che si stabilisse collaborazione all’interno delle singole

classi.

La ricerca ha riguardato anche le passibilità di riconoscere dei crediti agli studenti-

tutor, ma, pensando di sviluppare l’attività esclusivamente all’interno dell’Istituto, i

crediti avrebbero potuto essere solo scolastici e non formativi.

L’attività preliminare di informazione è stata piuttosto impegnativa, ma ha

consentito di acquisire elementi indispensabili all’ideazione ed alla pianificazione del

progetto e la consapevolezza che ogni aspetto deve essere curato nei minimi dettagli:

finalità, obiettivi, azioni, contenuti, tempi, metodologie, risorse umane e finanziarie,

numero delle persone a diverso titolo coinvolte, disponibilità dei locali e tutta una serie

di strumenti (es. modulistica, circolari) che aiutino a promuove l’iniziativa e al

contempo cercare di avere il controllo della situazione.

Analisi di fattibilità

E’ il momento in cui bisogna prevedere a tavolino, fingersi in situazione, ipotizzare

problemi, ostacoli e possibili soluzioni, fissare dei limiti, accertarsi che il progetto possa

essere integralmente finanziato. Per ogni ipotesi è necessario procedere alla verifica

della sua fattibilità, degli ostacoli che si potrebbero incontrare, insomma bisogna

giocare di anticipo. E’ quello che noi docenti siamo chiamati a fare quotidianamente

senza dover compilare una scheda finanziaria e poi cercare di stare entro i parametri

previsti, salvo farsi prendere dall’ingranaggio, calpestare i vincoli finanziari e procedere

verso l’obiettivo prefissato. E’ quello che è accaduto durante la realizzazione di questo

progetto e la gioia per il feedback positivo ricevuto è ciò che probabilmente ci ha

indotto a privilegiarlo come tema del nostro project work. Quando si è in campo, si

procede a ritmo serrato, non c’è tempo per riflettere, il poco a disposizione serve per

riposare, per ricaricarsi ed essere pronti di nuovo a combattere.

Lo studio della fattibilità di un progetto comporta anzitutto l’analisi del quadro

normativo di riferimento, a livello nazionale, regionale e di Istituto. Esso è parte

integrante del progetto allegato alla fine di questo lavoro.

Al fine di elaborare un’attendibile previsione dei bisogni, si è proceduto quindi

all’acquisizione di una serie di dati relativi ai due precedenti anni scolastici:

- numero di insufficienze alla fine del primo trimestre (bisogni formativi) - numero di corsi (e ore) di recupero attivati, utilizzando talvolta anche docenti esterni

(estate) - numero di non ammissioni all’anno successivo.

I dati raccolti evidenziavano carenze in varie discipline, all’incirca le stesse sia al biennio che al triennio; se si tiene conto che al triennio ogni indirizzo presenta delle materie caratterizzanti, si capisce anche perché quelle del triennio risultano più numerose. Era evidente la necessità di consolidamento delle competenze di base in parecchie discipline:

BIENNIO – matematica, fisica, chimica, economia aziendale, inglese, tedesco TRIENNIO – matematica, economia aziendale, inglese, tedesco, elettronica, sistemi, informatica, disegno e costruzioni.

Per quanto concerne bisogni i formativi per l’a.s. 2012/2013, quello in cui il progetto è stato realizzato, avrebbero dovuto essere individuati all’interno dei singoli Consigli di Classe, analizzando gli esiti dei test di ingresso e delle prove somministrati nel primo periodo (settembre-ottobre). L’attività in realtà è partita solo a fine gennaio, pertanto i dati a disposizione dei docenti sono stati quelli di un intero quadrimestre. I vari Consigli di Classe hanno quindi proposto la forma più adeguata di recupero per il singolo alunno, e, ne caso della Peer Education, i Coordinatori hanno compilato l’apposita Scheda di segnalazione Peer Education (ALLEGATI A1 e A2), da consegnare ai responsabili del progetto, avendo cura di indicare le carenze relative alle singole discipline. Ai Coordinatori è stata chiesto anche di farsi promotori dell’iniziativa presso gli studenti e di indicare, nella stessa scheda, eventuali aspiranti peer educator. DEFINIZIONE o PIANIFICAZIONE

Destinatari del progetto

Studenti-utenti di tutte le classi (compresi gli studenti stranieri, i portatori di

handicap e gli studenti DSA);

studenti-tutor preferibilmente del triennio, ma anche della stessa classe, se

suggerito da un docente della classe.

Finalità ed obiettivi generali

Finalità

In sintonia con quanto espresso nel DPR 15 marzo 2010, art.8, comma 3, ossia con

la necessità di contrastare le difficoltà e le situazioni di criticità riscontrate in modo

particolare nei passaggi tra i diversi ordini di scuola, che sono di solito la causa

principale di una diffusa dispersione scolastica soprattutto nel primo biennio della

scuola secondaria superiore (ALLEGATO A3), si sono individuate le seguenti finalità:

stimolare modifiche nei comportamenti degli studenti-utenti al fine di consolidare competenze di responsabilità e di autonomia;

motivare allo studio gli studenti-utenti, così da favorirne il successo scolastico e formativo;

favorire negli studenti-tutor il potenziamento della capacità di usare in modo consapevole conoscenze, abilità e capacità personali, sociali e/o metodologiche, condizione per maturare le competenze che arricchiscono la personalità dello studente e lo rendono autonomo costruttore di se stesso in tutti i campi dell’esperienza umana, sociale e professionale, come raccomandato nel DPR 15 marzo 2010, art.8, comma 3;

incentivare rapporti di solidarietà ed amicizia. Obiettivi Al fine di favorire il superamento di specifiche difficoltà nell’acquisizione delle conoscenze e competenze relative a singole unità di apprendimento o singoli blocchi tematici, come previsto dal Piano dell’Offerta Formativa (2011/2012) del nostro Istituto, sono stati fissati i seguenti obiettivi: rilevazione degli studenti in situazione in difficoltà da parte dei Consigli di

Classe; individuazione, attraverso la collaborazione dei docenti di classe, degli studenti

tutor, in possesso di specifiche conoscenze e competenze; assegnazione agli studenti in difficoltà di tutor in grado di aiutarli nel percorso di

recupero; attivazione di modalità di tipo laboratoriale in cui gli studenti si sentano

protagonisti sia come tutor che utenti; valorizzazione delle eccellenze, anche attraverso l’attribuzione di crediti

scolastici, come indicato nel DPR 323, 27 luglio 1998, nel DM 99, 16 dicembre

2009 e nell’OM 41, 11 maggio 2012; il credito scolastico - recita il DM 99/2009 - deve tenere in considerazione – anche - l’interesse e l’impegno nella partecipazione al dialogo educativo e alle attività complementari ed integrative. Si propone un credito scolastico per 10 ore di tutoring;

acquisizione, da parte degli studenti-utenti, di un metodo di studio più efficace; collaborazione tra studenti e tra studenti e docenti; fornire semplici strumenti pedagogici agli studenti tutor.

Pianificazione delle azioni

A settembre 2012 la bozza del progetto è stata presentata al Dirigente Scolastico con

cui sono stati discussi e definiti alcuni aspetti importanti. Il progetto definitivo ha

seguito poi l’iter tradizionale: presentazione e approvazione in Collegio Docenti,

approvazione da parte del Consiglio di Istituto, diffusione delle informazioni nei vari

Dipartimenti per disciplina e nei Consigli di Classe (settembre-ottobre).

I canali utilizzati sono stati sia di tipo formale che informale: circolari informative e loro pubblicazione nel sito della scuola, pubblicazione, su un quotidiano locale, di un breve articolo (riportato di seguito) sul successo che l’iniziativa stava avendo fin dall’inizio. In fase di stesura del progetto ci si è sforzati di prevedere tutte le azioni organizzative e gestionali e i tempi in cui sarebbero state effettuate, come risulta dall’elenco che segue: individuazione degli studenti-tutor, con la collaborazione dei Coordinatori di

classe e dei docenti in genere; i tutor avrebbero dovuto avere un profitto paria almeno a 7/10 per poter partecipare (ottobre);

rilevazione degli studenti-utenti attraverso la compilazione di Schede di segnalazione peer education, (consigli di classe di ottobre);

predisposizione della modulistica per la richiesta di partecipazione da parte degli studenti (ALLEGATO A4)

formazione degli studenti-tutor (dopo i consigli di classe di ottobre); assegnazione di non più di tre studenti ad ogni tutor (dopo i consigli di classe di

ottobre); organizzazione del calendario, prevedendo due pomeriggi di tutoring alla

settimana, lezioni di 1/2-2 ore, prevedendo moduli di tutoraggio di 12 ore, a partire da novembre (dopo i consigli di classe di ottobre);

comunicazione scritta alle famiglie degli studenti coinvolti e richiesta di autorizzazione scritta (dopo i consigli di classe di ottobre);

predisposizione di un registro per: firma-presenza del tutor, firma-presenza studente-utente, argomento trattato e firma docente-referente incaricato dell’assistenza (dopo i consigli di classe di ottobre), (ALLEGATO A5)

inizio attività (novembre) sorveglianza durante le ore di tutoring da parte delle docenti responsabili; verifica delle competenze raggiunte dagli studenti tutorati da parte dei docenti

curricolari (in itinere e/o a fine attività); monitoraggio della situazione in itinere, mediante contatti informali con gli

studenti coinvolti e con i loro docenti, pur nella consapevolezza che, eventuali modifiche significative nei comportamenti degli studenti coinvolti, in particolare negli studenti-utenti, il progetto dovrebbe avrebbe dovuto svilupparsi almeno per un triennio;

questionario di gradimento agli studenti coinvolti, ai docenti interessati ed eventualmente alle famiglie a chiusura dell’attività;

rendicontazione (a fine attività) revisione del percorso (a fine attività).

Individuazione delle risorse

Risorse umane: - il gruppo di progetto, prof.sse Bressan A. e Dal Canton S. - gli studenti dell’Istituto, il cui numero sarebbe dipeso dalla disponibilità di alcuni di loro a svolgere attività di tutoring (presumendo massimo 20 studenti-tutor, e il coinvolgimento di 40-60 studenti-utenti

Risorse strumentali: - una decina di aule dell’Istituto, site a piano terra - fogli-registro, schede di segnalazione, fotocopie

Risorse finanziarie: – Fondo di Istituto Scheda finanziaria Nel progetto originario sono state indicate 10 ore di progettazione e organizzazione e complessive 40 ore di sorveglianza.

REALIZZAZIONE Un avvio rallentato La fase di realizzazione è stata condizionata da alcuni imprevisti che, prima hanno

messo in dubbio la fattibilità del progetto e comunque ne hanno temporaneamente

sospeso l’avvio; poi hanno provocato il prolungamento delle attività fino agli ultimi

giorni di scuola. Gli inconvenienti, se così possiamo definirli, sono stati risolti e gestiti

di volta in volta, cercando di tener fede all’impegno preso e di esaudire il desiderio di

tanti studenti di poter incontrarsi a studiare insieme.

La diffusione delle informazioni sulla nuova modalità di recupero che si andava

proponendo era da poco avviata, quando i docenti dell’Istituto hanno aderire alla

protesta in atto in varie città italiane, sospendendo e/o comunque non avviando alcuna

attività integrativa finanziata dal Fondo di Istituto. A quel punto tutto si è bloccato e se

ne è riparlato solo dopo le vacanze di Natale, motivo per cui l’inizio è stato rinviato a

dopo gli scrutini del primo quadrimestre, ossia a fine gennaio (ALLEGATO A6), dopo

aver raccolto le adesioni da parte degli studenti e le indicazioni da parte dei docenti.

Individuazione di tutor e tutee

La selezione dei tutor è avvenuta sia attraverso l’autocandidatura degli studenti sia

grazie ai suggerimenti degli insegnanti; alcuni di loro particolarmente sensibili, si sono

fatti carico di promuovere l’attività nelle classi raccogliendo le disponibilità da parte dei

futuri tutor. Spesso sono stati gli stessi docenti a sollecitare gli studenti, in altri casi si

sono limitati a indicare i nominativi e i referenti del progetto hanno provveduto a

contattare gli studenti, che raramente si sono rifiutati e, nonostante gli impegni, hanno

cercato di rendersi disponibili. Individuare i tutor con l’aiuto dei docenti è

fondamentale per le informazioni che si possono raccogliere sui singoli e che aiutano

poi a formare i piccoli gruppi di lavoro.

Per tutta la durata dell’attività, gli studenti dell’Istituto hanno potuto usufruire di

schede di partecipazione utili sia per la richiesta di aiuto in qualche disciplina che per

candidarsi a tutor. In un paio di occasioni due tutor hanno espresso il desiderio di

svolgere l’attività di recupero in coppia o almeno nella stessa aula. Si trattava di due

amiche e compagne di classe; la loro richiesta è stata esaudita e pare che la cosa abbia

funzionato bene con momenti di interazione in caso di bisogno.

Si sono impegnati come tutor anche due ragazzi certificati, naturalmente in ambiti

in cui hanno potuto dare il meglio di sé e lo hanno fatto con grande gioia e con risvolti

significativi sull’autostima. Uno studente di prima, ad esempio, con difficoltà a livello

logico, ha aiutato una compagna di classe straniera, da poco giunta nel nostro Paese, a

studiare italiano e storia. Una studentessa ipovedente, bravissima in inglese, ha

sostenuto con successo un paio di compagne di classe. Inoltre, sono stati coinvolti,

soprattutto come utenti, anche alcuni studenti stranieri.

La maggior parte degli studenti utenti è stata segnalata, come richiesto, dai docenti,

altri, in particolare quelli del triennio, si sono rivolti direttamente ai referenti chiedendo

di essere aiutati. C’è stata un’ulteriore modalità di contatto, attraverso i genitori che,

rivolgendosi ai referenti o al Collaboratore del Dirigente, si sono fatti portavoce di una

richiesta di aiuto per i loro figli; si è trattato comunque di alcune situazioni particolari,

legate ad un profitto carente in varie discipline o a precarie condizioni di salute, come

quello di una studentessa anoressica, appena dimessa dall’ospedale.

Revisione del progetto

L’entusiasmo con cui gli studenti hanno accolto l’iniziativa, ci ha costretto ad una

revisione tempestiva del progetto dopo circa un mese dall’avvio delle attività, a

testimonianza che non tutto è prevedibile e che qualche incognita è sempre in agguato.

E’ stato un momento piuttosto impegnativo: studenti, colleghi, genitori, ognuno aveva

qualche richiesta da fare, per sé, per l’amico, per il figlio, per l’allievo in qualsiasi

momento e ovunque ci si trovasse all’interno della scuola. Un successo e un carico di

lavoro inaspettati. A proposito si veda l’articolo pubblicato dalla Tribuna di Treviso:

Peer Education all’Istituto L.Einaudi

Il progetto Peer Education: interventi per il successo scolastico, una proposta

alternativa di sostegno/recupero, è stato ufficialmente avviato il 29/01/2013, coinvolgendo

circa 150 ragazzi: 40 studenti-tutor seguiranno, con la collaborazione dei docenti, 110

compagni in un percorso di recupero pomeridiano in varie discipline, 7 incontri di un’ora e

mezza ciascuno.

L’obiettivo è contrastare le difficoltà incontrate dagli studenti, soprattutto nel primo

biennio, stimolando modifiche nei loro comportamenti e inducendoli a sviluppare senso di

responsabilità ed autonomia. Motivando i ragazzi allo studio, si favorirà il loro successo

scolastico e formativo. Gli studenti-tutor avranno, invece, l’opportunità di potenziare la

loro capacità di usare in modo consapevole abilità, capacità e competenze in un contesto

tendente a rafforzare i rapporti di solidarietà ed amicizia tra pari.

Adesioni raddoppiate, rispetto alle previsioni: un’accoglienza oltre ogni aspettativa!

Un grazie a quanti, studenti, genitori, docenti e personale della scuola, stanno

dimostrando fiducia, entusiasmo ed impegno e….BUON LAVORO A TUTTI.

Come spesso succede, esiste anche il rovescio della medaglia, le prime difficoltà

sono dipese proprio dal successo che l’iniziativa stava suscitando; dopo un tempestivo

consulto con il Dirigente e l’autorizzazione a procedere, si è dovuto rivedere parte

dell’organizzazione, accertarsi di avere a disposizione un maggior numero di aule,

verificare se qualche collega fosse disponibile a sostituirci nell’assistenza pomeridiana,

qualora avessimo avuto altri impegni (dato che i pomeriggi a scuola erano più che

raddoppiati) e/o quando fossero serviti due docenti, in seguito alla richiesta avanzata da

alcuni studenti di usufruire di un laboratorio di informatica, dove la normativa sulla

sicurezza prevede la presenza di un tecnico o almeno di un docente competente .

Si legge nell’aggiornamento al progetto (ALLEGATO A7):

Il recente avvio del progetto è stato accolto con entusiasmo dagli studenti, che numerosi

hanno aderito e continuano ad aderire. Al momento della progettazione, si era supposta una fase

autunnale, che avrebbe consentito di valutare l’impatto di questa nuova proposta ed

eventualmente ridefinirla per una seconda fase in primavera. Le adesioni raccolte e l’impegno

nel frattempo assunto dai docenti referenti con l’iscrizione ad un master, rendono indispensabile

una revisione del progetto, in particolare per quanto riguarda l’aspetto finanziario, poiché:

- il numero degli studenti coinvolti è più che raddoppiato;

- potendo usufruire di una decina di aule e cercando di venire incontro alle richieste degli

studenti, l’attività si sta svolgendo dal lunedì al venerdì e non due giorni alla settimana

come inizialmente ipotizzato…

Incontro preliminare con i tutor

Prima che gli studenti comincino a lavorare insieme, è importante e tutti i tutor

insieme, spiegare loro gli obiettivi del progetto, il peso dell’impegno che affronteranno,

sia in termini di tempo che di coinvolgimento psicologico, fornire loro indicazioni

tecniche e qualche consiglio, far leva sullo sviluppo delle loro capacità di

comunicazione, sull’empatia, sul loro senso di responsabilità, ma è altrettanto

importante ascoltarli, a volte temono di non essere all’altezza del compito, soprattutto se

non conoscono gli studenti che dovranno aiutare. Devono sapere che ci sei e che a te si

possono rivolgere in qualsiasi momento. In realtà poi dimostrano di saper gestire la

situazione autonomamente. E’ capitato spesso di approcciarsi individualmente ai tutor

per fornire loro informazioni e suggerimenti ed è accaduto in prevalenza con coloro che

hanno effettuato il loro ingresso nella Peer Education più tardi rispetto agli altri.

Il calendario settimanale

L’elaborazione del calendario degli incontri pomeridiani avrebbe dovuto essere un

evento eccezionale, in realtà non lo è stato affatto, settimanalmente (ALLEGATO A8)

ha subito degli aggiustamenti, in seguito alle continue richieste di adesione degli

studenti. Ad un certo punto per verificarne l’attendibilità sono stati coinvolti docenti e

rappresentanti di classe degli studenti che hanno effettuato un controllo diretto nelle

singole classi. (ALLEGATO A9). D’altra parte l’avvio dell’attività di sportello di alcuni

docenti è andato a sovrapporsi al recupero già in atto, determinando cambiamenti di

orario e/o slittamenti.

Il calendario ha consentito al personale ATA incaricato di individuare

quotidianamente il numero di aule necessarie, dato che i locali della scuola, nel

pomeriggio, vengono impiegati per attività di vario tipo, svolte non solo dagli studenti

ma anche da esterni. E’ mancato tuttavia un meccanismo che consentisse di segnalare,

anche in tarda mattinata, i nominativi degli assenti. Viceversa è capitato spesso,

soprattutto per impegni legati allo studio, che ci siano state delle richieste di modifiche

provvisorie all’orario. Tutto ciò naturalmente ha complicato l’aspetto organizzativo e ha

richiesto un ulteriore carico di lavoro da parte dei referenti che spesso nell’arco della

mattinata, durante la ricreazione o durante le cosiddette “ore buche”, hanno cercato di

contattare gli studenti per verificarne la presenza o avvisarli di eventuali modifiche.

I registrini

C’è stato anche un costante controllo sui registrini forniti ai tutor per verificare

eventuali assenze e/o giustificazioni (anche per queste erano stati elaborati appositi

moduli – ALLEGATO A10) e per accertarsi che fossero riportate le informazioni

richieste. Tali registri, a fine attività, hanno consentito di calcolare le ore effettivamente

svolte dai tutor, dato che molti di loro, una volta esaurito il “pacchetto”, hanno

continuato i loro interventi e qualcuno ha collaborato in più discipline compilando,

come richiesto, un registro per ogni materia.

Il Progetto Giovani IdeAli

Complicata si è rivelata poi dal punto di vista burocratico la gestione dell’ultimo

periodo, quando l’attività è proseguita con l’adesione al Progetto Giovani IdeAli

(ALLEGATO A11), il cui finanziamento ha consentito un simbolico riconoscimento

economico ai tutor e la possibilità di assegnare dei crediti formativi a quelli

maggiorenni attraverso l’adesione ad un progetto di volontariato (ALLEGATO A12),

finanziato, attraverso il nostro Istituto, dalla Regione Veneto e che vedeva coinvolta

anche l’associazione ACLI. La Peer Education è così proseguita, richiedendo la stesura

di un ulteriore progetto (ALLEGATO A13) e la compilazione di numerosi documenti.

La gestione dei rapporti

Tutte le volte che i genitori si sono rivolti direttamente al Collaboratore del

Dirigente o ai docenti referenti, anche se “fuori orario” si è cercato di dare loro tutte le

informazioni necessarie e di venire incontro alle loro richieste; in effetti si è trattato

fondamentalmente di esaudire le richieste di qualche mamma preoccupata per la

situazione scolastica del figlio particolarmente critica.

Piuttosto delicati sono stati i rapporti con la mamma di una studentessa anoressica

che stava attraversando un momento molto difficile e per la quale la mamma chiedeva

che fosse aiutata in quattro materie; gli stessi insegnanti sconsigliavano un simile

intervento perché la ragazza era fragile fisicamente e faticava a seguire anche le lezioni

del mattino. Si è tentato inutilmente di dissuadere la mamma e si sono cercati quindi dei

tutor adatti a sostenere una simile situazione. La ragazza stessa dopo un paio di incontri

ha deciso di sospendere. C’è stata comunque una studentessa disponibile a seguirla

qualche pomeriggio a casa per il resto dell’anno. Non possiamo che dire: “Obiettivo

raggiunto”!

Per quanto riguarda i rapporti formali con i docenti, come con le varie persone in

qualche modo coinvolte, sono avvenuti durante le riunioni istituzionali e mediante la

pubblicazione di circolari. Più delicato invece l’ambito riguardante i rapporti informali,

che alla fine sono risultati essenziali nel decretare il successo dell’intervento. La

collaborazione di alcuni docenti nel far conoscere l’iniziativa e nel suggerire agli allievi

la partecipazione soprattutto nelle classi del biennio si è rivelata fondamentale. Nella

prima fase organizzativa qualche docente ha gestito completamente la formazione dei

gruppi all’interno della classe di appartenenza, facilitando notevolmente il nostro

impegno

Per coinvolgere i colleghi non bastano le semplici circolari, per quanto dettagliate

possano essere; serve uno scambio di idee, devi parlarci direttamente, devi contagiarli

con il tuo entusiasmo; è una ragnatela che si costruisce pian piano. Solo i colleghi

conoscono a fondo i ragazzi e possono fornirti elementi importanti sul carattere, la

personalità, le difficoltà degli allievi, elementi da tener in considerazione quando si

formano i piccoli gruppi di studio.

I contatti con il Collaboratore del Dirigente, con il personale ATA sono serviti

soprattutto per risolvere problemi di ordine tecnico. Con il Collaboratore del Dirigente i

contatti sono stati costanti, in alcuni casi ha avuto la funzione di intermediario tra

famiglie (che richiedevano di inserire i figli nell’attività) e i referenti; il personale ATA

si è sempre occupato dell’assegnazione delle aule, ha collaborato all’accoglienza

pomeridiana (distribuzione e ritiro registri ed eventuali avvisi), nell’ultimo mese ha

collaborato anche dell’assistenza. E’ stato un aiuto prezioso.

RIESAME

Monitoraggio e valutazione

Il presente lavoro si sta rivelando un importante momento di riflessione, soprattutto

giunti a questo punto, ossia ad affrontare l’aspetto del monitoraggio e della valutazione.

Dopo aver approfondito come si dovrebbe “scientificamente” procedere, è istintivo

pensare che il nostro progetto per certi aspetti si qualifichi come un prodotto poco

scientifico e spiccatamente artigianale, pur nella consapevolezza di aver avuto dei

riscontri positivi. E’ stato sufficiente scorrere una trentina di pagine in un sito Internet,

dedicate al monitoraggio dei progetti formativi, per rendersi conto di quanto si sia stati

carenti da questo punto di vista. Ci si chiede allora se, con gli esigui finanziamenti a

disposizione delle scuole, sia più opportuno investire nell’attività vera e propria, in

questo caso il recupero tra pari, o nell’analisi dettagliata delle varie fasi progetto. Non ci

siamo trovate nelle condizioni di scegliere, abbiamo agito un po’ d’istinto, ma

soprattutto in base ai vincoli finanziari impostici, tuttavia qualcosa si è fatto.

Riteniamo di aver svolto in maniera accettabile la fase di monitoraggio ex ante,

come probabilmente risulta da quanto sopra riferito. In itinere il monitoraggio è

avvenuto quasi esclusivamente in modo informale ma costante e ne è rimasta traccia nei

nostri quadernini, i nostri diari di bordo, dove regolarmente abbiamo registrato,

l’evolversi della situazione, imprevisti, segnalazioni degli studenti, riflessioni e

suggerimenti dei docenti e di tutte le persone che in qualche modo si sono trovate

coinvolte, appunti rivisti per questo del lavoro di approfondimento e per riproporre

anche quest’anno nel nostro Istituto il recupero disciplinare peer to peer, richiesto da

studenti, genitori e docenti.

In itinere c’è stato solo un momento di monitoraggio formale, a fine marzo, quando

è stata ventilata la possibilità di un finanziamento da utilizzare per i tutor, alla

condizione di continuare l’intervento fino alla fine dell’anno scolastico. Si è reso

necessario verificare la disponibilità dei tutor a proseguire, il 90% ha risposto

positivamente. Il test (ALLEGATO A14) è stato somministrato a tutti gli studenti

coinvolti nel progetto e ha consentito di raccogliere anche elementi utili a migliorare un

ipotetico intervento successivo.

Non si è attuato un monitoraggio finale perché era già certo che il nostro progetto

avrebbe avuto una copertura finanziaria parziale, inferiore a quanto preventivato nella

seconda scheda finanziaria. In considerazione di ciò e del fatto che comunque le ore

impiegate per la sorveglianza l’ultimo mese erano da considerarsi volontariato, si è

deciso di non impegnarsi in ulteriori azioni che avrebbero richiesto dispendio di tempo

ed energie. Si può scegliere di impegnarsi nel volontariato, non è accettabile e dignitoso

non vedere riconosciuto un lavoro che avrebbe dovuto essere retribuito.

In apertura di attività, rese note le regole da rispettare e richiamatisi al senso di

responsabilità individuale, si è cercato tuttavia di prevedere degli strumenti di controllo

della frequenza: autorizzazioni dei genitori a trattenersi a scuola nel pomeriggio,

semplici registrini per i tutor dove annotare le assenze, obbligo di giustificare l’assenza,

anche in caso di preavviso, utilizzando appositi moduli da consegnare ai tutor, tutti

strumenti che ci hanno consentito di monitorare alcuni aspetti.

I registrini a fine percorso sono stati consegnati ai Coordinatori di classe, che hanno

potuto constatare la regolarità o meno della frequenza e riferire eventualmente alle

famiglie. Alcuni docenti, in sintonia con gli argomenti rivisti dai ragazzi con i tutor,

hanno potuto verificare se effettivamente c’era stato

Per quanto riguarda il monitoraggio ex post è possibile valutare ora alcuni elementi:

per quanto riguarda le competenze organizzative dei referenti, il loro potenziamento sta

rivelandosi proprio in questo momento in cui si sta riproponendo nuovamente la Peer

Education per il recupero scolastico, avendo da gestire molti più studenti rispetto allo

scorso anno. Riteniamo che l’esperienza passata sia stata positiva per gli studenti, dato

che quest’anno, senza l’intermediazione dei docenti, numerosissime sono già le

adesioni.

Oltre ai problemi insorti con la partecipazione al progetto Giovani IdeAli, qualche

inconveniente tecnico si è verificato, ma è sempre stato risolto. E’ capitato che qualche

studente non si sia presentato all’appuntamento pomeridiano, ma telefonando a casa, la

cosa è stata subito chiarita, si è trattato sempre di dimenticanze, talvolta legate a

problemi di salute.

In occasione dei primi incontri, ad esempio, è capitato che qualche tutor si sia

trovato senza tutee a causa di qualche inghippo nel passaggio di informazioni o di

qualche tutee non presentatosi all’appuntamento pomeridiano senza preventivamente

avvisare. Nonostante l’invito a scambiarsi i numeri di telefono e ad avvisarsi

reciprocamente in caso di assenza, non è sempre andata così. E’ stato necessario allora

intervenire tempestivamente per non smorzare l’entusiasmo dei tutor, ai quali è stato

proposto di affiancare un altro tutor a cui era stato assegnato più di un compagno.

E’ capitato che un ragazzo un po’ indisciplinato abbia abbandonato

temporaneamente l’aula dove si trovava per uscire in cortile a fumare. E’stato ripreso e

sanzionato come previsto in tali circostanze: due giorni di impegno per la comunità

scolastica a ripulire il cortile e il prato. Rispetto per il tutor e senso di responsabilità era

quanto richiesto agli studenti, che non erano controllabili a vista mentre si trovavano

nelle aule.

L’attività avrebbe dovuto concludersi entro fine aprile, tuttavia, su richiesta degli

studenti si è protratta fino agli ultimi giorni di scuola. Come referenti abbiamo accettato

di continuare ad impegnarci, nonostante la certezza che il lavoro svolto non sarebbe

stato retribuito. Tale decisione è stata condizionata, come già sottolineato, dalla

possibilità di accedere a dei fondi, attraverso la partecipazione al Progetto Giovani

IdeeAli, fondi che avrebbero consentito di assegnare un piccolo riconoscimento

economico ai tutor.

Ai tutor è stato consegnato un attestato di partecipazione al progetto, ai maggiorenni

anche un attestato dall’ACLI per aver svolto attività di volontariato; inoltre, in sede di

scrutinio finale, sono stati riconosciuti crediti scolastici (quasi sempre migliorando il

voto di condotta) o crediti formativi per i maggiorenni (ALLEGATO A15). Merita di

essere ricordata la cerimonia di consegna degli attestati (ALLEGATO A16) e la

sorpresa dei tutor nello scoprire che dentro alla busta consegnata insieme all’attestato,

c’era qualche “soldino”.

Ripensando al percorso intrapreso e alla richiesta di riproporlo quest’anno, non si

può che essere soddisfatti del lavoro svolto, pur nella consapevolezza che si sarebbe

potuto fare di meglio, in particolare per quanto riguarda la formazione dei tutor, un po’

improvvisata, un po’ affidata al buon senso. Sicuramente questo è un aspetto da

ripensare, soprattutto se la prospettiva fosse quella di stimolarli a gestire

autonomamente interventi di tutoraggio all’interno della scuola.

In questi giorni la Peer Education sta riprendendo (ALLEGATO A17), si è

effettuato un incontro con tutti coloro che hanno aderito per ovviare ad alcuni

inconvenienti tecnici riscontrati lo scorso anno. Gli studenti hanno potuto conoscersi e/o

prendere contatto diretto tra di loro, oltre a visionare la bozza del calendario con gli

abbinamenti effettuati e in quella sede confermare o avanzare delle richieste. A tutti sarà

consegnato un vademecum con alcune indicazioni, alcune generali sulle regole da

rispettare, altre specifiche per i tutor e i tutee; cercheremo inoltre di sondare le loro

aspettative.

Anche quest’anno non si è potuto fare di più per la formazione dei tutor per

l’esiguità del budget da investire e per il ritardo con cui si è potuto decidere di ripetere

l’esperienza.

Attualmente al nostro Istituto Tecnico è stato aggregato un Istituto Professionale e la

Peer Education riguarderà gli studenti di entrambe le scuole. Staremo a vedere come

funziona, al momento possiamo solo dire che l’incontro con gli studenti dell’Istituto

Professionale ci ha colpito positivamente, abbiamo riscontrato entusiasmo,

collaborazione, senso pratico, tutti elementi che fanno sperare in un buon esito.

Le lezioni di recupero si svolgeranno presso l’Istituto Tecnico, a un chilometro di

distanza circa dall’altra scuola, non abbiamo ancora dati completi, ma potrebbero essere

complessivamente coinvolti duecento ragazzi, forse di più. Continueremo ad annotare le

nostre riflessioni, potranno essere utili in futuro.

Rileggendo quanto scrive Braibanti (25):

Il termine life skills viene generalmente riferito ad una gamma di abilità cognitive,

emotive e relazionali di base, che consentono di operare con competenza sia sul piano

individuale che su quello sociale. E ancora: L’espressione contiene un ancoraggio

pragmatico, orientato all’operazionalità (skills), ma con un orizzonte di apertura assai

ampio (life)…

E’ legittimo chiedersi che cosa abbiano scoperto/imparato i nostri studenti?

I tutor probabilmente hanno incrementato la loro autoconsapevolezza scoprendo di

avere delle competenze potenziali che hanno avuto la possibilità di esprimere, qualcuno

probabilmente lo aveva già percepito, qualcun altro lo ha scoperto felicemente

attraverso questa esperienza. Ci auguriamo che in tutti sia aumentata l’autostima, anche

solo per essere stati in grado di controllare le proprie emozioni, come la tensione che

deve imparare a gestire chi è timido ogni volta che si trova ad affrontare situazioni e

persone non note.

A tutee e tutor auguriamo che almeno una delle loro competenze chiave abbia tratto

un piccolo beneficio da questa esperienza e che abbiano avuto l’opportunità di

esprimere quelle abilità di vita (life skills), potenziali in ognuno di noi e che a volte

hanno bisogno di un particolare contesto per manifestarsi.

NOTE 1) L.GLAUDIO, Peer Education, 24/03/2011 http://atuttoscuoladuepuntozero.blogspot.it

2. M.BERIZZI–C.PLAINO, La Peer Education come strategia preventiva: analisi di un intervento) 3) L. BERTINATO, 1994, in: www.iss.it 4) G.BODA, Life skill e peer education: Strategie per l’efficacia personale, La Nuova Italia, 2001 5) L.NAPOLI, E.MAROLLO, Cose da ragazzi. Percorso innovativo di Peer Education.

http://www.icsmontemarciano.it 6) PELLAI, RINALDIN, TAMBURINI, Educazione tra pari. Manuale teorico-

pratico di empowered peer education., Erikson, 2002 7) J.BOWEN, Storia dell’educazione occidentale, Milano, trad. di G.A.De Toni,

A.Mondadori, 1979 Il mutuo insegnamento si rivela utile nelle scuole frequentate da bambini poveri, dove il

numero di maestri è esiguo rispetto a quello degli alunni. Il metodo monitoriale si differenzia tuttavia dalla Peer Education: è più istruttivo che preventivo, i monitori sono “più vice-maestri che pari”; nel contesto della società industriale di allora, svolge però un’importante funzione di alfabetizzazione delle fasce più povere della società.

8) J.DEWAY, Il mio credo pedagogico, in: R.TASSI, Itinerari pedagogici del ‘900, Zanichelli, Bologna, 1991; www.filosofico.net

Secondo Dewey, la scuola deve favorire lo sviluppo della socializzazione, deve insegnare ciò di cui ha bisogno la società, deve essere concepita come una comunità democratica, basata sulla partecipazione e la corresponsabilità. La scuola è vita e non preparazione al futuro. In proposito Dewey sostiene: “L’ideale di adoperare il presente unicamente come preparazione al futuro è in sé contradditorio… Noi viviamo sempre nel nostro tempo e non in un altro: solo estraendo in ogni momento il pieno significato di ogni esperienza presente ci prepariamo a fare altrettanto nel futuro”. Ciò suggerisce che l’azione educativa deve essere significativa e gratificante per l’allievo Dewey individua come fondamentali, nel processo di apprendimento, non più le nozioni ma le attitudini e le capacità, in particolare il desiderio e la capacità di apprendere. Accusa la scuola tradizionale di aver reso gli allievi degli uditori passivi e ad essa contrappone il laboratorio permanente dove si elaborano attivamente idee (learning by doing) e dove interazione e cooperazione sono indispensabili. 9) Freinet evita di usare libri, schemi fissi e programmi troppo strutturati, predilige la comunicazione, la cooperazione e l’utilizzo di strumenti operativi concreti come il testo libero, il giornale scolastico, il calcolo vivente, la corrispondenza interscolastica, gli schedari di classe e quelli auto correttivi, le scatole di lavoro (esperimenti o laboratori di attività manuali) e i piani di lavoro, preparati con la collaborazione di docenti e studenti.

10) G.ALEANDRI, Educazione permanente nella prospettiva del lifelong e lifewide learning, Armando, 2011 11) Attualità di Kurt Lewin, a cura di GUIDO CONTESSA, CittàStudiEdizioni, 1998. L’esperienza, secondo Kurt Lewin (1890-1947), è costituita da percezioni strutturate di

oggetti o di reti di relazioni, motivo per cui approfondisce le dinamiche di gruppo e lo sviluppo delle organizzazioni. Nel gruppo c’è interdipendenza e continuo cambiamento: ogni individuo agisce modificando gli altri componenti, ma anche la sua azione viene modificata dalle reazioni degli altri. Ne consegue che il gruppo, insieme alla cultura in cui una persona vive, determinano il comportamento e il carattere di quell’individuo. Quando Lewin scopre l’importanza del feedback, comincia a lavorare con i cosiddetti T-group, all’interno dei quali i componenti vivono delle esperienze e poi riflettono sulle stesse, dimostrando che in tale contesto idee e comportamenti cambiano in modo più profondo e duraturo rispetto a quanto accade nella formazione tradizionale. “Da Lewin in poi la società si è sempre più gruppalizzata… Non esiste oggi pratica efficace di cambiamento che non

comprenda un lavoro di piccoli gruppi…la formazione efficace, basata sull’apprendimento attivo del piccolo gruppo, è ormai indiscutibile e discende da Lewin”.

12) www.apprendimentocooperativo.it Deutsch all’interno del gruppo individua tre possibili modalità di relazione tra i

componenti: individualistica, competitiva e cooperativa, caratterizzata da interdipendenza positiva. Egli ha definito “efficaci le azioni che migliorano le possibilità di conseguire lo scopo e inefficaci quelle che lo riducono. In una situazione operativa, quando un membro del gruppo compie azioni inadeguate al raggiungimento dello scopo, gli altri si impegnano a compensare gli effetti di tali azioni e a impedire che esse si ripetano…Le azioni efficaci determinano un coinvolgimento psicologico positivo creando nuovi motivi di partecipazione”.

Se ne deduce che “gli studenti devono sviluppare la motivazione e devono essere forniti dell’opportunità di aiutarsi l’un l’altro ad imparare, devono sviluppare la sensazione che sono loro i responsabili del gruppo e devono rendere conto al gruppo(come anche a se stessi) su come fare meglio; devono acquisire le competenze sociali necessarie per un lavoro cooperativo efficace”

13) BERIZZI, ibidem 14) L.S.VIGOTSKIJ, Pensiero e linguaggio. Ricerche psicologiche. A cura di L.MECACCI,

Laterza, 1890 15) M.D’ALESSIO-F.LAGHI-V.GIACALONE, Mentoring e scuola. Teorie, modelli e

metodologie di intervento a contrasto della dispersione scolastica,. Hoepli, 2010, http://books.google.it

16) A.BANDURA, Autoefficacia: teoria e applicazione. Trad. it., Erickson, Trento, 2000 17) G.BODA, ibid. 18) M.COLOSIMO, Esperienze di Peer Education, http://www.google.it/ 19) J.GOODLAD, A Place Called School, 1984 20) K.TOPPING, L’insegnamento reciproco tra compagni, Erikson, Trento, 1998 21) P.BRAIBANTI, Life skills Education, http://www.icbelgioioso.gov.it 22) P.BRAIBANTI, Life skills education, http://www.ichelgioioso.gov.it 23) www.istruzioneveneto.it 24) POF, ITS L.Einaudi, Montebelluna-TV 25) P.BRAIBANTI, ibid.

SITI VISITATI www.aheadproject.eu www.wikipedia.com www.treccani.it/enciclopedia www.miur.it www.istruzioneveneto.it http://www.ichelgioioso.gov.it http://books.google.it www.apprendimentocooperativo.it www.filosofico.net http://www.icsmontemarciano.it http://atuttoscuoladuepuntozero.blogspot.it www.iss.it

ALLEGATI (file ALLEGATI)

Allegato A1, Scheda di segnalazione

Allegato A2, Circolare-compilazione scheda di segnalazione

Allegato A3, Normativa di riferimento

Allegato A4, Scheda di adesione

Allegato A5, Registro

Allegato A6, Circolare avvio attività

Allegato A7, Aggiornamento progetto

Allegato A8, Esempio di calendario settimanale

Allegato A9, Circolare per controllo calendario

Allegato A10, Modulo assenze

Allegato A11, Bando

Allegato A12, Certificazione attività di volontariato

Allegato A13, Progetto Giovani IdeAli

Allegato A14, Test

Allegato A15, Crediti

Allegato A16, Cerimonia attestati

Allegato A17, Peer 2014

Allegato A16, Cerimonia attestati

Allegato A17, Peer 2014

BIBLIOGRAFIA

G.ALEANDRI, Educazione permanente nella prospettiva del lifelong e lifewide learning, Armando, 2011 A.BANDURA, Autoefficacia: teoria e applicazione. Trad. it., Erickson, Trento, 2000 M.BERIZZI–C.PLAINO, La Peer Education come strategia preventiva: analisi di un intervento) G.BODA, Life skill e peer education: Strategie per l’efficacia personale, La Nuova Italia, 2001 J.BOWEN, Storia dell’educazione occidentale, Milano, trad. di G.A.De Toni, A.Mondadori, 1979 P.BRAIBANTI, Life skills Education, ed F. Angeli ,2012 G. CONTESSA, a cura di, ,Kurt Lewin, CittàStudiEdizioni, 1998 M.D’ALESSIO-F.LAGHI-V.GIACALONE, Mentoring e scuola. Teorie, modelli e metodologie di intervento a contrasto della dispersione scolastica,. Hoepli, 2010, J.DEWAY, Il mio credo pedagogico, in: R.TASSI, Itinerari pedagogici del ‘900, Zanichelli, Bologna, 1991;

J.GOODLAD, A Place Called School, 198 L.NAPOLI, E.MAROLLO, Cose da ragazzi. Percorso innovativo di Peer Education. PELLAI, RINALDIN, TAMBURINI, Educazione tra pari. Manuale teorico-pratico di empowered peer education., Erikson, 2002 R. SARTORI, C.M. RAPPAGLIOSI, Orientamento, Formazione e Lavoro. Dalla Psicologia alle Organizzazioni,Ed. Universitarie, 2005 L.S.VIGOTSKIJ, Pensiero e linguaggio. Ricerche psicologiche. A cura di L.MECACCI, Laterza, 1890 G. TACCONI, La didattica al lavoro. Analisi delle pratiche educative nell’istruzione e formazione professionale. Ed. F. De Angeli, 2013 K.TOPPING, L’insegnamento reciproco tra compagni, Erikson, Trento, 1998

NORMATIVA DI RIFERIMENTO Life Skills Life Skills Education . Progetto OMS, 1994 Riferimento centrale del progetto è la proposta internazionale di Life Skills Education, promossa dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, che sottolinea il ruolo che hanno, nello sviluppo personale e sociale degli allievi, le abilità di comunicazione e di relazione interpersonale, quelle di problem solving e decision making, le capacità di fronteggiare le emozioni e lo stress, ecc. allievi, le abilità di comunicazione e di relazione interpersonale, quelle di problem solving e decision making, le capacità di fronteggiare le emozioni e lo stress, ecc. Dal 1997 la Commissione Europea della Sanità ha indicato nell’educazione alle Life Skills e alla Peer Education gli strumenti piu validi per attivare percorsi innovativi ed insegnamenti-apprendimenti per la prevenzione per i giovani dai 15 ai 19 anni. Educazione alle Life Skills MIUR, 2000 Il progetto “Educazione alle Life Skills” nasce, alla fine dell’anno 2000, su iniziativa del MIUR, in collaborazione con l’Università di Roma “La Sapienza”, come proposta di sperimentazione. Vede coinvolte 20 province italiane con Università, Enti Locali, IRRSAE, Consulta degli studenti in una rete integrata di interventi per sostenere e monitorare le attività programmate dalle singole scuole. Autonomia Scolastica

• Legge 59/97, in particolare l'art. 21, recante norme sull'autonomia delle istituzioni. scolastiche;

• Artt. 7; 4 e 6 del DPR 8 marzo 1999 n. 275 in materia di autonomia scolastica; 2006 relativa alle competenze chiave per l’apprendimento

• Dlgs 17 ottobre 2005, n. 226 e successive modificazioni • Dlgs 15 aprile 2005, n. 77, sistema educativo di istruzione e di

formazione per gli Istituti Tecnici, L 133 6 • DPR 23 luglio 1998 n. 323, art.11, c. 2 e successivi DM 42/2007, DM 16

dicembre 2009 n. 99 – crediti scolastici, DM 24/2000, DM 99 16 dicembre 2009

• DPR 15 marzo 2010, art.8, comma 3 – Linee guida per il passaggio al nuovo ordinamento-ISTITUTI TECNICI

Bisogni Educativi Speciali Alunni con bisogni educativi speciali (Bes). Indicazioni operative concernenti la direttiva ministeriale 27 dicembre 2012 recante “Strumenti di Intervento con bisogni educativi speciali e organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica”- (C.M. n. 8 del 6 marzo 2013)

Alunni con bisogni educativi speciali (Bes). Strumenti di intervento per alunni con bisogni educativi speciali e organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica – Chiarimenti – (Nota prot. N. 2563 del 22 novembre 2013) Attivita’ di Individuazione precoce dei DSA. Firmato dal Ministro della Salute Renato Balduzzi e dal Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Francesco Profumo il decreto per le attività di individuazione precoce dei DSA a scuola. Le Regioni e gli USR dovranno firmare a breve protocolli di intesa per regolamentare modalità e tempi delle rilevazioni.. Contro la dispersione scolastica “Avvio della procedura per la selezione e i finanziamenti di progetti in materia di apertura delle scuole e prevenzione della dispersione scolastica in attuazione dell’art.7 del decreto-legge 12 settembre 2013, n.104”