Storia Dellarte 1

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Capire il XIX e XX secolo e la contemporaneità L’arte è espressione della contemporaneità in cui si vive; in essa si manifesta lo stile del tempo o la critica allo stile stesso spesso derivante dal contrasto tra generazioni. I fattori storici, politici e scientifici avvenuti durante tutto l’800 a partire dalla caduta di Napoleone nel 1815 influenzano ciò che accadrà negli decenni

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Capire il XIX e XX secolo e la contemporaneità

L’arte è espressione della contemporaneità in cui

si vive; in essa si manifesta lo stile del tempo o la critica allo stile stesso spesso derivante dal contrasto tra generazioni.

I fattori storici, politici e scientifici avvenuti durante tutto l’800 a partire dalla caduta di Napoleone nel 1815 influenzano ciò che accadrà negli decenni seguenti.

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PRIMA DOPO

Il XVIII secolo è caratterizzato dalla poetica dell’effimero e dal richiamo, a volte stucchevole, richiamo ad un’immaginaria realtà distaccata, lontana dalla verità. E’ l’arte della monarchia assoluta, della reggia di Versailles, di un mondo governato dalla nobiltà che poco ha a che fare col mondo fuori dalla reggia.

La Rivoluzione francese cerca di attestare la sua validità rifacendosi non solo ai valori della ragione spinti dagli Illuministi, ma anche ai valori del mondo classico, non solo con i temi pittorici, ma anche con forme di governo partecipative, la repubblica.

Jeacques-Luis David Il giuramento degli Orazi

Fragonard, L’altalena

Neoclassicismo Rococò

Rivoluzione Francese 1789

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Rivoluzione Francese 1789

Monarchia assoluta Repubblica

Il passato è rappresentato dal vedere lo stato retto dalla monarchia assoluta, con un sovrano che accentra i potere nella capitale decide senza coinvolgere il resto della popolazione, che essi siano nobili, costretti nella reggia d di Versailles, che siano ricchi commercianti e i primi industriali. Ovviamente le classi più povere non nemmeno erano considerate.

L’illuminismo si contrappone ai privilegi della nobiltà con il richiamo dell’antica democrazia ateniese cercando di far rappresentare sia la ricca classe borghese, che le classi subalterne di contadini e dei primi operai. Il richiamo al mondo classico richiede anche la presenza di opere d’arte che richiamino a quel periodo storico e a quel tipo di valori.

Luigi XIV, il re sole

Pericle

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Il NeoclassicismoIl Neoclassicismo

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Jeacques-Luis David,

Le Sabine

La guerra costituisce la base della forza dello stato che però deve essere anche capace di inglobare i popoli conquistati. Il mito del ratto delle sabine diventa un modello politico: le donne, rapite con la forza, entrano a far parte della cittadinanza, ma il loro matrimonio costituisce la premessa di un'alleanza con il popolo sabino. Ciò allude alle diverse fazioni francesi di nuovo pacificate; l’attualità del tema viene ricordata con un edificio che ricorda la fortezza della Bastiglia sullo sfondo, distrutta durante la rivoluzione.

Jeacques-Luis David,

Le Sabine

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Jeacques-Luis David , Marat assassinato

L’opera fu commissionata subito dopo la morte dell’amico del popolo. Il quadro è essenziale ed pensato in uno spazio senza tempo, in cui ogni gesto è annullato all’abbandono della morte; Marat emerge dalla vasca come fosse un sarcofago, in una composizione giocata sui ritmi orizzontali, spezzati dalla caduta del braccio destro. Il quadro testimonia un fatto di cronaca usando i colori e il segno della nuova classicità, dimostrando l’attualità dello stile.

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Jean Auguste Dominique Ingres,

Giove e Teti

L’attenzione di Ingres si fissò su quel gesto descritto da Omero: Teti implora Zeus in favore del figlio Achille «cingendogli con una mano le ginocchia e sfiorando con l’altra il suo mento». Nessun pittore, nei secoli, aveva osato appresentare quel gesto attenendosi alla lettera del testo omerico. La mano di Teti rimaneva a mezz’aria - e Zeus portava la propria mano al mento, come un patriarca perplesso. Ingres, al contrario, fa giungere un dito di Teti quasi alle labbra di Zeus. Il suo seno si adagia sulla coscia del sovrano degli dèi, con una familiarità fra vecchi amanti. E il suo alluce destro sfiora quello di Zeus. L’eros neoclassico non si era mai spinto così in là. Nel XIX secolo suscitava un sentimento dil timore e imbarazzo, ma soprattutto non si percepiva il colore, come se fosse troppo oltraggioso per essere compreso.

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Antonio Canova, Amore e Psiche

All'interno del cerchio si sviluppa una forte tensione emotiva in cui il desiderio senza fine di Eros è ormai vicino allo sprigionamento. Le figure sono rappresentate nell'atto subito precedente al bacio, un momento carico di tensione, ma privo dello sconvolgimento emotivo che l'atto stesso del baciarsi provocherebbe nello spettatore. Questo è il momento di equilibrio, dove si coglie quel momento di amoroso incanto tra la tenerezza dello smarrirsi negli occhi dell'altro e la carnalità dell'atto. Le due figure si intersecano tra di loro formando una X morbida e sinuosa che dà luogo ad un'opera che vibra nello spazio.

L'opera Amore e Psiche del 1788 è un capolavoro nella ricerca d'equilibrio. Le due figure sono disposte diagonalmente e divergenti fra loro. Questa disposizione piramidale dei due corpi è bilanciata da una speculare forma triangolare costituita dalle ali aperte di Amore. Le braccia di Psiche invece incorniciano il punto focale, aprendosi a mo' di cerchio attorno ai volti.

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Scultura celebrativa dell’Imperatore Ottaviano Augusto, detto Augusto Loricato, Musei Vaticani

Antonio Canova, Napoleone, nella personificazione di "Marte pacificatore". Accademia Di Brera Milano

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Jeacques-Luis David,

Napoleone al passo del Gran San Bernardo

Il toni dell’opera e la sua impostazione rivelano toni fortemente propagandistici, esaltando Napoleone come un eroe per la patria.

Le tonalità sono chiare e luminose, di ispirazione prettamente classica e ci mostrano l’aspetto eroico del soggetto, celebrando così i suoi successi nelle battaglie (si noti il cannone e alcuni soldati sullo sfondo delle Alpi).

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Jean Auguste Dominique Ingres,

Il corazziere ferito che abbandona il campo di battaglia

La scena rappresenta un soldato che, da solo col suo cavallo, arranca fuori dal campo di battaglia, tra fumo e nuvole minacciose. La composizione del quadro, le pennellate decise ed i toni cupi, comunicano un senso di vulnerabilità e solitudine, regalandoci un esempio della condizione umana.L’opera ci mostra un passaggio dalla atmosfere celebrative e luminose del neoclassicismo ad un periodo pieno di dubbi e incertezze, mostrate attraverso un diverso uso dei colori che rende tutta la composizione più tenebrosa, più romantica.

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Jean-Louis Théodore Géricault, La zattera della Medusa

Il Romanticismo

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La storia della Zattera della MedusaLa fregata Meduse stava trasportando, insieme ad altre navi, una delegazione francese nella Colonia senegalese di St.Louis. A bordo c'erano circa 400 persone. Il 2 luglio 1816 (al quattordicesimo giorno di navigazione) la Meduse naufragò su una secca. Le scialuppe erano insufficienti e si costruì una zattera per ospitare i naufraghi rimasti senza mezzo di salvataggio. Erano centoquarantanove uomini, stipati sulla zattera. Ben presto (incomprensibile il motivo) venne tagliato il cavo che permetteva il traino della zattera da parte delle altre scialuppe. La zattera fu abbandonata ai flutti e non si fece nulla per soccorrerla. Iniziò (e fu questo che colpì Géricault) una dura lotta per la sopravvivenza. Alcuni, moribondi, vennero buttati a mare, la fame, la sete e la disperazione diedero origine persino ad episodi di cannibalismo. Dodici furono i giorni dell'abbandono e della lotta, e quando una nave, l'Argus, raccolse i naufraghi, essi erano solo in quindici e tutti moribondi. Significa che ben centotrentaquattro furono i morti in quei terribili dodici giorni passati nell'angosciante coscienza di avere la morte a bordo. Inizialmente Géricault pensò di ricavarne una serie di litografie che illustrassero l'intera vicenda. Poi gli venne l'idea di farne un unico, grande, quadro, che prevedesse anche l'episodio di cannibalismo (significativo per illustrare la disperazione). Prese uno studio vicino all'Ospedale, e studiò dal vivo malati, moribondi, cadaveri, copiando persino pezzi anatomici (teste, braccia, piedi) da utilizzare per indicare il cannibalismo. Chiese, poi, agli amici di fargli da modelli per comporre la scena (fra cui un amico con l’itterizia,scelto come perfetto per il ruolo). Fra i modelli da segnalare l'amico pittore Eugene Delacroix (che è l'uomo morto in primo piano a sinistra). Il quadro sollevò moltissime critiche poiché rappresentava un fatto di cronaca e fino ad allora la pittura si era sempre dedicata a temi mitologici o di genere. Nel quadro traspare la visione antieroica dell’uomo, con le sue debolezze e le sue sofferenze, dove non traspare affatto il sentimento di celebrazione, ma la realtà delle cose.

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Eugène Delacroix, La libertà che guida il popolo, 1830

Il personaggio della libertà costituisce il primo tentativo di riprodurre un nudo femminile in abiti contemporanei; fino ad allora i nudi venivano solitamente accettati dal pubblico filtrati attraverso rappresentazioni di carattere mitologico o di storia antica. Delacroix riuscì a superare il problema attribuendo alla fanciulla la funzione allegorica della Libertà. Come Géricault, segue uno schema piramidale e i corpi ricordano certe posizioni de La zattera della Medusa. Un misto tra romantico e classico, tra reale e immaginario, è un anticipo di ciò che utilizzerà l'Impressionismo: la sfumatura e l'abbandono dell'Accademia.

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 L'immagine di Goya è un esempio di allegoria romantica. Non è un quadro di un evento di genere, ma una visione fantastica dell'artista, rappresentata realisticamente; in un paesaggio notturno, un gigante è seduto su una collina dove si trovano delle case, ridotte a puntini. Sebbene Goya intendesse comunicare qualcosa, egli si limitò a fornire una forma, di cui il significato rimane oscuro. Secondo alcuni, l'apparizione rivelerebbe il rischio del popolo spagnolo di essere assoggettato dalle truppe napoleoniche, altri pensano che essa rappresenti la malinconia di fronte ad un universo inconoscibile ed incontrollabile 1810-1818. Acquatinta. Parigi, Biblioteca Nazionale.

Il Colosso

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Goya ha rappresentato  in modo magistrale questa figura che ingrassa i figli per poi meglio divorarli. Basta pensare al suo potente Colosso  o al Saturno antropofago dipinto nel 1821. «Orco e mostro, solitario e accidioso, come lo era il suo prototipo medievale, Satana, questa figura conoscerà nel XX secolo una sorprendente fortuna. Carica di ambiguità essa pretende di incarnare, come i giganti swiftiani dell’illuminismo, potenza e ragione, ma in realtà incarna la follia omicida; pretende di segnare il superamento dell’uomo da parte dell’uomo, ma ne annuncia l’annientamento.

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francisco-goya, la-maya desnuda, 1800 circa

francisco-goya, la-maya vestida, 1800 circa

Benché Goya trascenda ogni possibile movimento o tendenza artistica, è possibile collocare la maya desnuda nell'ambito del Neoclassicismo Nella cultura occidentale, fino a Goya la rappresentazione del corpo nudo femminile ha sempre dovuto ricorrere ai temi mitici. Con questo dipinto la donna è reale, carne e sangue. È cioè il ritratto sconcertante di una donna sdraiata fra lenzuola stropicciate che espone la propria nudità per attrarre lo spettatore. Goya ha dipinto con pennellate svelte, pastose e molto leggere la vestida, tocchi più casuali e meno rifiniti, colori più accesi. Lo spazio in fondo è piatto, senza illuminazione diffusa che, nella Desnuda, dava risalto al corpo nudo in primo piano.

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Jacques-Louis David, Madame Récamier

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Francisco Goya, la-maya desnuda, 1800 circa

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Francisco Goya, la-maya vestida, 1800 circa

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Eugène Delacroix, Le donne di Algeri

Jean Auguste Dominique Ingres, la Grande Odalisca

Il contatto con le realtà extra europee è fondamentale per il percorso artistico di tutta l’arte occidentale; il mondo mediorientale mostra esperienze e possibilità diverse da quello che era stato il passato classico o medievale, portando quindi anche ad una diversa interpretazione della pittura facendo prevalere il colore rispetto alla linearità del disegno.

Il contatto col mondo orientale, in particolare con la diversa condizione della donna affascinano i pittori durante tutto l’800. Si vede bene la differenza tra la formazione classica di Ingres rispetto all’elaborazione romantica di Delacroix rispetto allo stesso tema.

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Jean Auguste Dominique Ingres, la Grande Odalisca

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Jean Auguste Dominique Ingres, Il bagno turco

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Eugène Delacroix, Le donne di Algeri

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I luoghi in rovina

Il mistero del medioevo (il passato della superstizione e della magia secondo gli Illuministi) e la dimensione oscura delle rovine romane affascinano il pittore romantico che attraverso l’uso dello scorcio e della pittura del paesaggio riesce a raccontare quell’alone mistico che avvolge il passato di luoghi reali o fantastici che andranno poi a creare l’immaginario fiabesco a cui siamo abituati quando pensiamo ad un racconto appunto romantico ambientato in un’epoca imprecisata.

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Il Realismo

Jean-Baptiste Camille Corot, Ponte di Narni

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Gustave Courbet, Gli spaccapietre

Per Courbet il realismo non ha a che fare con la perfezione del tratto e delle forme, ma richiede un uso del colore spontaneo ed immediato, che suggerisca come l'artista grazie all'osservazione diretta ritragga anche le irregolarità della natura. Ritrae la durezza della vita e, così facendo, sfida il concetto di arte accademico tipico della sua epoca, attirando su di sé la critica di aver deliberatamente adottato una sorta di "culto della bruttezza".

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Jean-François Millet, Le spigolatrici

La raccolta del grano era uno dei lavori più umili della società: infatti, Millet venne inizialmente criticato, soprattutto per la scelta dei soggetti, appartenenti alle classi più umili. Precedentemente i servi erano ritratti nell'atto di servire un nobile o un re, per dare ulteriore importanza alla persona che servivano, di solito soggetto del dipinto. Nel caso del Le Spigolatrici, invece, vengono ritratte mentre svolgono il lavoro, conferendo loro una dimensione eroica.

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Con il termine scuola di Barbizon si identifica un gruppo di pittori ed una corrente paesaggista del realismo collegata alla località di Barbizon in Francia, non lontana dalla foresta di Fontainebleau. Il luogo è stato un ritrovo di artisti principalmente nel periodo tra il 1830 e il 1870 ed ha raccolto esponenti del realismo particolarmente inclini ad indugiare in tendenze formalmente raffinate e legate al romanticismo. Ma l'associazione del paesaggio con lo stato d'animo non perseguì tanto l'idealizzazione o l'elevazione della natura, quanto piuttosto la ricerca di una autenticità, uno stato di umiltà di fronte alle infinite suggestioni offerte dal creato. Dal 1848 in poi sulla base di queste idee artisti di ogni provenienza si raccolsero nel piccolo villaggio: tra questi, Jean-François Millet che per primo introdusse nel paesaggismo la raffigurazione di personaggi d'umile estrazione, ma anche Jean-Baptiste Camille Corot e sempre seguendo l’esempio del realismo della scuola di Barbizon si formò anche Vincent van Gogh.

Scuola di Barbizion

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L’Impressionismo

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Manet, Le déjeuner sur l'herbe , Colazione sull’erba

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l quadro venne esposto al Salon des Refusés nel 1863, dopo essere stato rifiutato al Salon ufficiale, provocando uno scandalo.L'accoglienza non fu, infatti, delle più miti: numerosi critici considerarono l'opera volgare, trattandosi di nudi femminili in libertà in compagnia di giovanotti borghesi. Ma non fu solo il soggetto a sollevare lo sdegno degli osservatori: anche la modernità nello stile, dal punto di vista cromatico e compositivo, venne aspramente criticata a Manet. Il quadro raffigura una colazione in un bosco, nei pressi di Argenteuil, dove scorre la Senna. In primo piano vi è una donna nuda che guarda verso il pittore, adagiata su un panno azzurro, probabilmente una parte delle vesti di cui si è liberata. La modella è Victorine Meurent, che posò anche per la figura di donna sullo sfondo, la quale è intenta a bagnarsi nel fiume. I due giovani in primo piano, vestiti elegantemente, sono Gustave Manet (fratello del pittore) e lo scultore olandese Ferdinand Leenhoff, amico di Manet. Nell'angolo in basso a sinistra, giacciono i vestiti delle donne e la colazione da cui l'opera prende il titolo. Nonostante l'impianto compositivo sia di matrice classica, l'utilizzo di abiti moderni gettò scandalo, perché sembrava spogliasse l'opera d'arte dei suoi contenuti elevati. Anche la differenza proporzionale tra la donna sullo sfondo e la barca ormeggiata alla destra venne considerataun'imperizia da parte del pittore: in realtà i morbidi contrasti cromatici e l'utilizzo della prospettiva aerea in chiave moderna inscrivono l'opera nei capolavori del XIX secolo.

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Impression, soleil levant

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Manet, Olimpià

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Impressione. Levar del sole (in francese: Impression, soleil levant)

Il dipinto, realizzato en-plein-air, ossia al momento all'aria aperta, rappresenta il porto di Le Havre all'alba, come suggerito dal titolo stesso.E’ un dipinto ad olio su tela di cm 48 x 63 realizzato nel 1872 dal pittore francese Claude Monet, dal cui titolo deriva il nome Impressionismo.Fu esposto nel 1874 alla prima mostra indipendente degli Impressionisti (non ancora noti sotto questo nome). Il critico Louis Leroy, ispirandosi al titolo del quadro, intitolò la sua recensione, con intento dispregiativo, L'esposizione degli Impressionisti: gli Impressionisti, però, adottarono questo nome in spregio alla critica, divenendo così noti a tutti sotto questa denominazione.

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Claude Monet, I papaveri

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I papaveri è un dipinto ad olio su tela di cm 50 x 65 realizzato nel 1873 dal pittore francese Claude Monet. È conservato al Musée d'Orsay di Parigi.

La donna in primo piano è la moglie del pittore, Camille e il bambino è suo figlio Jean. Monet dipinse molti quadri in questo periodo, aventi per soggetto il tema del riposo e della passeggiata.

Dal verde indistinto del campo egli fa emergere delle brillanti picchiettature di rosso che i nostri occhi interpretano subito come papaveri,conferendo al paesaggio una nota serenità e freschezza. Egli vuole far percepire a noi che vediamo la tela, il vento che muove i papaveri.

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Pierre-Auguste Renoir, Bal au Moulin de la Galette

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Il Bal au Moulin de la Galette è un dipinto di Pierre-Auguste Renoir ad olio su tela (131 x 175 cm), quest'opera fu realizzata nel 1876. Oggi l'opera è conservata al Museo d'Orsay di Parigi.

Renoir era maestro nel cogliere i comuni eventi quotidiani. In questo capolavoro dell'impressionismo fissa un momento della vita parigine in un'atmosfera di felice abbandono. Qui l'artista rende in modo vibrante la dinamicità e il moto che anima le figure danzanti e la folla vivace. Per via dell'assenza quasi totale del disegno, il colore ha il compito di rendere il movimento, le ombre e i riflessi. Si può notare infatti come gli abiti delle signore spicchino su quelli maschili per variazioni di tonalità, o come i raggi del sole filtrino dalla chioma degli alberi formando pozze di luce sui festeggianti. Non esiste un soggetto principale, e i gruppi di persone contribuiscono a creare la profondità prospettica della scena.

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Rappresenta il testamento spirituale dell'artista: dall'amore realistico per il quotidiano, al gusto per la natura morta; dall'uso di colori piatti e senza chiaroscuro alla suggestione delle luci riflesse nello specchio dietro al bancone. Proprio attraverso lo specchio, realizzato mediante la sapiente giustapposizione di colori, che riusciamo a vedere l'ambiente in cui è immersa la biondiccia cameriera dagli occhi mesti. Un ambiente alla moda tra la borghesia parigina del tempo, il vasto salone delle Folies-Bergères. I tocchi di colore, che visti da vicino sembrano frantumati e senza senso, riescono a dare, osservati dalla giusta distanza, non solo un'esatta descrizione della sala, ma anche l'impressione della folla e del chiasso che dame e gentiluomini producono. La luce penetra, alla maniera impressionista, attraverso i grandi lampadari che si riflettono allo specchio, con l'utilizzo di colori puri, vivi, che animano la tela. In definitiva il quadro, per l'immediatezza della visione, la chiarezza della luce, la semplicità disincantata del soggetto diventerà vero e proprio punto di riferimento per l'intera generazione impressionista, aprendo definitivamente la strada alla pittura delle emozioni e della libertà espressiva.

In realtà Manet non dipinge questo quadro sul luogo in cui sembra immersa la barista ma lo dipinge nel suo studio. La barista difatti è una sua modella. Il quadro inoltre va interpretato suddividendolo in quattro fasce (bancone del bar, bancone riflesso, platea e in fine la parte superiore), e interpretando queste.

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I pittori postimpressionisti

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PointillismeIl puntinismo si basa sull'applicazione delle scoperte della percezione visiva e sulle teorie del colore formalizzate da Michel Eugène Chevreul a partire dal 1838. Il puntinismo, così come l'Impressionismo, si basa sulla luce.

Il puntinismo (noto anche col termine francese pointillisme) è un movimento pittorico caratterizzato dalla scomposizione della luce nei colori dello spettro, sviluppatosi in Francia verso il 1885 e così denominato dal critico Félix Fénéon. Si era iniziato infatti a constatare l'inesistenza di un colore locale; ciascun colore è influenzato dal colore cui è posto accanto e quindi i colori non dovranno essere mescolati ma anzi accostati, soprattutto i colori complementari così da creare il contrasto simultaneo.La fusione o il mescolamento dei colori in questo modo non avviene nel quadro ma nella retina dell'osservatore. Il termine puntillismo deriva quindi dal fatto che i colori per rendere questi effetti dovranno essere applicati sotto forma di punti.

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I maggiori esponenti di questo movimento furono Georges Seurat (celebre per il suo dipinto di grandi dimensioni Una domenica pomeriggio sull'isola della Grande Jatte in cui esprime l'essenza pittorica della corrente) e Paul Signac.

Georges Seurat fu l’ideatore del puntinismo, o meglio, come avrebbe preferito del divisionismo, in quanto non è importante la forma delle pennellate ma la divisione dei colori.Paul Signac invece riprese il metodo di Seurat usando pennellate più larghe, a zone rettangolari o quadrate.

In Italia gli esponenti di rilievo del movimento furono Gaetano Previati, Pellizza da Volpedo e Segantini, che a differenza dei francesi non provenivano dall'Impressionismo ma dal tardo Romanticismo.Previati con il suo trattato intitolato La tecnica della pittura si propose come il teorico del movimento, che dalla seconda generazione in poi tenderà a sfociare nel Futurismo.

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Donna che si pettina. (arabeschi per una stanza da toeletta)1892; Collezione privata

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La fuga

dalla realtà

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Il giapponismo

Il giapponismo è l'influenza che l'arte giapponese ha avuto sull'Occidente, in particolare sugli artisti francesi.Questa passione luogo se le stampe giapponesi non fossero sopraggiunte in Olanda tramite la Compagnia delle Indie per l'arte giapponese non avrebbe avuto, e poi diffuse in tutta Europa. Queste stampe ritraevano scene di vita quotidiana ed erano impostate sulla rappresentazione bidimensionale, e quindi sul colore piatto e l'assenza di chiaroscuri, ma dinamica; la linea curva, semplice e sinuosa suggeriva l'idea del movimento. Altre caratteristiche sono il taglio fotografico e la prospettiva essenziale. Interessante è l'attenzione dedicata all'elemento dell'acqua e allo studio delle figura femminile.

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Vincent Van Gogh, Père Tanguy,

Manet - Ritratto di Émile Zola

Sullo sfondo si può notare le stampe giapponesi

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Notte stellata, olio su tela, 73x92 cm, 1889, Museum of Modern Art, New York

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Notte Stellata

Soggetto della raffigurazione è il paesaggio con un borgo e le colline sullo sfondo durante una notte stellata. E’ interessante notare il campanile a punta della chiesa, tipico dell’Olanda, nazione natale dell’artista. In effetti, diversamente da molte altre delle opere di Van Gogh, la Notte Stellata fu dipinta in studio e non en plein air come egli era solito fare (anche perché di notte non c’luce sufficiente per vedere ciò che si fa). La composizione del quadro è semplice: il cielo notturno in cui scorrono nuvole e brillano stelle occupa circa due terzi dello spazio della tela, mentre il terzo rimanente è occupato dal paesaggio. Vi è un forte contrasto tra le turbolenze del cielo e la quiete della campagna sosttostante.

Il cipresso a sinistra crea un fiammeggiante collegamento tra terra e cielo. Scrisse van Gogh:

“…guardare il cielo mi fa sempre sognare… Perché, mi chiedo, i punti scintillanti del cielo non sono accessibili come in puntini neri sulla cartina della Francia? Proprio come prendiamo il treno per andare a Tarascon o a Rouen, così prendiamo la morte per raggiungere una stella.”

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Van Gogh dipinse un grande numero di autoritratti durante la sua carriera artistica, e questo è considerato uno dei suoi più belli, se non addirittura il migliore. Fu realizzato nel settembre 1889 nel manicomio di Saint Remy, quando il pittore s'era appena ristabilito da una lunga crisi di follia durata due mesi, e durante la quale tentò di uccidersi ingerendo i colori. A proposito di questa tela, Van Gogh scriverà al fratello Theo: "Noterai come l'espressione del mio viso sia più calma, sebbene a me pare che lo sguardo sia più instabile di prima". Ed è appunto lo sguardo allucinato che colpisce subito, tanto da restare indelebilmente fissato in chi lo osserva. Ad esso va aggiunto lo stupendo fondale, formato da spirali arrovellate, molto simili al fogliame dei cipressi dipinti in quel periodo.

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Paul Gauguin (Parigi, 7 giugno 1848 – Hiva Oa, 8 maggio 1903) rappresenta con la sua pittura la volontà di fuggire dagli stereotipi della vita europea tradizionale. Prima si rifugia in Bretagna, lembo occidentale e zona più isolata della Francia per riscoprire la dimensione primitiva della pittura dove si associa ai pittori Nabis (parola ebraica per profeti) in quella che viene definita la “scuola” di Pont-Aven.

Successivamente insieme a Van Gogh apprezza la luce e i colori della Provenza nel sud della Francia, ad Arles, per poi passare a quella che è la fuga concreta dall’Europa. Egli giunge in Polinesia dove cerca con le sue tinte piatte e i colori ispirati alle tradizioni extraeuropee

Paul Gauguin

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Lotta di Giacobbe con l'angelo, olio su tela, 73x92 cm, 1888,

Il dipinto rappresenta delle donne che, dopo aver ascoltato il sermone del loro parroco, immaginavano di assistere all'episodio biblico: «il paesaggio e la lotta dei due contendenti esistono solo nell'immaginazione di questa gente che prega, è il risultato del sermone. Ecco perché vi è un contrasto fra quelle donne reali e la lotta di Giacobbe e l'angelo inserita nel paesaggio, che resta irreale e sproporzionata

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Vahine no te tiare, olio su tela, 70x46 cm, 1891, Copenaghen.

Questo è il primo dipinto tahitiano di Gauguin a essere inviato in Francia e a essere esposto, nel settembre 1892, nella Galleria d'arte Goupil, deludendo però gli amici che si attendevano un quadro in pretto stile simbolista.

“La civiltà mi sta lentamente abbandonando. Comincio a pensare con semplicità, a non avere più odio per il mio prossimo, anzi ad amarlo. Godo tutte le gioie della vita libera, animale e umana. Sfuggo alla fatica, penetro nella natura: con la certezza di un domani uguale al presente, così libero, così bello, la pace discende in me; mi evolvo normalmente e non ho più vane preoccupazioni”.

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Ia Orana Maria, olio su tela, 114x89 cm, 1891, New York

In Ia Orana Maria (Ave Maria) opera una contaminazione fra cattolicesimo e religione orientale - le due figure di donne richiamano un bassorilievo del tempio di Borobudur, nell'isola di Giava - nell'ambiente paganeggiante dei Tropici. Gaguin scrive in una lettera: «Un angelo dalle ali gialle indica a due donne tahitiane Maria e Gesù, anch'essi tahitiani, una sorta di nudo rivestito dal pareo, specie di cotonina a fiori che si attacca come si vuole alla cintura. Sfondo di montagne molto scure e alberi in fiore. Strada viola cupo e primo piano verde smeraldo; a destra, delle banane. Ne sono molto contento»

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Natura morta con mele, pere e ceramica, olio su tela, 28x36cm, 1890, Fogg Art Museum, Cambridge, Mass., USA

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« La tesi da sviluppare è, qualsiasi sia il nostro temperamento o capacità di fronte alla natura, riprodurre ciò che vediamo, dimenticando tutto quello che c'è stato prima di noi. Il che, penso, permette all'artista di esprimere tutta la sua personalità, grande o piccola »

(Cézanne, Lettera a Émile Bernard, 23 ottobre 1905)

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La casa dell’impiccato

Lo spazio non è più amorfo, ma la vibrazione luminosa, ottenuta nonostante il consueto spessore della materia, lo rende quasi compatto, come una massa che però non ha pesantezza, ma corposità, data la finezza dei passaggi. È la luce che crea questa sintesi tra volume e spazio, una sintesi che dà alle cose [...] il senso della loro 'durata reale', del ripercuotersi nella coscienza. Cézanne ha fuso il suo concetto di monumentalità [...] con il desiderio di struttura e naturalmente va oltre, perché non si contenta di una dimensione puramente ottica delle sue immagini, ma è già in cerca di una dimensione emotiva della forma

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I giocatori di carte

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I giocatori di carte è un dipinto ad olio su tela di cm 47 x 56 realizzato tra il 1893 ed il 1896 da Paul Cézanne. È conservato al Musée d'Orsay di Parigi.

Sul medesimo tema della partita a carte Cézanne dipinse cinque differenti versioni. Due uomini in un'osteria di paese stanno giocando a carte davanti ad uno specchio. L'immagine si presenta con uno schema fortemente geometrizzato, che conferisce ai due personaggi dignità classica. Distorcendo la visione prospettica, Cèzanne riesce ad ottenere il massimo grado di centralità, che risulti credibile in una scena di vita vissuta: questo lieve scarto dal centro è un acuto stratagemma per evitare il rischio che l'opera risulti troppo artefatta: le cose non ci si presentano mai in uno stato di perfetto equilibrio. Tutta la tela è costituita da abbassamenti di tono dei colori blu, giallo e rosso. Le pennellate si compongono a tasselli, e talvolta si presentano solitarie e sintetiche, come il riflesso sulla bottiglia o il semplice tratto che descrive l'occhio infossato del giocatore di destra.

Nel dipinto Cèzanne, non rende solo un'impressione, ma anche una descrizione del senso interno all'azione, come se fosse la sintesi destinata a permanere nella mente, quasi calcificata e sotto forma di ricordo.

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I giocatori di carte

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Montagna di Sainte Victoire

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Montagna di Sainte Victoire

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Per dipingere questa veduta e le numerose altre dedicate allo stesso tema, Cézanne lavorava in una cava abbandonata molto distante dal soggetto del quadro. Gli elementi della tela sono quattro: le rocce in primo piano, gli alberi, il cielo, la massa della montagna in lontananza. Tali elementi, separati fra loro nella realtà della scena, si fondono quasi nella rappresentazione, attraverso il gioco dei colori e la stesure delle pennellate regolari e geometriche. L'effetto complessivo di monumentalità e di ordine è molto lontano dalla leggerezza e dal movimento delle opere impressioniste. La linea dell'orizzonte, posta molto in alto, dà un effetto di ribaltamento della scena verso l'osservatore. Cézanne lavorerà a questo "motivo" per oltre vent'anni, realizzando diversi acquarelli e dipinti ad olio. La ricerca di sintesi si fa ancora più forte nella serie di dipinti dedicati alla montagna di Sainte-Victoire, dominanti l'ultima fase dell'attività dell'artista. Il desiderio di rendere la sua arte il più possibile espressione naturale e concreta spinge il pittore ad affermare: "Il colore è biologico, è vivente, è il solo a far viventi le cose", e ancora "Per dipingere bene un paesaggio devo scoprire prima le sue caratteristiche geologiche". Si direbbe che il senso dell'arte di Cézanne consista in un incessante tentativo di portare alla luce ciò che in natura è immutabile, eterno, per riconoscere riflesso nell'occhio che lo contempla, seppure per un istante, la medesima divina proprietà. È lui stesso a svelarcelo:" Ora, la natura, per noi uomini, è più profonda che in superficie, e da ciò la necessità di introdurre nelle nostre vibrazioni di luce,rappresentate dai rossi e dai gialli, una somma sufficiente di colori azzurrati per far sentire l'aria". Questo legame tra percezione, rappresentazione e conoscenza si pone alla base della dissoluzione della forma che verrà poi operata dalle avanguardie novecentesche, in particolare dal cubismo: lo spazio della pittura non è più dell'occhio ma dell'intelletto.

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Le grandi bagnanti

Le grandi bagnanti è un dipinto ad olio su tela di cm 208 x 251 realizzato nel 1906

la tela più grande mai dipinta da Cézanne, che la elaborò per sette anni nello studio che aveva ai Lauves, ed è la prima delle tre versioni giudicate conclusive del tema delle bagnanti. La gamma dei colori è ridotta alle sfumature di ocra, lilla e verdi, mentre l'architettura del dipinto è scandita da due gruppi di figure, e due quinte arboree, che aprono una profondità centrale vuota. I dipinti delle Bagnanti saranno fondamentali per la storia dell'arte successiva, influenzando profondamente tutti i protagonisti delle avanguardie, da Matisse a Braque a Picasso .