Stato dell’arte dell’impiego dei rifiuti nell’industria ... · o influenza sulla qualità del...

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Stato dell’arte dell’impiego dei rifiuti nell’industria cementiera (nel ciclo dei combustibili e delle materie prime)

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1. Generalità

Lo smaltimento dei rifiuti è senza dubbio un tema ambientale di massimo rilievo per la

collettività, per le pubbliche istituzioni, e per le realtà industriali che sono alla ricerca di

soluzioni ecologiche che si dimostrino valide nel tempo.

Con l’impiego dei rifiuti nel ciclo di produzione del cemento, l’industria cementiera

partecipa da numerosi anni allo sforzo collettivo per il risparmio di risorse naturali e lo

smaltimento dei rifiuti.

L’utilizzo dei rifiuti in cementeria viene effettuato sotto condizioni particolarmente

rigorose. Non sono infatti utilizzati altri rifiuti se non quelli selezionati per la loro

compatibilità con il processo e la qualità del prodotto finale.

Il processo di produzione del cemento consente di utilizzare i rifiuti in parziale

sostituzione delle materie prime, e in sostituzione dei combustibili tradizionali.

Il presente documento è articolato in diversi capitoli e paragrafi che illustrano alcuni

aspetti evidenziati da vari autori sull’impiego dei rifiuti nell’industria cementiera come

combustibili (cap. 3.1.1) e come materie prime (cap. 3.1.2) ovvero:

o livelli di emissione e monitoraggio (3.2)

o influenza sulla qualità del prodotto finale (3.3)

o tecnologie di trattamento adottate ed impatto economico-sociale (3.4)

Il documento riporta al capitolo 2 un estratto della legislazione nazionale riguardante

l’impiego dei rifiuti nell’industria cementiera con lo scopo di semplificare la consultazione

della legge agli addetti ai lavori.

Nelle conclusioni (cap. 4) vengono evidenziati gli aspetti positivi e le criticità riscontrati

dai vari autori riguardo l’utilizzo dei rifiuti nell’industria cementiera.

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2. Legislazione nazionale

Nell’ambito delle attività di recupero dei rifiuti non pericolosi è necessario fare riferimento

al D.M. 5 febbraio 1998 “Individuazione dei rifiuti non pericolosi sottoposti alle procedure

semplificate di recupero ai sensi degli articoli 31 e 33 del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n.22”,

viste le modifiche apportate da DmAmbiente 9 gennaio 2003, DmAmbiente 27 luglio

2004 e DmAmbiente 5 aprile 2006 n.186. Le modifiche al D.M. 5 febbraio 1998, in vigore

dal 3 giugno 2006, sono state apportate dal Dicastero in accoglimento delle censure

mosse dalla Corte Ue, che con sentenza 7 ottobre 2004 aveva sancito l'inesatta

individuazione sul piano nazionale di tipi e quantità massime di rifiuti non pericolosi

sottoponibili a procedure semplificate.

2.1. Tipologie di rifiuti ammessi nei cementifici

Sulla base del Decreto ministeriale 5 febbraio 1998 e successive modifiche ed

integrazioni (testo vigente al 3 giugno 2006), è possibile individuare i limiti quantitativi

per le operazioni di recupero di materia in cementifici, riportati nell’allegato 4 al decreto

(tabelle 1 e 3). Tali quantità possono essere oggetto di aggiornamento annuale, anche

per tenere conto dell’esigenza di incentivare il recupero dei rifiuti.

I valori sono stati enucleati dal decreto in quanto riferiti ai cementifici.

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2.1.1. Combustibili

Tabella 1

Allegato 4– Suballegato 1 (aggiunto dal D.M. n. 186/2006)

Determinazione delle quantità massime di rifiuti non pericolosi di cui all’allegato 1, suballegato 1 del dm 5/2/1998

ATTIVITÀ DI RECUPERO: CEMENTIFICI

Tipologia Codice Rifiuto Descrizione Quantità (t/a)

1, All. 2 [191210] Combustibile derivato da rifiuti 10.000

13.26 [010410] [100318] [110203] [161102]

Rifiuti a base di carbone costituiti da scarti di catodi anodi, spezzoni di carbone amorfo, coke, calcinato di petrolio, suole di carbone usate e materiali incombustibili dell’alluminio

2.000

Tabella 2

Allegato 4– Suballegato 2 (aggiunto dal D.M. n. 186/2006)

Determinazione delle quantità massime di rifiuti non pericolosi di cui all’allegato 2, suballegato 1 del dm 5/2/1998

Attività di recupero

Tipologia Codice rifiuto

Descrizione Quantità (t/a)

1 [191210] (CDR) 25.000

2 [190699] biogas (motori fissi a combustione interna)

11.300 mc

Utilizzo dei rifiuti come combustibile o come altro mezzo per produrre energia in impianti industriali

3 [020103] [020107] [020301] [020303] [020304] [020701] [020704]

scarti vegetali 500

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4 [030101] [030105] [030301] [150103] [170201] [200138]

rifiuti della lavorazione del legno e affini non trattati

40.000

6 [030105] [200138]

rifiuti della lavorazione del legno e affini trattati

80.000

7 [020304] rifiuti della lavorazione del tabacco

20

9 [030307] [030310]

scarti di pulper 150.000

Il Decreto ministeriale 5 febbraio 1998 regolamenta così le norme tecniche per

l'utilizzazione dei rifiuti non pericolosi come combustibili o come altro mezzo per produrre

energia (allegato 2 – suballegato 1):

Tipologia 1: combustibile derivato da rifiuti (CDR) [191210].

Provenienza: impianti di produzione di CDR di cui al punto 14 dell'allegato 1. Caratteristiche del rifiuto: combustibile ottenuto da rifiuti con le seguenti caratteristiche (corrispondenti all'RDF di qualità normale di cui alla norma UNI 9903-1):

P.C.I. minimo sul tal quale 15.000 kJ/kg

Umidità in massa max 25%

Cloro in massa max 0,9%

Zolfo in massa max 0.6%

Ceneri sul secco in massa max 20%

Pb (volatile) sul secco in massa max 200 mg/kg

Cr sul secco in massa max 100 mg/kg

Cu (composti solubili) sul secco in massa max 300 mg/kg

Mn sul secco in massa max 400 mg/kg

Ni sul secco in massa max 40 mg/kg

As sul secco in massa max 9 mg/kg

Cd+Hg sul secco in massa max 7 mg/kg.

Per ciascuna partita di CDR deve essere certificata la temperatura di rammollimento delle ceneri.

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Attività e metodi di recupero: il recupero energetico può essere effettuato attraverso la combustione alle seguenti condizioni:

o impianti dedicati a recupero energetico dei rifiuti di potenza termica nominale non inferiore a 10 MW;

o impianti industriali di potenza termica nominale non inferiore a 20 MW per la co-combustione.

Gli impianti devono essere provvisti di: o bruciatore pilota a combustibile gassoso o liquido (non richiesto nei forni

industriali); o alimentazione automatica del combustibile; o regolazione automatica del rapporto aria/combustibile anche nelle fasi di

avviamento (non richiesto nel forni industriali); o controllo in continuo dell'ossigeno, del monossido di carbonio, delle polveri, ossidi di

azoto. acido cloridrico, della temperatura nell'effluente gassoso, nonché degli altri inquinanti di cui al suballegato 2, paragrafo 1, lettera a), nonché della temperatura nella camera di combustione.

Devono inoltre garantire in tutte le condizioni di esercizio i seguenti requisiti minimi operativi: o temperatura minima dei gas nella camera di combustione di 850 °C raggiunta

anche in prossimità della parete interna; o tempo di permanenza minimo dei gas nella camera di combustione di 2 secondi.

Tipologia 2: Biogas [190699].

Provenienza: Fermentazione anaerobica metanogenica di rifiuti a matrice organica in processi di cui al punto 15 dell'allegato 1 o da discarica. Caratteristiche del gas: Gas combustibile avente le seguenti caratteristiche:

o Metano min. 30% vol o H2S max 1.5% vol o P.C.I. sul tal quale min 12.500 kJ/Nm3

Attività e metodi di recupero: L'utilizzazione di biogas è consentita in impianti di conversione energetica di potenza termica nominale superiore a 0,5 MW, anche integrati con il sistema di produzione del gas.

Tipologia 3: Scarti vegetali [020103] [020107] [020301] [020303] [020304] [020701]

[020704].

Provenienza: Attività agricole, forestali e di prima lavorazione di prodotti agroalimentari; impianti di estrazione di olio di vinaccioli, industria distillatoria, industria enologica e ortofrutticola, produzione di succhi di frutta e affini, industria olearia. Caratteristiche del rifiuto: Residui colturali pagliosi (cereali, leguminose da granella, piante oleaginose, ecc.); residui colturali legnosi (sarmenti di vite, residui di potature di piante da frutto, ecc.); residui da estrazione forestale; residui-colturali diversi (stocchi e tutoli di mais, steli di sorgo, di tabacco, di girasole, di canapa, di cisto, ecc.); residui di lavorazione (pula, lolla, residui fini di trebbiatura, gusci, ecc.), sanse esauste, vinacce esauste, vinaccioli, farina di vinaccioli, residui di frutta, buccette e altri residui vegetali.

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Attività e metodi di recupero: Il recupero energetico del rifiuto può essere effettuato attraverso la combustione alle seguenti condizioni: impianti dedicati al recupero energetico di rifiuti o impianti industriali. Detti impianti dovranno essere provvisti di:

o bruciatore pilota a combustibile gassoso o liquido (non richiesto nei forni industriali);

o alimentazione automatica del combustibile; o regolazione automatica del rapporto aria/combustibile anche nelle fasi di

avviamento (non richiesto nei forni industriali); o controllo in continuo del monossido di carbonio, dell'ossigeno e della temperatura

nell'effluente gassoso (non obbligatorio per gli impianti di potenza termica nominale inferiore a 1 MW); negli impianti oltre i 6 MWt controllo in continuo anche degli ossidi di azoto e degli altri inquinanti di cui al suballegato 2, paragrafo 1 1, lettera a), ad esclusione del fluoruro di idrogeno.

Tipologia 4: Rifiuti della lavorazione del legno e affini non trattati [030101] [030105]

[030301] [150103] [170201] [200138].

Provenienza: Industria della carta, del sughero e del legno (I a e II a lavorazione, produzione pannelli di particelle, di fibra e compensati, mobili, semilavorati per il mobile, articoli per l'edilizia, pallets ed imballaggi, ecc.). Caratteristiche del rifiuto: Scarti anche in polvere a base esclusivamente di legno vergine o sughero vergine o componenti di legno vergine. Attività e metodi di recupero: vedi tipologia 3

Tipologia 6: Rifiuti della lavorazione del legno e affini trattati [030105] [200138].

Provenienza: Industria del legno (I a e II a lavorazione, produzione pannelli di particelle, di fibra e compensati, mobili, semilavorati per il mobile, articoli per l'edilizia, ecc.) Caratteristiche del rifiuto: Scarti e agglomerati anche in polvere a base esclusivamente legnosa e vegetale contenenti un massimo di resine fenoliche dell'1% e privi di impregnanti a base di olio di catrame o sali CCA, aventi inoltre le seguenti caratteristiche:

o un contenuto massimo di resine urea-formaldeide o melanina-formaldeide o urea-melanina-formaldeide del 20% (come massa secca/massa secca di pannello);

o un contenuto massimo di resina a base di difenilmetandiisocianato dell'8% (come massa secca/massa secca di pannello);

o un contenuto massimo di Cloro dello 0,9% in massa o un contenuto massimo di additivi (solfato di ammonio, urea esametilentetrammina)

del 10% (come massa secca/massa secca di resina).

Attività e metodi di recupero: Il recupero energetico del rifiuto può essere effettuata attraverso la combustione alle seguenti condizioni: impianti dedicati al recupero energetico di rifiuti o impianti industriali di potenza termica nominale non inferiore a 1 MW. Detti impianti devono essere provvisti di:

o bruciatore pilota a combustibile gassoso o liquido (non richiesto nei forni industriali); - alimentazione automatica del combustibile;

o regolazione automatica del rapporto aria/combustibile anche nelle fasi di avviamento (non richiesto nei forni industriali);

o controllo in continuo del monossido di carbonio, dell'ossigeno e della temperatura nell'effluente gassoso; negli impianti oltre i 6 MWt controllo in continuo degli ossidi di azoto e degli altri inquinanti di cui al suballegato 2, paragrafo 1, lettera a).

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Tipologia 7: Rifiuti della lavorazione del tabacco [020304].

Provenienza: Trasformazione industriale del tabacco e la fabbricazione di prodotti da fumo Caratteristiche del rifiuto: Scarti e cascami di lavorazioni costituiti dalle polveri, fresami e costoline di tabacco vergine e rigenerato, provenienti dalla trasformazione industriale del tabacco e dalla fabbricazione di prodotti da fumo aventi un P.C.I. (potere calorifico inferiore) sul secco minimo di 8.000 kJ/kg ed una umidità massima del 16%. Attività e metodi di recupero: vedi tipologia 3

Tipologia 9: Scarti di pulper [030307] [030310]

Provenienza: Industria della carta Caratteristiche del rifiuto: Scarti di cartiera, derivanti dallo spappolamento della carta da macero costituiti da una miscela di materiali plastici, legno, residui di carta, frammenti di vetro, materiale ghiaioso e metallico aventi le seguenti caratteristiche:

Umidità in massa max 40%

P.C.I. minimo sul tal quale 12.500 kJ/kg

Ceneri sul tal quale in massa max 10%

Cloro sul tal quale in massa max 0.9%

Zolfo sul tal quale in massa max 0.5%

Pb+Cr+Cu+Mn+Zn sul tal quale in massa max 900 mg/kg

Pb sul secco max 200 mg/kg

Cr sul secco max 50 mg/kg

Cu sul secco max 300 mg/kg

Mn sul secco max 150 mg/kg

Ni sul secco max 20 mg/kg

As sul secco max 9 mg/kg

Cd+Hg sul secco max 7 mg/kg

Attività e metodi di recupero: Il recupero energetico del rifiuto può essere effettuato attraverso la combustione in impianti dedicati al recupero energetico di rifiuti di potenza termica nominale non inferiore a 6 MW. Detti impianti devono essere provvisti di:

o bruciatore pilota a combustibile gassoso o liquido; o alimentazione automatica di combustibile; o regolazione automatica del rapporto aria/combustibile anche nelle fasi di

avviamento; o controllo continuo dell'ossigeno, del monossido di carbonio, ossidi di azoto, della

temperatura nell'effluente gassoso, degli altri inquinanti di cui al suballegato 2, paragrafo 1, lettera a) nonché della temperatura nella camera di combustione.

Gli impianti devono garantire in tutte le condizioni di esercizio i seguenti requisiti: o temperatura minima dei gas nella camera di combustione di 850�C raggiunta anche

in prossimità della parete interna;

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o tempo di permanenza minimo dei gas nella camera di combustione di 2 secondi; o tenore di ossigeno nei fumi min. 6% in volume.

2.1.2. Materie prime

Tabella 3

Allegato 4– Suballegato 1 (aggiunto dal D.M. n. 186/2006)

Determinazione delle quantità massime di rifiuti non pericolosi di cui all’allegato 1, suballegato 1 del dm 5/2/1998

ATTIVITÀ DI RECUPERO: CEMENTIFICI

Tipologia Codice Rifiuto Descrizione Quantità (t/a)

4.1 [060902] [100601] [100602] [100809] [100811] [101003]

Scorie provenienti dall’industria della metallurgia dei metalli non ferrosi, ad esclusione di quelle provenienti dalla metallurgia termica del Pb, Al e Zn; scorie dalla produzione del fosforo; scoria cubilot

10.700

4.4 [100201] [100202] [100903]

Scorie di acciaieria, scorie provenienti dalla fusione in forni elettrici, a combustibile o in convertitori a ossigeno di leghe di metalli ferrosi e dai successivi trattamenti di affinazione delle stesse

25.000

4.7 [100305] Polvere di allumina 30.000

5.14 [100210] [120101] [120102] [120103]

Scaglie di laminazione e stampaggio 15.000

5.17 [100202] Loppa d’altoforno non rispondente agli standard delle norme UNI ENV 197/1

25.000

5.18 [100299] Residui di minerali di ferro 500

7.2 [010399] [010408] [010410] [010413]

Rifiuti di rocce da cave autorizzate 40.000

7.4 [101203] [101206] [101208]

Sfridi di laterizio cotto ed argilla espansa

2.000

7.5 [101099] [101299] Sabbie esauste 5.000

7.7 [050110] [060503] [070712]

Rifiuti costituiti da carbonati ed idrati di calcio, silici colloidali

2.500

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7.8 [060316] [070199] [116102] [161104] [161106]

Rifiuti di refrattari, rifiuti di refrattari da forni per processi ad alta temperatura

2.700

7.10 [120101] [120102] [120103] [120104] [120117] [120121]

Sabbie abrasive di scarto e granulati, rottami e scarti di mole abrasive

2.000

7.11 [170508] Pietrisco tolto d’opera 2.560

7.12 [101206] [101299] [101399] [170802] [200301]

Calchi in gesso esausti 1.000

7.13 [101399] [170802] Sfridi di produzione di pannelli di gesso; demolizione edifici

9.000

7.14 [010504] [010507] [170504]

Detriti di perforazione 10.000

7.15 [010504] [010507] Fanghi di perforazione 500

7.16 [020402] [020499] [020799]

Calci di defecazione 300

7.17 [010102] [010308] [010408] [010410] [020402] [020499] [020701] [020799] [100299]

Rifiuti costituiti da pietrisco di vagliatura del calcare

10.000

7.22 [060899] [100208] Rifiuti da abbattimento fumi di industrie siderurgiche (silica fumes)

3.500

7.25 [100299] [100906] [100908] [100910] [100912] [161102] [161104]

Terre e sabbie esauste di fonderia di seconda fusione dei metalli ferrosi

73.000

7.28 [160801] [160803] [160804]

Supporti inerti di catalizzatori 2.000

7.30 [170506] [200303] Sabbia e conchiglie che residuano dalla vagliatura dei rifiuti provenienti dalla pulizia degli arenili

56.950

11.2 [020399] Terre e farine fossili disoleate 1.000

12.1 [030302] [030305] [030309] [030310] [030399]

Fanghi da industria cartaria 500

12.3 [010410] [010413] Fanghi e polveri da segagione e 61.000

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lavorazione pietre, marmi e ardesie

12.4 [010410] [010413] Fanghi e polveri da segagione, molatura e lavorazione granito

25.000

12.5 [010413] Marmoresine 25.000

12.6 [080202] [080203] [101203] [101205] [101210] [101299]

Fanghi, acque, polveri e rifiuti solidi da processi di lavorazione e depurazione acque ed emissioni aeriformi da industria ceramica

2.000

12.7 [010102] [010409] [010410] [010412]

Fanghi costituiti da inerti 5.000

12.8 [060503] [061399] [070112] [070212] [070312] [070412] [070512] [070612] [070712] [100121] [190812] [190814]

Fanghi da trattamento acque di processo

1.620

12.11 [100212] [120115] Fanghi da processi di pulizia manufatti in acciaio, decantazione acque di raffreddamento dei processi dell’industria siderurgica

5.000

12.12 [100214] [100215] Fanghi da abbattimento polveri da lavorazione terre per fonderie di metalli ferrosi

200

12.13 [190802] [190902] [190903]

Fanghi da impianti di decantazione, chiarificazione e decarbonatazione delle acque per la preparazione di acqua potabile o di acqua addolcita, demineralizzata per uso industriale

25.000

12.14 [060503] Fanghi da trattamento sul posto degli effluenti

1.000

12.16 [050110] [061503] [070112] [070212] [070312] [070412] [070512] [070612] [070712] [100121] [190812] [190814]

Fanghi di trattamento acque reflue industriali

6.000

12.17 [100208] [100214] [100215] [110110] [110112] [110114]

Fanghi da trattamento acque di processo e da abbattimento emissioni aeriformi da industria siderurgica e metalmeccanica

12.500

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13.1 [100101] [100102] [100103] [100115] [100117]

Ceneri dalla combustione di carbone e lignite, anche additivati con calcare e da cocombustione con esclusione dei rifiuti urbani ed assimilati tal quali

165.000

13.2 [100101] [100103] [100115] [100117] [190112] [190114]

Ceneri dalla combustione di biomasse (paglia, vinacce) ed affini, legno, pannelli, fanghi di cartiere

20.000

13.3 [190112] Ceneri pesanti da incenerimento di rifiuti solidi urbani e assimilati e da CDR

12.000

13.5 [061199] [100299] Rifiuti di solfato di calcio da pigmenti inorganici

8.000

13.6 [060699] [061101] [061199] [100105] [100107] [101210]

Gessi chimici da desolforazione di effluenti liquidi e gassosi

40.000

13.7 [060314] [060503] [061399] [100324]

Gessi chimici 2.000

13.9 [060503] [061399] Rifiuti di solfato di calcio da depurazione soluzioni di cloruro di sodio

500

13.10 [060314] Biscotti fluoritici 4.800

13.11 [060899] [100811] Silicato bicalcico 5.000

13.16 [010399] [060314] Rifiuti di minerali di bario ridotti 1.000

13.18 [060316] Polveri di ossidi di ferro 5.000

13.27 [101203] [101205] [101210]

Rifiuti da depurazione fumi dell’industria dei laterizi

800

2.2. Limiti alle emissioni

Il Decreto ministeriale 5 febbraio 1998 fornisce anche valori limite e prescrizioni per le

emissioni in atmosfera generate da attività di recupero di rifiuti non pericolosi. La

determinazione dei valori limite per le emissioni conseguenti al recupero di materia dai

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rifiuti non pericolosi in processi termici come la produzione di cemento è la seguente

(ALLEGATO 2, SUBALLEGATO 2 – DM 5/02/08):

Il valore limite per ciascun agente inquinante e per il monossido di carbonio presenti nelle emissioni risultanti dal recupero di rifiuti non pericolosi sono convenzionalmente calcolati in base alla percentuale di rifiuto impiegata nel ciclo produttivo rispetto al totale della materia alimentata all'impianto secondo la formula seguente:

C = [(A rifiuti * C rifiuti) + (A processo W * C processo)] / (A rifiuto + A processo)

A rifiuto= quantità oraria (espressa in massa) dei rifiuti non pericolosi alimentati all'impianto corrispondente alla quantità massima prevista nella comunicazione. C rifiuti= valori limite di emissione stabiliti nella successiva tabella. A processo= quantità oraria (espressa in massa) di materia alimentata all'impianto (esclusi i rifiuti) corrispondente alla quantità` prevista nella comunicazione. C processo= valori limite di emissione per gli agenti inquinanti e del monossido di carbonio nei gas emessi dagli impianti quando vengono utilizzate materie prime tradizionali ovvero materie prime e prodotti (esclusi i rifiuti) conformi ai valori minimi contenuti nelle disposizioni nazionali legislative, regolamentari e amministrative ridotti del 10%. Nel caso siano più restrittivi, si applicano i valori limite di emissione che figurano nell'autorizzazione ex D.P.R. n. 203 del 1988 ridotti del 10%. Se i valori degli inquinanti e del CO e COT non sono fissati si utilizzano le emissioni reali ridotte del 10%. I valori di C processo sono riferiti allo stesso tempo di mediazione previsto alla successiva tabella. C= valore limite totale delle emissioni per CO e per gli altri inquinanti riferiti allo stesso tempo di mediazione previsto alla successiva tabella. Il tenore di ossigeno di riferimento è quello relativo al processo se non diversamente individuato in conformità al D.M. 12 luglio 1990.

Durante il funzionamento degli impianti non devono essere superati:

a) valori medi giornalieri:

1) polvere totale 10 mg/m3

2) sostanze organiche sotto forma di gas e vapori, espresse come carbonio organico totale (COT)

10 mg/m3

3) cloruro di idrogeno (HCl) 10 mg/m3

4) floruro di idrogeno (HF) 1 mg/m3

5) biossido di zolfo (SO2) 50 mg/m3

b) valori medi su 30 minuti: A B

1) polvere totale 30 mg/m3 10 mg/m3

2) sostanze organiche sotto forma di gas e vapori, espresse come carbonio organico totale (COT)

20 mg/m3 10 mg/m3

3) cloruro di idrogeno (HCl) 60 mg/m3 10 mg/m3

4) floruro di idrogeno (HF) 4 mg/m3 2 mg/m3

5) biossido di zolfo (SO2) 200 mg/m3 50 mg/m3

c) valori medi durante il periodo di campionamento di 30 minuti come minimo e di 8 ore come massimo:

1) cadmio e i suoi composti, espressi come cadmio totale

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(Cd)

2) tallio e i suoi composti, espressi come tallio (Tl) 0.05mg/m3

3) mercurio e i suoi composti, espressi come mercurio (Hg) 0.05mg/m3

4) antimonio e i suoi composti, espressi come antimonio (Sb)

5) arsenico e i suoi composti, espressi come arsenico (As)

6) piombo e suoi composti, espressi come piombo (Pb)

7) cromo e suoi composti, espressi come (Cr)

8) cobalto e suoi composti, espressi come cobalto (Co)

9) rame e suoi composti, espressi come rame (Cu)

10) manganese e suoi composti, espressi come manganese (Mn)

11) nichel e suoi composti, espressi come nichel (Ni)

12) vanadio e suoi composti, espressi come vanadio (V)

13) stagno e suoi composti, espressi come stagno (Sn)

totale 0.5mg/m3

Questi valori medi si applicano anche ai metalli ed ai loro composti presenti nelle emissioni anche sotto forma di gas e vapore. Durante il funzionamento degli impianti non devono essere superati i seguenti valori limite per le concentrazioni di monossido di carbonio (CO):

a) 50 mg/Nm3 di gas di combustione determinati come valore medio giornaliero;

b) 100 mg/Nm3 di gas di combustione di tutte le misurazioni determinate come valori medi su 30 minuti.

Non si deve tener conto degli agenti inquinanti e di CO che non derivano direttamente dalla utilizzazione di rifiuti come pure di CO se:

o maggiori concentrazioni di CO nel gas di combustione sono richieste dal processo di produzione;

o il valore C rifiuti (come precedentemente definito) per le diossine e i furani è rispettato. I valori limite di emissione sono rispettati:

o se tutti i valori medi giornalieri non superano i valori limite di emissione stabiliti nella tabella di cui sopra, lett. a), e al paragrafo di cui sopra, lett. a), e

o tutti i valori medi su 30 minuti non superano i valori limite di emissione di cui alla colonna A, in tabella., lett. b), ovvero il 97% dei valori medi su 30 minuti rilevati nel corso dell'anno non superano i valori limite di emissione di cui alla colonna B in tabella, lett. b),

o se tutti i valori medi rilevati nel periodo di campionamento di cui in tabella, lett. c), non superano i valori limite di emissione stabiliti in tale capoverso se è rispettata la disposizione di cui al paragrafo 2.4., lett. b).

In ogni caso, tenuto conto dei rifiuti di cui viene effettuato il recupero, il valore limite totale delle emissioni (C) deve essere calcolato in modo da ridurre al minimo le emissioni nell'ambiente. Per il tenore di ossigeno di riferimento è comunque fatto salvo quanto disposto all'art. 3, comma 2, del D.M 12 luglio 1990.

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Per il calcolo del valore di emissione di PCDD+PCDF come diossina equivalente si fa riferimento all'allegato 1 della direttiva 94/67/CE. Il valore limite di emissione per gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA) si riferisce alla somma dei seguenti:

o Benz [a] antracene o Dibenz [a, h] antracene o Benzo [b] fluorantene o Benzo [j] fluorantene o Benzo [k] fluorantene o Benzo [a] pirene o Dibenzo [a, e] pirene o Dibenzo [a, h] pirene o Dibenzo [a, i] pirene o Dibenzo [a, l] pirene o Indeno [1, 2, 3 - cd] pirene

Fermo restando quanto disposto dalla decisione della Commissione concernente i metodi di misurazione armonizzati per la determinazione delle concentrazioni di massa di diossine e furani (C (97) 1159 def), relativamente ai metodi di campionamento, analisi e valutazione delle emissioni e per la periodicità dei controlli si applica quanto previsto nei decreti di attuazione del D.P.R. 24 maggio 1988 n. 203. Per il campionamento e le analisi caratteristiche dei rifiuti valgono i metodi di cui alle norme UNI 9903. Al fine della verifica del rispetto delle concentrazioni degli inquinanti e degli altri parametri previsti per i rifiuti solidi, il confronto va effettuato con i valori medi ottenuti statisticamente mediante determinazioni su un numero di campioni rappresentativo del lotto in esame non inferiore a cinque. Nel caso di approvvigionamento non discontinuo i valori medi si riferiscono a determinazioni effettuate su sei campioni distribuiti uniformemente nell'arco delle 24 h.

Nel caso di impiego simultaneo di rifiuti con combustibili autorizzati, la determinazione

dei valori limite per le emissioni dovute al recupero di rifiuti come combustibile o altro

mezzo per produrre energia tramite combustione mista di rifiuti e combustibili tradizionali

è la seguente (ALLEGATO 2, SUBALLEGATO 3):

I valori limite per ciascun inquinante e per il monossido di carbonio risultanti dalla co-combustione di rifiuti e combustibili devono essere calcolati come segue:

C = [(V rifiuto * C rifiuto) + (V processo * C processo)] / (V rifiuto + V processo)

V rifiuto = volume dei gas emessi derivante dalla combustione dei soli rifiuti in quantità corrispondente alla massima prevista nella comunicazione, determinato in base ai rifiuti che hanno il più basso potere calorifico. Se il calore prodotto risultante dall'incenerimento di rifiuti è inferiore al 10% del calore totale prodotto dall'impianto, V rifiuti va calcolato dalla quantità (fittizia) di rifiuti che, combusti, equivalgono ad un calore prodotto del 10%, a calore totale dell'impianto costante. C rifiuto = valori limite di emissione stabiliti nelle singole voci del suballegato 1 e nel suballegato 2 per gli impianti destinati ad utilizzare soltanto rifiuti. V processo = volume dei gas emessi derivanti dal processo inclusa la combustione dei combustibili ammessi ai sensi della normativa vigente (esclusi i rifiuti) del tipo e nella quantità minima prevista nella comunicazione, determinato sulla base del tenore di ossigeno, al quale le emissioni devono essere normalizzate come stabilito nelle norme nazionali.

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C processo = valori limite di emissione dei relativi inquinanti e del monossido di carbonio nei gas emessi dall'impianto quando vengono utilizzati i combustibili ammessi ai sensi della normativa vigente (esclusi i rifiuti) conformi ai valori minimi contenuti nelle disposizioni nazionali legislative, regolamentari e legislative ridotte del 10%. Nel caso siano più restrittivi si applicano i valori limite di emissione che figurano nell'autorizzazione ex D.P.R. n. 203 del 1988 ridotti del 10%. Se i valori degli inquinanti, di CO e di COT non sono fissati, si utilizzano le emissioni reali ridotte del 10%; i valori di processo sono riferiti allo stesso tempo di mediazione di cui al suballegato 2 ed alle singole voci del suballegato 1. C = valore limite totale delle emissioni per CO e per gli altri inquinanti riferiti allo stesso tempo di mediazione di cui al suballegato 2 ed alle singole voci del suballegato 1. Il tenore di ossigeno di riferimento h calcolato sulla base del tenore di riferimento relativo al rifiuto e quello relativo al processo, come individuato dal D.M. 12 luglio 1990, rispettando il rapporto dei volumi parziali.

Nota: ai soli fini del calcolo della formula di cui al punto 1, i valori limite per la polvere totale, COT, HCl, HF e SO2 sono unicamente quelli individuati alla lett. a) della tabella in suballegato 2. Per i valori limite di polveri totali, SO2, NOx, CO e COT i valori C rifiuto, C processo e C sono espressi come valori medi giornalieri. A tal fine, il valore medio giornaliero di C processo h assunto pari al 115% del medesimo valore fissato su base mensile. Per i valori di IPA, PCDD+PCDF i valori di C rifiuto, C processo e C devono essere espressi come valori medi riferiti a 8 ore. Per i valori dei metalli i valori di C rifiuto, C processo e C devono essere espressi come valori medi orari.

La misurazione continua di HF pur essere omessa se vengono utilizzate fasi di trattamento per HCl che garantiscono che il valore limite di emissione per lo stesso parametro HCl espresso sia come valore medio giornaliero che come valore medio su trenta minuti non venga superato. In questo caso le emissioni di HF sono soggette a misurazioni mensili. Non si deve tener conto degli agenti inquinanti e di CO che non derivano direttamente dalla combustione di rifiuti o di combustibili, come pure di CO derivante dalla combustione se:

o maggiori concentrazioni di CO nel gas di combustione sono richieste dal processo di produzione;

o il valore C rifiuti (come precedentemente definito) per le diossine e i furani è rispettato.

In ogni caso, tenuto conto dei rifiuti di cui è stato autorizzato il coincenerimento, il valore limite totale delle emissioni (C) deve essere calcolato in modo da ridurre al minimo le emissioni nell'ambiente. Per il tenore di ossigeno di riferimento h comunque fatto salvo quanto disposto all'art. 3, comma 2, del D.M. 12 luglio 1990. Per il calcolo del valore di emissione di PCDD+PCDF come diossina equivalente si fa riferimento all'allegato 1 della direttiva 94/67/CE. Il valore limite di emissione per gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA) si riferisce alla somma dei seguenti:

o Benz [a] antracene o Dibenz [a, h] antracene o Benzo [b] fluorantene o Benzo [j] fluorantene o Benzo [k] fluorantene o Benzo [a] pirene o Dibenzo [a, e] pirene o Dibenzo [a, h] pirene o Dibenzo [a, i] pirene

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o Dibenzo [a, l] pirene o Indeno [1,2,3 - cd] pirene

Fermo restando quanto disposto dalla decisione della Commissione concernente i metodi di misurazione armonizzati per la determinazione delle concentrazioni di massa di diossine e furani (C (97) 1159 def), relativamente ai metodi di campionamento, analisi e valutazione delle emissioni e per la periodicità dei controlli si applica quanto previsto nei decreti di attuazione del D.P.R. 24 maggio 1988 n. 203: Per il campionamento e le analisi caratteristiche dei rifiuti valgono i metodi di cui alle norme UNI 9903. Al fine della verifica del rispetto delle concentrazioni degli inquinanti e degli altri parametri previsti per i rifiuti solidi, il confronto va effettuato con i valori medi ottenuti statisticamente mediante determinazioni su un numero di campioni rappresentativo del lotto in esame non inferiore a cinque. Nel caso di approvvigionamento non discontinuo i valori medi si riferiscono a determinazioni effettuate su sei campioni distribuiti uniformemente nell'arco delle 24 h. Per i primi 24 mesi gli accertamenti dei limiti di emissione mediante controllo in continuo degli inquinanti sono accompagnati dall'esecuzione in parallelo di campagne analitiche con misurazioni puntuali a carico del gestore dell'impianto in accordo con l'autorità di controllo.

Il D.M. 5 febbraio 1998 tratta anche delle emissioni relative all’utilizzazione dei rifiuti non

pericolosi come combustibili o come altro mezzo per produrre energia (allegato 2,

suballegato 1).

Tipologia 1: combustibile derivato da rifiuti (CDR) [191210].

Le condizioni di esercizio degli impianti di combustione devono rispettare i seguenti valori limite alle emissioni riferiti ad un tenore di ossigeno nei fumi anidri dell'11% in volume:

o Zn (come valore medio rilevato per un periodo di campionamento di 1 h): 5 mg/Nm3 o Ossidi di azoto (come valore medio giomaliero): 200 mg/ Nm3 o PCDD+ PCDF (come diossina equivalente): 0,1 ng/ Nm3 (come valore medio rilevato per un

periodo di campionamento di 8 ore) o Idrocarburi policiclici aromatici (I.P.A.): 0,01 mg/ Nm3 (come valore medio rilevato per un

periodo di campionamento di 8 ore) o Per gli altri inquinanti si applicano i valori limite di emissione fissati nel suballegato 2 del

presente allegato.

Nel caso di impiego simultaneo in impianti industriali con combustibili autorizzati, il calore prodotto dal rifiuto non deve eccedere il 60% del calore totale prodotto dall'impianto in qualsiasi fase di funzionamento; i valori limite di emissione da applicare all'impianto devono essere calcolati come indicato nel suballegato 2.

Tipologia 2: Biogas [190699].

Le caratteristiche impianti di conversione energetica in cui è consentita l’uitlizzazione di biogas sono di seguito indicate:

a) motori fissi a combustione interna che rispettano i seguenti valori limite di emissione riferiti ad un tenore di ossigeno nei fumi anidri pari al 5% in volume:

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Polveri (valore medio rilevato per un periodo di campionamento di 1 ora) 10 mg/Nm3

HCl (valore medio rilevato per un periodo di campionamento di 1 ora) 10 mg/Nm3

Carbonio Organico Totale (valore medio rilevato per un periodo di campionamento di 1 ora)

150 mg/Nm3

HF (valore medio rilevato per un periodo di campionamento di 1 ora) 2 mg/Nm3

NOx 450 mg/Nm3

Monossido di carbonio 500 mg/Nm3

Per gli altri inquinanti si applicano i valori limite minimi di emissione fissati ai sensi dell'art. 3, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n� 203/1988 per le corrispondenti tipologie d'impianti che utilizzano combustibili gassosi. Negli impianti dedicati oltre i 6 MWt deve essere effettuato il controllo in continuo di:

o monossido di carbonio o ossidi di azoto o ossidi di zolfo

b) impianti dedicati al recupero energetico di rifiuti o impianti industriali che garantiscano in tutte le condizioni di esercizio una efficienza di combustione (CO2/CO +CO2) minima del 99.0%; - che abbiano il controllo in continuo dell'ossigeno, del monossido di carbonio e della temperatura nell'effluente gassoso; negli impianti oltre i 6 MWt controllo in continuo anche degli ossidi di azoto e degli altri inquinanti di cui al suballegato 2, paragrafo 1, lettera a) e che rispettino i valori limite di emissione fissati nel suballegato 2 del presente allegato riferiti ad un tenore di ossigeno nei fumi andri pari al 3% in volume. Non si applica il limite per le emissioni di ossido di zolfo. Il limite di Nox è fissato in 200 mg/Nm3. Nel caso di impiego simultaneo in impianti industriali con combustibili autorizzati, il calore prodotto dal rifiuto non deve eccedere il 60% del calore totale prodotto dall'impianto in qualsiasi fase di funzionamento; i valori limite di emissione da applicare all'impianto devono essere calcolati come indicato alla suballegato 3 del presente allegato.

Tipologia 3: Scarti vegetali [020103] [020107] [020301] [020303] [020304] [020701]

[020704].

Per le emissioni devono essere rispettati i valori limite di emissioni fissati nel suballegato 2 del presente allegato e i seguenti limiti con un tenore di ossigeno nei fumi anidri dell'11% in volume:

NOx (come valore medio giornaliero) 200 mg/Nm3

NOx (come valore medio orario) ove non previsto il controllo in continuo 400 mg/Nm3

Per gli impianti con potenza termica nominale inferiore a 1 MW il limite di emissione delle polveri è di 50 mg/Nm3 e il limite di emissione di CO è di 100 mg/Nm3 come valori medi giornalieri, per le attività stagionali di durata non superiore a 120 giorni il limite alle emissioni di CO è di 300 mg/Nm3. Nel caso di impiego simultaneo in impianti industriali con combustibili autorizzati, il calore prodotto dal rifiuto non deve eccedere il 60% del calore totale prodotto dall'impianto in qualsiasi fase di funzionamento; i valori limite di emissione da applicare all'impianto devono essere calcolati come indicato al suballegato 3 del presente allegato.

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Tipologia 4: Rifiuti della lavorazione del legno e affini non trattati [030101] [030105]

[030301] [150103] [170201] [200138].

Per le emissioni devono essere rispettati i valori limite di emissioni fissati nel suballegato 2 del presente allegato e i seguenti limiti con un tenore di ossigeno nei fumi anidri dell'11% in volume:

NOx (come valore medio giornaliero) 200 mg/Nm3

NOx (come valore medio orario) ove non previsto il controllo in continuo 400 mg/Nm3

Per gli impianti di potenza termica nominale inferiore a 1 MW il limite di emissione delle polveri è di 50 mg/Nm3, e il limite di emissione di CO è di 100 mg/Nm3 come valori medi giornalieri. Nel caso di impiego simultaneo in impianti industriali con combustibili autorizzati, il calore prodotto dal rifiuto non deve eccedere il 60% del calore totale prodotto dall'impianto in qualsiasi fase di funzionamento; i valori limite di emissione da applicare all'impianto devono essere calcolati come indicato al suballegato 3 del presente allegato.

Tipologia 6: Rifiuti della lavorazione del legno e affini trattati [030105] [200138].

Gli impianti per il recupero devono rispettare i seguenti valori limite alle emissioni riferiti ad un tenore di ossigeno dei fumi anidri dell'11% in volume:

NOx (come valore medio giornaliero) 200 mg/Nm3

NOx (come valore medio orario) ove non previsto il controllo in continuo 400 mg/Nm3

PCDD+PCDF (come diossina equivalente) (come valore medio rilevato per un periodo di campionamento di 8 ore)

0,1 ng/Nm3

Idrocarburi policiclici aromatici (I.P.A.) (come valore medio rilevato per un periodo di campionamento di 8 ore)

0,01 mg/Nm3

Per gli altri inquinanti si applicano i valori limite di emissione fissati nel suballegato 2 del presente allegato. Nel caso di impiego simultaneo in impianti industriali con combustibili autorizzati, il calore prodotto dal rifiuto non deve eccedere il 60% del calore totale prodotto dall'impianto in qualsiasi fase di funzionamento; i valori limite di emissione da applicare all'impianto devono essere calcolati come indicato al suballegato 3 del presente allegato.

Tipologia 7: Rifiuti della lavorazione del tabacco [020304].

Vedi tipologia 6

Tipologia 9: Scarti di pulper [030307] [030310].

Gli impianti per il recupero devono rispettare i seguenti valori limite alle emissioni riferiti ad un tenore di ossigeno nei fumi anidri dell'11% in volume:

Zn* 5 mg/Nm3

Ossidi di azoto (come valore medio giornaliero) 200 mg/Nm3

PCDD+PCDF (come diossina equivalente) (come valore medio rilevato per un periodo di campionamento di 8 ore)

0,1 ng/Nm3

Idrocarburi policiclici aromatici (I.P.A.) 0,01 mg/Nm3

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(come valore medio rilevato per un periodo di campionamento di 8 ore)

Per gli altri inquinanti si applicano i valori limite di emissione fissati nel suballegato 2 del presente allegato. *Come valore medio rilevato per un periodo di campionamento di 1 h.

Il D.Lgs.133/05, “Attuazione della direttiva 2000/76/CE - Incenerimento dei rifiuti”, così

definisce finalità e campo di applicazione:

1. Il presente decreto si applica agli impianti di incenerimento e di coincenerimento dei rifiuti e stabilisce le misure e le procedure finalizzate a prevenire e ridurre per quanto possibile gli effetti negativi dell'incenerimento e del coincenerimento dei rifiuti sull'ambiente, in particolare l'inquinamento atmosferico, del suolo, delle acque superficiali e sotterranee, nonchè i rischi per la salute umana che ne derivino. 2. Ai fini di cui al comma 1, il presente decreto disciplina: a) i valori limite di emissione degli impianti di incenerimento e di coincenerimento dei rifiuti; b) i metodi di campionamento, di analisi e di valutazione degli inquinanti derivanti dagli impianti di incenerimento e di coincenerimento dei rifiuti; c) i criteri e le norme tecniche generali riguardanti le caratteristiche costruttive e funzionali, nonchè le condizioni di esercizio degli impianti di incenerimento e di coincenerimento dei rifiuti, con particolare riferimento alle esigenze di assicurare una elevata protezione dell'ambiente contro le emissioni causate dall'incenerimento e dal coincenerimento dei rifiuti; d) i criteri temporali di adeguamento degli impianti di incenerimento e di coincenerimento di rifiuti esistenti alle disposizioni del presente decreto.

Vengono definite dal decreto le seguenti disposizioni per i forni per cemento che

coinceneriscono rifiuti :

I risultati delle misurazioni effettuate per verificare il rispetto dei valori-limite di emissione sono normalizzati alle condizioni specificate al successivo punto B), nonchè ad un tenore di ossigeno di riferimento nell'effluente gassoso secco pari al 10% in volume. Valori-limite di emissione medi giornalieri Ai fini del calcolo dei valori medi giornalieri, secondo la procedura di cui al par. C), punto 1, devono essere rilevati i valori medi su 30 minuti. Ai forni per cemento si applicano i valori-limite totali di emissione (C) come media giornaliera di seguito individuati. a) Polveri totali (1) 30 mg/m3

b) Sostanze organiche sotto forma di gas e vapori, espresse come carbonio organico totale (TOC) (2) 10 mg/m3

c) Composti inorganici del cloro sotto forma di gas o vapore, espressi come acido cloridrico (HCl) 10 mg/m3

d) Composti inorganici del fluoro sotto forma di gas o vapore, espressi come acido fluoridrico (HF) 1 mg/m3

e) Ossidi di zolfo espressi come biossido di zolfo (SO2) (2) 50 mg/m3

f) Ossidi di azoto espressi come biossido di azoto (NO2) Per gli impianti esistenti (3) 800 mg/m3

g) Ossidi di azoto espressi come biossido azoto (NO2) Per i nuovi impianti 500 mg/m3

---------- (1) Fino al 1° gennaio 2008, l'autorità competente può concedere deroghe relativamente alle polveri totali per i forni per cemento che bruciano meno di tre tonnellate/ora di rifiuti, purchè l'autorizzazione preveda un valore-limite complessivo di emissione non superiore a 50 mg/m3.

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(2) L'autorità competente può autorizzare deroghe nei casi in cui l'incenerimento dei rifiuti non dia luogo ad emissione di TOC e/o di SO2. (3) I forni per cemento funzionanti e dotati di autorizzazione conforme alla normativa vigente sono considerati impianti esistenti se iniziano a coincenerire rifiuti entro la data del 28 dicembre 2004. Fino al 1° gennaio 2008, l'autorità competente può concedere deroghe relativamente ai NOx per i forni esistenti per cemento operanti a umido o che bruciano meno di tre tonnellate/ora di rifiuti, purchè l'autorizzazione preveda un valore-limite complessivo di emissione non superiore a 1.200 mg/m3. ----------

Valori-limite di emissione medi ottenuti tramite campionamento I valori-limite totali di emissione (C) per gli inquinanti di cui all'Allegato 1, par. A), punto 3 (ottenuti tramite periodo di campionamento di 1 h) e punto 4 (ottenuti tramite periodo di campionamento di 8 h), riferiti ad un tenore di ossigeno di riferimento nell'effluente gassoso secco pari al 10% in volume, sono quelli fissati nei suddetti punti, e non sono soggetti all'applicazione della "formula di miscelazione". Valori-limite di emissione per il monossido di carbonio (CO) I valori-limite di emissione (C) di monossido di carbonio sono stabiliti dall'autorità competente.

B. Normalizzazione Condizioni di cui all'art. 9, comma 5: - temperatura 273 °K; - pressione 101,3 kPa; - gas secco; nonchè un tenore di ossigeno di riferimento nell'effluente gassoso secco stabilito o determinato in accordo a quanto previsto al precedente par. A, utilizzando la seguente formula:

nella quale: Es = concentrazione di emissione calcolata al tenore di ossigeno di riferimento; Em = concentrazione di emissione misurata; Os = tenore di ossigeno di riferimento; Om = tenore di ossigeno misurato. Se i rifiuti sono coinceneriti in una atmosfera arricchita di ossigeno, l'autorità competente può fissare un tenore di ossigeno di riferimento diverso che rifletta le speciali caratteristiche dell'incenerimento. Nel caso di coincenerimento di rifiuti pericolosi, la normalizzazione in base al tenore di ossigeno è applicata soltanto se il tenore di ossigeno misurato supera il pertinente tenore di ossigeno di riferimento. C. Metodi di campionamento, analisi e valutazione delle emissioni in atmosfera

Per le misurazioni in continuo, fermo restando quanto previsto dal D.M. 21 dicembre 1995, i valori-limite di emissione si intendono rispettati se: a) nessuno dei valori medi giornalieri supera uno qualsiasi dei pertinenti valori-limite di emissione stabiliti nel presente allegato; b) nessuno dei valori medi rilevati per i metalli pesanti, per le diossine e i furani e per gli idrocarburi policiclici aromatici supera i pertinenti valori-limite di emissione stabiliti nel presente allegato. I valori medi su 30 minuti sono determinati durante il periodo di effettivo funzionamento (esclusi i periodi di avvio e di arresto se non vengono inceneriti rifiuti) in base ai valori misurati, previa sottrazione del rispettivo valore dell'intervallo di confidenza al 95%. I valori degli intervalli di confidenza di ciascun risultato delle misurazioni effettuate, non possono eccedere le seguenti percentuali dei valori-limite di emissione riferiti alla media giornaliera: - polveri totali 30%

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- carbonio organico totale 30% - acido cloridrico 40% - acido fluoridrico 40% - biossido di zolfo 20% - ossidi di azoto, espressi come biossido di azoto 20% - monossido di carbonio 10% I valori medi giornalieri sono determinati in base ai valori medi convalidati. Per ottenere un valore medio giornaliero valido non possono essere scartati più di 5 valori medi su 30 minuti in un giorno qualsiasi a causa di disfunzioni o per ragioni di manutenzione del sistema di misurazione in continuo. Non più di 10 valori medi giornalieri all'anno possono essere scartati a causa di disfunzioni o per ragioni di manutenzione del sistema di misurazione in continuo. Per le misurazioni periodiche, la valutazione della rispondenza delle misurazioni ai valori-limite di emissione si effettua sulla base di quanto previsto dagli specifici decreti adottati ai sensi dell'art. 3, comma 2, lett. b), del D.P.R. 24 maggio 1988, n. 203, e successive modificazioni.

Inoltre, così si riporta dal D.Lgs. 152/06 “Norme in materia ambientale”, riguardo la

Prevenzione e limitazione delle emissioni in atmosfera di impianti e attività:

Titolo I 267. Campo di applicazione. 1. Il presente titolo, ai fini della prevenzione e della limitazione dell'inquinamento atmosferico, si applica agli impianti, inclusi gli impianti termici civili non disciplinati dal titolo II, ed alle attività che producono emissioni in atmosfera e stabilisce i valori di emissione, le prescrizioni, i metodi di campionamento e di analisi delle emissioni ed i criteri per la valutazione della conformità dei valori misurati ai valori limite. 2. Sono esclusi dal campo di applicazione della parte quinta del presente decreto gli impianti disciplinati dal decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133, recante attuazione della direttiva 2000 /76 / CE in materia di incenerimento dei rifiuti. 3. Resta fermo, per gli impianti sottoposti ad autorizzazione integrata ambientale, quanto previsto dal decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59; per tali impianti l'autorizzazione integrata ambientale sostituisce l'autorizzazione alle emissioni prevista dal presente titolo.

Si rimanda poi alla consultazione dell’intero testo del decreto per quanto riguarda le

specifiche modalità di monitoraggio ed i limiti dei principali parametri.

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3. Analisi della letteratura

Il recupero di materia e energia dai rifiuti all’interno del processo produttivo del cemento

è ormai consolidato ed ampiamente diffuso a livello inernazionale, seguendo una filosofia

finalizzata ad una corretta gestione dei rifiuti.

In letteratura è possibile trovare recenti pubblicazioni riguardo entrambe le procedure di

recupero.

3.1. Tipologie di rifiuti impiegati

3.1.1. Combustibili

Nel 2003 E. Mokrzycki et al. hanno pubblicato un articolo sull’uso dei combustibili

alternativi nell’industria polacca del cemento: l’incenerimento di combustibili alternativi

negli impianti di produzione di cemento appare un metodo sicuro per l’utilizzo di rifiuti,

“environmentally friendly” e proficuo per gli impianti industriali.

I comustibili alternativi, composti da mix di diversi rifiuti, industriali, municipali e

pericolosi, necessitano di un appropriato contenuto chimico-energetico che dipende dal

tipo di componenti e dal loro contenuto organico. Un’industria particolarmente ben

adattabile all’impiego di combustibili alternativi è quella del cemento, per numerosi

fattori, fra cui le alte temperature sviluppate, l’appropriata lunghezza del forno, l’elevato

tempo di permanenza e l’ambiente alcalino nel forno. Ci sono vari paesi che utilizzano

negli impianti per la produzione di cemento i propri combustibili alternativi, che hanno

differenti nomi commerciali e differiscono per quantità e qualità dei rifiuti municipali ed

industriali selezionati. I combustibili usati dovrebbero avere i seguenti requisiti minimi:

adeguato potere calorifico inferiore, contenuto minimo di umidità, contenuto minimo di

metalli pesanti e tossici. Gli impianti per la produzione del cemento in Polonia utilizzano

combustibili alternativi. All’interno del Gruppo Lafarge, gli impianti appartenenti a Lafarge

Poland Ltd hanno iniziato attività tese a promuovere il più ampio uso di combustibili

alternativi. Esiste una gamma di rifiuti che possono essere inceneriti come combustibili

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negli impianti di produzione di cemento, tra cui: frazioni combustibili selezionate di rifiuti

urbani, scarti liquidi derivanti dal petrolio greggio, pneumatici, scarti derivanti dalla

produzione di colori e vernici, medicinali scaduti dall’industria farmaceutica ed altri.

Pneumatici

Un articolo di Y. Nakajima e M. Matsuyuki (1981) fa riferimento ad una collaborazione, in

Giappone, tra Nihon Cement Co. Ltd. e Bridgeston Tire Co. Ltd., per lo sviluppo di una

tecnica per utilizzare i pneumatici fuori-uso come combustibile ausiliario per la

produzione di cemento. Il sistema ha così soddisfatto il bisogno dell’industria dei

pneumatici di smaltire in maniera economica un gran numero di gomme usate senza

causare inquinamento ed il bisogno dell’industria del cemento di ridurre la quantità di

combustibile usato. Qui di seguito sono riportati analisi chimiche, potere calorifico, curva

di combustione dei pneumatici.

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L’utilizzo di pneumatici viene presentato come vantaggioso per i seguenti motivi:

a. il processo di combustione nei cementifici è un sistema chiuso in cui la

polvere rimossa dai gas esausti da un precipitatore elettrostatico viene

recuperata per rialimentare il processo. Perciò, le ceneri non fuoriescono dal

sistema; inoltre, lo zolfo contenuto nelle gomme viene assorbito dalle

materie prime edl cemento e non porta alla formazione di SOX;

b. le temperature all’interno del processo raggiungono massimi di 1800°C nel

gas di combustione e circa 1500°C nel clinker. Di conseguenza, i pneumatici

alimentati al forno bruciano completamente in breve tempo;

c. il pneumatico è composto da gomma, nerofumo, zolfo ed acciaio. L’acciaio,

che non è una frazione combustibile, verrà ossidato e trasformato in uno dei

componenti del cemento.

Nel 2004 A. Corti e L. Lombardi hanno pubblicato un articolo sullo studio del fine-vita dei

pneumatici.

Un approccio Life Cycle Assessment (LCA) è stato utilizzato per confrontare differenti

processi di trattamento fine-vita di pneumatici usati: combustione in un processo

convenzionale waste-to-energy (WtE); sostituzione di combustibile convenzionale nel

processo di produzione del cemento e due differenti ipotesi di riutilizzo come materiale di

riempimento basati su un processo di polverizzazione criogenica (CPP) o su un processo

di polverizzazione meccanica (MPP).

L’analisi mostra che la sostituzione di combustibile nella produzione di cemento e l’utilizzo

in processi WtE portano ad interessanti risultati in termini di effetti evitati, principalmente

grazie all’evitato utilizzo di combustibili convenzionali. Tra queste due alternative, un

migliore risultato viene ottenuto con la sostituzione di combustibile nel processo di

produzione del cemento. CPP e MPP, per il riutilizzo come materiali di riepimento,

mostrano peggiori risultati in termini di impatto ambientale rispetto alle altre alternative,

dovuti all’alto consumo energetico relativo al processo di polverizzazione.

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RDF

Nel 1977 J. Dorn ha pubblicato un articolo relativo all’utilizzo di rifiuti nell’industria del

cemento. L’autore rileva problemi legati al trasporto ed allo stoccaggio ed al fatto che il

10% di umidità del materiale influisce sull’efficienza del forno. In aggiunta, l’autore

sottolinea come la presenza di HCl proveniente dai materiali contenenti PVC può produrre

composti a bassa temperatura di fusione che incrostano il forno, con i relativi problemi di

aumento della velocità dei fumi (ndr).

Un articolo di C.A.C. Haley del 1990 indica la discarica come il metodo principale, a livello

mondiale, di smaltimento di rifiuti solidi urbani. Nonostante ciò, la crescente

preoccupazione per l’ambiente, in particolare la possibilità di contaminazione delle falde

acquifere sotterranee, ha portato all’applicazione di standard sempre più elevati, facendo

perciò crescere il costo delle operazioni di messa in discarica, in alcuni casi di entità

davvero marcata. Di conseguenza, in alcuni paesi sono state studiate tecniche alternative

per l’uso di una parte del rifiuto, minimizzando così il ricorso allo smaltimento in

discariche ed, allo stesso tempo, per ottenere miglioramenti dal punto di vista

ambientale. Una di queste tecniche è l’utilizzo della frazione combustibile del rifiuto, o per

la produzione diretta di vapore o elettricità, o per la produzione e vendita di combustibile

solido in forma di fluff o pellet. In questo articolo vengono analizzati questi processi.

Esempi di successo di impianti commerciali sono selezionati e discussi nel campo di

inceneritori municipali, produzione di fluff per uso come combustibile nell’industria del

cemento, e produzione integrata di pellet di combustibile da rifiuto (Refuse Derived Fuel,

d-RDF) per la vendita in applicazioni industriali e commerciali. Vengono suggeriti criteri

per mezzo dei quali la realizzabilità di un tale progetto in una particolare zona possa

essere valutata su base preliminare. L’incenerimento dei rifiuti può dunque rappresentare

una tecnica praticabile e proficua dal punto di vista ambientale per lo smaltimento di

elevate quantità di rifiuti ed allo stesso tempo il recupero dell’energia intrinseca. Un

primo fattore di valutazione è il potere calorifico del rifiuto disponibile; un altro è la

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quantità disponibile per il trattamento. La variabilità in qualità o quantità (o entrambi)

può comportare problemi. L’autore afferma che la concentrazione di alcuni metalli

influenza il quantitativo di RDF impiegabile nei forni da cemento. Alcuni problemi si

riscontrano per la presenza di cloro nell’RDF in quanto si formano sostanze incrostanti il

forno. Per ovviare a tale problema occorre effettuare by-pass nel ricircolo delle sostanze

volatili nel forno. Ulteriori problemi sono prodotti a causa del basso potere calorifico e

dell’elevata umidità che aumentano il volume dei gas di combustione. I vantaggi

evidenziati riguardano il risparmio energetico ed il fatto che la tecnica è “environmentally

sound”, in quanto la temperatura del forno è elevata ed i residui vengono inglobati nel

clinker.

Nel 1993 F.C. Lockwood ha pubblicato un articolo sulla combustione di combustibile da

rifiuto (Refuse Derived Fuel, RDF) in un forno rotativo da cemento.

Nei forni da cemento, la combustione ha luogo a temperature di fiamma molto alte e con

tempi di permanenza dei gas di combustione relativamente lunghi. Queste condizioni

sono favorevoli per bruciare dei rifiuti. Lo scopo di questo studio è di analizzare gli effetti

della combustione sulle emissioni di inquinanti. Basandosi su considerazioni tecniche ed

ambientali, l’analisi della combustione di RDF in un forno da cemento mostra che

nessuna tecnologia speciale deve essere installata oltre al sistema di gestione del RDF,

ma esiste un limite massimo di consumo totale di combustibile (non più del 30%) per

bruciare RDF.

Nel 2008 G. Genon e E. Brizio hanno pubblicato un articolo su prospettive e limiti per

forni da cemento come destinazione per RDF.

L’RDF, la frazione ad alto potere calorifico del MSW (Munical Solid Waste) ottenuto da

sistemi di separazione convenzionali, può essere impiegato in impianti tecnologici

(principalmente forni da cemento) al fine di ottenere un recupero di energia utile. È

interessante ed importante valutare questa possibilità all’interno dell’ambito generale

delle soluzioni waste-to-energy. La soluzione deve essere valutata sulla base di differenti

aspetti, e precisamente: aspetti tecnologici e caratteristiche del clinker; inquinamento

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atmosferico locale; gli effetti dell’RDF utilizzato in forni da cemento sulla generazioni di

gas serra; l’economia della sostituzione dei combustibili solidi convenzionali e prospettive

di progettazione, dal punto di vista della destinazione dell’RDF e dell’ottimizzazione del

forno. Differenti esperienze su questo tema nel contesto europeo sono state prese in

analisi, oltre ad alcune applicazioni in Italia.

Tappeti e moquettes

Nel 2004 P. Lemieux et al hanno pubblicato un articolo sullo studio delle emissioni dalla

co-combustione di tappeti nei forni rotativi.

I tappeti e le moquettes fuori-uso rappresentano un flusso di rifiuto di alto volume e di

alto contenuto energetico. Come co-combustibile per forni da cemento, i tappeti, come i

pneumatici fuori-uso, presentano potenziali vantaggi. Le sfide tecnologiche da impostare

includono la valutazione delle emissioni potenziali, in particolare quelle di NO (dai tappeti

di fibra di nylon), e l’ottimizzazione del sistema di alimentazione dei tappeti.

Solventi

Nel 2005 C. Seyler et al hanno pubblicato un articolo sul Life Cycle Inventory per l’uso di

solventi di rifiuto come combustibili alternativi nell’industria del cemento.

L’industria chimica svizzera produce grandi quantità di solventi organici di rifiuto, alcuni

dei quali non possono essere recuperati. Una comune opzione per il trattamento di questi

solventi organici è l’incenerimento; in alternativa, possono essere usati come combustibili

nella produzione di cemento. Da una parte, la combustione nei forni da cemento implica

un risparmio di combustibili fossili come carbone ed olio combustibile; dall’altra, anche le

emissioni possono cambiare. Questi cambiamenti possono avere un impatto ecologico

netto sia negativo che positivo, a seconda della natura chimica del solvente utilizzato. Lo

scopo dello studio era di sviluppare un modello di allocazione multi-input, che permetta di

realizzare LCI per solventi specifici.

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I risultati mostrano che l’incenerimento dei solventi nei forni da cemento generalmente

riduce l’impatto globale della produzione di clinker in quanto vengono sostituiti i

combustibili fossili. Un’analisi di sensitività ha rivelato che il modello è particolarmente

sensibile al “fuel mix” ed alle proprietà come potere calorifico inferiore e contenuto di

carbonio e azoto.

3.1.2. Materie prime

Nel 1999 A. Monshi e M.K. Asgarani hanno pubblicato un articolo sulla produzione di

cemento Portland da scorie di ferro/acciaio e calcare.

Le scorie da altoforno dopo separazione magnetica sono state miscelate con calcare

usando 6 differenti composizioni. I materiali ottenuti sono stati bruciati in un forno pilota

a 1350 °C per un’ora. Il clinker è stato raffreddato, triturato, mescolato con un 3% di

gesso, e portato a una finezza di oltre 3300 cm2/g.

Nel 2000 N. Ay e M. Ünal hanno pubblicato un articolo sull’utilizzo di piastrelle ceramiche

di scarto nella produzione di cemento.

Nella produzione di piastrelle, per varie ragioni, si crea un accumulo di prodotti invenduti:

le piastrelle di scarto, di cui solo una piccola parte viene utilizzata. Se queste venissero

utilizzate nella produzione di cemento, si otterrebbe una diminuzione dell’inquinamento

che esse provocherebbero. In questo studio, è stato analizzato l’uso delle piastrelle di

scarto come pozzolana: sono state così aggiunte al cemento Portland nei rapporti di peso

del 25%, 30%, 35% e 40%.

Nel 2000 e nel 2001 T. Shimoda et al. hanno pubblicato una serie di articoli sull’Eco-

Cemento, sviluppato in Giappone per sostituire almeno il 50% delle materie prime con

ceneri da inceneritore urbano o altri rifiuti come ad esempio i fanghi fognari.

Lo sviluppo dell’Eco-Cemento ha coinvolto la NEDO (New Energy Development

Organization), un’organizzazione del Ministero del Commercio e dell’Industria. I risultati

dello studio dimostrano che un Eco-Cemento di tipo Portland può essere impiegato

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esattamente per gli stessi calcestruzzi per i quali si impiega un normale cemento Portland

(NCP), mentre un Eco-cemento a rapido indurimento, contenente un alto contenuto di

cloruro (1%), può essere impiegato impiegato nella produzione di blocchi, massetti

autobloccanti, pannelli in legno-cemento, ecc. In questi casi il tempo di presa può essere

regolato impiegando un additivo ritardante o aggiungendo loppa d'altoforno; la più

interessante applicazione dell'Eco-cemento a rapido indurimento è quella destinata al

consolidamento di terreni bagnati, zone paludose ed altri terreni cedevoli

Nel 2002 R. Boncukcuoğlu et al hanno pubblicato un articolo sull’utilizzo di scarti da vagli

rotativi come additivi nella produzione di cemento Portland.

In Turchia ogni anno vengono prodotte dall’industria del boro grandi quantità di rifiuti

industriali, che presentano problemi sia di smaltimento sia sanitari. I rifiuti come fanghi di

borace, scarti da concentrazione e scarti da vagli rotativi (TSW) contengono impurità che

accelerano la normale presa e indurimento dei materiali da costruzioni da loro prodotti .

In questo studio, lo scopo era quello di stabilizzare i TSW prodotti durante la produzione

di borace.

Nel 2005 P.H. Shih et al hanno pubblicato un articolo sul riutilizzo di fanghi contenenti

metalli pesanti nella produzione di cemento.

È stata studiata la reale applicabilità della sostituzione di materie prime nel processo di

produzione del cemento con fanghi contenenti metalli pesanti da finitura superficiale ed

industria galvanoplastica.

Nel 2005 K.L. Lin e C.Y. Lin hanno pubblicato un articolo sulle caratteristiche di

idratazione di cenere da fango di rifiuto utilizzata come materia prima per il cemento.

Nel 2005 E. Sakai et al hanno pubblicato un articolo sull’idratazione del cemento

contentente ceneri volanti.

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In questo studio è stato preso in considerazione l’utilizzo di ceneri volanti come aggiunta

al cemento invece che il loro smaltimento come rifiuto. Il cemento tagliato con ceneri

volanti inoltre risponde all’esigenza di ridurre la generazione di CO2.

Nel 2006 A.S. de Vargas et al hanno pubblicato un articolo sull’uso della polvere da forno

ad arco elettrico (EAFD) nelle paste di cemento Portland I (MP) Pozzolan-modified.

L’uso dell’EAFD nelle costruzioni civili non è comune. Nei paesi dove questo scarto è

raccolto, viene usato nei processi di recupero di metalli pesanti.

In questo studio sono state analizzate paste di cemento con differente contenuto di

EAFD.

Nel 2006 R. Navia et al hanno pubblicato un articolo sul Life Cycle Assessment del riciclo

di terreno contaminato come materia prima alternativa nell’industria del cemento.

Il terreno vulcanico può essere usato per rimuovere metalli dalle acque di scarico. Una

volta usato, viene depositato in discarica. L’utilizzo di questo materiale nell’industria del

cemento come materia prima è stato valutato usando una metodologia Life Cycle

Assessment (LCA). Questa possibilità è stata studiata da un punto di vista ambientale in

un’industria cementiera cilena, rappresentativa dello stato dell’arte dell’operazione

corrente, comprendendo analisi sia tecniche che economiche. Sono stati confrontati due

scenari: Scenario 1, che corrisponde al processo di produzione esistente, e Scenario 2,

che rappresenta la produzione usando terreno vulcanico spento. Con l’eccezione delle

categorie di carcinogenici e minerali, i risultati del confronto sono favorevoli allo Scenario

2, specialmente per quanto riguarda la categoria dell’ecotossicità, principalmente per

effetto delle emissioni evitate della messa in discarica del terreno vulcanico.

Considerando la valutazione dei danni, quelli a salute umana, qualità dell’ecosistema, e

risorse sono inferiori nello Scenario 2. Inoltre, le analisi di sensitività sono state

effettuate per studiare l’influenza di particolari parametri (ad esempio, trasporto di

terreno vulcanico spento, emissioni di CO2 dal processo di produzione di clinker e metalli

pesanti dalla percolazione) sui risultati della valutazione. L’uso di materie prime

alternative (in questo caso, terreno vulcanico spento), che presentino il vantaggio di

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essere rifiuti di altri sistemi tecnologici, sembra indirizzare lo sviluppo della produzione

del cemento verso una strada più sostenibile, migliorando l’economia del processo.

Nel 2007 S. Kourounis et al hanno pubblicato un articolo sulle proprietà e l’idratazione di

cementi tagliati con scorie di acciaieria.

Per questo studio, sono stati testati un campione di riferimento e tre cementi contenenti

fino al 45% in volume di scoria. La frazione di scoria usata era la “0-5 mm”, per il suo

alto contenuto di silicati di calcio.

3.1.3. Contributo sia energetico che minerale

Nel 2005 K. Gäbel e A.M. Tillman hanno pubblicato un articolo sulla simulazione di

alternative operazionali per la produzione futura di cemento.

Per supportare decisioni sulle opzioni di sviluppo di prodotto e processo e pianificazioni

strategiche, sono necessarie informazioni sulle conseguenze dei cambiamenti pianificati.

A questo scopo è stato sviluppato un modello flessibile per la produzione di cemento. Il

modello predice le performance ambientali, produttive ed economiche in un’ottica “life

cycle”, simulando diverse alternative operative. Sono state analizzate interessanti

alternative operative future, come l’incremento dell’uso di sottoprodotti industriali e rifiuti

come materie prime e combustibili. Vengono discussi i risultati, ad esempio le

conseguenze delle opzioni di potenziale sviluppo da una prospettiva “life cycle”.

Un incremento dell’uso di materiale di recupero e combustibile alternativo sostituisce il

consumo di risorse. L’impatto del trasporto di questi ultimi aumenta ovviamente con

l’utilizzo; comunque, i benefici ambientali dell’incrementato utilizzo sono ben più grandi

dell’utilizzo di risorse e delle emissioni in aria associate all’incremento della fase

trasporto.

Nel 2005 M.A. Trezza e A.N. Scian hanno pubblicato un articolo sull’effetto dei

combustibili da rifiuto sul clinker del cemento Portland.

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Diversi tipi di rifiuti industriali sono sempre più utilizzati nel processo di produzione del

clinker dell’industria del cemento, al fine di trarre vantaggio dal loro contenuto energetico

o di confinare sostanze indesiderate. Questo studio analizza le caratteristiche chimico-

fisiche dei clinker ottenuti incorporando tre differenti rifiuti in differenti proporzioni: due

di essi con funzione energetica – combustibile da rifiuto con marchio registrato e coke di

petrolio – ed il terzo da confinare – carbone da pirolisi. Confrontati con quelli tradizionali,

i clinker prodotti non presentano caratteristiche significativamente alterate.

Nel 2007 B. Boughton ha pubblicato un articolo sulla valutazione di residui da

demolizione come “feedstock” per la produzione di cemento.

Il cosiddetto “shredder residue” (SR) è costituito da vetro, gomma, plastica, fibre e

materiali fini che rimangono dopo la rimozione dei metalli ferrosi e non ferrosi dal

processo di demolizione di automobili, elettrodomestici e rottami ferrosi.

L’obiettivo dello studio era identificare i parametri di qualità necessari per l’utilizzo nei

forni e quindi valutare i mezzi meccanici necessari per rendere l’SR un materiale

accettabile come carbone o sostituenti minerali.

Separare l’SR in frazioni dall’alto contenuto energetico e minerale può tradursi in un

considerevole risparmio di combustibile e di materie prime.

Tecniche di separazione per densità comunemente usate dagli sminuzzatori nel passato

sono stati testati per separare gomma e plastica dai non combustibili e contaminanti (ad

esempio PVC e fili di rame). Una frazione di circa il 30% dell’SR totale ha caratteristiche

combustibili che rispecchiano quelle del carbone. Comunque, i rimanenti livelli di

componenti potenzialmente problematici (ad esempio cloro totale e metalli pesanti)

possono limitare l’uso ad una quota di aggiunta relativamente bassa per alcuni forni. I

risultati del progetto hanno mostrato che i sistemi di separazione comunemente

disponibili dovrebbero produrre un accettabile contributo supplementare di combustibile.

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3.2. Livelli di emissione e monitoraggio

Pneumatici

1981 Y. Nakajima e M. Matsuyuki: Poiché il contenuto di zolfo ed azoto nei pneumatici è

di scarsa entità, anche il il contenuto di SOX e NOX nel gas esausto all’uscita del

depolverizzatore non è di entità tale da presentare problemi. Comunemente, esiste l’idea

che bruciare pneumatici possa causare fumo nero e odori molesti, ma, poiché questi

vengono bruciati completamente alle alte temperature del forno, questi non possono

essere rilevati neppure da analisi strumentali.

RDF

1993 F.C. Lockwood: Non si riscontra alcun incremento nei livelli di emissione di

inquinanti gassosi (compresi gas acidi, diossine, furani, ecc), in un forno rotativo da

cemento. Ciò è confermato dal fatto che la presenza di diossine e furani nelle emissioni è

di un ordine di grandezza inferiore a quella che si riscontra negli inceneritori nel caso di

presenza di PCB (bifenili policlorurati) nel combustibile alternativo. Inoltre, siccome il

contenuto di azoto e di zolfo nell’RDF è inferiore a quello che si può riscontrare nel

carbone, si può affermare che NOX e SOX nelle emissioni siano inferiori rispetto all’utilizzo

del combustibile fossile tradizionale.

2003 E. Mokrzycki: Nel caso polacco si può esaminare il confronto tra le emissioni

dell’impianto di Malogoszcz, misurate sia in caso di uso e non di combustibile alternativo

(da rifiuto, “PASi”). Si può così notare ad esempio che con l’utilizzo di PASi aumentano le

emissioni di HCl (il PASi presenta un contenuto medio di cloro di circa 0,25%): la

concentrazione emessa, 10% O2, risulta circa raddoppiata. Rimangono invece pressoché

invariate quelle di metalli pesanti. Stesso discorso per quanto riguarda SO2, NOX, mentre

un aumento di circa il 40% viene registrato per le concentrazioni di CO. Purtoppo manca

il dato relativo alla percentuale di sostituzione calorica a cui si riferiscono questi dati, per

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quanto venga riportato che l’impianto ha ricevuto l’autorizzazione per una percentuale

fino al 40%.

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2008 G. Genon E. Brizio: Lo studio riporta una simulazione dell’effetto dell’uso di RDF in

luogo di carbone e pet-coke (ipotesi 50% di sostituzione calorica) sulle emissioni di un

forno da cemento. La tabella e la figura qui sotto riportate mostrano che la sostituzione

del pet-coke porta un impatto negativo sulle emissioni di metalli pesanti, in particolare di

mercurio, mentre ci si può generalmente aspettare un effetto positivo se RDF viene

utilizzato in sostituzione al carbone. Ad ogni modo, tutti i valori previsti da questa

simulazione rispettano i limiti emissivi esistenti.

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È comunque importante ricordare che la composizione del RDF può essere alquanto

variabile, e differenti concentrazioni possono portare a differenti conclusioni. La conferma

si ritrova per esempio dai differenti risultati provenienti dalla simulazione a partire dai

dati delll’associazione cementiera tedesca (VDZ), sotto riportati, in cui appare evidente

che l’uso di combustibili alternativi può fortemente peggiorare le emissioni di metalli

pesanti, spingendoli pericolosamente verso i limiti.

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Sono inoltre riportati i risultati di uno studio (SINTEF, 2004) riguardanti la possibile

formazione di diossine, con le seguenti affermazioni:

o non si trova correlazione tra emissioni di diossine e tipo di materiale combustibile

alternativo usato;

o la formazione di diossine può avvenire in una finestra termica tra 250 e 450°C ,

zone che si ritrovano nei sistemi di raffreddamento dei fumi prima del separatore

finale dei fumi;

o i potenziali precursori rilasciati dal materiale combustibile introdotto nella zona di

pre-calcinazione possono reagire con il cloro non trattenuto nella matrice alcalina

del clinker, in presenza dei catalizzatori metallici presenti nelle polveri trasportate,

dando luogo ad emissioni di diossine quando la sintesi avviene di nuovo;

o mentre le concentrazioni di diossina sono, nella maggior parte dei casi, inferiori a

0.1 ng/Nm3, sono possibili concentrazioni di PCB almeno 1000 volte più alte. In

questo senso, costituiscono una significativa fonte di precursori capaci di generare

micro-inquinanti quando le condizioni cinetiche lo permettono.

Infine, la pubblicazione riporta un caso-studio nella provincia di Cuneo, dove la

sostituzione avveniva in due forni dell’impianto (24,5 e 7%), mediante RDF-P.

Confrontando le emissioni con quelle del terzo forno dello stesso impianto, che

utilizzava solo carbone, si può facilmente notare che il co-incenerimento non sembra

influenzare la qualità delle emissioni, almeno dal punto di vista dei macro-inquinanti

(NOX, SOX, VOC, CO e polveri), come rappresentato dalla tabella sottostante.

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In conclusione, le principali risultanze dello studio mostrano che l’uso dell’RDF nei forni

da cemento in sostituzione di carbone o coke offre benefici ambientali in termini di gas

serra, mentre la formazione di inquinanti gassosi convenzionali non è un aspetto critico.

In realtà, è possibile che la generazione di ossidi di azoto sia inferiore a causa delle

minori temperatura di fiamma o del minore eccesso d’aria. La presenza di micro-

inquinanti clorurati non è influenzata dalla presenza di RDF nel combustibile, mentre a

seconda della qualità dell’RDF, alcuni problemi potrebbero sorgere rispetto al

combustibile sostituito se sono presenti metalli pesanti, specialmente quelli più volatili.

Tappeti e moquettes

2004 P. Lemieux: I risultati degli esperimenti di un forno rotativo pilota hanno dimostrato

il potenziale per l’uso di tappeti fuori-uso come combustibile per l’industria del cemento.

L’alimentazione di fibra di tappeto a percentuali fino al 30% dell’input energetico totale

ha causato una combustione senza scoppi transitori e quasi senza aumento di CO ed altri

prodotti di combustione incompleta rispetto a forni alimentati a solo gas naturale. Le

emissioni di NO sono aumentate con la combustione di tappeti per effetto del contenuto

azotato della fibra di nylon. In questi esperimenti, la conversione dell’azoto contenuto

nelle fibre di tappeto a NO variava dal 3% all’8%. La conversione cresce con il migliorato

mescolamento di materiale ed aria durante la combustione. La preparazione dei tappeti

ed il metodo di alimentazione sono fattori controllanti per la conversione dell’azoto.

Gli esperimenti effettuati nel Rotary Kiln Incinerator Simulator (RKIS) dell’EPA, ossia in

scala pilota, permettono l’analisi della co-combustione di tappeti di rifiuto nei forni

rotativi, con percentuali di sostituzione fino al 30%. Risulta che le emissioni dei prodotti

della combustione incompleta, quali CO, THCs, VOCs e PAHs cambiano ben poco con

l’uso di combustibile alternativo e gas naturale. Per esempio, con l’alimentazione di

tappeti, la concentrazione media di CO registra un incremento medio di 1,4 ppm e quella

di PAH di 2,5 µg/m3. Non sono state poi osservate emissioni di mercurio, un potenziale

inquinante in tappeti e moquettes fuori-uso. Le emissioni di NO invece sembrano

crescere con l’utilizzo di tappeti, per via del contenuto azotato della fibra di nylon. In

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questi esperimenti con fibre sminuzzate la conversione dell’azoto del tappeto a NO si

muove tra il 3 e l’8%, e cresce con il miglior mescolamento di materiale ed aria durante

la combustione. La preparazione del matriale ed il metodo di alimentazione risultano

fattori controllanti nella conversione dell’azoto del combustibile: l’uso di tappeti interi o

grandi frammenti dovrebbero essere futuro oggetto di test per valutarne gli effetti. L’uso

di materiale di maggior pezzatura dovrebbe verosimilmente risultare in minori emissioni

di NO, ma anche in quantità di gas incombusto per la rapida volatilizzazione del

materiale.

Emissioni da utilizzo di combustibili ausiliari - analisi statistica

Nel 2003 M. Prisciandaro et al. hanno pubblicato un articolo sugli effetti dell’uso di

combustibili ausiliari da rifiuto sulle emissioni inquinanti come analisi statistica di dati di

processo.

Quest’articolo mostra come alcuni strumenti statistici possono essere applicati all’analisi

di processo di dati reali di impianto, ad esempio nel processo di produzione di clinker con

l’uso di combustibili alternativi (pneumatici sminuzzati ed olii usati) nei forni di due

differenti impianti. Sono stati impiegati test t-Student, modelli di regressione lineare ed

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analisi fattoriali per valutare gli effetti sulle emissioni al camino dell’alimentazione di

questi combustibili alternativi. Inoltre è stato ottenuto un grande miglioramento nella

conoscenza del processo grazie all’analisi statistica dei dati di processo che molto spesso

presentano un elevato livello di correlazione con le variabili di processo.

I risultati sperimentali analizzati statisticamente hanno mostrato risposte incoraggianti,

se meno del 20% di combustibilie convenzionale è sostituito con uno alternativo le

caratteristiche del clinker rimangono immutate, e le emissioni al camino (principalmente

NOX, SO2 e CO) sono, nel caso dei pneumatici, lievemente incrementate, rimanendo

quasi sempre sotto i limiti imposti dalla legge. Nel caso degli olii usati, le emissioni di gas

inquinanti risultano addirittura diminuite. Sono state anche ottenute alcune equazioni

empiriche che legano le emissioni al camino ad alcuni dati di processo, per poter essere

usate con scopi di analisi di processo.

Sono stati presi in considerazione due impianti, presso Bergamo e Matera. Il primo caso

(plant 1) permette di notare gli effetti dell’uso integrato di pneumatici, il secondo (plant

2) quelli dell’uso di “ECOFLUID”, un mix di differenti olii organici usati.

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Contributo sia energetico che minerale

2005 K. Gäbel e A.M. Tillman (LCA): Da un’ottica “life-cycle”, e simulazioni effettuate

mostrano inoltre che le emissioni di CO2, NOX, SO2, CO, VOC, CH4 e polveri può essere

ridotta tra il 30% e l’80% a seconda dell’uso di materiale da recupero e combustibile

alternativo.

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3.3. Influenza sulla qualità del prodotto finale

3.3.1. Combustibili

Pneumatici

1981 Y. Nakajima e M. Matsuyuki: Poiché i pneumatici non contengono componenti

dannosi per la qualità del cemento, non si riscontra cambiamento nella qualità del

cemento causato dall’alimentazione di pneumatici, come provato da lunga esperienza nel

controllo della qualità del prodotto. I residui di combustione di gomma e cemento non

sono ritrovati nel cemento finito.

Nel 2005 P. Pipilikaki et al. hanno pubblicato un articolo sull’uso del combustibile da

pneumatici (Tire Derived Fuel, TDF) nei forni da clinker.

Vengono stabiliti i prerequisiti per usare il TDF come combustibile supplementare per la

produzione di clinker. A questo proposito sono state effettuate misure usando differenti

analisi analitiche qualitative quali diffrazione a raggi X (XRD), fluorescenza a raggi X

(XRF), microscopia ottica in due serie di campioni di crudo mescolato, clinker e

combustibile con e senza uso di TDF. Inoltre, è stata misurata la resistenza a

compressione del cemento CEM I-52.5 prodotto. In questo studio specifico il TDF era il

6% del combustibile totale utilizzato. È stato concluso che non si verificano apparenti

problemi conseguenti all’uso di TDF come combustibile supplementare nei forni da

clinker.

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RDF

1977 J. Dorn: Una problematica rilevata dall’autore riguarda la presenza di metalli

pesanti nell’RDF, che possono ritrovarsi nel clinker come calcolato nella tabella qui sotto

riportata.

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1990 C.A.C. Haley: L’impiego di RDF come combustibile integrativo (300000 tonnellate)

nell’impianto studiato di Westbury non ha avuto effetti deleteri su 3 milioni di tonnellate

di cemento prodotto.

1993 F.C. Lockwood: La presenza di metalli pesanti nel prodotto finale è molto variabile

in quanto la loro concentrazione nell’RDF è molto variabile. Tuttavia, il pericolo

ambientale di una lisciviazione si è dimostrato inconsistente a seguito di uno studio

sperimentale condotto dalla Portland Cement Association (PCA). Inoltre, anche

impiegando il 50% di RDF come combustibile, non sono state riscontrate differenze nelle

proprietà chimiche e fisiche né nel prodotto clinker né nel cemento o calcestruzzo.

3.3.2. Materie prime

1999 A. Monshi e M.K. Asgarani (scorie di ferro ed acciaio e calcare): Sono stati misurati

tempi di presa, consistenza della pasta standard, calce viva libera e resistenze a

compressione e frattura dopo 3, 7 e 28 giorni. Campioni con più alto fattore di

saturazione da calce hanno sviluppato un contenuto maggiore in C3S e migliori proprietà

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meccaniche. Miscelare un extra del 10% di scoria ferrosa in un cemento composto dal

49% di scoria ferrosa, 43% di calce calcinata e 8% di scoria di acciaio ha mantenuto la

resistenza a compressione sotto i valori standard per il cemento Portland ordinario di tipo

I.

2000 N. Ay e M. Ünal (piastrelle ceramiche di scarto): Sono stati presi in considerazione

le proprietà pozzolaniche delle piastrelle e tempo di presa, stabilità volumetrica,

dimensioni delle particelle, densità, area superficiale specifica e resistenza del cemento

così realizzato. I risultati dei test hanno indicato che le piastrelle di scarto mostrano

proprietà pozzolaniche, e le proprietà chimico-fisiche del cemento prodotto sono conformi

agli standard per il cemento fino ad un’aggiunta di piastrelle del 35%.

2000-2001 T. Shimoda et al. (Eco-Cemento - ceneri da inceneritore): Sono stati previsti

due tipi di Eco-Cemento: un cemento di tipo Portland ed un cemento del tipo a rapido

indurimento, le cui composizioni chimiche e mineralogiche sono qui di seguito riportate.

Dall’analisi delle proprietà fisiche, risulta che l’Eco-Cemento di tipo Portland presenta

circa le stesse prestazioni meccaniche del normale Cemento Portland (NCP). L’Eco-

Cemento a rapido indurimento si distingue soprattutto per il tempo di presa molto breve

(circa 10 minuti) ed il rapido sviluppo delle resistenze meccaniche alle satgionature

brevissime (3-6 ore) e brevi (1-3 giorni). Inoltre, le prove di lisciviazione dei metalli

pesanti su malte di Eco-Cemento, eseguite secondo i procedimenti JEPA (Japanese

Environment Protection Agency), indicano che le quantità di metalli pesanti lisciviabili

sono nettamente al di sotto dei valori standard previsti.

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COMPOSIZIONE CHIMICA

Tipo di cemento Eco-cemento

Portland Eco-cemento

a rapido indurimento Cemento Portland

Normale (NPC)

p.a.f. 0.6 % 0.8 % 0.6 %

SiO2 19.1 % 15.5 % 22.2 %

Al 2O3 8.1 % 11.0 % 5.1 %

Fe2O3 4.5 % 1.9 % 3.0 %

CaO 62.7 % 58.5 % 63.8 %

MgO 1.4 % 1.4 % 1.4 %

SO3 3.7 % 8.8 % 2.0 %

Na2O 0.05 % 0.60 % 0.30 %

k2O 0.00 % 0.00 % 0.20 %

Cl 0.04 % 1.00 % 0.00 %

COMPOSIZIONE MINERALOGICA

C3S 49 % 44 % 56 %

C2S 12 % 11 % 19 %

C3A 14 % ---- 9 %

C11A11·CaCl2 ---- 17 % ----

C4AF 13 % 8 % 9 %

CaSO4 7.7 % 15.0 % 3.4 %

2002 R. Boncukcuoğlu et al (scarti da vagli rotativi): Sono stati analizzati gli effetti

dell’aggiunta di TSW al clinker sulle proprietà meccaniche del cemento Portland così

realizzato. L’utilizzo di TSW nell’industria del cemento come additivi è stato dunque

testato e confrontato con altri materiali. Risulta che i TSW possono essere usati come

additivi per il cemento fino al 25% in peso.

2005 P.H. Shih et al (fanghi contenenti metalli pesanti): L’effetto del contenuto di metalli

pesanti nel mix di materie prime del cemento sulla formazione cristallina nel processo di

produzione è stato esaminato anche con analisi XRD. È stato trovato che entrambi i

fanghi sono applicabili come sostituti nel mix di alimentazione tramite condizionamento

moderato delle composizioni dei fanghi con molteplici parametri. Con una sostituzione

entro il 15% del mix la formazione della fase di silicato tricalcico (C3S) nel cemento viene

migliorata dall’introduzione di metalli pesanti. Invece, per effetto di una eccessiva

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concentrazione di metalli pesanti (maggiore del 1,5%) nel mix, il C3S cristallino viene

inibito da un’ampia sostituzione con fanghi (maggiore del 15%). Durante il processo di

sinterizzazione, oltre il 90% degli elementi altamente volatili come il piombo evaporano

ad alta temperatura, ma il 90% degli elementi meno volatili come rame, cromo e nichel

rimangono intrappolati nel clinker. Soprattutto, i risultati dei test di percolamento

mostrano che gli elementi intrappolati nei campioni idratati non vengono rilasciati sotto

condizioni di acidità. Il riutilizzo di fanghi contenenti metalli pesanti come materie prime

per il cemento non causerebbe quindi pericolo per lisciviazione dai clinker sinterizzati.

Perciò, questi fanghi avrebbero il potenziale per essere utilizzati come materia prima

alternativa nella produzione del cemento.

2005 K.L. Lin e C.Y. Lin (cenere da fango di rifiuto): In questo studio, sono state studiate

le caratteristiche e le proprietà ingegneristiche di tre tipi di paste di “eco-cemento”, tra

cui resitenza a compressione, grado di idratazione, microstruttura, e confrontate con

quelle del cemento Portland ordinario ASTM di tipo I. I risultati indicano che è fattibile

utilizzare cenere da fango e scorie di acciaieria per sostuire fino al 20% dei componenti

minerari delle materie prime del cemento. Inoltre, tutti i clinker testati hanno soddisfatto

i requisiti inerenti le caratteristiche di tossicità da percolamento. I principali componenti

del cemento Portland, C3S (ad esempio, 3CaO�SiO2), C2S (ad esempio, 2CaO�SiO2), C3A

(ad esempio, 3CaO�Al2O3) e C4AF (ad esempio, 4CaO�Al2O3� Fe2O3), sono stati trovati tutti

nei clinker così prodotti. Tutti e tre i tipi di “eco-cemento” hanno confermato la

produzione di idrossido di calcio (Ca(OH)2) e idrati di silicato di calcio (CSH) durante il

processo di idratazione, aumentando la densità col passare del tempo. I risultati

dell’analisi termica hanno indicato che l’idratazione procede fino a 90 giorni, con

l’aumento della quantità di Ca(OH)2 e CSH. Lo “shift” chimico dei silicati, ed il risultante

grado di idratazione, e l’incremento di lunghezza dei gel di CSH col tempo, sono stati

confermati dalle tecniche Si NMR. La resistenza alla compressione e le valutazioni

microstrutturali, infine, confermano la reale fruibilità degli “eco-cementi”.

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2005 E. Sakai et al (ceneri volanti): Sono state analizzate l’influenza del contenuto in

vetro e la basicità della fase vetrosa sull’idratazione del cemento così prodotto, ed è stata

caratterizzata l’idratazione lungo un ampio periodo. Sono stati usati due tipi di ceneri

volanti con differenti contenuti in vetro, uno con il 38.2% ed un altro con il 76.6%. Il

grado di idratazione delle ceneri aumenta con l’aumento del contenuto in vetro delle

ceneri per campioni lasciati fissare per 270 giorni. Dopo 360 giorni, comunque, i gradi di

reazione delle ceneri volanti mostrano circa gli stessi valori per differenti contenuti in

vetro. Le ceneri influenzano inoltre l’idratazione dei minerali del clinker nel cemento:

mentre l’idratazione dell’alite viene accelerata, quella della belite viene ritardata ad uno

stadio avanzato.

2006 A.S. de Vargas et al (polvere da forno ad arco elettrico - EAFD): Sono stati

determinati tempo di presa e idratazione, ed è stata effettuata una caratterizzazione

mineralogica e microstrutturale, al fine di meglio comprendere l’effetto del residuo sulle

proprietà della pasta di cemento, sia fresca che indurita.

I risultati hanno mostrato che l’EAFD abbassa le reazioni di idratazione del cemento

Portland. Per quanto riguarda le performance meccaniche, è stato verificato che sebbene

l’EAFD ritardi le reazioni di idratazione del cemento nei suoi tempi iniziali, in quelli più

avanzati il trend vede un significativo guadagno in resistenza delle paste contenenti

EAFD.

2007 S. Kourounis et al (scorie di acciaieria): Sono stati studiati il tempo di presa, la

consistenza standard, il flusso di malta normale, l’espansione in autoclave e la resistenza

a compressione a 2, 7, 28 e 90 giorni. I prodotti idratati sono stati identificati con

diffrazione a raggi X mentre l’acqua non evaporabile è stata determinata con TGA. La

microstruttura delle paste di cemento indurite e le loro caratteristiche morfologiche sono

state esaminate al microscopio elettronico.

Si è concluso che questa scoria può essere usata nella produzione di cementi compositi di

classi di resistenza 42.5 e 32.5 (EN 197-1). Inoltre, i cementi prodotti presentano

proprietà fisiche soddisfacenti. La scoria di acciaieria abbassa l’idratazione dei cementi

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tagliati, per effetto della morfologia del C2S contenuto e del basso tenore di silicati di

calcio.

3.3.3. Contributo sia energetico che minerale

2005 K. Gäbel e A.M. Tillman (LCA): Le nove simulazioni effettuate mostrano che l’uso di

materiale di recupero e combustibile alternativo può essere incrementato mantenendo

allo stesso tempo i requisiti correnti per le performance del clinker.

2005 M.A. Trezza e A.N. Scian: Sono state analizzate temperatura di fusione delle

miscele, analisi termica differenziale e analisi termogravimetrica (DTA/TG) durante la

fase di produzione di clinker e dopo l’idratazione, area specifica superficiale al medesimo

tempo di macinazione, diffrazione a raggi X (XRD) e resistenze meccaniche delle paste

elaborate con un rapporto acqua/cemento 0,4. I risultati ottenuti sono stati confrontati

con quelli del clinker ottenuto senza aggiunte, e si è concluso che l’utilizzo di questi

rifiuti, nelle proporzioni e condizioni di quest’analisi, non altera significativamente le

proprietà del clinker. In particolare, il carbone da pirolisi appare adatto ad essere

introdotto con la polvere in alimentazione al forno, senza alterare la resistenza meccanica

finale; un leggero aumento di questo valore, se confrontato con quello originale, è stato

osservato nei tempi brevi (3 giorni). Il “petroleum waste carbon” sembra adatto per il

suo contenuto energetico, sebbene abbia una leggera tendenza peggiorativa sulle

proprietà meccaniche. La miscela combustibile, infine, genera una maggiore cristallinità

nelle fasi principali del clinker: la presenza di C3S più cristallino determina migliori valori

di resitenza alla compressione nei tempi brevi. L’aggiunta di questo tipo di rifuiti richiede

un eccellente controllo della temperatura nella “clinkering zone”, poiché un leggero

eccesso di quest’ultima renderebbe eccessivamente fluido il clinker e potrebbe

danneggiare il rivestimento refrattario del forno.

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3.4. Tecnologie di trattamento adottate ed impatto economico e sociale

Pneumatici

Nel 1997 G. Ferrer descrive il mercato internazionale dei pneumatici, al fine per

identificare i flussi materiali materie prime-pneumatici ed il problema dello smaltimento

dei pneumatici usati. Successivamente, vengono descritte le operazioni che generano un

valore aggiunto nel processo di produzione dei pneumatici e nel processo di ricostruzione

dei pneumatici (retreading). Una volta identificata nel retreading l’unica alternativa di

recupero che massimizzi l’utilizzo dei pneumatici, la generazione di calore è descritta

come alternativa di recupero quando il retreading non è tecnicamente praticabile.

Vengono analizzati i valori economici della generazione di calore in impianti elettrici ed in

forni da cemento, e l’articolo termina con il caso del retreading, il processo di

ricostruzione dei pneumatici e la raccomandazione di una semplice regola decisionale per

selezionare il numero di volte che un pneumatico debba essere ricostruito per

massimizzare il suo utilizzo. Per quanto concerne l’utilizzo dei pneumatici in cementeria,

viene evidenziata una sostituzione calorica di circa il 20÷25% del combustibile

tradizionale sia in Europa (Germania, Francia) che nei paesi extra-europei (Stati Uniti,

Canada, Giappone).

Nel 2004 A. Cook e J. Kemm hanno pubblicato un articolo sulla valutazione di impatto

sanitario della proposta di combustione di pneumatici in un impianto per la produzione di

cemento.

Un impianto situato in una cittadina inglese infatti aveva presentato domanda per

l’inclusione nell’autorizzazione dell’utilizzo di pneumatici sminuzzati come parziale

sostituenti del carbone; l’autorità sanitaria locale aveva così richesto una procedura di

Health Impact Assessment (HIA), in conformità al regolamento IPPC (Integrated

Pollution Prevention and Control).

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La procedura ha concluso che la proposta difficilmente avrebbe causato impatti negativi.

L’intenzione di essere imparziale e l’incapacità di confermare o smentire i timori per la

salute in realtà deluse molti residenti.

RDF

J. Dorn, nel 1977, si mostrava dubbioso sul fatto che i forni da cemento potessero

competere con successo con gli impianti di incenerimento per RDF, dalla maggiore

capacità e localizzati più vicino ai centri urbani. Secondo le sue considerazioni, in casi

specifici in cui una cementeria sia l’unico “game in town”, un programma a lungo termine

potrebbe risultare di mutuo vantaggio con la comunità. Le molte complicazioni

conseguenti avrebbero reso economicamente insicura la conversione di un forno da

cemento ad un’alimentazione combinata di RDF e combustibile fossile. Inoltre, le

imminenti carenze di materie prime di base avrebbero a suo avviso dettato un crescente

interesse per la raccolta differenziata e il riciclo delle frazioni merceologiche dei rifiuti

urbani. L’economia fluttuante dell’industria del legno e della cellulosa avrebbe poi potuto

fornire una stabilità troppo scarsa per gli investimenti di capitale necessari per convertire

i forni di cemento a consumatori di RDF.

1990 C.A.C. Haley: L’autore riporta che in Germania RDF in fiocchi viene impiegato

commercialmente, fornito in balle, nei forni da cemento. L’esempio della cementeria di

Westbury (UK) dimostra la piena accettazione della popolazione della contea di Wiltshire

(500000 abitanti) che è stata molto soddisfatta di aver concluso con la cementeria un

contratto di 10 anni.

1993 F.C. Lockwood: Allo stato corrente, secondo Lockwood non sembrava che ci fosse

un vantaggio economico nel bruciare RDF. Ad ogni modo, se i rifiuti solidi urbani

(Municipal Solid Waste, MSW) sono generati in grandi quantità ed un supporto finanziario

viene fornito dalle autorità locali per coprire i costi di investimento/gestione, bruciare RDF

in forni da cemento sarebbe diventato economicamente attraente ed attuabile.

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2003 E. Mokrzycki: L’esperienza accumulata dagli impianti di Lafarge Cement Poland Ltd

conferma che queste attività sono vantaggiose sia dal punto di vista economico che da

quello ecologico. In media, l’energia richiesta per la produzione di una tonnellata di

cemento è stimata intorno a 3.3 GJ, che corrisponde a circa 120 kg di carbone. I costi

energetici costituiscono circa il 30-40% dei costi totali per la produzione del cemento.

L’impiego di combustibili alternativi consente dunque di ridurre i costi di produzione.

L’uso di rifiuti come combustibili nell’industria del cemento comporta non solo benefici dal

punto di vista economico, ma anche dal punto di vista sociale. Questa opzione di gestione

dei rifiuti può ridurre il numero dei siti di smaltimento, limitare l’espansione di quelli

esistenti ed evitare la necessità di costruire impianti di incenerimento.

Nel 2007 A. Garg et al hanno pubblicato un articolo sul quadro politico per combustibile

solido da rifiuto (Solid Recovered Fuel, SRF) in Europa, alla luce delle implicazioni

britanniche.

Gli stati membri dell’Unione Europea stanno adottando il trattamento meccanico-biologico

dei rifiuti solidi urbani (Municipal Solid Waste, MSW) per adeguarsi agli obiettivi della

direttiva LD (EU Landfill Directive). È stato esaminato il quadro politico per combustibile

solido da rifiuto SRF derivante da MSW, composto da carta, plastica e fibre tessili,

nell’industria energy-intensive. Un combustibile SRF dal potere calorifico superiore

relativamente alto (15-18 MJ/kg) possiede il potenziale per sostituire parzialmente i

combustibili fossili nelle industrie energy-intensive, così come MSW in impianti di

combustione dedicati. Tentativi di classificare le proprietà del combustibile da parte delle

organizzazioni degli standard europei (CEN) considerano il potere calorifico inferiore e

contenuto di cloro e mercurio. Ad ogni modo, le dimensioni delle particelle, l’umidità, e la

composizione del combustibile richiedono anch’essi attenzione e futuri studi dovranno

valutare questi parametri. Sono state analizzate in maniera critica le implicazioni dell’uso

di SRF come co-combustibile in processi termici. Un’analisi termodinamica illumina sulla

realizzabilità tecnica ed ambientale della co-combustione di SRF in centrali a carbone e

forni da cemento. I risultati indicano che l’uso di SRF come co-combustibile può ridurre in

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maniera significativa il riscaldamento globale ed il potenziale di acidificazione.

Quest’analisi politica è di interesse per manager di rifiuti, specialisti politici, regolatori, e

l’intera comunità di ricerca nel campo del waste management.

Residui da demolizione

2007 B. Boughton: Una valutazione economica di un sistema di separazione full-scale ha

mostrato che il trattamento dell’SRF risulta essere economicamente marginale

considerando i soli costi evitati di messa in discarica. Ad ogni modo, benefici economici

significanti risulterebbero dal recupero ulteriore di materiali ferrosi e non (precisamente,

rame).

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4. Conclusioni

Tra le varie tipologie di rifiuti impiegati come combustibili individuati dalla nostra

legislazione, la letteratura internazionale esaminata ne prende in considerazione solo

alcune:

o pneumatici,

o RDF,

o tappeti e moquettes,

o solventi.

Dei suddetti rifiuti, vengono messe in evidenza le caratteristiche necessarie all’utilizzo,

nonché i vantaggi soprattutto in termini di risparmio energetico e di riduzione di

emissioni da combustibili fossili che vengono evitate.

Il loro utilizzo nei forni da cemento trova giustificazione nelle particolari caratteristiche

del processo di produzione del clinker:

o elevata temperatura (1500°C nel clinker, 1800°C nei gas di combustione

o elevato tempo di permanenza

o ambiente alcalino del forno

In alcuni articoli vengono evidenziati gli effetti evitati tramite analisi LCA, in particolare

per i pneumatici e l’RDF. Inoltre sono individuati i limiti di applicabilità in percentuale di

alcuni combustibili.

Per quanto riguarda i rifiuti utilizzati come materie prime gli studi internazionali si

riferiscono ad una tipologia abbastanza limitata quali:

o scorie d’altoforno,

o piastrelle ceramiche di scarto,

o scarti di vagli rotativi,

o fanghi contenenti metalli pesanti,

o cenere da fango di rifiuti,

o ceneri volanti in aggiunta al cemento,

o polveri da forno ad arco,

o terreni contaminati,

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o residui da demolizione.

In tutti gli studi vengono evidenziati i risparmi energetici, di rifiuti solidi, l’ininfluenza sule

emissioni atmosferiche e sulla qualità del clinker.

L’esame delle pubblicazioni con riferimento alle emissioni ha ancora messo in evidenza

l’ininfluenza dell’impiego di combustibili da rifiuto nei forni da cemento. Anzi, in alcuni

casi (RDF) ciò può portare a benefici ambientali per quanto riguarda la riduzione di NOX e

SOX. Per i pneumatici si registra da un’analisi statistica un lieve aumento di NOX, SOX e

CO, sempre però entro i limiti di legge, non confermato però da esperienze tecniche nel

settore, mentre per l’RDF è possibile riscontrare un incremento emissivo di metalli

pesanti, ma con diretta dipendenza da composizione e qualità del rifiuto. Alcune

simulazioni mostrano poi che le emissioni di CO2, NOX, SOX, CO e CH4 potrebbero anche

essere ridotte dal 30 all’80% a seconda dell’uso di materiale da recupero e combustibile.

Per quanto concerne l’influenza sulla qualità del prodotto, i lavori esaminati dimostrano

che non si riscontra nessun cambiamento causato dall’alimentazione di combustibili quali

pneumatici ed RDF nei forni da clinker. Anche per quanto riguarda la presenza di metalli

pesanti nel prodotto finale il pericolo ambientale di una lisciviazione si è dimostrato

inconsistente e non si sono riscontrate differenze nelle proprietà chimiche e fisiche né nel

prodotto clinker né nel cemento e calcestruzzo.

Allo stesso modo, anche per l’impiego di rifiuti nelle materie prime gli studi esaminati

hanno dimostrato che le proprietà chimico-fisiche del cemento prodotto sono conformi

agli standard. Anche i test di lisciviazione dimostrano che i metalli intrappolati nel clinker

non vengono rilasciati. Gli stessi risultati soddisfacenti per il prodotto si hanno nel caso di

impiego sia energetico che minerale nell’alimentazione dei forni ad cemento.

Gli studi che affrontano problematiche economico-sociali evidenziano in generale la prima

accettazione della popolazione coinvolta sull’impiego dei rifiuti nei forni da cemento sia

sotto forma di combustibile che sotto forma di materia prima. Le autorità locali

dimostrano molto interesse verso questo impiego tanto che in alcuni casi viene fornito un

supporto finanziario per coprire sia i costi di investimento che quelli di gestione.

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Uno studio recente evidenzia poi come il combustibile da rifiuto impiegato come co-

combustibile può ridurre in maniera significativa il potenziale di riscaldamento globale ed

il potenziale di acidificazione.

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5. Riferimenti bibliografici

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Stato dell’arte dell’impiego dei rifiuti nell’industria cementiera (nel ciclo dei combustibili e delle materie prime)

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1. Generalità

Lo smaltimento dei rifiuti è senza dubbio un tema ambientale di massimo rilievo per la

collettività, per le pubbliche istituzioni, e per le realtà industriali che sono alla ricerca di

soluzioni ecologiche che si dimostrino valide nel tempo.

Con l’impiego dei rifiuti nel ciclo di produzione del cemento, l’industria cementiera

partecipa da numerosi anni allo sforzo collettivo per il risparmio di risorse naturali e lo

smaltimento dei rifiuti.

L’utilizzo dei rifiuti in cementeria viene effettuato sotto condizioni particolarmente

rigorose. Non sono infatti utilizzati altri rifiuti se non quelli selezionati per la loro

compatibilità con il processo e la qualità del prodotto finale.

Il processo di produzione del cemento consente di utilizzare i rifiuti in parziale

sostituzione delle materie prime, e in sostituzione dei combustibili tradizionali.

Il presente documento è articolato in diversi capitoli e paragrafi che illustrano alcuni

aspetti evidenziati da vari autori sull’impiego dei rifiuti nell’industria cementiera come

combustibili (cap. 3.1.1) e come materie prime (cap. 3.1.2) ovvero:

o livelli di emissione e monitoraggio (3.2)

o influenza sulla qualità del prodotto finale (3.3)

o tecnologie di trattamento adottate ed impatto economico-sociale (3.4)

Il documento riporta al capitolo 2 un estratto della legislazione nazionale riguardante

l’impiego dei rifiuti nell’industria cementiera con lo scopo di semplificare la consultazione

della legge agli addetti ai lavori.

Nelle conclusioni (cap. 4) vengono evidenziati gli aspetti positivi e le criticità riscontrati

dai vari autori riguardo l’utilizzo dei rifiuti nell’industria cementiera.

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2. Legislazione nazionale

Nell’ambito delle attività di recupero dei rifiuti non pericolosi è necessario fare riferimento

al D.M. 5 febbraio 1998 “Individuazione dei rifiuti non pericolosi sottoposti alle procedure

semplificate di recupero ai sensi degli articoli 31 e 33 del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n.22”,

viste le modifiche apportate da DmAmbiente 9 gennaio 2003, DmAmbiente 27 luglio

2004 e DmAmbiente 5 aprile 2006 n.186. Le modifiche al D.M. 5 febbraio 1998, in vigore

dal 3 giugno 2006, sono state apportate dal Dicastero in accoglimento delle censure

mosse dalla Corte Ue, che con sentenza 7 ottobre 2004 aveva sancito l'inesatta

individuazione sul piano nazionale di tipi e quantità massime di rifiuti non pericolosi

sottoponibili a procedure semplificate.

2.1. Tipologie di rifiuti ammessi nei cementifici

Sulla base del Decreto ministeriale 5 febbraio 1998 e successive modifiche ed

integrazioni (testo vigente al 3 giugno 2006), è possibile individuare i limiti quantitativi

per le operazioni di recupero di materia in cementifici, riportati nell’allegato 4 al decreto

(tabelle 1 e 3). Tali quantità possono essere oggetto di aggiornamento annuale, anche

per tenere conto dell’esigenza di incentivare il recupero dei rifiuti.

I valori sono stati enucleati dal decreto in quanto riferiti ai cementifici.

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2.1.1. Combustibili

Tabella 1

Allegato 4– Suballegato 1 (aggiunto dal D.M. n. 186/2006)

Determinazione delle quantità massime di rifiuti non pericolosi di cui all’allegato 1, suballegato 1 del dm 5/2/1998

ATTIVITÀ DI RECUPERO: CEMENTIFICI

Tipologia Codice Rifiuto Descrizione Quantità (t/a)

1, All. 2 [191210] Combustibile derivato da rifiuti 10.000

13.26 [010410] [100318] [110203] [161102]

Rifiuti a base di carbone costituiti da scarti di catodi anodi, spezzoni di carbone amorfo, coke, calcinato di petrolio, suole di carbone usate e materiali incombustibili dell’alluminio

2.000

Tabella 2

Allegato 4– Suballegato 2 (aggiunto dal D.M. n. 186/2006)

Determinazione delle quantità massime di rifiuti non pericolosi di cui all’allegato 2, suballegato 1 del dm 5/2/1998

Attività di recupero

Tipologia Codice rifiuto

Descrizione Quantità (t/a)

1 [191210] (CDR) 25.000

2 [190699] biogas (motori fissi a combustione interna)

11.300 mc

Utilizzo dei rifiuti come combustibile o come altro mezzo per produrre energia in impianti industriali

3 [020103] [020107] [020301] [020303] [020304] [020701] [020704]

scarti vegetali 500

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4 [030101] [030105] [030301] [150103] [170201] [200138]

rifiuti della lavorazione del legno e affini non trattati

40.000

6 [030105] [200138]

rifiuti della lavorazione del legno e affini trattati

80.000

7 [020304] rifiuti della lavorazione del tabacco

20

9 [030307] [030310]

scarti di pulper 150.000

Il Decreto ministeriale 5 febbraio 1998 regolamenta così le norme tecniche per

l'utilizzazione dei rifiuti non pericolosi come combustibili o come altro mezzo per produrre

energia (allegato 2 – suballegato 1):

Tipologia 1: combustibile derivato da rifiuti (CDR) [191210].

Provenienza: impianti di produzione di CDR di cui al punto 14 dell'allegato 1. Caratteristiche del rifiuto: combustibile ottenuto da rifiuti con le seguenti caratteristiche (corrispondenti all'RDF di qualità normale di cui alla norma UNI 9903-1):

P.C.I. minimo sul tal quale 15.000 kJ/kg

Umidità in massa max 25%

Cloro in massa max 0,9%

Zolfo in massa max 0.6%

Ceneri sul secco in massa max 20%

Pb (volatile) sul secco in massa max 200 mg/kg

Cr sul secco in massa max 100 mg/kg

Cu (composti solubili) sul secco in massa max 300 mg/kg

Mn sul secco in massa max 400 mg/kg

Ni sul secco in massa max 40 mg/kg

As sul secco in massa max 9 mg/kg

Cd+Hg sul secco in massa max 7 mg/kg.

Per ciascuna partita di CDR deve essere certificata la temperatura di rammollimento delle ceneri.

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Attività e metodi di recupero: il recupero energetico può essere effettuato attraverso la combustione alle seguenti condizioni:

o impianti dedicati a recupero energetico dei rifiuti di potenza termica nominale non inferiore a 10 MW;

o impianti industriali di potenza termica nominale non inferiore a 20 MW per la co-combustione.

Gli impianti devono essere provvisti di: o bruciatore pilota a combustibile gassoso o liquido (non richiesto nei forni

industriali); o alimentazione automatica del combustibile; o regolazione automatica del rapporto aria/combustibile anche nelle fasi di

avviamento (non richiesto nel forni industriali); o controllo in continuo dell'ossigeno, del monossido di carbonio, delle polveri, ossidi di

azoto. acido cloridrico, della temperatura nell'effluente gassoso, nonché degli altri inquinanti di cui al suballegato 2, paragrafo 1, lettera a), nonché della temperatura nella camera di combustione.

Devono inoltre garantire in tutte le condizioni di esercizio i seguenti requisiti minimi operativi: o temperatura minima dei gas nella camera di combustione di 850 °C raggiunta

anche in prossimità della parete interna; o tempo di permanenza minimo dei gas nella camera di combustione di 2 secondi.

Tipologia 2: Biogas [190699].

Provenienza: Fermentazione anaerobica metanogenica di rifiuti a matrice organica in processi di cui al punto 15 dell'allegato 1 o da discarica. Caratteristiche del gas: Gas combustibile avente le seguenti caratteristiche:

o Metano min. 30% vol o H2S max 1.5% vol o P.C.I. sul tal quale min 12.500 kJ/Nm3

Attività e metodi di recupero: L'utilizzazione di biogas è consentita in impianti di conversione energetica di potenza termica nominale superiore a 0,5 MW, anche integrati con il sistema di produzione del gas.

Tipologia 3: Scarti vegetali [020103] [020107] [020301] [020303] [020304] [020701]

[020704].

Provenienza: Attività agricole, forestali e di prima lavorazione di prodotti agroalimentari; impianti di estrazione di olio di vinaccioli, industria distillatoria, industria enologica e ortofrutticola, produzione di succhi di frutta e affini, industria olearia. Caratteristiche del rifiuto: Residui colturali pagliosi (cereali, leguminose da granella, piante oleaginose, ecc.); residui colturali legnosi (sarmenti di vite, residui di potature di piante da frutto, ecc.); residui da estrazione forestale; residui-colturali diversi (stocchi e tutoli di mais, steli di sorgo, di tabacco, di girasole, di canapa, di cisto, ecc.); residui di lavorazione (pula, lolla, residui fini di trebbiatura, gusci, ecc.), sanse esauste, vinacce esauste, vinaccioli, farina di vinaccioli, residui di frutta, buccette e altri residui vegetali.

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Attività e metodi di recupero: Il recupero energetico del rifiuto può essere effettuato attraverso la combustione alle seguenti condizioni: impianti dedicati al recupero energetico di rifiuti o impianti industriali. Detti impianti dovranno essere provvisti di:

o bruciatore pilota a combustibile gassoso o liquido (non richiesto nei forni industriali);

o alimentazione automatica del combustibile; o regolazione automatica del rapporto aria/combustibile anche nelle fasi di

avviamento (non richiesto nei forni industriali); o controllo in continuo del monossido di carbonio, dell'ossigeno e della temperatura

nell'effluente gassoso (non obbligatorio per gli impianti di potenza termica nominale inferiore a 1 MW); negli impianti oltre i 6 MWt controllo in continuo anche degli ossidi di azoto e degli altri inquinanti di cui al suballegato 2, paragrafo 1 1, lettera a), ad esclusione del fluoruro di idrogeno.

Tipologia 4: Rifiuti della lavorazione del legno e affini non trattati [030101] [030105]

[030301] [150103] [170201] [200138].

Provenienza: Industria della carta, del sughero e del legno (I a e II a lavorazione, produzione pannelli di particelle, di fibra e compensati, mobili, semilavorati per il mobile, articoli per l'edilizia, pallets ed imballaggi, ecc.). Caratteristiche del rifiuto: Scarti anche in polvere a base esclusivamente di legno vergine o sughero vergine o componenti di legno vergine. Attività e metodi di recupero: vedi tipologia 3

Tipologia 6: Rifiuti della lavorazione del legno e affini trattati [030105] [200138].

Provenienza: Industria del legno (I a e II a lavorazione, produzione pannelli di particelle, di fibra e compensati, mobili, semilavorati per il mobile, articoli per l'edilizia, ecc.) Caratteristiche del rifiuto: Scarti e agglomerati anche in polvere a base esclusivamente legnosa e vegetale contenenti un massimo di resine fenoliche dell'1% e privi di impregnanti a base di olio di catrame o sali CCA, aventi inoltre le seguenti caratteristiche:

o un contenuto massimo di resine urea-formaldeide o melanina-formaldeide o urea-melanina-formaldeide del 20% (come massa secca/massa secca di pannello);

o un contenuto massimo di resina a base di difenilmetandiisocianato dell'8% (come massa secca/massa secca di pannello);

o un contenuto massimo di Cloro dello 0,9% in massa o un contenuto massimo di additivi (solfato di ammonio, urea esametilentetrammina)

del 10% (come massa secca/massa secca di resina).

Attività e metodi di recupero: Il recupero energetico del rifiuto può essere effettuata attraverso la combustione alle seguenti condizioni: impianti dedicati al recupero energetico di rifiuti o impianti industriali di potenza termica nominale non inferiore a 1 MW. Detti impianti devono essere provvisti di:

o bruciatore pilota a combustibile gassoso o liquido (non richiesto nei forni industriali); - alimentazione automatica del combustibile;

o regolazione automatica del rapporto aria/combustibile anche nelle fasi di avviamento (non richiesto nei forni industriali);

o controllo in continuo del monossido di carbonio, dell'ossigeno e della temperatura nell'effluente gassoso; negli impianti oltre i 6 MWt controllo in continuo degli ossidi di azoto e degli altri inquinanti di cui al suballegato 2, paragrafo 1, lettera a).

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Tipologia 7: Rifiuti della lavorazione del tabacco [020304].

Provenienza: Trasformazione industriale del tabacco e la fabbricazione di prodotti da fumo Caratteristiche del rifiuto: Scarti e cascami di lavorazioni costituiti dalle polveri, fresami e costoline di tabacco vergine e rigenerato, provenienti dalla trasformazione industriale del tabacco e dalla fabbricazione di prodotti da fumo aventi un P.C.I. (potere calorifico inferiore) sul secco minimo di 8.000 kJ/kg ed una umidità massima del 16%. Attività e metodi di recupero: vedi tipologia 3

Tipologia 9: Scarti di pulper [030307] [030310]

Provenienza: Industria della carta Caratteristiche del rifiuto: Scarti di cartiera, derivanti dallo spappolamento della carta da macero costituiti da una miscela di materiali plastici, legno, residui di carta, frammenti di vetro, materiale ghiaioso e metallico aventi le seguenti caratteristiche:

Umidità in massa max 40%

P.C.I. minimo sul tal quale 12.500 kJ/kg

Ceneri sul tal quale in massa max 10%

Cloro sul tal quale in massa max 0.9%

Zolfo sul tal quale in massa max 0.5%

Pb+Cr+Cu+Mn+Zn sul tal quale in massa max 900 mg/kg

Pb sul secco max 200 mg/kg

Cr sul secco max 50 mg/kg

Cu sul secco max 300 mg/kg

Mn sul secco max 150 mg/kg

Ni sul secco max 20 mg/kg

As sul secco max 9 mg/kg

Cd+Hg sul secco max 7 mg/kg

Attività e metodi di recupero: Il recupero energetico del rifiuto può essere effettuato attraverso la combustione in impianti dedicati al recupero energetico di rifiuti di potenza termica nominale non inferiore a 6 MW. Detti impianti devono essere provvisti di:

o bruciatore pilota a combustibile gassoso o liquido; o alimentazione automatica di combustibile; o regolazione automatica del rapporto aria/combustibile anche nelle fasi di

avviamento; o controllo continuo dell'ossigeno, del monossido di carbonio, ossidi di azoto, della

temperatura nell'effluente gassoso, degli altri inquinanti di cui al suballegato 2, paragrafo 1, lettera a) nonché della temperatura nella camera di combustione.

Gli impianti devono garantire in tutte le condizioni di esercizio i seguenti requisiti: o temperatura minima dei gas nella camera di combustione di 850�C raggiunta anche

in prossimità della parete interna;

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o tempo di permanenza minimo dei gas nella camera di combustione di 2 secondi; o tenore di ossigeno nei fumi min. 6% in volume.

2.1.2. Materie prime

Tabella 3

Allegato 4– Suballegato 1 (aggiunto dal D.M. n. 186/2006)

Determinazione delle quantità massime di rifiuti non pericolosi di cui all’allegato 1, suballegato 1 del dm 5/2/1998

ATTIVITÀ DI RECUPERO: CEMENTIFICI

Tipologia Codice Rifiuto Descrizione Quantità (t/a)

4.1 [060902] [100601] [100602] [100809] [100811] [101003]

Scorie provenienti dall’industria della metallurgia dei metalli non ferrosi, ad esclusione di quelle provenienti dalla metallurgia termica del Pb, Al e Zn; scorie dalla produzione del fosforo; scoria cubilot

10.700

4.4 [100201] [100202] [100903]

Scorie di acciaieria, scorie provenienti dalla fusione in forni elettrici, a combustibile o in convertitori a ossigeno di leghe di metalli ferrosi e dai successivi trattamenti di affinazione delle stesse

25.000

4.7 [100305] Polvere di allumina 30.000

5.14 [100210] [120101] [120102] [120103]

Scaglie di laminazione e stampaggio 15.000

5.17 [100202] Loppa d’altoforno non rispondente agli standard delle norme UNI ENV 197/1

25.000

5.18 [100299] Residui di minerali di ferro 500

7.2 [010399] [010408] [010410] [010413]

Rifiuti di rocce da cave autorizzate 40.000

7.4 [101203] [101206] [101208]

Sfridi di laterizio cotto ed argilla espansa

2.000

7.5 [101099] [101299] Sabbie esauste 5.000

7.7 [050110] [060503] [070712]

Rifiuti costituiti da carbonati ed idrati di calcio, silici colloidali

2.500

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7.8 [060316] [070199] [116102] [161104] [161106]

Rifiuti di refrattari, rifiuti di refrattari da forni per processi ad alta temperatura

2.700

7.10 [120101] [120102] [120103] [120104] [120117] [120121]

Sabbie abrasive di scarto e granulati, rottami e scarti di mole abrasive

2.000

7.11 [170508] Pietrisco tolto d’opera 2.560

7.12 [101206] [101299] [101399] [170802] [200301]

Calchi in gesso esausti 1.000

7.13 [101399] [170802] Sfridi di produzione di pannelli di gesso; demolizione edifici

9.000

7.14 [010504] [010507] [170504]

Detriti di perforazione 10.000

7.15 [010504] [010507] Fanghi di perforazione 500

7.16 [020402] [020499] [020799]

Calci di defecazione 300

7.17 [010102] [010308] [010408] [010410] [020402] [020499] [020701] [020799] [100299]

Rifiuti costituiti da pietrisco di vagliatura del calcare

10.000

7.22 [060899] [100208] Rifiuti da abbattimento fumi di industrie siderurgiche (silica fumes)

3.500

7.25 [100299] [100906] [100908] [100910] [100912] [161102] [161104]

Terre e sabbie esauste di fonderia di seconda fusione dei metalli ferrosi

73.000

7.28 [160801] [160803] [160804]

Supporti inerti di catalizzatori 2.000

7.30 [170506] [200303] Sabbia e conchiglie che residuano dalla vagliatura dei rifiuti provenienti dalla pulizia degli arenili

56.950

11.2 [020399] Terre e farine fossili disoleate 1.000

12.1 [030302] [030305] [030309] [030310] [030399]

Fanghi da industria cartaria 500

12.3 [010410] [010413] Fanghi e polveri da segagione e 61.000

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lavorazione pietre, marmi e ardesie

12.4 [010410] [010413] Fanghi e polveri da segagione, molatura e lavorazione granito

25.000

12.5 [010413] Marmoresine 25.000

12.6 [080202] [080203] [101203] [101205] [101210] [101299]

Fanghi, acque, polveri e rifiuti solidi da processi di lavorazione e depurazione acque ed emissioni aeriformi da industria ceramica

2.000

12.7 [010102] [010409] [010410] [010412]

Fanghi costituiti da inerti 5.000

12.8 [060503] [061399] [070112] [070212] [070312] [070412] [070512] [070612] [070712] [100121] [190812] [190814]

Fanghi da trattamento acque di processo

1.620

12.11 [100212] [120115] Fanghi da processi di pulizia manufatti in acciaio, decantazione acque di raffreddamento dei processi dell’industria siderurgica

5.000

12.12 [100214] [100215] Fanghi da abbattimento polveri da lavorazione terre per fonderie di metalli ferrosi

200

12.13 [190802] [190902] [190903]

Fanghi da impianti di decantazione, chiarificazione e decarbonatazione delle acque per la preparazione di acqua potabile o di acqua addolcita, demineralizzata per uso industriale

25.000

12.14 [060503] Fanghi da trattamento sul posto degli effluenti

1.000

12.16 [050110] [061503] [070112] [070212] [070312] [070412] [070512] [070612] [070712] [100121] [190812] [190814]

Fanghi di trattamento acque reflue industriali

6.000

12.17 [100208] [100214] [100215] [110110] [110112] [110114]

Fanghi da trattamento acque di processo e da abbattimento emissioni aeriformi da industria siderurgica e metalmeccanica

12.500

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13.1 [100101] [100102] [100103] [100115] [100117]

Ceneri dalla combustione di carbone e lignite, anche additivati con calcare e da cocombustione con esclusione dei rifiuti urbani ed assimilati tal quali

165.000

13.2 [100101] [100103] [100115] [100117] [190112] [190114]

Ceneri dalla combustione di biomasse (paglia, vinacce) ed affini, legno, pannelli, fanghi di cartiere

20.000

13.3 [190112] Ceneri pesanti da incenerimento di rifiuti solidi urbani e assimilati e da CDR

12.000

13.5 [061199] [100299] Rifiuti di solfato di calcio da pigmenti inorganici

8.000

13.6 [060699] [061101] [061199] [100105] [100107] [101210]

Gessi chimici da desolforazione di effluenti liquidi e gassosi

40.000

13.7 [060314] [060503] [061399] [100324]

Gessi chimici 2.000

13.9 [060503] [061399] Rifiuti di solfato di calcio da depurazione soluzioni di cloruro di sodio

500

13.10 [060314] Biscotti fluoritici 4.800

13.11 [060899] [100811] Silicato bicalcico 5.000

13.16 [010399] [060314] Rifiuti di minerali di bario ridotti 1.000

13.18 [060316] Polveri di ossidi di ferro 5.000

13.27 [101203] [101205] [101210]

Rifiuti da depurazione fumi dell’industria dei laterizi

800

2.2. Limiti alle emissioni

Il Decreto ministeriale 5 febbraio 1998 fornisce anche valori limite e prescrizioni per le

emissioni in atmosfera generate da attività di recupero di rifiuti non pericolosi. La

determinazione dei valori limite per le emissioni conseguenti al recupero di materia dai

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rifiuti non pericolosi in processi termici come la produzione di cemento è la seguente

(ALLEGATO 2, SUBALLEGATO 2 – DM 5/02/08):

Il valore limite per ciascun agente inquinante e per il monossido di carbonio presenti nelle emissioni risultanti dal recupero di rifiuti non pericolosi sono convenzionalmente calcolati in base alla percentuale di rifiuto impiegata nel ciclo produttivo rispetto al totale della materia alimentata all'impianto secondo la formula seguente:

C = [(A rifiuti * C rifiuti) + (A processo W * C processo)] / (A rifiuto + A processo)

A rifiuto= quantità oraria (espressa in massa) dei rifiuti non pericolosi alimentati all'impianto corrispondente alla quantità massima prevista nella comunicazione. C rifiuti= valori limite di emissione stabiliti nella successiva tabella. A processo= quantità oraria (espressa in massa) di materia alimentata all'impianto (esclusi i rifiuti) corrispondente alla quantità` prevista nella comunicazione. C processo= valori limite di emissione per gli agenti inquinanti e del monossido di carbonio nei gas emessi dagli impianti quando vengono utilizzate materie prime tradizionali ovvero materie prime e prodotti (esclusi i rifiuti) conformi ai valori minimi contenuti nelle disposizioni nazionali legislative, regolamentari e amministrative ridotti del 10%. Nel caso siano più restrittivi, si applicano i valori limite di emissione che figurano nell'autorizzazione ex D.P.R. n. 203 del 1988 ridotti del 10%. Se i valori degli inquinanti e del CO e COT non sono fissati si utilizzano le emissioni reali ridotte del 10%. I valori di C processo sono riferiti allo stesso tempo di mediazione previsto alla successiva tabella. C= valore limite totale delle emissioni per CO e per gli altri inquinanti riferiti allo stesso tempo di mediazione previsto alla successiva tabella. Il tenore di ossigeno di riferimento è quello relativo al processo se non diversamente individuato in conformità al D.M. 12 luglio 1990.

Durante il funzionamento degli impianti non devono essere superati:

a) valori medi giornalieri:

1) polvere totale 10 mg/m3

2) sostanze organiche sotto forma di gas e vapori, espresse come carbonio organico totale (COT)

10 mg/m3

3) cloruro di idrogeno (HCl) 10 mg/m3

4) floruro di idrogeno (HF) 1 mg/m3

5) biossido di zolfo (SO2) 50 mg/m3

b) valori medi su 30 minuti: A B

1) polvere totale 30 mg/m3 10 mg/m3

2) sostanze organiche sotto forma di gas e vapori, espresse come carbonio organico totale (COT)

20 mg/m3 10 mg/m3

3) cloruro di idrogeno (HCl) 60 mg/m3 10 mg/m3

4) floruro di idrogeno (HF) 4 mg/m3 2 mg/m3

5) biossido di zolfo (SO2) 200 mg/m3 50 mg/m3

c) valori medi durante il periodo di campionamento di 30 minuti come minimo e di 8 ore come massimo:

1) cadmio e i suoi composti, espressi come cadmio totale

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(Cd)

2) tallio e i suoi composti, espressi come tallio (Tl) 0.05mg/m3

3) mercurio e i suoi composti, espressi come mercurio (Hg) 0.05mg/m3

4) antimonio e i suoi composti, espressi come antimonio (Sb)

5) arsenico e i suoi composti, espressi come arsenico (As)

6) piombo e suoi composti, espressi come piombo (Pb)

7) cromo e suoi composti, espressi come (Cr)

8) cobalto e suoi composti, espressi come cobalto (Co)

9) rame e suoi composti, espressi come rame (Cu)

10) manganese e suoi composti, espressi come manganese (Mn)

11) nichel e suoi composti, espressi come nichel (Ni)

12) vanadio e suoi composti, espressi come vanadio (V)

13) stagno e suoi composti, espressi come stagno (Sn)

totale 0.5mg/m3

Questi valori medi si applicano anche ai metalli ed ai loro composti presenti nelle emissioni anche sotto forma di gas e vapore. Durante il funzionamento degli impianti non devono essere superati i seguenti valori limite per le concentrazioni di monossido di carbonio (CO):

a) 50 mg/Nm3 di gas di combustione determinati come valore medio giornaliero;

b) 100 mg/Nm3 di gas di combustione di tutte le misurazioni determinate come valori medi su 30 minuti.

Non si deve tener conto degli agenti inquinanti e di CO che non derivano direttamente dalla utilizzazione di rifiuti come pure di CO se:

o maggiori concentrazioni di CO nel gas di combustione sono richieste dal processo di produzione;

o il valore C rifiuti (come precedentemente definito) per le diossine e i furani è rispettato. I valori limite di emissione sono rispettati:

o se tutti i valori medi giornalieri non superano i valori limite di emissione stabiliti nella tabella di cui sopra, lett. a), e al paragrafo di cui sopra, lett. a), e

o tutti i valori medi su 30 minuti non superano i valori limite di emissione di cui alla colonna A, in tabella., lett. b), ovvero il 97% dei valori medi su 30 minuti rilevati nel corso dell'anno non superano i valori limite di emissione di cui alla colonna B in tabella, lett. b),

o se tutti i valori medi rilevati nel periodo di campionamento di cui in tabella, lett. c), non superano i valori limite di emissione stabiliti in tale capoverso se è rispettata la disposizione di cui al paragrafo 2.4., lett. b).

In ogni caso, tenuto conto dei rifiuti di cui viene effettuato il recupero, il valore limite totale delle emissioni (C) deve essere calcolato in modo da ridurre al minimo le emissioni nell'ambiente. Per il tenore di ossigeno di riferimento è comunque fatto salvo quanto disposto all'art. 3, comma 2, del D.M 12 luglio 1990.

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Per il calcolo del valore di emissione di PCDD+PCDF come diossina equivalente si fa riferimento all'allegato 1 della direttiva 94/67/CE. Il valore limite di emissione per gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA) si riferisce alla somma dei seguenti:

o Benz [a] antracene o Dibenz [a, h] antracene o Benzo [b] fluorantene o Benzo [j] fluorantene o Benzo [k] fluorantene o Benzo [a] pirene o Dibenzo [a, e] pirene o Dibenzo [a, h] pirene o Dibenzo [a, i] pirene o Dibenzo [a, l] pirene o Indeno [1, 2, 3 - cd] pirene

Fermo restando quanto disposto dalla decisione della Commissione concernente i metodi di misurazione armonizzati per la determinazione delle concentrazioni di massa di diossine e furani (C (97) 1159 def), relativamente ai metodi di campionamento, analisi e valutazione delle emissioni e per la periodicità dei controlli si applica quanto previsto nei decreti di attuazione del D.P.R. 24 maggio 1988 n. 203. Per il campionamento e le analisi caratteristiche dei rifiuti valgono i metodi di cui alle norme UNI 9903. Al fine della verifica del rispetto delle concentrazioni degli inquinanti e degli altri parametri previsti per i rifiuti solidi, il confronto va effettuato con i valori medi ottenuti statisticamente mediante determinazioni su un numero di campioni rappresentativo del lotto in esame non inferiore a cinque. Nel caso di approvvigionamento non discontinuo i valori medi si riferiscono a determinazioni effettuate su sei campioni distribuiti uniformemente nell'arco delle 24 h.

Nel caso di impiego simultaneo di rifiuti con combustibili autorizzati, la determinazione

dei valori limite per le emissioni dovute al recupero di rifiuti come combustibile o altro

mezzo per produrre energia tramite combustione mista di rifiuti e combustibili tradizionali

è la seguente (ALLEGATO 2, SUBALLEGATO 3):

I valori limite per ciascun inquinante e per il monossido di carbonio risultanti dalla co-combustione di rifiuti e combustibili devono essere calcolati come segue:

C = [(V rifiuto * C rifiuto) + (V processo * C processo)] / (V rifiuto + V processo)

V rifiuto = volume dei gas emessi derivante dalla combustione dei soli rifiuti in quantità corrispondente alla massima prevista nella comunicazione, determinato in base ai rifiuti che hanno il più basso potere calorifico. Se il calore prodotto risultante dall'incenerimento di rifiuti è inferiore al 10% del calore totale prodotto dall'impianto, V rifiuti va calcolato dalla quantità (fittizia) di rifiuti che, combusti, equivalgono ad un calore prodotto del 10%, a calore totale dell'impianto costante. C rifiuto = valori limite di emissione stabiliti nelle singole voci del suballegato 1 e nel suballegato 2 per gli impianti destinati ad utilizzare soltanto rifiuti. V processo = volume dei gas emessi derivanti dal processo inclusa la combustione dei combustibili ammessi ai sensi della normativa vigente (esclusi i rifiuti) del tipo e nella quantità minima prevista nella comunicazione, determinato sulla base del tenore di ossigeno, al quale le emissioni devono essere normalizzate come stabilito nelle norme nazionali.

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C processo = valori limite di emissione dei relativi inquinanti e del monossido di carbonio nei gas emessi dall'impianto quando vengono utilizzati i combustibili ammessi ai sensi della normativa vigente (esclusi i rifiuti) conformi ai valori minimi contenuti nelle disposizioni nazionali legislative, regolamentari e legislative ridotte del 10%. Nel caso siano più restrittivi si applicano i valori limite di emissione che figurano nell'autorizzazione ex D.P.R. n. 203 del 1988 ridotti del 10%. Se i valori degli inquinanti, di CO e di COT non sono fissati, si utilizzano le emissioni reali ridotte del 10%; i valori di processo sono riferiti allo stesso tempo di mediazione di cui al suballegato 2 ed alle singole voci del suballegato 1. C = valore limite totale delle emissioni per CO e per gli altri inquinanti riferiti allo stesso tempo di mediazione di cui al suballegato 2 ed alle singole voci del suballegato 1. Il tenore di ossigeno di riferimento h calcolato sulla base del tenore di riferimento relativo al rifiuto e quello relativo al processo, come individuato dal D.M. 12 luglio 1990, rispettando il rapporto dei volumi parziali.

Nota: ai soli fini del calcolo della formula di cui al punto 1, i valori limite per la polvere totale, COT, HCl, HF e SO2 sono unicamente quelli individuati alla lett. a) della tabella in suballegato 2. Per i valori limite di polveri totali, SO2, NOx, CO e COT i valori C rifiuto, C processo e C sono espressi come valori medi giornalieri. A tal fine, il valore medio giornaliero di C processo h assunto pari al 115% del medesimo valore fissato su base mensile. Per i valori di IPA, PCDD+PCDF i valori di C rifiuto, C processo e C devono essere espressi come valori medi riferiti a 8 ore. Per i valori dei metalli i valori di C rifiuto, C processo e C devono essere espressi come valori medi orari.

La misurazione continua di HF pur essere omessa se vengono utilizzate fasi di trattamento per HCl che garantiscono che il valore limite di emissione per lo stesso parametro HCl espresso sia come valore medio giornaliero che come valore medio su trenta minuti non venga superato. In questo caso le emissioni di HF sono soggette a misurazioni mensili. Non si deve tener conto degli agenti inquinanti e di CO che non derivano direttamente dalla combustione di rifiuti o di combustibili, come pure di CO derivante dalla combustione se:

o maggiori concentrazioni di CO nel gas di combustione sono richieste dal processo di produzione;

o il valore C rifiuti (come precedentemente definito) per le diossine e i furani è rispettato.

In ogni caso, tenuto conto dei rifiuti di cui è stato autorizzato il coincenerimento, il valore limite totale delle emissioni (C) deve essere calcolato in modo da ridurre al minimo le emissioni nell'ambiente. Per il tenore di ossigeno di riferimento h comunque fatto salvo quanto disposto all'art. 3, comma 2, del D.M. 12 luglio 1990. Per il calcolo del valore di emissione di PCDD+PCDF come diossina equivalente si fa riferimento all'allegato 1 della direttiva 94/67/CE. Il valore limite di emissione per gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA) si riferisce alla somma dei seguenti:

o Benz [a] antracene o Dibenz [a, h] antracene o Benzo [b] fluorantene o Benzo [j] fluorantene o Benzo [k] fluorantene o Benzo [a] pirene o Dibenzo [a, e] pirene o Dibenzo [a, h] pirene o Dibenzo [a, i] pirene

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o Dibenzo [a, l] pirene o Indeno [1,2,3 - cd] pirene

Fermo restando quanto disposto dalla decisione della Commissione concernente i metodi di misurazione armonizzati per la determinazione delle concentrazioni di massa di diossine e furani (C (97) 1159 def), relativamente ai metodi di campionamento, analisi e valutazione delle emissioni e per la periodicità dei controlli si applica quanto previsto nei decreti di attuazione del D.P.R. 24 maggio 1988 n. 203: Per il campionamento e le analisi caratteristiche dei rifiuti valgono i metodi di cui alle norme UNI 9903. Al fine della verifica del rispetto delle concentrazioni degli inquinanti e degli altri parametri previsti per i rifiuti solidi, il confronto va effettuato con i valori medi ottenuti statisticamente mediante determinazioni su un numero di campioni rappresentativo del lotto in esame non inferiore a cinque. Nel caso di approvvigionamento non discontinuo i valori medi si riferiscono a determinazioni effettuate su sei campioni distribuiti uniformemente nell'arco delle 24 h. Per i primi 24 mesi gli accertamenti dei limiti di emissione mediante controllo in continuo degli inquinanti sono accompagnati dall'esecuzione in parallelo di campagne analitiche con misurazioni puntuali a carico del gestore dell'impianto in accordo con l'autorità di controllo.

Il D.M. 5 febbraio 1998 tratta anche delle emissioni relative all’utilizzazione dei rifiuti non

pericolosi come combustibili o come altro mezzo per produrre energia (allegato 2,

suballegato 1).

Tipologia 1: combustibile derivato da rifiuti (CDR) [191210].

Le condizioni di esercizio degli impianti di combustione devono rispettare i seguenti valori limite alle emissioni riferiti ad un tenore di ossigeno nei fumi anidri dell'11% in volume:

o Zn (come valore medio rilevato per un periodo di campionamento di 1 h): 5 mg/Nm3 o Ossidi di azoto (come valore medio giomaliero): 200 mg/ Nm3 o PCDD+ PCDF (come diossina equivalente): 0,1 ng/ Nm3 (come valore medio rilevato per un

periodo di campionamento di 8 ore) o Idrocarburi policiclici aromatici (I.P.A.): 0,01 mg/ Nm3 (come valore medio rilevato per un

periodo di campionamento di 8 ore) o Per gli altri inquinanti si applicano i valori limite di emissione fissati nel suballegato 2 del

presente allegato.

Nel caso di impiego simultaneo in impianti industriali con combustibili autorizzati, il calore prodotto dal rifiuto non deve eccedere il 60% del calore totale prodotto dall'impianto in qualsiasi fase di funzionamento; i valori limite di emissione da applicare all'impianto devono essere calcolati come indicato nel suballegato 2.

Tipologia 2: Biogas [190699].

Le caratteristiche impianti di conversione energetica in cui è consentita l’uitlizzazione di biogas sono di seguito indicate:

a) motori fissi a combustione interna che rispettano i seguenti valori limite di emissione riferiti ad un tenore di ossigeno nei fumi anidri pari al 5% in volume:

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Polveri (valore medio rilevato per un periodo di campionamento di 1 ora) 10 mg/Nm3

HCl (valore medio rilevato per un periodo di campionamento di 1 ora) 10 mg/Nm3

Carbonio Organico Totale (valore medio rilevato per un periodo di campionamento di 1 ora)

150 mg/Nm3

HF (valore medio rilevato per un periodo di campionamento di 1 ora) 2 mg/Nm3

NOx 450 mg/Nm3

Monossido di carbonio 500 mg/Nm3

Per gli altri inquinanti si applicano i valori limite minimi di emissione fissati ai sensi dell'art. 3, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n� 203/1988 per le corrispondenti tipologie d'impianti che utilizzano combustibili gassosi. Negli impianti dedicati oltre i 6 MWt deve essere effettuato il controllo in continuo di:

o monossido di carbonio o ossidi di azoto o ossidi di zolfo

b) impianti dedicati al recupero energetico di rifiuti o impianti industriali che garantiscano in tutte le condizioni di esercizio una efficienza di combustione (CO2/CO +CO2) minima del 99.0%; - che abbiano il controllo in continuo dell'ossigeno, del monossido di carbonio e della temperatura nell'effluente gassoso; negli impianti oltre i 6 MWt controllo in continuo anche degli ossidi di azoto e degli altri inquinanti di cui al suballegato 2, paragrafo 1, lettera a) e che rispettino i valori limite di emissione fissati nel suballegato 2 del presente allegato riferiti ad un tenore di ossigeno nei fumi andri pari al 3% in volume. Non si applica il limite per le emissioni di ossido di zolfo. Il limite di Nox è fissato in 200 mg/Nm3. Nel caso di impiego simultaneo in impianti industriali con combustibili autorizzati, il calore prodotto dal rifiuto non deve eccedere il 60% del calore totale prodotto dall'impianto in qualsiasi fase di funzionamento; i valori limite di emissione da applicare all'impianto devono essere calcolati come indicato alla suballegato 3 del presente allegato.

Tipologia 3: Scarti vegetali [020103] [020107] [020301] [020303] [020304] [020701]

[020704].

Per le emissioni devono essere rispettati i valori limite di emissioni fissati nel suballegato 2 del presente allegato e i seguenti limiti con un tenore di ossigeno nei fumi anidri dell'11% in volume:

NOx (come valore medio giornaliero) 200 mg/Nm3

NOx (come valore medio orario) ove non previsto il controllo in continuo 400 mg/Nm3

Per gli impianti con potenza termica nominale inferiore a 1 MW il limite di emissione delle polveri è di 50 mg/Nm3 e il limite di emissione di CO è di 100 mg/Nm3 come valori medi giornalieri, per le attività stagionali di durata non superiore a 120 giorni il limite alle emissioni di CO è di 300 mg/Nm3. Nel caso di impiego simultaneo in impianti industriali con combustibili autorizzati, il calore prodotto dal rifiuto non deve eccedere il 60% del calore totale prodotto dall'impianto in qualsiasi fase di funzionamento; i valori limite di emissione da applicare all'impianto devono essere calcolati come indicato al suballegato 3 del presente allegato.

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Tipologia 4: Rifiuti della lavorazione del legno e affini non trattati [030101] [030105]

[030301] [150103] [170201] [200138].

Per le emissioni devono essere rispettati i valori limite di emissioni fissati nel suballegato 2 del presente allegato e i seguenti limiti con un tenore di ossigeno nei fumi anidri dell'11% in volume:

NOx (come valore medio giornaliero) 200 mg/Nm3

NOx (come valore medio orario) ove non previsto il controllo in continuo 400 mg/Nm3

Per gli impianti di potenza termica nominale inferiore a 1 MW il limite di emissione delle polveri è di 50 mg/Nm3, e il limite di emissione di CO è di 100 mg/Nm3 come valori medi giornalieri. Nel caso di impiego simultaneo in impianti industriali con combustibili autorizzati, il calore prodotto dal rifiuto non deve eccedere il 60% del calore totale prodotto dall'impianto in qualsiasi fase di funzionamento; i valori limite di emissione da applicare all'impianto devono essere calcolati come indicato al suballegato 3 del presente allegato.

Tipologia 6: Rifiuti della lavorazione del legno e affini trattati [030105] [200138].

Gli impianti per il recupero devono rispettare i seguenti valori limite alle emissioni riferiti ad un tenore di ossigeno dei fumi anidri dell'11% in volume:

NOx (come valore medio giornaliero) 200 mg/Nm3

NOx (come valore medio orario) ove non previsto il controllo in continuo 400 mg/Nm3

PCDD+PCDF (come diossina equivalente) (come valore medio rilevato per un periodo di campionamento di 8 ore)

0,1 ng/Nm3

Idrocarburi policiclici aromatici (I.P.A.) (come valore medio rilevato per un periodo di campionamento di 8 ore)

0,01 mg/Nm3

Per gli altri inquinanti si applicano i valori limite di emissione fissati nel suballegato 2 del presente allegato. Nel caso di impiego simultaneo in impianti industriali con combustibili autorizzati, il calore prodotto dal rifiuto non deve eccedere il 60% del calore totale prodotto dall'impianto in qualsiasi fase di funzionamento; i valori limite di emissione da applicare all'impianto devono essere calcolati come indicato al suballegato 3 del presente allegato.

Tipologia 7: Rifiuti della lavorazione del tabacco [020304].

Vedi tipologia 6

Tipologia 9: Scarti di pulper [030307] [030310].

Gli impianti per il recupero devono rispettare i seguenti valori limite alle emissioni riferiti ad un tenore di ossigeno nei fumi anidri dell'11% in volume:

Zn* 5 mg/Nm3

Ossidi di azoto (come valore medio giornaliero) 200 mg/Nm3

PCDD+PCDF (come diossina equivalente) (come valore medio rilevato per un periodo di campionamento di 8 ore)

0,1 ng/Nm3

Idrocarburi policiclici aromatici (I.P.A.) 0,01 mg/Nm3

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(come valore medio rilevato per un periodo di campionamento di 8 ore)

Per gli altri inquinanti si applicano i valori limite di emissione fissati nel suballegato 2 del presente allegato. *Come valore medio rilevato per un periodo di campionamento di 1 h.

Il D.Lgs.133/05, “Attuazione della direttiva 2000/76/CE - Incenerimento dei rifiuti”, così

definisce finalità e campo di applicazione:

1. Il presente decreto si applica agli impianti di incenerimento e di coincenerimento dei rifiuti e stabilisce le misure e le procedure finalizzate a prevenire e ridurre per quanto possibile gli effetti negativi dell'incenerimento e del coincenerimento dei rifiuti sull'ambiente, in particolare l'inquinamento atmosferico, del suolo, delle acque superficiali e sotterranee, nonchè i rischi per la salute umana che ne derivino. 2. Ai fini di cui al comma 1, il presente decreto disciplina: a) i valori limite di emissione degli impianti di incenerimento e di coincenerimento dei rifiuti; b) i metodi di campionamento, di analisi e di valutazione degli inquinanti derivanti dagli impianti di incenerimento e di coincenerimento dei rifiuti; c) i criteri e le norme tecniche generali riguardanti le caratteristiche costruttive e funzionali, nonchè le condizioni di esercizio degli impianti di incenerimento e di coincenerimento dei rifiuti, con particolare riferimento alle esigenze di assicurare una elevata protezione dell'ambiente contro le emissioni causate dall'incenerimento e dal coincenerimento dei rifiuti; d) i criteri temporali di adeguamento degli impianti di incenerimento e di coincenerimento di rifiuti esistenti alle disposizioni del presente decreto.

Vengono definite dal decreto le seguenti disposizioni per i forni per cemento che

coinceneriscono rifiuti :

I risultati delle misurazioni effettuate per verificare il rispetto dei valori-limite di emissione sono normalizzati alle condizioni specificate al successivo punto B), nonchè ad un tenore di ossigeno di riferimento nell'effluente gassoso secco pari al 10% in volume. Valori-limite di emissione medi giornalieri Ai fini del calcolo dei valori medi giornalieri, secondo la procedura di cui al par. C), punto 1, devono essere rilevati i valori medi su 30 minuti. Ai forni per cemento si applicano i valori-limite totali di emissione (C) come media giornaliera di seguito individuati. a) Polveri totali (1) 30 mg/m3

b) Sostanze organiche sotto forma di gas e vapori, espresse come carbonio organico totale (TOC) (2) 10 mg/m3

c) Composti inorganici del cloro sotto forma di gas o vapore, espressi come acido cloridrico (HCl) 10 mg/m3

d) Composti inorganici del fluoro sotto forma di gas o vapore, espressi come acido fluoridrico (HF) 1 mg/m3

e) Ossidi di zolfo espressi come biossido di zolfo (SO2) (2) 50 mg/m3

f) Ossidi di azoto espressi come biossido di azoto (NO2) Per gli impianti esistenti (3) 800 mg/m3

g) Ossidi di azoto espressi come biossido azoto (NO2) Per i nuovi impianti 500 mg/m3

---------- (1) Fino al 1° gennaio 2008, l'autorità competente può concedere deroghe relativamente alle polveri totali per i forni per cemento che bruciano meno di tre tonnellate/ora di rifiuti, purchè l'autorizzazione preveda un valore-limite complessivo di emissione non superiore a 50 mg/m3.

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(2) L'autorità competente può autorizzare deroghe nei casi in cui l'incenerimento dei rifiuti non dia luogo ad emissione di TOC e/o di SO2. (3) I forni per cemento funzionanti e dotati di autorizzazione conforme alla normativa vigente sono considerati impianti esistenti se iniziano a coincenerire rifiuti entro la data del 28 dicembre 2004. Fino al 1° gennaio 2008, l'autorità competente può concedere deroghe relativamente ai NOx per i forni esistenti per cemento operanti a umido o che bruciano meno di tre tonnellate/ora di rifiuti, purchè l'autorizzazione preveda un valore-limite complessivo di emissione non superiore a 1.200 mg/m3. ----------

Valori-limite di emissione medi ottenuti tramite campionamento I valori-limite totali di emissione (C) per gli inquinanti di cui all'Allegato 1, par. A), punto 3 (ottenuti tramite periodo di campionamento di 1 h) e punto 4 (ottenuti tramite periodo di campionamento di 8 h), riferiti ad un tenore di ossigeno di riferimento nell'effluente gassoso secco pari al 10% in volume, sono quelli fissati nei suddetti punti, e non sono soggetti all'applicazione della "formula di miscelazione". Valori-limite di emissione per il monossido di carbonio (CO) I valori-limite di emissione (C) di monossido di carbonio sono stabiliti dall'autorità competente.

B. Normalizzazione Condizioni di cui all'art. 9, comma 5: - temperatura 273 °K; - pressione 101,3 kPa; - gas secco; nonchè un tenore di ossigeno di riferimento nell'effluente gassoso secco stabilito o determinato in accordo a quanto previsto al precedente par. A, utilizzando la seguente formula:

nella quale: Es = concentrazione di emissione calcolata al tenore di ossigeno di riferimento; Em = concentrazione di emissione misurata; Os = tenore di ossigeno di riferimento; Om = tenore di ossigeno misurato. Se i rifiuti sono coinceneriti in una atmosfera arricchita di ossigeno, l'autorità competente può fissare un tenore di ossigeno di riferimento diverso che rifletta le speciali caratteristiche dell'incenerimento. Nel caso di coincenerimento di rifiuti pericolosi, la normalizzazione in base al tenore di ossigeno è applicata soltanto se il tenore di ossigeno misurato supera il pertinente tenore di ossigeno di riferimento. C. Metodi di campionamento, analisi e valutazione delle emissioni in atmosfera

Per le misurazioni in continuo, fermo restando quanto previsto dal D.M. 21 dicembre 1995, i valori-limite di emissione si intendono rispettati se: a) nessuno dei valori medi giornalieri supera uno qualsiasi dei pertinenti valori-limite di emissione stabiliti nel presente allegato; b) nessuno dei valori medi rilevati per i metalli pesanti, per le diossine e i furani e per gli idrocarburi policiclici aromatici supera i pertinenti valori-limite di emissione stabiliti nel presente allegato. I valori medi su 30 minuti sono determinati durante il periodo di effettivo funzionamento (esclusi i periodi di avvio e di arresto se non vengono inceneriti rifiuti) in base ai valori misurati, previa sottrazione del rispettivo valore dell'intervallo di confidenza al 95%. I valori degli intervalli di confidenza di ciascun risultato delle misurazioni effettuate, non possono eccedere le seguenti percentuali dei valori-limite di emissione riferiti alla media giornaliera: - polveri totali 30%

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- carbonio organico totale 30% - acido cloridrico 40% - acido fluoridrico 40% - biossido di zolfo 20% - ossidi di azoto, espressi come biossido di azoto 20% - monossido di carbonio 10% I valori medi giornalieri sono determinati in base ai valori medi convalidati. Per ottenere un valore medio giornaliero valido non possono essere scartati più di 5 valori medi su 30 minuti in un giorno qualsiasi a causa di disfunzioni o per ragioni di manutenzione del sistema di misurazione in continuo. Non più di 10 valori medi giornalieri all'anno possono essere scartati a causa di disfunzioni o per ragioni di manutenzione del sistema di misurazione in continuo. Per le misurazioni periodiche, la valutazione della rispondenza delle misurazioni ai valori-limite di emissione si effettua sulla base di quanto previsto dagli specifici decreti adottati ai sensi dell'art. 3, comma 2, lett. b), del D.P.R. 24 maggio 1988, n. 203, e successive modificazioni.

Inoltre, così si riporta dal D.Lgs. 152/06 “Norme in materia ambientale”, riguardo la

Prevenzione e limitazione delle emissioni in atmosfera di impianti e attività:

Titolo I 267. Campo di applicazione. 1. Il presente titolo, ai fini della prevenzione e della limitazione dell'inquinamento atmosferico, si applica agli impianti, inclusi gli impianti termici civili non disciplinati dal titolo II, ed alle attività che producono emissioni in atmosfera e stabilisce i valori di emissione, le prescrizioni, i metodi di campionamento e di analisi delle emissioni ed i criteri per la valutazione della conformità dei valori misurati ai valori limite. 2. Sono esclusi dal campo di applicazione della parte quinta del presente decreto gli impianti disciplinati dal decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133, recante attuazione della direttiva 2000 /76 / CE in materia di incenerimento dei rifiuti. 3. Resta fermo, per gli impianti sottoposti ad autorizzazione integrata ambientale, quanto previsto dal decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59; per tali impianti l'autorizzazione integrata ambientale sostituisce l'autorizzazione alle emissioni prevista dal presente titolo.

Si rimanda poi alla consultazione dell’intero testo del decreto per quanto riguarda le

specifiche modalità di monitoraggio ed i limiti dei principali parametri.

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3. Analisi della letteratura

Il recupero di materia e energia dai rifiuti all’interno del processo produttivo del cemento

è ormai consolidato ed ampiamente diffuso a livello inernazionale, seguendo una filosofia

finalizzata ad una corretta gestione dei rifiuti.

In letteratura è possibile trovare recenti pubblicazioni riguardo entrambe le procedure di

recupero.

3.1. Tipologie di rifiuti impiegati

3.1.1. Combustibili

Nel 2003 E. Mokrzycki et al. hanno pubblicato un articolo sull’uso dei combustibili

alternativi nell’industria polacca del cemento: l’incenerimento di combustibili alternativi

negli impianti di produzione di cemento appare un metodo sicuro per l’utilizzo di rifiuti,

“environmentally friendly” e proficuo per gli impianti industriali.

I comustibili alternativi, composti da mix di diversi rifiuti, industriali, municipali e

pericolosi, necessitano di un appropriato contenuto chimico-energetico che dipende dal

tipo di componenti e dal loro contenuto organico. Un’industria particolarmente ben

adattabile all’impiego di combustibili alternativi è quella del cemento, per numerosi

fattori, fra cui le alte temperature sviluppate, l’appropriata lunghezza del forno, l’elevato

tempo di permanenza e l’ambiente alcalino nel forno. Ci sono vari paesi che utilizzano

negli impianti per la produzione di cemento i propri combustibili alternativi, che hanno

differenti nomi commerciali e differiscono per quantità e qualità dei rifiuti municipali ed

industriali selezionati. I combustibili usati dovrebbero avere i seguenti requisiti minimi:

adeguato potere calorifico inferiore, contenuto minimo di umidità, contenuto minimo di

metalli pesanti e tossici. Gli impianti per la produzione del cemento in Polonia utilizzano

combustibili alternativi. All’interno del Gruppo Lafarge, gli impianti appartenenti a Lafarge

Poland Ltd hanno iniziato attività tese a promuovere il più ampio uso di combustibili

alternativi. Esiste una gamma di rifiuti che possono essere inceneriti come combustibili

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negli impianti di produzione di cemento, tra cui: frazioni combustibili selezionate di rifiuti

urbani, scarti liquidi derivanti dal petrolio greggio, pneumatici, scarti derivanti dalla

produzione di colori e vernici, medicinali scaduti dall’industria farmaceutica ed altri.

Pneumatici

Un articolo di Y. Nakajima e M. Matsuyuki (1981) fa riferimento ad una collaborazione, in

Giappone, tra Nihon Cement Co. Ltd. e Bridgeston Tire Co. Ltd., per lo sviluppo di una

tecnica per utilizzare i pneumatici fuori-uso come combustibile ausiliario per la

produzione di cemento. Il sistema ha così soddisfatto il bisogno dell’industria dei

pneumatici di smaltire in maniera economica un gran numero di gomme usate senza

causare inquinamento ed il bisogno dell’industria del cemento di ridurre la quantità di

combustibile usato. Qui di seguito sono riportati analisi chimiche, potere calorifico, curva

di combustione dei pneumatici.

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L’utilizzo di pneumatici viene presentato come vantaggioso per i seguenti motivi:

a. il processo di combustione nei cementifici è un sistema chiuso in cui la

polvere rimossa dai gas esausti da un precipitatore elettrostatico viene

recuperata per rialimentare il processo. Perciò, le ceneri non fuoriescono dal

sistema; inoltre, lo zolfo contenuto nelle gomme viene assorbito dalle

materie prime edl cemento e non porta alla formazione di SOX;

b. le temperature all’interno del processo raggiungono massimi di 1800°C nel

gas di combustione e circa 1500°C nel clinker. Di conseguenza, i pneumatici

alimentati al forno bruciano completamente in breve tempo;

c. il pneumatico è composto da gomma, nerofumo, zolfo ed acciaio. L’acciaio,

che non è una frazione combustibile, verrà ossidato e trasformato in uno dei

componenti del cemento.

Nel 2004 A. Corti e L. Lombardi hanno pubblicato un articolo sullo studio del fine-vita dei

pneumatici.

Un approccio Life Cycle Assessment (LCA) è stato utilizzato per confrontare differenti

processi di trattamento fine-vita di pneumatici usati: combustione in un processo

convenzionale waste-to-energy (WtE); sostituzione di combustibile convenzionale nel

processo di produzione del cemento e due differenti ipotesi di riutilizzo come materiale di

riempimento basati su un processo di polverizzazione criogenica (CPP) o su un processo

di polverizzazione meccanica (MPP).

L’analisi mostra che la sostituzione di combustibile nella produzione di cemento e l’utilizzo

in processi WtE portano ad interessanti risultati in termini di effetti evitati, principalmente

grazie all’evitato utilizzo di combustibili convenzionali. Tra queste due alternative, un

migliore risultato viene ottenuto con la sostituzione di combustibile nel processo di

produzione del cemento. CPP e MPP, per il riutilizzo come materiali di riepimento,

mostrano peggiori risultati in termini di impatto ambientale rispetto alle altre alternative,

dovuti all’alto consumo energetico relativo al processo di polverizzazione.

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RDF

Nel 1977 J. Dorn ha pubblicato un articolo relativo all’utilizzo di rifiuti nell’industria del

cemento. L’autore rileva problemi legati al trasporto ed allo stoccaggio ed al fatto che il

10% di umidità del materiale influisce sull’efficienza del forno. In aggiunta, l’autore

sottolinea come la presenza di HCl proveniente dai materiali contenenti PVC può produrre

composti a bassa temperatura di fusione che incrostano il forno, con i relativi problemi di

aumento della velocità dei fumi (ndr).

Un articolo di C.A.C. Haley del 1990 indica la discarica come il metodo principale, a livello

mondiale, di smaltimento di rifiuti solidi urbani. Nonostante ciò, la crescente

preoccupazione per l’ambiente, in particolare la possibilità di contaminazione delle falde

acquifere sotterranee, ha portato all’applicazione di standard sempre più elevati, facendo

perciò crescere il costo delle operazioni di messa in discarica, in alcuni casi di entità

davvero marcata. Di conseguenza, in alcuni paesi sono state studiate tecniche alternative

per l’uso di una parte del rifiuto, minimizzando così il ricorso allo smaltimento in

discariche ed, allo stesso tempo, per ottenere miglioramenti dal punto di vista

ambientale. Una di queste tecniche è l’utilizzo della frazione combustibile del rifiuto, o per

la produzione diretta di vapore o elettricità, o per la produzione e vendita di combustibile

solido in forma di fluff o pellet. In questo articolo vengono analizzati questi processi.

Esempi di successo di impianti commerciali sono selezionati e discussi nel campo di

inceneritori municipali, produzione di fluff per uso come combustibile nell’industria del

cemento, e produzione integrata di pellet di combustibile da rifiuto (Refuse Derived Fuel,

d-RDF) per la vendita in applicazioni industriali e commerciali. Vengono suggeriti criteri

per mezzo dei quali la realizzabilità di un tale progetto in una particolare zona possa

essere valutata su base preliminare. L’incenerimento dei rifiuti può dunque rappresentare

una tecnica praticabile e proficua dal punto di vista ambientale per lo smaltimento di

elevate quantità di rifiuti ed allo stesso tempo il recupero dell’energia intrinseca. Un

primo fattore di valutazione è il potere calorifico del rifiuto disponibile; un altro è la

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quantità disponibile per il trattamento. La variabilità in qualità o quantità (o entrambi)

può comportare problemi. L’autore afferma che la concentrazione di alcuni metalli

influenza il quantitativo di RDF impiegabile nei forni da cemento. Alcuni problemi si

riscontrano per la presenza di cloro nell’RDF in quanto si formano sostanze incrostanti il

forno. Per ovviare a tale problema occorre effettuare by-pass nel ricircolo delle sostanze

volatili nel forno. Ulteriori problemi sono prodotti a causa del basso potere calorifico e

dell’elevata umidità che aumentano il volume dei gas di combustione. I vantaggi

evidenziati riguardano il risparmio energetico ed il fatto che la tecnica è “environmentally

sound”, in quanto la temperatura del forno è elevata ed i residui vengono inglobati nel

clinker.

Nel 1993 F.C. Lockwood ha pubblicato un articolo sulla combustione di combustibile da

rifiuto (Refuse Derived Fuel, RDF) in un forno rotativo da cemento.

Nei forni da cemento, la combustione ha luogo a temperature di fiamma molto alte e con

tempi di permanenza dei gas di combustione relativamente lunghi. Queste condizioni

sono favorevoli per bruciare dei rifiuti. Lo scopo di questo studio è di analizzare gli effetti

della combustione sulle emissioni di inquinanti. Basandosi su considerazioni tecniche ed

ambientali, l’analisi della combustione di RDF in un forno da cemento mostra che

nessuna tecnologia speciale deve essere installata oltre al sistema di gestione del RDF,

ma esiste un limite massimo di consumo totale di combustibile (non più del 30%) per

bruciare RDF.

Nel 2008 G. Genon e E. Brizio hanno pubblicato un articolo su prospettive e limiti per

forni da cemento come destinazione per RDF.

L’RDF, la frazione ad alto potere calorifico del MSW (Munical Solid Waste) ottenuto da

sistemi di separazione convenzionali, può essere impiegato in impianti tecnologici

(principalmente forni da cemento) al fine di ottenere un recupero di energia utile. È

interessante ed importante valutare questa possibilità all’interno dell’ambito generale

delle soluzioni waste-to-energy. La soluzione deve essere valutata sulla base di differenti

aspetti, e precisamente: aspetti tecnologici e caratteristiche del clinker; inquinamento

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atmosferico locale; gli effetti dell’RDF utilizzato in forni da cemento sulla generazioni di

gas serra; l’economia della sostituzione dei combustibili solidi convenzionali e prospettive

di progettazione, dal punto di vista della destinazione dell’RDF e dell’ottimizzazione del

forno. Differenti esperienze su questo tema nel contesto europeo sono state prese in

analisi, oltre ad alcune applicazioni in Italia.

Tappeti e moquettes

Nel 2004 P. Lemieux et al hanno pubblicato un articolo sullo studio delle emissioni dalla

co-combustione di tappeti nei forni rotativi.

I tappeti e le moquettes fuori-uso rappresentano un flusso di rifiuto di alto volume e di

alto contenuto energetico. Come co-combustibile per forni da cemento, i tappeti, come i

pneumatici fuori-uso, presentano potenziali vantaggi. Le sfide tecnologiche da impostare

includono la valutazione delle emissioni potenziali, in particolare quelle di NO (dai tappeti

di fibra di nylon), e l’ottimizzazione del sistema di alimentazione dei tappeti.

Solventi

Nel 2005 C. Seyler et al hanno pubblicato un articolo sul Life Cycle Inventory per l’uso di

solventi di rifiuto come combustibili alternativi nell’industria del cemento.

L’industria chimica svizzera produce grandi quantità di solventi organici di rifiuto, alcuni

dei quali non possono essere recuperati. Una comune opzione per il trattamento di questi

solventi organici è l’incenerimento; in alternativa, possono essere usati come combustibili

nella produzione di cemento. Da una parte, la combustione nei forni da cemento implica

un risparmio di combustibili fossili come carbone ed olio combustibile; dall’altra, anche le

emissioni possono cambiare. Questi cambiamenti possono avere un impatto ecologico

netto sia negativo che positivo, a seconda della natura chimica del solvente utilizzato. Lo

scopo dello studio era di sviluppare un modello di allocazione multi-input, che permetta di

realizzare LCI per solventi specifici.

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I risultati mostrano che l’incenerimento dei solventi nei forni da cemento generalmente

riduce l’impatto globale della produzione di clinker in quanto vengono sostituiti i

combustibili fossili. Un’analisi di sensitività ha rivelato che il modello è particolarmente

sensibile al “fuel mix” ed alle proprietà come potere calorifico inferiore e contenuto di

carbonio e azoto.

3.1.2. Materie prime

Nel 1999 A. Monshi e M.K. Asgarani hanno pubblicato un articolo sulla produzione di

cemento Portland da scorie di ferro/acciaio e calcare.

Le scorie da altoforno dopo separazione magnetica sono state miscelate con calcare

usando 6 differenti composizioni. I materiali ottenuti sono stati bruciati in un forno pilota

a 1350 °C per un’ora. Il clinker è stato raffreddato, triturato, mescolato con un 3% di

gesso, e portato a una finezza di oltre 3300 cm2/g.

Nel 2000 N. Ay e M. Ünal hanno pubblicato un articolo sull’utilizzo di piastrelle ceramiche

di scarto nella produzione di cemento.

Nella produzione di piastrelle, per varie ragioni, si crea un accumulo di prodotti invenduti:

le piastrelle di scarto, di cui solo una piccola parte viene utilizzata. Se queste venissero

utilizzate nella produzione di cemento, si otterrebbe una diminuzione dell’inquinamento

che esse provocherebbero. In questo studio, è stato analizzato l’uso delle piastrelle di

scarto come pozzolana: sono state così aggiunte al cemento Portland nei rapporti di peso

del 25%, 30%, 35% e 40%.

Nel 2000 e nel 2001 T. Shimoda et al. hanno pubblicato una serie di articoli sull’Eco-

Cemento, sviluppato in Giappone per sostituire almeno il 50% delle materie prime con

ceneri da inceneritore urbano o altri rifiuti come ad esempio i fanghi fognari.

Lo sviluppo dell’Eco-Cemento ha coinvolto la NEDO (New Energy Development

Organization), un’organizzazione del Ministero del Commercio e dell’Industria. I risultati

dello studio dimostrano che un Eco-Cemento di tipo Portland può essere impiegato

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esattamente per gli stessi calcestruzzi per i quali si impiega un normale cemento Portland

(NCP), mentre un Eco-cemento a rapido indurimento, contenente un alto contenuto di

cloruro (1%), può essere impiegato impiegato nella produzione di blocchi, massetti

autobloccanti, pannelli in legno-cemento, ecc. In questi casi il tempo di presa può essere

regolato impiegando un additivo ritardante o aggiungendo loppa d'altoforno; la più

interessante applicazione dell'Eco-cemento a rapido indurimento è quella destinata al

consolidamento di terreni bagnati, zone paludose ed altri terreni cedevoli

Nel 2002 R. Boncukcuoğlu et al hanno pubblicato un articolo sull’utilizzo di scarti da vagli

rotativi come additivi nella produzione di cemento Portland.

In Turchia ogni anno vengono prodotte dall’industria del boro grandi quantità di rifiuti

industriali, che presentano problemi sia di smaltimento sia sanitari. I rifiuti come fanghi di

borace, scarti da concentrazione e scarti da vagli rotativi (TSW) contengono impurità che

accelerano la normale presa e indurimento dei materiali da costruzioni da loro prodotti .

In questo studio, lo scopo era quello di stabilizzare i TSW prodotti durante la produzione

di borace.

Nel 2005 P.H. Shih et al hanno pubblicato un articolo sul riutilizzo di fanghi contenenti

metalli pesanti nella produzione di cemento.

È stata studiata la reale applicabilità della sostituzione di materie prime nel processo di

produzione del cemento con fanghi contenenti metalli pesanti da finitura superficiale ed

industria galvanoplastica.

Nel 2005 K.L. Lin e C.Y. Lin hanno pubblicato un articolo sulle caratteristiche di

idratazione di cenere da fango di rifiuto utilizzata come materia prima per il cemento.

Nel 2005 E. Sakai et al hanno pubblicato un articolo sull’idratazione del cemento

contentente ceneri volanti.

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In questo studio è stato preso in considerazione l’utilizzo di ceneri volanti come aggiunta

al cemento invece che il loro smaltimento come rifiuto. Il cemento tagliato con ceneri

volanti inoltre risponde all’esigenza di ridurre la generazione di CO2.

Nel 2006 A.S. de Vargas et al hanno pubblicato un articolo sull’uso della polvere da forno

ad arco elettrico (EAFD) nelle paste di cemento Portland I (MP) Pozzolan-modified.

L’uso dell’EAFD nelle costruzioni civili non è comune. Nei paesi dove questo scarto è

raccolto, viene usato nei processi di recupero di metalli pesanti.

In questo studio sono state analizzate paste di cemento con differente contenuto di

EAFD.

Nel 2006 R. Navia et al hanno pubblicato un articolo sul Life Cycle Assessment del riciclo

di terreno contaminato come materia prima alternativa nell’industria del cemento.

Il terreno vulcanico può essere usato per rimuovere metalli dalle acque di scarico. Una

volta usato, viene depositato in discarica. L’utilizzo di questo materiale nell’industria del

cemento come materia prima è stato valutato usando una metodologia Life Cycle

Assessment (LCA). Questa possibilità è stata studiata da un punto di vista ambientale in

un’industria cementiera cilena, rappresentativa dello stato dell’arte dell’operazione

corrente, comprendendo analisi sia tecniche che economiche. Sono stati confrontati due

scenari: Scenario 1, che corrisponde al processo di produzione esistente, e Scenario 2,

che rappresenta la produzione usando terreno vulcanico spento. Con l’eccezione delle

categorie di carcinogenici e minerali, i risultati del confronto sono favorevoli allo Scenario

2, specialmente per quanto riguarda la categoria dell’ecotossicità, principalmente per

effetto delle emissioni evitate della messa in discarica del terreno vulcanico.

Considerando la valutazione dei danni, quelli a salute umana, qualità dell’ecosistema, e

risorse sono inferiori nello Scenario 2. Inoltre, le analisi di sensitività sono state

effettuate per studiare l’influenza di particolari parametri (ad esempio, trasporto di

terreno vulcanico spento, emissioni di CO2 dal processo di produzione di clinker e metalli

pesanti dalla percolazione) sui risultati della valutazione. L’uso di materie prime

alternative (in questo caso, terreno vulcanico spento), che presentino il vantaggio di

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essere rifiuti di altri sistemi tecnologici, sembra indirizzare lo sviluppo della produzione

del cemento verso una strada più sostenibile, migliorando l’economia del processo.

Nel 2007 S. Kourounis et al hanno pubblicato un articolo sulle proprietà e l’idratazione di

cementi tagliati con scorie di acciaieria.

Per questo studio, sono stati testati un campione di riferimento e tre cementi contenenti

fino al 45% in volume di scoria. La frazione di scoria usata era la “0-5 mm”, per il suo

alto contenuto di silicati di calcio.

3.1.3. Contributo sia energetico che minerale

Nel 2005 K. Gäbel e A.M. Tillman hanno pubblicato un articolo sulla simulazione di

alternative operazionali per la produzione futura di cemento.

Per supportare decisioni sulle opzioni di sviluppo di prodotto e processo e pianificazioni

strategiche, sono necessarie informazioni sulle conseguenze dei cambiamenti pianificati.

A questo scopo è stato sviluppato un modello flessibile per la produzione di cemento. Il

modello predice le performance ambientali, produttive ed economiche in un’ottica “life

cycle”, simulando diverse alternative operative. Sono state analizzate interessanti

alternative operative future, come l’incremento dell’uso di sottoprodotti industriali e rifiuti

come materie prime e combustibili. Vengono discussi i risultati, ad esempio le

conseguenze delle opzioni di potenziale sviluppo da una prospettiva “life cycle”.

Un incremento dell’uso di materiale di recupero e combustibile alternativo sostituisce il

consumo di risorse. L’impatto del trasporto di questi ultimi aumenta ovviamente con

l’utilizzo; comunque, i benefici ambientali dell’incrementato utilizzo sono ben più grandi

dell’utilizzo di risorse e delle emissioni in aria associate all’incremento della fase

trasporto.

Nel 2005 M.A. Trezza e A.N. Scian hanno pubblicato un articolo sull’effetto dei

combustibili da rifiuto sul clinker del cemento Portland.

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Diversi tipi di rifiuti industriali sono sempre più utilizzati nel processo di produzione del

clinker dell’industria del cemento, al fine di trarre vantaggio dal loro contenuto energetico

o di confinare sostanze indesiderate. Questo studio analizza le caratteristiche chimico-

fisiche dei clinker ottenuti incorporando tre differenti rifiuti in differenti proporzioni: due

di essi con funzione energetica – combustibile da rifiuto con marchio registrato e coke di

petrolio – ed il terzo da confinare – carbone da pirolisi. Confrontati con quelli tradizionali,

i clinker prodotti non presentano caratteristiche significativamente alterate.

Nel 2007 B. Boughton ha pubblicato un articolo sulla valutazione di residui da

demolizione come “feedstock” per la produzione di cemento.

Il cosiddetto “shredder residue” (SR) è costituito da vetro, gomma, plastica, fibre e

materiali fini che rimangono dopo la rimozione dei metalli ferrosi e non ferrosi dal

processo di demolizione di automobili, elettrodomestici e rottami ferrosi.

L’obiettivo dello studio era identificare i parametri di qualità necessari per l’utilizzo nei

forni e quindi valutare i mezzi meccanici necessari per rendere l’SR un materiale

accettabile come carbone o sostituenti minerali.

Separare l’SR in frazioni dall’alto contenuto energetico e minerale può tradursi in un

considerevole risparmio di combustibile e di materie prime.

Tecniche di separazione per densità comunemente usate dagli sminuzzatori nel passato

sono stati testati per separare gomma e plastica dai non combustibili e contaminanti (ad

esempio PVC e fili di rame). Una frazione di circa il 30% dell’SR totale ha caratteristiche

combustibili che rispecchiano quelle del carbone. Comunque, i rimanenti livelli di

componenti potenzialmente problematici (ad esempio cloro totale e metalli pesanti)

possono limitare l’uso ad una quota di aggiunta relativamente bassa per alcuni forni. I

risultati del progetto hanno mostrato che i sistemi di separazione comunemente

disponibili dovrebbero produrre un accettabile contributo supplementare di combustibile.

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3.2. Livelli di emissione e monitoraggio

Pneumatici

1981 Y. Nakajima e M. Matsuyuki: Poiché il contenuto di zolfo ed azoto nei pneumatici è

di scarsa entità, anche il il contenuto di SOX e NOX nel gas esausto all’uscita del

depolverizzatore non è di entità tale da presentare problemi. Comunemente, esiste l’idea

che bruciare pneumatici possa causare fumo nero e odori molesti, ma, poiché questi

vengono bruciati completamente alle alte temperature del forno, questi non possono

essere rilevati neppure da analisi strumentali.

RDF

1993 F.C. Lockwood: Non si riscontra alcun incremento nei livelli di emissione di

inquinanti gassosi (compresi gas acidi, diossine, furani, ecc), in un forno rotativo da

cemento. Ciò è confermato dal fatto che la presenza di diossine e furani nelle emissioni è

di un ordine di grandezza inferiore a quella che si riscontra negli inceneritori nel caso di

presenza di PCB (bifenili policlorurati) nel combustibile alternativo. Inoltre, siccome il

contenuto di azoto e di zolfo nell’RDF è inferiore a quello che si può riscontrare nel

carbone, si può affermare che NOX e SOX nelle emissioni siano inferiori rispetto all’utilizzo

del combustibile fossile tradizionale.

2003 E. Mokrzycki: Nel caso polacco si può esaminare il confronto tra le emissioni

dell’impianto di Malogoszcz, misurate sia in caso di uso e non di combustibile alternativo

(da rifiuto, “PASi”). Si può così notare ad esempio che con l’utilizzo di PASi aumentano le

emissioni di HCl (il PASi presenta un contenuto medio di cloro di circa 0,25%): la

concentrazione emessa, 10% O2, risulta circa raddoppiata. Rimangono invece pressoché

invariate quelle di metalli pesanti. Stesso discorso per quanto riguarda SO2, NOX, mentre

un aumento di circa il 40% viene registrato per le concentrazioni di CO. Purtoppo manca

il dato relativo alla percentuale di sostituzione calorica a cui si riferiscono questi dati, per

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quanto venga riportato che l’impianto ha ricevuto l’autorizzazione per una percentuale

fino al 40%.

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2008 G. Genon E. Brizio: Lo studio riporta una simulazione dell’effetto dell’uso di RDF in

luogo di carbone e pet-coke (ipotesi 50% di sostituzione calorica) sulle emissioni di un

forno da cemento. La tabella e la figura qui sotto riportate mostrano che la sostituzione

del pet-coke porta un impatto negativo sulle emissioni di metalli pesanti, in particolare di

mercurio, mentre ci si può generalmente aspettare un effetto positivo se RDF viene

utilizzato in sostituzione al carbone. Ad ogni modo, tutti i valori previsti da questa

simulazione rispettano i limiti emissivi esistenti.

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È comunque importante ricordare che la composizione del RDF può essere alquanto

variabile, e differenti concentrazioni possono portare a differenti conclusioni. La conferma

si ritrova per esempio dai differenti risultati provenienti dalla simulazione a partire dai

dati delll’associazione cementiera tedesca (VDZ), sotto riportati, in cui appare evidente

che l’uso di combustibili alternativi può fortemente peggiorare le emissioni di metalli

pesanti, spingendoli pericolosamente verso i limiti.

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Sono inoltre riportati i risultati di uno studio (SINTEF, 2004) riguardanti la possibile

formazione di diossine, con le seguenti affermazioni:

o non si trova correlazione tra emissioni di diossine e tipo di materiale combustibile

alternativo usato;

o la formazione di diossine può avvenire in una finestra termica tra 250 e 450°C ,

zone che si ritrovano nei sistemi di raffreddamento dei fumi prima del separatore

finale dei fumi;

o i potenziali precursori rilasciati dal materiale combustibile introdotto nella zona di

pre-calcinazione possono reagire con il cloro non trattenuto nella matrice alcalina

del clinker, in presenza dei catalizzatori metallici presenti nelle polveri trasportate,

dando luogo ad emissioni di diossine quando la sintesi avviene di nuovo;

o mentre le concentrazioni di diossina sono, nella maggior parte dei casi, inferiori a

0.1 ng/Nm3, sono possibili concentrazioni di PCB almeno 1000 volte più alte. In

questo senso, costituiscono una significativa fonte di precursori capaci di generare

micro-inquinanti quando le condizioni cinetiche lo permettono.

Infine, la pubblicazione riporta un caso-studio nella provincia di Cuneo, dove la

sostituzione avveniva in due forni dell’impianto (24,5 e 7%), mediante RDF-P.

Confrontando le emissioni con quelle del terzo forno dello stesso impianto, che

utilizzava solo carbone, si può facilmente notare che il co-incenerimento non sembra

influenzare la qualità delle emissioni, almeno dal punto di vista dei macro-inquinanti

(NOX, SOX, VOC, CO e polveri), come rappresentato dalla tabella sottostante.

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In conclusione, le principali risultanze dello studio mostrano che l’uso dell’RDF nei forni

da cemento in sostituzione di carbone o coke offre benefici ambientali in termini di gas

serra, mentre la formazione di inquinanti gassosi convenzionali non è un aspetto critico.

In realtà, è possibile che la generazione di ossidi di azoto sia inferiore a causa delle

minori temperatura di fiamma o del minore eccesso d’aria. La presenza di micro-

inquinanti clorurati non è influenzata dalla presenza di RDF nel combustibile, mentre a

seconda della qualità dell’RDF, alcuni problemi potrebbero sorgere rispetto al

combustibile sostituito se sono presenti metalli pesanti, specialmente quelli più volatili.

Tappeti e moquettes

2004 P. Lemieux: I risultati degli esperimenti di un forno rotativo pilota hanno dimostrato

il potenziale per l’uso di tappeti fuori-uso come combustibile per l’industria del cemento.

L’alimentazione di fibra di tappeto a percentuali fino al 30% dell’input energetico totale

ha causato una combustione senza scoppi transitori e quasi senza aumento di CO ed altri

prodotti di combustione incompleta rispetto a forni alimentati a solo gas naturale. Le

emissioni di NO sono aumentate con la combustione di tappeti per effetto del contenuto

azotato della fibra di nylon. In questi esperimenti, la conversione dell’azoto contenuto

nelle fibre di tappeto a NO variava dal 3% all’8%. La conversione cresce con il migliorato

mescolamento di materiale ed aria durante la combustione. La preparazione dei tappeti

ed il metodo di alimentazione sono fattori controllanti per la conversione dell’azoto.

Gli esperimenti effettuati nel Rotary Kiln Incinerator Simulator (RKIS) dell’EPA, ossia in

scala pilota, permettono l’analisi della co-combustione di tappeti di rifiuto nei forni

rotativi, con percentuali di sostituzione fino al 30%. Risulta che le emissioni dei prodotti

della combustione incompleta, quali CO, THCs, VOCs e PAHs cambiano ben poco con

l’uso di combustibile alternativo e gas naturale. Per esempio, con l’alimentazione di

tappeti, la concentrazione media di CO registra un incremento medio di 1,4 ppm e quella

di PAH di 2,5 µg/m3. Non sono state poi osservate emissioni di mercurio, un potenziale

inquinante in tappeti e moquettes fuori-uso. Le emissioni di NO invece sembrano

crescere con l’utilizzo di tappeti, per via del contenuto azotato della fibra di nylon. In

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questi esperimenti con fibre sminuzzate la conversione dell’azoto del tappeto a NO si

muove tra il 3 e l’8%, e cresce con il miglior mescolamento di materiale ed aria durante

la combustione. La preparazione del matriale ed il metodo di alimentazione risultano

fattori controllanti nella conversione dell’azoto del combustibile: l’uso di tappeti interi o

grandi frammenti dovrebbero essere futuro oggetto di test per valutarne gli effetti. L’uso

di materiale di maggior pezzatura dovrebbe verosimilmente risultare in minori emissioni

di NO, ma anche in quantità di gas incombusto per la rapida volatilizzazione del

materiale.

Emissioni da utilizzo di combustibili ausiliari - analisi statistica

Nel 2003 M. Prisciandaro et al. hanno pubblicato un articolo sugli effetti dell’uso di

combustibili ausiliari da rifiuto sulle emissioni inquinanti come analisi statistica di dati di

processo.

Quest’articolo mostra come alcuni strumenti statistici possono essere applicati all’analisi

di processo di dati reali di impianto, ad esempio nel processo di produzione di clinker con

l’uso di combustibili alternativi (pneumatici sminuzzati ed olii usati) nei forni di due

differenti impianti. Sono stati impiegati test t-Student, modelli di regressione lineare ed

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analisi fattoriali per valutare gli effetti sulle emissioni al camino dell’alimentazione di

questi combustibili alternativi. Inoltre è stato ottenuto un grande miglioramento nella

conoscenza del processo grazie all’analisi statistica dei dati di processo che molto spesso

presentano un elevato livello di correlazione con le variabili di processo.

I risultati sperimentali analizzati statisticamente hanno mostrato risposte incoraggianti,

se meno del 20% di combustibilie convenzionale è sostituito con uno alternativo le

caratteristiche del clinker rimangono immutate, e le emissioni al camino (principalmente

NOX, SO2 e CO) sono, nel caso dei pneumatici, lievemente incrementate, rimanendo

quasi sempre sotto i limiti imposti dalla legge. Nel caso degli olii usati, le emissioni di gas

inquinanti risultano addirittura diminuite. Sono state anche ottenute alcune equazioni

empiriche che legano le emissioni al camino ad alcuni dati di processo, per poter essere

usate con scopi di analisi di processo.

Sono stati presi in considerazione due impianti, presso Bergamo e Matera. Il primo caso

(plant 1) permette di notare gli effetti dell’uso integrato di pneumatici, il secondo (plant

2) quelli dell’uso di “ECOFLUID”, un mix di differenti olii organici usati.

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Contributo sia energetico che minerale

2005 K. Gäbel e A.M. Tillman (LCA): Da un’ottica “life-cycle”, e simulazioni effettuate

mostrano inoltre che le emissioni di CO2, NOX, SO2, CO, VOC, CH4 e polveri può essere

ridotta tra il 30% e l’80% a seconda dell’uso di materiale da recupero e combustibile

alternativo.

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3.3. Influenza sulla qualità del prodotto finale

3.3.1. Combustibili

Pneumatici

1981 Y. Nakajima e M. Matsuyuki: Poiché i pneumatici non contengono componenti

dannosi per la qualità del cemento, non si riscontra cambiamento nella qualità del

cemento causato dall’alimentazione di pneumatici, come provato da lunga esperienza nel

controllo della qualità del prodotto. I residui di combustione di gomma e cemento non

sono ritrovati nel cemento finito.

Nel 2005 P. Pipilikaki et al. hanno pubblicato un articolo sull’uso del combustibile da

pneumatici (Tire Derived Fuel, TDF) nei forni da clinker.

Vengono stabiliti i prerequisiti per usare il TDF come combustibile supplementare per la

produzione di clinker. A questo proposito sono state effettuate misure usando differenti

analisi analitiche qualitative quali diffrazione a raggi X (XRD), fluorescenza a raggi X

(XRF), microscopia ottica in due serie di campioni di crudo mescolato, clinker e

combustibile con e senza uso di TDF. Inoltre, è stata misurata la resistenza a

compressione del cemento CEM I-52.5 prodotto. In questo studio specifico il TDF era il

6% del combustibile totale utilizzato. È stato concluso che non si verificano apparenti

problemi conseguenti all’uso di TDF come combustibile supplementare nei forni da

clinker.

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RDF

1977 J. Dorn: Una problematica rilevata dall’autore riguarda la presenza di metalli

pesanti nell’RDF, che possono ritrovarsi nel clinker come calcolato nella tabella qui sotto

riportata.

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1990 C.A.C. Haley: L’impiego di RDF come combustibile integrativo (300000 tonnellate)

nell’impianto studiato di Westbury non ha avuto effetti deleteri su 3 milioni di tonnellate

di cemento prodotto.

1993 F.C. Lockwood: La presenza di metalli pesanti nel prodotto finale è molto variabile

in quanto la loro concentrazione nell’RDF è molto variabile. Tuttavia, il pericolo

ambientale di una lisciviazione si è dimostrato inconsistente a seguito di uno studio

sperimentale condotto dalla Portland Cement Association (PCA). Inoltre, anche

impiegando il 50% di RDF come combustibile, non sono state riscontrate differenze nelle

proprietà chimiche e fisiche né nel prodotto clinker né nel cemento o calcestruzzo.

3.3.2. Materie prime

1999 A. Monshi e M.K. Asgarani (scorie di ferro ed acciaio e calcare): Sono stati misurati

tempi di presa, consistenza della pasta standard, calce viva libera e resistenze a

compressione e frattura dopo 3, 7 e 28 giorni. Campioni con più alto fattore di

saturazione da calce hanno sviluppato un contenuto maggiore in C3S e migliori proprietà

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meccaniche. Miscelare un extra del 10% di scoria ferrosa in un cemento composto dal

49% di scoria ferrosa, 43% di calce calcinata e 8% di scoria di acciaio ha mantenuto la

resistenza a compressione sotto i valori standard per il cemento Portland ordinario di tipo

I.

2000 N. Ay e M. Ünal (piastrelle ceramiche di scarto): Sono stati presi in considerazione

le proprietà pozzolaniche delle piastrelle e tempo di presa, stabilità volumetrica,

dimensioni delle particelle, densità, area superficiale specifica e resistenza del cemento

così realizzato. I risultati dei test hanno indicato che le piastrelle di scarto mostrano

proprietà pozzolaniche, e le proprietà chimico-fisiche del cemento prodotto sono conformi

agli standard per il cemento fino ad un’aggiunta di piastrelle del 35%.

2000-2001 T. Shimoda et al. (Eco-Cemento - ceneri da inceneritore): Sono stati previsti

due tipi di Eco-Cemento: un cemento di tipo Portland ed un cemento del tipo a rapido

indurimento, le cui composizioni chimiche e mineralogiche sono qui di seguito riportate.

Dall’analisi delle proprietà fisiche, risulta che l’Eco-Cemento di tipo Portland presenta

circa le stesse prestazioni meccaniche del normale Cemento Portland (NCP). L’Eco-

Cemento a rapido indurimento si distingue soprattutto per il tempo di presa molto breve

(circa 10 minuti) ed il rapido sviluppo delle resistenze meccaniche alle satgionature

brevissime (3-6 ore) e brevi (1-3 giorni). Inoltre, le prove di lisciviazione dei metalli

pesanti su malte di Eco-Cemento, eseguite secondo i procedimenti JEPA (Japanese

Environment Protection Agency), indicano che le quantità di metalli pesanti lisciviabili

sono nettamente al di sotto dei valori standard previsti.

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COMPOSIZIONE CHIMICA

Tipo di cemento Eco-cemento

Portland Eco-cemento

a rapido indurimento Cemento Portland

Normale (NPC)

p.a.f. 0.6 % 0.8 % 0.6 %

SiO2 19.1 % 15.5 % 22.2 %

Al 2O3 8.1 % 11.0 % 5.1 %

Fe2O3 4.5 % 1.9 % 3.0 %

CaO 62.7 % 58.5 % 63.8 %

MgO 1.4 % 1.4 % 1.4 %

SO3 3.7 % 8.8 % 2.0 %

Na2O 0.05 % 0.60 % 0.30 %

k2O 0.00 % 0.00 % 0.20 %

Cl 0.04 % 1.00 % 0.00 %

COMPOSIZIONE MINERALOGICA

C3S 49 % 44 % 56 %

C2S 12 % 11 % 19 %

C3A 14 % ---- 9 %

C11A11·CaCl2 ---- 17 % ----

C4AF 13 % 8 % 9 %

CaSO4 7.7 % 15.0 % 3.4 %

2002 R. Boncukcuoğlu et al (scarti da vagli rotativi): Sono stati analizzati gli effetti

dell’aggiunta di TSW al clinker sulle proprietà meccaniche del cemento Portland così

realizzato. L’utilizzo di TSW nell’industria del cemento come additivi è stato dunque

testato e confrontato con altri materiali. Risulta che i TSW possono essere usati come

additivi per il cemento fino al 25% in peso.

2005 P.H. Shih et al (fanghi contenenti metalli pesanti): L’effetto del contenuto di metalli

pesanti nel mix di materie prime del cemento sulla formazione cristallina nel processo di

produzione è stato esaminato anche con analisi XRD. È stato trovato che entrambi i

fanghi sono applicabili come sostituti nel mix di alimentazione tramite condizionamento

moderato delle composizioni dei fanghi con molteplici parametri. Con una sostituzione

entro il 15% del mix la formazione della fase di silicato tricalcico (C3S) nel cemento viene

migliorata dall’introduzione di metalli pesanti. Invece, per effetto di una eccessiva

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concentrazione di metalli pesanti (maggiore del 1,5%) nel mix, il C3S cristallino viene

inibito da un’ampia sostituzione con fanghi (maggiore del 15%). Durante il processo di

sinterizzazione, oltre il 90% degli elementi altamente volatili come il piombo evaporano

ad alta temperatura, ma il 90% degli elementi meno volatili come rame, cromo e nichel

rimangono intrappolati nel clinker. Soprattutto, i risultati dei test di percolamento

mostrano che gli elementi intrappolati nei campioni idratati non vengono rilasciati sotto

condizioni di acidità. Il riutilizzo di fanghi contenenti metalli pesanti come materie prime

per il cemento non causerebbe quindi pericolo per lisciviazione dai clinker sinterizzati.

Perciò, questi fanghi avrebbero il potenziale per essere utilizzati come materia prima

alternativa nella produzione del cemento.

2005 K.L. Lin e C.Y. Lin (cenere da fango di rifiuto): In questo studio, sono state studiate

le caratteristiche e le proprietà ingegneristiche di tre tipi di paste di “eco-cemento”, tra

cui resitenza a compressione, grado di idratazione, microstruttura, e confrontate con

quelle del cemento Portland ordinario ASTM di tipo I. I risultati indicano che è fattibile

utilizzare cenere da fango e scorie di acciaieria per sostuire fino al 20% dei componenti

minerari delle materie prime del cemento. Inoltre, tutti i clinker testati hanno soddisfatto

i requisiti inerenti le caratteristiche di tossicità da percolamento. I principali componenti

del cemento Portland, C3S (ad esempio, 3CaO�SiO2), C2S (ad esempio, 2CaO�SiO2), C3A

(ad esempio, 3CaO�Al2O3) e C4AF (ad esempio, 4CaO�Al2O3� Fe2O3), sono stati trovati tutti

nei clinker così prodotti. Tutti e tre i tipi di “eco-cemento” hanno confermato la

produzione di idrossido di calcio (Ca(OH)2) e idrati di silicato di calcio (CSH) durante il

processo di idratazione, aumentando la densità col passare del tempo. I risultati

dell’analisi termica hanno indicato che l’idratazione procede fino a 90 giorni, con

l’aumento della quantità di Ca(OH)2 e CSH. Lo “shift” chimico dei silicati, ed il risultante

grado di idratazione, e l’incremento di lunghezza dei gel di CSH col tempo, sono stati

confermati dalle tecniche Si NMR. La resistenza alla compressione e le valutazioni

microstrutturali, infine, confermano la reale fruibilità degli “eco-cementi”.

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2005 E. Sakai et al (ceneri volanti): Sono state analizzate l’influenza del contenuto in

vetro e la basicità della fase vetrosa sull’idratazione del cemento così prodotto, ed è stata

caratterizzata l’idratazione lungo un ampio periodo. Sono stati usati due tipi di ceneri

volanti con differenti contenuti in vetro, uno con il 38.2% ed un altro con il 76.6%. Il

grado di idratazione delle ceneri aumenta con l’aumento del contenuto in vetro delle

ceneri per campioni lasciati fissare per 270 giorni. Dopo 360 giorni, comunque, i gradi di

reazione delle ceneri volanti mostrano circa gli stessi valori per differenti contenuti in

vetro. Le ceneri influenzano inoltre l’idratazione dei minerali del clinker nel cemento:

mentre l’idratazione dell’alite viene accelerata, quella della belite viene ritardata ad uno

stadio avanzato.

2006 A.S. de Vargas et al (polvere da forno ad arco elettrico - EAFD): Sono stati

determinati tempo di presa e idratazione, ed è stata effettuata una caratterizzazione

mineralogica e microstrutturale, al fine di meglio comprendere l’effetto del residuo sulle

proprietà della pasta di cemento, sia fresca che indurita.

I risultati hanno mostrato che l’EAFD abbassa le reazioni di idratazione del cemento

Portland. Per quanto riguarda le performance meccaniche, è stato verificato che sebbene

l’EAFD ritardi le reazioni di idratazione del cemento nei suoi tempi iniziali, in quelli più

avanzati il trend vede un significativo guadagno in resistenza delle paste contenenti

EAFD.

2007 S. Kourounis et al (scorie di acciaieria): Sono stati studiati il tempo di presa, la

consistenza standard, il flusso di malta normale, l’espansione in autoclave e la resistenza

a compressione a 2, 7, 28 e 90 giorni. I prodotti idratati sono stati identificati con

diffrazione a raggi X mentre l’acqua non evaporabile è stata determinata con TGA. La

microstruttura delle paste di cemento indurite e le loro caratteristiche morfologiche sono

state esaminate al microscopio elettronico.

Si è concluso che questa scoria può essere usata nella produzione di cementi compositi di

classi di resistenza 42.5 e 32.5 (EN 197-1). Inoltre, i cementi prodotti presentano

proprietà fisiche soddisfacenti. La scoria di acciaieria abbassa l’idratazione dei cementi

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tagliati, per effetto della morfologia del C2S contenuto e del basso tenore di silicati di

calcio.

3.3.3. Contributo sia energetico che minerale

2005 K. Gäbel e A.M. Tillman (LCA): Le nove simulazioni effettuate mostrano che l’uso di

materiale di recupero e combustibile alternativo può essere incrementato mantenendo

allo stesso tempo i requisiti correnti per le performance del clinker.

2005 M.A. Trezza e A.N. Scian: Sono state analizzate temperatura di fusione delle

miscele, analisi termica differenziale e analisi termogravimetrica (DTA/TG) durante la

fase di produzione di clinker e dopo l’idratazione, area specifica superficiale al medesimo

tempo di macinazione, diffrazione a raggi X (XRD) e resistenze meccaniche delle paste

elaborate con un rapporto acqua/cemento 0,4. I risultati ottenuti sono stati confrontati

con quelli del clinker ottenuto senza aggiunte, e si è concluso che l’utilizzo di questi

rifiuti, nelle proporzioni e condizioni di quest’analisi, non altera significativamente le

proprietà del clinker. In particolare, il carbone da pirolisi appare adatto ad essere

introdotto con la polvere in alimentazione al forno, senza alterare la resistenza meccanica

finale; un leggero aumento di questo valore, se confrontato con quello originale, è stato

osservato nei tempi brevi (3 giorni). Il “petroleum waste carbon” sembra adatto per il

suo contenuto energetico, sebbene abbia una leggera tendenza peggiorativa sulle

proprietà meccaniche. La miscela combustibile, infine, genera una maggiore cristallinità

nelle fasi principali del clinker: la presenza di C3S più cristallino determina migliori valori

di resitenza alla compressione nei tempi brevi. L’aggiunta di questo tipo di rifuiti richiede

un eccellente controllo della temperatura nella “clinkering zone”, poiché un leggero

eccesso di quest’ultima renderebbe eccessivamente fluido il clinker e potrebbe

danneggiare il rivestimento refrattario del forno.

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3.4. Tecnologie di trattamento adottate ed impatto economico e sociale

Pneumatici

Nel 1997 G. Ferrer descrive il mercato internazionale dei pneumatici, al fine per

identificare i flussi materiali materie prime-pneumatici ed il problema dello smaltimento

dei pneumatici usati. Successivamente, vengono descritte le operazioni che generano un

valore aggiunto nel processo di produzione dei pneumatici e nel processo di ricostruzione

dei pneumatici (retreading). Una volta identificata nel retreading l’unica alternativa di

recupero che massimizzi l’utilizzo dei pneumatici, la generazione di calore è descritta

come alternativa di recupero quando il retreading non è tecnicamente praticabile.

Vengono analizzati i valori economici della generazione di calore in impianti elettrici ed in

forni da cemento, e l’articolo termina con il caso del retreading, il processo di

ricostruzione dei pneumatici e la raccomandazione di una semplice regola decisionale per

selezionare il numero di volte che un pneumatico debba essere ricostruito per

massimizzare il suo utilizzo. Per quanto concerne l’utilizzo dei pneumatici in cementeria,

viene evidenziata una sostituzione calorica di circa il 20÷25% del combustibile

tradizionale sia in Europa (Germania, Francia) che nei paesi extra-europei (Stati Uniti,

Canada, Giappone).

Nel 2004 A. Cook e J. Kemm hanno pubblicato un articolo sulla valutazione di impatto

sanitario della proposta di combustione di pneumatici in un impianto per la produzione di

cemento.

Un impianto situato in una cittadina inglese infatti aveva presentato domanda per

l’inclusione nell’autorizzazione dell’utilizzo di pneumatici sminuzzati come parziale

sostituenti del carbone; l’autorità sanitaria locale aveva così richesto una procedura di

Health Impact Assessment (HIA), in conformità al regolamento IPPC (Integrated

Pollution Prevention and Control).

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La procedura ha concluso che la proposta difficilmente avrebbe causato impatti negativi.

L’intenzione di essere imparziale e l’incapacità di confermare o smentire i timori per la

salute in realtà deluse molti residenti.

RDF

J. Dorn, nel 1977, si mostrava dubbioso sul fatto che i forni da cemento potessero

competere con successo con gli impianti di incenerimento per RDF, dalla maggiore

capacità e localizzati più vicino ai centri urbani. Secondo le sue considerazioni, in casi

specifici in cui una cementeria sia l’unico “game in town”, un programma a lungo termine

potrebbe risultare di mutuo vantaggio con la comunità. Le molte complicazioni

conseguenti avrebbero reso economicamente insicura la conversione di un forno da

cemento ad un’alimentazione combinata di RDF e combustibile fossile. Inoltre, le

imminenti carenze di materie prime di base avrebbero a suo avviso dettato un crescente

interesse per la raccolta differenziata e il riciclo delle frazioni merceologiche dei rifiuti

urbani. L’economia fluttuante dell’industria del legno e della cellulosa avrebbe poi potuto

fornire una stabilità troppo scarsa per gli investimenti di capitale necessari per convertire

i forni di cemento a consumatori di RDF.

1990 C.A.C. Haley: L’autore riporta che in Germania RDF in fiocchi viene impiegato

commercialmente, fornito in balle, nei forni da cemento. L’esempio della cementeria di

Westbury (UK) dimostra la piena accettazione della popolazione della contea di Wiltshire

(500000 abitanti) che è stata molto soddisfatta di aver concluso con la cementeria un

contratto di 10 anni.

1993 F.C. Lockwood: Allo stato corrente, secondo Lockwood non sembrava che ci fosse

un vantaggio economico nel bruciare RDF. Ad ogni modo, se i rifiuti solidi urbani

(Municipal Solid Waste, MSW) sono generati in grandi quantità ed un supporto finanziario

viene fornito dalle autorità locali per coprire i costi di investimento/gestione, bruciare RDF

in forni da cemento sarebbe diventato economicamente attraente ed attuabile.

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2003 E. Mokrzycki: L’esperienza accumulata dagli impianti di Lafarge Cement Poland Ltd

conferma che queste attività sono vantaggiose sia dal punto di vista economico che da

quello ecologico. In media, l’energia richiesta per la produzione di una tonnellata di

cemento è stimata intorno a 3.3 GJ, che corrisponde a circa 120 kg di carbone. I costi

energetici costituiscono circa il 30-40% dei costi totali per la produzione del cemento.

L’impiego di combustibili alternativi consente dunque di ridurre i costi di produzione.

L’uso di rifiuti come combustibili nell’industria del cemento comporta non solo benefici dal

punto di vista economico, ma anche dal punto di vista sociale. Questa opzione di gestione

dei rifiuti può ridurre il numero dei siti di smaltimento, limitare l’espansione di quelli

esistenti ed evitare la necessità di costruire impianti di incenerimento.

Nel 2007 A. Garg et al hanno pubblicato un articolo sul quadro politico per combustibile

solido da rifiuto (Solid Recovered Fuel, SRF) in Europa, alla luce delle implicazioni

britanniche.

Gli stati membri dell’Unione Europea stanno adottando il trattamento meccanico-biologico

dei rifiuti solidi urbani (Municipal Solid Waste, MSW) per adeguarsi agli obiettivi della

direttiva LD (EU Landfill Directive). È stato esaminato il quadro politico per combustibile

solido da rifiuto SRF derivante da MSW, composto da carta, plastica e fibre tessili,

nell’industria energy-intensive. Un combustibile SRF dal potere calorifico superiore

relativamente alto (15-18 MJ/kg) possiede il potenziale per sostituire parzialmente i

combustibili fossili nelle industrie energy-intensive, così come MSW in impianti di

combustione dedicati. Tentativi di classificare le proprietà del combustibile da parte delle

organizzazioni degli standard europei (CEN) considerano il potere calorifico inferiore e

contenuto di cloro e mercurio. Ad ogni modo, le dimensioni delle particelle, l’umidità, e la

composizione del combustibile richiedono anch’essi attenzione e futuri studi dovranno

valutare questi parametri. Sono state analizzate in maniera critica le implicazioni dell’uso

di SRF come co-combustibile in processi termici. Un’analisi termodinamica illumina sulla

realizzabilità tecnica ed ambientale della co-combustione di SRF in centrali a carbone e

forni da cemento. I risultati indicano che l’uso di SRF come co-combustibile può ridurre in

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maniera significativa il riscaldamento globale ed il potenziale di acidificazione.

Quest’analisi politica è di interesse per manager di rifiuti, specialisti politici, regolatori, e

l’intera comunità di ricerca nel campo del waste management.

Residui da demolizione

2007 B. Boughton: Una valutazione economica di un sistema di separazione full-scale ha

mostrato che il trattamento dell’SRF risulta essere economicamente marginale

considerando i soli costi evitati di messa in discarica. Ad ogni modo, benefici economici

significanti risulterebbero dal recupero ulteriore di materiali ferrosi e non (precisamente,

rame).

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4. Conclusioni

Tra le varie tipologie di rifiuti impiegati come combustibili individuati dalla nostra

legislazione, la letteratura internazionale esaminata ne prende in considerazione solo

alcune:

o pneumatici,

o RDF,

o tappeti e moquettes,

o solventi.

Dei suddetti rifiuti, vengono messe in evidenza le caratteristiche necessarie all’utilizzo,

nonché i vantaggi soprattutto in termini di risparmio energetico e di riduzione di

emissioni da combustibili fossili che vengono evitate.

Il loro utilizzo nei forni da cemento trova giustificazione nelle particolari caratteristiche

del processo di produzione del clinker:

o elevata temperatura (1500°C nel clinker, 1800°C nei gas di combustione

o elevato tempo di permanenza

o ambiente alcalino del forno

In alcuni articoli vengono evidenziati gli effetti evitati tramite analisi LCA, in particolare

per i pneumatici e l’RDF. Inoltre sono individuati i limiti di applicabilità in percentuale di

alcuni combustibili.

Per quanto riguarda i rifiuti utilizzati come materie prime gli studi internazionali si

riferiscono ad una tipologia abbastanza limitata quali:

o scorie d’altoforno,

o piastrelle ceramiche di scarto,

o scarti di vagli rotativi,

o fanghi contenenti metalli pesanti,

o cenere da fango di rifiuti,

o ceneri volanti in aggiunta al cemento,

o polveri da forno ad arco,

o terreni contaminati,

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o residui da demolizione.

In tutti gli studi vengono evidenziati i risparmi energetici, di rifiuti solidi, l’ininfluenza sule

emissioni atmosferiche e sulla qualità del clinker.

L’esame delle pubblicazioni con riferimento alle emissioni ha ancora messo in evidenza

l’ininfluenza dell’impiego di combustibili da rifiuto nei forni da cemento. Anzi, in alcuni

casi (RDF) ciò può portare a benefici ambientali per quanto riguarda la riduzione di NOX e

SOX. Per i pneumatici si registra da un’analisi statistica un lieve aumento di NOX, SOX e

CO, sempre però entro i limiti di legge, non confermato però da esperienze tecniche nel

settore, mentre per l’RDF è possibile riscontrare un incremento emissivo di metalli

pesanti, ma con diretta dipendenza da composizione e qualità del rifiuto. Alcune

simulazioni mostrano poi che le emissioni di CO2, NOX, SOX, CO e CH4 potrebbero anche

essere ridotte dal 30 all’80% a seconda dell’uso di materiale da recupero e combustibile.

Per quanto concerne l’influenza sulla qualità del prodotto, i lavori esaminati dimostrano

che non si riscontra nessun cambiamento causato dall’alimentazione di combustibili quali

pneumatici ed RDF nei forni da clinker. Anche per quanto riguarda la presenza di metalli

pesanti nel prodotto finale il pericolo ambientale di una lisciviazione si è dimostrato

inconsistente e non si sono riscontrate differenze nelle proprietà chimiche e fisiche né nel

prodotto clinker né nel cemento e calcestruzzo.

Allo stesso modo, anche per l’impiego di rifiuti nelle materie prime gli studi esaminati

hanno dimostrato che le proprietà chimico-fisiche del cemento prodotto sono conformi

agli standard. Anche i test di lisciviazione dimostrano che i metalli intrappolati nel clinker

non vengono rilasciati. Gli stessi risultati soddisfacenti per il prodotto si hanno nel caso di

impiego sia energetico che minerale nell’alimentazione dei forni ad cemento.

Gli studi che affrontano problematiche economico-sociali evidenziano in generale la prima

accettazione della popolazione coinvolta sull’impiego dei rifiuti nei forni da cemento sia

sotto forma di combustibile che sotto forma di materia prima. Le autorità locali

dimostrano molto interesse verso questo impiego tanto che in alcuni casi viene fornito un

supporto finanziario per coprire sia i costi di investimento che quelli di gestione.

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Uno studio recente evidenzia poi come il combustibile da rifiuto impiegato come co-

combustibile può ridurre in maniera significativa il potenziale di riscaldamento globale ed

il potenziale di acidificazione.

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5. Riferimenti bibliografici

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Stato dell’arte dell’impiego dei rifiuti nell’industria cementiera (nel ciclo dei combustibili e delle materie prime)

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1. Generalità

Lo smaltimento dei rifiuti è senza dubbio un tema ambientale di massimo rilievo per la

collettività, per le pubbliche istituzioni, e per le realtà industriali che sono alla ricerca di

soluzioni ecologiche che si dimostrino valide nel tempo.

Con l’impiego dei rifiuti nel ciclo di produzione del cemento, l’industria cementiera

partecipa da numerosi anni allo sforzo collettivo per il risparmio di risorse naturali e lo

smaltimento dei rifiuti.

L’utilizzo dei rifiuti in cementeria viene effettuato sotto condizioni particolarmente

rigorose. Non sono infatti utilizzati altri rifiuti se non quelli selezionati per la loro

compatibilità con il processo e la qualità del prodotto finale.

Il processo di produzione del cemento consente di utilizzare i rifiuti in parziale

sostituzione delle materie prime, e in sostituzione dei combustibili tradizionali.

Il presente documento è articolato in diversi capitoli e paragrafi che illustrano alcuni

aspetti evidenziati da vari autori sull’impiego dei rifiuti nell’industria cementiera come

combustibili (cap. 3.1.1) e come materie prime (cap. 3.1.2) ovvero:

o livelli di emissione e monitoraggio (3.2)

o influenza sulla qualità del prodotto finale (3.3)

o tecnologie di trattamento adottate ed impatto economico-sociale (3.4)

Il documento riporta al capitolo 2 un estratto della legislazione nazionale riguardante

l’impiego dei rifiuti nell’industria cementiera con lo scopo di semplificare la consultazione

della legge agli addetti ai lavori.

Nelle conclusioni (cap. 4) vengono evidenziati gli aspetti positivi e le criticità riscontrati

dai vari autori riguardo l’utilizzo dei rifiuti nell’industria cementiera.

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2. Legislazione nazionale

Nell’ambito delle attività di recupero dei rifiuti non pericolosi è necessario fare riferimento

al D.M. 5 febbraio 1998 “Individuazione dei rifiuti non pericolosi sottoposti alle procedure

semplificate di recupero ai sensi degli articoli 31 e 33 del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n.22”,

viste le modifiche apportate da DmAmbiente 9 gennaio 2003, DmAmbiente 27 luglio

2004 e DmAmbiente 5 aprile 2006 n.186. Le modifiche al D.M. 5 febbraio 1998, in vigore

dal 3 giugno 2006, sono state apportate dal Dicastero in accoglimento delle censure

mosse dalla Corte Ue, che con sentenza 7 ottobre 2004 aveva sancito l'inesatta

individuazione sul piano nazionale di tipi e quantità massime di rifiuti non pericolosi

sottoponibili a procedure semplificate.

2.1. Tipologie di rifiuti ammessi nei cementifici

Sulla base del Decreto ministeriale 5 febbraio 1998 e successive modifiche ed

integrazioni (testo vigente al 3 giugno 2006), è possibile individuare i limiti quantitativi

per le operazioni di recupero di materia in cementifici, riportati nell’allegato 4 al decreto

(tabelle 1 e 3). Tali quantità possono essere oggetto di aggiornamento annuale, anche

per tenere conto dell’esigenza di incentivare il recupero dei rifiuti.

I valori sono stati enucleati dal decreto in quanto riferiti ai cementifici.

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2.1.1. Combustibili

Tabella 1

Allegato 4– Suballegato 1 (aggiunto dal D.M. n. 186/2006)

Determinazione delle quantità massime di rifiuti non pericolosi di cui all’allegato 1, suballegato 1 del dm 5/2/1998

ATTIVITÀ DI RECUPERO: CEMENTIFICI

Tipologia Codice Rifiuto Descrizione Quantità (t/a)

1, All. 2 [191210] Combustibile derivato da rifiuti 10.000

13.26 [010410] [100318] [110203] [161102]

Rifiuti a base di carbone costituiti da scarti di catodi anodi, spezzoni di carbone amorfo, coke, calcinato di petrolio, suole di carbone usate e materiali incombustibili dell’alluminio

2.000

Tabella 2

Allegato 4– Suballegato 2 (aggiunto dal D.M. n. 186/2006)

Determinazione delle quantità massime di rifiuti non pericolosi di cui all’allegato 2, suballegato 1 del dm 5/2/1998

Attività di recupero

Tipologia Codice rifiuto

Descrizione Quantità (t/a)

1 [191210] (CDR) 25.000

2 [190699] biogas (motori fissi a combustione interna)

11.300 mc

Utilizzo dei rifiuti come combustibile o come altro mezzo per produrre energia in impianti industriali

3 [020103] [020107] [020301] [020303] [020304] [020701] [020704]

scarti vegetali 500

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4 [030101] [030105] [030301] [150103] [170201] [200138]

rifiuti della lavorazione del legno e affini non trattati

40.000

6 [030105] [200138]

rifiuti della lavorazione del legno e affini trattati

80.000

7 [020304] rifiuti della lavorazione del tabacco

20

9 [030307] [030310]

scarti di pulper 150.000

Il Decreto ministeriale 5 febbraio 1998 regolamenta così le norme tecniche per

l'utilizzazione dei rifiuti non pericolosi come combustibili o come altro mezzo per produrre

energia (allegato 2 – suballegato 1):

Tipologia 1: combustibile derivato da rifiuti (CDR) [191210].

Provenienza: impianti di produzione di CDR di cui al punto 14 dell'allegato 1. Caratteristiche del rifiuto: combustibile ottenuto da rifiuti con le seguenti caratteristiche (corrispondenti all'RDF di qualità normale di cui alla norma UNI 9903-1):

P.C.I. minimo sul tal quale 15.000 kJ/kg

Umidità in massa max 25%

Cloro in massa max 0,9%

Zolfo in massa max 0.6%

Ceneri sul secco in massa max 20%

Pb (volatile) sul secco in massa max 200 mg/kg

Cr sul secco in massa max 100 mg/kg

Cu (composti solubili) sul secco in massa max 300 mg/kg

Mn sul secco in massa max 400 mg/kg

Ni sul secco in massa max 40 mg/kg

As sul secco in massa max 9 mg/kg

Cd+Hg sul secco in massa max 7 mg/kg.

Per ciascuna partita di CDR deve essere certificata la temperatura di rammollimento delle ceneri.

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Tel.: +39 010 353.2909; Fax: +39 010 353.2586 Pagina 6 di 61

Attività e metodi di recupero: il recupero energetico può essere effettuato attraverso la combustione alle seguenti condizioni:

o impianti dedicati a recupero energetico dei rifiuti di potenza termica nominale non inferiore a 10 MW;

o impianti industriali di potenza termica nominale non inferiore a 20 MW per la co-combustione.

Gli impianti devono essere provvisti di: o bruciatore pilota a combustibile gassoso o liquido (non richiesto nei forni

industriali); o alimentazione automatica del combustibile; o regolazione automatica del rapporto aria/combustibile anche nelle fasi di

avviamento (non richiesto nel forni industriali); o controllo in continuo dell'ossigeno, del monossido di carbonio, delle polveri, ossidi di

azoto. acido cloridrico, della temperatura nell'effluente gassoso, nonché degli altri inquinanti di cui al suballegato 2, paragrafo 1, lettera a), nonché della temperatura nella camera di combustione.

Devono inoltre garantire in tutte le condizioni di esercizio i seguenti requisiti minimi operativi: o temperatura minima dei gas nella camera di combustione di 850 °C raggiunta

anche in prossimità della parete interna; o tempo di permanenza minimo dei gas nella camera di combustione di 2 secondi.

Tipologia 2: Biogas [190699].

Provenienza: Fermentazione anaerobica metanogenica di rifiuti a matrice organica in processi di cui al punto 15 dell'allegato 1 o da discarica. Caratteristiche del gas: Gas combustibile avente le seguenti caratteristiche:

o Metano min. 30% vol o H2S max 1.5% vol o P.C.I. sul tal quale min 12.500 kJ/Nm3

Attività e metodi di recupero: L'utilizzazione di biogas è consentita in impianti di conversione energetica di potenza termica nominale superiore a 0,5 MW, anche integrati con il sistema di produzione del gas.

Tipologia 3: Scarti vegetali [020103] [020107] [020301] [020303] [020304] [020701]

[020704].

Provenienza: Attività agricole, forestali e di prima lavorazione di prodotti agroalimentari; impianti di estrazione di olio di vinaccioli, industria distillatoria, industria enologica e ortofrutticola, produzione di succhi di frutta e affini, industria olearia. Caratteristiche del rifiuto: Residui colturali pagliosi (cereali, leguminose da granella, piante oleaginose, ecc.); residui colturali legnosi (sarmenti di vite, residui di potature di piante da frutto, ecc.); residui da estrazione forestale; residui-colturali diversi (stocchi e tutoli di mais, steli di sorgo, di tabacco, di girasole, di canapa, di cisto, ecc.); residui di lavorazione (pula, lolla, residui fini di trebbiatura, gusci, ecc.), sanse esauste, vinacce esauste, vinaccioli, farina di vinaccioli, residui di frutta, buccette e altri residui vegetali.

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Attività e metodi di recupero: Il recupero energetico del rifiuto può essere effettuato attraverso la combustione alle seguenti condizioni: impianti dedicati al recupero energetico di rifiuti o impianti industriali. Detti impianti dovranno essere provvisti di:

o bruciatore pilota a combustibile gassoso o liquido (non richiesto nei forni industriali);

o alimentazione automatica del combustibile; o regolazione automatica del rapporto aria/combustibile anche nelle fasi di

avviamento (non richiesto nei forni industriali); o controllo in continuo del monossido di carbonio, dell'ossigeno e della temperatura

nell'effluente gassoso (non obbligatorio per gli impianti di potenza termica nominale inferiore a 1 MW); negli impianti oltre i 6 MWt controllo in continuo anche degli ossidi di azoto e degli altri inquinanti di cui al suballegato 2, paragrafo 1 1, lettera a), ad esclusione del fluoruro di idrogeno.

Tipologia 4: Rifiuti della lavorazione del legno e affini non trattati [030101] [030105]

[030301] [150103] [170201] [200138].

Provenienza: Industria della carta, del sughero e del legno (I a e II a lavorazione, produzione pannelli di particelle, di fibra e compensati, mobili, semilavorati per il mobile, articoli per l'edilizia, pallets ed imballaggi, ecc.). Caratteristiche del rifiuto: Scarti anche in polvere a base esclusivamente di legno vergine o sughero vergine o componenti di legno vergine. Attività e metodi di recupero: vedi tipologia 3

Tipologia 6: Rifiuti della lavorazione del legno e affini trattati [030105] [200138].

Provenienza: Industria del legno (I a e II a lavorazione, produzione pannelli di particelle, di fibra e compensati, mobili, semilavorati per il mobile, articoli per l'edilizia, ecc.) Caratteristiche del rifiuto: Scarti e agglomerati anche in polvere a base esclusivamente legnosa e vegetale contenenti un massimo di resine fenoliche dell'1% e privi di impregnanti a base di olio di catrame o sali CCA, aventi inoltre le seguenti caratteristiche:

o un contenuto massimo di resine urea-formaldeide o melanina-formaldeide o urea-melanina-formaldeide del 20% (come massa secca/massa secca di pannello);

o un contenuto massimo di resina a base di difenilmetandiisocianato dell'8% (come massa secca/massa secca di pannello);

o un contenuto massimo di Cloro dello 0,9% in massa o un contenuto massimo di additivi (solfato di ammonio, urea esametilentetrammina)

del 10% (come massa secca/massa secca di resina).

Attività e metodi di recupero: Il recupero energetico del rifiuto può essere effettuata attraverso la combustione alle seguenti condizioni: impianti dedicati al recupero energetico di rifiuti o impianti industriali di potenza termica nominale non inferiore a 1 MW. Detti impianti devono essere provvisti di:

o bruciatore pilota a combustibile gassoso o liquido (non richiesto nei forni industriali); - alimentazione automatica del combustibile;

o regolazione automatica del rapporto aria/combustibile anche nelle fasi di avviamento (non richiesto nei forni industriali);

o controllo in continuo del monossido di carbonio, dell'ossigeno e della temperatura nell'effluente gassoso; negli impianti oltre i 6 MWt controllo in continuo degli ossidi di azoto e degli altri inquinanti di cui al suballegato 2, paragrafo 1, lettera a).

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Tipologia 7: Rifiuti della lavorazione del tabacco [020304].

Provenienza: Trasformazione industriale del tabacco e la fabbricazione di prodotti da fumo Caratteristiche del rifiuto: Scarti e cascami di lavorazioni costituiti dalle polveri, fresami e costoline di tabacco vergine e rigenerato, provenienti dalla trasformazione industriale del tabacco e dalla fabbricazione di prodotti da fumo aventi un P.C.I. (potere calorifico inferiore) sul secco minimo di 8.000 kJ/kg ed una umidità massima del 16%. Attività e metodi di recupero: vedi tipologia 3

Tipologia 9: Scarti di pulper [030307] [030310]

Provenienza: Industria della carta Caratteristiche del rifiuto: Scarti di cartiera, derivanti dallo spappolamento della carta da macero costituiti da una miscela di materiali plastici, legno, residui di carta, frammenti di vetro, materiale ghiaioso e metallico aventi le seguenti caratteristiche:

Umidità in massa max 40%

P.C.I. minimo sul tal quale 12.500 kJ/kg

Ceneri sul tal quale in massa max 10%

Cloro sul tal quale in massa max 0.9%

Zolfo sul tal quale in massa max 0.5%

Pb+Cr+Cu+Mn+Zn sul tal quale in massa max 900 mg/kg

Pb sul secco max 200 mg/kg

Cr sul secco max 50 mg/kg

Cu sul secco max 300 mg/kg

Mn sul secco max 150 mg/kg

Ni sul secco max 20 mg/kg

As sul secco max 9 mg/kg

Cd+Hg sul secco max 7 mg/kg

Attività e metodi di recupero: Il recupero energetico del rifiuto può essere effettuato attraverso la combustione in impianti dedicati al recupero energetico di rifiuti di potenza termica nominale non inferiore a 6 MW. Detti impianti devono essere provvisti di:

o bruciatore pilota a combustibile gassoso o liquido; o alimentazione automatica di combustibile; o regolazione automatica del rapporto aria/combustibile anche nelle fasi di

avviamento; o controllo continuo dell'ossigeno, del monossido di carbonio, ossidi di azoto, della

temperatura nell'effluente gassoso, degli altri inquinanti di cui al suballegato 2, paragrafo 1, lettera a) nonché della temperatura nella camera di combustione.

Gli impianti devono garantire in tutte le condizioni di esercizio i seguenti requisiti: o temperatura minima dei gas nella camera di combustione di 850�C raggiunta anche

in prossimità della parete interna;

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o tempo di permanenza minimo dei gas nella camera di combustione di 2 secondi; o tenore di ossigeno nei fumi min. 6% in volume.

2.1.2. Materie prime

Tabella 3

Allegato 4– Suballegato 1 (aggiunto dal D.M. n. 186/2006)

Determinazione delle quantità massime di rifiuti non pericolosi di cui all’allegato 1, suballegato 1 del dm 5/2/1998

ATTIVITÀ DI RECUPERO: CEMENTIFICI

Tipologia Codice Rifiuto Descrizione Quantità (t/a)

4.1 [060902] [100601] [100602] [100809] [100811] [101003]

Scorie provenienti dall’industria della metallurgia dei metalli non ferrosi, ad esclusione di quelle provenienti dalla metallurgia termica del Pb, Al e Zn; scorie dalla produzione del fosforo; scoria cubilot

10.700

4.4 [100201] [100202] [100903]

Scorie di acciaieria, scorie provenienti dalla fusione in forni elettrici, a combustibile o in convertitori a ossigeno di leghe di metalli ferrosi e dai successivi trattamenti di affinazione delle stesse

25.000

4.7 [100305] Polvere di allumina 30.000

5.14 [100210] [120101] [120102] [120103]

Scaglie di laminazione e stampaggio 15.000

5.17 [100202] Loppa d’altoforno non rispondente agli standard delle norme UNI ENV 197/1

25.000

5.18 [100299] Residui di minerali di ferro 500

7.2 [010399] [010408] [010410] [010413]

Rifiuti di rocce da cave autorizzate 40.000

7.4 [101203] [101206] [101208]

Sfridi di laterizio cotto ed argilla espansa

2.000

7.5 [101099] [101299] Sabbie esauste 5.000

7.7 [050110] [060503] [070712]

Rifiuti costituiti da carbonati ed idrati di calcio, silici colloidali

2.500

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7.8 [060316] [070199] [116102] [161104] [161106]

Rifiuti di refrattari, rifiuti di refrattari da forni per processi ad alta temperatura

2.700

7.10 [120101] [120102] [120103] [120104] [120117] [120121]

Sabbie abrasive di scarto e granulati, rottami e scarti di mole abrasive

2.000

7.11 [170508] Pietrisco tolto d’opera 2.560

7.12 [101206] [101299] [101399] [170802] [200301]

Calchi in gesso esausti 1.000

7.13 [101399] [170802] Sfridi di produzione di pannelli di gesso; demolizione edifici

9.000

7.14 [010504] [010507] [170504]

Detriti di perforazione 10.000

7.15 [010504] [010507] Fanghi di perforazione 500

7.16 [020402] [020499] [020799]

Calci di defecazione 300

7.17 [010102] [010308] [010408] [010410] [020402] [020499] [020701] [020799] [100299]

Rifiuti costituiti da pietrisco di vagliatura del calcare

10.000

7.22 [060899] [100208] Rifiuti da abbattimento fumi di industrie siderurgiche (silica fumes)

3.500

7.25 [100299] [100906] [100908] [100910] [100912] [161102] [161104]

Terre e sabbie esauste di fonderia di seconda fusione dei metalli ferrosi

73.000

7.28 [160801] [160803] [160804]

Supporti inerti di catalizzatori 2.000

7.30 [170506] [200303] Sabbia e conchiglie che residuano dalla vagliatura dei rifiuti provenienti dalla pulizia degli arenili

56.950

11.2 [020399] Terre e farine fossili disoleate 1.000

12.1 [030302] [030305] [030309] [030310] [030399]

Fanghi da industria cartaria 500

12.3 [010410] [010413] Fanghi e polveri da segagione e 61.000

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lavorazione pietre, marmi e ardesie

12.4 [010410] [010413] Fanghi e polveri da segagione, molatura e lavorazione granito

25.000

12.5 [010413] Marmoresine 25.000

12.6 [080202] [080203] [101203] [101205] [101210] [101299]

Fanghi, acque, polveri e rifiuti solidi da processi di lavorazione e depurazione acque ed emissioni aeriformi da industria ceramica

2.000

12.7 [010102] [010409] [010410] [010412]

Fanghi costituiti da inerti 5.000

12.8 [060503] [061399] [070112] [070212] [070312] [070412] [070512] [070612] [070712] [100121] [190812] [190814]

Fanghi da trattamento acque di processo

1.620

12.11 [100212] [120115] Fanghi da processi di pulizia manufatti in acciaio, decantazione acque di raffreddamento dei processi dell’industria siderurgica

5.000

12.12 [100214] [100215] Fanghi da abbattimento polveri da lavorazione terre per fonderie di metalli ferrosi

200

12.13 [190802] [190902] [190903]

Fanghi da impianti di decantazione, chiarificazione e decarbonatazione delle acque per la preparazione di acqua potabile o di acqua addolcita, demineralizzata per uso industriale

25.000

12.14 [060503] Fanghi da trattamento sul posto degli effluenti

1.000

12.16 [050110] [061503] [070112] [070212] [070312] [070412] [070512] [070612] [070712] [100121] [190812] [190814]

Fanghi di trattamento acque reflue industriali

6.000

12.17 [100208] [100214] [100215] [110110] [110112] [110114]

Fanghi da trattamento acque di processo e da abbattimento emissioni aeriformi da industria siderurgica e metalmeccanica

12.500

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13.1 [100101] [100102] [100103] [100115] [100117]

Ceneri dalla combustione di carbone e lignite, anche additivati con calcare e da cocombustione con esclusione dei rifiuti urbani ed assimilati tal quali

165.000

13.2 [100101] [100103] [100115] [100117] [190112] [190114]

Ceneri dalla combustione di biomasse (paglia, vinacce) ed affini, legno, pannelli, fanghi di cartiere

20.000

13.3 [190112] Ceneri pesanti da incenerimento di rifiuti solidi urbani e assimilati e da CDR

12.000

13.5 [061199] [100299] Rifiuti di solfato di calcio da pigmenti inorganici

8.000

13.6 [060699] [061101] [061199] [100105] [100107] [101210]

Gessi chimici da desolforazione di effluenti liquidi e gassosi

40.000

13.7 [060314] [060503] [061399] [100324]

Gessi chimici 2.000

13.9 [060503] [061399] Rifiuti di solfato di calcio da depurazione soluzioni di cloruro di sodio

500

13.10 [060314] Biscotti fluoritici 4.800

13.11 [060899] [100811] Silicato bicalcico 5.000

13.16 [010399] [060314] Rifiuti di minerali di bario ridotti 1.000

13.18 [060316] Polveri di ossidi di ferro 5.000

13.27 [101203] [101205] [101210]

Rifiuti da depurazione fumi dell’industria dei laterizi

800

2.2. Limiti alle emissioni

Il Decreto ministeriale 5 febbraio 1998 fornisce anche valori limite e prescrizioni per le

emissioni in atmosfera generate da attività di recupero di rifiuti non pericolosi. La

determinazione dei valori limite per le emissioni conseguenti al recupero di materia dai

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rifiuti non pericolosi in processi termici come la produzione di cemento è la seguente

(ALLEGATO 2, SUBALLEGATO 2 – DM 5/02/08):

Il valore limite per ciascun agente inquinante e per il monossido di carbonio presenti nelle emissioni risultanti dal recupero di rifiuti non pericolosi sono convenzionalmente calcolati in base alla percentuale di rifiuto impiegata nel ciclo produttivo rispetto al totale della materia alimentata all'impianto secondo la formula seguente:

C = [(A rifiuti * C rifiuti) + (A processo W * C processo)] / (A rifiuto + A processo)

A rifiuto= quantità oraria (espressa in massa) dei rifiuti non pericolosi alimentati all'impianto corrispondente alla quantità massima prevista nella comunicazione. C rifiuti= valori limite di emissione stabiliti nella successiva tabella. A processo= quantità oraria (espressa in massa) di materia alimentata all'impianto (esclusi i rifiuti) corrispondente alla quantità` prevista nella comunicazione. C processo= valori limite di emissione per gli agenti inquinanti e del monossido di carbonio nei gas emessi dagli impianti quando vengono utilizzate materie prime tradizionali ovvero materie prime e prodotti (esclusi i rifiuti) conformi ai valori minimi contenuti nelle disposizioni nazionali legislative, regolamentari e amministrative ridotti del 10%. Nel caso siano più restrittivi, si applicano i valori limite di emissione che figurano nell'autorizzazione ex D.P.R. n. 203 del 1988 ridotti del 10%. Se i valori degli inquinanti e del CO e COT non sono fissati si utilizzano le emissioni reali ridotte del 10%. I valori di C processo sono riferiti allo stesso tempo di mediazione previsto alla successiva tabella. C= valore limite totale delle emissioni per CO e per gli altri inquinanti riferiti allo stesso tempo di mediazione previsto alla successiva tabella. Il tenore di ossigeno di riferimento è quello relativo al processo se non diversamente individuato in conformità al D.M. 12 luglio 1990.

Durante il funzionamento degli impianti non devono essere superati:

a) valori medi giornalieri:

1) polvere totale 10 mg/m3

2) sostanze organiche sotto forma di gas e vapori, espresse come carbonio organico totale (COT)

10 mg/m3

3) cloruro di idrogeno (HCl) 10 mg/m3

4) floruro di idrogeno (HF) 1 mg/m3

5) biossido di zolfo (SO2) 50 mg/m3

b) valori medi su 30 minuti: A B

1) polvere totale 30 mg/m3 10 mg/m3

2) sostanze organiche sotto forma di gas e vapori, espresse come carbonio organico totale (COT)

20 mg/m3 10 mg/m3

3) cloruro di idrogeno (HCl) 60 mg/m3 10 mg/m3

4) floruro di idrogeno (HF) 4 mg/m3 2 mg/m3

5) biossido di zolfo (SO2) 200 mg/m3 50 mg/m3

c) valori medi durante il periodo di campionamento di 30 minuti come minimo e di 8 ore come massimo:

1) cadmio e i suoi composti, espressi come cadmio totale

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(Cd)

2) tallio e i suoi composti, espressi come tallio (Tl) 0.05mg/m3

3) mercurio e i suoi composti, espressi come mercurio (Hg) 0.05mg/m3

4) antimonio e i suoi composti, espressi come antimonio (Sb)

5) arsenico e i suoi composti, espressi come arsenico (As)

6) piombo e suoi composti, espressi come piombo (Pb)

7) cromo e suoi composti, espressi come (Cr)

8) cobalto e suoi composti, espressi come cobalto (Co)

9) rame e suoi composti, espressi come rame (Cu)

10) manganese e suoi composti, espressi come manganese (Mn)

11) nichel e suoi composti, espressi come nichel (Ni)

12) vanadio e suoi composti, espressi come vanadio (V)

13) stagno e suoi composti, espressi come stagno (Sn)

totale 0.5mg/m3

Questi valori medi si applicano anche ai metalli ed ai loro composti presenti nelle emissioni anche sotto forma di gas e vapore. Durante il funzionamento degli impianti non devono essere superati i seguenti valori limite per le concentrazioni di monossido di carbonio (CO):

a) 50 mg/Nm3 di gas di combustione determinati come valore medio giornaliero;

b) 100 mg/Nm3 di gas di combustione di tutte le misurazioni determinate come valori medi su 30 minuti.

Non si deve tener conto degli agenti inquinanti e di CO che non derivano direttamente dalla utilizzazione di rifiuti come pure di CO se:

o maggiori concentrazioni di CO nel gas di combustione sono richieste dal processo di produzione;

o il valore C rifiuti (come precedentemente definito) per le diossine e i furani è rispettato. I valori limite di emissione sono rispettati:

o se tutti i valori medi giornalieri non superano i valori limite di emissione stabiliti nella tabella di cui sopra, lett. a), e al paragrafo di cui sopra, lett. a), e

o tutti i valori medi su 30 minuti non superano i valori limite di emissione di cui alla colonna A, in tabella., lett. b), ovvero il 97% dei valori medi su 30 minuti rilevati nel corso dell'anno non superano i valori limite di emissione di cui alla colonna B in tabella, lett. b),

o se tutti i valori medi rilevati nel periodo di campionamento di cui in tabella, lett. c), non superano i valori limite di emissione stabiliti in tale capoverso se è rispettata la disposizione di cui al paragrafo 2.4., lett. b).

In ogni caso, tenuto conto dei rifiuti di cui viene effettuato il recupero, il valore limite totale delle emissioni (C) deve essere calcolato in modo da ridurre al minimo le emissioni nell'ambiente. Per il tenore di ossigeno di riferimento è comunque fatto salvo quanto disposto all'art. 3, comma 2, del D.M 12 luglio 1990.

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Per il calcolo del valore di emissione di PCDD+PCDF come diossina equivalente si fa riferimento all'allegato 1 della direttiva 94/67/CE. Il valore limite di emissione per gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA) si riferisce alla somma dei seguenti:

o Benz [a] antracene o Dibenz [a, h] antracene o Benzo [b] fluorantene o Benzo [j] fluorantene o Benzo [k] fluorantene o Benzo [a] pirene o Dibenzo [a, e] pirene o Dibenzo [a, h] pirene o Dibenzo [a, i] pirene o Dibenzo [a, l] pirene o Indeno [1, 2, 3 - cd] pirene

Fermo restando quanto disposto dalla decisione della Commissione concernente i metodi di misurazione armonizzati per la determinazione delle concentrazioni di massa di diossine e furani (C (97) 1159 def), relativamente ai metodi di campionamento, analisi e valutazione delle emissioni e per la periodicità dei controlli si applica quanto previsto nei decreti di attuazione del D.P.R. 24 maggio 1988 n. 203. Per il campionamento e le analisi caratteristiche dei rifiuti valgono i metodi di cui alle norme UNI 9903. Al fine della verifica del rispetto delle concentrazioni degli inquinanti e degli altri parametri previsti per i rifiuti solidi, il confronto va effettuato con i valori medi ottenuti statisticamente mediante determinazioni su un numero di campioni rappresentativo del lotto in esame non inferiore a cinque. Nel caso di approvvigionamento non discontinuo i valori medi si riferiscono a determinazioni effettuate su sei campioni distribuiti uniformemente nell'arco delle 24 h.

Nel caso di impiego simultaneo di rifiuti con combustibili autorizzati, la determinazione

dei valori limite per le emissioni dovute al recupero di rifiuti come combustibile o altro

mezzo per produrre energia tramite combustione mista di rifiuti e combustibili tradizionali

è la seguente (ALLEGATO 2, SUBALLEGATO 3):

I valori limite per ciascun inquinante e per il monossido di carbonio risultanti dalla co-combustione di rifiuti e combustibili devono essere calcolati come segue:

C = [(V rifiuto * C rifiuto) + (V processo * C processo)] / (V rifiuto + V processo)

V rifiuto = volume dei gas emessi derivante dalla combustione dei soli rifiuti in quantità corrispondente alla massima prevista nella comunicazione, determinato in base ai rifiuti che hanno il più basso potere calorifico. Se il calore prodotto risultante dall'incenerimento di rifiuti è inferiore al 10% del calore totale prodotto dall'impianto, V rifiuti va calcolato dalla quantità (fittizia) di rifiuti che, combusti, equivalgono ad un calore prodotto del 10%, a calore totale dell'impianto costante. C rifiuto = valori limite di emissione stabiliti nelle singole voci del suballegato 1 e nel suballegato 2 per gli impianti destinati ad utilizzare soltanto rifiuti. V processo = volume dei gas emessi derivanti dal processo inclusa la combustione dei combustibili ammessi ai sensi della normativa vigente (esclusi i rifiuti) del tipo e nella quantità minima prevista nella comunicazione, determinato sulla base del tenore di ossigeno, al quale le emissioni devono essere normalizzate come stabilito nelle norme nazionali.

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C processo = valori limite di emissione dei relativi inquinanti e del monossido di carbonio nei gas emessi dall'impianto quando vengono utilizzati i combustibili ammessi ai sensi della normativa vigente (esclusi i rifiuti) conformi ai valori minimi contenuti nelle disposizioni nazionali legislative, regolamentari e legislative ridotte del 10%. Nel caso siano più restrittivi si applicano i valori limite di emissione che figurano nell'autorizzazione ex D.P.R. n. 203 del 1988 ridotti del 10%. Se i valori degli inquinanti, di CO e di COT non sono fissati, si utilizzano le emissioni reali ridotte del 10%; i valori di processo sono riferiti allo stesso tempo di mediazione di cui al suballegato 2 ed alle singole voci del suballegato 1. C = valore limite totale delle emissioni per CO e per gli altri inquinanti riferiti allo stesso tempo di mediazione di cui al suballegato 2 ed alle singole voci del suballegato 1. Il tenore di ossigeno di riferimento h calcolato sulla base del tenore di riferimento relativo al rifiuto e quello relativo al processo, come individuato dal D.M. 12 luglio 1990, rispettando il rapporto dei volumi parziali.

Nota: ai soli fini del calcolo della formula di cui al punto 1, i valori limite per la polvere totale, COT, HCl, HF e SO2 sono unicamente quelli individuati alla lett. a) della tabella in suballegato 2. Per i valori limite di polveri totali, SO2, NOx, CO e COT i valori C rifiuto, C processo e C sono espressi come valori medi giornalieri. A tal fine, il valore medio giornaliero di C processo h assunto pari al 115% del medesimo valore fissato su base mensile. Per i valori di IPA, PCDD+PCDF i valori di C rifiuto, C processo e C devono essere espressi come valori medi riferiti a 8 ore. Per i valori dei metalli i valori di C rifiuto, C processo e C devono essere espressi come valori medi orari.

La misurazione continua di HF pur essere omessa se vengono utilizzate fasi di trattamento per HCl che garantiscono che il valore limite di emissione per lo stesso parametro HCl espresso sia come valore medio giornaliero che come valore medio su trenta minuti non venga superato. In questo caso le emissioni di HF sono soggette a misurazioni mensili. Non si deve tener conto degli agenti inquinanti e di CO che non derivano direttamente dalla combustione di rifiuti o di combustibili, come pure di CO derivante dalla combustione se:

o maggiori concentrazioni di CO nel gas di combustione sono richieste dal processo di produzione;

o il valore C rifiuti (come precedentemente definito) per le diossine e i furani è rispettato.

In ogni caso, tenuto conto dei rifiuti di cui è stato autorizzato il coincenerimento, il valore limite totale delle emissioni (C) deve essere calcolato in modo da ridurre al minimo le emissioni nell'ambiente. Per il tenore di ossigeno di riferimento h comunque fatto salvo quanto disposto all'art. 3, comma 2, del D.M. 12 luglio 1990. Per il calcolo del valore di emissione di PCDD+PCDF come diossina equivalente si fa riferimento all'allegato 1 della direttiva 94/67/CE. Il valore limite di emissione per gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA) si riferisce alla somma dei seguenti:

o Benz [a] antracene o Dibenz [a, h] antracene o Benzo [b] fluorantene o Benzo [j] fluorantene o Benzo [k] fluorantene o Benzo [a] pirene o Dibenzo [a, e] pirene o Dibenzo [a, h] pirene o Dibenzo [a, i] pirene

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o Dibenzo [a, l] pirene o Indeno [1,2,3 - cd] pirene

Fermo restando quanto disposto dalla decisione della Commissione concernente i metodi di misurazione armonizzati per la determinazione delle concentrazioni di massa di diossine e furani (C (97) 1159 def), relativamente ai metodi di campionamento, analisi e valutazione delle emissioni e per la periodicità dei controlli si applica quanto previsto nei decreti di attuazione del D.P.R. 24 maggio 1988 n. 203: Per il campionamento e le analisi caratteristiche dei rifiuti valgono i metodi di cui alle norme UNI 9903. Al fine della verifica del rispetto delle concentrazioni degli inquinanti e degli altri parametri previsti per i rifiuti solidi, il confronto va effettuato con i valori medi ottenuti statisticamente mediante determinazioni su un numero di campioni rappresentativo del lotto in esame non inferiore a cinque. Nel caso di approvvigionamento non discontinuo i valori medi si riferiscono a determinazioni effettuate su sei campioni distribuiti uniformemente nell'arco delle 24 h. Per i primi 24 mesi gli accertamenti dei limiti di emissione mediante controllo in continuo degli inquinanti sono accompagnati dall'esecuzione in parallelo di campagne analitiche con misurazioni puntuali a carico del gestore dell'impianto in accordo con l'autorità di controllo.

Il D.M. 5 febbraio 1998 tratta anche delle emissioni relative all’utilizzazione dei rifiuti non

pericolosi come combustibili o come altro mezzo per produrre energia (allegato 2,

suballegato 1).

Tipologia 1: combustibile derivato da rifiuti (CDR) [191210].

Le condizioni di esercizio degli impianti di combustione devono rispettare i seguenti valori limite alle emissioni riferiti ad un tenore di ossigeno nei fumi anidri dell'11% in volume:

o Zn (come valore medio rilevato per un periodo di campionamento di 1 h): 5 mg/Nm3 o Ossidi di azoto (come valore medio giomaliero): 200 mg/ Nm3 o PCDD+ PCDF (come diossina equivalente): 0,1 ng/ Nm3 (come valore medio rilevato per un

periodo di campionamento di 8 ore) o Idrocarburi policiclici aromatici (I.P.A.): 0,01 mg/ Nm3 (come valore medio rilevato per un

periodo di campionamento di 8 ore) o Per gli altri inquinanti si applicano i valori limite di emissione fissati nel suballegato 2 del

presente allegato.

Nel caso di impiego simultaneo in impianti industriali con combustibili autorizzati, il calore prodotto dal rifiuto non deve eccedere il 60% del calore totale prodotto dall'impianto in qualsiasi fase di funzionamento; i valori limite di emissione da applicare all'impianto devono essere calcolati come indicato nel suballegato 2.

Tipologia 2: Biogas [190699].

Le caratteristiche impianti di conversione energetica in cui è consentita l’uitlizzazione di biogas sono di seguito indicate:

a) motori fissi a combustione interna che rispettano i seguenti valori limite di emissione riferiti ad un tenore di ossigeno nei fumi anidri pari al 5% in volume:

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Polveri (valore medio rilevato per un periodo di campionamento di 1 ora) 10 mg/Nm3

HCl (valore medio rilevato per un periodo di campionamento di 1 ora) 10 mg/Nm3

Carbonio Organico Totale (valore medio rilevato per un periodo di campionamento di 1 ora)

150 mg/Nm3

HF (valore medio rilevato per un periodo di campionamento di 1 ora) 2 mg/Nm3

NOx 450 mg/Nm3

Monossido di carbonio 500 mg/Nm3

Per gli altri inquinanti si applicano i valori limite minimi di emissione fissati ai sensi dell'art. 3, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n� 203/1988 per le corrispondenti tipologie d'impianti che utilizzano combustibili gassosi. Negli impianti dedicati oltre i 6 MWt deve essere effettuato il controllo in continuo di:

o monossido di carbonio o ossidi di azoto o ossidi di zolfo

b) impianti dedicati al recupero energetico di rifiuti o impianti industriali che garantiscano in tutte le condizioni di esercizio una efficienza di combustione (CO2/CO +CO2) minima del 99.0%; - che abbiano il controllo in continuo dell'ossigeno, del monossido di carbonio e della temperatura nell'effluente gassoso; negli impianti oltre i 6 MWt controllo in continuo anche degli ossidi di azoto e degli altri inquinanti di cui al suballegato 2, paragrafo 1, lettera a) e che rispettino i valori limite di emissione fissati nel suballegato 2 del presente allegato riferiti ad un tenore di ossigeno nei fumi andri pari al 3% in volume. Non si applica il limite per le emissioni di ossido di zolfo. Il limite di Nox è fissato in 200 mg/Nm3. Nel caso di impiego simultaneo in impianti industriali con combustibili autorizzati, il calore prodotto dal rifiuto non deve eccedere il 60% del calore totale prodotto dall'impianto in qualsiasi fase di funzionamento; i valori limite di emissione da applicare all'impianto devono essere calcolati come indicato alla suballegato 3 del presente allegato.

Tipologia 3: Scarti vegetali [020103] [020107] [020301] [020303] [020304] [020701]

[020704].

Per le emissioni devono essere rispettati i valori limite di emissioni fissati nel suballegato 2 del presente allegato e i seguenti limiti con un tenore di ossigeno nei fumi anidri dell'11% in volume:

NOx (come valore medio giornaliero) 200 mg/Nm3

NOx (come valore medio orario) ove non previsto il controllo in continuo 400 mg/Nm3

Per gli impianti con potenza termica nominale inferiore a 1 MW il limite di emissione delle polveri è di 50 mg/Nm3 e il limite di emissione di CO è di 100 mg/Nm3 come valori medi giornalieri, per le attività stagionali di durata non superiore a 120 giorni il limite alle emissioni di CO è di 300 mg/Nm3. Nel caso di impiego simultaneo in impianti industriali con combustibili autorizzati, il calore prodotto dal rifiuto non deve eccedere il 60% del calore totale prodotto dall'impianto in qualsiasi fase di funzionamento; i valori limite di emissione da applicare all'impianto devono essere calcolati come indicato al suballegato 3 del presente allegato.

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Tipologia 4: Rifiuti della lavorazione del legno e affini non trattati [030101] [030105]

[030301] [150103] [170201] [200138].

Per le emissioni devono essere rispettati i valori limite di emissioni fissati nel suballegato 2 del presente allegato e i seguenti limiti con un tenore di ossigeno nei fumi anidri dell'11% in volume:

NOx (come valore medio giornaliero) 200 mg/Nm3

NOx (come valore medio orario) ove non previsto il controllo in continuo 400 mg/Nm3

Per gli impianti di potenza termica nominale inferiore a 1 MW il limite di emissione delle polveri è di 50 mg/Nm3, e il limite di emissione di CO è di 100 mg/Nm3 come valori medi giornalieri. Nel caso di impiego simultaneo in impianti industriali con combustibili autorizzati, il calore prodotto dal rifiuto non deve eccedere il 60% del calore totale prodotto dall'impianto in qualsiasi fase di funzionamento; i valori limite di emissione da applicare all'impianto devono essere calcolati come indicato al suballegato 3 del presente allegato.

Tipologia 6: Rifiuti della lavorazione del legno e affini trattati [030105] [200138].

Gli impianti per il recupero devono rispettare i seguenti valori limite alle emissioni riferiti ad un tenore di ossigeno dei fumi anidri dell'11% in volume:

NOx (come valore medio giornaliero) 200 mg/Nm3

NOx (come valore medio orario) ove non previsto il controllo in continuo 400 mg/Nm3

PCDD+PCDF (come diossina equivalente) (come valore medio rilevato per un periodo di campionamento di 8 ore)

0,1 ng/Nm3

Idrocarburi policiclici aromatici (I.P.A.) (come valore medio rilevato per un periodo di campionamento di 8 ore)

0,01 mg/Nm3

Per gli altri inquinanti si applicano i valori limite di emissione fissati nel suballegato 2 del presente allegato. Nel caso di impiego simultaneo in impianti industriali con combustibili autorizzati, il calore prodotto dal rifiuto non deve eccedere il 60% del calore totale prodotto dall'impianto in qualsiasi fase di funzionamento; i valori limite di emissione da applicare all'impianto devono essere calcolati come indicato al suballegato 3 del presente allegato.

Tipologia 7: Rifiuti della lavorazione del tabacco [020304].

Vedi tipologia 6

Tipologia 9: Scarti di pulper [030307] [030310].

Gli impianti per il recupero devono rispettare i seguenti valori limite alle emissioni riferiti ad un tenore di ossigeno nei fumi anidri dell'11% in volume:

Zn* 5 mg/Nm3

Ossidi di azoto (come valore medio giornaliero) 200 mg/Nm3

PCDD+PCDF (come diossina equivalente) (come valore medio rilevato per un periodo di campionamento di 8 ore)

0,1 ng/Nm3

Idrocarburi policiclici aromatici (I.P.A.) 0,01 mg/Nm3

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(come valore medio rilevato per un periodo di campionamento di 8 ore)

Per gli altri inquinanti si applicano i valori limite di emissione fissati nel suballegato 2 del presente allegato. *Come valore medio rilevato per un periodo di campionamento di 1 h.

Il D.Lgs.133/05, “Attuazione della direttiva 2000/76/CE - Incenerimento dei rifiuti”, così

definisce finalità e campo di applicazione:

1. Il presente decreto si applica agli impianti di incenerimento e di coincenerimento dei rifiuti e stabilisce le misure e le procedure finalizzate a prevenire e ridurre per quanto possibile gli effetti negativi dell'incenerimento e del coincenerimento dei rifiuti sull'ambiente, in particolare l'inquinamento atmosferico, del suolo, delle acque superficiali e sotterranee, nonchè i rischi per la salute umana che ne derivino. 2. Ai fini di cui al comma 1, il presente decreto disciplina: a) i valori limite di emissione degli impianti di incenerimento e di coincenerimento dei rifiuti; b) i metodi di campionamento, di analisi e di valutazione degli inquinanti derivanti dagli impianti di incenerimento e di coincenerimento dei rifiuti; c) i criteri e le norme tecniche generali riguardanti le caratteristiche costruttive e funzionali, nonchè le condizioni di esercizio degli impianti di incenerimento e di coincenerimento dei rifiuti, con particolare riferimento alle esigenze di assicurare una elevata protezione dell'ambiente contro le emissioni causate dall'incenerimento e dal coincenerimento dei rifiuti; d) i criteri temporali di adeguamento degli impianti di incenerimento e di coincenerimento di rifiuti esistenti alle disposizioni del presente decreto.

Vengono definite dal decreto le seguenti disposizioni per i forni per cemento che

coinceneriscono rifiuti :

I risultati delle misurazioni effettuate per verificare il rispetto dei valori-limite di emissione sono normalizzati alle condizioni specificate al successivo punto B), nonchè ad un tenore di ossigeno di riferimento nell'effluente gassoso secco pari al 10% in volume. Valori-limite di emissione medi giornalieri Ai fini del calcolo dei valori medi giornalieri, secondo la procedura di cui al par. C), punto 1, devono essere rilevati i valori medi su 30 minuti. Ai forni per cemento si applicano i valori-limite totali di emissione (C) come media giornaliera di seguito individuati. a) Polveri totali (1) 30 mg/m3

b) Sostanze organiche sotto forma di gas e vapori, espresse come carbonio organico totale (TOC) (2) 10 mg/m3

c) Composti inorganici del cloro sotto forma di gas o vapore, espressi come acido cloridrico (HCl) 10 mg/m3

d) Composti inorganici del fluoro sotto forma di gas o vapore, espressi come acido fluoridrico (HF) 1 mg/m3

e) Ossidi di zolfo espressi come biossido di zolfo (SO2) (2) 50 mg/m3

f) Ossidi di azoto espressi come biossido di azoto (NO2) Per gli impianti esistenti (3) 800 mg/m3

g) Ossidi di azoto espressi come biossido azoto (NO2) Per i nuovi impianti 500 mg/m3

---------- (1) Fino al 1° gennaio 2008, l'autorità competente può concedere deroghe relativamente alle polveri totali per i forni per cemento che bruciano meno di tre tonnellate/ora di rifiuti, purchè l'autorizzazione preveda un valore-limite complessivo di emissione non superiore a 50 mg/m3.

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(2) L'autorità competente può autorizzare deroghe nei casi in cui l'incenerimento dei rifiuti non dia luogo ad emissione di TOC e/o di SO2. (3) I forni per cemento funzionanti e dotati di autorizzazione conforme alla normativa vigente sono considerati impianti esistenti se iniziano a coincenerire rifiuti entro la data del 28 dicembre 2004. Fino al 1° gennaio 2008, l'autorità competente può concedere deroghe relativamente ai NOx per i forni esistenti per cemento operanti a umido o che bruciano meno di tre tonnellate/ora di rifiuti, purchè l'autorizzazione preveda un valore-limite complessivo di emissione non superiore a 1.200 mg/m3. ----------

Valori-limite di emissione medi ottenuti tramite campionamento I valori-limite totali di emissione (C) per gli inquinanti di cui all'Allegato 1, par. A), punto 3 (ottenuti tramite periodo di campionamento di 1 h) e punto 4 (ottenuti tramite periodo di campionamento di 8 h), riferiti ad un tenore di ossigeno di riferimento nell'effluente gassoso secco pari al 10% in volume, sono quelli fissati nei suddetti punti, e non sono soggetti all'applicazione della "formula di miscelazione". Valori-limite di emissione per il monossido di carbonio (CO) I valori-limite di emissione (C) di monossido di carbonio sono stabiliti dall'autorità competente.

B. Normalizzazione Condizioni di cui all'art. 9, comma 5: - temperatura 273 °K; - pressione 101,3 kPa; - gas secco; nonchè un tenore di ossigeno di riferimento nell'effluente gassoso secco stabilito o determinato in accordo a quanto previsto al precedente par. A, utilizzando la seguente formula:

nella quale: Es = concentrazione di emissione calcolata al tenore di ossigeno di riferimento; Em = concentrazione di emissione misurata; Os = tenore di ossigeno di riferimento; Om = tenore di ossigeno misurato. Se i rifiuti sono coinceneriti in una atmosfera arricchita di ossigeno, l'autorità competente può fissare un tenore di ossigeno di riferimento diverso che rifletta le speciali caratteristiche dell'incenerimento. Nel caso di coincenerimento di rifiuti pericolosi, la normalizzazione in base al tenore di ossigeno è applicata soltanto se il tenore di ossigeno misurato supera il pertinente tenore di ossigeno di riferimento. C. Metodi di campionamento, analisi e valutazione delle emissioni in atmosfera

Per le misurazioni in continuo, fermo restando quanto previsto dal D.M. 21 dicembre 1995, i valori-limite di emissione si intendono rispettati se: a) nessuno dei valori medi giornalieri supera uno qualsiasi dei pertinenti valori-limite di emissione stabiliti nel presente allegato; b) nessuno dei valori medi rilevati per i metalli pesanti, per le diossine e i furani e per gli idrocarburi policiclici aromatici supera i pertinenti valori-limite di emissione stabiliti nel presente allegato. I valori medi su 30 minuti sono determinati durante il periodo di effettivo funzionamento (esclusi i periodi di avvio e di arresto se non vengono inceneriti rifiuti) in base ai valori misurati, previa sottrazione del rispettivo valore dell'intervallo di confidenza al 95%. I valori degli intervalli di confidenza di ciascun risultato delle misurazioni effettuate, non possono eccedere le seguenti percentuali dei valori-limite di emissione riferiti alla media giornaliera: - polveri totali 30%

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- carbonio organico totale 30% - acido cloridrico 40% - acido fluoridrico 40% - biossido di zolfo 20% - ossidi di azoto, espressi come biossido di azoto 20% - monossido di carbonio 10% I valori medi giornalieri sono determinati in base ai valori medi convalidati. Per ottenere un valore medio giornaliero valido non possono essere scartati più di 5 valori medi su 30 minuti in un giorno qualsiasi a causa di disfunzioni o per ragioni di manutenzione del sistema di misurazione in continuo. Non più di 10 valori medi giornalieri all'anno possono essere scartati a causa di disfunzioni o per ragioni di manutenzione del sistema di misurazione in continuo. Per le misurazioni periodiche, la valutazione della rispondenza delle misurazioni ai valori-limite di emissione si effettua sulla base di quanto previsto dagli specifici decreti adottati ai sensi dell'art. 3, comma 2, lett. b), del D.P.R. 24 maggio 1988, n. 203, e successive modificazioni.

Inoltre, così si riporta dal D.Lgs. 152/06 “Norme in materia ambientale”, riguardo la

Prevenzione e limitazione delle emissioni in atmosfera di impianti e attività:

Titolo I 267. Campo di applicazione. 1. Il presente titolo, ai fini della prevenzione e della limitazione dell'inquinamento atmosferico, si applica agli impianti, inclusi gli impianti termici civili non disciplinati dal titolo II, ed alle attività che producono emissioni in atmosfera e stabilisce i valori di emissione, le prescrizioni, i metodi di campionamento e di analisi delle emissioni ed i criteri per la valutazione della conformità dei valori misurati ai valori limite. 2. Sono esclusi dal campo di applicazione della parte quinta del presente decreto gli impianti disciplinati dal decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133, recante attuazione della direttiva 2000 /76 / CE in materia di incenerimento dei rifiuti. 3. Resta fermo, per gli impianti sottoposti ad autorizzazione integrata ambientale, quanto previsto dal decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59; per tali impianti l'autorizzazione integrata ambientale sostituisce l'autorizzazione alle emissioni prevista dal presente titolo.

Si rimanda poi alla consultazione dell’intero testo del decreto per quanto riguarda le

specifiche modalità di monitoraggio ed i limiti dei principali parametri.

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3. Analisi della letteratura

Il recupero di materia e energia dai rifiuti all’interno del processo produttivo del cemento

è ormai consolidato ed ampiamente diffuso a livello inernazionale, seguendo una filosofia

finalizzata ad una corretta gestione dei rifiuti.

In letteratura è possibile trovare recenti pubblicazioni riguardo entrambe le procedure di

recupero.

3.1. Tipologie di rifiuti impiegati

3.1.1. Combustibili

Nel 2003 E. Mokrzycki et al. hanno pubblicato un articolo sull’uso dei combustibili

alternativi nell’industria polacca del cemento: l’incenerimento di combustibili alternativi

negli impianti di produzione di cemento appare un metodo sicuro per l’utilizzo di rifiuti,

“environmentally friendly” e proficuo per gli impianti industriali.

I comustibili alternativi, composti da mix di diversi rifiuti, industriali, municipali e

pericolosi, necessitano di un appropriato contenuto chimico-energetico che dipende dal

tipo di componenti e dal loro contenuto organico. Un’industria particolarmente ben

adattabile all’impiego di combustibili alternativi è quella del cemento, per numerosi

fattori, fra cui le alte temperature sviluppate, l’appropriata lunghezza del forno, l’elevato

tempo di permanenza e l’ambiente alcalino nel forno. Ci sono vari paesi che utilizzano

negli impianti per la produzione di cemento i propri combustibili alternativi, che hanno

differenti nomi commerciali e differiscono per quantità e qualità dei rifiuti municipali ed

industriali selezionati. I combustibili usati dovrebbero avere i seguenti requisiti minimi:

adeguato potere calorifico inferiore, contenuto minimo di umidità, contenuto minimo di

metalli pesanti e tossici. Gli impianti per la produzione del cemento in Polonia utilizzano

combustibili alternativi. All’interno del Gruppo Lafarge, gli impianti appartenenti a Lafarge

Poland Ltd hanno iniziato attività tese a promuovere il più ampio uso di combustibili

alternativi. Esiste una gamma di rifiuti che possono essere inceneriti come combustibili

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negli impianti di produzione di cemento, tra cui: frazioni combustibili selezionate di rifiuti

urbani, scarti liquidi derivanti dal petrolio greggio, pneumatici, scarti derivanti dalla

produzione di colori e vernici, medicinali scaduti dall’industria farmaceutica ed altri.

Pneumatici

Un articolo di Y. Nakajima e M. Matsuyuki (1981) fa riferimento ad una collaborazione, in

Giappone, tra Nihon Cement Co. Ltd. e Bridgeston Tire Co. Ltd., per lo sviluppo di una

tecnica per utilizzare i pneumatici fuori-uso come combustibile ausiliario per la

produzione di cemento. Il sistema ha così soddisfatto il bisogno dell’industria dei

pneumatici di smaltire in maniera economica un gran numero di gomme usate senza

causare inquinamento ed il bisogno dell’industria del cemento di ridurre la quantità di

combustibile usato. Qui di seguito sono riportati analisi chimiche, potere calorifico, curva

di combustione dei pneumatici.

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L’utilizzo di pneumatici viene presentato come vantaggioso per i seguenti motivi:

a. il processo di combustione nei cementifici è un sistema chiuso in cui la

polvere rimossa dai gas esausti da un precipitatore elettrostatico viene

recuperata per rialimentare il processo. Perciò, le ceneri non fuoriescono dal

sistema; inoltre, lo zolfo contenuto nelle gomme viene assorbito dalle

materie prime edl cemento e non porta alla formazione di SOX;

b. le temperature all’interno del processo raggiungono massimi di 1800°C nel

gas di combustione e circa 1500°C nel clinker. Di conseguenza, i pneumatici

alimentati al forno bruciano completamente in breve tempo;

c. il pneumatico è composto da gomma, nerofumo, zolfo ed acciaio. L’acciaio,

che non è una frazione combustibile, verrà ossidato e trasformato in uno dei

componenti del cemento.

Nel 2004 A. Corti e L. Lombardi hanno pubblicato un articolo sullo studio del fine-vita dei

pneumatici.

Un approccio Life Cycle Assessment (LCA) è stato utilizzato per confrontare differenti

processi di trattamento fine-vita di pneumatici usati: combustione in un processo

convenzionale waste-to-energy (WtE); sostituzione di combustibile convenzionale nel

processo di produzione del cemento e due differenti ipotesi di riutilizzo come materiale di

riempimento basati su un processo di polverizzazione criogenica (CPP) o su un processo

di polverizzazione meccanica (MPP).

L’analisi mostra che la sostituzione di combustibile nella produzione di cemento e l’utilizzo

in processi WtE portano ad interessanti risultati in termini di effetti evitati, principalmente

grazie all’evitato utilizzo di combustibili convenzionali. Tra queste due alternative, un

migliore risultato viene ottenuto con la sostituzione di combustibile nel processo di

produzione del cemento. CPP e MPP, per il riutilizzo come materiali di riepimento,

mostrano peggiori risultati in termini di impatto ambientale rispetto alle altre alternative,

dovuti all’alto consumo energetico relativo al processo di polverizzazione.

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RDF

Nel 1977 J. Dorn ha pubblicato un articolo relativo all’utilizzo di rifiuti nell’industria del

cemento. L’autore rileva problemi legati al trasporto ed allo stoccaggio ed al fatto che il

10% di umidità del materiale influisce sull’efficienza del forno. In aggiunta, l’autore

sottolinea come la presenza di HCl proveniente dai materiali contenenti PVC può produrre

composti a bassa temperatura di fusione che incrostano il forno, con i relativi problemi di

aumento della velocità dei fumi (ndr).

Un articolo di C.A.C. Haley del 1990 indica la discarica come il metodo principale, a livello

mondiale, di smaltimento di rifiuti solidi urbani. Nonostante ciò, la crescente

preoccupazione per l’ambiente, in particolare la possibilità di contaminazione delle falde

acquifere sotterranee, ha portato all’applicazione di standard sempre più elevati, facendo

perciò crescere il costo delle operazioni di messa in discarica, in alcuni casi di entità

davvero marcata. Di conseguenza, in alcuni paesi sono state studiate tecniche alternative

per l’uso di una parte del rifiuto, minimizzando così il ricorso allo smaltimento in

discariche ed, allo stesso tempo, per ottenere miglioramenti dal punto di vista

ambientale. Una di queste tecniche è l’utilizzo della frazione combustibile del rifiuto, o per

la produzione diretta di vapore o elettricità, o per la produzione e vendita di combustibile

solido in forma di fluff o pellet. In questo articolo vengono analizzati questi processi.

Esempi di successo di impianti commerciali sono selezionati e discussi nel campo di

inceneritori municipali, produzione di fluff per uso come combustibile nell’industria del

cemento, e produzione integrata di pellet di combustibile da rifiuto (Refuse Derived Fuel,

d-RDF) per la vendita in applicazioni industriali e commerciali. Vengono suggeriti criteri

per mezzo dei quali la realizzabilità di un tale progetto in una particolare zona possa

essere valutata su base preliminare. L’incenerimento dei rifiuti può dunque rappresentare

una tecnica praticabile e proficua dal punto di vista ambientale per lo smaltimento di

elevate quantità di rifiuti ed allo stesso tempo il recupero dell’energia intrinseca. Un

primo fattore di valutazione è il potere calorifico del rifiuto disponibile; un altro è la

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quantità disponibile per il trattamento. La variabilità in qualità o quantità (o entrambi)

può comportare problemi. L’autore afferma che la concentrazione di alcuni metalli

influenza il quantitativo di RDF impiegabile nei forni da cemento. Alcuni problemi si

riscontrano per la presenza di cloro nell’RDF in quanto si formano sostanze incrostanti il

forno. Per ovviare a tale problema occorre effettuare by-pass nel ricircolo delle sostanze

volatili nel forno. Ulteriori problemi sono prodotti a causa del basso potere calorifico e

dell’elevata umidità che aumentano il volume dei gas di combustione. I vantaggi

evidenziati riguardano il risparmio energetico ed il fatto che la tecnica è “environmentally

sound”, in quanto la temperatura del forno è elevata ed i residui vengono inglobati nel

clinker.

Nel 1993 F.C. Lockwood ha pubblicato un articolo sulla combustione di combustibile da

rifiuto (Refuse Derived Fuel, RDF) in un forno rotativo da cemento.

Nei forni da cemento, la combustione ha luogo a temperature di fiamma molto alte e con

tempi di permanenza dei gas di combustione relativamente lunghi. Queste condizioni

sono favorevoli per bruciare dei rifiuti. Lo scopo di questo studio è di analizzare gli effetti

della combustione sulle emissioni di inquinanti. Basandosi su considerazioni tecniche ed

ambientali, l’analisi della combustione di RDF in un forno da cemento mostra che

nessuna tecnologia speciale deve essere installata oltre al sistema di gestione del RDF,

ma esiste un limite massimo di consumo totale di combustibile (non più del 30%) per

bruciare RDF.

Nel 2008 G. Genon e E. Brizio hanno pubblicato un articolo su prospettive e limiti per

forni da cemento come destinazione per RDF.

L’RDF, la frazione ad alto potere calorifico del MSW (Munical Solid Waste) ottenuto da

sistemi di separazione convenzionali, può essere impiegato in impianti tecnologici

(principalmente forni da cemento) al fine di ottenere un recupero di energia utile. È

interessante ed importante valutare questa possibilità all’interno dell’ambito generale

delle soluzioni waste-to-energy. La soluzione deve essere valutata sulla base di differenti

aspetti, e precisamente: aspetti tecnologici e caratteristiche del clinker; inquinamento

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atmosferico locale; gli effetti dell’RDF utilizzato in forni da cemento sulla generazioni di

gas serra; l’economia della sostituzione dei combustibili solidi convenzionali e prospettive

di progettazione, dal punto di vista della destinazione dell’RDF e dell’ottimizzazione del

forno. Differenti esperienze su questo tema nel contesto europeo sono state prese in

analisi, oltre ad alcune applicazioni in Italia.

Tappeti e moquettes

Nel 2004 P. Lemieux et al hanno pubblicato un articolo sullo studio delle emissioni dalla

co-combustione di tappeti nei forni rotativi.

I tappeti e le moquettes fuori-uso rappresentano un flusso di rifiuto di alto volume e di

alto contenuto energetico. Come co-combustibile per forni da cemento, i tappeti, come i

pneumatici fuori-uso, presentano potenziali vantaggi. Le sfide tecnologiche da impostare

includono la valutazione delle emissioni potenziali, in particolare quelle di NO (dai tappeti

di fibra di nylon), e l’ottimizzazione del sistema di alimentazione dei tappeti.

Solventi

Nel 2005 C. Seyler et al hanno pubblicato un articolo sul Life Cycle Inventory per l’uso di

solventi di rifiuto come combustibili alternativi nell’industria del cemento.

L’industria chimica svizzera produce grandi quantità di solventi organici di rifiuto, alcuni

dei quali non possono essere recuperati. Una comune opzione per il trattamento di questi

solventi organici è l’incenerimento; in alternativa, possono essere usati come combustibili

nella produzione di cemento. Da una parte, la combustione nei forni da cemento implica

un risparmio di combustibili fossili come carbone ed olio combustibile; dall’altra, anche le

emissioni possono cambiare. Questi cambiamenti possono avere un impatto ecologico

netto sia negativo che positivo, a seconda della natura chimica del solvente utilizzato. Lo

scopo dello studio era di sviluppare un modello di allocazione multi-input, che permetta di

realizzare LCI per solventi specifici.

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I risultati mostrano che l’incenerimento dei solventi nei forni da cemento generalmente

riduce l’impatto globale della produzione di clinker in quanto vengono sostituiti i

combustibili fossili. Un’analisi di sensitività ha rivelato che il modello è particolarmente

sensibile al “fuel mix” ed alle proprietà come potere calorifico inferiore e contenuto di

carbonio e azoto.

3.1.2. Materie prime

Nel 1999 A. Monshi e M.K. Asgarani hanno pubblicato un articolo sulla produzione di

cemento Portland da scorie di ferro/acciaio e calcare.

Le scorie da altoforno dopo separazione magnetica sono state miscelate con calcare

usando 6 differenti composizioni. I materiali ottenuti sono stati bruciati in un forno pilota

a 1350 °C per un’ora. Il clinker è stato raffreddato, triturato, mescolato con un 3% di

gesso, e portato a una finezza di oltre 3300 cm2/g.

Nel 2000 N. Ay e M. Ünal hanno pubblicato un articolo sull’utilizzo di piastrelle ceramiche

di scarto nella produzione di cemento.

Nella produzione di piastrelle, per varie ragioni, si crea un accumulo di prodotti invenduti:

le piastrelle di scarto, di cui solo una piccola parte viene utilizzata. Se queste venissero

utilizzate nella produzione di cemento, si otterrebbe una diminuzione dell’inquinamento

che esse provocherebbero. In questo studio, è stato analizzato l’uso delle piastrelle di

scarto come pozzolana: sono state così aggiunte al cemento Portland nei rapporti di peso

del 25%, 30%, 35% e 40%.

Nel 2000 e nel 2001 T. Shimoda et al. hanno pubblicato una serie di articoli sull’Eco-

Cemento, sviluppato in Giappone per sostituire almeno il 50% delle materie prime con

ceneri da inceneritore urbano o altri rifiuti come ad esempio i fanghi fognari.

Lo sviluppo dell’Eco-Cemento ha coinvolto la NEDO (New Energy Development

Organization), un’organizzazione del Ministero del Commercio e dell’Industria. I risultati

dello studio dimostrano che un Eco-Cemento di tipo Portland può essere impiegato

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esattamente per gli stessi calcestruzzi per i quali si impiega un normale cemento Portland

(NCP), mentre un Eco-cemento a rapido indurimento, contenente un alto contenuto di

cloruro (1%), può essere impiegato impiegato nella produzione di blocchi, massetti

autobloccanti, pannelli in legno-cemento, ecc. In questi casi il tempo di presa può essere

regolato impiegando un additivo ritardante o aggiungendo loppa d'altoforno; la più

interessante applicazione dell'Eco-cemento a rapido indurimento è quella destinata al

consolidamento di terreni bagnati, zone paludose ed altri terreni cedevoli

Nel 2002 R. Boncukcuoğlu et al hanno pubblicato un articolo sull’utilizzo di scarti da vagli

rotativi come additivi nella produzione di cemento Portland.

In Turchia ogni anno vengono prodotte dall’industria del boro grandi quantità di rifiuti

industriali, che presentano problemi sia di smaltimento sia sanitari. I rifiuti come fanghi di

borace, scarti da concentrazione e scarti da vagli rotativi (TSW) contengono impurità che

accelerano la normale presa e indurimento dei materiali da costruzioni da loro prodotti .

In questo studio, lo scopo era quello di stabilizzare i TSW prodotti durante la produzione

di borace.

Nel 2005 P.H. Shih et al hanno pubblicato un articolo sul riutilizzo di fanghi contenenti

metalli pesanti nella produzione di cemento.

È stata studiata la reale applicabilità della sostituzione di materie prime nel processo di

produzione del cemento con fanghi contenenti metalli pesanti da finitura superficiale ed

industria galvanoplastica.

Nel 2005 K.L. Lin e C.Y. Lin hanno pubblicato un articolo sulle caratteristiche di

idratazione di cenere da fango di rifiuto utilizzata come materia prima per il cemento.

Nel 2005 E. Sakai et al hanno pubblicato un articolo sull’idratazione del cemento

contentente ceneri volanti.

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In questo studio è stato preso in considerazione l’utilizzo di ceneri volanti come aggiunta

al cemento invece che il loro smaltimento come rifiuto. Il cemento tagliato con ceneri

volanti inoltre risponde all’esigenza di ridurre la generazione di CO2.

Nel 2006 A.S. de Vargas et al hanno pubblicato un articolo sull’uso della polvere da forno

ad arco elettrico (EAFD) nelle paste di cemento Portland I (MP) Pozzolan-modified.

L’uso dell’EAFD nelle costruzioni civili non è comune. Nei paesi dove questo scarto è

raccolto, viene usato nei processi di recupero di metalli pesanti.

In questo studio sono state analizzate paste di cemento con differente contenuto di

EAFD.

Nel 2006 R. Navia et al hanno pubblicato un articolo sul Life Cycle Assessment del riciclo

di terreno contaminato come materia prima alternativa nell’industria del cemento.

Il terreno vulcanico può essere usato per rimuovere metalli dalle acque di scarico. Una

volta usato, viene depositato in discarica. L’utilizzo di questo materiale nell’industria del

cemento come materia prima è stato valutato usando una metodologia Life Cycle

Assessment (LCA). Questa possibilità è stata studiata da un punto di vista ambientale in

un’industria cementiera cilena, rappresentativa dello stato dell’arte dell’operazione

corrente, comprendendo analisi sia tecniche che economiche. Sono stati confrontati due

scenari: Scenario 1, che corrisponde al processo di produzione esistente, e Scenario 2,

che rappresenta la produzione usando terreno vulcanico spento. Con l’eccezione delle

categorie di carcinogenici e minerali, i risultati del confronto sono favorevoli allo Scenario

2, specialmente per quanto riguarda la categoria dell’ecotossicità, principalmente per

effetto delle emissioni evitate della messa in discarica del terreno vulcanico.

Considerando la valutazione dei danni, quelli a salute umana, qualità dell’ecosistema, e

risorse sono inferiori nello Scenario 2. Inoltre, le analisi di sensitività sono state

effettuate per studiare l’influenza di particolari parametri (ad esempio, trasporto di

terreno vulcanico spento, emissioni di CO2 dal processo di produzione di clinker e metalli

pesanti dalla percolazione) sui risultati della valutazione. L’uso di materie prime

alternative (in questo caso, terreno vulcanico spento), che presentino il vantaggio di

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essere rifiuti di altri sistemi tecnologici, sembra indirizzare lo sviluppo della produzione

del cemento verso una strada più sostenibile, migliorando l’economia del processo.

Nel 2007 S. Kourounis et al hanno pubblicato un articolo sulle proprietà e l’idratazione di

cementi tagliati con scorie di acciaieria.

Per questo studio, sono stati testati un campione di riferimento e tre cementi contenenti

fino al 45% in volume di scoria. La frazione di scoria usata era la “0-5 mm”, per il suo

alto contenuto di silicati di calcio.

3.1.3. Contributo sia energetico che minerale

Nel 2005 K. Gäbel e A.M. Tillman hanno pubblicato un articolo sulla simulazione di

alternative operazionali per la produzione futura di cemento.

Per supportare decisioni sulle opzioni di sviluppo di prodotto e processo e pianificazioni

strategiche, sono necessarie informazioni sulle conseguenze dei cambiamenti pianificati.

A questo scopo è stato sviluppato un modello flessibile per la produzione di cemento. Il

modello predice le performance ambientali, produttive ed economiche in un’ottica “life

cycle”, simulando diverse alternative operative. Sono state analizzate interessanti

alternative operative future, come l’incremento dell’uso di sottoprodotti industriali e rifiuti

come materie prime e combustibili. Vengono discussi i risultati, ad esempio le

conseguenze delle opzioni di potenziale sviluppo da una prospettiva “life cycle”.

Un incremento dell’uso di materiale di recupero e combustibile alternativo sostituisce il

consumo di risorse. L’impatto del trasporto di questi ultimi aumenta ovviamente con

l’utilizzo; comunque, i benefici ambientali dell’incrementato utilizzo sono ben più grandi

dell’utilizzo di risorse e delle emissioni in aria associate all’incremento della fase

trasporto.

Nel 2005 M.A. Trezza e A.N. Scian hanno pubblicato un articolo sull’effetto dei

combustibili da rifiuto sul clinker del cemento Portland.

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Diversi tipi di rifiuti industriali sono sempre più utilizzati nel processo di produzione del

clinker dell’industria del cemento, al fine di trarre vantaggio dal loro contenuto energetico

o di confinare sostanze indesiderate. Questo studio analizza le caratteristiche chimico-

fisiche dei clinker ottenuti incorporando tre differenti rifiuti in differenti proporzioni: due

di essi con funzione energetica – combustibile da rifiuto con marchio registrato e coke di

petrolio – ed il terzo da confinare – carbone da pirolisi. Confrontati con quelli tradizionali,

i clinker prodotti non presentano caratteristiche significativamente alterate.

Nel 2007 B. Boughton ha pubblicato un articolo sulla valutazione di residui da

demolizione come “feedstock” per la produzione di cemento.

Il cosiddetto “shredder residue” (SR) è costituito da vetro, gomma, plastica, fibre e

materiali fini che rimangono dopo la rimozione dei metalli ferrosi e non ferrosi dal

processo di demolizione di automobili, elettrodomestici e rottami ferrosi.

L’obiettivo dello studio era identificare i parametri di qualità necessari per l’utilizzo nei

forni e quindi valutare i mezzi meccanici necessari per rendere l’SR un materiale

accettabile come carbone o sostituenti minerali.

Separare l’SR in frazioni dall’alto contenuto energetico e minerale può tradursi in un

considerevole risparmio di combustibile e di materie prime.

Tecniche di separazione per densità comunemente usate dagli sminuzzatori nel passato

sono stati testati per separare gomma e plastica dai non combustibili e contaminanti (ad

esempio PVC e fili di rame). Una frazione di circa il 30% dell’SR totale ha caratteristiche

combustibili che rispecchiano quelle del carbone. Comunque, i rimanenti livelli di

componenti potenzialmente problematici (ad esempio cloro totale e metalli pesanti)

possono limitare l’uso ad una quota di aggiunta relativamente bassa per alcuni forni. I

risultati del progetto hanno mostrato che i sistemi di separazione comunemente

disponibili dovrebbero produrre un accettabile contributo supplementare di combustibile.

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3.2. Livelli di emissione e monitoraggio

Pneumatici

1981 Y. Nakajima e M. Matsuyuki: Poiché il contenuto di zolfo ed azoto nei pneumatici è

di scarsa entità, anche il il contenuto di SOX e NOX nel gas esausto all’uscita del

depolverizzatore non è di entità tale da presentare problemi. Comunemente, esiste l’idea

che bruciare pneumatici possa causare fumo nero e odori molesti, ma, poiché questi

vengono bruciati completamente alle alte temperature del forno, questi non possono

essere rilevati neppure da analisi strumentali.

RDF

1993 F.C. Lockwood: Non si riscontra alcun incremento nei livelli di emissione di

inquinanti gassosi (compresi gas acidi, diossine, furani, ecc), in un forno rotativo da

cemento. Ciò è confermato dal fatto che la presenza di diossine e furani nelle emissioni è

di un ordine di grandezza inferiore a quella che si riscontra negli inceneritori nel caso di

presenza di PCB (bifenili policlorurati) nel combustibile alternativo. Inoltre, siccome il

contenuto di azoto e di zolfo nell’RDF è inferiore a quello che si può riscontrare nel

carbone, si può affermare che NOX e SOX nelle emissioni siano inferiori rispetto all’utilizzo

del combustibile fossile tradizionale.

2003 E. Mokrzycki: Nel caso polacco si può esaminare il confronto tra le emissioni

dell’impianto di Malogoszcz, misurate sia in caso di uso e non di combustibile alternativo

(da rifiuto, “PASi”). Si può così notare ad esempio che con l’utilizzo di PASi aumentano le

emissioni di HCl (il PASi presenta un contenuto medio di cloro di circa 0,25%): la

concentrazione emessa, 10% O2, risulta circa raddoppiata. Rimangono invece pressoché

invariate quelle di metalli pesanti. Stesso discorso per quanto riguarda SO2, NOX, mentre

un aumento di circa il 40% viene registrato per le concentrazioni di CO. Purtoppo manca

il dato relativo alla percentuale di sostituzione calorica a cui si riferiscono questi dati, per

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quanto venga riportato che l’impianto ha ricevuto l’autorizzazione per una percentuale

fino al 40%.

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2008 G. Genon E. Brizio: Lo studio riporta una simulazione dell’effetto dell’uso di RDF in

luogo di carbone e pet-coke (ipotesi 50% di sostituzione calorica) sulle emissioni di un

forno da cemento. La tabella e la figura qui sotto riportate mostrano che la sostituzione

del pet-coke porta un impatto negativo sulle emissioni di metalli pesanti, in particolare di

mercurio, mentre ci si può generalmente aspettare un effetto positivo se RDF viene

utilizzato in sostituzione al carbone. Ad ogni modo, tutti i valori previsti da questa

simulazione rispettano i limiti emissivi esistenti.

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È comunque importante ricordare che la composizione del RDF può essere alquanto

variabile, e differenti concentrazioni possono portare a differenti conclusioni. La conferma

si ritrova per esempio dai differenti risultati provenienti dalla simulazione a partire dai

dati delll’associazione cementiera tedesca (VDZ), sotto riportati, in cui appare evidente

che l’uso di combustibili alternativi può fortemente peggiorare le emissioni di metalli

pesanti, spingendoli pericolosamente verso i limiti.

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Sono inoltre riportati i risultati di uno studio (SINTEF, 2004) riguardanti la possibile

formazione di diossine, con le seguenti affermazioni:

o non si trova correlazione tra emissioni di diossine e tipo di materiale combustibile

alternativo usato;

o la formazione di diossine può avvenire in una finestra termica tra 250 e 450°C ,

zone che si ritrovano nei sistemi di raffreddamento dei fumi prima del separatore

finale dei fumi;

o i potenziali precursori rilasciati dal materiale combustibile introdotto nella zona di

pre-calcinazione possono reagire con il cloro non trattenuto nella matrice alcalina

del clinker, in presenza dei catalizzatori metallici presenti nelle polveri trasportate,

dando luogo ad emissioni di diossine quando la sintesi avviene di nuovo;

o mentre le concentrazioni di diossina sono, nella maggior parte dei casi, inferiori a

0.1 ng/Nm3, sono possibili concentrazioni di PCB almeno 1000 volte più alte. In

questo senso, costituiscono una significativa fonte di precursori capaci di generare

micro-inquinanti quando le condizioni cinetiche lo permettono.

Infine, la pubblicazione riporta un caso-studio nella provincia di Cuneo, dove la

sostituzione avveniva in due forni dell’impianto (24,5 e 7%), mediante RDF-P.

Confrontando le emissioni con quelle del terzo forno dello stesso impianto, che

utilizzava solo carbone, si può facilmente notare che il co-incenerimento non sembra

influenzare la qualità delle emissioni, almeno dal punto di vista dei macro-inquinanti

(NOX, SOX, VOC, CO e polveri), come rappresentato dalla tabella sottostante.

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In conclusione, le principali risultanze dello studio mostrano che l’uso dell’RDF nei forni

da cemento in sostituzione di carbone o coke offre benefici ambientali in termini di gas

serra, mentre la formazione di inquinanti gassosi convenzionali non è un aspetto critico.

In realtà, è possibile che la generazione di ossidi di azoto sia inferiore a causa delle

minori temperatura di fiamma o del minore eccesso d’aria. La presenza di micro-

inquinanti clorurati non è influenzata dalla presenza di RDF nel combustibile, mentre a

seconda della qualità dell’RDF, alcuni problemi potrebbero sorgere rispetto al

combustibile sostituito se sono presenti metalli pesanti, specialmente quelli più volatili.

Tappeti e moquettes

2004 P. Lemieux: I risultati degli esperimenti di un forno rotativo pilota hanno dimostrato

il potenziale per l’uso di tappeti fuori-uso come combustibile per l’industria del cemento.

L’alimentazione di fibra di tappeto a percentuali fino al 30% dell’input energetico totale

ha causato una combustione senza scoppi transitori e quasi senza aumento di CO ed altri

prodotti di combustione incompleta rispetto a forni alimentati a solo gas naturale. Le

emissioni di NO sono aumentate con la combustione di tappeti per effetto del contenuto

azotato della fibra di nylon. In questi esperimenti, la conversione dell’azoto contenuto

nelle fibre di tappeto a NO variava dal 3% all’8%. La conversione cresce con il migliorato

mescolamento di materiale ed aria durante la combustione. La preparazione dei tappeti

ed il metodo di alimentazione sono fattori controllanti per la conversione dell’azoto.

Gli esperimenti effettuati nel Rotary Kiln Incinerator Simulator (RKIS) dell’EPA, ossia in

scala pilota, permettono l’analisi della co-combustione di tappeti di rifiuto nei forni

rotativi, con percentuali di sostituzione fino al 30%. Risulta che le emissioni dei prodotti

della combustione incompleta, quali CO, THCs, VOCs e PAHs cambiano ben poco con

l’uso di combustibile alternativo e gas naturale. Per esempio, con l’alimentazione di

tappeti, la concentrazione media di CO registra un incremento medio di 1,4 ppm e quella

di PAH di 2,5 µg/m3. Non sono state poi osservate emissioni di mercurio, un potenziale

inquinante in tappeti e moquettes fuori-uso. Le emissioni di NO invece sembrano

crescere con l’utilizzo di tappeti, per via del contenuto azotato della fibra di nylon. In

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questi esperimenti con fibre sminuzzate la conversione dell’azoto del tappeto a NO si

muove tra il 3 e l’8%, e cresce con il miglior mescolamento di materiale ed aria durante

la combustione. La preparazione del matriale ed il metodo di alimentazione risultano

fattori controllanti nella conversione dell’azoto del combustibile: l’uso di tappeti interi o

grandi frammenti dovrebbero essere futuro oggetto di test per valutarne gli effetti. L’uso

di materiale di maggior pezzatura dovrebbe verosimilmente risultare in minori emissioni

di NO, ma anche in quantità di gas incombusto per la rapida volatilizzazione del

materiale.

Emissioni da utilizzo di combustibili ausiliari - analisi statistica

Nel 2003 M. Prisciandaro et al. hanno pubblicato un articolo sugli effetti dell’uso di

combustibili ausiliari da rifiuto sulle emissioni inquinanti come analisi statistica di dati di

processo.

Quest’articolo mostra come alcuni strumenti statistici possono essere applicati all’analisi

di processo di dati reali di impianto, ad esempio nel processo di produzione di clinker con

l’uso di combustibili alternativi (pneumatici sminuzzati ed olii usati) nei forni di due

differenti impianti. Sono stati impiegati test t-Student, modelli di regressione lineare ed

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analisi fattoriali per valutare gli effetti sulle emissioni al camino dell’alimentazione di

questi combustibili alternativi. Inoltre è stato ottenuto un grande miglioramento nella

conoscenza del processo grazie all’analisi statistica dei dati di processo che molto spesso

presentano un elevato livello di correlazione con le variabili di processo.

I risultati sperimentali analizzati statisticamente hanno mostrato risposte incoraggianti,

se meno del 20% di combustibilie convenzionale è sostituito con uno alternativo le

caratteristiche del clinker rimangono immutate, e le emissioni al camino (principalmente

NOX, SO2 e CO) sono, nel caso dei pneumatici, lievemente incrementate, rimanendo

quasi sempre sotto i limiti imposti dalla legge. Nel caso degli olii usati, le emissioni di gas

inquinanti risultano addirittura diminuite. Sono state anche ottenute alcune equazioni

empiriche che legano le emissioni al camino ad alcuni dati di processo, per poter essere

usate con scopi di analisi di processo.

Sono stati presi in considerazione due impianti, presso Bergamo e Matera. Il primo caso

(plant 1) permette di notare gli effetti dell’uso integrato di pneumatici, il secondo (plant

2) quelli dell’uso di “ECOFLUID”, un mix di differenti olii organici usati.

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Contributo sia energetico che minerale

2005 K. Gäbel e A.M. Tillman (LCA): Da un’ottica “life-cycle”, e simulazioni effettuate

mostrano inoltre che le emissioni di CO2, NOX, SO2, CO, VOC, CH4 e polveri può essere

ridotta tra il 30% e l’80% a seconda dell’uso di materiale da recupero e combustibile

alternativo.

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3.3. Influenza sulla qualità del prodotto finale

3.3.1. Combustibili

Pneumatici

1981 Y. Nakajima e M. Matsuyuki: Poiché i pneumatici non contengono componenti

dannosi per la qualità del cemento, non si riscontra cambiamento nella qualità del

cemento causato dall’alimentazione di pneumatici, come provato da lunga esperienza nel

controllo della qualità del prodotto. I residui di combustione di gomma e cemento non

sono ritrovati nel cemento finito.

Nel 2005 P. Pipilikaki et al. hanno pubblicato un articolo sull’uso del combustibile da

pneumatici (Tire Derived Fuel, TDF) nei forni da clinker.

Vengono stabiliti i prerequisiti per usare il TDF come combustibile supplementare per la

produzione di clinker. A questo proposito sono state effettuate misure usando differenti

analisi analitiche qualitative quali diffrazione a raggi X (XRD), fluorescenza a raggi X

(XRF), microscopia ottica in due serie di campioni di crudo mescolato, clinker e

combustibile con e senza uso di TDF. Inoltre, è stata misurata la resistenza a

compressione del cemento CEM I-52.5 prodotto. In questo studio specifico il TDF era il

6% del combustibile totale utilizzato. È stato concluso che non si verificano apparenti

problemi conseguenti all’uso di TDF come combustibile supplementare nei forni da

clinker.

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RDF

1977 J. Dorn: Una problematica rilevata dall’autore riguarda la presenza di metalli

pesanti nell’RDF, che possono ritrovarsi nel clinker come calcolato nella tabella qui sotto

riportata.

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1990 C.A.C. Haley: L’impiego di RDF come combustibile integrativo (300000 tonnellate)

nell’impianto studiato di Westbury non ha avuto effetti deleteri su 3 milioni di tonnellate

di cemento prodotto.

1993 F.C. Lockwood: La presenza di metalli pesanti nel prodotto finale è molto variabile

in quanto la loro concentrazione nell’RDF è molto variabile. Tuttavia, il pericolo

ambientale di una lisciviazione si è dimostrato inconsistente a seguito di uno studio

sperimentale condotto dalla Portland Cement Association (PCA). Inoltre, anche

impiegando il 50% di RDF come combustibile, non sono state riscontrate differenze nelle

proprietà chimiche e fisiche né nel prodotto clinker né nel cemento o calcestruzzo.

3.3.2. Materie prime

1999 A. Monshi e M.K. Asgarani (scorie di ferro ed acciaio e calcare): Sono stati misurati

tempi di presa, consistenza della pasta standard, calce viva libera e resistenze a

compressione e frattura dopo 3, 7 e 28 giorni. Campioni con più alto fattore di

saturazione da calce hanno sviluppato un contenuto maggiore in C3S e migliori proprietà

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meccaniche. Miscelare un extra del 10% di scoria ferrosa in un cemento composto dal

49% di scoria ferrosa, 43% di calce calcinata e 8% di scoria di acciaio ha mantenuto la

resistenza a compressione sotto i valori standard per il cemento Portland ordinario di tipo

I.

2000 N. Ay e M. Ünal (piastrelle ceramiche di scarto): Sono stati presi in considerazione

le proprietà pozzolaniche delle piastrelle e tempo di presa, stabilità volumetrica,

dimensioni delle particelle, densità, area superficiale specifica e resistenza del cemento

così realizzato. I risultati dei test hanno indicato che le piastrelle di scarto mostrano

proprietà pozzolaniche, e le proprietà chimico-fisiche del cemento prodotto sono conformi

agli standard per il cemento fino ad un’aggiunta di piastrelle del 35%.

2000-2001 T. Shimoda et al. (Eco-Cemento - ceneri da inceneritore): Sono stati previsti

due tipi di Eco-Cemento: un cemento di tipo Portland ed un cemento del tipo a rapido

indurimento, le cui composizioni chimiche e mineralogiche sono qui di seguito riportate.

Dall’analisi delle proprietà fisiche, risulta che l’Eco-Cemento di tipo Portland presenta

circa le stesse prestazioni meccaniche del normale Cemento Portland (NCP). L’Eco-

Cemento a rapido indurimento si distingue soprattutto per il tempo di presa molto breve

(circa 10 minuti) ed il rapido sviluppo delle resistenze meccaniche alle satgionature

brevissime (3-6 ore) e brevi (1-3 giorni). Inoltre, le prove di lisciviazione dei metalli

pesanti su malte di Eco-Cemento, eseguite secondo i procedimenti JEPA (Japanese

Environment Protection Agency), indicano che le quantità di metalli pesanti lisciviabili

sono nettamente al di sotto dei valori standard previsti.

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COMPOSIZIONE CHIMICA

Tipo di cemento Eco-cemento

Portland Eco-cemento

a rapido indurimento Cemento Portland

Normale (NPC)

p.a.f. 0.6 % 0.8 % 0.6 %

SiO2 19.1 % 15.5 % 22.2 %

Al 2O3 8.1 % 11.0 % 5.1 %

Fe2O3 4.5 % 1.9 % 3.0 %

CaO 62.7 % 58.5 % 63.8 %

MgO 1.4 % 1.4 % 1.4 %

SO3 3.7 % 8.8 % 2.0 %

Na2O 0.05 % 0.60 % 0.30 %

k2O 0.00 % 0.00 % 0.20 %

Cl 0.04 % 1.00 % 0.00 %

COMPOSIZIONE MINERALOGICA

C3S 49 % 44 % 56 %

C2S 12 % 11 % 19 %

C3A 14 % ---- 9 %

C11A11·CaCl2 ---- 17 % ----

C4AF 13 % 8 % 9 %

CaSO4 7.7 % 15.0 % 3.4 %

2002 R. Boncukcuoğlu et al (scarti da vagli rotativi): Sono stati analizzati gli effetti

dell’aggiunta di TSW al clinker sulle proprietà meccaniche del cemento Portland così

realizzato. L’utilizzo di TSW nell’industria del cemento come additivi è stato dunque

testato e confrontato con altri materiali. Risulta che i TSW possono essere usati come

additivi per il cemento fino al 25% in peso.

2005 P.H. Shih et al (fanghi contenenti metalli pesanti): L’effetto del contenuto di metalli

pesanti nel mix di materie prime del cemento sulla formazione cristallina nel processo di

produzione è stato esaminato anche con analisi XRD. È stato trovato che entrambi i

fanghi sono applicabili come sostituti nel mix di alimentazione tramite condizionamento

moderato delle composizioni dei fanghi con molteplici parametri. Con una sostituzione

entro il 15% del mix la formazione della fase di silicato tricalcico (C3S) nel cemento viene

migliorata dall’introduzione di metalli pesanti. Invece, per effetto di una eccessiva

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concentrazione di metalli pesanti (maggiore del 1,5%) nel mix, il C3S cristallino viene

inibito da un’ampia sostituzione con fanghi (maggiore del 15%). Durante il processo di

sinterizzazione, oltre il 90% degli elementi altamente volatili come il piombo evaporano

ad alta temperatura, ma il 90% degli elementi meno volatili come rame, cromo e nichel

rimangono intrappolati nel clinker. Soprattutto, i risultati dei test di percolamento

mostrano che gli elementi intrappolati nei campioni idratati non vengono rilasciati sotto

condizioni di acidità. Il riutilizzo di fanghi contenenti metalli pesanti come materie prime

per il cemento non causerebbe quindi pericolo per lisciviazione dai clinker sinterizzati.

Perciò, questi fanghi avrebbero il potenziale per essere utilizzati come materia prima

alternativa nella produzione del cemento.

2005 K.L. Lin e C.Y. Lin (cenere da fango di rifiuto): In questo studio, sono state studiate

le caratteristiche e le proprietà ingegneristiche di tre tipi di paste di “eco-cemento”, tra

cui resitenza a compressione, grado di idratazione, microstruttura, e confrontate con

quelle del cemento Portland ordinario ASTM di tipo I. I risultati indicano che è fattibile

utilizzare cenere da fango e scorie di acciaieria per sostuire fino al 20% dei componenti

minerari delle materie prime del cemento. Inoltre, tutti i clinker testati hanno soddisfatto

i requisiti inerenti le caratteristiche di tossicità da percolamento. I principali componenti

del cemento Portland, C3S (ad esempio, 3CaO�SiO2), C2S (ad esempio, 2CaO�SiO2), C3A

(ad esempio, 3CaO�Al2O3) e C4AF (ad esempio, 4CaO�Al2O3� Fe2O3), sono stati trovati tutti

nei clinker così prodotti. Tutti e tre i tipi di “eco-cemento” hanno confermato la

produzione di idrossido di calcio (Ca(OH)2) e idrati di silicato di calcio (CSH) durante il

processo di idratazione, aumentando la densità col passare del tempo. I risultati

dell’analisi termica hanno indicato che l’idratazione procede fino a 90 giorni, con

l’aumento della quantità di Ca(OH)2 e CSH. Lo “shift” chimico dei silicati, ed il risultante

grado di idratazione, e l’incremento di lunghezza dei gel di CSH col tempo, sono stati

confermati dalle tecniche Si NMR. La resistenza alla compressione e le valutazioni

microstrutturali, infine, confermano la reale fruibilità degli “eco-cementi”.

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2005 E. Sakai et al (ceneri volanti): Sono state analizzate l’influenza del contenuto in

vetro e la basicità della fase vetrosa sull’idratazione del cemento così prodotto, ed è stata

caratterizzata l’idratazione lungo un ampio periodo. Sono stati usati due tipi di ceneri

volanti con differenti contenuti in vetro, uno con il 38.2% ed un altro con il 76.6%. Il

grado di idratazione delle ceneri aumenta con l’aumento del contenuto in vetro delle

ceneri per campioni lasciati fissare per 270 giorni. Dopo 360 giorni, comunque, i gradi di

reazione delle ceneri volanti mostrano circa gli stessi valori per differenti contenuti in

vetro. Le ceneri influenzano inoltre l’idratazione dei minerali del clinker nel cemento:

mentre l’idratazione dell’alite viene accelerata, quella della belite viene ritardata ad uno

stadio avanzato.

2006 A.S. de Vargas et al (polvere da forno ad arco elettrico - EAFD): Sono stati

determinati tempo di presa e idratazione, ed è stata effettuata una caratterizzazione

mineralogica e microstrutturale, al fine di meglio comprendere l’effetto del residuo sulle

proprietà della pasta di cemento, sia fresca che indurita.

I risultati hanno mostrato che l’EAFD abbassa le reazioni di idratazione del cemento

Portland. Per quanto riguarda le performance meccaniche, è stato verificato che sebbene

l’EAFD ritardi le reazioni di idratazione del cemento nei suoi tempi iniziali, in quelli più

avanzati il trend vede un significativo guadagno in resistenza delle paste contenenti

EAFD.

2007 S. Kourounis et al (scorie di acciaieria): Sono stati studiati il tempo di presa, la

consistenza standard, il flusso di malta normale, l’espansione in autoclave e la resistenza

a compressione a 2, 7, 28 e 90 giorni. I prodotti idratati sono stati identificati con

diffrazione a raggi X mentre l’acqua non evaporabile è stata determinata con TGA. La

microstruttura delle paste di cemento indurite e le loro caratteristiche morfologiche sono

state esaminate al microscopio elettronico.

Si è concluso che questa scoria può essere usata nella produzione di cementi compositi di

classi di resistenza 42.5 e 32.5 (EN 197-1). Inoltre, i cementi prodotti presentano

proprietà fisiche soddisfacenti. La scoria di acciaieria abbassa l’idratazione dei cementi

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tagliati, per effetto della morfologia del C2S contenuto e del basso tenore di silicati di

calcio.

3.3.3. Contributo sia energetico che minerale

2005 K. Gäbel e A.M. Tillman (LCA): Le nove simulazioni effettuate mostrano che l’uso di

materiale di recupero e combustibile alternativo può essere incrementato mantenendo

allo stesso tempo i requisiti correnti per le performance del clinker.

2005 M.A. Trezza e A.N. Scian: Sono state analizzate temperatura di fusione delle

miscele, analisi termica differenziale e analisi termogravimetrica (DTA/TG) durante la

fase di produzione di clinker e dopo l’idratazione, area specifica superficiale al medesimo

tempo di macinazione, diffrazione a raggi X (XRD) e resistenze meccaniche delle paste

elaborate con un rapporto acqua/cemento 0,4. I risultati ottenuti sono stati confrontati

con quelli del clinker ottenuto senza aggiunte, e si è concluso che l’utilizzo di questi

rifiuti, nelle proporzioni e condizioni di quest’analisi, non altera significativamente le

proprietà del clinker. In particolare, il carbone da pirolisi appare adatto ad essere

introdotto con la polvere in alimentazione al forno, senza alterare la resistenza meccanica

finale; un leggero aumento di questo valore, se confrontato con quello originale, è stato

osservato nei tempi brevi (3 giorni). Il “petroleum waste carbon” sembra adatto per il

suo contenuto energetico, sebbene abbia una leggera tendenza peggiorativa sulle

proprietà meccaniche. La miscela combustibile, infine, genera una maggiore cristallinità

nelle fasi principali del clinker: la presenza di C3S più cristallino determina migliori valori

di resitenza alla compressione nei tempi brevi. L’aggiunta di questo tipo di rifuiti richiede

un eccellente controllo della temperatura nella “clinkering zone”, poiché un leggero

eccesso di quest’ultima renderebbe eccessivamente fluido il clinker e potrebbe

danneggiare il rivestimento refrattario del forno.

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3.4. Tecnologie di trattamento adottate ed impatto economico e sociale

Pneumatici

Nel 1997 G. Ferrer descrive il mercato internazionale dei pneumatici, al fine per

identificare i flussi materiali materie prime-pneumatici ed il problema dello smaltimento

dei pneumatici usati. Successivamente, vengono descritte le operazioni che generano un

valore aggiunto nel processo di produzione dei pneumatici e nel processo di ricostruzione

dei pneumatici (retreading). Una volta identificata nel retreading l’unica alternativa di

recupero che massimizzi l’utilizzo dei pneumatici, la generazione di calore è descritta

come alternativa di recupero quando il retreading non è tecnicamente praticabile.

Vengono analizzati i valori economici della generazione di calore in impianti elettrici ed in

forni da cemento, e l’articolo termina con il caso del retreading, il processo di

ricostruzione dei pneumatici e la raccomandazione di una semplice regola decisionale per

selezionare il numero di volte che un pneumatico debba essere ricostruito per

massimizzare il suo utilizzo. Per quanto concerne l’utilizzo dei pneumatici in cementeria,

viene evidenziata una sostituzione calorica di circa il 20÷25% del combustibile

tradizionale sia in Europa (Germania, Francia) che nei paesi extra-europei (Stati Uniti,

Canada, Giappone).

Nel 2004 A. Cook e J. Kemm hanno pubblicato un articolo sulla valutazione di impatto

sanitario della proposta di combustione di pneumatici in un impianto per la produzione di

cemento.

Un impianto situato in una cittadina inglese infatti aveva presentato domanda per

l’inclusione nell’autorizzazione dell’utilizzo di pneumatici sminuzzati come parziale

sostituenti del carbone; l’autorità sanitaria locale aveva così richesto una procedura di

Health Impact Assessment (HIA), in conformità al regolamento IPPC (Integrated

Pollution Prevention and Control).

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La procedura ha concluso che la proposta difficilmente avrebbe causato impatti negativi.

L’intenzione di essere imparziale e l’incapacità di confermare o smentire i timori per la

salute in realtà deluse molti residenti.

RDF

J. Dorn, nel 1977, si mostrava dubbioso sul fatto che i forni da cemento potessero

competere con successo con gli impianti di incenerimento per RDF, dalla maggiore

capacità e localizzati più vicino ai centri urbani. Secondo le sue considerazioni, in casi

specifici in cui una cementeria sia l’unico “game in town”, un programma a lungo termine

potrebbe risultare di mutuo vantaggio con la comunità. Le molte complicazioni

conseguenti avrebbero reso economicamente insicura la conversione di un forno da

cemento ad un’alimentazione combinata di RDF e combustibile fossile. Inoltre, le

imminenti carenze di materie prime di base avrebbero a suo avviso dettato un crescente

interesse per la raccolta differenziata e il riciclo delle frazioni merceologiche dei rifiuti

urbani. L’economia fluttuante dell’industria del legno e della cellulosa avrebbe poi potuto

fornire una stabilità troppo scarsa per gli investimenti di capitale necessari per convertire

i forni di cemento a consumatori di RDF.

1990 C.A.C. Haley: L’autore riporta che in Germania RDF in fiocchi viene impiegato

commercialmente, fornito in balle, nei forni da cemento. L’esempio della cementeria di

Westbury (UK) dimostra la piena accettazione della popolazione della contea di Wiltshire

(500000 abitanti) che è stata molto soddisfatta di aver concluso con la cementeria un

contratto di 10 anni.

1993 F.C. Lockwood: Allo stato corrente, secondo Lockwood non sembrava che ci fosse

un vantaggio economico nel bruciare RDF. Ad ogni modo, se i rifiuti solidi urbani

(Municipal Solid Waste, MSW) sono generati in grandi quantità ed un supporto finanziario

viene fornito dalle autorità locali per coprire i costi di investimento/gestione, bruciare RDF

in forni da cemento sarebbe diventato economicamente attraente ed attuabile.

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2003 E. Mokrzycki: L’esperienza accumulata dagli impianti di Lafarge Cement Poland Ltd

conferma che queste attività sono vantaggiose sia dal punto di vista economico che da

quello ecologico. In media, l’energia richiesta per la produzione di una tonnellata di

cemento è stimata intorno a 3.3 GJ, che corrisponde a circa 120 kg di carbone. I costi

energetici costituiscono circa il 30-40% dei costi totali per la produzione del cemento.

L’impiego di combustibili alternativi consente dunque di ridurre i costi di produzione.

L’uso di rifiuti come combustibili nell’industria del cemento comporta non solo benefici dal

punto di vista economico, ma anche dal punto di vista sociale. Questa opzione di gestione

dei rifiuti può ridurre il numero dei siti di smaltimento, limitare l’espansione di quelli

esistenti ed evitare la necessità di costruire impianti di incenerimento.

Nel 2007 A. Garg et al hanno pubblicato un articolo sul quadro politico per combustibile

solido da rifiuto (Solid Recovered Fuel, SRF) in Europa, alla luce delle implicazioni

britanniche.

Gli stati membri dell’Unione Europea stanno adottando il trattamento meccanico-biologico

dei rifiuti solidi urbani (Municipal Solid Waste, MSW) per adeguarsi agli obiettivi della

direttiva LD (EU Landfill Directive). È stato esaminato il quadro politico per combustibile

solido da rifiuto SRF derivante da MSW, composto da carta, plastica e fibre tessili,

nell’industria energy-intensive. Un combustibile SRF dal potere calorifico superiore

relativamente alto (15-18 MJ/kg) possiede il potenziale per sostituire parzialmente i

combustibili fossili nelle industrie energy-intensive, così come MSW in impianti di

combustione dedicati. Tentativi di classificare le proprietà del combustibile da parte delle

organizzazioni degli standard europei (CEN) considerano il potere calorifico inferiore e

contenuto di cloro e mercurio. Ad ogni modo, le dimensioni delle particelle, l’umidità, e la

composizione del combustibile richiedono anch’essi attenzione e futuri studi dovranno

valutare questi parametri. Sono state analizzate in maniera critica le implicazioni dell’uso

di SRF come co-combustibile in processi termici. Un’analisi termodinamica illumina sulla

realizzabilità tecnica ed ambientale della co-combustione di SRF in centrali a carbone e

forni da cemento. I risultati indicano che l’uso di SRF come co-combustibile può ridurre in

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maniera significativa il riscaldamento globale ed il potenziale di acidificazione.

Quest’analisi politica è di interesse per manager di rifiuti, specialisti politici, regolatori, e

l’intera comunità di ricerca nel campo del waste management.

Residui da demolizione

2007 B. Boughton: Una valutazione economica di un sistema di separazione full-scale ha

mostrato che il trattamento dell’SRF risulta essere economicamente marginale

considerando i soli costi evitati di messa in discarica. Ad ogni modo, benefici economici

significanti risulterebbero dal recupero ulteriore di materiali ferrosi e non (precisamente,

rame).

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4. Conclusioni

Tra le varie tipologie di rifiuti impiegati come combustibili individuati dalla nostra

legislazione, la letteratura internazionale esaminata ne prende in considerazione solo

alcune:

o pneumatici,

o RDF,

o tappeti e moquettes,

o solventi.

Dei suddetti rifiuti, vengono messe in evidenza le caratteristiche necessarie all’utilizzo,

nonché i vantaggi soprattutto in termini di risparmio energetico e di riduzione di

emissioni da combustibili fossili che vengono evitate.

Il loro utilizzo nei forni da cemento trova giustificazione nelle particolari caratteristiche

del processo di produzione del clinker:

o elevata temperatura (1500°C nel clinker, 1800°C nei gas di combustione

o elevato tempo di permanenza

o ambiente alcalino del forno

In alcuni articoli vengono evidenziati gli effetti evitati tramite analisi LCA, in particolare

per i pneumatici e l’RDF. Inoltre sono individuati i limiti di applicabilità in percentuale di

alcuni combustibili.

Per quanto riguarda i rifiuti utilizzati come materie prime gli studi internazionali si

riferiscono ad una tipologia abbastanza limitata quali:

o scorie d’altoforno,

o piastrelle ceramiche di scarto,

o scarti di vagli rotativi,

o fanghi contenenti metalli pesanti,

o cenere da fango di rifiuti,

o ceneri volanti in aggiunta al cemento,

o polveri da forno ad arco,

o terreni contaminati,

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o residui da demolizione.

In tutti gli studi vengono evidenziati i risparmi energetici, di rifiuti solidi, l’ininfluenza sule

emissioni atmosferiche e sulla qualità del clinker.

L’esame delle pubblicazioni con riferimento alle emissioni ha ancora messo in evidenza

l’ininfluenza dell’impiego di combustibili da rifiuto nei forni da cemento. Anzi, in alcuni

casi (RDF) ciò può portare a benefici ambientali per quanto riguarda la riduzione di NOX e

SOX. Per i pneumatici si registra da un’analisi statistica un lieve aumento di NOX, SOX e

CO, sempre però entro i limiti di legge, non confermato però da esperienze tecniche nel

settore, mentre per l’RDF è possibile riscontrare un incremento emissivo di metalli

pesanti, ma con diretta dipendenza da composizione e qualità del rifiuto. Alcune

simulazioni mostrano poi che le emissioni di CO2, NOX, SOX, CO e CH4 potrebbero anche

essere ridotte dal 30 all’80% a seconda dell’uso di materiale da recupero e combustibile.

Per quanto concerne l’influenza sulla qualità del prodotto, i lavori esaminati dimostrano

che non si riscontra nessun cambiamento causato dall’alimentazione di combustibili quali

pneumatici ed RDF nei forni da clinker. Anche per quanto riguarda la presenza di metalli

pesanti nel prodotto finale il pericolo ambientale di una lisciviazione si è dimostrato

inconsistente e non si sono riscontrate differenze nelle proprietà chimiche e fisiche né nel

prodotto clinker né nel cemento e calcestruzzo.

Allo stesso modo, anche per l’impiego di rifiuti nelle materie prime gli studi esaminati

hanno dimostrato che le proprietà chimico-fisiche del cemento prodotto sono conformi

agli standard. Anche i test di lisciviazione dimostrano che i metalli intrappolati nel clinker

non vengono rilasciati. Gli stessi risultati soddisfacenti per il prodotto si hanno nel caso di

impiego sia energetico che minerale nell’alimentazione dei forni ad cemento.

Gli studi che affrontano problematiche economico-sociali evidenziano in generale la prima

accettazione della popolazione coinvolta sull’impiego dei rifiuti nei forni da cemento sia

sotto forma di combustibile che sotto forma di materia prima. Le autorità locali

dimostrano molto interesse verso questo impiego tanto che in alcuni casi viene fornito un

supporto finanziario per coprire sia i costi di investimento che quelli di gestione.

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Uno studio recente evidenzia poi come il combustibile da rifiuto impiegato come co-

combustibile può ridurre in maniera significativa il potenziale di riscaldamento globale ed

il potenziale di acidificazione.

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5. Riferimenti bibliografici

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