STARE ZITTO E BASTA - Ogni persona è importante · vo. Avevamo fatto la scuola insieme. Non l’ho...

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Stare zitto e basta Basta stare zitti Notizie al volo All’interno I miei voti non mangiano A noi ci frega lo sguardo Magazzino viveri Poste Italiane S.p.a. Spedizione in AP - D.L. 353/2003 conv. in L27/02/2004 n° 46 art. 1 comma 2, CNS Bolzano. Trimestrale. Autorizzazione 17AP del 30.11.2006 Dicembre 2014 Anno 9 Numero 4 VOLinforma: proprietario ed editore “Associazione Volontarius” Bolzano - Registro stampa tribunale Bolzano 20/2005 del 23/11/2005 Dir. Responsabile Franco Grigoletto - Redazione c/o “Associazione Volontarius” via G. Di Vittorio 33 - Bolzano - Tel 0471 402338 Fax 0471 404921 web www.volontarius.it - email [email protected] - c.c.p. 12109393 - Stampato in proprio di Luca De Marchi Sabato 11 ottobre si è svolta in piazza Municipio la raccolta di coperte e sacchi a pelo organizzata da “Oltre la strada” per sensibilizzare al tema delle per- sone senza dimora che, soprattutto d’inverno, ri- schiano gravi problemi a causa del freddo. In piazza c’era qualcosa che andava oltre il bisogno concreto: un’atmosfera di calore e familiarità. La pioggia è bastata a rallentare l’arrivo di coperte, ma non questa atmosfera: qualcuno ballava sotto al portico di fronte all’ingresso del municipio; altri si divertivano a spingere l’acqua dal tetto dei gazebo. È qualcosa di molto semplice, ma che in questi casi determina l’atmosfera di tutta una giornata, l’essere qui e ora, modo di porsi nei confronti della vita che stiamo perdendo. Se conservassimo gelosamente questa prospettiva in ogni momento della giornata, ci renderemmo improvvisamente conto di quanto questo renda importante ogni istante della nostra esistenza, valorizzandolo per quello che è: pura e semplice esistenza. Come quando, soprattutto da bambini, ci si accorge improvvisamente di essere al mondo e in una situazione peraltro molto gradevo- le. Chiamiamolo un lampo, un’epifania, un momen- to di gioia. Ma esiste; e noi siamo lì a gustarlo. Si dice che ragionare superando il concetto di qui e ora sia una prerogativa specifica del linguaggio umano, che lo rende così superiore alla maggior parte degli animali. Se questo modo di pensarci “su- periori” fosse però legato al fatto di osservare la re- altà sempre e solo dal no- stro punto di vista? Quando ci succede di ab- bandonarci alla sponta- neità, al semplice vivere? Evidentemente quando beviamo troppo, ma anche – e soprattutto – quando siamo con gli altri sentendoci accolti e amati e ricambiando di conseguenza. Il nostro possedere obiettivi e l’importanza che attribuiamo al concetto stesso di proprietà su qualcosa, sono alla base delle difficoltà che oggi riscontriamo a ragionare pensando al presente e non al passato o al futuro. E il valore che la società di oggi attribuisce a questi due elementi ci fa capire come la direzione intrapresa sia ormai consolidata. Ma è l’unica possibile? Gli obiettivi sarebbe ignorante definirli inutili, visto che stanno alla base del progresso della società che insieme abbiamo deciso di costruire. Ma più ignorante è l’atteggiamento di chi, inseguendo i propri obiettivi, scavalca gli altri anche senza accorgersene. Per questo motivo dovremmo renderci conto di qual è il motivo per cui siamo al mondo. Perché se ce lo chiedessimo davvero capiremmo che il nostro vivere non è raggiungere degli obiettivi, ma vivere i nostri percorsi attraverso gli incontri che la vita ci offre. Viviamo insomma per stare insieme e anche da soli, per sentirci accolti e sentirci amanti. Per essere felici. Feste come “Chiedimi perché ho freddo” ci ricordano che è sì importante raggiungere un determinato obiettivo, ma altrettanto lo è farlo insieme, rispettando il nostro sentire e quello degli altri, cercando una serenità condivisa che, momentanea o continua, possa spingerci a salvaguardare un unico vero (anche se faticoso) obiettivo: vivere. IVERE

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Stare zitto e basta Basta stare zitti

Notizie al volo

All’interno

I miei voti non mangiano

A noi ci frega lo sguardo

Magazzino viveri

Poste Italiane S.p.a. Spedizione in AP - D.L. 353/2003 conv. in L27/02/2004 n° 46 art. 1 comma 2, CNS Bolzano. Trimestrale. Autorizzazione 17AP del 30.11.2006

Dicembre 2014 Anno 9

Numero 4

VOLinforma: proprietario ed editore “Associazione Volontarius” Bolzano - Registro stampa tribunale Bolzano 20/2005 del 23/11/2005 Dir. Responsabile Franco Grigoletto - Redazione c/o “Associazione Volontarius” via G. Di Vittorio 33 - Bolzano - Tel 0471 402338 Fax 0471 404921

web www.volontarius.it - email [email protected] - c.c.p. 12109393 - Stampato in proprio

di Luca De Marchi

Sabato 11 ottobre si è svolta in piazza Municipio la raccolta di coperte e sacchi a pelo organizzata da “Oltre la strada” per sensibilizzare al tema delle per-sone senza dimora che, soprattutto d’inverno, ri-schiano gravi problemi a causa del freddo. In piazza c’era qualcosa che andava oltre il bisogno concreto: un’atmosfera di calore e familiarità. La pioggia è bastata a rallentare l’arrivo di coperte, ma non questa atmosfera: qualcuno ballava sotto al portico di fronte all’ingresso del municipio; altri si divertivano a spingere l’acqua dal tetto dei gazebo. È qualcosa di molto semplice, ma che in questi casi determina l’atmosfera di tutta una giornata, l’essere qui e ora, modo di porsi nei confronti della vita che stiamo perdendo. Se conservassimo gelosamente questa prospettiva in ogni momento della giornata, ci renderemmo improvvisamente conto di quanto questo renda importante ogni istante della nostra esistenza, valorizzandolo per quello che è: pura e semplice esistenza. Come quando, soprattutto da bambini, ci si accorge improvvisamente di essere al mondo e in una situazione peraltro molto gradevo-le. Chiamiamolo un lampo, un’epifania, un momen-to di gioia. Ma esiste; e noi siamo lì a gustarlo. Si dice che ragionare superando il concetto di qui e ora sia una prerogativa specifica del linguaggio umano, che lo rende così superiore alla maggior parte degli animali. Se questo modo di pensarci “su-

periori” fosse però legato al fatto di osservare la re-altà sempre e solo dal no-stro punto di vista? Quando ci succede di ab-bandonarci alla sponta-neità, al semplice vivere? Evidentemente quando beviamo troppo, ma anche – e soprattutto – quando siamo con gli altri sentendoci accolti e amati e ricambiando di conseguenza.Il nostro possedere obiettivi e l’importanza che attribuiamo al

concetto stesso di proprietà su qualcosa, sono alla base delle difficoltà che oggi riscontriamo a ragionare pensando al presente e non al passato o al futuro. E il valore che la società di oggi attribuisce a questi due elementi ci fa capire come la direzione intrapresa sia ormai consolidata. Ma è l’unica possibile? Gli obiettivi sarebbe ignorante definirli inutili, visto che stanno alla base del progresso della società che insieme abbiamo deciso di costruire. Ma più ignorante è l’atteggiamento di chi, inseguendo i propri obiettivi, scavalca gli altri anche senza accorgersene. Per questo motivo dovremmo renderci conto di qual è il motivo per cui siamo al mondo. Perché se ce lo chiedessimo davvero capiremmo che il nostro vivere non è raggiungere degli obiettivi, ma vivere i nostri percorsi attraverso gli incontri che la vita ci offre. Viviamo insomma per stare insieme e anche da soli, per sentirci accolti e sentirci amanti. Per essere felici. Feste come “Chiedimi perché ho freddo” ci ricordano che è sì importante raggiungere un determinato obiettivo, ma altrettanto lo è farlo insieme, rispettando il nostro sentire e quello degli altri, cercando una serenità condivisa che, momentanea o continua, possa spingerci a salvaguardare un unico vero (anche se faticoso) obiettivo: vivere.

IVERE

Lo incontriamo , ci parliamo, ci guardiamo negli occhi. Fa fatica a parlare, la fatica di chi è da poco in Italia ma si sta sforzando con la lingua. Un uomo che però sembra restio a raccontarsi, a mostrarsi per quello che è. Forse ha paura. Forse nasconde qualcosa. Forse non parla di tutto. Però il modo in cui racconta è vero, trasparente, le parole scorrono come se avessero voluto essere pronunciate da tanto tempo. Con un’inquietudine di fondo, però, si guarda in giro e non sempre i nostri occhi si incontrano. Non pensa che le cose possano cambiare. Parla, parla, parla. Ha voglia di parlare. Vuole parlare del presente, di come si sente ora. Cosa dobbiamo prendere delle sue parole? perché dovremmo ascoltare la sua storia, se vuole restare nell’anonimato? Ogni storia

Sono un uomo. Ho un nome, un cognome, un’età, ma ho deciso di non rivelarli. Sono cresciuto in un paese africano con tanti piccoli problemi ma non la guerra. Dopo quattro anni di scuola ho lavorato come agricoltore, poi come meccanico. La mia famiglia ha grandi terre e mi ha sostenuto nel lavoro. Mi ha aiutato anche quando ho provato ad aprire un’officina. Poi sono dovuto partire. Nigeria, Algeria, Egitto, Marocco. Ma mi sono fermato solo in Libia a fare il muratore.Nel 2011 sono arrivato in Italia perché è scoppiata la guerra in Libia. La guerra non è giusta e l’Europa ha sbagliato troppo. Molti problemi dell’Europa sono stati portati in Africa. Ma l’Africa non è l’Europa. Ho impiegato più di un mese per prendere una barca e due gior-ni ci sono voluti per arrivare a Lampedusa. Eravamo tantissimi, morti o vivi speravamo di arrivare. Stavamo male e avevamo sempre fame. C’era tanta gente e hanno avuto difficoltà a gestir-ci, ma li capisco. Ho addirittura trovato una donna che conosce-vo. Avevamo fatto la scuola insieme. Non l’ho più rivista, chissà dov’è finita.. Così sono partito per Bolzano.

Era maggio, credo.A Bolzano è andata male. Adesso noi abbiamo bisogno di lavoro ed è un grande problema. Bolzano non è bene per me, Bolzano non crede in me, anche se racconto la mia esperienza. Non mi sento accolto. Vorrei che la gente capisse che aiutare non è darmi un euro di carità ma darmi lavoro; non voglio l’elemosina, voglio un lavoro. È anche difficile trovare qualcuno per parlare, per strada, ne senti il bisogno ma t’ignorano. È importante che parliamo con tranquillità, in questo momento. Non so perché tanta gente qui non saluta mai. Non è bello. E cosa posso fare se non stare zitto e basta?Io per ora continuo a cercare lavoro, anche se c’è la crisi. Perché non bisogna arrendersi alla crisi, l’abbiamo creata noi umani, non Dio. A Dio tutto questo non piace ma, non so perché, non risponde. Piano piano bisogna che troviamo noi una soluzione per, domani, vivere bene... Spesso però è vero che penso che non finisce mai. Penso che non c’è soluzione. Purtroppo è più grande il mondo con i suoi problemi che la nostra storia. Ed è più importante cambiare la sua storia prima della mia.

BASTA CON LO STARE ZITTIstudenti in piazza Municipio

Da diversi anni Volontarius entra nelle scuole elementari, medie e superiori di Bolzano per portare ai ragazzi e discutere con loro la vita delle persone senza dimora. Come accade? Perché? Cosa possiamo fare? Domande che si trasformano in un dialolgo sulla vita. Queste tematiche ci sono infatti vicinissime, non solo perché viviamo un periodo di crisi economica che annienta le possibilità di trovare lavoro per i più giovani: sono tematiche che abbracciano le persone che incontriamo per strada quando usciamo di casa e che possono colpire anche i più forti di noi. “Non si è mai troppo piccoli per fare delle cose grandi” è diventato il nostro motto e la nostra sfida: imparare ad accogliere tutte le persone che vivono accanto a noi, con un abbraccio, un sorriso e un po’ di interesse sincero. Tutto partendo da una consapevolezza da esercitare, cioè quella che pone ogni persona allo stesso livello d’importanza, indipendentemente da chi sia, che cosa pensi e che cosa abbia fatto. I ragazzi delle scuole Archimede e del liceo Toniolo si sono dimostrati da questo punto di vista molto grandi. Non si sono limitati a dare una mano al mattino e con la distribuzione di pasti a mezzogiorno, ma sono rimasti anche pomeriggio, entusiasti di fare cono-scenza con tante nuove persone e di passare una serena giornata insieme. Grazie ragazzi per questa giornata indimenticabile.

nasce da una verità di fondo e quello che non vuole essere detto diventa più vero della storia stessa. In quest’ottica il nome di quest’uomo che vuole rimanere anonimo risulta quindi più vero di tutti gli altri. E la sua storia, le sue parole, il suo sguardo sfuggente sono l’alfabeto di un percorso tortuoso e anche ambiguo, ma che dobbiamo comprendere.“Stare zitto e basta. Vita di un uomo” è stata letta in piazza Municipio durante la giornata “Chiedimi perché ho freddo”.

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STARE ZITTO E BASTAVita di un uomo

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«Se io fossi un ragazzo, non avrei tanta voglia di parlare con adulti piagnucolosi e impauriti, oppure rabbiosi e incattiviti con il mondo.

Per questo invito tutti a ricominciare a dimostrare amore per le nuove generazioni, fiducia nelle loro capacità e possibilità.

Dare valore all’altro e costruire relazioni non è un gesto isolato, è un processo continuo che si deve percorrere con determinazione e volontà.

È grazie alla speranza che molte persone hanno potuto cambiare vita, anche attraverso percorsi tortuosi. Il mio lavoro è costruire speranza,

che nella pratica quotidiana traduco con cercare il cuore per costruire progetti».

Cambiare è possibile. Don Gino ci ha ricordato la bellezza e l’importanza di scegliere di guardarci negli occhi. Cosa non sempre scontata, come quella di incontrare le persone, anzi, di andare incontro alle persone. Movimento che, in questa forma, esprime la gioia in quell’in-contro. Si, proprio in quello, qualunque esso sia. Non un incontro programmato, scelto, selezionato, ma quello casuale, con le persone che, solo per il fatto di uscire di casa, si trovano. “Ogni persona è importante” e la relazione che si determina con chiunque è l’unità di misura di questa grande scelta. Quando poi queste persone esprimono un bisogno che va oltre, manifestano con atteggiamenti ed espressioni il richiamo ad un di più, ecco che la relazione piana e generica deve trovare un balzo di entusiasmo e forza che la proietti verso un cammino comune di scoperta e conoscenza. Un cammino che non manifesti indicazioni ed ordini per il bene di chi, solitamente proprio da questo atteggiamento, viene estromesso da qualsiasi decisione, ma la fatica di procedere verso scelte condivise che necessitano dell’unico atteggiamento veramente rivoluzionario per la storia dell’umanità: “prendersi cura l’uno dell’altro”. Quando i ragazzi del Beccaria rivelano a don Gino che avranno una speranza di salvezza solo se avranno accesso alla sua comunità, solo se lui li porterà con sé, allora e solo allora sarà chiaro che quegli occhi che si incontrano, quelle mani che si stringono hanno un senso compiuto, sono il futuro di un presente concreto, faticoso e vero e non solo poesia o buonismo.

A NOI CI FREGA LO SGUARDODon Gino Rigoldi a Volontarius

Gino Rigoldi, un uomo, un operaio, un sacerdote testimone del nostro tempo, è stato nostro ospite il 28 novembre per una giornata di studio e approfondimento. Insieme al suo tempo, Don Gino ci ha regalato la sua esperienza nel carcere minorile di Milano accompagnandoci attraverso le caratteristiche del suo operare. Diversi sono stati i momenti di lungimirante saggezza. “A noi ci frega lo sguardo” ha detto. dobbiamo imparare il saper guardare, il saper incontrare gli occhi dell’altro; il saper entrare in relazione per insieme costruire è l’unica strada per promuovere le risorse dei più giovani. In serata Don Gino ha incontrato la cittadinanza al teatro Rainerum e ha presentato il suo ultimo libro “Ricostruire la speranza” . Un evento importante che speriamo possa rappresentare la prima di tante iniziative comuni in un vicinissimo futuro.

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SOSTEGNO ALIMENTARE CON: MAGAZZINO VIVERI

Volontarius ha dato vita negli ultimi anni a un grande progetto di sostegno alimentare. Sono state individuate aree di intervento differenziate, organizzati diversi servizi di raccolta, strutturati gruppi di gestione e distribuzione per andare incontro alle diverse esigenze rispetto a bisogni primari come quello del cibo. Iniziamo un viaggio dentro questa realtà che rappresenta sempre più una vera emergenza sul territorio.I servizi di Volontarius sono rappresentati dal Magazzino viveri, per il quale rimandiamo all’articolo sottostante della coordinatrice Sonia Santi, dalla raccolta del Pronto Fresco eseguita direttamente dai volontari; dai volontari “Cacciatori di briciole” e “Cacciatori di pollo” che, in accordo con numerosi esercenti cittadini raccolgono l’invenduto. A breve parteciperemo, all’interno della rete FoodNetBz, anche alla raccolta del “cotto” presso ristoranti e mense.

Il “magazzino viveri” è gestito da Volontarius dal 2010, anno in cui Padre Giovanni ha cessato tale servizio. A luglio 2014 anche Lorenzo ha lasciato il magazzino per dedicarsi ad altre attività dell’associazione, così al coordinamento è subentrata Sonia. Il gruppo di persone attivo è di sette volontari. Da settembre è iniziato con loro un grande processo di trasformazione ancora in corso a diversi livelli. Un giorno al mese si prelevano i viveri a Trento e si scaricano in due/tre viaggi al magazzino, dove vengono verificate le bolle di consegna e viene contato e sistemato in modo agevole ogni articolo. I primi tre lunedì pomeriggio del mese hanno luogo le distribuzioni con le famiglie. Le quantità di alimenti per fami-glia variano ogni mese a seconda della disponibilità di viveri e in base al numero di componenti del nucleo famigliare. A livello normativo, in coincidenza con l’inizio di attività del gruppo, è arrivata una circolare che illustra l’entrata in vigore di una nuova normativa da parte di AGEA, che fornisce una parte di generi al Banco Alimentare della Regione, che a sua volta li redistribuisce alle organizzazioni convenzionate. La nuova normativa prevede per ogni famiglia la costituzione di un fascicolo con i documenti utili a conoscerne la reale situa-zione economica. Da ottobre a ogni distribuzione diamo così alle famiglie un promemoria con l’elenco dei documenti da portare entro la fine del mese, spiegando di cosa si tratta e chiedendo puntualità nella consegna.Tuttavia, nonostante le tante cose da fare, il primo passo del nostro percorso è stata la costruzione di un’identità del gruppo lavorativo; stiamo cercando anche un nome che ci rappresenti in questo progetto. Essere in tanti ha un grande vantaggio, ma per funzionare bene è necessario lavorare in armonia, essere coesi, andare d’accordo, poter passare da una funzione all’altra con flessibilità.Per questo stiamo anche cercando di rendere il locale più acco-gliente attraverso luci, festoni, musica, profumi e, soprattutto, sorrisi. Desideriamo che questo servizio non sia vissuto dalle famiglie come umiliazione e che non venga letto quindi come un’elemosina. A prendere i viveri vengono per il 90% donne: mamme con i bambini, donne incinta anche all’ottavo mese di gravidanza, tutte con il carrettino o fragili sacchetti; donne ma-landate di salute che zoppicano o non stanno bene. Cerchiamo di dare a queste persone, a queste DONNE dignità, rispetto, aiuto e l’attenzione che meritano. Quando la persona entra, la facciamo sedere, si registra e si controllano i documenti, due chiacchiere e poi si procede con la raccolta degli alimenti: uno di noi li sistema nel carrettino o nei sacchetti, cercando di fare attenzione agli spazi e alle cose delicate. Sempre uno di noi porta la spesa fuori dal magazzino, quindi la persona si alza, ringrazia, saluta e se ne va. Il nostro

impegno è volto all’accoglienza - la distribuzione dei viveri è un’occasione. Accogliere significa anche coinvolgere i bimbi che accompagnano le mamme dando loro un sacchettino da portare come aiuto, coinvolgerli nella traduzione alle mamme di quanto si dice; perché spesso i bambini sono gli interpreti per i genitori.Un altro impegno che ci stiamo assumendo riguarda il rispetto e la comprensione delle regole: ci siamo dotati di alcune regole che riguardano attendere il proprio turno, non fare schiamazzi, non sporcare l’area davanti al magazzino, portare i documenti.Per concludere, qualche dato: dal 1 gennaio al 30 novembre abbiamo avuto 364 famiglie iscritte e 1735 distribuzioni, per un totale di 6467 beneficiari. La maggior parte dei beneficiari sono immigrati. Nei soli mesi di settembre, ottobre e novem-bre si sono iscritte 30 nuove famiglie, per un totale di 116 per-sone, di cui 15 bambini sotto i 3 anni.

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I MIEI VOTI NON MANGIANO...... ma il cuore mi ha detto di camminare dritto e di essere bravo!

Mi chiamo Gersi e vengo da una città piccola con 100 case che si chiama Dibra. Sono nato il 21 settembre 1997. Quest’anno per il mio compleanno un’educatrice mi ha portato a man-giare un gelato e un volontario mi ha regalato una maglietta. La mia famiglia è composta da 5 persone, i genitori e due fratel-li più grandi. Quando ero bambino ho bei ricordi, mi piacciono perché non avevo i problemi della mia famiglia. Adesso mi sem-bra di avere 70 anni. Io ho lavorato fin da piccolo nel mio paese e sono andato anche in Grecia. Sono andato dalla montagna a 13 anni senza documenti. Ho lavorato con mucche e pecore perché mio padre non può più lavorare per malattia alla schiena. Lui ha lavorato anche a Napoli nelle piantagioni di tabacco. Anche lui faceva il contadino. I miei fratelli hanno 25 e 23 anni e lavo-rano in Grecia come stagionali. È molto difficile andare avanti.Quando ho finito la scuola, la nona classe, ho parlato con un mio amico che il suo padre è ricco; io non potevo continuare ad andare a scuola perché anche se ero bravo , i miei voti non mangiano; dopo i voti belli servono perché hai imparato, ma adesso… Ho parlato con lui e si è commosso. Io a quel tempo non piangevo perché pensavo solo a quello che dovevo fare, adesso toccava a me aiutare la mia famiglia. Avevo due strade: la scuola che mi piaceva ed ero bravo o la mia famiglia. Mi ha det-to che i soldi per il viaggio li avrebbe trovati lui. Ho aspettato il giorno dopo e mi ha confermato che era tutto a posto, 1200 euro per il mio viaggio che cominciava in quel momento.

Il Kanun è un codice consuetudina-rio albanese che risale al 1400 e regola da secoli la vita sociale nelle zone più profonde dell’Al-bania, soprattutto nel nord. Fra l’altro il codice fissa in maniera rigorosa il diritto di vendicare l’uccisione di un pa-rente, colpendo i parenti ma-schi dell’assassino fino al terzo grado. Adempiere alla vendetta è considerato un obbligo, pena il disprezzo da parte della collettività.

Ho voluto parlare con mio padre e gli detto che ormai ero grande, uomo anch’io e dovevo sapere perché la mia fami-glia aveva certi problemi. Perché con i miei zii noi non an-davamo d’accordo e tra di noi c’è una guerra. Lui mi ha ri-sposto che dovevo solo ascoltare. Mi ha raccontato della guerra che c’era tra le nostre due famiglie e della tradizione che ci obbliga a reagire. Anche in paese dicevano tutti che la faida non poteva finire. Io che sono giovane so come de-vono andare le cose in Europa e che si può cambiare, ma per mio padre che è nato in quella tradizione è difficile.Ho deciso che dovevo partire e quando ho trovato i soldi ho cercato il mafioso che mi avrebbe nascosto sul camion. L’ho cercato per due mesi e poi un amico me lo ha fatto vedere. Ci siamo messi d’accordo per andare in Italia. Mi ha chiesto se mio padre lo sapeva e io gli ho risposto che MAI doveva dirglielo. Lui mi ha detto che va bene e poi anche che lui fa il mafioso per portarmi via ma insieme fa anche una cosa grande per me. Sono tornato a casa e ho fatto un po’ l’attore con mia mamma; ridevo e scherzavo, parlavo e facevo domande e anche lei era contenta. Ma poi ho capito che nel suo cuore ha sentito che c’era qualche cosa di strano. Io ero contento e pensavo “oggi è il mio giorno”.Per qualche giorno non sono quasi più uscito di casa. Stavo li a guardare tutto, volevo mettere tutto nella mia testa e ricor-dare la stanza, la casa, i miei animali, la mia famiglia che era a pranzo. Pensavo che per tanti anni non sarei più tornato, fino a quando avrei potuto avere un lavoro per aiutare la mia fami-glia. Poi ho chiesto a mio padre se potevo andare a giocare a calcio, perché nella borsa avevo messo i miei vestiti e le cose per la partenza. Ho preso un taxi e l’autista, che era dl mio pa-

ese, guardando nello specchietto dietro ha visto i miei occhi rossi con lacrime. Mi ha chiesto e io ho detto solo fai in fretta e portami in città. Ho fatto la prima parte del viaggio nella cabi-na del camion ma, in Macedonia, il mafioso mi ha fatto andare dietro, nel cassone. In quel tempo, al buio, avevo davanti a me solo la faccia di mia mamma e mio padre. E anche qualche pen-siero su quello che avevo fatto; ma cosa ho fatto? Poi, quan-do siamo arrivati a Trento, ho deciso di scappare dal camion e sono sceso. Erano passate 24 ore e il sole mi ha fatto chiudere gli occhi. Non avevo mai visti così tante persone nere, erano tanti e io ho chiesto a loro dove poter bere; ma parlavo solo in albanese e nessuno mi capiva. Cercavo una fontana, avevo sete e anche fame. Era Marzo e pensavo anche dove dormire, faceva freddo. Ho trovato la stazione e per due notti ho dor-mito nel sottopassaggio, seduto per terra. Solo una persona si è fermata per chiedermi qualcosa ma non ci siamo capiti.

Cosa pensavi delle persone che passavano e, ve-dendo un ragazzino seduto per terra, di sera tardi e di notte, non si fermavano per chiederti qualcosa?Pensavo e speravo che qualcuno si fermasse e mi portasse a dor-mire al caldo, anche solo per una notte. Solo un cinese, con il fur-gone, mi ha regalato un sacchetto di patatine. Stavo male, non mi sentivo ne in cielo ne per terra, ero così lì in mezzo, solo e perso.

Ho preso un treno sperando che mi portasse da qual-che parte dove trovare qualcosa da mangiare.

Sono sceso a Bolzano e difronte alla sta-zione ho trovato dei ragazzi albane-

si. Finalmente potevo parlare con qualcuno. Uno di loro mi ha pre-stato un cellulare per chiamare casa. Ha risposto mio padre e gli ho detto che ero in Italia. Ades-so devo trovare la mia strada e voi non siate tristi per me. Ma io

stavo piangendo. Poi quel ragazzo mi ha pagato da mangiare due pa-

nini; ecco, allora ho pensato che ades-so sono in Italia. Quando gli ho chiesto di

indicarmi la Questura mi ha fatto tante doman-de e non credeva che non avevo nessuno qua ed ero venuto in Italia da solo. Dalla Questura poi mi hanno portato a Casa Rossa dove ho trovato subito altri ragazzi albanesi. Ho chiesto subito dove eravamo e loro mi hanno spiegato tutto. Poi è arri-vata Irma, la nostra insegnante albanese e mi ha detto “adesso sei anche tu uno dei nostri ragazzi, un nostro MiSNA”. Allora io ho fatto un sospiro e ho capito che ero finalmente arrivato.

Sono otto mesi che sei a Casa Rossa. Come stai tu? Cosa ti dice il tuo cuore?Ho parlato con il mio cuore e ho detto che dopo essere par-tito da solo dal mio Paese, adesso ho trovato delle persone che per me sono diventate un’altra famiglia. Ho anche degli amici ed è venuto il tempo che il mio cuore ha risposto e mi ha detto adesso davvero sei tra persone che ti aiutano e tu devi essere bravo e camminare dritto, lavorare tanto ed es-sere onesto e rispettare tutto. Solo così potrai andare avanti.

Cosa pensi del Kanun?Se non ti comporti come la tradizione ti dicono che non sei uomo. Io dico che ci si arrabbia con la bocca, non con le mani. Purtrop-po le persone più vecchie ancora sono legate a questo. Bisogna, oltre che cambiare la legge come già è stato fatto, andare in ogni famiglia e spiegare e far capire come è giusto pensare e fare.

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PERSONE IN FUGAPERSONE IN MOVIMENTO CHE CERCANO UNA VITA POSSIBILE

GUARDATE CON PAURA E SOSPETTO

RESPINTE

Dal 15 dicembre siamo presenti al Brennero, con operatori e volontari, al fine di monitorare la situazione ed approntare il servizio di orientamento, mediazione, assistenza e ristoro ai migranti. A pieno regime, prevedrà , con la presenza giornaliera di operatori e volontari, una locazione stabile che il Comune ha messo a disposizione presso il Centro Giovanile, dove i migranti potranno, temporaneamente, essere assistiti dignitosamente e ricevere, oltre che un pasto e bevande calde, anche un orientamento legale ed un servizio di mediazione linguistica. Il progetto viene sviluppato in stretta collaborazione con la Comunità Comprensoriale Alta val Isarco e la Provincia Autonoma di Bolzano. In questo periodo gli operatori ed i volontari stanno svolgendo, oltre che alcuni interventi a favore di persone particolarmente vulnerabili quali minori, donne in gravidanza e nuclei famigliari, attività di osservazione dei fenomeni presenti presso il valico di Confine, gettando le basi affinché il servizio offerto possa integrarsi professionalmente a quanto fin ora offerto. Questo progetto sarà inserito nel quadro del sistema di interventi dell’area profughi della Volontarius, già attivo da 15 anni sul territorio della nostra provincia.Affinché il progetto sia significativo, Volontarius intende operare in stretta collaborazione con le Istituzioni del territorio, con le Forze dell’Ordine, con gli abitanti di Brennero e con il volontariato. L’efficacia del progetto è imperniata su un attenta analisi dei bisogni di tutto il territorio mediante un importante lavoro di rete che si sta sviluppando tramite i contatti che sono già stati attivati e che si stanno definendo.

Andrea, giovane volontario, incontra i profughi e sente...

IL MIO BRENNEROriprovo per il treno del futuro

Vedo i profughi sui treni con i visi pallidi. Ti guardano, il loro è uno sguardo che sfugge. La paura di essere fermati, di non poter an-dare avanti nel loro viaggio. Mamme, papà, bambini tutti uguali. Una bimba scende dal treno, controlla se c’è la polizia, poi risale e fa il cenno ok ai genitori. Il treno riparte, salvi. Chissà, forse per i prossimi 30 chilometri riusciranno a rimanere su senza essere presi.Poi arriva lui, respinto già due volte, ma ci ringrazia e dice “riprovo”, riprovo per il treno del futuro, per la speranza di poter raggiungere i miei cari senza essere fermato. Perché l’amore non può essere contenuto, fermato, ucciso. Perché la speranza accomuna i nostri amici del treno che non mollano nonostante il freddo e le delusioni. Un obiettivo, tante speranze e poche possibilità di farcela. Umanamente che senso ha avere il blocco, il fermo alla vita? Perché di questo si parla, vita! Non delin-quenti ma persone che vogliono solo dignità, vivere e lavorare. Nonostante tutto mi salutano, mi parlano perché sanno che su di noi possono contare, un tè caldo, un panino e via di nuovo per la vita, per la speranza umana che non può esse-re distrutta finché c’è vita. Non possono essere fermati. Questi sono gli amici del Brennero. Questi sono gli eroi dell’amore.

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sabato 29 novembreGIORNATA NAZIONALE DELLA

COLLETTA ALIMENTARE

Ormai giunta alla 18^ edizione, la Giornata Nazionale della Colletta Ali-mentare è diventata un importantissimo momento di coinvolgimento e sensibilizzazione della società al problema della povertà alimentare at-traverso l’invito a un gesto concreto di gratuità e di condivisione: fare la spesa per chi è povero; l’esperienza del dono eccede ogni aspettativa ge-nerando una sovrabbondante solidarietà umana. A noi è stata assegnata la raccolta al Supermercato LD di via Druso. Con 16 volontari che si sono dati il cambio durante la giornata abbiamo raccolto più di 700 kg di cibo.

venerdì 5 dicembrePREMIO GIOVANI VOLONTARI 2014

L’Assessorato alle Politiche Sociali e ai Giovani del Comune di Bolzano, ha ripropo-sto un’ iniziativa rivolta a tutti i ragazzi tra i 14 e i 25 anni residenti o domiciliati in cit-tà che abbiano svolto, o stiano svolgendo, attività di volontariato. Il 5 dicembre sono stati premiati nella Sala Consiliare del municipio i ragazzi che hanno partecipato alla quarta edizione del Premio Giovani Volontari. Alla cerimonia di consegna dei premi, tra i 33 i ragazzi che hanno ottenuto un riconoscimento, sono stati premiati anche i nostri Gersi Hysa, Ilian Kellciu e Luca Zontini. Presenti alla cerimonia di premiazione con l’Assessore Randi anche i membri della Giuria, ovvero Paola Maria Ladstätter, Garan-te dell’Infanzia e dell’Adolescenza e Simonetta Terzariol per la Federazione delle As-sociazioni Sociali e la vincitrice della precedente edizione, Evelyn Mugnano del VKE.

BRICIOLE A QUOTA 100.000!Un solido gruppo di 31 volontari, una grande famiglia quella dei no-stri formidabili cacciatori di briciole, con le più disparate competenze che arrivano ad aiutare alla progettazione delle nuove brici oltre che a risolvere ogni piccola incombenza, burocratica o di diverso tipo.Anche i dati non deludono: oltre 100.000 sono le briciole fi-nora raccolte e arrivate con regolarità alle famiglie più povere. Numerosi sono anche i prodotti dell’ultimo minuto, che pos-sono essere prodotti Despar in scadenza o doni di qualunque negozio: molti di questi vengono rigirati alla San Vincenzo ita-liana che li consegna a famiglie povere del quartiere Don Bo-sco. Altre briciole ancora vengono portate ad alcune famiglie del centro segnalate dal parroco dei Domenicani. Questo sem-pre nella convinzione che collaborare ed esserci sono le priorità.

giovedì 11 dicembreCENA DI NATALE... IN FAMIGLIA

Come ogni anno, anche questo dicembre volontari e operatori dell’Associazione hanno trascorso una se-rata insieme, un’occasione di svago ma anche di co-noscersi meglio e di approfondire le attività svolte.

NOTIZIE AL VOLOLe ultime news dall’Associazione

mercoledì 17 dicembreIL VALORE SOCIALE DELLA LANA

Volontarius è stata invitata mercoledì 17 dicembre a una mostra al Museion. L’incontro, organizzato da Risorse Future, che ha an-che industrializzato il progetto sociale “Tectum”, ideato dalla de-signer Yvett Polyak, ha introdotto il tema dei senza tetto a par-tire da uno strumento particolare: la lana di pecora, materiale molto diffuso in Alto Adige e fondamentale per le sue proprietà.Due delle creazioni in lana di pecora sono state dona-te da Risorse Future proprio all’associazione Volontarius.

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GIOCARE PER IL DIALOGOVolontarius in un importante progetto internazionale

Salvatore Giuliana, operatore da tempo al Centro profughi ex-Gorio, ha partecipato al programma “Mosaic” , organizzato dalla Cooperazione italiana allo Sviluppo, dall’Unrwa (agenzia dell’ONU), Ghassan Kanafani foundation, Unifil, Uisp e Peace Games nell’am-bito dl progetto “Giocare per il dialogo”. Ha portato la sua esperienza, maturata in anni di lavoro a diretto contatto con i profughi richiedenti protezione internazionale con l’Associazione, direttamente in Libano, nel campo profughi Ein Al Haby a Sayda.Ha   tenuto un corso per tecnici sportivi, per attività con disabili ed ha organizza-to la maratona Vivicittà a Sadya, sotto la scorta della forza di pace Unifil, a coman-do Italiano, dove hanno partecipato circa 5000 bambini libanesi, palestinesi, e siriani.“Nella mia prima giornata, all’interno del campo, durante le “Palestiniadi”, organizzate per i bambini orfani e disabili, ospiti della fondazione Kanafani, una bambina di nome Manah, mi ha preso per mano, mi ha dato un bacio e mi ha consegnato un biglietto, dove c’era scritto in italia-no ‹Io sono brava portami con te in Italia›. Aspetto, con ansia il mese di maggio per tornare”. Abbiamo visitato i campi di Ein el Habi – Mar Elias – Dbayeh – Shatila – Mieh Mieh – El Buss – Wa-vel. In Libano ci sono 4 milioni di abitanti di cui circa 1 milione e cinquecento mila sono profughi.

Manah

Salvatore

Abbiamo bisogno di te!0471 402338 – Tasto 4www.volontarius.it [email protected]

Hai del tempo da dedicare agli altri?

Il nostro gruppo: Ha collaborato a questo numero a titolo di volontariato:

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martedì 23 dicembre

RACCOLTA VIVERI DELLA SCUOLA MEDIA DI ORTISEI

La scuola media “Ujep Antone Vian” di Ortisei, in seguito a un percorso effettuato insieme a Roberto Defant, ha spontaneametne deciso di or-ganizzare una colletta di viveri e abiti pesanti da destinare al nostro Ma-gazzino Viveri e a Oltre la Strada. Sono stati raccoloti diversi scatoloni di indumenti e alimenti, tra gli altri giubbotti, guanti, omogeneizza-ti, olio e dieci vassoi di biscotti preparati dagli studenti il giorno stesso. Un grazie particolare a tutto il personale e ai ragazzi per averci accolti.

PROGETTO SNOOPYIl gruppo di amici di Snoopy si è riunito per chiudere l’attività di quest’anno. L’incontro con il presidente Claude è stato anche un’occa-sione per scambiarsi impressioni, nuove idee e per pensare ai nuovi sviluppi delle attività proposte.

AIUTACI AD AIUTARE CON IL TUO 5 PER MILLE! GRAZIE!HILF UNS HELFEN MIT DEINER 5 PROMILLE! DANKE!

COD. FISC/ST.NR.: 94067470214