Stanze Segrete

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Raccolta di espressioni sul modo di intendere l'arredo.

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STANZE SEGRETE

Paolo Casti

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Raccolta di espressioni sul modo di intendere l’arredo.Scritti, disegni, fotografie e scarabocchi fatti da chi vive tra le mura, immaginate o reali, delle stanze raccontate.

STANZE SEGRETE

Paolo Casti

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Grazie a: Enrico Finzi, Aldo Cibic, Geert Koster, Julia Binfield, AlessandroMendini, Angelo Micheli, Gianni Burato, Sally Holloway, Simone Micheli,Mario Piazza, Andrea Giovenali, Virginio Briatore, Florance Léonard, NickThe Nightfly, Massimo Caiazzo, Maurizio Braucci, Gabriele Basilico, StefanoBoeri, Alessandro Busci, Carlos M. Piscione Croci, Alberto Tomba, EduardoHess, Franca Fricker, Dody Nicolussi, Forsitan Cras, Mohamed C. EspositoA.K.A. Raiz, Giorgio Angelini, Fabio Amicabile, Moulin Xavier, Zeno Casti.

Copyright © 1999 Paolo CastiQuesto libro riproduce opere originali ed autografe che gli autorihanno concesso in uso per la realizzazione di "Stanze Segrete".Si diffida l’utilizzo anche parziale dei contenuti.

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Mi è capitato di leggere, esclusivamente per dovere accademico, alcuni manualidi comportamento di fine Ottocento.Ricordo due titoli americani in particolare, non li trascrivo per evitare a chimi legge una inutille perdita di tempo certamente investibile in altro modo.In essi ho trovato quanto di più nocivo alla mente si possa condensare nellecirca trecento pagine complessive di testo che sono riuscito a studiare.Gli autori stigmatizzano precise regole, addirittura teoremi, non limitandosiad indicazioni sull’arredamento, ma dando precise istruzioni anche sulcarattere stesso che doveva essere attribuito alle singole stanze.A proposito di questo argomento ho una precisa idea e, sebbeneprofessionalmente coinvolto nella necessaria e confessata conoscenza deivalori storici, ho sempre legato il concetto di “successo progettuale” allaattitudine che hanno i più fortunati di noi ad ottenere bellezza e funzionalitàsenza seguire regole e cioè inventando. Creando una incolmabile distanza tracoloro che lo sanno fare e quelli che copiano perché non hanno idee.Stanze segrete è nato come un gioco senza regole.Si tratta di una raccolta di espressioni sul modo di intendere l’arredo, scrittada chi vive tra le mura immaginate o reali delle stanze raccontate.Su di un’agenda dai fogli bianchi passata di mano in mano ho raccolto senzaordine, in sequenza casuale ed informale, considerazioni e divagazioni sullestanze private di chi mi sta intorno. Piccoli episodi d’arredo esistenti, pensati,progettati o probabili, vicini e cari a chi li racconta. Non vi è stato alcunlimite espressivo.Taluni si sono limitati a qualche riga, altri hanno scritto pezzi più lunghi.Oltre ai testi vi sono schizzi, disegni, scarabocchi o foto non necessariamenteprofessionali o a fuoco.Il messaggio di queste pagine è legato anche al meccanismo della loro lettura.Sfogliandole infatti si incontrano in rapida sequenza l’emozione di unacquerello, la simpatia di una battuta, la minuziosa descrizione di un dettaglio,l’intimità di una lettera, il racconto di una giornata, un’idea per vivere meglioe tante altre cose, tutte diverse tra loro come diversi, multiformi e multicolorisono i mondi di coloro che hanno partecipato a Stanze Segrete.In fondo ho lasciato alcune pagine bianche: saranno utili a coloro che inten-deranno proseguire la raccolta.

Paolo Casti

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STANZE SEGRETE

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Enrico Finzisociologo, presidente di Astra e Demoskopea

Non amo ciò che è trendy, mi dà noia quel cheè di moda, tendo a privilegiare gli esclusi.Dunque tra le stanze non posso che amare iripostigli, le soffitte, le cantine, idisimpegni e soprattutto i bagni: ambienti,questi ultimi, di cui si parla poco - al dilà delle Jacuzzi e delle Teuco modaiole -perché sono il regno delle minzioni, dellealluvioni diarroiche o delle soffertestitichezze, degli assorbenti e delle traccedi sporco nelle vasche svuotate, degli odorisocialmente riprovati, delle diagnosi impietosedegli specchi e dei maniacali tentativi dioccultare calvizie o rughe o pseudo-difettifisici.L’emarginazione delle stanze da bagnodall’adorazione collettiva c’entra, naturalmentecol rifiuto dell’accettazione di sè, che oggiporta a nascondere puzze e deiezioni, umorie gas, anzitutto i segni del tempo che passae bellamente ci allontana dal mito scioccodella gioventù eterna: a riprova, la raraattenzione al cesso si sposa - specie suiperiodici femminili - alla comtemporanea manìadel corpo che nasce dal minimo storico dellasua reale accettazione.Ecco, amo questa stanza perché è reietta oriferita senza pari al distacco di noi da noistessi, dal nostro inevitabile impasto disangue e merda e idee.Già le idee: quelle che si rendono non solocorpo e che - guarda caso - proprio nel bagno

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emergono spesso prepotenti, quando ci trucchiamoo ci facciamo la barba (un altro trucco...),quando galleggiamo nella vasca coi sali o stiamoseduti sulla tazza (duro trono della nostraocculta regalità). Non siamo abituati ad essereonesti con noi stessi: se lo fossimo, dovremmoriconoscere e poi dire, gridare che a volte èproprio lì che viviamo sensazioni intense,concepiamo pensieri rilevanti, creiamo.Anzi, per tutti è lì che si concentra il massimodell’abbandono alle intuizioni, d’intelligenzadelle cose e delle persone, di spiritualità.In fondo, gli schiavi della frenesia metropolitanagodon di scarsi spazi di libertà davvero persè e questi sono il viaggio solitario in autoe appunto la privatità del sesso: l’una e l’altro- non è un paradosso - ultima versione dellapersonale cappella dei nobili d’altri tempi,baluardo finale della riflessione,dell’autocoscienza, per taluni del rapporto conDio.Lo ha ben scritto Eugene Beauty:”Secca riconoscerloma il wc è nella società secolarizzata il migliorbanco da preghiere: il puzzo della merda hasostituito l’afrore dell’incenso.Ma le vie del Signore e della conoscenza sonodavvero infinite”. Perciò amo il bagno, cenerentoladelle stanze domestiche, vero tempio segretodella commistione di anima e corpo.

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MANIFESTO DEGLI ADDIO Addio progetto retorico: perchéla vita scorre in modo antieroico e amorale. Addio progettodi gusto: perché la qualità si ottiene solo alla rovescia.Addio progetto intellettuale: perché la ragione è vinta e larivoluzione consiste nella banalità della fantasia. Addioprogetto coerente: perché per metodo bisogna essereincoerenti. Addio progetto della casa: perché essa è soloun souvenir di se stessa. Addio progetto autentico: perchéqualsiasi realtà è autenticamente finta. Addio progettocostruito: perché costruire vuole dire distruggere. Addioprogetto ideologico: perché all’uomo vanno fatte architetturenon impegnative. Addio progetto drammatico: perché lostile di domani è rilassante. Addio progetto specialistico:perché la gente conosce da sola quello che le piace. Addioprogetto capolavoro: perché la merce è tutta quantità. Addioprogetto vero: perché la falsità è inarrestabile. Addio progettoprogramma: perché il bene del territorio sta nel suo caosestenuante. Addio progetto spaziale: perché la psiche è inagguato e chiede colori e decori. Addio progetto istituzionale:perché esso è ordine, invece che movimento e frammento.Addio progetto universale: perché i progetti sono tanti quantisono gli uomini. Addio progetto universitario: perché ilprogetto è in mano all’uomo di massa. Addio progetto novità:perché il nuovo non esiste ma tutto è Ri Disegno. Addioprogetto sentimentale: perché ogni architettura contieneun terrorista. Addio progetto di Avanguardia: perchél’Avanguardia è generalizzata e diffusa. Addio progettocome arte: perché l’architettura è un’arte minore. Addioprogetto utopistico: perché il benessere crea normalità.Addio progetto di partecipazione: perché viviamo immobilinelle nostre stanze. Addio progetto di concentrazione:perché l’energia esplode in modo volgare. Addio progettodi te stesso: perché resterai nell’ambiguità. Addio progettogeometrico: perché bisogna essere informali. Addio progettomorale: nulla è dovuto a nessuno. Addio progetto maschile:perché l’architetto del futuro è ermafrodita. Addio progettodidattico: perché una scuola non è fatta di muri ma disorprese. Addio progetto artigianale: perché la manodell’uomo è uno strumento atrofizzato. Addio progettorituale: perché il tempo è pieno di robot. Addio progettoinfantile: perché il bambino è un adulto di piccole dimensioni.Addio progetto antropologico: perché la natura e fatta aquadretti. Addio progetto in generale: perché sopra alprogetto vince la vita. Alessandro Mendini

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VERBI ALL’INFINITO: dimenticare la propria debolezza -seguire la strada più naturale - stare oltre il nostro tempo- superare la nostra dimensione squilibrare l’ipotesi prevista- scivolare sulle proprie radici - esistere senza messaggitestimoniare la nostra vita cercare sicurezza nei metodiantichissimi essere calmi anche se tira il vento - stare fermoal passaggio degli stili - dare risposte personali - accogliereil piccolo e l’occasionale - disperdere la propria ideologianon eccedere in comunicazione - preferire progetti simbolici - proporre un mondo tutto diverso - non perdere l’identità - non cercare punti fissi non avere nostalgia - sapere cheesiste l’infelice - ripetere all’infinito - dimenticare appenafatto - essere indifferenti alla moda - non concentrare madilatare rovesciare la qualità - spostare un poco ogni cosa- non disturbare la quiete entrare nelle chiese non fare leguerre - continuare a lasciare - cercare la bellezza nonripercorrere la stessa strada - non comunicare tutto - visitarele tribù meditare sul passato - usare metodi diversi - scegliereil ritmo del tempo - essere ubiqui - adorare molti dei -meditare sul design bellico - avere un classico distaccoNON SO SE: Non so se mettere sul tavolo un vaso di fiori.Non so se guardare la gente dentro agli occhi. Non so sespostare un poco quel divano. Non so se Palladio mi siaservito. Non so se mettermi a gridare improvvisamente. Nonso se stia bene il tappeto accanto al letto. Non so se usaremarmo oppure ferro. Non so se studiare il Dadaismo.Nonso se smettere con la sensibilità. Non so se la vita sia deltutto banale. Non so se sia meglio il centro o la periferia.Non so perché le persone hanno tanta fame. Non so se siabene uccidere il tempo. Non so se mettere le cose in ordinealfabetico. Non so se convenga lavorare tanto. Non so sele case debbano avere le finestre. Non so se piangere peri mille torturati. Non so se ricordare quella lunga giornatadi sole. Non so se la politica merita la prima pagina. Nonso se farmi un caffè oppure un tè. Non so se sia necessarioun letto per gli ospiti. Non so se leggere libri di filosofia.Non so se mettermi un poco in poltrona. Non so se desiderodire le mie idee. Non so se rubare le idee altrui. Non so separlare di tutto senza fine. Non so se sia utile il telefono.Non so se sia questione di morale. Non so se eliminarel’anticamera. Non so se cercare qualche punto fisso. Nonso se aprire la porta. Non so se inventare una nuovalampada.Non so se preferire le linee dritte o curve. Non sose smettere di dire non lo so. Alessandro Mendini

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CINISMO ABITATIVO: La casa ha il pavimento vischiosocome il miele, i piedi ci si attaccano e non si riesce più auscirne. La casa è un peso così enorme sopra alle nostrespalle, che ogni movimento diventa impossibile. La casaè il rifugio ipocrita per quelli che temono i disagi della vita.La casa è un corpo estraneo che si sostituisce al corpo dichi la abita. La casa è un circolo vizioso che non esistesenza un mazzo di chiavi. La casa è un magazzino dovesi accumulano mobili e residui inutili. La casa è undiagramma che rappresenta lo stato del nostro letargo. Lacasa è la finzione di un idillio perduto, che non si ripete.La casa è una banca dove le persone accumulano il loroprestigio. La casa è una ottusa isola di eredi. La casa è unbalcone sul quale appassiscono foglie bruciate dal sole odal freddo. La casa ha sempre accanto un’altra casa dacui ascoltare una musica con nostalgia. La casa è queltempio inviolabile che esclude le azioni che avvengononelle altre case. La casa non è come le scarpe che ognigiorno camminano su terreni ignoti. La casa non è mai unpunto di partenza ma è un punto di arrivo, dove la prospettivaè una stampa di Cézanne. La casa non è onesta perché imattoni rendono troppo denaro. La casa non è leale perchéha sempre una la valigia pronta per partire. La casa nonha fantasia perché è priva di ali. La casa non ha mai difronte un tramonto sconosciuto. La casa ha sempre untelefono in grado di colpirci nel cuore. La casa è uncalendario banale per sfogliare il tempo di ogni giorno. Lacasa è una spia che ricorda le nostre azioni segrete. Lacasa è l’inventario della nostra attitudine a ripetere gestiuguali. La casa è quella scuola dove si insegna l’eslcusione.La casa è sempre fatta di stanze. La casa ha sempre difronte un’altra casa munita di campanello. La casa hasempre una sveglia per mandarci a lavorare. La casa cipermette di essere pigri solo al sabato mattina. La casasta ferma mentre la vita si muove. Alessandro Mendini

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SEDIA: La sedia è l’asse cartesiano dell’uomooccidentale. La sedia è un dondolo per fare fuggirei pensieri. La sedia è un modo di riposare che nonserve agli animali. La sedia è un oggetto realizzatoin tutte le forme. La sedia è l’atto di virtuosismoper ogni progettista. La sedia è sinonimo diThonet. La sedia è la pazzia di Charles RennyeMackintosh. La sedia è chiamata dai tecnici “sistemadi sedute”. La sedia sono mille sedie in un palazzo peruffici. La sedia è quella cosa che ti aspetta ognimattina. La sedia è la garanzia di avere un posto dilavoro. La sedia è un gruppo di bambini impauriti difronte al maestro. La sedia è sedici ore da Milano aBogotà. La sedia è essere in auto con sotto le ruote.La sedia è un pezzo di pietra del Colosseo. La sediaè uno spettacolo di Bob Wilson. La sedia è una tecnicadi rilassamento. La sedia è milioni di uomini seduticontemporaneamente. La sedia è il mezzo per averedi fronte qualcuno seduto su un’altra sedia. La sediaè uno strumento per fare conversazione La sedia èl’alibi per mangiare con i famigliari. La sedia è untatami dove bere il té. La sedia è un luogo di potere.La sedia è il tappeto di Buddha cheguarda l’infinito.La sedia è il trono dove hanno dormito i re. La sediaè tutto il mondo sotto di te. La sedia è dondolare legambe sul Gran Canyon del Colorado. La sedia èla schiena di un cavallo che corre. La sedia è perun bambino il braccio della madre. La sedia èincrociare le gambe. La sedia è il rifugio degli stanchi.La sedia è come un letto su cui è impossibile dormire.La sedia è lo sgabello nella prigione. La sedia è ilterreno su cui si dà fuoco il bonzo. La sedia è illuogo sul quale morire elettricamente. La sedia èessere seduti sulle spine. Mentre la sedia lavoral’uomo riposa. Alessandro Mendini

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THE ROOM.

We call it living room. When we came here nearly half a centuryago the living was lively and fast. We were both journalists, David,my new husband, still on a national newspaper where we had met,as news reporters, on the way to an air disaster, I, by that time,with BBC News. The whole, solid Edwardian house by the Thameswas no more than a touching-down point in two wildly busy lives,and the living room was sparsely furnished with odds and ends,a place to meet, if we were lucky, at the end of each frantic day.

Gradually our lives changed. Within four years we had threechildren and I stayed home to care for them - and write when Icould find a moment. There was little time for sitting althoughDavid, by now was a television critic and we added an early t.v.set and a family heirloom, a large and ancient armchair where wecould sit in comfort. We already had our own collections of booksbut when we changed jobs and became the Daily Telegraph LiteraryEditor more volumes began to pour into the house.

The living room became just that - a place for living. A placewhere we kept the most used, most loved of the books. A placefor entertaining our friends from all over the world, to relax withgood wine, good gossip, good arguments and, above all, to discussthe fast-changing face of the world of books with young writerssome of whom, over the years, became great authors.

Sally Holloway

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The children had their parties here and, as time passed entertainedtheir own friends who often became our friends too. From timeto time I worried about the room. It had almost grown up on itsown. It was not elegant or sophisticated. I didn’t reflect the latestfashion in design or trendiness but the children, home fromuniversity, said “it doesn’t seem to stop half the world from visitingus - frequently”.

In summer, with the French doors open on the garden, the roomwas filled with the scent of roses and lavender and jasmine. Inwinter with the heavy curtains drawn, we put more coal on thefire and sank back in the glow of its hypnotic warmth.

The children grew up, left home. We sat for longer now, watching“telly”, touching hands with the easy comfort not just of husbandand wife but understanding friends. Our silver wedding party - 25years of marriage - was centred in this room and, too soon, our40th. David became increasingly ill and it was here, still workingand surrounded by the best of his most beloved books that onesummer morning with the birds singing and the sun shining outside,he suddenly died.

I am old now. The children and the grandchildren visit me. I stillwork and write and rush around but, increasingly, I sit. Portraitsof the children watch over me from the walls along with an oddassortment of other pictures all bringing memories of the past. Mypolyshed antique writing bureau with its gleaming front, a retiringpresent from old colleagues, is covered in family photographs.The grey cat, ageing like me, snores on the extra-long sofa boughtyears ago to accommodate the lenght of our-extra tall elder sonand now shared with his extra-tall son when he drops in.Sometimes I doze, alone in the evening with a glass of wine

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beside me, isolated from the tensions of the world outside.

This not just a living room. Its a room that has been lived in -unpretentiously, comfortably, contentendly, memorably. It is theheart of my home.

end.............................

beside me, isolated from the tensions of the world outside.

This not just a living room. Its a room that has been lived in -unpretentiously, comfortably, contentendly, memorably. It is theheart of my home.

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Un brano per Paolo"Al tempo che cadevano le albicocche il mondo era tutto verdee noi stavamo sotto una capanna che era fatta di canne e distrisce di cielo. Al tempo che cadevano le albicocche si sentivanodei tonfi che mai mi sono usciti dalla memoria, come se fosse iltempo che bussa dentro il tempo." (Nino Pedretti -poeta-, "A e'témp che caschevva al baracòcli", in "piano piano", Ge. Graf.,Bertinoro (Fo), 1991.) Ricordo questeparole poetiche, di una bellissimarappresentazione teatrale vista a Milanoqualche anno fa, perché e' come sefossero frammenti delle mie ricercheprogettuali, frammenti, sognati, di unparticolare modo di intendere lo spazio ed il tempo, dove lesensazioni amplificandosi a dismisura divengono i cardinifondamentali per la definizione di un rinnovato progetto.La definizione compositiva e contenutistica di ambiti volumetricivissuti è sempre legata, per me e per il mio studio, ad esaltazionisensoriali, a magici sogni. Mille pensieri e tante emozioni sifermano in questi spazi confinati, quasi cristallizzandosi, insiemidi segni dal pacato potere comunicativo e narrativo, accavallandosi

gli uni agli altri, creano il corpus di nuovi episodi volumetricinei quali l' amore si trasforma in materia e colore. Gliinsiemi creati, dunque, rappresentano dei veri e proprimanifesti che esprimono la volontà di dare spessore al

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mondo delle sensazioni, dicreare un coinvolgimentogeneralizzato al fine diindividuare un micro-benessere globale. In un'"antica" lettera del 20-1-87Giovanni Michelucci miscriveva: "... continua ameditare su ciò che vedi! Tante sono le cose che avvengono enon di tutte si riesce ad afferrare il senso. Ci vuole, dunque, unagrande volontà di capire ed una grande umiltà per capire". Questipensieri, come del resto le meravigliose chiaccherate periodichea Fiesole col vecchio saggio, hanno segnato profondamente ilmio modo di fare architettura, il mio modo di pensare all' architettura

ed al progetto legato al mio tempo, al nostro tempo, hannofatto germogliare in me la volontà di spingermi sempreoltre il reale, oltre l' apparente, per tentare di sentire i veriprofumi delle cose. Le mie stanze vissute -quelle

reali(sognate) e quelle reali (realizzate)- potrebbero essere lettecome brani conrappuntistici, ovvero come insiemi caratterizzatidalla combinazione simultanea di più linee melodiche fuse assiemein armonica "coerenza-incoerenza", non sono altro chenuovi magici esperimenti spaziali. E la storiacontinua... Simone Micheli Architetto

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From: Andrea Giovenali <[email protected]>To:Paolo Casti <[email protected]>Date: Wed, 3 November 1999 14:52:35Subject: Stanze segrete

IL MONDO IN UNA STANZA

Non vorrei mai sentirla, soprattutto di domenica.In un mondo che cambia, dove tutto cambia, il rumore delle sveglie èsempre lo stesso. Da quindici anni a questa parte hanno solo trovato ilmodo di evitarmi di cercare a tentoni nel buio il pulsantino per interromperequel maledetto “biribiribi-biribiribi”: adesso basta muoverle vicino unamano e la sofferenza è solo rimandata di qualche minuto.Prendo coscienza, e mi rendo conto che sono le sette e mezza di mattina,anche oggi, sarebbero potute essere le nove, ma ieri sera non ho spostatola lancetta verde sul fatidico numerino.Non importa, il bilancio della settimana è stato buono anche se la domenicale endorfine ti fanno pulsare un po’ le tempie, e l’inerzia impressa da unsolo ora.Oggi evado dalle responsabilità, non mi faccio la barba, mangio quandomi pare, non mangio per niente, o mangio “diverso dal solito”, mi infilouna tuta e non rispondo al telefono, è così che mi va oggi.

Pan cakes, sì pan cakes col preparato in polvere, non importa cosa c’èdentro, e succo d’acero, ma quello finto, nel bottiglione di plastica. Tantogli altri il brunch oggi se lo sudano al solito posto dove devi prenotarelunedì per la domenica, dove le “egg benedectine” te le portano senza lasalsa olandese e il pane è tostatissimo, bruciato.Oggi mi rifugio senza compromessi e mediazioni nella mia sala, quattroper dieci, tre finestroni di luce autunnale, due divani ad angolo, un caminettoe due poltrone, un tavolo e una libreria, due tappeti heriz, che a me“piacevano quelli perché sono colorati e grandi, ma anche perché costavanomeno degli altri”.

“A U G U R I ! S E I U N A N N O P I U V E C C H I O E L O DI M O S T R I” gli auguri a un carissimo amico in SMS sul telefonino,un compagno di scuola e compagno di goliardate giovanili, tanto lui dorme

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perché ieri sera avrà fatto tardissimo, e se io perdo l’occasione, poimi dimentico di farglieli. Bit che partono, volano e si posano, bitche avvisano quando arrivano dall’altra parte della città, bit chesollecitano un sorriso, e basta, senza quelle frasi che dette al telefono odi persona suonano più pesanti perché si è veramente più vecchi, e losi dimostra davvero.

Tavolo, libreria e computer, computer che bello finalmente colorato e pocoingombrante, apro la barra degli strumenti, CONNESSIONE.Sberleffi e pernacchie analogiche, che strano linguaggio per metterti incontatto con il mondo, quello che non è grande come quel paesone dellamia città, e non è ingessato come questo protettorato di paese, ma è proprioil mondo, come dice quello spot con tante facce, etnie e culture “Are youready?”.Trent’anni di vita di Internet, e loro mi domandano se sono pronto, nonlo so, forse sono arrivato tardi, mi consolo perché c’è qualcuno che è piùin ritardo di me, magra consolazione.Ma anche questa mattina che faccio il salto, il timore è che il mio providerquesta mattina sia rimasto a dormire, e non sia pronto a farmi visitare ilmondo. Le lucine blu chiedono bit, quelle verdi rispondono, comincio asucchiare bit, yes, I am ready.Prima fermata, la posta gratuita sul Web, nome utente, password,c’è sempre qualche nuovo messaggio che aspetta risposte o soltantodi essere letto.

Amico, notizia, collega, notizia, spamming, collega, collega, venerdì eranole due del pomeriggio quando ho controllato la posta per l’ultima volta,e si vede, rispondo, cancello, inoltro.

Thank you for ordering from Amazon.co.uk!Your order information appears below. If you need toget in touch with us about your order please send an e-mailmessage to [email protected] (or just reply to this message).

Non importa se è una macchina che risponde, è gentile, più gentile edisponibile di una commessa del negozio di libri in centro, che oggi evito.http://www.nasdaq.com , come hanno chiuso le IARC venerdì, due lirettemesse su un titolo che ha perso un sacco, ma altre sono state meglioinvestite. IARC, Information Architect, una società che faceva consulenzaper lo Y2K, chi sono, boh, perché ci ho messo dei soldi, mah...

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Il 14,7% in un giorno, se ci avessi messo altri dieci milioni adesso ne avreiquattordici e settecentomila, non è possibile...

mp3.com, succhio musica, incredibile!Negli anni ‘70 la SIAE ti metteva i sigilli alla porta se trasmettevi i dischiin FM, adesso mi scarico un album intero, non li conosco, strana musica,non importa è un pezzo di mondo gratuito anche questo, che mi restain testa.Nuove uscite di jazz, il nuovo di Bob James, ascolto venti secondi, epoi altri venti del track 2, è sempre lui, un po’ sdolcinato, ma per ladomenica mattina e per l’auto va bene, quando vado nei negozi nonriesco mai ad ascoltare i CD, lo compro e compro anche Offramp diPat Metheny, mi manca.Inserisco i numeri dell’Amex, è sempre una sfida, non ci sono problemi,ma è sempre un’ebrezza, perché è più veloce di tirare fuori il portafoglio,perché loro non passano la matita rivelatrice sulle tue cinquantamila sudate,per il nuovo mondo i soldi sono solo bit che vanno e che vengono, nonc’è più carta da controllare.

CHECK NEW MESSAGEFrom: <[email protected]>To: <[email protected]>Date: Thu, 22 October 1999 01:20:59 -0700X-Priority: 3

Hello. My name is Giovenali from the United States, I saw yourname while I was browsing the internet, was wondering if youmight be a relative. would be interesting to find out. Couldsend more Info. if you like.

Non ci credo. Millantatori... o parenti? La mia famiglia ha perso contattocon un fratello di mio nonno che è andato a vivere negli Stati Uniti all’iniziodel secolo, una storia come tante altre, quasi cento anni di separazione.REPLAY, mio padre sarebbe contento di ritrovare persone dimenticatenell’Ohio, poi lo chiamo e gli dico che è ora che si apra un abbonamentogratuito a Internet, non costa e riserva sorprese uniche.

Cosa succede nel mondo, news a volo radente, solo quelle che valgonoe che vengono da fuori dei nostri confini, c’è più realismo nel vedere lecose che succedono da noi con gli occhi di un inglese o di un americano,stimola l’autocritica e l’analisi, aiuta a progredire. New York Times, FT,

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Business Week e anche un pizzico dell’Industry Standard, quello che tifa sempre un po’ male quando lo navighi, perché loro con l’economia diInternet ci riempiono un giornale di duecento pagine ogni settimana.Mi porto in casa, nella mia sala, frammenti di storie, idee, persone, fortune,una volta si trovavano solo all’edicola di Piazza della Scala, adesso èchiusa, ma la vista sul mondo è un po’ più aperta.Ma che tempo infame! Domani devo andare in macchina a Torino, e secontinua a piovere mi dirotto sul treno, http://www.meteo.it , con leprevisioni a 24 ore, decido.

Fame. Domenica sera = pizza. Questa sera c’è il derby, non che me neimporti qualcosa, ma la pizzeria d’asporto del quartiere ti chiede tre quartid’ora per portarti una pizza, tutti in fila accalcati tra la vetrina e il banconedalle sette in avanti, e I vestiti che puzzano di fritto quando esci.http://www.pizzaexpress.it, a New York c’è anche un sito dove ordinile cassette di Blockbuster e te le portano a casa con gli Oreo e i Pringlesalla crema di cipolle, clicco su una “tirolese” con lo speck e scelgo nelmenu a tendina DOPPIA MOZZARELLA, magari un giorno a Milanoqualcuno si deciderà a portarti a casa anche il sushi, magari...Mentre aspetto, comincio a prendere contatto con la nuova settimana,scorro i giorni e le ore sul Palm, quante cose nel TO DO LIST...lo infilonel cradle, faccio l’hot-synch, perché se succede qualcosa all’agenda nonso più da che parte girarmi.

Che strana calma la domenica sera, mi guardo intorno, quattro mura unpo’ di mobili, due tappeti, e uno schermo acceso, pixel e colori, immaginie testi, bottoni e link.Forse ha veramente finito di portarmi il mondo in casa....DRIIIN...”A che piano?”, apro la porta e vedo il fattorino tutto inzuppato.“....saluti e grazie”, la pizza in una scatola quadrata. Questo è l’ultimopezzo di mondo per oggi, e me lo gusto con una birra ghiacciata ;-)

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Cucina con forno.

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Interni, living, camera, vita. Quale?Ho fatto un rapido conto: le case che ho abitatoper almeno un mese, dapprima con i genitori, poida solo e ora con la mia famiglia, sonosessantasette.L’unica però che ho scelto liberamente e che hoposseduto per vent’anni è un piccolo edificio atrulli, nella bassa Murgia, nell’agro di CeglieMessapica, provincia di Brindisi.

E’ grazie a quell’architettura primitiva e celesteche oggi mi sento vicino ai lavori di Isao Hosoee dei Nox...

Interno del trullo: una sola porta, all’ingresso,poi basta.Archi di burro bianchi a dividere gli ambienti:cucina con forno a legna e camino, trullo d’ingresso,alcova dei libri (già alcova dei bambini), alcovadel camino, trullo del sonno e del sogno.Pavimento di pietra, come l’aia antistante, malevigato dai passi degli umani, passi di secoli.L’arredo è facilitato: pietre sottratte allamuratura, nei luoghi giusti, offrono tredicinicchie, pietre sporgenti formano dodici mensole.C’è una nicchia per ogni cosa: per le chiavi eper la legna, per i vestiti e per i bicchieri,per i fiori e per gli dei, per i vivi e per imorti. La più piccola, vicino alla serratura, ècapiente come una tazza, la più grande, quelladei vestiti, ha le dimensioni di un armadiettoper bambini. La nicchia contiene, la mensolaespone: marmellate e bottiglie, statue e vasellame,raschiazappe e cesoie.

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Alcova dei libri(in cui un tempo dormivano i bambini),

nicchia detta “del sorriso” o“de la vendeuse des crevettes”.

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Trullo del sonno, nicchia dei fiori,detta anche “niche aux coquelicots”.

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Trullo d’ingresso, a destra l’arcoche sorregge l’alcova dei libri

Foto di John Vink(riprodotte “artigianalmente” dagli originali)

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«Ecco, chiudo gli occhi... seduto per terra sustuoie e cuscini, la schiena appoggiata al murodel Sud, dove batte il sole, da dove soffia ilvento africano. Sulla testa sporge per venticentimetri la volta dell’arco cieco che regge lapseudocupola dell’alcova. A sinistra, a Ovest,il piccolo arco del camino, con il focolare cheera al suolo e che io ho alzato di un palmo, conle mie mani, costruendo un basamento di pietree malta chiuso davanti da una lunga pietra,smussata a martellate, su cui è molto comodoschiacciare mandorle e noci abbrustolite. Difronte, a Nord, a tramontana, l’arco che uniscee separa il trullo centrale, col suo cono che sismarrisce in una vertigine lattea di 5 metri, eche a sua volta inquadra l’arco successivo, quellodell’alcova simmetrica, chiusa sullo sfondo daun muro di vaga rotondità.Alla mia destra, ad Est, dove rivolte all’auroraocchieggiano le tre aperture dell’edificio (tuttii trulli, quelli veri, sono rivolti ad Est: misticaregola contadina) l’arco che introduce al perfettotrullo del sogno.Da un’ora ormai ho smesso di alimentare il fuoco,la fiamma cede il posto al riflesso di braci. Frapoco, con un soffio dall’alto, spegnerò la lampadaa petrolio che ho costruito unendo, con ghierae stoppino, un vecchio vaso di terracotta e ungiovane vetro boemo.Fuori, al silenzio degli astri, profumata fremela prima notte di marzo.»

virginio briatore

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È fondamentale per il genere umano che

l’architettura risvegli i sensi. La casa èun pezzo d’architettura, è il rifugio in

cui ci si ritrova, essa cicaratterizza ed è il riflesso delle

nostre emozioni. Se “l’architectur

est faite pour émouvoir” (Le Corbusier),

l’emozione è la caratteristica propria del del

del colore.

In seno allo spazio della casa, direi che il concetto del colore riveste due caratteristiche principali:

l’aspetto emozionale e l’aspetto pratico. Il colore plasma gli spazi e influenza l’anima del suo

abitante. Da un Punto di vista pratico, il colore partecipa al

comfort visivo e dunque albenessere dell’individuo.

Esso modifica la percezione di un volume, lo corregge, un volume, lo corregge, struttura e gerarchizza lo spazio

ed esalta l’effetto architetturale. La colorazione dello spazio dipende dal livello di comfort visivo richiesto, dal tipo di attività e dal tempo di frequentazione più

o meno lungo. Il colore, per la sua percezione, dipende sempre dall’analisi dell’ambiente(ombra, luce, orientamento, struttura del suo supporto) e da tutti gli altricolori che lo circondano; poi gli effetti desiderati dipenderanno dall’intensitàdei contrasti, che consentiranno di semplificare o diversificare gli spazi

dell’abitazione. Le relazioni tra superfici, piani ed oggetti possono essere rinforzate o alcontrario annichilite. In questo modo, si agirà sulla profondità di campo e

sulle dimensioni apparenti. I volumi troppo lunghi saranno “accorciati” e i soffitti troppo alti saranno

“ridotti”.

Sotto l’aspetto emozionale, il colore ritmalo spazio, il ritmo genera la melodia del luogo, che a sua volta alimenta il piacere

dei sensi. “Les couleurs sont la musique des yeux, elles se combinent comme les notes…Certaines harmonies de couleurs produisent des sensations que lamusique elle-même ne peut atteindre.” (Delacroix). Come ad una messa in scena il colore partecipa alla teatralizzazionedell’architettura. La successione di ambienti nel percorso di una casa è unaraccolta di sentimenti che ci comunica un afflusso di vita o al contrario unasensazione di depressione. Il colore partecipa a queste sensazioni e fa nascere

l’ambiente perché esso dota la materia di un’anima. Così, la nostra anima si lascia dolcemente inebriare dalla magia dei colori.. Tutti questi colori ci fanno battere il cuore in funzione dei nostri gusti, del nostro

passato, della nostra cultura ed educazione…

Dato che il colore è un elemento fondamentale nella percezione del mondo dove viviamo, esso mette in questione la nostra maniera di esistere.

La couleur est un signe de vie et d’émotion dans la maison

f. Léonard

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È fondamentale per il genere umano che

l’architettura risvegli i sensi. La casa èun pezzo d’architettura, è il rifugio in

cui ci si ritrova, essa cicaratterizza ed è il riflesso delle

nostre emozioni. Se “l’architectur

est faite pour émouvoir” (Le Corbusier),

l’emozione è la caratteristica propria del del

del colore.

In seno allo spazio della casa, direi che il concetto del colore riveste due caratteristiche principali:

l’aspetto emozionale e l’aspetto pratico. Il colore plasma gli spazi e influenza l’anima del suo

abitante. Da un Punto di vista pratico, il colore partecipa al

comfort visivo e dunque albenessere dell’individuo.

Esso modifica la percezione di un volume, lo corregge, un volume, lo corregge, struttura e gerarchizza lo spazio

ed esalta l’effetto architetturale. La colorazione dello spazio dipende dal livello di comfort visivo richiesto, dal tipo di attività e dal tempo di frequentazione più

o meno lungo. Il colore, per la sua percezione, dipende sempre dall’analisi dell’ambiente(ombra, luce, orientamento, struttura del suo supporto) e da tutti gli altricolori che lo circondano; poi gli effetti desiderati dipenderanno dall’intensitàdei contrasti, che consentiranno di semplificare o diversificare gli spazi

dell’abitazione. Le relazioni tra superfici, piani ed oggetti possono essere rinforzate o alcontrario annichilite. In questo modo, si agirà sulla profondità di campo e

sulle dimensioni apparenti. I volumi troppo lunghi saranno “accorciati” e i soffitti troppo alti saranno

“ridotti”.

Sotto l’aspetto emozionale, il colore ritmalo spazio, il ritmo genera la melodia del luogo, che a sua volta alimenta il piacere

dei sensi. “Les couleurs sont la musique des yeux, elles se combinent comme les notes…Certaines harmonies de couleurs produisent des sensations que lamusique elle-même ne peut atteindre.” (Delacroix). Come ad una messa in scena il colore partecipa alla teatralizzazionedell’architettura. La successione di ambienti nel percorso di una casa è unaraccolta di sentimenti che ci comunica un afflusso di vita o al contrario unasensazione di depressione. Il colore partecipa a queste sensazioni e fa nascere

l’ambiente perché esso dota la materia di un’anima. Così, la nostra anima si lascia dolcemente inebriare dalla magia dei colori.. Tutti questi colori ci fanno battere il cuore in funzione dei nostri gusti, del nostro

passato, della nostra cultura ed educazione…

Dato che il colore è un elemento fondamentale nella percezione del mondo dove viviamo, esso mette in questione la nostra maniera di esistere.

La couleur est un signe de vie et d’émotion dans la maison

f. Léonard

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Non riesco a concepire un luogo, una stanza senza lamusica.La mia vita è musica e di conseguenza le emozioniche provo in ogni ambiente in cui ascolto o vivo lamusica sono uniche ineguagliabili.Tutto appare con un aspetto nuovo, diverso, dinamico.Compongo le mie canzoni camminando in mezzo aiboschi. Durante le mie giornate e in ogni angolo dellamia casa ascolto musica.Che cosa sarebbe la mia vita senza musica?Lamusica? MY LIFE. In ogni angolo di casa, con gliamici, alle feste sempre accompagnatidalla musica.Spero che i miei figli capiscano il messaggio in musicae tutto anche ogni stanza da bianco e nero possadiventare a colori.

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Abbascio e' fuoss'.

Così si chiamavano le mura greche che, come una finestra sul passato, sipossono ammirare in piazza Bellini, nel centro storico di Napoli, vicino acasa mia.Seppure abbandonati e sporchi e' fuoss (i fossi) erano il regno degli scugnizzi(bambini che giocano per strada).Lì avevano luogo 'e guainelle (battaglie di pietre), o vi si facevano scoppiarecepolle e minerve (micidiali petardi).Nella piazza, invece si giocava a pallone. Il monumento a Vincenzo Belliniera una delle porte, una rigogliosa e altissima palma il centrocampo, unapanchina con innamorati incuranti e appassionati l'altra porta. Spessocapitava che il pallone finisse di sotto, al di là della balaustra, abbascio e'fuoss'.Così, dopo una conta truccata, il più fesso doveva scavalcare la recinzionee recuperare la palla. Una volta sceso in quella che un tempo era la polisgreca, il malcapitato era completamente investito dalle pietre lanciateglidall'alto.Un giorno quel fesso fui proprio io e, per evitare il peggio, mi rifugiai in unanfratto simile ad un letto a castello.Dopo mezz'ora i cori degli scugnizzi che mi invitavano a uscire eranoterminati, ma io attesi che il sole tramontasse prima di venire allo scoperto.Avevo trascorso dei momenti bellissimi, rannicchiato a fantasticare traquelle pietre che mi cullavano dolcemente nel loro grembo, dove le traccedella vita intorno mi giungevano come un' eco infinita, che conduce ognicosa al silenzio.Mi ero nascosto così bene che, nonostante le mura, fossero completamenterecintate e non offrissero vie di fuga verso l'esterno, nemmeno "Poppò" e"o'Sceriffo" scesi a cercarmi diventando essi stessi bersaglio, erano riuscitia scovare la mia stanza segreta.Quando fece buio mi decisi a tornare a casa, ma, appena uscito fui colpitoda una violenta sassata.

Era stato Carmeniello, lo avevo fatto veramente incazzare.

Massimo Caiazzo

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ph

oto

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osit

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Lavorerai con le paroledi Mau Brau

Erano delle piccole porte bianche, infissi di legno inspessiti per le innumerevolimani di pittura che avevano ricevuto.Un piccolo alberghetto di Viareggio, dove la Versilia veniva a passeggiare eio tra questi con la mia famiglia, scesa da un treno estivo del Sud.Ero un bamboccio occhialuto di 11 anni e in quell’alberghetto aspettavo, lamattina, che tutti i parenti fossero pronti per abbordare la spiaggia di fusti esilhouette (almeno così ci parevano). Scendevo per la colazione nella hall, neconsumavo una piccola parte e poi vagavo per l’hotel, in attesa degli zii e deimiei genitori. A volte mi accompagnavo con la mia nipotina di 7 anni neicorridoi su cui l’ascensore ci depositava dopo averne premuto, a turno, tuttii bottoni.Un giorno che ero stato piuttosto mattiniero, vidi una donna rientrare in unbel vestito da sera, assonnata, con la borsetta stretta tra le mani e tutta la graziae la sinuositá ancora intoccate. Era bellissima, così mi parve, con occhi stanchima brillanti, e me ne stetti impalato a guardarla.Lei mi notò nell’angolo del corridoio, vicino ad una piccola palma, e michiese come mi chiamassi. Glielo dissi, imbarazzato, con una scarpa sull’altra,e la vidi estrarre la chiave della stanza, la sua, che era proprio di fronte a me.Aprì la porta e mi invitò ad entrare, le imposte ancora chiuse lasciavano giustoun rivolo di luce nel buio, un profumo caldo e inebriante, lo stesso che emanavail suo corpo, mi prese a vorticare intorno.Accese la piccola lampada sul comodino e si sdraiò sul letto, levandosi lescarpe, mi disse di chiudere la porta, per un attimo tremai, nella penombrami sembrò una strega, poi una fata.Con gentilezza ed una voce calda mi incaricò di versarle dell’acqua, io eseguiisenza fiatare.Sul comodino c’era un libro aperto, poggiato con il dorso all’insù, erano le“Affinità Elettive”.Capì che l’osservavo e me ne lesse un breve pezzetto che non ricordo, troppopreso a fissarle le labbra mentre parlava.Poi mi chiese se volevo che mi leggesse le carte, io desideravo solo continuarea osservarle le labbra e subito accettai. Aveva un mazzo di tarocchi nelcomodino, lo prese e, poi, si sfilò il vestito, rimase in mutande e reggiseno,spandendo quei quadrati di simboli incomprensibili sul letto.Mi disse di sedermi di fronte a lei e di scegliere le carte, il cuore mi saltòcome le artiglierie di Kronstadt e, a occhi chiusi, eseguii anche questo comando.Mi sembrava di essere nel luogo di congiunzione tra il giorno e la notte,nell’interregno dove il sogno e la realtá giocavano alla pari, la stanza nonaveva limiti, era il mio futuro.

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Iniziò a decifrare i simboli, i lunghi capelli neri le scendevano su un lato delpetto, inondando la grossa mammella seminuda, le sue gambe curvavano nellapenombra e poi risalivano alla luce della piccola lampadina. Era felice delleprevisioni che saltavano dalle carte, mi annunciò segni propizi, di uno solomi ricordo precisamente: avrei lavorato con le parole.Poi si accorse di quanto fossi incantato e, con un sorriso che suppliva al soleche non entrava, mi chiese di abbracciarla.Ero con le labbra sul suo petto, sospirava profondamente, e quel profumo fula prima droga che provai.In breve, mormorando, si addormentò con me sul petto, dopo dieci minutirussava, ritrovai poi quel suono in una pavana di Ravel, molti anni dopo.Dal corridoio mio zio passava chiamando il mio nome, non mi staccai da leiche quando si rigirò nel letto, un’ora dopo.Qualcuno ancora camminava agitato all’esterno, mi sollevai.Le carte stavano in giro sulle lenzuola, guardai il suo sonno, ancora mi parveuna strega e poi una fata.Le sue gambe erano come di ciliegio leggero sotto i giochi generosi dellapiccola lampada, una mano lenta le copriva il volto. Giurai forse qualcosa,non ricordo.Chiusi la luce e, sbirciando prima all’esterno, me ne andai evitando l’ascensore.Al piano di sotto mi incrociò un inserviente che diede l’allarme, nella hallc’era baruffa quando mi riconsegnarono a mio padre, imbarazzato più di me.Dopo l’ira tremenda di alcuni parenti e di mezzo personale, si decisero achiedermi dov’ero stato.Dissi che ero andato tutto il tempo su e giù col montacarichi, fino a fermarmisopra, alla terrazza (era una cosa che volevo fare da tempo senza averne ilcoraggio). Il direttore ne fu sbalordito e rimproverò i suoi dipendenti, la mianipotina sorrise gelosamente, solo dopo capii che in quel momento avevoiniziato a lavorare con le parole come lei mi aveva predetto.La sera rientrando tutti dalla passeggiata, la vidi uscire veloce e il petto mirimbalzò come l’impeto della Comune: volava via bellissima e, solo quandouscì sul marciapiede, si girò un attimo per lasciarmi un sorriso.L’indomani mi impedirono di allontanarmi dalla camera prima degli altri enon la vidi, né allora, né mai più.Solo poco tempo fa, in questa piccola stanza in cui vivo, ho rivisto questoricordo come un presagio: ora che sono diventato un pentito della lotta armata.

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Genova, la grande strada sopraelevata costruita negli anni sessanta,corre tra il centro storico e il Porto a sei metri di altezza. Al di sopradella strada, la velocità della percezione automobilistica consenteuna straordinaria visione dinamica di due mondi - quello delle banchinee delle navi e quello delle case e dei palazzi compressi dalla collina- che ci vengono incontro, con ritmi e volumi diversi. Al di sotto dellastrada, tra i pilastri che la sostengono, si apre invece uno scenariostatico e opposto: una successione di spazi omogenei coperti e apertisui lati, spesso lasciati al degrado, occupati saltuariamente dapresenze marginali: containers, parcheggi, bidoni della spazzatura,autorimorchi. E' come se la città ed il Porto avessero trovato un luogocomune dove depositare i loro "scarti".

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Eppure mi piace immaginare, grazie alle immagini di Gabriele Basilico,che questi spazi oggi bui e lasciati a sè stessi possano diventarequalcos'altro; possano trasformarsi in una serie di "stanze" dovefluisce la vita dei cittadini e dei turisti: luoghi di commercio, di incontro,di passaggio tra il Porto e la città. Svelare il segreto di queste "stanze"nello spazio pubblico di Genova, significa cercare di trasformare laloro natura - e basterebbe un progetto accurato e di poco costo- dalunga ferrovia interstiziale a un porticato vario e continuo tra la cittàe il porto.

Stefano Boeri

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La mia casa deve essere comoda, accogliente per poter

ospitare i miei amici. Tutta la mia vita trascorsa in hotel

e trasferte mi ha fatto capire quanto la casa e soprattutto

alcuni luoghi della casa rappresentino per me momenti

di tranquillità. Da qualche anno a Castel de Britti a

Bologna, abito in una casa spaziosa che mi permette di

non essere schiavo degli spazi. Mi piace la casa spaziosa

ma i locali che io prediligo sono la cucina e il bagno.

La mia cucina è semiaperta, spaziosa e nello stesso tempo

essenziale. Un luogo di lavoro simpatico che trasmette

la voglia di cucinare, deve essere assolutamente vivibile.

Il bagno, per me, è forse il luogo più importante. Ampio,

spazioso che ospiti una grande vasca con idromassaggio,

incassata tra i sassi di lago. Attorno specchi e piante che

lo rendano un luogo importante, grande lavabo, accessori

molto ricercati e originali. Le pareti ricoperte da piccole

piastrelline.

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Umori, colori, sapori ed amori 9

I

Vado a letto con le stelle

Ho lasciato questi posti ancora adolescente, a diciott’anni e durantegli studi in un’università troppo distante da qui, mi tornavanocontinuamente in mente. Il mare, gli scogli, questa particolaresimbiosi tra terra ed acqua e quel modo strano di vivere, un po’contadini, un po’ marinai, che ha la gente delle Cinque Terre.Per arrivarci si supera una galleria. Varcandola si cambia versante,passando dal golfo al mare aperto e lo spettacolo che improvvisa-mente si presenta è di quelli che non si dimenticano.Dall’acqua partono le “terrazze” che qui chiamiamo “piane”.Sono dei fazzoletti di terra, non più larghi di qualche metroracchiusi da muriccioli in pietra sui quali vengono coltivate le vigne.Si sormontano fino alla cima dei rilievi inseguendosi, ricalcandosiuna con l’altra.La bellezza di questi posti è tale che quando l’hai vissuta è difficilenon coltivare il desiderio di tornarci.Proprio per questo, appena ho potuto, con qualche soldo, moltafortuna e la complicità di un’amico, ho acquistato una piccolacantina di fronte a Corniglia.Qualche decina di metri quadrati costruiti chissà quando con lastessa fatica delle “piane”: pietra su pietra senza legante, per ripararela vendemmia e conservare all’ombra qualche bottiglia di Sciachetrà.Quattro muri che sembrano scivolare lungo il ripido pendio, unapiccola porta e due finestre piccolissime. Nessun tetto.Me ne innamorai a prima vista, sono tutte uguali qui le cantine,tutte fatte allo stesso modo, ma questa mi sembrava speciale: erapiù piccola, più bella, meglio posizionata.Ricordo quando la vidi la prima volta, sono passati parecchi annida allora.Stavo percorrendo un piccolo sentiero tra le vigne, faceva un grancaldo e volevo fare il bagno.

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10 Umori, colori, sapori ed amori

Il mare a Corniglia è in basso: cento metri sotto il campanile dellachiesa e si raggiunge in due modi, discendendo i 280 scalini chepartono dalla piazzetta oppure avventurandosi attraverso le vigne.Avevo voglia di stare da solo e mi incamminai evitando di attraversareil paese.Dopo qualche minuto di discesa vertiginosa il mio sentiero miportò, intorno a mezzogiorno, a girare con le spalle al sole, andavoquindi verso nord.Il mare si trova a sud dalla parte opposta. Ancora un’altra volta,mi ero perso.Poco male dissi, mi darò un’occhiata intorno.Mi è sempre piaciuto esplorare. Fin da piccolo il pensiero di entrarein un convento abbandonato o di sgattaiolare nel parco incustoditodi qualche villa antica mi eccitava da morire ed anche qui tuttosommato, c’era da curiosare, non avevo mai visto quel versantedella collina.Come al solito non ero vestito adeguatamente e quei sandali certonon andavano d’accordo con il sentiero pieno di pietre acuminate.Quanto alle gambe, il riparo che davano i miei bermuda da marinaio,era evidentemente insufficiente ad addomesticare i rovi delle moreche mi facevano pagare con una spina ogni frutto rubato.Nonostante tutto andai avanti arrampicandomi e dopo ore quandoormai sembrava inevitabile procedere con la speranza di trovareun sentiero più largo, piuttosto che ritornare attraverso quellarupe piena di spine e per giunta senza più more, ebbi la visione.Una vecchia piana si allargava creando un terrazzo quasi sgombrodai rovi. Annusata la salvezza mi comportai come tutti avrebberofatto: avidamente.Mi tuffai letteralmente su quello spazio privo di insidie.L’affaccio era da mozzafiato: uno strapiombo sugli scogli rotti daun mare ancora nervoso dopo qualche giorno di burrasca. Sarannostati almeno 150 metri di salto.Mi trovavo talmente a perpendicolio sull’acqua e con talmentepoca voglia di tuffarmi da quell’altezza che quella sensazione divuoto mi fece rimbalzare all’indietro. Voltandomi istintivamenteintravidi la cantina dietro l’immenso cespuglio che la copriva quasicompletamente.

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La visione inaspettata e la salvezza dal vuoto mi resero felice.A prima vista la costruzione appariva integra nonostante la totalemancanza del coperto.Incantato e riconoscente, mi venne naturale girarle intorno ma inrealtà, per passare sul retro, dovetti salire sulla piana alla quale eraaddossata godendo così della visione dall’alto in luogo di quelladi un retro inesistente.L’ispirazione fu improvvisa, questa è la casa dei miei sogni.Una piccola porzione coperta, sul davanti un terrazzo a strapiombosul mare, sul retro, o meglio, sopra il retro uno spazio spianato eprotetto che mi avrebbe consentito chissà quale sfogo, magari unavasca da bagno all’aperto o chissà che altro.Piccolo problema.Praticamente è irraggiungibile e a meno di un rapido interventodella guardia costiera io stesso forse non sarei riuscito a tornare acasa da quel luogo, quel giorno.Sono passati un po’ di anni. Ora quella cantina è il mio rifugio, ilriparo da una vita vissuta, forse, troppo velocemente che ha bisognodi qualche pausa, di qualche notte passata a guardare le stelle.Risistemandola, ho fatto costruire anche il tetto e nelle parti soprail letto ho montato, invece della pietra, alcune lastre di cristallo.Così stando sdraiato, nella mia stanza segreta, ogni notte serena, mifaccio un regalo: vado a letto con le stelle.

Umori, colori, sapori ed amori 11

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LA STANZA DEL FENG-SHUI

Secondo il Feng-Shui, antica disciplina cinese che si occupa della migliorecollocazione di edifici e siti, tutto è “energia”. Energia a vari livelli dicondensazione e diverse tipologie di movimento.L’energia si muove lungo le “vene del Drago” (Shui - Acqua) e secondoi ritmi del Cielo (Feng - Vento). Dotata di carica vitale, ama circolare eavvolgere le cose e poi continuare a fluire arricchendo continuamenteil luogo, ma se incontra una linea dritta, una strada, un angolo acuto,ecc. tenderà a restringersi ed acquisire velocità fino a diventare una“freccia segreta”, una punta invisibile che penetra sottilmente in chi sitrova a sostarsi davanti.Quando il Drago incontra una casa, entra daporte e finestre (la bocca e gli occhi) e se trova facilmente il modo discorrere arricchirà costantemente chi vi abita come una sorgente di acquafresca che non cessa mai di sgorgare, fino a riempire ogni singola stanzadi benessere, felicità e vitalità. A noi il compito di invitarlo ad entrarenelle nostre stanze facilitandone il flusso.Ma se una strada punta dritto alla vostra porta di casa, o se uno spigoloacuto la minaccia con la sua freccia segreta, deviatene l’ingresso primache possa entrare.Se aperta la porta, il drago trova un muro o uno specchio tenderà aritornare indietro, o se, al contrario, oltre la porta trova un’altra portao una finestra, tenderà a fuggire via o ad esaurire le risorse della casa.Ma una volta all’interno, fatelo circolare: vi farà crescere e sentire a vostroagio. Per sapere se questo già avviene, fate una prova: provate a camminarein tutte le vostre stanze, intorno ai tavoli, ai divani, mobili, sedie, ecc.vi riesce facile? Se il cammino è sgombro e vi riesce agevole altrettantofarà il Qi che, non ostacolato da spigoli o spazi angusti potrà diffondersidappertutto, ma se non ci riuscite, o dovete scavalcare ostacoli, spostareoggetti o passare a fatica, anche il Qi avrà la stessa difficoltà a superaregli ingombri e tenderà a stagnare e, con esso, anche la vita degli occupanti.Forse non tutta la casa potrà essere “aggiustata” per invitare il Drago ariempirla di forza ed energia ma almeno la vostra stanza principale sì,provateci. E, una volta sgombrata e pulita e tolte le frecce segrete,sedetevi al centro rivolti verso Nord e chiamate a voi gli 8 Venti e lasciateviavvolgere dal respiro del Drago.Ed esso da dentro una stanza volerà dappertutto.

Eduardo Hess

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Arredo, basta la parola.Prima di tutto odio la parola “ARREDO”, so che è utile,completa, coincisa, industriale come la parola “fisco”,la omologo alla parola “briglia” arredo del cavallodomato, quindi arredare come imbrigliare.Ma neanche “fare la casa” mi va bene, è troppo stabilee non mi sembra comprenda la tenda, che è unabellissima forma del vivere e dove il tappeto del nomaderappresenta il giardino fiorito e porta il fascino dell'esterno nell' interno.Ecco, per me “farmi la stanza” vuol dire proprio questo,portare l’esterno, la natura, il cosmo, le stagioni, le orevarie della giornata a riflettersi dentro la scatola che èla mia stanza e dentro di me.Della mia stanza cerco di fare un palcoscenico per laluce (vivo in un appartamento a Milano e non posso faredi più), voglio più vuoto possibile e le pareti dipinte concolori minerali e/o vegetali su calce viva, quei coloriche assimilano e impastano la luce e che al riflesso dellaluce rispondono con il ricordo di dove sono venuti terra,roccia, conchiglia o pianta.Mi piace stare sdraiata nella corrente e guardare letende che vanno dentro e fuori dal rettangolo dellafinestra aperta e mi segnalano il flusso del vento.

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START

FINISH

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HO PASSATO LA MFACENDO PARTE DISTRUTTRICE FEDERPENSO ALLE EMOZSTANZA DEI MIEI RNELLA CASETTA D

NASCONO INFINI

MISURARMI CON FIOCCHI DI NEVE L’ATMOSFERA DERAGGIUNGERE L’ODEDICATI ALL’ALLRIMASTA ANCHE CASOTTINO DI LEG

HO PASSATO LA MIA VITA IN MONTAGNA SUI CAMPI DI SCI, PRIMA COME ATLETA FACENDO PARTE DELLANAZIONALE AZZURRA, E POI COME TECNICO ALLENATRICE E ISTRUTTRICE FEDERALE. LA MIA STANZA CHEÈ SEMPRE IN ME E CHE RICERCO QUANDO PENSO ALLE EMOZIONI, QUANDO SONO IN DIFFICOLTÀ E HOBISOGNO DI CARICA, LA STANZA DEI MIEI RICORDI, LA STANZA DELLA VITA INSOMMA... POSSO IDENTIFICARLANELLA CASETTA DI PARTENZA DI UNA GARA DI SCI. UNA SORTA DI NIDO DA DOVE NASCONO INFINITE

EMOZIONI, DOVE L’ADRENALINA SALE, DOVE LA VOGLIA DI MISURARMI CON MESTESSA È UNICA INEGUAGLIABILE. IL VENTO, IL FREDDO, I FIOCCHI DI NEVE GELIDICHE SBATTONO SUL VISO SUGLI OCCHIALI, FANNO SALIRE L’ATMOSFERA DELL’ATTESA,DELLO START. I PENSIERI VOLANO, LA VOGLIA DI RAGGIUNGERE L’OBIETTIVO DASEMPRE SOGNATO, RIPENSO ALLE ORE, AGLI ANNI DEDICATI ALL’ALLENAMENTO,A QUELLA FATICA CHE IN REALTÀ È STATA ED È RIMASTA ANCHE NEI RICORDISOLO UN PIACERE. DALL’INTERNO DI QUESTO CASOTTINO DI LEGNO, CHE ASSOMIGLIA ALLA CASEDELLE BAMBOLE, MA POI IN FONDO NEMMENO COSÌ PICCOLA DIREI CHE LA PIÙ GRANDE MISURA 4MTPER 5 ALTA 3 (IN ALTRI CASI SONO IN CORDURA TIPO TENDA) TI SENTI PROTETTO, UNO SGUARDOALL’ASTA DEL CANCELLETTO DI PARTENZA E POI... MENO 5, 4, 3, 2, 1, GO E POI SAPERE CHE QUANDO

SEI FUORI SEI SOLO TU CHE PUOI... CHE DEVI FARCELA. QUANDO SEI LÌ DENTRO IL TUO RESPIROSI FA SOLIDO, L’ARIA CHE RESPIRI ESCE DALLA BOCCA DAL NASO E CREAUN’AMBIENTE FANTASTICO, QUASI MAGICO. EMOZIONI, CONTINUE EMOZIONIINDIMENTICABILI GARA DOPO GARA. DOVENDO CREARE UNA SCALA DI PRIORITÀ DELLE EMOZIONIAL PRIMO POSTO CI SONO SENZA DUBBIO LA NASCITA E L’AMORE PER I MIEI FIGLI, AH SÌ, UNICHE DIREI...MA SUBITO DIETRO CI SONO QUESTE EMOZIONI QUELLE CHE HO VISSUTO ANCHE SE NON SONO RIUSCITAA VINCERE UNA MEDAGLIA ALLE OLIMPIADI O MONDIALI O ALTRO. MA QUELLO CHE HO DATO E RICEVUTOLO SO SOLTANTO IO. DICEVO UN CASOTTINO CHE PERMETTE AI CRONOMETRICI DI MUOVERSI LIBERAMENTE,SULLA DESTRA DEL CANCELLETTO QUALCHE MENSOLA PER GLI STRUMENTI, APPENA CHIAMANO IL TUONUMERO ENTRI, TI SCALDI ANCORA TI MUOVI, L’ALLENATORE IN PARTENZA TI MASSAGGIA TI AIUTA ASISTEMARE GLI OCCHIALI DA GARA, TI FA ASCOLTARE GLI ULTIMI CONSIGLI IN PISTA, SOPRATTUTTO TIAIUTA A CARICARTI, AD ALLONTANARE LA PAURA, A FARTI SALIRE QUELL’ADRENALINA CHE DA LI A POCOVERRÀ SCARICATA PER DARE IL MASSIMO. LA TEMPERATURA MENO 10, MENO 15, MENO 20, NON CAMBIAQUASI NULLA TANTO TU NON LO DEVI SENTIRE. COMINCI A SCALDARTI A MUOVERTI LENTAMENTE, ACHIUDERE GLI OCCHI E MEMORIZZARE LA TUA ATTENTA RICOGNIZIONE, RICORDANDO I PUNTI FONDAMENTALIAH SI É LÌ CHE SI PUÒ VINCERE LA GARA, LASCIA ANDARE, CAMBIA SUBITO, VIA VIA RAPIDA, MOLLAADESSO... NON SENTI IL TIFO NON SENTI NULLA SEI SOLO TU E ALLA FINE ANCORA TU... E CHISSÀ CONLA GIOIA O L’AMAREZZA. E LA PROSSIMA VOLTA SARÀ ANCORA UN’ALTRA PARTENZA, UN’ALTRO CASOTTINO

E ALTRE EMOZIONI ASSOLUTAMENTE, FANTASTICAMENTE INDIMENTICABILI. DODY NICOLUSSI

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L’architetto è “Omo Faber”.

Tra le prime necessità umane vi fu quella del riparo

;

proteggere e costruire è dunque un mestiere così nobil

e

e antico che non può essere frainteso.

L’architetto frustrato ripiega nel sentirsi artista. Invec

e

guai alla rassegnazione ed al rifugiarsi nell’arte.

Contro la contraddizione che serpeggia nel pensier

o

internazionale: arte o scienza, si può avere un’impostazione

umanistica avvalendosi di entrambe.

Scrissi queste parole anni addietro proprio a P. C.

Un giorno consigliai a persona cara di chiedere a Paol

o

Casti se poteva progettarle la ristrutturazione del su

o

vecchio, prestigioso negozio.

Quando volle maggiori informazioni precisai ha “occhi di

mosca”.

Spiegai che la mosca ha un tipo di occhio capace di vedere

a 360°, mutuando dai filosofi questa espressione: vale a

dire una spiccata capacità ad individuare la via di uscita

.

Ad opera compiuta, tentai una prudente e saggia ricostruzion

e

della modalità della creazione.

La proprietaria dell’opera, a molte mie domande rispos

e

con una erudita citazione: “perché l’Interrogare è la piet

à

del Pensiero”.

“Un viaggio fra tecnica, poesia ethos. Non una leggend

a

ma una concreta favola, una sfida in punta di matita

,

magica, sottile, tenace, sino a riuscire nell’impresa di

circumnavigare il mio pianeta, di lasciare un po’ ovunqu

e

un arma, un sigillo di bellezza”.

Cercai di esplorare il progettista che con ironico diniego

mi disse: “De nobis ipsis silentium”. Bacone a principio

della instauratio magna: “Di noi stessi non diciamo nulla.

Quanto a ciò di cui qui si tratta, chiediamo che gli uomin

i

non la considerino un’opinione, ma come un’opera”.

Mi ricordo anche le righe finali di quel mio scritto: “L

a

scienza non si identifica con la ragione ne l’arte co

n

il piacere; d’altra parte non vi è scienza senza piacere

ne arte senza ragione” .

Forsitan Cras

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Rapallo, 1995

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Enrico Finzi. Milanese, 53 anni, sposato con due figli, laureato in filosofia, specializzato in psico-sociologia, èpresidente della società Astra (scenari e consulenza strategica), di Demoskopea (ricerche sociali e di marketing)e di Alphabet (communication research). Opera per diversi tra i maggiori gruppi industriali e terziari.Dal ‘92 al ‘95 è stato vicepresidente vicario dell’AISM (Associazione Italiana per gli Studi di Marketing), di cui èsocio. È membro altresì dell’ESOMAR (l’organizzazione europea dei ricercatori e consulenti di marketing) e dellaTP (quale tecnico pubblicitario professionista).Ha avuto esperienze universitarie (assistente di storia contemporanea alla “Statale” di Milano), di direzione di istitutidi ricerca (Fondazione Agnelli, Società di Studi Politici, InterMatrix), manageriali (direttore marketing periodici del“Gruppo Rizzoli-Corriere della Sera”), giornalistiche (in passato: “Il Sole 24 Ore”, “Il Giorno”, “l’Espresso”, e “IlMondo” ed ora “Mondo Economico” , ove si occupa di evoluzione della società e dei modelli di consumo).È autore di saggi e studi di sociologia e di marketing.

Julia Binfield. È nata a Londra nel 1955. Ha studiato graphic design alla St. Martin’s School of Art ed è stataassistente di Alan Fletcher a Pentagram per due anni.Si è trasferita in Italia nel 1980, prima a Roma e poi a Milano dove nel 1984 ha aperto un suo studio.In questi anni ha lavorato come consulente grafico per IBM Semea, MarcatrÈ, Cassina, BTicino, il Gruppo GabbianelliVogue, Electa, Ycami ed altri, mentre le sue illustrazioni sono state pubblicate in Domus, Elle, Marie Claire, Costruire,Interni. Tra le altre cose ha illustrato un libro per Walker Books sulla cucina medio-orientale e un catalogo per lecucine Dada. Si è sempre dedicata all’illustrazione, che, negli ultimi anni, è diventata ambito di interesse privilegiatonello sviluppo dell’attività Collabora con Ceramica Bardelli, Donna Moderna, il Gambero Rosso, Chicago Tribune,Greatarrow Cards. Le sue opere (alcune delle quali sono state esposte in mostre personali e collettive a Milano ea Londra) sono spesso ricche di colore e rifiutano ogni tipo di rappresentazione accurata. Cercano invece diinterpretare gli oggetti quotidiani, architettura e paesaggi, da un punto di vista inusuale, soggettivo, utilizzando

Geert Koster. Nato a Groningen, Olanda, in 1961, si è laureato alla Accademia d’arte Minerva a Groningen nel1984 e alla Domus Academy a Milano nel 1985. Per lo Studio De Lucchi ha curato l’allestimenti, interior design eimmagine coordinate per aziende fra quali il Museo di Groningen, Vitra (“Citizen Office”), Enel, Mandarina Duck eLamarthe Paris. Da 1985 lavora in Italia, collabora con Michele De Lucchi, partecipa al gruppo “Solid”, è consulentedi Olivetti Synthesis e co-fondatore del gruppo per design ecologico “ O2”. Nel 1989 apre il proprio studio dove sioccupa di interior, furniture e industrial design. La sua attività comprende la progettazione di interni, mostre, mobilie oggetti per aziende fra quali Abet laminati, Cappelini spa, First Folio, Alarossa, Ing. Castaldi Illuminazione,Lema e Montis.

Enrico Finzisociologo, presidente di Astra e Demoskopea

Non amo ciò che è trendy, mi dà noia quel cheè di moda, tendo a privilegiare gli esclusi.Dunque tra le stanze non posso che amare iripostigli, le soffitte, le cantine, idisimpegni e soprattutto i bagni: ambienti,questi ultimi, di cui si parla poco - al dilà delle Jacuzzi e delle Teuco modaiole -perché sono il regno delle minzioni, dellealluvioni diarroiche o delle soffertestitichezze, degli assorbenti e delle traccedi sporco nelle vasche svuotate, degli odorisocialmente riprovati, delle diagnosi impietosedegli specchi e dei maniacali tentativi dioccultare calvizie o rughe o pseudo-difettifisici.L’emarginazione delle stanze da bagnodall’adorazione collettiva c’entra, naturalmentecol rifiuto dell’accettazione di sè, che oggiporta a nascondere puzze e deiezioni, umorie gas, anzitutto i segni del tempo che passae bellamente ci allontana dal mito scioccodella gioventù eterna: a riprova, la raraattenzione al cesso si sposa - specie suiperiodici femminili - alla comtemporanea manìadel corpo che nasce dal minimo storico dellasua reale accettazione.Ecco, amo questa stanza perché è reietta oriferita senza pari al distacco di noi da noistessi, dal nostro inevitabile impasto disangue e merda e idee.Già le idee: quelle che si rendono non solocorpo e che - guarda caso - proprio nel bagno

emergono spesso prepotenti, quando ci trucchiamoo ci facciamo la barba (un altro trucco...),quando galleggiamo nella vasca coi sali o stiamoseduti sulla tazza (duro trono della nostraocculta regalità). Non siamo abituati ad essereonesti con noi stessi: se lo fossimo, dovremmoriconoscere e poi dire, gridare che a volte èproprio lì che viviamo sensazioni intense,concepiamo pensieri rilevanti, creiamo.Anzi, per tutti è lì che si concentra il massimodell’abbandono alle intuizioni, d’intelligenzadelle cose e delle persone, di spiritualità.In fondo, gli schiavi della frenesia metropolitanagodon di scarsi spazi di libertà davvero persè e questi sono il viaggio solitario in autoe appunto la privatità del sesso: l’una e l’altro- non è un paradosso - ultima versione dellapersonale cappella dei nobili d’altri tempi,baluardo finale della riflessione,dell’autocoscienza, per taluni del rapporto conDio.Lo ha ben scritto Eugene Beauty:”Secca riconoscerloma il wc è nella società secolarizzata il migliorbanco da preghiere: il puzzo della merda hasostituito l’afrore dell’incenso.Ma le vie del Signore e della conoscenza sonodavvero infinite”. Perciò amo il bagno, cenerentoladelle stanze domestiche, vero tempio segretodella commistione di anima e corpo.

La stanza così

Aldo Cibic. Nato a Schio (VI) nel 1955, si trasferisce a Milano nel 1979 per lavorare con Ettore Sottsass Associatie, un anno più tardi, Memphis.Nel 1989 inizia l’attività in proprio fondando, con Antonella Spiezio e Smilian Cibic, la Cibic & Partners, uno studioin cui, oltre all’attività personale di designer, per iniziative proprie e per diverse aziende, sviluppa un’attività nelcampo dei progetti di interni e di architettura in Italia e all’estero.Architettura: 1999: Autogrill sviluppo programma fastfood Spizzico e Burger King in città italiane ed europee (incorso). Medusa Cinematografica, sviluppo progetto cinema multisala (in corso). Telecom, padiglione per la FieraMondiale delle Telecomunicazioni a Ginevra. Scuola Materna in Località Arso, Chiampo Vicenza (in corso). CorsoComo Hotel a Milano, ristrutturazione delle aree comuni, camere ed appartamenti. 1998: Edificio residenziale aValdagno (in corso). 1995: Victorian, sede generale a Como. 1993: Villa sul Bosforo a Istanbul. Ristrutturazionedi un edificio a Venezia.Design: 1998: The Smart Home Fitness, strumenti abitativi che possono diventare attrezzi per il fitness. 1996-97: Moroso, collezione di sedie e divani. AV Mazzega, collezione di lampade in vetro di Murano. 1992: Antologia,mobili. Fiat Auto, interni e idee per la nuova Fiat punto. 1991-99: Paola C., collezione ceramiche Standard perPaola C. 1990: Standard, mobili e oggetti.Design di interni: 1999: Ynformal, installazioni di luci e suoni per Pitti Immagine. 1998-99: Beymen, grandimagazzini di lusso a Istanbul. 1998: Henry Cotton’s (Gruppo Fin. Part.), show-room, negozi e corner. 1997-98:Hotel Mediterraneo a Milano. Corso Como hotel a Milano. Selfridges departement store a Manchester. 1996-98:Beymen grandi magazzini di lusso a Ankara. Aeroporto valerio Catullo di verona. 1996: Stand Pirelli al Motorshowdi Bologna. Power Market Giappone, negozi a Osaka e Tokyo. Habitat Group, negozi a Milano, Padova, Mantova,Trieste. Esprit, nuovi show room a Milano e Düsseldorf. 1994-95: Borsa di istanbul (Turchia). 1994: Habitat Group,negozi di Hammersmith e Fincheley Road, Londra. Villa a Istanbul. 1993: Pepe Jeans London, showroom a NewYork e sistema di corner per gli Stati Uniti. 1990: Benetton, negozi a New York.Progetti per opere pubbliche: 1996: Ex Ospedale Psichiatrico Paolo Pini, nuovi spazi ricreativi. 1992: Città diCecina, arredo urbano. 1990: YKK, pensiline chioschi ed altri elementi di arredo urbano in Giappone.Progetti di Aldo Cibic come socio della Sottsass Associati dal 1980 al ‘89: Memphis mobili dal 1981 al 1987.Fiorucci design d’interni, realizzazione di negozi in tutta Italia, Amsterdam, Francoforte e Rio de Janeiro. Esprit,negozi, uffici e showrooms in Germania, Svizzera, Austria, Danimarca e Australia; Villa malibu per Max Palevsky. Zumtobel, sistema di illuminazione per negozi ed edifici pubblici. ERG, progetto completo per la corporate identity.Attività di ricerca e insegnamento: Insegnamento alla Domus Accademy e al Corso di Laurea in Disegno Industrialedella facoltà di Architettura del Politecnico di Milano. Visiting professor al Royal College of Art di Londra.

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Alessandro Mendini. Architetto è nato a Milano nel 1931. Ha diretto le riviste "Casabella", "Modo" e "Domus".Sul suo lavoro e su quello compiuto con l'Atelier Alchimia sono uscite monografie in varie lingue.È interessato specialmente al design neo moderno e contemporaneo. Realizza oggetti, mobili, ambienti, installazioni.Collabora con compagnie internazionali come Alessi, Philips, Swarovski, Swatch ed è consulente di varie industrie,anche nell'Estremo Oriente, per l'impostazione dei loro problemi di immagine e di design.È membro onorario della Bezalel Academy of Arts and Design di Gerusalemme, gli è stato attribuito il Compassod'oro per il design, I'onorificenza dell'Architectural League di New York ed è "Chevalier des Arts et des Lettres" inFrancia. Suoi lavori si trovano in vari musei e collezioni private.Nel 1989 ha aperto con il fratello Francesco, I'Atelier Mendini a Milano, progettando la casa Alessi a Omegna, ilTeatrino della Bicchieraia ad Arezzo, il Forum - Museum di Omegna in Italia; una torre ad Hiroshima in Giappone;il Museo di Groningen in Olanda; il Casino Arosa in Svizzera, ed altri edifici in Europa.

MANIFESTO DEGLI ADDIO Addio progetto retorico: perchéla vita scorre in modo antieroico e amorale. Addio progettodi gusto: perché la qualità si ottiene solo alla rovescia.Addio progetto intellettuale: perché la ragione è vinta e larivoluzione consiste nella banalità della fantasia. Addioprogetto coerente: perché per metodo bisogna essereincoerenti. Addio progetto della casa: perché essa è soloun souvenir di se stessa. Addio progetto autentico: perchéqualsiasi realtà è autenticamente finta. Addio progettocostruito: perché costruire vuole dire distruggere. Addioprogetto ideologico: perché all’uomo vanno fatte architetturenon impegnative. Addio progetto drammatico: perché lostile di domani è rilassante. Addio progetto specialistico:perché la gente conosce da sola quello che le piace. Addioprogetto capolavoro: perché la merce è tutta quantità. Addioprogetto vero: perché la falsità è inarrestabile. Addio progettoprogramma: perché il bene del territorio sta nel suo caosestenuante. Addio progetto spaziale: perché la psiche è inagguato e chiede colori e decori. Addio progetto istituzionale:perché esso è ordine, invece che movimento e frammento.Addio progetto universale: perché i progetti sono tanti quantisono gli uomini. Addio progetto universitario: perché ilprogetto è in mano all’uomo di massa. Addio progetto novità:perché il nuovo non esiste ma tutto è Ri Disegno. Addioprogetto sentimentale: perché ogni architettura contieneun terrorista. Addio progetto di Avanguardia: perchél’Avanguardia è generalizzata e diffusa. Addio progettocome arte: perché l’architettura è un’arte minore. Addioprogetto utopistico: perché il benessere crea normalità.Addio progetto di partecipazione: perché viviamo immobilinelle nostre stanze. Addio progetto di concentrazione:perché l’energia esplode in modo volgare. Addio progettodi te stesso: perché resterai nell’ambiguità. Addio progettogeometrico: perché bisogna essere informali. Addio progettomorale: nulla è dovuto a nessuno. Addio progetto maschile:perché l’architetto del futuro è ermafrodita. Addio progettodidattico: perché una scuola non è fatta di muri ma disorprese. Addio progetto artigianale: perché la manodell’uomo è uno strumento atrofizzato. Addio progettorituale: perché il tempo è pieno di robot. Addio progettoinfantile: perché il bambino è un adulto di piccole dimensioni.Addio progetto antropologico: perché la natura e fatta aquadretti. Addio progetto in generale: perché sopra alprogetto vince la vita. Alessandro Mendini

VERBI ALL’INFINITO: dimenticare la propria debolezza -seguire la strada più naturale - stare oltre il nostro tempo- superare la nostra dimensione squilibrare l’ipotesi prevista- scivolare sulle proprie radici - esistere senza messaggitestimoniare la nostra vita cercare sicurezza nei metodiantichissimi essere calmi anche se tira il vento - stare fermoal passaggio degli stili - dare risposte personali - accogliereil piccolo e l’occasionale - disperdere la propria ideologianon eccedere in comunicazione - preferire progetti simbolici - proporre un mondo tutto diverso - non perdere l’identità- non cercare punti fissi non avere nostalgia - sapere cheesiste l’infelice - ripetere all’infinito - dimenticare appenafatto - essere indifferenti alla moda - non concentrare madilatare rovesciare la qualità - spostare un poco ogni cosa- non disturbare la quiete entrare nelle chiese non fare leguerre - continuare a lasciare - cercare la bellezza nonripercorrere la stessa strada - non comunicare tutto - visitarele tribù meditare sul passato - usare metodi diversi - scegliereil ritmo del tempo - essere ubiqui - adorare molti dei -meditare sul design bellico - avere un classico distaccoNON SO SE: Non so se mettere sul tavolo un vaso di fiori.Non so se guardare la gente dentro agli occhi. Non so sespostare un poco quel divano. Non so se Palladio mi siaservito. Non so se mettermi a gridare improvvisamente. Nonso se stia bene il tappeto accanto al letto. Non so se usaremarmo oppure ferro. Non so se studiare il Dadaismo.Nonso se smettere con la sensibilità. Non so se la vita sia deltutto banale. Non so se sia meglio il centro o la periferia.Non so perché le persone hanno tanta fame. Non so se siabene uccidere il tempo. Non so se mettere le cose in ordinealfabetico. Non so se convenga lavorare tanto. Non so sele case debbano avere le finestre. Non so se piangere peri mille torturati. Non so se ricordare quella lunga giornatadi sole. Non so se la politica merita la prima pagina. Nonso se farmi un caffè oppure un tè. Non so se sia necessarioun letto per gli ospiti. Non so se leggere libri di filosofia.Non so se mettermi un poco in poltrona. Non so se desiderodire le mie idee. Non so se rubare le idee altrui. Non so separlare di tutto senza fine. Non so se sia utile il telefono.Non so se sia questione di morale. Non so se eliminarel’anticamera. Non so se cercare qualche punto fisso. Nonso se aprire la porta. Non so se inventare una nuovalampada.Non so se preferire le linee dritte o curve. Non sose smettere di dire non lo so. Alessandro Mendini

CINISMO ABITATIVO: La casa ha il pavimento vischiosocome il miele, i piedi ci si attaccano e non si riesce più auscirne. La casa è un peso così enorme sopra alle nostrespalle, che ogni movimento diventa impossibile. La casaè il rifugio ipocrita per quelli che temono i disagi della vita.La casa è un corpo estraneo che si sostituisce al corpo dichi la abita. La casa è un circolo vizioso che non esistesenza un mazzo di chiavi. La casa è un magazzino dovesi accumulano mobili e residui inutili. La casa è undiagramma che rappresenta lo stato del nostro letargo. Lacasa è la finzione di un idillio perduto, che non si ripete.La casa è una banca dove le persone accumulano il loroprestigio. La casa è una ottusa isola di eredi. La casa è unbalcone sul quale appassiscono foglie bruciate dal sole odal freddo. La casa ha sempre accanto un’altra casa dacui ascoltare una musica con nostalgia. La casa è queltempio inviolabile che esclude le azioni che avvengononelle altre case. La casa non è come le scarpe che ognigiorno camminano su terreni ignoti. La casa non è mai unpunto di partenza ma è un punto di arrivo, dove la prospettivaè una stampa di Cézanne. La casa non è onesta perché imattoni rendono troppo denaro. La casa non è leale perchéha sempre una la valigia pronta per partire. La casa nonha fantasia perché è priva di ali. La casa non ha mai difronte un tramonto sconosciuto. La casa ha sempre untelefono in grado di colpirci nel cuore. La casa è uncalendario banale per sfogliare il tempo di ogni giorno. Lacasa è una spia che ricorda le nostre azioni segrete. Lacasa è l’inventario della nostra attitudine a ripetere gestiuguali. La casa è quella scuola dove si insegna l’eslcusione.La casa è sempre fatta di stanze. La casa ha sempre difronte un’altra casa munita di campanello. La casa hasempre una sveglia per mandarci a lavorare. La casa cipermette di essere pigri solo al sabato mattina. La casasta ferma mentre la vita si muove. Alessandro Mendini

SEDIA: La sedia è l’asse cartesiano dell’uomooccidentale. La sedia è un dondolo per fare fuggirei pensieri. La sedia è un modo di riposare che nonserve agli animali. La sedia è un oggetto realizzatoin tutte le forme. La sedia è l’atto di virtuosismoper ogni progettista. La sedia è sinonimo diThonet. La sedia è la pazzia di Charles RennyeMackintosh. La sedia è chiamata dai tecnici “sistemadi sedute”. La sedia sono mille sedie in un palazzo peruffici. La sedia è quella cosa che ti aspetta ognimattina. La sedia è la garanzia di avere un posto dilavoro. La sedia è un gruppo di bambini impauriti difronte al maestro. La sedia è sedici ore da Milano aBogotà. La sedia è essere in auto con sotto le ruote.La sedia è un pezzo di pietra del Colosseo. La sediaè uno spettacolo di Bob Wilson. La sedia è una tecnicadi rilassamento. La sedia è milioni di uomini seduticontemporaneamente. La sedia è il mezzo per averedi fronte qualcuno seduto su un’altra sedia. La sediaè uno strumento per fare conversazione La sedia èl’alibi per mangiare con i famigliari. La sedia è untatami dove bere il té. La sedia è un luogo di potere.La sedia è il tappeto di Buddha cheguarda l’infinito.La sedia è il trono dove hanno dormito i re. La sediaè tutto il mondo sotto di te. La sedia è dondolare legambe sul Gran Canyon del Colorado. La sedia èla schiena di un cavallo che corre. La sedia è perun bambino il braccio della madre. La sedia èincrociare le gambe. La sedia è il rifugio degli stanchi.La sedia è come un letto su cui è impossibile dormire.La sedia è lo sgabello nella prigione. La sedia è ilterreno su cui si dà fuoco il bonzo. La sedia è illuogo sul quale morire elettricamente. La sedia èessere seduti sulle spine. Mentre la sedia lavoral’uomo riposa. Alessandro Mendini

Paolo Casti. È laureato in Architettura presso l’Università di Venezia ed è iscritto all’Ordine degli Architetti di Verona.Nato a Verona il 29 Novembre 1958, il 333° giorno di quell’anno e di tutti i non bisestili.Dal 1984 al 1986 come Art Director progetta numerose campagne pubblicitarie nazionali e internazionali.Dal 1986 al 1992 apre la “Casti Associati”: agenzia di pubblicità, che si specializza in “Comunication Design” edin particolare nella progettazione di manufatti destinati alla comunicazione ed alla persuasione.Negli stessi anni sviluppa la sua attività professionale progettando e realizzando boutiques, ristoranti, ville edappartamenti privati. Nel 1992 inizia il rapporto con il mondo dell’outdoor partecipando al Congresso Mondiale dellaPubblicità Esterna a Vienna, sostenendo la necessità di un’ecologia e di un’etica progettuale anche per i manufattipubblicitari.Dal 1992 entra in “Jolly”: azienda leader nel mercato italiano della pubblicità esterna (facente parte del gruppo“Clear Channel Comunication” leader mondiale dell’outdoor) dove si occupa, tra l’altro, della progettazione dellaricerca e dello sviluppo di prodotti di arredo urbano con forti componenti di servizio alla collettività.Dal 1993 contribuisce al dibattito ed allo scambio delle idee, promuovendo e proponendo Tavole Rotonde, Dibattitie Convegni in ambito accademico ed imprenditoriale: Local Leadership, Colonne della Città, Mappe Intelligenti,Città Pubblicità, Forme Pubblicitarie, Qualità Nascoste e Manifeste.Sviluppa progetti editoriali, realizzano pubblicazioni per il mondo dell’«Outdoor».Negli ultimi anni ha progettato e brevettato, per conto della Jolly, una serie di impianti pubblicitari che si distinguonoper la qualità del design e per le funzionalità innovative: Pensilina di Roma, “Y” supporto polifunzionale per cartellisagomati o a geometria variabile, “ALA” cartello segnaletico per Autostrada, “V” poster ecologico per Venezia,“Palina informatica”, “Chiamata taxi”, “Tramp” poster modulare autoportante, “ONLY” set di cestini in lega leggeraper la raccolta differenziata.I suoi progetti sono contenuti nei libri “Design for businness” ed “Outdoor city art” presentati a Montreal e Istanbul.Ha scritto un romanzo “Umori, colori, sapori ed amori”, che pubblicherà nel 2000.

Angelo Micheli. Nasce a Grotta D’Adda, Cremona Italia nel 1959.Nel 1984 inizia la collaborazione con Michele De Lucchi.Nel1984 si diploma in Industrial Design e nel 1986 si laurea in architettura.Partecipa dal 1987 al 1988 al gruppo Memphis coordinato da Ettore Sottsass. Fondatore del gruppo “Solid” nel1986. Dal 1988 al 1998 è stato partner dello Studio De Lucchi.L’attività di architetto e designer è svolta sempre con l’interesse per la ricerca e per la formulazione di invenzioni.Attualmente progetta per Rheavendoors, Nescafè, Poliform, Mandarina Duck, Telecom.Nel 1988 viene inviato al dibattito “Tra il Dire e il Fare” organizzato dalla facoltà di Architettura di Milano, negli annia seguire presenta un progetto di “Padiglione per le Arti” al Palazzo della Triennale di Milano (1989), invitato allamostra “30 under 30” organizzata dallla rivista Interiors e dalla Steelcase Design Partnership, New York (1989),espone alla mostra Creativitalia in Tokyo (1990), presente alla mostra “Capitali Europee del nuovo Design” al CentreGeorge Pompidou a Parigi (1991), espone (personale) dipinti di architettura “Le Tracce del progetto” alla galleriaSchubert a Milano (1991), espone sculture e gioielli in una mostra organizzata dalla ditta B.E. VU e Co. Ltd. e dallaPlatinum Guild International Ltd. a Tokyo Giappone (1992) e alla II° Esposizione Internazionale d’Arte degli ArchitettiArtisti in S. Giovanni Evangelista a Venezia (1992).Presente alla esposizione DesignsMiroir du Siecle; La Fabbrica Estetica a Parigi (1993), con un gruppo di artistidisegna oggetti in cristallo per la ditta Alt di Murano (1992-1993), mostra di pittura (personale) allo spazio Glas,Milano (1994). Docente all’Istituto Europeo di Design.

tecniche diverse - matita, pastelli ad olio, acrilico, gessi - e in particolare collage. Nell’ottobre del 1995 EdizioniCharta ha pubblicato una sua monografia.Mostre: 1989 “British Designers Present” collettiva - The British Council, Milano 1990 Galleria “Beint+Beint”,London 1992 “Interno di Cucina” - Studio Garampelli, Milano 1996 “Le colonne della città” una di 12 totem situatiin Piazza Cadorna durante laTriennale, Milano - “Breakfast in Tuscany” Galleria L’Archivolto, Milano 1997 “Bitsand Pieces” Galleria Artefatti, Conegliano Veneto - “France” Bistro Paglia e fieno, Torino - “Food and drink” Fiorucci,Milano 1998 “More tea...” Galleria Nuages, Milano

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Gianni Burato. È nato nel ‘56 a Verona, città nella quale ancor’oggi vive e lavora. Artista eclettico ed in continuae magmatica evoluzione ha dedicato la maggior parte della sua attività all’editoria ed alla pubblicità. Talento esensibilità sono due doti innate che ha affinato, nel corso degli anni, anche attraverso la frequentazione e l’assiduacollaborazione con alcuni dei maggiori artisti satirici italiani come Staino, Manara e Giuliano. Sue pungenti esofisticate illustrazioni satiriche sono divenute copertine di “Venerdì di Repubblica” ma anche quotidiani nazionalicome “Il Giornale Nuovo” e “L’Unità” e periodici come “Cuore” si sono avvalsi del suo segno incisivo e impietoso.Nel campo della pubblicità, nella quale opera fin dai primi anni ‘80 come illustratore e concept art-director ha lavorato,in collaborazione con importanti Agenzie italiane, per marchi come Ferrero, Gruppo Volkswagen, Ariston, CarreraJeans, Aia e Standa. Si sta interessando, ultimamente, anche di multimedialità e, nella sezione dedicata a questadisciplina dell’ultimo Premio Internazionale di Satira Politica di Forte dei Marmi si è aggiudicato il 1° premio con ilCd interattivo “MegalomaNet”, del quale ha realizzato le immagini, e che gli è valso anche un importante riconoscimentoda parte di Apple Italia.

Andrea Giovenali. 36 anni, milanese, opera nella comunicazione dal 1985, prima in J.Walter Thompson comeMedia Planner, poi in Young & Rubicam come Media Supervisor, fino a ricoprire la carica di Direttore Generale diMediapolis Italia.Dal giugno 1998 è Consigliere Delegato per il Business Development di DNM Datanord Multimedia, dove ha potutoconcretizzare alcune delle ipotesi già sviluppate nei suoi libri (1995/96) a riguardo del ruolo di Internet e dei nuovimedia nella comunicazione díimpresa.

From: Andrea Giovenali <[email protected]>To:Paolo Casti <[email protected]>Date: Wed, 3 November 1999 14:52:35Subject: Stanze segrete

IL MONDO IN UNA STANZA

Non vorrei mai sentirla, soprattutto di domenica.In un mondo che cambia, dove tutto cambia, il rumore delle sveglie èsempre lo stesso. Da quindici anni a questa parte hanno solo trovato ilmodo di evitarmi di cercare a tentoni nel buio il pulsantino per interromperequel maledetto “biribiribi-biribiribi”: adesso basta muoverle vicino unamano e la sofferenza è solo rimandata di qualche minuto.Prendo coscienza, e mi rendo conto che sono le sette e mezza di mattina,anche oggi, sarebbero potute essere le nove, ma ieri sera non ho spostatola lancetta verde sul fatidico numerino.Non importa, il bilancio della settimana è stato buono anche se la domenicale endorfine ti fanno pulsare un po’ le tempie, e l’inerzia impressa da unsolo ora.Oggi evado dalle responsabilità, non mi faccio la barba, mangio quandomi pare, non mangio per niente, o mangio “diverso dal solito”, mi infilouna tuta e non rispondo al telefono, è così che mi va oggi.

Pan cakes, sì pan cakes col preparato in polvere, non importa cosa c’èdentro, e succo d’acero, ma quello finto, nel bottiglione di plastica. Tantogli altri il brunch oggi se lo sudano al solito posto dove devi prenotarelunedì per la domenica, dove le “egg benedectine” te le portano senza lasalsa olandese e il pane è tostatissimo, bruciato.Oggi mi rifugio senza compromessi e mediazioni nella mia sala, quattroper dieci, tre finestroni di luce autunnale, due divani ad angolo, un caminettoe due poltrone, un tavolo e una libreria, due tappeti heriz, che a me“piacevano quelli perché sono colorati e grandi, ma anche perché costavanomeno degli altri”.

“A U G U R I ! S E I U N A N N O P I U V E C C H I O E L O DI M O S T R I” gli auguri a un carissimo amico in SMS sul telefonino,un compagno di scuola e compagno di goliardate giovanili, tanto lui dorme

perché ieri sera avrà fatto tardissimo, e se io perdo l’occasione, poimi dimentico di farglieli. Bit che partono, volano e si posano, bitche avvisano quando arrivano dall’altra parte della città, bit chesollecitano un sorriso, e basta, senza quelle frasi che dette al telefono odi persona suonano più pesanti perché si è veramente più vecchi, e losi dimostra davvero.

Tavolo, libreria e computer, computer che bello finalmente colorato e pocoingombrante, apro la barra degli strumenti, CONNESSIONE.Sberleffi e pernacchie analogiche, che strano linguaggio per metterti incontatto con il mondo, quello che non è grande come quel paesone dellamia città, e non è ingessato come questo protettorato di paese, ma è proprioil mondo, come dice quello spot con tante facce, etnie e culture “Are youready?”.Trent’anni di vita di Internet, e loro mi domandano se sono pronto, nonlo so, forse sono arrivato tardi, mi consolo perché c’è qualcuno che è piùin ritardo di me, magra consolazione.Ma anche questa mattina che faccio il salto, il timore è che il mio providerquesta mattina sia rimasto a dormire, e non sia pronto a farmi visitare ilmondo. Le lucine blu chiedono bit, quelle verdi rispondono, comincio asucchiare bit, yes, I am ready.Prima fermata, la posta gratuita sul Web, nome utente, password,c’è sempre qualche nuovo messaggio che aspetta risposte o soltantodi essere letto.

Amico, notizia, collega, notizia, spamming, collega, collega, venerdì eranole due del pomeriggio quando ho controllato la posta per l’ultima volta,e si vede, rispondo, cancello, inoltro.

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Non importa se è una macchina che risponde, è gentile, più gentile edisponibile di una commessa del negozio di libri in centro, che oggi evito.http://www.nasdaq.com , come hanno chiuso le IARC venerdì, due lirettemesse su un titolo che ha perso un sacco, ma altre sono state meglioinvestite. IARC, Information Architect, una società che faceva consulenzaper lo Y2K, chi sono, boh, perché ci ho messo dei soldi, mah...

THE ROOM.

We call it living room. When we came here nearly half a centuryago the living was lively and fast. We were both journalists, David,my new husband, still on a national newspaper where we had met,as news reporters, on the way to an air disaster, I, by that time,with BBC News. The whole, solid Edwardian house by the Thameswas no more than a touching-down point in two wildly busy lives,and the living room was sparsely furnished with odds and ends,a place to meet, if we were lucky, at the end of each frantic day.

Gradually our lives changed. Within four years we had threechildren and I stayed home to care for them - and write when Icould find a moment. There was little time for sitting althoughDavid, by now was a television critic and we added an early t.v.set and a family heirloom, a large and ancient armchair where wecould sit in comfort. We already had our own collections of booksbut when we changed jobs and became the Daily Telegraph LiteraryEditor more volumes began to pour into the house.

The living room became just that - a place for living. A placewhere we kept the most used, most loved of the books. A placefor entertaining our friends from all over the world, to relax withgood wine, good gossip, good arguments and, above all, to discussthe fast-changing face of the world of books with young writerssome of whom, over the years, became great authors.

The children had their parties here and, as time passed entertainedtheir own friends who often became our friends too. From timeto time I worried about the room. It had almost grown up on itsown. It was not elegant or sophisticated. I didn’t reflect the latestfashion in design or trendiness but the children, home fromuniversity, said “it doesn’t seem to stop half the world from visitingus - frequently”.

In summer, with the French doors open on the garden, the roomwas filled with the scent of roses and lavender and jasmine. Inwinter with the heavy curtains drawn, we put more coal on thefire and sank back in the glow of its hypnotic warmth.

The children grew up, left home. We sat for longer now, watching“telly”, touching hands with the easy comfort not just of husbandand wife but understanding friends. Our silver wedding party - 25years of marriage - was centred in this room and, too soon, our40th. David became increasingly ill and it was here, still workingand surrounded by the best of his most beloved books that onesummer morning with the birds singing and the sun shining outside,he suddenly died.

I am old now. The children and the grandchildren visit me. I stillwork and write and rush around but, increasingly, I sit. Portraitsof the children watch over me from the walls along with an oddassortment of other pictures all bringing memories of the past. Mypolyshed antique writing bureau with its gleaming front, a retiringpresent from old colleagues, is covered in family photographs.The grey cat, ageing like me, snores on the extra-long sofa boughtyears ago to accommodate the lenght of our-extra tall elder sonand now shared with his extra-tall son when he drops in.Sometimes I doze, alone in the evening with a glass of wine

Sally Holloway

THE ROOM.

We call it living room. When we came here nearly half a centuryago the living was lively and fast. We were both journalists, David,my new husband, still on a national newspaper where we had met,as news reporters, on the way to an air disaster, I, by that time,with BBC News. The whole, solid Edwardian house by the Thameswas no more than a touching-down point in two wildly busy lives,and the living room was sparsely furnished with odds and ends,a place to meet, if we were lucky, at the end of each frantic day.

Gradually our lives changed. Within four years we had threechildren and I stayed home to care for them - and write when Icould find a moment. There was little time for sitting althoughDavid, by now was a television critic and we added an early t.v.set and a family heirloom, a large and ancient armchair where wecould sit in comfort. We already had our own collections of booksbut when we changed jobs and became the Daily Telegraph LiteraryEditor more volumes began to pour into the house.

The living room became just that - a place for living. A placewhere we kept the most used, most loved of the books. A placefor entertaining our friends from all over the world, to relax withgood wine, good gossip, good arguments and, above all, to discussthe fast-changing face of the world of books with young writerssome of whom, over the years, became great authors.

The children had their parties here and, as time passed entertainedtheir own friends who often became our friends too. From timeto time I worried about the room. It had almost grown up on itsown. It was not elegant or sophisticated. I didn’t reflect the latestfashion in design or trendiness but the children, home fromuniversity, said “it doesn’t seem to stop half the world from visitingus - frequently”.

In summer, with the French doors open on the garden, the roomwas filled with the scent of roses and lavender and jasmine. Inwinter with the heavy curtains drawn, we put more coal on thefire and sank back in the glow of its hypnotic warmth.

The children grew up, left home. We sat for longer now, watching“telly”, touching hands with the easy comfort not just of husbandand wife but understanding friends. Our silver wedding party - 25years of marriage - was centred in this room and, too soon, our40th. David became increasingly ill and it was here, still workingand surrounded by the best of his most beloved books that onesummer morning with the birds singing and the sun shining outside,he suddenly died.

I am old now. The children and the grandchildren visit me. I stillwork and write and rush around but, increasingly, I sit. Portraitsof the children watch over me from the walls along with an oddassortment of other pictures all bringing memories of the past. Mypolyshed antique writing bureau with its gleaming front, a retiringpresent from old colleagues, is covered in family photographs.The grey cat, ageing like me, snores on the extra-long sofa boughtyears ago to accommodate the lenght of our-extra tall elder sonand now shared with his extra-tall son when he drops in.Sometimes I doze, alone in the evening with a glass of wine

Sally Holloway

beside me, isolated from the tensions of the world outside.

This not just a living room. Its a room that has been lived in -unpretentiously, comfortably, contentendly, memorably. It is theheart of my home.

end.............................

beside me, isolated from the tensions of the world outside.

This not just a living room. Its a room that has been lived in -unpretentiously, comfortably, contentendly, memorably. It is theheart of my home.

end.............................

Un brano per Paolo"Al tempo che cadevano le albicocche il mondo era tutto verdee noi stavamo sotto una capanna che era fatta di canne e distrisce di cielo. Al tempo che cadevano le albicocche si sentivanodei tonfi che mai mi sono usciti dalla memoria, come se fosse iltempo che bussa dentro il tempo." (Nino Pedretti -poeta-, "A e'témp che caschevva al baracòcli", in "piano piano", Ge. Graf.,Bertinoro (Fo), 1991.) Ricordo questeparole poetiche, di una bellissimarappresentazione teatrale vista a Milanoqualche anno fa, perché e' come sefossero frammenti delle mie ricercheprogettuali, frammenti, sognati, di unparticolare modo di intendere lo spazio ed il tempo, dove lesensazioni amplificandosi a dismisura divengono i cardinifondamentali per la definizione di un rinnovato progetto.La definizione compositiva e contenutistica di ambiti volumetricivissuti è sempre legata, per me e per il mio studio, ad esaltazionisensoriali, a magici sogni. Mille pensieri e tante emozioni sifermano in questi spazi confinati, quasi cristallizzandosi, insiemidi segni dal pacato potere comunicativo e narrativo, accavallandosigli uni agli altri, creano il corpus di nuovi episodi volumetrici neiquali l' amore si trasforma in materia e colore. Gli insiemi creati,dunque, rappresentano dei veri e propri manifesti che esprimonola volontà di dare spessore al mondo delle sensazioni, di creare

u n c o i n v o l g i m e n t ogeneralizzato al fine diindividuare un micro-benessere globale. In un'"antica" lettera del 20-1-87Giovanni Michelucci miscriveva: "... continua ameditare su ciò che vedi!Tante sono le cose che avvengono e non di tutte si riesce adafferrare il senso. Ci vuole, dunque, una grande volontà di capireed una grande umiltà per capire". Questi pensieri, come del restole meravigliose chiaccherate periodiche a Fiesole col vecchiosaggio, hanno segnato profondamente il mio modo di farearchitettura, il mio modo di pensare all' architettura ed al progetto

legato al mio tempo, al nostro tempo, hanno fattogermogliare in me la volontà di spingermi sempre oltre ilreale, oltre l' apparente, per tentare di sentire i veri profumidelle cose. Le mie stanze vissute -quelle reali(sognate) e

quelle reali (realizzate)- potrebbero essere lette come braniconrappuntistici, ovvero come insiemi caratterizzati dallacombinazione simultanea di più linee melodiche fuse assieme inarmonica "coerenza-incoerenza", non sono altro che nuovimagici esperimenti spaziali. E la storiacontinua...

Simone Micheli Architetto

Il 14,7% in un giorno, se ci avessi messo altri dieci milioni adesso ne avreiquattordici e settecentomila, non è possibile...

mp3.com, succhio musica, incredibile!Negli anni ‘70 la SIAE ti metteva i sigilli alla porta se trasmettevi i dischiin FM, adesso mi scarico un album intero, non li conosco, strana musica,non importa è un pezzo di mondo gratuito anche questo, che mi restain testa.Nuove uscite di jazz, il nuovo di Bob James, ascolto venti secondi, epoi altri venti del track 2, è sempre lui, un po’ sdolcinato, ma per ladomenica mattina e per l’auto va bene, quando vado nei negozi nonriesco mai ad ascoltare i CD, lo compro e compro anche Offramp diPat Metheny, mi manca.Inserisco i numeri dell’Amex, è sempre una sfida, non ci sono problemi,ma è sempre un’ebrezza, perché è più veloce di tirare fuori il portafoglio,perché loro non passano la matita rivelatrice sulle tue cinquantamila sudate,per il nuovo mondo i soldi sono solo bit che vanno e che vengono, nonc’è più carta da controllare.

CHECK NEW MESSAGEFrom: <[email protected]>To: <[email protected]>Date: Thu, 22 October 1999 01:20:59 -0700X-Priority: 3

Hello. My name is Giovenali from the United States, I saw yourname while I was browsing the internet, was wondering if youmight be a relative. would be interesting to find out. Couldsend more Info. if you like.

Non ci credo. Millantatori... o parenti? La mia famiglia ha perso contattocon un fratello di mio nonno che è andato a vivere negli Stati Uniti all’iniziodel secolo, una storia come tante altre, quasi cento anni di separazione.REPLAY, mio padre sarebbe contento di ritrovare persone dimenticatenell’Ohio, poi lo chiamo e gli dico che è ora che si apra un abbonamentogratuito a Internet, non costa e riserva sorprese uniche.

Cosa succede nel mondo, news a volo radente, solo quelle che valgonoe che vengono da fuori dei nostri confini, c’è più realismo nel vedere lecose che succedono da noi con gli occhi di un inglese o di un americano,stimola l’autocritica e l’analisi, aiuta a progredire. New York Times, FT,

Business Week e anche un pizzico dell’Industry Standard, quello che tifa sempre un po’ male quando lo navighi, perché loro con l’economia diInternet ci riempiono un giornale di duecento pagine ogni settimana.Mi porto in casa, nella mia sala, frammenti di storie, idee, persone, fortune,una volta si trovavano solo all’edicola di Piazza della Scala, adesso èchiusa, ma la vista sul mondo è un po’ più aperta.Ma che tempo infame! Domani devo andare in macchina a Torino, e secontinua a piovere mi dirotto sul treno, http://www.meteo.it , con leprevisioni a 24 ore, decido.

Fame. Domenica sera = pizza. Questa sera c’è il derby, non che me neimporti qualcosa, ma la pizzeria d’asporto del quartiere ti chiede tre quartid’ora per portarti una pizza, tutti in fila accalcati tra la vetrina e il banconedalle sette in avanti, e I vestiti che puzzano di fritto quando esci.http://www.pizzaexpress.it, a New York c’è anche un sito dove ordinile cassette di Blockbuster e te le portano a casa con gli Oreo e i Pringlesalla crema di cipolle, clicco su una “tirolese” con lo speck e scelgo nelmenu a tendina DOPPIA MOZZARELLA, magari un giorno a Milanoqualcuno si deciderà a portarti a casa anche il sushi, magari...Mentre aspetto, comincio a prendere contatto con la nuova settimana,scorro i giorni e le ore sul Palm, quante cose nel TO DO LIST...lo infilonel cradle, faccio l’hot-synch, perché se succede qualcosa all’agenda nonso più da che parte girarmi.

Che strana calma la domenica sera, mi guardo intorno, quattro mura unpo’ di mobili, due tappeti, e uno schermo acceso, pixel e colori, immaginie testi, bottoni e link.Forse ha veramente finito di portarmi il mondo in casa....DRIIIN...”A che piano?”, apro la porta e vedo il fattorino tutto inzuppato.“....saluti e grazie”, la pizza in una scatola quadrata. Questo è l’ultimopezzo di mondo per oggi, e me lo gusto con una birra ghiacciata ;-)

Interni, living, camera, vita. Quale?Ho fatto un rapido conto: le case che ho abitatoper almeno un mese, dapprima con i genitori, poida solo e ora con la mia famiglia, sonosessantasette.L’unica però che ho scelto liberamente e che hoposseduto per vent’anni è un piccolo edificio atrulli, nella bassa Murgia, nell’agro di CeglieMessapica, provincia di Brindisi.

E’ grazie a quell’architettura primitiva e celesteche oggi mi sento vicino ai lavori di Isao Hosoee dei Nox...

Interno del trullo: una sola porta, all’ingresso,poi basta.Archi di burro bianchi a dividere gli ambienti:cucina con forno a legna e camino, trullo d’ingresso,alcova dei libri (già alcova dei bambini), alcovadel camino, trullo del sonno e del sogno.Pavimento di pietra, come l’aia antistante, malevigato dai passi degli umani, passi di secoli.L’arredo è facilitato: pietre sottratte allamuratura, nei luoghi giusti, offrono tredicinicchie, pietre sporgenti formano dodici mensole.C’è una nicchia per ogni cosa: per le chiavi eper la legna, per i vestiti e per i bicchieri,per i fiori e per gli dei, per i vivi e per imorti. La più piccola, vicino alla serratura, ècapiente come una tazza, la più grande, quelladei vestiti, ha le dimensioni di un armadiettoper bambini. La nicchia contiene, la mensolaespone: marmellate e bottiglie, statue e vasellame,raschiazappe e cesoie.

Cucina con forno.

Sally Holloway. Nata a Londra 1926. Giornalista / Inviata speciale per giornali nazionali / Reporter, BBC News,successivamente giornalista free-lance e autrice di 7 libri, di cui una storia sulla zoologia, un libro di cucina perbambini, fuoco e salvataggio.Sposata, 1952, David Holloway, futuro redattore letterario, Daily Telegraph, Londra. Due figli maschi, una figlia,tre nipoti.

Mario Piazza. Grafico e architetto, dal 1980 lavora nel campo della comunicazione visiva.Fino al 1998 è stato art director di Parole di Cotone. Nel 1996 ha fondato lo studio 46xy.Progetta per aziende ed editori: Wally Yachts, Il Sole 24 Ore, Gruppo Pellegrini, Corriere della Sera, Ferrari, AbitareSegesta, Smemoranda.Ha curato allestimenti di grandi mostre per Olivetti e Triennale di Milano. È docente di comunicazione visiva alPolitecnico di Milano. È presidente dell'AIAP, l'associazione dei grafici italiani.

Virginio Briatore. È uno studioso dei linguaggi contemporanei e si occupa prevalentemente di Life design. Suquesti temi ha pubblicato oltre 200 articoli e tenuto conferenze in Italia, Europa, Stati Uniti e Asia.Scrivano free lance, per 6 anni ha fatto parte della redazione di MODO.

Simone Micheli. Fonda l'omonimo studio d'architettura nel 1990.Vince vari concorsi di architettura e di design in Europa.Organizza mostre trend. Lavora con Abet Laminati, Adrenalina, Arius, Cover, Isa, Jean Klebèrt, Mangani, PoltronaFrau, Stone Italiana, Telecom Italia ed ancora...Progetta oggetti, allestimenti, case, hotels, negozi ed uffici. Progetta per Alcatel Italia, Cerruti, Emu, Frette, Hoechst,llly, Isa, Marzotto, Mascioni, M.B., Montedison, Nestlè, Kronenbourg, Peroni, Perugina, Poste Italiane, Sammontana,Skema, Terzani, Toyota, Vismara, ed ancora...Cura gli eventi espositivi sperimentali per alcune tra le più importanti fiere internazionali. Insegna come visitingprofessor in varie scuole ed università europee.Scrive libri di design ed architettura legati ai temi del mondo contract.È consulente esterno delle più importanti Fiere di settore europee. È direttore artistico di varie aziende del settoredell'arredamento. È direttore editoriale, dal 1998, dell'annual "Contract International guide”.

Page 101: Stanze Segrete

Maurizio Braucci. È nato a Napoli, di lui ne sa poco anche lui stesso. Ha scritto per caso il romanzo “Il MareGuasto” edizioni e/o.

Massimo Caiazzo. Nato a Napoli nel 1966 maturità classica - master in grafica cinetica presso l'lstituto Europeodi design. Caratterizzato da una notevole versatilità è presente nel panorama internazionale in vari campi dellacomunicazione.I suoi studi sulla "nuova percezione del colore" sono il filo coduttore del suo lavoro, che si caratterizza inoltre, peruna certa ironia esistenziale.Il suo eclettismo professionale e artistico, improntato sulla continua contaminazione tra le diverse discipline, hatrovato spazio anche in campo industriale dove è consulente di importanti industrie. Nel 1990 realizza insieme alcritico Lionello Puppi il libro d'arte "Lo splendore dei supplizi", la prima iconografia del supplizio nell'arte occidentale.Nel 1991 entra a far parte dell'Atelier Mendini dove progetta decori ed immagini per numerose manifestazioniinternazionali.Nel 1992 disegna "Swatch the People", l'orologio che celebra i 100 milioni di orologi Swatch prodotti, esposto alBeaubourg di Parigi. Nel 1993 fonda la rivista di natura-arte-musica "OLIS idee per la nuova era" di cui è editoree direttore artistico fino al settembre del 1997.Nel 1994 partecipa prima all'esposizione "La fabbrica estetica" (La nuova generazione del design italiano) al GranPalais di Parigi e, successivamente, all'Expo International di Taejon in Corea.Nel 1995 studia i cromatismi per alcuni elettrodomestici Philips by Alessi e mette in scena la performance "EdenGenesi del colore" al Palazzo delle Stelline di Milano, cui seguirà all'Accademia di Belle Arti di Brera, l'altraperformance sul colore Synestesia.Nel 1996 è ideatore delle etichette della serie ironica "R.S.V.I.P." per la casa di moda Etro di Milano innovative siaper i contenuti che per la loro collocazione.Dal 1997 è consulente ed autore di testi per il designer Jacopo Foggini, inoltre, progetta packaging e decori pergli Swatch Store in Italia e all'estero.È docente di "storia del colore" presso l'istituto Superiore di Architettura e Design di Milano.Collabora con Brian Tufano (direttore della della fotografia di Trainspotting) alla regia di cortometraggi.

Alcova dei libri(in cui un tempo dormivano i bambini),

nicchia detta “del sorriso” o“de la vendeuse des crevettes”.

Trullo del sonno, nicchia dei fiori,detta anche “niche aux coquelicots”.

Non riesco a concepire un luogo, una stanza senza lamusica.La mia vita è musica e di conseguenza le emozioniche provo in ogni ambiente in cui ascolto o vivo lamusica sono uniche ineguagliabili.Tutto appare con un aspetto nuovo, diverso, dinamico.Compongo le mie canzoni camminando in mezzo aiboschi. Durante le mie giornate e in ogni angolo dellamia casa ascolto musica.Che cosa sarebbe la mia vita senza musica?La musica? MY LIFE. In ogni angolo di casa, con gliamici, alle feste sempre accompagnatidalla musica.Spero che i miei figli capiscano il messaggio in musicae tutto anche ogni stanza da bianco e nero possadiventare a colori.

«Ecco, chiudo gli occhi... seduto per terra sustuoie e cuscini, la schiena appoggiata al murodel Sud, dove batte il sole, da dove soffia ilvento africano. Sulla testa sporge per venticentimetri la volta dell’arco cieco che regge lapseudocupola dell’alcova. A sinistra, a Ovest,il piccolo arco del camino, con il focolare cheera al suolo e che io ho alzato di un palmo, conle mie mani, costruendo un basamento di pietree malta chiuso davanti da una lunga pietra,smussata a martellate, su cui è molto comodoschiacciare mandorle e noci abbrustolite. Difronte, a Nord, a tramontana, l’arco che uniscee separa il trullo centrale, col suo cono che sismarrisce in una vertigine lattea di 5 metri, eche a sua volta inquadra l’arco successivo, quellodell’alcova simmetrica, chiusa sullo sfondo daun muro di vaga rotondità.Alla mia destra, ad Est, dove rivolte all’auroraocchieggiano le tre aperture dell’edificio (tuttii trulli, quelli veri, sono rivolti ad Est: misticaregola contadina) l’arco che introduce al perfettotrullo del sogno.Da un’ora ormai ho smesso di alimentare il fuoco,la fiamma cede il posto al riflesso di braci. Frapoco, con un soffio dall’alto, spegnerò la lampadaa petrolio che ho costruito unendo, con ghierae stoppino, un vecchio vaso di terracotta e ungiovane vetro boemo.Fuori, al silenzio degli astri, profumata fremela prima notte di marzo.»

virginio briatoreTrullo d’ingresso, a destra l’arcoche sorregge l’alcova dei libri

Foto di John Vink(riprodotte “artigianalmente” dagli originali)

Abbascio e' fuoss'.

Così si chiamavano le mura greche che, come una finestra sul passato, sipossono ammirare in piazza Bellini, nel centro storico di Napoli, vicino acasa mia.Seppure abbandonati e sporchi e' fuoss (i fossi) erano il regno degli scugnizzi(bambini che giocano per strada).Lì avevano luogo 'e guainelle (battaglie di pietre), o vi si facevano scoppiarecepolle e minerve (micidiali petardi).Nella piazza, invece si giocava a pallone. Il monumento a Vincenzo Belliniera una delle porte, una rigogliosa e altissima palma il centrocampo, unapanchina con innamorati incuranti e appassionati l'altra porta. Spessocapitava che il pallone finisse di sotto, al di là della balaustra, abbascio e'fuoss'.Così, dopo una conta truccata, il più fesso doveva scavalcare la recinzionee recuperare la palla. Una volta sceso in quella che un tempo era la polisgreca, il malcapitato era completamente investito dalle pietre lanciateglidall'alto.Un giorno quel fesso fui proprio io e, per evitare il peggio, mi rifugiai in unanfratto simile ad un letto a castello.Dopo mezz'ora i cori degli scugnizzi che mi invitavano a uscire eranoterminati, ma io attesi che il sole tramontasse prima di venire allo scoperto.Avevo trascorso dei momenti bellissimi, rannicchiato a fantasticare traquelle pietre che mi cullavano dolcemente nel loro grembo, dove le traccedella vita intorno mi giungevano come un' eco infinita, che conduce ognicosa al silenzio.Mi ero nascosto così bene che, nonostante le mura, fossero completamenterecintate e non offrissero vie di fuga verso l'esterno, nemmeno "Poppò" e"o'Sceriffo" scesi a cercarmi diventando essi stessi bersaglio, erano riuscitia scovare la mia stanza segreta.Quando fece buio mi decisi a tornare a casa, ma, appena uscito fui colpitoda una violenta sassata.

Era stato Carmeniello, lo avevo fatto veramente incazzare.

Massimo Caiazzo

ph

oto

by R

osit

a

Lavorerai con le paroledi Mau Brau

Erano delle piccole porte bianche, infissi di legno inspessiti per le innumerevolimani di pittura che avevano ricevuto.Un piccolo alberghetto di Viareggio, dove la Versilia veniva a passeggiare eio tra questi con la mia famiglia, scesa da un treno estivo del Sud.Ero un bamboccio occhialuto di 11 anni e in quell’alberghetto aspettavo, lamattina, che tutti i parenti fossero pronti per abbordare la spiaggia di fusti esilhouette (almeno così ci parevano). Scendevo per la colazione nella hall, neconsumavo una piccola parte e poi vagavo per l’hotel, in attesa degli zii e deimiei genitori. A volte mi accompagnavo con la mia nipotina di 7 anni neicorridoi su cui l’ascensore ci depositava dopo averne premuto, a turno, tutti ibottoni.Un giorno che ero stato piuttosto mattiniero, vidi una donna rientrare in un belvestito da sera, assonnata, con la borsetta stretta tra le mani e tutta la grazia ela sinuositá ancora intoccate. Era bellissima, così mi parve, con occhi stanchima brillanti, e me ne stetti impalato a guardarla.Lei mi notò nell’angolo del corridoio, vicino ad una piccola palma, e mi chiesecome mi chiamassi. Glielo dissi, imbarazzato, con una scarpa sull’altra, e lavidi estrarre la chiave della stanza, la sua, che era proprio di fronte a me.Aprì la porta e mi invitò ad entrare, le imposte ancora chiuse lasciavano giustoun rivolo di luce nel buio, un profumo caldo e inebriante, lo stesso che emanavail suo corpo, mi prese a vorticare intorno.Accese la piccola lampada sul comodino e si sdraiò sul letto, levandosi lescarpe, mi disse di chiudere la porta, per un attimo tremai, nella penombra misembrò una strega, poi una fata.Con gentilezza ed una voce calda mi incaricò di versarle dell’acqua, io eseguiisenza fiatare.Sul comodino c’era un libro aperto, poggiato con il dorso all’insù, erano le“Affinità Elettive”.Capì che l’osservavo e me ne lesse un breve pezzetto che non ricordo, troppopreso a fissarle le labbra mentre parlava.Poi mi chiese se volevo che mi leggesse le carte, io desideravo solo continuarea osservarle le labbra e subito accettai. Aveva un mazzo di tarocchi nel comodino,lo prese e, poi, si sfilò il vestito, rimase in mutande e reggiseno, spandendoquei quadrati di simboli incomprensibili sul letto.Mi disse di sedermi di fronte a lei e di scegliere le carte, il cuore mi saltò comele artiglierie di Kronstadt e, a occhi chiusi, eseguii anche questo comando.Mi sembrava di essere nel luogo di congiunzione tra il giorno e la notte,nell’interregno dove il sogno e la realtá giocavano alla pari, la stanza nonaveva limiti, era il mio futuro.

Iniziò a decifrare i simboli, i lunghi capelli neri le scendevano su un latodel petto, inondando la grossa mammella seminuda, le sue gambe curvavanonella penombra e poi risalivano alla luce della piccola lampadina. Erafelice delle previsioni che saltavano dalle carte, mi annunciò segni propizi,di uno solo mi ricordo precisamente: avrei lavorato con le parole.Poi si accorse di quanto fossi incantato e, con un sorriso che suppliva alsole che non entrava, mi chiese di abbracciarla.Ero con le labbra sul suo petto, sospirava profondamente, e quel profumofu la prima droga che provai.In breve, mormorando, si addormentò con me sul petto, dopo dieci minutirussava, ritrovai poi quel suono in una pavana di Ravel, molti anni dopo.Dal corridoio mio zio passava chiamando il mio nome, non mi staccai dalei che quando si rigirò nel letto, un’ora dopo.Qualcuno ancora camminava agitato all’esterno, mi sollevai.Le carte stavano in giro sulle lenzuola, guardai il suo sonno, ancora miparve una strega e poi una fata.Le sue gambe erano come di ciliegio leggero sotto i giochi generosi dellapiccola lampada, una mano lenta le copriva il volto. Giurai forse qualcosa,non ricordo.Chiusi la luce e, sbirciando prima all’esterno, me ne andai evitandol’ascensore. Al piano di sotto mi incrociò un inserviente che diede l’allarme,nella hall c’era baruffa quando mi riconsegnarono a mio padre, imbarazzatopiù di me.Dopo l’ira tremenda di alcuni parenti e di mezzo personale, si deciseroa chiedermi dov’ero stato.Dissi che ero andato tutto il tempo su e giù col montacarichi, fino afermarmi sopra, alla terrazza (era una cosa che volevo fare da tempo senzaaverne il coraggio). Il direttore ne fu sbalordito e rimproverò i suoidipendenti, la mia nipotina sorrise gelosamente, solo dopo capii che inquel momento avevo iniziato a lavorare con le parole come lei mi avevapredetto.La sera rientrando tutti dalla passeggiata, la vidi uscire veloce e il pettomi rimbalzò come l’impeto della Comune: volava via bellissima e, soloquando uscì sul marciapiede, si girò un attimo per lasciarmi un sorriso.L’indomani mi impedirono di allontanarmi dalla camera prima degli altrie non la vidi, né allora, né mai più.Solo poco tempo fa, in questa piccola stanza in cui vivo, ho rivisto questoricordo come un presagio: ora che sono diventato un pentito della lottaarmata.

Florance Léonard. Nasce a Mons in Belgio nel 1974. Si laurea in Architettura nel 1997 presso l’Istituto di ArchitetturaVictor Horta di Bruxelles. Stage: sessioni con Jean Glibert, professore presso La Cambre Institute of Bruxelles.Tesi : “ Influence of colour in the architectural space ”, in collaborazione con Jean-Philippe Lenclos (France) e TomPorter (United Kingdom).1997: Svolge la libera professione. Progetto: asilo nido per la compagnia S.W.I.F.T. of Bruxelles.1998: Assunto dallo Studio di Architettura “ Samyn and Partners ”, Bruxelles. Progetti : Stazione della Metropolitanaper la compagnia ferroviaria di Bruxelles Railway, parcheggio cittadino per la Smithkline Beecham, area di servizioper la Compagnia Petrofina di Bruxelles. Vince il premio per il logo della compagnia di diamanti Taché (Anvers).1999: Collabora con l’Atelier Mendini di Milano. Progetti: disegna un set di oggetti domestici per la compagniaAlessi.

Nick the Nightfly. Scozzese di Glasgow. È arrivato in Italia negli anni ‘80.In Scozia era un musicista e componeva canzoni.Arriva in Italia con altri obiettivi, ma la musica occupa sempre un posto di rilievo. Radio Monte Carlo gli proponedi collaborare e nasce Nick the Nighfly e la musica della notte. Da due anni è a Radio Capital dove ha un programmaanalogo a quello di RMC.Scrive, compone e canta la sua musica. Grande conoscitore della musica internazionale.Produce i suoi CD con musica mandata in onda nei suoi programmi.È sposato ed ha 2 figli.

Dal 1995 al 1999 ha scritto per Virus e dal 1996 è contributing editor per le testate INTERNI, Interni Annual, Magazinedel Design Interni-Panorama.È docente ospite presso l'Akademie für Design di Bolzano.

È fondamentale per il genere umano che

l’architettura risvegli i sensi. La casa èun pezzo d’architettura, è il rifugio in

cui ci si ritrova, essa cicaratterizza ed è il riflesso delle

nostre emozioni. Se “l’architectur

est faite pour émouvoir” (LeoCorbusier),

l’emozione è la caratteristica propriacolore.

In seno allo spazio della casa, direi che il concetto delcolore riveste due caratteristiche principali: l’aspetto

emozionale e l’aspetto pratico. Il colore plasmagli spazi e influenza l’anima del suo abitante.

Da un punto di vista pratico, il colore partecipa a comfort visivo e dunque al

benessere dell’individuo.Esso modifica la percezionedi

un.volume, lo corregge, struttura e gerarchizza lo spazioed esalta

l’effetto architetturale. La colorazione dello spazio dipende dal livello di comfortvisivo richiesto, dal tipo di attività e dal tempo di frequentazione più

o meno lungo.Il colore, per la sua percezione, dipende sempre dall’analisi dell’ambiente(ombra, luce, orientamento, struttura del suo supporto) e da tutti gli altricolori che lo circondano; poi gli effetti desiderati dipenderanno dall’intensitàdei contrasti, che consentiranno di semplificare o diversificare gli spazi

dell’abitazione.Le relazioni tra superfici, piani ed oggetti possono essere rinforzate o alcontrario annichilite. In questo modo, si agirà sulla profondità di campo e

sulle dimensioni apparenti.I volumi troppo lunghi saranno “accorciati” e i soffitti troppo alti saranno

“ridotti”.

Sotto l’aspetto emozionale, il colore ritmalo spazio, il ritmo genera la melodia del luogo, che a sua volta alimenta il piacere

dei sensi.“Les couleurs sont la musique des yeux, elles se combinent comme lesnotes…Certaines harmonies de couleurs produisent des sensations que lamusique elle-même ne peut atteindre.” (Delacroix).Come ad una messa in scena il colore partecipa alla teatralizzazionedell’architettura. La successione di ambienti nel percorso di una casa è unaraccolta di sentimenti che ci comunica un afflusso di vita o al contrario unasensazione di depressione. Il colore partecipa a queste sensazioni e fa nascere

l’ambiente perché esso dota la materia di un’anima.Cosi, la nostra anima si lascia dolcemente inebriare dalla magia dei colori..Tutti questi colori ci fanno battere il cuore in funzione dei nostri gusti, del nostro

passato, della nostra cultura ed educazione…

Dato che il colore è un elemento fondamentale nella percezione del mondo dove viviamo, esso mette in questione la nostra maniera di esistere.

La couleur est un signe de vie et d’émotiondans la maison

f. Léonard

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Stefano Boeri. È nato a Milano nel 1956. È un architetto ed insegna Progettazione Urbanistica alla Facoltà diArchitettura dellíUniversità di Genova. Ha uno studio professionale a Milano ed è un collaboratore fisso delsupplemento domenicale del quotidiano “Il Sole 24 ore”.

Alessandro Busci. Vive e lavora a Milano, dove è nato nel 1971. Frequenta il Politecnico e si laurea in Architetturanel 1996 con una tesi in storia dell'arte curata da Flavio Caroli. Sempre nello stesso anno viene invitato alla 36edizione del Premio Suzara. Dal 1997 collabora con l'Atelier Mendini dove partecipa a vari progetti di architettura,decorazione e allestimento fra cui la mostra itinerante di Telefono azzurro e diversi negozi Swatch in italia e all'estero,La stessa Swalch gli commissiona nel 1997 il decoro dello store di San Marino, nel 1998 quello per le città diVerona, Rovigo e Roma, nel 1999 la decorazione del negozio di Firenze. Nel 1998 firma, a Palazzo Reale,l'allestimento della mostra " Il Seicento e Settecento Romano nella Collezione Lemme"e nello stesso anno ,al MuseoTeatrale alla Scala, progetta l'allestimento della mostra su Wagner " Il principio e la fine del mondo". Nello stessoanno tiene diverse lezioni di storia dell'arte alla facoltà di Architettura e a quella di Disegno industriale. Nel gennaiodel 1998 Alessandro Riva lo include, nel servizio "ART SPOTTINGn di ARTE, fra i cento giovani protagonisti dell'arteper l'Europa del 2000 definendo la sua pittura " una originalissima sintesi fra le esperienze dell'lnformale e quelledella Nuova Figurazione". Nell'aprile di quest'anno è stato invitato alla prima edizione del Premio Città di BustoArsizio, la cui mostra è attualmente in corso alla Galleria civica d'arte contemporanea di Palazzo Cicogna.

Genova, la grande strada sopraelevata costruita negli anni sessanta,corre tra il centro storico e il Porto a sei metri di altezza. Al di sopradella strada, la velocità della percezione automobilistica consenteuna straordinaria visione dinamica di due mondi - quello delle banchinee delle navi e quello delle case e dei palazzi compressi dalla collina- che ci vengono incontro, con ritmi e volumi diversi. Al di sotto dellastrada, tra i pilastri che la sostengono, si apre invece uno scenariostatico e opposto: una successione di spazi omogenei coperti e apertisui lati, spesso lasciati al degrado, occupati saltuariamente dapresenze marginali: containers, parcheggi, bidoni della spazzatura,autorimorchi. E' come se la città ed il Porto avessero trovato un luogocomune dove depositare i loro "scarti".

Eppure mi piace immaginare, grazie alle immagini di Gabriele Basilico,che questi spazi oggi bui e lasciati a sè stessi possano diventarequalcos'altro; possano trasformarsi in una serie di "stanze" dovefluisce la vita dei cittadini e dei turisti: luoghi di commercio, di incontro,di passaggio tra il Porto e la città. Svelare il segreto di queste "stanze"nello spazio pubblico di Genova, significa cercare di trasformare laloro natura - e basterebbe un progetto accurato e di poco costo- dalunga ferrovia interstiziale a un porticato vario e continuo tra la cittàe il porto.

Stefano Boeri

Gabriele Basilico. è fra i più noti fotografi “documentaristi” oggi in Europa: suo campo di ricerca sono la città e ilpaesaggio industrializzato. Architetto di formazione, lavora professionalmente come fotografo di architettura perl’editoria, l’industria e istituzioni pubbliche e private.Nel 1984-85 ha partecipato alla Mission Photographique de la D.A.T.A.R., voluta dal governo francese perdocumentare la trasformazione del paesaggio nazionale contemporaneo.Successivamente è stato invitato a partecipare a numerose analoghe iniziative in differenti paesi d’Europa: Italia,Francia, Olanda, Germania, Svizzera, Austria, Spagna, Portogallo.Nel 1990, per la mostra “Porti di Mare”, ha ricevuto a Parigi il “Prix Moia de la Photo”. Nel 1994 la Fondazione/GalleriaGottardo di Lugano gli ha dedicato un’ampia retrospettiva ragionata su 15 anni di fotografie (1978-93), raccoltenel libro “L’esperienza dei luoghi”, mostra attualmente itinerante nei principali musei europei.Il 15 settembre 1996 la giuria internazionale della VI mostra di Architettura della Biennale di Venezia gli ha attribuitoil premio Osella d’oro per la fotografia di architettura contemporanea.Le sue opere sono presenti nelle collezioni d’arte di diversi musei e istituzioni pubbliche e private internazionali.Ha progettato e realizzato mostre e libri fotografici sul proprio lavoro fra i quali: Milano, ritratti di fabbriche (1983);Immagini del ‘900: Milano, architetture 1919 - 1939 (1985); Italia e France (1987); Porti di mare (1990); Bord demer (1992); L’esperienza dei luoghi (1994); Paesaggi di viaggi (1994); Nizza in controcampo (1984); Basilico/Beirut(1994); Monte Carasso: la ricerca di un centro. Un viaggio fotografico di Gabriele Basilico con Luigi Snozzi (1996);Sezioni del paesaggio italiano, con Stefano Boeri (1997); Palermo città (1998); Nelle altre città (1998); The interruptedcity (1999); Cityscapes (1999). Milano, Ottobre 1999.

Carlos M. Piscione Croci. Nasce a Buenos Aires, Argentina nel 1961.La sua formazione comincia nel 1981 all'Università d'Architettura di Buenos Aires dove si specializza inTeoria della Forma e della Comunicazione. Nel 1986 è inviato dallo Studio Serra a partecipare al corso "lo spaziocome astrazione della forma" e "il plastico come elemento del disegno".Partecipa ai concorsi: 1985 - Architettura e Arte, "lntellettuazione del ragionamento artistico ”; 1986 - Progettoper lo studio di nuove cellule abitative; 1987 - Ridisegno della facciata d'un molo portuale utilizzando lenuove tecnologie.Ha progettato e realizzato il rimodernamento totale di una casa tradizionale degli anni ´30 nel vecchio quartieredi Palermo; progetto d'ufficio e spazio vendita nel Centro Storico.Si trasferisce in Italia nel 1988 e lavora a Milano in collaborazione con diversi studi d'Architettura. Alcuniprogetti: Complesso Alberghiero, studio Dini &Capelli; Centro Commerciale Conad Cam Pistoia, studioSalvati e Bartoli, ecc.Nel 1991 si trasferisce a Firenze dove progetta una casa in campagna nel Chianti e con lo studio Tori,trasformazione dell'antica fabbrica di panforte senese Sapori in Centro Commerciale, zona uffici eappartamenti.Nel periodo 93/94 frequenta la Scuola di Specializzazione in Disegno Industriale a Firenze guidata dal Prof.Segoni, dove progetta: packaging ecologico per la frutta e verdura intercomunicatore per uso domestico,illuminazione.Nel 1995 ritorna a Milano dove ottiene con una tesi teorica sulla "progettazione d'una urbanizzazione ibridanelle zone adiacenti alla periferia della città il "Master in Disegno Industriale presso la Domus Academy,dove collabora con i protagonisti più significativi della ricerca progettuale: Andrea Branzi, Marco Susani,Isao Hosoe, ed altri.Inviato negli USA vince "Eardrum”, un concorso interattivo promosso dalla Interval Corporation, Centrodi ricerca della Microsoft.

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Eduardo Hess. A 14 anni conosce il noto psicoterapeuta nonché fondatore della Psicosintesi, Roberto Assagiolie inizia un lungo tirocinio che lo porterà ad approfondire le tecniche di integrazione psicofisica, zen e yoga-vedanta.A 18 anni consegue il diploma yoga alla'Accademia Yoga di Roma e inizia l'apprendimento del Tai-Chi Chuan pressola Scuola di Necla Humbarachi.Dopo numerosi viaggi, approfondisce gli aspetti superiori dell'arte e del pensiero cinese attraverso l'incontro conimportanti maestri cinesi.Ha tradotto e pubblicato presso le case editrici Ubaldini e Mediterranee numerosi libri sull'argomento (sul Feng-Shui in preparazione), nonchè fondatore e direttore editoriale della rivista OLIS.

Anna Fricker. Sono stata fortunata di avere avuto come madre una donna intelligente, generosa e con moltocoraggio, come insegnanti uno studioso di Maestro Eckart come Giuseppe Faggin e a Brera maestri come Funi,Reggiani, e Marino marini, ed inoltre un marito come Fritz, dei figli come Eric e Mark, e degli amici e delle amichedi cui vorrei fare il nome, uno per uno.Ma una delle più grandi fortune è stata quella di non essere stata mandata a scuola (i miei avevano paura dellemalattie), di essere vissuta in un grande giardino e isolata dal contatto degli esseri umani fino a otto anni e quindidi avere avuto tanto tempo solo per me. Per il resto gusti e passioni normali, cucinare, andare in bicicletta,passeggiare.

La mia casa deve essere comoda, accogliente per poter

ospitare i miei amici. Tutta la mia vita trascorsa in hotel

e trasferte mi ha fatto capire quanto la casa e soprattutto

alcuni luoghi della casa rappresentino per me momenti

di tranquillità. Da qualche anno a Castel de Britti a

Bologna, abito in una casa spaziosa che mi permette di

non essere schiavo degli spazi. Mi piace la casa spaziosa

ma i locali che io prediligo sono la cucina e il bagno.

La mia cucina è semiaperta, spaziosa e nello stesso tempo

essenziale. Un luogo di lavoro simpatico che trasmette

la voglia di cucinare, deve essere assolutamente vivibile.

Il bagno, per me, è forse il luogo più importante. Ampio,

spazioso che ospiti una grande vasca con idromassaggio,

incassata tra i sassi di lago. Attorno specchi e piante che

lo rendano un luogo importante, grande lavabo, accessori

molto ricercati e originali. Le pareti ricoperte da piccole

piastrelline.

LA STANZA DEL FENG-SHUI

Secondo il Feng-Shui, antica disciplina cinese che si occupa della migliorecollocazione di edifici e siti, tutto è “energia”. Energia a vari livelli dicondensazione e diverse tipologie di movimento.L’energia si muove lungo le “vene del Drago” (Shui - Acqua) e secondoi ritmi del Cielo (Feng - Vento). Dotata di carica vitale, ama circolare eavvolgere le cose e poi continuare a fluire arricchendo continuamenteil luogo, ma se incontra una linea dritta, una strada, un angolo acuto,ecc. tenderà a restringersi ed acquisire velocità fino a diventare una“freccia segreta”, una punta invisibile che penetra sottilmente in chi sitrova a sostarsi davanti.Quando il Drago incontra una casa, entra daporte e finestre (la bocca e gli occhi) e se trova facilmente il modo discorrere arricchirà costantemente chi vi abita come una sorgente di acquafresca che non cessa mai di sgorgare, fino a riempire ogni singola stanzadi benessere, felicità e vitalità. A noi il compito di invitarlo ad entrarenelle nostre stanze facilitandone il flusso.Ma se una strada punta dritto alla vostra porta di casa, o se uno spigoloacuto la minaccia con la sua freccia segreta, deviatene l’ingresso primache possa entrare.Se aperta la porta, il drago trova un muro o uno specchio tenderà aritornare indietro, o se, al contrario, oltre la porta trova un’altra portao una finestra, tenderà a fuggire via o ad esaurire le risorse della casa.Ma una volta all’interno, fatelo circolare: vi farà crescere e sentire a vostroagio. Per sapere se questo già avviene, fate una prova: provate a camminarein tutte le vostre stanze, intorno ai tavoli, ai divani, mobili, sedie, ecc.vi riesce facile? Se il cammino è sgombro e vi riesce agevole altrettantofarà il Qi che, non ostacolato da spigoli o spazi angusti potrà diffondersidappertutto, ma se non ci riuscite, o dovete scavalcare ostacoli, spostareoggetti o passare a fatica, anche il Qi avrà la stessa difficoltà a superaregli ingombri e tenderà a stagnare e, con esso, anche la vita degli occupanti.Forse non tutta la casa potrà essere “aggiustata” per invitare il Drago ariempirla di forza ed energia ma almeno la vostra stanza principale sì,provateci. E, una volta sgombrata e pulita e tolte le frecce segrete,sedetevi al centro rivolti verso Nord e chiamate a voi gli 8 Venti e lasciateviavvolgere dal respiro del Drago.Ed esso da dentro una stanza volerà dappertutto.

Eduardo Hess

Arredo, basta la parola.Prima di tutto odio la parola “ARREDO”, so che utile,completa, coincisa, industriale come la parola “fisco”,la omologo alla parola “briglia” arredo del cavallodomato, quindi arredare come imbrigliare.Ma neanche “fare la casa” mi va bene, è troppo stabilee non mi sembra comprenda la tenda, che è unabellissima forma del vivere e dove il tappeto del nomaderappresenta il giardino fiorito e porta il fascinodell'esterno nell' interno.Ecco, per me “farmi la stanza” vuol dire proprio questo,portare l’esterno, la natura, il cosmo, le stagioni, le orevarie della giornata a riflettersi dentro la scatola che èla mia stanza e dentro di me.Della mia stanza cerco di fare un palcoscenico per laluce (vivo in un appartamento a Milano e non posso faredi più), voglio più vuoto possibile e le pareti dipinte concolori minerali e/o vegetali su calce viva, quei coloriche assimilano e impastano la luce e che al riflesso dellaluce rispondono con il ricordo di dove sono venuti terra,roccia, conchiglia o pianta.Mi piace stare sdraiata nella corrente e guardare letende che vanno dentro e fuori dal rettangolo dellafinestra aperta e mi segnalano il flusso del vento.

L’architetto è “Omo Faber”.

Tra le prime necessità umane vi fu quella del riparo;

proteggere e costruire è dunque un mestiere così nobile

e antico che non può essere frainteso.

L’architetto frustrato ripiega nel sentirsi artista. Invece

guai alla rassegnazione ed al rifugiarsi nell’arte.

Contro la contraddizione che serpeggia nel pensiero

internazionale: arte o scienza, si può avere un’impostazione

umanistica avvalendosi di entrambe.

Scrissi queste parole anni addietro proprio a P. C.

Un giorno consigliai a persona cara di chiedere a Paolo

Casti se poteva progettarle la ristrutturazione del suo

vecchio, prestigioso negozio.

Quando volle maggiori informazioni precisai ha “occhi di

mosca”.

Spiegai che la mosca ha un tipo di occhio capace di vedere

a 360°, mutuando dai filosofi questa espressione: vale a

dire una spiccata capacità ad individuare la via di uscita.

Ad opera compiuta, tentai una prudente e saggia ricostruzione

della modalità della creazione.

La proprietaria dell’opera, a molte mie domande rispose

con una erudita citazione: “perché l’Interrogare è la pietà

del Pensiero”.

“Un viaggio fra tecnica, poesia ethos. Non una leggenda

ma una concreta favola, una sfida in punta di matita,

magica, sottile, tenace, sino a riuscire nell’impresa d

i

circumnavigare il mio pianeta, di lasciare un po’ ovunque

un arma, un sigillo di bellezza”.

Cercai di esplorare il progettista che con ironico diniego

mi disse: “De nobis ipsis silentium”. Bacone a principio

della instauratio magna: “Di noi stessi non diciamo nulla.

Quanto a ciò di cui qui si tratta, chiediamo che gli uomini

non la considerino un’opinione, ma come un’opera”.

Mi ricordo anche le righe finali di quel mio scritto: “La

scienza non si identifica con la ragione ne l’arte con

il piacere; d’altra parte non vi è scienza senza piacere

ne arte senza ragione” .

Forsitan Cras

START

FINISH

Alberto Tomba. 1 Coppa del Mondo Assoluta nella stagione 94/95, quando vinse 11 delle 15 gare disputate. 8Coppe di specialità; 4 in slalom e 4 in gigante. 2 Meda2due a Calgary nell’88 in slalom e gigante.Quattro anni più tardi la rivince ad Albertville. 8 Vittorie consecutive sia in slalom che in gigante nella straordinariastagione 94/95. 9 Vittorie consecutive di Tomba in Slalom, record assoluto per lo sci alpino maschile.Stenmark e Girardelli si sono fermati a quota 5. 11 Sono gli anni in cui Alberto Tomba ha vinto almeno una garadi Coppa del Mondo. La sua stagione migliore è stata nel ‘94/’95 quando colse 11 successi di cui 7 slalom e 4giganti. 50 Vittorie di Coppa del Mondo, 35 in slalom, 15 in gigante.Sia come vittorie assolute che come vittorie di specialità Tomba è secondo solo a Ingemar Stenmark che haconquistato 86 vittorie, 46 in gigante e 40 in slalom.88 I podi conquistati da Tomba in 13 stagioni, 57 in slalom e 31 in gigante.125 Le gare in cui il bolognese è arrivato nei primi dieci in appuntamenti di Coppa, 66 volte in slalom, 50 in gigante,9 in super G.

Dody Nicolussi. Trentina, ha fatto parte per anni della Nazionale Azzurra di sci Alpino.Finita l’attività agonistica è poi diventata Allenatore Federale e Istruttore Nazionale partecipando all’Interski.Si è occupata per la Federazione del Progetto Sci Donna legato all’insegnamento dello Sci Italiano. Ha collaboratoe collabora tutt’ora con testate giornalistiche tecniche e con SCIARE, FIT FOR FUN.Ha iniziato l’attività giornalistica occupandosi esclusivamente di sci con un programma televisivo regionale“MONDO SCI”.Più tardi è stata inviata in Coppa del Mondo per “OBIETTIVO SCI” in onda su TELE+2.Per circa nove anni ha ideato e condotto il programma radiofonico “IL GRANDE SCI” in onda su Radio Monte Carloin diretto dalla Coppa del Mondo di Sci e per una stagione in conntemporanea su Rete 105.Da due anni ha ripreso la collaborazione con Tele+ per programmi di sport vari, calcio, etc.

1996 - Industrial Design Services (partner): progetta contenitori per prodotti cosmetici, spazzolino da denti,studio d’arredo urbano per Milano, proposta per trasformazione cantiere navale a Ferrol (Spagna) in areacommerciale, ecc.Attualmente collabora con la Driade nella progettazione d’interno curando i clienti di Milano ed esteri.

Forsitan Cras. Antico Docente.

Mohamed C. Esposito A.K.A. Raiz.

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Aldo Cibic. Più che disegnare dei mobili, ha sempre ideato ipotesi abitative che prendevano forma, come, nel casodi Standard (1991), in collezioni integrate d’arredo. Questa idea di cambiare la casa per renderla adatta a un modellodi famiglia come aggregazione esistenziale e operativa, non l’ha mai abbandonata, anche se l’avventura Standardè finita.Xavier Moulin. Designer nomade come ai tempi del progetto “Radis noir”, un camper allestito per dare un rifugiotemporaneo ai “senzatetto” e che ha distribuito caffè e minestre in giro per le strade di Belville (Parigi) per tutto il‘94. ha esposto presso la galleria Neotu di Parigi “Les strategies individuelles par les meubles”, otto concetti d’abitarecorredati di istruzioni per l’uso elaborato con Oliver Peyricot nel’94 e sostenuto dal Ministero della Cultura Francese.“I designer della GENERAZIONE X” proponevano mobili con i quali chiunque poteva organizzare una propriastrategia abitativa.Xavier Moulin e Aldo Cibic hanno continuato a ragionare sull’idea di progettare arredi per case non solo da abitare,nel senso più riduttivo del termine, ma che invitino alla vita della mente, del corpo e delle relazioni interpersonaliin modo libero e creativo. Il progetto di una serie di arredi che siano attrezzi da ginnastica senza essere marchingegniè una delle ipotesi che ha preso forma nel loro incontro, nasce così: “Smart Home Fitness”.

Giorgio Angelini. Studia per insegnare, ma non ci riesce nemmeno per un giorno perché vince un concorso eviene catturato dall’Olivetti.Nel 1960 va a Genova, poi a Firenze, in Sardegna, in Veneto, in Alto Adige, in Emilia ed in Veneto come Ispettoreclienti e concessionarie.Dal ‘64 al ‘69 va a Milano dove collabora direttamente con Sottsass allo studio dei layout della serie Sitntesis.Nel ‘69 torna in Liguria e diventa concessionario Olivetti a Rapallo e Chiavari. Nel ‘74 apre anche una società diconsulenza (Office Automation), tra i suoi soci (6 ingegneri) ci sono anche Franco Malerba, divenuto famoso piùtardi come l’unico astronauta italiano, e Tullio Verdazza ancora titolare della cattedra di ingegneria elettronicaall’Università di Genova.Nell’82 torna a La Spezia (città dove è nato) con varie attività, occupandosi di “tecnologie commerciali” e diarredamenti per ristoranti e alberghi.Nel ‘92 apre l’Aütedo restituendo alla cucina ligure valori e sapori forse estinti.

Fabio Amicabile. Il padre Alfonso, inizia a metà degli anni ‘60 con il “Dancing La Caneva”, un locale, dove si ballavae si faceva cabaret.Poi, nel corso degli anni, accanto alla discoteca, nacquero le prime attrezzature sportive, campi da tennis e piscine.All’inizio degli anni ‘80, alle piscine si affiancarono gli scivoli, che nel corso degli anni si sono moltiplicati e Canevaè diventato CANEVAWORLD: il più grande parco acquatico d’Italia, una fantastica isola caraibica, con tanto dispiagge sabbiose e palme, meta insuperabile per le calde giornate estive. Al fianco di Alfonso, da quegli anni, c’èFabio, suo figlio.Poi è arrivato il Medieval Times, spettacolo con ristorante, dove ogni sera centinaia di persone mangiano epartecipano entusiasti alla grande festa medievale. Nel ’99 creano il Rock Star Cafè, il primo museo dedicato aicantanti che hanno reso grande nel mondo la musica italiana, aperto tutto l’anno con ristorante e bar internazionali.Attualmente hanno iniziato la realizzazione di un nuovo straordinario parco: Mister Movie, con attrazioni che ricreanol’affascinante mondo degli studi cinematografici.

Zeno Casti. Nato a Verona il 04.02.93. Frequenta la prima elementare; sogna di fare il motociclista.

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STANZE SEGRETE

Progetto e coordinamento graficoPaolo Casti

Composto con caratteriArialBell GothicCharcoalCourierFrutigerGill SansHelvetica NarrowHumanistKunstlerschreibschTimesUtopia

Stampato su cartaKilim Bianco 150g

Carta di copertinaConstellation Snow Bufalo 110g

Fotolito e stampaGruppo Immagine Verona

Finito di stampareVerona, 29 novembre 1999

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