Segrete di Bocca N. 23 bis

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Anno VII, Numero 23 • maggio-settembre 2008 • Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in a.p. 70% - DBC Milano • ISSN 1120-8511 Supplemento al trimestrale di attualità artistiche e culturali “Arte Incontro in Libreria” fondato nel 1990 • Registrazione Tribunale di Milano n. 199 del 19/3/1990 • Direttore Donatella Bertoletti • Responsabile Scientifico e Redattore Capo Antonio D’Amico • Stampa: Advantage Group S.r.l., Milano Progetto grafico: Fotolito Lombarda, via ValvassoriPeroni, 55, Milano - tel. 0270635627 - fax 022665452 - e-mail: [email protected] • Tiratura: 5000 copie • Taxe Percue (Tassa Riscossa) Ufficio CMP Verona In caso di mancato recapito restituire all’Editore che si impegna a pagare la tassa. Libreria Bocca Galleria Vittorio Emanuele II, 12 - 20121 Milano - tel. 0286462321/02860806 - fax 02876572 20DANGELO06

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Nasce dall’esigenza sempre maggiore di promuovere la giovane Arte contemporanea Italiana, l’esigenza da parte della storica libreria Bocca di Milano di diffondere sempre più capillarmente il proprio notiziario informativo: Le Segrete di Bocca. Quadrimestrale d’attualità artistico e culturale nato nel duemila come inserto della rivista Arte incontro in Libreria, oggi si emancipa da inserto a Rivista indipendente. Forte della distribuzione gratuita ad oltre duemila nominativi di clienti fidelizzati alla Bocca, diffusi sul territorio italiano, specializzati o semplicemente interessati alle arti contemporanee italiane ed internazionali. La Rivista punta su collaborazioni mirate a migliorare i propri contenuti, attraverso l’avallo e il contributo delle Gallerie d’Arte, oltre che a stringere rapporti di collaborazione con strutture organizzative di prima linea presenti sul territorio nazionale. Forte dell’appoggio di oltre trenta collaboratori, tra cui giornalisti e critici d’arte, è oggi possibile far parte di questo nutrito entourage, formatosi in sette anni di attività editoriale. Insieme saremo in grado di dar voce alle più differenti ricerche nel campo dell’Arte Contemporanea Italiana. La Libreria Bocca sempre in prima linea nella promozione, attraverso il vostro contributo, potrà diventare un faro nella nebbia di questo complicato sistema che è l’Arte Contemporanea. Unisciti a questa nuova iniziativa editoriale e collabora con Le Segrete di Bocca, Artisti in Rivista. Per maggiori informazioni contatta Giorgio Lodetti: 338 2966557 oppure via e.mail: [email protected]

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Anno VII, Numero 23 • maggio-settembre 2008 • Poste I tal iane S.p.A. - Spedizione in a.p. 70% - DBC Milano • ISSN 1120-8511

Supplemento al trimestrale di attualità artistiche e culturali “Arte Incontro in Libreria” fondato nel 1990 • Registrazione Tribunale di Milano n. 199 del 19/3/1990 • Direttore Donatella Bertoletti • Responsabile Scientifico e Redattore Capo AntonioD’Amico • Stampa: Advantage Group S.r.l., Milano • Progetto grafico: Fotolito Lombarda, via Valvassori Peroni, 55, Milano - tel. 0270635627 - fax 022665452 - e-mail: [email protected] • Tiratura: 5000 copie • Taxe Percue (Tassa Riscossa)Ufficio CMP Verona • In caso di mancato recapito restituire all’Editore che si impegna a pagare la tassa. Libreria Bocca Galleria Vittorio Emanuele II, 12 - 20121 Milano - tel. 0286462321/02860806 - fax 02876572

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razione dei nu-merosi artistiche ci fre-quentano, hoiniziato,un an-no fa, questo cammino che vede realizzateopere uniche per lo spazio della Bocca. Adoggi sono numerose le proposte di installa-zioni per il futuro.A dicembre è stato il tur-no di Anna Maria Russo, sannita di nascita, ar-tista a tuttotondo, che haimmortalato,in dischi vo-lanti di plexi-glass le effigidella Bocca.In febbraio ègiunto da Gi-nevra, Raphael Resasco, con l’opera Due de-rive per una barca, racconta storie di vita del-la terra di origine paterna:Vernazza (Cinqueterre). A marzo ho ospitato un’artista mila-nese, Grazia Gabbini che con l’opera Di nidie altre storie, ha ingabbiato poeticamente lospazio aereo della libreria, con vele di lana,nidi di carta pesta e filo di ferro. Maggio ve-drà protagonista Paolo Lazzarini, poeta filo-sofo e artista, che ha concepito un’istallazio-ne per celebrare il decennale della morte diSilvio Ceccato, ricercatore del pensiero in for-mazione e delle sue modalità compositive.Entrate quindi in questo piccolo mondo chevive e si nutre d’arte dal 1775 e soffermate-vi a guardare i percorsi intrapresi dall’ArteContemporanea che nonostante tutte le dif-ficoltà non è morta.

Giorgio LodettiINSTALLAZIONI

L e S e g r e t e d i B o c c a 2

Dall’alto:A.M. Russo, R. Resasco, G. Gabbini

Redattori:Giorgio LodettiGiovanni Serafini

Collaboratori:Aldo BenedettiDonatella BertolettiAndrea BondaniniMaurizio BottoniGabriella BrembatiGrazia ChiesaFranco ColnaghiGianluca CoronaSara FontanaAngela GoviEmanuele LazzatiAlberto MariCristina MuccioliMariacristina PiantaRoberto PlevanoStefano Soddu

Testata - Copertina:Sergio Dangelo

Quarta di Copertina:Max Marra

Logo Caffè Letterario:AnnaLaura Cantone

Uno speciale ringraziamentoGiulio Calacoci

Nasce dall’esigenza sempre maggiore di promuovere la giovane Arte Contemporanea italiana,l’esigenza da parte della storica libreria Bocca di Milano di diffondere sempre più capillarmen-te il proprio notiziario informativo:Le Segrete di Bocca, quadrimestrale d’attualità artistico e cul-turale nato nel duemila come inserto della rivista Arte Incontro in libreria, oggi si emancipa dainserto a rivista indipendente. Forte della distribuzione gratuita ad oltre duemila clienti fidelizza-ti alla Bocca, specializzati o semplicemente interessati alle Arti Contemporanee nazionali e in-ternazionali. La rivista cerca collaborazioni mirate a migliorare i propri contenuti, attraverso l’av-vallo e il contributo delle Gallerie d’Arte, oltre a stringere rapporti di collaborazione con struttureorganizzative di prima linea presenti sul territorio nazionale. Forte dell’appoggio di molti colla-boratori, tra cui giornalisti e critici d’arte, è oggi possibile far parte di questo nutrito entourage,formatosi in sette anni di attività editoriale. Insieme saremo in grado di dar voce alle differenti ri-cerche nel campo dell’Arte Contemporanea Italiana. La Libreria Bocca sempre attiva nella pro-mozione, attraverso il vostro contributo, potrà diventare un faro nella nebbia di questo complica-to sistema che è l’Arte Contemporanea.Unisciti a questa nuova iniziativa editoriale e collabora con Le Segrete di Bocca,Artisti in Rivista.Per maggiori informazioni contatta:

Giorgio Lodetti: 338 2966557 e.mail: [email protected].

Ester Negretti un nome legato a un mondodi colori.Giovane artista lombarda,conosciuta,come spesso accade, in libreria grazie ad unamico comune Roberto Plevano, collabora-tore instancabile e artista eclettico e talen-tuoso, che cura da oltre sette anni la rubricadelle Segrete di Bocca: Plevano incontra…Ester ha partecipato con successo all’edizio-ne di molti premi di pittura, tra cui:Movimentonelle Segrete di Bocca 2006, e il Premio DallaZorza, Galleria Ponte Rosso, menzione spe-ciale. È stata protagonista di una mostra per-sonale nel giugno 2007 da Bocca in Galleria.Oggi sigla questo consolidato rapporto con

due opere permanenti. Forte della sua per-sonale capacità nell’utilizzo dei colori, sor-prende con la sua pittura il cliente distrattoche varca l’ingresso di questo piccolo scrigno,caleidoscopio delle Arti. A simbolo di un no-me che è sopravissuto a oltre duecento annidi storia, nel campo dell’editoria italiana, laBocca, rossa e carnosa di un volto che scom-pare con i confini della tavola, dipinta da Ester,rende omaggio allo spazio che la ospita.E qua-si in disparte, si potrebbe pensare celato, ilvolto trova lo sguardo nel secondo pannellorealizzato dall’artista, che non si svela com-pletamente, ma ci osserva, con occhi fugaci,scuri, e ci tormenta con le sue bellissime lab-bra socchiuse, quasi a sussurrare un terribilesegreto. Forza Ester di storie da raccontarece ne sono ancora, illumina noi e gli avvento-ri che entrano in questo luogo, svelaci altreparti celate di questa dea che ci mormora escruta…

Giorgio Lodetti

Un’idea nata da un’opera di Davide Casari, unautentico artista bergamasco, che in occasio-ne della mostra in libreria ha pensato e rea-lizzato un’installazione capace di colmare lospazio, stabilendo con esso un rapporto didialogo, si concretizza in questo appuntamentofisso, all’interno della Bocca. Ogni due mesiviene ospitata un’installazione collocata tra ilsoffitto e il pavimento di questa piccola e sto-rica bottega della Galleria Vittorio EmanueleII. È con vero piacere che, grazie alla collabo-

ESTER NEGRETTI

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Per me, che ho fatto del Futurismo una pa-tente di vita, un (bi)sogno di ininterrotta crea-tività, trovarmi nello studio di Gehard Demetzè stato come fermare la macchina del Tempo,accettare una lentezza riflessiva che suona co-me ammissione di una vanitas soffocante, delrifiuto di guardare negli occhi la nostra ine-sorabile disgregazione, indifferente al tumul-tuoso e affannato tentativo di sottrarsi al si-lenzio, a una nudità sofferta e ostinatamentenegata, assimilata ad un incubo di dissolvi-mento. I personaggi di Demetz hanno il co-raggio di fissare la realtà, di guardarla negli oc-chi e rimanerne imprigionati, come impietri-ti per aver osservato la Medusa: la mostruo-sa Gorgone rappresenta in chiave mitologicail nostro moderno disagio a constatare unvuoto d’identità, a tradurre una tragica inco-municabilità, un destino già segnato e rifiuta-to. Si legge ugualmente in quegli sguardi diadolescenti la volontà di affrontare una pro-

va, di richiedere un riscatto,quasi pretendere una ragio-ne di vita:Demetz sembra se-guire un percorso opposto aquello dei grandi protagonistidel ’900; così, mentre il No-vecento ha proceduto ad unaprogressiva destrutturazionedell’uomo (le deformazioni al-lucinate di Bacon e le impie-tose disgregazioni di LucienFreud) fino a diluirne anima econtorni fisici, Gehard sem-bra avventurarsi in un corag-gioso sforzo di ricomposizio-ne, un elaborato processo di

assemblaggio di tasselli di legno, ciascuno cor-rispondente ad una precisa parte del corpo.È quasi una forma di aggregazione organico-molecolare che documenta uno sviluppo divita, la definizione di un’identità di cui si lasciagià intravedere maliziosamente la corruzio-ne: il punto di arrivo è sempre lo stesso, nevaria il percorso, più distaccato e concettua-le, più apparentemente figurativo, partendoda sembianze adolescenziali.È un’originalissima tecnica ad incastro, analo-ga a quella utilizzata nella scultura del tardoRinascimento, quella con cui Demetz realiz-za i suoi stupendi mosaici antropologici: alcu-ne tessere sono tuttavia appena sbozzate ei loro contorni spesso non combaciano per-fettamente,ma lasciano spazi interstiziali, qua-si a suggerire un’ansia di fretta costruttiva, zo-ne d’ombra all’interno di corpi ancora in acer-ba gestazione, ferite geometriche che si ri-aprono come future cicatrici di aspettativedisattese. Si respira un desiderio di crescita inquei corpi minuti, il superamento delle for-me in cui si sentono intrappolati, vittime diun arresto metafisico del tempo che li con-sacra manichini dechirichiani, ma non iconeindistinte di eroi senza identità, bensì gladia-tori moderni dai lineamenti ben definiti, of-ferti come vittime sacrificali di una rituale ini-ziazione, chirurgicamente vivisezionati e amo-revolmente ricomposti.I fanciulli di Demetz hanno lo stesso impetodei cavalieri di Marino Marini, pronti a mon-tare un cavallo dall’energia indomabile, sim-bolo di quella vita che in ogni istante è pron-ta a disarcionare la nostra presuntuosa sta-bilità, a scuotere il loro infrangibile e ostinatoentusiasmo.Demetz vuole consegnarci un sogno, ma nelmomento stesso in cui lo confeziona, in cuicostruisce l’esoterica purezza esteriore deisuoi personaggi, già maliziosamente conta-minati da tarli superficiali, ne mostra una ul-teriore complice incompletezza nella parteposteriore, lasciata grezza a suggerire il disa-gio interiore, il turbamento della ragione difronte a quel magico capriccio scenograficoche ha il sapore di un’impalcatura di Cinecittà,pronta a crollare per aprirci al vuoto che ci

The mouth full of stars, 2006 (particolare)

attende. Demetz ci offre così una vasta casi-stica di Ecce puer, adolescenti che, nel loroconcettuale sdoppiamento di forme, in quelcontrasto tra la superficie esterna dal pallo-re lunare costellata di geometrici crateri e l’in-terna dolomitica increspatura di aggettanti ri-lievi, sintetizzano in modo personale la lezio-ne del grande Medardo Rosso, una figura-zione che è diluizione di contorni e certez-ze, una premessa iniziatica di vita che si rive-la promessa di disgregazione, fisiognomica an-nunciazione di una umana parabola di disil-lusione e dissolvenza, drammatica compene-trazione figura-ambiente e indiscusso puntodi partenza per la dinamica boccioniana de-gli stati d’animo.Ma il Nostro vuole soltanto suggerire, persi-stendo a donarci l’inganno di un sogno pre-ciso, di uno studiato entusiasmo adolescen-ziale da Sabato del villaggio, in cui i protagoni-sti manifestano un senso di innocente e in-cosciente autorevolezza di atteggiamenti.Forse quel bimbo con il cappello giallo da asi-no di scuola, indispettito e deriso, può sve-

larci un segreto, forse sa di essere il nuovo pi-nocchio, di alimentare una menzogna che èanche la nostra illusoria capacità di essere pro-tagonisti del nostro destino.E anche la ragazza di I want to be flexible conil suo sguardo assorto impugna un rossettocome una torcia a cercare disorientata unastrada da percorrere, forse ad accusarci diuna crescita indesiderata, di un’infanzia pro-fanata, costretta a spezzare precocemente ladolcezza di un legame affettivo con un mon-do ormai perso e indistinto, quella stagion lie-ve che Gehard sa evocare e scolpire nel le-gno e nel tempo con leggera e indiscussa gra-zia leopardiana.

Aldo Benedetti You sweat is salty, 2005 (particolare)

I want to be flexible, 2005 (particolare)

L e S e g r e t e d i B o c c a 3

GEHARD DEMETZ Frammenti di vitaun…legname affettivo

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GUIDO CADINInon si tratta di dipingere la vita

si tratta di rendere vivente la pittura

Pierre Bonnard

L’arte è un po’ come l’esistenza dell’anima.La si intuisce, la si postula, la si sente. Ma nonsi può svelare, né definire. Essa è connatura-ta all’individualità dell’enigma-uomo, manife-standosi in sensazioni nette, dettate da radi-cati modelli inconsci e dallo stratificarsi di fe-nomeniche suggestioni di sensi, senza chiari-re perché le cose si percepiscano belle o brut-te, cosa distingua il capolavoro da un’operadozzinale, perché quello che alcuni conside-rano artistico venga misconosciuto da altri.La bellezza è un balzo di cuore: innamora-mento impetuoso, attrazione istintuale primache cerebrale,piacere sottile,bramosia di pos-sesso.Nell’esorbitante panorama dell’arte, in-calzante bailamme in cui si esibiscono geni edeletti mescolati a patetici ciarlatani,e a dispettodi una centenaria valanga di corbellerie mo-derniste che aggrava non di poco il problemadell’immondizia, sopravvivono inestinguibilitracce di qualità. «Ho notato che sono i semi-deficienti a credere nell’avanguardia, e i furbi aparlarne» osserva Cioran.Tra gli epigoni di unapittura elegiaca dai toni misurati che si ali-menta di armonie discrete nell’attenta osser-vazione delle cose semplici, troviamo GuidoCadini, artista da una vita pur se per un trat-to in concubinato con le meno auliche vie del-l’elettronica. Alla domanda «Perché dipingi?»Cadini si rivela genuino:«Non lo so.Ma avvertouna spinta interiore ad estrarre colori e pennel-li quando qualcosa palesa un suo fascino.L’impulso nasce dal colore, quindi si aggiungonoil gioco obliquo delle ombre, il paradosso di ac-costamenti azzardati nella curiosa quiete ap-parente di oggetti che di solito non osserviamoe che di colpo si affermano perentori e carichidi significato sul loro limitato orizzonte».Boccette piene di luce, allineate come solda-tini in cui squillano inchiostri accesi di rosso edi giallo, iridescenti valve di molluschi, bitor-zolute zucchette variegate, carnosi finocchi,vermigli radicchi vengono proposti con unapersonale armonia cromatica giocata su toniche col tempo si sono smorzati, come un pla-carsi di giovanili esuberanze,attutendosi in unasorta di composto ravvedimento, con unasensibilità quieta che dispone alla riflessionee al silenzio. È pittura evocatrice di richiamifelici, pervasa di una gracile poesia melanco-nica che ci attrae come una struggente mu-sica scordata che ci torni da lontananze re-mote. Sono i suoi limoni un po’ anemici su unpiatto sbreccato accanto a un boccale d’ar-gento, sono oggetti dispersi tra le pieghe dielaborati drappeggi o madreperlacei cimite-rini di ostriche con avanzi di limoni strizzati,salici che carezzano voluttuosi riflessi di fiume,pletoriche ninfee in allarmanti acquitrini na-scosti. Cadini sembra aver serbato un suo in-timo,particolare candore, scampato alle asprestravaganze del vivere, sapendo mantenereun occhio sereno nella sua visione morale del

mondo. Stato d’animo che si appaga di un li-quefatto deliquio di mulinelli nell’acqua, di ni-tori di neve che rabbrividiscono a una folatadi vento,dello sfinirsi del chiarore sugli oggettiincalzati dall’ombra, di riscatti di luce: il guizzodi un bagliore attraverso l’acqua di un vaso,un insolente balenio di rimbalzo sul bordo diuna zuppiera o sull’erotica formosità di unamela.Cadini non fa esercizio di traslati, non ciparla per allusioni: gli basta mostrare le cosenella loro occasionale postura, scenari minimiin cui posano la fenditura gocciante di un fi-co, una padella acciaccata, due aringhe stec-chite, la crepa granata di un melograno, scre-ziature di conchiglie, un asparago a mo’ di so-litario reperto, il roseo petalo moribondo disfatte peonie ai piedi di una brocca smaltatadi blu, improvvisando dal vero con lo stessofervore di quando si pone con cavalletto epennelli davanti a un paesaggio all’aperto.Egli trova ragione bastante in ciò che accadeo sembra sul punto di accadere – chè nellenature morte l’ostentata staticità degli ogget-

ti sembra preludere a imminenze di convul-sione – e la sua riflessione sulle “cose da nien-te” trasmette una gioia semplice,diretta,di ap-pena sussurrato lirismo. I suoi paesaggi sonodeserti di umani. Si saziano del lussureggiaredei verdi, della scabrosità dei bruni, dei decli-vi maculati di ulivi, talvolta approdanti a unaremota, sognante linea di mare.Muri lambiti dal fogliame di chiome ventoseche hanno visto passare e giocato con i ca-pelli e le vesti di una donna bruna, di cui èscomparsa ogni traccia. Sussulti di solitudine,singulti nascosti dell’anima da reprimere infretta, come ci era stato insegnato da un’an-tica, virile abitudine. Forse il pensiero è già so-litudine. Meditando sull’apparente fissità del-le cose, sul loro fermo respiro, ben sapendoche alcune di esse da tempo non sono più eche altre dureranno beffarde molto più a lun-go di noi. Fin quando anch’esse non sarannoche ricordi di cenere. Poiché «tutto è unico eperduto per sempre».

Giovanni Serafini

La vecchia scuola, 2005

Spruzzaprofumo, 2005L e S e g r e t e d i B o c c a 4

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L e S e g r e t e d i B o c c a 5

Maggio Duemilaotto resterà nella memoriadi Saturno Buttò come un mese da ricorda-re.Sabato 3 maggio si inaugura presso MondoBizzarro in Via Reggio Emilia, 32/C a Romauna personale dei suoi incisivi dipinti.Mercoledì7 maggio si inaugura presso la Libreria Boccain Galleria Vittorio Emanuele II, 12 a Milanoun’altra personale dei suoi sulfurei oli su ta-vola. Pochi giorni dopo ricorrerà il suo com-pleanno.Ad majora! I visitatori scopriranno il realismo di una pit-tura di vigoroso nitore, di impianto classica-mente figurativo con spregiudicate connota-zioni inventive, in cui spiccano prevaricanti ros-si squillanti e contrastanti bituminose cupez-ze che ci raccontano di riti avvincenti e pau-rosi, allusivi e sardonici. L’apparente normali-tà del quotidiano copre un’infinita serie di im-pensate sventure e di sofferenze cruente, sucui l’originalità descrittiva dell’autore ci portacon fascinosa ridondanza a riflettere. Sonol’ossessione dei ferri chirurgici e di altri bru-tali, offensivi strumenti con cui coscienziosimedici seviziano umani debilitati e indifesi, ca-vie vive secondo la nobilissima logica – cini-smo ipocrita già stigmatizzato due secoli fa dalDivino Marchese – di “sacrificarne qualcunoper salvarne milioni”! Sono interrogativi sull’i-steria mistica, sulle scomode e roventi com-

mistioni tra sacro e profano, sulla sublimitàdel martirio come via al delirio contem-plativo, sulle equivoche ambiguità di “se-polcri imbiancati”, sulle nefandezze di spre-giudicati filibustieri intenti a sfruttare dab-benaggini, superstizioni, smanie dissacrato-rie, aneliti di trascendenza. Dipinti in cui sifronteggiano forze divine e diaboliche neglisguardi e nelle intenzioni dei protagonisti,nelle loro nudità allusive, nelle masochisti-che ulcerazioni della carne,nel contatto cru-do e doloroso coi ferri, nell’ergersi di im-prevedibili eletti nobilitati da stillicidi di sof-ferenza e di sangue.Tavole in cui ossessio-ni religiose e buone intenzioni preludono aefferatezze, innocenti fanciulle ignorano l’ur-to di imminenti malvagità, madri di famiglia simutano in perverse dark ladies guantate dinero, ritualità sospette si snodano tra lanci-nanti, blasfemi presentimenti in un avvicen-darsi di dramma e humor nero.Teste avve-nenti di peccatrici paiono già circonfuse daaloni dorati, predestinate – senza saperlo – auna santità che dovrà essere pagata giornoper giorno con le amare traversie di una vitacostantemente in agguato.Solange è forse l’e-strema, idealizzata speranza. Non è ancoraumiliata, ignora il rimorso.Ci osserva con unasua disarmata innocenza, inconscia o non tur-

Red Skull, 2007

Silenzi 17, 2007

bata dalla sua nudità che ogni occhio dovrebbetrovare naturale.Assorta ad ascoltare la piog-gia o una solitaria canzone che non contienerimpianti.Testimone edificante e serena cheprocede indenne attraverso mille inganni diangeli tentatori e malvagi.Esempio di bellezza del creato immaginata daun Dio esteta o scaturita dal mistero di unaforza ctonia, capace di investirci con una fol-gore di ammirata, consolante felicità. Per unmomento dimentichi del dolore che annida-to nel tempo perseguita il nostro incerto, ac-cidentato incedere.

Giovanni Serafini

SATURNO BUTTÒ Roma - Milano

La radice essenziale del dipingere,della Pittura,è il colore: qualsiasi scelta cromatica si compia,e a qualunque soggetto sia poi indirizzata, la-sciare su un supporto un segno, che si tradu-ca nell’immaginario come visibile, è il gradien-te insostituibile ed irrinunciabile di qualsiasi azio-ne artistica. Si ritrova declinato nell’astrazioneo nella figurazione, attraverso forme definite oraccolto in sfumature eteree e impalpabili, pe-sante o leggero,materico o rarefatto… FrancoNapoli, dopo percorsi e sperimentazioni diffe-renti che hanno comportato una ricerca chefondeva in un unico insieme l’alternanza espres-siva di forme e materiali, unitamente ai colori,ha trovato lentamente la sua via. Come spes-so avviene la sua è stata un’azione a togliere, aripulire, a ridurre all’essenziale. L’eliminazioneprogressiva del superfluo, di tutti quegli ele-

menti che si accalcavano ri-dondanti sulla scena pittorica,ha maturato una linearità cheha trascritto efficacemente ilsuo desiderio di esprimersi nel-l’arte visiva con l’apertura, for-se insperata e non del tuttoconscia,di un vero dialogo poe-tico. Franco Napoli ha, timida-mente, imboccato la via dellasua ricerca, si è ormai lasciatoalle spalle l’esuberante voglia didire, tipica di chi inizia, per af-frontare ora il percorso più dif-

ficile: quello di una riflessione concentrata nelcomunicare attraverso un linguaggio la cui pra-tica diventa, nell’artista che la esercita, esclusi-va. Le sue opere sono atmosfere tutte incen-trate sul puro colore. Il suo campo d’azione di-venta il luogo in cui lente stesure stratificano leevoluzioni del colore stesso. La materia pitto-rica si rivela così in trasformazione continua edinesorabile, non si fissa, non si lega a null’altrose non a sé stessa. Senza evocarsi in altre for-me diventa cangiante,mutevole ed umorale ri-manendo pura ed uguale a sé stessa. Il coloreagisce nella dissolvenza del segno che si sma-terializza in stratificazioni di cromie; tanto nel-le scelte diverse e contrastanti quanto nelle va-riabili di tinte su tinte, la sua pittura avviene peremersioni ed immersioni appena accennate, incontinua alternanza, nelle variabili delle sfuma-

ture colorate. Napoli compone col colore. Lamusica, l’armonia e il suono, derivati dalla suaattività di musicista, rivendicano un’apparte-nenza e una significazione indubbiamente tan-gibili. Le stesure di colore nelle sue opere arri-vano al nostro occhio con la medesima paca-tezza e risonanza di partiture musicali sentitedal nostro orecchio. Come nella musica il suo-no da percezione diventa emozione sentita,l’arte di Franco Napoli è così indiscutibilmen-te un fatto percettivo da cui far affiorare, in unsecondo tempo, il lato nascosto dell’emotività.Nel maturare il passaggio che trasferisce per-cezione in emozione si cela tutta la tensionedell’intimo significato della sua ricerca.Ma que-sto sarà il nuovo capitolo del suo racconto. Cisono i riferimenti storici, ci sono i richiami aigrandi maestri, ci sono legami e interessi all’ar-te che ha fatto la storia,ma avremo tempo perriparlarne.Avremo occasioni per compiere unaricognizione critica sul suo lavoro, per risentireil suo colore; Franco Napoli ha iniziato un per-corso che difficilmente ora potrà abbandona-re, la misura del viaggio iniziato è consapevol-mente definita, sconosciuta resta solo la meta,che si rinnova e si sposta ogni volta allungan-do la via della scoperta. L’atmosfera da lui di-pinta si aprirà come sipario per lasciare vede-re ogni volta un nuovo paesaggio emotivo, unnuovo orizzonte, un novo universo incentratosempre sul colore. Le sue battute dipinte so-no solo agli inizi, la partitura per la sua sinfonia,il suo concerto sono ancora tutti da scrivere.Li ascoltiamo, poco a poco, con la giusta len-tezza, lasciandoci negli occhi, ogni volta, la lorogrande suggestione.

Matteo Galbiati

FRANCO NAPOLI Il colorearmonia percezione emozione

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CLAUDIO MAGRASSI I ris…volti

Paul Klee diceva: «L’Arte non ha lo scopo di ri-produrre (mimesi) la realtà, ma di renderla visi-bile». Il famoso San Bartolomeo scorticato delDuomo di Milano, opera di Marco d’Agrate,ci rende immagine di questa frase,priva il cor-po di quella guaina protettiva che ci distogliedal martirio che ci attende, materializzandoun incubo e, al contempo, conquistando unsogno di riscatto: così Magrassi ci mette a nu-do, mostra i nostri veri volti, ne analizza ogniruga, rende tangibile il tempo.E in ogni volto si avverte quello di Dio, comenel Caravaggio della Vocazione di San Matteo:la sua presenza si manifesta nella quotidianità,nella volgare e tormentata, sofferta vita di ognigiorno, è una chiamata improvvisa. Si adom-bra un soffio di luce che illumina i volti e nesuggerisce una laica trasfigurazione, l’inaspet-tato risvolto in una sorta di moderna annun-ciazione: sembra quasi rompersi il guscio ter-reno che ci avvolge, schiudersi a una speran-za di sopravvivenza alla contaminazione deltempo.È il Michelangelo della Sistina che dipinge ilproprio autoritratto su una pelle nelle manidi San Bartolomeo nel momento del Giudizio:in Magrassi ogni istante è giudizio, sfumaturadel vuoto, recupero di un volto.Via Crucis,Via Lucis, è questo il risvolto dellavita, la lotta per non soccombere alla soffe-renza, alternativa alla passione e al calvario incui protagonista è stavolta la luce, la vittoriasulle ombre che si allungano a renderci vitti-me sacrificali: il rito della Via Lucis, parallelo aquello della Via Crucis, si sofferma sulla re-surrezione e insieme costituiscono un virtua-le biglietto di andata e ritorno.I ritratti di Magrassi sono assorti testimoni diquesto viaggio e i loro sguardi sono semprerivolti verso l’alto, quasi a ringraziare di una il-luminazione non solo fisica, non tradiscono ilterrore delle anime dannate di Caronte,pron-te ad essere raccolte e traghettate verso l’o-

blio,ma ti guardano diretti negli occhi, ti sve-lano che il segreto della vita è proprio quel-la dignitosa comunicazione, una compostacomunanza di destini, ecumenica solidarietàdi valenza quasi leopardiana.E il tempo viene accolto come compagnodi questo processo di disgregazione che èpoi aggregazione, corale accettazione di untransito collettivo:proprio i nostri volti rap-presentano questa propensione a una con-sapevole complicità, a ricevere le stimmatedi un calvario quotidiano, quelle rugheespressive che Magrassi sa accarezzare e le-nire come piaghe di un’epidemia inarresta-bile. Se i dannati di Caravaggio escono co-me lucidi fantasmi da un’oscurità avvolgen-te che ne dichiara la rivolta e l’urlata insof-ferenza alla mediocrità assurda della vita,quasi ribelli di un romanzo di Camus, i sog-getti di Magrassi si spogliano delle tenebre,vivono delle tinte sanguigne delle opere diRembrandt, sembrano ospiti dell’AlbergoTrivulzio delle tele di Morbelli, spettri di unavita che si sta spegnendo, ma che ancora liscalda di una luce divisionista, morbida e sof-fusa, allungata come i filamenti del ricordo:mail Nostro supera quel senso di isolata inco-municabilità e straziante abbandono, la lucenon è quella di una esile candela che si staspegnendo, non è socialismo del dolore, è al-l’opposto comunione distribuita agli appesta-ti, come nella tela di Tanzio da Varallo, abban-dono a un sogno di salvataggio collettivo de-gno dei personaggi della Zattera di Géricault.Giovanni Testori sarebbe certamente coin-volto in questa tessitura di speranza, attrattoda questo orgoglioso naufragio oceanico chedipinge i personaggi come i suoi pestanti, ar-tisti lombardi del Seicento con l’occhio rivol-to a un’umanità annientata dal morbo dellapeste, di una vita oscura trascinata nella po-vertà e illuminata solo da esempi di religiosadevozione e umana solidarietà.Testori vi avrebbe raccolto un evangelico mes-saggio di riscatto, sottolineando quell’aura diluce che li circonda, esattamente come feceper gli stupendi ritratti di Andrea Martinelli diPrato, stupendo cantore di un mondo ap-partato di legami affettivi che fa della vita unpiccolo, ma esauriente hortus conclusus, gra-nitico assertore di una preziosa eroicità quo-tidiana.Anche Magrassi è profe-ta della stessa terrena santità,conquistata con la testimonian-za di una passione e una dedi-zione costante,di attenzione ver-so l’altro, attraverso la ricerca diuna divinità che si oppone allavisione eterea e virtuale di undio che si limiti ad osservare l’u-manità:quello che vede Magrassiè un uomo che si confonde tranoi, che ha il coraggio di scrive-re l’equazione uomo-Cristo eideare una nuova DivinaCommedia, in cui l’Inferno si con-

cilia con il Paradiso, in cui l’appestato si ritro-va portatore sano di un germe di santità.È così che i ritratti di Magrassi sembrano ac-quisire l’espressione di serena limpidezza chericorda l’equilibrio rarefatto e la compostez-za dignitosa delle figure di Piero della Francesca,ne acquisiscono un analogo solido impiantogeometrico,quasi una infrangibile regola fran-cescana. I personaggi di Magrassi paiono i pro-tagonisti dell’ultimo capolavoro del registaErmanno Olmi, Cento chiodi, in cui si narra lastoria di un professore che è stanco di cer-care Dio tra astratte dottrine teologiche e fi-nisce per crocifiggere, appunto con cento ve-ri chiodi, libri e incunaboli che ne sono idea-li e distaccati custodi per fuggire dal suo mon-do teorico e rifugiarsi sulle rive del Po, a cer-care un Dio reale, tra la gente comune, ri-percorrendo il cammino stesso di Cristo e ilmiracolo della sua storia di generosa condi-visione di dolore e ricerca di verità.Dobbiamo osservare con attenzione i visi in-gombranti di Magrassi per leggerne i più se-greti risvolti e udirne la preghiera ad unirci al-la loro umile grandezza, a condividere unapreziosa promessa accennata con la ruvidadolcezza di una sofferta follia e l’imbarazzo diun evangelico abbraccio.

Aldo Benedetti

L e S e g r e t e d i B o c c a 6

Camelia 28, 2007

Résurgit, 2008

Dissolutio, 2008

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La Libreria Bocca ha il piacere di invitarlaall’apertura ufficiale del primo

C a f f é L e t t e r a r i oin Galleria Vittorio Emanuele II a Milano

G i o v e d ì 1 5 m ag g i o o r e 1 8

Sergio DangeloOpere Storiche alle pareti ● Nel frigobar I Documenti

Nelle vetrine ad arco gli Hand Mades

●Presentazione della rivista di poesia

Nel cuore dell’invernoa cura di Grazia Chiesa

BAR SI Galleria Vittorio Emanuele II, 19 - 20121 Milanoinfo: 02 86464636 - 02 860806 - 02 86462321

“Letteralmente” Apprendiamo da un recente sondaggio che Annibale sedette al “Select” prima di attraver-sare le, allora, fiorite Alpi e abbiamo notizia di Voltaire che degusta gelati nello stesso “café hululant” dove, unsecolo dopo, Pablo Ruiz avrebbe assaporato il suo prezioso quarto di “eau Perrier”. Si dice oggi di un declinodel caffé letterario ma, attenti alla profezia di Hundertwasser e in ascolto al grido di Dalì (che titola “sì” il suodiario), a Milano, malgrado tutto capitale del mondo, si inaugura il luogo già sin da ora deputato ai più feliciincontri. Non si fa obbligo, ai frequentatori di questa nuova isola felice, di indossare pastrani di tweed, di por-tare occhiali da sommozzatore e neppure di confondere l’ombra con il soggetto. Il vantaggio del caffé lettera-rio nei confronti del bar illetterato consiste soprattutto nel fatto che una calamìta magnetica attira, salvamentocontro ogni calamità di spiaggia, monte, valle, i clienti, poi amici, di questa vasta famiglia che comprende ma-nipolatori di pennellesse, reggitori di penne a sfera, indagatori della e contro la noia, tutti accomunati da unasola certezza: il parossismo non è regola fissa e in uno spazio minimo può evidenziarsi il cosmo. Giorgio, il prin-cipe, indica a noi la strada; salita la scala il bancofrigo ospita libri, le sedie accoglienti ci consolano della ina-deguata accoglienza del MiArt e delle sale di vendita d’arte dell’oggi, ostili. “Vengo anch’io?” sento chiedere ingalleria. “Sì, tu sì” è la risposta. “Ma perché?” “Perché sì!”

E V E N T I

BAR ● SIGalleria Vittorio Emanuele II

Sergio Dangelo, Elegia, 1952, cm 40 x 30 Elegia, 1966, cm 50 x 40 (esposto alla Biennale Venezia) Elegia, 1985, cm 100 x 70

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Si sbagliava o si illudeva Giorgio de Chiricoquando nei suoi scritti d’arte, ironici e inten-si, preconizzava l’imminente fine di quell’arteda lui stesso tanto contrastata dei modernisti,come amava definirli.Non poteva il pictor op-timus certo immaginare a quali esiti catastro-fici questi modernisti avrebbero portato l’artestessa. Un patetico e deludente cuore di SanValentino di enormi dimensioni, opera di unnoto artista americano, ha raggiunto quota-zioni stratosferiche. Complimenti!Un’operazione di comunicazione, di critica edi mercato perfettamente riuscita,perché conil raggiungimento di un’altissima quotazione siè conferita sacralità a un’opera d’arte che rap-presenta il nulla della contemporaneità. Diquesto cuore, anche non ci fosse stato, nessu-no avrebbe sentito la mancanza. Un’ope-razione di marketing lecita, ma che nulla ha ache fare con l’arte. Purtroppo, la conseguen-za di questa operazione ha drammatici risvolticulturali e morali. Mi avvilisce vedere schieredi giovani artisti ripetere e ispirarsi a questistessi modelli. I giovani americani, giapponesi,cinesi, indiani, europei… che si incontrano nel-le varie manifestazioni artistiche (biennali, fie-re ecc) affascinati dai risultati di mercato han-no una visione dell’arte solo contemporanea,

senza capire che la vera arte è sempre mo-derna. Le diverse culture di questi stessi gio-vani si omologano in un unico modello e latragicità sta proprio in questo: nella mancan-za di desiderio nel riconoscersi provenientida una propria tradizione rischiando di can-cellare per sempre il valore della propria sto-ria, che è storia di tutti. Moderno è ciò che èeterno, tutto quello che è capace di parlareal futuro senza ignorare il passato.Contemporaneo è il presente, senza futuro,come il cuore di San Valentino.

OK IL PREZZO È GIUSTO SCRITTI D’ ARTISTAdi MAURIZIO BOTTONI

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Jeff Koons

Martedì 20 maggio Il restauro dell’opera:Alfabeto senza fine 1982 di Emilio Scanavinorivista di restauro presentata da:Elisabetta Longariintervengono: Manuela Turchettie Greta Pretese

Giovedì 22 maggio Across the universeTiziana Mesiano, operepresenta: Patrizia Tamarozzi(giornalista di Repubblica)musiche di Emanuele Lasorellae Luca Luciani

Martedì 27 maggioPoesia, pittura, scultura, musicatesti poetici di Mariacristina Piantaispirati dalle opere d’arte di:Francesca Fornerone, pittrice;Andrea Melloni, scultore;Gianantonio Ossani, scultore;Emilio Palaz, pittore; Aldo Scorza, pittorepresenta: Mariacristina Pianta

Giovedì 29 maggioI Salmi illustrati e calligrafati daRenata Aghina Feigepresenta: Grazia Chiesa

Martedì 3 giugnoLasciatemi Divertire, raccolta sceltadi articoli di Carlo Castellaneta,tratti dal Corriere della Seraa cura di Cristina Rossiintervengono: Carlo Castellaneta,Cristina Rossi, Antonio Steffenoni,Stefano Soddu

Giovedì 5 giugnoDemattè, Gente di confine, romanzopresenta: Giovanni Serafini

Martedì 10 giugnoTraduzionetradizione,quaderno internazionale di traduzione poeticaintervengono: Daniele Balcet,Gérard Philippe Broutin,Grabriella Galzio, Marica Larocchi,Francesco Macciò, Tiziano Rossi,Tiziano Salari, Antonio Staudepresentano: Claudia Azzola, Tiziano Salari

Giovedì 12 giugnoLuciano Spadanuda,Un bicchiere e una passera, romanzopresenta: Giovanni Serafini

Martedì 17 giugno Filmati d’arte, edizioni Scoglio di Quartoritratti di: Alessandro Savellie Pierantonio Vergaregia e realizzazione di Umberto Corniintervengono: Umberto Corni,Matteo Galbiati e Stefano Soddu

Giovedì 19 giugnoD’Ars, 50 anni d’ArteGino Cosentino scultore,raccolta di scrittipresenta: Grazia Chiesa

Martedì 24 giugnoAldo Pancheri dipintilettura critica e poetica di Guido Oldani

Giovedì 26 giugnoPoesia al femminile,testi poetici di Mariella De Santis,Barbara Gabottomusiche di: Barbara Gabotto,Giacomo Guidettipresenta: Mariacristina Pianta

Martedì 16 settembreIl Monte Analogo,n. 7, maggio 2008, rivista di poesia e ricercaintervengono: Giampiero Neri,Assunta Finiguerra,i direttori della rivista: Meeten Nasr,Paolo Rabissi, Roberto Caracci,il poeta: Beno Fignonche si accompagnerà con la fisarmonica,gli scrittori: Vincenzo Guarracino,Federico Zuliani

Giovedì 18 settembreLa censura nell’arte, dibattitointervengono: Agostino Arrivabene,Saturno Buttò, Antonella Lucarella,Patrizia Masserini, Carlo Previtali,Paolo Schmidlin, Federico Severinorelatore: Giovanni Serafini

Martedì 23 settembreAustralia, Diario di viaggioe opere dell’artista Marilena Sassipresenta: Grazia Chiesa

Giovedì 25 settembre Orchestra: poeti all’operadirettore Giampiero Neri:10 autori a confrontopresenta: Mariacristina Pianta

Martedì 30 settembre Fatti e Misfatti dell’Arte, dibattitointervengono: Andrea Bondanini,Sara Fontana, Cristina MuccioliPierangelo Turronirelatore: Giorgio LodettiLucio Scortegagna, sculture

Giovedì 2 ottobreTestuale, critica della poesia contemporanea,compie 25 anniintervengono: Stefano Agosti,Marisa Bulgheroni, Giancarlo Buzzi,Luciano Erba, Fernanda Fedi,Gilberto Finzi, Gino Gini, Milli Graffi,Vincenzo Guarracino, Marica Larocchi,Alberto Mari, Giulia Niccolai,M. Pia Quintavalla, Fuasta Squatriti

Eventi Caffé letterario Vi aspettiamo alle 18

20/05 22/05 27/05 29/05 05/06 10/06 12/06

24/06 16/09 18/09 23/09 30/09 02/10

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La rubrica di Andrea Bondanini conterrà unaintervista a chi opera nell’arte,o la segnalazione di un’opera.

Claudio Papola, pittoreHa seguito dal 1950 a oggi un percorso arti-stico anticipatore di tendenze tecniche e ar-tistiche successive, rifiutando formule e ripe-tizioni di sé stesso.Qui riproduciamo l’opera Imago del 1968,og-gi al Museo dell’Aquila, ispirato dal divanoSimone di Cassina. Il design pretenzioso diSimone non univa comodamente tre perso-ne ma le separava con la sua triplice ampiadivisione, come tre loculi. Papola ne fu colpi-to e espresse la sua critica creando una istal-lazione composta da tre tele con emulsionefotografica di 120x50,che riproducevano l’og-

getto ma ne rendevano incomprensibile l’u-so avendo disposto le tele a prisma triango-lare in modo che chi vi passava davanti cam-

biava la visione e solo daun punto di vista si capivache era un divano.Altrimenti era un oggettoinquietante, con la terza te-la posta a terra, evocatoredi mostruosità tecnologi-che. Non doveva decora-re, non era un quadro,nonera un divano perché divi-so dagli elementi modula-ri, e poco accomodanteper la sua posizione in bas-so e a terra. Imago trafor-mava Simone in un trompel’oeil, illusorio come illuso-rio era il lusso evanescen-te di Simone.

L’opera fu pensata per uscire dal circuito dimercificazione privata per inserirsi in uno spa-zio pubblico. Fu scelto un divano “non qua-dro” per non seguire la sorte del quadro so-litamente collocato sopra il divano, trascu-randone i moventi e percependone solo il fi-ne di arredo.Fu anche esposto alla Galleria San Fedele, inun’importante collettiva sulle ultime ricerchea Milano. Dunque da una parte una espres-sione creativa e critica dell’anno 1968, dall’al-tra adozione anticipatoria di non pittura conla emulsione fotografica su tela pur rimanen-do immagine.

Imago, 1968, Istallazione con l’autore Claudio Papola, Museo dell’Aquila

Agostino Arrivabene,Vanitas, 2005 (particolare)

LAMPI CRITICI LE RUBRICHEdi ANDREA BONDANINI

In occasione di alcuni interventi parlati e au-spicabilmente

dialogaticon il pubblico, la Libreria Bocca tratterà di al-cuni esempi emblematici della follia secondodue possibili raggruppamenti: quella interpre-tata dagli artisti come oggetto tematico;quel-

la come drammatica, seppur geniale, espres-sione intima ed esistenziale dell’artista.Emblematici, dicevamo, ma tutt’oggi chiaro-scurali nella loro infinita riserva interpretativa,nell’attualizzazione costante di un pensiero edi un atteggiamento che, riscoprendoli nelproprio oggi, rende contemporanei anche gliantichi.Dalla manìa platonica alla Malinconia di Duerer,dall’Incubo di Fuessly all’Urlo di Munch, dallaNave dei folli di H. Bosch alla Barca Sola di W.Lazzaro, da Van Gogh a Sironi, da Goya aBacon, da Picasso a Pollock, per citare e sfio-rare alcuni nomi della storia dell’arte che so-no per noi già immagini, ci inoltreremo nelleselve oscure che ogni epoca ha vissuto e hamagistralmente rappresentato, consegnando-cele sublimate dal genio.Più di un “Virgilio” ci accompagnerà in questopercorso, tracciato sin da subito da quel cheGiacomo Leopardi chiamava il pensiero emo-zionale: un approccio delicato ma capace diarginare la definitività claustrofobica di una ra-gione carnefice: della critica, della storia, deibenpensanti di impensate Recanati.

Il mio ringraziamento grande, innanzitutto, al-l’editore Giorgio Lodetti che mi ha rivoltol’invito ad occuparmi di quanto amo di più,l’arte, la filosofia, la critica, in questa rubrica,ben sapendo che l’amore non è per nessu-no una garanzia.Ho suggerito il titolo di Arimoperché al lettore chiederò in effetti una pau-sa – di lettura – nell’affaccendarsi frenetico eutile di ogni giorno. Non è utile l’arte, ancormeno rischiano fatalmente di esserlo le pa-role sull’arte.Secondo me è vitale, questione diversa.Utilenon è vitale, tant’è che si può benissimo so-pravvivere, senza provare davvero a vivere.Le parentesi che andrò ad aprire e a chiu-dere, lo spero vivamente, con i lettori, ri-guarderanno la ricerca e la riflessione sui clas-sici contemporanei, i nuovi classici, provandosin d’ora a muovere dall’origine,dall’etimolo-gia di questa parola: classico ci insegnava al li-ceo Valentino De Marchi, deriva da classis,flotta. I classici erano marinai specializzati, pa-gati piuttosto bene, tanto da poter contri-buire con le loro sostanze al bene collettivo.Per questo cercavano di mimetizzarsi tra gliinfra classem.E per questo, cioè diremmo oggi per ragionifiscali,Catone,meritandosi l’appellativo di cen-sore, sentenziò nel 169 a.C. senza possibilitàdi equivoco, le loro basi patrimoniali.Oggi le possibilità interpretative sono multi-ple, certo meno riduttive e distanti dai crite-ri degli antichi Romani. Ma anche tanto ne-bulose da suscitare un senso di straniamen-to dall’arte e dal suo nuovo prodursi.Alla scultura, alla pittura, alla decorazione e almosaico, si aggiungono le installazioni, la vi-deoart, la bodyart, la fotografia, che ancoraabbisogna di riscatto per essere considerataappieno una forma d’arte, non una semplicefonte documentaria. Siamo in un labirinto dicui non cerchiamo l’uscita.Vorremmo stare nell’arte, con l’arte, condi-videre con essa una relazione più empatica,non sovraccaricata di linguaggi critici erudi-tissimi ma ostici ai non addetti ai lavori, perconcederci con un arimo la possibilità di go-dere degli scenari più nuovi e affascinantidell’arte.

ARIMO LE RUBRICHEdi CRISTINA MUCCIOLI

Marco Bernacchia

FOLLIA NELL’ARTE LE RUBRICHEdi CRISTINA MUCCIOLI

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Tempo fa, in occasio-ne di una personaleche Angelo Davolitenne nello spaziosuggestivo della chie-sa sconsacrata SanMattia a Bologna miimbattei in alcuni suoilavori che colpironoparticolarmente la miaattenzione.Conoscevo bene ilsuo lavoro principalededicato alle vedutecon archeologie indu-striali ma in quell’oc-

casione vidi approfondito, in qualche mododefinito, un genere che egli aveva affrontato,se non sbaglio, solo sporadicamente fino adallora. Quello degli interni. Successivamentealla visita di quella mostra ho guardato e ri-guardato quelle immagini in catalogo e anco-ra oggi non smettono di emozionarmi.Credoche con questa serie, meno nota, egli abbiatoccato vette poetiche davvero notevoli. Inquesti dipinti si percepisce un senso di smar-rimento assoluto, di profonda inquietudine.Sono come dei percorsi nel buio dell’anima,attimi sospesi nel tempo. Inside è un’opera cheriporta a certe atmosfere dei dipinti delParmigianino o del Beccafumi, Nascita dellaVergine. C’è la stessa luce calda che avvolgeun’ambientazione, in questo caso, attualissima.Sono spazi gelidi e silenziosi di cui non riu-sciamo a vedere i confini in profondità o in al-tezza e questo ci crea turbamento. In Interno23 e Interno 24 è come se si riuscisse a per-cepire la polvere di anni sul terreno o sospe-

sa nell’aria immobile mentre viene colpitadalla luce che filtra violentemente di lato.Vediamo noi stessi all’interno di quei luoghicome proiettati indietro nel tempo, fino al-la nostra infanzia quando, spinti dalla curio-sità, ci divertivamo a esplorare i luoghi mi-steriosi e abbandonati.Lì dentro è come se si creasse un dialogoimmaginario tra noi e l’infinito quasi fosse-ro dei luoghi sacri (Alessandro Riva le ave-va a suo tempo definite archeologie dello spi-rito). Simboli di un epoca dimenticata dovepoter ritrovare un senso più intimo e umanodi se. Ma se solitamente, nei quadri di Davoli,vediamo questi relitti industriali ripresi dall’e-sterno, qui vi penetriamo nelle viscere, siamonello scheletro del mostro. Pare udire il tonfodei nostri passi che echeggia in questi deso-lati abissi facendo un viaggio attraverso l’ignoto.Un viaggio che ci inquieta ma che ci fa ancheriflettere. Guardando questi lavori mi è capi-tato di ascoltare unamusica del ‘600 spa-gnolo per voce sola eaccompagnamento perviole da gamba: solilo-quio amoroso di un ani-ma a Dio di FrancescoGuerriero con testo diLope de Vega. Ho no-tato che, pur apparte-nendo a un’ epoca re-mota, questo brano sisposava perfettamentecon l’atmosfera rare-fatta dei dipinti. Forseproprio per lo stessocontrasto che c’è tra la

Angelo Davoli, Interno 24

Gianluca Corona

luce e il luogo, tra la tecnica pittorica quasi ri-nascimentale, fatta di sottili velature, e la mo-dernità dei soggetti.Tanti pittori di oggi lavorano sul tema dell’ar-cheologia industriale spesso in modo banalee dilettantistico.Davoli, con ispirazione e mestiere, è riuscitoad andare oltre l’esprimibile.

Ho iniziato a dipingere per rispondere ad unatroce urlo di dolore: quello della morte dimia madre. Ho continuato a dipingere im-plorando un disperato bisogno di felicità:quel-lo della vita. La vita che mi ritrovo addosso

senza neppure rendermi conto; la vita dei mieiaffetti, quelli passati che silenziosamente rin-grazio per ciò che mi hanno dato e che maipotrò scordare; la vita di quelli che dal passa-to mi hanno scortata fino ad oggi, quelli piùgrandi, più importati che mai potranno esserdati per scontati; la vita degli amori futuri, diogni tipo, quelli che accenderanno immanca-bilmente nuove luci nell’anima; la vita straor-dinaria dei miei figli, il mio più autentico pro-getto di vita.Ho guardato poi la mia arte dall’esterno, daspettatore, per poter riflettere sul da farsi, el’unica risposta che ho trovato è: «continua adeclamare la vita, finchè ne hai una». Quindi,più che un canto di malinconia e di tristezza,o un moto di trasgressione o di maledizionecome molti vorrebbero attribuire all’animo diun’artista, il mio è un grido di forza, di grandeenergia positiva. Un inno alla potenza divinache ci fa guardare al di là dell’esistenza.Ebbenel’arte è questo per me: reclamare quel respi-

ro di felicità, quel brivido a fior di pelle che mispetta di diritto e che voglio condividere colmondo.E li reclamo con la mia energia, un te-soro da far sgorgare al di fuori di me.Un’energia pulsante, quasi una preghiera chelascio spontaneamente debordare come unurlo di gioia, dandole di volta in volta formediverse o sempre simili tra loro. Ho lavoratosul concetto di energia positiva: il più delle vol-te occorre alimentare questo stato, sostenerlo,irrobustirlo, farlo crescere. Sì, più che uno sta-to d’animo è un muscolo, che scaldato ed al-lenato risponde dovutamente. Costa fatica lavita per ognuno di noi, ma ancor di più costarenderla bella, interessante, sorprendente sen-za disperare, senza cedere, credendoci. Eccoin opera la mia testarda visione e di qui, l’usodella materia per rappresentarla sulle tele, l’u-so dei colori, la ricerca delle pietre e la sco-perta delle forme solide. Nella pittura le mieicone sono elementi del mare:nicchi, anemoni,conchiglie, ondate, dune ed altro, perché hotraslato nel mare il senso dell’esistenza il sen-so di pace e burrasca, quiete e tormenta, te-nebra e arcobaleno,come sempre, in ogni no-stra vita.

Interno 23

DAVOLIANI INTERNI SCRITTI D’ARTISTAdi GIANLUCA CORONA

LA VITA IN ARTE SCRITTI D’ARTISTAdi ANGELA GOVI

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L e S e g r e t e d i B o c c a 1 3

Sorprendente l’impatto con questa secondamostra milanese, direi quasi aggressivo, perquei volti incavernati, i carnosi collaterali del-le figure di Léger e di Bonnard, d’un esaspe-rato espressionismo, pur richiamantesi al cin-quecentesco milanese Giuseppe Arcimboldi.Ogni pezzo esposto è sotto l’insegna di unrealismo concettuale definizione sovrabbon-dante alla quale può ascriversi l’intera produ-zione di Francis Bacon.Sorprende altresì la disperante angoscia evo-cativa, un orrore esistenziale unito a un fred-do nitore,mutuato dalla spettro infernale del-le vampe londinesi nella seconda guerra mon-diale, osservato dallo studiolo sul Tamigi, chegli avevano ricordato la placida Leffey, umidaculla della sua infanzia dublinese.Samuel Beckett, suo connazionale, ricorda losconcerto degli astanti, stoici all’imperversa-re dei missili tedeschi, affollanti la Tate Gallery

nell’ammira-zione dei Trestudi di figureper la base diuna crocifissio-ne e la paleseavversione perquesto catto-lico Gaelico dibell’aspetto,anzi un verodisprezzo an-glicano, me-more dell’illu-stre omonimo vissuto nell’epica gloriosa de-gli Stuart.

Corona la mostra quello studio da

Innocenzo X, esempio di destrutturazione

Mito,Memoria e Storia sono alla base di que-sta singolare rivisitazione degli anni Sessantaoperata da Marco Arduini; il quale scandiscele tappe del suo personale amarcord attra-verso le automobili e le moto dell’epoca,pro-tagoniste assolute delle sue opere: veicoli cheappartengono ormai all’ immaginario colletti-vo, testimonianza dei nostri giovanili ardori onthe road quando l’Italia conobbe, per la primavolta, l’ebbrezza e la frenesia della motorizza-zione di massa. È grazie dunque a queste sto-riche icone da Italian Graffiti – dalla Fiat 500alla Vespa – che Arduini compie i suoi molte-plici viaggi nel tempo e nell’arte lungo le stra-de di un turismo d’annata: strade che porta-no alla Riviera Adriatica, alle Dolomiti, pressoi laghi,o nelle grandi città come Roma e Parigi.E se nel dipinto manca il nome dei luoghi, ec-co i titoli dei quadri supplire alla stilizzata in-determinatezza del paesaggio di sfondo conl’indicazione precisa delle coordinate spazialie temporali del viaggio: Marina di Raven-na1967,ad esempio,oppure Passo Pordoi 1968,Lugano 1960, ecc. ecc. I titoli, dunque, si pon-gono come le indispensabili pagine di un dia-

rio che va dagli an-ni Cinquanta aglianni Settanta e incui l’auto o la mo-tocicletta interpre-tano il ruolo delprimo attore, rap-presentano l’epifa-nia del mito on theroad. Il palcosceni-co, infatti, è tuttoper loro poiché gliuomini e gli ogget-ti che appaiono inscena – rade pre-

senze da comprimari – contribuiscono ad am-plificare non solo l’idea del viaggio, ma anchel’assoluta supremazia del veicolo che dominauno scarno paesaggio di sintesi, immobile nel-la luce artificiale di timbriche cromie.Così, per illustrare questo diario di viaggio, equesto campionario di scintillanti veicoli,Arduini si serve di un brillante vocabolarioneopop (utilizzando acrilici e tempere) prati-cando una sterilizzazione linguistica che rifiutaogni ipotesi mimetica, ogni profondità di vo-lumi,ogni drammatizzazione dinamica.L’artistaimpiega infatti il freddo e oggettivo linguaggiodello stereotipo, a metà strada tra grafica pub-blicitaria e fumetto, che tuttavia sa unire aduna stringata pulizia formale una felice dispo-sizione verso il racconto di sintesi.Ma – e qui scatta il cortocircuito voluto dal-l’artista – la sterilizzazione dell’immagine rap-presenta anche il massimo della sua eviden-ziazione, la sua astrazione il massimo della suaconcretezza. E solo così il viaggio on the roadpuò continuare verso altri luoghi, verso altriapprodi dell’arte.

Giuseppe Berti

MARCO ARDUINI on the roadanni ’60 e dintorni

Lungomare Adriatico 1970, 2007

Quale arcano ha smosso la volontà di usarecolori e materie?Ricordo il fascino adolescienziale che mi su-scitavano dipinti e sculture e la voglia di fareper realizzare qualcosa di simile.Come avran-no fatto? Era l’interrogativo.Il tempo e gli eventi mi hanno portato a fa-re e a cercare nelle idee un momento persentire l’Io autore. Idee ed elaborazioni cre-scevano, si sviluppavano, cedevano alle in-soddisfazioni una sofferenza che si mischiava,si scontrava con il mondo della conoscenza,della cultura dell’attualità, ma su ciò domina-va la volontà di perseguire l’obiettivo e di sfi-dare la chimera che,dentro, sfuggente mi per-seguitava. Fascino per tutto ciò che potevadefininirsi creativo, in particolare per volumee forma che dominavano e si perpetuavanonel tempo.Vivo nel mio lavoro, ascoltando ilfascino che da esso scaturisce, assaporando-ne il risultato.Scoperto l’arcano, ecco il passaggio a cerca-re oltre, per scoprire altre fascinazioni in unacontinua volontà di superare la forma acqui-sita, verso altri elementi che mi avvicinino adaltri elementi gratificanti.Ricerca per sfuggire al tempo che, comun-que, mi colloca in questo agone di sfide.Ricerca di un assoluto: ambizione peregrina?Forse! Ricerca di qualcosa che mi dia stabi-lità, equilibrio certo, e che idealmente defini-sce l’Io, la mia identità profonda e la conse-gna al tempo: ricerca di un connubio tra emo-zione e ragione, in un unicum che ingloba sur-realtà metafisica in un contesto anche di strut-turazione architettonica.Un fare vincolato alla legge gravitazionale,mache ad essa vorrebbe sfuggire; certo, l’ap-poggio, l’ancoraggio, condizioni gravose perla scultura, ma anche un fatto transitorio perun’opera in grado di proporsi libera e doci-le, pronta ad interagire con il fruitore. Non ildefinito statico, predeterminato, ma formafluida che ha in sé gli input per essere modi-ficata da nuove prospettive ed emozioni incontinuo divenire; un essere che espande lesue connotazioni, rinvigorisce e sviluppa lasorgente creativa in un sentire dinamico epropulsivo, che si concretizza in suggestiona-te forme del pensiero, pronte ad essere col-te e trasformate, vibranti e vitali, nella mate-

Prisma a seno III, 2000

L’IO SCRITTI D’ARTISTAdi LUCIO SCORTEGAGNA

PUNTO DI VISTA LE RUBRICHEdi EMANUELE LAZZATI

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STREET ARTISTS EVENTN O T T E B I A N C A G I U G N O 2 0 0 8

SPAZIOBOCCAINGALLERIAG A L L E R I A V I T T O R I O E M A N U E L E I I , 1 2 - M I L A N O

B R O S

C R I S T I A N

S O N D AP A O

STANZE DELL’ARTE LE RUBRICHEdi SARA FONTANA

La recente kermesse del Salone del Mobile èstata l’ennesima occasione per ribadire l’an-nullamento dei confini che ancora potevanoesistere tra arte, design e graphic design.Diretti a un’inevitabile ibridazione sembranoanche i ruoli tradizionali del sistema arte: l’ar-tista, il curatore, il gallerista, il designer tradi-zionale e forse anche il critico rischiano di tra-sformarsi in stereotipi rispetto al nuovo cheavanza. Inoltre è sempre più difficile circoscri-vere i luoghi e gli spazi per l’arte. Si propon-gono alla ribalta spazi insoliti e originali, frut-to del crescente interesse degli artisti a poteresporre i propri prodotti ma anche esito diuna filosofia nuova.Quindi, nonostante i cronici timori di inflazio-ne suscitati dal proliferare di fiere, di aste te-levisive e non e di spazi alternativi, pare che legallerie tradizionali siano al culmine di un pe-riodo di prosperità, anche nel contesto delmercato internazionale e del dialogo con leistituzioni. Questa rubrica cercherà di dareuno sguardo alle proposte delle gallerie pri-vate e dei nuovi spazi che operano oggi sullascena.Al centro del mirino ci saranno Milanoe provincia,ma sarà impossibile escludere deltutto la presenza di altre realtà nazionali inte-ressanti.Milano resta comunque la situazionepiù vivace, dato che vi convivono gallerie sto-

riche che hanno saputo rinnovarsi nei de-cenni (è il caso di Claudia Gian Ferrari e diGio’ Marconi) e i nuovi poli di ZonaVentura,ZonaTortona, Bicocca e Bovisa che accolgo-no gallerie e studi giovani, il neonato spaziosperimentale Conduits/Gea Politi e la galle-ria di Jonathan Zebina, calciatore francese inforza alla Juventus e noto appassionato d’ar-te, che in controtendenza ha scelto una lo-cation nel cuore di Brera.Non sarà quindi facile, date le scadenze nontroppo serrate di questa rubrica, individuareil nuovo e il meglio, offrendo una sintesi il piùpossibile esaustiva della programmazione an-cora in corso al momento della distribuzionedel foglio.Potrebbe degenerare in un contenitore infor-mativo di materiale eclettico indifferenziato,ma spero di riuscire ad approfondire, almenoqualche volta, il lavoro di un artista, la fortu-na di un tema o la vitalità di un quartiere, oaddirittura ad affrontare questioni più gene-rali inerenti il sistema dell’arte.Per oggi resta lo spazio per una rapida car-rellata sulla chiusura di stagione a Milano, cer-to in grande stile, fra standard di livello mu-seale (le mostre di Fausto Melotti e di JannisKounellis da Christian Stein e quella diAlighiero Boetti e Dadamaino da Matteo

Lampertico), artisti noti internazionalmente(John Bock alla Galleria Giò Marconi) e unarosa di promettenti giovani artisti italiani (CarloBenvenuto da Suzy Shammah,Michael Fliri daRaffaella Cortese, Linda Fregni Nagler daAlessandro De March, Karin Andersen alloStudio d’Arte Cannaviello, Marco Campaninida Fotografia Italiana Arte contemporanea,Alberto Gianfreda, Michele Napoli, DanielaNovello, Nada Pivetta e Fabrizio Pozzoli nel-la collettiva S-cultura#1 da Guido Iemmi).A ciò andrebbe aggiunta l’attesa riscoperta didue artisti difficilmente inquadrabili per la ric-chezza della loro ricerca: Claudio Costa, uni-co rappresentante in Italia dell’arte antropo-logica, in mostra alla Galleria Blu, e BettyDanon,artista concettuale e protagonista del-la poesia visiva, presentata da Maria Cilena.

Alighiero Boetti, Immaginando tutto, 1998

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Mare Nostrum

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