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SPRECHI DEL CIBO: QUELLO CHE (FORSE) NON SAPETEIn un mondo che sta sempre più progredendo, sembra impossibile che ci possano essere dei malfunzionamenti nei vari sistemi. E invece ce ne sono ancora tanti, tra cui, in particolare, gli sprechi del cibo. Noi italiani dovrem-mo preoccuparci davvero, il Belpaese infatti, è un grande produttore di rifiuti di cibo. Addirittura il 30% della spesa degli italiani viene gettato tra i rifiuti. Bisogna dire però che non siamo proprio i peggiori; c’è chi riesce ad avere risultati ancor più deludenti come gli USA (il 40% della produzione alimentare finisce nella spazzatura, insieme ad una percentuale di rifiuti di origine alimentare pari al 7%) o la Cina.

La filiera dello sprecoA dire la verità, lo spreco di cibo può avvenire lungo 5 fasi della filiera alimentare:

1. Produzione2. Post-raccolto3. Lavorazione; in questa fase le perdite sono costituite soprattutto a scarti

derivati dalla lavorazione alimentare, in parte inevitabili e in parte dovute ai limiti delle tecnologie dei processi stessi;

4. Distribuzione; la gran parte di questi sprechi è costituita dal cibo rima-sto invenduto a causa di normative e standard qualitativi ed estetici, di strategie di marketing e di aspetti logistici.

5. Consumo; qui gli sprechi sono dovuti principalmente all’eccedenza delle porzioni servite, alla sovrabbondanza degli alimenti acquistati o delle qualità di cibo preparate fino all’incapacità di consumare entro la scadenza e alla difficoltà di interpretare correttamente le indicazioni di conservazione fornite dall’etichetta.

Ora bisogna fare una distinzione importante tra perdita di cibo e spreco di cibo. La perdita di cibo si rifà a tutto quel cibo che viene scartato in quan-to non possiede gli standard di qualità richiesti. Lo spreco di cibo invece è quando il cibo viene perso durante le fasi di distribuzione e consumo.Il tema è noto ai più, ma molti non sanno ancora come operare per evitare gli sprechi. E gli sprechi sono davvero tanti.

Operazione ricicloC’è chi questo problema lo combatte e crede fortemente nel riciclo del-le risorse e nel ‘gestire’ al meglio gli sprechi del cibo. La catena inglese Sainsbury ha difatti recentemente annunciato che presto uno dei suoi punti vendita sarà energicamente autonomo grazie all’elettricità che ver-rà ricavata dalla lavorazione degli scarti alimentari: se un prodotto verso

fine giornata non è stato ancora venduto viene proposto ad un prezzo più basso; se ancora il prodotto resta nelle vetrine, viene dato ad associazioni di beneficienza, ma chiaramente solo se può andare ancora bene ed è an-cora mangiabile. Quel cibo che non viene dato in beneficenza può essere dato agli animali come mangime, oppure viene consegnato ad un camion della Sainsbury il quale a sua volta, porta gli scarti presso un impianto di digestione anaerobica. In questo impianto il cibo viene trasformato in gas metano che a sua volta genera elettricità; in questo processo, l’elettricità viene mandata direttamente al negozio grazie ad un cavo elettrico lungo 1 chilometro e mezzo.

La raccolta differenziataSpreco significa non usare quanto sarebbe potuto servire; per cui uno spre-co può anche essere un cibo magari avariato che viene gettato nel rifiuto secco e non nell’umido. Anche il cibo inservibile può aiutare, producendo energia. Un uso più comune, specialmente in Italia, è quello del compostag-gio, che alla fine porta alla creazione di sostanze adatte alle coltivazioni.

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Niente più confezioniPer quanto riguarda i cibi preconfezionati ci sono due aspetti da citare. Il primo è che, quando compriamo tali cibi, ci prendiamo la responsabilità di comprare qualcosa che non avrà lo stesso gusto di ciò che potrebbe essere fresco e di qualità. Quando compriamo alcuni alimenti preconfezionati, lo facciamo con l’intento di tenerlo nel frigorifero o nella dispensa e di lasciar-lo aperto per qualche giorno, fino a quando poi ci accorgiamo che non sono stati conservati bene e sono da buttare via. Nel mondo sprechiamo tanto, tantissimo cibo; e comporta dei costi sia in termini ambientali, sia in termini economici, sia in termini sociali.

Modelli produttivi agricoli e insicurezza alimentareSul piano strettamente ecologico si può pensare all’agro-ecosistema come ad un ecosistema che l’uomo mantiene costantemente e forzatamente in condizioni di immaturità al fine di ottenere una resa più elevata rispetto ad un ecosistema naturale. Nella conversione di un habitat naturale a sistema agricolo si riducono gli elementi strutturali originari in modo da poter confe-rire allo spazio agricolo un ordine prestabilito, finalizzato alla produzione. In funzione del grado di semplificazione più o meno spinta (abbattimenti di siepi ed eliminazione di zone di discontinuità, spianamenti, adozione di monoculture, ecc.) l’agro-ecosistema può perdere le sue funzioni ecologiche originarie e diventare fonte di esternalità negative.

Biodiversità e insicurezza alimentareDal punto di vista della sostenibilità ambientale, uno degli aspetti più rilevanti della Rivoluzione verde e della globalizzazione agricola è stata la semplificazione esterna dell’agro-sistema, sia spaziale, in seguito ad una forte meccanizzazione agricola, e sia funzionale, con l’adozione di monocolture e con la riduzione del tipo e del numero di specie coltivate e allevate. Questo ha comportato una pesante perdita di risorse genetiche e biologiche; cresce il numero di specie e razze estinte o in via d’estinzione, mentre aumenta negli anni la superficie mondiale coltivata con OGM, con 125 milioni di ettari nel 2007. L’agricoltura finalizzata all’esportazione coesiste con l’agricoltura di sussistenza. La seconda è relegata ad ambien-ti marginali ed ecologicamente fragili, non adatti all’uso agricolo, con il risultato di una resa molto bassa e di un danno all’ambiente naturale e alla biodiversità.

Conclusioni La profonda trasformazione che il settore primario ha subito negli ultimi de-cenni non ha riguardato solo aspetti ambientali, produttivi e di mercato, ma ha comportato un cambiamento altrettanto profondo nelle abitudini alimen-tari in ogni parte del mondo, anche in virtù del suo stretto legame con l’in-dustria agro-alimentare in un contesto di globalizzazione. In molte regioni meno fortunate del mondo il cambiamento dello stile alimentare è con ogni probabilità da attribuirsi ad un generale peggioramento delle condizioni di vita, dal punto di vista ambientale, economico e sociale. Dall’analisi di cor-relazione effettuata, emerge una chiara correlazione tra modelli produttivi agricoli e malnutrizione, si evidenzia la necessità di affrontare il problema della malnutrizione in ogni suo aspetto non solo attraverso i concetti di svi-luppo agricolo e di offerta alimentare, ma anche come diritto dell’individuo ad una sana alimentazione.

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AGRICOLTURA E RIDUZIONE DELLA POVERTÀ E DELL’INSICUREZZA ALIMENTARELa povertà e l’insicurezza alimentare sono certamente due dei più gravi pro-blemi che affliggono ancora oggi l’umanità. Secondo le ultime stime ufficiali disponibili, nei cosiddetti “paesi in via di sviluppo” vi sono 1.02 miliardi di persone denutrite, mentre 1.4 miliardi di persone vivono con meno di 1.25 US$ al giorno. Per quanto riguarda la povertà, molti studiosi, a partire dagli anni 70’, hanno messo in discussione la definizione e misurazione della po-vertà in termini monetari, proponendo approcci non monetari e multidimen-sionali. In ogni caso, a prescindere dalle questioni metodologiche, alcuni aspetti della fame e della povertà a livello globale sono ormai accertati:

a) Le aree più colpite in termini sia assoluti sia relativi sono l’Asia meridio-nale e l’Africa sub-sahariana.

b) L’incidenza dei 2 fenomeni è generalmente maggiore nelle aree rurali.c) Paesi in cui l’agricoltura ha un peso maggiore sono quelli più colpiti.

Il nesso agricoltura-fame-povertà: la visione convenzionaleSecondo la visione più affermata, esiste una relazione ben precisa e bi-direzionale tra agricoltura, fame e povertà: Come abbiamo osservato in precedenza, attualmente circa tre quarti dei poveri nel mondo vivono nelle aree rurali dei paesi meno sviluppati. E traggono il proprio sostentamento principale dall’agricoltura. In molti casi si tratta di agricoltura di sussisten-za su piccola scala, con bassi livelli di produttività, fortemente dipendente dall’andamento climatico. Spesso la produzione destinata all’autoconsumo è scarsa e instabile, come pure la presenza di un surplus destinabile al mercato e l’eventuale reddito che ne deriva. Molte altre cause possono concorrere, come ad esempio carenze di infrastrutture e di servizi pubblici, difficoltà nell’accesso ai mercati, debole potere contrattuale e prezzi relativi sfavorevoli, problemi nell’accesso alle risorse primarie (terra, acqua).La fame generata dall’insicurezza alimentare, a sua volta, favorisce la povertà. Le persone malnutrite hanno una minore capacità di lavorare, di imparare e di avere cura di sé stessi e dei propri familiari. La soluzione è un processo di crescita agricola principalmente attraverso l’incremento della produttività, in particolare quella dei piccoli produttori. La crescita della po-polazione da sfamare è generalmente superiore a quella della produzione alimentare, poiché proprio le famiglie più povere hanno un tasso di fertilità maggiore. Il divario tra domanda e offerta interna di cibo tende perciò ad aumentare rapidamente. Laddove l’agricoltura resta il mezzo principale di sostentamento, la pressione demografica crescente sulle risorse naturali nelle aree rurali dei paesi meno sviluppati provoca un degrado o addirittura un esaurimento di queste risorse. In questo modo viene indebolita la base produttiva proprio delle famiglie rurali più povere, che vedono dunque peg-giorare le proprie condizioni. I problemi di sicurezza alimentare vanno analizzati inquadrandoli in questo scenario globale: se c’è circa un miliardo di persone denutrite, il motivo non è quindi la mancanza di cibo, ma il fatto che queste persone, per una serie di circostanze, non hanno accesso al cibo che è disponibile. Un generico aumento della produzione agricola mondiale, produce soltanto un ulterio-re aumento della disponibilità, ma non necessariamente un miglioramento dell’accesso. Per ridurre la fame è necessario intervenire sulle regole e i diritti che garantiscono l’accesso al cibo. Concentrare gli interventi princi-palmente sul settore agricolo, sebbene nel breve periodo possa migliorare le condizioni di vita dei piccoli produttori, trascura però di promuovere un sentiero di diversificazione nel lungo periodo. In effetti sono proprio i paesi con maggiore specializzazione agricola che non hanno ancora avviato un processo di trasformazione strutturale, ad avere maggiori difficoltà.

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PovertàLa povertà è la condizione di singole persone o collettività umane nel loro complesso, che si trovano ad avere, per ragioni di ordine economico, un limitato accesso a beni essenziali e primari, ovvero a beni e servizi sociali d’importanza vitale. La povertà diventa pauperismo quando riguarda masse che non riescono più ad assicurarsi i minimi mezzi di sussistenza. La povertà in linea generale tende a essere di grado più elevato nelle aree rurali che in quelle urbane dove vi sono maggiori opportunità di fonti di reddito: la povertà si accompagna a un isolamento sociale. La povertà è poi fonte di ulteriori seri problemi: si vedano ad esempio i problemi sanitari che carat-terizzano le baraccopoli o gli slums nei paesi in via di sviluppo. Le famiglie povere sono di norma quelle più numerose con un numero elevato di figli e di persone conviventi nello stesso ambito familiare. Il lavoro minorile è una fonte di reddito spesso essenziale per le famiglie povere, ma spesso causa una carenza di istruzione, determinando una sorta di circolo vizioso della povertà. La posizione della donna riguardo alla situazione di povertà è spesso svantaggiata rispetto a quella dell’uomo. Il termine povertà può assumere molteplici significati. Quando la povertà assume connotazioni estreme di assenza di beni materiali primari si parla di miseria, termine che assume oltre a quello economico e sociale, come quel-lo di povertà, anche un valore immateriale indicante sia un estrema infelicità sia una condizione spirituale di grettezza e meschinità morale. La soglia di povertà è un termine di riferimento oggettivo che caratterizza quantitativa-mente una determinata situazione di povertà, per cui chi vive in condizioni tali da non raggiungere il minimo per la sopravvivenza può essere indicato in condizioni di povertà. Non esistono invece indicatori certi dello stato di miseria. Una dignitosa miseria è un’espressione improponibile.

Povertà ed emarginazioneLa povertà costituisce la principale causa, ma non l’unica, di esclusione sociale o emarginazione. Ciò vale a distinguerla da altre situazioni in cui la privazione ha origini diverse, come ad esempio i casi di discriminazione su base etnica, religiosa, sessuale. Si parla di povertà anche in termini “relati-vi”, cioè in riferimento a situazioni di rilevante disparità di reddito e potere d’acquisto fra singoli e gruppi sociali nella stessa comunità nazionale o locale.

Storia sintetica della povertà nel mondo occidentaleLa storia della povertà coincide evidentemente con quella dell’umanità. Uomini dalle condizioni disagiate rispetto ad altri sono stati presenti in tutte le società organizzate. È evidente che il concetto di povertà è un concet-to relativo nel senso che in una ipotetica società di poveri il meno povero

assume la dignità di ricco. La povertà quindi come tale è in connessione con il concetto di ricchezza per cui ad esempio sociologi ottocenteschi hanno sostenuto la tesi che è la stessa ricchezza nell’ambito dell’economia indu-striale a produrre la povertà.

Povertà e malattiaNel XII secolo la condizione di povero incomincia a essere distinta tra coloro che avevano scelto la povertà come un mezzo per arrivare a Dio, com’erano i frati mendicanti di S.Francesco e quelli che erano poveri per necessità. Un segno per identificare il vero povero dal falso è la malattia: il vero povero a causa delle gravi carenze alimentari è affetto da malattie come la peste, il vaiolo e la lebbra. Il povero quindi coincide con il malato che deve essere accolto e aiutato.

Povertà e ribellioneS.Francesco d’Assisi: la concezione della povertà diventa con lui non solo imitazione della vita di Cristo ma viene interpretata anche come denuncia della condotta morale della Chiesa e del suo potere temporale.

La povertà nell’età moderna Le istituzioni cittadine cominciano allora a distinguere tra la povertà ”vera” da quella “falsa” comprendendo nella prima i malati, coloro che non potevano più mantenersi per motivi fisici, i ragazzi e i bambini abbandonati dalle famiglie, i vecchi che non potevano più lavorare. Vi erano poi i poveri organizzati in compagnie come quelle dei ciechi e degli storpi riconosciute dall’assistenza pubblica. A questi si aggiungeva la moltitudine dei poveri oc-casionali che ricevevano l’elemosina saltuariamente, costituita da lavoratori che attraversavano periodi di povertà dovute soprattutto ai debiti che non riuscivano a saldare. A questo malessere sociale la Chiesa cattolica cerca di rispondere con la creazione di numerose organizzazioni caritative e assistenziali schierando in prima fila la generosità altruistica dei grandi santi del Cinquecento. Diversamente reagirono le autorità cittadine e statali che con metodi repressivi cercano di eliminare la presenza dei poveri nelle città, eliminando la possibilità del loro continuo vagabondare. I poveri vengono a forza arruolati negli eserciti o divengono rematori nelle galere.

La povertà nel XVIII secoloIl povero cattivo è colui che rifiuta il lavoro come mezzo di espiazione, per guadagnarsi la grazia divina, e strumento dato da Dio per riscattarsi dal peccato originale; chi non lavora quindi è colui che si ribella e rifiuta

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Dio. L’inutilità sociale del povero determina la sua condanna ed esclusione dalla società dei buoni. Furono istituiti i depots de mendicité (depositi di mendicità) dove erano internati i vagabondi e i mendicanti mentre negli ospedali generali venivano ricoverati i poveri di ogni genere. Nei depots ai mendicanti era offerto un ricovero provvisorio in attesa che li reclamasse la famiglia o un qualche datore di lavoro. Sommosse e agitazioni nascevano periodicamente in quegli agglomerati di mendicanti e assumevano spesso il carattere di aperte e sanguinose rivolte. La rivoluzione del 1789 mise fine anche ai depositi di mendicità segnando la conclusione dell’epoca della “grande reclusione”. Infine, in Inghilterra nel 1834 viene abolita la carità legale, proibiva l’aiuto a domicilio e costringeva i poveri nelle workhouse (case di lavoro).

InediaL’inedia è una grave riduzione nell’apporto di vitamine, nutrienti e in gene-rale di energia; è la forma più estrema di malnutrizione. Uno stato di inedia prolungata (oltre 1-2 mesi) causa danni permanenti agli organi e può anche portare alla morte. Secondo stime della FAO del 2003, più di 25.000 per-sone muoiono di fame ogni giorno.

Segni e sintomi e trattamento Gli individui affetti da inedia perdono sostanzialmente materia grassa e massa muscolare perché il corpo si rivolge a questi tessuti per ricavarne energia. La deficienza di vitamine è un altro sintomo comune e spesso causa anemie, beriberi, pellagra e scorbuto. Questi disturbi possono poi causare collasso cardiaco.Effetti fisici: costipazione e squilibrio gastrointestinale – disturbi del sonno – debolezza – modifica nella chimica cerebrale che regola l’appetito e il desiderio del cibo. Effetti cognitivi: diminuzione della concentrazione – poco giudizio – apatia.Effetti emotivi e sociali: depressione – ansietà – irritabilità e facilità alla collera – instabilità – episodi psicotici – cambi di personalità – rinuncia alla socializzazione.L’inedia viene solitamente trattata con un lento e progressivo aumento dell’apporto di cibo finché non termina la deficienza di nutrimenti. La re-a-limentazione deve essere effettuata in ospedale con la supervisione di un medico, con lo scopo di evitare la sindrome da re-alimentazione.

DONNE E AGRICOLTURA IN AFRICALa Dichiarazione universale dei diritti umani riconosce l’integrità e l’essenza della dignità di tutti gli esseri umani. Nonostante questo in molti casi i diritti delle donne restano molto limitati rispetto a quelli degli uomini, in partico-lare modo nelle zone rurali dei paesi in via di sviluppo l’accesso ai diritti economici e sociali è spesso ostacolato se non impedito. La vulnerabilità delle donne è quattro volte più profonda.Primo: esiste una discriminazione sistematica rispetto all’accesso alla terra.Secondo: esiste una discriminazione nell’ambito socio-culturale e politico.Terzo: le donne sono la maggioranza dei lavoratori agricoli ma gli uomini beneficiano di tutti i vantaggi legati alla remunerazione. Le donne, per con-tro, sono migliori nell’investire i guadagni in cibo, sanità e nell’educazione dei bambini con conseguenze positive per quanto riguarda la salubrità del cibo, la produzione agricola e la nutrizione.Quarto: le donna sono particolarmente esposte alla violenza sessuale . Durante la Quarta Conferenza Mondiale sulle Donne i governi riconobbero una dimensione di genere alla povertà, estendendone la definizione oltre l’aspetto materiale; questo significa considerare l’importanza d’avere un minimo di diritti di base e la consapevolezza che la negazione di opportuni-tà e scelte contribuisce alla povertà.Secondo uno studio della FAO l’eliminazione delle differenze tra uomo e donna, in agricoltura, contribuirebbe a diminuire il numero delle persone ridotte alla fame di una percentuale tra il 12 e il 17%.

Approccio ai diritti di base Le donne che vivono nelle aree rurali basandosi su un’agricoltura di sus-sistenza vivono in una vera condizione di povertà, sottoposte a violenza di genere e sessuale e di conseguenza esposte al contagio dell’AIDS e di altre malattie sessualmente trasmissibili. Una vera formazione, strutturata e diffusa è indispensabile. Tutti i partiti dei vari governi dovrebbero perciò assicurare alle donne questi diritti:Partecipazione a programmi di sviluppo su tutti i livelli.Educazione, formazione ed estensione dei diritti per poter potenziare la loro preparazione tecnica.Crediti e prestiti per le attività agricole, formazione a tecnologie appropria-te e uguali trattamenti per quanto riguarda le riforme agricole anche nella gestione dei diritti sulle terre.Facilitazioni adeguate per quanto riguarda la sanità, inclusa la formazione sulla pianificazione familiare.

Con la crescita commerciale dell’agricoltura, la posizione dominante degli uomini si sta consolidando. Un esempio: la crescente domanda di vegetali

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induce gli uomini a costituire imprese commerciali espropriando le donne di una coltura tradizionalmente femminile, ciò riduce la loro produzione di cibo per l’andamento familiare, le loro entrate e di conseguenza la loro po-sizione sociale. D’altro canto l’emigrazione degli uomini poveri dalle zone rurali, in cerca di lavoro, lascia le donne completamente sole nella gestione del tutto (ricerca del cibo, produzione agricola e crescita dei figli).

Donne e terraIl diritto alla terra fa parte dei diritti umani di base ed ha un rapporto di-retto con la realizzazione dei diritti economici, sociali e culturali, e in modo particolare con il diritto al cibo. Nell’africa sub-sahariana, la quasi totalità della terra è di proprietà dello Stato e delle tribù locali.

Il caso Etiopia La terra è di proprietà dello Stato che ne cede i diritti ai suoi cittadini. Comunque sia, anche se non è ufficialmente riconosciuto, o supportato da leggi specifiche, gli uomini e l’élite degli agricoltori, sono largamente privi-legiati rispetto alle donne e ai piccoli agricoltori. L’Etiopia è fortemente ca-ratterizzata da differenze etniche e religiose. È per questo che in genere la terra e gli animali sono di proprietà degli uomini. Quando le donne voglio-no vendere qualsiasi cosa di loro proprietà, devono avere l’approvazione dei loro mariti. Le donne divorziate e/o vedove, non hanno diritti sulla terra finché vivono con la famiglia del marito.

Il caso Kenya Generalmente in Kenya è sempre il governo a gestire la distribuzione della terra, delle mandrie e e dei raccolti; secondo una vecchia legge mogli e fi-glie non possono ereditare la proprietà familiare anche se in effetti la nuova Costituzione varata nel 2010 lo permetterebbe. Le donne purtroppo ancora oggi non hanno nessuna voce o diritto perché non sono ancora riconosciu-te come gruppo di genere. Le ragazze nubili hanno dritto a usare la terra dove vivono ma possono gestire solo colture annuali e non pluriennali.

Terra confiscata vista da una prospettiva di genereQuando il contratto di gestione dei terreni è a nome solo del “maschio”, la donna spesso non ha alcun ruolo nel processo di consultazione o decisione finale sulla cessione o vendita. È persino molto comune che le terre gestite dalle donne possano essere dichiarate dai governi ‘terre inutili’ e concesse ad investitori esteri in genere per la produzione di biocarburanti.

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Rep. CentrafricanaFacciamo comunità

LuogoNana-Mambere, Repubblica Centrafricana

DestinatariIl progetto prevede due destinatari principali: i giovani per dare loro un la-voro e una possibilità di sopravvivenza e le famiglie per offrire loro elementi di coesione e unione.

Obiettivi generaliRafforzare il progetto di Caritas già esistente, attraverso il sostegno alla formazione delle Associazioni agricole, per la produzione e il commercio di beni di prima necessità.

ContestoLa Repubblica Centrafricana (RCA) nonostante la ricchezza di risorse na-turali, è tra i paesi più poveri al mondo. Il 75% della manodopera attiva si trova nel contesto rurale ed è costituita in maggioranza da giovani, poten-ziale produttivo da valorizzare attraverso la formazione professionale e dal rilancio di movimenti associativi.

Interventi La proposta di Caritas Bouar fa parte della categoria dei progetti di “sicu-rezza alimentare”: la formazione di associazioni agricole, oltre a sostenere il coraggio e la motivazione dei singoli, può essere un fattore di coesione sociale e di sviluppo sostenibile. Inoltre permette l’acquisizione di nuove tecniche appropriate di lavoro e aiuta nella ricerca di sbocchi commerciali. Nei villaggi la realtà commerciale è centrata sul mercato settimanale in cui specialmente le donne si recano, percorrendo fino a 30-40 km a piedi. L’esi-genza ora è quella di creare nuove forme di mercato che permettano un mi-gliore rendimento e una minore fatica, per esempio creando un magazzino d’acquisto, stoccaggio e vendita dei prodotti agricoli delle associazioni. Il magazzino, affidato a un’associazione femminile locale dà fiducia e visibili-tà alle associazioni agricole locali di fronte alle autorità governative.

Importo progetto: 20mila euro.

MozambicoSuppORTI alla nutrizione

LuogoDiocesi di Inhambane, Mozambico

DestinatariI beneficiari si concentrano nel Distretto di Maxixe dove si trovano le scuole per l’infanzia. Saranno coinvolte 540 madri, le relative famiglie (circa 3.100 persone), e 40 maestre.

Obiettivi generaliRidurre la malnutrizione promuovendo modelli di produzione e consumo alimentare sani ed eco-sostenibili.

ContestoIn Mozambico la malnutrizione è altamente preoccupante: il 44% dei bam-bini sotto i cinque anni di età soffre di malnutrizione cronica, il 18% è sotto-peso e il 4% presenta malnutrizione acuta. L’agricoltura locale non riesce a garantire una produzione diversificata e stabile in quanto praticata con tecniche di sussistenza e su un suolo arenoso e povero. Le cattive pratiche igienico-sanitarie nella conservazione e preparazione dei cibi aggravano la situazione.

InterventiL’associazione CeLIM (Centro Laici Italiani per le Missioni) e la controparte locale desiderano realizzare un intervento che migliori lo stato nutriziona-le dei bambini e delle comunità. Le madri dei bambini che frequentano le scuole dell’infanzia beneficeranno di un ciclo di formazione sulle pratiche di agricoltura sostenibile e sulla promozione delle colture autoctone. Saranno affrontati, inoltre, i temi della corretta alimentazione, e saranno elaborati contenuti specifici, a carattere ludico/ricreativo, per permettere ai bambini di riconoscere ed apprezzare gli alimenti fondamentali per la loro alimen-tazione. In ognuna delle scuole per l’infanzia sarà infine realizzato un orto scolastico che, oltre ad essere un’opportunità formativa, garantirà una forni-tura di alimenti con migliorato e bilanciato apporto nutrizionale.

Importo progetto: 15mila euro.

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MoldovaProssimo al tuo prossimo

LuogoChisinau-Moldova

DestinatariPensionati, persone senza fissa dimora, immigrati, ecc che vivono al limite dell’esclusione sociale e della fame.

Obiettivi generaliCreazione di una mensa mobile e un magazzino, un sistema logistico di raccolta e distribuzione di prodotti per la solidarietà sociale.

ContestoGli standard sanitari in vigore in Moldova, i costi elevati di ristrutturazione e arredo di una cucina e l’opportunità di lavorare in rete con altre associazio-ni presenti sul territorio, hanno motivato la Missione Sociale Diaconia ad av-viare una partnership con la Chiesa cattolica. La crisi economica ha toccato in modo particolare il settore reale dell’economia moldava. Molte categorie sociali tra cui gli anziani non riescono a soddisfare alcuni dei bisogni prima-ri, per sopravvivere vendono quello che hanno accumulato durante la loro vita e spesso diventano vittime di usurai finando per rimanere senza casa. I servizi destinati a questi gruppi sociali sono insufficienti.

InterventiMissione Sociale Diaconia si propone di realizzare un progetto per la rea-lizzazione e distribuzione di pasti caldi in diverse zone della capitale Chi-sinau. Allo stesso tempo vorrebbe aprire anche uno spazio dove stoccare beni di prima necessità da distribuire a persone in difficoltà. I pasti saranno caricati e distribuiti dai volontari con un furgone che raggiungerà, in orari definiti, varie parrocchie della città. Il progetto prevede anche lo sviluppo di partenariati con soggetti privati (supermercati, negozi etc.) per una raccolta continua che possa sostenere la richiesta nel tempo. Tutti i servizi descritti hanno lo scopo di portare aiuto ai bisognosi e insieme stimolare il coinvolgi-mento attivo della comunità.

Importo progetto: 15mila euro.

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