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Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,50 Copia arretrata € 3,00 (diffusione e vendita 2-3 gennaio 2021) L ’O SSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO POLITICO RELIGIOSO Unicuique suum Non praevalebunt Anno CLXI n. 1 (48.624) sabato 2 gennaio 2021 Città del Vaticano y(7HA3J1*QSSKKM( +#!"!=!z!% Duri il paradosso di Natale SEGUE A PA G I N A 3 Cambio di passo di ANDREA MONDA I l Santo Padre lo aveva detto e ripetuto più volte nel corso di questo lungo an- no 2020 ormai concluso: la crisi ci tra- sforma, alla fine della crisi siamo di- versi da come eravamo prima, migliori o peggiori, ma diversi. L’ultimo giorno dell’anno una dolorosa sciatalgia ha bloccato il Papa che non ha po- tuto presiedere ai riti di fine e di inizio anno. Non è una novità questa della sua sofferenza al nervo sciatico ma la coincidenza temporale colpisce e fa risuonare il piccolo e semplice episodio “clinico” trasportandolo ad un livel- lo simbolico. Il pensiero vola al testo biblico e in particolare alla sciatalgia che colpisce Gia- cobbe al termine dell’incontro-scontro not- turno con l’angelo del Signore al guado dello Yabbok. È l’episodio della lotta di Giacobbe con Dio (Genesi 32, 23-33), un «avvenimento misterioso» come ha osservato Romano Guardini, che «affonda nella memoria e vi ri- mane impresso. Forse non lo si capisce, oppu- re si sente che è pieno della realtà più sacra. Ci si riflette, lo si tira fuori e vi si trova sempre an- cora qualcosa in più». Al termine dell’episo- dio, dopo la strenua lotta notturna, arriva l’al- ba e con lo spuntare del sole si vede che Gia- cobbe zoppica all’anca «perché quegli aveva colpito l’articolazione del femore di Giacobbe nel nervo sciatico». La lotta, un serrato corpo a corpo ricco di colpi di scena, si è svolta lun- go la notte, quando «Giacobbe rimase solo». Questo 2020 è stata la lunga notte in cui l’u- manità si è trovata sola, a combattere una stre- nua lotta di cui soltanto in questi ultimi giorni si può intravedere la fine, il nuovo spuntare del sole. Di quest’anno tutti ricorderanno le immagini del 27 marzo, con il Papa da solo sotto la pioggia nel tramonto di una sera buia uscito nella desolazione di piazza San Pietro per supplicare il Signore, quasi come Noè che sotto il diluvio chiede salvezza a nome di tutti. Papa Francesco come Noè, ma ora anche Gia- cobbe, che cammina alla luce dell’alba con un senso di forza e di fiducia in più perché ha chiesto e ottenuto la benedizione da parte del- l’angelo del Signore e ha ascoltato le sue paro- le: «Hai combattuto con Dio e con gli uomini e hai vinto!». Non è lo stesso Francesco di pri- ma, di un anno fa, così come fu per il patriarca biblico (al quale Dio ha cambiato anche il no- me da Giacobbe a Israele), e tutti e due zoppi- cano. Hanno dovuto cambiare il passo. È la crisi che costringe a questo: è il tempo propi- zio per il cambiamento, per la conversione. Un cambio di passo; di questo c’è bisogno per varcare la soglia di un tempo inedito, promet- tente di nuova luce. Solo cambiando il passo, il modo abituale di camminare, si può vedere il mondo da un’altra prospettiva. Chi si osti- nerà a camminare come faceva prima rimarrà rigido di un rigor mortis, chi invece riconoscerà che la crisi è giunta e scompigliandoci ci ha se- gnati tutti, senza distinzioni, allora vivrà. C’è una “spia” che segnala se questo pas- saggio è veramente accaduto in profondità o è stato solo un fatto emozionale e superficiale e anche questo particolare scaturisce dall’episo- dio biblico: la “spia” è il nostro rapporto con i fratelli. Giacobbe sta lì, da solo, al guado del fiume, nell’angoscia dell’imminente incontro con il temuto fratello Esaù. Solo dopo l’in- contro-scontro con Dio potrà abbracciarsi e riconciliarsi con il fratello. È la strada che ci indica Papa Francesco con l’enciclica Fratelli tutti, pensata prima ma finita di scrivere du- rante la pandemia: nel momento della crisi la via d’uscita è quella di chiedere la forza a Dio per aprirsi agli altri, prendersi cura dei fratelli spezzando le catene del vittimismo e del nar- cisismo. Saremo curati se ci prenderemo cura degli altri. C’è un guado da attraversare da- vanti a noi e lo si può fare ma solo se siamo pronti a questo doloroso e vitale cambio di passo. Senza educazione Senza medicine Affamati NOSTRE INFORMAZIONI PAGINA 10 All’Angelus del 1° gennaio la preghiera e la preoccupazione di Papa Francesco per i bambini dello Yemen di MICHELE GIULIO MASCIARELLI D opo tanto cedimento allo spi- rito del tempo perfino nel ce- lebrare la santa memoria del Natale del Signore, siamo or- mai nella necessità di recuperarne il sen- so del mistero, ossia di riconsiderarlo con serietà. Il Natale è festa della tenerezza nel senso che è evento centrale nella sto- ria di misericordia che il Dio trinitario ha ideato e attivato per la comunità degli uomini. Questa festa cristiana non ha, perciò, nulla da spartire con la sua dolci- ficazione e l’edulcorazione che ne ha operato la società consumistica, la quale di tutto abbonda, meno che di delicatez- za e di profondità spirituale; tutto sem- bra possedere meno la capacità di vibrare in presenza del mistero. Il carattere “drammatico” del Natale Le feste cristiane hanno senso solo nella prospettiva credente. Fuori del- l’orizzonte di fede, esse iniziano a si- gnificare cose diverse: potremmo dire che si deteriorano nello spirito e nella loro identità più vera. Riflettiamo. Quello di Natale è uno dei racconti evangelici più drammatici e duri, acco- stabile alla fenomenologia della passio- ne e della morte del Cristo: — la Vergine di Nazaret fu raggiunta, già prima di generare Gesù, dall’assicu- razione angelica: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio» (Lc 2, 30); — la venuta del Figlio di Dio viene preannunciata con la severità di un uo- mo penitente, la cui voce grida nella desolazione del «deserto» (Mc 1, 3); — i pastori «furono presi da grande «Senza educazione, senza medicine, affamati», i bambini dello Yemen occupano un posto speciale nel cuore di Papa Francesco, che nel primo Angelus del nuovo anno ha voluto esprimere «dolore e preoccupazione per l’ulteriore inaspri- mento delle violenze» nel Paese arabo, le quali stanno pro- vocando «numerose vittime innocenti», soprattutto tra i più piccoli, stremati dalla mancanza di cibo. Da qui la preghiera del Pontefice che si fa anche appello «affinché ci si adoperi a trovare soluzioni che permettano il ritorno della pace per quelle martoriate popolazioni». Il vescovo di Roma ha volu- to guidare la recita dell’Angelus nonostante la dolorosa sciatalgia che lo ha costretto a rinunciare alle tradizionali ce- lebrazioni del 31 dicembre e del 1° gennaio nella basilica va- ticana, che sono state presiedute rispettivamente dal cardi- nale decano e dal segretario di Stato. Entrambi i porporati hanno letto le omelie preparate dal Pontefice per la circo- stanza. PAGINE 11 E 12 L’Onu denuncia la peggiore crisi umanitaria del mondo Pagina 4 Online da oggi il numero di gennaio del mensile dell’Osservatore Romano «D onne Chiesa Mondo» CAPODANNO A cena da «quelli della stazione» MARINA PICCONE NELLE PA G I N E 2 E 3

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    L’OSSERVATORE ROMANOGIORNALE QUOTIDIANO POLITICO RELIGIOSO

    Unicuique suum Non praevalebunt

    Anno CLXI n. 1 (48.624) sabato 2 gennaio 2021Città del Vaticano

    y(7HA

    3J1*QS

    SKKM(

    +#!"!=!z

    !%

    Duri il paradosso di Natale

    SEGUE A PA G I N A 3

    Cambiodi passo

    di ANDREA MONDA

    I l Santo Padre lo aveva detto e ripetutopiù volte nel corso di questo lungo an-no 2020 ormai concluso: la crisi ci tra-sforma, alla fine della crisi siamo di-versi da come eravamo prima, migliori opeggiori, ma diversi.

    L’ultimo giorno dell’anno una dolorosasciatalgia ha bloccato il Papa che non ha po-tuto presiedere ai riti di fine e di inizio anno.Non è una novità questa della sua sofferenzaal nervo sciatico ma la coincidenza temporalecolpisce e fa risuonare il piccolo e sempliceepisodio “clinico” trasportandolo ad un livel-lo simbolico. Il pensiero vola al testo biblico ein particolare alla sciatalgia che colpisce Gia-cobbe al termine dell’incontro-scontro not-turno con l’angelo del Signore al guado delloYabbok. È l’episodio della lotta di Giacobbecon Dio (Genesi 32, 23-33), un «avvenimentomisterioso» come ha osservato RomanoGuardini, che «affonda nella memoria e vi ri-mane impresso. Forse non lo si capisce, oppu-re si sente che è pieno della realtà più sacra. Cisi riflette, lo si tira fuori e vi si trova sempre an-cora qualcosa in più». Al termine dell’episo -dio, dopo la strenua lotta notturna, arriva l’al -ba e con lo spuntare del sole si vede che Gia-cobbe zoppica all’anca «perché quegli avevacolpito l’articolazione del femore di Giacobbenel nervo sciatico». La lotta, un serrato corpoa corpo ricco di colpi di scena, si è svolta lun-go la notte, quando «Giacobbe rimase solo».

    Questo 2020 è stata la lunga notte in cui l’u-manità si è trovata sola, a combattere una stre-nua lotta di cui soltanto in questi ultimi giornisi può intravedere la fine, il nuovo spuntaredel sole. Di quest’anno tutti ricorderanno leimmagini del 27 marzo, con il Papa da solosotto la pioggia nel tramonto di una sera buiauscito nella desolazione di piazza San Pietroper supplicare il Signore, quasi come Noè chesotto il diluvio chiede salvezza a nome di tutti.Papa Francesco come Noè, ma ora anche Gia-cobbe, che cammina alla luce dell’alba con unsenso di forza e di fiducia in più perché hachiesto e ottenuto la benedizione da parte del-l’angelo del Signore e ha ascoltato le sue paro-le: «Hai combattuto con Dio e con gli uominie hai vinto!». Non è lo stesso Francesco di pri-ma, di un anno fa, così come fu per il patriarcabiblico (al quale Dio ha cambiato anche il no-me da Giacobbe a Israele), e tutti e due zoppi-cano. Hanno dovuto cambiare il passo. È lacrisi che costringe a questo: è il tempo propi-zio per il cambiamento, per la conversione.Un cambio di passo; di questo c’è bisogno pervarcare la soglia di un tempo inedito, promet-tente di nuova luce. Solo cambiando il passo,il modo abituale di camminare, si può vedereil mondo da un’altra prospettiva. Chi si osti-nerà a camminare come faceva prima rimarràrigido di un rigor mortis, chi invece riconosceràche la crisi è giunta e scompigliandoci ci ha se-gnati tutti, senza distinzioni, allora vivrà.

    C’è una “spia” che segnala se questo pas-saggio è veramente accaduto in profondità o èstato solo un fatto emozionale e superficiale eanche questo particolare scaturisce dall’episo -dio biblico: la “spia” è il nostro rapporto con ifratelli. Giacobbe sta lì, da solo, al guado delfiume, nell’angoscia dell’imminente incontrocon il temuto fratello Esaù. Solo dopo l’in -contro-scontro con Dio potrà abbracciarsi ericonciliarsi con il fratello. È la strada che ciindica Papa Francesco con l’enciclica Fra t e l l itutti, pensata prima ma finita di scrivere du-rante la pandemia: nel momento della crisi lavia d’uscita è quella di chiedere la forza a Dioper aprirsi agli altri, prendersi cura dei fratellispezzando le catene del vittimismo e del nar-cisismo. Saremo curati se ci prenderemo curadegli altri. C’è un guado da attraversare da-vanti a noi e lo si può fare ma solo se siamopronti a questo doloroso e vitale cambio dipasso.

    Senza educazioneSenza medicine

    Affamati

    NOSTREINFORMAZIONI

    PAGINA 10

    All’Angelusdel 1° gennaiola preghierae lapreo ccupazionedi PapaFr a n c e s c oper i bambinidello Yemen

    di MICHELE GIULIO MASCIARELLI

    Dopo tanto cedimento allo spi-rito del tempo perfino nel ce-lebrare la santa memoria delNatale del Signore, siamo or-mai nella necessità di recuperarne il sen-so del mistero, ossia di riconsiderarlo conserietà. Il Natale è festa della tenerezzanel senso che è evento centrale nella sto-ria di misericordia che il Dio trinitario haideato e attivato per la comunità degliuomini. Questa festa cristiana non ha,perciò, nulla da spartire con la sua dolci-ficazione e l’edulcorazione che ne haoperato la società consumistica, la qualedi tutto abbonda, meno che di delicatez-

    za e di profondità spirituale; tutto sem-bra possedere meno la capacità di vibrarein presenza del mistero.

    Il carattere “drammatico”del Natale

    Le feste cristiane hanno senso solonella prospettiva credente. Fuori del-l’orizzonte di fede, esse iniziano a si-gnificare cose diverse: potremmo direche si deteriorano nello spirito e nellaloro identità più vera. Riflettiamo.Quello di Natale è uno dei raccontievangelici più drammatici e duri, acco-stabile alla fenomenologia della passio-ne e della morte del Cristo:

    — la Vergine di Nazaret fu raggiunta,già prima di generare Gesù, dall’assicu -razione angelica: «Non temere, Maria,perché hai trovato grazia presso Dio»(Lc 2, 30);

    — la venuta del Figlio di Dio vienepreannunciata con la severità di un uo-

    mo penitente, la cui voce grida nelladesolazione del «deserto» (Mc 1, 3);

    — i pastori «furono presi da grande

    «Senza educazione, senza medicine, affamati», i bambinidello Yemen occupano un posto speciale nel cuore di PapaFrancesco, che nel primo Angelus del nuovo anno ha volutoesprimere «dolore e preoccupazione per l’ulteriore inaspri-mento delle violenze» nel Paese arabo, le quali stanno pro-vocando «numerose vittime innocenti», soprattutto tra i piùpiccoli, stremati dalla mancanza di cibo. Da qui la preghieradel Pontefice che si fa anche appello «affinché ci si adoperia trovare soluzioni che permettano il ritorno della pace perquelle martoriate popolazioni». Il vescovo di Roma ha volu-to guidare la recita dell’Angelus nonostante la dolorosasciatalgia che lo ha costretto a rinunciare alle tradizionali ce-lebrazioni del 31 dicembre e del 1° gennaio nella basilica va-ticana, che sono state presiedute rispettivamente dal cardi-nale decano e dal segretario di Stato. Entrambi i porporatihanno letto le omelie preparate dal Pontefice per la circo-stanza.

    PAGINE 11 E 12

    L’Onu denunciala peggiore crisi umanitaria del mondo

    Pagina 4

    Online da oggiil numero di gennaio

    del mensiledell’O sservatore

    Romano«D onne

    Chiesa Mondo»

    CAPODANNO

    A cenada «quelli della stazione»

    MARINA PICCONE NELLE PA G I N E 2 E 3

  • L’OSSERVATORE ROMANOpagina 2 sabato 2 gennaio 2021

    Oggi in primo piano - Il capodanno degli ultimi per le strade di Roma

    A cenada «quelli della stazione»

    di MARINA PICCONE

    Un capodanno diverso per tut-ti, quello del 2021. Niente ce-noni, niente veglioni, nientebrindisi e balli in piazza. Insolitudine nelle nostre case,questo inizio d’anno lo ricor-deremo a lungo, con un po’di tristezza. Per gli abitantidella strada, invece, è stato lostesso capodanno di sempre,da lasciar scorrere e dimenti-care come gli altri capodanni,come tutti gli altri giorni.

    In questa Roma deserta, distruggente bellezza, sono lo-ro gli unici a circolare, per ri-cevere un pasto caldo e unacoperta. È una sera fredda diluna piena, quella del 31 di-cembre, e la Comunità diSant’Egidio sta allestendo lostand per la distribuzione delcibo nel piazzale della stazio-ne Tuscolana. Nello stessomomento, altri venti standdella comunità, in altrettantezone di Roma, si stanno pre-parando per accogliere una

    popolazione dolente, in cercadi un sostegno e di un sorri-so. Insieme all’asso ciazioneBaobab, sono forse gli unicipresenti in questo giorno spe-ciale, colorato di rosso e, per-ciò, con poca possibilità dimovimento.

    Marco Sala, volontario di

    Baobab Experience alla Stazione Tiburtina

    Alle 19.30 in puntoCome ogni sera

    Sant’Egidio dal 1979, quandoera ancora uno studente di li-ceo, arriva intorno alle 18.30,con un carico di sacchettipieni di cibo appetitoso: lasa-gne, polpette, lenticchie,mandarini, panettoncino ebevande. «La cena del 24 edel 31 è più ricca delle altreanche se lo sforzo è quello diportare sempre cose buone e,il più possibile, personalizza-te» spiega Marco, che ognimartedì, da vent’anni, vienein questa stazione. Tuscolanaè stata infatti “ap erta” nel2000, per allargare il campod’azione. Le postazioni diTermini, Ostiense, Tiburtinae centro storico erano già at-tive da tempo.

    Insieme a Sant’Egidio cisono i volontari dell’asso cia-zione Il Granello di Senape,che gestiscono l’attività il ve-nerdì. «Ma noi non facciamodistinzione fra le associazio-ni. Ci chiamano quelli dellastazione», dice Roberto, peril quale «oggi è il giorno più

    bello dell’anno. Nel pe-riodo della chiusura,quando non erano con-sentiti gli spostamenti,eravamo in tre. Le perso-ne più fragili hanno sof-ferto».

    In questo lavoro «nonci si può fermare», inter-viene Marco Catino, pre-

    sidente dell’associazione, cheha come obiettivo quello dicollaborare con gli ultimi tragli ultimi, per favorire la lorocrescita sociale all’internodella propria cultura e delleproprie tradizioni. «Servonocostanza e impegno. La seradel 24 dicembre, una famiglia

    rom mi ha portato un’insala-ta russa cucinata apposita-mente per me. Mi sono com-mosso. Il rapporto all’inizionon è stato facile. C’era unachiusura totale. Poi, hannocominciato a fidarsi e, final-mente, hanno deciso di man-

    dare i bambini a scuola. Sia-mo arrivati a una relazionevera, sincera e alla pari». Èun lavoro «silenzioso che dài suoi frutti», commenta Ro-b erto.

    Ogni mese, Sant’Egidiodistribuisce 50 tonnellate dicibo nella città, soprattuttonelle periferie. Prima dellamalattia pandemica, oltre allamensa di via Dandolo aveva3 centri di distribuzione, oggisono 28. Alla stazione Tusco-lana, ogni volta arrivano frale 50 e le 70 persone.

    La prima è sempre Maria,94 anni. Accompagnata dalfiglio Orlando, 60 anni, è al-legra e sorridente sulla suacarrozzina, in cui è costrettada vent’anni. Maria e Orlan-do vivono in una casa sullaTuscolana e per venire quiprendono il treno. Una con-gregazione pentecostale dicui fa parte la aiuta, ognigiorno, a scendere le scalesollevandola di peso, perchénon c’è l’ascensore. «A mevogliono tutti bene» diceMaria, avvolta in un’ampiapelliccia e con un cappello intesta, da sotto il quale spun-tano gli occhi chiari e vispi.Una vita attiva la sua, nono-stante l’età e le condizioniprecarie. Ogni sera, alle 20,va in chiesa a pregare e ilmartedì e il venerdì viene quiper la cena. A Natale, dopola messa, ha avuto il suopranzo cucinato da filippini.Ma non le è piaciuto molto,«meglio le lasagne» dice ri-dendo.

    Racconta che il marito l’haabbandonata per un’altradonna quando Orlando ave-va 5 anni. Per poter tirareavanti è stata costretta a met-tere il bambino in un collegioe a vivere stabilmente nellecase in cui lavorava comecolf e babysitter. Questo leha consentito di mettere daparte i suoi guadagni e dicomprare una casetta. Orlan-do è tornato a vivere con leiall’età di 16 anni, segnato dailunghi anni di lontananza.Ora è lui, che ha una piccolapensione d’invalidità, a occu-parsi in tutto e per tutto del-la sua mamma. «Il Signoreme l’ha lasciato apposta» di-ce Maria, e il viso le si illu-mina.

    Orlando, un giubbino leg-gero sulle spalle curve, sotto-linea con brevi commenti esuoni il racconto della madre,da cui non si allontana mai.Gli offrono un giaccone pe-sante ma lui rifiuta, mite.«Grazie, non ho freddo» ri-pete. Ha gli occhi buoni dichi ha sofferto molto. Maria,da cui traspare un’antica bel-lezza, a un certo punto si in-tristisce. È colta dall’i m p ro v -viso timore che la voglianomettere in una casa di riposo.Lei non vuole, «il Signore miha lasciato una mente buona.Non mi fa mancare niente»dice, mentre si asciuga le la-crime con le mani lunghe e

    affusolate. Ma è il momentodella consegna del cibo enon c’è tempo per la tristez-za. La chiamano a gran voce.«Mi vogliono tutti bene» ri-pete, confortata dall’affettodei presenti.

    Tra i volontari, una venti-na, c’è anche Antonino, pic-colo e rotondo e con losguardo serio. Siciliano, 64anni, ha lasciato moglie e fi-gli quando ne aveva 32. «Lecose non andavano bene» di-ce in estrema sintesi. È salitosu un treno e ha cominciatola sua vita errabonda. PrimaMessina, poi Napoli, quindiRoma. Lavoretti improvvisatie notti sulla strada. Un mar-

    La prima ad arrivareè sempre Maria che ha 94 anni

    Accompagnata dal figlio Orlando,è allegra e sorridentesulla sua carrozzina

    «È un periodo. Speriamo che finisca— dice Ben Jalel raccontando la sua storia —Dio mi ha sempre aperto una finestra»

    A lla stazione Tiburtina, la cenacomincia puntuale alle 19.30, comeogni giorno. Ci sono circa 70persone, tutti migranti, per lo piùin transito. È per loro che, nel 2015, è natal’associazione Baobab Experience. Per lamaggior parte dei migranti, infatti, l’Italia èun Paese di transito verso i Paesi del nord,Germania, Francia, Belgio, Olanda, per cui,la popolazione che si rivolgeall’associazione muta continuamente. A oggi, più di 90.000 persone hanno ricevutoassistenza nei campi informali allestitidall’associazione con mezzi donati dallacittadinanza e dalla rete di solidarietàtrasversale attiva sul territorio. «I nostriospiti, spesso, arrivano direttamente daiporti di sbarco», racconta Andrea Costa,responsabile dell’associazione. «Molti sonoprofughi di guerra, persone che fuggonodalla carestia e dalla fame, vittime ditortura e tratta nei centri di detenzionelibici o di altri paesi di frontiera, reduci espesso naufraghi delle traversate dellasperanza nel Mediterraneo. Altri sono i“dublinati”, cioè quelli rispediti nel Paese diprimo approdo da un altro Paesedell’Unione». Baobab offre 120/130 pasti algiorno, diventati 230 nel primo

    confinamento, quando era impossibilemuoversi verso altri Paesi. In questi giornice ne sono 80/90. Gli altri sono partitiprima che il Paese si bloccasse di nuovo.Stasera sono Carla e Letizia, volontariestoriche, a servire i sacchetti con il cibo.L’atmosfera è serena e rilassata. Nientebrindisi, perché la maggior parte deipresenti non beve, ma, trascinati dallamusica, molti ballano. Baobab, oltre a pasticaldi e vestiario, offre cure mediche,assistenza legale e orientamento allo studio,alla formazione e alla ricerca del lavoro.«Stare ai margini di una metropoli comeRoma può essere alienante non solo per unrifugiato», continua Costa, in procinto dipartire per la Bosnia con un convoglioumanitario. «Per questo, organizziamoattività culturali, ricreative e sportive apertia tutta la cittadinanza attraverso le qualicresciamo insieme e tracciamo un percorsocomune verso l’integrazione». È ora diandare. Ci si scambiano gli auguri di Buonanno e le persone cominciano a sciamare.Non andranno molto lontano. Molti di lorodormono proprio lì, alla stazione. Uncantuccio preparato con cura e il cielostellato sopra di loro, a cui affidare lapropria preghiera. (marina piccone)

  • L’OSSERVATORE ROMANOsabato 2 gennaio 2021 pagina 3

    Oggi in primo piano - Il capodanno degli ultimi per le strade di Roma D uriil paradosso

    di Natale

    spavento» e dovettero anch’es -si ricevere la parola di confortodal cielo: «Non temete» (Lc 2,9-10);

    — alla notizia della nascita diGesù, «il re Erode si turbò econ lui tutta Gerusalemme»(Mt 2, 3);

    — il Figlio di Dio — commentaGiovanni — entra nella storia degliuomini «incompreso» e «non ac-colto» dai suoi, come «luce» rifiu-tata dalle «tenebre» (cfr. Gv 1, 10-11). Desta, perciò, non poca mera-viglia il fatto che questo evento cri-stiano, che sa già di evento marti-riale, abbia assunto nel tempo uncarattere in contrasto stridente conciò che esso è secondo i Vangeli.Anche il Natale resta segnato dalgraffio implacabile col quale lacultura dell’effimero riesce a sfre-giare i luoghi della geografia del-l’anima e a profanare le sante datedello spirito. La lettura dei “Van -geli dell’infanzia” chiede con forzaa noi cristiani di recuperare atten-zione verso i segni “drammatici”dell’evento natalizio.

    Il carattere radicaledel Natale

    È una constatazione incon-trovertibile: spesso, nella socie-tà di oggi, rispetto ai grandieventi cristiani si mostra perfi-no disponibilità ad accogliereil loro messaggio, ma questoviene quasi sempre inteso piùcome un ideale di saggezza chedi salvezza religiosa, più comenutrimento e potenziamentodel capitale umano che comeun richiamo di redenzione.Oggi si rischia l’indebolirsi delcarattere radicale del cristiane-simo: la sua profezia pare talo-ra farsi ideologia; la sua alteritàtrascendente sembra soffocarenella durezza della condizioneumana; la sua profondità disenso e la sua tensione al futuroultimo corre il pericolo di ac-corciarsi nelle brevi traiettoriedel futuro solo storico.

    Il cristianesimo ha esauritola sua funzione storica? si chie-deva in uno scritto del 1941 donPrimo Mazzolari. È forse lapreoccupazione che il cristia-nesimo possa perdere questafunzione che porta ad operarequell’«inginocchiamento di-nanzi al mondo» di cui parlavaJacques Maritain (cfr. Il contadi-no della Garonna, Morcelliana,Brescia 1980), osservando l’a-spra temperie secolarizzatriceesplosa dopo la chiusura delconcilio Vaticano II e, poi, laderiva debole e dolciastra chesi è data verso la new age, perico-losa stagione che non accennaa chiudersi, anche se la disgra-zia inattesa della pandemia for-se porta a considerare con piùserietà l’esposizione della fami-glia umana verso soglie di pen-siero e di comportamenti piùserie e più responsabili.

    La risposta alla domandamazzolariana se il cristianesi-mo conservi ancora la sua forzaprofetica, certamente ancoraintonsa: il cristianesimo non haesaurito e non esaurirà la suafunzione nel tempo dell’uomose resta radicale ed esigente,esplicito e completo, fedele al-l’uomo e aperto al Mistero. IlNatale, portando in sé il segnodella pienezza misterica che loporta ad essere profezia del mi-stero pasquale nei due fuochidi sofferenza e di gloria, esige e

    richiama questo carattere di“radicalità” ineliminabile.Simbolicamente la iconografiacristiana, mostrando talora ilBambino Gesù appoggiato auna piccola Croce o, addirittu-ra, sdraiato su di essa, esprime,in forma chiara drammatica, ledue polarità della salvezza.

    Natale, festa della gioiaFesta severa, il Natale non è

    affatto festa triste, ma gioiosa.Piuttosto, il Natale va sottrattoalla presa catturante del consu-mismo, che di questa solennitàapprofitta e che tende di tra-volgere facendola precipitarenel grande vortice del mercatoe dell’effimero. Per i cristiani ilNatale è anzitutto umiltà, si-lenzio, stupore, gioia dello spi-rito. La severità del Natale è difatto richiamata da Papa Ber-goglio che chiede di viverequesto mistero cristiano in vici-nanza alle pene dei poveri e deis o f f e re n t i .

    Maria, la Madre della Nati-vità, ci esorta anch’essa all’u-miltà, perché Dio possa trovarespazio nel nostro cuore, nonoscurato né occupato dall’or -goglio e dalla superbia. Ella ciindica il valore del silenzio, chesa ascoltare il canto degli An-geli e il vagito del Bimbo, nonsoffocandoli nel chiasso stor-dente e nella confusione dissi-pante. Ella ci chiama a sostaredinanzi al presepio, assaporan-do la gioia semplice e pura chequel Bambino reca all’umani -tà. Nella Notte Santa, l’A s t rosorgente, «splendore della luceeterna, sole di giustizia» (cfr.Antifona al Magnificat, 21 dicem-bre), verrà a illuminare chi gia-ce nelle tenebre e nell’ombradella morte.

    Natale ha bisogno di silen-zio per essere riconosciuto in sée nella vita dell’altro, come s’e-sprime madre Teresa di Calcut-ta: «è Natale ogni volta che ri-mani in silenzio per ascoltarel’altro». E possiamo continua-re dicendo che è Natale quan-do c’è lo spazio per l’invo cazio-ne, quando c’è lo spazio perchéil Figlio nasca in noi. Questagioia è completa soltantoquando questa realizzazionearmonica della nostra vita è at-tuata nell’apertura a Dio,grembo santo dal quale la no-stra esistenza è fiorita. «Quan-do mi sfiorano le tue mani im-mortali, il mio piccolo cuore sismarrisce dalla gioia e ne sgor-gano parole ineffabili», affer-ma il saggio poeta indiano, Ra-bindranath Tagore.

    Così concepita, la gioia au-tentica ci viene solo come do-no. Essa è la partecipazione al-la gioia di Cristo: «Ma ora ven-go a te Padre, e dico queste co-se nel mondo, affinché abbia-no in sé stessi la pienezza dellamia gioia», pregò Gesù primadi lasciare questo mondo (cfr.Gv 17, 13). «Afflitti», i discepolisono «sempre lieti» (2 Cor 6,10). San Paolo sovrabbonda digioia nelle sue tribolazioni (cfr.2 Cor 7, 4). La comunità cristia-na vive in una letizia semplice(cfr. At 2, 46) e la predicazionedella buona novella è dovun-que fonte di grande gioia (cfr.At 8, 8). Anzi, siccome Dio nonpuò essere trovato se non nel-l’uscire da sé stessi e nel darsiall’altro, l’altruismo è l’unicavia alla gioia autentica, che lalogica del Natale ci insegna.

    CO N T I N UA DA PAGINA 1

    LA POVERTÀ A ROMA

    Risolvere i problemi delle persone più fragilisignifica risolvere i problemi di tutti

    I dati del rapporto sulla povertà a Roma della Caritasdiocesana, pubblicati a dicembre, registrano una città ingrave affanno. Nel 2019, si registrava già un forte peggio-ramento delle condizioni di precarietà socio-economica diun numero sempre maggiore di persone e di famiglie e,allo stesso tempo, l’allargamento della forbice tra classisociali, con forti polarizzazioni. Nei primi mesi del 2020,con l’avvento del covid, questa situazione si è accentuata.Complessivamente, la quota di popolazione a rischio po-vertà è del 18%. L’impossibilità di affrontare spese legateall’abitazione o spese improvvise e la deprivazione abita-tiva (immobili insicuri o precari, mal riscaldati o in condi-zioni igieniche inadatte, alloggi in strada, roulotte o ten-de, ecc.) sono in costante accelerazione, con una percen-tuale del 6,9% sull’intera popolazione, superiore di quasi2 punti rispetto al dato nazionale (pari al 5%). Dal marzo2020 la popolazione romana è costretta a fronteggiare ol-tre all’emergenza sanitaria anche l’emergenza sociale e ali-mentare. Un disagio multifattoriale a cui la miriade di or-ganizzazioni presenti sul territorio offre un complessoprogramma di sostegno. Per orientarsi nei luoghi di aiutoe accoglienza, Sant’Egidio pubblica, ogni anno, la guidaDove, una specie di bussola per ottenere più facilmente leinformazioni necessarie. Dove mangiare, dove dormire,dove lavarsi, dove curarsi, dove ottenere documenti, pen-sione, buoni spesa, sussidi, sostegno, ascolto. «La rispo-sta è la rete», ha affermato Marco Impagliazzo, presiden-te della Comunità di Sant’Egidio, durante la conferenzastampa di presentazione della guida. «Se è aumentata lapovertà, è cresciuta anche la solidarietà, in termini siaeconomici sia di volontariato, rappresentato anche damolti giovani. Risolvere i problemi delle persone più fra-gili significa risolvere i problemi di tutti, perché, come di-ce Papa Francesco, ci si salva solo insieme». Nell’emer-genza è nato anche un nuovo impegno della Comunità,quello per la salute. In collaborazione con gli ospedali S.Giovanni Addolorata, Bambino Gesù e Lazzaro Spallan-zani, si garantiscono tamponi a fasce vulnerabili della po-polazione. Tra i beneficiari, anche i cittadini stranieri che,non avendo il medico di base, non possono richiedere iltampone attraverso la ricetta elettronica. (marina piccone)

    Durante questi anni ha man-tenuto il rapporto con i figli,due maschi e due femmine,che sente regolarmente.Quando la nipote più grandeè diventata maggiorenne, nel2018, è tornato al suo paese esono andati tutti insieme alristorante a festeggiare.

    È il momento del brindisi.Il consueto conto alla rove-scia e un bicchiere di spu-mante rallegrano il corpo e lospirito. Ognuno, silenziosa-mente, esprime i suoi desideripersonali per il nuovo anno,come ogni anno. Ma questavolta c’è una speranza comu-ne, quella che, con l’annovecchio, se ne vada anche ilvirus che ha reso ancora piùincerte le loro esistenze.

    Ben Jalel, detto Kafou, per

    la sua somiglianza con il cal-ciatore ivoriano, arriva tardi.Gli offrono comunque il sac-chetto del cibo ma lui rifiuta.Ha già mangiato. Ben Jalel,che significa “figlio di pace”,come tiene a sottolineare, èun po’ brillo e ha voglia diparlare. Tunisino di Cartagi-ne, ha quasi 60 anni e da 40vive in Italia, con una paren-tesi di sei anni in Francia, aParigi. Ha sempre lavoratoonestamente, «non ho mairubato, mai spacciato» affer-ma orgoglioso, ma, da un po’di tempo, le cose non vannobene. Ha avuto un incidentesul lavoro e, non potendopiù pagare l’affitto, ha dovu-to lasciare la casa in cui vive-va. «Ho avuto una disgraziadietro l’altra. Mi hanno ruba-

    È una sera fredda

    di luna piena,

    quella del 31 dicembre.

    La Comunità di Sant’Egidio

    sta allestendo lo stand

    per la distribuzione del cibo

    nel piazzale

    della stazione Tuscolana.

    Roma è deserta. È un capodanno

    diverso per tutti.

    Ma non per gli abitanti

    della strada

    tedì sera, alla stazione Tusco-lana, dove ha dormito fino al2004, ha incontrato i volonta-ri e la sua vita è cambiata.Ha cominciato a collaborarenella preparazione e nel cari-co dei pacchi di cibo e ognivolta che ce n’era bisogno.Mangiava regolarmente allamensa ma le notti dormivasotto i portici di San Giovan-ni. Poi, la svolta, una roulot-te messa a disposizione dallacomunità. Per sette anni hapotuto contare su un riparo esui servizi essenziali. «Mipiace essere pulito ed elegan-te». E pulito ed elegante eraanche quel giorno in cui, allamensa di via Dandolo, è ve-nuto Papa Benedetto XVI.Era il 27 dicembre del 2009,un giorno che non dimenti-cherà mai. «Ero tutto incra-vattato e ho mangiato vicinoal Papa. Gli ho raccontato diquello che la comunità avevafatto per me e che, ora, era ilmio turno di ricambiare».

    Un giorno, però, la suaroulotte, come tutte le altre,per decisione del comune, èstata costretta a traslocaredalla città e Antonino è finitoa Civitavecchia. Lontano dalsuo punto di riferimento incui, però, tornava ogni voltache poteva, animato sempreda spirito di servizio. Poi, ungiorno, da Sant’Egidio è arri-vata «una notizia importan-te». Un alloggio in una casavera, due camere con bagno,dove, da quattro anni, viveinsieme a un’altra persona.Antonino si sostiene con unapiccola pensione e continua acollaborare con la comunità.

    to tutto. Ora sono senza do-cumenti e non posso ritirareneanche la pensione. Mi ar-rangio come posso. Dormo alparco, vado alla mensa dellaCaritas, a Sant’Egidio, dallesuore», così da quattro anni,segnati anche dalla perdita diuna figlia. «Ma sono sempreelegante e pulito anche se vi-vo per strada. Sono buono,mi conoscono tutti. Sono fat-to così, è la mia natura», dicecon un sorriso mesto.

    «È un periodo. Speriamoche finisca. Dio mi ha sem-pre aperto una finestra». Ètardi. Sono andati tutti via.Fa sempre più freddo e si staalzando la nebbia. Ben Jalelsi avvia senza fretta alla ricer-ca di un riparo, in attesa chepassi la nottata.

  • L’OSSERVATORE ROMANOGIORNALE QUOTIDIANO POLITICO RELIGIOSO

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    L’OSSERVATORE ROMANOpagina 4 sabato 2 gennaio 2021

    Polemiche dopo l’avvio ufficiale della Brexit

    Sturgeon: la Scoziaresterà in Europa

    Decisione importantissima per avviare il processo di immunizzazione nei Paesi in via di sviluppo

    L’Oms approva il vaccino Pfizer

    DAL MOND O

    Al Portogallo la presidenzasemestrale di turno dell’Ue

    L’emergenza covid-19, l’avvio delRecovery fund e la messa in operadell’accordo di libero scambio fral’Unione europea ed il Regno Uni-to. Sono solo alcuni dei temi sucui è chiamato a lavorare il Porto-gallo, che da ieri — secondo il con-sueto meccanismo di rotazione —ha assunto la presidenza di turnosemestrale della Ue. A passargli iltestimone la Germania, che hachiuso gli ultimi sei mesi del 2020portando a casa una serie di risul-tati. La priorità per Lisbona è farepartire il Recovery plan, con l’ado-zione dei vari piani nazionali di ri-p re s a .

    Angela Merkel lasciala vita politica

    Nel suo ultimo discorso di fine an-no da cancelliere tedesco, AngelaMerkel ha annunciato che non siricandiderà alle elezioni federaliche si terranno tra nove mesi inGermania e che abbandonerà la vi-ta politica. L’addio dopo 16 anniininterrotti alla guida della cancel-leria a Berlino lascerà un vuotonon facile da colmare nel suo stes-so partito, l’Unione cristiano-de-mocratica (Cdu). Nel discorso aitedeschi, Merkel ha ricordato ildolore di chi ha subito una graveperdita per il coronavirus o com-batte ancora con gli effetti dellamalattia e che poi sente negare daqualche «irriducibile» l’esistenzastessa del virus.

    LONDRA, 2. È iniziata ieri, sen-za il temuto caos, l’era post-Brexit a coronamento del per-corso avviato dalla vittoria deiLeave al referendum del giu-gno 2016 e poi dalla separazio-ne formale da Bruxelles a fine2019. Tuttavia, per il governodi Boris Johnson i probleminon sono finiti. Ieri la premierscozzese e leader del ScottishNational Party Nicola Stur-geon è tornata a rilanciare lavolontà di Edimburgo di tor-nare in Europa. «La Scoziatornerà presto, Europa. Tenetela luce accesa» ha dichiarato.

    Il primo importante appun-tamento sarà quello delle ele-zioni amministrative britanni-che di maggio, quando verràrinnovato anche il Parlamentolocale di Edimburgo. In casodi vittoria netta del partito diSturgeon è prevedibile una ri-presa dei toni nazionalistici edella campagna per un nuovoreferendum secessionista, do-po quello perduto nel 2014.«È tempo che la Scozia diven-ti uno Stato sovrano, una na-zione europea indipendente»ha dichiarato Sturgeon in unaltro Tweet.

    Mattarella: il 2021sarà l’anno

    della ripartenzaROMA, 2. La ripartenza dopol’emergenza covid, la doverositàdel vaccino, la responsabilitàdella politica, l’urgenza di rifor-me necessarie per guardare al fu-turo insieme all’Europa. Questialcuni dei punti nodali del mes-saggio di fine anno del presiden-te della Repubblica italiana,Sergio Mattarella, l’ultimo — co -me lui stesso ha detto — del suomandato.

    La parola chiave è stata soli-darietà: «Solidarietà internazio-nale. Solidarietà in Europa. So-lidarietà all’interno delle nostrecomunità» perché «la pandemiaci ha fatto riscoprire e compren-dere quanto siamo legati agli al-tri; quanto ciascuno di noi di-penda dagli altri».

    Mattarella, che ha parlato inpiedi, non seduto come da tradi-zione, ha lanciato due monitiprincipali. Il primo a considera-re il vaccino anti-covid un dove-re verso se stessi e verso gli altri.«La pandemia che stiamo af-frontando mette a rischio le no-stre esistenze, ferisce il nostromodo di vivere» ha detto il tito-lare del Quirinale, ricordandol’immane tragedia che ha colpi-to l’Italia prima di tutti gli altriPaesi Ue. «La pandemia ha se-minato un senso di smarrimen-to: pone in discussione prospet-tive di vita. Basti pensare allaprevisione di un calo ulterioredelle nascite, spia dell’incertez -za che il virus ha insinuato nellanostra comunità». Contro tutti i

    negazionismi, il capo dello Sta-to ha sottolineato che «vaccinar-si è una scelta di responsabilità,un dovere. Tanto più per chiopera a contatto con i malati e lepersone più fragili. Io lo farònon appena possibile». Poi halodato il ruolo dell’Europa, chesta fronteggiando la crisi. «Mail’Unione europea si è assunta uncompito così rilevante per i pro-pri cittadini». Di qui il richiamoalla politica con la necessità dinon perdere l’occasione del Re-covery fund. Un’occasione permettere mano alle riforme neces-sarie, trasformando l'emergenzain opportunità: «Lo dobbiamoa noi stessi, lo dobbiamo allegiovani generazioni». Per que-sto «non sono ammesse distra-zioni» e «ognuno deve fare lasua parte»; non bisogna pensaredi tornare alla situazione prece-dente il virus, ma costruire unfuturo del tutto nuovo. «Questoè tempo di costruttori. I prossi-mi mesi rappresentano un pas-saggio decisivo per uscire dall’e-mergenza e per porre le basi diuna stagione nuova» ha spiega-to il presidente. In questa chiaveanche il messaggio di auguri ri-volto a Papa Francesco, che haringraziato «per il suo magisteroe per l’affetto che trasmette alpopolo italiano, facendosi testi-mone di speranza e giustizia».

    Quello di Mattarella è stato ildiscorso presidenziale più se-guito di sempre con 15 milioni disp ettatori.

    Altre scosse in Croaziamentre vanno avanti i soccorsi

    Il premier scozzese Nicola Sturgeon (Afp)

    GINEVRA, 2. L’Organizzazione mondialedella sanità (Oms) ha approvato il vacci-no anti-covid messo a punto dalla Pfi-zer-BioNTech. La decisione rappresentaun passo in avanti importantissimo pertutti quei Paesi in via di sviluppo privi dipropri organismi di regolamentazione inmateria sanitaria. Queste nazioni po-tranno così accelerare i loro iter per il vialibera al vaccino ed iniziare i relativi pro-grammi di immunizzazione. Il vaccinoprodotto da Pfizer e BioNTech — basatosulla tecnologia mRna, che utilizza l’R-na Messaggero per stimolare l’o rg a n i -smo di chi si sottopone alla profilassi aricevere le istruzioni per produrre la pro-teina Spike con cui il nuovo coronavirusriesce a penetrare nelle cellule umane — èstato approvato per la prima volta l’8 di-cembre scorso dal Regno Unito, succes-sivamente dagli Usa, dal Canada e pri-ma della fine dell’anno anche dall’Unio-ne europea. Fino a questo momento so-no circa 50 i Paesi nel mondo che hannogià avviato programmi di vaccinazionecontro il covid-19.

    La tecnologia innovativa con cui è sta-to prodotto il vaccino anti-covid di Pfi-zer, così come quello prodotto da Mo-derna, richiede che le dosi siano conser-vate a -70 gradi centigradi e possano es-sere esposte a temperature più alte, tra 2e 8 gradi centigradi, per un tempo mas-simo di cinque giorni. L’mRna, infatti,tende a degradarsi velocemente, essendoaltamente instabile a causa della quanti-

    tà di enzimi che contiene e alle reazionichimiche che questi ultimi causano.Questo rende questo tipo di farmaco al-tamente delicato e presuppone il rigidorispetto di quella che viene definita “lacatena del freddo”. In molti Paesi in viadi sviluppo sarà dunque fondamentaleanche solo creare le situazioni per il ri-spetto di questo tipo di presupposto —durante tutte le fasi di logistica, compre-si gli spostamenti e l’immagazzinamentodelle fiale —, alla base dell’efficacia delfarmaco.

    Altre tipologie di vaccini anti-covid,come quello elaborato da AstraZenecapossono essere invece conservate in nor-mali frigoriferi, a -4 gradi centigradi sen-za particolari precauzioni. Questo com-porta una superiore facilità di trasporto,anche nei semplici studi medici e nellecase di cura. Finora il vaccino prodottodalla casa farmaceutica AstraZeneca, svi-luppato in collaborazione con l’Univer-sità di Oxford, è stato approvato il 30 di-cembre dalla Gran Bretagna — dove leprime vaccinazioni inizieranno il 4 gen-naio — dal governo argentino e dalle au-torità sanitarie di El Salvador. Sempre inAmerica Latina anche il Brasile — comerivelato dall’immunologa Lili Yin Weckxche ha condotto i test sul vaccino dell’U-niversità di Oxford — potrebbe prestoautorizzare l’utilizzo del vaccino diAstraZeneca. Ieri anche l’O rganizzazio-ne centrale dell’India per il controllo deifarmaci ha dato il via libera alla sommi-

    nistrazione del vaccino AstraZeneca. IlPaese asiatico vorrebbe iniziare a sommi-nistrare il vaccino a stretto giro, proba-bilmente entro mercoledì prossimo.L’«Hindustan Times», inoltre, segnalache la prossima settimana le autorità sa-nitarie indiane si riuniranno per deciderese approvare l’uso di altri vaccini.

    Intanto proprio ieri, mentre nel mon-do i contagi hanno superato quota 84milioni, la Biontech ha avvertito che dasola non ce la farà a coprire la grande ri-chiesta di vaccini ed ha chiesto all’E u ro -pa di approvare altri farmaci in fretta.

    ZAGABRIA, 2. Nelle zone terremotate del-la Croazia il nuovo anno si è aperto connuove scosse sismiche, per fortuna dinon eccessiva intensità. Stando ai mediaregionali, nelle prime ore di ieri i sismo-grafi hanno registrato tre scosse di ma-gnitudo 3.1, 3.2 e 3.6, tutte con epicentrofra Petrinja e Sisak, le località a una cin-quantina di chilometri a sudest della ca-pitale Zagabria devastate dal violentoterremoto 6.4 del 29 dicembre.

    Nelle zone colpite dal sisma, che haprovocato almeno sette morti e una tren-tina di feriti, lasciando senza casa diversemigliaia di persone, proseguono senzasosta le operazioni di soccorso, assisten-za e di rimozione delle macerie. Da mol-ti Paesi europei stanno giungendo squa-dre di tecnici e specialisti in protezionecivile, che allestiscono container, tende,

    unità abitative, distribuendo cibo e ac-qua, brandine, stufe elettriche, indumen-ti caldi.

    La gran parte degli sfollati hanno tra-scorso le ultime notti all’aperto o nelleauto, non volendosi allontanare dalleproprie case e abitazioni. Il capo dellaprotezione civile croata Damir Trut hadetto che i team medici sul posto stannopredisponendo i programmi di vaccina-zione anti-covid per le popolazioni terre-motate. L’emergenza sanitaria infatti re-sta e si aggiunge a quella provocata dalsisma. Si calcola che siano oltre 1.500 isoccorritori impegnati nel dare assisten-za alla popolazione terremotata, e a ri-muovere le enormi quantità di maceriein cui sono stati in gran parte ridotti icentri abitati di Petrinja, Sisak, Glina ealtri villaggi della zona.

  • L’OSSERVATORE ROMANOsabato 2 gennaio 2021 pagina 5

    Insieme con il suo autista

    Nigeria: liberatoil vescovo rapito

    Le Nazioni Unite denunciano la peggiore crisi umanitaria del mondo

    Emergenza nello Yemen

    DAL MOND O

    L’Onu intende inviare in Libia una missioneinternazionale di osservatori

    Una missione internazionale di osservatori in Libia perspingere al rispetto di un cessate il fuoco ad alto rischio diessere spazzato via da nuovi venti di una guerra. È l’iniziati-va che ha preso il segretario generale dell’Onu, AntónioGuterres, inviando una lettera ai Paesi membri dell’o rg a n i z -zazione mondiale per chiedere di nominare loro osservatorida inviare — senza armi — nel Paese nordafricano in preda aun caos intermittente ormai da un decennio. Secondo infor-mazioni rilanciate da media internazionali, la missione do-vrebbe controllare il rispetto sia della tregua concordata aottobre, sia del quasi ignorato embargo sulle armi. La pre-senza degli osservatori punta anche a spingere i leader poli-tici del Paese a mettere a punto un meccanismo per eleggereun nuovo governo. Attualmente, in Libia le Nazioni Unitehanno solo una piccola missione ”p olitica” con 230 rappre-sentanti, l’Unsmil.

    Accordo sugli investimentitra Unione europea e Cina

    Dopo sette anni di negoziati, più volte arenati su diversequestioni, l’Unione europea e la Cina hanno raggiunto unimportante accordo sugli investimenti. Un preciso segnaleall’economia globale proprio alla fine dell’anno “orribile”della crisi pandemica di covid-19. Unione europea e Cina«si sono unite per dare il via a un nuovo inizio nel 2021», hadetto il presidente cinese, Xi Jinping. È «un passo fonda-mentale, una pietra miliare», ha dal canto suo dichiaratoValdis Dombrovskis, responsabile Ue del Commercio. Inuna nota, Dombrovskis, ha invitato a guardare ai beneficiper le imprese europee, che avranno un accesso molto piùampio e facilitato ad un mercato da 1,4 miliardi di persone,in continua e rapida crescita. L’accordo prevede anche im-pegni sul clima e l'ambiente, inclusa l’attuazione dell’accor-do di Parigi, e sugli standard lavorativi.

    Riesplode la violenzanel Kashmir

    Riesplodono violenze e tensioni a Srinagar, la capitale delKashmir indiano. Le famiglie di tre giovani uccisi alla peri-feria della città in un scontro a fuoco con gli agenti delleforze dell’ordine hanno inscenato una manifestazione diprotesta davanti al quartier generale della polizia, conte-stando che i tre fossero militanti anti-indiani e affermando-ne l’innocenza. Secondo quanto sostiene la polizia, invece, itre giovani — due studenti e un muratore, tutti sotto i ventianni — sono stati uccisi dopo avere sparato ripetutamentecontro gli agenti, che stavano conducendo un’ispezione. Ilcomandante generale delle forze di polizia di Srinagar haaffermato che i tre «erano militanti» dei gruppi anti-indianie «stavano organizzando un attacco lungo l’autostrada».

    Attacco nell’est della RepubblicaDemocratica del Congo

    KINSHASA, 2. Almeno 25 ci-vili sono stati uccisi a Capo-danno a Beni, nell’est dellaRepubblica Democratica delCongo (Rdc), in un sangui-noso attacco attribuito alleForze democratiche alleate(Adf), un gruppo armato diorigine ugandese che agiscenella martoriata regione. Ilbilancio potrebbe tuttaviasalire ad almeno trenta mor-ti, secondo fonti locali.

    I ribelli dell’Adf — r i f e r i-scono le autorità — hannoassaltato un gruppo di colti-vatori che si stava recandonei campi del villaggio diTingwe, a 8 km dal centrodi Eringeti, per preparasi alCapodanno. Alcune personesono state rapite, mentremolte delle vittime sono sta-te decapitate. Il primo gen-naio, l’esercito della Rdcstava inseguendo i combat-tenti delle Adf quando si èimbattuto sui corpi dei civili

    uccisi e gettati tra i cespu-gli.

    In seguito all’intensificarsidegli attacchi delle Adf, i re-sidenti di Beni e dei villaggicircostanti chiedono da tem-po maggiore sicurezza. Ilgruppo è attivo dagli anni‘90 nella parte orientale delPaese — terra ricca di mine-rali — dove si stima sianopresenti circa 100 organizza-zioni ribelli. Le Adf nonhanno però mai rivendicatoalcuna azione. Dall’aprile2019, il sedicente Stato isla-mico ha affermato che piùattentati sono stati perpetra-ti in suo nome dalle Adf. Illegame tra le due organizza-zioni resta poco chiaro. Nel2019 è stata lanciata unacampagna militare contro iribelli, i quali hanno rispo-sto con un aumento degliattacchi, uccidendo l’annoscorso oltre 1.000 persone,secondo l’O nu.

    ABUJA, 2. È stato finalmenterilasciato, ieri, il vescovo au-siliare della Diocesi diOwerri, in Nigeria, MosesChikwe, sequestrato da uo-mini armati la sera del 27 di-cembre assieme con il suoautista. Lo conferma in unanota l’arcivescovo di Owerri— nello Stato di Imo — mon-signor Anthony J.V. Obinna,rendendo grazie a Dio. Ieriall’Angelus Papa Francescoaveva lanciato un appelloper la liberazione.

    «Ho visitato il vescovoChikwe, nella sua residenzaverso le 22.45, appariva de-bole per la traumatica espe-rienza», riporta monsignorObinna. L’autista — spiega —è stato invece trasportatod’urgenza in ospedale a cau-sa di una profonda ferita diarma da taglio inferta dai ra-pitori.

    L’arcivescovo di Owerrinel comunicato ha manife-stato gratitudine alle forze dipolizia per gli sforzi profusiper ottenere la liberazione di

    monsignor Chikwe e del suoautista. Ha poi ringraziatoPapa Francesco per aver pre-gato per la loro liberazionedurante l’Angelus, poche oreprima del loro rilascio. Mon-sinhor Obinna ha conclusoringraziando anche i vescovi,sacerdoti, religiosi, laici chehanno pregato per la feliceconclusione del sequestro.

    Il 30 dicembre le donnedella Christian Women Or-ganization avevano organiz-zato a Owerri una marcia diprotesta per chiedere la libe-razione del vescovo.

    Il portavoce del comandodella polizia di Stato ha con-fermato che i due uomini so-no stati rilasciati senza alcunriscatto, grazie a un’op era-zione di polizia dello Statodi Imo. Nel sud-est della Ni-geria sono frequenti i rapi-menti a scopo estorsivo. Il 15dicembre scorso era stato se-questrato, nello stesso Stato,un altro religioso, padre Va-lentine Oluchukwu Ezeagu,liberato il giorno successivo.

    Il Congresso Usa annulla il vetodi Trump sulla Difesa

    Deforestazione recordin Amazzonia nel 2020

    SANA’A, 2. Dall’inizio delsanguinoso conflitto nel 2015,la situazione nello Yemen èdrammaticamente peggiorata.La guerra ha già provocato lamorte di migliaia di civili, lafuga di milioni di persone einsicurezza alimentare. Laprosecuzione dei combatti-menti, una nuova epidemiadi colera e l’arrivo del covid-

    19 hanno fatto ulteriormentesprofondare il Paese in quellache è riconosciuta come lacrisi umanitaria più grave almondo.

    Per questo, l’Onu ha lan-ciato un appello per aiutarela popolazione yemenita,chiedendo non meno di 100milioni di dollari nel 2021 perassistere l’80 per cento della

    popolazione, tra cui oltre 1,2milioni di donne incinte oche allattano e che si trovanoin una grave situazione dimalnutrizione.

    Secondo l’Onu, nessunasoluzione può colmare leconseguenze terribili del con-flitto nel Paese, se si pensache solo la metà delle struttu-re sanitarie sono ancora ope-rative e gli sfollati hanno rag-giunto la cifra di 3,6 milioni.Si stima che l’83 per centodegli sfollati siano donne ebambini.

    Nello Yemen, sempre se-condo i dati delle NazioniUnite, ogni due ore una don-na e sei neonati muoiono acausa del parto, anche perchései nascite su dieci hannoluogo senza la presenza dipersonale qualificato. Loscorso anno, la crisi sanitariadel covid-19 ha fatto collassa-re la risposta umanitaria e ag-gravato la crisi economicasenza una soluzione politicain vista. Il rischio che correlo Yemen — ha denunciato ilsegretario generale delle Na-zioni Unite, António Guter-res — è quello di sprofondarenella carestia.

    Per il 2021 si teme, in par-ticolare, il blocco degli sforziper la ricerca di una soluzio-

    ne pacifica al conflitto e chequindi si inaspriscano i com-battimenti per il controllo deigiacimenti petroliferi. E datala carenza di finanziamentida parte dei Paesi donatori, siprevede che gli aiuti sarannosempre più scarsi.

    Anche il Fondo delle Na-zioni Unite per l’infanzia(Unicef) è intervenuto persottolineare la grave crisiumanitaria nello Yemen. Intutto il Paese, oltre 2 milionidi bambini sotto i cinque an-ni di età soffrono di malnu-trizione acuta, di cui quasi358.000 con malnutrizioneacuta grave. Un numero chesi prevede in netto aumento.

    In 133 distretti dello Ye-men meridionale, dove vivo-no 1,4 milioni di bambini sot-to i cinque anni, le recentianalisi dell’Unicef rivelanotra gennaio e ottobre del2020 un aumento di quasi il10 per cento dei bambini conmalnutrizione acuta. E sonocresciuti di oltre il 15 per cen-to — quasi 100.000 bambini— i casi di malnutrizione acu-ta grave. Un’analisi simile èin fase di completamento peril nord dello Yemen e, pur-troppo, sono attesi risultatiallarmanti anche da quellazona.

    WASHINGTON, 2. Una mag-gioranza bipartisan di 81 se-natori statunitensi ha definiti-vamente annullato il veto po-sto dal presidente DonaldTrump al disegno di legge an-nuale che prevede stanzia-menti per 740 miliardi di dol-lari per la Difesa. Solo 13 i se-natori che hanno espresso pa-rere contrario. Dopo il votodella Camera, che lunedì 28dicembre si era espressa a fa-vore del disegno di legge, inun’insolita sessione di Capo-danno senatori repubblicani edemocratici hanno votato ap-provando il testo, trasforman-dolo così in legge. Per la pri-ma volta durante la presiden-za Trump, dunque, il Con-gresso ha annullato il veto po-sto dall’inquilino della Casa

    Bianca. Negli otto precedentiin cui Trump aveva posto ilveto il Congresso, infatti, ave-va confermato il suo parere.

    Trump si era opposto per-ché il testo non prevede l’ab o-lizione dell’immunità per isocial media e l’ab olizionedella norma che permette dicambiare i nomi delle basi mi-litari intestate a personaggiconfederati. Il veto, arrivatonegli ultimi giorni della presi-denza Trump, ha contribuitoad alimentare la tensione tra ilpresidente uscente e i leaderdel suo partito al Senato. Unabuona parte dei quali ha giàriconosciuto Joe Biden comepresidente eletto. Trump ap-pare sempre più isolato ancheall’interno dello stesso partitore p u b b l i c a n o .

    BRASÍLIA, 2. Foresta ancorasotto attacco in Amazzonia.Nel 2020 la deforestazioneha raggiunto livelli mai re-gistrati negli ultimi 12 anni.Lo denuncia il Wwf in un

    report. Almeno l’ottanta percento della deforestazione alivello globale — sottolineail report — è dovuta agli sti-li di vita degli esseri uma-ni.

  • L’OSSERVATORE ROMANOpagina 6 sabato 2 gennaio 2021

    CITTÀ METROPOLITANA DI NAPOLIBando SI 050/2020

    Procedura telematica aperta per l’affidamento del ser-vizio di supporto alla redazione del Piano Territoriale Metropolitano (PTM) della Città Metropolitana di Na-poli e alle attività connesse di partecipazione, comu-nicazione e monitoraggio e di Valutazione Ambien-tale Strategica (VAS) - CIG: 85509936A6. Importo € 440.000,00 (oltre IVA e cassa), scadenza ore 08.00 del giorno 26/02/2021. Il bando di gara è reperibile, in uno alla documentazione tecnica, sul Portale Gare https://pgt.cittametropolitana.na.it/portale.

    IL COORDINATORE Ing. Pasquale Gaudino

    Analogia nuziale nella Scrittura

    La coppia èuna scultura viventeIn una raccolta di saggi in onore di Schökel

    Addio al decano dei vaticanistiÈ morto Domenico Agasso senior

    Il seme e il fruttoChiara Lubich in un film per la tv

    Pablo Picasso,« Fa m i g l i a

    di acrobati»(1905)

    di PAOLO PEGORARO

    L’ annuncio dell’Anno Fa-miglia Amoris Laetitia(19 marzo 2021 - 26 giu-gno 2022) voluto da Pa-pa Francesco non do-vrebbe lasciare indifferente nessuno,men che meno i biblisti. Certamente in-differente non sarebbe rimasto padreLuis Alonso Schökel, gesuita spagnoloed esegeta assurto alla leggenda neglistudi scritturistici, il cui ultimo libros’intitolava proprio Símbolos matrimonialesen la Biblia (nell’edizione italiana I nomidell’amore. Simboli matrimoniali nella Bibbia,Piemme). Oltre vent’anni fa, questostudio riscopriva la centralità del lin-guaggio sponsale che attraversa la Bib-bia dalla prima fino all’ultima pagina,affiancando quello dell’Alleanza noncome una mera variante retorica. Que-sto simbolismo è sempre rimasto vivonella tradizione della Chiesa orientale,come rammenta la tradizione esegeticadei Padri, dalla quale Schökel nonmancava di attingere oltre che alla “cas-setta” degli attrezzi della critica testua-le.

    In altri contesti, tuttavia, la nunziali-tà è stata posta tra le parentesi pruden-ziali di una similitudine imperfetta. LaParola di Dio ci dice molto sul matri-monio, ma come potrebbe essere possi-bile il contrario? Sono storie d’a m o re“troppo umane” — e l’accento piombainevitabilmente su difetti e problemati-che, piuttosto che sulle qualità unichedell’amore — mentre pienezza e realiz-zazione appartengono a Dio solo. Cer-tamente Egli è l’unico fedele. E tutta-via, come già annotava san GiovanniCrisostomo, «la spiegazione simbolica

    non annulla la realtà dell’a m o re » .La riscoperta di questo orizzonte di

    senso pare aver sigillato una raggiunta,nuova consapevolezza proprio nell’e-sortazione apostolica Amoris laetitiae, lad-dove si afferma che «la coppia che amae genera la vita è la vera “scultura” vi-vente (...) capace di manifestare il Diocreatore e salvatore. Perciò l’amore fe-condo viene ad essere il simbolo dellerealtà intime di Dio» (11).

    L’approfondimento biblico non po-trà essere quindi che la strada principeda percorrere lungo l’anno dedicato allafamiglia, pur affiancato da tanti altri enecessari approcci. Merita quindi gran-de attenzione il volume L’analogia nuzialenella Scrittura (Gregorian & BiblicalPress, 2020), una raccolta di saggi in

    onore di Luis Alonso Schökel curatodal suo discepolo Luca Pedroli, profes-sore presso il Pontificio Istituto Biblicoe la Gregoriana di Roma.

    Con un linguaggio scientifico ma vo-lutamente accessibile a tutti, il volumeapprofondisce le piste di studio apertedal maestro, evidenziando il fil rougedel linguaggio sponsale che accomuna idue Testamenti. Nel primo, il rapportotra Dio e Israele viene spesso descrittocon il vocabolario tipico dell’amore co-niugale. I Profeti utilizzano quest’im-magine per evidenziare la tenerezza el’intensità dell’amore del Signore per ilsuo popolo, come uno sposo che si è le-gato alla sua sposa, as-sicurandole la sua fe-deltà e la sua sollecitu-dine (GianantonioBorgonovo). Le nozzedel re si aprono a unamolteplicità di riso-nanze nei Salmi (Gian-ni Barbiero) e, in parti-colare, nel Cantico deiCantici la voce dellosposo e quella dellasposa si rincorrono, in un contesto incui la forza del trasporto dell’uno perl’altra riecheggia sempre in modo dolcee delicato (Ludger Schwienhorst-Schönberger). Il simbolo matrimoniale,nel tempo, verrà poi ad assumere una

    connotazione messianica che troverànaturalmente la sua piena espressionenel Nuovo Testamento (Luis SánchezNavarro per i sinottici; Harold Attridgeper il corpus giovanneo) per evidenzia-re l’unione di Cristo con la Chiesa, pri-mizia e promessa di quell’unione spon-sale che troverà compimento nella rive-lazione ultima dell’Umanità nuova(Luca Pedroli).

    Questo volume segna un’u l t e r i o retappa nel cammino di riapproprazionedella teologia sponsale veicolata dalleScritture, cammino nel quale s’innesta-no anche gli studi di Frédéric Manns(Sinfonia sponsale nel Vangelo di Giovanni,

    Chirico), BrunoOgnibeni (Il ma-trimonio alla luce delNuovo Testamento,Lateran Universi-ty Press), RenzoInfante (Lo sposo ela sposa. Percorsi dianalisi simbolica,San Paolo), non-ché dello stessoLuca Pedroli (con

    Mauro Meruzzi, Venite alle nozze. Un per-corso biblico sulle orme di Cristo-Sposo; conRenzo Bonetti, Il prete: uno sposo; entram-bi per Cittadella). L’Anno FamigliaAmoris Laetitia è uno sprone ulteriore,anche alla ricerca biblica.

    Il linguaggio sponsaleattraversa la Bibbiaaffiancando quello dell’Alleanza

    Il rapporto tra Dio e Israeleviene descrittocon il vocabolario tipicodell’amore coniugale

    «Per gli amici di Borgo era il Maestro,per molti colleghi era il Direttore. Miononno, Domenico Agasso, stanotte si èaddormentato o ed è andato a scriverearticoli in Cielo». Così il vaticanista de«La Stampa» Domenico Agasso juniorha annunciato la morte di DomenicoAgasso senior, decano dei vaticanisti,avvenuta nella notte tra il 31 dicembre2020 e il primo gennaio 2021.Originario di San Bernardo diCarmagnola, Domenico Agasso aveva99 anni.Giornalista dal1951, approdò alsettimanale«Epoca» nel 1960,quindicaporedattore a« Fa m i g l i aCristiana», divennepoi direttore di«Epoca» e delsettimanale «IlNostro Tempo».

    Maestro per generazioni di giornalisti,ha pubblicato per Mondadori nel 1978una Storia d’Italia in otto volumi ed èautore di libri su Papa Roncalli (Michiamerò Giovanni), sul fondatore deipaolini (Giacomo Alberione, editore per Dio)e su Papa Montini (Paolo VI. Le chiavipesanti). Quest’ultimo lavoro,accompagnato dalle foto di PepiMerisio, era frutto dell’esperienza divaticanista sul campo: Agasso senioraveva infatti accompagnato Papa

    Montini nei suoiprimi viaggiapostolici, destinatia segnare la storiadel pontificato, apartire dal primoin Terra Santa, nelgennaio 1964.Quindi era statosui voli papalidiretti in India(dicembre 1964), aNew York (ottobre

    1965) e a Fatima (1967). Agasso è statosempre disponibile con le nuovegenerazioni di giornalisti, mettendo adisposizione la sua memoria storica.Quattro anni fa, rispondendo a unadomanda da inserire in un librodedicato ai viaggi di Papa Francesco,aveva ricordato come i dialoghi con icronisti in alta quota, nonostanteformalmente Paolo VI non concedesseinterviste, erano iniziati proprio conPapa Montini, durante quei primi voli.«Era stabilito che il Papa non facesseconferenze stampa né concedesseinterviste, ma capitava che non sisottraesse a qualche domanda... PaoloVI veniva a salutarci, uno per uno, avolte sia all’andata che al ritorno.Qualcuno di noi faceva delledomande. Una volta io gli diediun’offerta per i bambini pakistani chemi era stata affidata da unaparrocchia. Sul volo di ritorno vollevenire a dirmi di persona che l’avevaconsegnata».

    di ED OARD O ZACCAGNINI

    N on attraversa l’interavita della fondatricedel Movimento deiFocolari, il film tvChiara Lubich, l’amore vince tutto, inonda in prima serata domenica 3gennaio su Rai1. Sceglie invece diconcentrarsi sui primi anni dell’e-sperienza spirituale di questadonna straordinaria: quelli dellaseconda guerra mondiale e di unagrande avventura germogliata trale sue macerie, a Trento, sotto lebombe. È la storia di un seme de-posto tra la violenza e la divisionetra esseri umani; lo sbocciare diun fiore da subito innaffiato conl’aiuto concreto al prossimo indifficoltà e con la ricerca conti-nua, autentica, dell’Incarnazionedel Vangelo. Della sua quotidia-na messa in pratica.

    La decisione di raccontaresolo la nascita di quella pian-ticella che sarebbe divenutaun albero così robusto da por-tare rami in 180 Paesi delmondo, di approfondire solo iprimi spontanei e decisivipassi del lungo viaggio diChiara Lubich (principal-mente gli anni raccontati van-no dal 1943 al 1946) non impe-disce a questa fiction diretta dalregista Giacomo Campiotti eprodotta da Rai Fiction e LucaBarbareschi per Eliseo Multime-dia, di far emergere nitidamentel’idea, il progetto vissuto conpassione da Chiara Lubich. Apartire dall’amore inteso comedono, come offerta di sé all’a l t roper la ricerca di unità tra tutti gliesseri umani fino al sogno della

    fratellanza universale medianteGesù che «ama nascondersi — di-ce Chiara nel film — sotto il soffe-rente e il bisognoso: quelli sono iprediletti del Signore, siano iprediletti tuoi».

    La bellezza di Lubich prendelentamente forma in questo ri-tratto giovanile completato dallavalida interpretazione di Cristia-na Capotondi, brava a cercare,con una recitazione sobria maimpreziosita da sfumature deli-cate e precise, la verità interioredel personaggio, la sua energia, ilsuo pensiero luminoso e concre-to prim’ancora della somiglianzafisica. L’attrice si muove con mi-sura tra la ricchezza delle azioni edelle parole di Chiara, ne resti-tuisce l’impasto di solarità, per-sonalità, passione e profonda fi-ducia nel dialogo, nella pace enel vero incontro, il suo vivere inascolto costante di quel Vangeloche nel film abbonda.

    «Ama il prossimo tuo come testesso», è il primo passo che Lu-bich legge e subito dopo sorridedelicatamente. «Questo è il miocomandamento, che vi amiate gliuni gli altri come io ho amatovoi», condivide con le amiche nelrifugio durante il bombarda-mento. Con loro condividerà an-che il primo focolare e altre paro-

    le del Nuovo Testamento. «Chinon ama il proprio fratello chevede, non può amare Dio chenon vede» ed è altra luce che illu-mina la sua strada già in quei pri-mi anni non semplici in cui lagioia piena della relazione conDio e quella conseguente con lepersone incontrate si impregnadella tragedia della guerra e del-l’odio lasciato da questa in eredi-tà; si increspa con la diffidenzainiziale intorno al movimento,con la Chiesa stessa che lo osser-va e studia fino al «5 dicembredel 1964» quando, come dice unadidascalia alla fine del film,« Pa o l o VI approvò il Movimentodei Focolari in via definitiva».

    Certamente questa fiction èpensata per un pubblico ampio evariegato, ma restituisce, nel cen-tenario della nascita di Lubich,

    l’importanza e il valore di unagiovane maestra di Trento capa-ce di fare cose grandi e ancoraoggi moderna, una donna corag-giosa e nemica di quella «falsaprudenza coltivata dal diavolo»spiega nel film all’allora arcive-scovo di Trento, Carlo De Ferra-ri, che l’aveva convocata per ca-pire se ci fosse del vero nellechiacchiere che aveva ascoltato

    su di lei.«Sembra unavirtù — p ro s e -gue Chiara —ma lascia chela famiglia ac-canto si am-mazzi perchénon si dica checi impicciamodelle vite deglialtri». Unoche «questap ru d e n z a »non l’ha maiavuta, conclu-de Chiara, è

    stato «Gesù» e De Ferrari replicache «dai frutti si riconosce l’alb e-ro» e che in tanti gli hanno testi-moniato che i focolarini hanno«dato alla città di Trento moltifrutti». Le dice anche che in lei enel suo movimento vede «il ditodi Dio».

    Capace di fare cose grandila giovane maestra di Trentoera nemica di quella falsaprudenza coltivata dal diavolo

  • L’OSSERVATORE ROMANOsabato 2 gennaio 2021 pagina 7

    Chi resta in piedise cade la libertà?

    Una rigorosa analisi del concetto in un libro di padre Sapienza

    Caspar David Friedrich, «Il viandante sul mare di nebbia» (1818)

    di GABRIELE NICOLÒ

    L ibertà è la parola più am-bigua del lessico politi-co. Può voler dire quasitutto e il contrario di tut-to. Essa non si può né insegnare,né spiegare. Al massimo se ne puòrisvegliare il gusto: è questo l’o-biettivo del libro di padre Leonar-do Sapienza, Reggente della Pre-fettura della Casa Pontificia, inti-tolato Libertà (Roma, Editrice LaRicerca, 2020, pagine 216), in cuisi sottolinea che è indispensabile— affinché tale gusto sia ridestato— che il germe della libertà sia giàcustodito nel cuore e che l’esigen -za della libertà sia «sentita» nelleprofondità di un essere.

    Il carattere ambiguo legatoalla parola “lib ertà” fa sì che ilsuo concetto si presti a possibiliinterpretazioni insidiose e di-storte. Se un giovane dice ai ge-nitori che vuole essere “lib ero”,

    subito si pensa che tale giovaneandrà presto a incontro a qualco-sa di sbagliato. L’equivoco piùabituale, a questo riguardo, con-siste nel collocare la parola liber-tà in un contesto che non è il suo.Si dice libertà e si pensa che que-sta parola sia il lasciapassare perfare ciò che si vuole. «Ma la li-bertà essenziale, prima che nellalinea del fare, si colloca sulla li-nea dell’essere», evidenzia mon-signor Sapienza, osservando che«la libertà è la possibilità di rea-lizzarsi secondo la verità dellapropria persona, secondo la pro-pria volontà, secondo la propriavo cazione».

    E nella prospettiva cristiana«la libertà è la possibilità di fareciò cui Dio mi chiama» e di por-re in atto, pur tra ostacoli e diffi-coltà, il piano di Dio sulla pro-pria vita.

    L’edificante volume, dotto eal contempo di agevole lettura,

    si innerva e si sostanzia dei pen-sieri di illustri autori che nel pas-sato si sono misurati con il con-cetto di libertà, sentito comepassaggio nevralgico ed ineludi-bile nel processo di analisi dellavita e del mondo.

    Il barone di Montesquieu, co-me ricorda il cardinale Gianfran-co Ravasi, dichiara che la libertànon è assenza di norme e di prin-cipi, tanto meno è indifferenzaacritica e libertinismo. Essa, in-vece, è una scelta convinta e coe-rente per «ciò che si devevolere», e questo bene davolere si compie non perobbligo esterno ma per unimperativo morale interioreprofondo. E lo stesso cardi-nale Ravasi, nel commenta-re un passo della poesia Li -bertà di Paul Eluard, eviden-zia che la parola libertà, so-spirata e calpestata, rara einflazionata, racchiude insé una realtà necessaria per lapersona e per il popolo. Unarealtà necessaria ma insufficienteperché la mera libertà estrinsecasenza contenuti è incapace di sa-ziare l’attesa dell’uomo.

    Nell’attingere agli scritti didon Luigi Sturzo, padre Sapien-za mette in risalto i tratti salientifunzionali a evidenziare l’inesti -mabile valore intrinseco alla di-mensione della libertà, la quale,scrive Sturzo, è «così alto donodella vita umana che purtroppo

    ognuno vuole per sé e nega aglialtri». Si impone dunque l’esi -genza di uno sforzo, da partedella società, diretto ad equili-brare la libertà di ciascuno in«un unico vero regime di liber-tà».

    Dichiara Sturzo: «La libertà ècome la verità, si conquista, equando si è conquistata, perconservarla si riconquista, equando mutano gli eventi e sievolvono gli istituti, nel difen-derla si riconquista». Viene così

    a svilupparsi «un giuoco dina-mico» nel quale «perdono queipopoli che non l’hanno mai ap-prezzata abbastanza per difen-derla, e non ne hanno saputousare per non perderla».

    Da don Sturzo a padre DavidMaria Turoldo che, senza tantecerimonie, sentenzia: «Senza lalibertà non sei neppure un uo-mo». Essa è «il più sacro dei do-veri perché è il nostro più grandedono, e per questo è la più diffi-cile conquista». Sulla libertà è

    fondata la libertà dell’uomo. «Ilsacrificio, il sangue, la morte nonvalgono, insieme, un atto liberodella mia volontà», scrive padreTuroldo. Illuminanti, poi, sonole riflessioni sulla libertà formu-late da Paolo VI, il quale mette inguardia sul fatto che il suo usonon è facile: essa ha bisogno diuna «educazione» e di una «for-mazione». Il suo uso deve essere«sempre più umano, cristiano».Scrive Paolo VI: «Non potremoprogredire nella vita cristiana, né

    in quella ecclesiale,se non avremo pro-gredito nell’autenti -co e legittimo usodella libertà».

    Toccanti sono ipensieri contenutinelle lettere e negliscritti del teologoprotestante DietrichBonhoeffer, detenu-to in carcere al tempo

    del nazismo. «Non solo l’azionema anche la sofferenza è una vitaverso la libertà — afferma —. Laliberazione nella sofferenza con-siste in questo, che all’uomo èpossibile rinunciare totalmente atenere la propria causa nelle pro-prie mani, e riporle in quelle diDio. In questo senso la morte è ilcoronamento della libertà uma-na». E quindi aggiunge: «Solodalla libertà da sé stessi, solo dal-l’esserci per gli altri fino allamorte nasce l’onnipotenza, l’on -

    niscienza, l’o n n i p re s e n z a » .Con il suo caratteristico pi-

    glio disinvolto e incisivo, sulla li-bertà riflette anche Gilbert Kei-th Chesterton, il quale a proposi-to della libertà religiosa affermache essa potrebbe significare chetutti sono liberi di discutere direligione. «In pratica — ammo -nisce — significa che quasi nessu-no è autorizzato a menzionarla».Osserva quindi che la libertà haprodotto scetticismo e lo scetti-cismo ha distrutto la libertà. Gliamanti della libertà credevano direnderla illimitata, mentre «la la-sciavano soltanto indefinita».Credevano di lasciarla solo inde-finita, mentre in realtà «la lascia-vano indifesa».

    Il libro offre anche un ampioflorilegio di massime sulla liber-tà: ciascuna, a suo modo, è illu-minante e specchiarsi in esse èun esercizio, al contempo, piace-vole e salutare. «La libertà —scrive Camus — non è altro cheuna possibilità di essere migliori,mentre la schiavitù è la certezzadi essere peggiori». Goethe di-chiara che «nessuno è più schia-vo di colui che si ritiene liberosenza esserlo» e Cocteau, con ar-guzia, rileva che «un’eccessivalibertà mette la gioventù nell’im -possibilità di disobbedire alle re-gole». E lascia inquieti il pene-trante interrogativo posto da Ki-pling: «Chi resta in piedi se cadela libertà?».

    La libertà è la possibilità di realizzarsisecondo la verità della propria personasecondo la propria volontàe secondo la propria vocazione

    Nella serie televisiva «Euphoria» di Sam Levinson

    Adolescenti in caduta liberadi CO S TA N T I N O ESPOSITO

    C’ è ancora qualcosadi cui sorprendersinella sceneggiaturadella nostra esi-stenza? Il copione è il più dellevolte già previsto o prevedibile, ese di sorprese si può ancora parla-re, si tratterà di quei “casi” impre -visti della vita che — per fortuna —continuano a spiazzarci rispettoal solito quotidiano. Tuttavia, perquanto ci sorprendano, quei casiportano già inscritto, quasi incisodentro di loro, il destino più tri-stemente prevedibile che ci sia,vale a dire la loro fine, il finire ditutto. Non è forse questo il moti-vo per cui tante volte cerchiamodi proteggerci rispetto ai rischi,di assicuraci rispetto ai cambia-menti, di difenderci rispetto alcaso? Il fatto è che ogni persona,ogni io, è un imprevisto rispettoalla cieca necessità di una naturaimpersonale; e una delle piùgrandi fatiche del nostro essere almondo è proprio quella di rego-larizzare il caso, di esorcizzare inqualche modo la miste-riosa “gratuità” del no-stro esserci. Una gra-tuità troppo grande peressere accettata, troppoincomprensibile dasopportare, tanto chemolto spesso la scam-biamo per un’“assurdi -tà”. Una vita assurda, acui cioè non si possa ri-conoscere un senso,una ragione, uno sco-p o.

    L’imprevisto che noi siamo —e che esplode attraverso i diversiimprevisti che ci capitano — cer -ca sempre la sua ragione. Ma ilproblema è che noi non possia-mo mai semplicemente appicci-

    care una giustificazione al caso osussumere ciò che non era pre-ventivabile sotto le nostre cate-gorie generali. Perché ci sia sen-so bisogna che sia proprio l’im -previsto a farcelo vedere, e sequesto non avviene il nostro “ca -so” diventa come una voragineche non potremo mai colmare eche, anzi, rischia di inghiottirenoi stessi come in un buco nero.

    È quello che succede a RueBennett, la sbandata protagoni-sta di Euphoria, acclamata (e con-testata) serie televisiva statuni-tense creata nel 2019 da Sam Le-vinson per Hbo. In essa si de-scrive, fino al dettaglio più sca-broso, la vita di alcuni adole-scenti in caduta libera nel vuotodeterminato dall’assenza o dal-l’inconsistenza degli adulti edalla confusione sulla propriaidentità di genere. Giovani li-

    ceali che pensano di dover “ten -t a re ” la propria vita attraverso leesperienze più hard della drogae del sesso. Non si tratta tantodelle classiche “vite bruciate”dei diciassettenni in crisi, quan-

    to del bruciare se stessi comeunica possibilità di avere una vi-ta propria, una vita vera. Insom-ma, uno dei sempre più frequen-ti e compiaciuti teen dramas degliultimi anni, in cui gli adolescen-ti diventano lo specchio impie-toso del mondo e della culturanichilista ereditata dai loro “pa -dri”.

    Ma in Euphoria accade qual-cosa di insolito. Il bruciarsi del-l’esistenza non estingue, ma alcontrario aumenta l’arsura delvivere, e riaccende il desiderio —spesso contraffatto ma inestin-guibile — di un’acqua pura chesoddisfi veramente la sete. Èquanto accade nell’episo diofuori serie trasmesso il 6 dicem-bre 2020, più di un anno dopo lafine della prima stagione e in at-tesa della seconda, rimandata acausa dell’epidemia da covid-19.

    Si tratta di una spe-cie di drammaticoe insieme delicatis-simo regalo di Na-tale fatto agli spet-tatori, in cui ciò chesembrava bruciato,torna a riaccender-si, ma non per con-sumarsi definitiva-mente, bensì per ri-cominciare, forsecome un nuovo ini-zio.

    In una malinconica vigilia diNatale, mangiando pancake inuna tavola calda semideserta,puro stile Hopper, la diciasset-tenne Rue, abbandonata dallasua amica e amante Jules, e in

    piena ricaduta nella dipendenzada stupefacenti, arriva a scoprir-si del tutto disarmata di frontead Alì, un cristiano convertitosiall’Islam, ex tossicodipendenteche le fa da sponsor nel tentativodi ripulirsi e raggiungere la so-brietà. Lo sguardo imbambola-

    to della «strafatta» Rue cedelentamente, durante il dialogo, auna strana consapevolezza delfondo della questione. Dappri-ma fingendo che va tutto bene edi aver raggiunto «un equilibriofantastico», senza «affidarsi anessun altro per avere quella fe-licità». Per poi arrivare ad am-mettere che le cose non stannoaffatto così, che lei in realtà nonvoleva proprio smettere di dro-garsi, perché non ne aveva unmotivo sufficiente (in fondo«chi se ne importa!»), e a con-fessare che «forse la droga è l’u-nico motivo per cui non mi sonosuicidata». Quando era presen-te a se stessa, infatti, «continua-va a rimuginare» su tutte le coseche ricordava e su quelle chenon avrebbe voluto ricordare.

    Ma con ciò la ragazza si mettein gioco inaspettatamente di

    fronte al suo stesso destino, difronte a Dio, svelando così il ro-vello segreto del suo pensiero:«Alì, io non credo in Dio», unaparola che non sopporta, perchéle puzza come una giustificazio-ne consolatoria rispetto ai casiassurdi della sua vita. Come lamorte per cancro del padre, dicui non è possibile trovare alcu-no scopo, dal momento che ilvero scopo della sua vita era pro-prio quello di curarsi delle suefiglie, che è invece costretto a la-sciare. Le cose succedono per-ché succedono, dichiara Ruecon apparente cinismo: la lorounica motivazione sarebbe quel-la di essere senza ragione. Il lorounico senso sarebbe il nulla, «equesto è tutto!». Ma a poco apoco emerge la vera “ragione”dell’irrazionale. Una Rue scon-solata ricorda il rapporto intol-lerabile con la madre, la violen-za di un pugno che lei, sua figlia,le aveva sferrato in faccia, e ad-dirittura la minaccia di ucciderlacon un pezzo di vetro. Quelloche ho fatto a mia madre, con-fessa, «è imperdonabile (...).Ma io sono fatta così». Al cheAlì incalza: «E ti sta bene?».«No!» ribatte Rue. «Allora vuoldire che non sei fatta così!». Equando la ragazza arriva a dire,con una strana sincerità, chenon ha intenzione di vivere an-cora a lungo in un mondo orren-do come il nostro, in cui per rab-bia «tutti vogliono fare in modoche tutti gli altri non sembrinoumani», Alì la provoca: «Comevuoi che tua madre e tua sorella

    ti ricordino?». Dopo un lungo,densissimo silenzio, in cui sem-bra che tutto il filo della sua vitavenga in superficie, Rue affer-ma: «Come una che si è impe-gnata tanto a essere come nonpoteva essere». È esattamentequesta impossibilità a essere co-me si vorrebbe essere, il fuocodel problema di Rue, una cenereche riprende fiamma. E se a que-sto punto la sceneggiatura fa di-re ad Alì che lui invece ha fidu-cia in lei, perché in fondo è Diostesso che ha fiducia in Rue,questo ci sembra ancora troppopoco, e suona anche un po’ reto -rico. Un desiderio di redenzione(«tu devi credere nella poesia»,«inventarti qualche Dio», comele suggerisce Alì), ma non anco-ra un essere salvati realmente,ora, così come si è. Per questo èassolutamente geniale la conclu-sione, affidata ad altre parole, inun latino che suona con un in-credibile effetto di straniamento— di sorpresa, appunto — risp et-to al già saputo: finita la sobriacena della vigilia di Natale, sottouna pioggia battente, Alì riac-compagna Rue in macchina,mentre parte l’Ave Maria di Schu-bert: «Ave Maria / gratia plena /Dominus tecum...». Se il cuoredegli umani custodisce in sé uninconfessabile struggimento perl’impossibile — e cioè che possaessere perdonato l’imp erdona-bile —, è solo l’Impossibile stes-so che può suscitare questostruggimento, per compierlo.

    Ha scritto Agostino in unpasso fulminante del De libero ar-bitrio (III 3-7), «se essere felicefosse in mio potere, io sarei giàcertamente felice. Anche ora vo-glio esserlo, ma non lo sono,perché non io, ma Lui mi rendefelice».

    I teenager diventanolo specchio impietosodella cultura nichilistaereditata dai loro padri

  • L’OSSERVATORE ROMANOpagina 8 sabato 2 gennaio 2021

    Per la cura della casa comunePer la cura della casa comune

    A Torino l’esempio di una azienda di cosmetici

    Un’impresa diversasi può fare

    di LORENZO FAZZINI

    «O ggi possia-mo dirlo:essere so-stenibilinon è una questione per pochiintimi. Veniamo da una men-talità che diceva: “Il profitto alprimo posto. E stop”. Bene,quella prospettiva è finita. Se-polta. Perché fare profitto perse stesso sta provocando mortie feriti, letteralmente. Non sipuò pensare alle imprese comea soggetti che fanno soldi apalate passando sopra la vitadella gente, per poi esserepronti a destinare qualche bri-ciola alle associazioni benefi-che che, a loro volta, vanno achiedere soldi allo Stato persanare quelle ferite che le stes-se aziende avevano causato».

    Marco Piccolo non è un im-

    prenditore come gli altri. Nel-la Reynaldi, l’azienda di fami-glia («facciamo cosmetici perconto terzi, i nostri clienti so-no i più grandi marchi del set-tore»), sede a Pianezza, duepassi da Torino, le idee di Lau-dato si’ non sono pii desiderisganciati dalla realtà, ma soli-di ancoraggi che innervanoun’azienda socialmente e am-bientalmente responsabile, giàda anni. «Non c’è voluta labellissima enciclica di PapaFrancesco perché capissimoche abbiamo un solo pianeta,e dobbiamo preservarlo — an-nota Piccolo —. Oggi tutti par-lano di questi temi (ambiente,sostenibilità, rispetto del crea-to), ma noi da 8 anni abbiamoun sistema di raccolta delle ac-que di produzione che non cifa sprecare neppure un litrod’acqua! Abbiamo implemen-tato questa scelta perché, daimprenditori, abbiamo investi-to su qualcosa che poi ci è tor-nato utile: 70 mila euro di in-vestimento che, nel giro diqualche anno, sono stati am-mortizzati da bollette moltomeno costose».

    Insomma, la sostenibilità

    ambientale e sociale garantiscerisultati. «Oggi sono referenteper la sostenibilità all’internodi Confindustria Piemonte, evedo che qualche imprendito-re inizia a capire l’imp ortanzadella questione. Alcuni com-prendono che il mercato stes-so domanda di essere sosteni-bili. Altri “dormono”. Ma neiprossimi 10 anni chi non saràsostenibile verrà espulso dalmercato! Oggi sono i consu-matori che chiedono a granvoce prodotti sostenibili». At-tenzione, però: il g re e n w a s h i n g ,la strategia di darsi una “ripu-lita” di verde, è sempre in ag-guato nel mondo delle c o rp o ra -te: «Spesso nelle aziende l’uffi-cio sostenibilità viene incorpo-rato nel marketing: essere so-stenibili diventa una leva perfare ulteriori affari — è il j’ac-cuse di Piccolo —. Per me in-

    vece è tutt’altro, è un valoreumano: vuol dire generare uncircolo virtuoso nel mondo cuiappartengo. Significa, in findei conti, capire che si viveuna volta sola, e questa vitanon va sprecata. Sempre più lasostenibilità sta diventando unvalore per le aziende, ma ci so-no ancora molti passi da fare.Se un’impresa non ha la soste-nibilità tra i suoi obiettivi, siale banche che i mercati finan-ziari non le concedono il cre-dito né fanno investimenti inessa».

    Per la Reynaldi sostenibilitàsignifica anche dar vita adun’azienda «umana», in cui lapersona sia al centro e non so-lo un meccanismo di un siste-ma. Perché questa scelta?«Semplice, non sono due per-sone, ma una sola — risp ondePiccolo —. Non sono una per-sona in parrocchia, nei gruppigiovanili dove sono educatore(parrocchia di S. Giuseppe aTorino), quando vado in mo-nastero tre volte all’anno per“ricaricarmi”, e un’altra perso-na quando entro in ufficio op-pure nello stabilimento. La sfi-da di un imprenditore creden-

    te oggi è trovare l’unità umanatra quello che dice di voler es-sere e quello che fa. Certe vol-te rischiamo che chi va a mes-sa sia un’altra persona daquella che ha a che fare con idipendenti (io preferisco chia-marli collaboratori: anche leparole hanno un peso). Perso-nalmente, mi interesso di chilavora con me, quali problemiha, come va con i figli, che dif-ficoltà si vivono in casa…Senon c’è una visione umana,l’impresa si trasforma in unacatena di produzione in cuiogni persona è un pezzo di uningranaggio. Ma questo non èlavorare, vuol dire diventareschiavi».

    Alla Reynaldi dunque pic-coli gesti creano un clima dilavoro più umano: «Alle 17 sichiude: voglio che una lavora-trice possa stare a casa a gioca-re con il figlio o andare al par-co con la bambina, oppureleggersi un libro. Mangiamoinsieme, manager e dipenden-ti; la macchina del caffè è gra-tuita; festeggiamo i complean-ni dei lavoratori». Piccolosembra crederci sul serio: ilprofitto non è l’unico obietti-vo per cui lavorare: «Il profit-to è una conseguenza: se c’èun clima positivo in ufficio ein linea di produzione, i risul-tati vengono da soli. Lo scorsoanno abbiamo fatto +47% difatturato, arrivando a 6 milio-ni di euro, quest’anno +25%. Ese otteniamo utili, è giusto chevengano ripartiti tra chi lavo-ra: per questo abbiamo asse-gnato il 30% a chi è impiegatoin azienda, il 30% ai soci e il30% reinvestito nella società.Io non ho una Maserati o unaBentley, ma una Fiat vecchiadi 14 anni. Non posso pensaredi andare in giro con il mac-chinone sapendo che un miocollaboratore non ha i soldiper pagare i libri di scuola delfiglio».

    Parrebbe fantascienza, e in-vece funziona: «Avere una vi-sione di questo genere paga,alla lunga — sottolinea l’im-prenditore torinese —. La no-stra azienda è nata nel 2000con una persona; due anni faeravamo 28 persone, oggi sia-mo 70. Abbiamo iniziato conun ufficio, adesso lo stabili-mento è su 7500 metri quadra-ti. Mio fratello ha la divisa dioperaio e lavora nella linea diproduzione insieme a tutti glialtri. Ci sono imprenditori chenon entrano neppure nel lorostabilimento. O si rema tuttidalla stessa parte o si va asbattere. Non ha senso far la-vorare gli altri in maniera di-sumana, per poi trarre solo ilproprio profitto».

    Piccolo si stupisce…dellostupore che la sua visioned’impresa suscita. Come quel-la volta che ad un convegno diimprenditori, dopo che averraccontato queste cose, è statoavvicinato da un grosso im-prenditore, proprietario diun’azienda da 2 mila dipen-denti, che gli ha chiesto diprendere un caffè insieme.«Marco, ma tu dormi la not-

    te?». «Benissimo». «Io sonoanni che non chiudo occhioper le responsabilità». «Macome si fa a vivere così? — an-nota Piccolo —. A volte siguardano imprenditori di suc-cesso pensando che siano an-che “p ersone” di successo, epoi si scoprono vuoti di que-sto genere! Molto meglio unidraulico che ha trovato il sen-so della sua vita nel suo lavoro(con tutto il rispetto per gliidraulici!) piuttosto di tantiturbo-capitalisti che sfruttanogli altri, senza chiudere occhiodi notte per la paura di perde-re tutto». L’esempio dice tut-to: «Ho saputo di un’aziendail cui titolare gira in Bentley,mentre un dipendente era as-sunto dal 2006 tramite unacooperativa, così era più facilelicenziarlo in caso di crisi. Macome si fa ad avere una facciatosta simile?».

    La visione cristiana della vi-ta di Piccolo innerva il suomodo di lavorare: «Io non miconcepisco come un capo checontrolla, non ho una segrete-ria personale. Porto il caffè aicolleghi: Gesù non era quelloche lavava i piedi ai suoi ami-ci?». Anche sulla Chiesa Mar-

    co Piccolo ha qualcosa da diree qualche sassolino da toglier-si: «Io ho studiato economia enon teologia, quindi non mimetto a predicare. Volentieristo dando una mano alla miadiocesi, insieme ad altri im-prenditori, sul piano economi-co e finanziario. Ma non comeè possibile che chi ha studiatosolo teologia si occupi di de-naro e finanza? Servono com-petenze, sennò si fanno disa-stri».

    Piccolo fa parte del gruppodi aziende che si rifanno all’e-conomia di comunione, di cuiè diventato ambasciatore:«Quando ascolto le lezioni diLeonardo Becchetti, LuiginoBruni e Stefano Zamagni misento a casa. E lo trovo bellis-simo. Anzi, posso dire chequando ascolto questi econo-misti, ogni tanto mi sorprendoa dirmi: “Ma questo noi in Re-ynaldi lo facciamo già!”».L’impresa di Piccolo è qualifi-cata come «società benefit»,cioè una forma societaria percui il profitto non è tutto: l’i-dentità aziendale è costituitaanche dal valore sociale e am-bientale che essa genera.

    «Io lo ripeto spesso ai gio-

    vani: “Oggi voi andate a ve-stirvi in negozi dove le mercisono sottocosto, perché avetepochi soldi. Ma quando neavrete un po’ di più, non pen-so sarete molto contenti di an-dare a comprarvi un paio discarpe che costano poco per-ché le ha fatte un ragazzino di15 anni in Turchia”. Pensiamo-ci: qualche anno fa era norma-le, per le signore, comprarsiuna pelliccia di visone. Oggichi lo fa più? La sensibilità ècambiata. I nostri genitori nonavevano la sensibilità ecologi-ca che abbiamo oggi. I cam-biamenti climatici ci toccanosul vivo, non sono più astratti:quando andiamo a fare il ba-gno nel mare Adriatico eusciamo ricoperti di mucillagi-ni, ci rendiamo conto che l’in-quinamento non è una que-stione teorica, ma la tocchia-mo letteralmente con mano!Quando scoppiò lo scandalo-mucillagini, abbiamo assistitoal crollo del consumo di deter-sivi normali a favore di quellibiodegradabili. Finita l’emer-genza, è tornato tutto comeprima. Ecco, io credo che dob-biamo prendere sul serio laquestione ambientale».

    Il bilancio del progetto avviato dalla famiglia salesiana

    Trecentomila sìall’Avvento green dream

    di MARCO SA N AV I O

    La Don Bosco green alliance è costi-tuita da un gruppo internazionale digiovani legati alla famiglia salesianache hanno a cuore la cura della casacomune e contribuiscono a riflessioni e azioniimprontate alla sostenibilità ambientale. Tragli obiettivi principali dell’organizzazione, inambito ecologico, ci sono il contrasto all’in-quinamento, la riduzione del riscaldamentoglobale e la riduzione dell’utilizzo della pla-stica declinati, poi, in una serie di campagneinternazionali ispirate alla Laudato si’, in semi-nari internazionali, indicazioni per renderesostenibili i campus universitari e risorse con-divise, soprattutto nell’infosfera. Secondo lecifre indicate dal sito ufficiale dell’alliance,donboscogreen.org, vi aderiscono, al momen-to, 379 enti appartenenti a 70 Paesi del nostroglobo. In Italia se ne contano una decina, tra iquali l’Istituto universitario salesiano di Ve-nezia e Verona che ha coinvolto la Don Boscogreen alliance nell’iniziativa Avvento greendream, un itinerario quotidiano in prepara-zione al Natale 2020 ritmato dalla Parola daDio e da 26 icone ispirate ad altrettanti passidella lettera enciclica Laudato si’. «Si è rivelataun’opportunità straordinaria quella di poter

    essere orientati da brani estratti dalla liturgiaquotidiana — ha affermato Macson Almeida,originario di Mumbai (India) e segretarioesecutivo della Don Bosco green alliance — edalle citazioni ispirate alla Laudato si’ incentra-te su quattro compiti principali: rifiuto dellacultura dello scarto, cura del nostro pianetacome patrimonio comu