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Con 116 Ottobre 2013 - Autorizzazione Tribunale di Pesaro n. 113 del 26/04/1964 A vent’anni dalla scomparsa (10 ottobre 1993), il Comune di Pesaro rivolge un doveroso e sentito tributo a don Gianfranco Gaudiano, figura esemplare che ha lasciato un segno indelebile nella nostra città. Sacerdote, medico, insegnante ha dedicato la vita agli ultimi, dando concretezza alla sua fede con opere che continuano ad essere punto di riferimento per innumerevoli condizioni di disagio sociale. Facendosi interprete di tutta la cittadinanza, l’Amministrazione comunale esprime gratitudine alla sua memoria e a quanti hanno dato seguito alla sua preziosa eredità 116 Notiziario del Comune di Pesaro Con GIPA/CN/034/2010 • Sommario • Pesaro Speciale don Gaudiano • Voci dal Consiglio • Pesaro in breve Notizie & Flash Dove c’è sofferenza, io ci sarò 1993-2013 “Ho trovato il modo attraverso il quale i doni di cui (Dio) ci ha riempito e ci riempie possano essere contraccambiati: servendo lui, l’ultimo, dandogli da bere se ha sete, dandogli da mangiare se ha fame, ospitandolo se non ha una casa, rivestendolo se ha freddo, curandolo se è ammalato, cercando di liberarlo se è in prigione…” (Omelia di don Gaudiano 1990)

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Con 116 Ottobre 2013 - Autorizzazione Tribunale di Pesaro n. 113 del 26/04/1964

A vent’anni dalla scomparsa (10 ottobre 1993), il Comune di Pesaro rivolge un doveroso e sentito

tributo a don Gianfranco Gaudiano, fi gura esemplare che ha lasciato un segno indelebile nella

nostra città. Sacerdote, medico, insegnante ha dedicato la vita agli ultimi, dando concretezza alla

sua fede con opere che continuano ad essere punto di riferimento per innumerevoli condizioni di

disagio sociale. Facendosi interprete di tutta la cittadinanza, l’Amministrazione comunale esprime

gratitudine alla sua memoria e a quanti hanno dato seguito alla sua preziosa eredità

116Notiziario del Comune di Pesaro

Con

GIPA/CN/034/2010

• Sommario

• Pesaro Speciale don Gaudiano

• Voci dal Consiglio

• Pesaro in breve Notizie & Flash

Dove c’è sofferenza, io ci sarò

1993-2013

“Ho trovato il modo attraverso il quale i doni di cui (Dio) ci ha riempito e ci riempie possano essere contraccambiati: servendo lui, l’ultimo, dandogli da bere se ha sete, dandogli da mangiare se ha fame, ospitandolo se non ha una casa, rivestendolo se ha freddo, curandolo se è ammalato, cercando di liberarlo se è in prigione…” (Omelia di don Gaudiano 1990)

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Colophon

EditingStefano Mariani

Impaginazioneartù comunicazione

StampaT41b

Con 116 Ottobre 2013Notiziario del comune di PesaroPiazza del Popolo n. 1Tel. 0721.387238/306/551 Fax [email protected]

Direttore responsabileManuela Albertini

In redazioneMarina Druda

Segreteria redazionePaola Tenti

Con116

Pesaro speciale don Gaudiano/Editoriale

L’opera di don Gaudiano è più che mai attiva nella nostra città. Infaticabile nel dare aiuto ai deboli, le strutture da lui fondate meritano il sostegno del Comune e di ogni altra istituzione pubblica

Una vita per il prossimo

di Luca Ceriscioli, sindaco di Pesaro

Sono trascorsi 20 anni dalla scomparsa di don Gianfranco

Gaudiano, un periodo signifi cativo per valutare, con la giusta distanza, la sua testimonianza e il suo impe-gno e capire cosa è rimasto oggi di quella incredibile esperienza che Pesaro ha vissuto fi no alla scom-parsa del fondatore del Ceis.

“Gianfranco lo ricordo fi n da bambi-no come un po’ più serio, più grande della sua età, non l’ho mai visto par-tecipare ai nostri giochi. Era impe-gnato in Azione Cattolica, a 16 anni presidente dei Giovani Cattolici. Ero anch’io in A.C., facevamo apostola-to cercando di avvicinare i compa-gni che non andavano a messa e lui era contrario, perché non dove-vamo attrarre nell’oratorio i ragazzi che non andavano, ma eravamo noi che dovevamo uscire dal chiuso: insomma il fatto di acchiapparli e poi di portarli a una messa a lui non interessava proprio. Quando ci an-nunciò la sua vocazione, durante gli studi di Medicina a Bologna, ricordo nostro padre non voleva, forse non riusciva ad accettare che Gianfran-co si facesse prete. E gli diceva: ‘Tu ti fai medico, puoi esercitare la tua professione per i poveri, per la gen-te, puoi curarli, andare nelle missio-

Innanzitutto, le opere. La gran par-te dei “percorsi” da lui avviati sono ancora ben presenti nella nostra città. Le intuizioni che portarono alla loro creazione come risposta ai problemi di sofferenza ed emar-ginazione, ancora oggi offrono ap-pieno il loro servizio. La cosa para-dossale, che forse sta accadendo in questo momento, è che molti pesaresi conoscono più le struttu-re, le opere che don Gaudiano ci ha lasciato, che non il fondatore del Ceis.Dopo 20 anni, è quindi importan-te recuperare la sua fi gura per rendere giustizia e merito a don Gaudiano, che con la sua opera ci ha permesso di avere struttu-re e servizi a favore degli “ultimi”, delle persone più emarginate della nostra città, attraverso un impe-gno straordinario. È questo per me

ni, però da medico! Ma non questa scelta’. E arrivò a dirgli: ‘Io non ver-rò alla tua prima Messa’. Ma Gian-franco diceva che ‘il prete è un’altra cosa, il medico sì, può essere utile, generoso, ma il prete rappresenta Cristo’. Aveva una fede enorme, ma fu davvero dura. Per un periodo mio padre non gli parlò più, erano ai ferri corti; dovet-te intervenire il vescovo, eppure mio padre era molto religioso. E invece poi Gianfranco diventò il consigliere di mio padre e andavamo a trovar-lo tutti in seminario e alla sua prima Messa c’eravamo tutti. In famiglia era una presenza importantissima, aveva una grande autorevolez-za, ma non diceva mai a nessuno cosa doveva fare, neppure ‘perché non vai alla messa’. Ogni tanto gli dicevamo: ‘Gianfranco, ma ti ren-di conto, in che imprese ti metti?’ lui tranquillo rispondeva: ‘io credo

l’aspetto più importante perché ci permette di capire che ciò che ab-biamo oggi non è scontato, bensì il risultato di un lavoro profondo e dell’amore nei confronti del pros-simo. Un cammino che ha saputo mettere in gioco valori consolidati, idee, risorse, l’impegno umano di tante persone che hanno creduto e portato avanti insieme a lui questi progetti. Dietro le intuizioni, quasi profetiche c’era un uomo che non solo riusciva a vedere prima degli altri problemi e contraddizioni, ma anche a mettersi in movimento per dare risposte. È quindi importante riappropriarsi di questa capacità, di azzardare per fare qualcosa di utile per la propria comunità. Vedo dun-que nelle opere di don Gaudiano, un grande messaggio positivo: non trattandosi solo di risultato, bensì di metodo, diventa uno strumento

nella Provvidenza! Sarà la Provvi-denza che si preoccuperà di dar da mangiare a questa gente!’ E aveva dei riscontri nella realtà: ci raccon-tava che una volta era passato nel-la chiesa dei Servi, alla Madonna delle Grazie – lui prima di andare in Comunità passava lì a pregare – e pensava a come dare da mangiare ai ragazzi della Comunità, erano i primi tempi. Lo avvicinò un signore che cercava proprio lui per regalar-gli un assegno! Aveva una sconfi -nata fi ducia nella bontà di Dio: soffrì per tantissimi anni di mal di testa feroci, che dopo innumerevoli cure e consulti medici, gli diminuirono drasticamente dopo la morte di una zia carissima, una seconda madre per noi fratelli. Gianfranco era certo che la zia appena arrivata su in cielo avesse ‘rotto le scatole’ a Dio Padre dicendogli: tiraglieli via tu, dagli tu una mano! - e fosse stata ascoltata.

per chi vuole promuovere questa visione. Capire cosa farebbe oggi don Gaudiano, su quali emergenze si impegnerebbe per migliorare la risposta sociale nella nostra città è il compito di ciascuno di noi, di chi opera nelle istituzioni e in luoghi si-gnifi cativi della città.In quest’ottica, credo che l’emer-genza sulla quale la città -e il Co-mune di Pesaro- può e deve fare un ulteriore salto di qualità, è quella della casa. La vediamo come una sofferenza crescente che continua ad appesantirsi e aggravarsi con la crisi economica. La nostra volontà, anche in questo caso, è quella di mettere in gioco iniziative nuove e innovative, per rispondere a questo bisogno emergente che pone le fa-miglie, da un giorno all’altro, in uno stato di prostrazione e in grandissi-ma diffi coltà.

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Nostro fratello GianfrancoDon Gianfranco Gaudiano nel ricordo del fratello Enzo: ‘Una scelta, quella del sacerdozio, ostacolata da nostro padre, ma che nessuno avrebbe fermato per la sincerità e la profondità della sua vocazione’

Referenze fotografi che Archivio Uffi cio stampa, archivio Fondazione Don Gaudiano, archivio Ce.I.S. Federico Tamburini

Hanno collaborato Mariarosa Gaudiano, Mons. Franco Tamburini, Maria Teresa Federici, Ivano Dionigi, Gianfranco Sabbatini, Michele Renili, Maria Civita Di Russo, Elena Farina, Giuliana Ceccarelli, Roberto Drago, Roberta Galdenzi, Fiorenza Martufi , Marco Ceccolini, Claudia Moschini, Carmelita Prota, Alberto Serrani, Francesco BattistiChiuso in redazione il 2 ottobre 2013

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Pesaro speciale don Gaudiano/Ce.I.S.

Tutte le strutture di accoglienza fondate a Pesaro da don Gaudiano fanno capo al Ceis (Centro Italiano di Solidarietà). Un ente sempre affi ancato da tanti lodevoli sostenitori pubblici e privati

Pesaro al nostro fi anco

Specie in momenti di memoria come questi, mi ritornano alla

mente le diverse volte in cui don Gaudiano mi invitava a lasciare la Parrocchia per andare ad aiutar-lo nella gestione delle sue opere. Non avrei mai pensato che, alla sua morte, mi sarei ritrovato a gestire, in prima persona, le opere da lui messe in piedi e gestite attraverso il Ce.I.S.Tanti si chiedono ancora oggi cosa sia il Ce.I.S. La maggior parte dei pesaresi preferisce pensare e parlare delle opere di don Gaudia-no. Il Ce.I.S. (Centro Italiano di So-lidarietà di Pesaro) è l’ente che don Gaudiano istituì nel 1976 per gestire nella dimensione giuridica ed eco-nomica le varie opere che andava aprendo e per dare veste legale ai rapporti con le istituzioni pubbliche e alle relative convenzioni. Al mo-mento della morte di don Gaudiano il Ce.I.S. gestiva: Via del Seminario, La comunità terapeutica per minori (C.t.e.), Casa san Giuseppe Moscati e il Centro di prima accoglienza per Immigrati (cpa). Tutte le altre opere che aveva aperto erano diventate autonome costituendosi in coope-rative sociali. Don Gaudiano era del parere che le varie opere che met-teva in cantiere appena possibile, dovevano “camminare con le loro gambe”, diventassero cioè autono-me nella gestione. Ad un certo pun-

convenzioni e di fare i lavori nelle strutture, lavori che non sono mai coperti dai contributi pubblici. Dopo la morte di don Gaudiano ab-biamo acconsentito che la comunità terapeutica per minori si rendesse autonoma costituendosi nella coo-perativa “L’Imprevisto”. Purtroppo abbiamo dovuto, per mancanza di adeguati aiuti pubblici, arrivare alla decisione di chiudere il centro di pri-ma accoglienza per immigrati, man-tenendo però aperto un servizio per immigrati in via del Seminario 10. In compenso negli ultimi dieci anni ab-biamo aperto in via del Seminario il “Servizio di sollievo”, in via del Tea-tro “Casa don Gaudiano” e in stra-

to si fermò perché gli sorsero dubbi circa la possibilità poi, divenute co-operative, di mantenere la fedeltà a quei principi di solidarietà, condivi-sione e professionalità ai quali lui si ispirava e che cercava di attuare nell’aprire nuove strutture. Il legame con la Comunità ecclesiale anche nell’ammissione di nuovi soci e nel-la elezione del Consiglio consente di mantenere fede ai principi ispira-tori del Ce.I.S. e dell’intera opera di don Gaudiano. Un’altra dimensione, sempre alla scuola di don Gaudiano, alla qua-le vogliamo mantenere fede, è l’a-pertura alla solidarietà dei privati, comprese le istituzioni presenti sul territorio. Il Ce.I.S. ha alle sue spalle la Fondazione Don Gaudiano che annovera tra i soci fondatori: l’Arci-diocesi di Pesaro, il Comune di Pe-saro, la Provincia di Pesaro-Urbino, la Fondazione Cassa di Risparmio, la Banca popolare dell’Adriatico e la Banca di Pesaro e inoltre il contribu-to di tante persone attraverso l’asso-ciazione “Amici di don Gaudiano”. Ciò ha consentito a don Gaudiano di iniziare le sue opere prima anco-ra di ogni convenzione, contando sul suo coraggio e soprattutto sulla sua fi ducia nella Provvidenza, che non è mai mancata. Ciò consente oggi a noi di assistere e provvede-re a tante persone al di fuori delle

da delle Marche (dove erano ospi-tati gli immigrati) “Casa Marcellina”. Certamente senza il sostegno delle convenzioni con gli enti pubblici, il Ce.I.S non riuscirebbe a portare avanti le opere di don Gaudiano, ma non sarebbe possibile neanche senza il sostegno generoso dei soci della Fondazione don Gaudiano e di tante persone della nostra città. La nostra speranza è che questo aiuto non venga mai meno, anzi… A tutti il nostro grazie sentito a nome delle tante persone ospiti delle no-stre realtà e di tante persone biso-gnose sparse nella città.

Mons. Franco TamburiniPresidente Ceis Pesaro

Il diritto di vivere, il dovere di aiutare

[email protected]

Via del Seminario è la comunità fondata da don Gaudiano in aiuto al disagio dell’emarginazione. Un centro di accoglienza in cui tante persone fragili hanno ritrovato una vita dignitosa

Comunità: bene comune, pane condiviso, decidere con altri, met-tere insieme le necessità di tutti, tenere conto gli uni degli altri e tut-to questo con persone diverse per capacità e incapacità, per salute e malattia, per socialità e asocialità, per ricchezza e povertà, per religio-ne e razza.Tutti diversi, ma tutti con gli stessi diritti di vivere, di essere rispetta-ti, di trovare amicizie e scambi, di essere sostenuti da rapporti veri, di potersi permettere di vivere ade-guatamente ai bisogni. Tutti con la

Gesù povero e servo e le sue orme nella storia, che prendere energia dalla sua parola, così come la leg-giamo nella Bibbia, sia una strada già aperta e molto coinvolgente. Questi i fondamenti di una piccola comunità che ancora oggi vive e cerca di seguire, come può, que-sti stessi motivi ispiratori. E così si continua a leggere la Bibbia, ci si confronta su di essa, ci si aiuta reci-procamente, si condivide l’amicizia, la festa e il tempo libero, ci si inter-roga sugli avvenimenti e su ciò che accade intorno a noi, ci si sostiene

stessa possibilità di esprimersi e di essere ascoltati. Già dagli anni 70 nasce un gruppo, la Comunità di via del Seminario appunto, che crede e cerca di costruire un luogo di condivisione. Il gruppo crede an-che ad una ‘spiritualità’ comune, ad un impegno nella storia per poter portare dei piccoli ‘segni’ di novità: si può sempre realizzare, piccoli e fragili come siamo, qualcosa di più grande che ci dia la speranza di vi-vere tutti meglio e ci faccia vivere meglio concretamente, oggi. Parte del gruppo crede che seguire

nel restare aperti agli altri anche quando i rapporti costruiti possono essere diffi cili o pesanti. Comunità, luogo di comunione e di resistenza comune a una men-talità poggiata sull’egocentrismo, il personalismo e la ricchezza per-sonale. Comunità, luogo di costru-zione dei rapporti. Comunità, luogo di crescita della persona e del suo spirito.

Maria Teresa FedericiResponsabile della comunità

di via del Seminario

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Pesaro speciale don Gaudiano/La Fondazione don Gaudiano

Don Gaudiano nel ritratto di Ivano Dionigi, presidente della fondazione a lui dedicata: ‘una fi gura di riferimento che trasmetteva disincanto nei confronti del reale e fi ducia nei confronti del possibile’

Una concreta spiritualità

Il suo impegno quale presidente della Gioventù cattolica – alla fi ne

degli anni quaranta – è caratterizza-to da un generoso apostolato e da un’intensa vita spirituale. Allergico a ogni collateralismo politico, sarà in grande diffi coltà con Luigi Gedda e, al contrario, in altrettanta sintonia con Carlo Carretto, con i quale con-serverà amicizia fraterna e frequen-tazione intensa. Si riconosceva nello stile del suo vescovo Bonaventura Porta, un pastore mite e un uomo di preghiera e di studio il quale non disponeva né di autista né di segre-teria. Nel 1957, un anno prima di lau-rearsi in medicina, mentre il suo ami-co Arnaldo Forlani si stava già affer-mando sulla scena politica italiana, Gianfranco decideva di farsi prete e prendeva la via del seminario regio-nale delle Marche. Una scelta non inosservata per la città, né indolore per la sua famiglia, una delle più rappresentative di Pesaro per ceto e cultura. Il riconoscimento conciliare della chiesa dei poveri e delle chie-se locali fu da lui vissuto non solo come liberazione da un’idea castale e centralistica della chiesa ma so-prattutto come intuizione profetica e consapevolezza pastorale che il centro stava alla periferia. Di questo sarà segno, ecclesiale e “religioso” il suo impegno quale padre spirituale del seminario diocesano, insegnan-te di religione al liceo classico, dele-gato vescovile per l’Azione cattolica.

le scuole, nelle strutture del tempo libero che devono essere di tutti.Di qui il suo rapporto collaborativo e non concorrenziale con gli ammini-stratori e gli enti locali, ai quali ritene-va giusto consegnare un’opera non appena caminasse con le proprie gambe. Così don Gaudiano da pro-blema per la gerarchia ecclesiastica, divenne problema per l’intera città. È anche segno di contraddizione: i casi anche eclatanti che aveva sbat-tuto in faccia a tutti, la moltitudine di persone che aveva coinvolto e le opere che aveva messo in piedi come denuncia e risposta ai bisogni immediati non potevano più essere contenuti nelle categorie del volon-tariato e della supplenza. Questa città che, anche se in più di un’oc-casione rimproverata, lo riconosce-va ormai come suo patrimonio radi-cato; quella città che alla sua morte nell’ottobre del ‘93 si è fermata tutta

Tre ruoli che ne fecero una fi gura di riferimento costante per la gioven-tù pesarese alla quale trasmetteva disincanto nei confronti del reale e fi ducia nei confronti del possibile. Ma non arruolava nessuno, anzi gli addebitarono lo svuotamento del seminario e l’allontanamento di tanti giovani dalla chiesa. La verità è che cercava di mettere ciascuno in con-dizione di fare liberamente il proprio percorso di fede e di vita.“Non credevo nell’azione cattolica, almeno per come era pensata e vis-suta allora, e accettai di esserne il delegato vescovile. Non credevo ai seminari minorili e mi trovai ad es-serne padre spirituale. Non riuscivo a capire l’insegnamento della reli-gione nelle scuole pubbliche e mi trovai a doverlo fare. Ecco perché l’arrivo di mons. Michetti fu una libe-razione”. (don Gaudiano)In questo periodo comincia quella che lui stesso chiama “la seconda parte” della sua vita. Ora sono in tanti e soprattutto sono le tante ope-re a raccontare questa parte. Una vita e un’azione che sono riuscite a diventare una spina stimolante nel fi anco della società, della chiesa pesarese, degli enti locali, di tutta l’opinione pubblica e insieme cerca di essere un gesto indicatore della strada da seguire perché emargina-ti, a pieno diritto, trovino il loro posto nel proprio quartiere, nella propria parrocchia, nei luoghi di lavori, nel-

attonita e paralizzata dal lutto citta-dino e che a distanza di un anno gli ha dedicato una scuola media e che con le parole del suo amico don Lu-igi Ciotti “ non ha chiesto a Dio per-ché ci ha tolto questo amico, ma lo ha ringraziato perché ce lo ha dato”, quella stessa città ha anche deciso di dar vita alla “Fondazione Ope-re di don Gaudiano” quelle opere dell’amore che – come ha ricordato mons. Michetti - “egli ha servito ma delle quali non si è servito”.Un patrimonio, quello di don Gau-diano, tanto prezioso ed esemplare, quanto complesso e faticoso, che il vescovo Michetti ha poi affi dato come eredità gelosa ed esplicita al suo successore Angelo Bagnasco il quale l’ha compresa e sostenuta con cura e fedeltà.

Ivano DionigiPresidente Fondazione

don Gaudiano

Un segno sul nostro camminoGianfranco Sabbatini, ricorda l’opera, l’esempio, l’impegno di don Gaudiano verso gli ultimi. Grande benefattore ma soprattutto amico fraterno

Don Gianfranco Gaudiano è stato un segno sul nostro cammino. Ha dato un’anima alla nostra comuni-tà con il suo insegnamento, il suo esempio, il suo sacerdozio. Ha inci-so con l’esempio del fare, dell’impe-gno per gli umili, che per lui erano i primi e che, sotto la sferza del suo modello, tutti dovevano considerare tali. Se oggi è diffuso il senso del-la solidarietà e della condivisione è merito di don Gaudiano. A vent’anni dalla sua morte il ricordo delle sue azioni non solo non si spegne ma fruttifi ca anzi in quelle che conven-zionalmente sono note come Opere di don Gaudiano, confl uite in gran parte nel Centro italiano di solidarie-tà (Ceis), fondato nel 1976 per dare una veste giuridica e organizzare strutture già nate o che sorgevano nella diocesi di Pesaro in risposta a povertà e bisogni. La Fondazione Cassa di Risparmio di Pesaro, e pri-ma ancora la Cassa di Risparmio, hanno sempre ritenuto un dovere sostenere le iniziative di Gianfran-co Gaudiano, sin dalle esperienze anteriori allo stesso Ceis. Dalla co-munità di via del Seminario (1972)

a quella terapeutica residenziale di Gradara (1976), fi no alla comunità Casa Famiglia di Canaan per mino-ri, che ospita bambini con problemi di ordine familiare e personale; o al servizio socio-assistenziale diurno; o alle strutture residenziali per malati psichici di via del Teatro e di Casa Marcellina; o alla cooperativa so-ciale “L’Imprevisto”, una comunità terapeutica educativa che opera nel settore della devianza e tossicodi-pendenza; fi no al Centro servizi (ora Servizio immigrati) creato nel 1991 in risposta alle esigenze soprattut-to lavorative degli immigrati extra-comunitari; o fi no a Casa Moscati, la casa di accoglienza per persone colpite da infezione Hiv e Aids. Re-sta la tristezza al pensiero che ci ha lasciato troppo presto, quando an-cora c’era bisogno di lui. E la tristez-za è forte per chi ha avuto il privilegio di essergli amico per un lungo tratto della vita, che non sarebbe stata la stessa senza questa amicizia.

Gianfranco SabbatiniPresidente Fondazione Cassa

Risparmio Pesaro

05–31 ottobre 2013

STELLE CADENTI E CORPI

CELESTI (ESPRIMETE UN

DESIDERIO)

FotograÞ e di Federico Tamburini

Sala Laurana Palazzo Prefettura

tutti i giorni h 16.00–20.00 / saba-

to e domenica: h 10.00-13.00 e

16.00–20.00

10 ottobre 2013 h 21.30

SULLA SUA “CATTIVA” STRADA.

Testimonianze nell’ambito dell’ini-

ziativa Perepepé e presentazione

del libro “L’incontro”

da un’idea di Paolo Pierucci

Centro arti visive Pescheria-Chiesa

del Suffragio

13 ottobre 2013 h 15.30

IL QUARTIERE RICORDA

DON GAUDIANO

Piazza Don Gianfranco Gaudiano

16 ottobre 2013 h 9.00

PRESENTAZIONE AGLI ALUN-

NI DEGLI ISTITUTI SUPERIORI

DEL LIBRO “IL TEMPO DEL

CAMMINO, ABBIAMO INCON-

TRATO UN PROFETA” di Giulia-

na Ceccarelli

Auditorium Palazzo Montani Antaldi

26 ottobre 2013 h 10.00

PESARO RICORDA DON GAUDIANO

CON LA PRESENZA DI S. E.

CARDINALE ANGELO BAGNASCO

Cinema Loreto

Presentazione video “Giorno per giorno -

sulle orme di don Gianfranco Gaudiano”

di Solidea Vitali Rosati e Giovanni Lani

26 ottobre 2013 h 17.00

SANTA MESSA CELEBRATA DA S.E.

CARDINALE ANGELO BAGNASCO

Duomo

12 dicembre 2013 h 21.00

CONCERTO MISA CRIOLLA

NAVIDAD NUESTRA

Gruppo argentino Del Barrio

e Coro Filarmonico Rossini,

direttore Roberto Renili

Duomo

Anno scolastico 2013-2014

RAPPRESENTAZIONI DELLO

SPETTACOLO “C’ERA UN

RAGAZZO CHE COME ME...”

A cura de “Il Porto” CEIS

Istituti superiori di Pesaro

12–13 aprile 2014

SPETTACOLO

A cura de “Il Porto” CEIS

Teatro Rossini

20 ANNI DOPO RICORDANDO DON GIANFRANCO GAUDIANO

PROGRAMMA

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Pesaro speciale don Gaudiano/Note Biografi che

Doposcuola, volontariato, cooperative sociali, centri di accoglienza. La vita di don Gaudiano è scandita da azioni concrete e anticipatrici, per dare dignità e conforto alle tante povertà che vedeva intorno

Oltre la fede

Gianfranco Gaudiano nasce a Montegridolfo l’11 luglio 1930.

Vive poi a Pesaro con i suoi genito-ri, quattro fratelli e una zia, una “se-conda madre”.Giovanissimo,16 anni, inizia ad ave-re responsabilità in Azione Cattolica e conosce Carlo Carretto* con cui manterrà sempre amicizia e vicinan-za di idee.Si iscrive a Medicina a Bologna, ma appena laureato decide di entrare in Seminario.Con il suo amico don Franco Tam-burini, viene ordinato sacerdote il 24 giugno 1962.Insegna religione al liceo classico di Pesaro e inizia a coinvolgere al-lievi e amici in una ricerca, che lo accompagnerà fi no alla morte, di come rendere concreta la Parola di Dio nelle scelte personali e sociali, mettendo “al primo posto” gli ultimi, i diseredati, i rifi utati.Di qui, il coinvolgimento in tante po-vertà cittadine: vengono “adottate” famiglie bisognose, si fa doposcuo-la a bambini in diffi coltà scolastiche ed economiche, si collabora con Mani Tese nelle raccolte di fondi per la lotta contro la fame nel mondo e si iniziano a seguire giovani con diffi coltà psichiche, andando a fare volontariato nell’allora ospedale psi-chiatrico san Benedetto e seguen-do delle persone fuori struttura.Nel 1971 nasce la Comunità di via del Seminario, uno spazio di vita

comunità terapeutica per tossi-codipendenti di Gradara, forse la prima comunità italiana per tossi-codipendenti;

• e per loro e per altri, più fragili ma bisognosi come tutti di dare senso e valore e guadagno alla loro vita, ecco la cooperativa Adriatica, per persone a rischio di emargina-zione.

Nel 1976 nasce il Ce.I.S. – Pesaro (Centro Italiano di Solidarietà), una associazione civile per dare una ve-ste giuridica, sostegno e organizza-zione alle strutture che erano nate e che stavano nascendo. Poi una stasi, per sostenere e dare radici alle cose create: periodo di maturazione, ma anche di incuba-zione di nuovi problemi: l’Aids, l’im-migrazione, il nuovo disagio giova-nile. Di nuovo al lavoro. Arrivano gli anni ‘90.• L’Aids, il contagio, la paura, l’e-

marginazione delle persone e la condanna a morire da sole. Ecco Casa Moscati, per vivere o morire senza pregiudizi e disperazione.

• e i minorenni tossicodipendenti, la loro vita che rischia di perdersi . Ecco la Cte - Comunità terapeu-tica educativa - per permettere a questi ragazzi di avere uno spazio di ricostruzione della personalità e dei loro rapporti

• gli immigrati, per aiutarli nel diffi -cile orientamento da noi e nella possibilità di vivere e di integrar-

comunitaria e spirituale per persone impegnate nella scelta vocazionale “di essere presenti in una situazio-ne ben precisa, quella degli ultimi privilegiando tra questi quanti sono ritenuti disturbati psichici, le loro fa-miglie.....”.Da allora don Gaudiano inizia a pro-porre e a creare una serie di rispo-ste alle varie povertà già esistenti e che vanno evidenziandosi come nuove emergenze:• negli anni ‘70 non ci sono inter-

venti sociali per chi ha handicap o disagi psichici: come permettere a chi si trova in queste situazioni di sviluppare le proprie capacità? Ecco la scuola Enaip, per ap-prendere, maturare competenze, socializzare;

• e il lavoro? Ritmi, produzione, ri-chieste: come poter lavorare se non si è al cento per cento? Ecco la Cooperativa T41, per vivere la dignità che dà il lavoro senza es-serne stritolati;

• e come evitare che tanti bambini siano “destinati” da situazioni fa-migliari tragiche a un futuro di ma-lattia o di disagio? Ecco due ap-partamenti famigliari per bambi-ni e la comunità di Canaan.

• Ma sta emergendo una nuova, grave povertà: la tossicodipen-denza. Accuse di delinquenza, senza vedere il malessere, il vuo-to dei giovani. Occorreva aiutarli a irrobustirsi e a vivere. Ecco la

si: ecco la Casa di prima Acco-glienza per extracomunitari.

Pur assorbito da mille problemi quotidiani, da rapporti e richieste di aiuto da parte di tanti e dalla ricerca “disperata” di fondi per mantenere dignitosamente quelle che chia-mava affettuosamente “baracche”, Gianfranco continuava a riservare il primo posto alla sua preghiera per-sonale e all’ascolto della Parola di Dio, da cui nascevano le sue omelie e attualizzazioni sia in comunità, sia nella Messa domenicale in Duomo, divenuta punto di riferimento e di crescita per una parte importante della città. Poi, stanco e indebolito dal lavoro fatto e dai mille rapporti di aiuto dati a tutti, Gianfranco Gaudia-no muore nella sua casa, a causa di un tumore, il 10 ottobre 1993.La città di Pesaro dichiara il lutto cit-tadino.

* religioso della congregazione cat-tolica dei Piccoli Fratelli del Vangelo

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da scoprire per ogni persona, di un peso sociale e politico. Quello che conta è soprattutto una atmosfera di autentica reciproca amicizia.” (don Gaudiano)

“So di non essere perfetta ma in fondo nessuno lo è. Ho capito che ognuno di noi è importante per quel-lo che è e non per quello che vuol sembrare di essere.” (una ospite)

Servizio Sollievo Ce.I.S. (2002)il servizio è rivolto alle persone che presentano disturbi di carattere psi-chico e ai loro familiari. offrendo: • un punto d’ascolto per ascoltare

e informare le persone sui servi-zi che si occupano della malattia mentale;

• un centro diurno come ambien-te di socializzazione e nello stes-so tempo propone attività-uscite sul territorio;

• un sostegno individuale rivolto a sostenere quanto più possibile l’au-tonomia delle persone con disagio psichico nelle diffi coltà quotidiana;

Responsabile Michele Renili

Coordinatore Francesco Battisti

n. operatori 7

n. posti in struttura 25

Apertura servizio Dalle 10 alle 19 (lun-ven) 10-15 (dom)

Indirizzo, tel., e-mail -Via del Seminario 12 – 0721 372146- servizio [email protected]

“Questo bisognerebbe che ce lo mettessimo in testa.

Se c’è un caso psichico in casa è tutta la famiglia che viene ad esse-re ribaltata, non si riesce da soli a gestirlo(…) Auguro a tutti i politici responsabili di queste situazioni di avere un caso psichico in casa e di vedere poi come lo gestiscono.” (don Gaudiano)

“Lo so che non c’è bisogno di ur-lare, ma se non lo faccio qui dove lo faccio?! Al bar chiamano la poli-zia…” (un ospite)

Pesaro speciale don Gaudiano/L’eredità

I luoghi della solidarietàIn questa sintetica mappa, le strutture fondate a Pesaro da don Gaudiano. Finalità, orari, operatori di un’articolata organizzazione benefi ca che onora la nostra città

Centro diurno handicap “Via del Seminario” (1999)Il centro diurno dà una risposta cre-ativa alla solitudine quotidiana e alla emarginazione nel tempo libero del-le persone con handicap psico-fi si-co e delle loro famiglie. Per far que-sto costruisce una rete di relazioni signifi cative fra ospiti, operatori e volontari: dalle relazioni instaurate nascono i progetti per le diverse at-tività pomeridiane.

Responsabile Michele ReniliCoordinatrice Maria Civita Di

Russon. operatori Setten. posti in struttura DiciottoApertura servizio 12-19 (Lun-Ven)

10-15 (Domenica)Indirizzo, tel., e-mail - via del Seminario

12, - 0721 [email protected]

“Quello che conta in Comunità, più che le varie iniziative, è la convin-zione di una pari dignità, di un ruolo

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“IL PORTO CEIS”Molti ospiti del centro diurno “Via del Seminario” o dei servizi di sollievo partecipa-no alle varie iniziative messe in scena dal progetto “Il Porto”. “Il Porto” è una di-mensione profonda dell’umano dove è possibile vivere intensamente l’esperienza della diversità. Si racchiude un lembo di mare in un abbraccio amicale, e si resta in attesa di incontrare volti, storie e racconti. L’incontro crea progetti, propone viaggi, genera avventure. Il palcoscenico è un grande porto di mare dove tutti coloro che vi approdano non saranno più gli stessi al momento della partenza. La fi nalità principale di questo progetto è quella di offrire agli ospiti provenienti dalle strutture del Ce.I.S. (e non solo), attraverso la sperimentazione di alcune tecniche artistico-espressive, motorie e musicali, la creazione prima e la partecipazione poi ad eventi teatrali prevalentemente rivolti a bambini e ragazzi. Le radici di questo progetto affondano nel 1989, anno in cui, ospiti, amici, volontari e operatori del-la comunità di via del Seminario 12, iniziarono a realizzare spettacoli teatrali. La caratteristica degli spettacoli è stata quella di rappresentare un “regalo alla città di Pesaro”, così come don Gianfranco Gaudiano ha sempre desiderato che fossero, vista la vicinanza che molti pesaresi hanno dimostrato nei suoi confronti e concre-tamente verso le sue iniziative. Oggi il progetto “Il Porto”, coordinato da Giuliano Ferri, è articolato in più espe-rienze e durante tutto l’anno:• si realizzano animazioni di piazza, di strada spettacoli per bambini e ragazzi; • s’impegna nell’ambito scolastico con attività e laboratori teatrali con le classi

degli istituti di scuola secondaria e primaria sempre con l’intento di sensibiliz-zare i giovani e i ragazzi all’educazione alla diversità e alla lotta contro lo stigma (soprattutto verso la malattia mentale);

• si organizza un laboratorio teatrale per bambini con la peculiarità di avere alcuni ospiti delle strutture del Ceis nei ruoli di assistenti dell’insegnante.

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spesso, si è fatta pressante la richie-sta diretta di residenzialità da parte di persone attorno ai cinquant’anni che – racconta la responsabile Elena Farina -, dopo essere riusciti fi no ad oggi a sostenere faticosamente le proprie autonomie, non ce la fanno più a gestire la propria vita: l’handi-cap e la malattia consumano prema-turamente salute, energia e capacità di sostenere la solitudine. Chiedono di non disperdere completamente le conquiste ottenute almeno fi no al raggiungimento dell’età per la casa di riposo”.

Pesaro speciale don Gaudiano/Le residenze

Case comuni, problemi diversiIn don Gaudiano, è sempre stata presente la necessità di offrire una residenza stabile e comune alle persone disagiate. Casa don Gaudiano e Casa Marcellina sono la realizzazione del suo desiderio

Nel corso della sua storia il Ce.I.S. ha sempre cercato di rimane-

re fedele ad un principio ispiratore: prendersi carico dell’individuo nella sua complessità e nella molteplicità e mutevolezza nel tempo dei suoi bisogni. Don Gaudiano si era reso conto che per alcune persone una delle necessità primarie era quella della casa, motivata sia dall’avanza-re dell’età dei genitori o da rapporti familiari deteriorati, sia come alter-nativa ad ipotesi di istituzionalizza-zione. Si è riusciti a concretizzare questi progetti nel 2003 per la Co-ser maschile “Casa don Gaudiano” e nel 2010 per la Coser femminile “Casa Marcellina” Gli abitanti delle case formano due gruppi, al loro in-terno, estremamente eterogenei per età, personalità, capacità sia fi siche che intellettive, patologia, esigenze, aspirazioni. Questa diversità richiede all’equipe degli educatori risposte e modalità di rapporto sempre ben individualizzate. Tutti sono però ac-comunati dal bisogno di cura perso-

nale e di relazioni stabili e positive su cui poter contare. Le ragioni e gli obbiettivi delle due residenziali sono, innanzitutto, rendere praticabile e fru-ibile un’esperienza di casa altrimenti impossibile, costruendo una convi-venza che permetta di soddisfare sia i bisogni primari delle persone ospiti, che la loro qualità di vita. È, infatti, un’esperienza di casa tra adulti che hanno in comune non solo bisogni ma anche aspirazioni, un desiderio di bene, un bene stabile, sia come salute fi sica, che di raggiungimento di un benessere costruito su mete concrete, realistiche e veramente agibili. Permettere di pari passo la riappropriazione della propria quo-tidianità, organizzando la scansione temporale delle giornate sul bene e gli interessi particolari e non gene-rici delle persone ospiti, all’interno di uno spazio non cristallizzato ma modifi cabile, interagente con la pre-senza di coloro che lo abitano. Altro grande compito è permettere la con-vivenza più diffi cile e problematica,

che è quella con la propria malattia, con la propria fragilità e con la sto-ria di dolore che ognuno porta con sé. Permettere alla persona di stare male senza essere interamente tra-volto e disperso dal suo malessere, condividere il dolore e l’impotenza cercando di rompere il vincolo stret-to che a volte si crea tra sofferenza psichica e degrado, decadimento personale e marginalizzazione. La maggior parte degli ospiti ha un’età che varia dai 25 ai 45 anni e vengono inseriti dagli enti preposti (Asur e Co-muni). “Ultimamente e sempre più

Coser (uomini)“CASA DON GAUDIANO” (2003)La comunità socio educativa riabi-litativa (Coser) è una struttura re-sidenziale a carattere comunitario rivolta a persone maggiorenni in condizioni di disabilità, con nulla o limitata autonomia e non richiedenti interventi sanitari continuativi, tem-poraneamente o permanentemente prive del sostegno familiare o per le quali la permanenza nel nucleo familiare sia valutata temporanea-mente o defi nitivamente impossibile o contrastante con il progetto indi-viduale. (L.R. 20 del 6.11.202 art. 5 comma 2)

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Responsabile Elena FarinaCoordinatrice/educatore

Roberto Ceccarelli

n. operatori 4+2 operatori dedicati all’autismo

n. operatori socio sanitari

1

n. posti in struttura 7 uomini adulti (di cui uno per emergenze)

Apertura servizio 24 h al giorno per 365 giorni all’anno

Indirizzotelefono - mail

via del Teatro n. 26 – Pesaro, 0721/30009 [email protected]

“L’ammalato mentale è una perso-na, ha una sua ricchezza; e poi l’am-malato mentale ha talvolta alle spalle una storia che spesso è terribile. Tante volte mi chiedo: se avessi avuto la storia di questi miei amici a quest’ora dove sarei? Hanno una storia spesso terribile che almeno in parte giustifi ca certi loro comporta-menti anormali, fuori dalla norma.Il giorno in cui ci decideremo fi nal-mente di condividere le vita di que-ste persone, credo che sarà neces-

sario dare una svolta a questa storia, che è una storia di incomprensioni, di mancanza di affetto, di frustrazio-ni, di non considerazione, di non sti-ma”. (don Gianfranco Gaudiano)

“Qui almeno ci siete voi …… e poi si mangia bene!” …. E. (un ospite)

Coser (donne)“CASA MARCELLINA” (2010)La comunità socio educativa riabi-litativa (Co.S.E.R.) è una struttura residenziale a carattere comunita-rio rivolta a persone maggiorenni in condizioni di disabilità, con nulla o limitata autonomia e non richiedenti interventi sanitari continuativi, tem-poraneamente o permanentemente prive del sostegno familiare o per le quali la permanenza nel nucleo familiare sia valutata temporanea-mente o defi nitivamente impossibile o contrastante con il progetto indi-viduale. (L.R. 20 del 6.11.202 art. 5 comma 2)

Responsabile Elena Farinan. educatori 6n. operatori socio sanitari

1

n. posti in struttura 8 donne adulte (di cui uno per emergenze)

Apertura servizio 24 h al giorno per 365 giorni all’anno

Indirizzotelefono - mail

[email protected]

Indirizzotelefono - mail

Strada delle Mar-che 36 – Pesaro - 0721/[email protected]

“Passo il mio tempo a ricevere i ge-nitori disperati che vengono a dire: “e adesso cosa devo fare?”È la nostra coscienza che ha per-messo certe solitudini, certe caren-ze affettive, certe impossibilità di identifi carsi con un modello valido? (…) don Gianfranco Gaudiano

“in questa casa si prende la vita con un po’ di geografi a” M. (un ospite)

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Pesaro speciale don Gaudiano/Le residenze

Centro Arcaalloggi protetti riservati (2004)Servizio Pas (2001)

Sono rivolti a sostenere e accom-pagnare le persone in Hiv/Aids in percorsi di integrazione, di rein-serimento sociale e di tutela della salute e per mantenere una propria autonomia personale. Si offrono tre servizi integrati tra loro: una rete di alloggi protetti e riservati e un cen-tro diurno (Centro Arca) e un servi-zio di assistenza domiciliare (Pas)

Responsabile Roberto Drago

Coordinatore Roberta Galdenzi

n. operatori 1 (tempo pieno) e 3 (tempi parziali)

n. posti in struttura 9 (alloggi) + 10 (assistenza domiciliare)

Apertura servizio dal lunedì al sabato 8.30 - 12.30 / 15 - 19

IndirizzoStrada Delle Marche, 36 61122 Pesaro

Tel. e fax 0721 371553 cell. 3351619438

[email protected]

“Ho trovato il modo attraverso il quale i doni di cui (Dio) ci ha riempito e ci riempie possano essere contraccam-biati: servendo lui, l’ultimo, dandogli da bere se ha sete, dandogli da man-

giare se ha fame, ospitandolo se non ha una casa, rivestendolo se ha fred-do, curandolo se è ammalato, cer-cando di liberarlo se è in prigione…” (Omelia di don Gaudiano 1990)

“… il cielo basso dava la sensazione che potessi toccarlo; in quel preciso istante ho sentito il mio essere parte importante dell’infi nito, la certezza di esserci e la fatica di andare avanti, senza mete, sogni o altro, soltanto la consapevolezza di esserci ancora, ancora qui … per un po’! (Poesia di un ospite del servizio)

CASA di accoglienzaMOSCATI (1992)

È rivolta all’accoglienza residenzia-

le per persone affette da Hiv/Aids con riferimenti abitativi e familiari inadeguati o assenti e che hanno bisogno di un’assistenza quotidiana temporanea o permanente.

Responsabile Roberto DragoCoordinatore Fabrizio Buronin. operatori 5 (tempo pieno) e 5

(tempi parziali)n. posti in struttura 10 Apertura servizio aperta 24 ore su

24 per 365 giorni all’anno

IndirizzoStrada Delle Marche, 42 61122 Pesaro

Tel. e fax 0721/35249

[email protected]

“… una casa piena di gioia… la pre-

occupazione mia principale è quel-la della formazione del personale, ossia degli operatori, dei volontari che porteranno la loro presenza in questa casa. Dovranno essere delle persone capaci veramente di reg-gere la situazione, di aiutare a vive-re questi nostri amici in un clima di speranza e quindi di gioia”. (intervi-sta TG3 Marche 1992 a Don Gaudia-no per l’apertura di Casa Moscati)

Vorrei che nessuno vivesse quello che sto vivendo io, per tutto ciò che comporta la malattia a livello perso-nale, sociale, familiare. È come un piccolo terremoto che coinvolge tanti aspetti del tuo vissuto. … La mia esperienza con la malattia passa per l’ingestione di questi far-maci, che scandiscono la mia quo-tidianità, e di conseguenza la mia vita. Ad esempio a volte mi trovo a doverli prendere in pubblico, con persone che non sanno di me, e sic-come a distanza di tempo qualche segno la malattia lo lascia: sul volto, nel corpo, e ti trovi così sguardi ad-dosso che non sono tue impressio-ni, ma reazioni reali della gente che non ha ancora superato ed elabora-to il disagio di questa malattia. Devi riuscire con le tue energie a trovare le risorse per andare avanti... (scritto di un ospite della Casa)

LA FRANA DEL COLLE ARDIZIOattraverso gli occhi di don Gaudiano e di Casa Moscati

Davanti ai nostri occhi l’inquietante spettacolo del Colle Ardizio segnato dalle ripetute frane: lingue marroni che feriscono la coltre verde. È il panorama

visto da Casa Moscati, residenza per persone sieropositive o in Aids. Don Gau-diano ci ha insegnato a guardare oltre quello che gli occhi vedono per cercare di leggere i segni, interpretarli, dargli un senso e, di conseguenza, agire: la prassi del vedere. Casa Moscati… il Colle Ardizio “segnato”… ci ritornano in mente le vite ferite spesso franate nella sofferenza. I nostri occhi hanno visto per tante mattine la strada bloccata (quante strade chiuse abbiamo incontrato nel nostro cammino?) e quasi completamente de-serta (quante volte avevamo bisogno di incontrare persone ma vicino a noi non c’era nessuno?).Per la frana molti cittadini hanno dovuto cambiare le loro abitudini quotidiane (alzarsi prima per non tardare al lavoro, scoprire nuovi itinerari stradali…), il traf-fi co per o da Fano per giorni è passato per un percorso più lungo e molto meno scorrevole e gli operai hanno lavorato per riportare la situazione alla normalità: non sembra forse la parabola delle nostre vite? Per tutte le volte che le nostre storie hanno intrapreso cammini e percorsi tortuosi e che, grazie alla nostra volontà e alle persone vicine, hanno poi ripreso la via maestra della speranza? Un cammino che sembra stabile, sicuro, uguale a se stesso fi nché non giunge un qualche tipo di frana per ricordarci che la vita non può essere immobilità, incapacità di scoprire e attraversare ogni tipo di imprevisto. Ora siamo fi nal-mente usciti dall’emergenza: la strada statale convive con la frana e l’Aids (con l’avvento dei nuovi farmaci e delle nuove terapie) non è più una sentenza fi nale: la vita delle persone sieropositive si è allungata. Ma questa “normalità” apre

ad un rischio ancora maggiore: l’amnesia. In tante occasioni passato l’allarme diminuisce l’attenzione da parte delle istituzioni. Dell’Ardizio ci dimenticheremo presto, nonostante le ferite che ogni giorno ci mostra, così degli amici ospitati da tanti anni nei nostri servizi. Diffi cilmente ricorderemo che il nostro territorio è un bene di cui avere costante cura e ci dimentichiamo che i “malati di Aids”, nonostante la condizione di malattia, sono persone dalle grandi risorse. Per noi è un obbligo valorizzarle, come con tutte le persone che fanno più fatica o viag-giano con tempi più lenti. Occorre ridare vigore e forza alla rete territoriale dei servizi e alla capacità della nostra città di saper accogliere e creare possibilità di integrazione per ogni persona. Occorre cambiare mentalità. La frana e il terreno che dirompe ci rimandano ad un’altra triste realtà: quella di molti pesaresi a cui sta venendo a mancare la terra sotto i piedi, persone che improvvisamente masticano l’amarezza della diffi coltà economica, della perdita del lavoro, del vacillare della propria dignità umana e di un ruolo sociale che viene a mancare. Lo sgretolamento sembra non fermarsi e il nostro tessuto sociale sembra non avere gli strumenti e la forza per supportare le persone davanti un cambiamento così drammatico. Davanti a queste frane chi, come noi, da anni lavora a fi anco della sofferenza, si deve seriamente interrogare su quale compito ci aspetta per sostenere queste nuove situazioni di precarietà, ancora una volta “sulla strada” per aprire possibili nuovi percorsi. Dopo qualche settimana la Strada Nazionale è stata riaperta, ma, se per solo un attimo, la frana ci ha obbligato a fermarci a rifl ettere sul passo, spesso frettoloso e inconsapevole, con cui affrontiamo la vita, allora sarà un buon motivo per non mandare solo imprecazioni alla tanta pioggia e al terreno che si sgretola.

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Pesaro speciale don Gaudiano/Le residenze

Servizio Immigrati Ceis (1991)

L’obiettivo dello sportello è quello di favorire una reale integrazione della persona straniera nel tessuto socia-le cittadino, perché l’immigrazione divenga una risorsa e un’occasione di arricchimento umano. È offerto un servizio di orientamento e sostegno:- nella ricerca della casa, di lavoro

o di corsi di formazione (di lingua italiana e di qualifi cazione profes-sionale);

- nella collaborazione/intermedia-zione con le famiglie che ricerca-no assistenti familiari (badanti);

- nell’accesso ai servizi territoriali come quello del Comune, della Provincia, della questura, dei pa-tronati sindacali e verso lo sportel-lo unico per l’immigrazione della prefettura;

- verso percorsi di autonomia supe-

rando nodi o diffi coltà di carattere burocratico-legislativo o medico-sanitario.

Dal 2008 il servizo immigrati ha am-pliato il proprio ambito d’intervento raccordandosi con Casa della Pace e le sue numerose iniziative (dan-do vita al Centro Interculturale per la Pace che si prefi gge di affrontare i temi della migrazione a 360 gradi, dai bisogni dell’accoglienza alle sfi -de dell’integrazione).

Coordinatore Michele Renili n. operatori 3n. persone ascoltate (media annuale)

700

Apertura servizio Dalle 10 alle 13 (lu-ven)

Indirizzo, tel., e-mail -Via del Seminario [email protected]/34386

“L’immigrato arrivando nella no-stra terra ha certamente bisogno di un lavoro e di una casa. Però l’immigrato ha bisogno soprattutto di punti di sicurezza, di persone di riferimento, di calore affettivo di attenzione e di comprensione. In-somma, in altre parole, l’immigrato ha bisogno di essere considerato, rispettato ed ascoltato”. (don Gau-diano)

“Mi rendo conto che ci sono tante persone nella mia situazione, se non peggio. Ma in quest’uffi cio non mi sento trattata come una delle tante. Quando arrivo qui sono io, con il mio nome e la mia storia e c’è qualcuno disponibile ad ascol-tarmi. Per questo torno, anche se so che non potete sempre dare risposta alle mie richieste, so che comunque posso essere ascolta-ta!” (un utente)

“NON SON COSE DELL’ALTRO MONDO”

In questi vent’anni di apertura del Servizio Immigrati abbiamo avuto l’occasione di incontrare tante persone provenienti da mondi lontani; persone in ricerca:

di un lavoro, di un corso di formazione, di un aiuto per sbrigare adempimenti burocratici, di un posto dove passare la notte o semplicemente di un ascolto per continuare a sperare.“Persone che col tempo hanno fatto sì che il nostro servizio si adeguasse a richieste sempre diverse. Per anni uomini e donne immigrate, a volte sole, altre volte senza dimora, arrivavano per chiederci una mano. Dopo qualche anno, alcuni di loro, che nel frattempo si erano stabilizzati nel territorio e creati una famiglia, sono tornati nel nostro uffi cio, portando con se’ nuovi bisogni e nuove richieste. Per la stessa congiuntura economica sfavorevole abbiamo assistito (e stiamo tutt’ora assistendo) ad un progressivo avvicinamento al nostro spor-tello di persone italiane che vengono a trovarsi in stato di necessità. Fortuna-tamente a Pesaro insieme a noi e alla Caritas sono diverse le associazioni che si occupano di questi soggetti (immigrati, senza dimora, o a grave rischio di emarginazione). E se queste associazioni iniziassero in modo continuativo a collaborare coor-dinando al meglio le risposte? Perché non pensiamo ad una stabile rete d’inter-venti con responsabilità condivise, ma con chiarezza sul chi fa cosa? Magari si eviterebbero inutili doppioni e qualche spreco. Una rete nella quale, qualsiasi persona in diffi coltà ci auguriamo rimanga “impigliata”, trovando sempre una risposta chiara alle sue necessità. Ma al di là dell’emergenza lavorativa e abita-tiva, dai racconti che ascoltiamo nei nostri locali ci chiediamo se non ci sia nel territorio pesarese un altro tipo di emergenza, diremo di tipo culturale.Nei confronti della persona straniera c’è un atteggiamento di ascolto, di consi-derazione, di rispetto? Questo era lo stile che don Gaudiano ci aveva proposto come modello d’integrazione 20 anni fa.Spesso notiamo che è indispensabile una mediazione del nostro sportello per poter accedere a una casa o a un lavoro. La diffi denza verso il diverso da noi,

verso l’altro che viene da un paese lontano, è un pregiudizio che fatica a la-sciarci. Purtroppo alcuni pensieri su chi è diverso per colore della pelle o sem-plicemente per provenienza, sono ormai molto più diffusi e radicati di quello che vorremmo pensare. Ma se ci consideriamo tra le civiltà più evolute della storia, dovremmo anche considerare che fa parte di un paese civile accogliere e fare spazio a coloro che pur provenendo da altri mondi vogliono vivere con noi perché scappano da una guerra, perché sono perseguitati o perché vivono in una condizione di grave povertà. Nella nostra città in questi anni si sono conso-lidate esperienze molto signifi cative sul piano dell’integrazione come le attività di Casa della Pace, la Festa dei Popoli, le testimonianze di persone straniere negli istituti superiori, i gemellaggi internazionali, ma non possiamo fermarci qui, dobbiamo andare oltre.C’è bisogno di nuovi percorsi che educhino al rispetto dell’altro, al rifi uto di ogni forma di violenza o discriminazione, al valore civico dell’inclusione sociale come fondamentale e sicuro investimento per il futuro. Percorsi che facciano approfondire conoscenze che, una volta acquisite, permettano poi di superare pregiudizi e convinzioni errate, per dar vita a un senso di appartenenza condivi-so al territorio in cui si vive, per arrivare a ad una società multiculturale che non cresca a compartimenti stagni, ma che mantenendo le proprie e varie identità culturali sia interessata a trovare punti di incontro e di scambio. L’educazione alla società interculturale, società in cui lo straniero si sente accol-to e rispettato, dovrebbe essere davvero una nostra grande preoccupazione: ne va del profi lo dei futuri cittadini pesaresi. Dovrebbe essere un nostro imprescindibile impegno. Nostro di chi? Di ogni persona che voglia sentirsi orgogliosa di appartenere ad una città accogliente e solidale, insomma di appartenere ad una ‘città di tutti’”.

Marco Ceccolini, Claudia Moschini, Carmelita Prota, Alberto Serrani, Michele Renili

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materiale destinato

al riutilizzo

STRADA FORNACE VECCHIA, sn

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Da quarant’anni, la porta della comunità di via del Seminario è aperta. Aperta al disagio mentale e all’handicap, ma soprattutto aperta a un’esperienza di convivenza migliore di qualsiasi terapia

Non chiudete quella portaPesaro speciale don Gaudiano/Comunità via del Seminario

via del seminario 12, s’incontrano persone che sembrano non avere nulla in comune e spesso ci tengo-no proprio a prendere l’uno le di-stanze dall’altro. “Perché creare e perpetuare una tale promiscuità? - dice Francesco Battisti - Perché crediamo, e lo ab-biamo anche sperimentato, che le diversità vissute e condivise gene-rano una dimensione ricca, vitale, che dona l’inaspettato. Chi varca la soglia di via del Seminario prima di essere ammalato, bisognoso, emarginato, solo, è sia un cittadino portatore di diritti, sia una persona con capacità, desideri, sogni, aspi-razioni e soprattutto con una perso-

nalità: ama o non ama la musica, gli piace leggere o andare in bicicletta, ha delle attitudini. Ciò che lo defi ni-sce non è la sua diagnosi, ma la sua possibilità di creare una rete relazio-nale signifi cativa a seconda di quel che gli è possibile psichicamente”. La casa di via del Seminario ha vo-luto essere un crocevia di destini che nell’incrociarsi si arricchiscono l’un l’altro. “Di fronte al desiderio di calcare la scena di un teatro, di imparare una particolare tecnica di acquerello, di sperimentarsi con un gomitolo di lana all’uncinetto o di vincere quel-la partita a scala quaranta, siamo tutti uguali -spiega Michele Renili-;

e importa davvero se ogni tanto io vado al Dsm (dipartimento salute mentale) o all’Umea (Unità multi-disciplinare età evolutiva)? E fi no a che punto? “Possiamo farci una risata insieme, godere di un bel fi lm o mandarci a quel paese. Quel che conta di più è che le nostre vite sono piene di ri-cordi che ci legano ad altre vite, che insieme diventano la storia di una comunità, di un piccolo popolo un po’ strampalato, ma che respira la libertà di chi può, a tratti e con fa-tica, sperimentare una dimensione relazionale senza la barriera della salute o della malattia indicata da una diagnosi”.

In via del Seminario 12 c’è una casa. Con una porta e un campa-

nello. Una casa grande, su 3 piani, con saloni e salottini, degli uffi ci, del-le stanzette-laboratori, una cucina e una sala da pranzo. Se quando arrivi suoni il campanello, probabilmente è la prima volta che ci vieni: la porta è sempre aperta, da 40 anni.E c’è un bel viavai in via del Semina-rio. Qui le persone venivano per par-lare con don Gianfranco tanti anni fa, per chiedere un aiuto, un sostegno, la condivisione di una sofferenza.“In quegli anni, quella di via del Se-minario 12, era forse l’unica porta sempre aperta in città a cui bussa-vano – racconta Maria Di Russo - , si avvicinavano o che spalancavano molte persone in diffi coltà. Fortuna-tamente oggi a Pesaro ci sono altre porte, altri servizi, altre risposte che vengono offerte a chi si trova in si-tuazioni problematiche. Però la no-stra porta è rimasta sempre aperta, cercando di offrire risposte o far na-scere servizi innanzitutto ponendo-si in atteggiamento di ascolto delle persone, cercando di cogliere i loro bisogni più profondi”. È così che nel corso degli anni, in via del Seminario 12 sono nati due diversi progetti: un “centro diurno” rivolto a persone con handicap, ed un “servizio di sollievo” per perso-ne affette da disturbi psichici e per i loro familiari. Oggi lungo le scale, nelle stanze, alla stessa tavola di