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3SPORT E SVILUPPO: UN BINOMIO POSSIBILE?Simone DigennaroL’utilizzo della pratica sportiva in programmi di cooperazione internazionale

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Sommario

Pubblicazione trimestrale tecnico-scientificaAnno XXVII • numero 76 • Gennaio-Marzo 2008 Euro 5,90 (numero doppio: Euro 10,00)

TEORIA DELL’ALLENAMENTOL’atleta con doti superiori

METODOLOGIADELL’ALLENAMENTODonna e allenamento della forza

SPORT E SOCIETÀSport e sviluppo: un binomio possibile

SPORT DI COMBATTIMENTOI mezzi specifici di allenamento nel judo

SCIENZA DELL’ALLENAMENTOLa ginnastica respiratoria

Scuola dello Sport

ARIA DI PECHINO

SdS/RIVISTA DI CULTURA SPORTIVA ANNO XXVIIN. 76

17DONNA E ALLENAMENTODELLA FORZAVladimir M. Zatsiorski, William J. KraemerPrincipi e problemi dell’allenamento della forza con le donne

51UN METODO DI ALLENAMENTOSPECIFICO PER LA VELAOLIMPICAClaudio ScottonProposta di un nuovo metodo di allenamento specifico per la Vela olimpica: la simulazione della regata velica al remoergometro

41I MEZZI SPECIFICI D’ALLENAMENTO NEL JUDOHans Dieter Heinisch, Gerhard LehmannStruttura e finalità dei mezzi specifici di allenamento nel judo

11L’ATLETA CON DOTI SUPERIORIVladimir Issurin, Gilad LustigConsiderazioni su come identificare gli atleti con doti superiori: approcci generali e indicazioni pratiche

29FORZA E PRESTAZIONE DI RESISTENZAAntonio La Torre, Luca Agnello,Antonio Dotti, Giampiero Merati, Fabio Rubens SerpielloAllenamento di forza per le discipline di endurance

57LA GINNASTICA RESPIRATORIAGiampietro Alberti, Lucio OngaroAttività generalizzata e uguale per tutti o finalizzata e individualizzata?

56TRAINER’S DIGESTA cura di Olga IourtchenkoLe particolarità di una alimentazione razionale delle atlete

68TRAINER’S DIGESTA cura di Mario GulinelliAria di Pechino

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LA GINNASTICA RESPIRATORIAAttività generalizzata e uguale per tutti o finalizzata e individualizzata?

Dopo brevi cenni di fisiologia e di meccanica respiratoria e sulla valutazione spirometria, si ricordano sinteticamente le discipline e le attività motorie nelle quali si utilizza la respirazione secondo tecniche derivate dalla cultura occidentale o da quella orientale, con un particolare riferimento a quei metodi e a quelle tecniche che sono, impropriamente, raccolte sotto il termine “ginnastiche dolci”. Viene trattato poi il ruolo della respirazione in diverse attività professionali e sportive, il suolegame con la postura, insieme ad alcune considerazioni applicative sulle dinamiche respiratorie nelle discipline sportive. Si espongono infine i risultati di ricerche degli Autori sulla possibile influenza di esercizi specifici di stretching per la gabbiatoracica, sul miglioramento dei parametri respiratori e sulla possibilità che un allenamento specifico della muscolatura respiratoria, con esercizi ginnici e l’ausilio di un apparecchio specifico, fosse in grado di migliorare parametri respiratori ecapacità di resistenza. Nelle conclusioni, anche sulla base dei risultati di tali ricerche, si mettono in risalto i benefici della ginnastica respiratoria e la necessità che gli atleti integrino il training respiratorio nella loro attività di allenamento.

Giampietro Alberti, Istituto di Esercizio fisico, salute ed attivitàsportiva, Facoltà di Scienze motorie,Università degli Studi di Milano; Lucio Ongaro, Facoltà di Scienze Motorie, Università degli Studi di Milano

SCIENZA DELL’ALLENAMENTO

FOTO CALZETTI & MARIUCCI EDITORI

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Introduzione

Perchè riteniamo necessario riproporreall’attenzione di chi si occupa di attivitàmotoria e sportiva il tema della ginnasticarespiratoria? I motivi che ci hanno riportato ad interes-sarci di esercizi di respirazione, sono molti.La nostra attività professionale si è svoltaper oltre trent’anni su argomenti a primavista diversi, ma caratterizzati da aspetticonvergenti, che hanno continuamentedato origine a soluzioni condivise prevalen-temente mirate a problematiche di naturadidattica. Più recentemente abbiamo decisodi affrontare i medesimi argomenti di stu-dio aumentando l’impegno rivolto anchealla cosiddetta “ricerca sul campo”. Così ci siamo dapprima occupati di stimareil miglioramento di alcuni parametri respira-tori, provocati da esercizi di stretching cheinfluiscono sulla elasticità della gabbia tora-cica, e di valutare altresì quanto tale van-taggio si dimostrasse permanente. In segui-to, la comparsa di uno strumento che con-sente l’allenamento selettivo dei muscolirespiratori, ci ha spinto a misurare se levariazioni indotte dai “tradizionali” esercizidi ginnastica respiratoria potevano essereposte a confronto con quelle di un trainingrespiratorio mirato e realizzato in condizionidi iperpnea isocapnica. I risultati ottenuti suuna popolazione di soggetti non sportivi haper di più dimostrato che un volume ridottodi esercizi della muscolatura respiratoria erain grado di migliorare i parametri respiratorie la capacità di resistenza. In più l’allena-mento selettivo della muscolatura respirato-ria, attuato in modalità di iperpnea isoca-pnica, consentiva di ottenere risultati signi-ficativamente migliori.Un’altra ragione che ci ha indotto a realiz-zare questo articolo è legata alla constata-zione che le varie tecniche per migliorare lafunzione respiratoria, proposte dai diversiAutori, contengono indicazioni che spessorisultano tra loro contraddittorie.Inoltre molti degli studi disponibili in let-teratura sono stati realizzati in condizioni

sperimentali spesso “lontane” da quanto siverifica sul campo. Il modo di respirare è influenzato da mol-teplici fattori. Alcuni possono essere riferitia dinamiche respiratorie non corrette, aposture sbagliate, a diminuita mobilitàdelle strutture scheletriche e anche ad ele-menti di scarsa coordinazione legati adabitudini consolidate. In questi casi “allenare la respirazione” puòcomportare qualche problema che assomi-glia a ciò che capita in allenamenti nei qualiè prevista una ripetizione involontaria di unmovimento sbagliato: si finisce con allenareil “difetto”, l’errore. È un po’ quello che suc-cede a chi si avvicina all’esercizio del correree lo esegue in modo tecnicamente non cor-retto: i miglioramenti di tipo fisiologicosaranno comunque presenti, ma il correremale, in ogni caso, limiterà la prestazione ealla lunga potrebbe generare infortuni divario genere.

Brevi rimandi di fisiologia e di meccanica respiratoria

La respirazione è per l’uomo un’attività sem-plice, prevalentemente automatica e invo-lontaria, ed è di fondamentale importanzaper i processi vitali in quanto apporta lasostanza comburente necessaria alle reazio-ni biochimiche: l’ossigeno. Quindi il gestorespiratorio ha una finalità primaria, che èanche una finalità permanente: l’ematosi. Nei tessuti del corpo le cellule, per il lorofunzionamento, hanno bisogno di ossigenofornito attraverso la circolazione sanguignaarteriosa. La funzionalità cellulare produce l’anidridecarbonica veicolata dal sangue venoso versoi polmoni. Questo doppio fenomeno viene chiamatorespirazione interna. Si produce a livello deitessuti e delle cellule.All’interno dei polmoni si realizza l’ematosi,cioè la trasformazione del sangue venoso insangue arterioso. Essa si produce ancheattraverso degli scambi di ossigeno e di ani-dride carbonica:

• dall’esterno, l’aria entra nei polmoni,ricca di ossigeno,

• dai tessuti, il sangue arriva sempre neipolmoni, ricco di anidride carbonica.

I gas si scambiano attraverso le membranealveolo-capillari. Dunque l’aria entra dal-l’esterno del corpo verso i polmoni e vice-versa, circa da dodici a diciasette volte perminuto. Questo fenomeno si chiama respi-razione esterna o ventilazione. Si producea livello dei polmoni.In questa sede ci occuperemo solamentedi questo secondo fenomeno.L’ossigeno non può essere accumulato nel-l’organismo umano: bisogna dunque semprerespirare giorno e notte. Ciononostante laventilazione non sempre si sincronizza alreale bisogno di ossigeno dell’organismo, inquanto spesso contribuisce contemporanea-mente ad altri scopi, ad altri avvenimenti;per esempio per accompagnare lo slancio diun arto, per modificare stati emotivi, persostenere la voce, per accentuare o addolcireuna curva vertebrale. Certe situazioni posso-no anche coesistere nello stesso momento:per esempio ci si può ossigenare e poi soffia-re in un flauto per produrre un suono.Secondo Calais-Germain (2005) esistesovente uno scostamento più o menocosciente e volontario fra i bisogni dell’e-matosi e il gesto respiratorio. Il gesto respiratorio è definito da un’alter-nanza incessante tra una fase di espansionedella gabbia toracica, o inspirazione, e unafase di restringimento della stessa, o espira-zione, inframmezzati da un tempo di pausa,denominato apnea a polmoni pieni e apneaa polmoni vuoti. L’inspirazione si manifesta sempre con un’e-spansione di una parte o della totalità deltronco (gabbia toracica e cavità addominale).Tale espansione può avere, con ampiezze,frequenze e localizzazioni differenti, uncarattere attivo o passivo. Il muscolo motoreprincipale dell’inspirazione è il diaframma: silocalizza come barriera a forma di cupolaalla base della gabbia toracica, separandoladalla cavità addominale (figura 1).

Sterno

Costole

Diaframma

Riposo Inspirazione Espirazione

Figura 1 – Visione visione frontale del corpo e azione del diaframma (da Wilmore, Costill 2005, modificata).

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Abbassandosi verticalmente verso il bassoal momento della contrazione, produce unaumento del volume del torace in un primotempo verso il basso (figura 2b e 2c); in unaseconda fase, legata ad una inspirazione piùaccentuata, produce un ampliamento ante-ro-laterale delle ultime coste (figura 2d). La solidità del punto di appoggio del cen-tro frenico del diaframma sulla massa flui-da viscerale, tenuta compatta dalla toni-cità del torchio addominale e dal pavi-mento pelvico, viene supportata dall’altodall’importante tratto fibroso della tracheaed esofago che originano dalla colonnacervicale (figura 3).Nell’atto inspiratorio forzato possono inter-venire, oltre al diaframma, altri gruppimuscolari sinergici e accessori e ciò dipen-de dal modello respiratorio utilizzato:

• Gli inspiratori costali, che elevano lecoste a partire dal cingolo scapolo-ome-rale: piccolo pettorale, grande pettorale,gran dentato.

• I muscoli che innalzano le coste a partiredal tratto dorsale della colonna: gli ele-vatori delle coste.

• I muscoli spinali, che “trazionano” inestensione le vertebre dorsali.

• Il piccolo dentato posteriore superioreed inferiore.

• I muscoli che elevano le coste a partire dalcapo e dal collo: sterno-cleido-mastoidei,scaleni.

L’espirazione si manifesta sempre con unachiusura del ventaglio costale, la contrazio-ne del torchio addominale e a volte, con laflessione della colonna vertebrale, per rin-viare l’aria utilizzata dai polmoni verso l’e-sterno del corpo. Si effettua per volumi, fre-quenze e localizzazioni diverse e può averefasi passive ed attive. Il diaframma, in que-sta fase, si rilassa progressivamente o istan-taneamente, ritornando alla sua posizione diriposo con cupola molto pronunciata. La forza che genera l’espirazione dipende:

• dal ritorno elastico del tessuto polmo-nare;

• dall’azione dei muscoli espiratori.

Per aumentare la quantità d’aria espirata,la velocità e la potenza dell’espirazioneintervengono maggiormente:

• i muscoli addominali con una netta pre-valenza del traverso (considerato daquasi tutti gli Autori il principale anta-gonista del diaframma);

• i muscoli del pavimento pelvico;• i muscoli espiratori che agiscono sulle

coste: il triangolare dello sterno (all’in-terno del torace), il quadrato dei lombi,il piccolo dentato posteriore e inferiore;

• i muscoli ad azione variabile, gli interco-stali, che sono classificati dalla maggiorparte degli Autori come espiratori (gliinterni) e inspiratori (gli esterni). Altri

Autori tra i quali Calais-Germain (2005) liclassificano entrambi inspiratori o espira-tori a seconda se essi agiscono con puntofisso alto o basso. Tendenzialmente ten-dono ad avvicinare le coste fra loro (inquesto caso fungono da espiratori) o agi-scono in contrazione statica, formandouna struttura continua e solidale con lecoste che viene spostata in blocco in altoo in basso.

Le fasi di apnea sono dei momenti disospensione della ventilazione (tra la fased’inspirazione e la fase d’espirazione e vice-versa) in occasione di movimenti di preci-sione, di particolare intensità, di stati d’an-sia, ecc. Generalmente queste fasi di apnea sonofisiologiche e sono regolate automatica-mente in funzione dei bisogni dell’organi-smo. Anch’esse possono essere momentiattivi o passivi in diversi modelli respiratori. Le differenti fasi del gesto respiratorio pos-sono essere di diversa ampiezza e ciò con-sente di definire i seguenti volumi respirato-ri (figura 4):

Il Volume Corrente (VC): è la respirazio-ne a riposo o in una attività fisica blanda;ha piccola ampiezza (1/2 litro circa), sieffettua prevalentemente in modo inco-sciente e involontario e si regola automa-ticamente in permanenza secondo i biso-gni di ossigeno dell’organismo.

a b c d

ZA ZA

Torace

Addome

ZA – Zona di apposizione: più ampia in a) e meno in b)

Figura 2 – Meccanismo dell’azione del diaframma sui polmoni, analogo a quello di un pistone in uncilindro espandibile: a – posizione di riposo del diaframma alla fine dell’espirazione; b – inspirazio-ne con abbassamento “a pistone” del diaframma; c – inspirazione con allargamento della cupoladiaframmatica senza discesa “a pistone”; d – inspirazione combinata b + c con torace in espansio-ne, più simile all’inspirazione reale.

Figura 3 – Tratto fibroso che collega il centrofrenico con la colonna cervicale.

FOTO

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Il Volume di Riserva Inspiratoria (VRI):quando si introduce una quantità maggioreo massimale d’aria. Varia da persona a per-sona, in funzione del peso, altezza e strut-tura scheletrica ed è circa da 2 a 3,5 litri.

Il Volume di Riserva Espiratoria (VRE):quando si vuole espellere una quantità d’a-ria maggiore o massimale; è l’espirazioneforzata che dipende dai parametri struttu-rali, dal livello di training e dalla presenza difattori patologici. Si quantifica in circa un1-1,2 litri.

I Volumi respiratori possono combinarsi fradi loro continuamente in funzione dell’atti-vità svolta, determinando così una grandeadattabilità della funzione respiratoriarispetto ai differenti bisogni di ossigeno.

Cenni di valutazione spirometrica

Lo strumento solitamente più utilizzato(Crapo 1994) per misurare i volumi polmo-nari è lo spirometro. La spirometria è untest di funzionalità respiratoria per valutaree monitorare lo stato funzionale del siste-ma respiratorio. Esso è utilizzato per diversiscopi:

• diagnosticare e controllare eventualisintomi di disturbi polmonari;

• monitorare l’effetto di particolari terapieutilizzate per la cura di alcune patologierespiratorie;

• valutare le variazioni di alcuni parametrirespiratori, ad esempio dopo un periododi allenamento.

Il tracciato spirometrico (figura 5), oltre aivolumi polmonari statici, fornisce altriparametri importanti quali:

Volume espiratorio forzato (FEV1): volu-me di aria espirata in 1 secondo.

Picco di flusso espiratorio (PEF): massi-mo flusso espirato; litri/secondo.

Capacità vitale forzata (FVC): volume diaria espirata forzatamente dopo unainspirazione massimale.

Un altro parametro utile che si ricava dal-l’esame spirometrico è il cosiddetto indicedi Tiffineau, dato dal rapporto percentualeFEV1/FVC. Nei soggetti normali questo rap-porto ha un valore intorno all’80% (Os-trowski, Bilan 2004).Il parametro della FEV1 è un indicatoredella potenza dei muscoli espiratori e puòessere influenzato anche dalla posizione incui si effettua il test (Lumb, Nunn 1991). Passando dalla stazione eretta al decubitosupino si ha una diminuzione di tale para-metro dovuta alla minor mobilità del troncoed alla minor forza esercitata dai muscoliespiratori quali addominali ed intercostaliinterni.I parametri della FEV1 e della FVC sonofattori età dipendenti (Ostrowski, Bilan2004): dalla nascita fino ai venti anni circapresentano un aumento, anche in relazio-ne alle dimensioni corporee dei soggetti.Tra i venti e i quaranta anni circa si ha unafase di plateau in cui non ci sono sostan-ziali modificazioni nei soggetti sani seden-tari, mentre in caso di malattie polmonario cardio-respiratorie o in presenza di sog-getti sportivi ben allenati, tali parametripossono diminuire o aumentare in modomarcato. Dai quaranta-quarantacinque anni in poila FEV1 e la FVC mostrano un lento e pro-gressivo declino.

La valutazione spirometrica è quindi unmezzo di valutazione dei soggetti sportivi,ma assume anche importanza per la pre-venzione di malattie correlate alla respira-zione e di valutazione del benessere fisiconei soggetti normali.

Le ginnastiche dolci e l’esercizio respiratorio

In molte discipline, non tutte appartenentiall’area sportiva, ma schematicamente rife-ribili al territorio dell’esercizio fisico, si poneparticolare attenzione alla dinamica e allatecnica della respirazione. Il modo di respi-rare rappresenta un elemento fondamenta-le anche nelle tecniche di rilassamento e dimeditazione, anzi in alcuni casi la respira-zione diventa il mezzo per “staccare” ed ini-ziare quella specifica attività che richiedeuna particolare e mirata forma di attenzio-ne e concentrazione. Riguardo a questo argomento, le conoscen-ze risultano assai diverse. Schematicamente,si possono distinguere quelle che derivanodall’influenza delle culture e tradizioni occi-dentali rispetto a quelle orientali. Ma cosadistingue le innumerevoli tecniche che ori-ginano dalle due culture? La tradizione respiratoria orientale hasempre utilizzato una dinamica che favori-sce l’utilizzo della parte bassa e più ampiadella gabbia toracica, mentre la maggiorparte delle tecniche occidentali enfatizza-no un movimento respiratorio che impe-gna prevalentemente la parte medio-altadel torace.Quello che segue è un elenco di alcunediscipline e attività motorie che utilizzanol’atto respiratorio secondo i due indirizzidescritti, anche se, a onor del vero, alcune diesse ricorrono a tecniche che hanno assuntocaratteristiche ibride come molte delle disci-pline appartenenti al gruppo di quelle chealla fine dagli anni settanta sono state chia-mate “ginnastiche dolci”:

• lo yoga;• le arti marziali e gli sport di combatti-

mento;• l’educazione fisica (o meglio la ginnasti-

ca respiratoria proposta nei differentiprogrammi di Educazione fisica);

• le cosiddette “ginnastiche dolci”;• le due principali tecniche di training

autogeno (Schultz, Jacobson); • le tecniche di ginnastica correttiva;• le diverse tecniche di stretching.

Sono state definite, forse impropriamente,ginnastiche dolci, le tecniche messe a puntoda alcuni Autori che sono stati degli auten-tici pionieri. Anche per ragioni di sintesiriportiamo solo alcuni di queste metodi. Ciòche unisce sul piano della respirazione le

VC

CFR

CI

CV

VRI

VRE

VR

CPT

Figura 4 – I volumi respiratori. VRI – volume diriserva inspiratoria, VRE – volume di riservaespiratoria, VC – volume corrente, CVF – capa-cità vitale forzata, CFR – capacità funzionaleresidua, VR – volume residuo, CI – capacitàinspiratoria, CPT – capacità polmonare totale.

Momento di massima inspirazione

Tempo0 1° secondo

FEV1Vol

ume

(l/m

in)

CV

F

FEF 25-75%

FE

V1

Figura 5 – Volumi polmonari dinamici. FEF –flusso espiratorio medio tra il 25 e il 75% diFVO.

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differenti metodologie è l’obbiettivo di libe-rare il gesto respiratorio da tutti i vincolimeccanici e coordinativi affinché si adatticon plasticità alle varie situazioni.

L’Euritmia rappresenta una forma d'artedel movimento ed è stata creata da RudolfSteiner e riveste un ruolo pedagogico pri-mario nei programmi delle scuole steine-riane. In Italia e in particolare a Milanouna delle più importanti ambasciatrici del-l’euritmia è stata Lidia Baratto Gentili chedal 1923, ha fatto parte del gruppo artisti-co del Goetheanum di Dornach, dal 1927al 1935 ha diretto la scuola di euritmia erecitazione a Berlino.

L’Eutonia: si tratta di un termine adottatoda Gerda Alexander per un metodo da leiintrodotto che propone la ricerca dell'equi-librio tonico della persona nella sua totalità,partendo dalla postura e dalla presa dicoscienza del corpo. Promuove la ricercadel tono d’azione ottimale per ogni movi-mento allo scopo di raggiungere l’affina-mento della capacità del sistema nervoso diottenere il massimo rendimento con ilminimo impegno muscolare.

Il Metodo Feldenkrais: Moshé Feldenkrais(nato nel 1904 in Russia e morto nel 1984in Israele) ingegnere, fisico, esperto in fisicacibernetica, biomeccanica, neurofisiologia,cintura nera di Judo ha sviluppato uno deimetodi di apprendimento somatico che piùmette in rilievo il nesso tra consapevolezzae movimento. Propone un percorso di sco-perta e di interiorizzazione dei numerosimodi per eseguire un gesto, per ampliare lagamma di coordinazioni disponibili al fine diun miglior adattamento ai bisogni propridella situazione. Propone inoltre, quale mezzo ancor piùpotente sul piano dell’apprendimento, l’uti-lizzo della cosiddetta “ideo-cinesi” (immagi-ni mentali prodotte in sequenza che porta-no ad una scelta e all’attivazione anticipatadei comandi neurologici propri delle coordi-nazioni di un movimento).

Il Metodo Mézières: il metodo ideato daFrançoise Mézières, mira a ripristinare lamorfologia “normale” e, per questo, propo-ne come mezzo terapeutico un insieme diposture correttive di stiramento delle catenemuscolari, il cui raccorciamento sembraessere la causa prima dei para-dismorfismie dei dolori da sovraccarico nell’apparatoosteo-muscolare. L’applicazione saggia deiprincipi del metodo consente di ottenereuna forma, una morfologia equilibrata delcorpo umano che è la referenza costanteche guida la scelta delle posture da utilizza-re nel percorso di recupero: secondo laMézières “la forma condiziona la funzione”.

L’antiginnastica: è un metodo nato a metàdegli anni settanta ad opera della chinesite-rapeuta francese Thérèse Bertherat secondoi principi di F. Mézières. Questo nome sideve però all'editore italiano del libro Lecorps a ses raisons. È una tecnica che pre-vede “l’ascolto” di ciò che accade nelmomento in cui si compie un movimento.Si tratta di situazioni “vissute” al fine diottenere un globale benessere sul pianopsico-fisico: ritmo e intensità della forzamuscolare da usare non sono imposti affin-ché ciascuno trovi, da sé e in sé, la forza edil ritmo, in genere concordi con quello delrespiro.

Ellé Foster, enfatizza il controllo esercitatodal “centro solare” (concetto “hara” dellearti marziali, ripreso da Pilates e da altricome Le Boulch, Wilfart, ecc.) del corpoumano in tutti i gesti della vita e della suafondamentale influenza sull’equilibriopsico-fisico dell’individuo. Il nostro centrosolare è la regione del corpo, spesso dimen-ticata anche nella pratica ginnica e sporti-va, in cui alloggiano le strutture che per-mettono una piena libertà di azione degliarti, del capo e del collo.

Louise Ehrenfried, afferma che un movi-mento ripetitivo del tipo “esercizio” non puòportare a nessun cambiamento duraturo edefinitivo poiché funziona in base alla dina-mica dei riflessi condizionati. Questi sonoconseguenza di abitudini inveterate, condi-zionate dall'inconscio e quindi non modifi-cabili attraverso un atto di volontà. Solo unnuovo tipo di movimento può attivare l'in-tervento di centri nervosi altrimenti inerti; èper questo che propone una rieducazionedel comportamento motorio che non facciaappello né al pensiero cosciente né ai movi-menti eseguiti volontariamente. Cerca piut-tosto di portare alla percezione sensoriatutto quanto vi è di difettoso ed incompletonei movimenti ed atteggiamenti prodottiper via riflessa.

Negli anni ‘70 alcuni hanno voluto aggiun-gere a queste tecniche le due principalivarianti (Schultz e Jacobson) del trainingautogeno e l’hata yoga anche se la ragionedi queste inclusioni a noi appare troppoforzata.

Ciò che caratterizza queste tecniche è cheesse non si focalizzano sullo sforzo, ma alcontrario mirano a sviluppare le sensazioniche un dato movimento produce. Per questo, in un certo senso, sono stateproposte e interpretate come una sorta dialternativa alla ginnastica tradizionale chemira allo sviluppo muscolare, qualità con-siderata fondamentale per essere in forma.Noi invece pensiamo che, anche nell’area

della metodologia dell’allenamento, debbaessere riconosciuto il ruolo di queste tec-niche perchè esse possono servire ancheall’atleta nel suo percorso formativo(soprattutto culturale) dalla fase di avvia-mento alla pratica sportiva fino alla suacondizione di atleta evoluto. Anche perquesto abbiamo pensato di proporre que-sto articolo: l’argomento della “respirazio-ne” è sicuramente il motivo di congiunzio-ne tra discipline diverse e vorremmo anco-ra ribadire che è stato colpevolmente tra-scurato, non solo dalla metodologia del-l’allenamento, ma anche dai programmi dieducazione fisica.La ginnastica dolce riconosce che spesso cisi trova in presenza di muscoli “rigidi” eper questo poco efficienti; essa mira a“normalizzarne” il loro livello tonico, utiliz-zando principalmente la funzione di perce-zione, in alternativa alla ripetizione mecca-nica, non cosciente, del movimento.Abbiamo spesso una conoscenza fram-mentaria del nostro corpo, e per questoutilizziamo solamente una piccola partedel nostro potenziale fisico e intellettuale.Spesso il nostro corpo si manifesta allanostra attenzione solamente all’insorgeredi qualche dolore improvviso. Da qui lanecessità di comprendere “corporeamente”quale è il modo migliore per sedersi, alzar-si, correre, dormire o come rimediare almal di schiena, spalle, collo, ecc. In sintesi ciò che è importante è la presa dicoscienza del modo in cui si esegue unmovimento.

Ruolo e allenamento della respirazione nelle diverse attività

Gli ambiti nei quali è possibile interveniremigliorando quantitativamente e qualitati-vamente la funzione respiratoria sonomolteplici e abbracciano sia attività artisti-che sia professionali, oltre a tutte quellesportive.Tra queste ultime si potrebbero distinguerequelle a prevalente impegno aerobicorispetto a quelle legate alla potenza musco-lare o che richiedono particolari abilitàcoordinative.Ad esempio, in alcune discipline sportive ladinamica respiratoria è strettamente coor-dinata e imposta dal gesto tecnico (canot-taggio, nuoto, ecc.) in altre la respirazioneha lo scopo di contribuire alla concentra-zione adatta ad ottimizzare l’esecuzione digesti motori assai diversi tra loro (tiro conl’arco, tiro libero della pallacanestro, ecc.)È altresì noto che in certe discipline il fat-tore limitante la prestazione non è laquantità di ossigeno che arriva ai polmoni,ma il sistema di trasporto e soprattutto diestrazione e utilizzo dello stesso. Cio-

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nonostante, alcune ricerche (Perret et al.2000, Vergees et al. 2007) sembrano indi-care che l’affaticamento precoce dellamuscolatura respiratoria potrebbe costitui-re un elemento importante tra quelli chelimitano la performance. In altre parolel’affaticamento precoce della muscolaturarespiratoria sembra che sia più importantedi quanto si riteneva e che tale situazionesottrarrebbe ossigeno ai muscoli dellalocomozione, anticipando il calo dellaperformance, mentre questo evento ver-rebbe “ritardato” da un allenamento selet-tivo dei muscoli respiratori.Nel riquadro l’elenco di alcune attivitàlegate in modo diretto o mediato all’effi-cienza e quindi al miglioramento dellamuscolatura respiratoria.

La respirazione nelle attivitàprofessionali che impegnano la voce e il canto

Le caratteristiche della voce si possono clas-sificare in termini quantitativi e qualitativi:ci può colpire l’ascolto di una voce definitada aggettivi come: forte, profonda, vera,timbrata, penetrante, armonica, ecc. o alcontrario: flebile, superficiale, falsa, mono-tona, disarmonica, stridente, confusa ecc.Tutte queste caratteristiche positive e nega-tive si possono combinare in molteplici sfu-mature, determinando così un particolarespettro sonoro (timbro), proprio della vocedi ogni essere umano. Un’efficace emissione vocale non puòesserci senza un’efficace respirazione, men-tre ci può essere una buona respirazionesenza emissione vocale.La qualità e la quantità della voce dipendedal relativo gesto respiratorio: non si puòavere, per esempio, un grande volume divoce senza una dinamica respiratoriaampia e completa e una pressione di emis-sione adeguata, un tono armonico e riccoassociato ad una dinamica respiratoriatoracica in presenza di tensioni muscolaridel cingolo scapolo-omerale e del collo.È sorprendente osservare l’ampiezza delrespiro e la potenza di emissione in db di unneonato di alcuni chili di peso che protestaper ottenere il nutrimento desiderato eporle a confronto con la capacità di emis-sione vocale, flebile e frenata di molti adultimolto più pesanti e forti, costretti da qual-che evento ad alzare la voce! Oppure basta ricordare le caratteristichevocali (in senso positivo o negativo) di chiabbiamo conosciuto in qualità di inse-gnante o allenatore in funzione della com-prensione del messaggio comunicato.Per quale motivo, inoltre, l’attività canora èappannaggio solamente di pochi “fortunatidotati”, mentre quasi tutti possono parlare?(Wilfart, 1999). Eppure i meccanismi di base

della fonazione e del canto sono gli stessi: lecorde vocali sono messe in vibrazione dall’a-ria espulsa dai polmoni attraverso la golagenerando così il suono che verrà modulatonella cavità orale e si espanderà fuoriuscen-do nell’ambiente esterno. Evidentemente larisposta al quesito risiede:

• nel modo in cui si coordinano i molteplicielementi strutturali e funzionali legatialla fonazione (statisticamente molto piùusuale e praticata nel vissuto personale)e al canto (molto meno praticata);

• nell’intenzione del soggetto a volereeffettivamente comunicare ed esprime-re qualche cosa tramite la voce.

È dunque necessario un percorso didatticomirato allo scopo che investa il soggettosul piano psico-fisico.Non è forse un ambito proprio e assoluta-mente fondamentale per tutti coloro che

operano come insegnanti delle funzionicognitive e sportive? Nella nostra esperienza didattica personalepossiamo affermare che ogni attività spor-tiva, che mira al controllo corporeo e adun’ampia e plastica capacità coordinativa,può beneficiare delle tradizioni del “belcanto” e di altre attività artistiche per aiuta-re a comprendere le modalità esecutive diun gesto fondamentale, l’atto respiratorio(Wilfart 1999, Menicucci 2002; Lazzari2003), proprio dell’essere vivente in ognisua attività transitiva ed espressiva.

Respirazione e postura

L’espansione parziale o totale della gabbiatoracica, necessaria per poter rifornire d’ariai polmoni, dipende dall’azione dei muscoliinspiratori che devono attivarsi per poidisattivarsi durante l’espirazione. È evidenteche ogni “retrazione” muscolare dei muscoli

• Attività che necessitano di tipi di dinamiche respiratorie speciali: nuoto, canto, strumentimusicali a fiato (flauti ed ottoni)

• Danza nelle sue diverse forme ed espressioni

• Discipline di resistenza con differenziato intervento dei meccanismi aerobico e lattacido

• Attività sportive ed espressive dove è necessario un equilibrio stabile al suolo

• Attività sportive e non che richiedono una particolare precisione e potenza di movimenticon libertà del cingolo scapolo-omerale: golf, tiro con l’arco, lanci, ecc.

• Attività sportive e non che prevedono gesti di forza e potenza muscolare a carico degli artiinferiori

• Attività dove la pressione endo-addominale svolge un ruolo importante: sollevamento pesi,body building, ecc.

• Stretching analitico e globale

• Attività di ricupero funzionale e posturale

Normale Dorsopiatto

Dordo curvoTipo I

Dordo curvoTipo II

Lordosi CifolordosiSwayback

Figura 6 – Alcuni esempi di posture che influenzano le dinamiche respiratorie.

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propri della funzione respiratoria può impe-dire o falsare in parte la coordinazione piùefficiente. Le coste si articolano direttamen-te con le vertebre e sono influenzate nellaloro dislocazione spaziale anche dai muscolidel torchio addominale e dai muscoli spinoe toraco-appendicolari. Quindi i diversiatteggiamenti della colonna vertebrale(figura 6), le diverse posizioni del corponello spazio, le diverse relazioni dei segmen-ti corporei fra di loro, tutte insieme contri-buiscono ad influenzare in senso positivo onegativo la funzione respiratoria nelle suemolteplici dinamiche o modelli (Lumb2005).Peraltro ogni dinamica respiratoria utilizza-ta, specialmente se automatizzata comeabitudine, può influire sull’atteggiamentoposturale prevalente del soggetto (VanLysebeth 1973; Wilmore, Costill 1994).Per tale motivo, ogni tecnica di educazionee rieducazione posturale riconosce l’educa-zione respiratoria come pilastro fondamen-tale della rieducazione stessa (Gantz 1990),anche se poi nei fatti si evidenziano indiriz-zi didattico-pratici diversi e anche talvoltacontraddittori. Per completare l’analisi bisogna anche evi-denziare come tutte le tecniche che si rivol-gono al riequilibrio della funzione tonicadel soggetto (Schultz e Jacobson) e dell’a-spetto emozionale (Lowen 2004), interven-gono in vari modi sui modelli respiratori deisoggetti per realizzare l’equilibrio psico-somatico desiderato.Secondo Lumb (2005): “Nei primi stadi dellavita pre-natale il tronco cerebrale del fetosviluppa un “centro respiratorio” che generaun’attività respiratoria ritmica ininterrottaper molti anni. Nel corso della propria esi-stenza ogni essere umano è per lo più noncosciente di questa azione (del propriomodo di respirare); essa è strettamentecontrollata da una combinazione di riflessichimici e fisici. Inoltre, quando necessita, larespirazione può (entro certi limiti) esserecompletamente presa a carico del controllovolontario o interrotta nell’atto di deglutiree negli atti non ritmici involontari come lostarnutire, vomitare, singhiozzare o tossire.Il sistema di controllo è altamente comples-so, con la sua automatica abilità ad adattarel’azione dei muscoli respiratori alle diverserichieste delle posture, del parlare, dei movi-menti volontari, esercizi e innumerevolialtre circostanze che alterano il fabbisognorespiratorio o influenzano le prestazioni deimuscoli respiratori.” Secondo Ongaro, tale adattamento riflesso,automatico e talvolta volontario, spessevolte risulta poco efficiente sul piano delrendimento della funzione respiratoria chesi deve plasticamente adattare alla situazio-ne vissuta in un certo momento dal sogget-to: le abitudini instaurate e consolidate nel

tempo devono essere messe in relazioneanche con la qualità delle esperienze vissutedal soggetto sul piano psico-somatico edemozionale, sulla veridicità o meno degliinsegnamenti ricevuti, che non sempre ten-gono conto della realtà unica di ogni sog-getto e della fisiologia, con influenze di ele-menti fisiopatologici, energetici e sociali. Il quadro si evidenzia colmo di elementi chesi legano fra di loro in un numero enorme dicombinazioni. Da ciò ne consegue, necessa-riamente, un tipo di intervento didattico ostrumentale che tiene in considerazione talielementi, proponendo percorsi il più possi-bile individualizzati e mirati con l’obbiettivodi arrivare ad un utilizzo pronto ed automa-tizzato della dinamica respiratoria più effi-ciente, propria dell’attività praticata. Un esempio tra i tanti: un soggetto che uti-lizza prevalentemente un modello respira-torio toracico alto mentre pratica l’attivitàdi jogging, non sfrutta l’espansione dellaparte più mobile ed ampia della gabbiatoracica e quindi ha un rendimento nelrifornimento di ossigeno minore rispettoalle sue potenzialità strutturali (anatomi-che); in questo caso, in ogni atto respirato-rio, si introduce meno aria in termini quan-titativi e in presenza di maggiori vincolidurante la fase inspiratoria o espiratoria, laspesa energetica per l’espansione della gab-bia toracica risulta più alta.Tale dinamica è strettamente associata, sulpiano posturale, ad un torace bloccato eall’elevazione delle spalle, con relativa ipoe-lasticità dei muscoli inspiratori accessori,“retrazione” del muscolo trapezio superioreed elevatore della scapola e minor escursio-ne del diaframma.

Considerazioni applicative sulle dinamiche respiratorienelle discipline sportive

A riposo si utilizza una respirazione preva-lentemente bassa addominale (il motivo diciò risiede nel fatto che i polmoni sono piùampi nella parte bassa e che la gabbiatoracica è più mobile in basso che in alto)con espansione ben equilibrata su tutta lacirconferenza toraco-addominale.

• Durante un’attività più o meno intensa:interverranno dinamiche che prevedonouna maggior espansione con l’interventoaggiuntivo di una respirazione medio-toracica completa.

• Ogni allargamento della gabbia toracicava concepito sempre nelle tre direzionidello spazio, anche se, strutturalmente,la parte anteriore risulta di più facileespansione in assenza di vincoli struttu-rali, rappresentati dalle vertebre e costefisse.

• È necessario acquisire la capacità disaper generare in maniera volontaria epoi riflessa l’adattamento dei controllirespiratori atti ad attività specifiche: inacqua, l’espirazione soprattutto dal nasoper mantenerlo libero e l’inspirazionedalla bocca.

• È altresì importante mantenere le dina-miche respiratorie ottimali anche inposizioni del corpo particolari: le bracciain alto, nelle posizioni a squadra, ecc.

• L’utilizzo ottimale della muscolaturaespiratoria nel rispetto delle posture fun-zionali all’attività. Per esempio, un tor-chio addominale pienamente efficientedurante un’attività di corsa che biomec-canicamente prevede il mantenimentodell’asse corporeo in atteggiamentolungo.

• L’utilizzo consapevole e automatico delleapnee, sia nella fase piena che a vuoto,anche con funzione correttiva rispettoalle abitudini consolidate. Per esempio,nel momento dello stacco nel solleva-mento pesi.

• Mantenimento di una ventilazionecostante anche nei momenti difficili dellacompetizione: evitare di rimanere bloccatiin apnea per poi trovarsi in debito di ossi-geno (nuoto, tennis, ecc).

• La capacità di variare a volontà sia ladurata delle fasi respiratorie sia le dina-miche respiratorie in funzione dellenecessità contingenti.

• La capacità di sfruttare in maniera eco-nomica il ritorno elastico del tessuto pol-monare e della gabbia toracica dopo unainspirazione massima e un’espirazionemassima. La fase inspiratoria ed espira-toria possono suddividersi rispettivamentein una fase passiva (ritorno elastico) euna fase attiva, con lunghezza di tempi ecapacità di ventilazione che sono diffe-renti a seconda della dinamica respirato-ria utilizzata e dalla capacità del soggettodi inibire coscientemente prima, e per viariflessa poi, ogni impedimento (freno)muscolare che si oppone. Per esempio,dopo una esauriente espirazione adopera del traverso basta lasciare andareogni contrazione dei muscoli espiratori eci si rifornisce spontaneamente e veloce-mente d’aria, preservando la pressioneaddominale necessaria al proseguimentodell’azione: nel nuoto, nel canto in unbrevissimo intervallo concesso dalla parti-tura, ecc.

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I nostri primi studi sul trainingdei muscoli respiratori

Da oltre quattro anni ci stiamo dedicandoalla rivalutazione di alcuni esercizi che ser-vono a migliorare alcuni parametri respira-tori in soggetti sportivi e non. I risultati otte-nuti sembrano dimostrare l’efficacia delleattività proposte e soprattutto la permanen-za di vantaggi nelle funzioni respiratorieanche a distanza di un anno dalla cessazio-ne degli esercizi somministrati. L’aspettosorprendente risiede anche nel fatto che ivantaggi acquisiti sono stati raggiunti conun impegno minimo: ad esempio con sedutedi soli otto minuti per una durata comples-siva di otto settimane.Questo ci permette di formulare le seguenticonsiderazioni:

• è necessario rivalutare la ginnastica respi-ratoria nelle sue diverse forme;

• è opportuno “rivalutare” gli esercizi distretching per torace e colonna;

• potrebbe essere utile inserire nei diversiprogrammi di training le modalità diallenamento selettivo della muscolaturarespiratoria condotte in condizioni diiperpnea isocapnica.

Presentiamo ora una brevedescrizione degli studi realizzati

1. In un primo studio originale si era cercatodi valutare l’efficienza della dinamicarespiratoria attraverso delle valutazionispirometriche su trenta soggetti di etàcompresa tra 35±6 anni, suddivisi trafumatori e non fumatori. I dati erano statimessi in relazione con un indice di attivitàfisica e i risultati avevano evidenziato che iparametri respiratori di chi svolge attivitàfisica sono significativamente migliori deisoggetti sedentari indipendentementedalla abitudine al fumo (figura 7).Naturalmente, le conclusioni di questaricerca non vogliono giustificare il vizio delfumo e nemmeno incoraggiarlo. Non sivoleva concludere allora, come non sivuole farlo oggi, che si può tranquillamen-te fumare, tanto poi basta allenarsi perporre rimedio al fumo. Ma piuttostosegnalare che l’esercizio fisico potrebbeessere un modo per migliorare alcuni

parametri respiratori (che molte ricercheconsiderano correlati con il benessere fun-zionale) che al pari di altri indici fisiologicipotrebbero essere influenzati negativa-mente dal fumo e anche dalla qualità del-l’aria respirata nelle città.

2.In un altro studio, avevamo valutato quan-to opportuni esercizi respiratori, abbinati adesercizi di stretching adatti a migliorare l’e-lasticità della gabbia toracica, fossero ingrado fare variare in meglio alcuni parame-tri respiratori.Alla ricerca hanno preso parte trentanovesoggetti, maschi e femmine di età com-presa tra diciannove e sessanta anni sud-divisi in tre gruppi. Il gruppo A, era composto da tredici stu-denti della Facoltà di Scienze Motorie (etàmedia 21.0±1.4 anni), praticanti attivitàsportiva non agonistica di tipo non aerobi-co. Il gruppo B era composto da altri tredi-ci studenti (età media 20.4±1.9) con lestesse caratteristiche dei soggetti delgruppo precedente, mentre il gruppo C(età media 40.4±12.9 anni) era compostoda soggetti partecipanti ad uno stage diRespiro/Voce. Il gruppo B effettuò un training delladurata di sei settimane, in ragione di treallenamenti settimanali e l’esecuzione dicinque esercizi respiratori propri del meto-do Wilfart®, per una durata totale di quin-dici minuti. Per contro, il gruppo C effet-

tuò tre giorni completi di sessioni di lavorodi circa quindici minuti ciascuna, con untotale individuale pari a 6 x 15 min conesercizi simili a quelli del gruppo B e adat-tati alla situazione e morfologia dei sog-getti stessi. Il gruppo A funse da gruppo dicontrollo.I risultati della ricerca si possono così rias-sumere: il gruppo di controllo non eviden-ziò alcun cambiamento, negli studenti delgruppo sperimentale si verificò un marca-to e significativo aumento della FEV1,mentre le variazioni positive misurate neisoggetti più anziani che avevano presoparte allo stage si rivelarono prive di signi-ficatività statistica.

3.A distanza di un anno, si pensò di ricon-trollare i ventisei studenti, divisi tra ilgruppo di controllo e quello sottoposto adesercizi per l’allenamento respiratorio(gruppo B della ricerca precedente) pervalutare se quest’ultimo avesse conservatonel tempo i miglioramenti raggiunti.Trascorsi dodici mesi, i due gruppi furonosottoposti nuovamente a test spirometriciper valutare appunto se gli effetti ottenuticon il training dal gruppo B, si fosseromostrati duraturi.I valori della FEV1 erano ancora superioririspetto a quelli ottenuti dai soggetti primadi sottoporsi al periodo dai allenamento e irisultati sono illustrati nella tabella 1 e nellafigura 9.

6,0

5,5

5,0

4,5

4,0

3,5

3,0

2,5

6,0

5,5

5,0

4,5

4,0

3,5

3,0

2,5

Non fumatori Fumatori

Sedentari Attivi Sedentari AttiviF

EV

1 (li

tri)

Figura 7 – Parametri respiratori ed indici attività fisica per classi di attività indipendentementedalla abitudine al fumo.

Figura 8 – I cinque esercizi respiratori del metodo Wilfart®, utilizzati dal gruppo sperimentale.

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La figura 9 riporta il grafico dei risultatiottenuti: i valori della FEV1 sono rimastimigliori rispetto a quelli ottenuti dai sogget-ti prima di sottoporsi al periodo di allena-mento. Gli esercizi di allenamento per lamuscolatura respiratoria utilizzati secondoil protocollo descritto, avevano impegnato isoggetti per circa 15 minuti per tre voltealla settimana. Questo tipo di training, seeffettuato regolarmente per un periodo dialmeno sei settimane ha dimostrato diessere in grado di determinare un significa-tivo effetto sulla FEV1. Gli esercizi migliora-no la funzionalità respiratoria e determina-no un incremento che persiste anche unanno dopo la cessazione del training.Questi risultati appaiono in linea con quan-to è descritto in diverse ricerche che hannovalutato i parametri respiratori in soggettiche avevano appreso e praticato la respira-zione yoga: nonostante che le metodicherespiratorie della disciplina yoga utilizzinomovimenti che risultano diversi dalle moda-lità respiratorie utilizzate nella vita quotidia-na, esse sembrano in grado di influire suimovimenti della respirazione ottimizzando-ne le dinamiche.

4.Con un quarto lavoro di ricerca si è pensa-to di verificare se:

• specifici allenamenti dei muscoli respira-tori comportassero, oltre che un miglio-ramento di alcuni parametri spirometrici,variazioni positive della performanceaerobica in un gruppo di giovani studentiliceali sedentari.

• il confronto tra differenti tipi di allena-mento respiratorio: uno condotto attra-verso esercizi che appartengono allacosiddetta “ginnastica respiratoria classi-ca” ed un altro che utilizza uno strumen-to che permette di lavorare in condizionidi iperpnea isocapnica.

• gli eventuali miglioramenti ottenuti fos-sero mantenuti anche dopo un periodoprolungato di assenza di training respi-ratorio e/o atletico.

Trenta studenti liceali di sesso maschile(16±1 anni) non praticanti attività fisicasono stati divisi, con criterio randomizzatoin tre gruppi da dieci ciascuno ed è stataanche verificata l’assenza di differenzesignificative nei risultati pre-test:

• gruppo R (ginnastica respiratoria tradi-zionale);

• gruppo RS (esercizio in ipernea isocap-nica);

• gruppo C (gruppo di controllo).

I due gruppi sperimentali hanno utilizzatodue allenamenti settimanali di 8 minuti,ricavati nell’ora di educazione fisica:

• il gruppo R ha effettuato dieci esercizi diginnastica respiratoria, ripetuti per diecivolte;

• il gruppo RS si è sottoposto ad allena-mento specifico della muscolaturarespiratoria con apparecchio Spirotiger®(31±2 atti respiratori al minuto, saccada 2,5±0,5 litri a seconda delle capacitàdel soggetto); va precisato che i tempidi lavoro di R e RS sono stati i medesi-

mi, ma il numero di atti respiratori èrisultato diverso poiché R ha curato lacorretta meccanica respiratoria, ma nonha potuto lavorare in ipernea isocapnicacome RS. D’altro canto il confronto doveva preve-dere l’impegno massimo consentito dalledue modalità respiratorie.

• il gruppo C ha svolto le stesse attività gin-niche dei due gruppi sperimentali, salvoche per gli otto minuti della sperimenta-zione, nei quali ha effettuato attivitàsportiva di routine sotto forma di eserci-tazioni tecniche previste dal programmadi educazione fisica.

Quindi, fatta esclusione per gli otto minutidi training differenziato per i due gruppisperimentali, i tre gruppi hanno svolto lamedesima attività curriculare prevista dallalezione di educazione fisica.È stata eseguita una rilevazione iniziale deiparametri spirometrici e della performanceaerobica di tutti i soggetti mediante testspecifici: spirometria e test incrementaledi Léger-Boucher che è stato scelto perchèconsentiva una valutazione facilmenterealizzabile in ambito scolastico. Medesime rilevazioni sono poi state ripe-tute alla fine del periodo di training diquattro settimane e a quattro mesi dallacessazione del training.

FEV1 2 mesi FEV1 1 anno (variazioni % L/s) (variazioni % L/s)

Gruppo A (Controllo) + 1,8 + 0,2 Gruppo B (Sperimentale) + 9,2* + 4,6*

**6,0

5,5

5,0

4,5

4,0

3,5

3,0

2,5

2,0Livello iniziale 2 mesi 12 mesi

Gru

ppo

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Gru

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Gru

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Gru

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FE

V1

(litr

i)

Figura 9 – i valori della FEV1 misurati dopo unanno risultano statisticamente superiori rispet-to a quelli ottenuti prima del periodo dai alle-namento. (*) significativo quando p<0,05.

Tabella 1 – Risultati dello studio (% variazioni). Solo il Gruppo B ha ottenuto differenze significativedella FEV1 per le tre misurazioni effettuate all’inizio, dopo due mesi e dopo un anno.

1a 1b

2a 2b

3

Figura 10 – In 1a, 1b, e 2a e 2b sono mostrati i due esercizi respiratori usati durante l’allenamentodel primo gruppo (R). In 3 è mostrato l’esercizio con Spirotiger®.

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I risultati ottenuti dopo quattro settimanesono stati i seguenti:

• Gruppo R: aumento della FVC e FEV1 edella velocità nel test di resistenza;

• Gruppo RS: significativo aumento diFVC e FEV1 e della velocità del test diresistenza.

• Gruppo C: nessuna variazione registratatra prima e dopo.

A scopo semplificativo nelle tabelle sonoriportate le variazioni percentuali ottenutedai tre gruppi dopo il periodo di training.L’analisi statistica è stata eseguita sulledifferenze fatte registrare dai tre gruppidopo le quattro settimane di allenamentomentre un ulteriore esame statistico hapoi consentito di confrontare la rispettivaefficacia dei due metodi di training respi-ratorio rispetto al gruppo di controllo.Per i risultati del test di resistenza: l’analisipost-hoc ha permesso di evidenziare che Re RS si sono dimostrati entrambi superiori aC.L’analisi statistica è risultata significativaper tutti i parametri considerati, tranne per

la FEV1 per la quale il valore di significativitàè stato solo sfiorato, mentre l’analisi post-hoc ha permesso di evidenziare che la FVC èvariata significativamente rispetto a C solonel gruppo RS. Anche il rapporto tra FEV1/FVC è variatosignificativamente rispetto a C soltanto inRS. Invece, nel test di Léger, R e RS si sono

dimostrati entrambi superiori a C (figure11 e 12).Per meglio illustrare l’evoluzione dei parame-tri valutati prima della sperimentazione, dopole quattro settimane di allenamento e dopoquattro mesi dalla fine del training è utileesaminare i grafici delle figure da 13 a 14 chemostrano l’andamento dei valori nel tempo.

R RS C ANOVA: POST-HOC (variazioni % (variazioni % (variazioni % valore TEST dopo dopo dopo di P (*) 4 settimane) 4 settimane) 4 settimane) FVC + 5,15 + 10,33 0 0,02 RS vs C

FEV1 + 4,24 + 4,62 0 0,07 N.S.

FEV1/FVC - 0,8 - 5,0 + 0,07 0,05 RS vs C

VEL + 4,8 + 4,9 + 0,4 0,02 RS vs C R vs C

Tabella 2 – Risultati dei parametri spirometrici: dopo il periodo di training, per il gruppo respirazionee Spirotiger®: i parametri respiratori sono migliorati in modo significativo tranne che per FEV1 dove ilvalore di significatività è stato solo sfiorato; l’analisi post-hoc ha permesso di evidenziare che la FVCè variata significativamente rispetto a C solo nel gruppo RS. (*) significativo quando P<0,05.

Figura 13 – Andamento di FVC e FEV1 nel tempo.

6,4

6,2

6,0

5,8

5,6

5,4

5,2

5,0

4,8

4,6

4,4

4,2

4,0pre R post R pre RS post RS pre C post C

FV

C (

litri)

p = 0,05

p = 0,05

p = 0,05

14,8

14,5

14,2

13,9

13,6

13,3

13,0

12,7

12,4

12,1

11,8pre R post R pre RS post RS pre C post C

Vel

ocità

(km

/h)

p = 0,02

p = 0,02

p = 0,02

p = 0,02

5,1

5,0

4,9

4,8

4,7

4,6

4,5

4,4

4,3

4,7

4,6

4,5

4,4

4,3

4,2

4,1Pre Post 4 mesi dopo Pre Post 4 mesi dopo

FV

C (

litri)

FE

V1

(litr

i)

R

RS

C

R

RS

C

Figura 11 – Grafico della FVC. Figura 12 – Grafico del test di Leger.

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Le conclusioni relative a questo studio pos-sono essere così riassunte:

• I soggetti dei due gruppi sperimentalihanno ottenuto miglioramenti dei para-metri spirometrici e, anche se non è stataprovata una significativa prevalenza di untraining rispetto all’altro, l’allenamentocon Spirotiger® ha prodotto risultatimigliori. Per la performance aerobica talivariazioni, rispetto al gruppo di controlloappaiono significative sia per il gruppo“Spirotiger®,” che per il gruppo “ginnasti-ca”.

• A distanza di quattro mesi dal terminedell’allenamento i parametri respiratorivengono mantenuti più o meno costantinei due gruppi sperimentali rispetto algruppo di controllo, mentre la presta-zione atletica subisce un lieve, ma signi-ficativo calo. Tuttavia tali valori sonomaggiori rispetto a quelli rilevati primadell’inizio della sperimentazione e anchein questo caso i risultati raggiunti conl’allenamento condotto in condizioni diiperpnea isocapnica si sono rivelatimigliori.

• Anche un ridotto allenamento dei muscolirespiratori ha influito sul miglioramentosia dei parametri spirometrici sia dellaprestazione fisica in giovani ragazzi nonpraticanti attività sportiva, e ciò concordacon quanto trovato dallo studio di Perretet al.

• L’efficacia degli esercizi di ginnasticarespiratoria che abbiamo arbitrariamen-te definito “tradizionale” potrebbedipendere dal fatto che questo tipo diallenamento richiede una grande atten-zione agli aspetti posturali, propriocetti-vi e di quelli relativi la variazione deiparametri di frequenza e ampiezza delrespiro.

• In ogni caso per entrambe le modalità ditraining respiratorio utilizzate è indispen-sabile utilizzare una corretta progressionedidattica per apprendere correttamentesia gli esercizi a corpo libero sia quelli cherichiedono apparecchiature specifiche.

• Potrebbe dunque essere l’apprendimentodella corretta tecnica respiratoria che inqualche misura determina l’ottimizzazio-ne degli atti respiratori di ogni giorno,una delle cause del mantenimento deimiglioramenti raggiunti.

Conclusioni

I meccanismi che influiscono o determina-no i miglioramenti ottenuti dall’allenamen-to della muscolatura respiratoria non risul-tano ancora completamente chiariti. Alcunepossibili spiegazioni potrebbero dunqueessere le seguenti.

• L’esercizio respiratorio richiede una grandeattenzione per aspetti posturali, proprio-cettivi e quelli relativi la variazione dellafrequenza e della profondità del respiro.

• Tutte le tecniche di training respiratorioutilizzate richiedono una precisa e cor-retta progressione didattica per appren-dere correttamente gli esercizi da ese-guire. Come accade per tutte le tecnichenon si può pensare di “allenare l’errore”.

• Altre spiegazioni potrebbero risiederenel miglioramento della percezione delrespirare, nel minor affaticamento deimuscoli respiratori e dunque nel miglio-ramento dell’efficienza ventilatoria enella diminuzione del senso di affannorespiratorio. Anche una minore “compe-tizione” tra i muscoli respiratori e quelliperiferici per l’utilizzo dell’ossigenoapportato dal circolo sanguigno potreb-be avere importanza.

• Come appena scritto, potrebbe essereproprio l’apprendimento della correttatecnica, una delle cause del miglioramen-to della respirazione, oltre che del mante-nimento dei miglioramenti raggiunti.

La ginnastica respiratoria è anche un validomezzo di prevenzione del decadimento dellacondizione fisica, specialmente in caso diinfortuni, in quanto essa non richiede sforzieccessivamente impegnativi, è economica epuò essere praticata ovunque e in qualsiasicondizioni meteorologiche. I benefici della ginnastica respiratoria sonoduraturi nel tempo e quindi permettono ilmantenimento di una buona efficienza fisi-ca anche dopo un periodo di inattività for-zata. Non sfugga quindi l’opportunità di inserireprecisi e specifici training dei muscoli respi-ratori nei programmi e protocolli di riatle-tizzazione. Per tutti questi motivi gli atletidovrebbero integrare i loro allenamenti conil training respiratorio; inoltre l’eserciziorespiratorio potrebbe costituire una praticafondamentale nella riabilitazione polmonarein tutti i soggetti che presentano malattie edanni ai sistemi respiratorio e cardiaco.

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Figura 14 – Andamento del rapporti FEV1/FVC e del test di resistenza nel tempo.

Gli argomenti trattati nell’articolo sono ogetto ditrattazione più approfondita nel testo “La respira-zione e l’esercizio” di prossima pubblicazione daparte della Casa Editrice Calzetti & Mariucci editori.

La bibliografia dell’articolo può essere consultatae scaricata da www.calzetti-mariucci.it

Si desiderano ringraziare per l’attività di ricercasul training della muscolatura respiratoria i pro-fessori Americo Gigante e Massimo Annoni e idottorandi Alice Caimi, Nicoletta Dellerma eMattia Mariani.

G. Alberti, L. Ongaro, Istituto di Esercizio fisico, salu-te e attività sportiva, Facoltà di Scienze motorie,Università degli Studi di Milano, Via Kramer 4/A,20129, Milano).

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