SOMMARIO - Fondazione dell'avvocatura parmense · 2015-11-07 · 14 Note sul processo...

63

Transcript of SOMMARIO - Fondazione dell'avvocatura parmense · 2015-11-07 · 14 Note sul processo...

Page 1: SOMMARIO - Fondazione dell'avvocatura parmense · 2015-11-07 · 14 Note sul processo amministrativo II: ... Periodico quadrimestrale a cura dell’Ordine degli Avvocati di Parma.
Page 2: SOMMARIO - Fondazione dell'avvocatura parmense · 2015-11-07 · 14 Note sul processo amministrativo II: ... Periodico quadrimestrale a cura dell’Ordine degli Avvocati di Parma.

SOMMARIOpag. 3 Editoriale: ancora sulla media conciliazionepag. 4 Attività del Consigliopag. 4 Variazionipag. 5 Aggiornamento albipag. 6 Ambiente e democrazia: un’integrazione al dibattitopag. 14 Note sul processo amministrativo II: le impugnazioni ed i procedimenti specialipag. 21 La revoca giudiziale di amministratori di società a responsabilità limitatainserto Materiali sulla media conciliazionepag. 27 Una riforma sul mare … (note a margine del progetto di riforma del Titolo IV della Parte II della Costituzione).pag. 36 Opposizione a decreto ingiuntivo europeopag. 38 La rappresentanza del condominio da parte dell’amministratore (a proposito della sentenza della Corte di Cassazione, Sezioni Unite Civili 6 agosto 2010, n. 18331).pag. 40 Errata corrige (a proposito di Fondazioni non riconosciute)pag. 41 Segnali di fumopag. 47 Giurisprudenza disciplinarepag. 50 Giurisprudenza

chiuso in redazione il 28 giugno 2011

Cronache dal Foro Parmenseanno XX numero 1 - febbraio 2011

Periodico quadrimestrale a cura dell’Ordine degli Avvocati di Parma.

Autorizzazione del Tribunale di Parma n.14 del 10 giugno 1992.

Direttore responsabile:avv. Giuseppe Negri

Comitato di redazione:avv. Nicola Bianchi, avv. Dominga Bubbico, avv. Andrea Conforti, avv. Alberto Magnani,avv. Francesco Mattioliavv. Alessandra Mezzadri, avv. Giuseppe Scotti

Hanno collaborato a questo numero:

avv. prof. Fausto Capelliavv. Renato Del Chiccaavv. Marcello Mendogniavv. Paolo Morettiavv. Giacomo Voltattorni

Page 3: SOMMARIO - Fondazione dell'avvocatura parmense · 2015-11-07 · 14 Note sul processo amministrativo II: ... Periodico quadrimestrale a cura dell’Ordine degli Avvocati di Parma.

3

Ancora sulla media conciliazione

Credo sia opportuno ritornare sulla media con-ciliazione per un breve commento sui tormentati primi mesi di vita del neo procedimento di risolu-zione stragiudiziale, riguardante – come è noto – non trascurabili gruppi di controversie.

A livello nazionale è nota la posizione, quasi una-nime, dell’Avvocatura – per tale intendendosi sia il CNF sia l’OUA sia le Associazioni professionali mag-giormente rappresentative – contraria all’obbligato-rietà della media conciliazione.

Le ragioni di tale avversione sono tante e ormai abbastanza conosciute: a par-tire dall’onere finanziario a carico di colui che intende far valere un diritto in giudi-zio, costretto a sborsare una somma di denaro – che varia a seconda del valore della con-troversia – per passare alle ulteriori criticità (mancanza di regole sulla competenza territoriale, non obbligato-rietà dell’assistenza dell’avvocato, nullità del mandato etc…), da più parti segnalate.

Il TAR del Lazio ha rimesso alla Corte costituzio-nale, con ordinanza del 16 aprile 2011, alcune que-stioni, tra le quali spicca quella dell’obbligatorietà.

Una eventuale sentenza di accoglimento da parte della Consulta muterebbe sensibilmente lo scenario futuro.

Probabilmente, in relazione a ciò – al fine di evi-tare o quantomeno di attutire i contraccolpi conse-guenti ad una decisione di parziale incostituzionalità – è stata ventilata l’ipotesi di un decreto legge, di cui è stata data notizia dagli organi di stampa, che elimi-nerebbe parzialmente l’obbligatorietà della concilia-zione ed imporrebbe l’assistenza dell’avvocato.

Tale ipotesi compromissoria non è piaciuta alla maggioranza dell’Avvocatura, la quale è attestata

fermamente sulla richiesta dell’eliminazione dell’ob-bligatorietà della media-conciliazione; richiesta che sembra abbia scarse possibilità di accoglimento, nonostante le note manifestazioni di protesta, con-cretizzatesi anche con le astensioni dall’attività da parte degli avvocati.

A livello locale, nonostante la situazione nazionale presenti caratteri di preoccupante incertezza, l’iter per la costituzione dell’organismo di media-concilia-zione presso il nostro Ordine è in dirittura di arrivo.

Sono stati approvati lo Statuto, il Regolamento e il codice etico, già pubblicati sul nostro sito, è stato formato l’elenco dei mediatori (sono pervenute 58 domande).

Sono stati arredati ed attrezzati i locali- messi a disposizione, come prevede la legge, dal Presidente del Tribunale- per lo svolgimento

dell’attività.Tutto è pronto, quindi, per l’inoltro al Ministero

della Giustizia ai fini dell’ottenimento della prevista autorizzazione.

Così stando le cose, è da ritenere che – salvo imprevisti- l’Organismo comincerà a funzionare subito dopo l’estate.

È difficile fare previsioni sulle “fortune” dell’Orga-nismo e, più in generale, della media conciliazione.

Solo il tempo, come già ho avuto modo di dire, ci darà qualche risposta: speriamo che, quantomeno, l’attuale stato di incertezza a livello nazionale – deter-minato da una netta contrapposizione tra l’Avvoca-tura ed il Governo (melius il Ministero della Giusti-zia) – venga a cessare.

Luigi Angiello

editoriale

Tutto è pronto, quindi, per l’inoltro al Ministero della Giustizia ai fini dell’ot-tenimento della prevista autorizza-zione.Così stando le cose, è da ritenere che – salvo imprevisti- l’Organismo comincerà a funzionare subito dopo l’estate

Page 4: SOMMARIO - Fondazione dell'avvocatura parmense · 2015-11-07 · 14 Note sul processo amministrativo II: ... Periodico quadrimestrale a cura dell’Ordine degli Avvocati di Parma.

4

ATTIVITA’ DEL CONSIGLIODal 16 marzo 2011 al 28 giugno 2011 il Consiglio si è

riunito 16 volte.

Elenco delle presenze dei Consiglieri alle adunanze:avv. Angiello n.16avv. Gandini n.14avv. De Risio n.14avv. Brianti n.13avv. Cagna n.14avv. Calistro n.13avv. De Sensi n.12avv. Maggiorelli n.13avv. Mattioli n.13avv. Mendogni n.11avv. Mezzadri n.16avv. Montanari n.14avv. Piombi n.16avv. Pinardi n. 7avv. Salvini n.16

VARIAZIONI

avv. ENRICO DE RISIO: Parma, piazzale Boito 1, tel., telefax ed e-mail invariati;

avv. DANIELA FRANCALANCI: Parma, piazzale Boito 1, tel., telefax ed e-mail invariati;

avv. MARINA GHIRETTI: e-mail [email protected];

avv. FILIPPO LO IACONO: e-mail [email protected];

avv. ANDREA MASSIMO MOLÈ: cell. 328/8271130 unico numero attivo;

avv. GIULIANO BIANCHI: e-mail [email protected];

avv. ROBERTA BIANCHI: e-mail [email protected];

avv. ANDREA MELEGARI: e-mail [email protected];

avv. ELISA RIGOLIN: Parma, stradello Fred Buscaglione 2;

avv. MARCELLO GIANINI: Parma, via Ireneo Affò 4, tel. e telefax 0521/207570, cell. ed e-mail invariati;

avv. FRANCA DE ROSA: telefax 0521/508611;

avv. SIMONE MILIOLI: telefax 0521/508611;

avv. LORENZO SPADOLA: telefax 0521/508611;

avv. BARBARA PISANO: telefax 0521/508611;

avv. GIOVANNA BELLOFATTO: telefax 0521/508611;

avv. FABRIZIO POGGI LONGOSTREVI: telefax 0524/200653, e-mail [email protected];

avv. FILIPPO POGGI LONGOSTREVI: telefax 0524/200653, e-mail [email protected];

avv. RAFFAELE POGGI LONGOSTREVI: telefax 0524/200653, e-mail [email protected];

avv. ANTONIO GRANCELLI: telefax 0524/200653, e-mail [email protected];

avv. FEDERICA FOLLI: Parma, vicolo San Tiburzio 8, tel. e telefax 0521/186766, cell. 338/7704567;

avv. ENRICO PROST: Parma, borgo Garimberti 6 scala C, tel. e telefax 0521/570161, cell. 339/2652000, e-mail [email protected];

avv. MICHELA BERZIERI: (I studio) Felegara, via Repubblica 23, tel. 0525/433326, telefax 0525/1861441, (II studio) Parma, borgo Garimberti 6, tel. 0521/508400, telefax 0521/204045, e-mail [email protected] [email protected];

avv. STEFANIA MORTALI: (I studio) Borgo Val di Taro (PR), via Nazionale 21 (Palazzo Boveri), tel. 0525/90153, telefax 0525/96381, e-mail [email protected] recapiti II studio invariati;

avv. ENRICO AGAZZI: (I studio) Borgo Val di Taro (PR), via Nazionale 21 (Palazzo Boveri), tel. 0525/90153, telefax 0525/96381, e-mail [email protected] recapiti II studio invariati;

avv. LUCA CAMUSSI: tel. e telefax 0521/239401;

avv. MASSIMILIANO BURIASSI: Parma, via Verdi 14;

dott.ssa CRISTINA ORLANDINI: Parma, via Verdi 14;

avv. PAOLA BOETI: fax on line 0521/1880247;

avv. GIULIANO GERVASONI: e-mail [email protected];

avv. GIAMPAOLO MAZZOLA: telefax 0521/539177, invariato numero di tel.;

avv. SIMONE MILIOLI: Parma, viale Fratti 7, tel. 0521/200500, telefax 0521/508611;

avv. FEDERICA BERTINELLI: telefax 0521/539177, invariato numero di tel.;

avv. BIAGIO CRAPAROTTA: Parma, via Scarabelli Zunti 15, tel. e telefax 0521/244040,

avv. CARLO CONFORTI: e-mail [email protected];

dott.ssa ROBERTA CACIALLI: telefax 0521/994373;

avv. MARIA CRISTINA CHIESA: e-mail [email protected];

OPINAMENTO PARCELLEDal 16 maggio 2011 al 28 giugno 2011, l’apposita

commissione consiliare (ovvero il Consiglio) ha opinato n.258 parcelle.

PROCEDIMENTI DISCIPLINARIDal registro dei reclami nei confronti degli iscritti dal 1°

dicembre 2010 al 28 giugno 2011:pervenuti n. 30archiviati n. 23disciplinari aperti n. 8disciplinari celebrati n. 4sanzioni disciplinari irrogate n. 1 non luogo a procedere (per intervenuta cancellazione)n. 1 censura n. 2 avvertimenti

RICHIESTE DI AMMISSIONE AL PATROCINIO A SPESE DELLO STATOpervenute n.93ammesse n.78 non ammesse n.43pendenti n. 8

Page 5: SOMMARIO - Fondazione dell'avvocatura parmense · 2015-11-07 · 14 Note sul processo amministrativo II: ... Periodico quadrimestrale a cura dell’Ordine degli Avvocati di Parma.

5

ALBO AVVOCATIISCRIZIONIALICE MARLAT (29 marzo 2011)PAOLA SALVAGNI (5 aprile 2011)KATIA FATUZZO (19 aprile 2011)SIMONE GABBI (26 aprile 2011) elenco speciale degli avvocati addetti agli Uffici LegaliGIANCARLO VIVA (10 maggio 2011)GIANCARLO BOSONI (17 maggio 2011)IMMACOLATA MARTINI (17 maggio 2011)CRISTINA SIRIGNANO (24 maggio 2011)DORINA ZOGA (31 maggio 2011)BARBARA ALLODI (7 giugno 2011)MATTEO FOLLONI (28 giugno 2011)CANCELLAZIONI

GIAN LUCA BRUNI (29 marzo 2011) per trasferimento a Trento SERAFINA MUSTO (31 maggio 2011) a domandaANDREA MANCA (14 giugno 2011) dall’Elenco Speciale degli avvocati addetti agli Uffici Legali, per trasferimento all’Ordine di Rovereto

Alla data del 28 giugno 2011 gli iscritti all’albo erano in numero di millecentosettadue.

PRATICANTI AVVOCATIIscritti: n.10Cancellati: n.13PATROCINATORI LEGALIIscritti n.10Cancellati: n. 9

AGGIORNAMENTO ALBI

avv. CLAUDIA ANNA RITA QUINTO: cell. 338/1614748;

avv. LUCA BERNI: Parma, via Ospizi Civili 2/B, invariati tel. telefax ed e-mail;

avv. MARIA TIRANTI: Parma, via Ospizi Civili 2/B, invariati tel. telefax ed e-mail;

avv. PAOLA MAZZA: Parma, via Degli Ospizi Civili 2/A, invariati tel. telefax ed e-mail;

avv. LUIGI FECI: e-mail [email protected];

avv. CINZIA FECI: e-mail [email protected];

avv. CALOGERO MUSSO: Parma, viale V. Bottego 3, tel. 0521/1990519, telefax 1782244567, cell. 329/0676674;

avv. PAOLA ROMANO: Colorno, piazzale V. Veneto 17, tel. e telefax 0521/312543, e-mail [email protected];

avv. VALENTINA GASTALDO: Parma, piazza Garibaldi 23, tel. 0521/221358, telefax 0521/384821, e-mail [email protected];

avv. GIANCARLO BUCCARELLA: e-mail [email protected];

avv. RAFFAELE BUSANI: Salsomaggiore Terme, viale Valentini 2, tel. 0524/575150, telefax 0524/583536, cell. 328/2781320, e-mail [email protected];

avv. CONCETTA TURRÁ: Parma, via Felice Cavallotti 16, tel. e telefax 0521/236596;

avv. ROMINA CINI: e-mail [email protected];

avv. FEDERICA GENTILI: non più attivo cell. 334/9236396;

avv. ANTONIO BODRIA: e-mail [email protected];

avv. MASSIMO ZERBINI: e-mail [email protected];

dott.ssa GIOVANNA PELLEGRINI: Parma, vicolo S. Marcellino 2/a;

avv. FRANCESCA BENVENUTI: e-mail [email protected];

avv. EUGENIA MONEGATTI: e-mail [email protected];

avv. PAOLA MANCINI: telefax 051/19987718;

avv. LUCA GHIRARDI: tel. 0521/346576, telefax 0521/1852691;

avv. ROSA LAURIOLA: Parma, via Mazzini 2, tel. 0521/283292, telefax 0521/239852, e-mail [email protected] cell. 389/1976506;

avv. ALESSANDRA SANTAMBROGIO: telefax 0521/1854667;

avv. MARIA GUALDINI: (II studio) Parma, via La Spezia 169, tel. e telefax 0521/988829;

avv. ALESSIA DAVOLI: tel. 0521/206404, telefax 0521/1714833, e-mail [email protected];

avv. CRISTINA SANTI: Parma, viale V. Bottego 3, invariati tel. telefax e cell.;

avv. ELISABETTA MICHELOTTI: Parma, viale V. Bottego 3, invariati tel. telefax e cell.;

avv. DAVIDE GIRARDI: Parma, viale V. Bottego 3, invariati tel. telefax e cell.;

dott. LORENZANO MARIA: Parma, viale V. Bottego 3, invariati tel. telefax e cell.;

avv. GIUSEPPE MAMBRIANI: e-mail [email protected];

avv. ADRIANA CARUSO: e-mail [email protected]

avv. LORIS CABRINI: telefax 0521/1854591, cell. 339/4165097, la linea telefonica fissa è stata disattivata;

avv. ELISA PAGLIARI: (II studio) Parma, vicolo S. Tiburzio 8, tel. 0521/186766, telefax 0521/1640360;

avv. STEFANIA RICCARDI: (II studio) Parma, vicolo S. Tiburzio 8, tel. 0521/186766, telefax 0521/1640360;

avv. MATTIA AMBANELLI: Parma, borgo Garimberti 4 , invariati tel. telefax ed e-mail;

avv. ANNA ADELE CARAFFINI: Parma, borgo Garimberti 4 , invariati tel. telefax ed e-mail;

avv. ANTONIO NEGRI: Parma, via Goito 16, tel. 0521/287735, telefax 0521/204922, invariato l’indirizzo e-mail;

avv. FAUSTO DEL FANTE: Parma, vicolo S. Tiburzio 8, tel. 0521/186766, telefax 0521/1640360;

avv. ALESSANDRA ZINELLI: Parma, vicolo S. Tiburzio 8, tel. 0521/186766, telefax 0521/1640360;

Page 6: SOMMARIO - Fondazione dell'avvocatura parmense · 2015-11-07 · 14 Note sul processo amministrativo II: ... Periodico quadrimestrale a cura dell’Ordine degli Avvocati di Parma.

6

I. CONSIDERAZIONI PRELIMINARI. 1. Gli insegnamenti del recente passato. 2. Prima riflessione. Necessità di applicare le leggi impo-

nendone il rispetto a tutti: potere politico, pubblica ammini-strazione, soggetti privati e cittadini.

II. IL TEMA DEL DIBATTITO: CHI DEVE ADOTTARE LE NORME A TUTELA DELL’AMBIENTE E CON qUALI PRO-CEDURE?

1. Seconda riflessione: il caso delle norme locali, nazionali ed europee.

2. Terza riflessione: globalizzazione e normative interna-zionali a tutela dell’ambiente.

III. VALUTAZIONI FINALI E CONCLUSIVE.

I dotti e stimolanti contributi di Giuseppe Manfredi e Ste-fano Nespor, apparsi sulla Rivista giuridica dell’ambiente (1), che hanno avviato l’interessante dibattito su “Ambiente e Demo-crazia”, mi offrono l’opportunità di effettuare un intervento che vorrebbe richiamare l’attenzione su una peculiare moda-lità di utilizzo di strumenti democratici per esercitare il potere politico nell’interesse della generalità dei cittadini, in partico-lare nel settore della tutela ambientale.

Avendo però deciso per un intervento propositivo, che cercherò di sviluppare in tre successive riflessioni, prenderò una rincorsa un po’ lunga, per vedere se mi riesce un salto più alto, così da abbracciare un orizzonte più vasto.

Preferisco quindi partire da un’esperienza lontana ma concreta e significativa.

I. Considerazioni preliminari1. Gli insegnamenti del recente passatoHo fatto parte per sette anni a Bruxelles del “Comitato

consultivo per la liberalizzazione degli appalti pubblici” (2) della Commissione europea, dal 1987 al 1994, vale a dire durante il periodo di «tangentopoli». Il Comitato consultivo aveva il compito di assistere i competenti servizi della Commissione europea nell’attività di elaborazione delle proposte delle nuove direttive comunitarie sugli appalti pubblici che sareb-bero state applicate in tutti gli Stati membri della Comunità.

I rappresentanti del Comitato consultivo erano 25, prove-nienti dai 12 Stati membri dell’epoca. Tre venivano dall’Italia: due ingegneri (come tecnici esperti) e il sottoscritto (come giurista).

Ciò che soprattutto incuriosiva i nostri colleghi esteri del Comitato, quando ci si do veva occupare della situazione

1 Cfr. G. Manfredi e S. nespor, Ambiente e democrazia: un dibattito, in Rivista giuridica dell’ambiente, 2010, p. 293 ss.

2 Cfr. Decisione della Commissione del 26 maggio 1987 (Guce n. L 152 del 12 luglio 1987).

italiana, era la mancanza di giurisprudenza ammi ni strativa relativa a controversie fra le imprese che partecipavano agli appalti pubblici.

La giurisprudenza italiana in materia era, infatti, quasi esclusivamente costituita da sentenze dei Tribunali civili e, tra queste sentenze, la stragrande maggioranza ri guar dava la revisione dei prezzi che erano stati fissati al momento dell’aggiudicazione degli appalti.

Abbiamo dovuto quindi svelare ai nostri colleghi uno dei segreti di “tangentopoli”.

Non esistevano sentenze dei giudici amministrativi perché non esistevano con tro ver sie tra le imprese.

Per ogni appalto, al momento in cui il bando veniva reso pubblico, era già stata designata l’impresa vincitrice (insieme alle altre imprese che sarebbero divenute aggiudicatarie dei subappalti). Ciò comportava che ciascuna impresa doveva attendere il proprio turno, in modo da non creare contesta-zioni e controversie.

Chi organizzava l’aggiudicazione degli appalti pubblici e la ripartizione degli incarichi erano i partiti politici che, con questo sistema, si finanziavano (attraverso le “tangenti” impo-ste sui diversi appalti).

Per convincere i colleghi esteri del Comitato consultivo che la realtà italiana era quella appena descritta è bastato segnalare le vicende connesse alle azioni penali avviate nei confronti degli organizzatori responsabili degli appalti pubblici riguardanti, da un lato, l’aero por to “Malpensa” di Milano e, dall’altro lato, la “Metropolitana milanese”.

Trattandosi di vicende che interessavano Milano e la Lom-bardia, i nostri colleghi non hanno insistito per ottenere ulte-riori ragguagli su ciò che avveniva in altre parti d’Ita lia. Che cosa in effetti accadesse, lo potevano facilmente immaginare.

Nelle sentenze della Corte di Cassazione penale, che sarebbero state suc ces si va men te emesse nel 1998, risultano chiaramente descritti i metodi seguiti per l’ag giu di ca zione degli appalti alle imprese e per la distribuzione delle tangenti fra i partiti politici.

La sentenza della Corte di Cassazione penale n. 10711 del 1998 descrive le vicende concernenti la realizzazione dell’Ae-roporto Malpensa di Milano (“Malpensa 2000”), mentre la sentenza n. 7240 del 1998, della stessa Corte di Cassazione penale, descrive le vicende relative alla costruzione della metropolitana di Milano.

In tale ultima sentenza, relativa alle vicende della Metro-politana milanese, la Corte di Cassazione riconosce, tra l’al-tro, che:

«Trattasi di episodi illeciti non isolati, ma frutto di una prassi di corruttela diffusa e consolidata, tanto da assurgere a vero e proprio “sistema”, disciplinato da ben precise regole, con

Ambiente e democrazia: un’integrazione al dibattito

Page 7: SOMMARIO - Fondazione dell'avvocatura parmense · 2015-11-07 · 14 Note sul processo amministrativo II: ... Periodico quadrimestrale a cura dell’Ordine degli Avvocati di Parma.

7

suddivisione di compiti e di ruoli tra politici, pubblici ammini-stratori e imprenditori.

Alla base di tale fenomeno, è stata individuata la con-vergenza di interessi riferibili sia ai partiti politici che alle imprese.

I primi avevano il bisogno di reperire ingenti somme di denaro per fronteggiare i “costi della politica”, non copribili con le entrate ufficiali, provenienti dal finanziamento pubblico ai partiti o dal tesseramento degli iscritti; di qui la necessità di ricercare fonti di finanziamento “parallelo”, proveniente dal mondo imprenditoriale.

Le seconde erano spinte dalla necessità di ritagliarsi quote protette di mercato, per garantirsi una continuità di lavoro; tale esigenza veniva soddisfatta con la disponibilità delle imprese a “foraggiare” i partiti, tramite i loro referenti in seno al Con-siglio di amministrazione della MM, in cambio del controllo degli appalti, che comportava la violazione di qualunque regola di concorrenza, nel senso che le imprese si accordavano pre-ventivamente sulla quota dei lavori da eseguire e sui prezzi da praticare, finendo così col predeter-minare l’esito delle aggiudicazioni, il tutto col tacito assenso dei vertici della MM.»

Stando così le cose, appare evi-dente che le imprese non avevano motivo alcuno di litigare fra loro davanti al giudice amministrativo.

Ma se non litigavano fra loro davanti al giudice amministrativo, le imprese litigavano invece ferocemente con l’Ente pubblico appaltante, davanti al giudice civile, per ottenere una revisione dei prezzi di aggiudicazione degli appalti.

Poiché, infatti, i prezzi di offerta negli appalti erano prezzi fasulli, in quanto non adeguatamente calcolati, in mancanza di una vera concorrenza, come riconosce la sentenza sopra riportata, succedeva molto spesso che l’im presa risultata aggiudicataria dell’appalto cercava di rimediare al l’ina de gua-tezza dei prezzi ottenuti chiedendone la revisione al rialzo.

Di qui le continue cause davanti ai giudici civili per otte-nere la revisione dei prezzi.

Questo sistema è durato, grosso modo, dagli anni ’70 fino a metà degli anni ’90, vale a dire fino all’effettiva applicazione delle nuove direttive comunitarie sugli appalti pubblici.

La prima (nuova) direttiva comunitaria era entrata in vigore agli inizi degli anni ’90 (Direttiva n. 89/440) e le altre (definitive) dopo il 1993 (Direttiva n. 93/36 e n. 93/37).

A partire dall’entrata in vigore delle nuove direttive comunitarie e delle relative disposizioni nazionali che le ave-vano recepite, è cambiato radicalmente lo scenario giurispru-denziale.

Sono cessate, infatti, le controversie davanti ai giudici civili aventi ad oggetto la revisione dei prezzi di aggiudicazione degli appalti e sono, al contrario, cominciate, aumentando subito a

dismisura, le cause davanti ai Tribunali amministrativi.Tali cause venivano introdotte dalle imprese che erano

rimaste sconfitte, nelle rispettive gare d’appalto, contro le imprese che le avevano vinte. Anche la quarta o quinta impresa in graduatoria faceva causa contro l’impresa arrivata prima, vincitrice, per contestare l’aggiu di ca zio ne dell’appalto.

La situazione si è quindi del tutto capovolta.E questa è la situazione che attualmente ancora si registra

in Italia, situazione che risulta però complicata, come tutti sanno, dalla lentezza dei procedimenti giudiziari amministra-tivi che rende difficoltosa la designazione dell’impresa da considerare definitivamente aggiudicataria del l’ap palto.

2. Prima riflessione. Necessità di applicare le leggi imponen-done a tutti il rispetto: potere politico, pubblica amministrazione, soggetti privati e cittadini

A questo punto comincerei ad esporre la prima delle tre riflessioni suggeritemi dall’interessante dibattito che si è svi-luppato tra Manfredi e Nespor.

L’Italia del periodo sopra con-siderato era indubbiamente uno Stato democratico: assai malconcio, per la verità, ma pur sempre, for-malmente, uno Stato democratico alla luce dei principi e dei criteri con cui si misurano le democrazie.

Lo Stato disponeva, invero, di una Costituzione, di un Parlamento formato da membri eletti tramite

elezioni periodicamente organizzate, di una magistratura indipendente, etc. etc.

Ebbene, nel nostro Stato, la gestione del potere avveniva, praticamente in tutti i settori (economico, sociale, ambien-tale, etc.), con le stesse logiche con cui venivano gestiti gli appalti per la costruzione di Malpensa 2000 e della Metropoli-tana milanese che sopra abbiamo descritto (3).

Possiamo certo nutrire dubbi circa l’ampiezza dei pro-blemi di natura ambientale, non certo irrilevanti, che è stato necessario affrontare e risolvere tanto nella costruzione dell’aereoporto di Malpensa quanto nella costruzione della Metropolitana milanese, ma non possiamo invece nutrire alcun dubbio sul modo in cui tali problemi siano stati in concreto risolti: ripetiamo, con la stessa logica e con gli stessi criteri con cui i relativi appalti sono stati gestiti. In altre parole, non sono stati affatto seguiti i principi e le norme che impon-gono al potere politico e alla pubblica Amministrazione di assicurare il rispetto della legalità e di tutelare l’interesse della generalità dei cittadini, tanto nella gestione degli appalti,

3 Cfr. A. Quadrio Curzio, Noi, l’economia e l’Europa, Bolo-gna, Il Mulino, 1996, passim; F. Capelli, L’Euro nell’ordinamento dell’Unione europea, Napoli, Editoriale Scientifica, 1999, p. 57 ss. Cfr. anche, per un’analisi dei problemi attuali e per una disamina dei rimedi proposti, M. Vitale, Passaggio al futuro, Milano, Egea, 2010, p. 197 ss.

sono cessate le controversie davanti ai giudici civili aventi ad oggetto la revisione dei prezzi di aggiudicazione degli appalti e sono, al contrario, cominciate, aumentando subito a dismisura, le cause davanti ai Tribunali amministrativi

ambiente e democrazia

Page 8: SOMMARIO - Fondazione dell'avvocatura parmense · 2015-11-07 · 14 Note sul processo amministrativo II: ... Periodico quadrimestrale a cura dell’Ordine degli Avvocati di Parma.

8

quanto nell’applicazione delle norme poste a tutela dell’am-biente.

Per quanto riguarda in particolare la gestione degli appalti pubblici, poiché l’esperienza insegna che la procedura da pre-ferire è quella che prevede l’instaurazione di una gara effettiva fra imprese concorrenti, è evidente che in Italia, come la ripor-tata sentenza della Corte di Cassazione riconosce, la disciplina applicabile è stata totalmente disattesa, impedendo il raggiun-gimento dei vantaggi che la stessa consente di ottenere.

In effetti, un appalto pubblico gestito bene, crea vantaggi per tutti: in primo luogo per la Pubblica Amministrazione, che può acquisire beni e servizi alle condizioni migliori ed ai prezzi più convenienti, in secondo luogo per le imprese che, facendosi fra loro concorrenza in modo corretto, diventano più efficienti e più competitive e, in terzo luogo, per il mer-cato che vede ampliarsi le proprie potenzialità e prospettive nel l’in te res se di tutti.

La prima riflessione scaturisce quindi da una semplice constatazione che deriva dalle considerazioni in precedenza svolte: per assicurare che l’ambiente venga tutelato nel mo do più efficace, nell’in te res se della generalità dei cittadini, occorre non solo preoccuparsi del processo di adozione delle norme di tutela ambientale (tanto a livello re gio nale e locale, quanto a livello nazionale ed europeo, quanto, infine, a livello inter-nazionale), ma bisogna soprattutto preoccuparsi della cor-retta applicazione delle norme ambientali nei casi concreti da parte della pubblica Amministrazione, dalla cui efficienza, dalla cui diligenza e dalla cui professionalità la tutela dell’ambiente dipende, tenuto conto, segnatamente, che i problemi ambien-tali si trovano in stretta correlazione con operazioni gestite tramite appalti pubblici, pubbliche concessioni e finanziamenti pub blici.

Come è noto, infatti, le norme poste a protezione dell’am-biente tro vano molto spesso applicazione: (a) durante l’esple-tamento di procedure di appalti pubblici (4) (ad esempio, valu-

4 Anche perché la normativa applicabile in materia di appalti pubblici favorisce il ricorso a soluzioni rispettose dell’ambiente. Cfr. G. Mastrodonato, Gli strumenti privatistici della tutela ammi-nistrativa dell’ambiente, in Rivista giuridica dell’ambiente, 2010, p. 707 ss. e spec. pp. 719-721 secondo cui: «Il Codice dei contratti pubblici, D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, emanato in attuazione delle direttive comunitarie in materia di appalti pubblici, si occupa degli appalti ecocompatibili in numerose norme (di cui agli articoli 2, 40, 42, 43, 44, 68 e 83). La direttiva 2004/18/CE rappresenta infatti – nella specifica materia degli appalti pubblici – una decisa evolu-zione della sensibilità del legislatore comunitario nei confronti delle problematiche ambientali, introducendo la previsione di requisiti in materia ambientale e favorendo in tal modo il superamento della prospettiva tradizionale, assai limitata, secondo la quale le norme di gestione ambientale erano considerate come meri limiti alla libera iniziativa economica». Cfr. anche, sul punto, A. Buonfrate, Gli appalti pubblici ecocompatibili nella Comunità Europea e in Italia, in A. Buonfrate, diretto da, Codice dell’ambiente e normativa col-legata, Milano, 2008, spec. p. 875. Cfr. inoltre, M. oCChiena, Norme di gestione ambientale, in R. Garofoli, M. A. sandulli (a cura di), Il nuovo diritto degli appalti pubblici nella direttiva 2004/18/Ce e

tazione di impatto ambientale nell’ambito di un appalto pub-blico per la costruzione di un’auto stra da o di un impianto di gestione integrata di rifiuti); (b) in connessione con il rilascio di una concessione sottoposta a procedure di eviden za pub-blica (ad esempio, concessione e gestione di aree demaniali o di discariche di rifiuti), (c) in occasione dell’erogazione di aiuti di Stato (ad esempio, finanziamenti per la realizzazione e la gestione di alleva menti, con i connessi problemi di inquina-mento del suolo e delle acque).

In tutti i casi appena menzionati trovano applicazione, come sappiamo, all’interno dei meccanismi di carattere pro-cedurale, specifiche norme di tutela ambientale ben collau-date, di origine regionale, nazionale ed europea.

L’oggetto della prima riflessione è quindi costituito dalla preoccupazione di non veder rispettate queste norme in un sistema istituzionale nel quale l’organizzazione amministra-tiva e quella giudiziaria non sono in grado di imporne l’osser-vanza, rendendo spontaneo il richiamo alla rassegnata denun-cia dantesca: «Le leggi son, ma chi pon mano ad elle?» (5).

Nel dialogo tra Manfredi e Nespor viene attribuita una giusta rilevanza al modo di fare le leggi, mentre nella riflessione che stiamo esponendo, la preoccupazione è invece incentrata sul modo di farle rispettare.

La tragedia dei rifiuti di Napoli, accuratamente ed efficace-mente descritta nell’articolo apparso nel fascicolo 3-4/2010 della Rivista giuridica dell’ambiente (6), è la prova più evidente che anche le leggi ben scritte possono rivelarsi del tutto inu-tili.

L’autore dell’articolo, dopo aver elogiato la chiarezza e la completezza della nor ma tiva, soprattutto regionale, che da ultimo avrebbe dovuto consentire alle Autorità am ministrative competenti di far fronte all’emergenza rifiuti, ponendo fine al l’in cre di bi le dimostrazione di inefficienza che ha scandalizzato il mondo intero, riconosce sconsolato che il nostro sistema istituzionale e burocratico non è stato in grado di funzionare, fornendo, tra l’altro, come inequivoco attestato della nostra inefficienza, lo sprezzante giudizio del quotidiano spagnolo “El Pais” (7) secondo cui:

«L’allarmante crisi dei rifiuti [di Napoli] è un sintomo della debolezza istituzionale italiana».

Ugualmente, citando una relazione del Presidente della nostra Corte dei Conti del 2008, l’autore riconosce che:

«Non è un caso che l’emergenza rifiuti in Campania abbia

nella legge comunitaria n. 62/2005, Milano, Giuffrè, 2005, p. 663.5 Cfr. dante aliGhieri, La divina commedia, Purgatorio, Canto

XVI, verso 97.6 Cfr. L. Colella, La governance dei rifiuti in Campania, tra

tutela dell’ambiente e pianificazione del territorio. Dalla «crisi dell’emergenza rifiuti» alla società del riciclaggio, in Rivista giuri-dica dell’ambiente, 2010, p. 493 ss.

7 Cfr. L. Colella, La governance dei rifiuti, cit., p. 530, nota 66.

ambiente e democrazia

Page 9: SOMMARIO - Fondazione dell'avvocatura parmense · 2015-11-07 · 14 Note sul processo amministrativo II: ... Periodico quadrimestrale a cura dell’Ordine degli Avvocati di Parma.

9

rappresentato per più di un decennio “un caso esemplare di cattiva gestione delle risorse”, caratterizzata dallo spreco di risorse pubbliche e dal l’ina de gua tez za della gestione straor-dinaria del l’emer gen za» (8).

L’autore auspica, infine, nel suo articolo, l’avvento di «una nuova rivoluzione culturale in materia ambientale, che parta proprio dalla necessità di “educare alla sostenibilità”, come un dovere di solidarietà in capo ai cittadini, nonché in capo ai pubblici poteri» (9).

Come strumento adeguato per agevolare l’avvento di una rivoluzione siffatta, l’auto re aveva visto con favore l’inseri-mento, mediante la relativa legge di conversione, nel Decreto legge n. 210/2008, concernente le misure straordinarie per far fronte al l’emer genza rifiuti, di un nuovo articolo che pre-vedesse:

«la programmazione di nuove iniziative di formazione attra-verso l’in se ri men to, nei programmi scolastici della scuola d’obbligo, dell’educazione am bien tale» (10).

A nostro giudizio, per completare l’opera, si potrebbe aggiungere l’organizzazione di corsi di formazione in materia ambientale anche nelle scuole superiori e nei licei (11).

Qui potrebbe terminare la prima riflessione, con la quale si è soltanto voluto ri chia ma re l’attenzione sulla necessità di considerare in modo adeguato anche il problema del-l’applicazione della normativa in materia ambientale e quello della sua osservanza. Po nendo in rilievo tali aspetti, crediamo di essere rimasti fedeli al titolo del dialogo tra Giu seppe Man-fredi e Stefano Nespor: “Ambiente e Democrazia”, considerato che il ter mi ne “Democrazia” significa propriamente “potere del popolo”, da intendersi non solo come potere di adottare le leggi, ma anche come potere di applicarle e di farle osser-vare.

II. Il tema del dibattito: chi deve adottare le norme a tutela dell’ambiente e con quali procedure?

8 Cfr. L. Colella, La governance dei rifiuti, cit., p. 498, nota 13.

9 Cfr. L. Colella, La governance dei rifiuti, cit., p. 538.10 Cfr. L. Colella, La governance dei rifiuti, cit., p. 538.11 Ad esempio mediante l’apporto delle Associazioni ambienta-

liste e dei nuovi strumenti messi a disposizione grazie ad interessanti iniziative come quella del “Quotidiano in classe” . All’iniziativa “Quotidiano in classe” ade riscono cinque tra i più diffusi quotidiani italiani (tra i quali: Il Sole 24 Ore e il Corriere della Sera). Obiettivo di questa iniziativa è quello di diffondere i quotidiani tra gli studenti dei licei e delle scuole medie superiori per stimolarli a discutere e ad approfondire gli argomenti trattati sui giornali, in un dialogo costante con i loro docenti. L’ini ziativa raggiunge circa 1.700.000 studenti e 41.000 docenti. A partire dal prossimo anno scolastico sarà messo a disposizione degli studenti anche un portale che colle-gherà 500 istituti scolastici.

1. Seconda riflessione: il caso delle norme locali, nazionali ed europee

La seconda riflessione prende lo spunto dalle osserva-zioni che Giuseppe Manfredi ha svolto per commentare l’in-tervento di Stefano Nespor.

Poiché nel vivace dibattito i due interlocutori si preoccu-pano sostanzialmente di identificare il miglior legislatore in materia ambientale e quale sia il modo migliore per adottare leggi e provvedimenti in tale materia, viene molto a proposito il richiamo fatto da Manfredi al “governo dei filosofi”, vale a dire, in chiave moderna, al “governo degli esperti” o “governo dei tecnocrati” i quali, dotati di conoscenze adeguate, sarebbero in grado di “governare”, risolvendo al meglio ogni problema anche di natura ambientale.

Manfredi respinge giustamente tale soluzione, ricordando che anche nel passato, quando è stata inizialmente sperimen-tata, tale soluzione non ha avuto fortuna.

In effetti, come è noto, la soluzione qui richiamata è stata inizialmente proposta nel libro quinto della “Repubblica” di Platone (12), il quale fornisce questa risposta al quesito su chi deve “governare”: «solamente agli amanti della sapienza [filosofi] convengono le due cose: filosofia e governo della città [Polis]. Gli altri uomini invece non debbono nemmeno rivolgere a così alta meta il loro pensiero; debbono seguire chi li guida».

Ma i risultati di tale proposta, dove e quando essa fu accolta ed adottata, si possono leggere in alcune pagine del celebre libro di Karl Popper, La società aperta e i suoi nemici (13), in cui l’autore descrive gli esiti nefasti delle esperienze di governo di alcuni fedeli discepoli di Platone. Nessuno, infatti, dei suoi discepoli è stato in grado di operare per il bene del popolo governato, finendo per assumere, immancabilmente e in rapida successione, i ruoli di carnefice e di vittima, mai invece quello di governante saggio, previdente e capace.

Ma la proposta di Platone di affidare la soluzione dei pro-blemi a un “governo dei filosofi” aveva già trovato un critico straordinario in Immanuel Kant, il quale, nel celebre libro “Per la pace perpetua” (14), così si esprime:

«Che i re si mettano a filosofare o che i filosofi diven-tino re, non bisogna aspettarselo né tantomeno augurarselo: è infatti inevitabile che il possesso del potere corrompa il libero esercizio della ragione. Per gli uni e per gli altri, però, affinché ciascuno abbia chiara consapevolezza della propria funzione, è indispensabile che i re o i popoli sovrani (…) non facciano sparire o ridurre al silenzio la classe dei filosofi, ma la lascino parlare pubblicamente».

Le considerazioni di Popper e le critiche di Kant, appena

12 Cfr. platone, Repubblica, Milano, Rizzoli, 1964, p. 280.13 Cfr. K. popper, La società aperta e i suoi nemici, Roma,

Armando, 1973, p. 197.14 I. Kant, Per la pace perpetua, Milano, Rusconi, 1997, p.

121.

ambiente e democrazia

Page 10: SOMMARIO - Fondazione dell'avvocatura parmense · 2015-11-07 · 14 Note sul processo amministrativo II: ... Periodico quadrimestrale a cura dell’Ordine degli Avvocati di Parma.

10

riferite, ci convincono indubbiamente a ritenere come inac-cettabile la proposta di Platone (15), ma da entrambe scaturi-sce il suggerimento di seguire un percorso diverso da quello finora praticato per tentare di risolvere il problema evocato nel quesito che Manfredi e Nespor si sono posti e che può essere così formulato: «chi può essere il miglior legislatore in materia ambientale e con quali procedure può legiferare?».

Parafrasando Karl Popper, il quale, nell’opera citata, ha cercato di riformulare in questo modo il quesito di Platone sopra riportato: «è possibile organizzare le istituzioni politi-che in modo tale da impedire ai governanti incapaci di dan-neggiare il popolo governato?», potremmo, attenuandone l’aspetto negativo, tentare di integrare il quesito presentandolo in questa versione: «è possibile organizzare le istituzioni politiche così da proteggere nel migliore dei modi l’interesse della generalità dei cittadini ad ottenere un’elevata tutela dell’ambiente, limitando al massimo grado gli errori dei governanti ?».

Ma indipendentemente dal modo in cui il quesito venga formulato, l’obiettivo perseguito appare fuori discussione: per proteggere efficacemente l’ambiente occorre avvalersi di un sistema istituzionale che permetta di adottare leggi in grado di tutelare l’interesse della generalità dei cittadini (non solo di una parte di essi).

E questo, ripetiamo, perché il “governo” dell’ambiente riguarda non solo i soggetti che risultano destinatari diretti ed immediati dei provvedimenti da adottare, ma anche la generalità dei cittadini ed anche le generazioni future, come esattamente sottolineano Manfredi e Nespor nei loro inter-venti.

Ma gli interventi di Manfredi e Nespor, che sono entrambi profondi conoscitori della materia ambientale, non hanno dedicato una particolare attenzione alla soluzione adottata in sede europea e, in particolare, agli strumenti legislativi che in sede europea vengono impiegati per legiferare anche in materia ambientale.

E’ noto che dall’Unione europea deriva circa il 90% della normativa in materia am bien tale che viene applicata in Italia e in tutti gli altri Stati membri dell’Unione me de sima.

Il nostro (cosiddetto) “Codice dell’ambiente” (16) non è altro che la raccolta or ga nica e sistematica (non sempre fedele e

15 Per la verità, molto tempo prima di Kant, la proposta di Pla-tone era stata ritenuta inaccettabile da un altro straordinario autore, Erasmo da Rotterdam, che nel celebre «Elogio della follia», pubbli-cato nel 1509, così si esprime: «Nonostante questo, a Dio piacendo, si esalta il famoso detto di Platone, che fortunati saranno gli stati se a reggerli saranno chiamati i filosofi, o se i reggitori si daranno alla filosofia. Se, invece, consulterai gli storici, troverai che il concentrarsi del potere nelle mani di un filosofastro o di un letterato è la peggiore sciagura che possa colpire uno stato. E mi pare lo attestino bene i due Catoni: uno dei quali turbò la pace della repubblica romana con le sue pazze denunce; l’altro, mentre difendeva con un eccesso di sag-gezza la libertà del popolo romano, la mise del tutto a soqquadro». Cfr. versione ripresa nella collana degli Oscar classici Mondadori del 1992, par. XXIII, pp. 37-38.

16 Cfr. Decreto legislativo n. 152 del 3 aprile 2006.

coerente) delle disposizioni italiane che hanno re cepito, nella versione più aggiornata, le numerosissime direttive comunita-rie in ma te ria ambientale adottate in sede europea nel corso degli anni.

Si tratta delle direttive che riguardano, per seguire l’or-dine del Codice del l’am bien te: (1) le procedure VIA e VAS; (2) la tutela del suolo e delle acque; (3) la gestione dei rifiuti e la bonifica dei siti inquinati; (4) la tutela dell’aria; (5) i danni all’ambiente.

Ma ciò che maggiormente occorre considerare, per for-nire un contributo concreto al dibattito nel quale ci siamo inseriti, sono le tecniche legislative che vengono impiegate per adottare le predette direttive.

Ho già avuto l’opportunità di esporre e commentare queste tecniche legislative in occasione di alcuni conve-gni sulle tematiche ambientali organizzati a Gubbio (17), in particolare in quello dedicato alle responsabilità in materia ambientale e alla direttiva europea sul danno ambientale (18).

Come mi sono permesso di rilevare nell’intervento pre-sentato in tale Convegno (19), se si volesse imporre al legisla-tore di uno Stato veramente democratico, l’osservanza delle tecniche legislative maggiormente progredite per pervenire all’adozione della legislazione più avanzata in materia di disci-plina del danno ambientale, non si dovrebbe fare altro che seguire la procedura posta in essere in sede comunitaria.

Basta leggere infatti la relazione di presentazione della proposta di direttiva, per rendersene conto.

La Commissione europea, prima di redigere un primo schema di documento destinato a raccogliere un articolato della proposta di direttiva, ha preso in esame e studiato le legislazioni in materia di danno ambientale contenute nelle leggi interne di quasi tutti i Paesi del mondo (20).

Dopo tale verifica, la Commissione ha provveduto a con-sultare un numero rilevantissimo di istituti e centri di ricerca per poter raccogliere consigli e suggerimenti per la stesura del primo documento di studio.

17 Si tratta, come i lettori della Rivista giuridica dell’ambiente avranno subito capito, dei celebri incontri eugubini, organizzati sotto la premurosa ed avvolgente regia di Sergio Matteini Chiari.

18 Cfr. aa. VV., Le responsabilità in materia di ambiente, Atti del Convegno nazionale di Gubbio, 11-12 novembre 2005, Padova, Cedam, 2007.

19 Cfr. F. Capelli, La direttiva n. 2004/35/Ce sul danno ambien-tale: aspetti giuridici, in Diritto comunitario e degli scambi inter-nazionali, 2005, p. 815; B. pozzo, La nuova direttiva 2004/35 del Parlamento europeo e del Consiglio sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno, in Rivista giu-ridica dell’ambiente, 2006, p. 1; F. GiaMpietro, La responsabilità per danno all’ambiente in Italia: sintesi di leggi e di giurisprudenza messe a confronto con la direttiva 2004/35/CE e con il T.U. ambien-tale, in Rivista giuridica dell’ambiente, 2006, p. 19.

20 Sulla disciplina applicabile in materia di danno ambientale, v. M. C. alBerton, La valutazione e la riparazione del danno ambien-tale nell’esperienza dell’Unione europea e degli Stati Uniti: pro-blemi, soluzioni, prospettive a confronto, in Rivista italiana di diritto pubblico comunitario, 2010, p. 867 ss.

ambiente e democrazia

Page 11: SOMMARIO - Fondazione dell'avvocatura parmense · 2015-11-07 · 14 Note sul processo amministrativo II: ... Periodico quadrimestrale a cura dell’Ordine degli Avvocati di Parma.

11

Dopo la sua prima redazione, il documento della Commis-sione europea, corredato dalle considerazioni degli esperti, è divenuto un “Libro verde” (21) tradotto in varie lingue che è stato sottoposto alla valutazione di esperti e specialisti degli Istituti e dei Centri di ricerca dei vari Paesi membri (e di altri Stati), sollecitando osservazioni, suggerimenti e analisi critiche.

Dopo il ricevimento di tali osservazioni, suggerimenti ed analisi critiche, la Com mis sione ha trasformato il “Libro verde” in “Libro bianco” (22), ugualmente tradotto in varie lingue e nuovamente messo a disposizione di tutti gli esperti e spe-cialisti in grado di fornire ulteriori osservazioni, critiche e suggerimenti.

Finalmente, dopo l’analisi delle osservazioni e delle critiche ricevute, la Com mis sio ne ha proceduto alla redazione della proposta di direttiva in materia di danno am bien ta le.

Ora, dobbiamo onestamente chiederci in quale Paese al mondo esista un sistema legislativo del genere che richieda passaggi reiterati ed approfonditi di tal fatta, soltanto per ela-borare il testo di una proposta di legge!!

Ed è soltanto a partire da tale proposta, la quale viene resa pubblica e messa a di spo sizione di tutti i potenziali inte-ressati, insieme con la relazione introduttiva, il Libro verde, il Libro bianco e le varie osservazioni e critiche ricevute dalla Com mis sio ne, che inizia il vero e proprio iter legislativo.

Poiché nel sistema comunitario, come è noto, la proposta elaborata dalla Com mis sione europea in materia ambientale, per poter divenire direttiva (o regolamento o de ci sio ne), deve essere approvata nella stessa identica versione, tanto dal Parla-mento eu ro peo quanto dal Consiglio dei Ministri dell’Unione europea, ne consegue che de vo no esprimere il loro accordo tanto la maggioranza dei rappresentanti del Par la men to euro-peo quanto la maggioranza qualificata degli Stati membri (in seno al Consiglio dei Mi nistri).

Di conseguenza, la proposta della Commissione europea, dopo il parere dei due organi consultivi istituzionali (vale a dire, del Comitato economico e sociale e del Comitato delle Regioni), viene sottoposta all’esame dei parlamentari euro-pei, da un lato, e dei rappresentanti dei governi dei 27 Stati membri, dall’altro lato.

In uno scenario così complesso e variegato è certo possi-bile che gruppi di pressione, forti ed agguerriti, possano con-dizionare l’ado zio ne di un atto comunitario anche in materia ambientale, ma il risultato è molto difficile da raggiungere.

Ciò potrebbe essere tentato tanto all’interno del Parla-mento europeo, quanto al l’in ter no del Consiglio dei Ministri.

Ma nel Parlamento europeo, gli interessi dei singoli parla-mentari, nonché quelli dei par titi ai quali essi appartengono, che risultano alla fine influenzati dalla diversa cultura e dalla

21 Cfr. nel nostro caso, la Comunicazione della Commissione, Libro verde sul risarcimento dei danni all’ambiente, Com(93)47 del 14 maggio 1993.

22 Cfr. Libro bianco sulla responsabilità per danno ambientale della Commissione, Com(2000)66 finale del 9 febbraio 2000.

differente visione politica cui essi si ispirano, rendono per-manente la con cor ren za tra opinioni diverse, creando quelle condizioni favorevoli alla ricerca di soluzioni oggettivamente e tecnicamente corrette che sono solo possibili in un clima di costante competitività e libero confronto di idee. Per questo è assai difficile che un gruppo di pressione possa influenzare con successo il Parlamento europeo così da portarne la mag-gio ranza ad approvare una proposta non basata su dati ogget-tivamente e tecnicamente ragio nevoli e fondati.

In modo analogo, anche se in minor misura e con forme diverse, ciò avviene anche all’interno del Consiglio dei Mini-stri.

Infatti, anche in seno al Consiglio dei Ministri si formano maggioranze e minoranze tra loro in contrasto per ragioni politiche ed anche al suo interno regna una permanente competizione tra i rappresentanti dei vari Stati membri che cercano di tutelare i rispettivi interessi nazionali.

E questa competizione, che favorisce il confronto di idee e la ricerca della soluzione più ragionevole e adeguata, è incentrata sul metodo legislativo comunitario che, come è noto, affida, in caso di contrasto tra Parlamento europeo e Consiglio dei Ministri, una prima soluzione dei contrasti ad un Comitato di conciliazione formato in numero paritetico da rappresentanti del Parlamento europeo e del Consiglio dei Ministri.

In questo modo, coloro che partecipano, in rappresen-tanza di entrambi gli organi, alla procedura di conciliazione, sono stimolati a far ricorso al metodo che il filosofo politico americano John Rawls, nella sua opera “Liberalismo politico” definisce: metodo del “dissenso ragio ne vo le” (23).

questo metodo si basa sul presupposto che i soggetti partecipanti alla procedura siano “ragionevoli”, nel senso di essere coscienti e consapevoli della necessità di giun-gere ad una soluzione ragionevole, qualora altre soluzioni non abbiano alcuna possibilità di essere accettate perché, ad esempio, troppo favorevoli agli interessi di certi gruppi, oppure, più semplicemente, perché meno “ragionevoli” di quelle che potrebbero essere definitivamente accolte (24).

È appunto il metodo del «dissenso ragionevole» che porta al risultato in precedenza descritto, in quanto consente di raggiungere, rendendo possibile la scoperta di «un punto di equilibrio fra considerazioni contrastanti» (25), la soluzione “tec-nicamente, econo mi camente e socialmente” più ragionevole, sopra ricordata.

Come si può dedurre dalle considerazioni sopra svolte, la tecnica legislativa seguita all’interno del sistema istituzio-nale europeo consente di avvalersi di tutti gli strumenti che,

23 Cfr. J. rawls, Liberalismo politico, Torino, Edizioni di Comunità, 1999, p. 62.

24 Sembra utile ricordare, a questo proposito, il celebre afori-sma attribuito a Montaigne, secondo cui: «gli uomini e le nazioni ricorrono a soluzioni ragionevoli dopo aver sperimentato qualunque altro mezzo».

25 Cfr. J. rawls, Liberalismo politico, cit., p. 62.

ambiente e democrazia

Page 12: SOMMARIO - Fondazione dell'avvocatura parmense · 2015-11-07 · 14 Note sul processo amministrativo II: ... Periodico quadrimestrale a cura dell’Ordine degli Avvocati di Parma.

12

secondo gli interventi di Manfredi e Nespor, sembra debbano essere considerati affidabili per assicurare la tutela degli inte-ressi della generalità dei cittadini.

In effetti, ripercorrendo le considerazioni svolte da Nespor nel suo intervento (26), in seguito sinteticamente riprese e commentate da Manfredi nelle sue valutazioni conclusive (27), la tecnica legislativa sviluppata in sede europea può consen-tire l’utilizzo di meccanismi che i due autori considerano determinanti per garantire l’adozione di normative in materia ambientale sicuramente valide ed efficaci.

In primo luogo, il sistema europeo consente infatti l’ado-zione delle predette normative in modo da rendere possibile una protezione degli interessi ambientali «in una dimensione sovralocale, al fine di sottrarli alle pressioni particolaristiche».

In tal modo, pertanto, si riesce a neutralizzare meglio il cosiddetto effetto “Nimby”: la tipica reazione espressa dagli interessi locali.

In secondo luogo, con il sistema europeo può essere assicurata una tutela dell’ambiente «a livello sovranazionale», neutralizzando le critiche fondate sul “deficit” di democrazia, che una dottrina poco attenta e, forse, disinformata, rimpro-vera ai meccanismi decisionali comunitari. Come abbiamo più sopra ricordato e in altra sede sostenuto (28), è probabile che il sistema decisionale comunitario, basato, da un lato, sui “libri verdi”, sui “libri bianchi” e sull’acquisizione e valutazione di quantità rilevan tis si me di osservazioni, considerazioni, critiche, suggerimenti provenienti dagli esperti e dai rap-presentanti di settori appartenenti alla società civile, nonché, dall’altro lato, sul dibat tito e sul confronto fra i rappresentanti di un organo elettivo (il Parlamento europeo) e i membri di un altro organo, il Consiglio dei Ministri (che rappresenta i vari Stati membri), espressione di entità sicuramente demo-cratiche, riesca a garantire il rispetto dei criteri democratici in modo molto più efficace e completo di quanto avvenga al l’in ter no dei singoli Stati membri (sicuramente questo vale per l’Italia, se consideriamo la tecnica legislativa in concreto impiegata nel nostro Paese per adottare le leggi e gli altri provvedimenti aventi forza di legge).

In terzo luogo, infine, ci sembra che con le normative adottate in sede europea si possano meglio tutelare i diritti e gli interessi delle generazioni future (29).

26 In Rivista giuridica dell’ambiente, 2010, p. 309 ss.27 In Rivista giuridica dell’ambiente, 2010, p. 318 ss.28 Cfr. F. Capelli, Il sistema istituzionale dell’Unione europea

come fondamento di una nuova forma di democrazia, in Diritto comunitario e degli scambi internazionali, 2004, p. 221.

29 Tali normative, dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, devono rispettare anche l’art. 37 della Carta dei diritti fon-damentali secondo cui: «Un livello elevato di tutela dell’ambiente e il miglioramento della sua qualità devono essere integrati nelle politiche dell’Unione e garantiti conformemente al principio dello sviluppo sostenibile».

2. Terza riflessione: globalizzazione e normative internazionali a tutela dell’ambiente

A differenza di quanto sembra dedursi dai contributi di Manfredi e Nespor, riterrei che per normativa posta a tutela dell’ambiente a livello globale, potremmo intendere unica-mente la disciplina, in materia ambientale, adottata a livello internazionale attraverso le convenzioni e gli accordi inter-nazionali.

Come è noto, soltanto le convenzioni internazionali rati-ficate e rese esecutive dagli Stati che vi hanno aderito diven-tano per essi vincolanti, a partire dal momento in cui le stesse entrano in vigore secondo le condizioni in tali convenzioni previste.

Come è pure noto, sono numerosissime le convenzioni internazionali che sono state adottate in materia ambientale dagli Stati membri alle quali ha in seguito aderito la stessa Unione europea (30).

Le convenzioni internazionali in materia ambientale sono indubbiamente rilevanti e molte di esse scaturiscono dalle conferenze internazionali organizzate su iniziativa delle Nazioni Unite. Alcune di queste sono state dedicate all’esame dello stato del pianeta, a partire dalla conferenza di Stoc-colma del 1972, fino a quella di Rio de Janeiro del 1992 e a quella di Johannesburg del 2002.

Trattandosi di convenzioni negoziate e adottate dai governi degli Stati, appartenenti alle Nazioni Unite, esse risen-tono, ovviamente, del “deficit” di democrazia che si riscon-tra in ogni processo decisionale condizionato dalla presenza invasiva della so vra ni tà degli Stati.

Non sussistendo, però, altro strumento di dialogo fra gli Stati, occorre neces sa ria men te accettare questo metodo come il migliore tra quelli disponibili per raggiungere risultati concreti.

Il caso della Convenzione sulla protezione dell’aria contro i gas ad effetto serra, che ha permesso l’adozione del Proto-collo di Kyoto, con un’estensione a cascata delle regole e dei principi in esso contenuti all’interno delle legislazioni dei numerosi Paesi che alla stessa hanno aderito, ne è una prova valida e convincente.

Orbene, queste considerazioni preliminari mi consen-tono di elaborare la terza ed ultima riflessione che vorrei svi-luppare partendo da un suggerimento contenuto in un libro apparso nel 2002 (tradotto in italiano nel 2004).

L’autore di questo libro, J. F. Rischard, era, all’epoca, vicedi-rettore generale della sede europea della Banca Mondiale a Lussemburgo.

In tale libro, dal titolo “High Noon” (tradotto in italiano: “Conto alla ro ve scia”) (31), dopo aver constatato le difficoltà

30 Cfr. F. Capelli, Le convenzioni di protezione ecologica e la normativa CEE, in Politica internazionale, 1988, p. 91.

31 Cfr. J. F. risChard, Conto alla rovescia, Milano, Sperling & Kupfer, 2004.

ambiente e democrazia

Page 13: SOMMARIO - Fondazione dell'avvocatura parmense · 2015-11-07 · 14 Note sul processo amministrativo II: ... Periodico quadrimestrale a cura dell’Ordine degli Avvocati di Parma.

13

che devono essere superate per risolvere, a livello mondiale, i problemi che affliggono l’umanità facendo ricorso ai mecca-nismi inter na zio nali esistenti, l’autore formula una proposta che ritengo molto interessante, specie per quanto riguarda il settore ambientale.

Da un elenco di 20 problemi che affliggono l’umanità, ed ai quali l’autore dedica la sua attenzione, possiamo estrarre i primi 6 che riguardano, espressamente, la materia del-l’ambiente.

Si tratta, in particolare, dei seguenti problemi: (1) Riscal-damento del pianeta; (2) Perdita di biodiversità e di ecosi-stemi; (3) Depauperamento del patrimonio ittico; (4) Defo-restazione; (5) Carenza d’acqua; (6) Salvezza dei mari e inqui-namento.

Orbene, pur in presenza di problemi di enorme rilevanza e di impatto colossale e planetario, gli Stati nazionali vi fanno fronte unicamente con i soliti strumenti, vale a dire con la stipulazione di Trattati e di convenzioni internazionali, nonché con l’avvio di conferenze intergovernative e con la costitu-zione di raggruppamenti statali del tipo G7, G8 etc., organiz-zando il tutto con metodi tradizionali e superati.

Secondo l’autore, la lentezza e la macchinosità degli stru-menti tradizionali esistenti, rendono molto difficile il rag-giungimento di una soluzione soddisfacente e tempestiva dei problemi indicati.

Sempre secondo l’autore, per tentare di risolvere in modo efficace i grandi problemi di interesse globale, occorre-rebbe andare alla ricerca di una soluzione veramente nuova ed originale.

A suo giudizio, per ognuno dei problemi sopra elencati, occorrerebbe creare un apposito G20, che, come è preve-dibile, comprendendo l’insieme dei Paesi che hanno una rile-vanza economica riconosciuta, costituirà, nel futuro, il rag-gruppamento più importante destinato a sostituire tutti gli altri raggruppamenti (G7, G8 etc.).

Secondo l’autore, l’unico G20 efficacemente strutturato e attualmente utilizzato a vantaggio di tutti i paesi, è quello che si occupa dei problemi finanziari globali, perché questi problemi sono ritenuti di rilevante impatto sul commercio e sull’econo-mia del mondo intero.

Ebbene, secondo l’autore, occorrerebbe che i Paesi membri del G20 si orga niz zas se ro, per affrontare in modo professionale, con uffici e funzionari adeguatamente formati, ognuno dei problemi che abbiamo sopra indicato, costituendo un G20 per ognuno di essi.

questo metodo consentirebbe di diffondere, sistematica-mente e tempestivamente, al l’in terno dei principali Paesi, i dati e le informazioni di cui ciascuno di essi è in grado di disporre, creando una conoscenza ampia ed approfondita dei problemi da af fron ta re (32).

32 Sull’importanza della diffusione delle informazioni in mate-ria ambientale, v. I. Casu, L’informazione ambientale nel diritto internazionale e dell’Unione europea, in Studi sull’integrazione

questa soluzione sarebbe quindi in grado di rendere più rapidamente accettate le proposte di convenzioni interna-zionali in favore della tutela dell’ambiente specie di quelle relative agli importanti problemi sopra indicati.

Tale soluzione renderebbe anche più rapida ed efficace la diffusione delle conoscenze sulle tecniche legislative che potrebbero essere adottate e sul metodo democratico impiegato per adottarle, rendendo così famigliare il metodo democratico dei Paesi che lo praticano agli altri Paesi che ne sono privi.

Con la terza riflessione, pertanto, mi sono limitato a con-dividere pienamente la proposta, che ritengo illuminante, di J. F. Rischard ampiamente sviluppata nel suo libro sopra citato.

III. Valutazioni finali e conclusive

Al termine di questa esposizione che, agli inizi, ritenevo di poter contenere in un minor numero di pagine, posso cercare di concludere con una breve considerazione finale.

L’attenzione dell’opinione pubblica dedicata alle proble-matiche ambientali e alla tutela dell’ambiente che, fino a pochi anni fa era sicuramente scarsa nel nostro Paese (ricordia-moci che nella nostra Costituzione neppure esiste la parola ambiente), è notevolmente aumentata negli ultimi tempi.

Ciò, a mio avviso, è indubbiamente dovuto anche all’azione efficace e persistente delle Associazioni ambientaliste e delle Organizzazioni protezionistiche, assistite da studiosi e ricer-catori, che hanno saputo influenzare, di riflesso, anche i pro-tagonisti della politica e gli amministratori pubblici.

Poiché i problemi di carattere ambientale sono divenuti ultimamente più difficili e com plessi, le azioni delle Associa-zioni ambientaliste e delle Organizzazioni prote zionistiche dovranno sempre più intensificarsi ed affinarsi anche grazie agli apporti di co loro che dispongono delle conoscenze spe-cialistiche e delle capacità tecniche indi spen sabili per risol-verli.

Tra questi specialisti, che sostengono ed aiutano le pre-dette Associazioni e Orga niz za zioni, i giuristi svolgono un ruolo particolare, perché sono essi che, alla fine, devono spin gere i giudici a seguire correttamente gli orientamenti virtuosi imposti dalla nor ma ti va ambientale.

Va quindi riconosciuto ogni merito alle riviste, come la “Rivista giuridica del l’am bien te” che, sistematicamente, forni-scono analisi approfondite, studi e valide ricerche non ché ogni sorta di contributi preziosi ai giuristi impegnati senza tregua, sul campo, in di fesa dell’am bien te.

Fausto Capelli

europea, 2010, p. 177.

ambiente e democrazia

Page 14: SOMMARIO - Fondazione dell'avvocatura parmense · 2015-11-07 · 14 Note sul processo amministrativo II: ... Periodico quadrimestrale a cura dell’Ordine degli Avvocati di Parma.

14

1. La disciplina generale delle impugnazioni

Il codice del processo amministrativo compie la scelta di definire alcune regole generali che riguardano tutti i mezzi di impugnazione (appello, revocazione, opposizione di terzo e ricorso per cassazione limitato a motivi inerenti la giuri-sdizione).

Il processo di secondo grado o d’impugnazione è discipli-nato da un gruppo di disposizioni che non pare modifichino in misura sostanziale la disciplina previgente; si tratta però di norme che vanno coordinate sia con quelle del processo di primo grado che con quelle del processo civile, in forza dei rinvii interno ed esterno contenuti negli artt.38 e 39 del c.p.a.

Non sempre, pertanto, le regole delle impugnazioni saranno agevolmente coordinabili con quelle del processo di primo grado, richiamato dall’art.38, o con le norme del codice di procedura civile evocato dall’art.39.

I termini per la proposizione delle impugnazioni sono di 60 giorni dalla notificazione della sentenza – salvo quanto vedremo in materia di opposizione di terzo – oppure 6 mesi dal depo-sito della stessa; la scelta del legi-slatore è evidentemente (e corret-tamente) quella di omogeneizzare quanto meno il termine lungo a quello vigente nel processo civile.

Quanto al luogo delle notifica-zioni e al deposito del ricorso non si registrano particolari novità: le notificazioni vanno fatte nella residenza dichiarata e nel domicilio eletto nel giudizio di primo grado, o comunque nel domicilio risultante dalla sentenza.

Il ricorso va depositato entro 30 giorni dall’ultima noti-ficazione.

qualche interesse invece riveste l’art.96, che riguarda le impugnazioni avverso la medesima sentenza, perché fornisce le coordinate per l’attuazione del principio di concentrazione delle impugnazioni in un medesimo giudizio, fondamentale per giungere ad una definizione coerente e razionale di una controversia: l’unitarietà della vicenda storica e le relazioni degli interessi riguardanti una medesima fattispecie impon-gono che tutte le possibili azioni vengano definite simultane-amente, in un unico processo, anche perché in alcune mate-rie la “rincorsa” degli appelli principali e incidentali – unita a termini fortemente acceleratori – può determinare una inestricabile confusione di pronunce anche contraddittorie fra loro.

Il principio, in ogni caso, è quello sancito dal primo comma dell’art.96, secondo il quale “tutte le impugnazioni proposte

separatamente contro la stessa sentenza devono essere riu-nite in un solo processo”.

Il vincitore, quanto meno parziale, del giudizio di primo grado può proporre impugnazioni incidentali, una volta rice-vuta la notificazione dell’atto di impugnazione del soccom-bente in primo grado.

L’art.96 del c.p.a. richiama in sostanza la disciplina degli artt.333 e 334 del c.p.c., riguardanti rispettivamente le impu-gnazioni incidentali e le impugnazioni incidentali tardive, applicando le medesime regole: impugnazione incidentale proponibile entro 60 giorni dalla notificazione della sentenza o, se anteriore, dalla notificazione di altra impugnazione; impugnazione incidentale tardiva proponibile entro 60 giorni dalla notificazione dell’impugnazione principale e depositata entro 10 giorni, anche avverso capi di sentenza autonomi, ma nel caso in cui l’impugnazione principale venisse dichiarata inammissibile anche l’impugnazione incidentale perderebbe efficacia.

Ovviamente è sempre possibile richiedere la sospensione cautelare dell’esecutività della sentenza impugnata, “valutati i

motivi proposti e qualora dall’ese-cuzione possa derivare un danno grave e irreparabile” (art.98 c.p.a.).

Parzialmente innovativa invece è la disciplina della devoluzione all’Adunanza Plenaria delle contro-versie.

L’art.99 prevede che due siano le modalità con le quali la questione venga deferita all’Adu-nanza Plenaria: da un lato, la sezione del Consiglio di Stato alla quale è assegnato il ricorso, valutata l’esistenza di diversi orientamenti giurisprudenziali o di possibili contrasti inter-pretativi, con ordinanza rimette il ricorso all’A.P.; dall’altro la rimessione all’A.P. può essere effettuata anche dal Presi-dente del Consiglio di Stato non solo per dirimere questioni relative a contrasti giurisprudenziali, ma anche per “risolvere questioni di massima di particolare importanza”.

Nel primo caso, il principio enunciato dall’Adunanza Plenaria può essere recepito dalla sezione assegnataria del ricorso; quest’ultima può anche decidere di non condividerlo, e in questo caso la sezione del Consiglio di Stato rimette la decisione del ricorso all’Adunanza Plenaria, che lo trattiene per decidere anche nel merito.

E’ importante sottolineare che nel caso in cui la questione sottoposta all’Adunanza Plenaria sia di particolare rilievo si prescinde da ogni considerazione circa l’ammissibilità, tem-pestività e procedibilità del ricorso, anche se ovviamente il principio enunciato dall’A.P. non può avere effetto in un giu-dizio introdotto da un ricorso inammissibile, improcedibile o irricevibile.

Note sul processo amministrativo II: le impugnazioni ed i procedimenti speciali

si tratta però di norme che vanno coordinate sia con quelle del processo di primo grado che con quelle del processo civile

Page 15: SOMMARIO - Fondazione dell'avvocatura parmense · 2015-11-07 · 14 Note sul processo amministrativo II: ... Periodico quadrimestrale a cura dell’Ordine degli Avvocati di Parma.

15

a. l’appello

Il ricorso in appello viene proposto dalle parti alle quali si riferisce la sentenza di primo grado. E’ legittimato a proporre l’appello anche interventore in primo grado, sia ad adiuvan-dum che ad opponendum, purchè faccia valere una propria autonoma posizione; in questo senso, già il Consiglio di Stato aveva precisato che l’appello è consentito solamente nel caso in cui la posizione processuale – che poteva anche essere di solo interventore – trovava riscontro in una posizione sostanziale autonoma. Devono poi essere considerati legitti-mati anche i controinteressati ai quali non è stato notificato il ricorso di primo grado, perché se è vero che per l’ammissi-bilità di quest’ultimo è sufficiente notificare ad almeno uno di essi, è anche vero che tutti i controinteressati che non hanno partecipato al primo grado di giudizio possono essere pre-giudicati dalla sentenza di primo grado e vantano, comunque, una posizione sostanziale tutelabile.

Ovviamente deve essere presente l’interesse all’impugna-zione, vale a dire una posizione di soccombenza – quanto meno parziale – nel giudizio di primo grado; è ammessa però, sulla scorta di un orientamento del tutto consolidato dei Giudici amministrativi, la proposizione del ricorso in appello nel caso in cui la sentenza pronunci l’annullamento del prov-vedimento per soli motivi formali, ma il ricorrente conservi l’interesse a che il Giudice amministrativo si pronunci sui profili sostanziali della controversia.

Permane l’obbligo di riproporre in appello i motivi dichia-rati assorbiti o non specificamente esaminati in primo grado; la mancata riproposizione dei motivi equivale a rinuncia agli stessi, sia per quanto riguarda la parte appellante che per la parte appellata.

Il ricorso in appello e la memoria di costituzione dovranno, per ciascuna parte, riportare o comunque indicare specifica-mente i motivi e le argomentazioni che si intendono ripro-porre avanti il Consiglio di Stato.

L’effetto devolutivo che si determina con l’appello com-porta che il Consiglio di Stato riesamini tutto il materiale introdotto nel giudizio di primo grado, ma con i limiti dei motivi di impugnazione, in applicazione del principio dispo-sitivo, per cui sono le parti che definiscono la latitudine del giudizio alla quale si dovrà attenere il Giudice.

E’ sempre possibile proporre motivi aggiunti in appello quando il ricorrente venga a conoscenza tardivamente, senza colpa, di provvedimenti lesivi o comportamenti che siano stati emanati o tenuti precedentemente alla proposizione dell’appello stesso.

questa disposizione (art.104, III comma), se risponde probabilmente a necessità di economia processuale, lascia alquanto perplessi soprattutto rispetto alla considerazione che su alcuni motivi si esprimerà solamente un giudice, quello d’appello, perché gli stessi non sono mai stati sottoposti a un giudice di primo grado. Pare chiaro che l’art.104 ammette

una giurisdizione in unico grado, nel caso in cui vengano pro-posti motivi aggiunti in appello.

L’art.105 amplia i casi in cui il Consiglio di Stato rimette la decisione al giudice di primo grado, precedentemente limitati al difetto di contraddittorio e alla lesione del diritto di difesa di una delle parti; ora il giudice d’appello rinvierà al Tribunale Amministrativo Regionale anche nei casi di nullità della sen-tenza, riforma della sentenza che ha declinato la giurisdizione o ha pronunciato sulla competenza, riforma della sentenza che ha dichiarato l’estinzione o la perenzione del giudizio.

Ciò significa che, mentre da un lato si persegue la concen-trazione del giudizio e la celerità dello stesso anche quando nel giudizio d’appello vengano prospettati nuovi motivi – così da non rendere possibile la sottoposizione degli stessi a due gradi di giudizio -, dall’altro si reputa necessario ricominciare dal primo grado quando sono riformate sentenze che, ad esempio, hanno dichiarato l’estinzione o la perenzione del giudizio.

E’ evidente che il legislatore ha ritenuto che le pronunce di primo grado che non abbiano preso in esame il merito, nel caso in cui siano riformate, comportino la sottoposizione della medesima questione allo stesso giudice di primo grado, proprio al fine di consentire un doppio esame del merito in sede di primo grado e di appello.

b. La revocazione, l’opposizione di terzo e il ricorso per cassazione

Il legislatore si è limitato a riproporre anche i rimedi già previsti contro le sentenze di primo grado, senza apportare modificazioni sostanziali alla disciplina precedentemente vigente.

La revocazione mutua dal processo civile mediante un richiamo esterno il contenuto degli artt.395 e 396 c.p.c.

Il legislatore, sulla scorta di un precedente orientamento giurisprudenziale consolidato e prevalente, ha ritenuto ammissibile sia la revocazione ordinaria, proponibile per i motivi di cui all’art.395 c.p.c. nn.1, 2, 3 e 6, sia la revocazione straordinaria fondata sui motivi previsti dall’art.395 nn.4 e 5.

L’art.106 del c.p.a. denota, però, una netta preferenza per l’appello quale strumento fondamentale per sottoporre a rie-same la sentenza di primo grado, perché al III comma afferma esplicitamente che contro le sentenze dei TAR può essere proposto ricorso per revocazione nel momento in cui non sia più proponibile l’appello.

Ciò significa che solo nei casi della revocazione ordina-ria sarà ammissibile il relativo ricorso contro la sentenza del TAR, mentre nei casi di revocazione straordinaria (errore di fatto risultante dagli atti di causa o pronuncia che contrasta con una precedente sentenza passata in giudicato fra le parti) il rimedio dell’appello nel quale far valere i motivi è esperibile immediatamente dopo il deposito della sentenza di primo grado.

E’ vero, infatti, che si tratta di questioni che emergono

processo amministrativo

Page 16: SOMMARIO - Fondazione dell'avvocatura parmense · 2015-11-07 · 14 Note sul processo amministrativo II: ... Periodico quadrimestrale a cura dell’Ordine degli Avvocati di Parma.

16

chiaramente dalla pronuncia di primo grado, e quindi propo-nibili a decorrere dal momento in cui la parte viene a cono-scenza della pronuncia di primo grado.

Il ricorso si propone allo stesso giudice che ha emanato la sentenza soggetta a gravame entro il termine di 60 giorni, che decorrerà dalla avvenuta conoscenza del fatto o dal quando è stata depositata la sentenza viziata per errore di fatto o per contrasto con un precedente giudicato.

L’art.58 del c.p.a. ammette la revocazione anche nei con-fronti delle ordinanze cautelari per i medesimi motivi, sulla scorta di un orientamento, risalente alla pronuncia dell’Adu-nanza Plenaria del Consiglio di Stato n.1/1978, che ha rico-nosciuto anche alle ordinanze cautelari stesse natura piena-mente decisoria, rendendole oggetto degli stessi rimedi che vengono previsti per le sentenze.

Contro la sentenza del giudizio di revocazione sono ammissibili le impugnazioni previste per la sentenza origina-ria, ma la sentenza di revocazione non può essere, a sua volta, soggetta a un nuovo ricorso per revocazione.

L’opposizione di terzo tutela la posizione soggettiva di tutti coloro che non aveva partecipato al giudizio di primo grado, pur avendone interesse: in sostanza, i controinteressati pretermessi possono proporre opposizione di terzo quando una pronuncia del giudice di primo grado pregiudichi i loro interessi legittimi o diritti soggettivi.

Ma il codice del processo amministrativo pare avere aderito all’orientamento, già affermato dalla Corte di Cassazione ed al quale solo negli ultimi anni si è avvici-nato il Consiglio di Stato, secondo il quale l’opposizione tutela tutti i soggetti che possano vantare una posizione soggettiva incompatibile con quella oggetto della pronuncia: non solamente, quindi, i controinteressati che non hanno partecipato al giudizio di primo grado, ma anche tutti coloro che non rivestivano la qualifica di controinteressati, purchè possano dimostrare il titolo incompatibile con la pronuncia.

L’opposizione si propone al medesimo giudice che ha emanato la sentenza di primo grado, sempre che non sia stato già proposto appello, entro 60 giorni dalla conoscenza della sentenza contro la quale si intende agire.

Anche in quest’ultimo caso la scelta del legislatore va nella direzione di privilegiare l’appello rispetto agli altri stru-menti di impugnazione: l’opponente dovrà presentare un atto di intervento nel processo di secondo grado e se ha erronea-mente proposto opposizione avanti al TAR, questi dichiarerà improcedibile il giudizio di opposizione e fisserà un termine per la presentazione dell’atto di intervento presso il Consi-glio di Stato.

quanto al ricorso per cassazione, si tratta di un rimedio esperibile solo nei confronti delle sentenze del Consiglio di Stato per difetto assoluto di giurisdizione.

Il procedimento è quello ordinario dei ricorsi alla Corte di Cassazione, ma il Consiglio di Stato potrà sospendere gli effetti della sentenza o disporre altre misure cautelari in casi di eccezionale gravità e urgenza.

2. I procedimenti speciali

Il processo amministrativo è caratterizzato da una plu-ralità di riti che attengono alla tutela di situazioni specifiche, che richiedono adattamenti e misure differenti rispetto a quanto garantito dal rito ordinario.

La specializzazione dei rito costituisce certo uno stru-mento che consente di modellare la tutela processuale sugli istituti sostanziali che vengono richiamati; se da un lato la maggiore adesione alle esigenze di tutela delle situazioni soggettive fatte valere in giudizio giustifica l’adozione di riti speciali, è anche vero che la frammentazione dei riti stessi comporta che una parte tutt’altro che irrilevante o secon-daria delle questioni proposte al giudice amministrativo sia governata da un rito speciale.

D’altra parte, è anche vero che alcune delle questioni maggiormente rilevanti sottoposte alla giurisdizione ammi-nistrativa vengono giudicate in base a riti speciali: l’esempio più evidente è quello degli appalti, la cui importanza rischia di rovesciare il rapporto fra specialità e generalità, in quanto

la relativa procedura speciale ha costituito certo un riferimento fon-damentale per la rimodulazione del processo amministrativo.

In linea generale, è da sottoline-are la speciale procedura che carat-terizza alcuni dei procedimenti, delineata dall’art.87 c.p.a. e volta a raggiungere obiettivi di speditezza

senz’altro correlati alla natura degli interessi fatti valere.Alcune questioni sono trattate in camera di consiglio:

oltre al giudizio cautelare, accesso agli atti, silenzio, ottempe-ranza e opposizione a decreti che pronunciano l’estinzione o improcedibilità del giudizio.

Nei procedimenti in materia di accesso agli atti, silen-zio e nel giudizio d’ottemperanza (oltre che per quelli sulla estinzione del giudizio) i termini sono dimezzati, tranne quelli per la proposizione del ricorso, del ricorso incidentale e dei motivi aggiunti: così per il deposito di documenti sarà neces-sario rispettare il termine di 20 giorni prima dell’udienza, mentre per le memorie e repliche i termini saranno rispetti-vamente di 15 e 10 giorni precedenti l’udienza.

Per tutti i procedimenti in camera di consiglio l’udienza viene fissata nella prima camera di consiglio utile, decorsi 30 giorni dalla scadenza del termine di costituzione delle parti intimate (termini dimezzati, e pertanto, ai sensi dell’art.46 c.p.a., 30 giorni dal perfezionamento delle notificazioni).

la specializzazione dei rito costi-tuisce certo uno strumento che consente di modellare la tutela processuale sugli istituti sostan-ziali che vengono richiamati

processo amministrativo

Page 17: SOMMARIO - Fondazione dell'avvocatura parmense · 2015-11-07 · 14 Note sul processo amministrativo II: ... Periodico quadrimestrale a cura dell’Ordine degli Avvocati di Parma.

17

Il giudizio di ottemperanza

La parte interessata all’esecuzione di una pronuncia del giudice amministrativo o del giudice ordinario, nonché dei lodi arbitrali esecutivi, può proporre il ricorso per ottenere l’ottemperanza, vale a dire l’adeguamento dell’amministra-zione al giudicato o alla sentenza esecutiva.

Importanti novità sono però previste dall’art.112 del c.p.a.

Con il ricorso può essere richiesto anche il risarcimento dei danni derivanti dalla mancata esecuzione della sentenza o dalla violazione o elusione del giudicato.

È possibile inoltre richiedere il pagamento degli interessi e della rivalutazione monetaria maturati successivamente al passaggio in giudicato della sentenza.

L’esecuzione della sentenza propone però spesso pro-blemi di coordinamento fra il giudizio d’ottemperanza e il giudizio ordinario, a fronte di un nuovo provvedimento dell’amministrazione: non sempre è agevole distinguere fra violazione o elusione del giudicato ed emanazione di un nuovo provvedimento negativo che presuppone una nuova decisione.

In questo caso, tra l’altro, l’interessato potrà far valere con un nuovo ricorso ordinario lo specifico vizio enunciato dall’art.21 septies della legge 241/1990, che introduce la nul-lità del provvedimento proprio nel caso di violazione di giu-dicato.

Il problema sorge soprattutto quando il nuovo provvedi-mento sia teso ad eludere il giudicato, proponendo una deci-sione che solo formalmente si conforma al giudicato, ma che sostanzialmente vuole raggiungere il medesimo risultato già identificato come illegittimo dal giudice.

Si prospetta, in sostanza, una concorrenza di mezzi di tutela per situazioni che non sempre sono di facile decifra-zione: il ricorrente che ha ottenuto una sentenza favorevole, ma un successivo provvedimento negativo elusivo del giu-dicato, potrebbe essere indotto a proporre sia un ricorso ordinario contro il nuovo provvedimento, deducendo la nul-lità dello stesso ai sensi dell’art.21 septies l. 241/1990, sia un ricorso per ottenere l’ottemperanza alla sentenza.

Nel caso in cui il ricorrente decidesse di proporre il solo ricorso in ottemperanza, e questo venisse respinto in quanto il nuovo provvedimento non elude o viola il giudicato, si esporrebbe al rischio di non poter più presentare il ricorso in via ordinaria, se non altro perché il ricorso in ottempe-ranza potrebbe essere definito entro il termine di 60 giorni dal momento in cui il ricorrente stesso ha avuto notizia del nuovo provvedimento.

Ma anche la presentazione di due ricorsi, con riti diversi e tempi non omogenei, può comportare dei rischi: ad esempio, sia il giudice dell’ottemperanza che il TAR che conosce del ricorso ordinario potrebbero respingere o dichiarare inam-missibile il ricorso, ritenendo ciascuno che il rimedio cor-retto possa essere l’altro.

Il legislatore ha probabilmente inteso disciplinare proprio tale situazione, nel momento in cui prevede che il giudice dell’ottemperanza dichiari nulli (nel caso di ottemperanza per sentenze passate in giudicato) o inefficaci (nel caso di ottemperanza per sentenze esecutive ma non passate in giu-dicato) gli atti emessi in violazione o elusione del giudicato (art.114, 4°comma lett.b) e c).

Mentre sotto il profilo teorico la distinzione dei mezzi di tutela e delle situazioni alle quali si applicano è chiara, dal punto di vista pratico il ricorrente rischia di immettersi in un intrico non coordinato di azioni poco governabili, con la seria conseguenza che divenga quanto meno molto oneroso garantirsi una tutela.

La possibilità di proporre una domanda risarcitoria nel giudizio d’ottemperanza comporta poi l’introduzione di una fase istruttoria ordinaria, necessaria ora e precedentemente assente, al fine di statuire sulla domanda giudiziale.

Altra novità di un certo rilievo è costituita dalla confi-gurazione di un giudizio d’ottemperanza quasi consultivo: il ricorso infatti può essere proposto anche per ottenere chia-rimenti in ordine alle modalità esecutive della pronuncia.

Non pare vi siano particolari novità in ordine alla proce-dura: il ricorso si propone al giudice che ha emesso la sen-tenza, che rimane il giudice di primo grado anche nel caso in cui il Consiglio di Stato abbia confermato la sentenza stessa con una pronuncia che “abbia lo stesso contenuto disposi-tivo e conformativo dei provvedimenti di primo grado” (cosa che peraltro non sempre risulta estremamente agevole da verificare, salvo che per le sentenze d’appello che in maniera netta e chiara confermino - quasi riproducano – la sentenza di primo grado).

quanto al procedimento, il ricorso si propone entro 10 anni dal passaggio in giudicato della sentenza e il giudice decide sempre con sentenza in forma semplificata.

Il giudice dell’ottemperanza può nominare un commissa-rio ad acta: si tratta di una figura che tradizionalmente veniva configurata come organo amministrativo, con tutte le conse-guenze che ne discendono sotto il profilo della impugnabilità degli atti emessi dallo stesso.

Il nuovo codice, invece, afferma espressamente che il commissario ad acta è un ausiliario del giudice (art.20 c.p.a.): se ne dovrebbe dedurre che i suoi provvedimenti non sono impugnabili secondo il rito ordinario, ma solo reclamabili.

Il legislatore ha avuto il merito, nel caso del giudizio di ottemperanza, di preoccuparsi della sostanziale attuazione del giudicato, avendo la possibilità di fornire chiarimenti e indicazioni in ogni momento alle parti e al commissario ad acta.

Il procedimento in materia di accesso agli atti e avverso il silenzio

Il codice del processo amministrativo ha reiterato la disciplina, già precedentemente prevista, del rito in materia di

processo amministrativo

Page 18: SOMMARIO - Fondazione dell'avvocatura parmense · 2015-11-07 · 14 Note sul processo amministrativo II: ... Periodico quadrimestrale a cura dell’Ordine degli Avvocati di Parma.

18

accesso e contro il silenzio dell’amministrazione.quanto al primo, il ricorso può essere proposto da colui

che ha presentato un’istanza di accesso agli atti e non ha ottenuto alcuna risposta entro 30 giorni, oppure ha ricevuto un espresso diniego da parte dell’amministrazione.

Il termine per proporre ricorso è di 30 giorni e la deci-sione viene emanata con sentenza in forma semplificata, nell’ambito della giurisdizione esclusiva prevista per questa materia dall’art.133 c.p.a.

Tre aspetti sono da sottolineare con riferimento ad una procedura che, in realtà, non presenta particolari problemi, dovendosi concludere, nel caso di accoglimento del ricorso, con l’ordine di esibizione dei provvedimenti richiesti entro un determinato periodo di tempo: il primo, la possibilità che nella specifica materia dell’accesso l’amministrazione sia difesa da un proprio dipendente a ciò autorizzato, nella con-sapevolezza che l’accesso agli atti rappresenta solo un istituto strumentale alla tutela di altri interessi davvero sostanziali, cosicché non pare ingiustificato consentire una (non deter-minate) rinuncia alla difesa tecnica.

Il secondo aspetto è costituito dal versante processuale della tutela sostanziale del controinteressato, sancita dall’art.3 del d.p.r. 12 aprile 2006 n.184: il ricorso in materia d’accesso deve essere notificato anche agli eventuali controinteressati ed il contraddittorio deve essere, in caso di omissione di alcuno di essi, integrato ai sensi dell’art.49 c.p.a.

La configurazione dell’accesso come diritto soggettivo o interesse legittimo ha indotto la giurisprudenza, in passato, a prendere posizione a favore – nel primo caso – della non essenzialità della notifica al controinteressato, salva la possibi-lità di integrare il contraddittorio, oppure – nel secondo caso- a favore della necessità di notificare il ricorso ad almeno un controinteressato, pena l’inammissibilità del ricorso stesso.

In realtà, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con la sentenza n.6 del 2006, ha definito i caratteri generali dell’ac-cesso – per la verità senza precisare definitivamente la natura della posizione soggettiva – strutturandolo sotto il profilo processuale come un giudizio con caratteri spiccatamente impugnatori (termine decadenziale, necessità di notifica ad almeno un controinteressato).

Altro carattere del giudizio, identificato dal Consiglio di Stato, è l’inammissibilità del ricorso nel caso in cui l’ac-cesso fosse stato negato in un primo momento e il diniego non fosse stato impugnato nel termine di decadenza, e poi l’istanza d’accesso fosse stata riproposta: la reiterazione del diniego della seconda istanza non rimette in termine il sog-getto privato già decaduto per non aver impugnato il primo diniego, in quanto il secondo provvedimento si configura come mera conferma di quello precedente.

Infine, si prevede che il procedimento per l’accesso si possa innestare nel processo ordinario, mediante la propo-sizione di un’autonoma istanza, che può essere decisa anche separatamente dalla decisione del ricorso principale (ma può anche essere decisa con la pronuncia che definisce il giudi-

zio).Anche il procedimento avverso il silenzio non ha con-

dotto a particolari modifiche della disciplina già vigente.Il ricorso viene proposto (anche senza previa diffida)

entro il termine previsto dall’art.31, comma 2, vale a dire entro un anno dalla scadenza del termine per la conclusione del procedimento o fintanto che perdura l’inadempimento.

L’istanza, dalla quale consegue l’obbligo per l’amministra-zione di provvedere e di concludere con provvedimento espresso il procedimento amministrativo, può essere in ogni caso riproposta.

Il procedimento avverso il silenzio ha le medesime carat-teristiche di quello per l’accesso: viene deciso in camera di consiglio con sentenza in forma semplificata, che in caso di accoglimento ordina all’amministrazione di provvedere entro un termine definito.

Il giudice amministrativo può anche nominare un commis-sario ad acta che provveda all’emanazione del provvedimento richiesto, secondo le indicazioni fornite dal Tribunale Ammi-nistrativo Regionale; tutte le questioni relative all’esecuzione della sentenza, e quindi all’emanazione del provvedimento imposto dalla stessa, sono devolute al giudice amministrativo, così come tutte le questioni relative all’adozione di provvedi-menti da parte del commissario ad acta.

Il legislatore ha cercato di trattare nella maniera più agile possibile le due questioni che possono sorgere nell’ambito del processo avverso il silenzio, vale a dire l’emanazione di un provvedimento espresso in pendenza del ricorso e la pre-sentazione di una domanda risarcitoria conseguente all’omis-sione dell’amministrazione.

Nel primo caso, sarà possibile impugnare il provvedi-mento espresso secondo il rito proprio di questo, anche con motivi aggiunti, e il giudizio proseguirà secondo il rito ordinario; nel secondo caso il giudice può definire con rito camerale la domanda sul silenzio e trattare invece con rito ordinario la domanda risarcitoria.

Su tale soluzione può sorgere qualche perplessità: se non altro perché la decisione della domanda risarcitoria dipende sotto il profilo giuridico dall’accoglimento del ricorso avverso il silenzio, e la scelta di scindere i due riti può con-durre a problemi di coordinamento e anche di esecuzione delle decisioni, tenendo conto del fatto che anche i tempi rischiano di essere del tutto differenti, con il rischio che una parte del ricorso venga trattato già in appello, mentre l’altra viene ancora trattenuta in primo grado per la definizione del giudizio risarcitorio.

L’art.117 c.p.a., infine, prescrive che il ricorso venga noti-ficato ad almeno un contro interessato, la cui identificazione, però, presenta non pochi problemi.

Non può soccorrere, infatti, il criterio formale che fa rife-rimento al provvedimento impugnato, perché manca l’atto formale che consentirebbe di individuare con certezza coloro che hanno un interesse opposto a quello del ricorrente.

E’ evidente che il codice, con la prescrizione della notifica,

processo amministrativo

Page 19: SOMMARIO - Fondazione dell'avvocatura parmense · 2015-11-07 · 14 Note sul processo amministrativo II: ... Periodico quadrimestrale a cura dell’Ordine degli Avvocati di Parma.

19

ha inteso superare proprio il criterio formale precedente-mente utilizzato dalla giurisprudenza, ma non ha fornito rife-rimenti ulteriori per comprende come si possa, e in base a quali atti, identificare il controinteressato.

Il problema viene superato quando nell’istanza che dà avvio al procedimento viene indicato un soggetto che dichia-ratamente vanta un interesse uguale e contrario a quello dell’istante, anche se pure in questo caso residuano mar-gini di incertezza: tale identificazione, infatti, è effettuata dal privato che ha interesse al provvedimento e potrebbe non essere corretta.

Non rimane che fare riferimento ad una valutazione della situazione sostanziale fondata sulla documentazione, consen-tendo – come fa la norma – di integrare il contraddittorio nei confronti del controinteressato anche nel caso in cui tale figura emerga nel corso del giudizio, anche su ordine del Giu-dice in applicazione dell’art.49 c.p.a.

Il procedimento d’ingiunzione

Anche per questo giudizio speciale non pare vi siano par-ticolari innovazioni rispetto alla disciplina precedente dettata dall’art.8 della legge 205/2000.

L’art.118 del c.p.a. richiama espressamente le disposizioni degli artt.633 e seguenti del codice di procedura civile e deli-mita l’ambito di applicazione dell’istituto alle materie di giuri-sdizione esclusiva, individuate dall’art.133 c.p.a., anche se per molte di queste non è affatto agevole configurare fattispecie nelle quali sia possibile utilizzare lo strumento del decreto ingiuntivo, fondato sui presupposti previsti dal c.p.c.

Il decreto viene emesso dal Pre-sidente del TAR o da un Giudice dallo stesso delegato.

L’opposizione si propone con ricorso ed il giudizio prosegue in via ordinaria

L’unica modifica introdotta dal codice ha riguardato l’eliminazione della possibilità di proporre ricorso per decreto ingiuntivo avanti al Consiglio di Stato, strumento sulla cui concreta utilizzabilità erano sorti moltissimi dubbi: in effetti, diventa difficile pensare alla possibilità di presentare un ricorso “ante causam” avanti all’organo d’appello, quando evidentemente già un giudizio è pendente in tale fase.

La formulazione dell’art.118 c.p.a. non riesce a dissipare l’incertezza che già è emersa in giurisprudenza sul termine per proporre opposizione.

Da un lato il richiamo espresso alle norme del codice di procedura civile induce a ritenere che l’opposizione debba essere proposta nel termine di 40 giorni ex art.641 c.p.c.; dall’altro la notazione che l’opposizione si propone con ricorso potrebbe indurre a ritenere che i termini siano quelli ordinari di 60 giorni utilizzati nel processo amministrativo.

Mi pare che il rispetto del termine di 40 giorni sia non solo prudenziale, ma tutto sommato preferibile, proprio in virtù del richiamo alle disposizioni del codice di procedura civile, e quindi anche all’art.641.

Il codice del processo amministrativo ha previsto, oltre al decreto ingiuntivo, anche una specifica misura cautelare che può consistere nell’ingiunzione di pagare somme di denaro: l’art. 55 ricomprende fra i provvedimenti cautelari collegiali anche l’ordinanza che impone il pagamento di somme di denaro, in presenza dei presupposti del pregiudizio grave e irreparabile. Ovviamente, trattandosi di un provvedimento cautelare, è soggetto alle medesime forme di impugnazione di qualsiasi altro provvedimento cautelare.

Colui che ottiene il provvedimento favorevole può essere chiamato a prestare cauzione, al fine – tutt’altro che scontato – di garantire la restituzione della somma pagata nel caso in cui il TAR non riconoscesse il diritto a percepirla.

I riti abbreviati in determinate materie

L’art.119 del codice disciplina un processo speciale appli-cabile alle materie individuate nel medesimo articolo: pro-cedure di affidamento di lavori, servizi e forniture, provvedi-menti delle autorità indipendenti, provvedimenti relativi alle procedure di espropriazione e occupazione, privatizzazioni sono le più consuete e rilevanti.

quanto agli appalti, la procedura e le questioni sono assai più complesse di quelle recepite nell’art.119, tanto che sarebbe necessario, anche solo per darne un’idea di massima,

ampliare eccessivamente la tratta-zione.

Per le materie previste dall’art.119 i termini processuali ordinari sono dimezzati, con l’ecce-zione di quelli per la notificazione del ricorso principale, di quello incidentale, dei motivi aggiunti e dell’appello cautelare, che rimane fissato in 30 giorni dalla notifica o 60 giorni dal deposito.

Il legislatore ha previsto, in sostanza, una accelerazione dei tempi del processo in modo da giungere ad una definizione del giudizio in termini estremamente ristretti, quanto meno nel caso di fondatezza del ricorso, utilizzando una formula-zione riproduttiva del precedente art.23 bis della l.TAR, che però qualche problema interpretativo lo poneva e lo pone tutt’ora.

Si prevede, infatti, che nel caso in cui il ricorso sia assistito dal fumus e dal periculum il giudice amministrativo fissi diret-tamente con ordinanza l’udienza di discussione nel merito alla prima udienza utile successiva al decorso di 30 giorni dal deposito dell’ordinanza cautelare stessa. In sostanza, nel caso in cui il giudice ritenesse sussistente sia il periculum che il fumus non dovrebbe concedere la tutela cautelare ma

un processo speciale applicabile alle procedure di affidamento di lavori, servizi e forniture; provvedimenti delle autorità indipendenti; provvedi-menti relativi alle procedure di espro-priazione e occupazione; privatizza-zioni (le più consuete e rilevanti)

processo amministrativo

Page 20: SOMMARIO - Fondazione dell'avvocatura parmense · 2015-11-07 · 14 Note sul processo amministrativo II: ... Periodico quadrimestrale a cura dell’Ordine degli Avvocati di Parma.

20

limitarsi a fissare l’udienza di merito. D’altra parte, il 4°comma dell’art.119 prevede che solo

“in caso di estrema gravità ed urgenza” il giudice, con l’ordi-nanza che fissa l’udienza di merito, disponga anche le neces-sarie misure cautelari.

In realtà, l’art.23 bis è sempre stato applicato interpre-tando la disposizione, nel senso che in presenza di entrambi i presupposti del fumus e del periculum viene concessa la misura cautelare e con la medesima ordinanza viene fissata l’udienza di discussione nel merito; nel caso in cui sussista il fumus, ma manchi il periculum, il giudice si limita a fissare l’udienza di discussione del merito senza concedere le misure cautelari eventualmente richieste.

Il procedimento descritto si applica anche nel caso in cui l’istanza cautelare venga respinta in primo grado ma accolta dal Consiglio di Stato, con decorrenza dalla data di ricezione dell’ordinanza del Consiglio di Stato da parte del TAR.

In generale, vengono richiamati tutti gli strumenti di tutela cautelare previsti nel processo amministrativo, che peraltro risultavano già di per sé applicabili anche alle materie previste dall’art.119.

Una particolarità riguarda la pubblicazione del dispositivo: la parte che ne abbia interesse può richiedere espressamente che il Giudice provveda alla pubblicazione del dispositivo entro 7 giorni dalla decisione della causa, rinviando ad un momento successivo la pubblicazione della motivazione.

Contro il dispositivo può essere proposto appello entro 30 giorni, ovviamente con riserva dei motivi da proporre entro 30 giorni dalla notificazione della sentenza oppure entro 3 mesi dalla pubblicazione.

Se non si propone appello contro il dispositivo è sempre possibile impugnare la sentenza e chiederne al Consiglio di Stato la sospensione dell’esecutività.

L’art.120 del codice identifica un rito ancora più spe-ciale di quello speciale per la materia degli appalti, peraltro mutuato in larga parte dal d.lgs.53/2010 che ha recepito la “direttiva ricorsi” UE.

Intanto, due novità di rilievo: il termine per la proposi-zione del ricorso è ridotto a 30 giorni dalla notifica, pubbli-cazione o comunque dalla conoscenza dell’atto lesivo; gli atti sono impugnabili solamente con ricorso al TAR, e non più con il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica.

Tutto il nuovo procedimento è volto a perseguire un obiettivo comprensibile e condivisibile consistente nella defi-nizione di ogni questione giuridica attinente gli appalti entro un termine brevissimo, in modo che la fase esecutiva possa iniziare senza contenziosi in atto; soprattutto, il sistema dei termini appare misurato sul fine di definire il contenzioso prima della stipulazione del contratto conseguente all’aggiu-dicazione.

Nella concentrazione del processo, però, appare subito un’incongruenza che potrebbe causare non pochi problemi, perché l’art.120 richiama, per quanto non espressamente derogato, la norma generale dell’art.119: ne dovrebbe conse-

guire che i termini per la proposizione del ricorso incidentale rimangono i 60 giorni garantiti dall’art.119.

In sostanza, il ricorrente avrebbe soli 30 giorni per proporre il ricorso principale, mentre il controinteressato avrebbe il doppio del tempo per proporre il ricorso inciden-tale. Se tale disposizione non appare congrua con i termini previsti per il processo sugli appalti, non si vede però come superare un dato letterale che pare quasi ineludibile.

Fondamentale nel nuovo rito degli appalti è la serrata sequenza di termini e provvedimenti che consentono di rag-giungere in breve l’udienza di merito.

La prima opzione considerata è quella della sentenza in forma semplificata, da emettere a seguito dell’udienza cau-telare.

Nel caso in cui non fosse possibile decidere immediata-mente, il giudice fissa l’udienza di merito secondo le dispo-sizioni generali dell’art.119 c.p.a., o comunque fissa l’udienza stessa con “assoluta priorità”.

Ulteriori, conclusive considerazioni circa il rito degli appalti riguardano le disposizioni che si occupano delle con-seguenze dell’annullamento dell’aggiudicazione di un con-tratto di appalto di lavori, servizi o forniture.

Il legislatore ha inteso disciplinare in via tendenzialmente esaustiva tutte le conseguenze per il contratto d’appalto, discendenti da una pronuncia di annullamento, con la possibi-lità di dichiarare inefficace il contratto stesso (artt.121 e 122) o di definire sanzioni alternative ex art.123.

Un’ultima considerazione riguarda la notevole opera di sistematizzazione e risoluzione delle questioni controverse, che l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato sta ponendo in essere.

Soprattutto, due pronunce meritano di essere ricor-date la sentenza n.3/2011, che riguarda l’ormai annosissimo problema della pregiudizialità dell’annullamento rispetto all’azione risarcitoria; la sentenza n.4/2011 concernente invece il rito degli appalti e i rapporti fra domanda inciden-tale, motivi aggiunti e domanda principale.

Marcello Mendogni

Page 21: SOMMARIO - Fondazione dell'avvocatura parmense · 2015-11-07 · 14 Note sul processo amministrativo II: ... Periodico quadrimestrale a cura dell’Ordine degli Avvocati di Parma.

21

La revoca giudiziale degli amministratori di S.r.l.1

L’art. 2476 c.c., rubricato come “Responsabilità degli amministratori e controllo dei soci”, dispone una serie di isti-tuti, attinenti alla Società a responsabilità limitata, relativi al rapporto fra i soci e gli amministratori i quali sono respon-sabili per ogni loro condotta contraria ai doveri loro imposti dalla legge o dal contratto sociale.

La centralità di tale norma in merito ai temi da essa disci-plinati è accresciuta dal fatto che la riforma del diritto socie-tario ha escluso la possibilità di applicare alle S.r.l. le norme previste per le S.p.a. e, pertanto, è alla predetta norma sol-tanto che può farsi riferimento quando si esaminano i temi in parola relativamente alle S.r.l..

Il terzo e quarto comma dell’articolo 2476 c.c., in parti-colare, dispongono “[III] L’azione di responsabilità contro gli amministratori è promossa da ciascun socio, il quale può altresì chiedere, in caso di gravi irregolarità nella gestione della società, che sia adottato provvedimento cautelare di revoca degli amministratori medesimi. In tal caso il giudice può subordinare il provvedimento alla prestazione di appo-sita cauzione. [IV]. In caso di accoglimento della domanda la società, salvo il suo diritto di regresso nei confronti degli amministratori, rimborsa agli attori le spese di giudizio e quelle da essi sostenute per l’accertamento dei fatti.”

Fra gli strumenti di controllo nelle società a responsabilità limitata che la riforma societaria (D.Lgs. 6/2003) ha intro-dotto a favore dei soci, ed in particolare dei soci di mino-ranza, troviamo, dunque, il tema della revoca giudiziale degli amministratori.

La difficoltà dell’esegesi della norma, caratterizzata da un eccesso di sintesi e di non facile interpretazione, è stata segnalata da alcuni autori2 ed è resa maggiormente complessa dal contesto, mutato nel tempo, delle norme processuali che disciplinano la relativa azione: infatti il c.d. “rito societa-rio”, contenente, fra gli altri aspetti rilevanti per la disciplina in parola, anche il principio di stabilità dei provvedimenti cautelari inizialmente introdotto con il D.Lgs. 5/2003, “in

1 Rielaborazione della relazione tenuta il 13.5.2011 nei Seminari di Diritto dell’Impresa Dipartimento di Economia dell’Università degli studi di Parma, seminari accreditati dall’Ordine degli Avvocati di Parma e dall’Ordine dei Dot-tori Commercialisti ed Esperti Contabili di Parma per la formazione profes-sionale.”2 Roberto Weigman nel saggio contenuto negli studi in Abbadessa-Portale “Il nuovo diritto delle società” pag. 543 così si esprime “La revoca degli ammi-nistratori è uno dei “buchi neri” della nuova disciplina della società a respon-sabilità limitata”.

parallelo” con il D.Lgs. 6/2003, è stato quasi integralmente abrogato con la legge 69/2009 che ha modificato il Codice di Procedura Civile con l’introduzione del principio di stru-mentalità attenuata dei provvedimenti cautelari di cui all’art. 669-octies VI comma c.p.c..

Tale norma, quale eccezione rispetto alla regola dell’inef-ficacia sopravvenuta dei provvedimenti cautelari in caso di mancata introduzione della causa di merito, dispone la per-durante validità dei provvedimenti cautelari anche in assenza dell’introduzione della causa di merito qualora si tratti di provvedimenti d’urgenza emessi ai sensi dell’articolo 700 c.p.c. o di altri provvedimenti cautelari “idonei ad antici-pare gli effetti della sentenza di merito, previsti dal codice civile o da leggi speciali” (sempre fatto salvo il diritto di cia-scuna parte di iniziare il giudizio di merito).

Partendo dal testo della norma si rileva, innanzi tutto, come la titolarità del diritto a domandare la revoca dell’amministratore in base al terzo comma dell’art. 2476 c.c. appartenga a ciascun socio, a prescindere dalla per-centuale di quote sociali in suo possesso: si tratta, dunque, di una norma a tutela della minoranza, o ancora meglio, di ciascun socio (ovviamente non è escluso che più soci possano procedere a formulare la richiesta in via congiunta fra di loro assistiti da un unico difensore).

Il presupposto fattuale della domanda è la presenza di gravi irregolarità commesse dall’amministratore che si sostanzino in gravi azioni od omissioni rispetto ai suoi doveri legali o statutari.

Non v’è, dunque, alcun parallelismo fra la giusta causa di revoca che consente all’assemblea, con voto maggioritario, di provocare la revoca dell’amministratore senza conseguenze negative per la società (si parla di condotte che minano il pactum fiduciae fra soci ed amministratori) e le suddette gravi irregolarità di gestione che devono riguardare la violazione di doveri legali o statutari “importanti”3.

Il provvedimento richiesto ha natura conservativa, perché evita il concretarsi di danni per la società, e funzione inibitoria, dal momento che impedisce la prosecuzione di una funzione dannosa o potenzialmente dannosa.

Ci si chiede se nel provvedimento si possa domandare la nomina di un amministratore giudiziario e se l’azione di revoca possa essere oggetto di transazione ai sensi dell’art. 2476 c.c. comma quinto.

Per dare risposta a questi quesiti è necessario affrontare e risolvere il quesito centrale dell’argomento in parola, ovvero se la domanda di revoca debba o meno essere inserita in una coeva o successiva azione di danno (azione di respon-sabilità) e quindi se l’azione di revoca sia autonoma o stru-mentale rispetto ad un’azione sociale di responsabilità.

Ciò equivale a domandarsi se il ricorso con il quale il sin-golo socio di s.r.l. chiede la revoca cautelare dell’ammini-stratore debba necessariamente contenere la descrizione del fumus boni juris di una domanda risarcitoria all’interno della

3 A mero titolo di esempio, rinviandosi all’ampia casistica reperibile nelle banche dati, quale atto contrario ai doveri legali dell’amministratore si cita “L’omessa redazione e l’omesso deposito del progetto di bilancio presso la sede sociale, nonché la mancata convocazione dell’assemblea per la relativa approva-zione” Trib. Napoli, Sez. VII, decr. 8.10.2008 in Le Società 2/2010 p. 207.

Page 22: SOMMARIO - Fondazione dell'avvocatura parmense · 2015-11-07 · 14 Note sul processo amministrativo II: ... Periodico quadrimestrale a cura dell’Ordine degli Avvocati di Parma.

22

quale la domanda cautelare di revoca sia inserita oppure se la revoca cautelare dell’amministratore possa prescindere total-mente dall’azione di responsabilità sussistendo un’azione di revoca dell’amministratore a cognizione piena dalla quale troverebbe giustificazione anche la domanda cautelare di revoca dopo la quale, stante la stabilità dei alcuni provvedi-menti cautelari, il ricorrente potrebbe anche evitare di dare luogo all’azione di merito per la revoca dell’amministratore.

Da un punto di vista pratico, se fosse da ammettersi l’accessorietà o strumentalità della domanda di revoca rispetto all’azione di responsabilità e quindi da subordi-narsi la richiesta di revoca dell’amministratore al fumus boni juris dell’esistenza attuale o futura di danni derivanti dalla condotta del suddetto amministratore, ciò signifi-cherebbe che un’azione cautelare di revoca tempestiva ed efficace, che anticipa il concretarsi di un danno da mala gestio, potrebbe essere rigettata soltanto perché il ricor-rente non ha atteso che il danno si verificasse prima di chiedere la revoca dell’amministratore.

Le perplessità relativamente ad una tale concezione appaiono evidenti dal momento che i procedimenti caute-lari accudiscono all’esigenza di una tutela immediata nella quale i tempi dell’azione di merito a cogni-zione piena potrebbero pregiudicare i diritti della parte richiedente e, quindi, appare poco logico preten-dere, si fini dell’accoglimento di una domanda cautelare di revoca di un amministratore, che il pregiudizio che la revoca è intesa ad impedire, si sia già verificato.

Inoltre il fatto che l’azione di responsabilità, anche se promossa dal singolo socio, possa essere oggetto di rinun-cia e transazione da parte della maggioranza dei soci in forza dell’art.2476 co. 5 c.c., si pone come ulteriore argomento a sostegno dell’autonomia dell’azione di revoca rispetto a quella di responsabilità, proprio perché, se concepita come strumentale od accessoria all’azione di responsabilità, il fatto che l’azione di revoca, in forza del ricordato comma quinto dell’art. 2476 c.c., possa venire abbandonata per volontà di alcuni soci, con ciò transigendo anche un’azione di revoca che altri soci avessero inteso proporre, non parrebbe logico, mentre ciò non avrebbe luogo qualora, invece, si concludesse per l’autonomia della domanda di revoca dell’amministratore rispetto a quella di responsabilità, con la conseguenza che soltanto la seconda, e non la prima, subirebbe la possibilità di venire abbandonata per transazione in forza dell’art. 2476 c.c comma quinto.

Al di là di queste osservazioni di ordine logico e pratico, che pur dovrebbero guidare in modo sovraordinato ogni interpretazione giuridica, il dibattito dottrinale esistente4 circa l’alternativa fra autonomia e strumentalità della revoca rispetto all’azione sociale di responsabilità e le diverse posi-zioni espresse in giurisprudenza in merito, rendono neces-sario un esame quanto più possibile completo di questo

4 Se ne dà atto in Rordorf “La revoca cautelare dell’amministratore di s.r.l.” in Le società 1/2009 pag. 19 e ss.

tema al fine di evitare il rischio di un rigetto della domanda o la successiva inefficacia dei provvedimenti di revoca in caso di mancata introduzione della causa di merito ove questa fosse ritenuta necessaria.

Chi sostiene che vi sia un argomento testuale a favore della strumentalità dell’azione di revoca rispetto all’azione sociale di responsabilità sottolinea la formulazione “relati-vo-funzionale” della domanda di revoca rispetto all’azione sociale di responsabilità perché la revoca, testualmente indicata come “cautelare”, risulta inserita nella disciplina dell’azione sociale di responsabilità (“L’azione di responsa-bilità contro gli amministratori è promossa da ciascun socio, il quale può altresì chiedere, in caso di gravi irregolarità nella gestione della società, che sia adottato provvedimento caute-lare di revoca degli amministratori medesimi.”).

Si osserva, a contrariis, come tale argomento testuale non appaia decisivo, e, forse, nemmeno significativo, poiché l’in-tera disciplina delle S.r.l. è caratterizzata da una estrema sin-tesi, alla luce della quale un argomento testuale, come quello menzionato, deve dirsi di portata assai limitata.

Un altro tema è quello dell’inquadramento sistematico dell’azione di revoca rispetto al principio di tipicità della tutela costitutiva fissato dall’art. 29085 c.c..

Secondo i sostenitori della stru-mentalità della domanda di revoca rispetto all’azione di responsabilità, la tipicità della tutela costitutiva di

cui all’art. 2908 c.c. consentirebbe di formulare domande giudiziali aventi contenuto costitutivo, quale appunto è la revoca di una nomina ad amministratore, soltanto “nei casi previsti dalla legge” e, secondo tale interpretazione, in assenza di una previsione legale diretta della revoca dell’am-ministratore di S.r.l., il principio di cui all’art. 2908 c.c. risul-terebbe ostativo a configurare una revoca degli amministra-tori di S.r.l. e non strumentale rispetto all’azione sociale di responsabilità.

Viceversa, la tipicità della tutela costitutiva di cui all’art. 2908 c.c. non appare ostativa alla configurazione di un’azione di revoca autonoma rispetto all’azione di responsabilità in considerazione del fatto che l’istituto della revoca dell’amministratore è presente, anche se non indicato espressamente da una norma come quella per le S.p.a., dal momento che la maggioranza dei soci può sempre revocare gli amministratori quando ricorre una giusta causa ed anche assenza di giusta causa, con l’unica conseguenza di dover risarcire il danno, ciò per cui deve dirsi esistente l’istituto della revoca dell’amministratore di S.r.l..

Nel caso di specie la qualificazione delle “gravi irrego-larità” come una sorta di “giusta causa aggravata” consenti-rebbe di richiamare tale istituto e quindi di rendere non osta-tivo il disposto di cui all’art. 2908 c.c. nella configurazione dell’azione di revoca degli amministratori di S.r.l. come auto-

5 Articolo 2908 Effetti costitutivi delle sentenze. Nei casi previsti dalla legge, l’autorità giudiziaria può costituire, modificare o estinguere rapporti giuridici, con effetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa.

“Come procede il socio di minoranza di S.r.l. alla domanda di revoca giudiziale degli ammini-stratori”

revoca amministratori srl

Page 23: SOMMARIO - Fondazione dell'avvocatura parmense · 2015-11-07 · 14 Note sul processo amministrativo II: ... Periodico quadrimestrale a cura dell’Ordine degli Avvocati di Parma.

23

noma rispetto all’azione di responsabilità.Cercando sostegno nelle norme processuali osserviamo

come l’autonomia potrebbe fondarsi sul fatto che l’obbligo di iniziare la causa di merito dopo la concessione di un prov-vedimento cautelare è escluso dall’art. 669-octies comma VI c.p.c. per “i provvedimenti di urgenza emessi ai sensi dell’articolo 700 e gli altri provvedimenti cautelari idonei ad anticipare gli effetti della sentenza di merito, previsti dal codice civile o da leggi speciali”.

La revoca cautelare dell’amministratore di s.r.l. è prevista dal codice civile e la pronuncia della revoca di un ammini-stratore a seguito di un procedimento cautelare ha il mede-simo contenuto di una identica pronuncia a seguito di un giu-dizio di merito.

Se l’ordinanza cautelare disponesse la revoca dell’ammi-nistratore e la sentenza di merito riguardasse il solo risarci-mento del danno, vi sarebbero, oltre tutto, numerose incon-gruenze proprio di ordine processuale fra le quali il fatto che nemmeno sapremmo se l’ordinanza di revoca verrebbe così confermata e non si avrebbe, quindi, stabilità dell’ordinanza cautelare di revoca.

Sul punto della strumentalità/autonomia della revoca rispetto all’azione sociale di responsabilità si sono avvicen-date decisioni giurisprudenziali a favore della strumentalità6

6 Tribunale di S.M. Capua a Vetere 8.5.2007 Società 2009 p. 1146 con nota Spaltro e Giur. Comm. 1, 2011, II, pag. 30 Loffredo – Racugno “Il provvedimento di revoca degli amministratori ex art. 2476 c.c. III comma, è una misura cautelare a contenuto conservativo, essendo finalizzata non ad anticipare gli effetti del giudizio di merito promosso nei confronti degli amministratori – avente natura esclusivamente risarcitoria – bensì ad assicurarne la concreta attuazione. E’ quindi condizionato alla sussistenza del fondato pericolo che gli amministratori, se non rimossi, possano compiere nuovi atti di mala gestio pro-duttivi di danno per la società.” - Trib. Roma 22.5.2007 in Foro It. 2008 p. 307 e Rivista delle Società, 2009, 302 con nota Peta “La revoca degli amministra-tori di s.r.l. è una misura cautelare strumentale all’azione di responsabilità pro-mossa dal socio ai sensi dell’art. 2476, 3° comma c.c.. In mancanza di espressa previsione, il socio non ha l’azione di merito per la revoca dell’amministratore. L’art. 2908 c.c. impone la regola della tassatività delle azioni costitutive previ-ste dall’ordinamento, con la conseguenza che non è consentito all’interprete introdurle ove non previste nemmeno per mezzo dell’analogia.” - Tribunale di Napoli 20.10.2005 Le Società 5/2006 pag. 625 commento Di Bitonto “I. … II. L’art. 2476, comma 3, c.c. non contempla affatto, a differenza di quanto prefigurato all’art. 2259, comma 3, c.c. (scritto in tema di società semplice), un’azione, a cognizione piena, finalizzata all’attuazione giurisdizionale del diritto sostanziale (evidentemente e parallelamente non previsto) di ciascun socio di s.r.l. a conseguir la revoca definitiva del titolare ovvero dei titolari dalla carica gestoria: detta norma prevede unicamente, in singolare connessione con l’azione sociale di responsabilità, ossia con un’azione (di cognizione) di condanna, una mera azione cautelare che riflette i caratteri di un’azione (di cognizione) costi-tutiva, azione costitutiva di cui, nondimeno, non vi è traccia alcuna nel letterale dettato dell’art. 2476 c.c.. III. L’elaborazione giurisprudenziale non può in alcun modo insinuare nel tessuto normativo dell’art. 2476 c.c. un’azione costitutiva a cognizione piena mirante alla (pronuncia di) revoca definitiva degli ammini-stratori dall’ufficio gestorio: l’applicazione analogica dell’art. 2259, comma 3, c.c. appare indiscutibilmente preclusa dal carattere tipico della tutela costitutiva, destinata ad esplicarsi, in dipendenza della riserva di legge di cui all’art. 2908 c.c., nei soli casi previsti dal legislatore, e, quindi, ai sensi dell’art. 14 delle pre-leggi, dal suo carattere eccezionale, connesso alla tendenziale intangibilità, pur da parte dell’organo statuale giurisdizionale, della sfera di esplicazione dell’au-tonomia costituzionalmente garantita (art. 41, comma 1, Cost.) ai privati. IV. Il provvedimento cautelare di revoca ex art. 2476, comma 3, c.c. non ha di per sé attitudine ad acquisire definitiva efficacia in dipendenza della “stabilità” assicurata dalla “riforma”, nonostante il mancato inizio ovvero l’estinzione del giudizio di merito, ai provvedimenti d’urgenza ed ai provvedimenti cautelari idonei ad anticipare gli effetti della decisione di merito: invero non possono in

prima, ed a favore dell’autonomia7, poi.Nelle prime s’è evidenziato in luce soprattutto il dato

testuale, nelle seconde, favorevoli all’autonomia, sono risul-tati nel tempo decisivi i riferimenti a due elementi: la relazione accompagnatoria al D.Lgs. 6/2003 ed la sentenza interpreta-tiva di rigetto della Corte Costituzionale n. 481 del 2005.

Nella relazione accompagnatoria al D.Lgs. 6/2003, infatti, in tema di mancato richiamo, per la S.r.l., all’istituto del con-trollo giudiziario sulla gestione previsto per le S.p.a. dall’art. 2409 c.c. viene riferito che le tutele previste dall’art. 2409 c.c. per le S.p.a. sono “sostanzialmente assorbite” dagli

via cautelare essere “definitivamente” anticipati gli effetti atti a scaturire da una statuizione (costitutiva) di merito non espressamente prevista. V. Nel quadro dell’originale connessione prefigurata tra il provvedimento cautelare di revoca di valenza costitutiva e la statuizione a cognizione piena di condanna, il disconosci-mento della pretesa risarcitoria, pur con sentenza non passata in giudicato, vale senza dubbio a determinare, ai sensi dell’art. 669 novies, comma 2, c.p.c., l’inef-ficacia della revoca interinalmente disposta; nondimeno, l’affermazione della pretesa risarcitoria del pari vanifica il provvedimento cautelare, ripristinando nella titolarità dell’ufficio gestorio la persona o le persone che ne sono state provvisoriamente rimosse. VI. … Tribunale di Brescia 8.3.2005 Le Società 10/2005 pag. 1254 commento Fabrizio Fanti “(I) Va ritenuto inammissibile il ricorso al rimedio cautelare della revoca degli amministratori quando, come nel caso in esame, non si ancora iniziata la causa di merito. (II) Anche nella società a responsabilità limitata deve ritenersi applicabile, in via analogica, l’art. 2376, comma 2 c.c., di modo che, qualora gli amministratori non procedano a convocare l’assemblea, i soci possano chiedere al tribunale, ai sensi degli artt. 30 ss. D.Lgs. n. 5/2003, di procedere alla convocazione dell’assemblea. Stante la presenza di un apposito strumento processuale a ciò deputato si rivela pertanto inammissibile la richiesta di convocare l’assemblea ex art. 700 c.p.c. .” - Trib. Napoli 20.10.2005 Foro It. 2006 p.1222 - Trib. Roma 12.11.2004 Giur. It. 2005 p. 309

7 Tribunale di Pavia 5.8.2008 ord. – confermata in sede di reclamo 25.8.2008 Giur. Comm. 2009, II, 1218. “In casi di gravi irregolarità nell’ammi-nistrazione, il singolo socio può esperire, in via cautelare e d’urgenza, domanda giudiziale di revoca dell’organo gestorio e di nomina di un amministratore giu-diziale. La revoca conserverà il proprio effetto a prescindere dall’instaurazione del giudizio di merito volto a far valere la responsabilità dell’amministratore e la conseguente richiesta risarcitoria.” - Trib. Napoli, Sez. VII, ord. 5.5.2008 in Le Società 12/2009 p. 1525 commento Civerra “I) Le due iniziative giu-diziarie previste dall’art. 2476 c.c., pur presupponendo entrambe l’inadempi-mento da parte degli amministratori ai doveri importi dalla legge o dal contratto sociale alla loro carica, hanno diversità di oggetto, consistendo l’una nell’azione di responsabilità e l’altra nell’istanza di revoca. Tali azioni non coincidono, né devono essere proposte cumulativamente, richiedendo la prima la responsabilità degli amministratori per il verificarsi di un danno per il patrimonio sociale di cui viene richiesto il risarcimento e la seconda il compimento da parte degli ammi-nistratori di irregolarità di gestione che potrebbero anche non essere produttive di danno e per effetto delle quali i soci chiedano la rimozione degli amministra-tori dalla carica.” - Tribunale Lucca, 13/09/2007 in Giur. comm. 2009, 1, 216 commento Prestipino “Il provvedimento cautelare di revoca degli ammi-nistratori di una società a responsabilità limitata ex art. 2476, 3 comma, c.c. può essere chiesto dal socio in chiave anticipatoria degli effetti di una sentenza di revoca degli stessi per gravi irregolarità” - Tribunale di Lucca 13.9.2007 Giur. Comm. 2009, II, 1218 “Il provvedimento cautelare di revoca degli ammini-stratori di una società a responsabilità limitata ex art. 2476 comma 3 c.c., può essere chiesto dal socio in chiave anticipatoria degli effetti di una sentenza di revoca degli stessi per gravi irregolarità.” Trib. S.M. Capua Vetere 15.11.2004 (ord.) in Società 4/2005 p. 477 commento Sandulli – “Il socio di s.r.l., in nome proprio e nell’esclusivo interesse della società può promuovere – in forma necessariamente cumulativa con l’azione di responsabilità – l’azione (sociale) di revoca dell’amministratore incolpato, per la sua rimozione anticipata dalla carica ricoperta, se del caso promuovendo la revoca cautelare (o provvisoria), quale misura tipicamente anticipatoria degli effetti della decisione di merito, e cioè la revoca definitiva.” (Questa decisione difetta di chiarezza nel indicare una non meglio determinata “connessione” fra le due domande le quali, tuttavia, sono individuate come fra di loro distinte).

revoca amministratori srl

Page 24: SOMMARIO - Fondazione dell'avvocatura parmense · 2015-11-07 · 14 Note sul processo amministrativo II: ... Periodico quadrimestrale a cura dell’Ordine degli Avvocati di Parma.

24

strumenti previsti dal terzo comma dell’art. 2476 c.c. .Per quanto le relazioni accompagnatorie ai decreti legi-

slativi abbiano, come si sa, un’efficacia interpretativa limi-tata, è impossibile non tenere presente che il legislatore della riforma societaria aveva presente come di fatto, “sostanzial-mente”, le tutele del procedimento fissato dall’art. 2409 c.c. per le S.p.a. potevano in qualche modo essere rappresentate dal disposto dell’art. 2476 c.c., ciò che consente di formulare un parallelo fra il controllo giudiziario strutturato per le S.p.a. dall’art. 2409 c.c. ed un istituto “sostanzialmente” simile per le S.r.l. previsto, appunto, dall’art. 2476 c.c..

Il secondo elemento, rivelatosi decisivo per il mutamento giurisprudenziale sopra ricordato, è la sentenza della Corte Costituzionale n.481 del 29.12.2005 che ha dichiarato “non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli articoli 2409, 2476, comma terzo, e 2477, comma quarto, del codice civile sollevate8, in riferimento agli articoli 76 e 3 della Costi-tuzione” argomentando che “la richiesta di revoca cautelare è strumentale rispetto ad una domanda di pronuncia non cautelare della revoca stessa”.

Per quanto si tratti di una sentenza interpretativa di rigetto, non è possibile non rilevare come la Corte, operando un giudizio di coerenza della disciplina delle società uscita dalla riforma, abbia considerato costituzionalmente corretta la previsione legislativa, a proprio giudizio già presente, di un’azione giudiziaria, non cautelare, di revoca degli ammi-nistratori delle s.r.l. ai sensi dell’art. 2476 comma terzo c.c., ciò che consente di concludere per l’autonomia di una tale domanda rispetto all’azione di responsabilità.

Contraddittorio.

Un altro aspetto di grande rilevanza pratica è quello della natura surrogatoria, o meno, dell’azione di revoca: da ciò deriverebbe l’eventuale necessità di integrazione del con-traddittorio con la società.

Dal momento che il litisconsorzio con la società a respon-sabilità limitata nell’azione di revoca dell’amministratore non è espressamente previsto, diversamente dalla disciplina delle società per azioni (art. 2393 bis comma 3 c.c.), risulta decisivo qualificare la natura dell’azione ed, a tale proposito, pare evidente come si tratti di un’azione che porta a dare ese-cuzione, su istanza di un socio, ad un diritto della società, quello di vedere l’amministratore revocato.

Dal momento che il soggetto agente è diverso da quello titolare del diritto, è possibile che questa facoltà, e la relativa azione, abbiano natura surrogatoria.

La giurisprudenza9 ha concluso un iter che può dirsi favo-

8 dalla Corte d’appello di Trieste e dal Tribunale ordinario di Cagliari.9 Trib. Napoli, Sez. VII, 17 settembre 2008 in Le Società 10/2009 p.1289 commento Grossi “La società è litisconsorte necessario nel giudizio pro-mosso dal socio ex art. 2476 c. 3 c.c., pur non essendo espressamente previsto – diversamente dalla disciplina delle società per azioni (art. 2393 bis, comma 3, c.c.) che essa debba essere chiamata nel giudizio di responsabilità promosso dai soci.” - Trib. Napoli, Sez. VII, 6.6.2007 in Le Società 11/2008 p. 1433 commento Malavasi “L’azione di responsabilità nei confronti degli ammini-stratori di s.r.l. prevista dall’art. 2476 comma 3 c.c. è un’azione sociale finalizzata alla reintegrazione del patrimonio della società. In tale azione il singolo socio agisce in giudizio in qualità di sostituto processuale della società, che è litiscon-

revole alla necessità di evocare in giudizio la società, anche considerando il combinato disposto dell’art. 81 c.p.c. (che vieta la facoltà di far valere in giudizio diritti altrui salvo nei casi stabiliti dalla legge) e dell’art. 2900 comma 2 c.c. (che istituisce l’obbligo del creditore di convenire in giudizio il debitore al quale intende surrogarsi10).

Come nota conclusiva sull’argomento del contraddittorio si segnala come qualora fossimo in presenza di un ammini-stratore unico, si dovrebbe previamente ricorrere alla nomina di un curatore speciale e notificare l’atto alla società nella per-sona del suddetto curatore speciale.

Formulazione ante causam della richiesta di revoca

Un altro tema che si pone è quello della possibilità di chiedere la revoca cautelare, ante causam.

L’argomento contrario testuale (“L’azione di responsabi-lità contro gli amministratori è promossa da ciascun socio, il quale può altresì chiedere, in caso di gravi irregolarità nella gestione della società, che sia adottato provvedimento cau-telare di revoca degli amministratori medesimi.”) non con-vince, in quanto il semplice riferimento all’azione di respon-sabilità, o meglio l’inclusione di entrambe le azioni nell’art. 2476 c.c., s’è già rivelato non importante, nemmeno per fon-dare una erroneamente supposta strumentalità dell’azione di revoca rispetto all’azione di responsabilità.

Inoltre, l’ammissibilità dei procedimenti cautelari ante causam è generale rispetto a tutte le azioni giudiziarie e, anche ammettendo il carattere conservativo (in tale casi si imporrebbe la causa di merito non essendo presente il carat-tere esclusivamente anticipatorio), non si vedono ragioni per impedirne la richiesta ante causam.

Dopo alcune decisioni contrarie11 si sono registrate una serie di decisioni12 a definitiva ammissione della possibilità di

sorte necessario nel giudizio. Nell’azione di responsabilità ex art. 2476 comma 3 c.c. l’omessa notifica dell’istanza di fissazione d’udienza alla società, comporta l’estinzione dell’intero giudizio, stante il ruolo di litisconsorte necessario assunto dalla società stessa)”. - Tribunale di Genova 4.11.2005 –ord – Società 1/2007 p.76 commento Malavasi “Sussiste un conflitto di interessi, tale da richiedere la nomina di un curatore speciale ex art. 78, comma 2, c.p.c., pena la nullità dell’intero giudizio, quando si chiede la revoca cautelare ai sensi dell’art. 2476, comma 3, c.c. dell’amministratore unico di s.r.l.”10 Altra norma che consente un parallelismo è l’1012 c.c. comma 2 in tema di azione dell’usufruttuario a difesa del fondo ove si prescrive l’obbligo di evocare in giudizio anche il proprietario del fondo.11 Trib. Milano 9.3.2005 Dir. e Prat. Soc. 2006, XIV p. 77 - Trib. Agri-gento 15.2.2006 Giur. Comm. 2007, II, 910 - Trib. Ravenna 3.2.2006 Giur. Comm. 2007, II, 910 - Trib. Brescia 8.3.2005 Le Società, 2005, p. 1254 (vedasi testo già riportato) - Trib. Vercelli 28.9,2005 Le Società, 2006, p. 885 - Trib. Treviso 7.2.2005 Giur. It. 2005 p. 2107 - Trib. Parma 25.10.2004 Le Società 2005, 758 - Trib. Roma 30.7.2004 Giur. It. 2005, p. 309 com-mento Cagnasso “E’ ammissibile la domanda di revoca per gravi irregola-rità dell’amministratore di S.r.l. proposta ante causam. In sede cautelare non è ammissibile provvedere alla nomina di un amministratore giudiziario in caso di revoca dell’amministratore di S.r.l. per gravi irregolarità.” - Trib. S. Maria Capua Vetere 20.7.2004 Le Società 2004 p.154512 Trib. Milano 30.8.2006 Giur. Merito 2007 p.1377 - Trib. Agrigento 1.8.2006 Dir. Fallim. 2007 p.299 - Trib. Milano 12.1.2006 Giur. Comm. 2007 p. 910 e Le Società 2007 p. 1009 - Trib. Milano 18.1.2006 (ordinanza che accoglie il reclamo riformando ordinanza contraria di prime cure) in Le Società 2007/1141 con commento Casaburi “La revoca degli amministratori di s.r.l. per gravi irregolarità può essere chiesta e disposta in via cautelare non

revoca amministratori srl

Page 25: SOMMARIO - Fondazione dell'avvocatura parmense · 2015-11-07 · 14 Note sul processo amministrativo II: ... Periodico quadrimestrale a cura dell’Ordine degli Avvocati di Parma.

25

revoca ante causam.

Discussa ammissibilità “diretta” del ricorso ex art. 2409 c.c.

In considerazione della limitata efficacia degli strumenti a tutela delle minoranze nelle S.r.l., molti interpreti hanno ten-tato di invocare, direttamente anche per le S.r.l., lo strumento del con-trollo giudiziario fissato dall’art. 2409 c.c. per le S.p.a..

Tale ammissibilità pare da escludersi perché la norma non è richiamata né richiamabile in forza della più volte riconosciuta natura di disposizione eccezionale dell’art. 2409 c.c. che, come tale, è insuscet-tibile di applicazione analogica13.

Larga parte della giurispru-denza14 s’è espressa in modo inte-gralmente contrario e, soltanto la giurisprudenza15 più recente, e limi-tatamente alle S.r.l. con collegio sindacale obbligatorio per legge, ha espresso l’opinione che il collegio sindacale, e non i soci, possano ricorrere al controllo giudiziario di cui all’art. 2409 c.c. anche nelle S.r.l..

In ogni caso sia che si consideri possibile estendere alle S.r.l. il ricorso ex art. 2409 c.c., o, come appare più corretto,

soltanto in pendenza della causa di merito ma anche prima della sua instaura-zione”. - Trib. Napoli 22.3.2005 Corriere Giur. 2007 p. 704 - Trib. Catania 14.10.2004 Dir. Fallim. 2005 p. 277 - Trib. Roma 22.6.2004 Giur. Merito 2005 p. 95 “Il provvedimento cautelare di revoca degli amministratori di s.r.l., ai sensi dell’art. 2476 terzo comma c.c., nel caso di gravi irregolarità nella gestione della società può essere chiesto dal socio anche prima della instaurazione del giudizio di merito avente ad oggetto il risarcimento dei danni arrecati alla società a seguito degli atti di mala gestio posti in essere dagli amministratori.” - Trib. Roma 5.8.2004 Foro It. 2005 I 868 - Trib. Roma 11.6.2004 Corriere Giur. 2005 p. 262 - Trib. Roma 30.7.2004 in Giur. It. 2005 p. 30913 (cfr. anche AMBROSINI, La responsabilità, nt. 1, 460; ID., Sub art. 2476 c.c. (nt. 1), 1599)14 Cass. Civ. 13.1.2010 n. 403 in Le Società 2010 p. 665 commento MC Cardarelli “L’art. 2409 c.c. non trova applicazione con riferimento alle irrego-larità compiute dagli amministratori di una S.r.l. a nulla rilevando le dimensioni dell’impresa e la presenza obbligatoria del Collegio Sindacale. Il richiamo alla disciplina delle s.p.a. operato dall’art. 2477, ultimo comma, c.c. va interpretato come richiamo ai requisiti professionali, alle cause di ineleggibilità, decadenza e incompatibilità dei sindaci, alle funzioni ed ai poteri indicati dall’art. 2403 c.c. . Il suddetto richiamo non comprende la denuncia di gravi irregolarità ex art. 2409 c.c.” - Trib. Macerata 27.2.2006 Le Società 2007 p. 58 commento Cappellini - Trib. Catania 14.10.2004 Dir. Fall. 2005, II, 277 - Trib. Roma 30.7.2004 Giur. It. 2005, 309 commento Cagnasso “Non è possibile ottenere la nomina di un amministratore giudiziario stante l’assenza di norme che lo con-sentano non essendo richiamabile in quanto tale la disciplina di cui all’art. 2409 c.c. che rimane riservata alle società azionarie e, dopo la riforma, cooperative.”15 Tribunale di Milano 26.3.2010 Le Società 7/2010 commento De Ange-lis “E’ ammissibile per i sindaci nominati in una s.r.l. richiedere al tribunale di sottoporre la società a controllo giudiziario nel caso di gravi irregolarità poste in essere dall’amministratore. A riguardo, il richiamo di cui all’art. 2477 c.c. alle norme in materia di società per azioni ricomprende, infatti, anche l’art. 2409 c.c. inserito dal legislatore nella sezione dedicata al Collegio sindacale di tale tipolo-gia societaria”) Trib. Napoli, Sez. VII, decr. 8.10.2008 in Le Società 2/2010 p. 207 commento Zappalà “Nelle S.r.l., la denuncia al tribunale di gravi irre-golarità ex art. 2409 c.c. mirata a stimolare l’esercizio del controllo giudiziario, può essere sporta dal collegio sindacale.”

che si escluda tale estensione, chi critica l’assimilazione della revoca di cui art. 2476 alla denunzia di cui all’art. 2409 rileva la differenza fra gli istituti in termini di poteri istruttori, ma anche decisori, del Giudice: manca, infatti, per l’azione di cui all’art. 2476 la possibilità che il Giudice inibisca le irregolarità riscontrate ed anche la possibilità di nominare un amministratore giudiziario16.

Quanto sopra pare concludere negativamente il quesito attinente alla possibilità di nomina di un amministratore giudiziario nella procedura in commento.

Conclusioni

L’analisi della norma di cui all’art. 2476 terzo comma c.c. con-sente di individuare due distinte azioni che tutelano ciascun socio dalla mala gestio degli amministra-tori:

- un’azione di responsabilità a contenuto risarcitorio;

- un’azione di revoca avente ad oggetto la risoluzione del rapporto fra la società e l’amministratore.

Le due azioni possono, ma non debbono, essere combi-nate.

Prima o durante entrambe le azioni può essere chiesta la revoca cautelare dell’amministratore in funzione conservativa rispetto alla domanda risarcitoria (per evitare che si aggravi il danno) oppure in funzione anticipatoria rispetto alla domanda di revoca definitiva (per evitare che il danno si produca).

Non può, tuttavia, essere chiesta la nomina di un ammini-stratore giudiziale.

La domanda cautelare di revoca, salvo che non sia richie-sta prima o durante un’azione di responsabilità e quindi con effetto meramente conservativo, può diventare stabile ai sensi dell’art. 669 octies VI comma c.p.c..

Può essere chiesta la condanna alle spese di lite.Si può dire, anche forse per prudenza rispetto al dibattito

ancora aperto sul punto, che la natura dell’azione di respon-sabilità ha carattere surrogatorio così da consigliare l’oppor-tunità della chiamata in causa della società.

Nel caso di presenza del collegio sindacale (obbligatorio o facoltativo) si può sostenere l’applicabilità analogica della norma di cui all’art. 2393 bis III comma c.c. che, in tema di Spa, consente la notifica dell’atto introduttivo del giudizio promosso dai soci al presidente del collegio sindacale: ciò allo scopo di evitare, per i casi di amministratore unico, la nomina di un curatore speciale.

In caso di assenza del collegio sindacale:se l’amministratore revocando non è amministratore -

unico né legale rappresentante (quindi soltanto nel caso di amministratore membro di c.d.a. quando la legale rappre-

16 Trib. Macerata 27.2.2006 in Le Società 2007 pag. 58 – Trib. Roma 30.7.2004 in Giur. It. 2005 pag. 309 – Trib. Roma 31.3.2004 in Riv. Not. 2004 pag. 768

“art.2476, comma 3, cod. civ.: L’azione di responsabilità contro gli ammini-stratori è promossa da ciascun socio, il quale può altresì chiedere, in caso di gravi irregolarità nella gestione della società, che sia adottato prov-vedimento cautelare di revoca degli amministratori medesimi. In tal caso il giudice può subordinare il provve-dimento alla prestazione di apposita cauzione”

revoca amministratori srl

Page 26: SOMMARIO - Fondazione dell'avvocatura parmense · 2015-11-07 · 14 Note sul processo amministrativo II: ... Periodico quadrimestrale a cura dell’Ordine degli Avvocati di Parma.

26

sentanza spetta, per esempio, al solo presidente del c.d.a.), la chiamata in causa della società può avere luogo notificando alla società in persona del legale rappresentante;

negli altri casi (amministratore unico, titolare in via - esclusiva o congiuntiva con altri della rappresentanza legale della società), si dovrà ottenere la nomina di un curatore speciale (previsto dall’art. 78 II comma c.p.c. nell’ipotesi di conflitto d’interessi tra rappresentante e rappresentato) e notificare l’atto introduttivo per la chiamata in causa della società, alla società stessa in persona del curatore speciale. Rimane il dubbio per le ipotesi nelle quali l’amministratore revocando amministri in via congiuntiva con altri se sia suf-ficiente o meno notificare l’atto introduttivo alla società in persona degli altri amministratori non in conflitto di interessi oppure se sia necessario provvedere comunque alla nomina di un curatore speciale.

Tribunale di …Ricorso ex artt.li 700 c.p.c. e 2476 terzo comma c.c.

RICORRENTE – il singolo socio (od un gruppo di soci) a prescindere dalle quote possedute

controRESISTENTE – l’amministratore (in proprio quale persona fisica)

nel contraddittorio conS.R.L. in persona del legale rappresentante se diverso dall’amministratore oppure in persona di curatore speciale a tale scopo nominato

OGGETTO DELLA DOMANDA- pronunciare la revoca immediata del Sig. … dall’incarico di amministratore della società …;- ordinare l’annotazione del provvedimento, e quindi della revoca del Sig. … dall’incarico di amministratore della società …, al Conservatore del Registro delle Imprese di …;- condannare il Sig. … alle spese del procedimento.

FUMUS BONI IURISEsistenza di una grave irregolarità di gestione che si con-cretizzi in un atto contrario rispetto a (od un’omissione de) i doveri legali o statutari dell’amministratore che non sia di lieve entità.

PERICULUM IN MORAPericolo che, nel tempo occorrente per ottenere una pronun-cia di merito, la segnalata azione od omissione dell’ammini-stratore causi danni alla società.

Alberto Magnani

revoca amministratori srl

Page 27: SOMMARIO - Fondazione dell'avvocatura parmense · 2015-11-07 · 14 Note sul processo amministrativo II: ... Periodico quadrimestrale a cura dell’Ordine degli Avvocati di Parma.

i materiali di

Cronache dal Foro Parmense

Materiali sulla media conciliazione

Page 28: SOMMARIO - Fondazione dell'avvocatura parmense · 2015-11-07 · 14 Note sul processo amministrativo II: ... Periodico quadrimestrale a cura dell’Ordine degli Avvocati di Parma.

Cronache dal Foro Parmensei materiali di

2

Ai sensi dell’art. 18 del D. Lgs. n. 28 del 04.03.2010 è isti-tuito dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Parma (di seguito CdO) l’Organismo di Mediazione presso il Tribunale di Parma (di seguito OdM), avente lo scopo di provvedere stabil-mente all’attività di mediazione per la conciliazione delle contro-versie civili, commerciali e societarie, vertenti su diritti disponibili che le parti tentino di risolvere in forza di un accordo, di una clausola contrattuale e/o statutaria, di un obbligo di legge, su invito del giudice, su iniziativa di taluna o di tutte le parti, come previsto dallo stesso D.Lgs. n. 28/2010, dal D.M. 18.10.2010, n. 180 e dalle leggi vigenti.

STATUTO

Art. 1 - Costituzione - Sede L’Organismo di Mediazione presso il Tribunale di Parma,

costituito dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Parma, è una articolazione di quest’ultimo; non ha scopo di lucro.

L’OdM ha sede presso l’Ordine degli Avvocati di Parma. L’OdM, per lo svolgimento delle sue funzioni, utilizza

i locali messi a disposizione dal Presidente del Tribunale di Parma ai sensi dell’art. 18 del D. Lgs. n. 28/2010 o dal CdO.

Il procedimento di mediazione si svolge negli stessi locali di cui al comma precedente o, quando disposto dal Respon-sabile dell’OdM, presso il mediatore. La sede di svolgimento è derogabile solo con il consenso di tutte le parti, del media-tore e del Responsabile dell’OdM.

Art. 2 - Composizione L’OdM è presieduto dal Presidente del CdO ed è compo-

sto da un numero dispari di membri, non superiore a sette, nominati dal CdO, che li sceglie tra avvocati iscritti all’albo degli avvocati di Parma. Gli stessi svolgono le loro funzioni a titolo gratuito.

Al suo interno l’OdM elegge il Responsabile ed il Segre-tario.

I componenti dell’OdM restano in carica per il periodo coincidente con quello del mandato del CdO e, comunque, fino all’insediamento del nuovo CdO e sono rieleggibili per non più di tre volte consecutive.

L’incarico di componente dell’OdM è incompatibile con la contemporanea iscrizione nell’elenco di cui al successivo articolo 8.

I componenti dell’OdM possono essere revocati solo per gravi motivi o per sopravvenute incompatibilità; in questi casi il CdO provvede alla loro sostituzione.

Il componente dell’OdM che, senza giustificato motivo, rimanga assente a tre sedute consecutive decade dall’inca-

rico. La relativa delibera è adottata senza ritardo dal CdO che provvede contestualmente alla sua sostituzione.

Art. 3 - Il ResponsabileTra i membri di cui all’articolo precedente viene eletto, a

maggioranza, il Responsabile dell’OdM, il quale:convoca le sedute dell’OdM, e che presiede in assenza del

Presidente del C.d.O., fissando i punti all’ordine del giorno; designa il mediatore e fissa la data ed il luogo dell’incon-

tro di mediazione tra le parti non oltre quindici giorni dal deposito della domanda;

provvede a quanto previsto dall’art. 7, comma 6 e dall’art. 8, commi 2 e 3 del D.M. 180/2010;

esamina, in via preliminare e sommaria, eventuali esposti nei confronti dei mediatori assegnandoli, eventualmente, a singoli componenti dell’OdM;

provvede a trasmettere al responsabile della tenuta del registro degli organismi di mediazione istituito presso il Mini-stero della Giustizia le schede di valutazione di cui all’art. 7, comma 5, lett. b) del D.M. 180/2010;

provvede agli altri adempimenti previsti per il responsa-bile dell’OdM dalla legge, dal presente statuto e dal regola-mento di procedura dell’OdM.

In caso di assenza o impossibilità del Responsabile le sue funzioni sono svolte temporaneamente dal componente dell’ODM più anziano per data di iscrizione all’ordine degli avvocati.

Art. 4 - Il Segretario Tra i membri di cui all’articolo precedente viene eletto, a

maggioranza, il Segretario dell’OdM, il quale:cura e verifica la regolare tenuta dei registri dell’OdM; provvede alla stesura dei verbali delle sedute dell’OdM; fatti salvi i compiti riservati al Responsabile, coordina le

attività dell’OdM; provvede agli altri adempimenti previsti a suo carico dal

presente statuto e dal regolamento di procedura dell’OdM. Art. 5 - Personale dipendente L’OdM per svolgere i compiti di segreteria può avvalersi

anche del personale dipendente del CdO all’uopo delegato. Il personale ha l’obbligo della riservatezza e gli è fatto espres-samente divieto di assumere obblighi o diritti connessi, diret-tamente o indirettamente, con gli affari trattati, ad eccezione di quelli strettamente inerenti alla prestazione del servizio, nonché di percepire compensi direttamente dalle parti.

Art. 6 - Convocazione L’OdM è convocato dal Responsabile senza necessità

di formalità particolari, anche con comunicazione verbale,

Materiali sulla media conciliazione

Page 29: SOMMARIO - Fondazione dell'avvocatura parmense · 2015-11-07 · 14 Note sul processo amministrativo II: ... Periodico quadrimestrale a cura dell’Ordine degli Avvocati di Parma.

3

ovvero telefonica, tramite fax o email ed è da ritenersi valida-mente costituito con la presenza di almeno tre componenti.

Le riunioni dell’OdM sono verbalizzate in un apposito registro, numerato in ogni pagina, vidimato dal Presidente dell’OdM e le decisioni in seno allo stesso adottate sono assunte a maggioranza.

Art. 7 - Compiti L’Organismo di Mediazione: istituisce e tiene il registro degli affari di mediazione di cui

all’art. 12 del DM 180/2010; istituisce e tiene il registro dei procedimenti ammessi al

gratuito patrocinio; vigila sul rispetto da parte del mediatore designato degli

obblighi cui é tenuto in base alla legge, al presente statuto ed al regolamento di procedura dell’OdM ;

redige ed aggiorna periodicamente l’elenco dei mediatori, verifica il possesso in capo agli stessi dei requisiti previsti dal presente statuto e di quelli di cui all’art. 4, comma 3, lett. a), b) e c) del DM 180/2010 e sottopone al CdO l’elenco per la ratifica;

comunica immediatamente al responsabile della tenuta del registro degli organismi di mediazione istituito presso il Ministero della Giustizia tutte le vicende modificative dei requisiti, dei dati e dell’elenco comunicati ai fini dell’iscrizione dell’OdM, compreso l’adempimento dell’obbligo di aggior-namento formativo dei mediatori, come previsto dall’art. 8, comma 1 del D.M. 180/2010;

provvede a trasmettere al responsabile della tenuta del registro degli organismi di mediazione istituito presso il Mini-stero della Giustizia i rendiconti della gestione, nei modi, tempi e termini previsti dall’art. 9, comma 4, del DM 180/2010;

verifica l’attualità e vigenza della polizza assicurativa, che deve essere stipulata dal CdO, di importo non inferiore ad € 500.000,00= per la responsabilità a qualunque titolo deri-vante dallo svolgimento dell’attività di mediazione;

esamina gli esposti nei confronti dei mediatori; provvede, in caso di mancanze da parte del mediatore,

alla sospensione dell’interessato dall’esercizio dell’opera di mediazione o, in casi più gravi, alla sua cancellazione dall’elenco dei mediatori;

provvede al controllo della regolarità formale dei verbali stilati dal mediatore designato ed agli incombenti successivi alla conclusione del tentativo di mediazione esperito dal mediatore designato;

predispone i rendiconti contabili-finanziari di cui all’art. 15 del presente statuto;

individua la tariffa da applicare nel caso in cui il valore della lite sia indeterminato, indeterminabile o vi sia una note-vole divergenza tra le parti sulla stima, provvedendo altresì a correggere il valore indicato dalle parti quando non corretta-mente individuato a norma del codice di procedura civile;

sottopone al CdO, che delibera in proposito, eventuali

proposte motivate di modifica del presente statuto, del rego-lamento di procedura e del codice etico dell’OdM;

cura la divulgazione e la conoscenza del codice etico dell’OdM e la sua osservanza;

provvede a quant’altro previsto dalla legge, dal presente statuto e dal regolamento dell’OdM.

L’ODM può stabilire, con deliberazione che deve essere ratificata dal CdO, la possibilità di avvalersi delle strutture, del personale e dei mediatori di altri organismi con i quali abbia stipulato tal fine una convenzione, anche per singoli affari di mediazione.

Art. 8 - L’elenco dei mediatori L’OdM si avvale per svolgere le sue funzioni e compiti di

un elenco di mediatori composto da almeno 5 nominativi che abbiano dichiarato la loro disponibilità a svolgere le funzioni di mediatore per l’OdM.

L’OdM redige l’elenco dei mediatori sulla scorta delle istanze degli interessati, verificando la sussistenza in capo agli stessi dei requisiti previsti dalla legge e dal presente statuto e provvede a sottoporlo al Consiglio dell’Ordine per la ratifica, nonché alla sua comunicazione immediata al responsabile della tenuta del registro degli organismi di mediazione istitu-ito presso il Ministero della Giustizia.

L’OdM deve comunque provvedere, nel mese di gennaio di ogni anno, all’aggiornamento dell’elenco dei mediatori che, dopo la ratifica del CdO, deve essere comunicato immedia-tamente al responsabile della tenuta del registro degli organi-smi di mediazione istituito presso il Ministero della Giustizia.

Art. 9 - Il mediatore ed i suoi obblighi Il Mediatore deve essere un avvocato iscritto all’albo

degli avvocati di Parma; deve inoltre vantare un’anzianità di iscrizione non inferiore a cinque anni; non deve aver subito una sanzione disciplinare diversa dall’avvertimento, anche non definitiva, e non può svolgere per tutto il periodo di iscrizione nell’elenco di cui al precedente art. 8, funzioni di mediazione presso altri Organismi di Mediazione aventi fine di lucro, pena la sua cancellazione. Non può altresì rivestire la qualifica di responsabile o componente del consiglio direttivo di alcun Organismo di Mediazione.

Il mediatore, al momento dell’iscrizione, oltre all’accetta-zione della limitazione di cui sub. 1), rilascia all’OdM la dichia-razione di disponibilità, indica le materie rispetto alle quali non intende prestare opera di mediazione e fornisce all’OdM le dichiarazioni e la documentazione prevista dall’art. 6 del DM 180/2010, ivi comprese quelle attestan ti il possesso dei requisiti di onorabilità di cui all’art. 4, comma 3, lett. c) dello stesso DM.

I mediatori iscritti nell’elenco devono essere in possesso, a pena della loro cancellazione dall’elenco, di polizza assicu-rativa per le conseguenze patrimoniali comunque derivanti dallo svolgimento della loro attività di mediatori.

Page 30: SOMMARIO - Fondazione dell'avvocatura parmense · 2015-11-07 · 14 Note sul processo amministrativo II: ... Periodico quadrimestrale a cura dell’Ordine degli Avvocati di Parma.

Cronache dal Foro Parmensei materiali di

4

Al mediatore è fatto divieto di assumere obblighi o diritti connessi, direttamente o indirettamente, con gli affari trattati, ad eccezione di quelli strettamente inerenti alla prestazione dell’opera, e di percepire compensi direttamente dalle parti.

Il mediatore deve eseguire personalmente la sua presta-zione.

Il mediatore è tenuto all’obbligo della riservatezza su tutto quanto appreso per ragioni della sua opera.

Al mediatore è fatto, altresì, obbligo di: sottoscrivere per ciascun affare per il quale è designato

una dichiarazione di imparzialità e di insussistenza di motivi di incompatibilità con l’incarico da assumere e deve impegnarsi ad informare immediatamente l’OdM e le parti delle ragioni di possibile pregiudizio all’imparzialità ed indipendenza nello svolgimento della mediazione;

informare immediatamente l’OdM, ed eventualmente le parti dell’affare in corso di trattazione, delle vicende sogget-tive che possono avere rilevanza agli effetti delle prestazioni di mediazione e dei requisiti individuali richiesti ai fini della imparzialità dell’opera;

corrispondere immediatamente ad ogni richiesta del responsabile della tenuta del registro degli organismi istituito presso il Ministero della Giustizia.

Art. 10 - Incompatibilità e imparzialità del media-tore

Il mediatore designato deve formalmente dichiarare al momento della accettazione dell’incarico:

che egli è, e sarà, assolutamente imparziale rispetto alle parti ed ai loro interessi, e si comporterà come tale;

che non ha in corso con alcuna delle parti incarichi di qualsiasi natura e che nel caso di incarichi professionali pre-gressi il rapporto è cessato da almeno tre anni e non sussi-stono ragioni di credito o debito;

che non ha alcun interesse di tipo economico o di altro genere, diretto o indiretto, in relazione all’esito della media-zione;

che non è socio o coniuge o parente o affine entro il terzo grado o dipendente o cliente di una delle parti, o debi-tore o creditore delle medesime;

che i suoi familiari, i collaboratori del suo studio, colle-ghi anche non soci o associati, praticanti e dipendenti, non hanno svolto incarichi per alcuna delle parti interessate alla mediazione nell’ultimo biennio e che tra gli stessi e le parti interessate alla mediazione non vi sono questioni di alcun tipo in corso;

In presenza delle suddette cause di incompati-bilità il mediatore ha l’obbligo di rifiutare la designa-zione.

Il mediatore deve informare immediatamente l’OdM e le parti delle successive ragioni e circostanze di possibile pregiudizio all’imparzialità ed indipendenza nello svolgimento della mediazione.

Art. 11 - Cancellazione o sospensione dall’elenco del mediatore

Il mediatore che violi il divieto di cui all’art. 9 n. 1) e che non rispetti gli obblighi previsti dall’art. 10 lett. a), b) e c) è, con delibera dell’OdM, immediatamente sospeso, in via cau-telare, dall’elenco e sostituito nell’incarico da altro mediatore all’uopo designato.

Egli è contemporaneamente invitato a fornire chiarimenti ed al termine della fase istruttoria l’OdM può riammetterlo a svolgere le proprie funzioni o cancellarlo dall’elenco dei mediatori, notiziando immediatamente anche il CdO al fine dell’eventuale apertura del procedimento disciplinare.

Nel caso di esposto di una delle parte interessate l’OdM provvede, nel più breve tempo possibile, a sentire sui fatti esposti il mediatore e può determinarsi nel seguente modo:

consentirgli di continuare a svolgere l’incarico; sospenderlo cautelativamente dall’incarico ed eventual-

mente avviando il procedimento di cancellazione di cui al comma 2, notiziando immediatamente il CdO al fine dell’even-tuale apertura del procedimento disciplinare. In tale caso il Responsabile dell’OdM provvede alla sua sostituzione.

Delle sospensioni e/o cancellazioni dall’elenco è data immediata notizia al responsabile della tenuta del registro degli organismi istituito presso il Ministero della Giustizia.

Il mediatore designato che abbia rifiutato o si sia aste-nuto dall’incarico ricevuto senza motivazione, e comunque per più di tre volte in un biennio, tranne i casi di incompatibi-lità, sarà cancellato d’ufficio dall’elenco dei mediatori.

Art. 12 - Il procedimento di mediazione Il procedimento di mediazione è disciplinato da apposito

regolamento di procedura approvato dal CdO che prevede e regola anche le spese del procedimento e di mediazione.

Tutti gli atti, documenti e provvedimenti relativi al pro-cedimento di mediazione non sono accessibili al pubblico tranne che nei casi di legge o previsti dal regolamento di procedura dell’OdM.

Il mediatore è designato in base al principio della rotazione e seguendo il criterio costante di progressione per ordine alfabetico; solo nel caso in cui la controversia richieda una particolare specializzazione del mediatore o presenti profili di particolare complessità, il Responsabile potrà derogare al criterio di progressione comunicando all’OdM i motivi della scelta. E’ fatta salva, in ogni caso, la facoltà delle parti di sce-gliere, di comune accordo, il mediatore nell’elenco dell’OdM.

Avuta conoscenza di quali siano le parti interessate al procedimento, il mediatore designato dichiara la insussi-stenza di motivi di incompatibilità con l’assunzione dell’inca-rico, nonché la propria imparzialità.

Art. 13 – Delle risorse dell’OdM L’OdM per lo svolgimento delle sue funzioni, utilizza stru-

menti, mezzi e personale resi disponibili dal CdO.

Page 31: SOMMARIO - Fondazione dell'avvocatura parmense · 2015-11-07 · 14 Note sul processo amministrativo II: ... Periodico quadrimestrale a cura dell’Ordine degli Avvocati di Parma.

5

E’ tenuto a dotarsi di un registro, anche informatico, su cui annotare le entrate e le uscite.

Art. 14 - Entrate ed uscite Le entrate dell’OdM sono utilizzate per compensare le

uscite derivanti dalle attività dell’OdM. Sono entrate dell’OdM i proventi derivanti dall’attività di

mediazione e eventuali proventi diversi previamente ratificati dal CdO.

Sono uscite dell’OdM i compensi ai mediatori ed altre voci di spesa che siano ratificate dal CdO.

Sia le entrate che le uscite confluiscono nel bilancio del CdO previo controllo ed approvazione del rendiconto con-tabile finanziario dell’OdM.

Art. 15 - Controlli sulla gestione contabile dell’OdM

Il controllo sulla gestione contabile dell’OdM è affidata al CdO che lo espleta normalmente tramite il proprio consi-gliere tesoriere e che può nominare all’uopo anche un revi-sore contabile.

L’OdM è tenuto a depositare presso il CdO, semestral-mente entro il 31 luglio (semestre gennaio/giugno) ed il 31 gennaio dell’anno successivo a quello di riferimento (seme-stre luglio/dicembre) il rendiconto contabile-finanziario della propria gestione, controfirmato dal consigliere tesoriere del CdO e dall’eventuale revisore contabile.

Il CdO entro 20 gg. dal ricevimento del rendiconto prov-vede, su relazione del consigliere tesoriere, alla sua eventuale approvazione.

Le eventuali maggiori entrate dell’OdM sono utilizzate per compensare le maggiori uscite del CdO, sostenute per l’attività dell’OdM, in particolare per le voci di bilancio relative a spese di personale assegnato all’OdM, a spese di cancelleria per modulistica e cancelleria varia per l’attività dell’OdM, a spese postali e telefoniche derivanti dall’attività dell’OdM e ad altri costi aggiuntivi non definibili derivanti dalla stessa attività.

Art. 16 - Disposizioni transitorieRelativamente al primo esercizio (anno 2011) il rendi-

conto contabile-finanziario della gestione di cui all’art. 15 n.2), sarà presentato unicamente entro il 31 gennaio 2012.

Parma, li 7 giugno 2011

IL SEGRETARIO IL PRESIDENTEF.to Avv. Elisa Gandini F.to Prof. Avv. Luigi Angiello

REGOLAMENTO DI PROCEDURA

Art. 1 – Ambito di applicazione Il presente regolamento è applicabile alla mediazione

per la conciliazione delle controversie civili, commerciali e societarie, relative a diritti disponibili, che le parti tentino di risolvere in maniera collaborativa, in forza di un accordo, di una clausola contrattuale e/o statutaria, di un obbligo di legge, su invito del giudice, su iniziativa di taluna o di tutte le parti, come previsto dal D. Lgs. n. 28 del 04.03.10, dal D.M. 18.10.2010, n. 180 e dalle leggi vigenti.

Il presente regolamento si applica, in quanto compatibile, ai procedimenti di mediazione e conciliazione disciplinati da leggi speciali.

Nelle ipotesi in cui è prescritta l’assistenza tecnica in sede giurisdizionale, le parti non possono partecipare al procedi-mento se non con il ministero di un difensore.

Art. 2 – Domanda di mediazione e attivazione del procedimento

Ai sensi dell’art. 4, comma 1, del D. Lgs. n. 28/10, il procedi-mento di mediazione si attiva con il deposito della domanda presso la segreteria dell’Organismo di Mediazione (OdM), con qualunque strumento idoneo a comprovare l’avvenuta ricezione. Al momento della ricezione la segreteria vi appone il timbro di depositato con data e sigla dell’addetto rice-vente.

A norma dell’art. 8 del D. Lgs. 28/2010, all’atto della presentazione della domanda di mediazione il Presidente dell’OdM designa un mediatore e fissa il primo incontro tra le parti non oltre quindici giorni dal deposito della domanda.

La domanda può essere presentata sia utilizzando l’appo-sito modulo predisposto dall’OdM, sia in carta libera.

La domanda deve contenere: per la sola ipotesi di cui al suesteso art. 1)- n. 3) i dati

identificativi dei difensori che assisteranno la parte nel pro-cedimento, con la relativa procura, con sottoscrizione auten-ticata dalla parte ovvero con certificazione dell’autografia da parte dell’avvocato a norma dell’art. 83, comma 3, cpc;

i dati identificativi delle parti e l’indirizzo presso il quale dovranno essere effettuate le comunicazioni previste dal pre-sente regolamento;

i dati identificativi di colui che, se necessario, parteciperà e rappresenterà la parte nel procedimento, con attestazione scritta del relativo potere, con sottoscrizione autenticata della parte;

la descrizione dei fatti e delle questioni controverse e dell’oggetto della domanda;

l’indicazione del valore della controversia determinato a norma del codice di procedura civile.

5. La domanda può contenere: per le ipotesi estranee alla previsione di cui al precedente

Page 32: SOMMARIO - Fondazione dell'avvocatura parmense · 2015-11-07 · 14 Note sul processo amministrativo II: ... Periodico quadrimestrale a cura dell’Ordine degli Avvocati di Parma.

Cronache dal Foro Parmensei materiali di

6

art. 1) – n. 3 - i dati identificativi dei difensori che assiste-ranno la parte nel procedimento, con la relativa procura, con sottoscrizione autenticata della parte ovvero con certifica-zione dell’autografia da parte dell’avvocato a norma dell’art. 83, comma 3, c.p.c.;

la copia, quando esistente, della clausola di mediazione, nei casi in cui essa abbia natura convenzionale;

la dichiarazione dell’istante di anticipare per intero i costi del procedimento, fatta salva la possibilità di una diversa ripartizione delle spese successiva all’espletamento del pro-cedimento;

la dichiarazione dell’istante che provvederà a sua cura a comunicare all’altra parte o alle altre parti la domanda e la data del primo incontro, così come previsto dall’art. 8 del decreto legisla tivo 28/2010 e dall’art. 4, comma 3 del pre-sente regolamento.

6. Il deposito della domanda di mediazione, nonché l’ade-sione della parte invitata al procedimento, costituiscono accettazione del presente regolamento e delle indennità di cui alla tabella allegata.

Art. 3 – La Segreteria La segreteria dell’OdM amministra il servizio di media-

zione. La segreteria cura la tenuta del registro degli affari di

mediazione, con le annotazioni relative al numero d’ordine progressivo, ai dati identificativi delle parti, all’oggetto della mediazione, al mediatore designato, alla durata del procedi-mento e al relativo esito.

La segreteria provvede: a ricevere la domanda di mediazione, apponendovi il

timbro di depositato, previa verifica che la stessa abbia i requisiti formali previsti dal presente regolamento;

ad annotare la domanda di mediazione nell’apposito regi-stro;

a verificare l’avvenuto pagamento delle spese di avvio del procedimento e delle spese di mediazione;

a comunicare al mediatore la sua avvenuta designazione da parte del Responsabile dell’OdM, che dovrà a sua volta comunicare entro due giorni l’accettazione o meno dell’in-carico e che dovrà rendere la dichiarazione di imparzialità ed indipendenza di cui all’art. 6, comma 9 del presente rego-lamento;

ad acquisire dal mediatore designato la predetta dichiara-zione di imparzialità ed indipendenza;

alla formazione dell’avviso di avvio del procedimento di cui al successivo art. 4;

alle comunicazioni alle parti previste dal successivo art. 4;

a quant’altro previsto dal presente regolamento.

Art. 4 – Avviso di avvio del procedimento L’avviso di avvio del procedimento, formato a cura della

segreteria su apposito modulo dell’OdM, é sottoscritto dal Responsabile dell’OdM o da suo delegato e contiene:

i dati identificativi della parte che ha depositato la domanda di mediazione, la data di avvenuto deposito ed il numero pro-gressivo assegnato al procedimento di mediazione;

il nome del mediatore designato e la data, l’ora ed il luogo dell’incontro di mediazione;

l’invito alla parte o alle parti che non hanno promosso il procedimento a comunicare, almeno otto giorni prima dell’in-contro, la loro adesione ed a partecipare personalmente al procedimento, avvertendole che l’incontro non avrà luogo ove almeno una di esse non comunichi la propria intenzione di parteciparvi;

l’avvertimento alle parti che, ai sensi dell’art. 8, comma 5, del D. Lgs. 28/2010, dalla mancata partecipazione senza motivo al procedimento di mediazione il giudice può desu-mere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell’art. 116, comma 2, c.p.c.;

la comunicazione alle parti dei benefici fiscali previsti dagli art. 17 e 20 del decreto legislativo n.°28/2010;

l’avviso alla parte che ha fatto la dichiarazione di cui all’art. 2, comma 5, lett. d), del presente regolamento, che è suo esclusivo onere ed obbligo provvedere a comunicare all’altra parte od alle altre parti, nel più breve tempo possibile, in una forma comprovante l’avvenuta ricezione, copia conforme della domanda depositata unitamente a copia conforme dell’avviso di avvio del procedimento, con avvertimento alla stessa parte che qualora non vi provveda, il procedimento non potrà avere seguito;

l’ammontare dell’indennità di mediazione ed il termine per provvedere al versamento della stessa - da fissarsi non oltre i due giorni precedenti l’incontro di mediazione - con l’avver-timento che il mancato tempestivo pagamento comporterà, di diritto, la sospensione del procedimento di mediazione ed altresì che, ove le parti non provvedano al pagamento della suddetta indennità entro il termine di trenta giorni dalla data originariamente fissata per l’incontro di mediazione, il proce-dimento si estinguerà.

Copia conforme dell’avviso di avvio del procedimento è comunicata alla parte istante dalla segreteria in una forma comprovante l’avvenuta ricezione, nel più breve tempo pos-sibile. In pari tempo la segreteria provvede a comunicare all’altra parte od alle altre parti, nel più breve tempo possi-bile, in una forma comprovante l’avvenuta ricezione, la copia conforme dell’avviso di avvio del procedimento unitamente a copia conforme della domanda di mediazione depositata.

La parte che ha attivato il procedimento con il deposito della domanda di mediazione e che ha fatto la dichiarazione di cui all’art. 2, comma 5, lett. d) del presente regolamento, deve provvedere a comunicare all’altra parte o alle altre parti, nel più breve tempo possibile, in una forma comprovan te l’av-venuta ricezione, copia conforme della domanda depositata unitamente a copia conforme dell’avviso di avvio del proce-

Page 33: SOMMARIO - Fondazione dell'avvocatura parmense · 2015-11-07 · 14 Note sul processo amministrativo II: ... Periodico quadrimestrale a cura dell’Ordine degli Avvocati di Parma.

7

dimento. A tal fine la stessa parte provvede a richiedere alla segreteria dell’OdM le necessarie copie conformi.

Ai fini interruttivi di termini di decadenza o di prescri-zione, la parte istante ha comunque facoltà di provvedere alla comunicazione all’altra parte od alle altre parti della domanda di mediazione anche prima della formazione dell’avviso di avvio del procedimento. A tal fine richiede alla segreteria dell’OdM, che vi provvede con immediatezza, il rilascio delle necessarie copie conformi della domanda di mediazione che ha depositato, contenenti in calce il timbro di depositato con data e sigla dell’addetto ricevente.

Ove l’incontro non abbia luogo perché la parte invitata non ha tempestivamente espresso la propria adesione ovvero ha comunicato espressamente di non voler aderire, la segre-teria rilascerà, in data successiva a quella inizialmente fissata e previa verifica della avvenuta comunicazione di cui ai commi 2 e 3 del presente articolo, una dichiarazione di conclusione del procedimento per mancata adesione della parte invitata.

Art. 5 – Sede del procedimento Il procedimento di mediazione si svolge presso la sede

dell’OdM nei locali all’uopo predisposti. La sede di svolgimento è derogabile con il consenso di

tutte le parti, del mediatore e del Responsabile dell’OdM. La richiesta di fissazione di una sede diversa non dà diritto alle parti a esenzioni o riduzioni delle indennità per spese di avvio del procedimento.

Art. 6 – Funzioni e designazione del mediatore Il mediatore assiste le parti nella ricerca di un accordo

che esse reputino soddisfacente per la composizione della controversia.

In nessun caso il mediatore svolge attività di consulenza sull’oggetto della controversia o sui contenuti dell’eventuale accordo, salvo verificare la sua conformità alle norme impe-rative ed all’ordine pubblico.

Il Responsabile dell’OdM o, in caso di suo impendimento, il suo sotituto, designa il mediatore individuandolo, eventual-mente in adesione alla indicazione congiunta delle parti, tra i nominativi inseriti nell’apposito elenco.

Al fine di garantire l’imparzialità nella prestazione del servizio, il Responsabile dell’OdM provvede alla designazione del mediatore in base al principio di rotazione e seguendo il criterio costante di progressione per ordine alfabetico, salvo che sia scelto di comune accordo dalle parti nell’elenco dell’OdM, come previsto nel comma che precede. Solo nel caso in cui la controversia richieda una particolare specializ-zazione del mediatore o presenti profili di particolare com-plessità, il Responsabile potrà derogare al criterio di progres-sione comunicando all’OdM i motivi della scelta. Il media-tore al momento dell’iscrizione nell’elenco indica le materie rispetto alle quali non intende prestare opera di mediazione.

Il mediatore deve comunicare alla segreteria, pronta-

mente e non oltre due giorni dalla comunicazione della sua designazione, l’accettazione o il rifiuto, per i motivi di seguito specificati, dell’incarico.

Il mediatore designato deve formalmente dichiarare al momento della accettazione dell’incarico:

che egli è, e sarà, assolutamente imparziale rispetto alle parti ed ai loro interessi, e si comporterà come tale;

che non ha in corso con alcuna delle parti incarichi di qualsiasi natura e che nel caso di incarichi professionali pre-gressi il rapporto è cessato da almeno tre anni e non sussi-stono ragioni di credi to o debito;

che non ha alcun interesse di tipo economico o di altro genere, diretto o indiretto, in relazione all’esito della media-zione;

che non è socio o coniuge o parente o affine entro il terzo grado o dipendente o cliente di una delle parti, o debi-tore o creditore delle medesime;

che i suoi familiari, i collaboratori del suo studio, colle-ghi anche non soci o associati, praticanti e dipendenti, non hanno svolto incarichi per alcuna delle parti interessate alla mediazione nell’ultimo biennio e che tra gli stessi e le parti interessate alla mediazione non vi sono questioni di alcun tipo in corso;

che non ha, né ha mai avuto, rapporti di tipo personale con alcuna delle parti interessate.

In presenza delle suddette cause di incompatibilità il mediatore ha l’obbligo di rifiutare la designazione.

Il mediatore deve informare immediatamente l’OdM e le parti delle successive ragioni e circostanze di possibile pregiu-dizio all’imparzialità ed indipendenza nello svolgimento della mediazione. Il dovere di informazione costituisce un obbligo che persiste per tutta la durata del procedimento.

Il mediatore designato al momento della accettazione dell’incarico deve sottoscrivere la dichiarazione di imparzia-lità ed indipendenza nella quale è contenuto quanto previsto ai precedenti commi 6 e 8.

Le parti possono richiedere all’OdM, in base a giustifi-cati motivi, la sostituzione del mediatore. In caso di acco-glimento dell’istanza il Responsabile dell’OdM nominerà un altro mediatore.

Il Responsabile dell’OdM provvederà parimenti alla sosti-tuzione del mediatore, qualora questi, nel corso del procedi-mento, rinunci all’incarico previa dichiarazione scritta e ido-neamente motivata, che deve essere accettata dall’OdM.

Il mediatore deve eseguire personalmente la sua presta-zione.

Solo in casi particolari e ove non sia possibile nominare uno o più mediatori ausiliari, il mediatore può provvedere ad individuare, per il tramite della segreteria, un esperto iscritto nell’albo dei consulenti e dei periti presso i tribu-nali o in apposito albo a tal fine costituito presso l’OdM. La nomina é subordinata all’impegno sottoscritto da almeno una delle parti a sostenerne gli oneri secondo i compensi

Page 34: SOMMARIO - Fondazione dell'avvocatura parmense · 2015-11-07 · 14 Note sul processo amministrativo II: ... Periodico quadrimestrale a cura dell’Ordine degli Avvocati di Parma.

Cronache dal Foro Parmensei materiali di

8

previsti dall’OdM, da eventuali norme di legge o dalle tariffe professionali. All’esperto si applicano le disposizioni del pre-sente regolamento che riguardano i casi di incompatibilità ed imparzialità del mediatore, nonché le regole di riservatezza.

Art. 7 - Riservatezza Il procedimento di mediazione é riservato e tutto quanto

viene dichiarato nel corso degli incontri nelle sessioni sepa-rate non può essere registrato o verbalizzato. A tal fine tutti i soggetti presenti agli incontri di mediazione dovranno sotto-scrivere un’apposita dichiarazione.

Il mediatore, le parti, la segreteria e tutti coloro che inter-vengono al procedimento non possono divulgare a terzi i fatti e le informazioni apprese in relazione al procedimento di mediazione.

Rispetto alle dichiarazioni rese e alle informazioni acqui-site nel corso delle sessioni separate e salvo consenso della parte dichiarante o dalla quale provengono le informazioni, il mediatore è altresì tenuto alla riservatezza nei confronti delle altre parti.

Le dichiarazioni rese o le informazioni acquisite nel corso del procedimento di mediazione non possono essere uti-lizzate nel giudizio che abbia, totalmente o parzialmente, il medesimo oggetto del procedimento di mediazione, salvo consenso della parte dichiarante o dalla quale provengono le informazioni.

Sul contenuto delle stesse dichiarazioni e informazioni non è ammessa prova testimoniale e non può essere deferito giuramento decisorio.

Il mediatore, gli addetti dell’OdM, i consulenti e chiunque altro abbia preso parte al procedimento non possono essere tenuti a deporre sul contenuto delle dichiarazioni rese e dello informazioni acquisite nel procedimento di mediazione davanti all’autorità giudiziaria o ad altra autorità.

Art. 8 – Incontro di mediazione Il mediatore conduce l’incontro senza formalità di proce-

dura, sentendo le parti congiuntamente o separatamente. Le parti partecipano all’incontro personalmente o

mediante un proprio rappresentante munito dei necessari poteri, così come previsto dall’art. 2, comma 4, lett. b) del presente regolamento e devono essere assistite da loro difensori nell’ipotesi prevista dal n. 3 dell’art. 1.

Al termine di ciascun incontro il mediatore dà atto per iscritto dei soggetti presenti all’incontro e della mancata pre-sentazione. Egli provvede alla verbalizzazioni necessarie, in forma riassuntiva.

Il mediatore, d’intesa con le parti, può fissare eventuali altri incontri successivi, a breve intervallo di tempo.

Il mediatore dispone a quale parte sia posto a carico l’onere di eventuali comunicazioni o notificazioni che si ren-dessero necessarie nel corso del procedimento, salvo che non vi provveda egli stesso o la segreteria dell’OdM.

Se è raggiunto un accordo amichevole il mediatore forma processo verbale al quale è allegato il testo dell’accordo amichevole ovvero un verbale che contenga esso stesso l’ac-cordo delle parti.

quando le parti non raggiungono un accordo amichevole e ne facciano concorde richiesta, il mediatore può formulare una proposta di conciliazione; in caso di mancata adesione o partecipazione al tentativo di mediazione, il mediatore non può formulare la proposta. Prima di formulare la proposta, il mediatore deve dare informazione alle parti di quanto dispo-sto dall’art. 13 del D. Lgs. 28/2010.

Il mediatore nella formulazione della proposta é tenuto al rispetto dell’ordine pubblico e delle norme imperative. Salvo diverso accordo delle parti, in nessun caso la proposta può contenere qualche riferimento alle dichiarazioni rese o alle informazioni acquisite nel corso del procedimento, ad ecce-zione degli elementi risultanti dai documenti depositati e noti a tutte le parti del procedimento.

Il mediatore o, su suo incarico, la segreteria, comunicano alle parti per iscritto e in una forma comprovante l’avvenuta ricezione, la proposta da lui formulata.

Le parti devono far pervenire al mediatore, per il tra-mite della segreteria, per iscritto ed entro sette giorni dalla ricezione della comunicazione, l’accettazione o il rifiuto della proposta. In mancanza di risposta nel termine la proposta si ha per rifiutata.

Se è raggiunto l’accordo amichevole di cui al comma 6 ovvero se tutte le parti aderiscono alla proposta formulata dal mediatore a norma del comma 7, si forma processo ver-bale che deve essere sottoscritto dalle parti e dal mediatore, il quale certifica l’autografia della sottoscrizione delle parti o la loro impossibilità di sottoscrivere.

Se con l’accordo le parti concludono uno dei contratti o compiono uno degli atti previsti dall’articolo 2643 del codice civile, per procedere alla trascrizione dello stesso la sotto-scrizione del processo verbale deve essere autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato.

L’accordo raggiunto, anche a seguito della proposta, può prevedere, solo su accordo di tutte le parti, il pagamento di una somma di denaro per ogni violazione o inosservanza degli obblighi stabiliti ovvero per il ritardo nel loro adempi-mento.

Se la conciliazione non riesce, il mediatore forma pro-cesso verbale negativo con l’indicazione della proposta che sia stata da lui formulata come previsto dal presente regola-mento. Il verbale è sottoscritto dalle parti e dal mediatore, il quale certifica l’autografia della sottoscrizione delle parti o la loro impossibilità di sottoscrivere.

Il processo verbale è depositato presso la segreteria dell’organismo e di esso è rilasciata copia alle parti che lo richiedono.

Page 35: SOMMARIO - Fondazione dell'avvocatura parmense · 2015-11-07 · 14 Note sul processo amministrativo II: ... Periodico quadrimestrale a cura dell’Ordine degli Avvocati di Parma.

9

Art. 9 – Conclusione del procedimento Il procedimento si conclude: nel caso di mancata partecipazione di una o più parti; quando le parti raggiungono un accordo amichevole o

aderiscono alla proposta del mediatore; quando la conciliazione non riesce o perché le parti non

hanno raggiunto un accordo amichevole o perché la propo-sta formulata dal mediatore non è stata accettata;

quando il mediatore non ritiene utile proseguire il pro-cedimento;

decorsi quattro mesi dal deposito della domanda, salvo diverso accordo di tutte le parti;

quando non venga provveduto dalle parti al pagamento dell’indennità, come disciplinato dal successivo art. 10.

Ove l’incontro di mediazione non abbia luogo nel caso di mancata partecipazione di una o più parti, la Segreteria rilascerà, in data successiva a quella fissata per l’incontro di mediazione, una dichiarazione attestante la conclusione del procedimento; in tal caso saranno dovute le sole spese di segreteria di avvio del procedimento, di cui al successivo art. 10, punto 3 e l’indennità di mediazione, ove versata, verrà restituita alle parti.

Gli oneri fiscali derivanti dall’accordo raggiunto sono assolti dalle parti.

Al termine del procedimento ciascuna parte é tenuta a compilare la scheda di valutazione del servizio di mediazione predisposta dall’OdM.

Art. 10 – Indennità L’indennità si compone del diritto di segreteria di avvio

del procedimento, che ha la funzione di coprire le spese di segreteria, e delle spese di mediazione che comprendono i costi di amministrazione e gestione dell’OdM e l’onorario del mediatore, indipendentemente dal numero di incontri svolti.

E’ liquidato a parte il compenso per l’esperto di cui all’art. 6, comma 13.

Per le spese di segreteria e di avvio del procedimento, é dovuto dalla parte istante un importo di €.40,00= oltre iva che deve essere versato al momento del deposito della domanda di mediazione.

Per le spese di mediazione é dovuto, da ciascuna parte che ha aderito, anche successivamente, al procedimento e in solido tra di loro, l’importo indicato nella tabella allegata al presente regolamento, che deve essere corrisposto prima del primo incontro di mediazione.

Nel caso di mancato versamento la Segreteria sospende il procedimento; intervenuto il pagamento il procedimento riprende con la fissazione di nuova data dell’incontro di mediazione.

Se il pagamento non interviene nei termini previsti dall’art. 4, punto 1, lettera g del presente regolamento, la Segreteria dichiara fallito il procedimento. E’ fatta salva la possibilità per

ciascuna delle parti di anticipare anche per l’altra parte - salvo diritto di rivalsa - l’indennità.

In ogni caso in cui non si tenga l’incontro di mediazione, le somme versate verranno restituite salvo il diritto di can-celleria di cui al comma 3) del presente articolo che verrà trattenuto dall’OdM a titolo di rimborso spese di segreteria.

Art. 11 – Valore della lite Il valore della lite è indicato nella domanda di mediazione

a norma del codice di procedura civile. Lo stesso è determinato dall’OdM nel caso risulti inde-

terminato, indeterminabile o vi sia notevole divergenza tra le parti sulla stima.

Art. 12 – Criteri per la determinazione delle indennità

L’importo massimo delle spese di mediazione per cia-scuno scaglione di riferimento, come determinato nella tabella allegata al presente regolamento:

può essere aumentato fino ad un quinto tenuto conto della particolare importanza, complessità o difficoltà dell’af-fare;

è aumentato in misura non superiore a un quinto in caso di successo della mediazione;

è aumentato di un quinto in caso di formulazione della proposta;

è ridotto di un terzo nelle materie per cui l’instaurazione del procedimento di mediazione costituisce condizione di procedibilità della domanda giudiziale;

è ridotto di un terzo nel caso in cui all’incontro di media-zione non siano presenti tutte le parti.

Si considerano importi minimi quelli dovuti come mas-simi per il valore della lite ricompreso nello scaglione imme-diatamente precedente a quello effettivamente applicabile. L’importo minimo relativo al primo scaglione è liberamente determinato. Gli importi dovuti per il singolo scaglione non si sommano in nessun caso tra loro.

E’ facoltà dell’OdM di rideterminare l’indennità qualora all’esito del procedimento l’accordo sia raggiunto su valori superiori, rispetto allo scaglione determinato dalle parti.

L’OdM ha facoltà di rideterminare ogni tre anni l’ammon-tare delle indennità. Le modificazioni si applicano alle sole procedure iniziate dopo la pubblicazione delle stesse modi-fiche.

quando la mediazione costituisce condizione di proce-dibilità della domanda giudiziale, la parte che sia in possesso delle condizioni per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, ai sensi dell’art. 76 (L) del DPR 30 maggio 2002, n. 115, è esonerata dal pagamento delle indennità. A tal fine la parte è tenuta a depositare, presso 1’OdM, apposita dichia-razione sostitutiva dell’atto di notorietà, la cui sottoscrizione può essere autenticata dal medesimo mediatore, dall’even-tuale difensore o da altro soggetto a ciò abilitato, nonché a

Page 36: SOMMARIO - Fondazione dell'avvocatura parmense · 2015-11-07 · 14 Note sul processo amministrativo II: ... Periodico quadrimestrale a cura dell’Ordine degli Avvocati di Parma.

Cronache dal Foro Parmensei materiali di

10

produrre, a pena di inammissibilità dell’istanza, la documenta-zione comprovante la veridicità di quanto dichiarato.

Il mediatore di un procedimento, in cui tutte le parti si tro-vino nel caso previsto nel comma precedente, deve svolgere la sua prestazione gratuitamente. Il Responsabile dell’OdM avrà cura di assegnare tali incarichi tra i mediatori iscritti, rispettando il principio della rotazione e seguendo il criterio costante di progressione per ordine alfabetico.

Nel caso in cui le condizioni predette riguardino solo talune delle parti, il mediatore riceve un’indennità ridotta, in misura corrispondente al numero delle parti che non risul-tano ammesse al gratuito patrocinio.

Art. 13 – Rapporti con altri organismi L’OdM può stabilire, con deliberazione che deve essere

ratificata dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Parma, la possibilità di avvalersi delle strutture, del personale e dei mediatori di altri organismi con i quali abbia raggiunto a tal fine un’apposita convenzione, anche per singoli affari di mediazione

Parma, li 7 giugno 2011IL SEGRETARIO IL PRESIDENTEAvv. Elisa Gandini Prof. Avv. Luigi Angiello

CODICE ETICO

1. COMPETENZA, NOMINA E ONORARI DEI MEDIATORI E PROMOZIONE DEI LORO SERVIZI

1.1. Competenza I mediatori devono essere competenti e conoscere a

fondo il procedimento di mediazione. Elementi rilevanti com-prendono una formazione adeguata e un continuo aggior-namento della propria istruzione e pratica nelle capacità di mediazione, avuto riguardo alle norme pertinenti e ai sistemi di accesso alla professione.

1.2. Nomina Il mediatore deve consultarsi con le parti riguardo alle

date in cui la mediazione potrà aver luogo. Prima di accet-tare l’incarico, il mediatore deve verificare di essere dotato della preparazione e competenza necessarie a condurre la mediazione del caso proposto e, su richiesta, dovrà fornire alle parti informazioni in merito.

1.3. Compensi Il mediatore deve fornire alle parti informazioni circa le

modalità della remunerazione spettantegli, che viene ad esso corrisposta esclusivamente dall’Organismo sulla base delle indennità previste nell’allegato al regolamento di procedura e non può richiedere alle parti né comunque accettare ulte-

riori compensi sotto qualsiasi forma.

1.4. Promozione dei servizi del mediatore I mediatori possono fornire informazioni sulla propria

attività, purché in modo professionale, veritiero e dignitoso.

2. INDIPENDENZA ED IMPARZIALITÀ

2.1. Indipendenza qualora esistano circostanze che possano (o possano

sembrare) intaccare l’indipendenza del mediatore o determi-nare un conflitto di interessi, il mediatore deve informarne le parti prima di agire o di proseguire la propria opera.

Le suddette circostanze includono: qualsiasi relazione di tipo personale o professionale con

una delle parti; qualsiasi interesse di tipo economico o di altro genere,

diretto o indiretto, in relazione all’esito della mediazione; il fatto che il mediatore, o un membro della sua organiz-

zazione, abbia agito in qualità diversa da quella di mediatore per una o più parti.

In tali casi il mediatore può accettare l’incarico o pro-seguire la mediazione solo se sia certo di poter condurre la mediazione con piena indipendenza, assicurando piena imparzialità, e con il consenso espresso delle parti.

Il dovere di informazione costituisce un obbligo che per-siste per tutta la durata del procedimento.

2.2. Imparzialità Il mediatore deve in ogni momento agire nei confronti

delle parti in modo imparziale, cercando altresì di apparire come tale, e deve impegnarsi ad assistere equamente tutte le parti nel procedimento di mediazione.

3. L’ACCORDO, IL PROCEDIMENTO E LA RISOLUZIONE DELLA CONTROVERSIA

3.1. Procedura Il mediatore deve sincerarsi che le parti coinvolte nella

mediazione comprendano le caratteristiche del procedi-mento di mediazione e il ruolo del mediatore e delle parti nell’ambito dello stesso.

Il mediatore deve, in particolare, fare in modo che prima dell’avvio della mediazione le parti abbiano compreso ed espressamente accettato i termini e le condizioni dell’ac-cordo di mediazione, incluse le disposizioni applicabili in tema di obblighi di riservatezza in capo al mediatore e alle parti.

L’accordo di mediazione deve essere sempre redatto per iscritto e recepito in apposito verbale secondo quanto dispo-sto nel regolamento di procedura dell’Organismo.

Il mediatore deve condurre il procedimento in modo appropriato, tenendo conto delle circostanze del caso, inclusi possibili squilibri nei rapporti di forza, eventuali desi-

Page 37: SOMMARIO - Fondazione dell'avvocatura parmense · 2015-11-07 · 14 Note sul processo amministrativo II: ... Periodico quadrimestrale a cura dell’Ordine degli Avvocati di Parma.

11

deri espressi dalle parti e particolari disposizioni normative, nonché l’esigenza di una rapida risoluzione della controver-sia. Le parti possono concordare con il mediatore il modo in cui la mediazione dovrà essere condotta, con riferimento a un insieme di regole o altrimenti.

Se lo reputa opportuno, il mediatore può ascoltare le parti separatamente.

3.2. Correttezza del procedimento Il mediatore deve assicurarsi che tutte le parti possano

intervenire adeguatamente nel procedimento. Il mediatore deve informare le parti, e può porre fine alla

mediazione, nel caso in cui: sia raggiunto un accordo che al mediatore appaia non

azionabile od illegale, avuto riguardo alle circostanze del caso e alla competenza del mediatore per raggiungere tale valu-tazione;

il mediatore ritenga che la prosecuzione della mediazione difficilmente condurrà a una risoluzione della controversia.

3.3. Fine del procedimento Il mediatore deve adottare tutte le misure appropriate

affinché l’eventuale accordo raggiunto tra le parti si fondi su un consenso informato e tutte le parti ne comprendano i termini.

Le parti possono recedere in qualsiasi momento dall’at-tività posta in essere dal mediatore al fine di raggiungere un amichevole componimento, senza fornire alcuna giustifica-zione.

Il mediatore deve, su richiesta delle parti e nei limiti della propria competenza, informare le parti delle modalità in cui le stesse possono formalizzare l’accordo e delle possibilità di rendere l’accordo esecutivo.

4. RISERVATEZZA Il mediatore deve mantenere la riservatezza su tutte le

informazioni derivanti dal procedimento o comunque ad esso consequenziali e/o ricollegabili, compresa la circostanza che la mediazione è in corso o si è svolta, ad eccezione dei casi in cui sia obbligato dalla legge o da ragioni di ordine pubblico. qualsiasi informazione riservata comunicata al mediatore da una delle parti non dovrà essere rivelata all’altra senza il con-senso della parte o a meno che ciò sia imposto dalla legge.

Parma, li 29 marzo 2011IL SEGRETARIO IL PRESIDENTEF.to Avv. Elisa Gandini F.to Prof. Avv. Luigi Angiello

Page 38: SOMMARIO - Fondazione dell'avvocatura parmense · 2015-11-07 · 14 Note sul processo amministrativo II: ... Periodico quadrimestrale a cura dell’Ordine degli Avvocati di Parma.

I materiali di Cronache dal Foro Parmense

foto in copertina di Linda Vukaj

Page 39: SOMMARIO - Fondazione dell'avvocatura parmense · 2015-11-07 · 14 Note sul processo amministrativo II: ... Periodico quadrimestrale a cura dell’Ordine degli Avvocati di Parma.

27

(note a margine del progetto di riforma del Titolo IV della Parte II della Costituzione).

Undici anni orsono, nell’ambito di una tornata referen-daria apertamente boicottata dall’allora opposizione di cen-tro-destra, il cui principale esponente politico aveva invitato gli italiani ad andarsene al mare, promettendo che quella riforma l’avrebbe realizzata la sua coalizione non appena vinte le elezioni politiche dell’anno successivo, quasi dieci milioni di cittadini si recarono ugualmente alle urne e, pur non raggiungendo il quorum, votarono per la separazione delle carriere dei magistrati. Finalmente, dopo anni di pro-messe elettorali tradite e di vuoti annunci propagandistici, il Paese, la politica, gli operatori del settore e la comunità scientifica hanno un disegno di legge di riforma costituzio-nale della Giustizia sul quale ragionare e discutere: è il pro-getto di iniziativa governativa di “Riforma del Titolo IV della Parte II della Costituzione” (A.C. 4275 Berlusconi – Alfano), presentato alla Camera dei Deputati il 7 aprile scorso, assegnato in sede referente alle Commissioni riunite Affari costituzionali e Giustizia ed attualmente all’esame delle stesse. Si tratta certamente di una riforma di struttura che non si esaurisce nella sola introduzione del principio della separazione delle carriere e nel conseguente necessario sdoppiamento del Consiglio Superiore della Magistratura, ma che interviene altresì sulla composizione e le funzioni di quest’ultimo, sull’obbligatorietà dell’azione penale, sui rap-porti tra pubblico ministero e polizia giudiziaria, sull’appel-labilità delle sentenze penali e sulla responsabilità civile dei magistrati.

In un clima politico di scontro e rissa perenni, ulterior-mente avvelenato sul tema della Giustizia dalla contempo-ranea presenza all’ordine del giorno dei lavori parlamentari di iniziative di più che sospetta ispirazione, quali quelle sulla prescrizione breve e sul conflitto di attribuzioni sollevato dalla Camera dei Deputati in relazione al cosiddetto pro-cesso Ruby, le immediate reazioni delle opposizioni sono state di aprioristico rifiuto a qualsiasi tipo di dialogo su di un testo tacciato, a torto, di rappresentare l’ennesima legge ad personam ispirata da intenti punitivi nei confronti della magistratura se non, addirittura, di ispirazioni sovversive dell’ordinamento democratico.

La magistratura associata, dal canto suo, sempre tena-cemente arroccata nella difesa dell’esistente e dei connessi privilegi, ha subito lanciato i propri strali nei confronti del progetto di legge evocando, come ormai sua annosa abitu-

dine nei riguardi di qualsiasi ipotesi riformatrice, infondati quanto pretestuosi pericoli di attentato alla propria indi-pendenza ed autonomia. Per tacer di chi, come il segreta-rio generale dell’A.N.M., ha ritenuto di dover liquidare in radice la questione negando alla maggioranza proponente, pur democraticamente eletta, qualsiasi legittimazione “sto-rica, politica, morale e culturale perché possa affrontare una riforma della giustizia legittimamente”. Tutto ciò, a conferma dell’opinione espressa a suo tempo da un autorevole com-mentatore, ancor oggi di sconcertante attualità, secondo il quale “c’è una sola cosa che sta peggio della giustizia in questo Paese, ed è il dibattito sulla giustizia”.

Una cosa sia detta subito e in modo chiaro: sul tema in generale della riforma della Giustizia, ed in particolare sulla separazione delle carriere, nessuna forza politica può pen-sare di mettere il proprio marchio. L’Unione delle Camere Penali Italiane, con gli avvocati penalisti che in modo asso-lutamente trasversale e scevro da preconcetti ideologici in questa associazione appassionatamente credono e si impegnano, si batte per la separazione delle carriere dei magistrati da quasi trent’anni (ossia da quando l’attuale Presidente del Consiglio, ben lontano da discese in campo, nemmeno disponeva ancora del suo impero televisivo) e già da tempo, con l’ausilio del proprio Centro Studi Aldo Marongiu, ha elaborato un proprio progetto di riforma della Giustizia che, in larga parte, il testo governativo ha pedisse-quamente recepito.

D’altra parte, una proposta di riforma ordinamentale ispirata alla separazione delle carriere, sia pure in termini più blandi, era già contenuta nel progetto di modifica della parte seconda della Costituzione predisposto nel corso della XIII Legislatura dalla Commissione Bicamerale pre-sieduta dall’onorevole D’Alema: la cosiddetta bozza Boato, relatore per il Comitato Sistema delle Garanzie, infatti, pur mantenendo un unico accesso alla magistratura, già preve-deva lo sdoppiamento del C.S.M. in due sezioni, una per i giudici ed una per i pubblici ministeri, l’istituzione di una Corte di giustizia della magistratura e la possibilità di pas-saggio dalla funzione requirente alla funzione giudicante, o viceversa, solo a seguito di concorso e comunque con tra-sferimento ad altro distretto.

Insomma, il progetto non è né di destra né di sinistra e non è contro nessuno: è semplicemente una riforma per i cittadini di questo Paese, unico esempio tra tutti gli ordina-menti occidentali ad avere giudici e pubblici ministeri acco-munati in un’unica organizzazione (unitamente alla Francia, dove però il pubblico ministero è sottoposto all’esecutivo e non vige il principio di obbligatorietà dell’azione penale), volta a costruire ed esaltare la terzietà del giudice, innalzan-

Una riforma sul mare...

Page 40: SOMMARIO - Fondazione dell'avvocatura parmense · 2015-11-07 · 14 Note sul processo amministrativo II: ... Periodico quadrimestrale a cura dell’Ordine degli Avvocati di Parma.

28

dolo al di sopra delle parti in posizione equidistante dalle stesse, così da garantire un contraddittorio in effettiva con-dizione di parità tra accusa e difesa, come avviene in ogni ordinamento democratico e liberale. Non è un caso, d’altra parte, se nei riguardi della separazione delle carriere si siano espressi in termini favorevoli opinionisti di ogni estrazione politica quali Piero Sansonetti (gli Altri 18.3.2011, pag. 3), Massimo Tosti (Italia Oggi 12.3.2011, pag. 3), Pierluigi Bat-tista (Corriere della Sera 11.3.2011, pag. 1), Stefano Cap-pellini (Il Riformista 10.3.2011, pag. 1), magistrati giudicanti (Guido Salvini su Il Riformista 13.3.2011, pag. 1) e requirenti (Carlo Nordio su Il Riformista 6.6.2010, pag.6), ex presidenti emeriti della Corte costituzionale come Francesco Paolo Casavola (Ansa 14.1.2003) e Giovanni Conso (intervento al Congresso Straordinario dell’Unione Camere Penali Ita-liane, Torino 3.10.2009) ed illustri voci dell’accademia quale quella dell’Associazione tra gli Studiosi del Processo Penale (In difesa del rito accusatorio, Assemblea dei Soci, Lecce 25.10.2009).

Uscito dalla Rivoluzione dei Garofani del 1974, una delle prime riforme che il Portogallo democra-tico varò per modificare la struttura statuale ereditata dalla precedente dittatura fu la legge del 1978, con la quale venne istituita la magistratura del pubblico ministero come un organo separato dai giudici e con carriera propria, introducendo due Consigli Superiori della Magistratura, inquirente e giudicante. Nel dibattito che accompagnò tale trasformazione furono proprio i magistrati progressisti a sostenere l’idea della separazione netta tra le due carriere. La carriera unica, infatti, veniva identificata, giuridicamente e culturalmente, con il regime autoritario da poco caduto. E’ quindi a dir poco curioso che buona parte della sinistra italiana identifichi come progressista la posi-zione di chi difende la unicità delle carriere di stampo napo-leonico voluta, nel 1941, dal Guardasigilli mussoliniano Dino Grandi, siccome funzionale alla giustizia dell’allora vigente regime.

La separazione delle carriere dei magistrati.Il dibattito sul tema della separazione delle carriere

dei magistrati era già presente nei lavori della Costituente: “Non può negarsi che il pubblico ministero, in quanto pro-motore e dominus dell’azione penale, rappresenta la pre-tesa punitiva dello Stato (o, se si vuole, il diritto sogget-tivo statale alla punizione del reo); fa valere, cioè, innanzi all’Autorità giudiziaria l’interesse dello Stato alla punizione del reo. Ora questa funzione rientra nell’ambito di attività del potere esecutivo, che, invece di procedere direttamente alla punizione del reo, si autolimita, chiamando a giudice su tale pretesa il potere giudiziario. Se è così, non si comprende una riconduzione del pubblico ministero nella sfera di fun-

zioni e prerogative del potere giudiziario. In quanto parte (sia pure in un senso formale, sia pure sui generis, sia pure con doveri di obiettività e imparzialità), il pubblico ministero non può avere la stessa natura dell’organo giudicante. Né si potrebbe tentare di disancorare il pubblico ministero da questa sua funzione; giacché, se ciò accadesse, resterebbe non solo snaturata la sua funzione, bensì annullata la stessa ragion d’essere della sua esistenza”. Sono parole di Giovanni Leone tratte dalla sua relazione sul potere giudiziario e sulla corte di garanzia costituzionale, presentata alla II Sottocom-missione, presieduta dal deputato Ruini, della Commissione per la Costituzione.

La soluzione uscita dai lavori dell’Assemblea, come noto, fu di compromesso: si affermò infatti che “La magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere” (art. 104 primo comma Cost.); che “I giudici sono soggetti soltanto alla legge” (art. 101 secondo comma Cost.); mentre, per quanto riguarda il pubblico ministero, si

rinviò al successivo dibattito sulla riforma ordinamentale, prevista dalla VII disposizione transitoria e mai attuata, limitandosi a stabilire in Costituzione che il medesimo “gode delle garanzie stabilite nei suoi riguardi dalle norme sull’or-dinamento giudiziario” (art. 107

ultimo comma Cost.). Il modello ordinamentale è entrato in crisi nel 1989,

con l’abbandono del rito penale inquisitorio e l’adozione del processo accusatorio proprio del nuovo codice di pro-cedura penale. In un processo di parti, infatti, il pubblico ministero italiano, figura mitologica metà giudice metà accu-satore, non poteva più trovare una propria corretta collo-cazione ed il tema della separazione delle carriere tornò ad essere di assoluta rilevanza ed attualità.

In proposito, un magistrato dell’autorevolezza di Gio-vanni Falcone, apertamente schierato per la separazione, ebbe a dire: “Un sistema accusatorio parte dal presuppo-sto di un pubblico ministero che raccoglie e coordina gli elementi della prova da raggiungersi nel corso del dibatti-mento, dove egli rappresenta una parte in causa. Gli occor-rono, quindi, esperienze, competenze, capacità, preparazione anche tecnica per perseguire l’obbiettivo. E nel dibattimento non deve avere nessun tipo di parentela col giudice e non essere, come invece oggi è, una specie di para-giudice. Il giu-dice, in questo quadro, si staglia come figura neutrale, non coinvolta, al di sopra delle parti. Contraddice tutto ciò il fatto che, avendo formazione e carriere unificate, con desti-nazioni e ruoli intercambiabili, giudice e Pm siano, in realtà, indistinguibili gli uni dagli altri. Chi, come me, richiede che siano, invece, due figure strutturalmente differenziate nelle competenze e nella carriera, viene bollato come nemico dell’indipendenza del magistrato, un nostalgico della discre-

quella della separazione delle carriere, infine, è divenuta una soluzione costituzionalmente imposta ed “ineludibile”

una riforma sul mare

Page 41: SOMMARIO - Fondazione dell'avvocatura parmense · 2015-11-07 · 14 Note sul processo amministrativo II: ... Periodico quadrimestrale a cura dell’Ordine degli Avvocati di Parma.

29

zionalità dell’azione penale, desideroso di porre il Pm sotto il controllo dell’Esecutivo. E’ veramente singolare che si voglia confondere la differenziazione dei ruoli e la specializza-zione del Pm con questioni istituzionali totalmente distinte” (intervista a Mario Pisani, La Repubblica, 3.10.1991).

Quella della separazione delle carriere, infine, è divenuta una soluzione costituzionalmente imposta ed “ineludibile”, secondo l’espressione utilizzata dal Presidente Emerito della Corte costituzionale prof. Giovanni Conso, dopo l’introdu-zione, nel 1999, dei principi del Giusto Processo, peraltro già sanciti dalla Convenzione Europea per i Diritti dell’Uomo, nell’art. 111 Cost., il cui secondo comma, oggi, dispone che “Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a un giudice terzo e impar-ziale”.

La formula finale non contiene un’endiadi. L’espressione “terzo e imparziale” non è una superfetazione legislativa ed i due aggettivi non vengono utilizzati come sinonimi: la terzietà del giudice rappresenta il valore strumentale attra-verso il quale raggiungere quello finale della sua imparzialità. Come a disegnare un triangolo isoscele, il giudice, ergendosi in posizione superiore ed equidistante dalle parti, tra loro in posizione di parità, garantisce l’imparzialità della sua deci-sione.

Se l’asserto è fondato, i due ordini degli organi di accusa e di decisione devono essere separati non solo nel pro-cesso, ma anche nell’ordinamento giudiziario affinché si realizzi effettivamente il valore finale della imparzialità della decisione.

Fermo lo statuto delle guarentigie di autonomia ed indipendenza esterna da ogni altro potere, la separatezza organizzativa tra i magistrati dell’accusa e della decisione è necessaria perché questi non siano assimilati ai primi. In tali termini va colta la questione, e non viceversa. Non si tratta di rendere più o meno difficoltosa la corsa ad ostacoli ad un magistrato che intenda passare dalla funzione requirente a quella giudicante o viceversa, imponendogli spostamenti verso altri circondari o distretti più o meno lontani, ma di impedire che l’unità organizzativa consenta che un soggetto sia nominato magistrato per esercitare indifferentemente la funzione di accusa o la funzione di decisione, come se di trattasse di funzioni riconducibili ad un unico genus. Il punto centrale è proprio questo: i giudici ed i pubblici mini-steri non debbono essere allocati in una medesima orga-nizzazione ordinamentale (e identificarsi in un medesimo sviluppo di carriera) quasi che, al di là di una distinzione formale tra accusa e decisione, si tratti di un’unica funzione o, comunque, di due sotto-funzioni di una stessa funzione. In ciò si coglie come l’unicità di organizzazione nell’ordi-namento giudiziario, non a caso voluta in Italia durante il ventennio fascista, sia ispirata ad una concezione autoritaria della giustizia penale, perché considera in sé identico il magi-strato, tanto se adibito ad accusare quanto a decidere.

Non a caso, il Guardasigilli Dino Grandi, nella sua Rela-zione alla Maestà del Re Imperatore per l’approvazione del testo del nuovo ordinamento giudiziario, a proposito della questione se giudici e pubblici ministeri dovessero o meno essere separati sotto il profilo ordinamentale, a giustifica-zione della scelta dell’unità dell’organizzazione osservò: “Sull’argomento è qui sufficiente accennare alle ragioni fon-damentali che hanno sconsigliato il ritorno al regime della separazione dei ruoli, quale fu concepito ed attuato nella originaria legge del 1865 e soppresso poi con la legge del 1890. Sono ragioni d’ordine politico, in quanto, superata la distinzione fondamentalmente erronea, tra i poteri dello Stato e subentrata la concezione di una differenziazione di funzioni, non sarebbe più concepibile nello Stato moderno una netta separazione tra magistratura requirente, parte-cipe della funzione esecutiva, e magistratura giudicante, da quella nettamente distinta. Ciò determinerebbe la forma-zione di veri e propri compartimenti stagni nell’organismo della Magistratura, in contrasto con la sostanziale unicità della funzione” (in G.U., 4 febbraio 1941, ed. str., p. VI).

Se allora si vuole realmente affermare oggi il valore dell’imparzialità della decisione, non basta definire il giudice in una posizione di terzietà nel processo: occorre che questa sia protetta da contaminazioni di origine ordinamentale, non essendo seriamente prospettabile che i magistrati di accusa e di decisione siano uguali nell’ordinamento e radicalmente diversi nel processo. Se uguali nell’ordinamento, essi infatti si auto-identificano come portatori nelle istituzioni, cioè nel processo, e nella società di una medesima funzione: ciò che, appunto, corrisponde ai modelli ed alle esperienze proces-suali di marca autoritaria (cfr. O. Dominioni, Giudice e Pub-blico Ministero. Le ragioni della separazione delle carriere, in Studi in onore di Giorgio Marinucci, Milano, 2006).

La questione, quindi, affonda le proprie radici in pro-fonde ragioni di natura giuridica, politica e culturale; non si esaurisce, come pur qualcuno a dir poco superficialmente afferma, nel problema del giudice e del pubblico ministero che prendono il caffè insieme chiamandosi per nome, o del pubblico ministero che deve entrare nella stanza del giudice con il cappello in mano al pari dell’avvocato (il quale, sia ben chiaro, invero, con il cappello in mano dal giudice non ci dovrebbe andare).

Il problema è che un giudice collega del pubblico mini-stero, con in comune lo stesso percorso di accesso, magari alcune pregresse esperienze lavorative, i medesimi consiglio giudiziario e Consiglio Superiore della Magistratura, non può necessariamente incarnare quel valore di terzietà che l’attuale art. 111 Cost. gli impone di rappresentare.

Tutto questo, poi, crea nella prassi una sorta di malce-lato affidamento del giudice nell’operato del collega pub-blico ministero che si risolve, spesso, in una abdicazione, da parte del primo, al suo ruolo di severo controllore della legalità processuale: basti por mente, in proposto, alle centi-

una riforma sul mare

Page 42: SOMMARIO - Fondazione dell'avvocatura parmense · 2015-11-07 · 14 Note sul processo amministrativo II: ... Periodico quadrimestrale a cura dell’Ordine degli Avvocati di Parma.

30

naia di proroghe delle indagini preliminari quotidianamente richieste dai pubblici ministeri ed acriticamente concesse dai giudici per le indagini preliminari, senza alcun vaglio in ordine alla ricorrenza dei requisiti normativi previsti per il loro rilascio (tanto è vero che ogni pubblico ministero, di prassi, nemmeno trasmette il proprio fascicolo al giudice per l’eventuale scrutinio), ovvero alle ordinanze di custodia cautelare fatte con il metodo del taglia-incolla, nelle quali il giudice rinuncia sostanzialmente ad esprimere il proprio pensiero in ordine ai fatti sottoposti al suo vaglio, facendosi mezzo di riproduzione delle argomentazioni svolte nella sua richiesta dal pubblico ministero (il quale, peraltro, non di rado ripercorre integralmente quelle sviluppate dalla polizia giudiziaria nelle proprie informative: con il risultato finale di avere un provvedimento limitativo della libertà personale di un individuo motivato dalla polizia).

A tali guasti tende a rimediare il testo di riforma pre-sentato dal Governo, i cui artt. 2 e 4, in particolare, interve-nendo sugli artt. 101 comma secondo e 104 Cost., stabili-scono i seguenti principi: “I giudici costituiscono un ordine autonomo e indipendente da ogni potere e sono soggetti soltanto alla legge” (nuovo art. 101 secondo comma Cost.); “I magistrati si distinguono in giudici e pubblici ministeri. La legge assicura la separazione delle carriere dei giudici e dei pubblici ministeri. L’ufficio del pubblico ministero è organizzato secondo le norme dell’ordinamento giudiziario che ne assicurano l’autonomia e l’indipendenza” (nuovo art. 104 Cost.).

I nuovi Consigli Superiori della Magistratura e la Corte di disciplina.

Come sopra detto, la realizzazione dell’effettiva ter-zietà del giudice passa necessariamente anche attraverso la costruzione di due distinti organi di governo della magistra-tura giudicante e di quella requirente.

Nella cosiddetta bozza Boato uscita dalla Commissione Bicamerale, la scelta era caduta sulla costituzione di due distinte sezioni all’interno del medesimo Consiglio Supe-riore. Il testo proposto dal Governo, più coerentemente, prevede l’istituzione di due differenti Consigli: quello dei giudici e quello dei pubblici ministeri, entrambi presieduti dal Presidente della Repubblica, quale momento di sintesi e di massima garanzia, e con componente di diritto, rispettiva-mente, in quello dei giudici il primo presidente della Corte di Cassazione e in quello dei pubblici ministeri il Procura-tore Generale presso la stessa (nuovi artt. 104-bis e 104-ter Cost.).

I restanti componenti, invece, verrebbero per metà eletti dai magistrati appartenenti alle rispettive categorie (giudici ordinari o pubblici ministeri) e per metà nominati dal Par-lamento in seduta comune tra professori ordinari di uni-versità in materie giuridiche e avvocati dopo quindici anni di servizio.

L’elezione della componente togata, peraltro, avverrebbe previa individuazione a mezzo sorteggio della rosa di eleg-gibili.

Ciò, all’evidenza, al fine di porre rimedio, forse in modo fin troppo radicale, al pernicioso fenomeno del correntismo che, in modo indiretto ma non per ciò meno pericoloso, limita l’indipendenza e l’autonomia interne del singolo magi-strato, che da tali garanzie dovrebbe essere assistito anche rispetto agli eventuali condizionamenti correntizi sulle pro-prie progressioni di carriera.

Per quanto la rappresentanza togata all’interno di cia-scun Consiglio, in ragione della presenza quale membro di diritto del più alto magistrato presso la Cassazione, continui ad essere maggioritaria rispetto a quella di nomina politica, non ci si nasconde che un così alto numero di componenti di provenienza parlamentare potrebbe dannosamente ripro-durre, all’interno degli organi di governo delle magistrature, il conflitto politico esistente all’esterno di essi.

Nella proposta di legge a suo tempo predisposta dall’Unione Camere Penali Italiane, con l’ausilio del Centro Studi Marongiu, si ipotizzava, forse più cautamente, una composizione sostanzialmente identica a quella della Corte costituzionale, con un terzo di eletti dalle rispettive magi-strature, un terzo di nomina parlamentare ed un terzo indi-cati dal Presidente della Repubblica.

Sul punto, il testo governativo è certamente perfettibile. quel che è evidente è che le nuove composizioni dei due organi non possono più riprodurre quella preponderante maggioranza togata che, fino alla fine dei loro lavori, nem-meno i Padri costituenti intendevano introdurre e che fu frutto dell’approvazione in Assemblea del c.d. emendamento Scalfaro, che ha trasformato il C.S.M., anche nel lessico cor-rente, da organo di governo autonomo della magistratura ad organo di autogoverno da parte della stessa.

Nel nuovo assetto costituzionale, infine, le funzioni del C.S.M. verrebbero più opportunamente limitate a quelle di alta amministrazione delle magistrature, con compiti di assunzione, assegnazione, trasferimento e promozione dei rispettivi magistrati (nuovo art. 105 Cost.), con esclusione della giurisdizione disciplinare che, invece, verrebbe asse-gnata ad una Corte di disciplina divisa in due sezioni, una per i magistrati giudicanti ed una per i requirenti, composte per metà da membri eletti dal Parlamento in seduta comune e per metà eletti dalle rispettive categorie di magistrati (giu-dici e pubblici ministeri), in una rosa di nomi preventiva-mente individuati per sorteggio.

Anche in questo caso è evidente l’intento della riforma di ridimensionare l’attuale eccesso di autarchia della magi-stratura, da un lato, e di rendere effettivo il controllo disci-plinare sull’operato dei singoli magistrati, dall’altro.

I rapporti tra pubblico ministero e polizia giudi-ziaria.

una riforma sul mare

Page 43: SOMMARIO - Fondazione dell'avvocatura parmense · 2015-11-07 · 14 Note sul processo amministrativo II: ... Periodico quadrimestrale a cura dell’Ordine degli Avvocati di Parma.

31

L’art. 10 del progetto propone la sostituzione dell’at-tuale art. 109 Cost., a mente del quale “L’autorità giudizia-ria dispone direttamente della polizia giudiziaria”, con la seguente formulazione: “Il giudice e il pubblico ministero dispongono della polizia giudiziaria secondo le modalità sta-bilite dalla legge”.

Si tratta decisamente del nodo più spinoso della riforma sul quale, peraltro, la Giunta dell’Unione Camere Penali Ita-liane ha già espresso le proprie perplessità in sede di audi-zione formale, il 27 maggio scorso, avanti alle Commissioni parlamentari riunite.

La questione, all’evidenza, è rappresentata dalla soppres-sione dell’avverbio “direttamente” e si pone, nella sostanza, con riferimento ai rapporti della polizia giudiziaria con il pubblico ministero; quelli con il giudice, infatti, risolvendosi in concreto in ipotesi del tutto marginali, quali quelle con-nesse alla disciplina dell’udienza, all’esecuzione degli ordini di accompagnamento coattivo o di alcune notificazioni, certamente non necessitano di copertura costi-tuzionale, ben potendo trovare nella sola legge ordinaria la propria fonte normativa di riferimento.

quello dei rapporti tra pub-blico ministero e polizia giudizia-ria, invece, è un tema che investe direttamente la capacità investigativa della magistratura requirente e che, innegabil-mente, si riverbera sulle possibilità di esercizio, in concreto, dell’azione penale.

Al riguardo, come è noto, in seno all’Assemblea costi-tuente era emerso un iniziale orientamento inteso a creare uno speciale corpo di polizia alle esclusive dipendenze dell’autorità giudiziaria; questo fu poi abbandonato in favore di una dipendenza solo funzionale, e non gerarchica o disci-plinare, compendiata nella formula della disponibilità diretta, ma non esclusiva, della polizia giudiziaria.

Nella relazione accompagnatoria il progetto in esame si legge che “la nuova disposizione deve essere coordinata con le altre, che affermano l’imparzialità dell’azione giudizia-ria, in particolare delle investigazioni e delle indagini penali (il settore di maggior impegno per la polizia giudiziaria); l’autonomia e l’indipendenza della magistratura, in parti-colare dell’ufficio del pubblico ministero; l’obbligatorietà dell’azione penale. L’insieme di queste norme, da una parte, conferma che il rapporto tra polizia giudiziaria e autorità giudiziaria è un rapporto di stretta dipendenza funzionale e che, quindi, il legislatore deve necessariamente regolarlo escludendo ogni interferenza esterna sull’attività giudiziaria; dall’altra, chiarisce che, sul piano amministrativo e su quello organizzativo, non può esservi subordinazione della polizia giudiziaria alla magistratura” (relazione accompagnatoria A.C. 4275, pag. 12).

Il relatore per la Commissione Giustizia on. Manlio Con-

tento, in sede di esposizione introduttiva del progetto, ha riferito che le previsioni appena citate “completano il dise-gno rivolto a perfezionare la capacità repressiva dello Stato attraverso una chiara distinzione dei ruoli che spettano alla polizia e alla magistratura (in particolare a quella requirente). Alla polizia viene riconosciuta piena autonomia nell’attività di preinvestigazione, mentre all’ufficio del pubblico ministero sono riservate, conformemente alla sua natura di autorità giudiziaria, le attività di carattere processuale …” (cfr. reso-conto stenotipico lavori Camera dei Deputati, Commissioni riunite Affari costituzionali e Giustizia, seduta pomeridiana 3.5.2011).

Al di là delle vuote affermazioni di principio, in concreto il tema sottotraccia parrebbe essere, sia pur in modo incon-fessato, quello della corretta delimitazione tra attività di polizia per così dire amministrativa, da un lato, e giudizia-ria vera e propria, dall’altro, nonché della possibilità, per il

pubblico ministero, di servirsi della polizia giudiziaria solo e soltanto per lo svolgimento di quest’ultima.

Nella prassi, infatti, il rapporto di disponibilità diretta da luogo non di rado a patologiche distorsioni nelle quali il pubblico ministero si serve della polizia giudiziaria, e

spesso di nuclei investigativi altamente specializzati, non per lo svolgimento di attività di indagine su di una determinata notitia criminis, ma proprio alla ricerca di essa.

E’ evidente che quella di ricerca delle notizie di reato è attività di natura amministrativa e pre-procedimentale che la polizia deve istituzionalmente svolgere in autonomia e nella quale il pubblico ministero non deve e non può mettere le mani, pena la sua mutazione genetica da organo giudiziario propulsore dell’azione penale a censore dei costumi e della moralità sociali.

Ma, se questo è il punto, forse una soluzione di compro-messo che, pur mantenendo il principio costituzionale del rapporto di diretta disponibilità tra polizia giudiziaria e pub-blico ministero, faccia esplicito riferimento alla preventiva necessaria ricezione, da parte di quest’ultimo, della notizia di reato, potrebbe sembrare preferibile.

Sulla disciplina dei rapporti in questione, il totale rinvio fatto dal progetto di riforma alla legge ordinaria e, quindi, alle maggioranze politiche del momento, non pare offrire sufficienti garanzie.

La nuova disciplina delle impugnazioni.L’art. 12 della riforma vorrebbe introdurre nell’art. 111

Cost. un ultimo comma a mente del quale “Contro le sen-tenze di condanna è sempre ammesso l’appello, salvo che la legge disponga diversamente in relazione alla natura del reato, delle pene e della decisione. Le sentenze di proscio-glimento sono appellabili soltanto nei casi previsti dalla

il totale rinvio alla legge ordi-naria e, quindi, alle maggioranze politiche del momento, non pare offrire sufficienti garanzie

una riforma sul mare

Page 44: SOMMARIO - Fondazione dell'avvocatura parmense · 2015-11-07 · 14 Note sul processo amministrativo II: ... Periodico quadrimestrale a cura dell’Ordine degli Avvocati di Parma.

32

legge”.Il testo, in buona sostanza, vorrebbe affermare il prin-

cipio generale dell’appellabilità delle sentenze di condanna, così dando rango costituzionale ad una regola già contenuta nell’art. 2 del Protocollo n.7 della Convenzione per la sal-vaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, adottato a Strasburgo il 22 novembre 1984 e reso esecutivo in Italia con legge 9 aprile 1990 n.98, e dell’inappellabilità delle sentenze di proscioglimento.

Ad entrambi i principi, peraltro, il legislatore ordinario potrebbe introdurre eccezioni, quanto all’appello contro i proscioglimenti, senza alcun limite costituzionale, mentre per quello contro le condanne solo in considerazione dello scarso rilievo penale del reato per cui si procede (ad esempio, una contravvenzione), delle sue conseguenze san-zionatorie (ad esempio, la sola pena pecuniaria) o del tipo di decisione assunta (per quest’ultimo profilo, il pensiero corre immediatamente alla sentenza di patteggiamento che, pur non rappresentando una pronuncia di condanna, alla stessa è comunque espressamente equiparata).

Insomma, un tendenziale diritto costituzionalmente garantito all’appellabilità delle sentenze di condanna ed uno speculare divieto di appello di quelle di proscioglimento.

Il nuovo precetto costituzionale consentirebbe così, da un lato, di superare de plano le censure di illegittimità che avevano condotto la Consulta ad affondare, con ripetute pronunce nel corso del 2007, la nuova disciplina dell’appello introdotta dalla legge Pecorella (L. 20 febbraio 2006, n.46) e, dall’altro, di consentire al legislatore ordinario la realiz-zazione di quel corretto bilanciamento di interessi la cui mancanza, nell’orientamento del Giudice delle Leggi, aveva condotto alle declaratorie di illegittimità costituzionale di un sistema impostato sul totale esproprio dell’appello all’ac-cusa.

L’esercizio dell’azione penale secondo criteri di priorità.

Il progetto di riforma propone una nuova formulazione dell’art. 112 Cost. secondo la quale “L’ufficio del pubblico ministero ha l’obbligo di esercitare l’azione penale secondo i criteri stabiliti dalla legge”.

Da parte di alcuni tra i più fermi oppositori della riforma si è affermato che con la novella verrebbe abolito il princi-pio di obbligatorietà dell’azione penale.

L’affermazione è, per un verso, infondata, per un altro capziosa e in mala fede.

E’ infondata, in linea teorica, perché la lettera del nuovo testo lascerebbe comunque intatto il principio dell’obbliga-torietà dell’azione penale, limitandosi ad affidare al legisla-tore ordinario i criteri di priorità del suo esercizio: fermo il principio che ogni notizia di reato deve essere perseguita, si rimetterebbe al Parlamento la scelta, da adottarsi annual-mente, in ordine a quali reati debbano essere perseguiti per

primi, quali per secondi e … quali per ultimi.In concreto, alla luce di una visione realistica dello stato

delle cose, è capziosa ed in mala fede perché vorrebbe lasciar intendere che, nel nostro sistema processuale, l’eser-cizio dell’azione penale sia effettivamente obbligatorio.

Chiunque non sia un anacoreta che abbia trascorso gli ultimi trent’anni della propria vita da stilita sopra una colonna sa che, in questo Paese, l’esercizio dell’azione penale è, in realtà, discrezionale se non, più propriamente, arbitrario.

qualsiasi Autorità inquirente, anche la più laboriosa e dotata di mezzi e personale possibili, sa benissimo che non potrà mai soddisfare la domanda di giustizia penale che gli viene rivolta.

Non è solo un problema di limitatezza delle risorse; è un fenomeno assolutamente fisiologico in qualunque società moderna: se anche si raddoppiassero le forze di polizia e gli organici delle Procure della Repubblica, non si sarebbe mai in grado di perseguire penalmente ogni fatto reato di cui si abbia notizia.

Chiunque abbia subito ad opera di ignoti il furto di una bicicletta o, addirittura, un furto in abitazione, sa benissimo che dopo la presentazione della sua formale denuncia nes-suna attività di indagine verrà mai svolta e nessun processo verrà intentato contro chicchessia. Potrà anche notare delle impronte palmari sulle imposte delle finestre ma, certa-mente, attenderà invano l’arrivo della polizia scientifica per i rilievi.

Il nostro sistema penale, al pari di quello di qualunque altra società avanzata, non è in grado, oggi, nemmeno di garantire la persecuzione penale di tutte le notizie di reato attribuite a soggetti noti; figuriamoci nei confronti degli ignoti.

In questo stato di cose, pur nel quadro di una teorica obbligatorietà dell’azione penale, una scelta in ordine a ciò che si persegue prima, ciò che si persegue dopo, ciò che forse si perseguirà quando ci se ne potrà occupare e ciò che probabilmente non si perseguirà mai, perché nel frat-tempo verrà prescritto, qualcuno, comunque, la deve fare e, soprattutto, la fa.

Nel 2007 il Procuratore della Repubblica presso il Tribu-nale di Torino Maddalena, peraltro proseguendo una prassi in tal senso già inaugurata negli anni ’80 dal suo predeces-sore Zagrebelsky, ha pubblicato una circolare interna al pro-prio ufficio con la quale si stabilivano i criteri di priorità nell’esercizio dell’azione penale, chiedendone la ratifica al C.S.M. che, seppur con una maggioranza di soli due voti, gliela concesse.

Nella medesima il citato Procuratore, dopo aver pre-messo che la recente concessione di indulto (L. 241/2006) per un amplissimo numero di reati rendeva, a suo giudizio, sostanzialmente inutile la celebrazione dei relativi processi, espressamente scriveva: “nel nostro Ufficio nel quale, a

una riforma sul mare

Page 45: SOMMARIO - Fondazione dell'avvocatura parmense · 2015-11-07 · 14 Note sul processo amministrativo II: ... Periodico quadrimestrale a cura dell’Ordine degli Avvocati di Parma.

33

dispetto di un meccanismo e di un modulo organizzativo che vede i magistrati impegnati nell’esame quotidiano delle nuove notizie di reato e nella definizione immediata di tutti i procedimenti per i quali ciò sia possibile (…), si registra il formarsi (e, soprattutto, il crescere progressivo ed ine-luttabile) di un arretrato che veramente preoccupa per le sue dimensioni. … Ritengo, perciò, che per evitare di cele-brare nel 2012 e oltre i processi relativi a fatti commessi nel corrente anno, sia necessario adottare alcuni criteri di selezione e di accantonamento di fascicoli, in attesa magari di tempi migliori (che potrebbero derivare da una sempre amara, ma ormai purtroppo necessaria amnistia), con delle variabili legate alla oggettività del fatto, alla gravità della lesione degli interessi protetti, alla soggettività del reo, all’in-teresse all’azione dell’indagato o imputato o delle persone offese, alla irreperibilità dell’indagato etc. etc.”.

Sia detto subito: l’iniziativa del Procuratore Maddalena, per quanto a giudizio di chi scrive illegittima, ha avuto di certo l’innegabile merito di rendere palese, in quel circon-dario, ciò che in ogni altro ufficio si fa, sia pur celatamente.

Il punto, però, è che il Procuratore della Repubblica di Torino, al pari di ogni altro suo collega, non ha alcuna legittimazione democratica per poter decidere quali fatti reato perseguire e quali lasciar prescrivere e, soprattutto, non ha alcuna forma di responsabilità in ordine alle scelte effettuate, di natura certamente politica, ed alla conseguente repressione penale svolta.

L’esercizio di qualsiasi potere, anche il più ampiamente discrezionale, richiede necessariamente momenti di bilan-ciamento, verifica e responsabilità: diversamente, non può che risolversi in mero arbitrio.

Ma se la repressione penale comporta, anche in rela-zione all’impiego delle risorse disponibili in termini di strut-ture, mezzi e personale da impiegare nelle indagini, scelte di natura squisitamente politica (nel senso più nobile del termine, ossia di interesse della polis), perché allora lasciarla a quasi duecento monarchi assoluti nel loro rispettivo cir-condario, privi di qualsiasi coordinamento tra loro ed arbitri insindacabili delle attività svolte nei rispettivi feudi, anziché assegnarle ai rappresentati del popolo italiano, ossia proprio di quel soggetto nel cui nome la Giustizia è amministrata?

Si contesta da parte di taluno che con l’elaborazione dei criteri di priorità si consentirebbe alle singole maggio-ranze di governo del momento di condizionare l’operato della magistratura, ad esempio qualificando come di non prioritaria trattazione procedimenti relativi a reati dei quali dovessero risultare interessati suoi appartenenti (si pensi, per attualizzare l’argomento, ai procedimenti per ipotesi di prostituzione minorile).

Ci si dimentica, però, di alcune considerazioni di non secondaria importanza: in primo luogo, che l’immanente principio di obbligatorietà dell’azione penale consentirebbe in ogni caso una copertura di legittimità, anche disciplinare,

alla precoce attivazione di iniziative giudiziarie non priori-tarie di oggettivo interesse pubblico; in secondo luogo, che alle medesime maggioranze politiche sarebbe comunque sempre consentito (come peraltro già avvenuto in passato) il ricorso all’abrogazione delle fattispecie penali sgradite, prerogativa della quale nessuno ha mai posto in discussione la legittimità; infine, che scelte legislative di questo segno impegnerebbero comunque la responsabilità politica della maggioranza che, di esse, sarebbe chiamata poi a rispondere innanzi agli elettori.

Sulla bontà della scelta di affidare al Parlamento l’ela-borazione dei criteri di priorità nell’esercizio dell’azione penale (peraltro già adotta, sia pure in regime transitorio, dal governo di centro-sinistra in occasione del varo della riforma del giudice unico: cfr. art. 227 D. L.vo 19 febbraio 1998, n.51), si potrà certamente discutere: ad essa si potranno legitti-mamente preferire opzioni di tipo oligarchico o tecnocra-tico quale quella attuale, che consegna la realizzazione della politica delle persecuzione penale nelle mani di un manipolo di soggetti non elettivi e politicamente (oltre che giuridica-mente) irresponsabili. Di certo, però, non si potrà dire che non abbia una sua dignità democratica.

La responsabilità civile dei magistrati.Nel 1987, sull’onda emozionale di un errore giudiziario

che sconvolse l’intera opinione pubblica, ossia il caso Tor-tora, la stragrande maggioranza degli italiani votò un refe-rendum con il quale si rivendicava a chiare lettere il princi-pio della responsabilità civile dei magistrati.

La legge che venne successivamente varata in apparente osservanza di tale voto (L. 13 aprile 1988, n.117), ad un giu-dizio storico obbiettivo, ha indiscutibilmente dato pessima prova di sé e tradito la volontà popolare uscita dalla tornata referendaria.

In quasi 25 anni di applicazione, i casi di affermata respon-sabilità, nei quali lo Stato dovrebbe rispondere in via diretta per i danni provocati con dolo o colpa grave dal magistrato, sul quale poi rivalersi, non hanno raggiunto nemmeno la decina (si è esclusa, ad esempio, la responsabilità in parola nel caso di incarcerazione di un innocente per omonimia).

In proposito, basti solo por mente al fatto che secondo la giurisprudenza di legittimità formatasi in argomento, la responsabilità per colpa grave del giudice sussiste solo “quando il comportamento del magistrato si concretizza in una violazione grossolana e macroscopica della norma ovvero in una lettura di essa contrastante con ogni crite-rio logico, che comporti l’adozione di scelte aberranti nella ricostruzione della volontà del legislatore, la manipolazione assolutamente arbitraria del testo normativo e lo sconfina-mento dell’interpretazione nel diritto libero” (cfr. Cass. civ., sez. III, 18 marzo 2008, n.7272) e, quanto al dolo, con rife-rimento alla responsabilità dei magistrati tale nozione “va intesa nel senso non della semplice volontarietà dell’azione

una riforma sul mare

Page 46: SOMMARIO - Fondazione dell'avvocatura parmense · 2015-11-07 · 14 Note sul processo amministrativo II: ... Periodico quadrimestrale a cura dell’Ordine degli Avvocati di Parma.

34

che si assume dannosa (come per qualunque altro soggetto, n.d.r.), bensì nel senso della diretta consapevolezza di com-piere un atto giudiziario formalmente e sostanzialmente illegittimo con il deliberato proposito di nuocere ingiusta-mente ad altri e, segnatamente, di ledere i diritti della parte soccombente, onde la necessità, affinché possa ritenersi sussistente la responsabilità dei giudici, che l’attore fornisca la prova di una simile consapevolezza, ovvero del fatto che l’emissione del provvedimento sia stata determinata da fini estranei alle esigenze dell’amministrazione della giustizia” (cfr. Cass. civ., sez. III, 16 novembre 2006, n.24370).

Di conseguenza, si è escluso ad esempio potesse sus-sistere “grave violazione di legge determinata da negli-genza inescusabile nella condotta dei giudici di appello che, nell’ambito di un maxiprocesso per reati di tipo mafioso, con riferimento ad imputato per il delitto di cui all’art. 416-bis c.p., derubricato in primo grado in favoreggiamento personale, lo abbiano condannato ad una pena superiore, riqualificando in peius il fatto contestato, in mancanza di uno specifico motivo di appello del p.m.” (cfr. Cass. civ., sez. III, 2 marzo 2006, n.4642).

Per effetto di questo diritto vivente, oggi è più facile che un cammello passi dalla cruna di un ago piuttosto che un’azione di responsabilità nei confronti dello Stato per il fatto di un proprio magistrato superi il vaglio del pre-liminare giudizio di delibazione imposto dalla legge del 1988.

Eppure, la stessa Corte di Giustizia CE ha avuto modo di esprimere un giudizio negativo nei confronti della nostra disciplina in materia, espressamente affermando che “Se non si può escludere che il diritto nazionale precisi i criteri rela-tivi alla natura o al grado di una violazione che determinano la responsabilità dello Stato, tali criteri non possono, tuttavia, imporre requisiti più rigorosi di quelli derivanti dal carattere manifesto della violazione, quale risulta dalla giurisprudenza della Corte. Il diritto comunitario osta perciò ad una legi-slazione nazionale che limiti la sussistenza di tale responsa-bilità ai soli casi di dolo o colpa grave del giudice, ove una tale limitazione conducesse ad escludere la responsabilità dello Stato membro interessato allorché sia stata commessa una violazione manifesta del diritto vigente” (Corte Giusti-zia CE, Grande Sezione, 13 giugno 2006, n.173, Traghetti del Mediterraneo contro Repubblica italiana).

La questione centrale, invero, pare la seguente: se un cit-tadino subisce un danno per effetto di un provvedimento giudiziale illegittimo che lo privi, anche solo temporanea-mente, di un diritto fondamentale (libertà personale, pro-prietà, libertà di circolazione etc.), è corretto ipotizzare che qualcuno ne debba rispondere, oppure si deve continuare

ad affermare che dei danni collaterali prodotti dalle attività giudiziarie debba continuare a sopportarne le conseguenze solo il singolo sfortunato destinatario del caso? E se anche al danneggiato si riconoscesse un (sacrosanto) diritto al ristoro di quanto illegittimamente patito, è corretto con-tinuare a socializzarne i costi tra tutti i contribuenti, pur di non richiamare alle proprie responsabilità chi, in concreto, colpevolmente quel danno abbia provocato?

Il disegno di legge di riforma prevede, in proposito, l’in-troduzione dell’art. 113-bis Cost. a mente del quale “I magi-strati sono direttamente responsabili degli atti compiuti in violazione di diritti al pari degli altri funzionari e dipendenti dello Stato. La legge disciplina espressamente la responsabi-lità civile dei magistrati per i casi di ingiusta detenzione e di altra indebita limitazione della libertà personale. La respon-sabilità civile dei magistrati si estende allo Stato”.

Anche (e soprattutto) per questa innovazione si è gri-dato all’attentato all’autonomia dell’ordine giudiziario, pre-conizzando molti magistrati che, in futuro, si asterranno

dall’assumere iniziative doverose, specie nei confronti di soggetti “potenti”, a fronte del rischio di dover rispondere con il proprio patrimonio (o, lo si dica chiaro, con una propria polizza assicurativa) dei danni ingiusti a quelli eventual-mente (e colpevolmente) arrecati.

L’argomento, invero, si rivela di ben scarso spessore: se il mede-simo venisse riproposto nelle sale

operatorie dai chirurghi che, per poter affondare il proprio bisturi nei pazienti, pretendessero un preventivo salvacon-dotto rispetto a futuri giudizi di responsabilità civile (o penale!) sul loro operato, l’intero sistema sanitario si para-lizzerebbe.

quel che si può fondatamente obbiettare alla riforma, invece, è che la responsabilità del medico, piuttosto che dell’ingegnere civile che progetta ponti autostradali, non è oggetto di specifica previsione costituzionale.

Il tema, infatti, ben avrebbe potuto essere affrontato in sede di legislazione ordinaria, come peraltro fino allo scorso mese di marzo si stava facendo in Commissione Giustizia della Camera dei Deputati, con l’esame dei disegni di legge AA.CC. 1956 e abbinati.

Secondo il Ministro Alfano, la previsione della responsa-bilità civile dei magistrati in Costituzione sarebbe necessaria per dare maggior specificità al principio ed alla sua disciplina attuativa da adottarsi con legge ordinaria, rispetto alla più generale previsione di responsabilità dei funzionari e dei dipendenti dello Stato sancita nell’art. 28 Cost..

A giudizio di chi scrive, in realtà, la norma è stata inse-rita nel testo di riforma a mo’ di volano elettorale in vista di un eventuale referendum confermativo, nel tentativo di

Modificare la Costituzione non significa attentare alla democrazia di questo Paese: il procedimento di revisione costituzionale è stato previ-sto dai Padri costituenti proprio per consentire i necessari adeguamenti della Carta fondamentale alle esigenze di una società in continuo sviluppo

una riforma sul mare

Page 47: SOMMARIO - Fondazione dell'avvocatura parmense · 2015-11-07 · 14 Note sul processo amministrativo II: ... Periodico quadrimestrale a cura dell’Ordine degli Avvocati di Parma.

35

intercettare consenso su di un tema certamente avvertito da larga parte della popolazione.

Di ciò (e della lungimiranza dell’operazione) sono buoni testimoni i sondaggi d’opinione pubblicati negli stessi giorni della presentazione del progetto di riforma, secondo i quali il 56% della popolazione sarebbe favorevole alla separazione delle carriere dei magistrati, mentre ben il 77% di essa vor-rebbe una revisione della normativa sulla loro responsabilità civile (Mannheimer su Corriere della Sera 13.3.2011, pag. 16).

Conclusioni.Secondo i rumors di questi giorni, la riforma dovrebbe

andare in votazione in Aula alla Camera intorno ai primi giorni del prossimo agosto.

I quasi due anni di legislatura ancora innanzi consenti-rebbero le doppie letture imposte dall’art. 138 Cost., anche se certamente, nel caso, si renderà necessario un referen-dum confermativo.

Modificare la Costituzione non significa attentare alla democrazia di questo Paese: il procedimento di revisione costituzionale è stato previsto dai Padri costituenti proprio per consentire i necessari adeguamenti della Carta fonda-mentale alle esigenze di una società in continuo sviluppo.

Fin da subito, l’Unione delle Camere Penali Italiane ha auspicato e chiesto a gran voce che sull’argomento si svi-luppasse un dibattito il più ampio ed alto possibile, degno dell’importanza dei temi in discussione, facendosi per prima promotrice di iniziative politiche e culturali di tal segno.

Al tavolo si siedano tutte le componenti della politica, dell’accademia, dell’avvocatura e della magistratura ed espri-mano i propri giudizi ed i propri dissensi, se del caso anche aspri, sul merito della riforma.

Chi intende bocciarla aprioristicamente, battendosi per la conservazione dell’esistente, senza nascondersi dietro a vuoti benaltrismi, abbia però la coerenza di dire pubblica-mente che l’architettura costituzionale della Giustizia ita-liana va bene così com’è. Abbia il coraggio di dire che non vi è nulla di anomalo se, in Italia, nel 1995 il legislatore è dovuto intervenire inserendo una norma nel codice di pro-cedura penale (cfr. art. 274 lett. a) ultima parte) che, per la sua ovvietà, fa fin impressione dover leggere, ossia quella in base alla quale non si possono mettere in carcere gli indagati per farli confessare (intervento legislativo che, evi-dentemente, si rese necessario perché una giurisprudenza patologicamente partecipe delle cultura della repressione penale di cui è portatore il pubblico ministero, ciò aveva consentito); abbia il coraggio di dire che non vi è nulla di male se un giudice per le indagini preliminari, nelle cui mani dovrebbe essere custodito il bene più prezioso di ogni cit-tadino, ossia la libertà personale, a fronte di una richiesta di emissione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere non accoglibile, depositatagli da un pubblico ministero, gli

restituisca il fascicolo con sopra un post-it nel quale, chia-mandolo e firmandosi con il nome di battesimo, gli spieghi come contestare un certo fatto reato per consentirgli di emettere il provvedimento richiesto. Abbia altresì il coraggio di spiegare al cittadino innocente ingiustamente sottoposto ad un lungo ed economicamente dispendioso processo, che è giusto che di quei costi non sia possibile chiedere ristoro ad alcuno. Abbia la forza di spiegare ad una vittima di reato che il suo procedimento si è già prescritto in fase di indagini preliminari perché l’ufficio del pubblico ministero, in oltre 6 anni, non ha trovato il tempo di occuparsene, perché ha ritenuto – del tutto insindacabilmente – di dedicare le pro-prie risorse ad altri fascicoli.

qualunque sarà l’iter del progetto di legge, anche la sua semplice consacrazione, dopo decenni, in un testo in discussione in Parlamento, ha rappresentato un punto di non ritorno ed un successo per chi, in tutti questi anni, si è battuto per una riforma del sistema. Da qui, comunque, si dovrà ripartire. Da qui certamente ripartiranno gli Avvocati delle Camere Penali, nella loro lunga battaglia per l’affer-mazione del valore della terzietà del giudice e della cultura della legalità processuale.

Paolo Moretti

(Componente della Giunta dell’Unione Camere Penali Italiane)

una riforma sul mare

Page 48: SOMMARIO - Fondazione dell'avvocatura parmense · 2015-11-07 · 14 Note sul processo amministrativo II: ... Periodico quadrimestrale a cura dell’Ordine degli Avvocati di Parma.

36

Opposizione a decreto ingiuntivo europeo

S’intende, con queste brevi note, portare all’attenzione del lettore alcune criticità che emergono quando sia necessario opporre un Decreto Ingiuntivo Europeo (“DIE”).

Il DIE è strumento conosciuto per quanto riguarda la sua esistenza nel panorama giuridico ma fino a qualche tempo fa strumento infrequente da avvistarsi. Esso - o comunque la procedura monitoria europea - è stato introdotto nel nostro ordinamento con il Regolamento UE n. 1896/2006 del 12 dicembre 2006 ed è entrato in vigore due anni dopo, ovvero il 12 dicembre 2008. Passato un primo periodo di rodaggio, sempre più spesso capita oggi all’operatore di imbattersi in questo animale un tempo raro.

Si tratta, in estrema sintesi, di un procedimento ingiuntivo europeo, facoltativo - il ricorrente rimane quindi libero di avvalersi del procedimento per ingiunzione tradizionale - volto al rapido ed efficace recupero dei crediti. Crediti non controversi e relativi a vertenze transfrontaliere ovvero in dispute nelle quali almeno una delle parti abbia il domicilio o la residenza in uno Stato membro dell’Unione Europea (Danimarca esclusa) diverso da quello del Giudice adito e derivanti da rapporti in materia civile e commerciale.

Il procedimento è assai semplice: si risolve in sostanza nella compilazione del modulo c.d. A da predisporre nelle parti mancanti, anche senza l’ausilio tecnico di un difensore ed a disposizione, con ulteriori informazioni utili, alla pagina web http://ec.europa.eu/justice_home/judicialatlascivil/html/epo_form1_it.jsp?countrySession=5&txtPageBack=epo_filling_it_it.htm.

Il modulo contenente una sufficientemente ed identificata richiesta di emissione di ingiunzione europea potrà essere depositato presso la Cancelleria del Tribunale competente. Il ricorrente è obbligato a fornire la relativa giustificazione possibilmente con la descrizione delle prove a sostegno in modo da permettere al convenuto di valutare consapevolmente se presentare opposizione o non contestare il credito. Necessaria inoltre la informativa per il convenuto della possibilità, nel caso in cui non intenda aderire alla richiesta di pagamento, di presentare opposizione entro il termine perentorio di 30 giorni e delle conseguenze derivanti dalla mancata contestazione del credito1.

Il Giudice2, accertati, oltre che la giurisdizione e la propria

1 Definitività del decreto.2 Gli organi giurisdizionali competenti con riferimento al procedimento euro-peo d’ingiunzione di pagamento sono i seguenti. Il giudice di pace per le contro-versie fino a: 1) euro 5.000,00, relative a beni mobìli; 2) euro 20.000,00, relative a risarcimento del danno nella circolazione di veicoli

competenza, anche le condizioni di applicabilità dell’istituto, emetterà ingiunzione valutando prima facie il merito della domanda.

Dopodiché il DIE dovrà essere notificato al convenuto tramite i metodi di notificazione elencati agli articoli 13 e 14 del regolamento. In caso di diniego, il relativo provvedimento non dovrebbe essere impugnabile. Ciò non dovrebbe precludere la possibilità di ripresentazione della medesima domanda magari corredata da nuova documentazione.

Il convenuto, a questo punto, può presentare nel termine di 30 giorni dalla notifica, opposizione al DIE innanzi al giudice che lo ha emesso utilizzando il modulo standard c.d. F riprodotto nell’allegato VI3 che dovrebbe essere notificato unitamente al DIE. “I giudici dovrebbero tuttavia tener conto di qualsiasi altra forma di opposizione scritta se espressa in modo chiaro”. Ciò si ricaverebbe dalla lettera dell’art. 16 del regolamento ed ancora più chiaramente dal considerando 23 del preambolo al regolamento. Nell’opposizione, il convenuto non è tenuto a precisare le ragioni (anche se è consigliabile formularle) per cui contesta il credito

A questo punto, sorgono i problemi circa, da una parte, le modalità concrete per presentare opposizione e, dall’altra, la sorte della successiva fase di opposizione.

Nulla dice il regolamento circa le modalità concrete circa la presentazione della relativa opposizione e della sua notifica. È chiaro peraltro che l’opposizione presentata entro il termine dovrebbe bloccare il DIE e determinare il trasferimento automatico del caso ad un procedimento civile ordinario a meno che il ricorrente opti per l’estinzione del procedimento (vedi art. 17 del regolamento).

Dalla lettura dell’art. 16 del regolamento, ove si legge “il termine per l’invio dell’opposizione è di 30 giorni4 che decorrono dal momento in cui l’ingiunzione è stata notificata al convenuto”, parrebbe comprendere che l’opposizione può giungere semplicemente per posta (ciò si deduce dall’uso del termine invio) all’attenzione del Giudice che ha emesso il DIE (id est la Cancelleria del Tribunale competente)5.

Ciò non toglie che anche il deposito dell’opposizione in

e di natanti, per l’ipotesi di cui all’art, 2, paragrafo 2, lettera d), sottolettera i), del regolamento n. 1896/2006/CE. Il giudice di pace è competente, qualunque ne sia il valore, per le controversie così detto di “vicinato”. Il giudice di pace è inoltre competente per le cause relative agli interessi o acces-sori da ritardato pagamento di prescrizioni previdenziali o assistenziali. Il tribunale ordinario civile o la corte di appello in funzione di giudice in unico grado, negli altri casi e in ogni caso di competenza esclusiva per materia previsto dalla legislazione italiana. In particolare, la corte di appello, è competente, quale giudice in unico grado, per le domande di risarcimento dei darmi per intese restrittive della concorrenza e abuso di posizione dominante (art. 33, 2° comma, della legge 10.10.1990 n. 287).3 Vedi:http://ec.europa.eu/justice_home/judicialatlascivil/html/epo_form6_it.jsp?countrySession=5&txtPageBack=epo_filling_it_it.htm.4 Detto termine è inferiore a quello ordinario previsto dall’art. 641 c.p.c. che prevede il termine di cinquanta giorni per l’intimato che risiede nella Unione Europea. 5 Vedi D.MILAN, L’ingiunzione di pagamento Europea, in Diritto Internazionale Pri-vato e Cooperazione Giudiziario In Materia Civile, Torino, 2009, p. 309.

Page 49: SOMMARIO - Fondazione dell'avvocatura parmense · 2015-11-07 · 14 Note sul processo amministrativo II: ... Periodico quadrimestrale a cura dell’Ordine degli Avvocati di Parma.

37

Cancelleria ovvero la notifica alla controparte, nel silenzio del regolamento, dovrebbero essere atti idonei al raggiungimento dello scopo. Nell’indecisione ed in carenza di linee guida univoche, si potrebbe, per scrupolo difensivo, adottare tutte e tre le cautele ovvero inviare l’opposizione, depositarla e notificarla alla controparte presso il domicilio eletto. A parere di scrive, anche una opposizione più articolata, che non si limiti ad una succinta contestazione come indicato nel modulo F, ma che presenti i crismi di una vera opposizione ai sensi dell’art. 645 c.p.c. appare idonea in astratto allo scopo di neutralizzare il DIE6. Nel caso in cui si opti per una opposizione tradizionale, si porrà il problema della iscrizione a ruolo che dovrà necessariamente avvenire nei cinque giorni dall’opposizione. Viceversa si ritiene che la iscrizione a ruolo non debba essere effettuata nel caso di opposizione ai sensi del modulo F posto che in questo ultimo caso sarà in ogni caso il ricorrente che potendo rinunciarvi avrà la palla in mano.

Ora, escludendo che per consapevole scelta l’opponente abbia ritenuto di notificare opposizione ai sensi dell’art. 645 c.p.c., nel qual caso si ritiene che s’instauri un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo ordinario, è interessante viceversa capire cosa accade nel caso di opposizione tramite invio del modulo F.

Il testo del regolamento al riguardo così statuisce “il procedimento prosegue dinanzi ai giudici competenti dello Stato membro d’origine applicando le norme di procedura civile ordinaria”. Emerge, dunque, de plano, che il richiamo è generico e si riferisce alle norme di procedura civile ordinaria. In assenza di una specificazione sono state proposte diverse soluzioni.

Vi è al riguardo chi ritiene che a questo punto il Giudice sia investito di una cognizione piena come se si trattasse di una vera e propria opposizione a decreto ingiuntivo7. Tale soluzione non convince del tutto. Innanzitutto, non si tiene in debito conto la facoltà che il creditore ha, in caso di opposizione, di chiedere l’estinzione, poi il testo del regolamento sembrerebbe rinviare alle norme ordinarie e non anche a quelle concernenti l’opposizione a decreto ingiuntivo che ordinarie non sono.

Parimenti non convincente appare l’alternativa prospettata secondo cui l’opposizione a mezzo del modulo F avrebbe la sola funzione di evitare il decorso del termine di cui all’art. 16 del regolamento ovvero di evitare che il DIE divenga definitivo, con la conseguenza che il convenuto sia ulteriormente onerato dell’introduzione di un successivo atto di opposizione ai sensi dell’art. 645 c.p.c.8. Tale tesi non persuade, da una

6 Ciò ricava anche dal considerando n. 23 già citato che statuisce: “I giudici dovrebbero tuttavia tener conto di qualsiasi altra forma di opposizione scritta se espressa in modo chiaro”. 7 Vedi D.MILAN, op.cit.,p. 312.8 Vedi D.MILAN, op.cit.,p. 312, che sul punto richiama S. GUZZI, La proposta di regolamento istituente il procedimento di ingiunzione europeo: prime osservazioni, in Dir. Comm. Internaz. 2006, p. 149.

parte, perché appare contrario allo spirito del regolamento - che è quello di semplificare - prevedere un doppio onere per l’opponente, dall’altra, perché, comunque, così facendo si creerebbe un vulnus al principio del contradditorio tanto ex latere creditoris posto che si dovrebbe replicare a due atti anziché ad uno, che ex latere debitoris, posto che si dovrebbe fare un’opposizione avverso un pretesa non compiutamente dedotta in un atto che abbia le caratteristiche di un decreto ingiuntivo ordinario.

Secondo altro orientamento emerso in giurisprudenza9, il Giudice dovrebbe provvedere all’assegnazione di termini al convenuto-opponente per costituirsi nei termini di cui agli artt. 166 e 167 c.p.c., gravando l’opposto di dare avviso della fissazione della data dell’udienza all’opponente. Anche in questo caso, non si terrebbe però conto del fatto che l’opposizione proposta tramite la compilazione del modulo F non ha i requisiti dell’atto introduttivo del giudizio richiesti dall’art. 645 c.p.c..10

Appare invece, in astratto, più ossequiosa del principio del contradditorio11, la opzione operativa che prevede che sia il creditore, una volta ricevuta l’opposizione, qualora non rinunzi al DIE, ad avere il diritto di riproporre le proprie domande già contenute nel modulo A di cui al regolamento, in un atto assimilabile a quello di citazione. A tal uopo, il Giudice, preso atto dell’opposizione, verificata che la stessa sia stata presentata in termini, “dovrebbe fissare un’udienza nel rispetto dei termini a comparire di cui all’art. 163 bis c.p.c., assegnando all’opponente un termine fino a venti giorni prima di detta udienza per integrare il contenuto dell’opposizione proposta con il modulo F, in conformità con quanto disposto all’art. 167 c.p.c.”12.

Quelle sopra riportate sono semplici annotazioni senza pretese di trattazione esaustiva, sarà interessante vedere come, in pratica, le norme del regolamento potranno trovare applicazione concreta nel nostro ordinamento senza frustrare né lo spirito del regolamento né i principi che governano il processo civile italiano.

Ciò che appare un punto fermo è che in assenza di opposizione e salvo che il convenuto richieda il riesame nei limitati casi di cui al par. 1 e 2 dell’art. 20 del regolamento, il DIE diventa esecutivo e costituisce un titolo spendibile in tutta l’Unione Europea (ad eccezione della Danimarca) senza ulteriori formalità per procedere ad esecuzione forzata.

Giuseppe Scotti

9 Tribunale Firenze, 25 settembre 2009, Guida al diritto 2009, 46, 40 (s.m.) (nota di: Mondini), Il civilista 2010, 11.10 Vedi N. LA RANA http://www.centrostudigiuridicikoine.eu/dwndocu-menti/Opposizione%20a%20decreto%20ingiuntivo%20europeo%20-%20Trib.%20Firenze%20-%20decr.%2025.9.2009.pd.11 Vedi LA RANA, op. cit. supra. 12 Vedi LA RANA, op. cit. supra.

Page 50: SOMMARIO - Fondazione dell'avvocatura parmense · 2015-11-07 · 14 Note sul processo amministrativo II: ... Periodico quadrimestrale a cura dell’Ordine degli Avvocati di Parma.

38

(a proposito della sentenza della Corte di Cassazione, Sezioni Unite Civili 6 agosto 2010, n. 18331).

La sentenza in commento riguarda la rappresentanza del condominio da parte dell’amministratore.Prima di passare all’esame vero e proprio della pronuncia, per completezza dell’argomento, lo scrivente ricorda un po’ di dottrina e le norme regolatrici della materia.La rappresentanza dei condomini attribuita dall’art. 1131 c.c. all’amministratore non ha come conseguenza il domicilio di quest’ultimo presso il condominio; in assenza di una norma specifica, bisogna riferirsi alla residenza, domicilio o dimora del rappresentante (amministratore) e non del rappresentato (condominio), non potendo applicarsi l’art. 46 c.c. essendo il condominio un semplice ente di gestione che non assurge alla posizione di persona giuridica.Il primo comma del citato art. 1131 c.c., raffigurante la legit-timazione processuale attiva dell’amministratore viene così ricordato dal Terzago: “ L’amministratore di un condominio, ai sensi dell’art. 1131 c.c., ha la rappresentanza dei partecipanti e può, quindi, agire a tutela di un interesse comune, sia contro i condomini sia contro i terzi, soltanto nei limiti delle attribu-zioni stabilite dall’art. 1130 c.c. ... quando l’oggetto della causa esorbita dai limiti anzidetti e incide invece su obblighi o diritti esclusivi dei singoli condomini, la rappresentanza di diritto

dell’amministratore deve essere senz’altro esclusa”1

La legittimazione passiva ad processum, per quanto attiene alle domande proposte contro il condominio spetta all’amministratore anche fuori dai limiti delle attribuzioni che sono proprie dell’amministratore stesso perché non è soggetta alle limitazioni previste per la legittimazione attiva. “Può essere convenuto in giudizio per qualunque azione con-cernente le parti comuni dell’edificio; a lui sono notificati i provvedimenti dell’autorità amministrativa che si riferiscono allo stesso oggetto”.2

“Il limite della legittimazione processuale passiva dell’am-ministratore, costituito a norma dell’art. 1131 c.c. dall’ine-renza delle azioni proposte alle parti comuni dell’edificio deve essere inteso “in senso estensivo”, così da comprendere nel concetto di “parti comuni” da un lato, tutte le parti materiali, comunque destinate all’uso comune dei condomini, anche se appartenenti in proprietà esclusiva ad un solo condomino o ad un terzo e sin’anche se ubicate all’esterno dello sta-bile condominiale e dall’altro, tutti i vari rapporti delle parti comuni, attenendo alla organizzazione, all’amministrazione

1 Terzago ne Il condominio – Giuffrè Editore 1981, pag. 2912 art. 1131 cod. civ., II comma

del condominio ed al regime dei servizi comuni”3

Dopo avere ricordato che l’art. 1131 c.c., III comma, pre-scrive che qualora la citazione o il provvedimento abbia un contenuto che esorbita dalle attribuzioni dell’amministratore, questi è tenuto a darne senza indugio notizia all’assemblea dei condomini lo scrivente passa all’esame della sentenza indicata nell’intestazione di questo intervento.

La sentenza è stata originata da pronunce del Tribunale e dalla Corte d’appello di Roma relative ad infiltrazioni d’acqua provenienti da un lastrico solare da presumersi comune e dal ricorso in cui si sostiene che l’amministratore non può stare in giudizio senza l’autorizzazione dell’assemblea e che l’au-torizzazione conferita per un grado di giudizio non legittima l’amministratore a proporre l’impugnazione della pronuncia ovvero a resistere ad essa.

La sentenza è a Sezioni Unite perché è stato registrato un contrasto nella giurisprudenza di legittimità a proposito di questa rappresentanza processuale dell’amministratore.

La pronuncia ricorda che “Il primo (prevalente) orienta-mento (giurisprudenziale) sostiene che l’amministratore è titolare di una rappresentanza processuale passiva generale che non incontra limiti, posto che l’art. 1131 c.c., prevedendo che l’amministratore “può essere convenuto in giudizio per qualunque azione concernente le parti comuni dell’edificio”, deve essere interpretato nel senso che l’amministratore non necessita di alcuna autorizzazione dell’assemblea per resistere in giudizio e per proporre le impugnazioni che si rendessero necessarie, compreso il ricorso per cassazione in relazione al quale è legittimato a conferire procura spe-ciale all’avvocato iscritto nell’apposito albo speciale (v. tra le tante, Cass. 20/4/2005, n. 8286; 21/5/2003, n. 7958; 15/3/2001, n. 3773)”.4

L’amministratore ha il solo obbligo, di mera rilevanza interna e non incidente sui suoi poteri rappresentativi pro-cessuali, di darne senza indugio notizia all’assemblea; obbligo sanzionato dalla possibile revoca del mandato e dal risarci-mento del danno (cfr. ex multis Cass. 16/4/2007,n. 9093).

Il secondo orientamento (minoritario) “evidenzia invece che la ratio dell’art. 1131 c.c. comma 2, che consente di convenire in giudizio l’amministratore del condominio per qualunque azione concernente le parti comuni dell’edificio – è quella di favorire il terzo il quale voglia iniziare un giudi-zio nei confronti del condominio, consentendogli di potere notificare la citazione al solo amministratore anziché a tutti i

3 Così il Terzago, op. cit. pagg. 339-340 4 Sent. n. 18331 del 6 agosto 2010 Cass. civ. Sezioni Unite, pag. 9

La rappresentanza del condominio da parte dell’amministratore

Page 51: SOMMARIO - Fondazione dell'avvocatura parmense · 2015-11-07 · 14 Note sul processo amministrativo II: ... Periodico quadrimestrale a cura dell’Ordine degli Avvocati di Parma.

39

condomini. Nulla, invece, nella stessa norma, giustifica la con-clusione secondo cui l’amministratore sarebbe anche legit-timato a resistere in giudizio e a impugnare senza essere a tanto autorizzato dall’assemblea (Cass. 26/11/2004, n. 22294; 25/1/2006, n. 1427)”.5

Inoltre secondo questo indirizzo, l’autorizzazione dell’as-semblea a resistere in giudizio non può valere che per il grado di giudizio in relazione al quale viene rilasciata.

In sintesi: a) l’amministratore deve munirsi di autorizza-zione dell’assemblea per resistere in giudizio atteso che la rappresentanza passiva dell’amministratore riguarda solo la notificazione degli atti e non la gestione della controversia; b) la concessa autorizzazione assembleare non legittima l’ammi-nistratore ad impugnare spettando tale legittimazione solo all’assemblea”.6

La sentenza prosegue sostenendo che dal sistema norma-tivo vigente emerge che l’amministratore di condominio non è un organo necessario del condominio tanto è vero che è richiesta la nomina (art. 1129 c.c.) dello stesso solo quando il numero dei condomini sia superiore a quattro mentre di conseguenza l’organo principale, depositario del potere deci-sionale, è l’assemblea dei condomini.

La prima, fondamentale, competenza dell’amministratore consiste “nell’eseguire le deliberazioni dell’assemblea dei condomini” (art. 1130 c.c., comma 1, n. 1). Da questa norma si evince che l’essenza delle funzioni dell’amministratore è imprescindibilmente legata al potere decisionale dell’assem-blea. L’amministratore riveste un ruolo di mero esecutore materiale delle deliberazioni adottate in seno all’assemblea ed è privo di ogni potere decisionale o gestorio in quanto tale (e ciò a differenza di quanto accade nelle società sia di persone che di capitali dove all’amministratore competono poteri propriamente gestionali.

La norma dell’art. 1131, comma 3, sembrerebbe richie-dere la necessità di una comunicazione all’assemblea solo nel caso di materie non rientranti nelle attribuzioni dell’ammini-stratore ma tale norma deve essere tuttavia correttamente interpretata alla luce dei principi generali ed anche in base al diritto di dissenso dei condomini rispetto alle liti (art. 1132 c.c.).

Se infatti, anche in materia di azioni processuali il potere decisionale, se agire in giudizio, se resistere, se impugnare i provvedimenti in cui il condominio risulti soccombente non spettasse solo ed esclusivamente all’assemblea dei condomini e spettasse invece all’amministratore questi potrebbe agire autonomamente senza alcuna decisione assunta al riguardo dall’assemblea.

Questo conculcherebbe indubbiamente il diritto dei con-domini di dissentire rispetto alle liti, sia attive che passive, diritto espressamente riconosciuto, come si è già ricordato, dalla legge ad ogni condomino.

5 Sentenza cit. pag. 10 6 Sentenza cit. pag. 11

La sentenza termina enunciando alla luce delle considera-zioni svolte il seguente principio di diritto: “L’amministratore di condominio, in base al disposto dell’art. 1131, secondo e terzo comma c.c., può anche costituirsi in giudizio e impu-gnare la sentenza sfavorevole senza previa autorizzazione a tanto dell’assemblea ma dovrà, in tal caso, ottenere la neces-saria ratifica del suo operato da parte dell’assemblea per evitare pronuncia di inammissibilità dell’atto di costituzione ovvero di impugnazione”.7

La prima osservazione che è possibile fare a questo prin-cipio di diritto è che tra il primo orientamento giurispru-denziale maggioritario ed il secondo minoritario la sentenza sembra non abbia scelto né il primo né il secondo ma che abbia invece optato per così dire per una terza via.

Non ha infatti scritto che l’amministratore per intra-prendere le varie azioni processuali non ha bisogno di alcuna autorizzazione dell’assemblea e che l’obbligo di dare notizia all’assemblea ha una sola rilevanza interna non incidendo sui rapporti processuali esterni.

Ma non ha neanche sostenuto che l’amministratore è privo della gestione processuale della lite, gestione che per-mette ma condiziona alla necessaria ratifica del di lui operato da parte dell’assemblea.

Ora a modesto parere dello scrivente il Collegio compo-sto da nove sommi magistrati nell’enunciare il sopra ripor-tato principio sembra non essersi accorto della conseguenza che discende dall’enunciato principio.

Quid infatti nel caso che l’assemblea condominiale non ratifichi l’operato dell’amministratore? In questa ipotesi chi potrebbe sollevare la eccezione di inammissibilità ad esempio della costituzione in giudizio operata dall’amministratore?

Ed ancora le conseguenze di un giudizio in cui la costi-tuzione non fosse ratificata dall’assemblea ricadrebbero sul condominio o sarebbero a carico dell’amministratore?

Sono sicuramente condivisibili i rilievi mossi già dal Peretti Griva al dettato dell’art. 1131 c.c.: “Certo, il legislatore avrebbe potuto essere, nella formulazione dell’art. 1131, più chiaro, più organico e più completo.” “Non si può comunque disco-noscere che c’è una certa contraddittorietà fra il secondo ed il quarto comma dell’art. 1131 e che l’articolo stesso avrebbe potuto e dovuto essere altrimenti formulato”.8

In ogni caso chi scrive non condivide la pronuncia in esame e osserva che meglio sarebbe stato seguire il ricor-dato principio minoritario della giurisprudenza di legittimità.

Che la materia di cui si discute sia complicata lo si desume anche dalla circostanza per cui secondo il Branca, ad esempio, il condomino può esprimere il proprio dissenso rispetto alla lite, sia quando l’amministratore abbia convocato l’assem-blea per deliberare se promuovere una lite o se resistere

7 Sentenza cit. pag. 22 8 Domenico Riccardo Peretti Griva: Il condominio della casa divise in parti – UTET 1960 pagg. 545 e 551

rappresentanza condominio

Page 52: SOMMARIO - Fondazione dell'avvocatura parmense · 2015-11-07 · 14 Note sul processo amministrativo II: ... Periodico quadrimestrale a cura dell’Ordine degli Avvocati di Parma.

40

ad una domanda sia quando l’amministratore, valendosi dei suoi poteri rappresentativi, l’abbia già promossa o abbia già resistito.

Invece secondo la pronuncia della Corte Suprema di Cas-sazione, Sez. II, del 2/03/1998, n. 2259 il potere del condomino dissenziente di scindere la sua responsabilità in ordine alle conseguenze della controversia per il caso di soccombenza è un potere finalizzato a porre un freno ad iniziative della maggioranza, che per la loro avventatezza o per la serietà delle conseguenze, possano esporre anche la minoranza a gravi responsabilità patrimoniali.

“Orbene, presupposto essenziale per l’esercizio da parte del condomino dissenziente del potere ( rectius potere rispetto al diritto così come si legge nella sentenza in esame)di estraniarsi dalla lite è l’esistenza d’una delibera dell’as-semblea resa necessaria dal fatto che la citazione notificata all’amministratore contiene una domanda avente ad oggetto una materia di competenza dell’assemblea stessa. Quando invece... non esiste una delibera assembleare perché la domanda, per il suo contenuto, non esorbita dalle attribu-zioni dell’amministratore, non esiste una condizione essen-ziale all’esercizio da parte del condomino dissenziente del potere (che nasce contro il condominio, solo dopo che l’as-semblea ha deliberato) di estraniarsi dalla lite scindendo la propria responsabilità in ordine alle sue conseguenze per il caso di soccombenza”9

Avviandosi alla conclusione lo scrivente segnala che una successiva sentenza della Corte di Cassazione, Sez. II, del 10/11/2010, n. 22886 ha trascurato il principio di diritto sta-bilito dalla sentenza a Sezioni Unite ed ha invece aderito in toto all’orientamento maggioritario ricordato in quella sen-tenza.

Ha infatti stabilito che è tesi della ormai consolidata giu-risprudenza di questa Suprema Corte che “la legittimazione dell’amministratore del condominio dal lato passivo ai sensi dell’art. 1131 cod. civ., comma 2, non incontra limiti e sussiste anche in ordine all’interposizione d’ogni mezzo di gravame che si renda eventualmente necessario, in relazione ad ogni tipo d’azione, anche reale o possessoria, promossa nei confronti del condominio da terzi o da un singolo condomino (tro-vando un tanto ragione nell’esigenza di facilitare l’evocazione in giudizio del condominio, quale ente di gestione sfornito di personalità giuridica distinta da quella dei singoli condomini) in ordine alle parti comuni dello stabile condominiale”.10

Si può anche osservare che il Presidente del Collegio di questa sentenza appare anche in quella della Sentenza a Sezioni Uniti Civili.

Lo scrivente si chiede quale possa essere il significato ed il valore di una pronuncia a Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione se dopo alcuni mesi soltanto e senza alcuna motivazione una delle tre Sezioni della Cassazione

9 Sentenza Cass. civ., Sez. II, 02/03/1998, n. 2259, pag. 4 10 Sentenza Cass. civ.. Sez. II, 10/11/2010, n. 22886, pag. 3

non si adegua al principio di diritto enunciato. Ed una seconda domanda discende da quella sopra for-

mulata: se un principio di diritto pronunciato dalle Sezioni Unite è così seguito da altra Sezione della giurisdizione di legittimità quale potrà mai essere il suo impatto sulla Magi-stratura di merito?

avv. Renato Del Chicca

(a proposito de “LE FONDAZIONI NON RICONO-SCIUTE”)

Nell’articolo di Giacomo Voltattorni pubblicato sul numero scorso di Cronache alla pag. 26 II° colonna è stata omessa, per errore materiale, la seguente nota in calce esplicativa dell’art. 40 Cod. Civ.:

“Per tale disposto la responsabilità degli organizzatori ha la medesima funzione di quella gravante, ai sensi dell’art. 18 c.c., sugli amministratori della persona giuridica sia essa associazione o fondazione. Non risponde del danno subito dal patrimonio del comitato – fondazione n.r. quello tra gli organizzatori che non abbia partecipato all’atto che ha cau-sato il danno, salvo che egli, essendo a conoscenza dell’atto che si stava per compiere, non abbia fatto constatare il pro-prio dissenso (Galgano, ult. op. cit., pag. 303)”.

Ce ne scusiamo coi lettori.

ERRATA CORRIGE

rappresentanza condominio

Page 53: SOMMARIO - Fondazione dell'avvocatura parmense · 2015-11-07 · 14 Note sul processo amministrativo II: ... Periodico quadrimestrale a cura dell’Ordine degli Avvocati di Parma.

41

il diritto preso sul serio&

il diritto preso sul ridere

“La consapevolezza dell’onore che alla magistratura deve essere reso

é premessa di ogni produttivoappello alla collaborazione necessaria

per riforme necessarie”

(Giorgio Napolitano nella Giornata della memoria)

Il liberale e la Costituzione.Le considerazioni che seguono appartengono a Luigi

Einaudi in “Riflessioni di un liberale sulla democrazia, 1943 -1947” Ried. Olschki Firenze 2001, pp. 104 e 107:

“I freni sono il prolungamento della volontà degli uomini morti, i quali dicono ai vivi: tu non potrai operare a tuo libito, tu non potrai vivere la vita che a te piaccia; tu devi, sotto pena di violare giuramenti e carte costituzionali solenni, osservare talune norme che a noi parvero essenziali alla conservazione dello stato che noi fondammo. Se tu vorrai mutare codeste norme, dovrai prima riflettere a lungo, dovrai ottenere il consenso di gran parte dei tuoi pari, dovrai tollerare che taluni gruppi di essi, la minore parte di essi, ostinatamente rifiutino il consenso alla mutazione voluta dai più. Noi non volemmo porre freni per capriccio o per smisu-rata opinione di noi stessi. Noi, che forse uscimmo da lotte cruente, che sapemmo quali ostacoli si debbono superare per fondare uno stato atto a durare nel tempo, sapevamo che uno stato si fonda e dura quando raccoglie attorno a sé il consenso della quasi universalità dei suoi cittadini. Noi non volemmo creare qualcosa che rispondese alle aspirazioni fuggevoli della nostra sola generazione; ma riassumemmo nella nostra volontà quella di molte generazioni le quali avevano lottato e sofferto perché noi avessimo la ventura di toccare la meta che esse si proponevano. Perciò noi volemmo che gli uomini viventi accidentalmente in un istante della successione dei secoli non potessero sconvolgere d’un tratto l’opera nostra ed, obbligandoli a riflettere e ad ottenere il consenso dei meno, volemmo assicurare che la loro volontà fosse deri-vata da convinzioni profonde (…). Gli uomini viventi oggi non

possono negare l’eredità dei loro padri, la quale ha diritto di rivivere nei figli ancora non nati”.

Per Norberto Bobbio (“Il futuro della democrazia”) “Luigi Einaudi è la più dotta e ferma voce del liberalismo – liberi-smo italiano”. E sempre per Bobbio “la democrazia è liberale oppure non è”.

Riflessioni, quelle dei due maitre piemontesi, che oppor-tunamente vanno richiamate in questo momento difficile per le nostre istituzioni, al cospetto di una violenta tendenza a rendere subalterni gli organi di garanzia e all’applicazione nel pubblico di regole societarie, tipo patti parasociali in luogo delle alleanze politiche, lancio di OPA, dislocazioni di pezzi di Stato etc.

Per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia.La ricorrenza non può passare sotto silenzio solo perché

la nostra è una rivista di settore. Direi che, al contrario, il contributo di patriottica adesione è in linea con le origini borghesi delle classi professionali, ma anche con quelle popo-lari, che insieme hanno animato i moti risorgimentali.

L’invito è ad una partecipazione festosa per i cuori e per le menti quale possono suscitare i canti popolari dell’epoca.

Segnalo due raccolte. Una (un libro più un cd) “Canti e poesie per un’Italia unita -dal 1821 al 1861-” è della associa-

zione Amici dell’Accademia dei Lincei (il C.N.F. è uno degli amici ordinari), a cura del suo presidente Pierluigi Ridolfi, con prefazione del presidente onorario Carlo Azeglio Ciampi1. Le voci bianche sono di un commovente coro di bambini di scuola media, tenera la recitazione di una ragazzina de “La spigolatrice di Sapri” di Luigi Mercantini. Vi figura tra l’altro la canzone “La bella gigo-

gin” con i suoi segnali criptici ai patrioti, che trascinò i mila-nesi ad opporsi agli austriaci. Manzoni e i più celebri cori verdiani.

Assai pertinente l’apparato di note. Ad esempio la strofa dell’inno di Mameli. “Dall’Alpe a Sicilia / ovunque è Legnano; / ogn’uom di Ferruccio / ha il cuore, ha la mano./ I bimbi d’Italia / si chiaman Balilla; / il suon d’ogni squilla / i Vespri suonò”., così commentata: “In questa strofa, Mameli ripercorre sette secoli di lotta contro il dominio straniero rievocando quattro avve-nimenti particolarmente significativi. Il primo riguarda la bat-taglia di Legnano del 1176, in cui la Lega Lombarda sconfisse

1 L’opera non è in commercio, ma il testo (in formato pdf) e la registra-zione musicale (in formato mp3) sono reperibili sui seguenti siti: www.lincei.it; www.amici-lincei.it; www.fondazionesiavacademy.it.

Segnali di fumo

“Noi che forse uscimmo da lotte cruente, che sapemmo quali ostacoli si debbono superare per fondare uno stato atto a durare nel tempo, sapevamo che uno stato si fonda e dura quando raccoglie attorno a se il consenso della quasi universalità dei suoi cittadini”

Page 54: SOMMARIO - Fondazione dell'avvocatura parmense · 2015-11-07 · 14 Note sul processo amministrativo II: ... Periodico quadrimestrale a cura dell’Ordine degli Avvocati di Parma.

42

Barbarossa. Il secondo, nel 1530, la difesa della Repubblica di Firenze, assediata dall’esercito imperiale di Carlo V, durante la quale morì combattendo il condottiero Francesco Ferrucci. Il terzo, nel 1746, la rivolta di Genova contro gli Austriaci: viene ricordato l’episodio di “Balilla”, soprannome di Giam-battista Perasso, un ragazzo genovese, che con il lancio di una pietra diede inizio alla battaglia. Il quarto episodio si riferisce ai Vespri Siciliani, cioè alla rivolta degli isolani contro i Fran-cesi. “Ogni squilla” significa “ogni campana”, perché tutte le campane di Palermo chiamarono il popolo all’insurrezione”.

Se non è stato sufficiente Benigni, impari l’incolto.Assai meno ufficiale, di un’Italia più sotterranea ma pul-

sante, la raccolta di Cesare Bermani “Pane, rose e libertà” (Bur Editore 2010), copre tutto l’arco di 150 anni (un libro più tre cd).

Sono proposti canti risorgimentali, garibaldini, canzoni anarco socialiste, pacifiste, di migranti, del lavoro, delle mon-dine, dei partigiani, strofe a volte grezze, in una progressione di versioni da una località ad altra, da una situazione ad altra. Tra le meno note, e tuttavia significative, l’ode in morte di padre Ugo Bassi, frate garibaldino fucilato dagli austriaci nel 1843 in Bologna, il canto sulla morte di Felice Cavallotti in duello, il canto “E per la strada” sugli scioperi agricoli del par-mense del maggio – giugno 1908 per la voce inconfondibile di Sandra Mantovani. La storia di “Bella ciao”, divenuta sim-bolo “unitario” della tradizione partigiana solo dopo la Resi-stenza.

Il terzo cd raccoglie le canzoni più recenti, scritte nei più bui e controversi periodi del nostro secondo dopoguerra, storicamente emblematiche, taluna di pregio musicale.

Canzoni delle speranze e delle delusioni dell’otto-nove-cento, ma da allora quante conquiste sociali e repubblicane!

Le metafore nel diritto Quando si approssimano le feste natalizie è inevitabile

che mi torni in mente questa freddura: “Sai perché a Natale i coccodrilli sono allegri”? “Mmh!” “Perché a Natale gli uomini diventano più buoni”.

Questa è una metafora. Consiste nel trasportare una parola dal significato suo proprio ad altra accezione, cogliendo la somiglianza fra ciò che, nel significato proprio, la parola designa e ciò che, per traslato, è destinata a designare. Qui la “bontà” è usata in modo ambivalente, con riferimento allo spirito ovvero al corpo, e quindi alla sua più gradevole com-mestibilità.

Il bestiario è una miniera di metafore. Lo stesso cocco-drillo con le sue lacrime dopo il pasto carnivoro è la meta-fora dell’ipocrisia, il coniglio della codardia, la “golpe” machia-vellica dell’astuzia, il leone della prepotenza, da cui il “patto leonino”, sanzionato con la nullità dall’art. 2665 del Codice

Civile.L’animale si ritrova anche nelle metafore politiche: “Non

staremo mica qui a smacchiare il giaguaro, eh?”.Nel linguaggio lirico la metafora può avere una funzione

emozionale, come il dantesco “tremolar della marina”.Si pensi alla bancarotta: nel mondo sociale e giuridico è

la storicizzazione di un translato con funzione eufemistica che trae origine da ciò che a Firenze, nel trecento accadeva al mercante in bolletta, quando i suoi creditori, furiosi per il mancato pagamento delle loro spettanze, gli rompevano il banco di vendita.

Per i giovani la simbologia matematica assurge a metafora grafica del linguaggio comune: x altro in luogo di peraltro; x dita; x nacchia …

In altre parole ancora la metafora è una operazione della mente che mette assieme due realtà più o meno distanti.

La metafora è presente in ogni forma di comunicazione linguistica e quindi anche in quel linguaggio precettivo che è il linguaggio del diritto. Rappresenta la realtà in modo figurato, facendo di una similitudine una identità, del “come se” un “è”. La si può definire, con Dante, “veritade ascosa sotto bella menzogna”. In genere, è innocua: nessuno prende per vero ciò che è vero solo per felice artificio verbale. Ma può essere insidiosa: quando, come accade nel linguaggio giuridico, dà ad identità astratte il nome di una cosa del mondo sensibile, sfuggendo così al controllo del senso comune. Si rischia allora di prendere sul serio la metafora, di scambiarla per realtà. Né si deve cedere, come pure avviene, ad una opposta tenta-zione e, una volta svelata la natura metaforica di un concetto, bandirlo dal linguaggio. Le metafore sono, assai spesso, efficaci sintesi verbali riassuntive di complessi discorsi, altrimenti non esprimibili se non con laboriose circonlocuzioni.

Date tali premesse, è questo il punto che il Galgano nella sua opera “Le insidie del linguaggio giuridico – Saggio sulle metafore nel diritto”, Ed. Il Mulino 2010 (di cui è stato trai-ler il “segnale di fumo” col titolo “De profundis del negozio giuridico”, comparso nell’ultimo numero di “Cronache”, il n. 3/2010) intende disvelare per mostrare le insidie delle meta-fore giuridiche, che spesso nascondono il nulla o una realtà molto diversa e meno invasiva pur restanto utile strumento di comunicazione. Un’opera che non concerne direttamente il linguaggio giuridico, ma l’analisi della normativa ad esso sot-tesa.

Tra le figure metaforiche in primo luogo la “maschera” della persona giuridica, la cui identità ha tormentato i giu-risti, dalle fonti romanistiche, al Corpus iuris giustinianeo, ai mediovalisti Bartolo e Baldo fino al Savigny, al Kelsen, ect.

Ben avevano compreso i commentatori Bartolo e Baldo la natura delle p.g. distiguendo fra cose “communia pluribs uti singuli” e cose “communia pluribus uti universi”, categorie nelle

segnali di fumo

Page 55: SOMMARIO - Fondazione dell'avvocatura parmense · 2015-11-07 · 14 Note sul processo amministrativo II: ... Periodico quadrimestrale a cura dell’Ordine degli Avvocati di Parma.

43

quali i plures si presentano uti singuli, proprietari pro quota o uti universi, collettivamente proprietari.

Sicché i romani non duplicavano le categorie delle per-sone, ma ampliavano le categorie dei rapporti, distinguendo quelli che le persone fisiche intrattengono come singuli e quelli come universi.

Nel Seicento e nel Settecento la metafora diviene più autoreferenziale con Savigny e Grozio, sia nel diritto privato per assicurare alle imprese societarie una responsabilità esclusiva per debiti loro propria con esenzione dei loro soci, sia nel diritto pubblico per accompagnare la transizione dallo Stato Assoluto allo Stato di diritto, dal Sovrano alla Nazione.

Finché il Codice Civile italiano del 1865, riportando una formula già presente nei codici preunitari, all’art. 2 dettava: “Lo Stato, le province e i comuni e gli altri corpi sociali legal-mente riconosciuti sono considerati come persone e godono dei diritti etc.”. Come si vede, sotto l’influsso di Savigny e dei finzionisti francesi i corpi sociali sono considerati come per-sone non per loro natura ma per volontà legislativa. Il come scompare anche nella codificazione civile del 1942 ove i corpi sociali non sono più assimilati alle persone, sono persone.

Stupenda creatura, creatura dell’uomo, scrive il Galgano -quella della persona giuridica-: “L’uomo vuole fare di più e di meglio del Creatore: alla persona giuridica, che è sua cre-atura, permise ciò che a lui stesso, creatura di Dio, non è consentito: l’uomo è mortale, la persona giuridica può essere immortale. Può essere costituita senza termine di durata e comunque basta per assicurarsi l’immortalità che ad ogni sca-denza dell’eventuale termine di durata l’assemblea ne deliberi la proroga e così all’infinito”. Ma c’è di più: le persone giuri-diche possono fondersi in una sola sia che una ne incorpori altre, sia che tutte si fondano in una nuova persona giuridica. E possono anche scindersi. Nulla di simile è dato all’uomo. Per converso non sono tra loro consentiti certi atti giuridici, come ad es. il matrimonio.

Secondo tale concezione la persona giuridica è metafora della persona fisica, ove gli uomini perdono la loro identità, la loro consistenza corporea, e si tramutano in semplici punti di riferimento di diritti e di doveri.

Il Galgano, affascinato dalle arti figurative osserva2: “La stupenda creatura non è suscettibile di rappresentazione figurativa: è null’altro che un punto nello spazio, destinato a congiungersi con altri punti per linee (i rapporti giuridici) che riproducono la geometrica composizione di un quadro di Kandinskij”.

Ben altrimenti l’autore rinviene sotto la metafora della

2 L’autore ha fatto uscire, coevo all’opera qui commentata, “Il diritto e le altre arti – una sfida alla divisione fra le culture”, ed. Compositori 2009. Ed è egli stesso pittore dilettante nel solco delle arti figurative, tanto da aver pubblicato un libro con le sue opere in edizione ridotta e numerata per gli amici. Il lettore potrà soddisfare la sua curiosità adocchiando il volume a Bologna nella libreria in Via Garibaldi, a pochi passi dalla Corte d’Appello, con la compiacenza del libraio.

persona giuridica, ed altrettanto di altri enti collettivi di fatto, questi ultimi a soggettività imperfetta, un substrato umano indefettibile. Sotto la metafora dell’entità c’è sempre un coordinamento tra le attività di più persone fisiche ed una disciplina speciale, che ad esse fa capo, che si avvale di una terminologia emblematica per riferirsi a rapporti che, in deroga al diritto comune, prevede per determinati gruppi di persone fisiche una somma di privilegi: come la responsabilità limitata per i soci di una società di capitale, e comunque di una persona giuridica. Tant’è che, egli osserva, ogni volta che vengono meno le ragioni del “privilegio” si torna alla disci-plina comune, cioè alla responsabilità illimitata dell’unico socio (art. 2325 comma 2, art. 2362 comma 2), si reprime l’abuso della persona giuridica come in tema di finanziamento dei soci a favore della società (art. 2467 2° comma e art. 2497 c.c.), ed ogni altro tipo di abuso si consumi dietro la “meta-fora”, così anche in tema di rapporti giuslavoristici alle dipen-denze di società di gruppo, di responsabilità della controllante nei confronti dei creditori della controllata, etc. “Il nesso fra canone della buona fede, repressione dell’abuso del diritto e repressione dell’abuso della responsabilità giuridica si va sempre più restringendo nelle applicazioni giurisprudenziali”, ed è la chiave di volta del disvelamento della verità fattuale sottostante la metafora.

La stessa Cassazione ora conviene che le persone giuri-diche sono persone “solo in senso figurato”; ammette che i diritti e i doveri ad esse riferiti sono pur sempre, in ultima analisi, diritti e doveri di persone fisiche.3

Ne segue che la persona giuridica è persona solo nel senso translato, cioè come espressione riassuntiva di una data disciplina (Cass. 26.10.1995 n. 11151 in Giur. Comm. 1996, II, 329).

E allora nessuna meraviglia se “universitas delinquere potest”, la cui responsabilità penale è regolata dal d.lgs. n. 231 del 2001. Il reato non è delle persone giuridiche, è piutto-sto delle persone fisiche cui spetta adottare adeguati metodi organizzativi. Ma rispondono non solo gli amministratori e i dirigenti delle società in quanto colpevoli, bensì anche queste ultime, salvo che ne sia interrotto il rapporto di cau-salità tra l’organizzazione societaria e il reato. E poiché non potrà andare in carcere, le saranno irrogate sanzioni ammi-nistrative, come la confisca del prodotto del reato, e pene pecuniarie, al di là del danno da risarcire. Trattasi di sanzioni che in ultima istanza ricadono in danno dei di lei membri uti universi. Similmente tornando al settore civilistico, nelle azioni revocatorie, di rescissione, etc.., viene scrutinato l’ele-

3 “Si è ormai chiarito che le società ancorché personificate, costituiscono centri di imputazione meramente transitori e strumentali, in quanto le situa-zioni giuridiche che ad esse vengono imputate sono destinate a tradursi in corrispondenti situazioni giuridiche facenti capo ai singoli membri, i quali finiscono quindi per esserne i titolari effettivi, sia pure “in una maniera spe-cifica”, che vale a distinguerle dalle altre che ad essi competono come indi-vidui (Cass. 20.02.2004 n. 3370 in Contratti 2004, 687; Cass. 30.08.2005 n. 17500 in Diritto e giustizia)”.

segnali di fumo

Page 56: SOMMARIO - Fondazione dell'avvocatura parmense · 2015-11-07 · 14 Note sul processo amministrativo II: ... Periodico quadrimestrale a cura dell’Ordine degli Avvocati di Parma.

44

mento psicologico delle persone fisiche rappresentative della società o dell’ente.

Rovistando sotto il tappeto di altre metafore giuridiche l’Autore discopre le c.d. “metafore cosali”, ad es. la cambiale trattata come se fosse cosa mobile, ed ogni altro titolo di credito suscettibile di acquisto a titolo originario: figure esco-gitate per agevolare la circolazione del danaro al pari delle cose mobili. Così l’art. 1994 c.c. si modella sull’art. 1153 (pos-sesso in buona fede); risulta applicabile anche l’art. 1155 c.c..

Ma anche qui l’abuso del titolo di credito torce alla disci-plina di diritto comune, come quando l’art. 1993 comma 2 lo reprime degradando la trasmissione del titolo a mera ces-sione del credito.

Per altro verso non si applica il diritto comune perché se la cosa perisce si estingue il diritto su di essa, mentre per il titolo di credito c’è il rilascio del duplicato e la procedura di ammortamento.

Inoltre il titolo di credito, per effetto di tale valenza “cosale”, dà luogo ad un trattamento speciale allorché consente al creditore di vincolarlo con sequestro, pigno-ramento o pegno (art. 1997 c.c.), senza essere esposto alle ecce-zioni personali che il debitore può opporre al creditore pignoratizio (art. 2805 c.c.).

In definitiva il legislatore può regolare il documento come se fosse un bene ed estendere in toto o in parte la disci-plina propria dei beni, in conformità ad esigenze di politica del diritto. E così con la cartolarizzazione dei diritti i crediti sono convertiti da ricchezza futura in ricchezza presente e in ricchezza mobiliare, collocabili come res; con la cartolarizza-zione dei proventi di immobili dello Stato o di altri enti pub-blici si converte in ricchezza presente il controvalore della ricchezza immobiliare, anticipandone il realizzo da parte del proprietario.

Diversamente i beni immateriali oggetto di proprietà intellettuale o industriale, pur essendo di rilevante valore e distintamente negoziabili, e, quanto a questi ultimi (marchi ed altri segni distintivi, etc.) regolati dal codice della pro-prietà industriale del 2005, non sono suscettibili di possesso “cosale”. Ma se ne parla come se i beni immateriali nell’imma-ginario metaforico fossero oggetto di proprietà dominicale.

L’autore passa infine in rassegna la caduta metafora del negozio giuridico e quella sulle apparenze del diritto (pro-cura apparente, società apparente, imprenditore occulto ect) ove si nasconderebbe la simulazione. E persino il calcio mer-cato dei giocatori adotta la metafora della compravendita quando in realtà i rapporti sottostanti si definiscono come cessioni di rapporto di lavoro, risoluzione e costituzione ex novo secondo la legge n. 91/1981.

L’opera si impone per la ricchezza della giurisprudenza e delle esemplificazioni, tant’è che non è raro imbattersi in casi già affrontati, la cui soluzione a suo tempo non si era perce-pita o si era appena intuita.

La fabbrica dei mediatori.La scienza della sociologia entra di impeto nei corsi di

formazione dei conciliatori – mediatori, figura istituita con decreto legislativo n. 28/2010, soprattutto negli enti di mag-gior rilievo e autorevolezza. L’evento è sconcertante perché per gli operatori del diritto, che prevalentemente affollano i corsi, la sociologia non è molto consona per disposizione intellettuale e professionale. Chi scrive fatica non poco a leg-gere Zygmunt Bauman sia per proprio demerito, sia perché le categorie logiche a cui siamo adusi non riescono a cap-

tare facilmente le trame mentali di quella scienza. Dopo aver letto più volte ci si convince che la tesi del sociologo è chiara, magari assimi-labile ai nostri pensieri, però fati-chiamo a riconoscerla in un iter argomentativo estraneo.

Prendete il concetto di globa-lizzazione. Il giurista te lo spiega

come l’effetto della crisi dello Stato a causa della disloca-zione extraterritoriale delle unità produttive, della preva-lenza dei poteri economici transnazionali e della nuova lex mercatoria extrastatuale. Il sociologo parte da Aristotele, dalla confluenza del privato (oîkos) con il pubblico (ekklesía) nell’agorà, ove i due elementi interagiscono dialetticamente, alla scomparsa dell’agorà (territoriale); in quel vuoto l’impo-tenza della società “individualizzata”, incapace di assumere un ruolo pubblico (se non credendo, possiamo aggiungere, di risolvere ogni problema rinserrandosi nel piccolo localismo da “antieroideiduemondi”, che erigono ponti levatoi in odio dell’altro e della storia).

C’è poi l’altro aspetto, della pertinenza e della funzionalità ai corsi di formazione.

Per capirci meglio mi avvalgo dell’esperienza fatta dall’amico e collega Renzorè. Un nome strano? C’è Bolloré, Marcorè, niente di nuovo. Va solo premesso che Renzoré è valente giurista, dopo la laurea a lungo ha lavorato a Parigi per la formulazione di direttive comunitarie, tra l’altro sull’Anti-trust, al tempo istituto sconosciuto agli italiani. Tornato nel Belpaese tanti arbitrati di alto livello.

Alla fine della carriera, gli piace, un pò per riposarsi, un pò per curiosità, occuparsi nel tempo libero di mediazione in materia in cui è versato. E sceglie un ente abilitativo partico-larmente qualificato. Sede del corso a Milano. Quella prima mattina gli va di traverso. Mentre il taxi corre nella città, dai

La scienza della sociologia entra di impeto nei corsi di formazione dei conciliatori - mediatori, figura istituita con d.lgs. 28/2010, soprattutto negli enti di maggior rilievo e autorevo-lezza.

segnali di fumo

Page 57: SOMMARIO - Fondazione dell'avvocatura parmense · 2015-11-07 · 14 Note sul processo amministrativo II: ... Periodico quadrimestrale a cura dell’Ordine degli Avvocati di Parma.

45

finestrini gli compare un grande manifesto rosso imbrattato di bianco. La sua è famiglia di giudici e giuristi, uno addirittura emerito. Si reca all’incontro non felicemente disposto. Parole di presentazione, poi sullo schermo appare una proiezione: si chiede ai convenuti in quale villaggio gli piacerebbe vivere, quale attività svolgervi, con quali forme istitutizionali è gover-nato, quale è la sua architettura. Che c’entra? Certamente è stato proiettato un materiale didattico sbagliato. Ne conviene una vicina, associata presso l’Università di Bologna. Invece una docente universitaria in sociologia dal banco ripete agli astanti il contenuto dei quesiti. Renzorè si guarda attorno tra una trentina di discenti, tutti professionisti, anche attempati; si saprà dopo, quando declineranno le loro generalità, che sono per lo più docenti di economia, giurisprudenza, avvocati, commercialisti etc.: un rispettabile parterre.

Tutti si gettano a scrivere il compito sui block notes for-niti dall’organismo, avvinti da quello strano viaggio della fan-tasia che veniva inopinatamente proposto. La prof. spiega che intende verificare come i futuri mediatori se la caveranno al di fuori del loro ristretto mondo professionale. Poi il com-pito da scritto si trasforma in orale, e ciascuno, come uno scolaretto, si alza a recitare la propria fiaba in una sorta di confessione corale, senza alcun apparente disagio. Allora, rac-conta Renzorè, c’è chi vorrebbe vivere sulla punta di un iceberg, chi in un borgo medioevale dettagliata-mente descritto, chi in una caverna (!); in genere scelgono una attività artigianale, ad esempio capo della corporazione dei falegnami. Solo uno predilige la lavorazione del ferro, aspira ad essere il capo di una tribù dei Galli insediata in una marina italiana (Senigallia?). Vae victis, altro che mediazione!

Tante cartoline illustrate uscite da una fantasia per troppo tempo repressa! Spiegherà poi la prof. che il villaggio pre-scelto si caratterizza per essere grosso modo circolare e per il richiamo alla natura e al verde. Forse si sarebbe potuto dire che si adottano il luogo e l’attività più confacenti al personale equilibrio psicofisico.

Il più spiritoso gioca sul proprio cognome, che è Tira-correndo, e si propone come uomo del risciò, naturalmente in Cina. Molti vanno un po’ fuori tema, non riuscendosi a disincagliare dalla propria quotidianità, professionale o non. Renzorè, che abitualmente scrive notarelle paragiuridiche, si attacca ad uno schema prefabbricato. E proclama: io vorrei fare il pescatore di perle in un’isola dell’Oceano Pacifico, tanto per sentirmi in contatto con la natura (e con il guadagno no?). E nel tempo libero l’Ufficiale di Stato Civile per i matrimoni di stranieri vip che atterrano sull’isola dai jet, mica da barconi: e così, curando le trascrizioni all’estero, non perdere contatti

con aspetti, benché minori, della professione. Quale il reggi-mento istituzionale dell’isola – villaggio? In precedenza tutti avevano sentenziato “democratico”, uno solo ha proferito la parola “anarchia”. Non nel senso politico -interpreta Ren-zorè- cioè non nel senso di quelli che nella vicina stazione di Monza, al cospetto di un treno che ronza, avevano sparato al Re con palle trentatrè; solo per dire di un posto dove non ci sono regole e burocrazia, e ci si senta liberi.

Ma quanto alla democrazia grava il risentimento della mattinata. “Hanno tutti parlato di democrazia. Tutti sono democratici, o dichiarano di esserlo, ma il fatto è che non si sa cosa sia la democrazia perché l’Italia è stata appena sfiorata dall’Illuminismo. Volete sapere quali sono le regole democratiche della mia isola? Sistema uninominale, richiesta di un dato numero di firme di presentazione delle liste, e fin qui tutto normale, ma, questo è il dato scioccante, senza necessità di certificazione delle sottoscrizioni. In quel villag-gio c’è da fidarsi, l’onestà è nel dna degli abitanti”. E come non bastasse incalza: “Avete capito amici lombardi che ci ospitate? Il miracolo non è più a Milano, ma nella mia isola felice”. Si

sedeva di botto, incurante di aver abbandonato con tanta brutalità il tema della evasione. Reazione dell’uditorio? Renzorè sfugge alla mia domanda.

Ma la sociologa non demorde. Propone un altro quesito: date valori da 1 a 10 a rapporti di coppia, con i figli, con la famiglia d’origine, alla salute, alla cultura, al tempo libero ect. Renzorè aveva già dato fuori di sé e si astiene da ogni commento. Ma nell’aula si alza un brusio cre-scente fino a che un aspirante pro-rompe brusco: “Senta, lei mi mette

in una situazione molto difficile: se dò un valore più alto alla genitorialità rispetto alla coppia, cosa faccio, devo buttare giù dalla torre mia moglie? O viceversa?”

Un altro viene al nocciolo: ma tutto questo “che ci azzecca?” Da destra una protesta che è di disapprovazione soltanto per la scelta del verbo.

Qui il gioco si sbriciola, ma la sociologa fornisce la sua spiegazione.

Vedete, se voi date un voto alla cultura più alto di quello per il tempo libero e vi trovate a mediare una controversia tra condomini per il rumore proveniente dal piano di sopra causato da un condomino che fa ginnastica con attrezzi arre-cando disturbo ad un altro che sta studiando, tenderete a mediare a favore del secondo. Invece dovrete fare lo sforzo di comprendere le esigenze dello sportivo.

Chiaro?Dopo di che enuncia quello che potrebbe essere il vade-

mecum del mediatore:

Il più spiritoso gioca sul proprio cognome, che è Tiracorrendo, e si propone come uomo del risciò, naturalmente in Cina ... Renzoré, che abitualmente scrive notarelle para-giuridiche, si attacca ad uno schema prefabbricato. E proclama: io vorrei fare il pescatore di perle in un’isola dell’Oceano Pacifico, tanto per sen-tirmi in contatto con la natura (e con il guadagno no?).

segnali di fumo

Page 58: SOMMARIO - Fondazione dell'avvocatura parmense · 2015-11-07 · 14 Note sul processo amministrativo II: ... Periodico quadrimestrale a cura dell’Ordine degli Avvocati di Parma.

46

“L’aneddoto dell’arancia.E’ notte, ed in un appartamento di un condominio c’è ancora

una luce accesa; tutta la famiglia non può dormire a causa di una lite, senza esclusione di colpi, tra le due figlie, due gemelline di 6 anni infuriate, che vogliono entrambe l’unica arancia rimasta nel frigorifero.

La mamma non sa più come calmare le due piccole, né è possibile reperire una seconda arancia per soddisfare le esigenze delle bimbe; quella è l’ultima arancia avanzata, i negozi sono chiusi ed il vicino di casa, anch’egli interpellato, non possiede nessuna arancia. La mamma individua l’unica soluzione che, al momento, appare possibile: dividere l’arancia a metà e dare ad ogni gemellina una metà del frutto.

A questo punto è interessante vedere cosa succede.Una bimba, ancora in lacrime, sbuccia la sua mezza arancia

e mangia la polpa; l’altra sorellina, invece, sbuccia la sua metà del frutto, ma accantona la polpa e conserva la buccia che le servirà l’indomani per fare i canditi a scuola.

E’ di tutta evidenza che in questo caso concreto una efficace gestione del conflitto avrebbe consentito ad entrambe le bimbe di ottenere il completo soddisfacimento del proprio interesse: l’intera polpa all’una e tutta la buccia all’altra.

Agendo nel modo descritto la mamma ha adottato una deci-sione che ha lasciato entrambi i contendenti insoddisfatti per aver ottenuto, ciascuno, solo il 50% del soddisfacimento del proprio interesse.

In altri termini la decisione della mamma ha portato ad avere due perdenti entrambi insoddisfatti, con probabile compromis-sione anche delle loro relazioni future, anziché due vincitori, come sarebbe stato possibile se quel conflitto fosse stato gestito secondo le tecniche della mediazione, ovvero ricercando i veri interessi delle parti ed aiutando le stesse ad individuare quelle soluzioni che da sole non erano riuscite a trovare in un negoziato diretto, evidente-mente viziato da un difetto di comunicazione”.

Come spiegare? Che il mediatore deve scoprire reconditi interessi dei contendenti? Ma per l’avvocato la conciliazione prevede la (semi) soddisfazione delle parti che rinunziano parzialmente ai propri diritti, non che ne escano tutte totali vincitrici. Insuperabile barriera della interdisciplinarietà!

“Senti Renzorè, adesso me lo devi dire sinceramente, ma la parte tecnico – giuridica del corso come era?”. “Impecca-bile. Perfetta”. Utile per inutile non vitiatur.

La camurría.Il Tribunale di Parma aveva appena depositato il provvedi-

mento ex art. 700 c.p.c. Cacopardo vs Camilleri (pubblicato su “Segnali di fumo” di “Cronache” n. 3/2010) che quest’ul-timo infilava in tipografia la seguente nota destinata a chiu-dere la successiva raccolta “Gran circo Taddei e altre storie di Vigata”, Sellerio ed. 2011: “Molto probabilmente in questi rac-

conti i miei lettori troveranno casi di omonimia. Ecco appunto, si tratta di omonimia.

Tutte le situazioni, i nomi di persone e cose, mi sono stati sug-geriti dalla fantasia e non dalla realtà.

Ci tengo a sottolinearlo e ci tiene ancor di più il mio avvo-cato”.

Sarà finita la camurría? Staremo a vedere.Queste righe erano state appena scritte quando sulla

“Gazzetta di Parma” appare una dichiarazione di Cacopardo in occasione della presentazione di una sua nuova opera:

“Per ora non ho intenzione di procedere con altre azioni legali, anche perché è molto difficile scontrarsi con delle icone come Camilleri”.

Difficile, letta la decisione, direi proprio di no, produttivo direi proprio di sì.

Giacomo Voltattorni

segnali di fumo

Page 59: SOMMARIO - Fondazione dell'avvocatura parmense · 2015-11-07 · 14 Note sul processo amministrativo II: ... Periodico quadrimestrale a cura dell’Ordine degli Avvocati di Parma.

47

AvvocAto - tenutA Albi - iscrizione - requi-siti - condottA specchiAtissimA ed illibAtA.

AvvocAto - tenutA Albi - pAtrocinio - scA-denzA sessennio - mAntenimento iscrizione registro prAticAnti - condizioni.

Ai fini della iscrizione all’Albo degli avvocati, il requisito imprescindibile della “condotta specchiatissima ed illibata” è escluso dalla presenza di comportamenti che denotino una non occasionale tendenza alla violazione di norme giuridiche ed un assoluto contrasto con le regole di carattere deonto-logico che debbono accompagnare la professione forense.

E’ legittimo il rigetto della domanda di iscrizione nell’Albo degli Avvocati qualora le rilevate situazioni ostative non solo non siano risalenti nel tempo e cristallizzate nelle vicende esaminate in sede penale ma, al contrario, risultino dotate di attualità e tali da integrare la nozione di una condotta e di una trama comportamentale del tutto endemiche e proprie di caratteristiche personali assolutamente incompatibili con quel requisito di “condotta specchiatissima ed illibata” richie-sto dall’art. 17 n.3 del R.D.L. n.1578/1933.

Il rapporto di giuridica dipendenza con un professionista già abilitato, ovvero lo svolgimento dell’attività di ausilio e di apprendimento sotto il controllo continuo di chi sia iscritto all’Albo, è condizione imprescindibile per poter mantenere l’iscrizione nel Registro finalizzata a proseguire nella pratica forense. Ne consegue che il solo interesse al titolo di prati-cante, al di fuori della pratica professionale e dell’esercizio del patrocinio nei limiti previsti dall’ordinamento, non costituisce interesse giuridicamente protetto.(Rigetta il ricorso avverso decisione C.d.O. di Asti, 9 aprile 2008).

Cons. Naz. Forense 10-11-2009, n. 98Pres. f.f. PERFETTI - Rel. BORSACCHI - P.M. MAR-

TONE (conf.) - dott. A.G.

AvvocAto - tenutA Albi - elenco speciAle - iscrizione - AvvocAto strutturA legAle bAncA - Attività e compiti gestionAli - incom-pAtibilità.

Va ravvisata la sicura situazione di incompatibilità con l’iscrizione nello speciale elenco degli avvocati addetti ad Uffici legali di Enti locali e Istituti di diritto Pubblico annesso all’Albo, nel caso in cui il professionista venga trasferito dall’ufficio legale centrale di una banca in una struttura diversa per collocazione territoriale e per dipendenza gerar-chica nell’ambito della quale assuma la cura, oltre agli aspetti strettamente legali, anche di quelli gestionali, così venendo meno i requisiti di autonomia oggettiva e soggettiva richie-sto dalla norma professionale ex art. 3 co. 4 lett. b), R.D.L. n. 1578/1933. (Rigetta il ricorso avverso decisione C.d.O. di Siena, 26 marzo 2008).

cons. naz. Forense 11-11-2009, n. 112pres. f.f. perFetti - rel. steFenelli - p.m. iAn-

nelli (non conf.) - avv. l.m.p.

AvvocAto - procedimento disciplinAre - decisione del c.d.o. - decisione che dispone l’AperturA del procedimento - impugnA-zione - proposizione oltre il termine ex Art. 50 co.2 r.d.l. n. 1578/33 - inAmmissibilità.

AvvocAto - procedimento disciplinAre - decisione del c.d.o. - decisione che dispone l’AperturA del procedimento - impugnA-zione - sindAcAto del c.n.F. - limiti.

AvvocAto - procedimento disciplinAre - decisione del c.d.o. - decisione che dispone l’AperturA del procedimento - impugnA-zione - mAncAnzA presupposti FormAli - rei-terAbilità.

Atteso che le delibere che dispongono l’apertura del pro-cedimento disciplinare partecipano ai fini della relativa impu-gnativa del regime disciplinare delle decisioni di cui all’art. 50, 1° co., r.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578, anche per esse deve trovare applicazione il termine decadenziale di venti giorni dalla loro notificazione di cui al successivo secondo comma, sicchè l’impugnazione proposta oltre tale termine va ritenuta inammissibile.

La delibera di apertura del procedimento disciplinare, pur strutturalmente decisione, ha un contenuto non decisorio del merito e tanto meno anticipatorio di esso, restando quest’ul-timo impregiudicato ed affatto condizionato dalla manife-stata volontà di sottoporre al vaglio dibattimentale l’accusa. Ne consegue che la revisione spettante al CNF in sede di impugnativa dei provvedimenti di apertura del procedimento disciplinare è strutturalmente limitata entro un mero riscon-tro di legalità che abbia solo ed esclusivo riguardo all’esi-stenza di tutti i presupposti formali per la relativa adozione (tra questi, ad es., l’esistenza ed il rispetto dei quorum costi-tutivi e deliberativi necessari; l’avvenuta previa rituale convo-cazione dei consiglieri; l’esecuzione di tutti gli adempimenti formali propedeutici alla delibera eventualmente imposti dal regolamento disciplinare che fosse stato adottato dal consi-glio e che, in tal caso, integrerebbe la disciplina legale; l’avve-nuta regolare notifica ed il rispetto dello spatium tra questa e l’udienza dibattimentale, etc.).

La riscontrata insussistenza dei presupposti formali per l’adozione della delibera di apertura del procedimento disci-plinare, se conduce al relativo ripudio, non ne impedisce la reiterazione e, con essa, l’esercizio dell’attribuzione, nel rispetto, questa volta, dei presupposti di legge. Tra quest’ul-timi non figura certamente la questione di prescrizione

Giurisprudenza disciplinare

Page 60: SOMMARIO - Fondazione dell'avvocatura parmense · 2015-11-07 · 14 Note sul processo amministrativo II: ... Periodico quadrimestrale a cura dell’Ordine degli Avvocati di Parma.

48

dell’azione disciplinare, la quale costituisce classico aspetto di merito, donde l’inammissibilità di un’impugnativa con la quale si deducesse la consumazione ratione temporis del potere disciplinare.(Dichiara inammissibile il ricorso avverso deci-sione C.d.O. di Verona, 26 maggio 2008).

Cons. Naz. Forense 15-10-2009, n. 96Pres. f.f. VERMIGLIO - Rel. PERFETTI - P.M.

FEDELI (conf.) - avv. M.V.

AvvocAto - procedimento disciplinAre - decisione del c.d.o. - impugnAzione - presen-tAzione del ricorso A mezzo postA - spedi-zione entro il termine di venti giorni dAllA notiFicA dellA decisione - deposito tArdivo - inAmmissibilità.

Deve ritenersi tardivo, e pertanto inammissibile, poiché proposto oltre il termine perentorio dei 20 giorni dalla notifica, il ricorso avverso la decisione del Consiglio territo-riale presentato a mezzo posta (da intendersi quale attività meramente strumentale ad ottenere il risultato tipizzato del deposito dell’atto), la cui spedizione sia avvenuta il 20° giorno dalla notifica del provvedimento impugnato, e pervenuto al Consiglio dell’Ordine sei giorni dopo.(Dichiara inammissibile il ricorso avverso decisione C.d.O. di Lucca, 28 novembre 2008)

Cons. Naz. Forense 11-11-2009, n. 101Pres. f.f. PERFETTI - Rel. LANZARA - P.M. FEDELI

(conf.) - avv. N.C.

AvvocAto - procedimento disciplinAre - procedimento dAvAnti Al c.d.o. - dichiArA-zioni del denunciAnte - provA certA - suFFi-cienzA - condizioni.

Il più volte affermato principio in virtù del quale la ver-sione dei fatti fornita dal denunciante può assumere valore di prova certa quando la stessa trovi riscontro con altri elementi obiettivi e documentali, e non quando le semplici asserzioni della parte non siano confermate da riscontri, deve ritenersi correttamente applicato qualora il Consiglio terri-toriale abbia sottoposto ad un congruo e motivato vaglio critico il contenuto dell’esposto trovando, con motivazione logica, coerenza di riscontri nella documentazione prodotta, in quella successivamente acquisita, anche di provenienza dell’incolpato, e nelle stesse difese di quest’ultimo.(Accoglie parzialmente il ricorso avverso decisione C.d.O. di Novara, 17 gennaio 2008)

Cons. Naz. Forense 11-11-2009, n. 102Pres. f.f. TIRALE - Rel. BORSACCHI - P.M. MAR-

TONE (conf.) - avv. M.Z.

AvvocAto - procedimento disciplinAre - procedimento dAvAnti Al c.d.o. - mAncAtA compArizione dell’incolpAto -impedimento - AssolutezzA.

Ai fini del rinvio dell’udienza del procedimento discipli-nare per impedimento del professionista, la sia pur certificata sindrome gastroenterica che l’incolpato alleghi ai fini della impossibilità a comparire non può ritenersi patologia idonea ad integrare un impedimento assoluto alla partecipazione all’udienza fissata. (Rigetta il ricorso avverso decisione C.d.O. di Piacenza, 27 marzo 2008).

Cons. Naz. Forense 11-11-2009, n. 110Pres. f.f. VERMIGLIO - Rel. VACCARO - P.M. MAR-

TONE (conf.) - avv. M.M.

AvvocAto - procedimento disciplinAre - ricorso Al c.n.F. - Atti impugnAbili - decisione c.d.o. su istAnzA di ricusAzione - esclusione.

Il sistema degli artt. 54 e 56 dell’Ordinamento profes-sionale forense esclude l’impugnabilità dinanzi al C.N.F. della deliberazione sulla ricusazione adottata dal Consiglio terri-toriale, non potendo condurre ad una diversa conclusione l’art.53, ultimo comma, delle norme integrative e di attua-zione dell’ordinamento professionale di cui al r.d. n.37/34. Il ricorso per Cassazione avverso le decisioni adottate dal C.N.F. in sede di impugnativa della deliberazione del C.O.A. che abbia deciso in punto di ricusazione, altresì escluso dalle richiamate norme, neppure può ritenersi ammissibile ai sensi dell’art.111 Cost., atteso che la natura di organo amministra-tivo del Consiglio territoriale qualifica come amministrativi sia il procedimento incidentale di ricusazione dei componenti di detto organo, sia la relativa deliberazione, escludendo per-tanto che tale deliberazione - ancorchè poi riesaminata dal CNF al solo fine di dichiarare l’inammissibilità della impu-gnazione - abbia il carattere della decisorietà su posizioni di diritto soggettivo (carattere necessario, unitamente a quello della definitività, ai fini della ricorribilità dei provvedimenti ai sensi del citato art.111 Cost.). (Dichiara inammissibile il ricorso avverso decisione C.d.O. di Messina, 2 settembre 2008).

Cons. Naz. Forense 11-11-2009, n. 113Pres. f.f. PERFETTI - Rel. BORSACCHI - P.M. MAR-

TONE (conf.) - avv. G.F.

AvvocAto - procedimento disciplinAre - procedimento cAutelAre - rApporto - Auto-nomiA.

AvvocAto - procedimento disciplinAre - sospensione cAutelAre - nAturA del provve-dimento - ritiro e revocA.

E’ infondata l’eccezione di improcedibilità del sub-proce-dimento cautelare a seguito dell’impugnazione della delibera di apertura del procedimento disciplinare, atteso che gli artt. 43 e 44 del R.D.L. n. 1578/33 non stabiliscono alcun rapporto procedimentale con il procedimento disciplinare di cui al terzo comma dell’art. 38, essendo disposta la sospensione cautelare dall’esercizio della professione sulla base di un pro-cedimento del tutto autonomo rispetto a quello disciplinare.

giurisprudenza disciplinare

Page 61: SOMMARIO - Fondazione dell'avvocatura parmense · 2015-11-07 · 14 Note sul processo amministrativo II: ... Periodico quadrimestrale a cura dell’Ordine degli Avvocati di Parma.

49

La sospensione cautelare dall’esercizio della professione non è una sanzione disciplinare, bensì un provvedimento amministrativo a carattere provvisorio e di natura caute-lare, volto a salvaguardare l’ordine forense e a preservare la funzione sociale dalle menomazioni di prestigio che possano conseguire alla notizia di assoggettamento dell’avvocato a procedimento penale per fatti gravi e comportamenti costi-tuenti reato. Ne consegue che la deliberazione con cui viene applicata la misura della sospensione cautelare, in quanto atto amministrativo, può essere sempre riformata o ritirata in via di autotutela, e, in quanto atto cautelare, è sempre revocabile o modificabile, se si verificano mutamenti delle circostanze o emergono fatti anteriori di cui si è acquisita conoscenza successivamente all’adozione del provvedimento. (Rigetta il ricorso avverso decisione C.d.O. di Bologna, 15 aprile 2009).

Cons. Naz. Forense 19-11-2009, n. 122Pres. ALPA - Rel. CARDONE - P.M. IANNELLI

(conf.) - avv. R.M.

AvvocAto - norme deontologiche - rAp-porti con lA pArte AssistitA - dovere di Fedeltà - dovere di riservAtezzA - diFFusione inFormAzioni dAnnose per il cliente - violA-zione.

Viola l’art. 7 del codice deontologico il professionista che, nell’ambito del primario dovere di fedeltà al mandato, compia atti contrari all’interesse dell’assistito quali la diffusione di notizie a quest’ultimo sfavorevoli apprese nel corso o in occasione del rapporto. Tale condotta viola altresì l’art. 9 del medesimo codice concernente l’altro parimenti fondamen-tale dovere di mantenere il segreto sulle informazioni fornite dall’assistito o delle quali l’avvocato sia venuto a conoscenza in dipendenza del mandato, a causa od in occasione dello stesso, non incidendo sul rigoroso rispetto di tale dovere la circostanza che nella specie il mandato permanesse solo for-malmente, atteso che il vincolo del segreto riguarda anche gli ex-clienti. (Rigetta il ricorso avverso decisione C.d.O. di Venezia, 15 gennaio 2008).

Cons. Naz. Forense 11-11-2009, n. 100Pres. f.f. PERFETTI - Rel. BIANCHI - P.M. FEDELI

(conf.) - avv. L.F.

AvvocAto - norme deontologiche - rAp-porti con lA contropArte - Assunzione di incArichi contro ex clienti - controversie FAmiliAri - FAttispecie.

AvvocAto - norme deontologiche - ille-cito disciplinAre - elemento soggettivo.

L’avvocato che, dopo aver assistito entrambi i coniugi nel procedimento di separazione consensuale, presti la pro-pria assistenza a favore di uno solo di essi, costituendosi per questi nella causa di modifica delle condizioni di separazione, pone in essere un comportamento deontologicamente rile-vante, poiché lesivo del dovere di fedeltà e lealtà cui ciascun

professionista è tenuto.E’ irrilevante, al fine di integrare l’elemento soggettivo

dell’illecito, la ritenuta sussistenza da parte del professionista di una causa di giustificazione o non punibilità, essendo noto il principio, costantemente affermato, secondo cui per l’impu-tabilità dell’infrazione disciplinare non è certamente neces-saria la consapevolezza dell’illegittimità della condotta (dolo o colpa), essendo sufficiente la volontarietà dell’azione che ha dato luogo al compimento di un atto deontologicamente scorretto, a prescindere dall’eventuale finalità dell’azione violativa della condotta. (Rigetta il ricorso avverso decisione C.d.O. di Brescia, 17 marzo 2008).

Cons. Naz. Forense 11-11-2009, n. 104Pres. ALPA - Rel. DEL PAGGIO - P.M. IANNELLI

(conf.) - avv. C.A.

AvvocAto - norme deontologiche - obbli-gAzioni Assunte nei conFronti di terzi - obbligAzione risArcitoriA ex delicto - inA-dempimento - illecito deontologico.

Viola gli artt. 5 e 59 c.d.f. il professionista che, condannato in sede penale per il reato di bancarotta fraudolenta, ometta di provvedere in favore della parte civile al pagamento della somma pur minore richiesta dalla creditrice a titolo risar-citorio. Invero, la circostanza che l’obbligazione risarcitoria scaturisca ex delicto, che sia consacrata in un titolo costituito da una sentenza passata in giudicato e che sia di particolare latitudine, integra altresì quei livelli di “modalità” e “gravità” voluti dallo stesso art.59 per far assumere all’inadempimento delle obbligazioni estranee all’esercizio della professione il carattere di illecito disciplinare. (Rigetta il ricorso avverso decisione C.d.O. di Brescia, 12 novembre 2007).

Cons. Naz. Forense 11-11-2009, n. 106Pres. ALPA - Rel. BORSACCHI - P.M. CIAMPOLI

(conf.) - avv. L.C.

AvvocAto - norme deontologiche - plu-rAlità violAzioni - sAnzione - misurA.

Va ritenuta adeguata la sanzione disciplinare della sospen-sione per sei mesi inflitta al professionista che abbia accu-mulato in un’azione continuativa plurime violazioni delle norme deontologiche, arrecando non lieve e mai ristorato danno al cliente e compromettendo, per effetto della lesione di molteplici principi del corretto comportamento dell’avvo-cato, l’immagine stessa dell’avvocatura nel contesto sociale. (Rigetta il ricorso avverso decisione C.d.O. di Catanzaro, 9 marzo 2005).

Cons. Naz. Forense 11-11-2009, n. 114Pres. ALPA - Rel. BIANCHI - P.M. CIAMPOLI (conf.) - avv.

M.G.

giurisprudenza disciplinare

Page 62: SOMMARIO - Fondazione dell'avvocatura parmense · 2015-11-07 · 14 Note sul processo amministrativo II: ... Periodico quadrimestrale a cura dell’Ordine degli Avvocati di Parma.

50

TRIBUNALE DI PARMAin composizione monocraticaSezione LavoroOrdinanza cautelare (procedimento ex art. 700 c.p.c.)Giudice: dott. Giuseppe Coscioni

PROCEDIMENTO DISCIPLINARE – TEMPESTIVITA’ DELLA CONTESTAZIONE DISCIPLINARE E IRRILEVANZA DELLA COMPLESSITA’ DELLA ORGANIZZAZIONE AZIENDALE

La fattispecieLa ricorrente adiva il Tribunale di Parma, Giudice del

Lavoro, con ricorso ex art. 700 cpc, allegando di avere subito un illegittimo licenziamento per giusta causa, e chiedendo la immediata reintegrazione in servizio, oltre che la condanna alla corresponsione delle retribuzioni maturate e non percepite dal momento del licenziamento sino alla ripresa della funzionalità del rapporto.

In particolare, la ricorrente allegava di essere stata licenziata per avere commesso delle gravi irregolarità nello svolgimento delle sue mansioni.

Allegava, altresì, di essere stata sentita, alcuni mesi prima di ricevere la contestazione disciplinare da cui era poi derivato il provvedimento di licenziamento, da taluni ispettori, espressamente deputati all’accertamento delle irregolarità, e di avere “confessato” la commissione delle gravi irregolarità ascritte ma di non avere ricevuto alcuna contestazione disciplinare, da parte del datore di lavoro, per i tre mese successivi. Eccepiva, dunque, la tardività della contestazione disciplinare, e dunque la illegittimità del licenziamento comminato successivamente, per invalidità del procedimento disciplinare.

Il datore di lavoro si costituiva in giudizio, contestando la tesi avversaria e sottolineando, da un lato, una particolare complessità organizzativa di impresa, tale da avere determinato un rallentamento nella procedura di contestazione disciplinare, e dall’altro, la portata gravemente inadempiente della condotta della lavoratrice.

Il Giudice cautelare, senza entrare – neppure in via sommaria – nel merito della fondatezza (o meno) delle contestazioni mosse alla lavoratrice (peraltro pacifiche, vista la piena conferma da parte della stessa), si limitava a esaminare – in punto al fumus boni iuris – unicamente gli aspetti inerenti il procedimento disciplinare intrapreso dal datore di lavoro.

Riteneva quindi fondato il ricorso, atteso che il datore di lavoro, pur avendo avuto piena conoscenza dei fatti posti a sostegno della responsabilità della lavoratrice, aveva atteso per un periodo ritenuto ingiustificatamente lungo, ossia tre mesi, prima di procedere alla contestazione disciplinare, così violando il principio di immediatezza della contestazione.

quanto al periculum in mora, il Giudice ne riscontrava la sussistenza, atteso che la lavoratrice poteva fare affidamento, per la sua sussistenza, esclusivamente sugli introiti derivanti dal proprio lavoro.

Avverso detta ordinanza, la resistente proponeva reclamo.

Il Collegio rigettava il reclamo, condividendo la impostazione del Giudice di prime cure, sia in ordine alla violazione del principio della immediatezza della contestazione disciplinare, sia in ordine alla ritenuta sussistenza del periculum in mora.

La decisioneCon la decisione annotata, il Tribunale di Parma

in composizione monocratica (e, successivamente, in composizione collegiale) ha “quantificato” il tempo ritenuto sufficiente per la declaratoria di illegittimità della sanzione disciplinare.

In assenza di specifica norma di legge o contrattuale, infatti, la questione circa la tempestività dell’inizio del procedimento disciplinare (e, dunque, della formalizzazione della contestazione disciplinare) è oggetto di frequenti contrasti, posto altresì che trattasi di questione rimessa interamente alla valutazione del Giudice.

I giudici del Tribunale di Parma hanno ritenuto che un periodo di tre mesi, intercorso tra il momento in cui il datore di lavoro era venuto definitivamente a conoscenza della infrazione disciplinare imputabile ad una propria dipendente e il momento in cui è stata formulata la contestazione disciplinare (alla quale era seguito il provvedimento sanzionatorio espulsivo), fosse un tempo eccessivamente lungo, dunque invalidante l’intero procedimento disciplinare.

In particolare, il Tribunale di Parma, richiamando una pronuncia della Suprema Corte (Cass. Civ., sez. lav., 08.06.2009 n. 13167), e conformandosi ai principi da questa espressi, ha ritenuto che, nel caso in cui venga accertata la piena consapevolezza del datore di lavoro circa le responsabilità, sotto il profilo disciplinare, di un proprio dipendente (con onere della prova interamente a carico del datore di lavoro), la contestazione disciplinare debba essere elevata prontamente, a nulla rilevando la eventuale complessità organizzativa della struttura aziendale datoriale.

In particolare, il Tribunale di Parma ha ritenuto che la complessa struttura aziendale del datore di lavoro, fosse del tutto ininfluente ai fini della questione de qua, atteso che “in caso contrario, la istituzione di una miriade di strutture potrebbe procrastinare ad libitum l’instaurazione di un procedimento disciplinare”.

A fronte, infatti, del legittimo esercizio del potere disciplinare, da parte del datore di lavoro, vi è il diritto, del lavoratore, ad una piena e compiuta difesa (consacrato dall’art.

Giurisprudenza

Page 63: SOMMARIO - Fondazione dell'avvocatura parmense · 2015-11-07 · 14 Note sul processo amministrativo II: ... Periodico quadrimestrale a cura dell’Ordine degli Avvocati di Parma.

51

7, L. 300/70 – Statuto dei lavoratori), il cui esercizio potrebbe essere pregiudicato dalla tardività della contestazione.

Sotto altro profilo, la tardività dell’avvio del procedimento disciplinare, potrebbero indurre il lavoratore a fare legittimo affidamento sulla volontà datoriale di soprassedere al licenziamento, ritenendo la violazione disciplinare non tanto grave (specialmente a fronte della continuazione dell’attività lavorativa del dipendente).

Preso atto dell’orientamento del Tribunale di Parma, si richiama, comunque, quanto disposto da Cass. Civ., sez. lav., 01.07.2010 n. 15649; Cass. Civ., sez. lav., 06.10.2005 n.19424, che, nell’affermare e ribadire il principio – pacifico - della immediatezza della contestazione (o comminazione della sanzione) disciplinare, ne hanno temperato la portata, ritenendo doversi tenere, comunque, conto delle eventuali problematiche derivanti dalla complessità della struttura organizzativa di impresa.

TRIBUNALE DI PARMAG.I.P. dott. Paola ArtusiOrdinanza 2 maggio 2011

APPLICAZIONE DELLA MISURA CAUTELARE DEGLI ARRESTI DOMICILIARI– DELITTO DI ATTI PERSECUTORI EX ART. 612-BIS C.P..- PLURALITÀ DI CONDOTTE SCATURITE DA VICENDA ORIGINATA DA VERTENZE CIVILISTICHE IN MERITO AD UNA PROPRIETÀ DI PICCOLA PORZIONE DI TERRENO – CONDOTTE LESIVE (CHE INTEGRANO I DIVERSI REATI DI CUI ALLA PROVVISORIA IMPUTAZIONE) PROSEGUITE IN EPOCA SUCCESSIVA ALL’ENTRATA IN VIGORE DEL D.L. 11/2009 – INAPPLICABILITÀ, NEL CASO DI SPECIE, DELLE MISURE DI CUI AGLI ARTT. 282-BIS E 282- TER C.P.P.

Il Giudice per le Indagini Preliminari ha emesso provvedimento restrittivo a carico di persona di oltre settant’anni di età, dopo avere evidenziato come le plurime condotte (descritte dettagliatamente negli atti di denuncia-querela presentati dalle persone offese), fossero tali da ritenere sussistente l’ipotesi del delitto di atti persecutori (c.d. “stalking”).

La particolarità del caso prende le mosse da una situazione di conflitto (purtroppo molto diffusa) tra soggetti che sono le parti di una causa civile pendente in relazione all’accertamento giudiziale della proprietà di una piccolissima porzione di terreno.

Ad aggravare e moltiplicare le occasioni di condotte plurime e penalmente rilevanti ha contribuito la contiguità fra le abitazioni della persona sottoposta ad indagini e quella delle persone offese. queste ultime, inoltre, appartengono ad un medesimo nucleo familiare e sono legate alla persona attinta dalla misura cautelare da stretto rapporto di parentela.

E’ stato evidenziato, nel testo dell’ordinanza, lo stato perdurante e grave di ansia e di paura in capo alle persone

offese all’esito della “costante condotta persecutoria” dell’anziano parente.

Il Giudice ha, inoltre, accennato al fatto che la persona sottoposta ad indagini “risulta avere sporto delle denunce contro le parti contrapposte”e che, “dunque, per tale ragione, si potrebbe sostenere l’interesse delle persone offese a sostenere delle accuse nei confronti dell’indagato”. In considerazione di quanto sopra affermato, il GIP ha espressamente fatto riferimento ai “riscontri” in merito a quanto denunciato dalle vittime della condotta persecutoria.

Il Giudice ha ritenuto sussistente l’esigenza cautelare di cui all’art. 274 lett. c) c.p.p. sottolineando come il giudizio sulla personalità della persona sottoposta a misura cautelare e la valutazione “della frequenza, della modalità, della reiterazione delle condotte” siano tali da denotare “una evidente insensibilità alle comuni regole di convivenza civile”.

La presenza dei gravi indizi di colpevolezza e di ciò che il GIP definisce come “disinteresse per le conseguenze penali delle proprie condotte”, ha fatto ritenere al Giudice non applicabili, nel caso concreto, le misure previste agli artt. 282 –bis e 282-ter c.p.p.

Le misure dell’”allontanamento dalla casa familiare” e del “divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa” sono state, infatti, prese in considerazione dal Giudice che tuttavia, nel caso concreto, ne ha escluso l’applicabilità in quanto la “personalità dell’indagato” “non depone in senso favorevole sulla capacità” “di rispettare obblighi meno incisivi”.Il Giudice ha valutato, inoltre, il fatto che le misure meno afflittive rispetto agli arresti domiciliari sarebbero state “inapplicabili” “in considerazione della contiguità tra le abitazioni dell’indagato e quella delle parti offese”.

a.m.

giurisprudenza