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Sanità dimenticata Dolore orbitario non bulbare Calo visus improvviso Canaloplastica 2013 Chirurgia oculare nei Paesi a basso reddito Schiascopia: un’arte perduta? Anno IV - N. 1 - Gennaio/Aprile 2013 rivista quadrimestrale di Oftalmologia

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Sanità dimenticataDolore orbitario non bulbare

Calo visus improvviso

Canaloplastica 2013Chirurgia oculare nei Paesi a basso redditoSchiascopia: un’arte perduta?

Anno IV - N. 1 - Gennaio/Aprile 2013

rivista quadrimestrale di Oftalmologia

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Cosa troverete in questo numero p. 4

editoriale p. 5Sanità dimenticatadi Costantino Bianchi

mistery Case - parte 1 p. 9Calo del visus bilaterale improvviso: quante possono essere le cause?di Odile Correnti, Lorenzo Rapisarda, Antonio Rapisarda

nuove teCniChe p. 10Update 2013: ...la canaloplasticadi Romeo Altafini

nuove teCniChe p. 11La canaloplasticadi Paolo Brusini

dolore p. 15Il dolore della regione orbitaria di origine non bulbaredi Amedeo Lucente

qui afriCa p. 26La chirurgia oculare nei paesi a basso redditodi Paolo Angeletti e Richard Hardi

europa news p. 30Ultime dalla EC sulla fluoresceina

GlauComa p. 31La qualità di vita del paziente come guida per la scelta delle terapie di seconda linea nel glaucomadi Lucia Tanga, Francesca Berardo, Manuela Ferrazza, Francesco Oddone

oCulisti in "missione" p. 35Afghanistan: missione oculisticadi Elena Gilardi

abilità teCniChe p. 39Schiascopia: un’arte perduta?di Jelena Petrinovic Doresic

mistery Case - parte 2 p. 44Calo del visus bilaterale improvviso: quante possono essere le cause?di Odile Correnti, Lorenzo Rapisarda, Antonio Rapisarda

oftalmologiadomani

Rivista quadrimestrale di oftalmologia

Anno IV - n. 1gennaio/aprile 2013

DirettoreResponsabile:

Costantino Bianchi

Fondatori:Costantino BianchiAntonio Rapisarda

RedazioneScientifica:Romeo Altafini

Costantino BianchiAldo Caporossi

Emilia GalloAmedeo Lucente

Antonio Rapisarda

[email protected]

Progetto grafico e impaginazione:

Jaka CongressiVia della Balduina, 88

00136 Romawww.jaka.it

ArtSimona Pelosi

[email protected]

Iscrizione n. 68 del 15.02.2010

presso il Tribunale di Milano

Edizione e stampa:Laserpolver

Via Kramer, 17/1920129 Milano

Finito di stampare nel mese di aprile 2013

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s o m m a r i o

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Dopo la lunga pausa invernale, siamo di nuovoqui a riproporvi il decimo numero della rivista.L’editoriale è dedicato questa volta al momento

delicato e grave della sanità in Italia. Purtroppo, i risultatidelle recenti elezioni politiche non hanno contribuito adiradare le nebbie che avvolgono la gestione della salutein Italia. Anzi, verrebbe proprio da dire: di male in peg-gio! Il malessere che ci viene segnalato dai colleghi, ubi-quitario, non lascia presagire nulla di buono e siamotutti sinceramente preoccupati su come potrebbero evol-vere le cose nel nostro settore.Romeo Altafini ripropone ai lettori una nuova serie diarticoli, che hanno lo scopo di aggiornare su nuove tec-niche diagnostiche e chirurgiche, con particolare atten-zione al glaucoma. Dopo un primo “assaggio”, dedicatoalla genetica del glaucoma, questo numero ospita unarticolo sulla canaloplastica, redatto per noi da PaoloBrusini, molto didattico nella sua elegante essenzialità.Paolo è unanimemente riconosciuto come uno dei mag-giori esperti italiani in questo tipo di chirurgia e questoarticolo va a completare una triade ad altissimo livello,iniziata da Antonello Rapisarda e proseguita da AldoCaporossi. Amedeo Lucente, dopo una eccellente serie di articolidedicati alla diagnostica high tech, cambia questa voltatotalmente target e si dedica ad un sintomo per nullasemplice da capire e gestire da parte dell’oculista: il do-lore orbitario extra bulbare. Documentata come sempre,questa mini survey consentirà a chi non ha grande espe-rienza di districarsi senza troppi patemi d’animo nellagestione di un tipo di paziente molto particolare. Anchese il tema si presta poco, l’ iconografia è ricca e esplica-tiva, come ormai ci ha “viziato” Amedeo.Paolo Angeletti ha chiesto questa volta aiuto a PadreRichard Hardy, un missionario che è anche un eccellentechirurgo oftalmico. Insieme, fanno una breve ma signi-ficativa storia della chirurgia della cataratta nell’Africasub sahariana. E’ abbastanza impressionante constatarecome in un continente enorme come l’Africa, a partel’estremo nord e l’estremo sud, la facoemulsificazionefaccia ancora fatica ad affermarsi, complici anche le dif-ficoltà logistiche e climatiche.L’aderenza del paziente glaucomatoso alla terapia si va

evidenziando come un problema non semplice da ge-stire. Tanga, Berardo, Ferrazza e Oddone della Fonda-zione G.B. Bietti di Roma focalizzano l’attenzione dellettore sulla più opportuna e razionale scelta delle te-rapie in associazione. L'impatto dell'informazione è ac-cresciuto da un sapiente uso di inserti "Highlights".Segue poi un articolo di Jelena Petrinovic-Doresic sullaschiascopia. Quale è stato lo spunto? L’anno scorso erocon Jelena in commissione di esame europeo e lei, neo-fita di questi eventi, mi esternava il suo sconcerto nelconstatare come gli esaminandi sapessero tutto degliultimi strilli della diagnostica oculare, ma franavano ro-vinosamente quando gli si chiedevano le cose più basi-lari, come la schiascopia. Siccome l’Italia non è affattoimmune da questo difetto, le ho chiesto di darmi unamano a cercare di eliminarlo.A questo punto troverete una grossa novità. Ho ricevutodiverse sollecitazioni a dedicare una parte della rivistanon solo all’Africa ma anche agli altri Continenti. C’èchi ha proposto l’America del Sud, ma poi non si è poipiù fatto vivo; e chi invece, come Elena Gilardi, ha pre-parato un bell’articolo sul suo lavoro con Emergency inuna delle regioni dell’Afghanistan più “dimenticate”,ma bellissima (pare che l’Eden biblico si collocasse qui).Elena mi ha inviato a corredo delle sue impressioni ancheuna settantina di foto molto accattivanti, ed è un veropeccato non poterle pubblicare tutte.Chiude il numero, come sempre, il Mistery Case e, comesempre, non vi dico niente. Solo che questa volta il casoè veramente tosto, e non saranno in molti ad arrivarciprima di aver letto tutto l’articolo.

Buona lettura!

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Cosa troverete in questo numero

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S i sono appena svolte le elezioni nazionali per il rinnovo delle Camere e, in alcuneimportanti Regioni come Lombardia e Lazio, per la nomina del Governatore e delparlamentino regionale. Le elezioni sono state precedute da una delle più

frenetiche e squinternate campagne elettorali da quando esiste la Repubblica Italiana(secondo il Corriere della Sera, la peggiore). Forse solo nel ’53, quando la DemocraziaCristiana cercò di far passare la famosa “Legge truffa” (una modifica maggioritaria dellalegge proporzionale prima vigente), furono messi in campo altrettanto livore,aggressività e accuse personali, bilanciati da altrettanta pochezza di contenuti, comequelli dei quali siamo stati spettatori.

I risultati sono noti a tutti, e non è compito della nostra Rivista occuparsene, se nonper la parte che riguarda precipuamente la salute. In realtà, ogni stormir di fronde inqualunque settore toccato della politica finisce per riverberarsi , prima o poi, tanto opoco, nella gestione della sanità italiana pubblica e privata; però, se volessimocorrettamente analizzarle, le cose si farebbero troppo complicate e sicuramente civorrebbe qualcuno più qualificato di me per svolgere adeguatamente questo compito.

Tuttavia, chiarito bene il mio ruolo e indossati doverosamente gli umili pannidell’operaio dell’informazione mediante carta stampata, una cosa va subito detta: nonricordo una campagna elettorale in cui si sia parlato così poco di sanità. La cosa è di persé stupefacente, ma lo diventa ancor più quando si pone mente locale al fatto che ormaiun’ampia fetta del bilancio nazionale, circa il 15%, è spesa per mandare avanti ilcarrozzone del SSN. Per avere un’idea dell’entità dell’impegno, basta ricordare che per laDifesa la spesa in percentuale arriva a malapena al 3% (ed è una voce totalmente acarico dello Stato, che non ha risentito del federalismo regionalista). Questa fettadiventa addirittura enorme a livello Regionale ove, a causa del trasferimento di granparte delle competenze a suo tempo espletate dallo Stato, la fetta di risorse prelevatesotto forma di tasse dalle tasche dei cittadini è per il 70-75% utilizzata per garantire lasalute della popolazione.

Sarebbe stato quindi logico attendersi che la Sanità fosse usata come cavallo dibattaglia, come arma “assoluta” da parte dei diversi schieramenti per mostrare lapropria intelligenza politica e far valere la bontà delle rispettive proposte. Seppure conqualche difficoltà partigiana, va dato atto all’On. Bindi che, quando a suo tempo primacominciò ad interessarsi di sanità, poi convinse l’allora Presidente del Consiglio adaffidargliela, il livello di attenzione, di studio, di elaborazione concettuale, di proposteper quello che riguarda la salute raggiunse il suo apice nella storia della Repubblica.Forse non molti lo ricordano, ma la Bindi stessa dichiarò apertamente che, essendo leirappresentante di un piccolo partito, i Popolari, avrebbe utilizzato la “presa di potere”in ambito sanitario come il grimaldello per condizionare e indirizzare tutte le sceltepolitiche dei partiti maggiori. E così fece; se poi magari le ambizioni erano tropperispetto a quanto fu ottenuto, sicuramente non si può dire che la Rosina non ce la misetutta: intelligenza, dedizione, una fenomenale capacità lavorativa, furbizia politica.

Riconosciuto il giusto merito al “nemico”, va poi altrettanto correttamente ricordatoche l’astuta intuizione iniziale, quando fu tradotta in pratica, venne stravolta dalcondizionamento ideologico catto-comunista e dalla protervia caratteriale della pulzelladi Sinalunga. Se non si fosse svegliata tutte le mattine con in testa il chiodo fisso “Oggi achi fotto io?”, la Bindi sarebbe certamente stata uno di maggiori statisti italiani.

di CostantinoBianchi

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e d i t o r i a l e

Sanità dimenticata

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Assolutamente nulla di tutto questo abbiamo invece visto durante la campagnaelettorale appena finita. Sembrava quasi che fosse stato fatto un tacito accordo tra tuttele forze politiche per non sfiorare il tema “salute”, come se fosse un qualcosa didisdicevole o di osceno. E’ molto probabile che, anche se non vi fu un accordosottobanco, tutti abbiano pensato che la sanità in tempi più o meno brevi avrebbe fattosaltare il bilancio dello Stato e che quindi era meglio stare alla larga. Tanto per dareun’idea, questa era l’analisi del PD: “I fondi per la sanità pubblica sono stati sottoposti aripetuti tagli da parte degli ultimi governi e la Corte dei Conti ha stimato in 31 miliardi itagli fino al 2015, a cui si uniscono nuovi ticket, previsti dalla manovra del 2011 e cheentreranno in vigore da gennaio 2014, per rastrellare ulteriori 2 miliardi di euro. Il totaleè una manovra pari al 30% della complessiva dotazione annuale del Fondo SanitarioNazionale.” Tradotto dal politichese: non c’è (più) trippa per i gatti. E il bello è che il PDquesti provvedimenti li ha approvati tutti. Raro esempio di coerenza.

Metto subito le mani avanti, prevenendo le obiezioni dei soliti pignoliazzeccagarbugli, ricordando che nei programmi dei vari partiti non è che mancasse uncapitoletto dedicato alla sanità. Il problema però è che, quando dico che non ho sentitoparlare di sanità in campagna elettorale, intendo dire che quasi mai i candidati hannoesposto le loro idee in merito e ancor meno i media le hanno riportate. Se poi loroverbalmente le hanno espresse a chi li intervistava e questi non ha ritenuto di riportarle,vuol dire che non valeva la pena di farlo.

Per amore di obbiettività e per cercare di sviscerare l’argomento in tutte le suepieghe, ricorderò che anche nei programmi tenuti pudicamente “nascosti”, tutto quelloche ho letto era la sagra delle ovvietà, per di più senza alcuna indicazione pratica sucome si sarebbe fatto per ottenerla.

Abbattimento delle liste di attesa? Ma ormai nemmeno l’ultimo dei meno influentimanager di ospedalino di provincia cavalca questo mito. L’imperativo categorico ora èfare poco spendendo molto meno. Il problema è che a tagliare i fondi sono capaci tutti,fare di più con meno personale, senza rinnovare il materiale di consumo, senza pagaregli straordinari e senza dare il benché minimo incentivo alle truppe che hai ai tuoi ordininon è una impresa impossibile, è una pura e semplice presa per i fondelli. E il primo asaperlo è proprio chi propone queste cose. Ricorda molto la “Ridotta della Valtellina”, dimussoliniana memoria.

Potenziamento della medicina sul territorio e conseguente trasferimento di caricodagli ospedali al territorio? Ma perché no, solo che non basta dire che potenzialmentepossiamo vivere 140 anni, bisogna anche indicare con quali mezzi, e poi metterli inpratica. I nostri cari colleghi medici di medicina generale hanno ormai sviluppato unafenomenale capacità ad opporsi, senza troppi strepiti ma con estrema efficacia, aqualunque cambiamento che significhi per loro lavorare di più e/o guadagnare di meno.Anzi, sono diventati maestri nell’arte del guadagnare di più e lavorare di meno. Fino ache la medicina sul territorio la farà il “medico della mutua”, non si va da nessuna parte.

No a nuovi tagli e a nuovi ticket (piatto forte della proposta PD)? Ma bravo! E chi è ilcretino che chiederebbe nuovi tagli e nuovi ticket? Solo che dire no ai tagli non risolve ilproblema di come pagare gli arretrati di qualche decina di miliardi all’industria cherifornisce gli ospedali e, di conseguenza, non risolve il problema di convincere dettaindustria a ricominciare a fornire gli ospedali. Un esempio è chiarificatore: un grandeospedale della Lombardia ha indetto una gara per fornire strumenti e, applicando icriteri della spending review, non paga più di 500.000 € diluiti in 5 anni. Peccato che ifornitori hanno calcolato che il guadagno netto, alla fine dell’operazione, nonarriverebbe a 6.500 € (dopo un immobilizzo di oltre 300.000 € per 5 anni!) e quindistanno meditando di disertare la gara. Per completare la sagra delle “idee geniali”,sempre il PD proclama, senza tema di essere contraddetto, che “La fonte principale per

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reperire le risorse necessarie a rendere esigibile questo diritto è e resta la fiscalitàgenerale”. Di bene in meglio, col prelievo fiscale che si avvicina al 55% di quello cheviene incassato e si pone ormai alla vetta della tassazione in tutti i Paesi evoluti,(secondo la Banca mondiale, la total tax rate è al 68,3%) aumentiamo ancora le tasse?

Riduzione delle spese ottenuta mediante la loro razionalizzazione? Ma per l’amor diDio, basta con queste amenità. A parte che dopo 13 anni di “riforma Bindi”, con tutti isuoi devastanti effetti a cascata, non capisco cosa altro si dovrebbe “razionalizzare”,ogni volta che i governanti a vario livello (nazionale, e regionale, comunale, di ASL)hanno messo le mani nella sanità per razionalizzarla, il risultato è stato peggiorativo,disastroso. Meno che per le segreterie dei partiti e le casse della sanità privataconvenzionata.

Forse “Stimolando un ciclo virtuoso di competizione che abbia come oggettol’ottenimento dei migliori risultati in termini di valore per il paziente ” [programma diFare per fermare il declino]? Ma cosa vuol dire? Chi compete con chi altro? Qualcuno mispiega come immagina Giannino che attualmente in corsia si svolga una competizioneattorno ai costi per aumentarli? E pensare che il programma di Fare, almeno sotto ilprofilo economico-finanziario, era l’unico che sembrava potesse stare in piedi. Ma ancheloro sulla sanità sono naufragati miseramente.

Quindi, di sanità nelle pieghe dei programmi di partito se ne trova ben poca e quellapoca del tutto inutilizzabile per far andare le cose non dico meglio, ma almenodiversamente. Bene, dirà il lettore: ma tu, sapientone, tu cosa proponi? Non certosoluzioni, perché non credo di esserne capace e molto probabilmente sarebbero unatoppa peggiore del buco. Non è il mio mestiere, non ci sono preparato. Però ritengo chenon si possa arrivare alla soluzione dei problemi se prima questi non sono statiindividuati e poi i loro termini correttamente impostati.

Quindi, cominciamo almeno a cercare di capire cosa non va. Non voglio esserepedante, ma ho già sottolineato sulle pagine di questa rivista che uno dei problemi piùdevastanti che la sanità italiana dovrà affrontare tra breve sarà la carenza di specialisti.Cosa che non sarà per niente facile, visto che tutti i Paesi europei si trovano di fronte aquesta necessità e che l’unica soluzione escogitata sinora è stata quella di ….rubare glispecialisti ad un altro Paese della CE. Richiamando sempre quanto ho già pubblicato,questa carenza di specialisti generalizzata nasce quando gli specializzandi sono statiequiparati, per legge europea, agli assistenti e hanno dovuto essere regolarmentepagati. Da noi, che avevamo un pauroso surplus di specializzati, la penuria sta appenacominciando a farsi sentire, ma in altri Paesi la situazione è già critica. Il bello è che,nonostante all’estero siano lì pronti ad accoglierli a braccia aperte, noi diamo un belcalcio nel sedere ai nostri specializzandi il giorno stesso in cui si specializzano e libuttiamo fuori dal SSN. Costo medio per lo Stato di ogni diploma di specialità, circa500.000 Euro.

Secondo problema, che si innesta su di un terzo. Uno degli aspetti più devastantidella riforma Bindi, cioè l’aziendalizzazione, ha fatto sì che la mission degli ospedali nonsia più il fare salute, ma il fare soldi. E cosa c’è di meglio, allora, che la sagra dellaprestazione inutile? Se negli ospedali pubblici, complice anche la già emergente carenzadi specialisti e paramedici, e la voragine di debiti non pagati con i fornitori di strumenti,farmaci e materiale di consumo, c’è una certa riluttanza a pigiare sull’acceleratore inquesta direzione, nelle strutture private convenzionate l’unico freno è costituito dalladifficoltà dei vari Assessorati alla Sanità a pagare i DRG. Paradossalmente, si puòragionevolmente ipotizzare che, se fosse data veramente attuazione alla disposizioneeuropea per cui le pubbliche amministrazioni devono pagare i loro debiti entro 30giorni, assisteremmo in pochi mesi alla totale andata in malora del nostro SSN. Ad acuireil secondo problema, ecco subito pronto il terzo, e cioè la medicina difensiva. Se prima

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ad una distorsione al ginocchio si prescriveva la borsa del ghiaccio, adesso come minimoci va una RM e una infiltrazione. Qui il rimedio va cercato nelle aule dei tribunali, è vero:troppi giudici soffrono del complesso di Babbo Natale, e non si rendono conto chestanno distruggendo la sanità. Però una non piccola responsabilità in questo sconcio cel’hanno avuta anche i nostri cari colleghi, chiamati a fare da CTU. La recente CircolareBalduzzi sulla responsabilità medica appare, al proposito , come un pannicello caldo ouna aspirina per un paziente in coma.

Quarto problema, l’obsolescenza delle strutture e degli strumenti. Mentre negli USAgli ospedali e le case di cura sono rasi al suolo dopo non più di 20-30 anni, perché lìhanno visto che costa meno farli nuovi che riadattarli, da noi abbiamo ancora reparti instrutture dell’800 (e ne siamo anche fieri). Per quanto riguarda gli strumenti, abbiamo lasolita schizofrenia italica con incetta di strumenti appena usciti dalla fase di prototipo,poco o nulla validati dalla EBM, costosissimi ma “fiore all’occhiello” delmammasantissima politico locale, vigorosamente spalleggiato dal baronetto dellastruttura, che annunciano “bucando” il teleschermo la nuova meraviglia appenaacquisita; mentre il resto degli strumenti è a pezzi, del tutto obsoleto, da anni non piùsottoposto a certificazione di qualità. Viene facile l’esempio delle RM funzionali da unaparte, e degli strumenti di radiologia “di base” dall’altra. Certo ci vuole una barca disoldi per rimediare al problema, ma con il costo di una RM funzionale quanti apparatiRX si comprano? O, per restare da noi, con il costo di un Femto-laser quanti faco sicomprano?

Ultimo problema, e poi mi fermo ma potrei andare avanti ancora per molto(ricordatevi ad esempio i DRG ridicoli, che non ripagano nemmeno il costo dellaprestazione; oppure i premi di produttività elargiti anche ai manager incapaci efannulloni, ricordati nel precedente articolo sulla spending review; oppure la truffa-farsadegli ECM; oppure la criminosa incoscienza con la quale si è via via appaltato quasi il50% delle prestazioni alle strutture private convenzionate; oppure l'assenza di coperturaassicurativa per la maggior parte delle strutture pubbliche). La medicina moderna stadiventando ogni giorno più costosa e complicata. Ci sono decine di esami che si possonofare ad ogni tipo di malato, ed almeno altrettanti provvedimenti terapeutici che sipossono prendere. Secondo i giudici, andrebbero fatti tutti e, finché qualcuno nonriuscirà a metterli in condizione di non nuocere, di qui non se ne esce. Chi ha dedicatoanni ad una specialità, e talora ad una sola malattia, sa bene che non è facendo tutti gliesami possibili e dando tutte le medicine possibili (o praticando tutti gli interventipossibili) che si fa il bene del paziente.

Come si sia, l’evoluzione della medicina sta facendo in modo che ammalarsi diventiogni giorno più costoso. Che fare allora? Dare tutto a tutti, mandando in fallimento loStato? Dare poco a tutti, togliendo ope legis la possibilità a chi può permetterselo, dirichiedere anche soluzioni estremamente costose? La demagogia ideologizzataimperante fa sì che dalle nostre parti non si possa nemmeno iniziare a parlare dicompartecipazione alle spese mediche da parte del malato. Il che, per inciso, ètotalmente tartufesco e farisaico, perché già oggi con i vari ticket il malato, specie secronico, spende una pacca di soldi di tasca sua per potersi curare.

E allora, dando un calcio nel posteriore a demagoghi e pseudo-sindacalisti, nonsarebbe meglio e più rispettoso della Costituzione dare un taglio netto al passato e farpagare adeguatamente le cure e gli interventi non essenziali a chi può permetterselo,vincolando l’utilizzo delle risorse emergenti al pagamento delle cure, anche le piùcostose, a chi non se le può permettere? Sul tema, silenzio di tomba nelle segreterie dipartito.

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B.G., paziente di anni 74, di sesso maschile, di raz-za caucasica, giunge alla nostra osservazione nelgennaio 2013 per brusco calo visivo bilaterale pre-ceduto da cefalea.Dall’anamnesi il paziente risulta essere un soggetto nonallergico, iperteso in buon compenso terapeutico, fu-matore, e con una storia di vomito incoercibile sia 1 an-no addietro sia 1 mese e mezzo prima del deficit visivo.Lo stesso paziente riferisce un calo ponderale di circa 10Kg nell’arco degli ultimi 6 mesi. La sua attività profes-sionale (barbiere), svolta fino a 2 gg prima, porta adescludere l’ipotesi di un problema visivo antecedente.Recatosi in pronto soccorso per l’improvvisa perdita divisus in OO, viene sottoposto innanzitutto a controllodei principali parametri: P Art 150/80; Fc 60; Saturimetria99; VES 5; T 36°C; viene quindi eseguito esame TC ence-falo che non evidenzia significative alterazioni paren-chimali focali in sede cerebrale e cerebellare, ma solonote di vasculopatia cerebrale cronica diffusa e amplia-mento degli spazi liquorali della convessità cerebrale ecerebellare.

All’esame neurologico il paziente appare vigile, benorientato e senza alcun deficit motorio o sensoriale.Viene pertanto indirizzato presso la Nostra Divisione diOftalmologia e quindi ricoverato per dare inizio ad unlungo e complesso iter diagnostico.All’ingresso il visus naturale è pari a conta le dita a 20cm in OD e 1/20 in OS, non migliorabile con correzione.Il tono è di 14 mmHg in OD e 13 mmHg in OS.All’esame obiettivo in OO il segmento anteriore si pre-senta nella norma, con soltanto iniziali opacità del cristal-lino mentre all’esame del fondo oculare si nota un palloredella papilla ottica e un aspetto esile dei vasi arterovenosi,senza altre alterazioni di rilievo (Fig. 1a e 1 b).

DOMANDE AI LETTORI- Come impostare il percorso diagnostico?- Potrebbe trattarsi di una cecità isterica?- Quali test diagnostici a vostro parere sono necessari?- Quali consulenze richiedereste?

[segue a pag. 44]

Calo del visus bilateraleimprovvisodi Odile Correnti, Lorenzo Rapisarda, Antonio Rapisarda

Fig. 1 a - Retinografia ad infrarossi OD Fig. 1 b - Retinografia ad infrarossi OS

m i s t e r y c a s e - p a r t e 1

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Come già annunciato nel precedente numero daCostantino Bianchi, direttore di OftalmologiaDomani, ho cominciato una più attiva presenza

nella costruzione di questa rivista curando uno spazioin cui, prendendo spunto da linee di ricerca o da spe-cifiche esperienze cliniche, invito i colleghi ad una sortadi update su di uno specifico argomento. La volta precedente il Dott. Paolo Frezzotti, con il grup-po di ricerca da lui diretto dell’Università di Siena, avevafatto il punto sulla genetica del glaucoma mentre inquesto numero andiamo più sulla pratica clinica ed hoquindi chiesto al Dott. Paolo Brusini di parlarci e ri-portarci la sua esperienza clinica sulla canaloplastica,tecnica chirurgica di difficile esecuzione, ma che sembradare promettenti risultati nel trattamento del glaucomaad angolo aperto. Il dott. Paolo Brusini, che tutti apprezziamo per la suagrande conoscenza nella diagnostica sul glaucoma (loricordiamo autore di un semplice quanto efficace sistemadi stadiazione del glaucoma, il Glaucoma Staging Systemche utilizziamo quotidianamente per la classificazionee progressione del danno glaucoma) è anche un espertochirurgo e si è dedicato con passione a questa tecnicaeseguendo negli ultimi anni oltre 200 interventi di ca-naloplastica sia in pazienti pseufachici che fachici, chein pazienti sottoposti a precedente trabeculectomia(quando le condizioni anatomiche lo consentono).

La notevole esperienza acquisita “sul campo”, gli ha per-messo contribuire in modo determinante alla diffusionescientifica della canaloplastica, e di affrontare l’argo-mento con il rigore che gli è abituale indicandoci le lucie le insidie che si celano in questa tecnica chirurgica,molto affascinante, che cerca di ristabilire e utilizzarele normali vie di deflusso dell’umore acqueo.E’, se vogliamo definirla come una ulteriore e raffinataevoluzione della viscocanaloplastica che aveva l’indubbiovantaggio di permetterci una chirurgia non penetrante, equindi con netta riduzione delle complicanze intra e postoperatorie ma che si è dimostrata non particolarmentecapace di mantenere l’efficacia ipotonizzante nel tempo.Tra le nuove tecniche chirurgiche che cercano di supe-rare il problema ostico della filtrazione congiuntivalecontro la quale dobbiamo, dopo l’intervento, condurreuna aspra battaglia per permettere il mantenimentodell’efficacia della bozza, come Trabectome, i-Stent, Hy-drus, etc…, sicuramente la canaloplastica è quella chesembra ormai aver raggiunto una solida casistica ed unaprevedibilità nei risultati ed ha ormai acquisito un suospazio nelle precise indicazioni all’utilizzo,che ricordia-mo, sono quelle in cui il nostro target pressorio post-operatorio coincide con i valori medi della IOP (15-16mmHg) ed in cui preferiamo eseguire un intervento a“bulbo chiuso” in cui, cioè siano ridotte al minimo lepossibili complicanze post-operatorie. n

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Update 2013: ...la canaloplasticadi Romeo Altafini

FLAG 18312-1 • 30x10 cm - Acquarello e collage su cartone e carta Fabriano 600 gr. - Romeo Altafini

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introduzioneLa “Canaloplastica” è una nuova tecnica chirurgica anti-glaucomatosa, derivata dalla viscocanalostomia di Steg-mann, che si prefigge di ridurre la pressione intraocularein maniera fisiologica, sfruttando le vie di deflusso naturalidell’umor acqueo. L’intervento inizia con la dissezione diun lembo congiuntivale base al fornice e la scolpitura diuno sportello sclerale superficiale quadrangolare o di altraforma di circa 4 x 4 mm, avanzando per circa 1,5 mm incornea chiara. Si passa poi alla scolpitura di uno sportellosclerale profondo triangolare o rettangolare a cerniera lim-bare (Fig. 1). Dopo aver eseguito una paracentesi, neces-saria per abbassare la pressione oculare riducendo il rischiodi rottura della finestra trabeculo-descemetica, viene apertoil canale di Schlemm, da cui viene asportata la parete in-terna. Segue la resezione dello sportello sclerale profondo. A questo punto le due estremità beanti del canale diSchlemm vengono dilatate con materiale viscoelasticoad alto peso molecolare e una sonda di 200 micron didiametro, dotata di fibra ottica collegata ad una sorgentedi luce laser intermittente per visualizzarne la punta,viene introdotta all’interno del canale (Fig. 2). La sondapercorre il suddetto canale per 360° e fuoriesce dall’altraestremità, permettendo di fissare un filo di sutura in pro-lene 10-0 che viene trascinato a ritroso nel canale stessoe quindi strettamente annodato in sede, dopo la rimo-zione del microcatetere (Fig. 3). Mentre la sonda vieneritirata, una piccola quantità di materiale viscoelasticoè iniettato all’interno del canale di Schlemm per mezzodi un’apposita siringa micrometrica collegata al catetere.Il posizionamento del filo consente una dilatazione per-manente del canale e la distensione del trabecolato, conuno stabile aumento del deflusso dell’umor acqueo. Du-rante la fase di apprendimento, è utile controllare intra-operatoriamente il corretto tensionamento della sutura,utilizzando un apposito apparecchio UBM a 80 mHz(Fig. 4). L’intervento termina con una accurata suturadel lembo sclerale superficiale, indispensabile per pre-venire ogni possibile leakage di umor acqueo, e del lembocongiuntivale in Vicryl 10-0.

materiali e metodiLa nostra esperienza con la canaloplastica inizia nel feb-

braio 2008. Da allora, fino al febbraio 2013, sono statieffettuati 259 interventi su 227 pazienti, affetti da varieforme di glaucoma (191 glaucomi primari ad angoloaperto, 53 glaucoma pseudoesfoliativi, 10 glaucomi gio-vanili e 5 glaucomi pigmentari). L’età dei pazienti variavatra 33 e 88 anni (media 63.5 ±14). Tutti i pazienti, tran-ne due, sono stati operati in anestesia locale con inie-

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La canaloplasticadi Paolo BrusiniS.O.C. di Oculistica, Azienda Ospedaliero-Universitaria S. Maria della Misericordia, Udine

Fig. 1 - Scolpitura dello sportello sclerale profondo

Fig. 2 - Avanzamento del microcatetere nel canale diSchlemm, ben evidenziato dalla luce rossalampeggiante all’estremità anteriore della sonda

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zione peribulbare di carbocaina + lidocaina.Per la definizione di successo sono stati impiegati 3 di-versi criteri: IOP ≤21 mm/Hg, ≤18 mm/Hg e ≤16mm/Hg, con o senza terapia medica aggiuntiva (successoparziale e successo completo, rispettivamente). Il follow-up varia da 2 a 60 mesi (media 20,3±10,6).

risultatiL’intera procedura ha potuto essere portata a termine se-condo il protocollo previsto in 217 occhi di 188 pazienti.In 42 occhi (16,2%) l’intervento è stato convertito inuna trabeculectomia (2 casi) o in una sclerectomia pro-fonda o viscocanalostomia a causa di una rottura dellamembrana trabeculo-descemetica con prolasso d’iride,o per l’impossibilità di incannulare per 360° il canale diSchlemm, dovuta alla presenza di ostacoli anatomici.La IOP media pre-operatoria era pari a 29,4± 7,9mmHg (range 18-60). I risultati a vari tempi di follow-up sono riportati in Fig. 5. Le percentuali di successoa 2 anni a seconda dei diversi criteri adottati sono evi-denziate in Tab.1. Il numero di medicazioni utilizzateè passato da 3,2 ± 0,9 a 1,1 ± 1,3 a 2 anni dall’inter-vento. Le complicazioni post-operatorie precoci eranocostituite da: - ipoema (24% dei casi); - ipotono <5mm/Hg (11%); - ipertono transitorio >10 mm/Hg(6%); - distacco parziale della membrana di descemet(5%); - filtrazione attraverso lo sportello sclerale conformazione di bozza sottocongiuntivale (2%). Una transitoria diminuzione del visus si può osservarenelle prime settimane dall’operazione ed è legata al-l’astigmatismo secondo regola, creato dalla sutura dellosportello sclerale. Un significativo rialzo pressorio dopo un periodo dibuon compenso è stato registrato in 17 casi (7,9%),

successivamente operati di trabeculectomia senza com-plicanze significative.Una goniopuntura YAG laser è stata praticata in 26 oc-chi (12,1%) che presentavano un aumento della IOPa distanza di 2-12 mesi dall’intervento.

discussioneBenché l’esatto meccanismo di funzionamento della ca-naloplastica non sia ancora del tutto noto, sembra chela dilatazione del canale di Schemm e dei canali collet-tori, determinata dalla viscodilatazione e dal filo di su-tura, assieme alla distensione del trabecolato, rappresentila spiegazione più logica. L’aumento del numero e dellagrandezza di microcisti congiuntivali, recentemente ri-scontrato dopo l’intervento, potrebbe indicare una fa-cilitata filtrazione di umor acqueo attraverso la sclera,costituendo un meccanismo aggiuntivo per l’effetto ipo-tonizzante dell’intervento. In ogni caso, dopo una ca-naloplastica eseguita correttamente, non si riscontraquasi mai la presenza di una bozza filtrante sottocon-giuntivale e, a poche settimane dall’intervento, l’occhioappare del tutto normale all’esame obiettivo.Le principali indicazioni della canaloplastica sono rap-presentate dal glaucoma primario ad angolo aperto, dalglaucoma pseudoesfoliativo e dal glaucoma pigmentario.Anche altre forme di glaucoma ad angolo aperto, comeil glaucoma giovanile, possono essere considerate tra lepossibili indicazioni. L’intervento può anche essere ten-tato con ottimi risultati in occhi precedentemente sot-toposti senza successo a trabeculectomia, limitatamenteai casi in cui il canale di Schlemm non sia stato asportatoo lesionato nel precedente intervento. La canaloplastica è controindicata nel glaucoma ad an-golo chiuso o molto stretto, nel glaucoma neovascolare,

Fig. 3 - Filo di prolene annodato all’interno del canaledi Schlemm

Fig. 4 - Immagine UBM intra-operatoria: sonochiaramente visibili il filo di prolene (freccia) e ilcanale di Schlemm, che appare ben dilatato

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nel glaucoma post-traumatico, nel glaucoma secondarioad aumento della pressione delle vene episclerali e inaltre forme di glaucoma secondario. I principali vantaggi di questa tecnica chirurgica sonorappresentati dall’assenza di una bozza filtrante, che rendel’intervento virtualmente esente dai problemi di cicatriz-zazione congiuntivale che affliggono frequentemente latrabeculectomia, dalla bassa percentuale di complicanzee dal suo particolare meccanismo di azione, che prevedeuna riattivazione delle vie di deflusso naturali dell’umoreacqueo. Con questo intervento è inoltre sufficiente unfollow-up post-operatorio decisamente più semplice emeno stretto di quello richiesto dalla trabeculectomia.Uno dei principali inconvenienti della canaloplastica èla difficoltà di esecuzione: la tecnica richiede infatti par-ticolare attenzione e delicatezza chirurgica, con una cur-va di apprendimento abbastanza ripida all’inizio. For-

tunatamente, in caso di complicanze intraoperatorie(microperforazione della finestra trabeculo-descemetica,impossibilità di incannulazione, ecc.) è sempre possibileconvertire l’intervento in una trabeculectomia classica,in una sclerectomia profonda o in una viscocanalosto-mia, senza particolari problemi. Altri svantaggi sonocostituiti dalla necessità di disporre di strumenti dedicatie abbastanza costosi (microcateteri monouso, sorgentedi luce laser per l’illuminazione della microsonda, eco-grafo UBM ad alta frequenza) e dall’impossibilità di in-cannulare il canale di Schlemm in una discreta percen-tuale di casi. Tenendo conto che con la canaloplasticararamente si ottengono i bassi valori pressori raggiun-gibili con la trabeculectomia con antimetaboliti, è op-portuno sottolineare che questo intervento è indicatosoprattutto in pazienti con danno glaucomatoso nontroppo evoluto e pressione target non troppo bassa.Sebbene i risultati fino a 4-5 anni siano molto promet-tenti, sono comunque necessari studi prospettici a lungotermine che chiariscano se la canaloplastica potrà in fu-turo entrare a pieno diritto nell’armamentario chirurgicoper il trattamento del glaucoma, proponendosi comevalida alternativa, in casi selezionati, alla classica trabe-culectomia. n

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ParzialeN(%) CompletoN(%)<21 mm/Hg 71 (88,7%) 37 (46,2%)<18 mm/Hg 59 (73,7%) 30 (37,5%)<16 mm/Hg 37 (46,2%) 25 (31,2%)

TABELLA 1 - Successo a 2 anni (80 occhi)

1. Lewis RA, von Wolff K, Tetz M et al: Canaloplasty: circumferentialviscodilation and tensioning of Schlemm canal using a flexiblemicrocatheter for the treatment of open-angle glaucoma in adults. Two-yearinterim clinical study analysis. J Cataract Refract Surg 35:814-824, 2009.

2. Grieshaber MC, Pienaar A, Olivier J, Stegmann R: Canaloplasty foropen-angle glaucoma: long term outcome. Br J Ophthalmol94:1478-1482, 2010.

3. Koerber NJ: Canaloplasty in one eye compared with viscocanalostomyin the contralateral eye in patients with bilateral open-angle glaucoma.J Glaucoma 21:129-134, 2011.

4. Von Wolff K, Tetz M, Koerber N, Kearney JR, Shingleton BJ,Samuelson TW: Canaloplasty: ree-year results of circumferentialviscodilation and tensioning of Schlemm canal using a microcatheterto treat open-angle glaucoma. J Cataract Refrac Surg 37:682-690, 2011.

5. Brusini P, Caramello G, Benedetti S, Tosoni C: Canaloplasty inopen-angle glaucoma. Mid-term results from a multicenter study. JGlaucoma, in press.

6. Ayyala RS, Chaudrhry AL, Okogbaa CB, Zurakowski D: Comparisonof surgical outcomes between canaloplasty and trabeculectomy at 12months’follow-up. Ophthalmology 118:2427-2433, 2011.

7. Mastropasqua L, Agnifili L, Salvetat ML, et al: In vivo analysis ofconjunctiva in canaloplasty for glaucoma, Br J Ophthalmol 96:634-639, 2012.

8. Brusini P, Tosoni C: Canaloplasty after failed trabeculectomy: a possibleoption. J Glaucoma. 2012 Dec 3. [Epub ahead of print]

9. Brüggemann A, Müller M: Trabeculectomy versus canaloplasty. Utilityand cost-effectiveness analysis. Klin Mbl Augenheilkd229;1118-1123,2012.

biblioGrafia

Fig. 5 - Andamento della IOP durante il follow-up

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SEGRETERIA ORGANIZZATIVA:

Via della Balduina, 8800136 RomaTel. 06 35.49.71.14Fax 06 [email protected] - www.jaka.it

PRIMO ANNUNCIOARGOMENTI PRINCIPALI

Chirurgia refrattiva, Chirurgia con lenti fachiche, Chirurgia facorefrattiva, Chirurgia della cataratta, Lenti intraoculari, Chirurgia della presbiopia,

Cheratocono, Cheratoplastica, Topografia, Nuove tecnologie, Glaucoma, Retina.

www.kmsg2013.it

Info: [email protected]

SEDE CONGRESSUALE:Centro Congressi Double Tree By Hilton AcayaLecce

Organizzatore: Prof. Michele Vetrugno

Coordinatore Scientifico: Dott. Antonio Provenzano

GVM Care & Research Città di Lecce Hospital

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introduzioneLa definizione che la IASP, International Society for Studyof Pain, dà del dolore è la seguente: “il dolore è una spia-cevole esperienza sensoriale ed emozionale associata auna lesione tissutale in atto o potenziale, o descritta neitermini di danno” (H. Merskey and N. Bogduk, 1994).Cartesio, già quattro secoli fa, intuì la funzione del dolorecome sistema di autodifesa; nei suoi scritti sul doloreespresse, nello stesso tempo, tutto il suo smarrimento el’incertezza per la molteplicità delle sue cause, come emer-ge chiaramente dall’espressione “campanello d’allarmein una torre campanaria”. La IASP afferma inoltre che“il dolore è sempre soggettivo” e bisogna accettarlo anchein assenza di obbiettività organica e funzionale. Il termineinglese “pain”, più di altri idiomi, evidenzia, oltre lo statofisico, quello psichico presente in chi vive quest’esperienza.Deriva dal latino “poena”, pena, punizione, condizionepiù complessa ed elaborata rispetto all’esperienza fisica esensoriale del semplice dolore.

Albert Schweitzer, medico alsaziano, teologo, musicistae missionario in Africa, premio Nobel per la pace nel1952, affermava che “il dolore è un nefando signore del-l’umanità, più temibile della morte stessa”, a sottolinearela tragica condizione che può assumere in chi lo subiscein modo devastante e/o permanente. Per capire appieno l’importanza del dolore cefalico e or-bitario in particolare, è necessario introdurre il concettodi “intrusione” del dolore, che David Balan nel 1968rendeva comprensibile associandolo alla “distalità”, divariofenomenico tra un “evento” e il “se” che lo percepisce.Una percezione dolorosa recepita “dentro di noi” puòvariare per grado di “intrusione”, per la diversa “distalitàfenomenica” della sua gravità soggettivamente avvertita.Infatti, è esperienza comune che un dolore a un piede èvissuto come meno grave di un dolore cefalico. Il dolore nocicettivo spesso è fisiologico, di difesa e allar-me, mentre il dolore neuropatico o psicogeno è legato aun’alterazione anatomo-funzionale del sistema nervoso

Il dolore della regioneorbitaria di origine non bulbaredi Amedeo Lucente

- Allodinia: dolore dovuto a uno stimolo che normalmente non provoca dolore.- Analgesia: assenza di dolore a stimolazioni che normalmente sarebbero dolorose.- Causalgia: sindrome caratterizzata da dolore bruciante prolungato, allodinia e iperpatia in seguito a lesione nervosa traumatica,

spesso accompagnata da disfunzioni vasomotorie e modificazioni trofiche tardive.- Disestesia: sensazione anormale sgradevole sia spontanea sia provocata;- Parestesia: sensazione anormale non sgradevole sia spontanea sia provocata.- Ipoestesia: diminuita sensibilità allo stimolo, esclusi i sensi speciali;- Iperalgesia: aumentata risposta a uno stimolo normalmente doloroso.- Ipoalgesia: diminuita risposta a uno stimolo normalmente doloroso.- Iperpatia: dopo uno stimolo, soprattutto se ripetuto, si ha una reazione dolorosa anormale.- Soglia del dolore: la più piccola esperienza di dolore che si può riconoscere come tale.- Tolleranza al dolore: il livello massimo di dolore che una persona può sopportare.- Sofferenza: stato di angoscia, associato o non associato a dolore, connesso a eventi che minacciano l’integrità della persona.

TABELLA 1 - Definizioni del dolore da parte della IASP (H. Merskey and N. Bogduk 1994)

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centrale e/o periferico. Il dolore della regione orbitariadi solito è neuropatico, con associazione di elementi psi-cogeni ed emotivi (Fig. n° 1). Si discuterà del dolore or-bitario di origine non bulbare, tanto frequente nei nostripazienti, a volte da noi sottovalutato nelle reali correlazionicliniche e psicologiche, per ”imprinting culturale”, performazione (Tabella n° 1). Trascureremo per brevità le tante forme secondarie comeappare nell’elenco dell’ICHD-II 2004, InternationalClassification Of Headache Disorders, che possono coin-

volgere l’occhio e la regione orbitaria, per soffermarcisolo su alcune (Tabella n° 2).

brevi note di anatomia e fisiologiaIl trigemino è il quinto e più voluminoso dei dodici nervicranici, principalmente sensoriale e in minima parte mo-torio (Fig. n° 2). Sovraintende alla sensibilità del territoriodel viso, dell’orbita e del bulbo oculare in particolare. Lasua origine reale si trova nei nuclei centrali bulbo-pon-to-mesencefalici, mentre l’emergenza anatomica è nellaparte ventrale del ponte, dove si espande, dopo breve per-corso autonomo (2 cm), nel grande ganglio semilunaredel Gasser (Johann Lorenz Gasser, anatomico viennese1723-1765) della grandezza di un fagiolo, alloggiato eprotetto da uno sdoppiamento della dura madre, il cavodel Merckel (cavum trigeminale), all’apice della rocca pe-trosa, nella fossa cranica media (Fig. n° 3).Il vero scopritore del ganglio trigeminale fu Giulio CesareCasseri o Casserio, circa duecento anni prima. Con ana-tomici del calibro del Fabrici, Vesalio, Falloppio e delCorti, il Casserio contribuì alla fama europea di Padovacome città della medicina moderna, dove fu istituita laprima sala settoria per lo studio sistematico dell’anatomia,il Teatro Anatomico al Palazzo Bo (1594) (Fig. n°4). Iltrigemino, in realtà, è composto di tre nervi e i suoi fascidestinati alle tre branche continuano a restare distinti an-che all’interno del ganglio gasseriano. Gli stretti rapportianatomici del ganglio del Gasser, immerso nel liquor ce-

CEFALEE PRIMARIE 1. Emicrania2. Cefalea di tipo tensivo3. Cefalea a grappolo e altre cefalalgie autonomico-trigeminali4. Altre cefalee primarie

CEFALEE SECONDARIE5. Cefalea attribuita a trauma cranico e/o cervicale6. Cefalea attribuita a disturbi vascolari cranici o cervicali7. Cefalea attribuita a disturbi intracranici non vascolari8. Cefalea attribuita all'uso di uno sostanza o alla sua sospensione9. Cefalea attribuita a infezione10. Cefalea attribuita a disturbi dell'omeostasi11. Cefalea o dolori facciali attribuiti a disturbi di cranio, collo, occhi, orecchie, naso, seni paranasali, denti, bocca o altre strutture

facciali o craniche12. Cefalea attribuita a disturbo psichiatrico

NEVRALGIE CRANICHE E DOLORI FACCIALI CENTRALI O PRIMARI E ALTRE CEFALEE13. Nevralgie craniche e dolori facciali di origine centrale14. Altre cefalee, nevralgie craniche e dolori facciali di origine centrale o primari

TABELLA 2 - Classificazione delle cefalee ICHD II

Fig. 1 - Modelli del dolore nocicettivo e neuropatico

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falorachidiano, con il seno petroso, il seno cavernoso, lacarotide interna e le meningi, lo rendono facilmente in-fluenzabile da queste strutture. Un aumento di tensioneliquorale, delle meningi o della falce del cervelletto, allaquale il nervo oftalmico dà terminazioni nervose può,infatti, essere avvertita come dolore retro-bulbare. Il conflitto vascolare esistente con l’arteria cerebellare su-periore o anomalie della basilare sono, del resto, ricono-sciute tra le cause principali della nevralgia trigeminale.I suoi tre rami terminali, in senso medio-laterale, sonola branca oftalmica V1, la mascellare V2, entrambe esclu-sivamente sensitive, e la mandibolare V3, mista, con fibremotorie per la masticazione. Il nervo oftalmico V1, brancaminore del trigemino, responsabile di gran parte dellealgie orbitarie, termina anch’esso con tre rami, che late-ro-medialmente sono:- il nervo lacrimale, che si distribuisce alla ghiandola la-

crimale principale e alla palpebra superiore; - il nervo frontale, diretta prosecuzione dell’oftalmico,

che si distribuisce al cuoio capelluto, al naso, alle pal-pebre e alla congiuntiva; ha come rami terminali, ilsopraorbitale, il frontale e il sopra-trocleare;

- il nervo naso-ciliare, con fibre sensitive, simpatiche e

parasimpatiche; ha come rami terminali la radice lungadel ganglio ciliare, i due nervi ciliari lunghi, l’etmoidaleanteriore, posteriore e l’infra-trocleare.

Il ganglio ciliare, parasimpatico, della grandezza di unalenticchia è annesso al nervo oftalmico V1 (nervo delWillis). Questo ganglio, fondamentale per l’apparato vi-sivo, si localizza nella cavità orbitaria tra il nervo otticoe il muscolo retto esterno (Fig. n° 5); fornisce al bulbooculare un numero mutabile di nervi ciliari brevi, 15/20,che portano efferenze nervose:

- sensitive del Ganglio del Gasser;- parasimpatiche, per la costrizione della pupilla e del

muscolo ciliare; - vasomotorie simpatiche.

Al ganglio ciliare, a sua volta, arrivano le seguenti affe-renze:

a) la radice breve o corta, parasimpatica;b) la radice lunga, sensitiva; c) la radice simpatica.

La radice breve o corta, ramo del 3° nervo cranico, ocu-

Fig. 5 - Ganglio ciliare

Fig. 4 - Teatro Anatomico Palazzo Bo Padova

Fig. 3 - Ganglio del Gasser, l’emergenza anatomica ei tre rami

Fig. 2 - Nervo trigemino in sezione anatomica e inschema

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lomotore comune, porta fibre del nucleo mesencefalicodi Edinger e Westphal (accessorio del 3° nervo cranico),parasimpatiche, per la costrizione dello sfintere pupillare;la radice lunga, del nervo naso-ciliare, di passaggio nelganglio ciliare, porta fibre sensitive; la radice simpatica,del plesso cavernoso, porta funzioni vasomotorie. Le fibresimpatiche, per la dilatazione pupillare, arrivano diret-tamente all’iride tramite i due nervi ciliari lunghi (del n.naso-ciliare dell’oftalmico, V1). L’importanza del trigemino risiede nel territorio cui so-vraintende. Il cranio, per la complessità degli organi disenso che accoglie, riveste funzioni vitali per la soprav-

vivenza dell’uomo. Per questi motivi filogenetici l’impal-catura nervosa sensoriale doveva esser la più estesa e com-pleta possibile, e il trigemino assolve pienamente questefunzioni. La nevralgia trigeminale, di cui parleremo inseguito, è una delle algie nervose più importanti e dolorosecui l’uomo può essere sottoposto. La comprensione fi-siopatologica del dolore ha avuto una clamorosa svoltacon la scoperta della teoria del cancello, Gate Controleory (Fig. n° 6a e 6b). Questa teoria ci fornisce unmodello esplicativo delle modalità di attivazione mole-colare dei recettori cellulari, con particolare riferimentoai processi nocicettivi per la percezione e trasmissione deldolore. Formulata nel 1962 da Ronald Melzack e PatrickWall, costituisce uno dei più rilevanti passi avanti neimeccanismi molecolari alla base della nocicezione.“Pain Mechanisms: A New eory", pubblicazione diquesti due scienziati, apparsa nel 1965 su Science (Scien-ce: 150, 171-179, 1965), è stata definita come "e mostinfluential ever written in the field of pain". Il dolore,captato a livello periferico dai nocicettori, è trasmessoper mezzo di due tipi di fibre nervose:

• Aδ (A-delta) mielinizzate a trasmissione veloce;• C demielinizzate a trasmissione lenta.

La Classificazione di Erlanger e Gasser (1937) divide lefibre nervose in tre gruppi A, B e C, per la velocità diconduzione, la presenza di rivestimento mielinico e peril loro diametro. Le Fibre A, mieliniche, a loro volta sonodistinte in alfa, beta, gamma e delta; le Fibre B, mielinichepregangliari, fanno parte del sistema autonomo, le fibreC, amieliniche, di più piccolo diametro, costituiscono,infine, più della metà di tutte le fibre sensitive dei nerviperiferici e delle postgangliari del sistema autonomo.Tutte queste fibre si dirigono dal recettore periferico almidollo spinale, dove prendono sinapsi con un neuronemidollare. Il loro assone, attraverso il fascio spino-tala-mico, invia il messaggio dolorifico ad una struttura en-cefalica, la corteccia cerebrale, il talamo, l’ipotalamo el’amigdala, per l'elaborazione finale (Fig. n° 7).Melzack e Wall hanno individuato l’esistenza di piccoliinterneuroni specifici, i "neuroni corti”, intercalati nelcircuito di trasmissione dell'impulso della fibra del no-cicettore al neurone midollare, localizzati nella sostanzagelatinosa del Rolando, nel corno posteriore della sostanzagrigia del midollo spinale; utilizzano come neurotrasmet-titore un oppioide endogeno, l’encefalina. Le fibre Aβ,Aδ e C, con le loro sinapsi midollari, determinano la qua-lità del segnale trasmesso. Se prevalgono le fibre Aβ digrosso calibro tattili-pressorie, il “cancello” si chiude enon passa nessuno stimolo doloroso, se prevalgono lefibre Aδ o C, nocicettive lente e veloci rispettivamente,

Fig. 6a - Cancello chiuso: la fibra Aβ stimolal'interneurone inibitorio con blocco dellatrasmissione dell'impulso dolorifico al cervello

Fig. 6b - Cancello aperto: la fibra C blocca l'azioneinibitoria dell'interneurone e il segnale doloroso èlibero di passare

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il “cancello” si apre e l’impulso dolorifico passa e arrivaai centri superiori. Questa modulazione esiste anche nellatrasmissione degli stimoli della regione cefalica, per il ter-ritorio trigeminale, con modalità ancora da scoprire in-teramente (Fig n° 8). L’IHS, International Headache Society, Società Interna-zionale delle cefalee, organizzazione mondiale leader perlo studio e la prevenzione del dolore cefalico, ha redattola classificazione internazionale delle cefalee, arrivata allaseconda edizione, ICHD-II 2004, International Classi-fication Of Headache Disorders, che include oltre due-cento tra cefalee e algie craniche, raggruppate in gruppigerarchici. Ogni lavoro scientifico riguardante le cefalee e le algiecraniche, per essere accettato e pubblicato, deve far rife-rimento a questa classificazione internazionale, univer-salmente accettata. L’ICHD-II 2004 divide le cefalee ealgie craniche in tre grandi gruppi:

A) Cefalee primarie (22)B) Cefalee secondarie (48)C) Nevralgie craniche, dolori facciali centrali e altre ce-

falee (21)

Questi tre gruppi, a loro volta, comprendono sottogruppi,con numerose entità autonome, clinicamente individuatee circoscritte. In questo mare magno, nel quale è difficiledistricarsi, trovare un orientamento sicuro non è certocompito dell’oftalmologo. L’oculista però è spesso chia-mato a intervenire in prima battuta in molte di questemultiformi e angoscianti patologie; avere un orientamentodi base è più che necessario. La regione orbitaria e il bulbosono, infatti, coinvolti direttamente o indirettamente

nelle maggior parte delle algie craniche. Considerare lediverse forme cefalalgiche che coinvolgono la regione or-bitaria, è, quindi, opportuno e doveroso. Questo articolo vuole essere un tentativo per renderemaggiormente agevole il cammino nelle algie craniche,spesso difficoltose per approccio clinico, poco familiaria noi oculisti, compiutamente conosciute da pochi cultoridella neuro-oftalmologia.

emicrania con auraIl gruppo delle Cefalee Primarie, secondo la classificazioneICHD-II 2004, comprende quattro sottogruppi:

1) Emicrania (IHS 1)2) Cefalea di tipo tensivo (IHS 2)3) Cefalea a grappolo e altre cefalalgie autonomistico trige-

minali (IHS 3)4) Altre cefalee primarie (IHS 4)Il capitolo delle emicranie a sua volta prevede:1) Emicrania senza aura (IHS 1.1.)2) Emicrania con aura (IHS 1.2.)3) Sindromi periodiche dell’infanzia possibili precursori co-

muni dell’emicrania (IHS 1.3.)4) Emicrania retinica (IHS 1.4.)5) Complicanze dell’emicrania (IHS 1.5.)6) Probabile emicrania (IHS 1.6.)

Il GBD, Global Burden of Disease Stady, con il contri-buto di centinaia di esperti da tutto il mondo, tra cui iricercatori dell’OMS, Organizzazione Mondiale della Sa-nità, pone le emicranie, tra tutte le 291 cause di mortee d’invalidità censite, al 19° posto nel Report del 2001.Per l’OMS una disabilità, disability, è ”una qualsiasi li-mitazione o perdita della capacità di compiere un’attività

Fig. 8 - Trasmissione degli impulsi nella via trigeminaleFig. 7 - Fibre nervose periferiche e connessionecentrale

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nel modo o nell’ampiezza considerati normali per un es-sere umano”, distinguendola dalla menomazione e dal-l’handicap, maggiormente inficianti le capacità personalie lavorative del soggetto. In Italia, come in Europa in ge-nere, l’emicrania ha una frequenza del 12% circa, dimi-nuendo drasticamente al 2% nel continente africano e aHong-Kong (Tabella n° 3). L’emicrania con aura, conosciuta anche come emicraniaoftalmica, classica, emiparestesica, emiplegica, afasica,come emicrania accompagnata o complicata, è la formacon la quale l’oculista si confronta più frequentemente. L’emicrania con aura è un disturbo ricorrente, costituisceil 20% delle emicranie; l’altro 80% è rappresentato dalleforme senza aura, con una frequenza tra donne e uominidi 2-3,5: 1 tra i 20 e i 60 anni d’età. E’ un disordine ca-ratterizzato da attacchi periodici con sintomi neurologicifocali reversibili, che si manifestano gradualmente in 5-20 minuti e terminano in 60 minuti circa, con una certapredisposizione ereditaria (autosomica dominante a pe-netranza incompleta). La cefalea, con le caratteristichedell’attacco emicranico, segue quasi sempre i sintomi del-l’aura. Nel 15% dei casi la cefalea può essere assente, equivalenteemicranico, o avere caratteristiche differenti dall’emicraniaclassica. Si manifesta temporalmente in quattro fasi: sin-tomi premonitori, aura, emicrania, sintomi residui e la ri-soluzione dell’evento con un periodo di normalità sinto-matologica. I sintomi premonitori, sono molto vaghi:

fame, sbadigli, aumento delle percezioni sensoriali, ri-tenzione idrica, che avvalorerebbero un’origine ipotala-mica dell’affezione. Di solito sono turbamenti dell’umore mal definiti e rara-mente riferiti dai pazienti, se non richiesto con insistenzanell’anamnesi. L’aura si manifesta con sintomi transitoriche precedono o più raramente accompagnano la fase al-gica; può avere caratteristiche visive (90%), sensitive (57%),più raramente afasiche (20%) o motorie (6%). I fenomeni visivi dell’aura possono essere positivi, comela comparsa di luci bianche o colorate, lampi, linee on-dulate e/o tremolanti, noti come scotomi scintillanti,spettri di fortificazione o teicopsie, oppure essere negativi,macchie scure o perdita parziale o totale del visus, chepreoccupano maggiormente il paziente.I fenomeni sensitivi dell’aura possono essere anch’essi po-sitivi, parestesie come punture di spillo, formicolii, o ne-gativi, fenomeni ipoestesici; sono unilaterali, a lenta pro-gressione, la cosiddetta “marcia dell’aura sensitiva”.I fenomeni afasici dell’aura, più rari, si associano ai feno-meni sensitivi che coinvolgono il viso, e interessanol’espressione verbale, con frequente “amnesia nominum”.Infine, i fenomeni motori si presentano con ipostenia adun arto e/o un’emiparesi di breve durata, sempre unila-terali, associati comunemente a fenomeni visivi o sensi-tivi.L’emicrania, che esordisce di solito dopo l’aura, può com-parire anche senza alcun sintomo, aumenta nel tempo,

TABELLA 3 - Prevalenza dell’emicrania nel mondo

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raggiungendo la massima intensità in 30-120 minuti;raro un suo esordio notturno, nel sonno. All’emicrania possono associarsi nausea, vomito, fonofobiae fotofobia di varia intensità; le luci, i rumori, i minimiurti o i movimenti esacerbano il dolore, costringendo imalati a rimanere immobili al buio, lontano da fonti so-nore. Seguono i sintomi residui, spossatezza, astenia, mo-dificazione dell’umore e dell’appetito, con intensità diffe-rente da soggetto a soggetto. La frequenza degli attacchi varia da uno alla settimananel 15% dei casi a uno al mese nel 30% dei casi. La dia-gnosi differenziale deve essere fatta con la cefalea di tipotensivo, la più diffusa delle cefalee primarie; distinguerlerisulta spesso difficile perché possono essere associate traloro (Tabella n° 4). In caso le crisi durino più a lungo, oltre le 72 ore, entria-mo nel campo delle complicanze dell’emicrania, nellaclassificazione ICHD-II 2004 suddivise in:

a) emicrania cronica (IHS 1.5.1.) b) stato emicranico (IHS 1.5.2.) c) aura persistente senza infarto (IHS 1.5.3.) d) infarto emicranico (IHS 1.5.4.) e) epilessia indotta dall’emicrania (IHS 1.5.5.)

a cui si rimanda perché non inerenti la nostra esposizione.Per quanto riguarda l’eziologia, le alterazioni della mi-crocircolazione cerebrale e/o cardiaca sono tra le ipotesipiù probabili. In particolare viene evocata la possibilitàdella presenza di un forame ovale cardiaco pervio e l’altafrequenza delle emicranie con aura in soggetti che svol-gono attività sportiva di un certo impegno. Pur con queste ipotesi, solo in parte suffragate da dati diletteratura, le vere cause dell’emicrania con aura restanoancora non pienamente determinate.

emicrania retinicaL’emicrania retinica, presente nella classificazione ICHD-II 2004 (IHS 1.4.) come entità autonoma nel gruppodelle emicranie, è caratterizzata da attacchi ripetuti, al-meno due, con disturbi visivi monoculari consistenti infosfeni, scotomi o amaurosi totale che, a differenza del-l’emicrania con aura, sono strettamente monoculari, inassociazione a cefalea con carattere emicranico.I disturbi oculari, reversibili, dovrebbero essere confermatida un esaminatore durante l’attacco o almeno da disegnieseguiti dall’interessato, adeguatamente istruito. Questerestrizioni cliniche esprimono la difficoltà nella diagnosidi certezza di questa particolare e rara affezione, (46 casicerti descritti al mondo e quasi nessuna bibliografia). Ilquadro retinico, al di fuori dell’attacco, è assolutamentenormale; durante la fase acuta, al contrario, è presenteun vasospasmo diffuso del letto arteriolare retinico, unicoreperto di certezza diagnostica. Gli attacchi sono, com’è stato detto, monoculari e rever-sibili, con durata maggiore di 30 e minore di 60 minuti,con dolore intenso gravativo retro-oculare. Nel 50% deicasi è stata descritta in letteratura perdita finale del visus,anche se l’affezione, per l’ICHD-II 2004, resta reversibilee transitoria. Deve essere distinta dall’amaurosi fugax, con la quale fa-cilmente si confonde, che ha come possibile e temibilecausa una dissezione o una serrata stenosi delle arteriecarotidee. La sua eziologia resta tuttora largamente incerta.

Cefalea a grappolo Nota in letteratura anglosassone come Cluster Headache,(IHS 3.1.), termine coniato nel 1952 da Charles Kunkle,a noi oculisti interessa perché la sintomatologia coinvolgesempre il territorio oftalmico. Conosciuta anche comecefalea del suicidio, (termine utilizzato anche per la ne-

Emicrania Cefalea di tipo tensivoFamiliarità presente assenteDistribuzione per sesso F:M 3:1 2:1Qualità del dolore pulsante gravativo-costrittivoSede unilaterale bilateraleIntensità medio-forte lleve o mediaDurata 4-72 ore 30 minuti - 7 giorniProfilo temporaleepisodico episodico episodicoSintomi e segni associati nausea e/o vomito, fono e fotofobia fono e fotofobiaComportamento del paziente isolamento, buio, silenzio, riposo lievi modificazioni

Spesso entrambe Ie patologie coesistono in uno stesso paziente rendendo difficile la diagnosi differenziale

TABELLA 4 - Tabella riassuntiva della diagnosi differenziale tra emicrania e cefalea di tipo tensivo (da Stefania Battistini - Dipartimento di Neuroscienze Siena)

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vralgia trigeminale), cefalalgia istaminica, nevralgia ciliare,eritromelalgia del capo o cefalea di Horton, è stata de-scritta, inizialmente, secondo varie fonti, dal neurologoinglese Wilfred Harris (1869-1960) come nevralgia mi-grante o, più probabilmente, da omas Willis (Wiltshire1621 - London 1675), pioniere nella ricerca della vasco-larizzazione del cervello (Poligono del Willis), che nedette notizia nel 1672, individuandola in una donna chene soffriva da più giorni, alla stessa ora, ore 16, e perciòda lui denominata “cefalea ad orologeria”. E’ caratterizzata da dolore nel territorio orbitario o pe-riorbitario, unilateralmente, con possibile cambiamentodel lato coinvolto tra un attacco e l’altro nel 15% dei casi.L’irradiazione può avvenire più frequentemente verso lafronte e la tempia, sindrome superiore, o lo zigomo, l’ar-cata dentaria e il mento, sindrome inferiore, più rara. Lacefalea a grappolo è la forma meno frequente tra le cefaleeprimarie. Nella popolazione la cefalea a grappolo ha una prevalenzadi 1 caso su 1000, un rapporto tra i sessi invertito rispettoall’emicrania, 6 : 1 (2001) a favore dei maschi, divarioche sta restringendosi nel tempo (4,3 : 1 nel 2008), unesordio tra i 20 e i 40 anni, senza familiarità certa (forseautosomica dominante). A una fase attiva degli attacchi, “grappolo” o “cluster”, didue settimane fino a tre mesi, segue una fase inattiva, diremissione, di 6/12 mesi, con paziente completamenteasintomatico.La crisi compare all’improvviso, senza prodromi, conmassima intensità in 5-10 minuti, dolore fortissimo, tra-fittivo, lancinante, insopportabile, stato d’agitazione delpaziente, durata complessiva tra 15 e 180 minuti, unafrequenza di 1-3 crisi al giorno, con disturbi neurovege-tativi omolaterali al dolore.I sintomi e segni neurovegetativi per 85% sono oculari,con iperemia congiuntivale, lacrimazione, miosi e ptosi

palpebrale, per il 70% sono nasali, con ostruzione deimeati e rinorrea. A questo quadro clinico si aggiunge sudorazione nellasede del dolore, flushing facciale con cute dell’emivoltoarrossata, calda e umida, nausea, fotofobia, fonofobia,tachicardia all’inizio della crisi seguita da bradicardia eaumento della pressione arteriosa sistemica all’acme dellacrisi.Fattori scatenanti favorenti sono l’alcool, il fumo di si-garetta, l’istamina di origine alimentare che, se non pron-tamente inattivata, per un eventuale deficit dell’enzimadiaminoossidasi, può scatenare un attacco di cefalea inoccasione dell’assunzione di cibo, come alcuni tipi di pe-sce. Si è notato che oltre il 50% dei fumatori con cefaleaa grappolo fuma più di 20 sigarette al giorno, correlazioneancora poco chiara. Per quel che riguarda le forme cliniche, infine, la cefaleaa grappolo può presentarsi in forma cronica, più rara, oin forma episodica (80%), se il periodo di remissione èsuperiore a un mese. La classificazione ICHD-II 2004tra le forme di cefalea a grappolo prevede la forma de-nominata SUNCT (IHS 3.3.), “Short-lasting UnilateralNeuralgiform headache attacks with Conjiunctival injectionand Tearing”, che potrebbe essere tradotta come cefaleaunilaterale di tipo nevralgico di breve durata con iniezionecongiuntivale e lacrimazione.Il dolore, strettamente unilaterale in sede orbitaria, so-vraorbitaria o temporale, trafittivo o pulsante, ha unadurata di 5-240 secondi, una frequenza da 3 a 200 volteal giorno, non attribuito a nessun’altra condizione pato-logica. Per rientrare in questa fattispecie clinica ci devono essere,per la classificazione ICHD-II 2004, almeno 20 attacchiche soddisfino le caratteristiche suddette. Secondo i datidella letteratura lesioni della fossa cranica posteriore o del-l’ipofisi possono manifestarsi con algie simili alla SUNCT,

Gruppo C Nevralgia del trigeminoLateralità:Destra 60%Sinistra 39%Entrambi i lati 1%Branche coinvolte:V1 2%V2 20%V3 17%V1 e V2 14%V2 e V3 42%V1, V2 e V3 15%

TABELLA 5 - Frequenza della nevralgia trigeminale

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anche se confonderla con una nevralgia trigeminale è mol-to facile. Anche la SUNCT vede l’oftalmologo frequen-temente coinvolto in prima battuta; avere un giudizio dia-gnostico prudente e lungimirante è opportuno e neces-sario, anche se oltremodo difficoltoso.

nevralgia del trigeminoIl “gruppo C” della classificazione ICHD-II 2004 trattadelle nevralgie craniche e dolori facciali (Fig. n° 9). Sonopatologie dolorose croniche con attacchi improvvisi, sem-pre unilaterali, nella zona d’irradiazione dei nervi inte-ressati dall’evento patologico. La nevralgia del trigemino (IHS 13.1.) è la più comunetra le nevralgie craniche, coinvolgendo 3-5 persone su100.000 abitanti; il 90% delle nevralgie facciali sono, in-fatti, trigeminali. Con prevalenza di 2 : 1 tra femmine emaschi, nel 75% ha un esordio dopo i 50 anni; un iniziogiovanile impone il sospetto diagnostico di una formasintomatica, secondaria (IHS 13.1.2.), molto più rara e

temibile; nel 2/4% di casi si può trattare di una SclerosiMultipla. La forma idiopatica o essenziale (IHS 13.1.1.)ha sempre un esame neurologico negativo. La sintomatologia della nevralgia trigeminale si manifestacon dolore intenso, parossistico, ad accessi, con caratterelancinante, a ”scossa elettrica”, a colpo di pugnale, di tipourente, che inizia e termina in modo brusco. Le crisi sonobrevi, di pochi secondi, meno di 2 minuti, con una fre-quenza di 5/10 al giorno, subentranti nelle forme gravi,con scariche a salve. Il dolore, spesso stereotipato nel sin-golo paziente, può essere innescato da stimoli banali, co-me il lavarsi il viso o i denti, radersi la barba o fumare;rari, per non dire eccezionali, gli attacchi notturni. Il dolore insorge spontaneo e/o scatenato dalla pressione,anche leggera, su zone “trigger”, zone grilletto, in assenzadi deficit neurologici; se bilaterale, 3/5% dei casi, bisognasospettare una forma secondaria, sclerosi multipla in pri-mis, come nelle forme ad esordio giovanile. Interessa ilterritorio d’innervazione del quinto nervo cranico, più

Fig. 9 - Gruppo C (ICHD-II) con schema del trigemino Fig. 10 - Schema riassuntivo della nevralgia trigeminale

Cefalea a grappolo Nevralgia del trigeminoEtà di insorgenza 20-40 aa > 50 aaSede del dolore territorio I branca trigeminale territori II-III branca trigeminaleDurata della crisi 30-180min pochi sec-2 minFrequenza delle crisi 1-3 crisi/die (raggruppate in grappoli o ininterrotte) da 5-10 accessi al dì subentrantiIntensità del dolore forte-molto forte forte-molto forteQualità del dolore lancinante, trafittiva a "scossa elettrica"Fattori scatenanti la crisi nitroglicerina, istamina pressione su zone triggerDistribuzione per sesso M:F=6:1 M:F= 1:1,5Sintomi di accompagnamento omolaterali al dolore: iniezione congiuntivale, spasmo muscolare facciale (tic)

lacrimazione, miosi, ptosi palpebrale, omolaterale al doloreostruzione nasale, rinorrea

TABELLA 6 - Differenze tra Cefalea a grappolo e Nevralgia del trigemino(da Stefania Battistini, Dipartimento di Neuroscienze Siena)

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frequentemente la II° e III° branca; la I° branca, interessatasingolarmente solo nel 5% dei casi, è spesso coinvoltacon le altre due, per cui un’estensione algica alla regioneoftalmica è molto frequente (Tabella n° 5). Fra un attaccoe l’altro vi è assenza di dolore, perfetta sensibilità dellafaccia e della cornea; con il ripetersi degli eventi dolorosipuò residuare un dolore sordo e subdolo, persistente. Durante la crisi dolorosa vi può essere contrattura dellamuscolatura facciale omolaterale, da cui il termine, ormaidesueto, “Tic Douloureux” (André, 1756), dato inizial-mente alla malattia. Nel corso della crisi il paziente restaimmobile, interrompendo ogni sua attività, al contrariodella cefalea a grappolo, dove prevale uno stato di agita-zione. L’evoluzione è discontinua; solitamente si aggravacon sempre minori periodi di remissione tra una crisi el’altra (Fig. n° 10). La diagnosi differenziale deve essere fatta essenzialmentecon la cefalea a grappolo, con cui non è difficile confon-derla (Tabella n° 6). La genesi della nevralgia trigeminalenon è ancora pienamente chiarita; il conflitto vascolareè invocato da più parti come causa più probabile. L’arteriacerebellare superiore è la struttura vascolare che più fre-quentemente comprime la radice o il ganglio del Gasser,con lesione delle guaine mieliniche, come testimoniatodalle risonanze magnetiche, per anomalie di calibro e dipercorso di quest’arteria. Anche alcune malformazioni del tronco dell’arteria ba-silare, (mega-dolico-ectasie arteriose intracraniche), po-trebbero essere tra le possibili cause vascolari dell’affezione.Le decompressioni vascolari eseguite in corso di nevralgietrigeminali non trattabili con interruzione della relativasintomatologia dolorosa in percentuale del 95%, avva-lorerebbero tali ipotesi (Fig. n° 11).

Del resto, la risposta positiva iniziale alla terapia farma-cologica, che perde nel tempo efficacia, evidenzia unacausa strutturale ancorché funzionale dell’affezione.Maggiormente poco efficace, già dall’inizio, è la rispostaai fans nelle temibili forme secondarie o sintomatiche,tra cui, curiosamente, troviamo anche il piercing dellalingua. Una volta accertata l’eziologia, si tratta di formesecondarie, che aumenteranno sempre più di numero,per il maggior utilizzo dell’imaging nella diagnostica.L’estremità cranica può essere interessata da altre formenevralgiche, come quelle a partenza dal nervo glosso-faringeo, dal laringeo superiore o nelle algie che sonodette “atipiche”, non di nostra competenza, alle quali sirimanda.

oftalmoplegie doloroseIn questa dizione uniamo le due affezioni dolorose conparalisi della muscolatura estrinseca dell’occhio che piùda vicino interessano noi oftalmologi: la Sindrome di To-losa-Hunt e l’Emicrania Oftalmoplegica di Moebius. La Sindrome di Tolosa-Hunt (IHS 13.16.), nota anchecome oftalmoplegia dolorosa o sindrome oftalmoplegica,è dovuta ad una collagenopatia da immunodeficienzacon infiltrazione granulomatosa della porzione intraca-vernosa della carotide interna. Il dolore è retro e sopraorbitario, di grave intensità, chespesso precede di qualche giorno il manifestarsi dell’of-talmoplegia. La paralisi dei muscoli estrinseci ocularicoinvolge con maggiore frequenza il III° nervo cranico,anche se il IV° e il VI° possono essere contestualmenteinteressati, ma quasi mai isolatamente. Il nervo ottico,nei casi più gravi, a volte è coinvolto, con deficit visivopiù o meno severo. L’affezione risponde positivamente alla terapia cortisonicae si risolve, di solito, senza reliquati, colpendo l’età adulta,sopra i 41 anni, in egual frequenza i due sessi.L’Emicrania Oftalmoplegica (IHS 13.17.), nota anche co-me paralisi oculomotoria recidivante o periodica, è un’af-fezione molto rara, con una sintomatologia molto similealla Tolosa-Hunt, colpisce l’età infantile, anche sotto l’an-no di vita. Questo dato la rende particolarmente dram-matica. Si presenta con forte cefalea di tipo emicranico in regioneorbitaria, monolaterale che dura qualche giorno primadell’insorgere della paralisi del III° nervo cranico; il IV°e VI° possono variamente essere coinvolti. A testimoniarela maggiore drammaticità del quadro clinico, oltre l’età,c’è il dato dello scarso e/o parziale recupero dei deficitneurologici, presenti della fase acuta, a volte solo dopoalcune settimane dalla lancinante cefalea. Le cause sono poco certe; si riscontrano aneurismi dellacarotide interna o una neuropatia demielinizzante ricor-

Fig. 11 - Conflitto vascolare nella nevralgiatrigeminale (da Neurochirurgia Udine)

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rente alla captazione del gadolinio all’imaging radiologica.Entrambe queste due algie dolorose associate ad oftal-moplegie sono, per fortuna, rare e affrontabili con unostrumentario e una farmacopea ben più sofisticate e effi-caci rispetto ai tempi in cui furono, per la prima volta,diagnosticate. Questo non deve in nessun modo far sot-tovalutare la loro aggressività; solo una diagnosi e terapiaprecoce ci permetteranno di fronteggiarle e sconfiggerlecon maggiore speranza di successo e minori deficit fun-zionali permanenti.

Considerazioni finali Tracciare delle considerazioni finali in campo di dolorecranico significa dimenticare che ci troviamo di frontead un dramma che l’uomo ha, da sempre, dovuto affron-tare, e dal quale ne è uscito spesso sconfitto, se non altrodal punto di vista psichico. Arthur Schopenhauer e SørenKierkegaard, ritenuti universalmente i massimi filosofidel dolore, più di altri hanno incarnato nelle loro operela tragicità del dolore umano.“Sei sono dolore e bisogno, e il settimo è noia” affermavaSchopenhauer descrivendo l’essenzialità della settimanaper la maggior parte del genere umano. Il dolore trige-

minale e cranico in generale è, senza dubbio, il più te-mibile dei dolori che l’uomo possa subire durante la suavita, e noi oftalmologi siamo spesso i primi testimonidelle manifestazioni d’esordio di queste dolorose affezioni. Il nostro compito è indicare, presto e bene, le miglioristrade da intraprendere per allentare la morsa che questipazienti sentono stringersi intorno alla loro triste esistenza.L’occhio, e la regione orbitaria più in generale, sono alcentro di queste patologie, tante volte definite “del sui-cidio”.Nell’affrontare questi temi non sentiamoci spettatoriestranei. La diagnosi e la terapia delle algie orbitarie nonbulbari coinvolge da vicino noi oftalmologi ed esige po-sitive risposte e proposte, nei limiti delle nostre compe-tenze. Siamo medici prima di essere oculisti! L’affascinante e temibile mondo dell’encefalo un po’ ciappartiene; l’unica finestra naturale che ad esso si affacciae si apre è l’organo verso il quale ogni nostro sforzo è pro-teso e dedicato: non chiudiamo definitivamente alla spe-ranza di questi pazienti la finestra dell’oftalmologia, chepuò offrire nuovi scenari, possibili soluzioni e a volte pro-poste positivamente alternative. n

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biblioGrafia

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Premessa indispensabile all’articolo è la precisazioneche, quando si dice chirurgia oculare nell’Africa subsahariana, s’intende quasi esclusivamente la chirur-

gia del segmento anteriore e degli annessi. I centri di chi-rurgia vitro-retinica sono pochissimi in rapporto al totaledegli abitanti.Il titolo suggerisce immediatamente che stiamo parlandodella gran parte dei paesi africani ma ve ne sono altri, inaltri continenti che affrontano lo stesso problema. La chi-rurgia oculare che si pratica in essi è una chirurgia diffe-rente: differente soprattutto da quella praticata nei paesiad alto reddito. La cataratta, in particolare, vi si opera,per lo più, solo con tecniche manuali, talora molto inno-vative e funzionali rispetto a quelle occidentali in uso finoalla fine degli anni 70. In breve: un’altra chirurgia.Questi paesi, teatro di una evoluzione “parallela” dellachirurgia oculare, vengono chiamati a basso reddito, per-ché composti da una popolazione in gran parte contadi-na, sparpagliata su territori, a volte, immensi. Popolazioniche, peraltro, non beneficiano come dovrebbero delle ri-sorse minerarie o altre, del loro paese. La rivoluzione tec-nologica della chirurgia oculistica occidentale degli anni70-80 non fu esportata in questi paesi. Mancarono, in or-dine d’importanza:- Una chiara visione strategica che imponesse, fin da al-

lora, una progressiva modernizzazione della chirurgiapraticata nei progetti specialistici (si pensi che l’OMSconsiderava idonea la tecnica ICCE, mentre in occiden-te si operava con il faco!).

- Oggettivi limiti economici: costi di laf, microscopi, di-sposables, medicine, trasporti.

- Scarsità estrema di medici e paramedici specializzati.I pochi oculisti disponibili erano anziani e lavoravanosolo nelle capitali.

- Ad esclusione della Germania e del Regno Unito, nes-sun paese occidentale (o orientale) si era massiccia-mente impegnato ad affrontare la lotta alla cecità,non solo in termini economici ma anche d’innovazionee di organizzazione.

Le decadi cruciali della nascita di questa chirurgia dellacataratta “altra”, sono state quelle del 90 e del 2000. Conuna intelligente azione congiunta, le due più grandi ONGoculistiche internazionali continuarono ad investire co-spicue risorse materiali e umane ed ottennero risultatiquasi clamorosi in tre settori chiave:1. La formazione medica e paramedica specialistica del

personale locale.2. L’accesso ad una tecnica chirurgica manuale a basso

costo e con output comparabile a quello delle tecnicheoccidentali.

3. La messa a punto di nuove strategie di salute ocularecomunitaria.

Si catalizzano, negli anni 90, tutti gli elementi capaci difare compiere un notevole passo avanti nella lotta allacecità da cataratta, tracoma cicatriziale, oncocercosi e inmisura molto minore, da glaucoma. Il grande motore diquesta “rivoluzione”, fu la campagna internazionale VI-SION 2020 che sensibilizzò e unì in un grande sforzo col-lettivo, governi, ONG internazionali specializzate e ognialtro possibile attore, con l’obiettivo di eliminare la cecitàprevenibile nel mondo, entro l’anno 2020 (per informa-zioni, consultare il sito www.v2020.org). Un inciso importantissimo: l’evoluzione spontanea chequesta “rivoluzione” ebbe in India, inizialmente molto

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La chirurgia ocularenei paesi a basso redditodi Paolo Angeletti e Richard Hardi

Fig. 1 - E' arrivato il faco!

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aiutata dalle grandi ONG internazionali, e cioè CBM eSight Savers, produsse ottimi risultati in proprio. Ovvero: - Produzione, a prezzi bassissimi (a confronto dei pro-

dotti europei o statunitensi), inizialmente di IOL, su-ture e viscoelastica, poi di ogni altro strumento chi-rurgico e non.

- Formazione di nuovi specialisti in tecniche chirurgicheinnovative e più idonee alla patologia tropicale nellachirurgia della cataratta. Non dimentichiamo che latecnica SIC si diffuse in India, prima e maggiormenteche altrove. Questa tecnica è oggi riconosciuta comeutilmente alternativa alla faco nei paesi a basso red-dito.

A completare il background e col desiderio di renderepiù chiaro l’obiettivo di questo articolo, aggiungo che,dall’inizio della campagna VISION 2020, le grandi ONGinternazionali specializzate si sono poste un problema didifficile soluzione: in ossequio alla regola delle tre A, han-no cercato di rendere, oltre che Available e Affordable,anche Accessible, le prestazioni di chirurgia oculare che,sempre più, erano in grado di offrire alle popolazioni bi-sognose. Compito indubbiamente difficile come s’è visto,data la distribuzione dei pazienti su territori, spesso, va-stissimi e difficilmente accessibili.Questo ostacolo, che ho già descritto in un mio prece-dente articolo (“Cataract case finding”, OD, Anno II - N.2), è ormai risolto, almeno sulla carta, grazie a strategiesperimentate per anni. Strategie ormai codificate e benefunzionanti in paesi, anche molto popolosi, ma piccoli,come il Malawi o il Gambia, dove la logistica non costi-tuisce un problema insormontabile. Meno facilmente im-plementabili invece, in paesi vasti e difficilmente percor-ribili come, per esempio, la RD del Congo.Ritornando quindi agli obiettivi di cui sopra, vorrei, conquesto articolo, chiarire i seguenti punti:1. Quale è (se c’è) la tecnica chirurgica migliore per ef-

fettuare l’estrazione della cataratta nei paesi a bassoreddito. Chiederò, in merito, l’opinione del Frate, Dr.Richard Hardi, un collega che tuttora e ormai da 17anni, è in full immersion nel problema, in una provinciadimenticata della RD del Congo che ha un bacino diutenza di sei milioni di persone. La sede del progettodel Dott. Hardi è a Mbuji Mayi, una città mineraria,sconosciuta ai più, che conta un milione di abitanti.

2. Quale è la strategia da adottare per rendere, non soloAccessible ma anche Affordable ai pazienti, la chirur-gia di tutte le malattie potenzialmente cecitanti.

PUNTO IRiguardo alla tecnica di scelta, ecco quanto vi scrive il Dr.Hardi. “Nella Repubblica Democratica del Congo (RDC),

nel corso di questi ultimi dieci anni, ci si è impegnati inun grosso sforzo al fine di formare dei professionisti nellacorretta esecuzione della tecnica chirurgica extracapsularedi estrazione della catarattaAlcuni medici che hanno appreso bene la tecnica ECCE,sono successivamente stati formati nell’esecuzione dellatecnica detta SIC (Small Incision Cataract surgery). NellaRDC si constata un certo blocco a questo stadio della for-mazione. I giovani chirurghi si accontentano di utilizzarequeste due tecniche: la SIC in generale e la ECCE, quandoi casi si presentino difficili fin dall’inizio. Si constata che numerosi chirurghi si limitino alla ECCE,essendo la tecnica SIC di più difficile esecuzione. Al con-tempo, sorprende constatare che, nella RDC, un paese di60 milioni di abitanti, nel 2012, un solo centro utilizza lafacoemulsificazione come tecnica chirurgica abituale.Ebbene, nella mia esperienza, la facoemulsificazione è latecnica di eccellenza per operare la cataratta, sopratuttodei pazienti delle regioni isolate. In effetti, oltre ai bennoti vantaggi (praticamente, assenza di astigmatismo,tempi di esecuzione ridotti), uno dei maggiori vantaggi,nella maggior parte dei casi, è la dimensione ridotta del-l’incisione e l’assenza della sutura.L’incisione ridotta è molto importante perché, nelle re-gioni isolate, è praticamente impossibile trovare un otticoche esegua la correzione dell’astigmatismo. L’assenza disutura è altrettanto importante poiché il team chirurgiconon ritornerà nella stessa località che sei mesi dopo, setutto andrà bene. Lasciare un paziente senza suture èquindi la soluzione ideale.Il nostro centro di oftalmologia si trova nel cuore del Con-go, a Mbuji Mayi, nella provincia del Kasai Orientale. Vistala dimensione della provincia, noi effettuiamo circa seimissioni l’anno verso le regioni isolate, dalle quali i pa-zienti non possono raggiungerci, a causa delle distanze,la precarietà dei trasporti e i rischi connessi ai viaggi. In queste regioni isolate, secondo la nostra esperienza,la prima causa della cecità è la cataratta. Da quattro anni,

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Fig. 2 - Ecco a cosa serve lo snorkel

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sistematicamente, noi ci spostiamo con un’attrezzaturache ci permette di effettuare la facoemulsificazione. Que-ste missioni si fanno nelle regioni di LUSAMBO e KABIN-DA, nelle province del Kasai Orientale. É così che oggi,l’80% delle cataratte, durante le nostre missioni, sonooperate con questa tecnica. Il 20% restante, è costituitoda cataratte molto dure che non possono essere operatecon la tecnica faco a causa dell’eccessivo stress endotelialeconnesso. Per riuscire ad ottenere questa performance, devo richia-mare l’attenzione su alcuni aspetti, praticamente scono-sciuti nei paesi sviluppati. Queste considerazioni riguar-dano aspetti tecnici che sono, però, molto importanti:- Lo strumento che noi utilizziamo deve essere piccolo,

mobile, facilmente trasportabile. Dato che noi dob-biamo trasportare tutto in un veicolo, questo criterioè importante.

- Un grande problema delle regioni isolate è costituitodalla corrente elettrica. Lo strumento dev’essere ro-busto e funzionare con ”poca” corrente. Deve sop-portare sbalzi di corrente. Generalmente noi utilizzia-mo la corrente prodotta da un piccolo generatore.Per un piccolo strumento, un generatore di 1,2 o di2,5 KVA è più che sufficiente. Sia chiaro che gli stru-menti che abbiano bisogno dell’aria compressa e chefunzionino, quindi, con un compressore, non possanoessere presi in considerazione a causa dell’eccessivobisogno di corrente. Inoltre, gli strumenti moderni so-no troppo dipendenti dalla stabilità della corrente.

Vediamo quali sono gli altri aspetti che frenano la diffu-sione della tecnica della facoemulsificazione nel Congo.Sicuramente dobbiamo, innanzi tutto, parlare del costodello strumento e dei disposables. Nel mondo modernole cose cambiano così in fretta che per seguirne l’evolu-zione, si cambiano, si sostituiscono gli strumenti moltorapidamente. É grazie a ciò che noi possiamo, oggi, la-vorare in Africa con strumenti che sono stati già collau-dati, con successo, in Europa, una quindicina di anni pri-ma. Generalmente per queste macchine i disposablessono risterilizzabili, così riducendo il costo dell’intervento.É evidente che il costo dell’impianto utilizzato duranteun intervento faco è più elevato. Chi, come noi, non hala fortuna di ricevere in dono LIO pieghevoli, può rivol-gersi ad AUROLAB (LIO in PMMA rigide a 5 – 10 Euro eLIO pieghevoli, se ci si limita ad una incisione di 3,0 mm.,a 10 -20 Euro, a seconda della quantità acquistata) Sempre al fine di contenere i costi, noi utilizziamo abi-tualmente la Metilcellulosa come sostanza viscoelastica,limitando l’uso di Healon ai casi in cui si temano compli-canze a livello della camera anteriore.

Vediamo quali sono gli altri fattori che frenano la diffu-sione della facoemulsificazione in Congo. Io penso che ilfreno maggiore, il problema principale, dopo tutto ciòche ho scritto, sia il possesso della tecnica chirurgica dellafacoemulsificazione. In effetti, un chirurgo lascerà congrande difficoltà una tecnica chirurgica che esegue per-fettamente per un’altra, di cui non ha esperienza alcuna.Ecco il vero problema. Cosa si può fare per aiutarlo a su-perare questo ostacolo? Ecco alcuni suggerimenti:- Acquistare una certa abilità esercitandosi su occhi di

animali, quali capre o maiali. É una tappa importanteperché aiuta l’allievo a fare conoscenza con lo stru-mento, il pedale, le varie regolazioni, in un ambienteche imiti il reale.

- Cominciare, innanzi tutto, col praticare l’incisione intunnel, in cornea chiara. Siccome le cataratte secon-darie a traumi, in pazienti giovani, sono frequenti inAfrica, è possibile cominciare ad operarle partendoda una incisione tunnelizzata e dopo la ressi, sempli-cemente aspirare il cristallino. Sono casi di iniziazioneal lavoro in ambiente chiuso in opposizione all’am-biente aperto delle ECCE.

- Per lanciarsi nella faco vera e propria, si faccia unabuona scelta dei casi (nucleo non troppo duro ma ne-anche troppo molle) e buona conoscenza delle diversetappe della tecnica.

Con l’uso della facoemulsificazione in grande scala ab-biamo ottenuto dei vantaggi importanti:- Le operazioni di cataratta possono essere eseguite più

precocemente e con una ripresa della funzione visivapiù spettacolare.

- Migliore correzione ottica per i pazienti che vivono inzone isolate dove il negozio di ottica più vicino è a1000 km.

- Minori disturbi per l’assenza di suture.- Congiuntiva integra e quindi la possibilità di eseguire

una trabeculectomia successiva, se necessaria.

Fig. 3 - Quasi a destinazione

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- All’opposto, nei pazienti che abbiano una fistola posttrabeculectomia funzionale, la facoemulsificazione èla tecnica ideale.”

PUNTO II Non vi sono più dubbi ormai, su come ci si debba com-portare per raggiungere l’ambizioso obiettivo che la cam-pagna VISION 2020 s’è dato, cioè la scomparsa della cecitàprevenibile entro l’anno 2020. Purtroppo, il già difficilecompito è diventato ancora più difficile a causa della crisieconomica mondiale che ha ridotto i finanziamenti deiprogetti. Questa riduzione importante, impone una mag-giore attenzione nella stesura, implementazione e mo-nitorizzazione dei progetti. Elenco, a questo proposito,qui di seguito, alcune cose da fare e altre da non fare:- Una campagna di massa dev’essere rivolta a tutte le

malattie potenzialmente cecitanti, glaucoma incluso.- Deve essere rivolta a tutta la popolazione, sapendo

bene che la stessa vive, in gran parte, lontana dallecapitali.

- Se non si posseggono le risorse materiali e umane peraffrontare obiettivi ambiziosi, è meglio cominciarecon obiettivi parziali, per esempio, la formazione spe-cialistica del personale locale (piuttosto che la costru-zione di un edificio), in attesa di ottenere i finanzia-menti necessari.

- Costosi progetti che hanno per solo obiettivo la cecitàda cataratta, magari implementati nelle zone più ac-cessibili del paese, come le capitali, devono essere ri-pensati. Si assiste, oggi, al paradosso di non trovare icasi di cataratta da operare per il susseguirsi di cam-pagne gratuite di ONG straniere giunte nel paese,mentre nelle popolose zone dell’interno i casi operabiliaumentano.

- La chirurgia gratuita va offerta con discernimento,

perché nelle capitali si trovano classi sociali in gradodi pagare il servizio offerto. Non si dimentichi che,proprio nelle capitali si trova il grosso delle struttureoculistiche nazionali e tutte, ONG o private, devonopotersi autofinanziare. Missioni straniere, magari delladurata di 6-10 mesi, mettono in ginocchio gli operatorilocali, fino a costringerne alcuni ad emigrare.

- Si ricordi che solo l’Africa del Sud e il Ghana offronoun servizio oculistico AAA nell’ambito del loro serviziosanitario nazionale. In tutti gli altri paesi si devonoimplementare progetti oculistici che mirino all’auto-finanziamento. In quest’ottica, nell’ambito di una cam-pagna di massa, in molti paesi si stà imponendo questotipo di tariffario delle prestazioni oculistiche; i pazientisono divisi in tre categorie:• Low income patients• Fast line patients• Appointment patients.

I low income patients, cioè i poveri, pagano un piccolocontributo e fanno la coda.I fast line patients, pagano un onorario più consistentee accedono alla prestazione facendo una coda “velo-ce”. Per esempio, sono visitati in giornata ed operati(se è il caso), più rapidamente.Gli appointment patients, cioè gli abbienti, paganol’onorario pieno e sono visitati e operati su appunta-mento. In questo modo si scoraggia l’affollamento di ogni ge-nere di paziente attirato dalla gratuità (si presentanoogni tipo di malati, anche non oculistici) e gli onoraridei fast line e degli appointment patients finanzianola campagna.

- É un gravissimo errore escludere la chirurgia del glau-coma dagli obiettivi del progetto o non sottolinearnecon forza l’importanza. É ciò che avviene attualmente,in linea, peraltro, con ciò che accadeva nel passato. Ilrisultato di questo errore, non ancora corretto, è chein parallelo alla diminuzione della cecità da cataratta,v’è un non quantificato aumento della cecità da glau-coma. Esistono scarsi studi attendibili ma chi lavorasul campo prevede che a breve, i casi di cecità da glau-coma superino quelli da cataratta. Per il momento ilglaucoma rimane, a livello africano, la malattia invi-sibile. Si pensi che la terapia medica, per lo più, nonè eseguita che per la durata del primo flacone di col-lirio prescritto e che la cecità da glaucoma, diversa-mente da quella da cataratta, è irreversibile e in Africa,di precoce insorgenza. Va da sé che se non si correggetempestivamente l’errore, la campagna VISION 2020,rischia seriamente di mancare l’obiettivo prefissato.

Fig. 4 - Finalmente si opera

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Ultime dalla EC sulla fluoresceina

Come i nostri lettori ricorderanno, la Direzione Generale della Sanità e dei Consumatori (SAN-CO-DG) della EC ha affidato al Medical Device Experts Group il compito di decidere il futuro dellestrisce di fluoresceina. A seguito delle “robuste” obiezioni sollevate in quella sede dalla Sezionedi Oftalmologia della Unione Europea Medici Specialisti, il MDEG ha chiesto un parere consultivoalla “European Medical Agency” (l’equivalente europeo dell’AIFA). A fine gennaio 2013 il parereè arrivato, e purtroppo conferma senza possibilità di eccezioni che ogni sostanza chimica utilizzataad uso diagnostico in Medicina, quindi anche la fluoresceina, deve essere considerata farmaco. Tralasciando ogni commento, per ora, mi sembra opportuno ripercorrere, attraverso il documentodella EMA, il “percorso logico” a cui si è arrivati a questa decisione.Anzitutto, l’EMA ritiene che, per decidere, si debbano esaminare due punti essenziali: 1. a cosa serve il prodotto2. il meccanismo con il quale lo scopo per cui viene usato il prodotto viene raggiunto

Il ragionamento si è quindi dipanato lungo una catena logica, che si dilunga per diverse pagine,e che così riassumo. Per definire cosa è la fluoresceina, si è partiti dalla Direttiva Europea sui me-dicinali che individua come sostanza “ogni materiale a prescindere dalla sua origine (umana,animale, vegetale, chimica sia organica che inorganica)”. E’ quindi pacifico che la fluoresceinaè da considerare una sostanza di origine chimica.Successivamente si è passati a definire a cosa serve la fluoresceina. In accordo con l’Art. 1/2/adella Direttiva EC 2001/83, la definizione di prodotto medicinale (farmaco) è data dalle sue pro-prietà: ”Ogni sostanza o associazione di sostanze che si ritiene abbia proprietà curative o pre-ventive di malattie dell’essere umano”. La fluoresceina è usata a scopo diagnostico nell’esamedell’occhio, compresa la tonometria di Goldman e per controllare l’applicazione delle lenti a con-tatto, e può quindi essere considerata un mezzo per prevenire le malattie.Le conclusioni a cui è arrivata l’EMA sono: “Sulla base della definizione data nell’Art. 1/2/b dellaDirettiva europea 2001/83/EC, il CHMP (Comitato per l’uso di prodotti medicinali sull’uomo)ritiene che le strisce di carta per uso oftalmico contenenti fluoresceina siano un prodotto medico(farmaco) in quanto sono utilizzate per colorare la cornea e possono altresì essere utilizzate nel-l’esame diagnostico dell’occhio, comprendendo la tonometria di Goldmann e l’applicazione dilenti a contatto”.Come ho detto, per ora non mi pare opportuno fare commenti in questa rubrica, che ha lo scopoprecipuo di riportare le notizie più recenti. Devo solo aggiungere che il documento con la riso-luzione dell’EMA non mi è arrivato (in qualità di Presidente della Sezione UEMS di Oftalmologia)né dall’EMA, né dal MDEG, né dalla UEMS, ma bensì dall’European Council of Optometry andOptics, con la richiesta di un nostro commento e (tra le righe) di una presa di posizione, chiara-mente contro la risoluzione.Premesso che mi pare evidente che l’ECOO ha molti più mezzi di lobbing sulla EC e sulla DirezioneGenerale di Sanità e dei consumatori di quanta non ne abbiano tutti gli oculisti d’Europa messiinsieme (constatazione molto amara, ma incontrovertibile) e quindi non si vede come possiamoutilmente intervenire, mi pare utile chiarire un altro punto.Agli oculisti non importa niente di come sia classificata la fluoresceina, perché anche se è un far-maco noi possiamo tranquillamente usarla. Quindi, che l’MDEG, la SANCO-DG e la EC faccianoquello che vogliono in materia. Ma dopo aver preso le loro decisioni, ci dicano chiaramente,Paese per Paese, dove possiamo acquistare legalmente la fluoresceina senza correre il rischio chei NAS ci chiudano reparti e studi.

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i l glaucoma è una malattia cronico-degenerativa ca-ratterizzata da una progressiva perdita di cellule gan-glionari retiniche e dei loro assoni associata a cor-

rispondenti deficit funzionali sotto forma di comparsaed espansione di scotomi, prima relativi e poi assoluti,nel campo visivo. Il glaucoma in assenza di trattamentoporta alla cecità e secondo stime recenti sarebbero piùdi 60 milioni le persone nel mondo affette dalla malattiadi cui 8 milioni già bilateralmente cieche.L’unica strategia terapeutica che è stata dimostrata efficacenel ridurre sia il rischio che la velocità di peggioramentodel glaucoma è rappresentata dalla riduzione della pres-sione intraoculare che può essere ottenuta con mezzimedici, parachirurgici o chirurgici tanto che sembra es-serci una relazione diretta tra entità della riduzione pres-soria e prognosi visiva a lungo termine. Le linee guidadella Società Europea del Glaucoma (EGS) suggeriscono,nel glaucoma di prima diagnosi, di iniziare la gestioneterapeutica con una monoterapia a scelta tra quelle diprima linea disponibili, ovvero tra quelle approvate daglienti regolatori per il trattamento iniziale del glaucomae dell’ipertensione oculare. Tuttavia in base ai risultatidi studi pubblicati negli ultimi anni, ed in particolarein base ai dati riportati dal Collaborative Initial Glau-coma Treatment Study (CIGTS), a due anni dalla primaprescrizione, fino al 75% dei pazienti che hanno iniziatoil trattamento per il glaucoma con una monoterapia ne-cessitano della combinazione di più di un farmaco percontrollare la malattia. Il processo di associazione di due principi attivi tuttaviapresenta alcune criticità che devono essere tenute in con-siderazione dall’oftalmologo per massimizzare le proba-

bilità di successo terapeutico, criticità che riguardano daun lato la complementarietà del meccanismo d’azionedei farmaci che vengono associati e quindi l’additivitàdella loro efficacia e dall’altro l’incremento del numerodi colliri e somministrazioni giornaliere che il pazientesi trova a dover gestire unitamente alla tollerabilità globaledella terapia che viene prescritta (con possibile influenzadi questi ultimi due punti sull’aderenza alla terapia daparte del paziente e quindi sull’efficacia finale del trat-tamento). Tra le classi di agenti ipotensivi oculari oggi disponibili

La qualità di vita delpaziente come guida per lascelta delle terapie diseconda linea nel glaucomadi Lucia Tanga, Francesca Berardo, Manuela Ferrazza, Francesco OddoneIRCCS - Fondazione G.B. Bietti, Roma

• Secondo i dati del Collaborative Initial Glaucoma

Treatment Study (CIGTS), a due anni dalla prima

prescrizione, fino al 75% dei pazienti che hanno

iniziato il trattamento per il glaucoma con una mo-

noterapia necessitano della combinazione di più di

un farmaco per controllare la malattia.

• I fattori da considerare nella scelta dei farmaci da

associare sono: complementarietà del meccanismo

d’azione (produzione/deflusso), additività dell’effi-

cacia, posologia giornaliera richiesta, tollerabilità

globale.

• Combinare un analogo prostaglandinico, che agisce

aumentando il deflusso dell’umore acqueo, con un

beta-bloccante, che ne riduce la produzione, rap-

presenta quindi una scelta razionale sia per quanto

riguarda la complematarietà del meccanismo d’azio-

ne sia per quanto rigurda l’efficacia.

HIGHLIGHTS

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quella più efficace è rappresentata dagli analoghi delleprostaglandine (latanoprost, bimatoprost, travoprost)seguiti in termini di efficacia ipotensiva oculare dalla fa-miglia dei beta-bloccanti non selettivi (timololo, levo-bunololo). A seguire troviamo gli alfa-agonisti (brimo-nidina, apraclonidina), gli inibitori topici dell’anidrasicarbonica (dorzolamide e brinzolamide) e i miotici.Guardando al meccanismo d’azione, gli unici farmaciche agiscono attraverso un aumento del deflusso del-l’umore acqueo sono gli analoghi delle prostaglandine(aumento del deflusso uveosclerale e per quanto riguardail bimatoprost anche aumento del deflusso trabecolare)e i miotici (aumento del deflusso trabecolare) mentretutti gli altri agiscono riducendo la produzione di umoreacqueo a livello del corpo ciliare.Combinare un analogo prostaglandinico, che agisce au-mentando il deflusso dell’umore acqueo, con un beta-bloccante, che ne riduce la produzione, rappresenta quin-di una scelta razionale sia per quanto riguarda la com-plementarietà del meccanismo d’azione sia per quantoriguarda l’efficacia.La terapia combinata con due farmaci comporta tuttaviada parte del paziente la gestione di più flaconi di collirioe la somministrazione di 2 o 3 gocce nell’arco della gior-nata con impatto negativo sulla qualità di vita e maggiorepossibilità di dimenticanze con conseguente maggior ri-schio di insufficiente controllo della malattia. L’aggiuntadi un secondo farmaco al primo è stata infatti associataad una significativa compromissione dell’aderenza daparte del paziente alla terapia prescritta (Robin A et al.Ophthalmology 2005).

In quest’ottica le stesse li-nee guida dell’EGS consi-gliano l’uso di associazionifisse, ovvero di associazionidi 2 principi attivi all’in-terno della stesso flaconedi collirio, con lo scopo disemplificare lo schema te-

rapeutico, massimizzare l’aderenza e minimizzare quindil’impatto della terapia sulla qualità di vita del pazientesenza sacrificare l’efficacia ipotensiva. Infatti condizioneindispensabile all’autorizzazione all’immissione in com-mercio di una combinazione fissa da parte degli enti re-golatori (EMA, AIFA) è la prova di non inferiorità ipo-tensiva rispetto alla corrispondente associazione nonfissa, prova derivante da studi clinici prospettici, in dop-pio cieco, randomizzati e controllati. Tutte le associazioni fisse ad oggi disponibili in com-mercio per la cura del glaucoma hanno in comune ilbeta-bloccante timololo allo 0.5% e si differenziano peril secondo farmaco ad esso associato. Il timololo si puòtrovare infatti in associazione fissa con un analogo pro-staglandinico (timololo+bimatoprost, timololo+latano-prost, timololo+travoprost) o con un inibitore dell’ani-drasi carbonica (timololo+dorzolamide, timololo+brin-zolamide) o con un alfa-agonista (timololo+brimoni-dina).Le associazioni fisse prostaglandiniche oltre a rappresen-tare una soluzione razionale dal punto di vista della com-plementarietà del meccanismo d’azione (analogo pro-staglandinico: aumento del deflusso; beta-bloccante: ri-duzione della produzione) si distinguono da tutte le altreassociazioni fisse per la posologia, richiedendo infattiuna singola somministrazione nelle 24h. Studi prospetticirandomizzati hanno infatti confermato che l’efficaciadelle associazioni fisse di timololo + analoghi delle pro-staglandine somministrate una volta al giorno è sovrap-ponibile a quella della somministrazione dell’analogoprostaglandinico una volta al giorno + il timololo due

Fig. 1 - A due anni dallaprima prescrizione, finoal 75% dei pazienti chehanno iniziato iltrattamento per ilglaucoma con unamonoterapia necessitanodella combinazione dipiù di un farmaco percontrollare la malattia.(Adattato da: Lichter etal. Ophthalmology 2001.)

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volte al giorno, con la differenza non trascurabile in ter-mini posologici ovvero 1 flacone/1 goccia al giorno ri-spetto a 2 flaconi/3 gocce al giorno (Brandt et al. J Glau-coma 2008). E’ stato riportato da studi clinici pubblicati negli ultimianni che tra le associazioni fisse prostaglandinche oggidisponibili, l’associazione fissa di bimatoprost+timololorisulta in termini ipotensivi oculari la più efficace conun simile profilo di tollerabilità (Centofanti et al. 2010)e questi dati sono stati confermati dai risultati di recentimetanalisi (Aptel et al. 2011).Se tra le associazioni prostaglandiniche, come appenaaccennato, l’associazione di bimatoprost+timololo risultala più efficace, resta da affrontare la tematica del suo con-fronto con associazioni fisse non prostaglandinche inparticolare con quelle maggiormente diffuse a base dibeta-bloccanti ed inibitori dell’anidrasi carbonica.A questo proposito le evidenze scientifiche di confrontosono ancora poche nella letteratura internazionale. Nel2010 è stato pubblicato uno studio prospettico, rando-mizzato in aperto in cui è stata confrontata l’efficaciaipotensiva dell’associazione fissa di bimatoprost+timololosomministrata una sola volta al giorno con quella del-l’associaizone fissa di dorzolamide e timololo sommini-

Fig. 2 - Riduzione della IOP dopo passaggio all’associazione fissa di timololo + bimatoprost da associazioni fissea base di timololo + inibitori dell’anidrasi carbonica. Adattato da Pfennigsdorfs E et al Presented at EVER 2012congress, Nice, France. Oct 10-13, 2012.

• Le linee guida dell’EGS consigliano l’uso di associa-

zioni fisse, ovvero di associazioni di 2 principi attivi

all’interno della stesso flacone di collirio, con lo sco-

po di semplificare lo schema terapeutico, massimiz-

zare l’aderenza e minimizzare quindi l’impatto della

terapia sulla qualità di vita del paziente senza sa-

crificare l’efficacia ipotensiva.

• Tutte le associazioni fisse ad oggi disponibili in com-

mercio per la cura del glaucoma hanno in comune

il beta-bloccante timololo allo 0.5% e si differen-

ziano per il secondo farmaco ad esso associato.

• Perché la scelta di una terapia associativa nel pa-

ziente non più controllato dalla sola monoterapia

sia quindi una scelta razionale e rispettosa della

qualità di vita del paziente dovrebbe essere indiriz-

zata verso associazioni che offrano la maggiore ef-

ficacia e la migliore tollerabilità con la minima po-

sologia possibile. In quest’ottica le associazioni fisse

di beta-bloccanti e prostaglandine acquistano un

ruolo clinico di primaria importanza nella gestione

del paziente glaucomatoso.

HIGHLIGHTS

(n=215) (n=9)

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strata due volte al giorno in 48 pazienti affetti da glau-coma primario ad angolo aperto o ipertensione oculare(Jothi 2010). Secondo i risultati dello studio i pazientitrattati con bimatoprost+timololo hanno mostrato unariduzione della pressione oculare da 28.5±5.3 mmHg a15.4±2.2 mmHg (-13.4 mmHg) e quelli trattati condorzolamide+timololo da 26.7±4.6 mmHg a 17.2±1.8mmHg (-9.46 mmHg) il che ha permesso agli autori diconcludere che a parità di tollerabilità l’associazione dibimatoprost+timololo sembra più efficace dell’associa-zione dorzolamide+timololo. Un risultato simile è statoriportato da Pfenningdorf e colleghi in un lavoro nonancora pubblicato ma presentato nel 2012 al congressoEVER in cui è stata studiata la variazine di pressioneoculare in 4134 pazienti che sono passati all’associazionefissa di timololo e bimatoprost. Gli autori hanno osser-vato nel sottogruppo di pazienti precedentemente trattaticon associazioni fisse di timololo ed inibitori dell’anidrasicarbonica (n=224) e con valori di pressione oculare dicirca 21mmHg riduzioni pressorie da -2.2 a -4.7 mmHgdopo il passaggio all’associazione fissa di bimatoprost +

timololo somministrata una volta al giorno. (Figura 2).Nonostante questi dati forniscano informazioni interes-santi necessitano di essere corroborati da ulteriori studiclinici di confronto randomizzati e controllati prima dipoter giungere a delle conclusioni generalizzabili.In conclusione possiamo affermare che lo scopo dellaterapia del glaucoma è di proteggere la qualità di vitadel paziente affetto da glaucoma sia dall’impatto negativoche può derivare dal peggioramento del deficit visivo,sia dall’impatto negativo che la terapia stessa può eser-citare sulla vita quotidiana in termini di necessità di som-ministrazioni giornaliere multiple e di possibili effetticollaterali. Perché la scelta di una terapia associativa nelpaziente non più controllato dalla sola monoterapia siaquindi una scelta razionale e rispettosa della qualità divita del paziente dovrebbe essere indirizzata verso asso-ciazioni che offrano la maggiore efficacia e la miglioretollerabilità con la minima posologia possibile. In que-st’ottica le associazioni fisse di beta-bloccanti e prosta-glandine acquistano un ruolo clinico di primaria impor-tanza nella gestione del paziente glaucomatoso. n

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letture ConsiGliate

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r ipetute esperienze di volontariato nel cosiddetto“terzo mondo”, Sud America, Africa, India, mihanno portato ad esporre un progetto oculistico

ad “EMERGENCY”, di Gino Strada. Le delusioni conaltre ONG c’erano state ed ora volevo partecipare aduna associazione il cui solo nome garantisce affidabilità.Il mio progetto fu accettato senza tante richieste buro-cratiche e dal 2006 mi è stata affidata l’organizzazionedi ambulatori oftalmici in Afghanistan e in Cambogia.Sapevo che Emergency è da tempo presente sui territoridelle guerre attuali o di quelle appena terminate, facendoproprie le miserie di conflitti civili, razziali o invasionidi “democrazie”. Alcuni dei loro ospedali erano diven-tati, dopo essere stati solo emergenza di guerra, ancheveri e propri centri ospedalieri diretti all’assistenza dellapopolazione per medicina interna, pediatria, ostetriciae ginecologia. Così è stato relativamente semplice im-piantare un centro oculistico sulle montagne dell’Indu-kusch, nella valle del Panjschir in Afghanistan e a Bat-

tembang, città del nord della Cambogia. Ho ricevutoaiuto morale dalla SOI che ha pubblicato sul suo sitola richiesta di volontari oculisti, dall’AIS che mi ha so-stenuta fin dal progetto, e poi le donazioni di strumenti,di farmaci, di occhiali di tutti i tipi da privati e da casefarmaceutiche, produttori o venditori di occhialeria.Un lavoro enorme che ha fatto di me una grande rom-piscatole, ma non sono mai stata delusa e ho scopertoche spesso, dietro ad una facciata di seri e un po’ alteriprofessionisti, si cela una generosità silenziosa.Così nell’estate del 2006 è partita la prima missione of-talmica presso l’ospedale di Anabah, in quella che le trereligioni monoteistiche ritengono sia la “valle dell’Eden”e che è sconosciuta al mondo: inutilmente da AlessandroMagno in poi, Inglesi, Napoleone, e più recentementeRussi e Truppe Alleate, hanno cercato di occuparla es-sendo una strategica via per la Cina, sulla via della setadi Marco Polo e Bruce Chatwey. Una valle incantevole,dove crescono piccoli alberi di mele rosse, albicocchi,

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Afghanistan: missione oculisticadi Elena Gilardi

Al passo dei 5000 ci sentiamo in cima al mondosconosciuto ai più́!Due giorni di visite e ora il ritorno ad Anabah.

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peschi selvatici, mandorle e noci dal sapore incompa-rabile e dove, grazie al fiume Panjschir che la percorre,gli abitanti coltivano grandi appezzamenti di grano efrumento, e si occupano di quelle strane pecore afghanee di piccoli somari, vivendo in case di mattoni di fango,simili a quelle tibetane, per meglio confondersi con lemontagne circostanti e apparire invisibili agli aerei edelicotteri che ogni giorno percorrono quei cieli. Il ter-ritorio dei Mujhaiddin e dell’eroe nazionale Massudche ricacciò i Russi oltre le montagne.

Bombe e mine antiuomo inesplose so-no il pericolo ancora attuale nel percor-rere i sentieri e bambini che pascolanocapre sono le vittime che spesso arriva-no all’ospedale, su mezzi improvvisati,con volti e mani e gambe frantumatidallo scoppio, occhi da enucleare, spes-so vite che non si possono salvare.Nella sede ospedaliera abbiamo instal-lato gli strumenti di visita spediti daMilano, organizzato le divulgazione del-la nostra presenza alla popolazione gra-zie a cartelli in lingua “dari” affissi fuoridall’ospedale e poi, come sempre neiposti privi di tecnologia, le voci diven-tano rapide informazioni e subito si ècreata la richiesta di andare nei villaggisparsi sulle montagne dove Emergencyha installato piccoli centri di primo soc-corso (First Aid Post). In essi lavora solopersonale Afghano e mensilmente ven-

gono raggiunti da ostetriche, pediatri e dal 2006 ancheda oculisti.Si capisce subito che effettuare le visite in “trasferta”

richiede una esperienza diagnostica diciamo un po’ an-tica, oftalmoscopio, schiascopia, lenti di ingrandimentoe illuminazione bianca e blu, per una diagnostica “ru-rale” che attualmente non viene più insegnata. Per que-sto ho portato sempre con me oculisti giovani che hannopotuto avvalersi ed imparare, appunto, metodiche de-suete ma assai gratificanti.

La mappa del luogo.

La strada non esiste. I driver sono bravissimi. Ma ognitanto bisogna cavarsela a piedi.

Arrivati ad Anjuman, 4000 metri, riusciamo a cucinareuna pasta al pomodoro dopo una intera giornata diviaggio.

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Insieme alla diagnostica, ai farmaci adeguati, abbiamodistribuito occhiali e regole di igiene. I risultati della nostra prima indagine, condizionata dalimiti immaginabili, sono riassumibili in un grande suc-cesso di partecipazione della popolazione, che negli annisuccessivi è andata sempre più aumentando per arrivarealle 1800 visite fatte la scorsa estate 2012. La soddisfa-zione personale e la sensazione di essere stati veramenteutili, anche riuscendo magari a valutare una miopia dioltre 25 diottrie con la sola schiascopia, facendo uncampo visivo a braccia, riconoscendo una affezione ocu-lare da leishmania o da TBC che mai avevamo visto nelnostro quotidiano. Le conclusioni più generali, con statistiche rilevanti, cihanno fatto concludere, durante i primi tre anni di im-pegno, che la patologia più diffusa fosse la cataratta ab-binata spesso a problematiche corneali tali da complicarenotevolmente l’eventuale intervento chirurgico. En-trambe questi aspetti patologici sono da considerarsilegati a problemi ambientali e climatici (altitudine. Dai2000 ai 4000 metri- clima secco, polveroso, intensaluce solare e quindi ultravioletti in quantità, regime ali-mentare poverissimo di vitamine e Sali minerali, malattiesistemiche quali il distiroidismo, TBC, ipertensione enon ultimo l’abuso di farmaci locali, in genere cinesi,venduti in qualunque bazar ma anche prescritti in folliquantità dai medici locali).Abbiamo trovato anche degenerazioni maculari, atrofieretiniche glaucomatose, sine pressione (miosi serratissimeda esposizione costante alla luce intensa solare- spessoaddirittura refrattarie ai midriatici…).

L’uso delle correzioni ottiche non è molto gradito: di-scretamente accettato dalla popolazione maschile, im-possibile per le donne per via del burqa, ma da loro ac-cettato fra le mura di casa dove restano a viso scoperto.Per inciso, le piccole aperture del burqa a livello dellosguardo fanno foro stenopeico per le affette da astig-matismi ipermetropici, così ampiamente diffusi nellapopolazione sia maschile che femminile. In questi casiho imparato infatti a prendere i visus con e senza burqae la differenza è sorprendente!!! Non mi è stato mai possibile consigliare la correzioneottica ai bambini se non in elevate miopie. Infatti, es-sendo prevalentemente presenti grandi ipermetropie,considerando che anche i bambini svolgono attività al-l’aperto, nei campi o con il gregge, è assolutamente inu-tile ogni provvedimento ottico.Pochi gli strabismi, rare le ambliopie da anisometropia,rare o inesistenti le miopie piccole o medie, poche de-generazioni retiniche pigmentose.Abbiamo lavorato con passione per sette anni, nell’estate,portando anche la chirurgia dal terzo anno in poi.Lo scorso anno sono stata a fare visite di screening ocu-listico in una località denominata Anjuman, nel Bada-shan Afghano, ai confini con la Cina, non riportata danessuna carta geografica... e la scoperta di questo mon-do medioevale, di queste popolazioni totalmente lon-tane dal nostro modo di vivere la vita, il loro apprez-zamento testimoniato dalle mille benedizioni e piccoliregali, fanno sì che sia io ad avere avuto da queste espe-rienze il beneficio maggiore in quanto arricchimentospirituale! n

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Donne e bimbi sotto il sole per ore ed è anche motivodi incontri e chiacchiere.

Arrivano alle visite in ospedale dopo ore di camminoa piedi.

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schiascopia: la sola parola è sufficiente a provocarequella spiacevole stretta allo stomaco di uno spe-cializzando o di un giovane oftalmologo. Per prima

cosa, ha qualcosa a che fare con l'ottica e la rifrazione,un argomento che andando indietro coi ricordi agli studifatti è ben lungi dall'essere popolare. Di solito è unaparte sorvolata o totalmente ignorata dai manuali di te-sto, cosicchè anche la parte pratica, che sarebbe clinica-mente utile, non è ben capita. In secondo luogo usual-mente è praticata su bambini, quei soggetti urlanti conle pupille dilatate che si muovono continuamente e cheprestano attenzione solo per pochi secondi, e ancor piùrapidamente cambiano di umore. In terzo luogo, anchequando c'è della buona volontà da parte del giovane of-talmologo, il come padroneggiare questa apparentementeirraggiungibile abilità è fuori da ogni capacità di com-prensione. Possiamo anche aggiungere che di solito que-sto esame è praticato in un'affollato e -alla osservazionedi un estraneo- piuttosto caotico ambulatorio di oftal-mologia pediatrica, dove quelli che fanno la schiascopiasono così occupati a vezzeggiare i piccoli pazienti permantenerli calmi, a parlare coi genitori per spiegare lorocosa stanno facendo e a cercare di dare un senso logicoa tutte queste cose, che di solito c'è ben poco tempo perspiegare e insegnare a giovani impazienti colleghi.I colleghi più anziani che non hanno mai avuto l'op-portunità (e magari non l'hanno mai nemmeno cercata)di padroneggiare questa abilità clinica, si limitano a direche questo metodo di esame clinico è ormai obsoleto

per la maggior parte dei pazienti. Avendo a disposizionetutte questi nuovi strumenti come cheratometri, topo-grafi, rifrattometri automatizzati, biometri ottici.... machi mai ha più bisogno di una schiascopia? Tutti questistrumenti producono belle stampate policrome, contanti numeri, diagrammi e grafici, tratti da calcoli ap-profonditi e dalla comparazione dei dati. Tuttavia ancheloro sono d'accordo su un punto: la schiascopia è indi-spensabile farla nei reparti di oftalmologia pediatrica.Ma gli oftalmologi capaci di fare una schiascopia sonoin via di estinzione? L'occhio di un esperto schiascopistapotrà essere sostituito da tutti questi nuovi, sofisticati e,di solito, inevitabilmente costosi strumenti?Per ragioni medico legali noi siamo obbligati a utilizzaresempre di più strumenti che possano quantificare e do-cumentare i dati clinici, a volte in modo talmente gene-ralizzato da farci perdere di vista l'unico vero scopo dellanostra vocazione, e cioè quello di far star meglio il pa-ziente.Lo scopo di questo articolo non è quello di dare una de-scrizione meticolosa della tecnica; in quasi tutti i manualidi oftalmologia si trova almeno un breve cenno a questoesame e al suo credo: l'ombra segue il movimento = ag-giungi lenti positive; l'ombra va al contrario del movi-mento = aggiungi lenti negative (un breve riepilogo èriportato nella figura 1). Non vi sarà nemmeno fornitauna semplice concisa ricetta su come fare praticamenteuna schiascopia per mettervi in grado di farne una voistessi. Il mio scopo è quello di far scoccare nel lettore,

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Schiascopia: un’arte perduta?di Jelena Petrinovic Doresic

La D.ssa Jelena Petrinovic Doresic è il Direttore della Clinica per pazientiambulatoriali della Clinic for Eye Disease di Zagabria. Si occupa princi-palmente di oftalmologia pediatrica, strabismo e neuro-oftalmologia. Ilsuo campo di interesse elettivo è la ROP, sia come screening che come terapiae follow up a lungo termine.

E-mail: [email protected] for Eye Diseases Sveti Duh 64, 10000 Zagreb, Croatia

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specialmente nei giovani colleghi, una scintilla d'interesseper immergersi in questa interessante e soprattutto utileparte dell'oftalmologia che trova indicazione in tutti ipazienti di tutti i gruppi di età. Vi è un detto cinese chedice: «Se trovate che un argomento è noioso dovrete rad-doppiare il tempo che avete dedicato ad esplorarlo. Secontinuate a pensare che è noioso, dedicate 4 volte iltempo iniziale. Quando sarete arrivati a dedicare 16 volteil tempo con cui avevate cominciato, potreste trovareche l'argomento è il più interessante di tutte le cose chemai avete studiato». Ebbene la schiascopia è un bel-l'esempio di questo detto.Una rifrazione accurata e precisa è alla basa del nostrolavoro quotidiano. Nella maggior parte dei casi l'unicarichiesta del paziente che ti consulta è quella di vedercimeglio. E quale è la prima cosa da sapere per soddisfareappieno a questa richiesta del paziente? La rifrazione! Enon vi è modo migliore di fornirci una adeguata cono-scenza di ciò che la schiascopia. Non sarete più portati

fuori strada dalle stampate di tutti questi sofisticati stru-menti, nessuna delle quali talora riesce a soddisfare ilpaziente quando voi trasformate questi numeri in occhialiposti sul naso del paziente.La schiascopia è un metodo oggettivo manuale di mi-surare il potere diottrico dell'occhio nel suo complesso.Questo metodo utilizza due principali tecniche, quellaoftalmoscopia e quella di neutralizzazione e quest'ultimaè di gran lunga la più utilizzata. A dire il vero anche unarifrazione «oggettiva» determinata con la schiascopia inrealtà è un dato soggettivo: infatti, è stabilita dall'occhiodell'esaminatore e dipende moltissimo dalla sua espe-rienza. Può essere considerata obbiettiva solo per quantoriguarda il paziente, in quanto non viene richiesta alcunarisposta al soggetto in esame.Molto semplicemente noi esaminiamo l'occhio comeuno strumento ottico tralasciando del tutto la percezionesoggettiva di ciò che viene visto. Inoltre i risultati dellaschiascopia non devono essere trasformati in una pre-

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Fig. 1 - Principio della neutralizzazione schiascopica. Viene raffigurato un occhio miopico, con una ametropiasferica (in diottrie) che è il valore reciproco della distanza tra retinoscopio e occhio del paziente (doppia frecciarossa, d). La luce dello schiascopio non è raffigurata, solo la luce riflessa dalla retina che è focalizzata sullospioncino dello specchietto schiascopico. La distanza è espressa in metri e il punto d corrisponde al puntoremoto dell’occhio miopico. Lo schiascopio si trova entro la zona di neutralizzazione, e non si nota movimentodel riflesso pupillare quando la striscia luminosa è spostata da una parte all’altra della pupilla. Se lo schiascopioè posto più vicino all’occhio del paziente (tra il punto remoto e la cornea), si osserva un movimento del riflessoche “segue” quello della striscia. Se l’esaminatore si allontana dal paziente, quindi più lontano del puntoremoto dell’occhio, si osserva invece un movimento “inverso (o contrario)” del riflesso. Per es., se la striscialuminosa è spostata da destra a sinistra, il riflesso pupillare si sposta nella direzione opposta, quindi da sinistra adestra.

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scrizione di occhiali al paziente. L'arte della rifrazionenon finisce certo con una buona schiascopia. Che ci cre-diate o no con anni di esperienza la schiascopia diventasemplicemente una parte di tutto il processo di prescri-zione della correzione. Ma non c'è modo migliore di ca-pire tutti questi temuti elementi costitutivi e le loro con-seguenze sulla visione (quali ad esempio il punto remotodi un occhio, un astigmatismo irregolare, il cerchio diminor confusione, ecc.) che quello di fare praticamenteuna schiascopia, avendo piena comprensione di cosa sista facendo.La rifrazione di ogni soggetto con mezzi diottrici tra-sparenti e una pupilla di entrata sufficientemente ampiapuò essere determinata mediante schiascopia, indipen-dentemente da età e stato cognitivo. È un esame idealein quei casi (anche in pazienti adulti) nei quali non si sacome iniziare a fare una rifrazione soggettiva: ad esempioocchi ambliopici e/o non fissanti, astigmatismi obliquie irregolari, pazienti anziani con udito insufficiente. Nonsarebbe la prima volta che si arriva a una diagnosi di che-ratocono (specialmente la sua forma frusta), dopo lunghinoiosi (e anche costosi) accertamenti con qualche nuovosofisticato strumento per cercare di capire la causa diuna visione ridotta apparentemente senza spiegazioni,semplicemente con una occhiata di pochi secondi conuno schiascopio. Speso capita che, solo dopo aver «esau-rito» tutte le metodiche di esame disponibile, il pazientesia inviato nel dipartimento di oftalmologia infantile estrabologia per vedere se qui sono in grado di «trovarequalcosa».Infine tutti sono d'accordo che la schiascopia è indispen-sabile e inevitabile per determinare lo stato rifrattivo nei

bambini, nei quali quasi tutti i nuovi strumenti e i datida loro forniti possono costituire solo metodiche sup-plementari, ma non possono sostituire la schiascopia.E allora, da che parte si comincia? Come sempre succedeper le abilità cliniche, il modo migliore è quello di com-binare teoria e pratica, passo dopo passo. Tuttavia, va detto che per una metodica che non è pra-ticamente cambiata negli ultimi 100 anni, negli ultimitempi non è stato scritto molto rispetto a quanto fattoper i metodi più recenti di esame oculare. Inoltre capitaa volte che i capitoli dedicati alla schiascopia e alla rifra-zione nei manuali siano scritti in maniera che anche unoschiascopista esperto trovi qualche difficoltà a raccapez-zarsi. Fortunatamente, grazie al nuovo mondo di internetè possibile reperire diversi tutorial pratici per impararequesta tecnica. 1,2,3

Tuttavia, si dovrebbe cominciare a conoscere al megliolo strumento che è disponibile nella propria clinica e aprendere dimestichezza con tutte le possibilità che puòoffrire. Se non si riesce più a trovare il manuale originalei motori di ricerca sul web sono utili anche per questo.C’è anche un occhio artificiale, di solito nascosto in fon-do a qualche cassetto ormai dimenticato, che può essereutilizzato per fare pratica durante i pomeriggi di relativacalma di un turno di guardia (Fig. 2). Anche se nessuno ricorda dov’è finito questo aggeggio,c’è sempre un buon numero di pazienti con le pupilledilatate (si spera con un farmaco che sia anche ciclople-gico oltre che midriatico, per esempio la tropicamide oil ciclopentolato), in attesa di qualche altro metodo diesame “più sofisticato” tipo OCT o FAG. Facendo prima una rifrattometria automatizzata voi aveteun buon punto di partenza per valutare cosa succedequando illuminate la pupilla con la striscia di luce diuno schiascopio. Il paziente vi sarà grato che gli facciate qualcosa durantequeste noiose ore di attesa e voi troverete il modo di farepratica. Anche il paziente curioso – quello che vi chiedecosa e perché state facendo in quel momento – sarà bensoddisfatto quando gli spiegate che state controllandoil “potere diottrico” del suo occhio e che questo è unpasso fondamentale se poi sarà necessario prescrivere unnuovo paio di occhiali. Solo quando avrete raggiuntouna certa confidenza con lo strumento provate a farlocon i bambini. Mentre state eseguendo la schiascopiaper attirare la loro attenzione sulla luce che provienedallo strumento, imparate a modulare alcuni suoni e aalternarli rapidamente (e non dovete essere affatto inimbarazzo a fare questo). Se siete dei bravi cantanti e conoscete qualche canzoncinanota ai bambini, questo ha effetti “miracolosi” nel tenerliquieti. Anche i genitori vi saranno grati perché sono

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Fig. 2 - Occhio artificiale per esercitazione dischiascopia (è raffigurato un modello della Heine®).

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sempre preoccupati che il loro figlio collabori a suffi-cienza durante l’esame. Una cosa che può essere sottovalutata è che una schia-scopia veramente quantitativa si fa su un occhio allavolta e che l’altro dovrebbe essere occluso. Se si usa unforottero questo è facile, basta ricordarsi di azionare l’oc-clusore. Per contro se state lavorando con una stecca daschiascopia o con lenti sciolte (come di solito succedecoi bambini), se state reggendo la lente con la vostra ma-no sinistra davanti all’occhio sinistro del bambino, è age-vole occludere contemporaneamente l’occhio destro conla vostra mano e il vostro braccio. Per esaminare l’occhio destro voi potete chiedere al ge-nitore di occludere l’occhio sinistro con la sua mano (èusuale nei bambini più piccoli che stanno seduti in grem-bo ai loro genitori) o utilizzare un occlusore adesivo sul-l’occhio sinistro. Questo è di particolare importanza neipazienti strabici con fissazione eccentrica nei quali voidovete essere assolutamente sicuri che l’occhio che stateesaminando stia fissando la luce.Assicuratevi sempre che il vostro occhio, il fascio di lucedello schiascopio e l’occhio dell’esaminato siano esatta-mente allineati; il paziente in esame dovrebbe sempreguardare in mezzo al vostro schiascopio. Incoraggiateverbalmente il paziente a guardare la luce. Vi è ancheun altro segno che lo conferma e imparerete presto a ri-conoscerlo: quando il soggetto esaminato sta guardandodiritto alla luce il riflesso nella sua pupilla si attenua unpoco rispetto a quando non sta fissando, poi il riflessodiventa sostanzialmente più brillante (un fenomeno si-milare capita quando si esegue il test di Bruckner).Un altro errore comune è quello che, allo scopo di “ve-dere meglio il riflesso”, lo schiascopista si avvicini all’esa-minato, cambiando in tal modo inavvertitamente la di-stanza di lavoro. Mantenere costante la distanza di lavoro (cioè quella cheva dal retinoscopio all’occhio dell’esaminato) e la distanzadal vertice (cioè quella che va dalla lente correttrice e lasuperficie della cornea) è di grande importanza per ot-tenere una rifrazione esatta, specialmente in presenza digrandi ametropie. Cercate di mantenere il vostro braccio sempre alla me-desima estensione e appoggiate il vostro dito indice, cheregge la lente correttiva, sulla fronte del paziente. In que-sto modo manterrete costanti queste distanze e non saretetroppo disturbati dai continui movimenti della testa delbambino durante l’esame: la vostra mano si muoverà in-sieme con la testa del paziente, mantenendo ben posi-zionata la lente davanti all’occhio.La distanza di lavoro comunque può essere cambiata senecessario, ma l’esaminatore deve esserne conscio e ilvalore della rifrazione misurata deve essere corretto di

conseguenza tenendo conto della nuova distanza, in mo-do tale da risalire alla rifrazione vera. Per esempio, sesiete abituati a tenere il retinoscopio a 66 cm dall’occhiodel paziente dovete sottrarre 1.5 diottrie (vale a dire ilreciproco della distanza in metri: 1/0.66=1.5D) per mi-surare l’ametropia sferica; per esempio se il valore mi-surato è di +4.0 D, l’ametropia è +4.0-1.5=2.5 D. Se viavvicinate ulteriormente al paziente, poniamo a una di-stanza di 50 cm, dovete cambiare la correzione della di-stanza con 2.0 D; e così via. Conoscendo questa semplice relazione matematica saretein grado di praticare la schiascopia anche su quei pazientiche non vi consentono di utilizzare la vostra usuale di-stanza di lavoro. Inoltre in condizioni di luce attenuatapotete praticare la schiascopia anche da un lato all’altrodella stanza d’esame almeno a scopo orientativo.Un altro punto, spesso non considerato, ma che rac-chiude tesori nascosti è la schiascopia dinamica. Al con-trario della schiascopia in cicloplegia che viene praticatadi solito, la schiascopia dinamica offre informazioni cheben difficilmente altri strumenti forniscono, specie neibambini. Pertanto sarebbe molto avveduto iniziare a farein ogni caso una schiascopia dinamica e, solo dopo, fareseguire quella in cicloplegia. In effetti ci vuole solo mezzominuto. Le ragioni per questo tipo di approccio sono molteplici.In primo luogo, la schiascopia dinamica in un bambino,mai prima sottoposto all’esame rifrattivo, ci dà un’ideae una direzione su dove andare quando l’occhio è in ci-cloplegia (ametropia negativa o positiva, sferica sempliceo composta, ecc.) e questo accelera sensibilmente la se-conda parte dell’esame. Inoltre, per ametropie elevatis-sime, specialmente ipermetropiche i valori trovati conla schiascopia dinamica di solito non sono molto diffe-renti da quelli rilevati in cicloplegia. In secondo luogo se spostate la luce dello schiascopio daun occhio sull’altro, potete immediatamente osservareogni differenza nei riflessi tra le due pupille che segnalauna anisometropia, e può darvi un’idea sulla dominanzaoculare o forse anche su una ambliopia già presente.Oltre a questo, osservando il riflesso dalla retina potetevalutare la trasparenza dei mezzi diottrici o individuarela presenza di aberrazioni di alto ordine (quali quelle diun cheratocono o di un lenticono) e la loro influenzasulla qualità dell’immagine proiettata sulla retina.Infine un aspetto molto importante della retinoscopiadinamica è la valutazione della capacità di accomodazionecontrollata chiedendo al bambino di mettere a fuoco unoggetto vicino e osservando nel contempo la variazionedi aspetto e direzione del movimento del riflesso pupil-lare. Questo dato sta diventando sempre più importantea causa dell’aumento nel numero di bambini con deficit

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visivi di origine cerebrale e che spesso si accompagna auna paralisi accomodativa. Peraltro verso, nella popola-zione adulta la schiascopia dinamica di solito è sufficientecome punto di partenza per un esame rifrattivo.Gli specializzandi in oftalmologia di solito credono chesia molto più agevole fare una schiascopia in midriasi/ci-cloplegia, in quanto il paziente non può accomodare eil riflesso è più “ampio e luminoso”; quindi dovrebbe es-sere più facile da valutare. Sfortunatamente questo è verosolo nella minoranza dei casi: di solito pazienti con iridipoco pigmentate e ipermetropia puramente sferica omiopia lieve senza aberrazioni di alto ordine (combina-zione questa piuttosto rara). Nei pazienti con iridi scure, di solito ci vogliono almeno30-40’ per ottenere una cicloplegia e anche allora disolito non è completa, e il paziente continua ad acco-modare parzialmente. In pazienti con aberrazioni ottichedi secondo ordine (astigmatismo) o di ordine più elevatole cose diventano ancora più complicate. L’occhio uma-no, di suo non è un diottro sferico ideale e tutte le com-ponenti ottiche hanno un loro ruolo nel formare l’aspettofinale del riflesso proveniente dalla pupilla. I riflessi provenienti dalla parte periferica della pupillapossono ingenerare molta confusione: talora capita checompaia un movimento “contro” con una data corre-zione, mentre nella parte centrale il riflesso continua adandare “con”.Altre volte il riflesso si sdoppia o si oscura al centro comeuna lettera “V” (di solito in presenza di astigmatismiobliqui), e per quanto voi cerchiate di neutralizzarlo conuna lente cilindrica e di determinarne l’asse il riflessocontinua ad apparire anormale.4In questi casi di solito è di aiuto modificare la vergenzadel fascio luminoso emesso dallo schiascopio da quellanormale, che è divergente (cursore in basso nella mag-gioranza degli schiascopi attuali) a una vergenza menodivergente o anche parallela (posizione Para-Stop nelloschiascopio Heine o all’incirca una posizione del cursorea 2/3 verso l’alto negli altri). In questo modo il riflessodiventa più luminoso e più stretto ed è più facile regolarecon precisione l’asse del cilindro.Qualsiasi opacità isolata in mezzi ottici per il resto tra-sparenti può causare aberrazioni di altro ordine che ri-sultano molto difficili da neutralizzare. Una fissazioneeccentrica, quale quella che si riscontra in bambini conactopia maculare dopo retinopatia del prematuro è unaltro esempio di un riflesso dalla pupilla fortemente ano-malo. Tutti questi fenomeni sono molto meno evidenti fa-cendo la schiascopia senza gocce cosicché per i princi-pianti può essere persino più facile iniziare a fare unaschiascopia dinamica in una popolazione adulta, nella

quale l’accomodazione raramente è un problema. Quan-do poi si passa alle pupille dilatate, bisogna sempre con-centrarsi sul riflesso del centro della pupilla e ignorarela periferia.La schiascopia (sia con che senza cicloplegia) è un esamerifrattivo che anche nelle mani più esperte dà i miglioririsultati nell’individuare l’asse del cilindro, un po’ menoil potere del cilindro e non molto efficiente nel valutareil potere sferico. Pertanto il dato che si ottiene da unaschiascopia dinamica rappresenta solo un punto di par-tenza, anche se utilissimo, per la rifrazione soggettivanell’adulto. La schiascopia senza cicloplegia è anche unbuon metodo di controllo della correzione già prescritta,anche nei bambini. Un ultimo suggerimento: non abbiate fretta. Non oscil-late la luce dello schiascopio sulla pupilla troppo in fretta,specialmente quando siete vicini al punto o per esserepiù esatti alla zona di neutralizzazione. Qui solo movi-menti veramente lenti con luce divergente al massimo(cursore tutto in basso), controllando ogni meridianoconsentiranno di trovare il valore esatto dell’errore ri-frattivo.In conclusione, potremmo dire che a dispetto di tuttigli ultimi miglioramenti tecnologici strumentali, la schia-scopia - un metodo che non è cambiato da decenni - haancora il suo posto in oftalmologia. In oftalmologia pe-diatrica è insostituibile, ma anche in molte altre occasioniè una metodica che abbrevia, semplifica e talvolta addi-rittura fa cambiare totalmente direzione del successivopercorso diagnostico.Pertanto, abbiamo ancora bisogno di abili schiascopistiper il futuro e mi permetto di spingere i giovani colleghia intraprendere questo percorso che li porterà a padro-neggiare l’arte della schiascopia, munendosi di una buonadose di pazienza e perseveranza. I risultati che otterrannoli ripagheranno senza alcun dubbio degli sforzi fatti perapprenderla. n

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1. http://eyeontechs.com/new/2. http://www.lookfordiagnosis.com/videos.php?title=Retinoscopy&

content=and+also+Alcon+for+making+the+retinoscopy+simulator+available.+Alcon+%3D+love.+Retinoscopy+Simulator%3A+eyeontechs.com+...+oddfud+retinoscopy+alcon+...&lang=1

3. http://www.ophthobook.com/videos/retinoscopy-lecture-video4. Manny RE, Fern KD, Zervas HJ, et al. 1% Cyclopentolate

hydrochloride: another look at the time course of cycloplegia usingan objective measure of the accommodative response. Optom VisSci. 1993;70:651–665.

biblioGrafia

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B.G., paziente di anni 74, di sesso maschile, di raz-za caucasica, giunge alla nostra osservazione nelgennaio 2013 per brusco calo visivo bilaterale pre-ceduto da cefalea.Dall’anamnesi il paziente risulta essere un soggettonon allergico, iperteso in buon compenso terapeutico,fumatore, e con una storia di vomito incoercibile sia 1anno addietro sia 1 mese e mezzo prima del deficit vi-sivo.Lo stesso paziente riferisce un calo ponderale di circa10 Kg nell’arco degli ultimi 6 mesi. La sua attività pro-

fessionale (barbiere), svolta fino a 2 gg prima, portaad escludere l’ipotesi di un problema visivo antece-dente.Recatosi in pronto soccorso per l’improvvisa perdita divisus in OO, viene sottoposto innanzitutto a controllodei principali parametri: P Art 150/80; Fc 60; Saturimetria99; VES 5; T 36°C; viene quindi eseguito esame TC en-cefalo che non evidenzia significative alterazioni pa-renchimali focali in sede cerebrale e cerebellare, masolo note di vasculopatia cerebrale cronica diffusa e am-pliamento degli spazi liquorali della convessità cerebrale

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Calo del visus bilateraleimprovviso: quantepossono essere le cause?di Odile Correnti, Lorenzo Rapisarda, Antonio Rapisarda

Fig. 1 a - Retinografia ad infrarossi OD Fig. 1 b - Retinografia ad infrarossi OS

[segue da pag. 9]

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e cerebellare. All’esame neurologico il paziente appare vigile, benorientato e senza alcun deficit motorio o sensoriale.Viene pertanto indirizzato presso la Nostra Divisione diOftalmologia e quindi ricoverato per dare inizio ad unlungo e complesso iter diagnostico.All’ingresso il visus naturale è pari a conta le dita a 20cm in OD e 1/20 in OS, non migliorabile con correzione.Il tono è di 14 mmHg in OD e 13 mmHg in OS.All’esame obiettivo in OO il segmento anteriore si pre-senta nella norma, con soltanto iniziali opacità del cri-stallino mentre all’esame del fondo oculare si nota unpallore della papilla ottica e un aspetto esile dei vasiarterovenosi, senza altre alterazioni di rilievo (Fig. 1ae 1 b).Come di prassi nella Nostra Divisione Specializzata, spe-cialmente per casi più complessi meritevoli di una va-lutazione meticolosa e quanto più completa possibile,lo stesso giorno del ricovero il paziente viene sottopostoad esami ematochimici di routine e ad indagini dal pun-to di vista immunologico ed infettivologico:

a) emocromo con formula, coagulazione, funzionalitàepatica e renale, esame delle urine, elettroforesi sie-rica, titolo antistreptolisinico (TAS);

b) indici di flogosi aspecifici: Velocità di Eritrosedimen-tazione (VES), Proteina C reattiva (PCR), Alfa-1 Gli-coproteina acida;

c) esami per malattie reumatiche: Fattore Reumatoide(FR), Anticorpi antinucleo (ANA), anti DNA nativo everso gli antigeni nucleari estraibili (ENA), anti- ci-toplasma dei neutrofili (ANCA), anti-mitocondrio(AMA) e anti muscolo liscio (ASMA), crioglobulinesieriche, frazioni del complemento C3 e C4, dosaggioImmunoglobuline, enzima di conversione dell’an-giotensina (ACE), lisozima sierico (LZM);

d) esami per malattie infettive: determinazione del-l’immunità anticorpale nei confronti dei virus delgruppo TORCH (Toxoplasma, Rosolia, Citomegalovi-rus Herpes Simplex, Zoster, Epstein-Barr), dell’HIV,dell’Epatite B e C, del Tifo O e H, del Paratifo A e B,il Venereal Disease Research Laboratory (VDRL), ilRapid Plasma Reagin (RPR), il Fluorescent Trepone-mal Antibody Adsorbed (FTA-ABS), il Treponema Pal-lidum Haemoagglutination Assay (TPHA) per la sifi-lide, la sierodiagnosi Weil-Felix, il test di Mantoux eil Quantiferon per la tubercolosi.

e) esami di funzionalità tiroidea: HTSH, FT3, FT4, AAT(antitireoglobulina) e ATPO (anti tireoperossidasi).

f) markers tumorali: Alfafetoproteina, Ca 125, Ca 15.3,Ca 19.9.

Si richiedono inoltre Eco-Doppler dei Tronchi Sovraortici,ulteriore TC encefalo di controllo e nuova consulenzaneurologica.L’Eco Doppler TSA non evidenzia stenosi dei tronchi so-vraortici, le carotidi comuni appaiono ispessite, le ca-rotidi interna destra e interna sinistra pervie ma conispessimento intimale, le carotidi esterne pervie.Viene consigliata terapia antiaggregante (cardioaspiri-na) che il paziente inizia lo stesso giorno.L’esame TC orbite- encefalo, eseguito senza contrasto,mostra esiti ischemici micro- vacuolari in corrispondenzadella sostanza bianca periventricolare e della capsulainterna di destra, ma non formazioni espansive retroorbitarie o formazioni occupanti spazio a livello soprae sottotentoriale. Il sistema ventricolare si presenta in asse e non dila-tato.Alla visita neurologica, eseguita in tarda giornata, il pa-ziente inizia a mostrare lievi deficit concomitanti a ca-rico della forza, della sensibilità, dell’eloquio, che ap-pare invece molto rallentato, dell’equilibrio e della de-ambulazione.Nell’attesa dei risultati degli esami di laboratorio, nellastessa giornata vengono eseguiti vari esami diagnostici:nonostante il bassissimo visus si tenta l’esecuzione del-l’esame del campo visivo quanto meno in OS, che ov-

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Fig. 2 - Campo visivo computerizzato OS eseguito inprima giornata

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viamente risulta al di fuori dei limiti normali con valoridi MD pari a -29,12 DB (Fig. 2). In OD l’esame risultaineseguibile.Viene eseguito l’OCT che mostra sia in OD (Fig. 3 a) chein OS (Fig. 3 b) un profilo e uno spessore foveali nellanorma.Agli esami elettrofunzionali si evince una normale ri-sposta in OO all’ERG scotopico, massimale e Flicker daFlash. L’ERG fotopico da flash risulta ipovoltato in OO(Fig. 4). I Potenziali evocati da Flash e da Pattern si presentanomarcatamente alterati in OO con ampiezza ridotta elatenza aumentata (Fig. 5 a, 5 b).Non si riesce invece ad eseguire esame FAG in quantoil paziente, non appena iniziato l’esame, accusa imme-diato malessere generale, disorientamento spazio- tem-porale e importante crisi ipertensiva.I risultati degli esami ematochimici evidenziano tutti ivalori nella norma, ad eccezione dell’omocisteina cherisulta essere 17.11 micromoli/L (v.n. 4.00-12.00) e del-l’Antitrombina III che è pari al 72% (v.n. 80-120).Gli indici di flogosi, i markers tumorali, e gli esami re-lativi all’assetto infettivologico e immunologico risul-tano essere negativi.In terza giornata viene eseguita nuova TC di controllo,che dà lo stesso risultato della precedente.

DOMANDE AI LETTORI- Quali consulenze avreste richiesto a tal punto?- Quali altri esami diagnostici oftalmologici e non?- Che terapia avreste iniziato?

Il nostro complesso percorso diagnostico include a que-sto punto la RMN encefalo e midollo spinale : a livelloorbitario non si evidenziano zone di alterato segnaleo enhancement. Per quanto concerne il cervello e iltronco encefalico, si evidenzia una vasculopatia cronicasu base ipossica nel cui contesto appaiono esiti glioticimultiinfartuali.Anche quest’indagine, dunque, non spiega l’importan-te, improvvisa e persistente perdita di visus del nostropaziente, che, nel frattempo, accusa un progressivo de-terioramento delle condizioni cliniche, con difficoltà adeambulare e a mantenere la postura eretta.Richiediamo perciò ulteriore consulenza neurologica econsulenza internistica, dalle quali risulta prescrizione“ex adiuvantibus” di bolo di cortisone (Solumedrol) 1gr/die x 3 gg in 250 cc di soluzione fisiologica.Ma al carico di cortisone seguono immediate crisi iper-tensive, che ci costringono a sospendere la terapia e adiniziare adeguata terapia antiipertensiva.Allo stesso modo, dal monitoraggio costante degli esa-mi di laboratorio, fanno seguito al bolo di Solumedrol

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Fig. 3 a - OCT OD eseguito in prima giornata Fig. 3 b - OCT OS eseguito in prima giornata

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sia un’importante iperglicemia che una marcata leuco-citosi.Richiediamo altresì, nel dubbio di altra probabile causa,sia la consulenza endocrinologica che quella infettivo-logica, che comunque non evidenziano alterazioni dirilievo, confermando la correlazione tra la terapia cor-tisonica e il rialzo dei valori descritti.In quarta giornata il paziente accusa ulteriore peggio-ramento delle condizioni cliniche, presentando ripetutiepisodi di vomito biliare “a getto”, persistenti nono-stante terapia infusionale con antiemetico.È solo in tali circostanze, che, a seguito di pressanti do-mande rivolte alla moglie del paziente in merito a tuttele probabili patologie del marito, generali e oculistiche,e nella fattispecie soprattutto patologie gastrointesti-nali, la stessa riferisce una verosimile diagnosi di stenosipilorica-bulbare da patologia ulcerosa cronica, risalentea circa 1 anno addietro.Immediatamente richiediamo la consulenza chirurgicaurgente: il paziente appare in cattive condizioni gene-rali, quasi cachettico, con addome trattabile, non do-lente, alvo chiuso a feci e gas. Il chirurgo posiziona unsondino naso gastrico, con immediata fuoriuscita di ma-teriale biliare e aria, cui fa seguito modesto sollievo del-la sintomatologia.Viene quindi consigliata sia l’EGDS nel sospetto che unaprobabile stenosi pilorica diagnosticata precedente-mente sia da ricondurre ad una lesione carcinomatosa.Il referto dell’esofagogastroduodenoscopia, eseguitain quinta giornata, in urgenza, mostra assenza di lesionimucose esofagee, cardias in sede ma incontinente, pi-loro deviato dal suo asse ma attraversabile dallo stru-mento, regione antrale deformata nel suo asse, pocodistendibile all’insufflazione, mucosa gastrica diffusa-mente congesta, indenne il tratto prossimale del duo-deno.Anche l’EGDS non ci è quindi di grande aiuto, e pertan-to i colleghi chirurghi ritengono di eseguire in urgenzaTC torace e addome: l’esame del torace risulta negativo,all’esame dell’addome si nota una sovra distensione delcorpo-fondo gastrico, a contenuto fluido, associata ariduzione di calibro in sede antro-pilorica.Non evidenza dunque di stenosi occlusiva e non neces-sità di trattamento chirurgico.Ripetiamo tutti gli esami ematochimici che non mostra-no alterazioni di notevole entità eccetto un lieve disor-dine elettrolitico: Potassio 3.2 (v.n 3.5-5.1), Calcio 8.0(v.n. 8.40-10.20).Nonostante gli esami di laboratorio non mostrino deficitimportanti, il paziente accusa un ulteriore peggiora-mento delle condizioni cliniche e si presenta estrema-

mente confuso, disorientato nello spazio e nel tempo,con scosse di nistagmo orizzontale, con ipotonia e ipo-trofia importante e diffusa ai 4 arti, e con episodi diamnesia.Sottoponiamo dunque lo stesso ad ennesimo esame ra-diologico: la nuova RMN orbite encefalo mostra “ lapresenza di alterazione di segnale caratterizzata da ipe-rintensità nelle immagini acquisite a TR lungo compresele immagini pesate in diffusione, a livello dei corpimammillari, del tetto del mesencefalo, della regioneperiacqueduttale e d attorno alle pareti del III ventri-colo. I reperti suddescritti, tenendo conto dei dati anamne-stici e del quadro clinico del paziente, sono compatibilicon un quadro di Encefalopatia di Wernicke da proba-bile carenza di tiamina (vit B1).È soltanto in sesta giornata che, finalmente, giungiamoalla diagnosi di polineuropatia a genesi carenziale concecità.Su consiglio dei colleghi neurologi, si inizia immedia-tamente terapia con vitamina B1 per via intramuscolare,ad alte dosi (Benerva fiale 2 al dì), insieme a terapia conacido folico (Folina 5 1cpr al dì) e multivitaminici (Su-pradyn 1cp al dì) e si dispone trasferimento presso laUnità Operativa di Neurologia.Già dalla seconda giornata di terapia si assiste ad unmiglioramento, anche se lieve, delle condizioni generalidel paziente.Ad una settimana il visus in OO è pari a 1/50 in OD e1/10 scarso in OS.Ad un mese il visus sale in OD a 1/20 e in OS a 1,5/10.Ripetiamo l’esame del campo visivo che in OD risultainattendibile per le numerose perdite di fissazione econ una MD pari a -29,57 DB , in OS mostra una MDpari a -22,19 DB e un residuo visivo nel quadrante inferonasale. (Fig. 6 a, 6 b).L’encefalopatia di Wernicke (EW) è un disordine neu-rologico acuto dovuto ad un deficit di tiamina (vitamina

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Fig. 4 - ERG Fotopico da Flash OO

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B1) che interessa prevalentemente i soggetti alcolisti.Purtroppo, tuttavia, la sindrome è sottodiagnosticatanella pratica clinica e più spesso riconosciuta solo dopoautopsia, soprattutto tra i non-alcolisti. Il quadro clinicocomune comprende alterazioni dello stato mentale, di-sfunzioni oculari ed atassia.Il trattamento consiste nella tempestiva somministra-zione di tiamina.Negli alcolisti la patogenesi dell’Encefalopatia di Wer-nicke è riconducibile ad un deficit di Tiamina dovutoad una alimentazione incongrua o a malassorbimento.Tale deficit comunque si può riscontrare anche in casodi malnutrizione, tossicodipendenza, gravi affezioni ga-stroenteriche, neoplasie maligne e AIDS.Le lesioni consistono in una depigmentazione simme-trica delle strutture situate attorno al III ventricolo, al-l’acquedotto di Silvio e al IV ventricolo.In queste sedi sono documentabili emorragie petecchiali

nei casi acuti; atrofia dei corpi mammillari nei casi cro-nici.Le strutture colpite presentano microscopicamente pro-liferazione endoteliale, emorragie microscopiche, de-mielinizzazione con relativo risparmio degli assoni; laperdita neuronale è più evidente a livello del Talamomediale (queste lesioni possono consentire la diagnosipost mortem nei casi subclinici).La tiamina è un cofattore della transechetolasi, dellaalfa-chetoglutarico deidrogenasi e della piruvato dei-drogenasi ed è inoltre implicata nel flusso assonale enella trasmissione sinaptica.Un deficit di tiamina produce una diffusa riduzione delconsumo cerebrale di glucosio.

Dal punto di vista clinico è peculiare la triade:- stato confusionale- oftalmoplegia- atassia

Tale quadro comunque occorre solo in un terzo dei pa-zienti.Le turbe psichiche (presenti nel 90% dei casi) consistonoin uno stato confusionale con disorientamento, apatia,indifferenza e solo nel 5% dei casi depressione del tonodell’umore.Le turbe oculomotorie (in circa il 96% dei casi) consi-stono in nistagmo, più spesso orizzontale, paralisi del-l’abducente e dello sguardo coniugato ed esprimonolesioni a carico dei nuclei vestibolari, dell’abducente edegli oculomotori.L’atassia della marcia (nell’87% dei pazienti) deriva dauna combinazione di polineuropatia (neuropatia di-stale per lo più sensitiva, più grave alle estremità infe-riori, che ha come substrato anatomico una lesione as-sonale dei nervi periferici pur essendo presenti anchelesioni delle guaine mieliniche), compromissione cere-bellare e vestibolare (le lesioni cerebellari sono abitual-mente confinate alle porzioni anteriori e superiori delverme, pertanto raramente occorre atassia degli arti edisartria).L’Encefalopatia di Wernicke comporta gravi turbe mne-siche sino ad una franca Sindrome di Korsakoff; si puòarrivare acutamente al coma specie nei casi di grave de-nutrizione o di disidratazione (esito fatale nel 10-15%dei casi).La somministrazione di tiamina determina un rapidomiglioramento dei disturbi neurologici ed interviene intal modo come elemento diagnostico ex adiuvantibus(la mancanza di una risposta terapeutica positiva devefar dubitare della diagnosi).

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Fig. 5 a - Potenziali Evocati da Flash OO

Fig. 5 b - Potenziali Evocati da Pattern OO

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Le turbe oculomotorie regrediscono per prime (abitual-mente in qualche ora), l’atassia e le turbe psichiche piùlentamente, potendo persistere in forma attenuata nel-la metà dei casi.Nei casi di persistenza dell’alcolismo, l’Encefalopatia diWernicke può recidivare e le sequele sono in tal casogravi e irreversibili.

Nella diagnosi sono di emblematico aiuto l’anamnesi el’esame obiettivo, e non meno gli esami di laboratorioche mostrano:

- iperpiruvicemia (indice del deficit di tiamina)- transchetolasi ematica ridotta fino a un terzo dei va-

lori normali (90-140 gr%) a causa della riduzione delsuo cofattore tiamina-pirofosfato.

Ci si avvale anche di:

- EEG: il 50% circa dei pazienti in fase iniziale di ma-lattia presenta un rallentamento diffuso dell’attivitàelettrica cerebrale (Bonavita, 1996);

- Potenziali Evocati Multimodali (Kunze, 1996);- TAC : dimostrazione occasionale di aree diencefali-

che di ridotta densità nei casi acuti;- RMN: la maggior risoluzione spaziale della risonanza

magnetica ha più recentemente consentito la dimo-strazione di atrofia dei corpi mammillari (presentein circa l’81% dei casi di Encefalopatia di Wernicke),talvolta è presente un segnale iperintenso nelle im-magini T2-dipendenti a livello della sostanza grigiaperiacqueduttale e della porzione mediale del tala-mo (Bonavita, 1996), quindi la risonanza magneticapuò essere di ausilio diagnostico nei casi atipici diEncefalopatia di Wernicke.

La terapia prevede in ogni paziente con sospetta Ence-falopatia di Wernicke il trattamento per via parenteralecon tiamina cloridrato (la via intramuscolare è preferi-bile poiché la somministrazione endovenosa è associataa rischio grave di anafilassi) alla dose di 200 mg X2/dieim. Per almeno 7 giorni, quindi proseguire secondo giu-dizio clinico con 200 mg/die La via orale non è efficace nell’etilista per il deficitarioassorbimento di Vitamina B1.Essendovi spesso una condizione carenziale multipla èconsigliabile seguire una dieta integrata con tutte leVitamine del gruppo B.È opportuno ricordare che non bisogna somministrareglucosio prima della tiamina perché nei pazienti ca-renti di Vit B1 questo può aggravare o precipitare lasindrome.

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Fig. 6 a - Campo visivo computerizzato OD eseguitoad 1 mese

Fig. 6 b - Campo visivo computerizzato OS eseguito ad1 mese

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m i s t e r y c a s e - p a r t e 2

oftalmologiadomani - N. 1 - Anno 201350

Pollock's Eye, 2012, cm. 60 x 80, tecnica mista su tela - Autore: Gianpiero Actis

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