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Elettronica In - novembre ‘99 1 ELETTRONICA IN Rivista mensile, anno V n. 44 NOVEMBRE 1999 Direttore responsabile: Arsenio Spadoni Responsabile editoriale: Carlo Vignati Redazione: Paolo Gaspari, Sandro Reis, Francesco Doni, Angelo Vignati, Alberto Ghezzi, Alfio Cattorini, Andrea Silvello, Alessandro Landone, Marco Rossi, Alberto Battelli. DIREZIONE, REDAZIONE, PUBBLICITA’: VISPA s.n.c. v.le Kennedy 98 20027 Rescaldina (MI) telefono 0331-577982 telefax 0331-578200 Abbonamenti: Annuo 10 numeri L. 64.000 Estero 10 numeri L. 140.000 Le richieste di abbonamento vanno inviate a: VISPA s.n.c., v.le Kennedy 98, 20027 Rescaldina (MI) telefono 0331-577982. Distribuzione per l’Italia: SO.DI.P. Angelo Patuzzi S.p.A. via Bettola 18 20092 Cinisello B. (MI) telefono 02-660301 telefax 02-66030320 Stampa: Industria per le Arti Grafiche Garzanti Verga s.r.l. via Mazzini 15 20063 Cernusco S/N (MI) Elettronica In: Rivista mensile registrata presso il Tribunale di Milano con il n. 245 il giorno 3-05-1995. Una copia L. 8.000, arretrati L. 16.000 (effettuare versamento sul CCP n. 34208207 intestato a VISPA snc) (C) 1996 VISPA s.n.c. Spedizione in abbonamento postale 45% - Art.2 comma 20/b legge 662/96 Filiale di Milano. Impaginazione e fotolito sono realizzati in DeskTop Publishing con programmi Quark XPress 4.02 e Adobe Photoshop 5.0 per Windows. Tutti i diritti di riprodu- zione o di traduzione degli articoli pub- blicati sono riservati a termine di Legge per tutti i Paesi. I circuiti descritti su questa rivista possono essere realizza- ti solo per uso dilettantistico, ne è proi- bita la realizzazione a carattere com- merciale ed industriale. L’invio di artico- li implica da parte dell’autore l’accetta- zione, in caso di pubblicazione, dei compensi stabiliti dall’Editore. Manoscritti, disegni, foto ed altri mate- riali non verranno in nessun caso resti- tuiti. L’utilizzazione degli schemi pubbli- cati non comporta alcuna responsabi- lità da parte della Società editrice. Foto di copertina cortesia 9NETAVENUE. SOMMARIO Iscrizione al Registro Nazionale della Stampa n. 5136 Vol. 52 Foglio 281 del 7-5-1996. Mensile associato all’USPI, Unione Stampa Periodica Italiana 33 SERRATURA ELETTRONICA A COMBINAZIONE Sicura ed affidabile, è indicata per azionare impianti d’allarme, porte elettrificate, cancelli, eccetera. Il codice (di 6 cifre) si digita su una piccola tastiera a matrice; al resto provvede un nuovo microcontrollore Microchip, che da solo svolge tutte le funzioni, e comanda un relè d’uscita. 58 TELECOMANDO AD ONDE CONVOGLIATE Per controllare da un locale all’altro di un appartamento ogni tipo di carico elettrico sfruttando i fili della rete a 220V: il comando dispone di un’unità trasmittente attivata da pulsanti, e di un massimo di quattro riceventi con uscita allo stato solido sia bistabile che ad impulso. TESTER ANALOGICO PER PARABOLE Pratico e compatto analizzatore dei segnali provenienti dagli LNB delle antenne per TV da satellite: consente di misurare la potenza del segnale, e quindi di orientare perfettamente la parabole per avere la migliore ricezione, ma anche di controllare la tensione di alimentazione nei doppi LNB. FUEL CELL L’ENERGIA DEL FUTURO Ideate nel secolo scorso e finora riservate alla sperimentazione in laboratorio, promettono di essere la fonte di elettricità del terzo millennio. La teoria, l’attuale situazione e le prospettive per gli anni a venire, in poche righe vi spieghiamo come saranno le centrali elettriche e le automobili del futuro. CORSO DI PROGRAMMAZIONE PER SCENIX Continua il nostro viaggio alla scoperta dei micro ad 8 bit più veloci al mondo con la dodicesima puntata del Corso nella quale presentiamo e commentiamo altri semplici programmi. 27 CORSO DI PROGRAMMAZIONE IN C Continuiamo l’apprendimento di uno dei più diffusi linguaggi ad alto livello con la ottava puntata del Corso. DISTILLATORE CON CELLE DI PELTIER L’elettronica in cantina: un alambicco realizzato con due celle di Peltier col quale trasformare il vino... in grappa! Un’applicazione davvero originale, tutta da sperimentare. COMBINATORE DI PREFISSI DEI GESTORI Con la concorrenza nel settore telefonico è stato rivoluzionato il modo di fare le chiamate: chi è abbonato a più di un gestore deve aggiungere ai numeri da chiamare il relativo prefisso. Ecco un sistema di grande attualità che inserisce automaticamente il prefisso desiderato, senza doverlo comporre sulla tastiera. DISPLAY PER IDENTIFICATIVO DEL CHIAMANTE Collegato alla linea del telefono consente di vedere subito, grazie ad un visualizzatore a cristalli liquidi, il numero di chi sta chiamando; possiamo così decidere se rispondere o lasciare squillare. Il sistema può inoltre essere interfacciato alla porta seriale RS232 di un qualsiasi PC. 9 18 53 47 40 71

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Elettronica In - novembre ‘99 1

ELETTRONICA IN Rivista mensile, anno V n. 44 NOVEMBRE 1999

Direttore responsabile:Arsenio SpadoniResponsabile editoriale:Carlo VignatiRedazione:Paolo Gaspari, Sandro Reis,Francesco Doni, Angelo Vignati,Alberto Ghezzi, Alfio Cattorini, Andrea Silvello, Alessandro Landone,Marco Rossi, Alberto Battelli.

DIREZIONE, REDAZIONE,PUBBLICITA’:VISPA s.n.c.v.le Kennedy 9820027 Rescaldina (MI)telefono 0331-577982telefax 0331-578200Abbonamenti:Annuo 10 numeri L. 64.000 Estero 10 numeri L. 140.000Le richieste di abbonamento vannoinviate a: VISPA s.n.c., v.le Kennedy98, 20027 Rescaldina (MI)telefono 0331-577982.Distribuzione per l’Italia:SO.DI.P. Angelo Patuzzi S.p.A.via Bettola 18 20092 Cinisello B. (MI)telefono 02-660301telefax 02-66030320Stampa:Industria per le Arti Grafiche Garzanti Verga s.r.l.via Mazzini 1520063 Cernusco S/N (MI)Elettronica In:Rivista mensile registrata presso ilTribunale di Milano con il n. 245 il giorno 3-05-1995.Una copia L. 8.000, arretrati L. 16.000(effettuare versamento sul CCP n. 34208207 intestato a VISPA snc)(C) 1996 VISPA s.n.c.Spedizione in abbonamento postale45% - Art.2 comma 20/b legge 662/96Filiale di Milano.

Impaginazione e fotolito sono realizzatiin DeskTop Publishing con programmiQuark XPress 4.02 e Adobe Photoshop5.0 per Windows. Tutti i diritti di riprodu-zione o di traduzione degli articoli pub-blicati sono riservati a termine di Leggeper tutti i Paesi. I circuiti descritti suquesta rivista possono essere realizza-ti solo per uso dilettantistico, ne è proi-bita la realizzazione a carattere com-merciale ed industriale. L’invio di artico-li implica da parte dell’autore l’accetta-zione, in caso di pubblicazione, deicompensi stabiliti dall’Editore.Manoscritti, disegni, foto ed altri mate-riali non verranno in nessun caso resti-tuiti. L’utilizzazione degli schemi pubbli-cati non comporta alcuna responsabi-lità da parte della Società editrice.Foto di copertina cortesia 9NETAVENUE.

SOMMARIO

Iscrizione al Registro Nazionale dellaStampa n. 5136 Vol. 52 Foglio

281 del 7-5-1996.

Mensile associatoall’USPI, Unione StampaPeriodica Italiana

33 SERRATURA ELETTRONICA A COMBINAZIONESicura ed affidabile, è indicata per azionare impianti d’allarme, porte elettrificate, cancelli, eccetera. Il codice (di 6 cifre) si digita su una piccolatastiera a matrice; al resto provvede un nuovo microcontrollore Microchip,che da solo svolge tutte le funzioni, e comanda un relè d’uscita.

58 TELECOMANDO AD ONDE CONVOGLIATEPer controllare da un locale all’altro di un appartamento ogni tipo di caricoelettrico sfruttando i fili della rete a 220V: il comando dispone di un’unitàtrasmittente attivata da pulsanti, e di un massimo di quattro riceventi con uscita allo stato solido sia bistabile che ad impulso.

TESTER ANALOGICO PER PARABOLEPratico e compatto analizzatore dei segnali provenienti dagli LNB delle antenne per TV da satellite: consente di misurare la potenza del segnale, e quindi di orientare perfettamente la parabole per avere la migliore ricezione, ma anche di controllare la tensione di alimentazione nei doppi LNB.

FUEL CELL L’ENERGIA DEL FUTUROIdeate nel secolo scorso e finora riservate alla sperimentazione in laboratorio, promettono di essere la fonte di elettricità del terzo millennio.La teoria, l’attuale situazione e le prospettive per gli anni a venire, in poche righe vi spieghiamo come saranno le centrali elettriche e le automobili del futuro.

CORSO DI PROGRAMMAZIONE PER SCENIXContinua il nostro viaggio alla scoperta dei micro ad 8 bit più veloci almondo con la dodicesima puntata del Corso nella quale presentiamo e commentiamo altri semplici programmi.

27 CORSO DI PROGRAMMAZIONE IN CContinuiamo l’apprendimento di uno dei più diffusi linguaggi ad alto livello con la ottava puntata del Corso.

DISTILLATORE CON CELLE DI PELTIERL’elettronica in cantina: un alambicco realizzato con due celle di Peltier col quale trasformare il vino... in grappa! Un’applicazione davvero originale, tutta da sperimentare.

COMBINATORE DI PREFISSI DEI GESTORICon la concorrenza nel settore telefonico è stato rivoluzionato il modo di fare le chiamate: chi è abbonato a più di un gestore deve aggiungere ai numeri da chiamare il relativo prefisso. Ecco un sistema di grande attualità che inserisce automaticamente il prefisso desiderato, senza doverlo comporre sulla tastiera.

DISPLAY PER IDENTIFICATIVO DEL CHIAMANTECollegato alla linea del telefono consente di vedere subito, grazie ad unvisualizzatore a cristalli liquidi, il numero di chi sta chiamando; possiamocosì decidere se rispondere o lasciare squillare. Il sistema può inoltre essere interfacciato alla porta seriale RS232 di un qualsiasi PC.

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E’ vero che la nostra è unarivista di elettronica applica-

ta, e quindi vi si dovrebbero tro-vare esclusivamente progetti ecircuiti elettronici, tuttavia, ditanto in tanto, ci sembra giustoed utile proporre anche qualcheapplicazione particolare in cui lacorrente elettrica entra in contat-to con le cose di tutti i giorni. Equale occasione meglio di que-sta? Leggendo le prossime pagi-ne vedrete come si può fare qualche esperimento di distillazionedegli alcoolici per ottenere superalcoolici come grappe, brandy,cognac: insomma, le cosiddette “acquaviti di vino”. Ben inteso: nonè un invito a fare in casa una distilleria clandestina alla faccia dellelicenze U.T.I.F., né tantomeno intendiamo dire che oggi, dopo ifurti dell’estate scorsa alle più note fabbriche di grappa sia più con-veniente distillare di nascosto, così i ladri non vengono a saperlo.Ma allora a cosa può servire questo progetto? Semplice: ad esempioper verificare da soli e con poca spesa esattamente quale quantità di alcoolcontiene il vino che abbiamo bevuto e che beviamo abitualmente, ed a ren-derci conto di quello che mettiamo nello stomaco. Inoltre, cosa non da

DISTILLATORECON CELLEDI PELTIER

NOVITA’

di Francesco Ferla

L’elettronica in cantina: un alambicco realizzato con due celle di Peltier col quale trasformare il vino... in grappa! Un’applicazione

davvero originale, tutta da sperimentare.

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poco, possiamo verificare la presenzadel micidiale alcool metilico: infattiprima che cominci la distillazione del-l’alcool etilico (a circa 78 gradi, verifi-care è facile…) si noterà la caduta dialcune gocce di liquido inodore e senzasapore, ovvero il temibile alcool metili-co (più noto dalle cronache degli anni‘80 come metanolo) la cui temperaturadi evaporazione è più bassa (circa 65gradi) come potrete verificare con unbuon termometro.Se il vino è genuino e ben fatto, laquantità di alcool metilico deve essereirrisoria (poche gocce in una bottiglia)e facendo qualche prova, intorno ai 65°C dovrebbero uscire dal tubetto delcondensatore pochissime piccole gocceda tutto il contenuto del barattolo supe-riore (normalmente uno di misuramedia tiene 250 cc…) che stiamodistillando. Esiste una percentualemassima di alcool metilico che il vinoda tavola può contenere, quantità stabi-lita dalla legge e controllata di tanto intanto nelle varie fabbriche: a tal propo-sito ci si può documentare, sebbenereperire le tabelle con i relativi valorinon sia cosa facile, a meno di non tro-vare il testo della legge presso gli orga-ni preposti ai controlli (ASL?). Ma tor-niamo dunque al progetto di questepagine, che costituisce unicamente lostudio di una possibile applicazionemolto originale con le celle di Peltier, e

cioè un distillatore di vino per otteneregrappa, cognac, ecc. Per comprenderlobisogna sapere, a grandi linee, cos’è ecome è fatto un distillatore tradiziona-le. Ciò è presto detto: si tratta di unsistema termico composto da un evapo-ratore la cui unica uscita è collegata,mediante un tubo di vetro o metallo, aduna serpentina opportunamente raf-freddata e chiamata condensatore; l’e-vaporatore è una sorta di pentola scal-data inferiormente, nella quale si mette(da un apposito tappo) il prodotto dadistillare (il vino). Accendendo ilriscaldatore sottostante, ad una certatemperatura l’alcool evapora, mentre ilresto rimane nel contenitore; il vapore

passa dal tubo d’uscita e quindi attra-versa la serpentina del condensatore,dove viene raffreddato e quindi con-densato tornando da vapore allo statoliquido; in fondo al tubetto vi è un altrocontenitore, che raccoglie il prodottodella distillazione. Lavorando con un vino puro il risultatodella distillazione non dovrebbe conte-nere alcool metilico, tuttavia sfruttandoil fatto che i due alcoli hanno un diver-so punto di ebollizione è possibileprovvedere all’eliminazione del meta-nolo qualora ve ne fossero tracce: bastastabilizzare la temperatura a 65÷68 °Ced attendere la fuoriuscita delle goccedal condensatore. Poi, terminate que-ste, si toglie il contenitore posto all’u-scita della serpentina e lo si sostituiscecon un altro vuoto; salendo oltre i 78°C si ottiene la distillazione dell’etano-lo (alcool etilico) che viene raccolto nel“vaso” vuoto. Il metodo della distilla-zione frazionata (peraltro usato perricavare benzine, gasolio, GPL dalpetrolio...) è quindi l’ideale per scom-porre il vino nei suoi componenti, e perottenere un prodotto estremamentepuro, come viene fatto nelle fabbricheartigianali ed automatizzate. Abbiamodunque pensato di proporvi la realizza-zione di un piccolo progetto da labora-torio, tuttavia semplice e che nonrichieda i soliti beker di vetro, fornel-letti, serpentine riscaldatrici a vapore,

collegamento dellecelle di Peltier

Lo schema di connessione elettrica delle varie parti del distillatore: le due celle diPeltier sono collegate tra loro in serie (la polarità è importante!) ed alimentatedalla tensione ricavata, mediante il ponte raddrizzatore, dal secondario di untrasformatore erogante 12 Veff. Connettete tutto con spezzoni di filo in rame da

0,5 mmq di sezione, e procuratevi un cordone di alimentazione provvisto di spinadi rete da collegare ai capi del primario del trasformatore.

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la costruzione del distillatore

Il distillatore è composto da duebarattoli in alluminio

(tipo quelli usati in cucina per contenere caffè e spezie...)

dei quali uno sarà l’ampolla, quindi vaappoggiato al lato caldo del gruppo di

celle di Peltier; l’altro (inferiore) deve contenere qualche spira fatta con

del tubetto in rame per frigoriferi (3÷5 mm di diametro esterno) collegato in cima all’ampolla,

e terminante in basso, in modo da poterraccogliere il distillato con un

bicchiere. Per unire e stringere le duecelle usate altrettante piastre di

alluminio quadrate da circa 60x60 mm,stringendole con viti d’acciaio.

Isolate bene l’esterno del barattolo condensatore con schiuma

di poliuretano.

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I moduli termoelettronici o celle diPeltier consentono di raffreddarequalsiasi elemento agendo comepompa di calore statica grazie ad unprincipio fisico noto da oltre un seco-lo. Le celle di Peltier sono realizzatecon tante piccole celle elementari dimateriale semiconduttore (Tellurio diBismuto di tipo P e di tipo N) colle-gate in serie tra loro. Le giunzioniche generano il freddo si trovanotutte dallo stesso lato mentre quelleche producono caldo si trovano dal

lato opposto. Sui due lati della cellasono montate delle sottili lastre dimateriale ceramico che garantisconol’isolamento elettrico ma nel contem-po consentono il trasferimento dell’e-nergia termica. Per poter funzionarecorrettamente, qualsiasi cella diPeltier necessita come minimo di undissipatore di condensazione montatosul lato caldo, di un dissipatore dievaporazione montato sul lato freddoe di un isolante termico tra i due dis-sipatori.

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eccetera.

IL NOSTRO DISTILLATORE

Il tutto l’abbiamo ottenuto facilmentesfruttando le note celle di Peltier, chehanno la prerogativa, se percorse dacorrente elettrica, di scaldarsi da unlato e raffreddarsi dall’altro, arrivandoa garantire un salto termico massimo di68 °C nelle migliori condizioni di lavo-ro. Sono le stesse celle che provvedonoda un lato a riscaldare il liquido dadistillare e dall’altro a raffreddare ilvapore raccolto affinché sia possibilecondensarlo. Il distillatore si costruiscemolto semplicemente con due barattolidi alluminio (tipo quelli per contenerecaffè, zucchero, spezie) tra i quali siinterpongono le due celle di Peltier uti-lizzate per il nostro prototipo. Il barat-tolo superiore sarà dotato di un tappoermetico a vite e di una valvola di sicu-rezza, mentre quello inferiore funge dacamera di raffreddamento per la ser-pentina in rame. Le celle termicheposte tra i due barattoli con l’ausiliomeccanico di due basi di alluminio,sono collegate meccanicamente in seriein modo da accentuare il delta di tem-peratura tra il lato caldo della primacella e quello freddo della seconda:teoricamente, usando celle da 51 W, sidovrebbe ottenere un salto termico di136 °C, che nella pratica si riduce acirca 100 °C. Nel nostro caso ci bastamolto meno, dato che possiamo accon-tentarci di mantenere la parte calda acirca 80 °C per fa evaporare l’alcool, e

quella fredda a pochi gradi sotto lozero, quanto basta per una perfettacamera di condensazione. Ovviamenteil lato caldo delle celle sarà direttoverso il barattolo di alluminio superio-re: allo scopo è importante fare un buoncollegamento dei fili, ovvero il positivodell’una con il negativo dell’altra. Nelprototipo che vedete nelle fotografie,come valvola di sicurezza dell’evapo-ratore è stata utilizzata una di quelle

valvole che si trovano in commerciocome ricambi per le moka (la caffettie-ra di casa). La parte relativa al baratto-lo inferiore ed al fissaggio delle cellerichiede una accurata opera di isola-mento termico, al fine di realizzare unavalida camera di raffreddamento per laserpentina in rame del distillatore: inpratica basta circondarlo con lana divetro o schiuma di poliuretano, finendoil tutto con un contenitore di legno o

il distillatore visto in sezione

i moduli termoelettronici di Peltier

Tappo a viteermetico

Valvola disicurezza

Base superioredi alluminio

Base inferioredi alluminio

Liquidodistillato

Fogliodi rame

Camera diraffreddamento

Barattolodi alluminio

inferiore

Barattolodi alluminio

superiore

Tubicinodi rame

Celle diPeltier

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plastica. Il barattolo superiore deveinvece restare in aria libera per poterdissipare calore: non sarebbe male raf-freddarlo leggermente con una ventolainseribile se la sua temperatura dovesseoltrepassare di molto gli 80 °C; diver-samente dovrete controllare con un ter-mometro e staccare la corrente al supe-ramento della soglia di ebollizione del-l’alcool etilico, tuttavia ciò vorrebbedire spegnere anche il lato raffreddanteverso il condensatore. Per quanto con-cerne la parte elettrica vera e propria,ne vediamo lo schema elettrico in que-ste pagine: il tutto si alimenta con larete a 220 V mediante un trasformatoreavente il secondario da 12 volt e 4ampère (anche se il circuito dovrebbeassorbire intorno ai 2 A) quindi il pontea diodi provvede a raddrizzare la cor-rente rendendola continua e perciò uni-direzionale, come richiesto per il buonfunzionamento delle celle di Peltier (sela tensione cambiasse continuamenteverso non si avrebbe nè riscaldamentonè raffreddamento). L’elettrolitico da4700 µF livella quanto basta. Le cellesono poste tra loro in serie, quindi il +di una è sul - dell’altra; positivo e nega-tivo che avanzano vanno rispettivamen-te a + e - del ponte raddrizzatore, ovve-ro del condensatore di livellamento. In queste condizioni, appoggiando illato freddo di una cella su quello caldodell’altra, avremo una superficie liberache si riscalda ed una che si raffredda;notate che normalmente il lato caldo èquello ramato, ed il freddo si riconosceperché è bianco, rivestito di ceramica.Inoltre osservate che invertendo il col-

legamento dei fili, ovvero la polarità,diventa freddo il lato caldo, e caldoquello freddo.

LA REALIZZAZIONE

Per facilitare la costruzione del piccolodistillatore si forniscono qui alcuni utiliparticolari costruttivi. I due barattolisono rigidamente fissati ad altrettantebasi di alluminio, ovvero blocchetti dimetallo in contatto termico con le celledi Peltier; questi blocchi stringono dauna parte il lato caldo e dall’altra quel-lo freddo, tramite viti e dadi, allo scopodi ottimizzare lo scambio di calore trale due superfici: utilizzare per l’internodel barattolo superiore viti in acciaioinox o ottone, che non arruginiscano oche non interagiscano con il liquido dadistillare. Le due basi di alluminio chestringono le celle di Peltier sono unitetra loro mediante quattro distanziatoriin teflon di 1 centimetro posti ai 4angoli. Le due viti che utilizzano lostesso distanziatore dai lati delle duediverse basi in alluminio non si devonotoccare, il che significa che convieneisolare il dado dal lato del condensato-re usando delle rondelle in plastica

Il prototipo, realizzato artigianalmente, è unesempio di come poter costruire il distillatore. Idue barattoli sono rigidamente fissati adaltrettante basi di alluminio e, attraversoqueste, alle celle di Peltier. L’intercapedinetra le due basi di alluminio va riempitacon schiuma isolante espansa. La baseche protegge l’esterno del barattolocondensatore è di legno ed è fatta con volgaretruciolato. Riempite con schiuma espansa leintercapedini vuote tra il barattolo e la basedi legno: in questo modo si ottiene ancheuna buona stabilità meccanica di tutto l’in-sieme. La coibentazione del contenitoreinferiore permette al freddo emanato dallacella di Peltier di diffondersi uniformemen-te all’interno del barattolo. Naturalmenteall’interno del barattolo inferiore deve tro-varsi la serpentina costituita da un tubicinodi rame del diametro di 3÷5 mm che devefare 4÷6 spire all’interno del barattolo infe-riore, quindi uscire dal basso per portarefuori il distillato, che poi, durante l’uso,raccoglierete in un bicchiere.

il prototipo a montaggio ultimato

come quelle normalmente usate perisolare i transistor di potenza. Per age-volare il trasferimento del calore con-viene spalmare le superfici di contattotra le due celle e quelle libere tra esse ele placche di alluminio, con della pastaal silicone; e non sarebbe male inter-porre anche uno strato tra i barattoli ele placche di fissaggio.L’intercapedine tra le due basi di allu-minio va riempita con schiuma isolanteespansa. La base che protegge l’esternodel barattolo condensatore è di legnoed è fatta con volgare truciolato.Riempite con schiuma espansa le inter-capedini vuote tra il barattolo e la basedi legno: in questo modo si ottieneanche una buona stabilità meccanica ditutto l’insieme. La coibentazione delcontenitore inferiore permette al freddoemanato dalla cella di Peltier di diffon-dersi uniformemente all’interno delbarattolo, realizzando così un piccolofrigorifero. Naturalmente all’internodel barattolo inferiore deve trovarsi laserpentina costituita da un tubicino dirame del diametro di 3÷5 mm, del tipousato da chi ripara i frigoriferi; unaestremità, cioè quella in alto, va infila-ta nel barattolo superiore (evaporatore)

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saldandola all’esterno, o meglio fissan-dola con un apposito raccordo: adesempio uno di quelli usati per le mac-chinette elettriche da caffè, e reperibilepresso i ricambisti per elettrodomestici.La serpentina deve fare 4÷6 spireall’interno del barattolo inferiore, quin-di uscire dal basso per portare fuori ildistillato, che poi, durante l’uso, racco-glierete in un bicchiere. Così si ottieneun sistema termico abbastanza soddi-sfacente, che però dovete manovraretenendo sott’occhio le varie temperatu-

mici che intervengono per i contattimeccanici tra le varie parti… e chi piùne più ne metta. Ma francamente sareb-be stato un po’ troppo, quantomeno perun progetto pratico e didattico, che esi-ste già, sia pur realizzato con le tecni-che tradizionali, da secoli...Diciamo che, per il nostro prototipofunziona egregiamente, e quindi il ren-dimento termico delle celle implemen-tate è sufficiente a fare lavorare questopiccolo distillatore, così come è statodimensionato. Del resto il nostro scopo

Con tale termine si indica quel procedimento mediante cui,facendo evaporare un liquido, si riesce a condensarne unaparte che viene quindi separata dal resto. Nel caso del vino,la distillazione è impiegata da secoli per ricavare le cosiddet-te “acquaviti”, ovvero grappe, brandy e cognac (e similari).Dobbiamo però precisare che i “distillati” sono generica-mente tutti i superalcoolici, cioè tutte quelle bevande il cuilivello alcolimetrico eccede i 21°: quindi whisky, rhum, tequi-la, vodka, gin, ecc. Ovviamente, mentre il procedimento èsempre lo stesso (cambieranno le temperature...) è differenteil prodotto primario che viene distillato; possiamo dunquedividere i superalcoolici in base all’origine:

- vino o vinacce = grappa;- vino o champagne = brandy, cognac, armagnac;- cereali = whisky, gin;- agave o piante grasse = tequila;- canna da zucchero = rhum;- frutta macerata = sidro, calvados, applejack;- cereali, patate, melassa = vodka.

Per ciascuno di questi esistono metodi specifici, ma si usa pursempre quello che gli intenditori chiamano “alambicco”: ilpiù semplice, quello per la produzione artigianale, è costitui-to da un’ampolla contenente il liquido, riscaldata con un for-nello, a vapore o in altro modo, la cui unica uscita è collega-ta con un tubo ad una serpentina raffreddante, opportuna-mente ventilata o congelata mediante impianti frigoriferi (sepassate vicino ad una distilleria industriale guardate i radia-tori ed i ventilatori posti sopra le torri di distillazione...) doveavviene la condensazione del vapore proveniente dall’ampol-la. La fine del tubo porta ad un contenitore che raccoglie ildistillato. Il segreto del procedimento sta tutto nel fatto che,grazie alla sua bassa temperatura di ebollizione (78 °C con-tro i 100 °C dell’acqua) è possibile separare l’alcool ed alcu-ni componenti aromatizzanti dal resto del prodotto originario,che viene poi scartato. Negli alambicchi artigianali non vi ècontrollo se non quello del maestro distillatore, e la qualitàdel prodotto dipende dalla sua esperienza: sa egli quantaparte iniziale del vapore (testa) e quanta dell’ultima (coda)buttare, e quale deve essere il “cuore” del distillato, da con-servare. Nelle fabbriche il processo è invece ampiamenteautomatizzato, gli alambicchi sono molto grandi, e formati da

tanti piattisovrapposti: ilprodotto inizialesi trova in basso;viene insufflatodel vapore ed ilcalore che essoproduce fa evapo-rare l’alcool, ilquale si dirigeverso i piattisuperiori. Sericondensa vienescaldato ulterior-mente fino a rag-giungere il gradopiù alto, uscendoda un foro postosulla sommità e tale per cui i prodotti evaporati più pesanti, egli scarti, ricadono sul fondo. In questo tipo di impianti loscarto della testa e della coda del distillato sono predetermi-nati da un sistema elettronico, a volte con l’intervento di unesperto; ciò che si deposita nei piatti è, salendo verso la som-mità dell’alambicco, un distillato sempre più raffinato. Notateche generalmente per la distillazione di prodotti liquidi siusano sistemi (artigianali o industriali) a fornello o a vapore,mentre per i macerati solidi (avanzi di frutta, cereali, canna,vinacce) è indispensabile ricorrere al metodo a “bagnoma-ria”: in pratica la sostanza solida è in sospensione in unliquido (solitamente acqua) che viene riscaldato fino a provo-care l’ebollizione dell’alcool in essa contenuto. Comunque, ildistillato di un alcoolico derivante dalla macerazione e fer-mentazione di composti contenenti zucchero, è sempre unliquido ad alta gradazione alcoolica (l’alcool puro o la Vodkapura superano i 95°!) più o meno aromatizzato. Ah, una curio-sità: se avete dubbi sull’evaporazione dell’alcool provate afare un esperimento: versate un piccolo bicchiere di vino in unpentolino, mettetelo su un fornello a gas acceso e, prima cheinizi a bollire, accendete un fiammifero nelle immediate vici-nanze; subito deve apparire una fiammata quasi incolore,indicante che l’alcool evaporato dal vino ha preso fuoco.Magari state attenti a non scottarvi… Lasciate raffreddare illiquido ed assaggiatelo: non avrà più il sapore del vino!

cos’è la distillazione!

re; del resto dimensionarlo perfetta-mente e poter dire a priori che tale pro-getto avrebbe potuto funzionare, sareb-be stato altamente complesso perchiunque, se non impossibile. La solu-zione migliore è provare a costruirloper vedere poi, in pratica, come funzio-na. Certo, per togliere ogni dubbiosarebbe bastato considerare un’infinitàdi parametri termici: il rendimentodelle celle, della serpentina, la dissipa-zione di calore da parte di tutte le partiche vengono scaldate, i coefficienti ter-

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Elettronica In - novembre ‘99 15

non era e non è proporre un valido ecollaudato impianto industriale, bensìsolo un apparato da studio, aperto atutte le sperimentazioni che può evuole fare chi ne ha interesse, chi desi-dera entrare a piccoli passi nel mondodei distillati. Chiaramente resta il dis-corso dell’equilibrio e del manteni-mento delle temperature nelle duecamere: in laboratorio abbiamo prova-to a controllare la corrente assorbitadalle celle con l’ausilio di un micropro-cessore, che pilotava un alimentatoreswitching riferendosi ad una sonda ditemperatura posta all’interno del barat-tolo superiore. E’ stato ottenuto qual-che risultato significativo, ma non taleda giustificare la complessità dell’elet-tronica impiegata. Inoltre se la temperatura di riscalda-mento diminuiva, calava ovviamenteanche il raffreddamento, cosicché, allafine, si perdeva il vapore che nonriusciva più a condensarsi (prove ese-guite distillando l’alcool etilico davino). Insomma, per mantenere costan-te la temperatura nell’evaporatore non

tale temperatura, lasciando inalteratoquanto avviene dalla parte fredda (con-densatore) che anzi funzionerebbemeglio: riducendo la temperatura dallato caldo scende ulteriormente quelladalla parte che raffredda.Il termostato deve staccare la ventolascendendo sotto i 78÷79 °C (in tal casol’isteresi non deve eccedere i 2 gradi).

L’esempio pratico proposto funzionacomunque da sè senza controlli dialcun genere. Può essere utilizzato consuccesso per distillare alcool etilico davino acquistabile presso i rivenditori diprodotti enologici. Ah, non alimentatele celle se il recipiente superiore noncontiene un buon 50% del liquido dadistillare, perché in caso contrario siavrebbe un eccessivo riscaldamento eduna cattiva resa del distillatore.

SUBITOALL’OPERA...

Da alcune prove pratiche la completadistillazione con poco più di ¼ di vinoavviene in circa 2 ore.Si può notare come la serpentina, ini-zialmente fredda cominci a scaldarsisempre più durante la condensazionedell’alcool, finchè tende a raffreddarsinuovamente (perché non più percorsadal vapore di alcool) quando il proces-so termina. Lasciando la cella ancora alimentataanche al termine della distillazione nondovrebbe riuscire comunque a raggiun-gere la temperatura di evaporazionedell’acqua, per cui il processo di distil-lazione non necessita una sorveglianzacontinua. Utilizzare vino “fermo” per effettuarequesto esperimento. Se il vino è friz-zante sgasarlo completamente (agitan-dolo) prima di utilizzarlo. L’alcool eti-lico ottenuto è puro e trasparente.Cosa possiamo scoprire? Ad esempio l’esatta quantità di alcoolnel vino che acquistiamo al supermer-cato e che beviamo abitualmente. Inoltre, cosa non da poco, possiamoverificare la presenza del micidialealcool metilico: infatti, prima checominci la distillazione dell’alcool eti-lico (che avviene a circa 78 gradi: veri-ficate con un termometro adatto postoa contatto del barattolo superiore) sinoterà la caduta di alcune gocce diliquido inodore e senza sapore.E’ l’alcool metilico (metanolo) la cuitemperatura di evaporazione è di circa65 gradi; ciò potete verificarlo cercan-do di fissare la temperatura sotto i 70°C (aiutatevi con un termometro e stac-cate la spina del trasformatore di ali-mentazione se sale troppo...) e guar-dando all’uscita del tubetto del conden-satore.

PER IL MATERIALE

Il progetto descritto in questepagine è totalmente artigia-nale e va autocostruitoseguendo le indicazioniriportate nell’articolo; lecelle di Peltier sono invecereperibili al prezzo di 56.000lire cadauna presso la dittaFutura Elettronica, V.leKennedy 96, 20027Rescaldina (MI), tel. 0331-576139.

conviene agire sull’alimentazione dellecelle di Peltier, altrimenti cala la resadel condensatore.Ed allora il nostro consiglio è, comegià accennato, ventilare la camerasuperiore usando un’elettroventola a 12volt collegata con un termostato diquelli usati per i dissipatori dei finalihi-fi o degli alimentatori switching,ovvero gestita da un comune termosta-to elettronico ad operazionale: regolan-do la soglia a circa 80 °C la ventola puòaccendersi se il lato caldo oltrepassa

Lo scopo è raggiungere e mantenere latemperatura di distillazione dell’alcool,senza superarla di troppi gradi per nonsalire alla temperatura di evaporazionedell’acqua; ma anche mantenere latemperatura della serpentina sempreinferiore a quella del vapore di alcooletilico che deve condensare.Questo equilibrio deve mantenersidurante tutto il processo di distillazio-ne. Cercare un dimensionamento cor-retto, si capisce, richiede molte prove etanta pazienza.

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di xxxxxxxxxxxx

Da quando è finito il monopolio della ex-Sip (oTelecom che dir si voglia), nel settore

delle telecomunicazioni hannofatto la loro comparsa nuovigestori, ed altri dovreb-bero aggiungersi inbreve tempo; nell'ambi-to delle reti fisse, cioèdel telefono comune,questa rivoluzione hacambiato tutta unaserie di abitudi-ni, poichéla strutturad e g l iimpian-ti haimpo-sto, perforza dicose, un pro-cedura obbliga-toria tramite cuipassare per accedere ai ser-vizi offerti dai vari Infostrada,Wind, Tele2, Tiscali etc. In sostanza,mentre per telefonare conTelecom Italia basta comporre il normale numero

preceduto dal prefisso di località (anche se si chiama inrete urbana...) se si utilizza un gestore differen-

te da Telecom è necessario com-porre precedentemente un numero

a 4 o 5 cifre che identifica ilgestore utilizzato ed al qualebisogna essere abbonati. Ad

esempio, per chiamare conInfostrada, occorre comporre

prima il 1055. Il motivo si comprendefacilmente considerando la strutturadella rete telefonica italiana: quando

c'era un solo gestore gli impiantiservivano i loro utenti, tutti col-

legati a centrali di com-mutazione in grado

di connettere cia-scuno con glialtri. Una voltastabilito chel ' e s e r c i z i o

delle telecomu-nicazioni poteva

essere affidato ad altrecompagnie ci si è posto il

problema di come fare, per cia-scuna, a gestire le rispettive utenze,

verificare la spesa degli abbonati, ecc. Il problema

COMBINATOREDI PREFISSI

DEI GESTORI

TELEFONIA

16 Elettronica In - novembre ‘99

di Arsenio Spadoni

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Elettronica In - novembre ‘99 17

nasce perché la telefonia fissa esige una connessionerigida (doppino) tra centrale e telefono, e sarebbeimpensabile utilizzare un selettore in casa e per farg i u n g e r euna lineaper laTe l e c o m ,una perInfostrada,una perWind, ecc.Per questomotivo èstato decisodi lasciaregli impiantiin gestionea l l aTe l e c o m ,obbligandogli utentidelle altrecompagniead introdur-re un prefis-so di selezione del gestore: ciò permette di utilizzare lestesse reti (giacché le centrali sono ancora quelle dellaTelecom) ma di registrare in un conto separato le tele-

fonate fatte con esso; ad esempio, se prima di chiama-re si compone il 1022, la telefonata va nel conto diTele2. Telecom Italia si limita solo a gestire i conti ed a

p resen ta r l ipoi agli altrigestori, che aloro volta sir i v a l g o n o ,mediante leloro bollette,sui propriutenti. Unmeccanismomolto sem-plice che hapermesso diaprire il mer-cato delletelecomuni-cazioni a piùa z i e n d e ,c r e a n d oquella con-correnza cheè caratteristi-

ca primaria del libero mercato e che permette a tutti discegliere la compagnia con cui telefonare. Il rovesciodella medaglia, che secondo i più maliziosi avvantaggia

Con la concorrenza nelsettore telefonico è stato

rivoluzionato il modo di fare le chiamate:

chi è abbonato a più diun gestore deve

aggiungere ai numerida chiamare il relativo

prefisso. Ecco un sistema di grande

attualità che generaautomaticamente il prefisso desiderato,

senza doverlo comporredalla tastiera.

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18 Elettronica In - novembre ‘99

la Telecom (non ci sarebbe nulla dimale: in fin dei conti ci ha messo gliimpianti, mentre gli altri solo il nome ela contabilità...) consiste nel fatto che,mentre un abbonato delle nuove com-pagnie per chiamare deve aggiungereun ulteriore prefisso al numero origina-rio, la telefonata con la Telecom si fasenza alcuna aggiunta: pertanto i piùdistratti potrebbero dimenticare diaggiungere l'identificativo del gestore e

telefonare inavvertitamente conTelecom, la quale perciò incasserebbeil provento della chiamata! Per questilettori e per quelli più pigri che voglio-no evitare di comporre le 4 cifre inizia-li, abbiamo progettato e realizzato ildispositivo descritto in queste pagine,che sostanzialmente è un combinatoreautomatico di prefissi dei gestori: dis-pone di quattro microswitch ed uninterruttore, e va posto in parallelo allalinea del telefono; in fase di installazio-

ne si sceglie il proprio gestore e, quan-do si deve fare una telefonata si alza lacornetta poi, dopo lo spegnimento di unled-spia, si può comporre il numeronormalmente. L'apparecchio provvededa solo ad aggiungere il 1022 di Tele2,o il 10030 di Tiscali, il 1055 diInfostrada o il 1088 di Wind e così via,in base all'impostazione effettuata.Così, risulta praticamente impossibiledimenticare il prefisso. Volendo chia-mare con la Telecom occorre utilizzare

schema elettrico

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Elettronica In - novembre ‘99 19

piena operatività si avvale di una pilache fornisce la corrente necessaria.Vediamo ora in cosa consiste l'unità,studiandone lo schema elettrico pubbli-cato in queste pagine: notiamo innan-zitutto il microcontrollore U3, che è ilcomponente principale, al quale sonocollegati un rivelatore di sgancio, unavvisatore di chiamata, un driver atransistor per un relè, ed un amplifica-tore BF; in particolare, quest'ultimoviene sfruttato per inviare in linea,

to: quando si solleva la cornetta, il calodi tensione ai capi della linea (da48÷60 V scende al disotto degli 8 volt)viene rilevato da un apposito circuito(facente capo alle porte logiche U1a,U1b, U1c ed U1d, ed ai piedini 2 e 4del microcontrollore) ed il PIC, nor-malmente in standby, viene attivato edinizia a lavorare; verifica se appenaprima dello sgancio è stata rilevataun'alternata di chiamata quindi, in casonegativo, provvede a sintetizzare i

l'U3 comanda il livello logico alto sulpiedino 6, in modo da mandare in con-duzione T1 e fare in modo che la piladia la necessaria corrente. Il microinoltre attiva il relè RL1, che collega iltrasformatore al doppino per gli istantiche servono a comporre i bitoni dopo-diché, ripone i pin 6 e 7 a zero logico,e si blocca, tornando in standby. Il ledLD1 viene acceso dal piedino 8 del PICquando è svolta una sequenza di inoltrodel prefisso, e si spegne indicandoci

U4: LM386D1: 1N4007 diodoD2: 1N4007 diodoD3: 1N4007 diodoD4: 1N4007 diodoD5: 1N4007 diodoDZ1: Zener 5,1VDZ2: Zener 5,1VDZ3: Zener 5,1VLD1: LED rossoDS1: Dip switch 4 poliT1: BC557B PNP

T2: BC547B NPNT3: BC547B NPNQ1: Quarzo 4 MHzTF1: Trasf. 1/1RS1: Ponte a diodiRS2: Ponte a diodiRL1: Relè min 12V 1SC S1: deviatore a levetta

Varie:- zoccolo 9 + 9;- zoccolo 7 + 7;

- zoccolo 4 + 4;- zoccolo 3+ 3;- connettore telefonico

da c.s. tipo 4/6 (2 pz);- batteria 9V;- clips per batteria;- stampato cod. S304.

(tutte le esistenze utilizzate sono da 1/4 W al 5%)

piano di montaggioCOMPONENTI

R1: 100 KOhmR2: 3,3 KOhmR3: 10 KOhmR4: 10 KOhmR5: 47 KOhmR6: 2,2 KOhmR7: 120 KOhmR8: 1 KOhmR9: 470 OhmR10: 470 OhmR11: 220 OhmR12: 15 KOhmR13: 1 KOhmR14: 100 KOhmR15: 4,7 KOhmR16: 4,7 KOhmR17: 22 OhmR18: 2,2 KOhmR19: 33 KOhmC1: 100 µF 16VL

elettroliticoC2: 10 µF 63VL

elettroliticoC3: 100 nF

multistratoC4: 330 nF 100VL

poliestere

l’interruttore che esclude il dispositivo.Quello che che vi proponiamo è unacompleta scheda gestita da microcon-trollore e adatta ovviamente ai modernitelefoni operanti in multifrequenza: siinstalla facilmente, giacché basta colle-garlo con uno spezzone di doppino ocavo bipolare in parallelo ai punti diarrivo della linea, ovvero sulla stessapresa dell'apparecchio telefonico. Perfunzionare sfrutta, in standby, la cor-rente prelevabile dalla linea, mentre in

mediante l'apposito traslatore (TF1) ibitoni DTMF sintetizzati dal micromediante un'apposita routine software,il cui inviluppo è corretto dal doppiofiltro R/C R20/C13, R19/C12. I quattromicrointerruttori collegati tra i piedini10, 11, 12, 13, servono per impostare ilprefisso da comporre automaticamenteallo sgancio. Chiaramente si deve chiu-derne uno solo per volta, altrimenti ildispositivo non funziona. L'interventoè automatico e può essere così descrit-

bitoni DTMF componenti il prefissoselezionato con i dip-switch, facendoliuscire dal proprio piedino 1. Da essovanno al doppio filtro passa-basso chegenera un inviluppo quasi sinusoidale,quindi raggiungono l'amplificatore dipotenza realizzato con U4, la cui uscitapilota il primario di un trasformatored'accoppiamento telefonico (TF1, da600:600 ohm) che li trasla sulla lineaper inoltrare la selezione del gestore.Naturalmente prima che ciò avvenga

C5: 100 nF mult.C6: 47 µF 25VL

elettrolticoC7: 220 nF 250VL

poliestere C8: 10 µF 63VL

elettroliticoC9: 10 µF 63VL

elettroliticoC10: 100 nF

multistratoC11: 4,7 µF

100VL elett.C12: 100 nF 63VL

poliestereC13: 100 nF 63VL

poliestereC14: 22 pF

ceramicoC15: 22 pF

ceramicoC16: 10 µF 63VL

elettroliticoU1: 4093U2: 4N25U3: PIC16F84-04P

( MF304)

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20 Elettronica In - novembre ‘99

che possiamo iniziare a comporre ilnumero dell'abbonato che intendiamochiamare. Lampeggia invece per uncerto periodo se si solleva la cornettadurante la ricezione di una telefonata, ocomunque all'arrivo della relativa alter-nata. Questo riassume sostanzialmenteil funzionamento della scheda, dellaquale andiamo ora ad osservare i detta-gli. Innanzitutto notate che sebbene

l'intervento sia automatico, ed il prefis-so venga composto subito dopo il sol-levamento della cornetta del telefono, ilmicrocontrollore è in grado di distin-guere se lo sgancio è dovuto alla rispo-sta ad una chiamata, oppure all'inizio diuna telefonata da parte della personapresso cui è installato il dispositivo; aciò provvede una particolare rete cheabbina un rivelatore dell'alternata di

chiamata (presente in linea quando l'u-tente riceve una telefonata: è quella chefa trillare la suoneria...) ad uno delpotenziale di linea. In pratica, quandosi sgancia la tensione ricavata dal ponteraddrizzatore RS1 diviene decisamentepiù bassa di quanto non lo sia a cornet-ta appesa, cosicché la porta NANDU1a vede ai suoi ingressi lo zero logi-co, e pone la propria uscita ad 1,inviando questa condizione al piedino2 del microcontrollore; quest’ultimocontrolla se sul predetto pin giunge unlivello continuo, ovvero dei treni diimpulsi, e se rileva che stava arrivandouna chiamata annulla la sequenza.Chiaramente viene sfruttato il principiosecondo il quale in chiamata la tensio-ne alternata applicata alla linea produ-ce impulsi a 25 Hz all'uscita della U1a,impulsi facilmente identificabili dalPIC. Dunque, se il micro trova il trenodi impulsi non attiva la selezione delprefisso di gestore; se invece rileva 1fisso (ring-detector a riposo) ritiene chela telefonata venga fatta dalla personapresso cui è installata la scheda, quindiavvia la sequenza già descritta, invian-

Per generare i prefissi dei vari gestori abbiamo scritto il software del microcontrollore in Basic, in modo da poter utiliz-zare un apposito comando in grado di generare note DTMF: si tratta dell'istruzione DTMFOUT, compresa tra quelle dis-ponibili nel PICBasic Compiler, e già vista nel progetto della tastiera DTMF a µC. La sintassi è la seguente:

DTMFOUT Pin, {Onms, Offms,} [Tone{,Tone...}]

Al posto di Pin va specificato il piedino, tra gli I/O, da cui si intende far uscire il segnale (nel nostro caso è l'1, RA2) men-tre Onms ed Offms sono i tempi, in millisecondi, voluti per la durata di ciascun bitono e l'intervallo minimo tra uno e l'al-tro: notate che se non viene impostato alcun valore il compilatore imposta di default il primo a 200 ms (durata accettatada tutti gli apparati telefonici standard...) ed il secondo a 50 ms. Quanto al parametro Tone, al posto di quello tra le paren-tesi graffe si scrive il numero tra 0 e 15 (i bitoni sono 16...) che si vuol far produrre al PIC, riferendosi alla tabella stan-dard semplificata ed illustrata qui sotto:

0 = 0 1 = 1 2 = 2 3 = 34 = 4 5 = 5 6 = 6 7 = 78 = 8 9 = 9 10 = * 11 = #

12 = A 13 = B 14 = C 15 = D

Siccome DTMFOUT utilizza, per generare i bitoni, l'istruzione FREQOUT, e quest'ultima li ricava facendo produrre alPIC una serie di impulsi a larghezza modulata, occorre filtrare adeguatamente l'uscita in modo da dare al segnale un invi-luppo quasi sinusoidale e comunque simile a quello tipico dei veri e propri generatori DTMF: altrimenti le centrali tele-foniche, sebbene siano estremamente tolleranti, potrebbero non riconoscere i prefissi. Il filtro è, nel nostro circuito, ad R/Cdel secondo ordine (due celle in cascata) perché permette di caricare dei condensatori con gli impulsi, quindi di lasciarliscaricare gradualmente ricostruendo un andamento abbastanza lineare, piuttosto che a scatto come è tipico per i segnaliad onda quadra. Il quarzo da noi usato è da 4 MHz, un valore adatto sebbene sia il più basso consentito. Conviene esclu-dere quarzi di frequenza diversa perché porterebbero a generare bitoni fuori dai valori DTMF standard.

la composizione dei prefissi

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inutile. Aspettando più del massimointervallo tra due alternate di chiamata,il circuito è certo di intervenire quandola cornetta viene sollevata non per rice-vere una telefonata, ma per farla.Un altro particolare di rilievo riguardal'autospegnimento del microcontrollo-re, il cui software non gira in loop, matermina con un istruzione di standby,che lo spegne dopo l'esecuzione di unciclo di lavoro; ciò consente di farlolavorare normalmente in sleep, inmodo che consumi non più di qualchemicroampère. A riposo l'intero circuitoè infatti alimentato mediante RS1, laresistenza R2, il diodo D1, quindi conla tensione di 5,1 volt ricavata dalloZener DZ1. Come si fa a farlo funzionare, a farglieseguire il programma a seguito dellosgancio della cornetta? Il trucco è sem-plice ed efficace: ogni volta che sisgancia, la porta U1b assume zero logi-co alla propria uscita, triggera il mono-stabile formato da U1c ed U1d, cosic-ché dal piedino 10 esce un impulso alivello basso, ideale per eccitare il pin 4(/MCLR) del PIC e resettarlo. In que-

17 come output, e lo pone fisso allostato 1: il risultato è che il reset(/MCLR) viene riportato automatica-mente a livello alto, indipendentementeda quello che accade in U1d o nel ring-detector, e ciò assicura che la sequenzadi produzione del prefisso si svolgacompletamente e senza interferenzedall'esterno. Quando si arriva all'ultimaistruzione, ed il micro torna a riposo, il

si solleva la cornetta quando ancora ilreset è attivato dal ring-detector, l'im-pulso negativo dato dal monostabilenon ha effetto su di esso. Quanto alrivelatore di chiamata, è la parte di cir-cuito formata dal ponte RS2, nonchédall'optoaccoppiatore U2; normalmen-te il piedino 5 di quest'ultimo è a livel-lo alto, e commuta da 1 a zero logiconel caso arrivi un'alternata di chiamata,

do in linea i bitoni DTMF impostaticon i dip-switch. Naturalmente, pernon essere tratto in inganno, il PICattende sempre per un certo intervallodi tempo dopo la fine di ogni squillo:infatti durante la chiamata i trilli si sus-seguono a circa 4 secondi di distanzal'uno dall'altro, e se il micro non atten-desse più di tale tempo riterrebbe nor-male lo sgancio avvenuto, magari,dopo solo 1 secondo, inviando in lineail prefisso, che invece sarebbe del tutto

sto modo si costringe il microcontrollo-re a ripartire da capo, quindi ad esegui-re un nuovo ciclo di lavoro, che termi-nerà ovviamente con la solita istruzio-ne che forza lo standby; a questa il soft-ware salta direttamente se il ring-detec-tor rileva l'alternata di chiamata duran-te lo sgancio della cornetta, o comun-que nei 4÷5 secondi che seguono lafine di uno squillo. Notate che solo dopo l'attivazione delmonostabile il software setta il piedino

pin 17 rimane "open" e non puòinfluenzare nulla fino al prossimo resetforzato dal monostabile. Come giàdetto, il controllo dello stato della lineaviene svolto sul piedino 2: se la cornet-ta è sollevata durante un treno di alter-nata di chiamata, ovvero è il ring-detector a resettare il PIC attivandolo,la routine software può saltare alla fine;se invece lo sgancio è rilevato nell'in-tervallo di pausa tra due ring, vale ildiscorso precedente. Osservate che se

Il nostro prototipo a montaggioultimato. Come si vede il circuitoutilizza pochissimi componenti, il

più importante dei quali è sicuramente il microcontrollorePIC16F84 nella cui memoriasono implementati i numeritelefonici dei vari gestori

attualmente operanti nel nostropaese. A riposo il circuito vienealimentato dalla linea telfonicamentre durante l’invio dei toni

DTMF il dispositivo vienealimentato da una pila a 9 volt.

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22 Elettronica In - novembre ‘99

dando una serie di impulsi. Il conden-satore C4 impedisce che il ring-detec-tor venga attivato dalla normale tensio-ne continua di linea, facendo passaresolo l'alternata, ed R7 riduce la corren-te a valori tollerabili dall'opto. Sul pie-dino 5 ci sarebbero impulsi a 25 Hz (lafrequenza standardizzata per la chia-mata telefonica...) tuttavia il condensa-tore C5 li livella, garantendo un poten-

ziale stabile, almeno durante un trenodi alternata (che dura 1,5 s. con circa 4secondi di pausa). Prima di concludere,vediamo un momento il circuito di ali-mentazione : abbiamo detto che a ripo-so la debole corrente necessaria vieneprelevata dalla linea telefonica, sfrut-tando l'apposita rete basata sul ponte adiodi e sullo Zener DZ1; quando ilmicrocontrollore avvia la routine di

lavoro e ritiene che si stia iniziando unachiamata in uscita, pone a livello logi-co alto il piedino 6 in modo da manda-re in piena conduzione T3 che polariz-za la base del PNP T1 fino a farlo con-durre. In tal modo la pila da 9 volt puòalimentare il microcontrollore (R11limita la corrente nel diodo Zener da5,1 volt e D4 blocca la componentecontinua di linea per evitare che rag-giunga l'amplificatore) e quindil'LM386 usato come finale BF per pilo-tare il traslatore TF1. Il circuito del relèè sempre sottoposto all'alimentazionedella pila, in quanto finché il micro noncomanda l'attivazione, tramite il pro-prio piedino 7, il transistor T2 è semprespento e nella bobina di RL1 non cir-cola corrente. L'autonomia media conuna pila alcalina è di 6÷12 mesi, anchese, ovviamente, tutto dipende dalnumero di telefonate fatte; non hannoinvece alcuna rilevanza le chiamatericevute, dato che non fanno interveni-re né il relè, né tantomeno l'amplifica-tore BF, cioè i due componenti che pro-vocano il maggior consumo di energia.Da notare, infine, che il funzionamentodell’intero circuito viene inibito quan-do il deviatore S1 viene chiuso. In que-sto modo è possibile effettuare le tele-fonate urbane per le quali vige ancora ilmonopolio della Telecom.

REALIZZAZIONEPRATICA

Bene, sperando che abbiate compresocome funziona il dispositivo, passiamoadesso a spiegarvi come costruirlo edin che modo usarlo al meglio. Per prima cosa preparate il circuitostampato, preferibilmente ricorrendoalla fotoincisione, sfruttando quale pel-licola una fotocopia della traccia latorame illustrata in queste pagine a gran-dezza naturale. Dopo aver inciso eforato lo stampato e procurati i compo-nenti che servono, potete iniziare ilmontaggio partendo dalle resistenze edai diodi al silicio (secondo il versoindicato) quindi proseguite con gli zoc-coli per gli integrati, da orientare comemostra l'apposito disegno; è poi la voltadel dip switch: ne occorre uno a 4 poliche va inserito in modo che l'1 coinci-da con il piedino 10 del microcontrol-lore (zoccolo di U3). Passate ora aicondensatori, prestando attenzione alla

Per il collegamento allalinea telefonica

vengono utilizzatidue plug da c.s.

tipo 4/6 poli.

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degli appositi fori (ne abbiamo previstedue per poter prelevare la linea senzacollegare fili aggiuntivi, mantenendo ilcollegamento con il telefono) ed unapresa volante per la pila; potete orainserire gli integrati nei rispettivi zoc-coli rispettandone l’orientamento. Peril collaudo non dovete fare altro checonnettere una batteria da 9 volt allapresa relativa ed effettuare il collega-mento alla linea telefonica utilizzandoun cavetto telefonico di prolunga muni-to di plug. Un capo di tale cavetto vainserito in una delle prese della scheda(non importa quale sia: sono in paralle-lo); sconnettete lo spinotto che porta lalinea Telecom al telefono ed infilatelonell’altro connettore della scheda,quindi inserire l'altro capo della pro-lunga nel telefono. Così avrete realiz-zato un "ponte" tra la linea e l'apparec-chio, che permette di portare il doppinoanche al nostro circuito. Da questomomento tutto è pronto per funzionare.Ovviamente dovete essere abbonati adalmeno un gestore oltre a Telecom. Perselezionare il gestore utilizzate il dip-

switch come spiegato nell’appositatabella. Disponendo di un analizzatoreo tester DTMF, potrete (collegandoloin parallelo alla linea) visualizzare iprefissi composti dalla scheda.Diversamente state un po' attenti: altri-menti, invece di chiamare con ungestore usate l'altro; è poi chiaro che sesiete abbonati ad uno solo di essi e sba-gliate prefisso, la telefonata non riusci-te a farla, quindi l'eventuale sbaglio lo

scoprite alla svelta... Come al solito,ricordiamo che se per effettuare la tele-fonata tramite la Telecom è sufficientechiudere l’interruttore a levetta cheesclude il dispositivo (in questo modo èpossibile fare le telefonate urbane percui l’unico gestore attualmente dispo-nibile è Telecom). Fatte le dovuteprove, conviene racchiudere il tutto inun contenitore plastico di dimensioniadeguate, lasciando una finestrella per

La scheda è provvista di 4 microinterruttori, chiudendo i quali si possonofar comporre, automaticamente e prima del numero da chiamare, i prefissi

di 10 gestori alternativi alla Telecom. Ogni gestore, per essere identificato, utilizza un prefisso composto da quattro o cinque cifre.

Il micro che gestisce la composizione di tale prefisso,compone - una volta sollevata la cornetta per effettuare la

chiamata - il numero corrispondente al gestore. La tabella qui sotto mostra

la corrispondenza tra dip, prefisso composto e relativo gestore.

dip-switch prefisso gestore1 2 3 4 composto utilizzato

0 0 0 0 10000 0 0 1 10110 0 1 0 1022 Tele20 0 1 1 10030 Tiscali0 1 0 0 10050 Planet0 1 0 1 1055 Infostrada0 1 1 0 10660 1 1 1 10771 0 0 0 1088 Wind1 0 0 1 1099

Le combinazioni mancanti non vengono considerate e non resta escluso che possano essere utilizzate in futuro qualora il sistema di

selezione del gestore subisca variazioni o aggiunte. Resta inteso che i dip si intendono a 1 se ON e a 0 se OFF.

L'IMPOSTAZIONE DEI DIP-SWITCH

PER IL MATERIALE

Il progetto descritto in queste pagine è disponibile in scatoladi montaggio (cod. FT304) al prezzo di 72.000 lire. Il kitcomprende tutti i componenti, la basetta forata e serigrafata,il contenitore, il cavetto telefonico ed il microcontrollore pro-grammato. Quest’ultimo è disponibile anche separatamenteal prezzo di 30.000 lire (cod. MF304). Tutti i prezzi sono com-prensivi di IVA. Il materiale va richiesto a: FuturaElettronica, V.le Kennedy 96, 20027 Rescaldina (MI), tel.0331-576139, fax 0331-578200.

polarità di quelli elettrolitici, e dunqueai transistor, ciascuno da disporre comemostrato nel solito piano di montaggio.Il trasformatore TF1 è il solito traslato-re di linea con rapporto-spire di 1:1, da600 ohm di impedenza su entrambi ilati. Ciò che richiede più attenzionesono i ponti raddrizzatori RS1 ed RS2,per i quali raccomandiamo di seguire idisegni e le foto di queste pagine. Ilquarzo si monta senza riguardo per lapolarità: l'unica cosa importante è chesia da 4 MHz. Il relè, miniatura, deveessere ITT-MZ o con piedinatura com-patibile (guardate la traccia del latorame e identificate i terminali C edNC). Il led va montato tenendone il latosmussato opposto ad R10, ovvero versol'esterno della basetta.Terminate le sal-dature, sistemate due prese plug RJ11per telefonia, da c.s. in corrispondenza

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Corso di programmazionein linguaggio C

La scorsa puntata avevamo iniziato un argomen-to molto importante: le funzioni di salto. Sono

state introdotte le istruzioni “continue” e “break”lasciando in sospeso il loro utilizzo all’interno distrutture switch. In questa puntata spiegheremo checosa sono queste strutture e come integrarvi le sud-dette istruzioni continue e break. Analizzeremosuccessivamente l’istruzione di salto più importan-te e più conosciuta: GOTO. Affronteremo inoltreun altro aspetto fondamentale dei linguaggi struttu-rali ad alto livello: la possibilità di utilizzare fun-zioni personalizzate. Vediamo ora di capire cos’è il

comando switch. Chiariamo subito di cosa si tratta:una switch si può utilizzare allorché si debba ese-guire una diversa operazione a seconda di differen-ti valori di una certa variabile. E' naturalmente pos-sibile utilizzare una catena di if, ma è meno elegan-te e soprattutto rende meno chiara le lettura del pro-gramma. L’esempio presentato in queste paginechiarisce più di qualsiasi parola l’utilizzo di questasemplice quanto utile istruzione. Analizzando ilformato generale, presentato più avanti, facciamonotare che il campo default serve per definire ilblocco di istruzioni che devono essere eseguite nel

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di Alessandro Furlan

Impariamo a lavorare con uno dei più diffusi linguaggi ad alto livello cheper la sua peculiarità di maggiore “vicinanza” all’hardware, rispetto adaltri sistemi evoluti di programmazione quali Pascal e Basic, si inseriscebenissimo nel vasto “mondo” a confine tra l’informatica e l’elettronica.

Ottava puntata.

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caso che la variabile usata nel comando switch non assu-ma nessuno dei valori che compaiono nei vari casi; nonè altro che l’istruzione else nel caso dell’if.

Nell’esempio riportato si nota che se l’utente non inseri-sce uno dei caratteri richiesti, viene avvisato tramite unmessaggio a video. Esaurita la digressione sull'uso diswitch e break, passiamo all'espressione di salto goto.

ISTRUZIONE “GOTO”

Chi tra voi abbia familiarità col BASIC sa senz'altrocome funzioni il goto. Qui ne diamo un breve accenno,in quanto in C il goto sarebbe meglio non usarlo (gliautori del C lo definivano inutile all'interno del linguag-gio, lo lasciarono solo perché utilizzato dal BASIC, oalmeno così dice la storia...). L'istruzione goto è sempreseguita dal nome di un'etichetta e valgono le stesse rego-le per gli identificatori ecco un semplice esempio:

if (numero < 20)goto a;

elsegoto b;

a: numero= numero *2;b: numero=numero *3;

L'effetto di questo codice è che se numero è minore di

switch(variabile){case valore_costante1:

{(blocco1);}

case valore_costante2:{(blocco2);}

default:{(blocco3);}

}

l’istruzione switch

#include <stdio.h>int main(void){

char ch;printf("inserisci carattere da a a d, o q per uscire\n");while((ch=getchar()) != 'q'){

switch(ch){case 'a':

printf("OK, lettera a\n");break;

case 'b':printf("OK, lettera b\n");break;

case 'c':printf("OK, lettera c\n");break;

case 'd':printf("OK, lettera d\n");break;

default:printf("Ho detto dalla a alla d!!!\n");

} /*fine dello switch*/while (getchar() != '\n')

continue;printf("Inserisci un altro carattere da a a d, o q per uscire\n");

}printf("FINE!!\n");return 1;

}

esempio dell’istruzione switch

Il programma accetterà letteredalla a alla d, stamperà a video

un messaggio se inserite unalettera sbagliata, e termineràquando inserite la lettera q.

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20 , viene moltiplicato per 2, se è maggiore di 20 vienemoltiplicato per 3. Sul goto non è il caso di soffermarsipiù a lungo, proprio in virtù del fatto che in C nonandrebbe usato, essendo il C dotato di modi più elegan-ti per fare dei "salti". Vediamo ora come si possono utilizzare funzioni perso-nalizzate:

LE FUNZIONI

Sino ad ora abbiamo scritto programmi C fatti di un'uni-ca funzione, il main. In generale, come conviene orga-nizzare un programma? La filosofia del C è quella diusare le funzioni come dei "mattoni". Funzioni, in verità, ne avete già usate anche altre, adesempio printf o strlen. Erano però funzioni già scritteda altri e pronte da utilizzare; ora si fa l'importantepasso: creare una o più funzioni. Perché è utile struttu-rare un programma in funzioni? Semplicemente per ilfatto che spesso all'interno del codice c'è la necessità dicompiere più volte una determinata operazione (adesempio la stampa di una stringa, o calcolare la dimen-sione di un array, o elevare al quadrato un numero, oquant'altro possa venire in mente. E' utile allora creareall'interno una funzione che possa essere richiamataquante volte si vuole, passandogli come parametro(memorizzare il termine..!!) ad esempio il numero daelevare al quadrato, o l'array, o la stringa.Non strutturare il programma come un intero blocco gra-nitico di 10000 righe di codice, ma diviso a blocchi, puòinoltre migliorare di molto la leggibilità del medesimo ela ricerca di eventuali errori. Molti programmatori defi-niscono una funzione come una specie di "scatola nera",il cui interno non è indispensabile conoscere. Pensiamo ad esempio alla printf(): in realtà questa fun-zione è complessa e richiama al suo interno altre funzio-ni, ma questo a noi non interessa. Semplicemente richia-miamo la printf e gli passiamo la stringa che vogliamo

far apparire sullo schermo, e questo ci basta. Diverso è ildiscorso se si vogliono creare delle funzioni. Vediamo ilprogramma di esempio che richiama una funzione. Ilcodice è formato da due funzioni, il main, e la nostrafunzione che andremo a creare. Lo scopo di quest’ulti-ma, che chiameremo separatore(), è stampare una rigadi caratteri asterisco “*”. Ci sono svariati punti degni di nota. - Alla funzione separatore() si fa riferimento in tre punti:nel cosiddetto prototipo della funzione, che serve adindicare al compilatore che tipo di funzione è, nellachiamata (o uso) della funzione, all'interno del main, e ladefinizione della funzione, dove all'interno c'è quelloche la medesima deve fare.- Come le variabili, anche le funzioni hanno un tipo; pertale motivo un programma che utilizzi una funzionedeve contenere la dichiarazione del tipo della funzioneprima che essa venga usata. Ecco spiegata la definizionedi separatore() prima del main: “void separatore(void)”.Le parentesi indicano che separatore è il nome di unafunzione. Il primo void è il tipo della funzione: in que-sto caso void significa che la funzione non restituiscenessun valore. Il secondo void (tra parentesi) indica chela funzione non riceve argomenti (altro termine damemorizzare..!!). Le virgolette indicano che si stadichiarando la funzione, mentre fate caso che laddove sidefinisce la funzione le virgolette non ci sono.- La funzione separatore() è chiamata all'interno delmain() usando il nome della funzione, seguita da virgo-lette, creando così uno statement.- Quando l'esecuzione raggiunge la chiamata della fun-zione, la stessa viene eseguita, istruzione per istruzione;al termine, l'esecuzione riparte, nel main, da dopo lachiamata alla funzione.- Sia separatore() che main() sono nel medesimo file.Per il compilatore è la cosa più semplice, ma è talorapossibile utilizzare più files, a patto di alcune precauzio-ni. Ne parleremo più avanti.- La variabile stringa, all'interno della funzione separa-tore() è una variabile locale. Il suo contenuto è visibilesolo all'interno della funzione stessa. Un fatto di granderilievo è che nel main() si potrebbe dichiarare un'altravariabile di nome "stringa" senza che vi siano problemi. La funzione che abbiamo visto, però, è ancora abbastan-za "inutile". Vediamo ora ad un aspetto importantissimo,che rende così potenti e utili le funzioni:

I PARAMETRI DI UNA FUNZIONE (FORMALI E ATTUALI) E LA RESTITUZIONE DI UN VALORE.

Nel programma che abbiamo visto in apertura, la fun-zione separatore() era una funzione che non ricevevaargomenti. Nella maggior parte dei casi, però, una fun-zione di questo tipo è poco utile. L'utilità di una funzio-ne si diceva è soprattutto quella di creare un “pezzo dicodice” che possa compiere determinate fissate opera-zioni su dei dati di volta in volta diversi. E' il caso adesempio di una funzione che calcola il quadrato di un

#include <stdio.h>#include <string.h>

void separatore(void);int main(void)

{separatore();printf("Chiamiamo due volte la funzione\n");separatore();return 1;}

void separatore(void){char stringa[80];strcpy(stringa,"*******************");printf ("%s\n",stringa);}

le funzioni

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numero. Vediamo l’esempio a fondo pagina. Notiamosubito la definizione della funzione, subito dopo l'inclu-de. Come abbiamo già detto questa riga serve al compi-latore per capire la funzione quadrato che tipo di fun-zione è (nel nostro caso è di tipo int), e quali tipi di datiessa accetti in ingresso.All'interno della parentesi sono elencati i cosiddettiparametri formali (non staremo a spiegare perché sichiamano così, prendete la cosa per buona), nel nostrocaso la variabile intera "numero". Ogni parametro formale deve essere preceduto sempredal suo tipo. Allorché i parametri formali siano più diuno, essi sono separati tra di loro da virgole.Ad esempio, per una ipotetica funzione somma, la defi-nizione potrebbe essere: “int somma(int addendo1 , intaddendo2)”.Una premessa importantissima: noterete che volutamen-te abbiamo usato lo stesso nome per il parametro for-male "numero" e per una variabile di tipo intero che sitrova nel main(). La cosa non deve stupirvi. Abbiamo giàdetto che una variabile contenuta in una funzione non èin alcun modo visibile al di fuori di essa, pertanto nonc'è nessuna ambiguità tra le due variabili chiamate"numero", che non hanno dunque niente a che fare l'unacon l'altra!Nota: in genere si sconsiglia di usare due nomi ugualiper due variabili nello stesso programma, onde evitarepossibili errori, ma qui è stato fatto solo per fare capireil concetto.All’interno del main() non dovrebbero esserci punti dachiarire, semplicemente si chiede all'utente di immettereun numero, viene stampato a video questo numero,dopodiché si chiama la funzione quadrato passandogli ilnumero immesso da tastiera come parametro attuale(anche qui non faremo digressioni filosofiche sulla ter-minologia) e viene stampato il risultato. Se ad esempio

viene digitato il numero 43, il programma chiama la fun-zione più o meno in questo modo (dal punto di vista delcalcolatore):

numero=quadrato(43)

Il 43 è dunque il parametro attuale. Cosa succede poi?Viene eseguita la funzione. Essa riceve come parametroattuale il 43, e lo assegna alla sua variabile interna"numero"(che è anche il suo parametro formale). Poi lomoltiplica per se stesso, con la riga:

numero=(numero*numero)

che è un comune assegnamento, che non dovrebbe cau-sare alcun problema. Più complicato è quanto accadedopo. Viene eseguito il codice contenuto nella riga:

return numero

Qui la funzione restituisce il valore calcolato (per la cro-naca è 1849). A questo punto, l'esecuzione del program-ma torna al punto dove si era chiamata la funzione, nelmain, laddove c'era: “numero=quadrato(43)”.Qui viene assegnato il valore restituito dalla funzione(1849) alla variabile numero della funzione main().Attenzione ancora una volta a non fare confusione con lavariabile "numero" della funzione quadrato (che è anchetra l'altro il nome del parametro formale della funzionestessa).Scusate l'insistenza, ma è un passaggio di importanzaestrema: se non è chiaro questo argomento, si incontre-ranno difficoltà insormontabili per capire qualunque lin-guaggio di programmazione. Ecco allora che la variabile "numero" contenuta nelmain() prende il valore 1849. Con l'ultima riga non si fa

#include <stdio.h>

int quadrato(int numero);int main(void){

int numero;printf("Immetti un numero (piccolo, per favore, da 0 a 10000)\n");scanf("%d",&numero);printf("Numero immesso %d\n",numero);numero=quadrato(numero);printf("Il suo quadrato e' %d\n",numero);

}

int quadrato(int numero){

numero=(numero*numero);return numero;

}

i parametri delle funzioni

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altro che stampare il valore di tale variabile, che è poiquanto volevamo. Ecco dunque spiegato più o menocome funziona il programma.

LA RICORSIONE

Nel linguaggio C è permesso che una funzione chiami sestessa al proprio interno. Questo processo è chiamatoricorsione.Nell’esempio di questa pagina si chiarisce come operatale processo.Dalla funzione main() viene chiamata per la prima voltala funzione ricorsione. Qui siamo al primo livello dellaricorsione. Dopodiché la funzione richiama se stessa, esi va al secondo livello di ricorsione. Il secondo livello chiama il terzo, e così via. Nel mainviene chiamata la funzione con il parametro 1. Dunqueil parametro formale della funzione assume il valore 1. Viene dunque stampato "Entrata Livello 1". Quindi, poi-ché livello è minore di 3, la funzione (livello 1) richiamase stessa (livello 2) con parametro (n+1), dunque 2, vistoche livello vale 1, come abbiamo detto. A questo punto, viene stampato "Entrata Livello 2" e,essendo ancora minore di 3, la funzione (livello 2) chia-ma se stessa un'altra volta (livello 3) con parametro n+1,quindi 3. Ora, livello vale 3, e l'if dà il valore falso. La funzionenon richiama ancora se stessa. Si esegue allora la stam-pa a video di "Uscita livello 3" e il livello 3 cede il con-trollo al livello 2, dove viene eseguita la stampa diUscita livello 2". Si procede così fino all'uscita del livello 1, dove si ritor-na nel main, subito dopo il punto di chiamata della fun-zione, quindi al return. La ricorsione non è un procedimento facile da capire. E'infatti dal punto di vista teorico uno degli aspetti più

complessi della programmazione, in qualsiasi linguag-gio dove essa sia implementata.

REGOLE DI RICORSIONE

- Ogni livello ha le proprie variabili. La variabile "livel-lo" del livello 1 (scusate il gioco di parole) è infattidiversa dalla variabile omonima del livello 3. (valgonoinfatti rispettivamente 1 e 3).- Ogni chiamata ricorsiva è bilanciata con un ritornoalla funzione di partenza. In altre parole, se l'algoritmo èben scritto, si torna sempre al punto di chiamata dellafunzione al livello più basso.- Le istruzioni all'interno della funzione che si trovanoprima della chiamata ricorsiva sono eseguite nellostesso ordine in cui la funzione è chiamata. Notate che lastampa di "Entrata livello ..." segue l'ordine progressivo. Al contrario le istruzioni che seguono la chiamata ven-gono eseguite in ordine inverso, quindi dai livelli più altia quelli più bassi. La stampa di "Uscita livello .." è infat-ti in ordine decrescente.Interessante sapere che se ogni livello ha le proprievariabili, il codice non è duplicato. Il codice è unasequenza di istruzioni, e una chiamata di funzione è uncomando per andare all'inizio di questa sequenza.L'uscita da un livello della ricorsione riporta all'inizio diquesta sequenza.Algoritmi ricorsivi hanno largo impiego in quelleapplicazioni in cui si debba operare su dei dati la cuidimensione sia ignota in partenza. Si pensi ad esempio all'algoritmo di ricerca binaria, cheè quello che tutti usiamo per cercare una parola suldizionario. Si apre il dizionario a metà, se la parola che cerchiamoè in ordine lessicografico prima del punto raggiunto,apriamo il dizionario a metà del primo semiintervallo(quindi a un quarto), e così via (analogamente se è dopoprenderemo l'altro intervallo, e poi divideremo ricorsiva-mente quest'ultimo).Un'analisi più rigorosa e formale della ricorsione richie-de però nozioni informatiche teoriche abbastanza sofi-sticate, che non sono certo l'obiettivo di questo Corso. Chi fosse interessato, può approfondire l'argomento conlibri sulla teoria della programmazione (ne esistono albizzeffe, il più famoso è senz'altro "Algoritmi + struttu-re dati = programmi" di Niklaus Wirth, l'inventore dellinguaggio Pascal, sul quale si sono fatti le ossa genera-zioni di programmatori).Qui si è voluto solamente dare un'accenno alla questio-ne, giusto per conoscerne l'esistenza.Con questo si conclude l’ottava puntata del nostroCorso, non prima di assegnare come sempre un sempli-cissimo (veramente!!) esercizio: scrivere un programmache chieda all'utente di immettere due numeri e ne cal-coli la somma, ovviamente con una funzione a cui ven-gono passati gli addendi come parametri. Chiunque abbia letto bene la puntata deve essere ingrado di scriverlo a occhi chiusi. Buon lavoro.

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#include <stdio.h>

void ricorsione(int);

int main(void){

ricorsione(1);return 1;

}void ricorsione(int livello){

printf("Entrata livello %d\n", livello);if (livello <3)

ricorsione(livello+1);printf("Uscita livello %d\n", livello);

}

la ricorsione

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Elettronica In - novembre ‘99 31

Limitare un accesso, poter selezionare chi è abilitatoad entrare da una porta o ad escludere un determi-

nato sistema di sicurezza, è un problema sempre d'at-tualità, che in questi quasi cinque anni della nostra atti-vità abbiamo cercato di risolvere proponendo soluzioniclassiche ed all'avanguardia. Il pro-getto di queste pagine può essereconsiderato valido perentrambe le applicazio-ni, si tratta infatti diuna chiave elettroni-ca a tastiera e quin-di un circuitosostanzialmentetradizionale. Lanovità sta nellasemplicità delcircuito, unsolo integrato enella realizzazio-ne meccanica risolta con unatastiera a membrana piccola ed affidabile.L’unico integrato implementato è il nuovo micro dellaMicrochip PIC 12CE674, un dispositivo a 4+4 pin con-

tenente una CPU RISC (Reduced Instruction Set CPU)con architettura ad 8 bit, ben 2 KB di memoria di pro-

gramma (per istruzionidi 14 bit!) 128 Kx8bit di RAM, e 16byte di EEPROM,destinati nel nostrocaso alla memoriz-zazione del codi-ce. Tra le peculia-rità di questo chipricordiamo l'oscil-latore interno a 4MHz, program-mabile, che evitail quarzo esterno ela relativa rete dicompensazione.

Detto questo, pas-siamo subito a vede-re il circuito propostoin queste pagine, e lofacciamo al solito,

prendendo in considerazione il relativo schema elet-

SERRATURA ELETTRONICA

A COMBINAZIONESicura ed affidabile, è indicata per azionare impianti d'allarme,

porte elettrificate, cancelli, eccetera. Il codice (di 6 cifre) si digita su una piccola tastiera a matrice; al resto provvede un nuovo

microcontrollore Microchip, che da solo svolge tutte le funzioni,e comanda un relè d'uscita.

di Alberto Ghezzi

AUTOMAZIONE

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32 Elettronica In - novembre ‘99

lore U1; esso deve gestire e quindi leg-gere la tastiera a matrice in modo darilevare la chiusura dei vari tasti che lacompongono, poi, in base a quantoacquisisce, provvede a generare ledovute azioni locali. Inoltre si occupadella procedura di apprendimento delcodice-chiave, che possiamo introdurre

applicata l'alimentazione, tra i punti + e- Val, il micro si autoresetta e inizia asvolgere il programma in esso memo-rizzato; dopo aver inizializzato gli I/O (ipiedini 2, 7, 6, 4 sono Input, mentre 3 e5 vengono impostati come Output) perprima cosa testa il livello logico sul pie-dino 4, ovvero la condizione del dip-

di default (inizialmente è caricato 1, 2,3, 4, 5, 6). In questo caso occorre poiriaprire S1 (pin 4 dell'U1 allo stato logi-co 1) e spegnere e riaccendere il circui-to per renderlo operativo.Se invece alla partenza l'S1 è aperto, ilmicro svolge il normale programma difunzionamento, che prevede un'attesa di

schemaelettrico

trico. Notiamo dunque una strutturasemplicissima, dove il componenteprincipale è senz'altro il microcontrol-

mediante la chiusura del dip-switch S1,ovvero premendo il tasto del 5 entro 2secondi dall'accensione della scheda.Nei dettagli, le cose vanno così: appena

switch S1. Trovandolo chiuso parte lasubroutine di cancellazione dellamemoria EEPROM: elimina il prece-dente codice e lo sostituisce con quello

il microcontrollore PIC 12C674

Questo nuovo dispositivo Microchip risultaestremamente interessante poiché, a differenza

del noto PIC12C508, dispone internamenteanche di 16x8 celle di memoria dati EEPROM.

A sinistra, riportiamo lo schema a blocchi interno; sotto, la relativa pin-out.

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Elettronica In - novembre ‘99 33

2 secondi, evidenziata dall'accensione aluce fissa del led rosso, durante la qualeè possibile entrare in fase di program-mazione di un nuovo codice semplice-mente premendo il tasto del 5. Cosìfacendo viene avviata la subroutine dimemorizzazione: il PIC manda dueimpulsi a livello alto sul piedino 3

facendo lampeggiare altrettante volte illed LD1, quindi attende che venganodigitate dalla tastiera le 6 cifre compo-nenti il codice desiderato. A tal proposi-to va notato che dopo la digitazione delsesto numero la procedura terminaautomaticamente: a conferma, il led faaltri due lampeggi e poi resta spento.

Inoltre, il nuovo codice elimina quelloprecedente. Se entro i 2 secondi inizialinon si preme il tasto 5 il circuito svolgeil normale programma, nel quale ilmicro attende semplicemente che vengadigitato il codice d'accesso, a seguitodel quale comanda l'attivazione del relèd'uscita per un intervallo predefinito dicirca 2 secondi. Nei dettagli, notate chedigitando nell’esatta sequenza le 6 cifrecomponenti il codice disponibile inmemoria, il microcontrollore pone alivello alto per 2 secondi il proprio pie-dino 5, polarizzando la base del T1, ilquale va in saturazione ed alimenta labobina del piccolo relè RL1: lo scambiodi quest'ultimo, completamente dispo-nibile (sulla morsettiera sono presenti icontatti NA, NC e C) permette di chiu-dere il circuito di elettroserrature,impianti d'allarme d'ogni genere, maanche di avviare macchinari, computer,ecc. L'importante è ricordare che loscambio può commutare fino ad 1 A inreti funzionanti a non più di 250 Vac. E'interessante notare il particolare mododi leggere la tastiera, qui adottato prin-cipalmente perché i micro della serie

Per gestire la chiave a tastiera utilizziamo unsolo microcontrollore programmato in mododa leggere i tasti, verificare o memorizzare lecifre introdotte, quindi attivare le opportune

segnalazioni ed un relè. Il flow-chart qui illu-strato mostra come “gira” il programma. Inpratica, all'accensione e dopo l'inizializzazio-ne delle porte di I/O, viene testato innanzituttoil piedino 4, per vedere se il dip S1 è chiuso o

aperto: nel primo caso viene azzerata lamemoria EEPROM (da 16 byte) ed in essa

viene collocato il codice di default (123456).Viene poi verificata la pressione del tasto 5

della keyboard e se viene rilevata si attiva unasubroutine di apprendimento e memorizzazio-

ne, con la quale l'utente può introdurre unnuovo codice personalizzato, sempre di 6

cifre. Diversamente si entra nel normale fun-zionamento, nel quale il sistema attende in

loop che venga premuto uno qualsiasi dei tastinumerici 1÷9. Da notare che il programma

testa una sola volta il dip S1, e può entrare inapprendimento/memorizzazione del codice

solo due secondi dopo l'accensione: infatti illoop riguarda solo il confronto dei codici.Quindi volendo riprogrammare la chiave

occorre spegnerla, ovvero privarla dell'alimentazione.

il diagrammadi flusso

Maggiore di una nuova famiglia di PIC, quello che abbiamo usato è uno deinuovi nati di casa Microchip, realizzato su un'architettura RISC ad 8 bit (il setconta 35 istruzioni...) provvisto di generatore interno del clock operante fino a10 MHz, di un contatore/timer ad 8 bit utilizzabile come divisore di frequenzafino a 1/64, nonché di un A/D converter, ad 8 bit anch'esso, collegabile ad una

delle linee di I/O. La memoria di programma è una Flash-EPROM da 2048byte da 14 bit (anziché da 8) per poter contenere programmi scritti in

PicBasic; vi sono poi 128 Byte di RAM, e 16 Byte di EEPROM per la caratte-rizzazione. Il registro di I/O conta 6 linee esterne che sono GP0 (pin 7) GP1

(6) GP2 (5) GP3 (4) GP4 (3) e GP5 (2) oltre a due mappate internamente maprive di connessioni con l'esterno: queste servono per il colloquio tra la CPUe la EEPROM, che ha la particolarità di essere collegata mediante un I²C-bus

realizzato nel chip; le linee SCL ed SDA sono rispettivamente GP7 e GP6.Degli I/O, notate che GP0, GP1 e GP3 possono avere la resistenza di pull-upinterna inseribile via software; GP3 può servire, in programmazione, da reset

(/MCLR, a zero logico) o da Vpp (livello alto).

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tore C1 fa in modo che premendo untasto venga prodotto un impulso a livel-lo basso sulla rispettiva riga (ad esem-pio, per 1, 2, 3 sulla prima, nella secon-da per 4, 5, 6, ecc.) proprio sfruttando ilfatto che inizialmente il condensatore èscarico. Siccome R2, R3 ed R4 hannovalori decisamente differenti, le costan-ti di tempo dovute a ciascuna colonnasono alquanto diverse, e perciò facil-mente distinguibili dal software: così,se viene ricevuto un impulso sullaprima riga, il microcontrollore puòsapere se deriva dall'incrocio con laprima colonna (tasto 1) con la seconda(tasto 2) o con la terza (tasto 3). Lo stes-so vale per le altre due righe.Ovviamente dopo ogni lettura il C1viene scaricato tramite la stessa lineadel micro attraverso la quale è statoletto l'impulso, posta a zero logico subi-to dopo. L'intero circuito funziona a

la prima cosa da fare è preparare il cir-cuito stampato, per fotoincisione, rica-vando la necessaria pellicola da unafotocopia della traccia lato rame illu-strata in questa pagina a grandezzanaturale. Inciso e forato, lo stampato èpronto ad accogliere i componenti: ini-ziate inserendo le resistenze e i diodi alsilicio, quindi lo zoccolo per il PIC,badando di orientarlo in modo che lasua tacca di riferimento stia rivolta adS1. Sistemate il transistor ed il regola-tore integrato (in contenitore TO-92)78L05, orientandoli come mostra la dis-posizione componenti illustrata in que-ste pagine; inserite e saldate il relèminiatura RL1 (di tipo ITT-MZ a 12V,o similare) e poi, per agevolare le con-nessioni con il suo scambio e con l'ali-mentatore, montate due morsettiere apasso 5 mm per c.s. in corrispondenzadei rispettivi fori: la prima deve essere

sioni identificate a priori i rispettivicontatti, aiutandovi con la documenta-zione fornita dal rivenditore, o facendoqualche prova con il tester dispostocome ohmmetro: ponendo i puntali sudue elettrodi provate a premere tutti itasti, uno dopo l'altro, verificando conquale si ha la continuità. Identificati glielettrodi potete connetterli con dei fili airispettivi punti della basetta, siglati R1,R2, R3 per le righe, e C1, C2, C3 per lecolonne. Inoltre, se non avete usato latastiera miniatura da noi proposta, allepiazzole LED e K collegate con duespezzoni di filo un led rosso, ricordan-do che K è il catodo e deve andare alterminale più corto, ovvero a quello chesta dalla parte smussata del componen-te. Bene, completato il montaggio, fini-te le saldature, potete inserire il micro-controllore già programmato con l'ap-posito software nel suo zoccolo, badan-

piano di montaggio

COMPONENTI

R1: 560 OhmR2: 2,2 KOhmR3: 1,5 KOhmR4: 100 OhmR5: 47 KOhmR6: 4,7 KOhmR7: 47 KOhmC1: 100 nF

multistratoC2: 220 µF 25VL

elettroliticoC3: 100 nF

multistratoC4: 220 µF 25VL

elettrolitico

U1: PIC12CE674 programmatoMF305

U2: 78L05 D1: 1N4007 diodoD2: 1N4007 diodoS1: dip switch

T1: BC547B transistor NPN

RL1: Relè 12V miniatura

TST: tastiera 9 tasti

Varie:- zoccolo

4+4 pin;- morsettiera

3 poli;- morsettiera

2 poli;

- connettore strip 5 poli (2 pz.);

- stampato cod. S305.

(Tutte le resistenzesono da 1/4W contolleranza del 5%)

PIC12CE67x non dispongono di I/O asufficienza per implementare il classicometodo della scansione a riga e colon-na. Praticamente, non disponendo di 6linee (3 per le righe e 3 per le colonne)abbiamo usato soltanto 3 pin dell'U1,chiudendo a massa i contatti dellecolonne, ciascuno con una resistenza, etutti con un condensatore in comune.Così facendo la lettura non avviene conla solita scansione, ma rilevando suogni riga la durata dell'impulso dovutoa ciascuna colonna: infatti il condensa-

tensione continua di valore compresotra 10 e 15 volt, da applicare ai contattiVal; il diodo D1 protegge dall'inversio-ne di polarità, mentre il regolatore U2assicura i 5 volt perfettamente stabiliz-zati necessari al microcontrollore.

REALIZZAZIONEPRATICA

Completata la descrizione dello schemaelettrico, possiamo vedere comecostruire in pratica la chiave a tastiera:

tripolare, la seconda a 2 poli. Per com-pletare l'opera occorre saldare due filedi punte a passo 2,54 mm, ciascuna da5 pin, in corrispondenza dei dieci forisiglati "TASTIERA": serviranno perl'inserzione dei connettori della tastieraa matrice; nei collegamenti è compresoil led incorporato nella piccola key-board. Ad ogni modo, ricordate che latastiera deve essere a matrice, da alme-no 3 righe per 3 colonne. Se utilizzateuna tastiera diversa da quella da noiproposta, per non sbagliare le connes-

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Elettronica In - novembre ‘99 35

che conviene compiere è staccare l'ali-mentatore, chiudere il dip-switch, erialimentare la scheda: così si cancellala memoria EEPROM e viene memo-rizzato il codice di default; si accendedunque il led rosso, e se entro duesecondi non si fa nulla la chiave diven-

ta operativa. Per verificare se lavoracorrettamente, basta comporre il codicedi default, che è quello caricato dal soft-ware in EEPROM dopo la cancellazio-ne forzata: digitate in sequenza 1, 2, 3,4, 5, 6, allorché deve accendersi il ledrosso, accompagnato dall'innesco del

relè; quest'ultimo deve ricadere dopo 2secondi.Provate dunque a sostituire il codicecon uno nuovo seguendo la proceduradi riprogrammazione del codice giàspiegata duranta del descrizione delsoftware contenuto nel micro.

do di far coincidere la tacca di riferi-mento con quella sottostante. Ora laserratura elettronica è pronta: per farlafunzionare, almeno per una primaprova, alimentatela pure con una batte-ria da 9 volt, o con qualsiasi alimentato-re capace di fornire da 10 a 15 V in con-tinua, ed una corrente di 70÷80 mil-liampère, applicando il positivo sul+Val ed il negativo sul - (massa).Appena fornita l'alimentazione siaccende il led rosso e si spegne dopocirca 2 secondi. La prima operazione

PER IL MATERIALE

Il progetto descritto in questepagine è disponibile in scatola dimontaggio (cod. FT305) al prez-zo di 56.000 lire. Il kit compren-de tutti i componenti, la basettaforata e serigrafata, il microcon-trollore già programmato e latastiera a matrice. Il micro giàprogrammato (cod. MF305) e latastiera a matrice (cod. TST09)sono disponibili anche separata-mente al prezzo rispettivamentedi 25.000 e di 26.000 lire. Tutti iprezzi sono comprensivi di IVA.Il materiale va richiesto a:Futura Elettronica, V.leKennedy 96, 20027 Rescaldina(MI), tel. 0331-576139.

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Via Val Sillaro, 38 - 00141 ROMA - tel. 06/8104753

Else Kit

La nostra serratura elettroni-ca è realizzata su un piccolostampato da 6,5 x 4 centime-tri. Alla basetta risulta colle-gata, tramite un cavo flessibi-le, una tastiera a matrice di 3

x 3 pulsanti. La tastieramisura 4 x 5 cm, è ermeticaed i tasti implementati pre-sentano l’effetto tattile. Amontaggio ultimato potetesistemare la chiave dove

meglio credete. Il fissaggiodella tastiera non richiedeparticolari accorgimenti, è

sufficiente rimuovere la pelli-cola protettiva, appoggiare latastiera contro la superficie acui vogliamo incollarla e pre-

mere per qualche secondo.

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xxxxxxxxx

xxxxxxxxxxxxxxxxxx

di xxxxxx

Vista l’importanza assunta nell’ulti-mo decennio dalla TV

via-satellite, e conside-rata la diffusione diricevitori e antennenelle case degli ita-liani, ci è sembratodoveroso dedicareun po’ dellanostra attenzio-ne anche a que-sta interessantetecnologia: è cosìche dopo aver pubbli-cato, nello scorso settem-bre, il progetto di un semplice tester perLNB, torniamo con un nuovo dispositivodedicato agli installatori. Si tratta sempre diun analizzatore, realizzato però per controlla-re l’intensità del segnale; questa funzione ciserve non tanto per sapere quanti sono i microvolt, o idBm, ma per avere un indicatore con il quale corregge-

re l’orientamento della parabola al fine di ottenere, unavolta agganciato un satellite, la miglior ricezione possi-

bile. Il circuito è davvero semplice, e consiste in unvoltmetro a barra di led, realizzato con il solito

LM3914 National Semiconductors, edin uno stadio preamplificatore e

raddrizzatore a transistor,diodi e operazionali,necessario a trattare ilsegnale RF intercettatolungo il collegamento tra

LNB ed ingresso del rice-vitore. Chiaramente il dispo-

sitivo è progettato per non cari-care eccessivamente la linea e non

introdurre alcuna componente conti-nua, poiché, è noto, i convertitori per

TV da satellite presentano sul connettored’ingresso una tensione usata per la polariz-

zazione degli LNB: nei dispositivi doppi taletensione è intorno ai 12÷13 volt per attivare il

destro (RHCP) e di circa 18 V per inserire solo il sini-

TESTERANALOGICO

PER PARABOLEPratico e compatto analizzatore dei segnali provenienti dagli LNB delle

antenne per TV da satellite: consente di misurare la potenza del segnale, equindi di orientare perfettamente la parabola per avere la miglior ricezione,

ma anche di controllare la tensione di alimentazione nei doppi LNB.

STRUMENTI

di Francesco Doni

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stro (LHCP). Andiamo dunque a stu-diare lo schema elettrico. Con la com-ponente continua presente nel cavo diconnessione LNB/ricevitore vengonoalimentati tutti i componenti attivi(l’integrato ed i transistor), a ciò prov-vede un regolatore discreto formato daT1, montato a collettore comune, pola-rizzato in base dalla tensione che ildiodo Zener DZ1 stabilizza intorno ai 9volt. La resistenza R1 limita la corren-te nel diodo. La bobina L1 (un’indut-tanza molto comune, di tipo VK200...)forma, insieme al condensatore C1, unfiltro passa-basso indispensabile perevitare che la radiofrequenza presentenel cavo di connessione tra LNB e con-vertitore satellitare faccia oscillare iltransistor T1 e gli integrati. Il debolesegnale RF che passa dal cavodell’LNB, verso il ricevitore “sat”,viene prelevato dagli stadi di amplifica-zione tramite il condensatore C6, chenel contempo blocca la tensione conti-

nua di polarizzazione (i 13÷18 voltprodotti dal ricevitore ed utilizzati peralimentare gli LNB...). Il primo ele-mento attivo è T2, che amplifica einverte di fase il segnale, dato che fun-ziona in configurazione ad emettitorecomune (la retroazione è tra collettore

e base, ed opera sia in continua che inalternata). Tramite C7 la radiofrequen-za raggiunge il secondo stadio, identicoal primo e basato sull’NPN T3 che, sfa-sando di mezzo periodo, riporta ilsegnale in fase con quello intercettatolungo il canale LNB-ricevitore. Sul C8abbiamo dunque una tensione la cuiampiezza è sufficiente a passare il bloc-co raddrizzatore/rivelatore formato daidiodi D1 e D2, e preceduto da un filtropassa-banda composto da C8/R10 eR3/C10, il cui scopo è quello di lasciartransitare prevalentemente determinatefrequenze: appunto, quelle uscentidall’LNB, dell’ordine di 0,95÷1,45GHz. Il raddrizzatore permette di rica-vare una tensione unidirezionale, quin-di continua, che viene resa omogenea epressochè costante dal C11, così dapoterla misurare con un voltmetro incontinua.Va però notato che prima di quest’ulti-mo è stato posto uno stadio ad amplifi-

schema elettrico

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catori operazionali, utile ad introdurrenella misura un certo offset: pratica-mente, anche con l’aiuto del trimmerR5, è possibile alzare o abbassare ilpunto di partenza della barra di led, inmodo da rendere più o meno sensibileil misuratore. Così è possibile, dopo

aver agganciato un satellite e quindi uncanale, azzerare la scala e spostare leg-germente la parabola fino a trovare laposizione che consenta la più alta indi-cazione possibile (massimo segnale).Comunque, l’operazionale U1a serveper amplificare la tensione ricavata dalraddrizzatore, mentre U1b costituisceuna sorta di riferimento: il primo portala componente continua da misurareallo stadio d’ingresso dell’LM3914,mentre il secondo produce un potenzia-le fisso (notate che è connesso comebuffer, cioè amplificatore non-inverten-te a guadagno unitario) e determinatosostanzialmente dal valore della resi-stenza R15, ovvero dal prodotto di que-sta e della corrente uscente dal termi-

(fondo-scala). Così si è certi che il rife-rimento del comparatore relativo all’ul-timo led sia 1,25 volt più alto di quellodel primo, dato che il generatore inter-no all’U2 sviluppa appunto tale tensio-ne; insomma, l’LM3914 accende undiodo ogni 0,125 Volt.Naturalmente, per la connessione fattanel circuito questi valori si intendono apartire dalla soglia di zero relativo, chepoi coincide con il potenziale presentesul piedino 7 dell’U1b, qui entra ingioco la seconda funzione di questooperazionale, che fa anche da riferi-mento per l’amplificatore U1a (unamassa fittizia). Tale riferimento puòessere comunque modificato agendosul trimmer R5 che, in ultima analisi, è

nale REF. Tale tensione fa da riferi-mento per il piedino 4, cioè per il“piede” del partitore multiplo internoall’LM3914, così da stabilizzaresostanzialmente la differenza di poten-ziale tra l’accensione del led menosignificativo (LD10) e quella dell’LD1

quello con cui, durante le misure, sipotrà fissare la partenza della scala perverificare la variazione dell’ampiezzadel segnale captato dalla parabola.Pertanto, il predetto arco di 1,25 volt siintende come massima escursione delsegnale RF raddrizzato e livellato.

Conviene inserire il SAT-FINDER in un contenitore permontaggi elettronici grande poco più della basetta.

E’ nexessario prevedere i fori per i piccoli led, per ilperno del potenziometro, e per il fissaggio dei connettori

coassiali standard per i ricevitori satellitari. Questi vanno collegati con cortissimi spezzoni di filo dirame alle rispettive piazzole quindi, per accorciare ilpiù possibile i collegamenti, conviene innanzitutto che

ciascuno stia dal lato della scatola vicino ai punti previsti per esso nello stampato. In pratica, l’ingressodall’LNB va vicino ai contatti contrassegnati con LNB,

mentre il connettore d’uscita deve essere collocatodavanti alle piazzole siglate DECODER.

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Notate che l’LM3914 funziona da volt-metro elettronico con visualizzazione apunto luminoso, non a barra: infatti aciò provvede la polarizzazione del pie-dino 9. Riguardo la struttura circuitale,osservate un particolare: pur funzio-nando a tensione singola e non duale(come servirebbe...) gli amplificatorioperazionali (entrambi contenutinell’U1) non necessitano del partitoreche dia metà dell’alimentazione sul-l’ingresso non-invertente. Infatti U1bha già il suo riferimento dato dalla ten-sione ai capi della R15, che porta inal-terata alla sua uscita, mentre U1a rice-ve dall’U1b il riferimento necessario.Detto questo passiamo a vedere comecostruire il tester per parabole: innanzi-tutto occorre preparare il piccolo cir-cuito stampato da noi previsto, proce-dendo per fotoincisione e ricavando lanecessaria pellicola dalla traccia latorame illustrata in queste pagine in scala1:1. Fatto ciò e terminata la foratura,montate dapprima le resistenze e idiodi, quindi gli zoccoli per i due inte-grati (cercate di orientarli con le tacchedi riferimento rivolte come indica la

disposizione dei componenti visibile inqueste pagine) il trimmer R5 e poi icondensatori, prestando attenzione alloro verso. Sistemate poi il transistorT1, badando che la sua parte piatta stiarivolta al C3. Per tutti i transistor rac-comandiamo di tenerli molto bassi,ovvero di saldarli in modo che i loroterminali siano più corti possibile. Labobina L1 è una VK200 e si montasenza verificare la polarità. Quanto ai10 led, dovete collocarli ciascuno comemostra l’apposito disegno, cioè tutti in

fila su un lato, alla stessa altezza, e conle parti smussate (catodo) verso l’inter-no della basetta. Se volete usare piùagevolmente lo strumento, potete sosti-tuire il trimmer con un potenziometrolineare di uguale valore, che abbiapasso adatto a quello previsto dallepiste del circuito stampato. In alternati-va, provvedete a disporlo all’esterno(magari su un pannello della scatola incui racchiuderete il tutto...) collegando-lo con corti spezzoni di filo. Per le con-nessioni con LNB e ricevitore satellita-re consigliamo di prevedere due appo-siti connettori tipo F. Finite la saldatu-re, inserite gli integrati negli appositizoccoli.L’intero strumento conviene sia collo-cato in un contenitore per montaggielettronici grande poco più della baset-ta: dovete prevedere i fori per i piccoliled, per il perno del potenziometro, eper il fissaggio dei connettori coassialistandard per i ricevitori satellitari.Questi ultimi vanno collegati con cor-tissimi spezzoni di filo di rame allerispettive piazzole, quindi, per accor-ciare il più possibile i collegamenti,

piano di montaggio

COMPONENTI

R1: 470 OhmR2: 330 OhmR3: 330 OhmR4: 5,6 KOhmR5: 10 KOhm

trimmer M.V. R6: 470 KOhmR7: 2,2 KOhmR8: 47 KOhmR9: 47 KOhmR10: 47 OhmR11: 100 KOhmR12: 2,2 KOhmR13: 10 KOhmR14: 100 OhmR15: 8,2 KOhmC1: 100 pF ceramicoC2: 100 µF 16VL

elettroliticoC3: 100 nF

multistratoC4: 100 nF

multistrato

C5: 100 nF 63VL poliestere

C6: 2,2 pF ceramico

C7: 3,3 pF ceramico

C8: 47 pF ceramico

C9: 220 pF ceramico

C10: 470 pF ceramico

C11: 1000 pF ceramico

C12: 47 µF 25VL elettrolitico

C13: 100 nF 63VL poliestere

D1: Diodo BAT85D2: Diodo BAT85DZ1: Diodo

zener 5,6 VT1: BC547 transistorT2: BFR193 o

equivalente

T3: BFR193 o equivalente

L1: Impedenza VTK200

LD1 ÷ LD10: LED rossi 3mm

U1: TL082U2: LM3914

Varie:- zoccolo 9 + 9;- zoccolo 4 + 4;- presa F da pannello;

- contenitore Teko coffer 1

- stampato cod. L056.

(le resistenze sono da 1/4W 5%)

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Elettronica In - novembre ‘99 41

conviene innanzitutto che ciascuno stiadal lato della scatola vicino ai puntiprevisti per esso nello stampato. In pra-tica, l’ingresso dall’LNB va vicino aicontatti LNB, mentre il connettore d’u-scita deve essere collocato davanti allepiazzole siglate DECODER. Sistematiquesti dettagli l’apparecchio è prontoper l’uso: non richiede alimentazioneperchè preleva la corrente che glioccorre una volta collegato con l’appo-sito cavo coasssiale di salita (verso laparabola) al ricevitore satellitare.Prima di ogni misura, conviene tararlorapidamente connettendolo solo alricevitore SAT, quindi senza ancoraattaccare l’LNB: così facendo lo si ali-menta e, agendo sull’R5 (trimmer opotenziometro che sia...) si eguaglianoi potenziali dei piedini 4 e 5dell’LM3914. Conviene prima arrivarea far accendere il primo led (LD10)quindi ruotare molto lentamente ilperno dell’R5 fino a farlo spegnere: intal modo si è certi che lo strumento siaazzerato, ovvero che in assenza disegnale la scala sia a zero. Connettendoanche l’LNB e dirigendo la parabolanella direzione di un satellite TV, sideve accendere almeno uno dei led apartire da LD10 verso LD1, tanto piùforte è il segnale; registrando finemen-te la posizione dell’antenna, il puntoluminoso deve spostarsi sempre più inalto: mantenete dunque l’orientamentoche permetta di avere il massimo livel-lo del segnale, verificando ovviamente,con un televisore, che la trasmissioneresti sempre la stessa e che l’immaginericevuta sia di buona qualità. Qualorala RF fosse molto forte e lo strumentotendesse ad accendere subito uno degliultimi led (LD3, LD2, LD1) poteteagire sul solito R5 per spostare in basso

lo è un misuratore di potenza delsegnale in arrivo dall’LNB delle para-bole utilizzate per la ricezione della TVda satellite; lo scopo non è conoscereesattamente l’ampiezza della RF, quan-to piuttosto avere un indicatore dellasua variazione man mano che si spostain una direzione o nell’altra l’antenna.Ciò è molto utile agli antennisti edinstallatori di impianti TV-sat, perchèuna volta ricevuto un determinatosatellite occorre sapere con precisionequale sia la posizione che dia la miglio-

catore segna il massimo, significa chesi è trovata la posizione adatta, quindisi può procedere al fissaggio dellaparabola. Il nostro dispositivo è utileanche con gli impianti a doppio LNB,che possono “agganciare” due diversisatelliti senza motorizzare la parabola;inoltre, è valido anche per chi installaantenne motorizzate: in questo casoconsente di trovare ed annotare le posi-zioni esatte (con tanto di gradi e deci-mali...) per la buona ricezione dei varisatelliti TV.

traccia lato rame in scala 1:1

traccia lato componentiin scala 1:1

la scala, ovvero per azzerarla o ridurrel’indicazione al primo led (LD10):quindi procedete pure con la correzionedella parabola, cercando sempre diavere la massima ricezione possibile.Lo strumento proposto in questo artico-

re ricezione possibile. Ed allora bastaavere un voltmetro, anche non tarato inmV, µV o dBm, per vedere come varial’ampiezza del segnale ricevuto in basealla direzione della parabola: quando,restando sulla stessa emittente, l’indi-

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Non è passato molto tempo da quando abbiamocominciato a fare le prime prove con i sistemi di

identificazione del chiamante,utilizzando un nuovo ser-vizio (almeno per ilnostro paese) checonsente a chi riceveuna telefonata diconoscere il numerodi chi sta chiamando.Abbiamo capito chequesto servizio assu-merà col tempoun’importanza sem-pre maggiore e perquesto motivo abbia-mo già avuto modo dipresentarvi due progettiche si basano su di esso.Entrambi i circuiti utiliz-zano un componente dedi-cato, l’MT8843 Mitel, chefunziona egregiamente e ciha permesso di mettere a punto,

con l’ausilio di un microcontrollore, circuiti affidabili eprecisi destinabili ad impieghi casalinghi o professio-nali. In queste pagine presentiamo un prodotto che insintesi fa quello che diceva la recente rèclame televisi-va dell’identificatore fornito dalla Telecom (Chi è? No,non è una domanda, ma il nome del servizio...) e checerto ricordate. Sostanzialmente permette di vedere

subito su un display LCD, e senza l’ausilio di altriapparati (leggi computer) chi

sta chiamando, dandociperciò la possibilità di

decidere se rispondere omeno. Il progetto di

questo articolo sfrut-ta l’identificativo

per PC presentatonel fascicolonumero 42 acui va opportu-

namente inter-facciato. Nasce

così il circuito descritto in questepagine, semplice e funzionale, che va inserito nellozoccolo riservato al MAX232 (dal quale preleva anche

Elettronica In - novembre ‘99 43

DISPLAY PERIDENTIFICATIVODEL CHIAMANTE

Collegato alla linea del telefono consente di vedere subito, grazie ad un visualizzatore a cristalli liquidi, il numero di chi sta chiamando;

possiamo così decidere se rispondere o lasciar squillare. Il sistema può inoltre essere interfacciato alla porta seriale RS232

di un qualsiasi personal computer.

di Alberto Ghezzi

TELEFONIA

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La particolare circuitazione prevede il trasferimento dei pin delMAX232 dalla piastra base a quel-la di visualizzazione, ciò avviene

grazie a due file di pin che si infilano nello zoccolo previsto peril MAX232 originale. Riusciamoquindi a raggiungere il duplicescopo di utilizzare l’interfaccia

seriale RS232C, e prelevare isegnali digitali elaborati dal

microcontrollore della base.

44 Elettronica In - novembre ‘99

l’alimentazione...) e consente non solodi continuare (volendo) ad usare l’iden-tificatore con il computer, ma anche divedere subito sul display il numero delchiamante, oltre alla data, all’ora, edall’eventuale informazione di indispo-nibilità relativa ai casi in cui la centraletelefonica non manda l’identificativoperché riservato, escluso dall’utente odisattivato. La particolare circuitazione prevede iltrasferimento del MAX232 sulla stessascheda visualizzatrice, grazie a due filedi pin che si infilano nello zoccolo pre-visto per esso sulla scheda di base; cosìfacendo riusciamo a raggiungere ilduplice scopo di utilizzare l’interfacciaseriale RS232-C, e prelevare i segnalidigitali elaborati dal microcontrolloreU4 ed inviati, a 9600 baud, dal piedino6 del micro al pin 10 del convertitoredi livello MAX232 (U3).Dando un’occhiata allo schema elettri-co del circuito ed a quello del più gran-de identificatore per PC, possiamovedere in maniera piuttosto chiaracome funzionano le cose. In sintesi,diciamo che la scheda visualizzatricelegge gli stessi dati prelevatidall’MT8843 e convertiti dal micro-controllore U4 per essere inviati, trami-te il converter TTL/RS232-C (U3), allaporta seriale del computer eventual-mente collegato al connettore da 25

pin. Otteniamo il “prelievo” delleinformazioni senza ritoccare in alcunmodo la scheda dell’identificatore perPC poiché ci colleghiamo direttamenteallo zoccolo del MAX232 della base,ciò consente di portare il segnale dalpin 10 di quest’ultimo (rinominato U1nello schema del visualizzatore...)direttamente al 13 di un secondo micro,U2. Questi è un PIC16F84 programma-to per interpretare i dati e mandarli informato ASCII al display LCD, prov-vedendo alle necessarie temporizzazio-ni. Il display è il classico 2 righe x 16caratteri, tipo CDL4162 o compatibile,e consente di visualizzare il numerotelefonico relativo ad ogni chiamataricevuta dalla scheda-base, nonché dataed ora estratte dalla stringa. Prima di

passare ai dettagli riguardanti il visua-lizzatore, riassumiamo brevemente ilfunzionamento dell’identificatore pro-posto nel fascicolo numero 42.

LA SCHEDABASE

L’interfaccia verso la linea telefonicaprevede una sezione isolata galvanica-mente allo scopo di separare il doppinodalla massa del circuito, evitando il tra-sferimento di interferenze che nonfarebbero certo bene al microcontrollo-re. Per prelevare la fonìa abbiamoimpiegato un trasformatore d’accop-piamento telefonico 1:1 che dal secon-dario porta il segnale digitale FSKverso i piedini 1 e 2 (IN+ ed IN-)dell’MT8843, passando dalla rete diprotezione. Quest’ultima serve ad evi-tare che durante le chiamate l’alternata(da ben 80 Veff.) passando attraverso iltrasformatore (che è un 1:1) raggiungail chip danneggiandolo: allo scopo idiodi D2, D3, D4, D5 tagliano le ten-sioni maggiori di 0,6 volt, aiutati dalleresistenze R1, R2, R3 ed R4, che assi-curano in ogni situazione la necessarialimitazione della corrente. L’isolamento in continua per TF1 ègarantito da C4 sul primario (lato linea)e da C11 e C12 sul secondario.Siccome non usiamo il ring-detector,abbiamo posto fissi a zero logico i pie-dini 9 (modo asincrono) il 14 (PowerDown) mentre il pin 15 (Enable deldemodulatore FSK) è ad uno logico;così l’MT8843 funziona sempre e nonrichiede il trigger, perciò è pronto inogni momento, indipendentementedalle condizioni della linea o dall’arri-vo o meno di una alternata di chiamata.Mediante i piedini 1 e 2 e l’apposita

schema elettrico

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interfaccia, la stringa di dati contenen-te i 3 treni di impulsi relativi al “risve-glio” (funzione di Tone Alert, che perònon usiamo) al sincronismo, ed alleinformazioni identificative vere e pro-prie, raggiunge l’integrato Mitel. Per il formato ed il contenuto del trenodi impulsi inviato dalla centrale telefo-nica rimandiamo all’articolo pubblica-to nel fascicolo n° 42 di Elettronica In.Qui ci limitiamo ad esaminare le variefasi del funzionamento dando per scon-tato che conoscete il protocollo.

IL DECODIFICATOREDELLA MITEL

Il segnale giunge in forma di notamodulata in frequenza (FSK) a stan-dard CCITT V23 (per l’Europa el’Italia; in U.S.A. viene invece adope-rato lo standard Bell 202) con 0 corri-spondente a 2200 Hz ed 1 equivalente a1300 Hz. L’MT8843 dispone interna-mente di un filtro ed un demodulatoredi frequenza capace di estrarre gliimpulsi digitali, che poi manda al pie-dino 17 (Data). Da esso le informazio-ni raggiungono il microcontrollore alpin 7, inizializzato come input dei dati:il software provvede a gestirle ed aconvertirle dopo averle analizzate;infatti il formato è N, 8, 1 (No parity, 8bit di dati, 1 bit di stop) con velocità di1200 baud, mentre dal micro vengonoinviate all’interfaccia RS232-C semprein forma N, 8, 1, ma a 9600 baud, persfruttare la velocità relativamente altagarantita dalle COM solitamenteimplementate nei computer. All’arrivo dei dati demodulati dal chipMitel, il PIC U1 li acquisisce e, nota laloro struttura, “processando” data, orae numero telefonico; come primo passo

va a vedere se il numero è effettiva-mente presente, poiché se in una chia-mata l’ID è escluso, non inviabile oriservato, deve creare il relativo caratte-re da inviare serialmente dall’uscita(pin 6). Dunque, seguiamo ordinata-mente le varie fasi: giunto il primo datoed accertato che sia 80 hex (codice cor-rispondente al messaggio ID) si attendela seconda parte, indicante in formaesadecimale la lunghezza della stringain caratteri che può essere 16 hex (22caratteri) o 17 (23 caratteri). Ciò vienemantenuto in RAM per la verifica fina-le necessaria ad accertare l’integrità ela correttezza dei dati decifrati. E’ poila volta dei 2 caratteri seguenti, indi-canti la disponibilità (01) della data edell’ora e la lunghezza del rispettivo

blocco di impulsi (normalmente 08=8caratteri). Di seguito arrivano altri duecaratteri, dei quali il primo ci dice se ilnumero telefonico del chiamante è dis-ponibile (02 esadecimale) o non pre-sente (04 hex) ed il secondo la lun-ghezza, ovvero le cifre che lo compon-gono, compreso il prefisso: anche que-sti vanno in RAM. Chiaramente se ilnumero non è disponibile la lunghezzaè 01, perché al suo posto il protocolloprevede un’unica cifra (70 hex) checorrisponde a 112 decimale e che, nellatabella dei codici ASCII, equivale allalettera P (Private=numero riservato).Se invece il numero è presente lo legge,lo mantiene momentaneamente nellasolita RAM, acquisisce l’ultimo carat-tere della stringa, contenente il check-

Il PIC16F84 montato sulla scheda di espansione permette divisualizzare le informazioni della

chiamata partendo dalla stringa didati prelevata dalla linea telefonicamediante l’MT8843 presente sulla

scheda base. Il software che consen-te ciò è schematizzato dal flow-

chart a lato; inizializzati gli ingressie le uscite viene visualizzata la

scritta SYSTEM STARTUP. Fattoquesto il PIC attende il bit di startsul canale d’ingresso, converte i

rispettivi dati in formato compatibi-le con il display, pilotando quest’ul-

timo affinché visualizzi le relative indicazioni. Dopo ogni operazionedi visualizzazione il circuito rimanein attesa di un’ulteriore chiamata, erestano visualizzate le informazioni

ricevute dalla scheda dell’identificatore.

il diagramma di flusso

TTTTOOOOMMMMBBBBOOLLLL AAAA EELLLLEEEETTTTTTTTRROONNNNIIIICCCCAAVersione “anni 2000” del popolare gioco natali-

zio: è in pratica un sorteggiatore di numeri da 1 a90, realizzato grazie ad un microcontrollore Microchip

che pilota una coppia di display a led e che può essere col-legato al tabellone luminoso. Il kit comprende un software perPC che permette la stampa delle cartelle. FT257K L. 58.000E’ disponibile inoltre un modulo “tabellone luminoso” che permette di visua-lizzare i numeri già estratti mantenendo lampeggiante l’ultimo fino alla successivaestrazione. Resta escluso il tabellone che va autocostruito. FT258K L. 96.000

Per maggiori informazioni o per effettuare ordini rivolgersi a:

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la scheda base

sum, e verifica integrità e correttezzadel messaggio appena ricevuto: in casonegativo termina le operazioni, ma se ilmessaggio è decodificato correttamen-te procede avviando la routine di tra-smissione seriale. Emette sul propriopin 6 i dati da destinare al PC tramite ilMAX232; ed è qui che si inserisce ilmicrocontrollore della piccola schedavisualizzatrice.

IL CIRCUITOVISUALIZZATORE

L’unico integrato utilizzato (U2, unPIC16F84) è programmato per decifra-re i codici presenti sul canale seriale ecomandare un display LCD in modo davisualizzarli. Allo scopo il relativo soft-ware provvede all’acquisizione deirelativi caratteri in formato ASCII,quindi “lancia” la subroutine basata sulcomando LCDOUT del PicBasicCompiler. Si tratta di un’istruzioneBasic disponibile per i componentiMicrochip e che permette di comanda-re display basati sul chip Hitachi 44780(praticamente quasi tutti quelli disponi-bili in commercio e destinati ad appli-cazioni generiche) conoscendo il for-mato da essi richiesto. Quanto al controllo dell’LCD, sappia-mo che il piedino 6 è quello che indicaal 44780 il tipo di informazioni in arri-vo (0=dati; 1=comandi) mentre l’8 èl’Enable del buffer; il 7 (R/W) è messoa zero logico perché usiamo il disposi-tivo come elemento passivo, quindi attosoltanto a ricevere dati. Alla luce di

formato a 4 bit (pin 6, 7, 8, 9) quindipone per un attimo a livello alto il pie-dino 11 (input comandi) ed a zero il 10(8 del display). Per scrivere un caratte-re la sequenza è simile: l’unica diffe-renza sta nel fatto che il pin 11 (6 deldisplay) è forzato a zero logico (inputdati). Detto questo possiamo conclude-re la descrizione del circuito dicendoche all’arrivo di ogni telefonata e quin-di di una stringa valida, il visualizzato-re ne mostra il contenuto indipendente-mente dal fatto che sia disponibile omeno il numero telefonico del chia-mante: nella riga superiore risultanodata ed ora, rispettivamente nel forma-

mante lo ha nascosto prima di telefona-re (in Italia ciò si fa componendo prima*67#, ovvero 1793 se si ha il telefonoad impulsi...) oppure se la centrale nonlo invia perché non ancora predisposta,o per un guasto, o semplicemente per-ché è riservato, al posto del numeroesce la scritta “NON DISPONIBILE”costruita dal software del PIC16F84quando all’ingresso dei dati riceve ilcarattere ASCII corrispondente alla let-tera P, inviatogli dall’MT8843. Notateinfine che, sfruttando lo zoccolodell’U3 per connettere la scheda divisualizzazione, il MAX232 viene spo-stato su quest’ultima ed ovviamente

Aggiungendo la scheda di visualizzazione all’unità base presentata sul fascicolo 42, possiamo vedere subito su un display

LCD il numero del chiamante, la data, l’ora, e l’eventuale informazione di indisponibilità, consentendoci comunque

di continuare ad usare l’identificatore collegato al computer.

Il nostro visualizzatore èstato appositamente progetta-to per essere abbinato all’i-dentificativo di chiamante

per PC presentato sul fasci-colo numero 42. La scheda

base utilizza l’integratoMT8843 per decodificarel’informazione contenentel’ID, un micro provvede adanalizzare il protocollo e adinviare alla porta seriale i

dati relativi alla data, all’orae al numero telefonico.

A destra riportiamo lapedinatura dell’integratodecodificatore di ID del

chiamante prodotto dallaMitel: l’MT8843.

questo possiamo vedere che per opera-re sul cursore, cancellare il buffer dimemoria, azzerare il display, il micro-controllore U2 genera i rispettivi dati in

to gg-mm (giorno-mese) ed hh:mm(ore:minuti) mentre in quella inferioredeve apparire il numero (ID) esteso perun massimo di 16 caratteri; se il chia-

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manca nella base; la connessione seria-le, e quindi la conversione dei livelli inRS232-C, è comunque assicurata.Chiaramente i segnali passano dal pie-dino 6 del micro posto sull’unità baseall’U1 (così si chiama il MAX232 sul-l’appendice...) e da questo tornanoverso il connettore DB-25 mediante icontatti di unione tra le due schede.

REALIZZAZIONEPRATICA

Detto ciò passiamo alla costruzionedella scheda di visualizzazione, parten-do dal circuito stampato che consiglia-mo di preparare per fotoincisione.Incisa e forata la basetta è possibilemontarvi i componenti che servono,partendo dalle resistenze e dai conden-satori (l’elettrolitico C4 va sdraiato;prestate attenzione alla sua polarità)quindi proseguite con gli zoccoli pergli integrati, da posizionare comemostrato. Inserite e saldate il quarzo, sdraiandolofino a fargli toccare la superficie dellabasetta. Per il display conviene procu-rarsi una fila di punte rompibili a passo2,54 mm, dritte, e stagnarle nei 16 foridei contatti; fatto ciò inserite le puntenelle relative piazzole del c.s. tenendoil display con la parte visibile versol’alto, quindi saldate il tutto. Per com-pletare il modulino procuratevi unozoccolo a 8+8 pin del tipo per wire-

wrap, e dopo averlo fissato con unpunto di saldatura stagnate i suoi termi-nali sulle piazzole dell’U1. Tagliatedunque la plastica in modo da ottenereterminali tutti della stessa misura, cherealizzano di fatto il connettoremaschio da inserire poi, a montaggioultimato, nello zoccolo del MAX232sulla scheda-base. Per la connessionetra le due piastre consigliamo di guar-dare i disegni e le foto illustrate in que-ste pagine: praticamente dovete infilarei pin saldati sotto U1 appunto nellozoccolino del MAX232 sul c.s. dell’i-dentificatore (il chip va montato in U1del visualizzatore) facendo in modo

che i due fori posti sulla piccola baset-ta coincidano con quelli di fissaggio diquella più grande. Anzi, per fare le cosebene consigliamo di prendere duecolonnette esagonali e di stringere traloro, usando i predetti fori, le due sche-de, usando apposite viti e dadi da 3MA. Inserendo anche il microcontrol-lore PIC16F84 (U2) già programmatocon l’apposito software, il montaggioè quindi completato, e da questomomento il sistema è pronto per l’uso,sia autonomo che tramite collegamentoal Personal Computer, secondo quantodescritto nel fascicolo n° 42. Una voltaapplicata l’alimentazione, nel displayLCD deve apparire la dicitura“SYSTEM STARTUP” con una lucetenue di sottofondo dovuta al retroillu-minatore a led; dopo qualche istante lascritta sparisce. Connesso il circuito alla linea telefoni-ca, al ricevimento di ogni chiamatadevono apparire, nell’ordine, data edora, quindi l’identificativo (n° di telefo-no) dell’utente che sta chiamando,ovvero la dicitura “NON DISPONIBI-LE” qualora manchi l’ID. In ogni casola linea deve essere abilitata (pagandoil relativo canone alla Telecom!) all’in-vio dell’ID. Questo servizio vienedenominato “Chi è?” e costa 5.000 +IVA al bimestre. Ricordiamo che il dispositivo forniscel’indicazione dell’ID contemporanea-mente sia sul PC che sul display.

COMPONENTI

R1: 10 KOhmC1: 22 pF ceramicoC2: 22 pF ceramicoC3: 100 nF multistratoC4: 100 µF 25VL elettr.U1: MAX232U2: PIC16F84 (MF306)DISPLAY: CDL4162

Lcd 16x2 Q1: quarzo 8 MHz

Varie:- zoccolo 8+8 a pin lunghi;- zoccolo 9+9 pin;- connettore 16 pin;- stampato cod. S306.

piano di montaggio del visualizzatore ANCHE IN SCATOLA DIMONTAGGIO

Il visualizzatore di ID con dis-play è disponibile in scatola dimontaggio (cod. FT306) al prez-zo di 73.000 lire. Il kit compren-de tutti i componenti, la basettaforata e serigrafata, le minute-rie, il display LCD e il microcon-trollore già programmato.Quest’ultimo (cod. MF306) èacquistabile anche separata-mente al prezzo di 30.000 lire. Ilvisualizzatore va abbinato allascheda base (cod. FT296) dispo-nibile al prezzo di 66.000 lire. Ilmateriale va richiesto a: FuturaElettronica, V.le Kennedy 96,20027 Rescaldina (MI), tel.0331-576139, fax 0331-578200.

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Corso di programmazione per microcontrollori Scenix SX

Sono sicuramente i più veloci microcontrollori ad 8 bit al mondo (50 MIPS),sono compatibili con i PIC e quindi possono sfruttare una vasta e completalibreria di programmi già collaudati, implementano una memoria program-ma FLASH ed una innovativa struttura di emulazione. Impariamo dunque a

programmarli e a sfruttarne tutte le potenzialità. Dodicesima puntata.

Se sono i microcontrollori sui quali si concentral'attenzione di molti progettisti hardware e

software, se vi dedichiamo pagine ed attenzione,evidentemente i dispositivi Scenix SX qualcosa dispeciale l'hanno davvero: non solo perché sono ipiù veloci in assoluto (ai modelli da 50 MHz siaffiancheranno presto quelli con il clock a 75 e 100MHz!!) ma anche per la loro dotazione di risorseche comprende tre porte di I/O di cui una (RA) a 4bit e le altre due (RB ed RC) ad 8 bit, ed un set diistruzioni capace tra l'altro di sintetizzare segnalilineari producendo onde in PWM che nella

Demoboard possiamo filtrare e sfruttare medianteun apposito stadio analogico. Se poi consideriamoche i dispositivi Scenix possono utilizzare le stessee numerosissime librerie dei PIC (disponibili adesempio in molti siti Internet...) perché sono com-patibili con le famiglie di microcontrollerMicrochip, abbiamo l'evidente conferma della lorovalidità e possiamo senz'altro comprendere l'atten-zione e l'interesse che hanno destato e destano negliaddetti ai lavori. Il Corso che abbiamo iniziatoqualche mese fa ha lo scopo di introdurvi l'argo-mento, cosicché dopo le nozioni teoriche siamo

di Roberto Nogarotto

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passati alla pratica proponendo numerosi esempi d'uso:quelli che tratteremo in queste pagine, così come gli altrivisti nelle puntate precedenti, sono riferiti allaDemoboard proposta nel fascicolo n° 39 della nostrarivista. Si tratta di una completa scheda creata per testa-re un tipico microcontrollore Scenix a 28 pin, provvistadi tutto l'hardware che serve a far girare ogni tipo disoftware con cui verificare in campo le innumerevolipossibilità d'uso.In essa troviamo un driver/receiver RS232-C (realizzatocon il noto MAX232 della Maxim) collegato ad RA.2 edRA.3, usate per formare collegamenti in forma seriale

standard; le altre due linee del register A sono dedicateal controllo di una memoria E²PROM ad accesso viaI²C-bus, ed in particolare RA.1 serve per l'I/O dei dati edRA.0 per il clock. L'intero RB, quindi RB.0÷RB.7, èinterfacciato con un line-driver non invertente con ilquale possiamo pilotare 8 led; disabilitando il buffer(basta lasciare aperto il ponticello J4) le 8 linee di RBconsentono il controllo di un display LCD da collegarealle rispettive piazzole della Demoboard. Con RC.4,RC.5, RC.6, RC.7 è possibile pilotare il display a led a7 segmenti tramite il noto driver CD4511, controllatoappunto in BCD con quattro bit: per fare ciò occorre che

Il programma che abbiamo realizzato utilizza due variabili,time_L e time_H per differenziare il tempo durante il quale

l'uscita è alta e quello durante il quale è a zero logico. L'aumentare o il diminuire di time_H è determinato

dalla pressione o meno dei due pulsanti, assegnati dunque al controllo del valore di tensione sull'uscita ANALOG OUT.

diagramma di flusso del programma demo_8

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completa e consente di provare dei programmi che fac-ciano funzionare l'hardware più comune prima di usarliin microcontrollori montati nelle schede di produzione,permettendo così di correggere eventuali errori.In queste pagine proviamo a vedere una nuova applica-zione, per la quale ci interessano due parti dellaDemoboard e del micro: il blocco di filtro composto daR19/C8 e dall'operazionale U10 per generare una ten-sione lineare partendo da un valore digitale. Nelle pros-sime puntate infine, vedremo di utilizzare il convertitoreanalogico/digitale interno al chip per leggere una gran-dezza analogica e spiegheremo come utilizzare uno

possibile, con alcuni accorgimenti, interfacciarlo condelle grandezze analogiche, ovvero fare sì che producatensioni variabili linearmente piuttosto che a scatto.Vediamo quindi come si fa a realizzare delle conversio-ni digitale/analogico e viceversa.Per ottenere una tensione analogica di un certo valorecon un dispositivo digitale, una delle tecniche più utiliz-zate è quella detta PWM (Pulse Width Modulation =modulazione della larghezza degli impulsi) che consistenel variare a piacere la durata del livello logico alto entrociascun periodo del segnale. In pratica si utilizza un pie-dino di uscita del micro, nel nostro caso RC.2, per gene-

programma demo_8

device pins28,pages1,banks8,oschsdevice turbo,stackx,optionxid 'SX Demo'reset reset_entry

org 8

pulsanti ds 1

time_H ds 1time_L ds 1

carry equ 0

reset_entry mov ra,#%0000 ;init ramov !ra,#%1111mov rb,#%00000000 ;init rbmov !rb,#%00000000clr rc ;init rcmov !rc,#%11111011mov m,#$Dmov !rc,#0mov m,#$Fmov !option,#%11000100mov pulsanti,#200mov time_H,#125

Ecco il software che consente di far produrre allo Scenix un segnale rettangolare modulato in PWM secondo un inviluppo sinusoidale, e tale da produrre all'uscita ANALOG OUT una tensione lineare.

il jumper J5 sia aperto, altrimenti il predetto U7 è disa-bilitato (pin 4 a 0=blanking). Vi sono poi un buzzercomandato tramite RC.3, un amplificatore con filtro R/Cper la generazione di onde sinusoidali e comunquesegnali analogici ricavati facendo uscire da RC.2 impul-si PWM, ed uno stadio d'ingresso analogico facentecapo al piedino RC.1 (RC.0 serve per la retroazione,usando l'apposito amplificatore integrato...) pilotabiledirettamente, tramite l'operazionale U8, e per mezzo diun sensore LM35 tramite il quale si può misurare la tem-peratura esterna o quella di un liquido. La Demoboard è

Scenix per comunicare, ovvero ricetrasmettere dati da everso qualsiasi Personal Computer con interfaccia seria-le standard RS232-C, proponendo ovviamente le routinebasilari per trasmissione e ricezione.

DA DIGITALE... AD ANALOGICO

Anche se il microcontrollore è un dispositivo fondamen-talmente digitale, e capace pertanto di produrre o accet-tare solamente livelli logici TTL-compatibili (0/5V) è

startmov rtcc,#0 setb rc.2 ;rc.2 = 1

start0 csae rtcc,time_H ;RTCC = time_H ?jmp start0 ;no = vai a start0mov rtcc,#0clrb rc.2 ;si = rc = 0djnz pulsanti,start1jmp testa

start1 mov time_L,#255sub time_L,time_H ;time_L = 255-time_Hcsae rtcc,time_Ljmp start1djnz pulsanti,startjmp testa

testa sb rc.4 ;pulsante 1 premuto ?call up ;chiama routine upsb rc.5 ;pulsante 2 premuto ?call down ;chiama routine downmov pulsanti,#200 ;ricarica pulsantijmp start ;torna

up inc time_H ;incrementa time_Hret

down dec time_H ;decrementa time_Hret

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Nella tecnica PWM si mantienecostante il periodo complessivo del

segnale a onda quadra, e si va avariare il duty-cycle, allo scopo di

ottenere un'analoga variazione del valore di tensione a valle

del filtro passa basso posto in uscita.

la tecnica PWM

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quindi tra il piedino 6 dell'operazionale U10 e massa,troviamo una tensione periodica la cui ampiezza crescee diminuisce ritmicamente, in base alla variazione delrapporto durata/periodo degli impulsi prodotti dal micro.Il programma che abbiamo realizzato utilizza il timerdello Scenix in modo piuttosto simile a quanto abbiamovisto per la generazione di un suono, solo che stavoltautilizziamo due variabili, time _L e time_H per diffe-renziare il tempo durante il quale l'uscita è alta e quellodurante il quale è a zero logico. Infatti time_L vienericavato dalla sottrazione fra 255 e time_H: all'aumenta-re di time_H diminuisce time_L e viceversa.L'aumentare o il diminuire di time_H è determinatodalla pressione o meno dei due pulsanti, assegnati dun-que al controllo del valore di tensione sull'uscita ANA-LOG OUT. In queste pagine trovate lo schema a blocchie l'intera routine da trascrivere nel computer e caricareprontamente nel microcontrollore di test per verificarlacon la Demoboard.

DOVE ACQUISTARE L’EMULATORE

Il sistema di sviluppo SX comprende il modulo in SMTdi emulazione (Skeleton Key) completo di connettore peri piedini Vss, Vdd, OSC1 e OSC2, di micro e di cavo conconnettore DB9 per il collegamento alla seriale del PC;un manuale in lingua inglese: "SX-Key DevelopmentSystem"; un dischetto con tutto il software necessario:assembler, programmatore, emulatore e debugger. Ilsistema richiede un personal computer IBM o compati-bile dotato di porta seriale, di driver floppy da 3,5" e disistema operativo Windows 95. L'emulatore (cod.Starter Kit SX) costa 520.000 lire ed reperibile presso laditta: Futura Elettronica, V.le Kennedy 96, 20027Rescaldina (MI), tel. 0331-576139, fax 0331-578200.

rare un'onda quadra: se a questa viene fatto seguire unostadio filtrante passa basso, realizzato nel nostro casodalla rete RC costituita da R19 e C8, seguiti dall'opera-zionale U10, si ottiene in uscita un valore di tensione chedipende dal duty-cycle dell'onda quadra stessa, ovverodal rapporto fra la durata dell'onda a livello logico alto ela durata totale del periodo dell'onda. Nella tecnicaPWM si mantiene costante il periodo complessivo delsegnale a onda quadra, ma si va a variare proprio il duty-cycle, allo scopo di ottenere un'analoga variazione delvalore di tensione a valle del filtro.Più piccolo sarà l'intervallo durante il quale l'uscita èalta, minor tempo avrà il condensatore per caricarsi, equindi più basso sarà il valore del segnale analogico inuscita; viceversa, maggiore sarà tale periodo, più tempoavrà il condensatore per caricarsi, e di conseguenza l'am-piezza del segnale analogico in uscita dall'operazionalesarà più elevata. Se il duty-cycle viene fatto variareperiodicamente, all'uscita del filtro R/C passa-basso, e

Parte della Demobard relativa ai pulsanti utilizzati dal nostro

programma per variare la grandezzadigitale successivamente trasformata

in analogica dal micro.

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Già qualche tempo fa, precisamente nel settembredel 1998 (fascicolo n° 32) abbiamo avuto modo di

affrontare il problema del comando a distanza senza filie senza trasmettitori e ricevitori radio, risolvendolo conuna brillante soluzione, già nota ed usata in passato;praticamente si è optato per il telecomando ad ondeconvogliate, che non richiede alcun cavo apposito:sfrutta infat-ti le lineedella reteelettrica ef u n z i o n adovunque,purché nonvi sia inter-posto uncontatore dienergia o unfiltro seriefortementei n d u t t ivo .La soluzio-ne è perfettaper svariateapplicazioni laddove serva controllare l’attività di cari-chi elettrici di varia natura, dalle lampadine, ai piccolimotori (ad esempio per le serrande elettriche) alle elet-troserrature, senza impiegare centraline di radiocoman-

do, ma semplicemente sfruttando gli stessi fili della reteENEL (prendendo oltretutto da essi l’alimentazione...)per far viaggiare i propri segnali, opportunamente codi-ficati o “appoggiati” ad una portante ad alta frequenza.La comodità è indiscussa, ed un piccolo esempio puòdimostrarlo: pensate al comando di un motore funzio-nante a 220 volt; usando il sistema ad onde convoglia-

te si evita-no glii n c o nve -nienti tipi-ci deir a d i o c o -m a n d i(limitazio-ne dellaportata aseguito diinterferen-ze, derivadella fre-q u e n z aemessa dalTX, ecc.)

e non occorre alcun filo supplementare: basta collocareun ricevitore dove c’è il motore e prelevare la tensionedi rete per l’alimentazione della scheda e del carico. Inquesto articolo proponiamo un telecomando ad onde

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di Carlo Vignati

TELECOMANDOAD ONDE

CONVOGLIATE

trasmettitore

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Per controllare da unlocale all’altro di un

appartamento ogni tipodi carico elettrico

sfruttando i fili dellarete a 220V: il comando

dispone di un’unità trasmittente attivata da

un pulsante, e di unaricevente con uscita allostato solido sia bistabile

che ad impulso,entrambe basate

sull’integrato TDA5051.

convogliate di elevate prestazioni, migliorato per quan-to riguarda la sezione collegata ai 220 volt destinata atrasportare i segnali verso e dal TDA5051. Il cuoredelle unità trasmittente e ricevente è sempre l’integratodella Philips, usato anche stavolta per trasmettere er i c e v e r ecodici binariquali quellidi sistemibasati suin o t i s s i m iencoder /d e c o d e rMM53200 esimilari. Sitratta insostanza diun teleco-m a n d oon/off chepermette diattivare edisattivare adistanza untriac, chepuò funzionare sia in modo astabile (ad impulso) chebistabile (a livello); il tutto si compone di almeno dueunità, ovvero una trasmittente ed una ricevente. Ma

prima di vedere da vicino i circuiti elettrici vogliamofare una panoramica sul TDA5051, l’integrato Philipsche sta alla base del progetto: è un modem funzionantein modulazione d’ampiezza (ASK) con portanti com-prese tra un minimo di 90 ed un massimo di 150 KHz,

ed unbaud-ratefra 600 e1200 bitper secon-do. IlTDA5051è sia tra-smettitoreche ricevi-tore, e fun-ziona ins i m p l ex :può essereposto inuna o nel-l ’ a l t r amoda l i t àagendo sulpiedino 1,

ovvero sul DATAin, che deve stare normalmente alivello alto (ricezione) mentre posto a zero logico attivala trasmissione. L’ingresso va modulato con segnali

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ricevitore

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digitali fino ad una frequenza di circa1200 Hz, ovvero con periodo non infe-riore a 0,83 millisecondi; al disotto cisono problemi nella forma d’ondagenerata in uscita, che non consentepiù una buona lettura da parte delmodem usato come ricevente.

IL MODEMPHILIPS TDA5051

Al piedino 1 è possibile applicaresegnali TTL-compatibili, ovvero livelli0/5V, e dall’uscita demodulata (piedino2) escono impulsi dello stesso tipo;l’integrato va alimentato preferibil-mente a 5 volt, anche se per avere inuscita livelli TTL ed accettarli all’in-gresso DATAin è sufficiente dare i 5Vai piedini 13 (VDDa, cioè tensionedegli stadi analogici) e 3 (VDDd, ovve-ro alimentazione della parte digitale).

Riassumendo, la sezione trasmittentedel TDA5051 è quella che ha comeingresso il pin 1 (che fa anche la com-mutazione RX/TX) e per uscita lo sta-dio di potenza del modulatore il cuisegnale esce dal piedino 10 (TXout)

rispetto alla massa APGND (piedino9); la ricevente è invece compresa tral’ingresso RXin del demodulatore (pie-dino 14) e l’uscita digitale TTL-com-patibile corrispondente al pin 2(DATAout). Notate che, riguardo altipo di logica, in trasmissione lo zeroequivale all’attivazione del TX e l’1alla condizione di riposo: in pratica alivello alto il chip è in ricezione e nongenera la portante. Per ciò che concer-ne la parte ricevente vale lo stesso dis-corso, in quanto l’uscita è attiva a zerologico (portante presente all’input deldemodulatore interno, ovvero al pin14) e disattiva a livello alto (nessunaportante).Quanto alla portante, si tratta di unsegnale sinusoidale prodotto da unapposito oscillatore controllato dalquarzo posto tra i piedini 7 ed 8, cheviene modulato in modo on/off: è pre-

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sente all’uscita della sezione trasmit-tente quando il pin 1 è allo zero logico,e termina in presenza del livello alto.Tutta la parte digitale del TDA5051 edil generatore dell’onda portante sonosincronizzati mediante un segnale diclock fornito dall’oscillatore principa-le, controllato dal predetto quarzo, lacui frequenza determina quella dellaportante, che è sempre pari a 1/64 diessa; praticamente con un quarzo da 8MHz si ottengono esattamente 125KHz, oppure 93,75 KHz con 6 MHz,ecc.

L’UNITA’TRASMITTENTE

Alla luce di quanto descritto possiamovedere come è stato impiegato il chipPhilips per realizzare le unità compo-nenti il telecomando ad onde convo-

gliate, cioè la trasmittente e la riceven-te. Partiamo dalla prima, nella qualetroviamo l’integrato TDA5051 nellaclassica configurazione da trasmettito-re, con il piedino 1 pilotato dall’enco-der U2, e l’uscita di potenza del modu-

latore stavolta accoppiata alla rete tra-mite un particolare filtro passa-bandaed un trasformatore. La parte riceventeè qui inutilizzata, giacché il circuitodeve solo fungere da emettitore delsegnale ASK. Q1, che è un risuonatoreceramico, controlla l’oscillatore princi-pale con l’ausilio della rete di correzio-ne C17/C18/R17: la sua frequenza è di7,37 MHz, il che significa che la por-tante generata sarà di 115,6 KHz, valo-re per cui è stato dimensionato il filtropassa-banda realizzato con L2/C16(antirisonante) e C6/L1 (bipolo riso-nante in serie) e posto tra la linea diingresso ad alta tensione e l’uscita del-l’integrato. Quella del filtro rappresen-ta la soluzione più semplice per garan-tire un’ottima reiezione nei confrontidella tensione di rete, che perciò giun-ge molto attenuata all’ingresso dell’in-tegrato e non può nè danneggiarlo nè,tantomeno, interferire con il segnale a115,6 KHz, che perciò passa con lamassima ampiezza.Per l’accoppiamento alla linea ENELabbiamo utilizzato un trasformatore,così da consentire la separazione galva-nica utile ad evitare i frequenti danneg-giamenti del TDA5051, causati neivecchi prototipi da ogni tipo di distur-bo impulsivo presente tra i due fili; gra-zie al TF2 (un componente prodottodalla Newport ed appositamente accor-dato e dimensionato per il chipPhilips...) è facile anche sopprimere ipicchi ed altre sovratensioni inevitabil-mente presenti sui cavi della rete egenerati dalla commutazione dei variutilizzatori (motori elettrici, reattoridelle luci al neon, alimentatori swit-ching) usando un comune diodo Zener(DZ1) da 5,1 V. Completano la prote-

schema elettrico del trasmettitore

Il trasmettitore prevede quattro pulsanti mediante i quali è possibile

controllare quattro distinte unità riceventi.

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zione il varistore, posto a valle del fusi-bile di protezione FUS1 (“salta” quan-do il VAR1 interviene a seguito di unasovratensione, interrompendo l’ali-mentazione...) che costituisce una vali-da difesa dai salti di potenziale, ancheda quelli particolarmente rapidi.

L’onda portante del modem U2 vienemodulata dal segnale digitale di unMM53200 (UM86409 o UM3750)usato come encoder (il piedino 15 e alivello alto, ovvero a 5 volt) e normal-mente spento in quanto, sebbene siacostantemente connesso a massa, rice-

va il positivo dei 5 volt solo quando sipreme uno dei 4 pulsanti di attivazione,ovvero P1, P2, P3, P4. Ciascuno è deltipo normalmente aperto e premendoun pulsante si chiude la rete di alimen-tazione dell’U1, che inizia a generareuna serie di impulsi (in PPM=Pulse

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schemaelettrico delricevitore

Position Modulation) determinata dal-l’impostazione dei suoi primi 10 bit dicodifica (piedini 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9,10) ovvero dalla posizione dei dip-switch del DS1 e dai livelli impostidalla rete di diodi che fa capo a ciascunpulsante. Notate che i pin d’ingresso

segnale digitale di modulazione è tra-sferito all’ingresso Datain delTDA5051 mediante un transistor NPN,il cui unico scopo è quello di tenerspento il modem a riposo: esso infattigenera la portante quando il piedino 1 èa zero logico, e se si collegasse que-

aventi in comune la prima parte di 10bit; la differenza sta negli ultimi 2 bitbinari, che consentono appunto quattrocombinazioni (2²=4).

I QUATTRO CANALI

Vedete dunque che premendo P1 ildiodo D1 alimenta i pin 15 e 18 del-l’encoder accendendolo, lasciandoperò a zero logico 11 e 12. Con P2 ilchip viene ancora alimentato (dal D2,preposto allo scopo...) ma D3 consentedi porre allo stato 1 il solo piedino 11:perciò se nel primo caso si ha la com-binazione 00 per gli ultimi 2 bit, nelsecondo si ottiene 10. Con P3 è forzatala condizione 01, perché mentre D5 ali-menta i pin 15 e 18 il D6 pone il 12 alivello alto e l’11 resta a 0 (lo garanti-sce R14, opportunamente dimensionataper garantire il pull-down nonostante leresistenze di pull-up interne all’U3).Infine, il quarto canale è associato alP4, premendo il quale l’encoder ricevei 5 volt tramite D4, mentre D7 e D8portano l’1 logico contemporaneamen-te ai piedini 11 e 12, imponendovi lacombinazione binaria 11. Notate chequalunque sia il tasto premuto si accen-de LD1, alimentato in parallelo con U3e tramite R6, che ne limita la corrente.L’unità di trasmissione può comandarefino a 4 riceventi, ciascuna caratteriz-zata da un proprio codice (a patto che iprimi 10 bit siano sempre uguali pertutte le schede) e controllata con unodei tasti P1, P2, P3, P4. Notate che il

1÷12 sono provvisti internamente diuna resistenza di pull-up ciascuno,quindi la condizione di dip aperto equi-vale ad 1 logico, mentre lo zero si ottie-ne chiudendo i microinterruttori. I 4pulsanti ci permettono di impostarealtrettanti codici tutti diversi, sebbene

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Analogamente a quanto fatto nel fascicolo 32, in questo tele-comando ad onde convogliate abbiamo utilizzato lo stessointegrato della Philips: si tratta del TDA5051AT, un SMD chesostanzialmente è un modem in ASK (Amplitude Shift Keyng,ovvero a modulazione d’ampiezza) operante fino ad un baud-rate di 1200 Baud (minimo 600, massimo 1200) e controlla-bile tramite segnali TTL-compatibili del tipo 0/5V a patto chela larghezza di ciascun impulso non sia di troppo inferiore almillisecondo. E’ un completo ricetrasmet-titore per telecomando che invia i datisotto forma di treni di impulsi ad alta fre-quenza, composto da due sezioni indipen-denti che sono una trasmittente e l’altraricevente: la prima accetta all’ingresso latensione modulante, un segnale TTL daapplicare al piedino 1 rispetto alla massadigitale (pin 5) che determina l’andamen-to dell’ampiezza della portante. A propo-sito, notate che quest’ultima è pressochésinusoidale ed ha una frequenza chedipende da quella dell’oscillatore princi-pale, ovvero dal quarzo: in pratica il rap-porto fq/fp è 64 (fq=frequenza quarzo, fp=freq. portante)perché internamente al chip c’è un divisore a 6 bit (2 allasesta fa appunto 64) che riduce ad 1/64 la frequenza delquarzo. Ciò significa che con 8 MHz abbiamo un’onda prin-cipale di 125 KHz, con 7,375 la portante è a 115 Mhz: sonoqueste le due portanti normalmente usate e preferite negliimpianti realizzati per le reti elettriche europee. L’oscillatoreprincipale può funzionare teoricamente fino a 12 MHz, manon ha molto senso superare i 10 MHz perché si avrebberoportanti di frequenza troppo alta per passare dai fili dellarete elettrica tradizionale, visti gli utilizzatori e la gran quan-tità di elementi reattivi. La sezione d’uscita del TDA5051 ècomposta da uno stadio driver a bassa impedenza e di pic-

cola potenza, studiato per trasmettere il segnale modulato aduna linea elettrica di impedenza anche relativamente bassa(<30 ohm) con un’ampiezza sufficiente a farlo ricevere aqualche decina di metri: l’out del TX è localizzato tra i pie-dini 10 (TXout) e 9 (APGND, ovvero la massa d’uscita). Ilpin 11 è invece l’alimentazione per lo stadio trasmittente, cheva normalmente a 5 volt ma si può anche alimentare con ten-sioni maggiori. Il piedino 1 permette non solo di modulare

on/off la portante, ma gestisce la ricetra-smissione, nel senso che quando è a zero faemettere la portante e disattiva lo stadioricevente, mentre a livello alto spegne iltrasmettitore e consente la ricezione. Eccoperché si possono anche unire, o comunqueservire con una sola linea il piedino 10 ed il14: nel nostro caso li abbiamo praticamen-te separati mediante un amplificatore ditensione, utile qualora il segnale giungatroppo debole ed occorra rinforzarlo affin-ché il ricevitore possa demodularlo. Lasezione RX del modem ha l’ingresso al pie-dino 14 (Rxin) e l’uscita al 2: quando rile-

va la portante inviata da un altro modulo basato sulTDA5051 alla stessa frequenza di quella impostata dal quar-zo, fornisce un livello logico basso; dà invece 1 se la portan-te viene a mancare. L’oscillatore lavora grazie al quarzo orisuonatore ceramico collegato tra i piedini 7 ed 8, ed è pre-vista una resistenza in parallelo (tipicamente da 1 Mohm)con due condensatori di compensazione a massa (22÷33pF). Il piedino 15, Power Down, permette di spegnere il com-ponente riducendo al minimo (circa 20 mA) l’assorbimento:è attivo a livello alto e disattivo a zero, il che significa chenormalmente può stare scollegato, anche se conviene metter-lo a massa (0 logico) per evitare interferenze che potrebberoportare ad un cattivo funzionamento dell’intero modem

IL MODEM TDA5051

SSYYMMBBOOLLDATAIN

DATAOUT

VDDD

CLKOUT

DGNDSCANTEST

OSC1OSC2

APGNDTXOUT

VDDAP

AGNDVDDA

RXIN

PDTEST1

PPIINN12345678910

11

1213141516

DDEESSCCRRIIPPTTIIOONNdigital data input (active LOW)

digital data output (active LOW)

digital supply voltage

clock output

digital ground

test input (LOW in application)

oscillator input

oscillator output

analog ground for power amplifier

analog signal output

analog supply voltage for poweramplifier

analog ground

analog supply voltage

analog signal input

power-down input (active HIGH)

test input (HIGH in application)

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L’unità trasmittente del nostrotelecomando può controllarefino a 4 riceventi, ciascunacontraddistinta da una diversaimpostazione degli ultimi duepiedini di codifica selezionatitramite DS2 nel ricevitore etramite i pulsanti P1÷P4 neltrasmettitore; i 10 dip di DS1devono comunque essere ugua-li tra TX ed RX. I suddetti pul-santi P1, P2, P3, P4, oltre adaccendere l’encoder, settanoquindi una propria combina-zione logica sui pin 11 e 12. La

tabella qui sotto indica tali combinazioni, riferite allo stato dei dip-switchdel DS2 della ricevente: notate a proposito che dip aperto (off) significa 1logico, e chiuso (on) zero.

canale/pulsante pin 11 pin 12 dip 1 dip 2

1 / P1 0 0 on on2 / P2 1 0 off on3 / P3 0 1 on off4 / P4 1 1 off off

st’ultimo direttamente al 17 dell’enco-der U3 avremmo continuamente la por-tante in condizione di quiete, ovvero ilivelli logici ribaltati.Per l’alimentazione del circuito si uti-lizza un classico trasformatore TF1avente il primario a 220V/50Hz ed ilsecondario da 9÷12 volt: il ponte adiodi RS1 raddrizza la tensione sinu-soidale disponibile sul secondario diquest’ultimo e carica i condensatori C1e C2 con gli impulsi ricavati tra i punti+ e -; il regolatore U1 (7805) provvededunque ad ottenere i 5 volt stabilizzatiche servono per far funzionare la logi-ca e quindi i due integrati TDA5051 eMM53200 (U3). Nel circuito, grazie altrasformatore d’accoppiamento TF2,non vi è contatto elettrico tra la massae la rete, tuttavia, applicando i 220 V adalcune piazzole dello stampato (220V,FUS1...) sarà comunque necessaria unacerta attenzione nel compiere le varieoperazioni di collaudo.

L’UNITA’RICEVENTE

Bene, lasciamo adesso il trasmettitore epassiamo a vedere cosa succede nelricevitore, immaginando di averlo col-legato ad una presa dello stessoimpianto elettrico, e supponendo chetra le due unità non vi sia un interrutto-re differenziale, un magnetotermico, unfiltro di rete o comunque un compo-nente che attenui le alte frequenze;diversamente il segnale portante viene

abbattuto, giacché viaggia a 115 KHz!Attiviamo uno dei pulsanti del trasmet-titore e vediamo che l’onda modulatagiunge dall’ingresso di rete (comuneper l’alimentatore e per il modem...) epassa dal fusibile di protezione FUS1raggiungendo il filtro passa-banda

composto da L1/C5 e da esso il prima-rio del piccolo trasformatore d’accop-piamento TF2, sul secondario del qualeabbiamo ancora la portante modulatache, tramite un secondo filtro, va final-mente all’uscita dello stadio trasmit-tente del TDA5051. Notate che tale

L’unità ricevente precede unostadio a memoria realizzato daidue flip-flop contenuti nell’inte-grato U4; mediante un appositojumper si può quindi decidere se

il comando deve avere effettobistabile o monostabile. Nel

primo caso si parla di comandoa livello, e nel secondo di atti-vazione ad impulso. La sezionedi attivazione implenta un triacdi potenza al quale è stato affi-

dato il compito di fungere dainterruttore statico da utilizzare

per alimentare il carico che,ovviamente, deve funzionare a

220 volt alternati.

i quattro canali

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piano di montaggio del trasmettitore ...

C13: 10 nF 250VL poliestere

C14: 47 µF 25VL elettrolitico

C15: 1 µF 63VL poliestere

C16: 100 nF 63VL poliestere

C17: 33 pF ceramico

C18: 33 pF ceramico

U1: 7805 regolatore

U2: TDA5051U3: UM86409D1: 1N4148

diodoD2: 1N4148

diodoD3: 1N4148

diodo

C2: 100 nF multistrato

C3: 470 µf 25VL elettrolitico

C4: 100 nFmultistrato

C5: 47 µF 25VL elettrolitico

C6: 470 nF 250VL poliestere

C7: 47 µF 25VL elettrolitico

C8: 47 µF 25VL elettrolitico

C9: 100 µF 25VL elettrolitico

C10: 100 nFmultistrato

C11: 4,7 nF 100VL poliestere

C12: 10 nF 250VLpoliestere

D4: 1N4148 diodo

D5: 1N4148 diodo

D6: 1N4148 diodo

D7: 1N4148 diodo

D8: 1N4148 diodo

DZ1: Soppressore 5VLD1: LED rossoDS1: dip switch

10 poliT1: BC547B

transistor NPNT2: BC547B

transistor NPNQ1: Risuonatore

min. 7.37 MhzL1: impedenza

47 µH

L2: impedenza 22 µH

TF1: Trasformatore 220V/15V c.s.

TF2: Trasformatoreaccoppiamento

FUS1: Fusibile 500 mA

RS1: Ponte a diodiVAR1: Varistore 275VP1-P4: pulsanti NA

Varie:- zoccolo 9+9 pin;- morsettiera 2 poli

(5 pz.);- portafusibile da

stampato 5x20 mm- stampato cod.L051.

(tutte le resistenze sono da 1/4W 5%)

COMPONENTI

R1: 1 MOhmR2: 22 KOhmR3: 150 KOhmR4: 10 KOhmR5: 10 KOhmR6: 1 KOhmR7: 22 KOhmR8: 22 KOhmR9: 22 KOhmR10: 33 KOhmR11: 1 KOhmR12: 10 KOhmR13: 10 KOhmR14: 1 KOhmR15: 1 KOhmR16: 100 OhmR17: 2,2 MOhmR18: 22 KOhmC1: 1000 µF 25VL

elettrolitico

sezione praticamente non ci serve,almeno per l’applicazione descritta inquesto articolo.Dal pin 10 il segnale passa all’ingressodell’amplificatore di tensione realizza-to con T2, e necessario ad elevarne illivello nei collegamenti a lunga distan-za, giacché in tal caso può essere chenel percorso fra TX ed RX giunga trop-po attenuato. Il circuito consente discegliere se includere o escludere iltransistor, usando opportunamente ijumper. Chiudendo JP2 tra C12 e C10si salta l’amplificatore (impostazioneconsigliata se trasmittente e ricevente

distano non più di una decina di metri);chiudendo JP2 in posizione 2 l’amplieleva il livello del segnale modulato, inmodo da renderlo comprensibile alTDA5051 ricevente. Il segnale entradal piedino 14 (Rxin) del TDA5051 eviene demodulato in modo da ricavarei corrispondenti impulsi TTL, ovvero 0in presenza della portante e 1 in man-canza di essa. Osservate che il TDA5051 lavora nellatipica configurazione ricevente, ed hala sezione trasmittente disabilitata per-ché il pin 1 è posto fisso a livello alto(+5 volt); l’uscita dei dati dal demodu-

latore è al piedino 2, collegato a suavolta al pin 16 del decoder MM53200(questo chip ha infatti il piedino diselezione -15- collegato a massa e per-tanto posto a zero logico) mediante untransistor connesso ad emettitorecomune ed utile per invertire i segnali.Infatti, dato che il componente Philipsfornisce 1 in mancanza di portante e 0quando la riceve, e considerato chel’encoder della trasmittente pilota ilmodem TX facendogli emettere i 115KHz in corrispondenza dell’1 logico, ènecessario provvedere ad una secondainversione, appunto prima del decodifi-

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catore. A ciò serve T1. L’uscita (pin 17)dell’U3 sta normalmente a livello alto(5 volt) e commuta da 1 a 0 se il codi-ce demodulato dal TDA5051 corri-sponde all’impostazione dei soliti 12piedini di codifica, ovvero quando ilsegnale presente sui fili della rete èstato inviato da una trasmittente il cuiencoder ha i primi 10 dip-switch dispo-sti pari-pari come quelli del DS1, ed ilpulsante premuto determina la stessacombinazione dovuta al DS2. Le possi-bili combinazioni e le corrispondenzecon i canali sono queste: P1 (canale 1)= 00; P2 (canale 2) = 10; P3 (canale 3)

= 01; P4 (canale 4) 11. Naturalmente ilbit di sinistra è lo stato del pin 11, men-tre quello di destra è riferito al piedino12. Inoltre considerate che per 0 logicosi intende dip chiuso (infatti ciò forza azero il rispettivo piedino) e per 1 inten-diamo dip aperto (la resistenza di pull-up interna mantiene alto il relativo pin).

FUNZIONAMENTO A LIVELLO O AD IMPULSO

L’attivazione dell’uscita del decodermanda un impulso negativo al piedinodi reset del flip-flop U4a, connesso in

modo che funzioni da semplice trig-ger/invertitore del segnale; dal /Q (6) siottiene un livello alto che eccita il clockdel secondo flip-flop D, connesso inmodo latch per poter ottenere l’inver-sione degli stati logici delle proprieuscite in corrispondenza di ogni impul-so al pin 11. Praticamente dopo l’istan-te di accensione, che vede l’azzera-mento del flip-flop (la rete R/CR14/C15 porta inizialmente lo zero sulpin di /reset) l’uscita diretta (piedino 9)è a livello basso mentre quella negata(piedino 10) è a 1 logico. A seguitodella ricezione di un primo codice vali-

... e del relativo ricevitore

COMPONENTI

R1: 1 MOhmR2: 10 KOhmR3: 10 KOhmR4: 82 KOhmR5: 100 OhmR6: 10 KOhmR7: 150 KOhmR8: 10 KOhmR9: 2,2 MOhmR10: 33 KOhmR11: 1 KOhmR12: 100 OhmR13: 10 KOhmR14: 10 KOhmR15: 47 OhmR16: 47 Ohm

C1: 1000 µF 25VL elettrolitico

C2: 100 nF mult.C3: 470 µf 25VL

elettroliticoC4: 100 nF mult.C5: 470 nF 250VL

poliestere C6: 100 nF 63VL

poliestereC7: 1 µF 63VL

poliestereC8: 4,7 nF 100VL

poliestereC9: 100 µF 16VL el.C10: 10 nF 250VL

poliestereC11: 100 nF mult.

C12: 10 nF 250VL poliestere

C13: 33 pF ceramicoC14: 33 pF ceramicoC15: 470 nF 63VL

poliestereU1: 7805 regolatoreU2: TDA5051U3: UM86409U4: 74HC74U5: MOC3041DZ1: Soppressore 5VLD1: LED rosso DS1: dip switch

10 poliDS2: dip switch

2 poliT1: BC547B NPN

T2: BC547B NPNT3: BTA 16-700 TriacT4: BC 547B

transistor NPNQ1: Risuonatore

min. 7.37 MhzL1: impedenza

47 µH L2: impedenza

22 µHTF1: Trasformatore

220V/15V c.s.TF2: Trasformatore

accoppiamento FUS1: Fusibile

500 mARS1: Ponte a diodiVAR1: Varistore 275V

VAR2: Varistore275V

JP1: Jumper 3 poliJP2: Jumper 3 poli

Varie:- dissipatore

per TO220;- zoccolo 9+9 pin;- zoccolo 7+7 pin;- morsettiera

2 poli (2 pz.);- portafusibile da

stampato 5x20 mm;- stampato

cod.L052.(tutte le resistenze sono da 1/4W 5%)

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do la situazione viene invertita, ed il 9commuta ad 1 logico; all’arrivo di unsecondo segnale ritorna a zero, e via diseguito. Mediante un apposito jumpersi può decidere se il comando deveavere effetto bistabile o monostabile:chiudendo l’uscita diretta dell’U4bsulla R13 il transistor T4 viene manda-to in saturazione e mantenuto in talecondizione fino all’arrivo di un succes-sivo codice valido; invece collegandola resistenza ai pin 6/11 il T4 viene por-tato in conduzione fintantoché è pre-sente il segnale valido lungo la linea. Insostanza, nel primo caso si parla dicomando a livello, e nel secondo diattivazione ad impulso. Il transistor èimpiegato per accendere il fototriacU5, un piccolo chip siglato MOC3040e contenente all’ingresso (piedini 1 e 2)

un LED all’infrarosso, ed all’uscita(pin 6, 5) un fototriac provvisto di“Zero-Crossing Detector”, ovverocapace di entrare in conduzione al pas-saggio per lo zero volt della sinusoidedi rete seguente all’impulso di triggerdato dalla logica tramite T4. QuandoU5 va in conduzione, eccita il gate deltriac di potenza T3, al quale è stato affi-dato il compito di fungere da interrut-tore statico da utilizzare per alimentareil carico che, ovviamente, deve funzio-nare a 220 volt a.c.L’alimentazione dell’unità ricevente èottenuta anch’essa con un circuito tra-dizionale, basato sul trasformatore TF1(220V/9 o 12V) avente il primarioposto in parallelo alla linea d’alta ten-sione; sul secondario abbiamo messo ilsolito ponte a diodi che ricava impulsi

poi livellati da C1 e C2, così da ottene-re una componente continua ridotta a 5volt (ben stabilizzati) dal regolatoreU1. Concludiamo l’esame dello sche-ma con la protezione all’ingresso direte (FUS1 e VAR1) che funziona ana-logamente a quella già spiegata per l’u-nità trasmittente. Quanto al modemintegrato U1, il suo oscillatore impiegail solito quarzo da 7,37 MHz e la rete dicompensazione R9/C13/C14.

REALIZZAZIONEPRATICA

Bene, abbandoniamo la descrizionedegli schemi per vedere come si prepa-rano i due circuiti che lo compongono.Per entrambi abbiamo disegnato unabasetta ramata che dovrete approntare

la scheda del trasmettitore

Il txi m p l e m e n t a

l’integrato TDA5051 conil piedino 1 pilotato dall’encoder

UM86409, e l’uscita di potenza del modulatoreaccoppiata alla rete tramite un particolare filtro passa-

banda ed un trasformatore; quest’ultimo garantisce la separazionegalvanica utile ad evitare danneggiamenti al TDA5051, causati da possibili dis-

turbi impulsivi presenti nella rete ENEL.

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te di segnale. Montate i portafusibili5x20 sulle due unità, ed i varistori: que-st’ultimi devono essere da 250 o 275V,e si possono scegliere abbastanza libe-ramente, a patto di rispettare il passoprevisto per i fori degli stampati.Inserite e saldate i due ponti a diodi,badando di metterli nel verso giusto,quindi pensate ai regolatori di tensione7805, ciascuno da disporre comemostrato nei disegni. Non scordate iltriac T3 sulla ricevente, che va dispostoanch’esso nel verso specificato dallefigure. Vanno poi sistemati i trasformatori, chesono 4 in tutto: i due più piccoli sonoquelli Newport che fungono da trasla-tori (TF2) e vanno infilati ciascuno neirispettivi fori seguendo le indicazionidella disposizione dei componenti.

Invece i trasformatori d’alimentazione,anch’essi del tipo per circuito stampa-to, devono essere con primario da retee secondario a 9 o 12 volt, e vanno scel-ti in modo che abbiano la piedinaturacompatibile con quella prevista dalletracce dei c.s., altrimenti occorre farequalche modifica o montarli al di fuori,collegandoli con spezzoni di filo. Inogni caso è importante rispettare il giu-sto verso, cioè identificare e collegareal proprio posto gli avvolgimenti pri-mario e secondario.Per i pulsanti della trasmittente non cisono particolari vincoli: potete sceglie-re quello che preferite e collegarlo concorti spezzoni di filo o di terminalitagliati alle rispettive piazzole, ovveroin morsetti; magari numerateli in mododa non confondervi. Il lavoro terminainfilando nei portafusibili due fusibili5x20 ritardati da 200 mA; innestatequindi gli integrati dual-in-line (com-preso il fototriac MOC3040) nei proprizoccoli, badando di far coincidere iloro riferimenti con le tacche di que-st’ultimi. Ricordate che gli MM53200possono essere sostituiti con gliUM86409 o UM3750 della UMC.Dopo aver montato apposite morsettie-re a passo 5 mm per circuito stampatonelle piazzole destinate all’ingresso220 V, al carico, ecc., per il collega-mento con la rete elettrica basta utiliz-zare un cordone completo di spina, nonimporta se provvisto o meno di filo diterra: ciascuno servirà sia per avere ten-sione che per inviare o ricevere i dati;su ogni unità dovete collegare i due fili(neutro e fase) alle piazzole marcate220V ac (un filo per piazzola o morset-to, facendo attenzione ad evitare corto-circuiti: sarebbe alquanto pericoloso!).Date infine un’occhiata al tutto, perverificare che non vi siano errori o falsicontatti: lavorando con la tensione direte è indispensabile che ogni cosa siaa posto.

IL COLLAUDO

Una volta pronte le unità, vediamocome farle funzionare: per prima cosabisogna impostare il codice, e la com-binazione più semplice è lasciare tuttiaperti o tutti chiusi i primi 10 dip-switch di entrambe le unità; lasciandooff i due dip di DS2 sulla riceventequesta scheda dovrebbe rispondere al

PER IL MATERIALE

Tutti i componenti utilizzati perla realizzazione del telecomandoad onde convogliate sono facil-mente reperibili presso qualsiasirivenditore di materiale elettro-nico. L'integrato TDA5051Adella Philips è disponibile in ver-sione SMD a 16.000 lire pressola ditta Futura Elettronica, V.leKennedy 96, 20027 Rescaldina(MI), tel. 0331-576139.

utilizzando preferibilmente il metododella fotoincisione. Incisi e forati i duestampati, dopo aver procurato i compo-nenti che servono, iniziate il montaggiopartendo con i componenti SMD, ovve-ro i TDA5051 del ricevitore e del tra-smettitore, che sono i più delicati:vanno stagnati direttamente dal latorame perché sono a montaggio superfi-ciale. Procedete infilando nei rispettivifori le resistenze e i diodi, badando allapolarità di quest’ultimi (la fascettacolorata indica il catodo...) quindi glizoccoli per gli integrati, inserendoliciascuno con la tacca di riferimentodalla parte indicata nei disegni di dis-posizione componenti visibili in questepagine. Fate lo stesso con i dip-switch(per quelli a 10 vie ricordate che ilprimo deve stare in corrispondenza delpin 1 del rispettivo integratoMM53200, ovvero del suo zoccolo; perquello a 2 poli dell’RX l’1 corrispondeal pin 11 del decoder). Passate ai con-densatori, avendo cura di rispettare lapolarità specificata per quelli elettroli-tici, ed ai transistor, che vanno orienta-ti come indicato nei disegni e nelle fotodei prototipi, a cui vi rimandiamo. Nonvanno dimenticati i due risuonatori da7,37 MHz e le induttanze dei filtri, chedovete scegliere preferibilmente deltipo ad alto Q (fattore di merito) ovve-ro a bassa resistenza serie, allo scopo dimigliorare la selettività dei circuitipassa-banda, riducendo altresì le perdi-

Nelr i c ev i -

tore l’uscita delTDA5051 viene inviata al

decoder UM86409 che tramite un flip-flop controlla il foto-triac MOC3040. Quest’ultimo contiene all’ingresso un LED all’infraros-so, ed all’uscita un fototriac provvisto di “Zero-Crossing Detector”: quan-do va in conduzione, eccita il gate del triac di potenza T3, al quale è statoaffidato il compito di fungere da interruttore statico da utilizzare per ali-mentare il carico che, ovviamente, deve funzionare a 220 volt a.c.

l’unità ricevente

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pulsante P4 del TX, giacché, comeabbiamo avuto modo di vedere, pigian-dolo si impostano gli ultimi due bit del-l’encoder ad 1 logico (dip off equivaleallo stato 1). Se volete che l’attivazioneavvenga per effetto del P1, chiudete imicroswitch del DS2. Poi scegliete ilmodo di comando dell’uscita dell’unitàremota, chiudendo l’uno o l’altro pon-ticello dell’apposito jumper: ricordia-mo che chiudendo R13 sui pin 6/11 deldoppio flip-flop si ottiene il funziona-mento monostabile (T3 resta eccitatofinché si preme il pulsante della tra-smittente) mentre con l’altro ponte(quello collegato al pin 9 dell’U4b) siimposta la modalità bistabile, nellaquale il triac viene attivato premendouna volta il pulsante del TX, e rimessoa riposo con una successiva pigiata.

Rammentate che non si può chiudereentrambi i collegamenti, ma uno sol-tanto alla volta: altrimenti il circuitopuò danneggiarsi. Per fare le primeprove è necessario impostare l’RX inmodo che l’amplificatore di tensionesia escluso: allo scopo bisogna ponti-cellare il condensatore C10 direttamen-te con C12, escludendo il collettore delT2. Altrimenti, soprattutto se vi sietecollegati a due spine della stessa stan-za, o comunque vicine, il modem rice-vente potrebbe saturare e non ricono-scere il segnale in arrivo da quello tra-smittente, perché troppo ampio.Per avere un’indicazione visiva edimmediata di quanto accade nel siste-ma, collegate un portalampada comple-to di lampadina a 220 volt (va bene unada 40 watt...) ai morsetti CARICO

della ricevente, poi, fatte le impostazio-ni, infilate le spine in due diverse presedi rete, dopo aver posto le schede supiani in materiale isolante (tavolo,pavimento). Trascorso qualche secondo dall’accen-sione, esauriti i transitori, verificate chetutto funzioni a dovere pigiando il pul-sante della trasmittente che avete deci-so di usare, e controllando che siaccenda la lampadina. Ricordate infine che il circuito cosìcom’è copre una distanza di circa 15metri, dipendente anche dalla quantitàdi utilizzatori elettrici posti sulla sualinea e dall’entità dei disturbi che essiproducono; per distanze superiorioccorre inserire l’amplificatore di ten-sione, spostando opportunamente iponticelli dell’apposito jumper.

Le due tracce rame in dimensioni reali:sopra quella del trasmettitore e sotto quella del ricevitore.

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Una speciale pila scoperta nel 1839 e dimenticatadai testi ufficiali per tutto questo tempo, sta ora

emergendo e pro-babilmente siaffermerà come ildispositivo princi-pe dal quale tuttiprenderemo l'ener-gia per le nostrecase, le fabbriche,i treni e le auto;farà "piazza-puli-ta" di gran partedei sistemi con-venzionali a com-bustione, perchémolto più efficien-te, e soprattuttopoco inquinante.La scoperta è piuttosto datata, poiché sono trascorsioltre 150 anni da quando William Grove, giurista ingle-

se con l'hobby della fisica, realizzò una pila specialeche forniva energia in continuazione senza mai essere

ricaricata con lacorrente elettri-ca; per erogareenergia avevabisogno solo diessere alimenta-ta con duesostanze: uncombustibile (inquel caso l'idro-geno) e un com-burente (l'ossi-geno) così loscopritore lachiamò "batte-ria voltaica agas", in quanto

convertiva l'energia dei gas idrogeno e ossigeno inenergia elettrica. Grove scoprì la batteria per puro caso,

FUEL CELLL’ENERGIA

DEL FUTUROIdeate nel secolo scorso e finora riservate alla sperimentazione in laboratorio,

promettono di essere la fonte di elettricità del terzo millennio.La teoria, l’attuale situazione e le prospettive per gli anni a venire, in poche

righe vi spieghiamo come saranno le centrali elettriche e le automobili del futuro.

ATTUALITA’

di Angelo Vignati

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mentre faceva esperimenti per studiarei fenomeni relativi all'elettrolisi dell'ac-qua: quando nel bagno galvanico veni-va interrotta la corrente elettrica cheserviva a scindere l'ossigeno dall'idro-geno, il sistema ritornava alle condizio-ni iniziali, cioè la corrente si generavain senso contrario, e mentre l'idrogenoe l'ossigeno si ricombinavano venivariprodotta l'acqua pura inizialmentepresente. Per una serie di giustificatiproblemi non di facile risoluzione,alcuni dei quali ancora oggi non deltutto risolti, questo fenomeno moltocurioso venne semplicemente "osserva-to" per oltre un secolo: un esperimentoda laboratorio che aveva bisogno, perfunzionare correttamente, di ossigeno eidrogeno puri, quindi molto costosi edifficili da produrre. Per molti decenninessuno si rese conto che si trattava diuna fonte di energia veramente pulita(anche perché la sensibilità sull'inqui-namento ambientale era ben diversa) inquanto l'idrogeno e l'ossigeno si com-binano chimicamente, senza combu-stione, liberando una carica elettrica, ecome prodotto di scarto danno sempli-cemente pura acqua calda, esente daanidridi, ossidi di carbonio, di azoto, ealtri inquinanti nocivi alla salute del-l'uomo. Senza scendere troppo in ambi-to chimico, possiamo dire che avvici-nando l’ossigeno (O) e l’idrogeno (H),si scatena una reazione che produceappunto l'acqua (H2O), ed una certaquantità di calore, più o meno grande aseconda dei volumi di gas in gioco.Ovviamente, la "batteria voltaica a gas"

aveva un costo molto superiore rispettoai sistemi di produzione tradizionali egià industrializzati, come il carbone, ilpetrolio e il gas. Svilupparla, renderla un oggetto di usocomune, non era perciò proponibile acausa delle difficoltà legate proprio alsuo modo di funzionamento: passaredai 50 Watt di potenza ottenuti daGrove alle migliaia di Watt necessariper un impianto industriale comportavail superamento di non pochi ostacolipratici. Per questo non ebbe sviluppi,anche se fu perfezionata a più riprese

(da Becquerel nel 1885, da Bacon nel1932, da Baur e Preis nel 1937), mamai utilizzata a scopi pratici.

IL FUNZIONAMENTO

La caratteristica principale della cellacombustibile è quella di generare ener-gia elettrica invece di accumularlacome una comune batteria a secco o unaccumulatore. La fuel-cell è un dispo-sitivo elettrochimico silenzioso dovenon si verifica alcuna combustione; ledue sostanze (esempio: idrogeno eossigeno) vengono combinate elettro-chimicamente per generare energiaelettrica, liberando acqua pura e un po'di calore come unici sottoprodotti.I due gas non devono entrare in contat-to fisico tra loro e quindi vengono tenu-ti separati mediante una membranaelettrolitica conduttrice di elettricità.La tipica cella a combustibile conmembrana a scambio di protoni è com-posta da due elettrodi, rivestiti da unsottile strato di catalizzatore in platino,che racchiudono l'elettrolito in polime-ro solido conduttore di ioni. L'idrogenoarriva all'anodo e reagisce con il cata-lizzatore, scindendosi in elettroni liberie ioni positivi. Gli elettroni liberi ven-gono trasportati lungo un circuito ester-no come corrente elettrica utilizzabile,mentre gli ioni H+ passano attraverso

principio di funzionamento di una FUEL CELL

La cella a combustibile conmembrana a scambio di

protoni è composta da dueelettrodi, rivestiti da un sottile

strato di catalizzatore in platino, che racchiudono

l'elettrolito in polimero solidoconduttore di ioni. L'idrogeno

arriva all'anodo e reagiscecon il catalizzatore,

scindendosi in elettroni liberie ioni positivi. Gli elettroniliberi vengono trasportatilungo un circuito esternocome corrente elettrica

utilizzabile, mentre gli ioniH+ passano attraverso l'elettrolito a membrana

raggiungendo così il catodo.

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La cella di Ballard per erogare energia habisogno solo di essere alimentata con due

sostanze: un combustibile e un comburente. E’per questo motivo che venne chiamata "bat-

teria voltaica a gas", in quanto con-verte l'energia dei gas idroge-

no e ossigeno in energiaelettrica. Avvicinando l’i-

drogeno (combustibile) el’ossigeno (comburente)mantenuti separati da

una membrana con-duttrice di elettricità(membrana di scam-

bio protoni) si scatenauna reazione elettrochimica

che produce energia elettrica

Elettronica In - novembre ‘99 69

l'elettrolito a membrana raggiungendocosì il catodo. A questo punto il cata-lizzatore provoca la combinazione deiprotoni con l'ossigeno dell'aria e congli elettroni del circuito esterno, for-mando acqua pura (H2O) e generandocalore. Esistono differenti tipi di celle a com-bustibile, ognuno dei quali utilizza undiverso elettrolita e lavora a temperatu-re diverse. Il primo è ad Elettrolitaalcalino: usa come alimentazione idro-geno e aria depurata da anidride carbo-nica; l'elettrolita è idrato di potassio.Funziona a bassa temperatura concampo molto esteso che oscilla tra 6° e120°. Si tratta di un sistema adatto par-ticolarmente per piccoli generatori. Altre fuel-cell sono ad acido fosforico:vengono alimentate con gas ricco diidrogeno (metano, gpl, gas prodotto dalcarbone), oppure metanolo e aria, l'e-lettrolita è acido fosforico; funzionanoa temperature che oscillano tra 150° e230°. Sono adatte per basse e mediepotenze. L'ultimo tipo è a carbonati fusi: si puòalimentare con aria e gas più scadentidel metano e anche meno puri, e riescea tollerare la presenza di ossido di car-bonio (prodotto ad esempio dalla com-bustione degli idrocarburi, e presentenell'aria comune). Come elettrolitavengono utilizzati carbonati di litio e

potassio. La temperatura di funziona-mento massima è di 600° C, ed il siste-ma è il più indicato per generatori dialta potenza, quindi per costituire cen-trali elettriche vere e proprie.

LA SCELTADEL COMBUSTIBILE

Su questo fronte, l'argomento più dis-cusso era la possibilità o meno di uti-lizzare le pile non solo per generarecorrente elettrica in impianti fissi, maanche per farla produrre a bordo di vei-

coli e natanti: insomma, ci si è sempreinterrogati su quanto fosse reale lacreazione di vetture con motore ali-mentato dalla cella a combustibile.Oggi, convinti tutti della praticità deiveicoli a trazione elettrica, il dibattitoverte sulla scelta delle fonti di combu-stibile. Ad esempio l'idrogeno è tra-sportabile su un veicolo nella suaforma gassosa, oppure riformato consostanze ricche di idrogeno come ilmetanolo o la benzina. Tra i fattori datenere in considerazione possiamo cita-re i costi e la disponibilità, i costi di

Una batteria nichel-idruri metallici realizzato dalla Honda nel 1993 e una classica batteria al piombo; tecnologie destinate a sparire.

IIIINNNNGGGGRRRREEEESSSSSSSSOOOOCCCC OOOO MMMM BBBBUUUURRRREEEENNNNTTTTEEEE

MMMMEEEEMMMMBBBBRRRRAAAANNNNAAAADDDDIIII SSSSCCCCAAAAMMMMBBBBIIIIOOOO

PPPP RRRROOOOTTTTOOOO NNNN IIII

IIIINNNNGGGGRRRREEEESSSSSSSSOOOOCCCC OOOO MMMM BBBBUUUUSSSSTTTTIIIIBBBBIIIILLLLEEEE

UUUUSSSSCCCCIIIITTTTAAAACCCC OOOO MMMM BBBBUUUUSSSSTTTTIIIIBBBBIIIILLLLEEEE

UUUUSSSSCCCCIIIITTTTAAAACCCC OOOO MMMM BBBBUUUURRRREEEENNNNTTTTEEEE

eeee --

la cella a combustibile di Ballard

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stoccaggio, la frequenza dei riforni-menti e l'approvvigionamento da forni-tori esterni. Le case automobilistichestanno valutando le opportunità disfruttamento dei differenti tipi di com-bustibile, anche se il metanolo (alcoolmetilico) sembra incontrare maggiorfavore.

APPLICAZIONISPERIMENTALI

La prima applicazione utile della "bat-teria voltaica a gas" si deve alla missio-ne spaziale Gemini (progetto Geminivarato nel 1960). Il programma, impo-

stato sulla richiesta di modeste quanti-tà di energia elettrica per alimentaresistemi di guida, di comunicazione, dicondizionamento e di illuminazionedella navicella, non poteva certamenteprendere in considerazione le tradizio-nali batterie al piombo o quelle alnichel-cadmio, a causa del loro peso,troppo elevato. Si trattava di produrreelettricità a bordo della navicella conun sistema statico, integrato con i gene-ratori solari (celle fotovoltaiche); aquesto punto, gli scienziati e i tecniciamericani presero in considerazione ilfenomeno relativo alla pila elettrica,osservato da Grove nel lontano 1839,

Attualmente l'energia elettrica è prodottada grandi alternatori che producono decinee centinaia di migliaia di volt, tensionimolto elevate per consentire di trasportaregrandi potenze con correnti relativamentemodeste (ricordate che a parità di potenza,più cresce la tensione e minore è la corren-te richiesta: P=VxI) risparmiando quindisulle dimensioni dei cavi. La tensione pro-dotta dagli alternatori viene ridotta a qual-che Kilovolt da cabine, collocate in prossi-mità degli abitati, enelle città altri trasfor-matori permettono diprelevare i 220 volt,ciascuno da una fasedelle linee in arrivodalle centrali (normal-mente le linee sonotriangolate, a 380 V).220 V è il valore sceltomolti decenni fa comeideale compromessotra il fabbisogno deglie l e t t r o d o m e s t i c i ,ascensori, utensili, e lasicurezza domestica.L'introduzione dellefuel cell cambierebbemolte cose, dato che silavorerebbe in conti-nua, dove i trasformatori sarebbero inap-plicabili: per evitare di costruire costosichopper occorrerebbe partire da tensionirelativamente basse (per i treni nulla vietadi generare i 3 KV cc e mandarli alle fer-rovie tali e quali...) e quindi, a parità dipotenza distribuita, le linee dovrebberoessere molto corte per limitare le perdite.Vediamo di seguito un confronto tra i duemetodi per produrre l'elettricità, in mododa valutarne pro e contro. Alternatore: è

una macchina rotante per la produzionedell'energia elettrica, soggetta a manuten-zione periodica ma non sofisticata. E' com-posto da un rotore a poli salienti, da unostatore, da due avvolgimenti (statorico erotorico) e da una dinamo applicata assial-memte all'albero del rotore e che serve peralimentare l'avvolgimento rotorico inmodo da magnetizzare i poli salienti. Latensione generata dalla dinamo è continua.Esistono alternatori di piccola potenza,

monofasi con rotore a magneti permanen-ti, che erogano tensione alternata (220Volt, 50 Hz) e sono normalmente usati perla costruzione di piccoli gruppi elettrogeniche trovano applicazione nella nautica, neicampeggi, nelle baite isolate ecc. Vi sono anche alternatori di media poten-za, trifasi con rotore avvolto e dinamo dieccitazione, che erogano tensione alternata(380 Volt, 50 Hz) normalmente usati pergruppi elettrogeni di emergenza e per cen-

trali elettriche eoliche dove l'alternatoreviene condotto da una turbina azionata dalvento. Le centrali elettriche eoliche nonsono inquinanti, mentre tutti i gruppi elet-trogeni creano inquinamento durante ilfunzionamento. In particolare, nelle cen-trali termoelettriche e nucleari il rischioambientale è notevole. Il principale van-taggio sta nella possibilità di concentrarela produzione dell'energia in un posto lon-tano dagli abitati, trasportando poi la

potenza che servemediante linee ad altatensione, ed interpo-nendo trasformatoriper abbassare ilpotenziale man manoche ci si avvicina aiposti di utilizzo. Cella a combustibile:è un generatore dienergia elettrica elet-trochimico statico,silenzioso e per nullainquinante se alimen-tato con appropriatocombustibile. Generatensione continua e ladifferenza di poten-ziale per elemento èdi circa 0,7 Volt. Per

ottenere valori di tensione più alti è suffi-ciente collegare in serie più elementi,come si opera con i normali accumulatoridi energia elettrica. La potenza dipende dalla superficie delsingolo elemento: più grande è la superfi-cie e più alta sarà la potenza ottenibile; agrandi linee, un elemento con una superfi-cie di 0,15 mq può erogare una corrente dicirca 180 A, pari ad una potenza di 126Watt (180x0,7=126 Watt). Uno degli

due modi di produrre corrente

La struttura di una singola cella di Ballard. Ogni elemento genera tensione continua e una

differenza di potenziale di circa 0,7Volt. Per ottenere valori di tensione

più alti è sufficiente collegare in serie più elementi.

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Elettronica In - novembre ‘99 71

per sviluppare dei generatori statici dicorrente che rispondessero a tutti irequisiti richiesti dal programma spa-ziale Gemini. La navicella venne quin-di dotata di apparecchi derivati diretta-mente dalla batteria di Grove, ribattez-zati "celle a combustibile" (fuel cell).Questo è stato il primo esempio diapplicazione pratica. Naturalmente, perla costruzione e la messa a punto dellecelle a combustibile utilizzate per lamissione spaziale Gemini, consideratal'importanza del lavoro che dovevanosvolgere, i tecnici della NASA furonoindotti a valutare tutte le più avanzatetecnologie (di allora...) che permettes-

aspetti più interessanti del generatore dienergia elettrica elettrochimico a cella acombustibile, è che può essere installato,grazie al fatto che non è inquinante ed èsilenzioso, tranquillamente nelle areeurbane e quindi vicino all'utenza, rispar-miando non poco sui costi di trasporto del-l'energia elettrica (in base alle statisticheincide il 5% ogni 200 kW trasportati). Percompletare la valutazione dei vantaggi esvantaggi dei due generatori, è opportunoesaminare i due aspetti riferiti alla tensioneerogata dai generatori: quella alternatadovuta all'alternatore, e quella continuatipica della cella a combustibile. Uno deivantaggi della tensione alternata rispetto aquella continua è che si può facilmentealzarne od abbassarne il valore mediantetrasformatori. Un secondo vantaggio, peròdiscutibile, è quello che l'energia elettricaalternata è adatta così com'è per alimenta-re il classico motore asincrono con rotore agabbia di scoiattolo, che è attualmente ilpiù semplice e diffuso, e perciò moltousato sulle macchine utensili in genere. E'un motore molto compatto e robusto, nonrichiede manutenzione (solo i due cusci-netti a sfere sono soggetti a verifiche ogni10.000 ore di funzionamento, per esserelubrificati) e, soprattutto, abbastanza facileda costruire. Nell'ultimo decennio le mac-chine utensili ed alcuni elettrodomestici,sono tutti progrediti tecnologicamente e lamaggior parte di essi impiega sofisticaticircuiti elettronici per controllare ed otte-nere alcune funzioni, ecco perché talvoltasi trovano già motori in cc pilotati da sche-de switching, tecnica destinata ad assume-re il predominio. L'alternata quindi nonservirebbe più.Quanto alla tensione continua, erogatadalle celle a combustibile, non è facilmen-te trasformabile come quella alternata: puòassumere diversi valori collegando in serie

un certo numero di elementi fino ad otte-nere una batteria adatta (considerando chela tensione per elemento è di 0,7 Volt). Perottenere tensioni abbastanza elevate (es. i3000 Volt adatti per alimentare una lineaferroviaria) occorrono parecchi elementicollegati in serie e per non comprometterel'isolamento elettrico fra loro è necessariocostruire più batterie e disporle poi inserie. Esattamente, come si opera per i tra-dizionali accumulatori di energia elettrica.Comunque, il problema dell'alta tensioneper il trasporto dell'energia elettrica trami-

te linee aeree non si porrà con le celle acombustibile, in quanto con detti generato-ri si potranno costruire piccole, medie egrandi centrali nei pressi dell'utenza inrelazione al fabbisogno. Un altro vantag-gio lo offre un dispositivo elettronico(inverter), attualmente molto affidabile ediffuso, che viene utilizzato con i motoriasincroni per piccole, medie e grandipotenze, che risulterebbe ancora più affi-dabile e anche più economico se verrebbe

costruito già predisposto per essere ali-mentato con tensione continua anzichéquella alternata. Tutto questo perchéoccorrono meno componenti per realizzar-lo poiché non è più necessario lo stadiod'ingresso di conversione da alternata acontinua. Riguardo ai compiti svolti daimotori asincroni con rotore avvolto e spaz-zole fisse impiegati sugli apparecchi di sol-levamento in genere, si possono risolveremolto meglio utilizzando i motori a cor-rente continua con eccitazione composta oseparata, alimentati con appositi aziona-menti. Un settore dove la tensione conti-nua viene già utilizzata in tutto il mondo èquello dei mezzi di trasporto su rotaie, poi-ché tutti i treni ed i tram urbani sono azio-nati da motori a corrente continua (indi-spensabili per i treni delle metropolitane)che, per le loro particolari caratteristiche difunzionamento, sono i più adatti alloscopo. Pertanto con la tensione continuagenerata dalle celle a combustibile si potràalimentare direttamente le loro linee elet-triche, senza ricorrere ai dispositivi di con-versione da alternata a continua (rettifica-tori a tiristori...) che, oltre ai costi dei dis-positivi, abbassano il rendimento del siste-ma di trasmissione della potenza elettrica.Questi motivi, senza alcun dubbio, sonoquelli che faranno prevalere la tensionecontinua rispetto a quella alternata. Inoltre,la tensione continua risulterà vantaggiosaanche per alimentare tutti i più comunielettrodomestici che vengono utilizzati incasa, come: la televisione, il videoregistra-tore, la radio, tutti gli apparecchi musicalistereofonici, il forno elettrico e quello amicroonde. Solo per il frigorifero, per ilsuo particolare gruppo motocompressorealimentato in alternata: con molta probabi-lità si dovrà fare uso di un piccolo conver-titore di tensione per ottenere l'alternataadatta al gruppo motocompressore.

Una batteria a celle di Ballard.

Per ottenere tensioni elevate occorrono parecchi

elementi collegati in serie.

sero di realizzare generatori statici dienergia in grado di garantire un funzio-namento sicuro e perfetto.Sulla scia di Gemini, anche le missioniApollo e Shuttle Orbiter utilizzaronocelle a combustibile di vario tipo ediverse potenze per produrre energiaelettrica a bordo delle navicelle. Aquasi mezzo secolo di distanza dallaprima applicazione sperimentale, e perl'ottimo risultato che le celle a combu-stibile hanno dato durante le missionispaziali, stanno ora passando dalla fasesperimentale alla fase industriale. Lecelle a combustibile sono dei veri gene-ratori statici di energia elettrica e

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potrebbero essere il modello base per lecentrali elettriche del futuro. Alcunistudiosi sostengono che le applicazionidelle celle a combustibile saranno este-se su scala industriale in tutti i settoriper colmare il fabbisogno energetico,ed in modo particolare nel settore dellatrazione dei veicoli, per ridurre l'inqui-namento ambientale che, senza esage-rare, sta veramente toccando livelliinsopportabili: una vera "rivoluzioneenergetica" di peso economico difficil-mente calcolabile. Infatti cambieràtotalmente il sistema di produzione del-l'energia elettrica: da una macchinarotante (alternatore) mossa direttamen-te da un motore termico o da una turbi-

na (centrale termica o centrale idroelet-trica) si passa a un sistema del tuttosilenzioso, non inquinante, modulare econ un buon rendimento; si parla del70%, tenendo conto della possibilità diutilizzare l'acqua calda che esce dallacelle per il riscaldamento ed altriimpieghi in cui essa serve. Considerateche mediamente un generatore tradi-zionale rende il 40 %.

APPLICAZIONIINDUSTRIALI

Le prime centrali per la produzione dienergia elettrica con celle a combusti-bile installate sperimentalmente, in

varie parti del mondo, sono di produ-zione americana: oltre cinquanta picco-le centrali funzionano regolarmente dacirca otto anni. Attualmente è operati-va da più di cinque anni, a Manhattan,una centrale da 5 Megawatt! IlGiappone, partito in ritardo, sta recupe-rando il tempo perduto grazie a cospi-cui investimenti (al ritmo di 40 milionidi dollari l'anno) che hanno permesso,insieme ad un accordo suggellato tra 5"colossi" industriali (Toshiba, Hitachi,Mitsubishi, Fuji Electric e SanyoElectric), di ottenere risultati di granderilievo. Così anche Tokyo ha il suogeneratore statico da 11 MW realizzatodalla Toshiba. In Italia, la prima centra-le da 1 MW che sfrutta celle a combu-stibile alimentate con acido fosforico, èstata progettata e costruita dall'Ansaldoper l'AM di Milano. Altre due piccolecentrali da 25 KW cadauna, con celle acombustibile della Fuji, sono installateall'Acoser di Bologna.

GLI SVILUPPIDELLA TECNICA

Procede senza soste lo studio di ungeneratore statico con il quale sia pos-sibile la sperimentazione per la costru-zione di piccole celle a combustibile, egià corre la notizia che è stata realizza-ta dalla Bell Laboratories una micro-

combustibili utilizzabili in una fuel-cell- Benzina: per essere utilizzata ha bisogno di un "reformer" che produca l'idrogeno, ovvero un convertitore che permetta di sfruttar-ne l'idrogeno, presente in tutti gli idrocarburi. Ciò riduce ma non elimina l'emissione di CO2. In ogni caso la cella a combustibile risul-ta da 1,5 a 2,3 volte più efficace rispetto all'utilizzo del carburante in un motore a combustione interna (quello alternativo delle auto).- Metanolo: anche il metanolo, per essere utilizzato per alimentare la cella a combustibile, esige un "reformer" per la produzione del-l'idrogeno, ma è di circa 2,5 volte più efficace della benzina impiegata come combustibile in un motore a combustione tradizionale;produce emissioni inquinanti ma in misura inferiore rispetto ad essa. A temperatura ambiente il metanolo è liquido, il che lo rende faci-le da gestire come la benzina o il gasolio. Anche se è classificato come liquido altamente infiammabile (con un punto di infiammabili-tà sotto i 32°C) non esige lo stoccaggio in serbatoi speciali.- Idrogeno: nella sua forma gassosa è direttamente utilizzabile nella cella a combustibile ed ha un'efficacia 2,8 volte superiore allabenzina; il suo impiego non emette sostanze inquinanti. I suoi sottoprodotti sono soltanto acqua pura e calore in modesta quantità.Essendo però un gas, l'idrogeno occupa circa quattro volte più spazio dell'equivalente volume di benzina occorrente per produrre lastessa parte di energia, e come liquido deve essere immagazzinato a pochi gradi centigradi sopra lo zero assoluto. E' proprio la que-stione dell'immagazzinaggio che forse, soprattutto nelle applicazioni per le automobili, rappresenta il principale ostacolo all'introdu-zione della cella a idrogeno. Le difficoltà nella gestione fisica dell'idrogeno sono paragonabili a quelle del gas naturale compresso,dato che i volumi di immagazzinaggio sono analoghi. La minore efficacia energetica dell'idrogeno rispetto alla benzina è compensatadalla maggiore efficacia dalla cella a combustibile rispetto al motore a combustione interna. Una soluzione del problema potrebbeessere l'innovazione annunciata alla fine del 1996 dai ricercatori della Northeasterm University di Boston, i quali hanno dichiarato diessere riusciti ad accrescere di un fattore dieci la capacità d'immagazzinaggio degli attuali serbatoi di idrogeno, utilizzando nanofibredi grafite. Daimler-Benz sta finanziando lo sviluppo del progetto da parte dell'università. Anche se attualmente l'idrogeno non è pro-dotto in grandi quantità, sarebbe possibile produrlo a costo bassissimo con l'aumento dell'assorbimento e l'attuazione di economie discala. Il gas può essere ricavato dal metano, ottenuto sia dai prodotti di scarto e rifiuti, sia da "biomasse" (vegetali prodotti apposita-mente per la decomposizione, come si fa per l'etanolo).

Un motore prodottonel 1995 funzionante

tramite le celle acombustibile

montato su un autobus. Sviluppa

una potenza equivalente a

205 Kw e garantisce un’autonomia pari

a 400 Km.

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cella (pochi centimetri di lato, moltopiatta e leggerissima) che dovrà trovareapplicazione nel campo della telefoniaper alimentare apparecchi portatili,accanto alle unità già usate dall'eserci-to statunitense e costruite da ERC(Energy Research Corporation)Engelhard e Westinghouse per alimen-tare ricetrasmittenti militari. Nel settore della trazione dei veicoli, igiapponesi della Fuji hanno allestitouna piccola serie di minibus elettriciper il mercato americano. In Europa,Alsthom, Siemens e la belga Elenco,stanno sperimentando progetti che uti-lizzano celle a combustibile alimentatead idrogeno puro. La società canadese Ballard PowerSystem è riconosciuta leader nel campodella tecnologia delle celle a combu-stione. Iniziò a studiare e svilupparequesta tecnologia nel 1983: nella faseiniziale i progressi furono relativamen-te lenti, ma verso la fine del 1995 FirozRasul, direttore generale della Ballard,annunciò che presto la cella a combu-stibile si sarebbe potuta utilizzare neltrasporto a motore; Ballard era riuscitaa ottenere quei rapporti di potenza/pesoe volumi necessari per fare della cella acombustibile una fonte di energia adat-ta ad un'automobile, certamente com-petitiva con il classico motore endoter-mico, e molto più leggera del gruppo di

accumulatori oggi necessari per muo-vere le auto elettriche. Nell'agosto1997 l'azienda ha stipulato conDaimler-Benz una joint-venture crean-do la società Fuel Cell Engines con l'o-biettivo di arrivare alla produzioneindustriale di un motore alimentato acelle a combustibile. Nel dicembredello stesso anno Ford Motor Companysi è associata all'iniziativa. AttualmenteBallard ha avviato progetti di collabo-razione con molte altre grandi caseautomobilistiche. Lo scopo è realizzarepropulsori elettrici alimentati da fuel-cell, mediante idrogeno, metanolo,benzina o gas naturale, ed ovviamenteliberi dai pesi e dagli ingombri proibi-

tivi che hanno impedito la diffusionedelle vetture elettriche. Le premesse cisono tutte, giacché nel 1995 la cella acombustibile riusciva a produrre 28KW per piede cubico (circa 30.000 cmcubici) di massa, valore cinque voltesuperiore a quello ottenuto soltanto dueanni prima. Secondo lo chief technology dellaBallard "i valori raggiunti superano gliobiettivi fissati dalle case automobili-stiche e dal Dipartimento dell'Energiastatunitense, per densità di potenza diun veicolo alimentato da celle a com-bustibile". Da allora la Ballard ha con-tinuato a migliorare quel valore, por-tandolo a metà del 1998 a oltre 60 kW.Le piastre che compongono le tipichecelle a combustibile sviluppate dallaBallard sono larghe circa 20 cm, espesse meno di mezzo millimetro, eproducono ciascuna circa 0,7 Volt.Raggruppando un certo numero di pia-stre si raggiunge la tensione voluta,praticamente senza limiti; ad esempioper ottenere 220 volt occorrono:220/0,7=32 piastre, mentre la potenzapuò essere incrementata aumentando lasuperficie delle piastre stesse (a paritàdi densità di corrente, più superficievuol dire maggiore intensità). Nel com-plesso il risultato è buono, in quantoper muovere un'autovettura occorronodai 30 a 50 KW. Per ottenere quindiuna simile potenza con le fuel cell, cal-colando anche l'ingombro del motore,si arriva ad una dimensione simile aquella degli attuali motori endotermici,che di solito sviluppano 40 KW/litro(40 KW/1000 cc) se a benzina, e 30KW/litro se a gasolio. Molti dei pro-gressi compiuti riguardo ai sistemi pro-

lo sviluppo di prototipi a celle a combustibileLa Daimler-Benz ha dedi-

cato e sta dedicandotuttora molto tempo

e risorse allo svi-luppo di motori acelle a combusti-bile. Montati sum o d e l l iMercedes Benz

(prima il mini-van classe V e

successivamentela supercompatta classe

A) i motori basati su celle di Ballardsono arrivati a sviluppare 50 Kw netti e reso pos-

sibile un’autonomia di 400 Km. Anche altri costruttorihanno raggiunto risultati eccellenti come la Toyota che con l’utilitaria sportiva RAV4ha raggiunto un’autonomia di 500 Km. La Georgetown University in collaborazionecon il governo americano e la Nova BUS è riuscita a produrre tre autobus da 9,1metri già nel 1990 e nel 1998 è arrivata a realizzare un autobus di 12 metri che sfrut-ta un motore a Fuel Cell ad acido fosforico in grado di produrre 100 Kw netti e conun’autonomia di ben 550 Km!

tipo di cella applicazioni realizzateALKALINE FUEL CELL Militari: Sommergibili.

(AFC) Civili: Voli spaziali, autobus, taxi.

PROTON EXCHANGE Militari: sommergibili.MEMBRANE FUEL CELL Civili: Personal Computer, navi, macchine

(PEMFC) fotografiche, carrelli elevatori, autobus.

PHOSPHORIC ACID Civili: Carrelli elevatori, UPS,FUEL CELL sistemi di purificazione acque, produzione

(PAFC) generica di energia elettrica.

MOLTEN CARBONATE Militari e civili: Produzione di elettricità e FUEL CELL riutilizzo del calore e

(MCFC) dei gas di scarico.

SOLID OXIDE FUEL CELL Civili: Unità per test di laboratorio.(SOFC)

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pulsivi sono frutto di iniziative nate nelsettore automobilistico, ed è probabileche anche l'introduzione del motoreelettrico alimentato da celle a combu-stibile segua la stessa strada. Grazie alle pressioni del CalifornianAir Resources Board (altri 12 statiamericani vogliono seguirne l'esempio)entro il 2003 il 10% di tutte le auto ven-dute nello stato dovrebbero produrre"zero emissioni" quindi nei prossimianni la cella a combustione diventeràuna realtà operativa. L'idrogeno puro èoggi l'unica sorgente di energia capacedi centrare il bersaglio dell'emissionezero, mentre è probabile che il metano-lo sarà il carburante utilizzato dal 15%delle vetture che dovranno garantireemissioni tollerabili. La cella a combustibile può essere rea-listicamente vista come alternativa almotore a combustione interna e allabatteria al piombo, una via potenzial-mente capace di rivoluzionare l'interosettore dei carrelli elevatori oltre,ovviamente a quello dei trasporti. Ilmotore alimentato da celle a combusti-bile sarà assolutamente differente da

tutti quelli che sino a oggi i tecnici del-l'assistenza hanno conosciuto: se i cir-cuiti elettrici sono basati sugli stessiprincipi adottati per i carrelli elevatorialimentati da accumulatori, la cella acombustibile di per sé non dovrebbepraticamente richiedere interventi dimanutenzione, tanto che già si parladella possibilità che essa duri più dellavettura che alimenterà; quindi nessunamanutenzione, anzi, probabile riutiliz-

zo della cella a combustione quando lavettura o il carrello elevatore sonopronti per la rottamazione...

IL PROBLEMADEL RIFORNIMENTO

Per quanto riguarda il rifornimentodelle autovetture dotate di motore elet-trico alimentato con celle a combustio-ne non sussistono grossi problemi da

Valutando con molta attenzione quanto è stato fatto in questidieci anni (1989÷1999) in merito agli sviluppi tecnologicidelle celle a combustione, è ormai possibile pensare che unnuovo sistema per la produzione di energia elettrica mediantegeneratori statici, silenziosi e per nulla inquinanti, stia perdiventare una realtà. Come è già stato detto, si tratta di unavera "rivoluzione energetica" di valore economico incalcolabi-le e, soprattutto, servirà a sostituire tutti i sistemi usati per laproduzione dell'energia elettrica che sono altamente inquinan-ti, pericolosi e nocivi alla salute dell'uomo, come ad esempio lecentrali nucleari e quelle termiche, e quant'altro usato per laproduzione dell'energia elettrica che genera inquinamentoatmosferico, acustico, ecc. Con molta probabilità, le centralirealizzate con celle a combustione permetteranno di produrrel'energia elettrica sul posto di utilizzo, mediante gruppi dipotenza adeguata al proprio fabbisogno. Ogni fabbrica, ognicittà, rione, grattacielo o, addirittura, ogni singola abitazioneprivata produrrà la quantità di energia elettrica necessaria.Verranno così eliminate tutte le linee elettriche ad alta tensio-ne (alcune, con differenze di potenziale di 230000 e 300000Volt) con grandi benefici e fortissimi risparmi per le aziendeconduttrici. Installare nuovi tralicci e sostituire quelli corrosidagli agenti atmosferici, controllarli periodicamente, gestiremigliaia di chilometri di cavi aerei ed interrati, costa cifre dacapogiro, soldi che converrebbe investire per produrre e distri-buire localmente gli impianti a fuel cell. Bisogna considerare

inoltre i benefici per l'ambiente e per la nostra salute: infatti,sebbene l'energia elettrica possa essere ritenuta "pulita",secondo alcune recenti ricerche nel campo delle dispersionielettromagnetiche nell'atmosfera risulta che la forte induzioneprodotta dai conduttori sottoposti all'altissima tensione è noci-va, e responsabile di leucemia ed altri tumori riscontrati insoggetti residenti in abitazioni poste a poche decine di metridai tralicci. Senza contare il pericolo derivante dal fatto che lelinee AT in caso di perturbazioni atmosferiche (temporali, ecc.)favoriscono le scariche dei fulmini di alto potenziale versoterra! Un altro risparmio deriva dal fatto che nelle tradiziona-li centrali elettriche sono gli alternatori a generare la tensione,quindi grosse macchine elettriche bisognose di manutenzione esoggette ad usura: invece le fuel cell non richiedono manuten-zione. Certo, il loro impiego porterà a rivoluzionare la distri-buzione elettrica: sarà impensabile tirare lunghe linee come sifa adesso, e ciò perché le fuel cell generano tensione continua:per trasportare questa lungo grandi distanze occorrerebbe ele-varla notevolmente, ma, mentre con l'alternata prodotta daglialternatori basta un trasformatore, in cc servirebbero inverterdifficilmente realizzabili, non solo a causa delle forti perditeche ne deriverebbero, ma anche e soprattutto per i limiti deicomponenti a semiconduttori, non applicabili oltre qualcheKilovolt. Il futuro è quindi nella costruzione di piccole centra-li locali, impiantate dove vi sia bisogno di corrente: appuntouna per fabbricato, per quartiere, ecc.

qualche osservazione

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risolvere, infatti sono già in circolazio-ne parecchie autovetture con installatoil serbatoio per il gas ed esistono, perqueste, distributori simili a quelli per labenzina. Come si è già verificato con ilgas metano, i costi di allestimento diuna stazione di rifornimento rapidopossono ammontare a parecchi milionidi lire, e quindi sono affrontabili unica-mente da quegli utilizzatori che gesti-scono anche una flotta di mezzi di tra-sporto tutti riforniti dalla stessa fonte dicarburante. Recentemente vi sono staticontatti fra i fornitori e gli utilizzatoridi gas naturale per stabilire se sia pos-sibile prelevare il gas dalla rete princi-pale e comprimerlo localmente, invecedi dover installare una stazione dicrioimmagazzinaggio (compressione eraffreddamento del gas). E' quindi pos-sibile supporre che questa idea preval-ga nei prossimi anni. Il metano è com-posto da carbonio e idrogeno ed è uti-lizzabile anche come combustibile uti-lizzando un “reconvert” che estraggal'idrogeno. Pensate al metano; arrivadovunque: nelle case, nei capannoni,sotto le strade: volendo prelevarlobasterebbe fare l'allacciamento, predi-sporre un contatore, ed il gioco è fatto.

Lo stesso discorso vale se si intendeapprontare un impianto a fuel-cell perrifornire di energia elettrica un interofabbricato, un grattacielo, una fabbrica:basterebbe collegarsi al metanodotto,far passare il gas dal reformer, quindimandare l’idrogeno alle celle per averetutta la corrente che serve! Quanto airiflessi sul mercato, le celle a combu-stibile sono quasi pronte ed è probabileche avranno un notevole impatto sul-l'industria dei veicoli nel prossimodecennio. La disponibilità di idrogenopresso il luogo di utilizzo è ottenibile invari modi che, nonostante i notevolicosti economici, potrebbero essere

facilmente accettati. La possibilità diprodurre l'idrogeno ad un costo pratica-mente uguale a zero e le implicazioniecologiche della sua scelta rispetto a uncombustibile fossile, sembrano garan-tirne l'adozione nel prossimo futuro.Considerando che il costo di un motoreelettrico alimentato da celle a combu-stibile dovrebbe essere più o menoequivalente a quello di un motore acombustione interna, e che le esigenzedi manutenzione sarebbero sensibil-mente più basse, nei prossimi anni que-sta soluzione potrebbe risultare irresi-stibile agli occhi degli utilizzatori diveicoli.

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