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direttore responsabileROBERTO NAPOLETANO

vice direttoreROBERTO TURNO

Allegato al n. 367-13 ottobre 2014

reg. Trib. Milano n. 679 del 7/10/98

SOMMARIOINTRODUZIONE

Il cancro non ha confini: il nuovo ruolo dell’Europa di Francesco De Lorenzo 7Una partnership per il rispetto dei diritti dei malati di Giuseppe De Rita 11

LA CRISI ECONOMICA E LA SPENDING REVIEW

Il contributo del settore oncologico alla revisionedella spesa sanitaria: proposta per tagli di qualità di Sergio Paderni 12

APPROFONDIMENTI TEMATICI

L’Oncoguida, la bussola che non c’era per fornireal paziente informazioni mirate e personalizzate

di Laura Del Campoe Francesco De Lorenzo 20

La condizione sociale e sanitaria dei pazienti malatidi tumore al colon-retto e la centralità del care-giver a cura del Censis 23Le patologie tumorali in adolescenti e giovani adultirappresentano il 4% del numero totale dei nuovi casi

di Luigino Dal Maso, Susanna Busco,Annalisa Trama, Antonio Albertie Elisabetta Iannelli

30- LA PRESERVAZIONE DELLA FERTILITÀ

L’attenzione alla fertilità è tra i bisogni essenziali:strategie attuali e prospettive offerte al paziente di Cristofaro De Stefano 34Così l’oncofertilità è tra i bisogni essenziali:strategie attuali e prospettive offerte al paziente di Giulia Scaravelli e Paola D’Aloja 37Il percorso assistenziale di giovani pazienti oncologichecandidate a procedure di preservazione della fertilità

di Lucia Del Mastroe Matteo Lambertini 39

Terapie personalizzate: l’impiego dei farmaci miratiin base alla caratterizzazione molecolare dei tumori

di Nicola Normanno, Antonio Mar-chetti, Francesco Massari e Carmi-ne Pinto

41

Tutti i vantaggi delle biobanche per la collettività:dalla ricerca traslazionale agli impatti in oncologia

di Marialuisa Lavitrano, Aldo Scar-pa, Mattia Barbareschi, Rita Tere-sa Lawlor, Matteo Macilotti, Mas-simo di Maio, Carmine Pinto, Ro-berto de Miro d’Ajeta e GiorgioStanta

43

Dagli screening agli stili di vita: il ruolo dei medici di basenella prevenzione oncologica primaria e secondaria

di Luciana Cacciotti, Vera AllocatiMaida, Guido Sanna, DonatellaAlesso e Ugo Montanari

48Paradosso psiconcologia: aumentano i bisogni dei malatima per contenere le spese si riducono servizi e risorse

di Luigi Grassi, Anna Costantini,Diana Lucchini e Susanna Busco 56

Strategico l’apporto del personale infermieristico:il bagaglio teorico e pratico per un’assistenza Doc

di Giovanni Micalloe Beniamino Micheloni 60

Questo documento è stato stampatocon il contributo di Roche e Novartis

Il rapporto in extenso è disponibile suwww.favo.it o in forma cartacea c/o FAVO

Ottobre 2014 3

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SOMMARIO

Cure transfrontaliere: poche luci e molte ombrenel decreto di recepimento della direttiva europea

di Elisabetta Iannelli, Davide De Per-sis e Maurizio Campagna 63

RAPPORTO SULLA CONDIZIONE ASSISTENZIALE DEI MALATI ONCOLOGICI

Oggi in Ita lia 2,25 milioni convivono con un tumore:l’anno scorso sono stati registrati 366mila nuovi casi di Luigino Dal Maso e Paolo Baili 68- L’offerta del sistema Paese

Dai posti letto agli hospice fino alle apparecchiature:ecco le risorse e i servizi messi in campo dalle Regioni

di Rosaria Boldrinie Miriam Di Cesare 70

Per la radioterapia si contano 377 acceleratori linearima le differenze tra Nord, Centro e Sud restano alte di Riccardo Maurizi Enrici 75La crisi si fa sentire anche nei reparti di oncologia:i numeri su ricoveri e mobilità restano come prima

di Rosaria Boldrinie Miriam Di Cesare 77

Le terapie innovative prendono sempre più piedema resistono gli ostacoli che ne frenano l’accesso di Stefania Gori e Massimo Di Maio 82

Le finestre regionali 84Pdta per pazienti terminali: percorso personalizzatodall’«intento di cura» al «prendersi cura» del malato

di Lino Del Favero, Nicola Delli Quadrie Francesco Cobello 91

Il ruolo dell’Inps tra la necessità di semplificazionee le nuove esigenze assistenziali per gli oncologici

a cura del Coordinamento generalemedico legale Inps 94

LE RASSEGNE DELL’OSSERVATORIO

I semafori dell’Osservatorio sulle risposte ai bisognioncologici: un semaforo per sollecitare le istituzioni di Davide De Persis 99Gli atti normativi dell’anno 2013 a cura delle Regioni:dal Piano salute toscano alla riorganizzazione veneta

di Emanuela Listae Davide De Persis 103

4 Ottobre 2014

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L’Osservatorio sulla condizione assistenziale dei malati oncologici si propone difungere da lente d’ingrandimento dei dati nazionali riguardanti le patologie oncologiche,oltre che un’espressione reale di “sussidiarietà” nel panorama del Welfare che cambia,valorizzando l’apporto sistemico del volontariato e dell’iniziativa privata, in collaborazionefunzionale con istituzioni pubbliche. L’operato dell’Osservatorio è strettamente connessocon le Giornate del Malato Oncologico. Questo infatti si propone di essere il fil rouge cheunisce, in una continuità operativa, le diverse Giornate, registrando lo stato di avanzamentodelle iniziative da queste scaturite, per effettuarne il “tracciamento” visibile e provocare,all’occorrenza, concreti interventi sollecitatori della FAVO e delle istituzioni coinvolte, sucui riferire alla successiva Giornata Nazionale. L’Osservatorio è costituito dalla Federazioneitaliana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia (FAVO), Censis, Associazioneitaliana degli oncologi medici (AIOM), Associazione italiana di radioterapia oncologica(AIRO), Società Italiana di Ematologia (SIE), Società Italiana di Chirurgia Oncologica (SICO),Società Italiana di Psico Oncologia (SIPO), Federazione italiana medici di medicina generale(FIMMG), AIRTUM, Federsanità-Anci, Istituto Nazionale dei Tumori di Milano (INT),Coordinamento Generale Medico-Legale dell’INPS e Direzione generale del Sistema infor-mativo del Ministero della Salute.

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Dal “Rapporto sulla salute in Europa2012: Tracciare la via verso il benesse-re”, pubblicato dall’OMS, emerge che itumori hanno sostituito le malattie car-diovascolari come principale causa di

morte precoce in 28 dei 53 paesi europei. Nel 2012, inuovi casi di cancro in Europa sono stati 3.450.000, con1.750.000 morti, pari a 3 decessi al minuto, stimati nel2035 a 6 al minuto. Nel recente studio EUROCARE-5,basato su 93 registri dei tumori di 23 paesi europei, inaggiunta ai dati precedentemente indicati, vengono messein evidenza, tra i diversi Stati europei, grandi e gravidisparità di sopravvivenza al cancro che riflettono le disu-guaglianze in materia di organizzazione sanitaria e di spesapubblica, oggi fortemente acuite dalla grave crisi economi-ca che attraversa l’Europa.Il peso economico del cancro in Europa, stimato intornoai 126 miliardi nel 2009, è rappresentato per il 39% daicosti diretti di assistenza sanitaria e per il 61% dalla perdi-ta di anni produttivi dovuti all’invalidità o alla morte antici-pata. La disparità esistente è ben evidenziata dalla spesamedia europea per la cura del cancro per cittadino pari a102 euro, rispetto a quella della Bulgaria (16 euro), Roma-nia (20 euro), Polonia (37 euro), Portogallo (53), GranBretagna (85), Spagna (94), Francia (110), Italia (114) eGermania (182)1.La rilevanza di questi dati impone immediate iniziative edecisioni che non possono essere affrontate e risolte daisingoli Stati europei ma richiedono un diretto coinvolgi-mento del Parlamento e della Commissione europea. Seè vero che la salute non è materia di esclusiva competen-za comunitaria, è altrettanto vero che dai primi anniNovanta, a partire dall’approvazione del Trattato di Maa-stricht, il Consiglio dell’Unione europea ha chiesto allaCommissione di presentare con urgenza un piano com-plessivo di misure che realizzino gli obiettivi indicati nel-l’art. 129 del Trattato, comportanti in particolare:- individuazione degli alti rischi e delle popolazioni a ri-schio sanitario;- indicazione dei parametri minimi di tutela sanitaria cheogni Stato membro doveva assicurare;- intensificazione delle attività in materia di lotta al cancro eall’AIDS.

Con il Trattato di Amsterdam del 1997 sono state estesele competenze disciplinate dall’Unione europea, tra cui lasanità, con il conseguente potenziamento degli strumentidi cui essa dispone per garantire un più elevato livello diprotezione della salute umana.Seguendo il crescente impegno comunitario in tema disalute, le iniziative europee portate avanti dalle varie asso-ciazioni di malati di cancro, hanno potuto raggiungereduraturi risultati a livello continentale. Tra questi, i piùimportanti sono l’approvazione da parte del Parlamentoeuropeo della risoluzione: “La lotta contro il cancro inuna Unione europea allargata” (2008) e l’istituzione dellaEuropean Partnership Action Against Cancer (EPA-AC), volu-ta dalla European Cancer Patient Coalition (ECPC), pro-mossa dalla Presidenza slovena del Consiglio dell’UnioneEuropea e attuata dalla Commissione Europea (2010).EPAAC è stata proposta per rendere più efficace il coor-dinamento delle politiche sanitarie nazionali nel campodella lotta ai tumori. Obiettivo finale è il perseguimento diuna riduzione dell’impatto del cancro sulla popolazioneUE e delle relative disuguaglianze tra i diversi Paesi.La Partnership è stata configurata come una Joint Action,essendo essenzialmente rivolta a Istituzioni governative e diindirizzo in campo sanitario. Hanno partecipato 40 associa-ted partners (ministeri, istituti governativi, università, associa-zioni scientifiche e associazioni di malati, rappresentate daECPC e FAVO). I temi trattati sono prevenzione e diagnosiprecoce, cura, ricerca e sistema informativo sul cancro.Uno degli obiettivi più rilevanti è la richiesta di armonizza-zione dei piani oncologici nazionali dei Paesi Membri,attraverso linee guida condivise.Con la conclusione dei lavori di EPAAC nel marzo 2014si è dato origine a una nuova azione congiunta: la Europe-an Guide for Quality Improvement in Comprehensive CancerControl (CANCON). Questa si pone obiettivi ancora piùimportanti. È prevista una nuova piattaforma inter-mini-steriale mirata a potenziare la collaborazione tra Statimembri, attraverso la definizione di nuove linee guida piùstringenti che vanno dalla presa in carico complessivanella cura del malato oncologico agli screening, alla riabili-tazione e al follow up delle persone guarite.Anche in questo il volontariato oncologico è presenteattraverso ECPC.

Il cancro non ha confini: il nuovo ruolo dell’Europa

INTRODUZIONE

di Francesco De Lorenzo *

* Presidente Favo

Ottobre 2014 7

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La coincidenza delle elezioni europee e il recente recepi-mento (2014) della direttiva 2011/24/UE sui diritti deipazienti relativi all’assistenza sanitaria transfrontaliera,convertita in legge, rendono più attuale le questioni lega-te al rapporto tra Unione Europea e malati di cancro.La Direttiva rappresenta un passo in avanti fondamentaleper superare le diseguaglianze ed eliminare le barriereche impediscono ai pazienti europei l’accesso ai centri dicura di eccellenza dei vari Paesi, ivi compresi quelli che sioccupano di tumori rari. Il recepimento della Direttiva daparte dei vari Stati Membri purtroppo contrasta spessocon i principi della stessa, vanificandone in parte l’applica-zione.È pertanto necessario uno sforzo congiunto del volonta-riato oncologico, società scientifiche e istituzioni europeetutte per superare le residue barriere. ECPC intendetutelare i malati anche attraverso il ricorso alla Corte diStrasburgo.Le elezioni europee sono alle porte, così come il rinnovodella Commissione Europea. Con l’applicazione delle nor-me derivanti dal Trattato di Lisbona, ci apprestiamo avotare per un Parlamento Europeo le cui responsabilitàsaranno sostanzialmente maggiori e più incisive.Il Parlamento Europeo uscente si è dimostrato sensibilealle necessità dei malati di cancro europei, sostenendo, aStrasburgo nel febbraio 2014, la Carta Europea dei Dirittidel Malato Oncologico. Si tratta di un documento chestabilisce gli obiettivi cardine per il futuro della lotta alcancro in EU. È necessario, tuttavia, continuare lo sforzoaffinché la Carta rappresenti un costante punto di riferi-mento. a tal fine, Ecpc ha lanciato una call to action, unachiamata ad agire in coerenza con la Carta di Strasburgo

2014, rivolta ai candidati alle prossime elezioni europee.Le 344 associazioni di 27 paesi aderenti a ECPC sonomobilitate in questi giorni a far sottoscrivere la Call toAction ai candidati al Parlamento Europeo, con l’obietti-vo di impegnarli ad aderire nel nuovo Parlamento allacostituzione di un intergruppo in grado di sensibilizzare ilParlamento e la Commissione europei a:- collocare il cancro tra le priorità dell’agenda politica;- sostenere l’eccellenza nella ricerca in oncologia e fare inmodo che i risultati raggiunti si traducano in beneficiquantificabili per i malati di cancro europei;- presentare un Piano d’Azione comunitario che, attenen-dosi a quanto disposto dall’art. 20 delle Conclusioni delConsiglio in merito all’incidenza dei tumori (Lussembur-go, 10 giugno 2008): “Prenda in considerazione tutti gliaspetti della lotta globale contro il cancro, inclusi preven-zione, diagnosi precoce, trattamento, riabilitazione e curepalliative attraverso un approccio multidisciplinare e lacreazione di un quadro adeguato per sviluppare lineeguida efficaci per la lotta contro il cancro e per condivide-re le migliori pratiche nelle aree della prevenzione e dellaterapia”.In particolare, poi, FAVO è impegnata a sollecitare ilGoverno, nel corso del semestre di presidenza italianodel Consiglio dell’Unione Europea, a portare all’attenzio-ne dei Paesi Membri le gravi problematiche connesseall’epidemia del cancro. L’Italia ha certamente pieno titoloa promuovere questa iniziativa, essendo all’avanguardia,con best practices, sia nella cura che negli aspetti assisten-ziali e sociali, nonché di tutela lavoristica. È questo unforte segnale da lanciare a tutta l’Europa, che riteniamo ilGoverno italiano non debba disattendere. ●

1. R. Sullivan et al: “Economic Burden of cancer across the EU: a population-based cost analysis”. The Lancet Oncology, Vol. 14, Nov. 2013,pag. 1165

8 Ottobre 2014

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FACILITARE IL CAMBIAMENTO:LA CARTA EUROPEA DEI DIRITTI DEL MALATO DI CANCRO

(World Cancer Day - 4 febbraio 2014)

Articolo 1Ogni cittadino europeo ha diritto di ricevere le informazioni più accurate

e di essere attivamente coinvolto nella propria curaI cittadini europei esigono:1.1 Politiche di sanità pubblica per la prevenzione del cancro.1.2 Screening di alta qualità e servizi diagnostici accreditati in modo da garantire livelli ottimali e

uniformi.1.3 Il diritto di accedere a tutte le informazioni sulle loro condizioni di salute e di partecipare

attivamente alle scelte terapeutiche.1.4 Strategie informative chiare e comprensibili per i pazienti per poter accedere al migliore livello di

assistenza in ogni stadio dell’esperienza cancro.1.5 Certificazione di qualità del centro o reparto presso cui si è in cura, in relazione a un adeguato

grado di specializzazione nella cura del cancro.1.5a Accesso libero a tutti i dati sulle terapie e i risultati clinici, presso le istituzioni sanitarie nazionali, i

registri dei tumori e i programmi di revisione indipendenti.1.6 Un piano di cura personalizzato completo e comprensibile, prima dell’inizio di qualsiasi terapia, con

il diritto a una seconda opinione.1.7 Il rispetto della riservatezza, secondo le preferenze del paziente in ordine al livello di segretezza dei

propri dati.1.8 Informazioni sulle ricerche e innovazioni relative al proprio tipo di cancro, disponibili a livello

nazionale e internazionale.1.9 Informazioni sui trattamenti riabilitativi e sui servizi di supporto per le persone guarite dal cancro.1.10 Il diritto di essere rappresentati e sostenuti dalle organizzazioni dei pazienti, per essere interlocuto-

ri alla pari in ogni decisione che riguardi la salute e il benessere.

Articolo 2Ogni paziente europeo ha diritto di accesso tempestivo alle migliori cure specialistiche,

sostenute da ricerca e innovazioneI pazienti europei esigono:2.1 Accesso tempestivo a una diagnostica certificata, per ottenere la diagnosi più precoce e accurata

del cancro.2.1a La comunicazione della diagnosi in modo attento e confortevole, da parte di un medico esperto e

specializzato.2.2 Accesso tempestivo a cure adeguatamente specializzate della più alta qualità, tenendo conto della

ricerca clinica e dell’innovazione, per garantire i migliori risultati possibili.2.3 La somministrazione delle cure a livello locale ove possibile, oppure centralizzate secondo le linee

guida approvate a livello nazionale o internazionale e le raccomandazioni degli esperti.2.4 Servizi di supporto psicologico nell’affrontare il cancro nelle diverse fasi dello screening, della

diagnosi, del trattamento, e per la qualità della vita nella sopravvivenza.2.5 Il diritto alla scelta del luogo per la diagnosi e le terapie, anche oltre i confini nazionali.2.6 L’accesso rapido alle ultime innovazioni nella diagnosi e nel trattamento per ogni singolo malato di

cancro subito dopo la loro approvazione da parte delle agenzie regolatorie.2.7 Il diritto di accesso alle cure in base al bisogno e non alla capacità di pagare per esse.2.8 Il diritto che si faccia ogni indagine sul loro particolare tipo di cancro e di accedere agli studi clinici

disponibili e compatibili con la loro condizione.2.9 Per i bambini malati di cancro, il diritto di essere curati in un centro o reparto specializzato in

oncologia pediatrica secondo linee guida specifiche per la cura dei bambini con il cancro.

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Articolo 3Ogni cittadino europeo ha diritto a ricevere cure in sistemi sanitari che garantiscano

i risultati migliori, la riabilitazione del paziente,la migliore qualità della vita e la sostenibilità dell’assistenza sanitaria

I servizi sanitari europei devono:3.1 Essere sostenuti da Piani Oncologici Nazionali (PON), organizzati secondo linee guida nazionali e

sottoposti a verifiche periodiche da parte di esperti esterni tra cui i rappresentanti dei pazienti.3.2 Essere assoggettati a verifiche di controllo per garantire progressi ottimali e benefici per il malato

di cancro, come indicato nei PON.3.3 Fornire assistenza efficace ed efficiente in tutte le condizioni che un malato di cancro attraversa,

dalla diagnosi precoce al trattamento alla terapia palliativa o di supporto, conformemente astandard di qualità della cura.

3.4 Prestare attenzione ai problemi del follow-up e della sopravvivenza a lungo termine per garantirela migliore qualità della vita e la realizzazione personale del paziente e la sua re-integrazione epartecipazione nella società e nel posto di lavoro.

3.5 Assicurare la disponibilità per i pazienti oncologici delle migliori terapie del dolore e sintomatiche.3.6 Incoraggiare e sostenere un’adeguata conoscenza e pratica clinica per il trattamento di tutti i

particolari tipi di cancro, nonché l’istruzione e la formazione di tutti gli operatori professionali nonsolo sanitari, coinvolti nella cura del paziente.

3.7 Riconoscere il ruolo paritario delle organizzazioni dei pazienti in tutti gli aspetti della cura, ricerca einnovazione in oncologia.

3.8 Essere coordinati da team multi-disciplinari opportunamente specializzati (TMD), secondo regola-menti nazionali conformi a linee guida riconosciute a livello europeo.

3.9 Prevedere modalità tempestive e aperte di comunicazione e coordinamento tra i servizi territorialidi sanità o di medicina di base e i centri specialistici oncologici, nella dimissione e sequela deipazienti.

3.10 Rispettare i pazienti garantendo il trattamento in tempi ottimali e predeterminati.3.11 Assicurare la protezione del paziente da eventuali danni derivanti da servizi sanitari mal funzionanti,

negligenze od errori degli operatori.3.12 Riconoscere e promuovere la ricerca clinica innovativa di alta qualità e la partecipazione agli studi

clinici.3.13 Coinvolgere i pazienti, chi li assiste e le organizzazioni di rappresentanza dei pazienti, in tutti gli

aspetti della progettazione e conduzione della ricerca clinica centrata sul paziente.3.14 Realizzare e sostenere una strategia integrata di cure palliative di alta qualità.

10 Ottobre 2014

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Arrivati alla pubblicazione del 6˚ Rappor-to sulla condizione assistenziale dei ma-lati oncologici in Italia, non possiamofare a meno di sottolineare i cambia-menti avvenuti nel tempo nel campo

della salute e della patologia tumorale.Negli ultimi 30 anni la vita media è aumentata di 6,5 anniper le donne e di 8 per gli uomini, e la speranza di vitaalla nascita ha raggiunto nel 2012 gli 84,5 anni per ledonne e i 79,4 per gli uomini. Il progressivo allungamen-to della vita media è correlato, oltre che allo stile di vita,al progresso della scienza e della ricerca biomedica negliultimi decenni, che ha permesso di contrastare molteimportanti malattie e anche di migliorare la qualità dellavita dei pazienti, anche di quelli cronici. I dati sulla patolo-gia oncologica, tra gli altri, mettono bene in luce comesia costantemente in crescita la quota di pazienti chesopravvivono, e sempre più a lungo, alla malattia.Tuttavia il miglioramento delle prospettive terapeutichenon riguarda purtroppo tutte le patologie e tutte letipologie tumorali in modo omogeneo, e per molte diesse la strada da fare è ancora molto lunga. Stando agliultimi dati, mentre la sopravvivenza a 5 anni interessal’88,6% dei pazienti adulti nel caso del tumore dellaprostata e l’85,55% e l’85,4% nel caso di quello dellamammella e del melanoma cutaneo, per il tumore allostomaco o del polmone si registrano percentuali disopravvivenza sensibilmente inferiori.Nonostante tali disomogeneità, la realtà italiana si distin-gue rispetto alle medie europee per un numero tenden-zialmente maggiore di adulti che sopravvivono alla dia-gnosi di tumore.Rispetto a un simile scenario, assume particolare impor-tanza lo sviluppo futuro della ricerca biomedica per lascoperta di nuove terapie e farmaci, ma accanto a esso

anche, e sempre più, quello della assistenza a lungotermine per i pazienti oncologici e quello della preven-zione.La prevenzione può evitare, in qualche caso scongiura-re, in altri attenuare, l’impatto della patologia una voltaconclamata, e ad essa andrebbero quindi dedicati grandisforzi e adeguati investimenti, sia per quanto riguarda glistili di vita e le condizioni dell’ambiente, che per quelloche riguarda gli screening e gli esami di routine.Per quanto riguarda l’assistenza a lungo termine, è or-mai evidente che le nuove terapie sono spesso portatri-ci di innovazioni che ampliano gli strumenti a disposizio-ne del clinico, aumentando di conseguenza le possibilitàche il paziente risponda in modo ottimale alla terapia,ma è altrettanto chiaro che a queste possibilità corri-spondono sempre più spesso nuovi bisogni, di monito-raggio, di cura prolungata e di continuo fine-tuning regola-torio assistenziale e terapeutico, che richiedono l’impie-go di nuove figure professionali e di nuove forme dicopertura assistenziale.Come richiamato recentemente dall’European CancerConcord e dalla Society for Translational Oncology, i costieconomici e sociali della mancata assistenza ai malationcologici cronici rischiano di esplodere in un prossimofuturo, se non si porrà mano a un rinnovato impegnoper la prevenzione e per le cure e l’assistenza integratanei loro confronti. Si tratta quindi di fare in modo chequesti obiettivi vengano posti tra le priorità nell’ambitodelle sfide per il benessere delle nazioni e della società enelle agende politiche. E ciò potrà avvenire se si sviluppe-ranno sempre più solide forme di partnership tra opera-tori, associazioni di malati, enti ricerca ecc., e se sirispetteranno i principi sanciti dai tanti documenti pubbli-cati a livello mondiale, europeo ed italiano, per il rispet-to dei diritti dei malati e delle loro famiglie. ●

Una partnership per il rispetto dei diritti dei malati

INTRODUZIONE

di Giuseppe De Rita *

* Presidente CENSIS

Ottobre 2014 11

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Nella legge finanzia-ria del 2014 ilproblema dellaspesa sanitaria èstato affrontato

in un modo diverso rispetto aglianni precedenti.Non sono stati adottati, come diconsueto, tagli lineari alle principa-li componenti della spesa in quan-to è stato previsto che il conteni-mento degli oneri a carico del bi-lancio statale per la tutela dellasalute dei cittadini sia perseguitorendendo effettivamente operati-va l’iniziativa della “Spending re-view”, già tentata invano dall’exMinistro dell’Economia PadoaSchioppa nel 2007, ai tempi delsecondo governo Prodi, e poi ri-presa, senza miglior esito, dal go-verno Monti.Con il termine “spending re-view” (o, in italiano, “revisionedella spesa”) si fa riferimento alprocesso attraverso il qualeaziende o istituzioni pubblicheanalizzano le varie voci di spesaalla ricerca di sprechi da elimina-re e di procedure suscettibili diessere ottimizzate, con effetti po-sitivi in termini di contenimentodella spesa o di aumento dellasua produttività.Molti economisti tengono a sot-tolineare che nella revisione del-la spesa non deve essere valuta-to solo l’ammontare dei costi,ma anche, contestualmente, la“causa” che li genera. Questoapproccio richiede di definire in

modo chiaro e trasparente gliobiettivi che si vogliono raggiun-gere con i vari programmi dispesa; chiarire perché tali obiet-tivi sono importanti; definire de-gli indicatori (o altri processiequivalenti) per capire ex postse gli obiettivi sono stati raggiun-ti e se il programma di spesa èstato effettivamente utile. In que-sto processo, la spending re-view è solo l’ultima fase, quellain cui si valuta se i programmi dispesa siano stati validi, se vada-no continuati o se le risorse deb-bano essere destinate a un usomigliore”.Si è ritenuto necessario approfon-dire esaurientemente il significatoe le implicazioni del termine“spending review” perché il con-tributo che l’Osservatorio inten-de fornire si sviluppa in piena as-

sonanza con le puntualizzazionisopra riportate.

Il dovere di parteciparealla revisione delle spese

Il settore oncologico nella suacomponente istituzionale, ma an-che nelle espressioni associativedei malati e di volontariato, ha ildovere di fornire il suo contribu-to alla revisione della spesa perdue ragioni fondamentali: anzitut-to perché deve sentirsi impegna-to, al pari di tutti, ad aiutare ilGoverno a portare il Paese fuoridalla crisi; in secondo luogo, an-che per motivi intrinseci al setto-re. Infatti, come avremo modo diconstatare più avanti, anche nel-l’organizzazione dei servizi onco-logici si effettuano spese inessen-ziali, che non portano giovamen-to ai malati e che, quindi, posso-no essere eliminate senza pregiu-dizio per l’assistenza oncologica.Parimenti vi sono servizi che pos-sono essere migliorati e resi piùproduttivi ed efficienti, con effettipositivi, sia per la gestione pubbli-ca che, soprattutto, per gli amma-lati.Quindi, non si deve temere chela spending review sottragga risor-se alla tutela dei malati oncologici.Se vi sono spese che possono es-sere evitate, come ad esempioquelle riferite alla ripetizione inuti-le di esami già effettuati e moltealtre che verranno individuate ri-pensando le procedure e i percor-si assistenziali e perfezionando il

Il contributo del settore oncologico alla revisionedella spesa sanitaria: proposta per tagli di qualità

LA CRISI ECONOMICA E LA SPENDING REVIEW

di Sergio Paderni *

Nell’organizzazionedei servizi ci sonospese inessenzialida eliminarea tutto vantaggiodell’efficienzagrazie al reimpiegodei risparmi a beneficiodei pazienti

* Direttore dell’Osservatorio sulla condizione assistenziale dei malati oncologici

12 Ottobre 2014

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funzionamento delle strutture on-cologiche, tagliarle non significapenalizzare i malati sottraendo ri-sorse al settore, ma al contrariosignifica rendere disponibili per ilsettore risorse maggiori, datoche il Ministro Lorenzin ha difesoil principio che i risparmi che sirealizzeranno nella sanità debbo-no restare impiegati sempre nellasanità, a vantaggio degli ammalati.

La rivendicazionedi competenzadel Ministro della SaluteLorenzin

Il 19 novembre 2013, il Ministrodella salute, Beatrice Lorenzin«Ai risparmi in sanità, per 30 mi-liardi di euro in 5 anni, ci pensia-mo noi, Ministero della salute eRegioni, con il Patto per la salute.Il Commissario alla revisione del-la spesa, Cottarelli, potrà interve-nire solo se le Regioni falliranno.E comunque questi nuovi rispar-mi saranno reinvestiti sempre nelcomparto della sanità».«La sanità ha già dato - ha conclu-so la Lorenzin - ora c’è bisognodi una fase di programmazione.Solo se le Regioni dovessero falli-re Cottarelli farà bene a interve-nire».Davanti a tali dichiarazioni, ha avu-to facile gioco il Commissario afar presente che ciò che il Mini-stro rivendica è esattamentequanto il suo Programma di lavo-ro prevede, cioè che debbano es-sere le stesse Amministrazionipubbliche a dire dove, come,quanto e quando sarà possibilerisparmiare.Se questi risparmi verranno realiz-zati con il Patto per la salute, con-siderato una sorta di spending re-view interna al Servizio sanitarionazionale, tanto meglio, perchéciò consentirà alla sanità di taglia-re sprechi, reinvestendo risorsein buona sanità, in ricerca e ininfrastrutture.

Il Patto per la salute

Dal confronto tra il Ministro e ilCommissario emerge che per ilsettore della sanità il documentodeterminante ai fini degli obiettividella spending review è il “Pattoper la salute”, approvato dallaConferenza Stato Regioni il 10 lu-glio 2014. Con questa denomina-zione si fa riferimento ad un docu-mento programmatico nel quale,d’intesa tra il Ministero e le Regio-ni con sono state decise le azionida intraprendere (o da prosegui-re) per raggiungere l’obiettivo dirisparmiare 30 miliardi di euronei prossimi cinque anni, esplici-tando anche “come” tali azioni

riescono a conseguire i risultatiattesi.L’Osservatorio condivide la deter-minazione del Ministro Lorenzindi affrontare e risolvere con det-to documento gli aspetti organiz-zativi, funzionali ed economici delsettore sanitario che debbono es-sere modificati per realizzare i ri-sparmi attesi, conservando, anzimigliorando, i livelli assistenziali.Tuttavia si deve, con realismo epreoccupazione, ricordare che lasempre più preoccupante crisieconomica ha già indotto il Go-verno a prevedere ulteriori tagliconsistenti alla spesa sanitaria,per cui sarà problematico realizza-re quanto il Patto per la saluteprevede (sia pure con carenze

che concernono il ruolo delle As-sociazioni dei malati e il volonta-riato, argomento - questo - su cuil’Osservatorio si riserva di inter-venire in altre sedi e occasioni).Vi sono due aspetti del Documentoche preoccupano in particolare l’Os-servatorio: il primo riguarda l’ap-proccio settoriale ai problemi, co-me se ogni questione da affrontaree da inserire nel Patto non avesseripercussioni su altri punti del docu-mento. Ad avviso dell’Osservatorio,questo è un limite metodologico,che discende dall’approccio econo-micistico alla spending review, effet-tuata per “centri di spesa”.La seconda preoccupazione ri-guarda il numero dei soggetti isti-tuzionali che dovranno attuare leintese relative ai singoli punti delPatto per la salute e cioè 21 Re-gioni, singolarmente consideratee condizionate ciascuna dalle pro-prie situazioni locali.Pur apprezzando il lavoro svoltoper elaborare il Patto per la salute,l’Osservatorio ritiene che sia possi-bile approcciare il problema specifi-co della revisione della spesa sani-taria anche con una diversa meto-dologia, che affronta in maniera“unitaria” i tanti aspetti, di merito,funzionali, organizzativi, economi-ci, di qualità dei servizi e di esito,che configurano la realtà operativadel Servizio sanitario nazionale eche partono dalla domanda di fon-do: “Ma cos’è che genera la spesasanitaria e, nel caso nostro, la spe-sa sanitaria oncologica?”.Per l’Osservatorio la risposta èunivoca; la causa primaria della spe-sa sanitaria è la difesa della salute,vale a dire il contrasto delle malat-tie che insorgono per minarla.Mentre in altri campi (lavori pub-blici, trasporti, difesa, turismoecc.) le decisioni di spesa dei pote-ri pubblici possono essere assun-te in varie forme e in tempi discre-zionali; possono essere modulatesecondo soluzioni alternative o

Preoccupano due aspettidel Patto per la salute:l’approccio settorialeai problemi e il numerodi soggetti istituzionaliche devono attuarlo

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differite per ripensamenti o con-trasti di opinione, in base a calcolidi opportunità prevalentementepolitici, le malattie, soprattutto legrandi patologie, impongono ri-sposte tempestive e appropriate,conformi alle indicazioni dellascienza medica, e ciò è tanto piùvero e doveroso in presenza disistemi sanitari pubblici che garan-tiscono ai cittadini il diritto allatutela della salute, sostenuti e fi-nanziati dalla fiscalità generale.Vale a dire che sono le malattie il“fattore originario” che genera laspesa sanitaria e che sono, pari-menti, il “termine oggettivo di ri-ferimento” per valutare se le spe-se, di volta in volta sostenute percontrastarle, sono necessarie, so-no pertinenti, sono coerenti all’in-terno di programmi di trattamen-to che considerano in manieraunitaria tutte le fasi della malattia,dalla sua prevenzione alla sua in-sorgenza, da accertare quantopiù precocemente è possibile, alsuo contrasto nelle fasi acute epost-acute, sino ai possibili esiti diguarigione o di cronicizzazione,con nuove esigenze di monitorag-gio, di riabilitazione e di recupe-ro, oppure di decesso e di assi-stenza alle famiglie superstiti.Se così stanno le cose, il proble-ma della revisione della spesa puòessere affrontato - a integrazionedella modalità prevista dal Ministe-ro e dalle Regioni - anche sullabase di una diversa metodologia,che può essere sinteticamenteconfigurata come “approccio perpatologie”.

Le disfunzioni del sistemache generano speseinessenziali e che possonoessere migliorate

Utilizzando l’approccio unitarioper patologia, l’Osservatorio harilevato un’ampia gamma di disfun-zioni nel processo assistenziale aimalati oncologici, che sono da ri-

condurre al modello organizzati-vo tradizionale, articolato per livel-li istituzionali, operanti ognuno se-condo logiche settoriali, e che so-no suscettibili di essere correttecon positivi effetti economici econ giovamento per la tutela deimalati se vengono affrontate inmaniera unitaria all’interno dell’ap-proccio per patologia.a) L’insufficiente impegnoper la prevenzioneL’Osservatorio ha rilevato che, te-nuto conto dell’onerosità dei co-sti di trattamento delle patologieoncologiche, l’impegno profusoper “prevenirne l’insorgenza” èdel tutto insufficiente. Eppure in

questo caso il rapporto costo/be-nefìci dovrebbe consigliare di po-tenziare la prevenzione, in funzio-ne di una riduzione dei casi dimalattia, e quindi di minori spesedi trattamento.Su questa linea strategica, peral-tro, si sta muovendo l’Organizza-zione Mondiale della Sanità(OMS) con il “Piano d’azione glo-bale per la prevenzione e il con-trollo delle malattie non trasmissi-bili 2013/2020”, approvato di re-cente e riferito in particolare allemalattie cardiovascolari, ai tumo-ri, alle patologie respiratorie cro-niche e al diabete. Secondol’OMS le attuali conoscenze scien-tifiche dimostrano che è possibileridurre in misura considerevole il

carico delle malattie non trasmis-sibili se vengono applicate in ma-niera efficace e bilanciata azioni diprevenzione già disponibili, e chel’attuazione di strategie siffattepresenta un ottimo rapporto co-sto/benefìci. Il costo di attuazionedel Piano è pari a 940 milioni didollari per un periodo di otto an-ni, dal 2013 al 2020. Al contrariola perdita cumulativa di produttivi-tà riconducibile alle quattro princi-pali malattie sopra indicate è sti-mata, per lo stesso arco tempora-le, in 47 miliardi di dollari.In termini operativi, pertanto, sisuggerisce di considerare l’impe-gno finanziario per la prevenzio-ne dei tumori un investimento uti-le a produrre nel medio e lungoperiodo un importante conteni-mento delle spese di trattamentodella patologia e dei suoi esiti.b) La mancanza di strategie unitarieper essenzializzare la fasedi accertamento precocedell’insorgenza dei tumoriUna seconda osservazione riguar-da il comportamento e la culturadei medici e dei servizi del territo-rio per quanto concerne“l’accertamento precoce” dellepatologie oncologiche. In assenzadi strategie unitarie in materia, siregistrano da un lato l’improprie-tà di taluni approcci, che compor-tano l’effettuazione di accerta-menti inessenziali e il differimentonel tempo di diagnosi sicure e diinterventi riparatori tempestivi eappropriati; dall’altro campagnegeneralizzate di accertamenti pre-ventivi su frazioni di popolazione,riferiti a specifiche tipologie seg-mentarie di tumore, di cui vaquanto meno discussa la coeren-za globale rispetto al tema delladiagnostica precoce dei tumori e,in tema di revisione di spesa, l’effi-cacia in termini di costi/benefìci.In termini operativi, l’indicazioneè di intervenire, da parte delle

Applicando il cosiddetto«approccio unitarioper patologia»l’Osservatorio ha rilevatoun’ampia gammadi disfunzioni

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Società scientifiche e a seguire daparte del Servizio sanitario, conlinee guida dedicate all’accerta-mento precoce dei tumori, tal-ché standardizzando i comporta-menti si possano conseguire duerisultati: da un lato evitare accer-tamenti impropri o inutilmente ri-petuti, come pure campagne pro-mozionali scoordinate e prive diconsistenti effetti, dall’altro siner-gizzando le misure d’azione relati-ve a questa fase della patologia,con ricadute positive sulla tempe-stività degli interventi riparatori.c) La deleteria segmentazionedel processo assistenzialeAltra disfunzione rilevata concer-ne l’atteggiamento, ampiamentediffuso tra i medici di medicinagenerale e i servizi del territorio,di considerare i pazienti con dia-gnosi di tumore, non più di pro-pria pertinenza (ancorché iscrittitra le proprie liste di assistiti), madi esclusiva competenza degli spe-cialisti oncologi. Atteggiamenti sif-fatti costituiscono una fratturanel processo di continuità assi-stenziale, frattura che non solodanneggia i malati sotto l’aspettoassistenziale, ma che è rilevanteanche in termini di spese. Infattigli specialisti oncologi - ai quali imalati vengono per così dire scari-cati - in assenza di rapporti colla-borativi con i medici del territo-rio che dei propri pazienti cono-scono tutta la storia sanitaria,compresi gli accertamenti più omeno appropriati di recente effet-tuati, sono costretti a ripetere exnovo tutti gli esami e gli approfon-dimenti occorrenti per formularela propria diagnosi e avviare il pro-cesso di trattamento terapeutico.La correzione di questa disfunzio-ne, che genera spese ripetute einessenziali, consiste nell’afferma-zione convinta che il processo as-sistenziale della lotta ai tumori èunitario e comprende tutte le fasi

dalla prevenzione alla guarigioneo alla fase terminale. Di conse-guenza deve comportare il coin-volgimento di tutte le figure pro-fessionali operanti nei diversi mo-menti del processo, in modo co-ordinato e collaborativo, comeverrà meglio specificato illustran-do il concetto di rete territorialeoncologica.d) La riduzione della duratadei ricoveri ospedalieriLa esigenza di ridurre allo strettonecessario il ricorso o la duratadei ricoveri ospedalieri dovrebbecomportare che buona parte del-le terapie nelle fasi acute possanosvolgersi mantenendo i malati a

livello di territorio, al proprio do-micilio o nei presidi extraospeda-lieri. Ma non sempre è così. Sia infase acuta, sia spesso anche nellefasi post-acute, in mancanza diadeguato sostegno assistenziale aldomicilio dei malati o dei serviziterritoriali, dove i costi sarebbe-ro contenuti, si ricorre ad ospeda-lizzazioni non strettamente neces-sarie, con costi molto più elevatiche finiscono per scaricarsi sul bi-lancio pubblico.e) Effetti deleteridell’autonomia regionalein materia di modelli assistenzialidi contrasto ai tumoriL’autonomia organizzativa delleRegioni ha prodotto modelli di-

versificati di organizzazione deiservizi e presidi oncologici che,messi a confronto, confliggono inmodo evidente con l’esigenza dirisposte unitarie, come la malat-tia, origine prima dei problemi daaffrontare, invece richiederebbe.I dati dell’Osservatorio sono alriguardo rivelatori. Attraverso idati raccolti sono state elaboratenei precedenti Rapporti annuali le“Finestre regionali”, cioè sintesigrafiche che mostrano per ciascu-na Regione le dotazioni struttura-li e tecnologiche e le attività assi-stenziali che caratterizzano la ri-sposta fornita ai bisogni dei malationcologici.Le notevoli diversità registrate in-ducono ad interrogarsi come maila risposta a bisogni che discendo-no da una causa unica: la patolo-gia oncologica nelle sue diverseespressioni, diverge tanto signifi-cativamente da Regione a Regio-ne. Ciò vuol dire che le risposteorganizzative sono spesso legatead altre cause generatrici: decisio-ni politiche, modelli assistenzialiastratti non fondati sui bisogni deimalati, pressioni lobbistiche, im-proprietà programmatorie, e cosìvia, in palese violazione del princi-pio di correlare e di finalizzare lerisposte alla patologia da contra-stare.f) Altre misure possibiliper risparmiare sulla spesa sanitariaDa queste ultime osservazioni de-rivano due indicazioni di sicurointeresse per la revisione dellaspesa.L’esame dei dati raccolti dall’Os-servatorio permette di individua-re dove i modelli organizzativi inatto sono disfunzionali e genera-no effetti negativi in termini diassistenza ai malati e di spesa, edove, quindi, è possibile interveni-re avendo come riferimento solu-zioni adeguate, attuate con suc-cesso altrove, e che possono es-

Prevenzione inadeguata,mancanza di strategieper l’accertamentoprecoce, assistenzaspezzettata, fai-da-teregionale: ecco i gap

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sere quindi realisticamente repli-cate.I dati raccolti dimostrano altresìche si possono ottenere vantaggiin termini assistenziali ed econo-mici anche con semplici sposta-menti di risorse, nella stessa Re-gione, da taluni tipi di impieghi adaltri che hanno in sé potenzialitàdi produttività non sufficiente-mente sfruttate. Ne è esempiotipico quello degli acceleratori li-neari per la radioterapia. Si trattadi attrezzature tecnologiche indi-spensabili per il trattamento ra-dioterapico dei tumori, che han-no un costo assai elevato e cherichiedono, perciò, per essereammortizzate vantaggiosamente,di lavorare al pieno della propriacapacità produttiva. Questa con-dizione non si consegue peròcon una diffusione eccessiva di ac-celeratori sottoutilizzati, ma conuna loro localizzazione ragionevo-le in punti strategici del territo-rio, e utilizzando le risorse chepossono essere risparmiate, evi-tando acquisti incauti e inoppor-tuni con una programmazione in-telligente, per agevolare semmaiil trasporto dei malati e, cosa es-senziale troppo spesso inosserva-ta, per assicurare dotazioni di per-sonale sufficiente per far lavoraretali apparecchiature al pieno dellapropria produttività. Risparmiaresu qualche unità di personale e,come effetto, sottoutilizzare gliacceleratori lineari, generandocome ricaduta effetti economicied assistenziali di segno negativodi ben maggiore entità, non èespressione di buona e intelligen-te gestione.g) L’assoluta inadeguatezzadella fase assistenziale post-acuzieI dati, le analisi e le ricerche svoltedall’Osservatorio hanno messoin evidenza un altro aspetto forte-mente carente della risposta assi-stenziale del Servizio sanitario na-

zionale rispetto alla patologia on-cologica. Mentre i dati relativi agliesiti delle terapie registrano unsignificativo aumento, sia numeri-co sia di durata temporale, dellasopravvivenza ai tumori, le rileva-zioni concernenti l’assistenza nel-le fasi post acuzie rivelano unaassoluta inadeguatezza rispetto aibisogni di oltre 2 milioni e mezzodi malati. Eppure si tratta di unsegmento consistente di popola-zione, che ha attraversato vicen-de diagnostico-terapeutiche gra-vi, e che, sopravvissuta alla patolo-gia, presenta bisogni sanitari conti-nui di monitoraggio e di recuperopsico-fisico, di reinserimento lavo-rativo o del riconoscimento di

condizioni di invalidità da sostene-re con provvidenze previdenziali.Si tratta di persone che convivo-no sovente con situazioni di croni-cità (le quali sono a loro voltafonte di altri ulteriori tipi di biso-gni), e che presentano non di ra-do situazioni familiari critiche cherichiedono un sostegno socio-as-sistenziale, quando non anche lanecessità di cure palliative e diassistenza specifica in fase termi-nale. In questi ultimi casi il biso-gno di sostegno e di tutela siestende, oltre che al malato chedecede, anche alla famiglia che glisopravvive.Ponendo il problema nell’ambitodi una operazione finalizzata aconseguire risparmi nella spesa

pubblica, non si può contare sufinanziamenti aggiuntivi in sede diriparto del Fondo sanitario. Tutta-via può valere, in questo caso, larivendicazione avanzata dal Mini-stro Lorenzin che le risorse ri-sparmiate con la spending reviewsanitaria debbano essere reimpie-gate nel settore sanitario. Quindile carenze sopra segnalate posso-no essere una delle destinazioniprioritarie delle risorse che si an-dranno a recuperare con il Pattoper la salute, senza bisogno di gra-vare ulteriormente sul bilanciodello Stato.h) La valutazione degli esiti clinicie di quelli amministrativiAltra area di intervento, attual-mente carente e che andrà poten-ziata se si vogliono ottenere risul-tati migliori sul piano assistenzialee risparmi su quello economico, èquella della valutazione degli esiticlinici e degli esiti amministrativi.Per il primo aspetto (esiti clinici),si rende necessario rendere pras-si ordinaria l’audit tra i medici,tenendo conto in quella sede del-l’incidenza dei casi complessi, iquali possono comportare costimaggiori. In un concetto di rete,come verrà appresso illustrato,per i casi complessi potrà in qual-che caso essere necessario con-sultare anche i medici del territo-rio e le altre figure professionaliche hanno partecipato al proces-so diagnostico-terapeutico-assi-stenziale (PDTA) dei malati onco-logici di cui si deve valutare l’esitoclinico.Occorrerà inoltre potenziare leanalisi del Piano Nazionale Esiti,prevedendo di estendere l’atten-zione, al di là delle cure ospedalie-re, a tutto l’iter diagnostico, tera-peutico e riabilitativo, e grazie allautilizzazione di strumentazioni diraccolta dati ed elaborazione ade-guate allo scopo.Per quanto concerne gli esiti am-

Si possono ottenerevantaggi in terminieconomicie assistenzialianche solospostando le risorse

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ministrativi delle Direzioni di ASLo di Presidio ospedaliero, l’auditamministrativo deve avere riguar-do agli impegni assunti all’atto del-la formulazione del bilancio di pre-visione, di cui si deve verificare see come sono stati realizzati, e pa-rimenti verificare il rispetto delpareggio di bilancio, avendo cura,però, di non considerare solol’esercizio di competenza, ma an-che le ricadute sul biennio succes-sivo, ad evitare pareggi apparenti- specie nei periodi di fine manda-to - ottenuti scaricando i disavan-zi sugli esercizi successivi.i) Gli indici di attrazione e di fugaNell’una e nell’altra situazione divalutazione degli esiti, l’Osserva-torio ritiene che debba esserepreso in considerazione anchel’indicatore “di attrazione e di fu-ga” dei malati verso altre Regioni,che costituisce una sorta di indica-tore sintetico di esito, tenuto con-to dell’ampiezza che il fenomenoha raggiunto e delle sue rilevantiricadute economiche.In termini operativi la dimensionedegli indici di fuga deve essere losprone per un responsabile ripen-samento del modello organizzati-vo in atto e per l’adozione di mi-sure di cambiamento atte a modi-ficare la situazione.l) La medicina difensivaUn altro aspetto, generatore diprestazioni inessenziali e di speseevitabili, sul quale l’Osservatorioritiene doveroso richiamare l’at-tenzione per la dimensione deglioneri implicati e per l’ampiezzadei risparmi possibili, è quello del-la c.d. “medicina difensiva”. Si trat-ta di un fenomeno troppo spessosottaciuto, ma che incide econo-micamente per una cifra oscillan-te tra 10 e 14 miliardi di euro.Come misura di difesa contro ilrischio di denunce e di azioni lega-li per malpractice i medici eccedo-no nella prescrizione di accerta-

menti non necessari, utili a dimo-strare in sede legale di avere fattotutto il possibile per evitare incon-venienti. Stime attendibili indica-no che il 40% delle prestazionidiagnostiche sono inessenziali epotrebbero essere drasticamen-te ridotte. Ovviamente questemacro-indicazioni riguardano tut-to il settore sanitario, ma il feno-meno è presente anche nella pra-tica oncologica.Il tema merita di essere preso inseria considerazione e l’Osserva-torio ritiene suo preciso dovereinsistere perché ciò avvenga, sedavvero si vuole incidere sulle spe-se inessenziali che aggravano eco-nomicamente il settore sanitario.

m) Le liste di attesae la qualità assistenzialecomplessivanei centri di eccellenzaIn precedenti Rapporti l’Osserva-torio ha proposto di concentrarela chirurgia oncologica presso legrandi strutture (centri di eccel-lenza), in quanto il valore profes-sionale dei chirurghi e la loroesperienza operatoria fanno la dif-ferenza sull’aspettativa di vita deimalati, come i dati incontroverti-bilmente documentano e dimo-strano.Tuttavia, nel quadro di una valuta-zione più ampia che comprendaanche tutto ciò che si determinaal contorno, in termini economicie di bisogni dei malati da soddisfa-

re, l’Osservatorio ritiene che l’as-sunto precedente vada integratocon altre due preoccupazioni: lavalutazione delle liste di attesaoperatorie che si registrano neigrandi centri e la qualità comples-siva dell’assistenza resa ai malatinei centri stessi, al di là degli inter-venti operatori. Questa analisi sirende necessaria perché attesemedie di oltre 60 giorni, come siregistrano al presente, non solodanneggiano le condizioni di salu-te dei malati, talvolta in modo pre-giudizievole, ma inducono di fre-quente una deviazione versostrutture private non convenzio-nate, con oneri addossati alle fa-miglie dei malati.Se la patologia e i conseguenti bi-sogni dei malati sono il termine diriferimento per valutare l’adegua-tezza della risposta del serviziopubblico, che, va sempre ricorda-to, è sostenuto dalla fiscalità gene-rale, occorre giudicare negativa-mente la non adeguatezza di listed’attesa per la chirurgia oncologi-ca di oltre 60 giorni, come pure ilfatto di addossare ai malati gli one-ri di prestazioni rese da privatiper contrastare l’inadeguatezza disiffatte liste di attesa.n) L’apporto del volontariatoContinuando le riflessioni sullecarenze rilevate, si è accennatoin precedenza allo scarso impe-gno verso la prevenzione dellepatologie oncologiche, pur costi-tuendo questa un’area di investi-mento strategico per ridurre lapatologia e di conseguenza glioneri per curarla. In questa dire-zione non si è sufficientementeriflettuto sul contributo che puòfornire il volontariato. Eppurenon mancano esempi illuminanti.In Piemonte, per citarne uno, al-l’interno della rete oncologica èstata introdotta come compo-nente ufficiale e strutturata l’attivi-tà del volontariato per i progetti

La medicina difensivaè un fenomenotroppo spessosottaciuto che incideeconomicamentetra i 10 e i 14 miliardi

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riguardanti gli stili di vita (attivitàfisica e nutrizione). Una compo-nente del Comitato direttivo del-l’Osservatorio, che è stata tra ipromotori dell’iniziativa, e cheopera in Piemonte sia come me-dico oncologo che come volonta-ria, riferisce che i dati scientificiraccolti sono eclatanti circa l’im-patto avuto in termini di riduzio-ne del carico di malattia e di con-tenimento delle recidive nei mala-ti presi in carico dalla rete oncolo-gica piemontese. Dato questoprecedente positivo se ne propo-ne l’adozione a scala nazionale,tanto più tenendo conto che l’ap-porto del volontariato è senzaoneri, mentre le ricadute si rivela-no vantaggiose per i bilanci pubbli-ci regionali.L’approccio per patologia, obbli-gando a considerare il processoassistenziale nella sua unitarietà ecompletezza, comporta un’altradimensione metodologica: il ri-pensamento dei servizi che deb-bono, per coerenza, essere orga-nizzati secondo il modello di“rete territoriale”.

Le reti oncologicheterritoriali e il PON

a) L’organizzazione a rete territorialeRimettere gli ammalati al centrodell’attenzione, come termini diriferimento per una corretta pro-grammazione delle attività, influi-sce sull’organizzazione dei servizisotto un duplice aspetto:- in termini soggettivi, prevedendoche siano i servizi a prendere incarico i malati e ad accompagnarlilungo tutto il percorso diagnosti-co-terapeutico-assistenziale;- in termini oggettivi, consideran-do il percorso diagnostico-tera-peutico-assistenziale come unprocesso unitario, in cui tutti ilivelli operativi sono tra di loroconnessi e coinvolti, avendo ri-guardo di impiegare procedureefficienti e di utilizzare nel modo

più conveniente le risorse dispo-nibili, in termini di rapporto costi/benefìci.In altre parole, nell’approccio perpatologia il percorso assistenzialeviene modulato sulle esigenze deimalati, facendo sì che sia il coordi-namento delle fasi assistenziali adadeguarsi, a supportare e ad ac-compagnare i malati e non questia doversi adattare e ricercare dasoli la successione dei passaggi as-sistenziali.Cercando di formulare una defini-zione in termini essenziali dell’or-ganizzazione a rete che ne conse-gue, si può affermare che:- la rete oncologica (ma lo stessosi può dire per qualsiasi altra rete

territoriale di patologia) è una re-te integrata di servizi sanitari esociali per l’assistenza ai malationcologici, con l’obiettivo di facili-tare lo scambio di informazionifra tutti i soggetti che si occupa-no di patologie oncologiche, perdare maggiori garanzie al malatoneoplastico di ricevere tempesti-vamente cure appropriate e diessere accompagnato e facilitato,lungo tutte le fasi del percorsoassistenziale, a opera del sistemadi rete. Nel contempo, garantireche siano evitati sprechi di risor-se, erogazione di prestazioni ines-senziali, ripetizione di accerta-menti già presenti nel fascicolosanitario dei malati e utilizzazioniantieconomiche di tecnologie ad

alto costo, al fine di non inciderenegativamente sulla spesa pubbli-ca sanitaria.b) Le ripercussionisulle figure professionaliIl ripensamento dei servizi a reteterritoriale, e in particolare la pre-sa in carico dei malati, comportala valorizzazione e il ripensamen-to di ruoli e professionalità di figu-re a più diretto e continuo con-tatto con i malati e le loro fami-glie, come il personale infermieri-stico, gli psiconcologi, i volontari,gli assistenti sociali e il personaledei servizi socio-assistenziali.La concezione della rete comeun continuum assistenziale impo-ne, con riferimento agli operato-ri, di superare gli interessi perso-nali e di gruppo, riunendoli attor-no a un progetto comune, crean-do sinergie anziché separazione -come purtroppo è tuttora diffu-so a causa della eccessiva parcel-lizzazione delle competenze - unguaio, questo, della medicina tra-dizionale che le reti di patologiapossono aiutare a superare.c) L’interconnessione telematicae il Fascicolo sanitario elettronicoPer quanto concerne la circola-zione delle informazioni, essa èrealizzabile attraverso l’intercon-nessione informatica di tutti i livel-li operativi e degli operatori chein essi lavorano, oltre che conl’adozione, condivisa e standardiz-zata, del Fascicolo sanitario elet-tronico, comprendente i dati ana-grafici, demografici e socio-sanita-ri dell’assistito, il suo profilo sani-tario, gli eventi sanitari ai quali hapartecipato e la storia degli episo-di di cura che lo hanno riguarda-to. Questa infrastruttura tecnolo-gica deve assicurare, come requi-siti di rete, “la connettività” perle finalità di circolazione delle in-formazioni e dei dati, la“sicurezza dei dati” che circolanoin rete, per evitare che ne venga

L’approccioper patologiacomportail ripensamentodei servizi secondola “rete territoriale”

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fatto un uso improprio,“l’identificazione dei soggetti” (in-tesi sia come assistiti, sia comeoperatori) e “la firma digitale”(sia degli assistiti a convalida del-l’assenso da rendere a determina-te procedure e trattamenti assi-stenziali; sia degli operatori ai finidell’attribuzione degli atti profes-sionali e dell’assunzione delle con-nesse responsabilità).L’avvento della “banda larga” age-volerà notevolmente l’intercon-nessione telematica tra i servizi egli operatori, a tutto vantaggiodella continuità assistenziale per imalati.d) La telemedicinaPer le esigenze connesse alla pre-sa in carico dei malati e all’impe-gno di far sì che siano i servizi araggiungerli e non viceversa, lereti di patologia debbono aprirsianche agli apporti che possonovenire dalla “telemedicina”, spe-cie in materia di monitoraggiodelle condizioni di cronicità. I si-stemi di monitoraggio in remoto,senza sostituire le visite del medi-co e il rapporto con i professioni-sti sanitari, possono fornire rispo-

ste ad alcuni bisogni che emergo-no dalle segnalazioni dei cittadinie delle associazioni dei pazienti,quali ad esempio le difficoltà perle persone non autosufficienti dimuoversi e di accedere alle strut-ture.e) Le best practiceNon va trascurato, poi, che at-traverso la condivisione in retedei dati concernenti i percorsidiagnostico-terapeutico-assi-stenziali viene facilitata la diffusio-ne e la condivisione delle “bestpractice”. Sotto questo aspettola rete e la sua struttura di inter-connessione telematica diventa-no anche uno strumento di for-mazione permanente e di arric-chimento culturale degli opera-tori.f) Il Piano oncologico nazionale(PON)Tutto quanto sopra riferito deve,però, essere inquadrato in un di-segno complessivo, strategico edi durata poliennale, che possafungere da “manifesto” per l’on-cologia e supportare le attese ele speranze dei malati e rafforza-re la determinazione degli opera-

tori impegnati nel contrastare lapatologia.Si fa riferimento al Piano Oncolo-gico Nazionale (PON), di cui èprevista per legge l’approvazione,che è stato a suo tempo messo apunto con la collaborazione dellecategorie professionali e delle As-sociazioni dei malati e dei volon-tari, che è rimasto per tre anni inattesa della sanzione parlamenta-re pur dopo avere ottenuto ilparere favorevole delle Commis-sioni parlamentari di merito, eche è stato lasciato cadere, perevidente trascuratezza, con la fi-ne della precedente legislatura.È arrivato il momento di crederenelle riforme, e quella qui propo-sta è una riforma che, a integrazio-ne del Patto per la salute, puòottenere agevolmente il consen-so di tutte le Regioni; è arrivato ilmomento di volare alto e di nonavere paura di rimettere in discus-sione assetti e approcci organizza-tivi che si sono rivelati, da un pun-to di vista gestionale ed economi-co, disfunzionali e onerosi, oltre illimite di sopportabilità dei bilanciregionali e che hanno generatodisavanzi molto pesanti. ●

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“I l migliore pa-ziente è il pa-ziente informa-to”: a questaconclusione è

pervenuto uno studio, condot-to da AIMaC (Associazione ita-liana malati di cancro, parenti eamici), in collaborazione conl’AIOM (Associazione italianadi Oncologia Medica), in 21centri oncologici di eccellenzaitaliani e pubblicato sulla rivistaAnnals of Oncology, maggio20041. Anni prima, anche il cen-tro internazionale Picker Insti-tute aveva affermato che per ilmalato l’informazione è la pri-ma medicina.Nel 2011, l’informazione è sta-ta riconosciuta formalmente an-che nel Piano Oncologico Na-zionale (2011-2013), quale par-te integrante del percorso cura-tivo del malato di cancro.In tale contesto si inserisce l’im-pegno di AIMaC che dal 1997,con una strategia multimediale,fornisce informazioni mirate epersonalizzate ai malati di can-cro e ai loro familiari.Negli anni, insieme a IstitutoSuperiore di Sanità (ISS), IRC-CS oncologici e università italia-ne, AIMaC ha realizzato il Servi-zio Nazionale di accoglienza eInformazione in Oncologia(SION), primo e unico servizioorganico e capillarmente distri-buito sul territorio, basato sul-

l’attività di un help line naziona-le (840-503579; [email protected]), una rete di 35 punti informa-tivi presso i principali istitutiper lo studio e la cura dei tu-mori e i grandi ospedali, i sitiwww.aimac.it e www.tumori.net; 33 libretti e dvd su tipi dicancro, trattamenti, effetti col-laterali, aspetti sociali della ma-lattia e il modo migliore perconvivere con essa.Questo modello innovativo, in-dirizzato ad assicurare alla per-sona con esperienza di cancroe al cittadino un’informazioneadeguata, personalizzata e ag-giornata, si arricchisce oggi diun nuovo strumento di notevo-le rilevanza: l’Oncoguida, la gui-da che non c’era.Nata nel 2009 come progetto

di AIMaC, in collaborazionecon ISS e finanziato dal Ministe-ro della Salute, Oncoguida(www.oncoguida.it) è uno stru-mento che risponde alle esigen-ze più comuni dei malati di can-cro, dei loro famigliari e amici,per identificare rapidamente lestrutture italiane specializzatenella diagnosi e cura dei tumorie le associazioni di volontaria-to che offrono sostegno psico-logico, riabilitazione, assistenzasociale e previdenziale. Un ser-vizio utile per sapere anche achi rivolgersi per individuare icentri PET TAC e di criocon-servazione del seme.Non è pero solo una semplicemappa di centri. In Oncoguidasi trova anche una preziosa esempre aggiornata sezione dirisposte alle domande più fre-quentemente poste dai malatie dai loro familiari ed amici ri-guardo agli strumenti di tutelagiuridica in ambito lavorativo,previdenziale, socio-economi-co e assistenziale.L’esperienza acquisita negli an-ni ha indotto ad avviare nel2011 un’approfondita ristruttu-razione del servizio, in collabo-razione con SICO (Società Ita-liana di Chirurgia Oncologica),AIOM (Associazione Italiana diOncologia Medica), Federsani-tà ANCI, FAVO e le DirezioniGenerali del Sistema informati-vo e statistico sanitario e della

L’Oncoguida, la bussola che non c’era per fornireal paziente informazioni mirate e personalizzate

APPROFONDIMENTI TEMATICI

di Laura Del Campo * e Francesco De Lorenzo **

Non una semplicemappa dei centrima un orientamentocompletoper malati e familiarisugli strumenti di tutelagiuridica in ambitolavorativo, previdenzialee assistenziale

* AIMaC** Presidente FAVO

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Comunicazione e relazioni istitu-zionali del Ministero della Salute.L’universalità delle informazioni èassicurata dall’utilizzo delle nuovetecnologie di DS Medigroup (so-cietà specializzata nelle applicazio-ni di rete per la medicina). Tuttociò è stato reso possibile con l’in-serimento di Oncoguida nel Pro-getto “Servizio Nazionale di Infor-

mazione in Oncologia” finanziatoda Alleanza Contro il Cancro edal Ministero della Salute nell’am-bito del Programma Straordina-rio Oncologia 2006.La nuova Oncoguida è aggiornatain tempo reale grazie all’attività diun team esperto che, supportatoda un importante Sistema Infor-mativo della Sanità Nazionale rea-

lizzato da DS Medigroup, in colla-borazione con FEDERSANITÀANCI, garantisce una costante everificata qualità del dato. A com-pletamento delle informazioni lacostante attività sul territorio diAIMaC che monitora le circa no-vecento associazioni di volontaria-to presenti nel nostro paese.La nuova Oncoguida è oggi il cen-

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tro di informazione più ricco edesaustivo sulle risorse sanitarie inambito oncologico nel nostro Pa-ese: a oggi comprende 1.207Strutture sanitarie (Aziende ospe-daliere, IRCCS, ASL, Policliniciuniversitari), 4.354 Reparti,19.552 Medici, 866 Associazionidi volontariato.

Per aiutare poi le persone malatea individuare i centri con maggio-re esperienza chirurgica per tipo-logia di tumore, un gruppo di lavo-ro ha identificato in ogni regione,tra le strutture di cura dei tumo-ri, i cosiddetti “centri ad alto volu-me di attività di chirurgia oncologi-ca”. Ciò al fine di offrire una guidaper scegliere, tra le strutture pub-bliche e accreditate, quelle conmaggiore affidabilità e adeguatostandard assistenziale, sia nellapratica clinica che nell’utilizzo di

corretti modelli organizzativi, assi-curati da un elevato numero dicasi trattati (tabella 1).Con le nuove terapie, il tratta-mento del cancro non può pre-scindere da un approccio multidi-sciplinare basato anche sull’espe-rienza. È stato pertanto adottatoun criterio uniforme per indivi-duare sul territorio nazionale lestrutture in grado di rispondere aquesti requisiti.Per far questo sono state analizza-te le schede di dimissione ospeda-liera (dell’anno 2012) delle strut-ture pubbliche e private accredi-tate dell’archivio del Ministerodella Salute, aventi come causaprincipale di dimissione una pato-logia oncologica. Sono stati poipresi in considerazione i soggettidimessi in regime di degenza ordi-naria e in day hospital, con relati-va durata media della degenza enumero medio di accessi. Inoltre,per completare la valutazioneper ciascuna tipologia di tumore,sono state individuate le procedu-re diagnostiche e/o chirurgiche,considerate necessarie al tratta-mento del caso. Per l’individuazio-ne dei “centri ad alto volume diattività di chirurgia oncologica” so-

no stati pertanto definiti dei cut-off per ciascuna tipologia di tumo-re in base all’incidenza della pato-logia e alla complessità delle pro-cedure diagnostiche e/o chirurgi-che necessarie al trattamento. Lestrutture di ricovero che hannoavuto un numero di dimessi supe-riore o uguale al valore del cut-off, nel sito sono evidenziate conun puntino verde.È opportuno sottolineare che ilsistema oncologico italiano è incontinua evoluzione e pertantoalcune strutture potrebbero nonessere state inserite tra i “Centriad alto volume di attività di onco-logia chirurgica”.A oggi le patologie tumorali presein esame relativamente ai fini delvolume di casi trattati in chirurgiaoncologica riguardano: colon-ret-to, connettivo (sarcomi e altro),esofago, fegato colecisti e vie bilia-ri, mammella, osso, ovaio, pancre-as, pleura, polmone, prostata, re-ne, sistema nervoso centrale, sto-maco, testicoli, tiroide, utero (cor-po e collo), vescica e vie urinarie,testa-collo. Successivamente il si-stema sarà arricchito con ulterio-ri dati, che verranno individuati eanalizzati insieme alle societàscientifiche di competenza e alleistituzioni sanitarie al fine di realiz-zare quanto fatto con l’oncologiachirurgica insieme alla SICO.L’Oncoguida appartiene atutti ed è pertanto auspicabi-le il coinvolgimento di tuttele strutture presenti nel sitoper un più puntuale aggiorna-mento dei dati, irrealizzabilesenza tale collaborazione.Ciò al fine di offrire ai pazien-ti e ai loro familiari informa-zioni esaustive relative al per-corso diagnostico, terapeuti-co, assistenziale e sociale cuipossono accedere. ●

1. Annals of Oncology, 15: 721-725, 2004

Centri di oncologia chirurgica - limitatamente ad alcune neoplasie -con l’indicazione di quelli che, sulla base del volume dei casi trattati,

raggiungono il “cut off”

Tumore Numero centri italianidi oncologia chirurgica

Numero Centriche superano i Cut off

Colon - retto 952 166Esofago 349 15Fegato/Colecisti/Vie Biliari 645 61Mammella 816 198Polmone 693 92Prostata 581 113Stomaco 712 81Utero (corpo e collo) 644 127http://www.oncoguida.it/html/nota_metodologica.asp

Tabella 1

Per la prima volta in Ita-lia, in Oncoguida vengo-no indicati, per ciascuntumore, i centri ad altovolume di attività di chi-rurgia oncologica.

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La centralità delcare-giver fami-liare nel suppor-to ai malati di tu-more al colon-

retto.Il contributo della FondazioneCensis al Rapporto Favo 2014si è concentrato sulla condizio-ne dei malati di tumore al co-lon-retto, con la realizzazionedi una indagine con sommini-strazione diretta di un questio-nario strutturato. Grazie all’im-pegno della Federazione Italia-na delle Associazioni del Volon-tariato, quindi dei Punti Infor-mativi AIMaC e delle altre As-sociazioni che hanno concreta-mente proceduto alla sommini-strazione del questionario, èstato possibile ottenere unarappresentazione dettagliata dicaratteristiche, problematichee aspettative dei malati, non-ché una quantificazione dei co-sti sociali della patologia.Il primo elemento di cui tenereconto è che si tratta di unapatologia che colpisce soprat-tutto uomini di età superiore ai60 anni, per cui l’impatto sullecondizioni lavorative non risul-ta molto rilevante.Rispetto alle pazienti con tumo-re alla mammella, le quali man-tengono e conservano un gra-do importante di autonomia edi autogestione nell’affrontarela malattia, il 92% dei pazienticon tumore al colon retto haun caregiver di origine familia-re. Pilastro di riferimento sono

le donne, infatti il caregiver nel42,3% dei casi è la moglie o laconvivente del paziente.Si consideri che il 26% dellepazienti con tumore alla mam-mella dichiara di non avere uncaregiver contro l’8% dei pa-zienti con tumore al colon-ret-to, rispetto alla media degli al-tri pazienti oncologici che am-monta al 17,3%.Anche se la risposta alla malat-tia dipende soprattutto da carat-teristiche individuali, dal suppor-to familiare e da una buona ri-sposta sanitaria, vi è la necessitàdi colmare il vuoto che c’è sot-to il profilo di quelle prestazionie di quei servizi che dovrebberodare un contributo dal punto divista sociale e comunitario, inmodo da non scaricare i costimonetari e quelli indiretti e im-materiali totalmente sul singolopaziente e sulla sua famiglia.

Complessivamente in Italia vi-vono quasi 297mila personeche hanno ricevuto una diagno-si di tumore al colon-retto (sti-ma Airtum 2006), pari al13,2% del totale dei pazientioncologici. Dall’analisi del pro-filo emerge che si tratta nel56,4% dei casi di uomini, conetà di 60-70 anni e di 70 anni eoltre, con un livello di istruzio-ne medio basso e in età inatti-va dal punto di vista lavorati-vo. Al momento della diagnosidi tumore quasi il 35% lavora-va (contro il 41,7% degli altriintervistati), e di questi il20,6% era occupato a tempoindeterminato.Nel rapporto con la patologiaun aspetto rilevante riguarda laprima reazione del paziente difronte alla diagnosi: la voglia direagire è stata riscontrata nel32,2% dei casi, seguita poi dareazioni di paura (28%), incredu-lità (21,7%), rabbia (20,3%), ras-segnazione (16,1%) (tabella 1).Per quanto riguarda i principaliproblemi riscontrati, circa il34% indica i problemi psicologi-ci quali sfiducia, perdita di inte-resse, difficoltà ad accettare glieffetti collaterali delle cure ecc.(contro oltre il 40% delle pa-zienti con tumore alla mammel-la e contro il 35,5% della mediagenerale), il 30% indica le pro-blematiche legate al disbrigo dipratiche della vita quotidiana,come fare la spesa, lavori do-mestici ecc., il 26,8% segnaladifficoltà in ambito familiare, il

La condizione sociale e sanitaria dei pazienti malatidi tumore al colon-retto e la centralità del care-giver

APPROFONDIMENTI TEMATICI

a cura del Censis

È una patologiache colpisce297mila personesoprattutto uominicon più di 60 anniIl 92% è assistitoda un familiare,uno su tre ha probleminella vita quotidiana

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Le prime reazioni dei pazienti davanti alla diagnosi di tumore,confronto pazienti con tumore al colon retto - Altri pazienti oncologici (val. %)

Quale è stata la sua prima reazione davantialla diagnosi di questa malattia?

Pazienti con tumoreal colon retto

Altripazienti oncologici

Voglia di reagire 32,2 32,6Paura 28,0 31,0Incredulità 21,7 21,4Rabbia 20,3 19,1Rassegnazione 16,1 12,2Depressione 9,1 9,6Impotenza 8,4 11,8Sfiducia 4,2 4,2N.B.: Il totale non è uguale a 100 perchè erano possibili più risposteFonte: indagini Censis, 2012

I principali ambiti di vita in cui sono emersi i maggiori problemi a seguito della patologia,confronto pazienti con tumore al colon retto - Altri pazienti oncologici (val. %)

A seguito della patologia, quali sono gli ambitiin cui sono emersi maggiori problemi?

Pazienti con tumoreal colon retto

Altripazienti oncologici

Sul piano psicologico (sfiducia, perdita di interesse, difficoltàad accettare gli effetti collaterali delle cure ecc.) 33,9 35,5

Nel disbrigo di pratiche della vita quotidiana (fare la spesa,lavori domestici, ecc.) 30,7 35,9

In famiglia 26,8 24,9Nel lavoro 21,3 21,8Nei rapporti sociali 16,5 10,3Nelle disponibilità economiche 11,0 14,6Altri aspetti 1,6 1,4N.B.: Il totale non è uguale a 100 perché erano possibili più risposteFonte: indagini Censis, 2012

Grafico 1

Tabella 1

Tabella 2

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21,3% problemi nel lavoro e il16,5% nei rapporti sociali (tabel-la 2).Circa il 63% degli intervistati di-chiara di soffrire “molto” o“abbastanza” per problemi psicofi-sici quali apatia, debolezza, perditadi forze; il 58,5% dichiara di averedolori, disturbi fisici; il 57,6% sisente fragile e tende facilmente acommuoversi; il 43,4% dichiara diaver perso il desiderio sessuale; il40% ha difficoltà relative all’alimen-tazione; il 38,8% ha indicato di sof-frire per l’aspetto fisico (contro il46,1% delle pazienti con tumorealla mammella) e il 36,8% ha segna-lato difficoltà nello svolgimentodelle attività quotidiane, come la-vori domestici, studio, tempo libe-ro (grafico 1).Sicuramente la forza d’animo indi-viduale e il sostegno dei proprifamiliari sono molto rilevanti, da-to che a giudicare insufficiente laqualità delle proprie giornate ne-gli ultimi mesi è solo l’11,4% degliintervistati, mentre il 45% giudicala qualità quotidiana della propriavita sufficiente e il 42% buona(percentuali leggermente superio-ri a quelle degli altri pazienti onco-logici).L’indagine ha consentito di rileva-

re che per i malati di tumore alcolon retto la ripresa delle nor-mali attività quotidiane ha richie-sto in media 7 mesi, valore in li-nea con quello relativo agli altripazienti oncologici. Anche se vasottolineato che oltre il 29% deipazienti ha dovuto interromperele normali attività quotidiane acausa di un peggioramento dellamalattia.Il rientro nella vita sociale è ac-compagnato da uno strascico rile-vante di criticità nella vita quoti-diana, che richiede un surplus diimpegno da parte della persona,chiamata a fronteggiare svariati di-sturbi fisici e psicologici.Relativamente alle modificazionisubite in ambito lavorativo ascrivi-bili alla patologia, trattandosi prin-cipalmente di pazienti maschi inetà matura, non stupisce che laquantità di occupati al momentodella diagnosi sia inferiore a quellaregistrata per gli altri pazienti on-cologici (ossia circa il 35% controil 41,7% e il 48,1% dei pazienticon tumore alla mammella), néstupisce che sia più elevata la quo-ta di pensionati (oltre il 46% con-tro circa il 31% degli altri pazientie il 21% dei pazienti con tumorealla mammella).

Tra i lavoratori, il 31,7% ha dovu-to fare assenze sul lavoro (controil 37,6% degli altri pazienti oncolo-gici), il 26,8% ha dovuto lasciare illavoro (contro il 19,5%), il 22% hadato le dimissioni o cessato lapropria attività (contro l’8,3%) enel 24,4% dei casi non ci sonostati cambiamenti (contro il21,4%) (tabella 3).L’età media avanzata dei pazienticon tumore al colon-retto spiegala frequente decisione di cessarel’attività lavorativa e chiarisce imotivi dello slittamento verso lapensione: il 27,5% degli intervista-ti ha fatto richiesta per la pensio-ne contro il 12,7% degli altri pa-zienti oncologici.La patologia, con tutte le difficoltàche ingenera nella quotidianità,impatta in modo pesante anchenei casi in cui le persone rimango-no nel circuito lavorativo e ciòavviene in termini di riduzione del-le performance, come la necessi-tà di assentarsi dal lavoro, la ridu-zione del proprio rendimento e ilridimensionamento delle aspetta-tive di carriera. Anche se bisognaribadire che ciò avviene in manie-ra minore per i pazienti al colon-retto rispetto agli altri pazienti on-cologici, dato che per la maggior

Eventuali cambiamenti sul lavoro legati all’insorgenza della malattia, confronto pazienti con tumoreal colon retto - Altri pazienti oncologici (val. %)

Altri eventuali cambiamenti sul lavoro Pazienti con tumoreal colon retto

Altri pazientioncologici

Non ci sono stati cambiamenti 24,4 21,4Ho dovuto fare assenze 31,7 37,6Ho dovuto lasciare il lavoro 26,8 19,5Mio malgrado si è ridotto il mio rendimento 26,8 31,6Ho dato le dimissioni/ho cessato la mia attività 22,0 8,3Ho messo da parte propositi di carriera 9,8 10,9Ho dovuto trovare un lavoro 2,4 0,8Ho dovuto chiedere il part-time 2,4 8,6Ho dovuto cambiare lavoro 0,0 3,4Sono stato licenziato 0,0 2,6N.B.: Il totale non è uguale a 100 perché erano possibili più risposte.Fonte: indagine Censis, 2012

Tabella 3

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parte si trovano già verso la finedel proprio percorso lavorativo.Per quanto riguarda la diagnosi ela terapia, l’82,6% dei pazienti contumore al colon-retto ha un pro-prio oncologo di riferimento; il62,5% ha da sempre lo stesso on-cologo (contro il 67% degli altripazienti), e il 20,1% lo ha cambia-to almeno una volta (contro il14,2% del resto del campione).Buono risulta il grado di informa-zione dei pazienti di questa pato-logia tumorale, in quanto circal’86% si dichiara informato sui far-maci anti-tumorali con i quali èstato curato o con cui viene at-tualmente curato. Tra questi il60% dichiara di conoscerne gli ef-fetti collaterali, i benefìci ecc. (con-tro il 62% degli altri pazienti) e il25,9% dichiara di essere stato in-formato ma di non averci capitomolto (contro il 23% degli altripazienti).A proposito del 14,1% che dichia-ra di non essere stato informato(contro il 15% degli altri intervista-ti) si rileva che l’8% vorrebbe ave-re informazioni in merito; men-tre il 5,2% afferma che non è in-formato e non vuole nemmenoesserlo (contro il 4,4% degli altripazienti).

Quanto agli impatti della malattia,si consideri che il 20% dichiara diavere svolto attività riabilitative fi-siche, funzionali, cognitive e psico-logiche (contro il 32,6% degli altripazienti e il 39% dei pazienti contumore alla mammella). Tra que-sti, il 9,2% si dichiara soddisfatto ene ha avuto un impatto positivo,mentre il 5,8% ne ha avuto unimpatto negativo e il 5% nessunoimpatto. Tra i pazienti che invecenon hanno svolto tali attività riabi-litative, il 17,5% sostiene che neavrebbe avuto bisogno.Relativamente al servizio presso ilquale l’intervistato è in cura al mo-mento dell’intervista, nel 35,4%dei casi i pazienti utilizzano i servi-zi presenti nel comune in cui vivo-no. Deve invece rivolgersi ad altricomuni della provincia il 41% (ri-spetto al 32,6% del resto degliintervistati) e il 16% ad altri comu-ni della propria regione (rispettoal 18,1%). Il 7,6% dichiara di esser-si rivolto a servizi al fuori dallapropria regione (tabella 4).Le motivazioni che hanno spintoalla scelta del servizio sono detta-te nella maggior parte dei casi dal-la fiducia: il 32% dichiara che èstato indicato da persone di fidu-cia, il 28,5% perché vi lavorava

l’oncologo di fiducia, il 23% per-ché è stato orientato da operato-ri sanitari, il 16% perché era il ser-vizio che ispirava più fiducia, il15,3% per la sua fama consolidata.Un aspetto da sottolineare è chetra i criteri di scelta del servizio il16,7% dei pazienti con tumore alcolon-retto richiama il criteriodella pura territorialità, o megliodella prossimità e facilità di acces-so nella scelta, contro l’11,4% de-gli altri pazienti oncologici. Di fat-ti, tra questi pazienti si rileva chenessuno si è rivolto a strutturesanitarie all’estero.Entrando in maggiori dettagli, l’in-dagine ha consentito di ricostrui-re anche il ricorso o meno a servi-zi della propria regione, di altraregione o di Paese estero per cia-scuna delle fasi della malattia; dal-l’analisi dei dati è emerso che:- la diagnosi è effettuata per il95% dei pazienti con tumore alcolon-retto presso servizi dellapropria regione, mentre il 5% si èrivolto a servizi di altre regioni;- per l’intervento chirurgico,l’81,5% dei malati di tumore alcolon-retto si è ricoverato pres-so ospedali della propria regione,mentre il 18,5% in strutture dialtre regioni;

Localizzazione del servizio presso il quale è in cura il paziente al momento dell’intervista,confronto pazienti con tumore al colon retto - Altri pazienti oncologici (val. %)

Il servizio si trova: Pazienti con tumoreal colon retto Altri pazienti oncologici

- Nel comune in cui vive 35,4 37,5

- In un comune diverso da quello in cui vive, ma nella stessaprovincia in cui vive 41,0 32,6

- In un comune diverso da quello in cui vive, ma nella stessaregione 16,0 18,1

- In un’altra regione 7,6 11,7

- All’estero 0,0 0,1

- Totale 100,0 100,0

Fonte: indagini Censis, 2012

Tabella 4

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- per i trattamenti e le terapie, laquota che è rimasta presso strut-ture regionali è dell’87% e quellache si è rivolta ad altre regionidell’12,2%;- la riabilitazione viene effettuatadai pazienti con tumore al colon-retto presso strutture regionaliper oltre il 93% dei casi, mentresi è rivolto ad altre regioni il 6,7%;- il follow up e le visite di control-lo avvengono nella propria regio-ne per l’85,3% dei pazienti e inaltra regione per circa il 14%.Tra coloro che hanno fatto ricor-so ai servizi fuori regione, il 37%lo ha fatto perché convinto di ri-cevere servizi migliori, mentre il33,3% perché non si fidava deiservizi della propria regione. Tracoloro che invece si sono rivoltiai servizi della propria regione, il61,7% lo ha fatto perché ritenevache la qualità del servizio fosseadeguata, il 23,5% perché era ilmodo più rapido per accedere acure e trattamenti, il 7,8% per

motivi economici dato che altro-ve costava troppo e il 3,5% permancanza di alternative o perchéaltrove non conosceva nessuno.Il rapporto con la sanità è com-plessivamente positivo in terminidi valutazione dei servizi sanitaricon cui il paziente è entrato incontatto da quando si è ammala-to di tumore al colon retto. Circail 74% definisce ottimi o buoni iservizi sanitari di cui ha usufruitoe un ulteriore 20,3% li giudica suf-ficienti. Differente è la valutazionerelativa ai servizi sociali: circa il51% degli intervistati li ritienebuoni o ottimi (42,4% buoni e8,7% ottimi), un ulteriore 18,5%sufficienti e il 14,1% insufficienti. Il16,3% dei pazienti con tumore alcolon-retto afferma di non pote-re valutare i servizi sociali, a testi-monianza di un’estraneità alla re-te, che invece nella cronicizzazio-ne della patologia dovrebbe esse-re centrale (tabella 5).Il giudizio sui servizi sociali è co-

munque meno negativo rispettoa quello degli altri pazienti oncolo-gici, probabilmente perché la fami-glia fa da scudo rispetto a tanteesigenze che, invece, rimangonosenza adeguata risposta per i ma-lati che non hanno caregiver.Circa la valutazione dei servizi sa-nitari nel tempo, dall’analisi dei da-ti emerge che per il 17,3% la sani-tà è peggiorata, per il 27% è mi-gliorata, mentre per il 56% non cisono stati cambiamenti.Facendo riferimento al propriopercorso terapeutico, i pazientiaffetti da tumore al colon-rettogiudicano positivamente in parti-colare le capacità professionali(anche di carattere psicologico-re-lazionale) degli operatori, con cuisi è venuti in contatto (l’83,5%), laqualità dei servizi di day hospitalo ambulatoriali (il 76%), la qualitàdei luoghi di ricovero e degli ospe-dali in cui si è stati ricoverati (il72,6%), il coinvolgimento dei me-dici di medicina generale (Mmg)

Valutazione dei pazienti oncologici dei servizi sanitari e dei servizi sociali,confronto pazienti con tumore al colon retto - Altri pazienti oncologici (val. %)

Come valuta il complesso dei servizi ricevuti/che ri-ceve per l'assistenza e la cura da quando si è amma-

lato di questa patologia?

Pazienti con tumoreal colon retto

Altripazienti oncologici

Servizi sanitari

Ottima 20,3 26,6

Buona 53,6 51,2

Sufficiente 20,3 18,2

Insufficiente 5,8 3,4

Non so 0,0 0,6

Totale 100,0 100,0

Servizi sociali

Ottima 8,7 12,1

Buona 42,4 31,9

Sufficiente 18,5 21,3

Insufficiente 14,1 12,9

Non so 16,3 21,9

Totale 100,0 100,0Fonte: indagine Censis, 2012

Tabella 5

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durante il percorso assistenziale(il 51,8%) e la rapidità nell’accessoad alcuni esami diagnostici di con-trollo, come la Tac, le scintigrafieecc. (il 49%).Meno positivi sono, anche nel-l’esame di dettaglio, i giudizi emer-si rispetto ad alcuni servizi, comeil supporto psicologico a cura dipersonale specializzato (ad esem-pio il servizio offerto dagli psicon-cologi), valutati insufficienti dal32,7% delle persone con tumorealla mammella, l’assistenza domici-liare, giudicata insufficiente dal49,4% degli intervistati (38,4%per gli altri pazienti), e l’attività diriabilitazione (29% contro il 21%relativo al giudizio espresso dalresto del campione).Anche le disparità nell’accesso enella qualità della cure e dei tratta-menti è una convinzione condivi-sa e radicata, che nasce sia dal-l’esperienza diretta che dalle opi-nioni consolidatesi nel tempo,sebbene in misura minore rispet-to al resto del campione. Infatti,una quota pari al 56,4% ritieneche vi siano opportunità di curadiverse tra i pazienti oncologici inItalia, contro il 67,2% degli altriintervistati e contro il 70% di quel-li con tumore alla mammella. Del56,4% dei pazienti che sostengo-no l’esistenza di una differenziazio-ne delle cure, il 34,6% affermache le diversità sussistono soprat-tutto tra le regioni, mentre il21,8% ritiene che tali diversità sia-no presenti anche all’interno del-le singole regioni.I pazienti affetti da tumore al co-lon-retto sono convinti che, ri-spetto al servizio da cui si è segui-ti al momento dell’intervista, neesistano altri in contesti diversiche garantiscono cure e tratta-menti migliori per i pazienti onco-logici. Condivide questa opinioneil 67,7% dei pazienti con tumoreal colon-retto (rispetto al 66,4%di coloro che hanno altri tumori).

Tra questi una quota pari al-l’11,3% ritiene che trattamenti mi-gliori esistano anche in altre areedella propria regione, il 17% ritie-ne che ve siano in altre regioni, eil 3,5% all’estero. È comunque il26,2% a ritenere di beneficiare dicure e trattamenti in linea conquanto offerto altrove, mentrequasi il 20% dichiara di non esse-re in grado di esprimere un’opi-nione al riguardo.È interessante considerare in par-ticolare, a proposito delle dispari-tà territoriali, la questione dell’ac-cesso alle terapie più innovativeed efficaci. Il 21,1% dei pazientivaluta “insufficiente” la disponibili-tà di tali terapie, quota maggiore

a quella relativa agli altri intervista-ti (11,3%). E sono proprio le tera-pie innovative personalizzate adessere considerate dai malati af-fetti di tumore alla mammella (eda tutti i malati oncologici in gene-rale) la priorità per il futuro: adaffermare ciò è una percentualemolto alta, pari a oltre il 77% deipazienti (e quasi il 73% di tutti gliintervistati).Al secondo posto della graduato-ria delle priorità è collocata l’at-tenzione per i risvolti psicologicidella patologia, segnalata dal 29%dei malati di tumore al colon-ret-to (rispetto al 32,4% della totalitàdegli intervistati); seguono con il24,4% i sussidi economici, le ero-gazioni monetarie e con il 20,6%

il bisogno di maggiori informazio-ni sulle fasi del percorso di cura.Oltre alle differenze di cure traterritori, altri aspetti che preoccu-pano gli intervistati sono la lun-ghezza delle liste di attesa per ef-fettuare analisi (per il 42% degliintervistati) e per le terapie (circail 33%), le difficoltà di bilancio sani-tario che condizionano la possibili-tà di ricevere terapie mirate (il28,6%) e l’entità delle spese che cisi trova ad affrontare (quasil’11%).Altra dimensione significativa èquella relativa ai costi sociali del-la malattia; il costo sociale totaleannuo relativo all’insieme di tut-ti i malati di tumore al colon-ret-to in Italia (con una diagnosi ditumore di al massimo 5 anni,con e senza caregiver), risultasecondo le stime del Censis pa-ri a 5,7 miliardi di euro, ed essocomprende sia i costi diretti chequelli indiretti (dove per costiindiretti si intendono i costi figu-rativi derivanti da mancati reddi-ti, nonché dal valore dell’assi-stenza garantita dai caregiver aipazienti).I costi medi annui pro-capite dipaziente e caregiver sono stimabi-li in media a 41,6mila euro per imalati di tumore al colon-rettoche hanno avuto una diagnosi ditumore da al massimo cinque an-ni. In sostanza, i costi totali in ca-po a chi si ammala di tumore alcolon-retto sono superiori a quel-li che devono affrontare gli altripazienti oncologici; infatti ammon-tano a 28mila euro annui per imalati di tumore alla mammella ea 34,2mila euro per il totale deipazienti oncologici.I costi diretti sono superiori dioltre 2mila euro a quelli degli altripazienti oncologici e, tra questi, apresentare valori più elevati sonoquelli relativi alle spese mediche,le quali rappresentano oltre la me-tà dei costi diretti e sono superio-

I costi medi annuipro capite di pazientee care-giver sonostimabili in oltre41mila euro, superioriad altri malati oncologici

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ri di oltre 1.000 euro rispetto aquelle fronteggiate dagli altri pa-zienti oncologici.I costi indiretti sono superiori dioltre 5,4mila euro a quelli in capoai malati di altri tumori. Tale diva-rio è dovuto al valore del tempo

di care prestata dai caregiver qua-si sempre familiari.Altro aspetto che è stato analizza-to riguarda gli strumenti di sup-porto e tutela economica di cuibeneficiano i pazienti malati di tu-more al colon-retto, che il 57%

giudica “insufficienti” (quota supe-riore a quella relativa agli altri pa-zienti, il 48,7%). Sono giudicati“buoni” dall’8,2% dei pazienti(contro il 14% del resto del cam-pione) e “sufficienti” dal 26% (con-tro il 33% degli altri pazienti). ●

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L’ invecchiamen-to è il fattorepiù importan-te che modifi-ca il rischio di

sviluppare un tumore. Per que-sto, tra i 366.000 nuovi casi ditumore maligno (circa 1.000 algiorno) che si sono verificati inItalia nel 2013, quelli nei bambi-ni sotto i 14 anni sono staticirca 1.400 (meno dell’1% deltotale), 800 quelli negli adole-scenti tra 15 e 19 anni e 14.000tra i 20 e i 39 anni, cioè circa il4% del totale.Negli adolescenti tra 15 e 19anni, i tre tipi di tumore piùfrequenti sono i linfomi (32%),i tumori epiteliali (24%), in par-ticolare della tiroide e melano-mi, e le leucemie (11%). Nelperiodo che va dal 1988 al2008, è stato osservato un au-mento significativo per tutte leneoplasie maligne (+2% l’an-no), i linfomi (+3% l’anno), iltumore della tiroide (+6% l’an-no) e il melanoma (+8% l’an-no). La leucemia linfoblastica ri-sulta l’unica neoplasia in signifi-cativa diminuzione in questogruppo d’età.In Italia, la sopravvivenza dei tu-mori negli adolescenti è miglio-rata negli ultimi 15 anni e il nu-mero di pazienti adolescenti vi-vi a 5 anni dalla diagnosi è pari

all’86% di tutti i casi diagnostica-ti nel periodo più recente a di-sposizione (2003-2008) con unincremento del 17% negli ultimi15 anni. L’osservazione che lapercentuale di pazienti vivi a 5,10 e 15 anni dalla diagnosi ditumore è molto simile (sonorare le morti oltre 5 anni dalladiagnosi), consente di afferma-re che la gran parte degli adole-scenti dopo 5 anni dalla diagno-si hanno un’aspettativa di vitasimile a quella dei propri coeta-nei e sono, in gran parte, guaritidalla malattia anche se possonosoffrire di effetti anche a lungotermine di tipo bio-psico-socia-le conseguenti alla malattia o aitrattamenti antineoplastici.

Negli anni più recenti, gli adole-scenti hanno una sopravviven-za leggermente superiore aquella dei bambini (0-14 anni)anche se questa migliore pro-gnosi è in parte dovuta al fattoche i tumori più frequenti negliadolescenti (linfomi di Ho-dgkin, tumori della tiroide emelanomi) sono quelli a mi-glior prognosi.I risultati dell’Associazione Ita-liana Registri Tumori indicanoun numero di nuovi casi neibambini e negli adolescenti rela-tivamente elevato rispetto aglialtri paesi europei e piuttostoomogenei sul territorio nazio-nale; mostrano che anche la so-pravvivenza è leggermente mi-gliore rispetto alla media euro-pea.Tra i maschi di età 20-39 anni,il tumore più frequentementediagnosticato è quello del testi-colo (17% del totale dei tumo-ri), seguito dal melanoma cuta-neo (10%), dai linfomi non-Ho-dgkin e dai tumori della tiroide(10%). La distribuzione è anco-ra più concentrata in poche se-di per le giovani donne dove iltumore della mammella rappre-senta più di un caso ogni 3 tu-mori diagnosticati (37%), segui-to dal tumore della tiroide(18%) e dal melanoma (9%). Ledifferenze di frequenza rispet-

Le patologie tumorali in adolescenti e giovani adultirappresentano il 4% del numero totale dei nuovi casi

APPROFONDIMENTI TEMATICI

di Luigino Dal Maso *, Susanna Busco **, Annalisa Trama ***, Antonio Alberti **** e Elisabetta Iannelli *****

Il numero di pazientiè più elevatorispetto ad altri Paesieuropei ed èpiuttosto omogeneosul territorionazionale mala sopravvivenza èleggermente migliore

* Centro Riferimento Oncologico di Aviano** Registro Tumori di Latina*** Istituto Nazionale Tumori, Milano per l’Associazione Italiana Registri Tumori (AIRTUM)**** Alteg***** AIMaC

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to alle donne in età adulta suggeri-scono che anche il ruolo dei fatto-ri di rischio cambi nelle diverseetà della vita.La percentuale di giovani adultivivi dopo cinque anni dalla diagno-si di tumore è pari al 75% neimaschi e all’85% nelle femmine,molto più alta rispetto ai pazientipiù anziani, che verosimilmentepresentano una diversa quota dicasi con malattia molto avanzataal momento della diagnosi e laconcomitanza di altre patologieche ne pregiudicano interventiestesi e chemioterapia.

Giovani adulti che vivonodopo una diagnosi di tumore

Il miglioramento dell’efficacia deitrattamenti per i tumori nei bam-bini e negli adolescenti ha portatoa un aumento della sopravvivenzacon un conseguente aumento delnumero di pazienti vivi anche di-versi anni dopo la diagnosi, moltidei quali sono ora adulti.I pazienti che vivono dopo un tu-more diagnosticato in età pediatri-ca e adolescenziale sono un casoparticolare, in quanto, avendo tut-ta la vita davanti a loro, hannoanche un maggior rischio cumula-tivo di sviluppare patologie legateai trattamenti antitumorali.In Italia, solo il Registro Tumoridel Piemonte, che registra in tut-ta la regione i tumori diagnostica-ti nei bambini e adolescenti, dispo-ne di un periodo di osservazionedi oltre 30 anni e include circa il7% della popolazione italiana sot-to i 15 anni di età. Le informazio-ni ottenute da questo registrohanno consentito di stimare checirca 25.000 persone con menodi 34 anni sono vive dopo unadiagnosi di tumore infantile tra 0e 14 anni e di questi circa 10.000persone (38% del totale) hannoavuto una diagnosi di leucemia,3.600 (14%) di linfomi e 2.700(11%) di tumori del sistema ner-

voso centrale. Le differenze tramaschi e femmine sono limitate[AIRTUM 2012]. Purtroppo fino-ra non è stato possibile stimare ilnumero di persone di tutte le etàche hanno avuto da bambini unadiagnosi di tumore a causa delperiodo di osservazione relativa-mente breve a disposizione deiregistri tumori.È stato comunque possibile stima-re che gli italiani fino a 44 anniche vivono dopo una diagnosi ditumore siano circa 200.000, paria una persona su 200 in questafascia di età [AIRTUM 2010].Questi numeri includono sia i lun-gosopravviventi e guariti a un tu-more infantile, sia le persone cui

è stato diagnosticato un tumoretra 15 e 44 anni di età.Oltre 25.000 donne sotto i 45anni di età hanno avuto in passatouna diagnosi di tumore alla mam-mella, oltre 22.000 maschi e fem-mine hanno avuto un tumore del-la tiroide, 18.000 un linfoma diHodgkin e circa 15.000 hannoavuto diagnosi di melanoma, tu-mori del testicolo o linfomi non-Hodgkin. Oltre un terzo ha avutola diagnosi di tumore da oltre 10anni.

Possibili cause di tumorein età giovanile

Mentre nell’età adulta i tumoripiù frequenti sono legati prevalen-temente a esposizioni di tipo cro-

nico (per esempio fumo di tabac-co e dieta), le cause per i tumoripiù frequenti in età giovanile so-no, purtroppo, in gran parte sco-nosciute a eccezione del ruolodell’esposizione ai raggi solari peril melanoma, della ritenzione deltesticolo per una piccola quota ditumori del testicolo, e della fami-liarità per il tumore della mam-mella. È ben documentato anchel’effetto cancerogeno di esposizio-ni a radiazioni diagnostiche nel fe-to e tumori infantili mentre esisto-no evidenze, pur se meno solide,di un impatto delle esposizioni ainquinamenti ambientali (vernici,idrocarburi, pesticidi) nei genitoriprima del concepimento ed alcu-ne forme neoplastiche nei bambi-ni. Questi fattori, tuttavia, spiega-no una proporzione piccola deicasi incidenti.Moltissimi studi sono stati con-dotti a partire dagli anni ’50 inEuropa, negli Stati Uniti e in altreregioni del mondo per chiarirequali siano le cause di queste neo-plasie, ma i risultati sono ancoraestremamente limitati e talora di-scordanti: le conoscenze attualipermettono di affermare che nonpiù del 5% dei tumori pediatrici(0-14 anni) ha un’origine genetica,e ancora meno ha una diretta cor-relazione con esposizioni ambien-tali (infezioni, agenti fisici come leradiazioni ionizzanti o sostanzechimiche). Ne consegue che peroltre il 90% dei tumori di questafascia di età la causa è ignota. Unaparte di questi casi forse potràessere spiegata in futuro dall’inte-razione tra il particolare corredogenetico del singolo soggetto, glistili di vita e l’ambiente (cibo, aria,farmaci). Nonostante questo, èimportante riconoscere che il ri-schio di sviluppare un tumore as-sociato ad alcuni cancerogeni èmaggiore tanto più giovane è l’etàal momento della prima esposizio-ne. Queste considerazioni giustifi-

Tra le possibili cause:familiarità, esposizionia radiazioni del fetoe a inquinamentoambientale dei genitoriprima del concepimento

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cano l’adozione del principio diprecauzione in interventi di sanitàpubblica volti a prevenire l’esposi-zione dei bambini a sostanze can-cerogene. Interventi prioritari do-vrebbero essere rivolti a proteg-gere i bambini dall’esposizione afumo passivo di tabacco e gas discarico da motori diesel e benzi-na. Si tratta di miscele di numero-se e diverse sostanze dannose lacui riduzione dell’esposizione av-viene solo attraverso il migliora-mento della qualità dell’aria.

Cura e riabilitazione

Il tumore nel bambino e nell’ado-lescente rappresenta una patolo-gia di estrema rilevanza in terminisociali e di sanità pubblica, nellaquale un approccio multidiscipli-nare ha comportato un evidentemiglioramento della prognosi edella qualità di vita. Negli ultimitrent’anni la ricerca medica ha in-vestito notevoli risorse per la dia-gnosi e la terapia delle neoplasiedell’età pediatrica, riuscendo spes-so a modificare la storia naturaledella malattia; notevole è statol’impatto che la ricerca clinica haeffettivamente prodotto sulla pra-tica clinica corrente.Fin dagli anni Settanta, i pazienti inetà pediatrica con neoplasia han-no potuto beneficiare di protocol-li multicentrici diagnostico-tera-peutici attivati dall’Associazioneitaliana di ematologia e oncologiapediatrica (AIEOP), utilizzati dap-prima in pochi centri specializzati,poi nella quasi totalità dei centrioncoematologici pediatrici italia-ni. I risultati di questo sforzo, cheincludono non solo un trattamen-to ottimale della malattia ma an-che una gestione complessiva delpaziente pediatrico potendosi av-valere di una struttura adeguata,sono evidenziati dalla capacità deicentri AIEOP di attrarre la quasitotalità (92%) dei pazienti di me-no di 15 anni di età.

D’altro canto, i pazienti che han-no una diagnosi di tumore in etàadolescenziale rappresentano unsottogruppo per cui esiste un pro-blema di accesso alle cure di ec-cellenza e di arruolamento neiprotocolli clinici rispetto all’otti-mizzazione dei percorsi di cura inatto nell’oncologia pediatrica. Gliadolescenti con tumore, quindi,corrono spesso il rischio di tro-varsi in una “terra di nessuno”:tra il mondo dell’oncologia pedia-trica, dove esistono limiti di etàche spesso limitano l’accesso aicentri ai pazienti con più di 16anni, e il mondo dell’oncologiamedica dell’adulto, dove non è ge-neralmente diffusa l’esperienza

per curare la patologia specificadi questa fascia di età. L’oncologiapediatrica italiana, da molti anniha riconosciuto la complessitàdella gestione degli adolescenti edei giovani adulti. Molti centri del-la oncologia pediatrica dellaAIEOP hanno un team psicosocia-le in grado di fornire un adeguatosupporto ai ragazzi malati. Unostudio ha però evidenziato chetale supporto viene offerto solo auna minoranza di malati perchésolo pochi (circa un quarto) ragaz-zi (15-19 anni) malati accedono aicentri AIEOP [FERRARI 2009].Dei ragazzi che non accedono aicentri AIEOP, si può ipotizzareche alcuni accederanno a centridi eccellenza dell’adulto ma, molti

altri accederanno a centri non dieccellenza rischiando di riceverecure non adeguate.I tumori che insorgono nella fa-scia di età tra i 20 e i 44 anni siavvicinano di più come tipologia ecaratteristiche ai tumori dell’adul-to, ma presentano comunque del-le peculiarità diverse legate a pro-blematiche relative alla potenziali-tà di studio, lavorative e sociali diquesta fascia di età. Nel caso degliadolescenti in particolar modo,sarà importante continuare a stu-diare non solo l’esito a lungo ter-mine della malattia, ma anche glieffetti tossici dei farmaci quali ilrischio di sterilità, maggior rischiodi insorgenza di secondi tumori,insufficienza d’organo (ad es. rena-le, epatica, cardiaca), fattori chehanno un impatto assai più impor-tante in un giovane adulto che inuna persona di età più avanzata.L’obiettivo principale da raggiun-gere è quello di garantire a tutti ipazienti una cura adeguata. Que-sto obiettivo può essere raggiun-to con diversi modelli organizzati:pazienti curati nei centri AIEOP,pazienti curati in centri dell’onco-logia dell’adulto ma con protocol-li pediatrici o comunque simili aquelli pediatrici. A prescinderedal modello organizzativo, un pun-to fondamentale da supportare èla collaborazione tra il mondo del-la oncologia pediatrica e quellodella oncologia dell’adulto che de-ve necessariamente essere coin-volta nei progetti che riguardanoi giovani adulti. Altri elementi chedevono e sempre di più dovran-no caratterizzare i centri dedicatiagli adolescenti e ai giovani contumore riguardano il coinvolgi-mento di diverse figure professio-nali: i medici ma anche infermieri,psicologi, assistenti sociali, i grup-pi di genitori e parenti, i gruppidei guariti e dei pari. Questi cen-tri dovranno inoltre porre l’atten-zione agli aspetti legati all’istruzio-

I tumori sono unevento raro trai bambini e i giovanima sono la primacausa di morte finoai 14 anni di età

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ne, nel caso questi pazienti nonabbiamo ancora concluso il loropercorso formativo, alla preserva-zione della fertilità, spesso messaa rischio a causa dei trattamenti,l’inserimento o il reinserimentolavorativo e, in generale aspettirelativi alla progettualità e al muta-to rapporto con i coetanei. An-drà infine affrontato e supportatoanche l’impatto del tumore sullavita relazionale, sociale, economi-ca e lavorativa delle famiglie diquesti pazienti. In Italia, alcuni isti-tuti oncologici hanno attivato deiprogrammi specifici per gli adole-scenti e i giovani adulti ma sonopochi ed è quindi necessario sti-molare la creazione di progettilocali dedicati agli adolescenti e aigiovani adulti in diverse realtà ita-liane.

Prevenzione dei tumorinegli adolescentie nei giovani adulti

Molte delle abitudini di vita acqui-site durante l’infanzia o l’adole-scenza hanno un forte impattosul rischio di ammalarsi di cancroanche molti decenni dopo, bastipensare all’importanza dell’ali-mentazione corretta e dell’attivi-tà fisica o al fumo (abitudine spes-so acquisita nell’adolescenza). Sipuò sempre correggere un com-portamento errato, ma non ac-quisirlo per niente è comunque lamigliore strategia di prevenzione.Va quindi ricordato che genitori,insegnanti ed educatori in genera-

le, giocano un ruolo fondamenta-le per accompagnare i giovani ver-so stili di vita “salutari”.È importante insistere con unadolescente perché non fumi, an-che se i genitori lo fanno, evitarefin da giovani sovrappeso e scarsaattività fisica, indirizzare i ragazzi acomportamenti alimentari corret-ti, riducendo l’uso di carni rosse egrassi animali e consumando al-meno 5 porzioni al giorno di ver-dura e frutta, ed evitare un’ecces-siva esposizione solare in partico-lare per i bambini che hanno ten-denza a scottarsi.Alcuni tumori sono causati ancheda agenti infettivi. Per due di que-sti virus, epatite B (HBV) e papillo-mavirus (HPV), sono già disponibi-li vaccinazioni che permettono dievitare il contagio e ridurre il ri-schio di sviluppare alcuni tumori,rispettivamente del fegato e dellacervice uterina.Esistono, inoltre, strumenti checonsentono di diagnosticare etrattare le lesioni pretumorali o itumori in fase precoce in mododa migliorarne molto la possibilitàdi cura e vanno fortemente racco-mandati. In particolare, in quasitutte le regioni italiane sono attiviprogrammi di screening organiz-zato che prevedono l’invito dellegiovani donne dai 25 in poi ognitre anni per la prevenzione deitumori del collo dell’utero attra-verso il pap-test. Lo screeningper la prevenzione del tumoredella mammella mostra il suo mas-

simo beneficio per le donne tra i50 e i 69 anni di età e l’estensionealle donne più giovani (da 45 anni,in particolare) è ancora dibattutoa meno di situazioni particolari didonne che riportano familiaritàper la malattia.

Conclusioni

I tumori sono un evento raro intermini assoluti tra i bambini e igiovani, tuttavia, sono la primacausa di morte per malattia fino a14 anni d’età e la seconda negliadolescenti e nei giovani adultisotto i 40 anni di età, dopo trau-matismi, inclusi sinistri stradali eavvelenamenti. È importante co-noscere le caratteristiche dei gio-vani che hanno avuto una diagno-si neoplastica in quanto, data lalunga prospettiva di vita che i gio-vani hanno davanti, suscitano par-ticolare preoccupazione le possi-bili conseguenze a lungo termineche le terapie possono comporta-re, oltre che la necessità di reinse-rimento sociale che queste perso-ne manifestano. L’attenzione alleproblematiche dei pazienti onco-logici più giovani rappresenta unasfida e un’opportunità per la me-dicina e per l’oncologia in partico-lare. Grande importanza ricoprein questo processo di sensibilizza-zione il ruolo delle associazionidi pazienti e familiari che si pon-gono come facilitatori nella realiz-zazione dell’alleanza terapeuticatra pazienti stessi, medici e opera-tori della sanità. ●

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O ggi non bastapiù sopravvive-re al cancro.Come operato-ri sanitari, vo-

gliamo farci carico di offrire aimalati di tumore l’opportunitàdi godere pienamente della lo-ro lunga vita futura, senza esclu-dere la possibilità di avere deifigli. Per anni, la fertilità futuradei pazienti oncologici è stataconsiderata alla stregua di uncapriccio, a volte ritenuto addi-rittura pericoloso per la stessasopravvivenza, tuttavia si stan-no moltiplicando gli sforzi perpreservare la fertilità futura,dapprima in campo maschile,per la maggiore semplicità del-le tecniche, poi, più recente-mente, in campo femminile.L’impegno è tale che si è conia-to l’ossimoro “Oncofertilità”per definire una nuova discipli-na frutto dell’intersezione traoncologia e medicina della ri-produzione umana, tanathos ebios della scienza medica! Gliaspetti tecnico-scientifici e l’of-ferta attuale di tali prestazionisarà trattata nei successivi para-grafi di questo approfondimen-to, mentre qui cercheremo didefinire le strategie e le pro-spettive offerte ai pazienti chesi ammalano di cancro e sono arischio di perdita della fertilità.La semplice enumerazione deiproblemi non potrebbe soddi-sfare i bisogni dei pazienti e

quindi, analiticamente, cerche-remo di mettere in luce le stra-tegie organizzative e le prospet-tive future dell’Oncofertilità.

L’obiettivodello zero percento

Il primo obiettivo concretoche ci si deve porre è che nes-sun paziente oncologico in etàfertile o prima della pubertà, inItalia, debba affrontare un per-corso terapeutico senza averbeneficiato di un’informazioneo, meglio, di una consultazioneriguardo alla sua fertilità futura.Ove sussistono le condizioni,le pazienti dovrebbero essereinviate per una consultazione alMedico della Riproduzione(quasi sempre un Ginecologo),che, operando in totale siner-gia con l’oncologo, dovrebbe

definire un programma di con-servazione della fertilità. Que-sto, purtroppo, raramente sirealizza nel nostro paese, siaper la difficoltà ad avere équi-pes multidisciplinari sempre di-sponibili, sia per la necessitàche tali consultazioni avvenga-no senza alcuna attesa, in quan-to è prioritario un interventotempestivo di fronte a una dia-gnosi di tumore.Definiremo questo primoobiettivo come “obiettivo del-lo zero per cento”. Lo zeropercento è la quota di pazientiche vorremmo restasseroesclusi dalla consultazione cir-ca la possibilità di conservare lafertilità futura. Appare eviden-te che tale consultazione deb-ba essere rivolta a donne conun’età tale da consentire lorodi avere ancora un patrimonioriproduttivo adeguato, dal mo-mento che l’età costituisce unlimite invalicabile per avere fi-gli. Per gli uomini, invece, il pro-blema va affrontato diversa-mente, in considerazione dellaloro diversa fisiologia riprodut-tiva. Ancora differente è poi ilcounseling riproduttivo dedica-to ai pazienti in età infantile,adolescenziale e/o comunqueminori. Per essi si pone un dop-pio problema: se da un lato vi èla necessità di coinvolgere i ge-nitori in un processo decisiona-le che riguarda il futuro ripro-duttivo dei figli, mentre stanno

L’attenzione alla fertilità è tra i bisogni essenziali:strategie attuali e prospettive offerte al paziente

APPROFONDIMENTI TEMATICI/LA PRESERVAZIONE DELLA FERTILITÀ

di Cristofaro De Stefano *

Il primo obiettivoche ci si deve porreè che nessun malatooncologico in età fertileo prima della pubertàdebba affrontareun percorso terapeuticosenza informazioni euna consultazione mirata

* Azienda Ospedaliera “San Giuseppe Moscati”, Avellino

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affrontando uno stato di profon-do turbamento emotivo, dovutoalla preoccupazione per la malat-tia, dall’altro va considerato cheper i pazienti prepuberi, al mo-mento, le uniche strategie propo-nibili sono sperimentali. Per i bam-bini, si tratta del prelievo e delcongelamento del tessuto testico-lare da crioconservare per suc-cessiva maturazione in laborato-rio (in vitro) degli spermatozoi oper trapianto. Anche per le bam-bine si cerca, con alcuni risultatigià apprezzabili, di prelevare econgelare il tessuto ovarico persuccessivo autotrapianto. Perquesti motivi, al momento, non sipossono ancora fornire affidabiliprevisioni di risultato. Solo l’On-cologo che ha in carico il pazien-te, quindi, potrà valutare se sussi-stono le condizioni per richiede-re la consulenza riproduttiva, cheperò non dovrà essere negata sela richiesta dovesse provenire dalpaziente stesso o dai familiari, ge-nitori, tutori o partner.Per il raggiungimento degli obietti-vi sovra citati, non è pensabile chesi moltiplichino o si creino ad hocdelle strutture, perché esse, oltrea generare dei costi insostenibiliper il Sistema Sanitario, finirebbe-ro per non raggiungere mai ade-guati livelli tecnologici, orga-nizza-tivi e professionali a causa dellascarsa numerosità delle prestazio-ni. È comprensibile che un istitutooncologico non abbia le compe-tenze e le conoscenze per conge-lare degli ovociti, come è chiaroche un centro che pratica soloattività di procreazione assistitanon sia in grado di gestire la com-plessità del problema oncologico,ne consegue che si possa propor-re un modello organizzativo defini-to “Hub & spokes” (mozzo e rag-gi di una ruota). In questo model-lo le strutture in grado di erogaretutte le prestazioni per la conser-vazione della fertilità, si pongono

come “Hub”. A esse si raccorda-no altre organizzazioni sanitarie,“spokes”, che alla struttura cen-trale afferiranno per conferire ma-teriale biologico da stoccare perlungo tempo, per trasferire la ge-stione di casi di particolare com-plessità, per attività di consulenza.Con questo modello si potrebbepensare a un numero limitato diHubs, distribuite sul territorio na-zionale in virtù di accordi fra diver-se regioni, con ampio bacino diafferenza sia dal punto di vista geo-grafico che professionale.

L’accesso alle informazioni

Il secondo obiettivo che ci ponia-mo per la tutela della fertilità dei

malati oncologici è che essi possa-no accedere con semplicità alleinformazioni circa l’impatto chele terapie potranno avere sullaloro capacità riproduttiva futura.A tutt’oggi, ad esempio, nelleschede tecniche allegate ai medi-cinali sono descritti con minuziagli effetti collaterali che essi po-tranno determinare sulle più di-sparate attività e funzioni umane,ma nelle confezioni dei farmacitossici per ovaio e testicolo nonvi è traccia del fatto che essi po-trebbero determinare la perditadella capacità riproduttiva in en-trambi i sessi.L’intento che perseguiamo è quel-lo di una capillare diffusione del-l’informazione sulla possibilità

semplice e concreta di conserva-re cellule o tessuti riproduttivi. LaSocietà Italiana di Ginecologia eOstetricia (SIGO) e l’Associazio-ne Italiana di Oncologia Medica(AIOM) sono impegnate conun’attività congiunta per la forma-zione dei medici specialisti e, insie-me con l’Istituto Superiore di Sa-nità (ISS), per la diffusione su tut-to il territorio nazionale della cul-tura della protezione della fertili-tà nei pazienti oncologici. L’atten-zione che viene posta su questotema, anche dalle associazioni deipazienti e del volontariato, inco-raggia i sanitari ad insistere sullanecessità di partecipare e pro-muovere iniziative per il migliora-mento dell’assistenza al pazienteoncologico.AIMaC, ad esempio, rilevando lanecessità di informare i pazientisulla possibilità di preservare lapropria fertilità, ha collaborato adiversi progetti sul tema. Tenen-do conto del bisogno di informa-zioni chiare, validate e affidabili,ha realizzato due strumenti infor-mativi:- la brochure “Padre dopo il can-cro”, dedicata agli uomini malatidi tumore che devono sottoporsia trattamenti chemio- o radiote-rapici in grado di indurre sterilitàtemporanea o permanente, oppu-re a interventi chirurgici che pos-sono alterare i meccanismi del-l’eiaculazione (ad esempio, prosta-tectomia, adenomectomia tran-svescicale);- il libretto “Madre dopo il can-cro”, dedicato alle giovani donneche si ammalano di tumore, ailoro partner e alle loro famiglie,per orientarli sulle possibilità dipreservare la fertilità, concepire,affrontare la gravidanza o adotta-re un bambino.Entrambe le pubblicazioni sono di-stribuite gratuitamente online sulsito www.aimac.it in formato car-taceo presso i 36 punti di acco-

L’intento è quello diuna capillare diffusionedell’informazionesulla possibilitàdi conservare cellulee tessuti riproduttivi

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glienza e informazione in oncolo-gia di AIMaC, che hanno sede neimaggiori centri di studio e curadei tumori italiani.

L’accesso tramiteil Sistema Sanitario Nazionale

Il terzo obiettivo che perseguia-mo è che tutte le terapie e i meto-di per conservare la fertilità sianofruibili attraverso il Sistema Sanita-rio Nazionale. Le pratiche di con-servazione della fertilità devonouscire da un’area grigia all’internodella quale non è ben chiaro se equali procedure siano consentite,in quali circostanze e per qualetipologia di pazienti.Ancora una volta il percorso ma-schile è molto più semplice e con-solidato, anche se, come risultadai dati dell’ISS, non è così sempli-ce trovare sul territorio strutturecapaci di procedere in poche orealla conservazione di liquido semi-nale in pazienti che entro pochissi-mi giorni debbono iniziare la che-mioterapia. Per sopperire a que-sta condizione, ad esempio, po-trebbe essere facilmente istituitoun numero unico regionale perl’accesso alla conservazione del li-quido seminale, così da consenti-re direttamente agli operatori deicentri oncologici di prenotare leprestazioni per i propri pazienti.Molto più complessa è la situazio-ne femminile. Innanzitutto la con-servazione degli ovociti richiedel’accesso a procedure di stimola-zione ovarica, prelievo e congela-mento che non sono disponibilipresso tutte le strutture. Esse so-

no svolte, di abitudine, in struttu-re pubbliche e private che tratta-no casi di sterilità di coppia contecniche di Fecondazione Assisti-ta, sulla base della Legge 40/2004,che non prevede l’accesso alletecniche per “prevenire” la sterili-tà. Occorre quindi che sia previ-sta la possibilità di effettuare taliprocedure all’interno delle strut-ture autorizzate su indicazionecongiunta di Oncologi e Gineco-logi. Anche in questo caso, l’istitu-zione di un numero unico regio-nale che faccia riferimento ad unnetwork di strutture “Hub”, con-sentirebbe una facile realizzazio-ne di questo obiettivo. A tal sco-po il censimento effettuato dal-l’ISS, presentato nel paragrafo suc-cessivo, costituisce una base dipartenza eccellente.Bisogna inoltre sottolineare che ifarmaci che si utilizzano per“proteggere” le ovaie o per sti-molarle per raccogliere gli ovocitiin caso di chemioterapia, nonrientrano tra quelli prescrivibiliper questo specifico scopo. Essi,quando somministrati, devono es-sere pagati dalla paziente, nono-stante numerose prove scientifi-che abbiano dimostrato la lorosicurezza ed efficacia. Trattandosidi farmaci costosi, il medico è co-stretto, sotto sua responsabilità,a prescriverli attraverso un’inter-pretazione estensiva delle indica-zioni.La prescrizione dei farmaci per lastimolazione ovarica, quindi, av-viene con indicazioni difformi daquelle indicate dalla Nota AIFA

74. Obiettivo prioritario deve es-sere quello di spingere l’AIFA aintrodurre tra le indicazioni dellaNota 74, quella dell’utilizzo diquesti farmaci sulla base di unpiano terapeutico redatto con-giuntamente da Oncologo eGinecologo della Riprodu-zione, per un singolo ciclo o perun numero limitato di cicli tera-peutici.Analoga situazione è quella deifarmaci della Nota AIFA 51, chesi sono dimostrati efficaci, in rigo-rosi studi clinici, per ridurre il ri-schio di “Insufficienza ovarica iatro-gena” quando adottati nel corsodi chemioterapia in pazienti affet-te da carcinoma della mammella.Applicando rigidamente la nota51, attualmente i medici che vo-lessero prescrivere questi prepa-rati ad una paziente bisognosa diun trattamento chemioterapico,non potrebbero farlo, tranne chein caso di carcinoma mammarioormono-sensibile. Una riscritturadella Nota 51, con l’introduzionedella “protezione ovarica” tra le in-dicazioni, consentirebbe a questapratica terapeutica diffusa ed effi-cace di uscire dalla semiclandesti-nità nella quale è mantenuta.In conclusione, l’obiettivo priorita-rio della tutela della fertilità neipazienti oncologici e in tutti quelliche rischiano, per patologia, diperdere la capacità riproduttiva,deve essere quello di non privaredella possibilità di esercitare libe-ramente le scelte procreative chiha superato la più difficile batta-glia della sopravvivenza. ●

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O ggi le nuovestrategie antitu-morali sonosempre più effi-caci e anche in

Italia hanno portato negli ultimianni a un aumento della soprav-vivenza dei pazienti oncologiciche risulta pari se non addirittu-ra superiore, per alcuni tipi ditumore, alla media europea.Dai molti studi eseguiti sappia-mo che i regimi chemioterapicicon agenti alchilanti, i tratta-menti radianti diretti alle gona-di o all’ipofisi, e anche quelliradianti “total body” sono par-ticolarmente tossici per le go-nadi. Nei pazienti in età pre-fer-tile e fertile la valutazione delpotenziale di gonadotossicitàdelle cure da intraprendere el’applicazione delle possibili tec-niche di preservazione della fer-tilità prima delle terapie onco-logiche, sono fondamentali perlimitare i danni a lungo terminesull’apparato riproduttivo. Letecniche “standard o sperimen-tali” di preservazione della ferti-lità che possono essere effet-tuate presso i centri di procrea-zione medicalmente assistita(PMA) sono il congelamentodel liquido seminale o del tessu-to testicolare per gli uomini ela criopreservazione degli ovo-citi, degli embrioni o del tessu-to ovarico nelle giovani donne.Il materiale biologico può rima-nere crioconservato per anni

ed essere utilizzato quando ilpaziente oncologico ha supera-to la malattia.Come è stato già detto nel capi-tolo precedente, l’Oncofertili-tà è nata per implementare l’ap-plicazione delle metodiche perla preservazione della fertilità.Gli operatori di questo settorecollaborano affinché sia offertol’accesso a un percorso di curaintegrato in grado di offrire aipazienti con malattia neoplasti-ca, in età pre-fertile e fertile,un counselling mirato a infor-mare riguardo all’impatto deitrattamenti oncologici sull’appa-rato riproduttivo e per illustra-re le possibili strategie per cu-stodire la fertilità.In Italia, pur essendo disponibi-le un numero elevato di Strut-ture Oncologiche che applica-

no non solo la tecnica della fe-condazione in vitro ma anchela crioconservazione dei game-ti (123 centri, pari al 61% deitotali, dati Registro Nazionaledella PMA) manca un vero eproprio canale di comunicazio-ne che implementi la presenzadi reti tra le unità di oncologiae quelle di medicina della ripro-duzione.Come abbiamo già evidenzia-to, non tutti i Centri di Fecon-dazione in Vitro offrono an-che tecniche per criopreserva-re i gameti femminili (ovociti)e solo pochi la tecnica, ancorasperimentale, di crioconserva-zione del tessuto ovarico. Perfacilitare l’individuazione dellestrutture che avessero al lorointerno un’unità dedicata spe-cificamente alla preservazionedella fertilità dei pazienti onco-logici, il Registro della PMA haeseguito un censimento invian-do un questionario on-line atutti i Centri di PMA iscritti alRegistro. Su 93 strutture pub-bliche o private-convenziona-te contattate, a oggi, hannorisposto 27 centri (29%). Diquesti, 25 possono effettuarecicli di criopreservazione di li-quido seminale per pazientioncologici, 25 possono effet-tuare cicli di crioconservazio-ne di ovociti e solo 15 sonoattrezzati per effettuare il con-gelamento di tessuto ovarico.Delle 108 strutture private

Così l’oncofertilità è tra i bisogni essenziali:strategie attuali e prospettive offerte al paziente

APPROFONDIMENTI TEMATICI/LA PRESERVAZIONE DELLA FERTILITÀ

di Giulia Scaravelli * e Paola D’Aloja *

La creazione di un elencodelle strutture cheoffrono questo serviziorenderà più semplicela scelta per gli oncologie per i pazienti:la lista dei centrisarà a breve pubblicatasul sito web dell’Iss

* Registro Nazionale della PMA, Istituto Superiore di Sanità

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contattate, allo stato attuale,33 centri (31%) hanno dichia-rato di avere al loro internodei percorsi dedicati specifica-mente ai pazienti malati di can-cro. Di questi, 33 possono ef-fettuare cicli di criopreserva-zione per pazienti oncologicisolo su gameti maschili, 30possono effettuare cicli dicrioconservazione di ovociti esolo 8 sono attrezzati per ef-fettuare il congelamento di

tessuto ovarico (tabella 1).La creazione di un elenco del-le strutture che offrono que-sto servizio renderà più sem-plice la scelta della strutturadi riferimento sia per gli ope-ratori oncologi che per i pa-zienti. L’elenco dei centri cheapplicano tecniche di preser-vazione della fertilità sarà abreve pubblicato sul sito webdel Registro della PMA Istitu-to Superiore di Sanità e in al-

tri siti. Sul sito www.aimac.itsono elencati alcuni dei cen-tri che si occupano della pre-servazione della fertilità fem-minile, prevedendo specificipercorsi di counseling e/ocrioconservazione per le pa-zienti oncologiche. La listanon è esaustiva, ma è fruttodi un censimento condottoda AIMaC attraverso la pro-pria rete di volontari di Servi-zio Civile. ●

Centri di PMA attrezzati per la preservazione della fertilitànei pazienti oncologici divisi per tipo di servizio offerto

Tipo di servizio Strutturecontattate

Strutture attrezzate per il congelamento

del Seme degli Ovociti del Tessuto Ovarico

NumeroCentri

NumeroPazienti

NumeroCentri

NumeroPazienti

NumeroCentri

NumeroPazienti

Centri Pubblicio Privati Convenzionati 93 25 7.864 25 1.122 15 659

Centri Privati 108 33 3.994 30 198 8 78

Totale 201 58 11.858 55 1.320 23 737

Tabella 1

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L a possibile compar-sa d’infertilità se-condaria ai tratta-menti antiprolifera-tivi e il disagio psi-

co-sociale a essa legato sonotemi di importanza crescente,non solo in considerazione delmiglioramento della prognosinei pazienti oncologici di etàpediatrica e giovanile, ma an-che a causa dello spostamentoin avanti dell’età alla prima gra-vidanza nei paesi occidentali.Come già sottolineato in prece-denza, è importante che tutti ipazienti con diagnosi di tumorein età riproduttiva vengano ade-guatamente informati del ri-schio di riduzione della fertilitàin seguito ai trattamenti antitu-morali e, al tempo stesso, dellestrategie oggi disponibili per li-mitare tale rischio.Per gli uomini, la criopreserva-zione del seme rappresentauna strategia efficace di preser-vazione della fertilità che do-vrebbe essere offerta prima diiniziare trattamenti potenzial-mente gonadotossici. A diffe-renza di quanto può succederenella donna, nell’uomo il ricor-so a queste tecniche, se adegua-tamente programmate, noncomporta un ritardo nell’iniziodei trattamenti antitumorali, an-che per la più ampia diffusionesul territorio nazionale di strut-ture sanitarie che possano for-nire questo servizio.

Per le donne, le principali tecni-che di preservazione della ferti-lità, standard e sperimentali, so-no rappresentate da: criopre-servazione di embrioni od ovo-citi (con o senza stimolazioneormonale), criopreservazionedi tessuto ovarico e soppressio-ne gonadica temporanea conanalogo LH-RH. Tra le tecni-che di crioconservazione, a og-gi, l’unica che abbia dimostratorisultati affidabili e quindi consi-derata procedura standard, ol-tre alla crioconservazione degliembrioni, è la crioconservazio-ne di ovociti maturi. La sceltatra le possibili strategie di pre-servazione della fertilità dipen-de da diversi fattori: età e riser-va ovarica della paziente, tipodi trattamento antitumoraleprogrammato, diagnosi, presen-

za o meno di un partner, tem-po a disposizione prima di ini-ziare il trattamento antitumora-le e possibilità che la neoplasiaabbia metastatizzato alle ovaie.Diversamente da quanto succe-de nell’uomo, nella donna l’uti-lizzo di alcune di queste tecni-che è associato a un ritardonell’inizio dei trattamenti anti-tumorali: da qui l’importanza diavviare le pazienti il più preco-cemente possibile agli espertiin questo campo. Un altro im-portante problema è rappre-sentato dalla difficoltà che legiovani pazienti oncologiche in-contrano in alcune aree del ter-ritorio nazionale nell’accedereal counseling riproduttivo e aeventuali successive tecnichedi criopreservazione.Presso l’IRCCS AOU San Mar-tino-IST di Genova, è attivo unrapporto di collaborazione trala struttura di oncologia e quel-la di medicina della riproduzio-ne, con l’obiettivo di poter for-nire alle giovani pazienti onco-logiche un percorso privilegia-to di accesso al counselling ri-produttivo, così da ridurre ilpiù possibile l’eventuale ritardonell’inizio dei trattamenti anti-tumorali. Le giovani donne, du-rante la prima visita oncologi-ca, vengono informate dagli on-cologi medici sui possibili rischilegati ai trattamenti antitumora-li proposti, tra cui il rischio ditossicità gonadica e di infertili-

Il percorso assistenziale di giovani pazienti oncologichecandidate a procedure di preservazione della fertilità

APPROFONDIMENTI TEMATICI/LA PRESERVAZIONE DELLA FERTILITÀ

di Lucia Del Mastro * e Matteo Lambertini *

Presso l’Irccs AouSan Martino-Ist di Genovaè attiva una sinergia trala struttura di oncologiae quella di medicinadella riproduzione:immediato counsellingriproduttivo per ridurrei ritardi nelle terapie

* IRCCS AOU San Martino-IST, Genova

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tà, e vengono loro proposte lestrategie disponibili per ridurrequesto rischio. In particolare,alle pazienti viene offerta la pos-sibilità di essere sottoposte allasomministrazione dell’analogoLHRH durante la chemiotera-pia e ad accedere al counselingriproduttivo presso il Centrodi Procreazione Medicalmenteassistita dell’Istituto. Durante ilcounseling riproduttivo, illu-strando rischi e benefìci, vieneproposto alle pazienti che nonpresentano controindicazioni,l’accesso alla tecnica di criopre-servazione ovocitaria o, in casiparticolari, l’accesso alla crio-preservazione del tessuto ova-rico (tecnica da considerare ad

oggi ancora sperimentale).Il tempo medio intercorso trala prima visita oncologica e ilcounseling riproduttivo pressoil centro di procreazione medi-calmente assistita è risultato pa-ri a un giorno. Per le pazientisottoposte alla procedura dicriopreservazione ovocitaria, iltempio medio intercorso tral’intervento chirurgico e l’iniziodel trattamento chemioterapi-co è risultato pari a 40 giorni,con nessun ritardo rispetto allatempistica considerata ottima-le per l’inizio della chemiotera-pia (previsto entro le 5 settima-ne dall’intervento chirurgico).Il rispetto di questa tempisticasottolinea l’importanza dell’esi-

stenza di una unità di Oncofer-tilità, che permetta di ridurre ilpiù possibile il ritardo nell’ini-zio delle terapie antitumoralinelle giovani donne che decido-no di sottoporsi a una delletecniche chirurgiche di preser-vazione della fertilità. In virtùdel continuo progresso nel set-tore, dovrebbero essere messiin atto tutti gli sforzi per au-mentare lo scambio di informa-zioni tra gli oncologi e i medicispecialisti in medicina della ri-produzione, al fine di non pun-tare solo alla guarigione dei ma-lati, ma anche al mantenimentodei loro obiettivi futuri, com-presi quelli di una progettualitàfamiliare. ●

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L a profonda innova-zione delle terapieoncologiche deter-minata dall’approva-zione all’impiego cli-

nico di farmaci diretti controspecifici bersagli cellulari richie-de un’organizzazione dei pro-cessi/percorsi che coinvolgonooncologi medici, patologi e bio-logi molecolari. Infatti, per mol-ti di questi farmaci esistonomarcatori predittivi di rispostao di resistenza, la cui correttadeterminazione rappresentaoggi un elemento cruciale perla scelta della migliore strategiadi trattamento di numerosi tu-mori solidi.I primi significativi successi del-la terapia a bersaglio molecola-re nei tumori solidi furono ot-tenuti per una neoplasia nonfrequente, quali i tumori stro-mali gastro-intestinali (GIST).L’introduzione dell’imatinib neltrattamento di queste neopla-sie ha modificato radicalmentela prognosi per i pazienti affettida questa neoplasia. Nella tera-pia delle tre neoplasie di mag-giore impatto epidemiologico(carcinoma del polmone, carci-noma del colonretto e carcino-ma della mammella) sono oggigià stati introdotti nella praticaclinica farmaci biologici per iquali esistono marcatori predit-tivi di sensibilità o di resistenzaal trattamento, e per altri far-

maci è prevista già da quest’an-no la registrazione. L’introdu-zione di una terapia“personalizzata”, consentendouna selezione su base“molecolare” dei pazienti, daun lato ha permesso un miglio-ramento delle sopravvivenze edall’altro ha evitato inutili tossi-cità in pazienti identificati abinitio come “resistenti” e, diconseguenza, anche una razio-nalizzazione delle risorse eco-nomiche. Probabilmente la li-sta di determinazioni moleco-lari e di farmaci è destinata adallungarsi nel prossimo futu-ro, e va anche consideratoche l’evoluzione delle cono-scenze scientifiche può porta-re anche a un’evoluzione deitest molecolari necessari peruna terapia personalizzata otti-male.

Il progetto di AIOM e SIA-PEC-IAP

Per rispondere in termini siaclinici che organizzativi alle pro-blematiche connesse a questeimportanti innovazioni in onco-logia, le Società Scientificheche riuniscono gli Oncologi Me-dici (AIOM) ed i Patologi (SIA-PEC-IAP) italiani, a partire dal2004 hanno sviluppato un am-pio progetto per la:1. Caratterizzazione bio-pato-logica e bio-molecolare dei tu-mori in funzione della strategiaterapeutica, con le seguenti fi-nalità:- Multidisciplinarietà;- Definizione delle Indicazionicliniche ai test;- Definizione di Standard meto-dologici;- Definizione di Standard di re-fertazione;- Formazione;- Fruizione clinica per la pro-grammazione terapeutica.2. Creazione di un network na-zionale per i test bio-molecolari.3. Realizzazione di un control-lo di qualità centralizzato per itest.4. Registrazione nazionale deidati e sviluppo dei programmidi ricerca.Lo schema sinora seguito haprevisto:a) la identificazione dei test bio-molecolari rilevanti per la prati-ca clinica;

Terapie personalizzate: l’impiego dei farmaci miratiin base alla caratterizzazione molecolare dei tumori

APPROFONDIMENTI TEMATICI

di Nicola Normanno, * Antonio Marchetti *, Francesco Massari * e Carmine Pinto *

I primi significativisuccessi della terapiaa bersagliofurono ottenuticon l’imatinibper una neoplasianon frequentequali i tumori stromaligastro-intestinali

* AIOM

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b) la produzione di raccoman-dazioni che definissero le indi-cazioni cliniche, gli standardmetodologici e le modalità direfertazione;c) lo svolgimento di una intensaattività di formazione;d) la esecuzione di programminazionali di controllo di qualità.Nel loro complesso, questeazioni hanno contribuito a in-crementare notevolmente il li-vello qualitativo dei test biomolecolari eseguiti nel nostropaese.

Le raccomandazioni

Le raccomandazioni sono fina-lizzate a sviluppare sia l’appro-priatezza delle richieste clini-che che l’esecuzione di test vali-dati sull’intero territorio nazio-nale. Specifici gruppi di lavorodelle due Società Scientifichesono stati costituiti per le diver-se determinazioni. Tutte le rac-comandazioni prodotte sonodisponibili per consultazionedal sito AIOM (www.aiom.it).

Il network

La continua crescita dei testbio-molecolari correlati confarmaci mirati su bersagli cellu-lari, ha richiesto la formazionedi un coordinamento scientifi-co-organizzativo nazionale perstrutturare un unico progettostrategico. Le finalità sono sta-te quelle di permettere lo svi-luppo di adeguate procedure

per i test e di garantire ai pa-zienti l’accesso a test validati intutte le regioni del Paese. Si èproceduto pertanto a un censi-mento nazionale per valutarele potenzialità e gli standardprocedurali dei laboratori dibiologia molecolare. Le due So-cietà Scientifiche stanno svilup-pando uno specifico sistema in-formatico per la creazione diun network che favorirà i per-corsi organizzativi, la logistica ela registrazione dei dati.A oggi nel nostro Paese esisto-no ancora difficoltà nella acces-sibilità dei pazienti ai test bio-molecolari richiesti per la scel-ta del regime terapeutico. Ingenerale, le problematiche so-no legate alla disponibilità delmateriale patologico da esami-nare e alla disponibilità in sedee nell’area geografica di prove-nienza di un laboratorio di bio-logia molecolare. Per il trasferi-mento di campioni patologiciin laboratori di biologia mole-colare due sistemi di trasportodei materiali biologici, promos-si entrambi da aziende farma-ceutiche in collaborazione conle due società scientifiche, so-no a oggi disponibili: KRAS-aK-tive per il test per KRAS e EG-FR-FastNet per il test per EG-FR.In prospettiva, per lo sviluppodella ricerca clinica nell’ambitodi una terapia “personalizzata”dei tumori con un aumentoprogressivo dei test bio-mole-

colari richiesti insieme alla ne-cessità di razionalizzazione del-le risorse, è auspicabile una ri-definizione su base nazionaledei laboratori.

Il controllo di qualitàAl fine di garantire test validatidi biologia molecolare è statodefinito un programma di con-trollo di qualità centralizzato. IlProgramma Controllo di Quali-tà ha richiesto la realizzazionedi una rete e di uno specificosistema informatico per la regi-strazione dei centri, la prepara-zione, la validazione e l’inviodei campioni, e la registrazionedelle determinazioni effettuate.

Formazione

Il programma di controllo diqualità si correla con l’attivitàdelle due Società Scientifichenella formazione/aggiornamen-to dei professionisti oncologi,patologi e biologi molecolari eprevede una copertura dell’in-tero territorio nazionale. Trecorsi per macro-regioni sonostati già effettuati nel 2011(con sede Milano, Bologna eNapoli), e per il 2012 sonostati programmati 3 nuovi cor-si nazionali orientati su: 1) cri-teri di appropriatezza clinicadei test biomolecolari nel car-cinoma dello stomaco, polmo-ne, colon-retto e melanoma;2) percorsi organizzativi; 3)standard metodologici nelle di-verse fasi; 4) standard di refer-tazione. ●

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I l rapido avanzamentodella ricerca e delle tec-nologie applicate alla me-dicina ha portato a unconsiderevole aumento

di interesse verso le bioban-che; con questo termine si defi-niscono le raccolte organizzatedi materiale biologico e i dati aloro associati.Le biobanche rappresentanouna preziosa fonte di risorseper la diagnosi e uno dei cardinipiù importanti della ricerca tra-slazionale e della ricerca clinicain particolare in oncologia.Il successo delle ricerche medi-che volte a identificare le causee lo sviluppo delle malattie e lapossibilità di sviluppare nuovifarmaci “intelligenti” dipendedalla disponibilità di numerosicampioni biologici. Di conse-guenza, numerose collezioni dimateriale biologico sono sortespontaneamente in tutto il mon-do, grazie alle donazioni dei ma-lati e delle loro famiglie che,generosamente, hanno collabo-rato e continuano a collabora-re per lo sviluppo della ricerca.Collezioni non più spontanee,bensì istituzionali, organizzatee strutturate secondo regolecomuni e condivise (bioban-che) costituiscono un impor-tante strumento per la ricerca icui risultati positivi portano be-

nefìci non solo al donatore ealla sua famiglia, ma a tutta lacomunità umana. Il vantaggioper la collettività è uno dei car-dini del Biobanking.L’organizzazione di riferimentoin Italia per le biobanche è oggiBBMRI-IT (Biobanking and Bio-molecular Resources ResearchInfrastructure-Italia) che rap-presenta il Nodo Italiano dellaInfrastruttura di Ricerca euro-pea per le biobanche BBMRI -ERIC (Biobanking and Biomole-cular Resources Research Infra-structure-European ResearchInfrastructure Consortium).La letteratura internazionalesottolinea che i tempi per pas-sare dalla scoperta all’applica-

zione clinica sono oggi troppolunghi e questo danneggia i pa-zienti. Per questo si è apertauna discussione tra le maggioriorganizzazioni europee che sioccupano di cancro, compresequelle dei pazienti, su come ac-celerare i tempi.L’Italia fornisce in questo cam-po un contributo essenziale.Per questo si è rivolta l’atten-zione nella ricerca clinica suitessuti d’archivio, che rappre-sentano un tipo particolare dibiobanca, di cui si darà qui diseguito una rapida descrizione.Le biobanche italiane rientranoinoltre a pieno titolo e con ruo-li importanti nelle organizzazio-ni internazionali che se ne occu-pano.

Le biobanche italianee la tuteladei dati personali

Va sottolineato che non esiste,a tutt’oggi, a livello nazionale ita-liano una chiara definizione, dalpunto di vista normativo, di co-sa sia una biobanca, come deb-ba essere organizzata e a qualinorme debba rispondere, e co-me debba gestire i dati raccolti.A questo riguardo, l’Associazio-ne Italiana di Oncologia Medica(AIOM) e la Società Italiana diAnatomia Patologica e Citolo-gia Diagnostica (SIAPEC-IAP)

Tutti i vantaggi delle biobanche per la collettività:dalla ricerca traslazionale agli impatti in oncologia

APPROFONDIMENTI TEMATICI

di Marialuisa Lavitrano *, Aldo Scarpa **, Mattia Barbareschi ***, Rita Teresa Lawlor ****, Matteo Macilotti *****,Massimo di Maio ******, Carmine Pinto *******, Roberto de Miro d’Ajeta ******** e Giorgio Stanta *********

Da Aiom e Siapecraccomandazionicomuni per fornireriferimenti condivisisu come strutturareil biobanking di ricercaa indirizzo oncologicoe includere le strutturein un registro nazionale

* Università Bicocca di Milano, BBMRI Italia; ** Università di Verona; *** Ospedale S. Chiara, Trento; **** ESBB;***** Università di Trento; ****** Fondazione G. Pascale, Napoli; ******* Policlinico Sant’Orsola-Malpighi, Bologna;******** Roma; ********* Università di Trieste

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hanno prodotto delle raccoman-dazioni comuni, con lo scopo difornire uno strumento condivisodi riferimento su come debbanoessere strutturate le biobanche diricerca a indirizzo oncologico, alfine della loro inclusione in un regi-stro nazionale e nell’Infrastrutturadi Ricerca Europea BBMRI.Una biobanca di ricerca si configu-ra come unità di servizio, senzascopo di lucro diretto, organizza-ta con criteri di qualità, ordine edestinazione, finalizzata alla raccol-ta, conservazione e distribuzionedi materiale biologico umano edei dati a esso afferenti per finali-tà di ricerca scientifica, garanten-do i diritti dei soggetti coinvolti.La tipologia di ricerche effettuabilisu tali materiali non è definita apriori, in quanto la raccolta è pro-spettica e non possono essere no-ti gli obiettivi delle future ricer-che, né le tecniche che saranno adisposizione quando verrà utiliz-zato il materiale. Le biobanche de-vono appartenere a un Ente pub-blico o privato accreditato a livel-lo regionale o nazionale, che diagaranzie di sostenere tale struttu-ra a medio/lungo termine. Tra ilpersonale in organico della Istitu-zione ove è inserita la biobancadevono essere individuate le se-guenti figure: (a) responsabile del-la biobanca; (b) responsabile dellaqualità dei campioni e dei dati aessi associati; (c) responsabile deltrattamento dei dati. Dovrà inol-tre essere previsto un ComitatoScientifico, che avrà il compito divalutare la priorità dei vari proget-ti in relazione a criteri predefinitie trasparenti, tenendo anche con-to di eventuali ricerche in corsoo in competizione. Infine, affinchéuna biobanca possa essere ricono-sciuta dalle Società ScientificheAIOM e SIAPEC-IAP dovrà predi-sporre un regolamento, nel qualedovranno essere specificate lastruttura organizzativa, la funzio-

ne degli organi, le procedure stan-dard di conservazione dei campio-ni e dei dati e le policy di accessoalla biobanca.Il Gruppo di Lavoro AIOM e SIA-PEC-IAP ha recepito le linee gui-da di BBMRI-IT e ha identificato irequisiti minimi strutturali e tec-nologici di una biobanca, condivisi-bili a livello nazionale.Sono stati identificati dei criteri diqualità, sia relativi ai campioni bio-logici (prelievo, trattamento econservazione), sia relativi ai daticlinico-patologici e di follow-updei pazienti (raccolta e aggiorna-mento dei dati).AIOM e SIAPEC-IAP, in confor-mità con i requisiti di eticità sanci-

ti da BBMRI-IT, sottolineano cheè essenziale che nell’intero pro-cesso sia assicurata la riservatez-za dei soggetti coinvolti. A questofine tutti i campioni devono esse-re identificati soltanto attraversoun codice, la cui assegnazionepuò essere automatizzata attra-verso l’utilizzo di algoritmi infor-matici. Soltanto il responsabiledella biobanca e il personale dalui espressamente delegato po-tranno connettere l’anagrafica delsoggetto a cui il campione si riferi-sce con il campione stesso. Il re-sponsabile del trattamento dei da-ti dovrà predisporre le procedu-re necessarie ad assicurare la cor-rettezza del trattamento dei datinonché l’aggiornamento dei dati

stessi. I ricercatori dovranno uti-lizzare i campioni soltanto in for-ma strettamente codificata. Il co-dice dovrà essere predisposto inmodo tale da non consentire airicercatori di riconoscere indiret-tamente l’identità della persona al-la quale il campione si riferisce.Dal punto di vista della tutela del-la riservatezza e delle prerogativedi esclusiva pertinenza della per-sona da cui proviene il materialebiologico, assume rilevanza il tipodi consenso che deve essere con-cesso dalla persona da cui avvie-ne il prelievo di materiale biologi-co, affinché siano leciti eticamen-te e giuridicamente il prelievo, lacustodia e l’utilizzo del materialee dell’informazione a esso relati-va. Se il consenso venisse presta-to alla biobanca per un precisoprogetto di ricerca, occorrereb-be chiedere un nuovo consensoogniqualvolta un campione possaessere utilizzato in un nuovo pro-getto di ricerca. Appare preferibi-le richiedere un consenso genera-le a “condurre ricerche medico-scientifiche”. Nel caso in cui, suc-cessivamente alla raccolta del con-senso, si vorrà utilizzare il campio-ne per uno studio afferente a undiverso ambito di studio, occorre-rà ricontattare il soggetto a cui ilcampione si riferisce e ottenereun nuovo consenso, a meno cheil soggetto dichiari di non voleressere ricontattato e abbia prece-dentemente espresso un consen-so generale all’utilizzo del suocampione. Avendo presente que-sta difficoltà e anche consideran-do che la maggior parte dei pa-zienti potrebbe non essere in gra-do o non avere interesse a cono-scere i particolari delle singolemolteplici ricerche che si posso-no effettuare su un campione bio-logico, mentre potrebbe desidera-re la sua più ampia utilizzazionescientifica per fini solidaristici onell’attesa di benefìci clinici diret-

Il responsabiledel trattamento dei datifisserà le procedureper assicurarela corretta gestionedelle informazioni

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ti, la FAVO d’intesa con l’AIMaC(Associazione Italiana Malati diCancro) e con le direzioni scienti-fiche e i comitati etici dell’Istitutonazionale dei tumori di Milano edell’Istituto nazionale dei tumoridi Napoli presentarono pressol’Università di Trento delle“Linee guida nell’uso di campionibiologici a fini di ricerca scientifi-ca” nelle quali veniva appunto evi-denziato e tutelato l’interesse deipazienti, in una tematica che disolito viene esaminata dal puntodi vista dei ricercatori e dell’indu-stria: il paziente ha come prima-rio interesse quello del vantaggioclinico ottenibile dalla ricerca; latutela della riservatezza consistenell’impedire che soggetti con in-teressi confliggenti (assicurazioni,datori di lavoro, eventualmentefamiliari) possano avere accessoai suoi dati clinici, onde evitarepossibili discriminazioni o stigma.Per la tutela del paziente è neces-sario distinguere chiaramente tra1) “consenso informato” relativoall’atto medico con il quale vieneprelevato un campione biologico;2) dichiarazione d’intento (tecni-camente: negozio di disposizio-ne) con il quale si concede allabioteca il materiale biologico ascopo di ricerca; 3) consenso altrattamento dei dati personali. Illegislatore, come è noto, si è ap-profonditamente dedicato a que-st’ultimo punto. I dati sanitari so-no dati sensibili e il loro tratta-mento è strettamente regolamen-tato e possibile solo dietro con-senso dell’interessato. Ogni usodi dati personali a danno o con-tro la volontà della persona cui siriferiscono è pesantemente san-zionato anche per mera negligen-za. Viceversa, la totale anonimizza-zione irreversibile di un materialebiologico può in ipotesi impedireil ritorno “al letto del paziente” dirisultati scientifici della ricerca.Le linee guida presentate dalle as-

sociazioni dei pazienti ritengonosoddisfatti i requisiti di eticità del-l’uso del materiale biologico a finidi ricerca qualora la persona dicui si raccoglie il materiale sia sta-ta informata della sua destinazio-ne a ricerca e vi abbia consentitoin linea di principio. Alla personadovrà essere richiesto se preferi-sca la tracciabilità del campionebiologico, ferme restando tutte letutele della Privacy, oppure la suaanonimizzazione (peraltro inastratto impossibile per quanto ri-guarda i dati genetici) con limita-zione del ritorno di vantaggio cli-nico. Per assicurare le possibilitàdi vantaggio terapeutico del do-nante, invece, sarà importante

che una frazione significativa delmateriale raccolto o prelevato siaconservata a disposizione dellapersona, per eventuali future esi-genze di esame, sempre più im-portanti secondo i progressi dellatargeted therapy. Ad esempio,materiale prelevato per una biop-sia dovrebbe essere conservatoin perpetuo, nei limiti della possi-bilità tecnica per rendere possibilisuccessivi esami necessari per lacura del paziente senza dover ne-cessariamente ricorrere a ulterio-ri prelievi.

Le biobanchedi tessuti d’archivio

Tutti i tessuti che vengono aspor-tati ai pazienti per motivi clinici

vengono fissati in formalina e in-clusi in paraffina per una diagnosiistologica al microscopio ottico.Questi tessuti vengono poi con-servati negli archivi degli ospedaliper almeno venti anni per legge eper questo chiamati “tessuti d’ar-chivio” (TA). È facile capire comequesti tessuti rappresentino la piùgrande raccolta di tessuti umanidisponibile e che soprattuttocomprende qualsiasi tipo di pato-logia, anche le più rare. Rappre-sentano quindi, essendo del mate-riale biologico residuo da proces-si clinici, un’area di valutazioni par-ticolari a livello bioetico diversada quella per i campioni di tessu-to che vengono appositamenteraccolti per la ricerca. In alcunipaesi europei, come la Danimar-ca, questi tessuti sono stati consi-derati come direttamente accessi-bili alla ricerca clinica, sulla malat-tia specifica del paziente, perchéuna continuazione del processomedico che parte dal pazienteche viene sottoposto a procedu-re diagnostiche e terapeutiche eche continua, come sempre inmedicina, in un’ulteriore esperien-za anche per il medico curanteche coglie da ogni nuovo pazientecaratteristiche importanti. Que-sto aspetto è assolutamente inte-grato nella medicina di tutti i tem-pi e da questa continua esperien-za nascono l’evoluzione della me-dicina e la crescita di medici ecentri d’eccellenza. L’utilizzo quin-di dei tessuti d’archivio nella prati-ca clinica appare come un aspet-to particolare che permette l’ap-profondimento delle conoscenzeoggigiorno non solo per i pazientifuturi, ma anche per il pazientestesso che nel decorso della suamalattia potrà avere giovamentisignificativi dai risultati ottenutinelle analisi dei suoi stessi tessuti.In questo è estremamente impor-tante che i ricercatori clinici si uni-scano per il comune interesse del-

Il materiale prelevatoper una biopsiadovrebbe essereconservato in perpetuoper rendere possibiliesami successivi

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la medicina alle associazioni deipazienti per i comuni obiettiviche li coinvolgano.C’è molta confusione, infatti, trale biobanche nate per la ricerca equesti biodepositi clinici che assu-mono una funzione di biobancasoltanto sulla base di progetti spe-cifici e mirati. In quasi nessun pae-se in Europa esiste al momentouna legislazione specifica per que-sti tessuti d’archivio e, se ci sono,le regole sono abbastanza confu-se. Vanno sicuramente distintidue ambiti: uno che rappresentatutto il materiale storico già dispo-nibile presso gli archivi e che èpreziosissimo per lo sviluppo ditutta la moderna medicina e unsecondo gruppo che sarà rappre-sentato da quei tessuti che ver-ranno raccolti in futuro dopo l’ap-plicazione di specifici regolamentisu base nazionale.Le linee guida promosse da FA-VO nel 2009 ritenevano etica-mente corretto l’uso a fini di ri-cerca di campioni biologici prele-vati per altro scopo e resi anoni-mi, purché tale uso non sia in con-trasto con lo scopo per cui furo-no prelevati e/o conservati e nonsia ravvisabile alcun danno per ilsoggetto da cui provengono od isuoi familiari. In questo modo siritiene possibile il più ampio utiliz-zo delle collezioni storiche, re-stando esclusa l’eticità dell’utiliz-zo a fini di ricerca di campionibiologici, benché anonimizzati, so-lo nel caso in cui sia in contrastocon la volontà espressa o presu-mibile del soggetto perché prele-vati con uno scopo dichiarato di-verso, sottacendo la destinazionea ricerca. Si ritiene altresì etica-mente accettabile una destinazio-ne od utilizzo del campione biolo-gico non prevista al tempo delladonazione, purché non in contra-sto con gli scopi della donazioneoriginariamente prevista.Data l’importanza dell’argomen-

to, si ritiene estremamente op-portuno che questo vuoto legisla-tivo venga riempito in modo parti-colarmente attento, con il coin-volgimento degli esperti del setto-re e certamente anche delle asso-ciazioni dei pazienti, che sonocontemporaneamente donatori ebeneficiari di questo processo.

Le infrastrutturedi ricerca internazionali

La ricerca moderna, in tutti i cam-pi scientifici, richiede spesso infra-strutture nuove e costose. Moltedi tali infrastrutture sono troppocostose e complesse per esseresviluppate da un singolo Paese, daqui il diffondersi di infrastrutture

di ricerca condivise, localizzate inun singolo sito o distribuite graziealla capacità delle IT di connetter-le e di renderle condivisibili, inmodo da produrre nuove cono-scenze in modo efficace.L’Europa con la “2020 Vision forthe European Research Area” hadeciso che le Infrastrutture di Ri-cerca sono una componente es-senziale per consentire ai ricerca-tori europei di essere competitivia livello globale. Le European Re-search Infrastructures Consortia(ERIC) debbono: a) superare l’at-tuale frammentazione; b) fronteg-giare l’aumento dei costi e dellacomplessità; c) migliorare l’effi-cienza e l’accesso ai servizi di ri-cerca.

Il Consiglio dei Ministri per lacompetitività ha approvato, nelgiugno 2009, un regolamento chefornisce la cornice legale necessa-ria per costituire un’Infrastruttu-ra europea di Ricerca - Regola-mento del Consiglio (EC) N.723/2009 del 25 giugno 2009 sul-la cornice legale comunitaria perun Consorzio costitutivo di un’In-frastruttura Europea di Ricerca(ERIC) G.U.c.e. L 206, 8 Agosto2009.

L’infrastruttura europeadelle biobanchee le biobanche italiane

● BBMRI-ERICL’infrastruttura europea Bio-Banking and BioMolecular Re-sources Research Infrastructure(BBMRI), identificata dall’Europe-an Strategy Forum for ResearchInfrastructure (ESFRI) nella Road-map del 2006 nell’ambito delleScienze della vita, include 13 paesifondatori: Austria, Belgio, Repub-blica Ceca, Estonia, Germania,Finlandia, Francia, Grecia, Italia,Latvia, Malta, Olanda, Svezia. È In-frastruttura di Ricerca diffusa conun Hub europeo (Graz, Austria)che si interfaccia con gli Hub Na-zionali (nodi nazionali) e funge daerogatore di servizi attraverso iCommon Services. BBMRI-ERICrisponde inoltre alle esigenze delprivato con piattaforme di eccel-lenza tecnologiche (cosiddettiExpert Centers).BBMRI-ERIC si pone l’obiettivodi mettere in rete e coordinaretutte le biobanche europee, di as-sicurare l’accesso equo e regola-to alle risorse biologiche e garanti-re una gestione appropriata sia daun punto di vista etico che tecno-logico, promuovendo la culturadella qualità dei campioni biologi-ci e dell’innovazione biotecnologi-ca, fungendo da interfaccia tra lebiorisorse (campioni e dati) e laricerca biomedica di eccellenza.

C’è un vuotolegislativo da riempirecon il coinvolgimentodegli esperti del settoree delle associazionidei pazienti

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● BBMRI-ITL’Infrastruttura Italiana delle Bio-banche (BBMRI-IT) costituisce ilnodo nazionale dell’InfrastrutturaEuropea e al momento include80 Biobanche e Centri di RisorseBiologiche distribuiti in tutto il ter-ritorio nazionale ed è supportatadalla collaborazione dell’ISS delCNR, di 18 Università, 23 IRC-CS, 40 ospedali e 8 associazionidi pazienti. L’obiettivo di BBMRI-IT è portare le biobanche italianea un nuovo livello di coordinazio-ne ed efficienza, di garantire l’ac-cesso ai campioni e di fornire Ser-vizi Comuni.BBMRI-IT ha predisposto un per-corso per l’affiliazione delle Bio-banche attraverso un censimen-to a livello nazionale seguito dauna valutazione delle Biobanche.Ogni Biobanca che rispetta stan-dard e criteri di qualità è ricono-sciuta da BBMRI-IT come Bioban-ca che può essere inserita nel-l’elenco nazionale e in quello eu-ropeo. Alle Biobanche che nonrispettano gli standard viene of-ferto un servizio di consulenza edi supporto per la messa di quali-tà. Le Biobanche affiliate aBBMRI-IT provvedono all’aggior-namento e alla comunicazionedell’attività svolta dalla Biobanca,

compilando una scheda dove sispecificano il numero e la tipolo-gia di campioni stoccati, il nume-ro e la tipologia di progetti diricerca intrapresi grazie ai cam-pioni conservati e hanno unaweb page nel sito di BBMRI-IT.Lo scopo è duplice: consolidarela funzione pubblica di ciascunadelle Biobanche e creare un hardcore di conoscenza condivisa egarantita da BBMRI-IT.● ESBBLa ESBB (European, Middle Ea-stern and African Society for Bio-preservation and Biobanking), na-ta con la collaborazione e coordi-nata in Italia, ha affrontato l’argo-mento del bio-banking e della pro-tezione dei dati utilizzati per laricerca soprattutto in base alleproposte di emendamento ai re-golamenti generali per la protezio-ne dei dati (General Data Protec-tions Regulation) per quanto ri-guarda l’accesso, l’elaborazione ela distribuzione dei dati. I dirittidella persona sono sempre statidi altissima priorità per la comuni-tà delle biobanche finalizzate allaricerca scientifica. Sono stati inquesto ambito affrontati sin dallanascita dell’ESBB i temi della pro-tezione della privacy dell’indivi-duo attraverso la definizione di

una governance che garantisca almeglio la raccolta, l’accesso e l’uti-lizzo dei campioni.

Conclusioni e criticità

Le biobanche italiane rappresen-tano oggi una realtà estrema-mente importante per il contri-buto che forniscono alla ricercaoncologica, ma la loro iniziativasul territorio, anche se ben orga-nizzata dal Nodo Italiano diBBMRI, viene tuttora lasciataper grandissima parte di fronte auna sopravvivenza incerta, dovu-ta all’assenza di una fondata pro-grammazione finanziaria naziona-le e regionale. Queste difficoltàpossono portare alla sospensio-ne delle attività in alcune realtàmolto importanti per la ricercae lo sviluppo clinico.Da alcuni anni l’OECI (Organisa-tion of European Cancer Institu-tes) e la FAVO hanno propostoper tali strutture la diversa deno-minazione “bioteche di ricerca”per evitare che la metafora banca-ria possa apparire suggestiva difinalità lucrative.È necessario inoltre un sostegnodeciso dell’Italia alle iniziative in-ternazionali di cui il nostro paeseè un partner che ha guadagnatoposizioni di tutto rilievo. ●

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«L a medici-na gene-rale èconti-nuativa,

di primo contatto e orienta-ta nel contesto»: da questadefinizione (Nivel Netherlan-ds Institute for Health Servi-ce Research) appare eviden-te la centralità del ruolo delMMG nella prevenzione on-cologica. Possiamo suddivide-re la prevenzione in prima-ria, quindi focalizzata sullecorrette abitudini di vita, esecondaria, con la quale sivuole identificare la malattiaprima che si manifesti clinica-mente.La prevenzione primaria,come è ben noto, si basa so-prattutto sulla modifica deglistili di vita scorretti. In taleambito la Medicina Generalesi trova in una posizione pri-vilegiata sia dal punto di vistaistituzionale che professiona-le. Il rapporto fiduciario, lacontinuità delle cure e la vi-sione olistica, che la caratte-rizzano, rappresentano requi-siti ideali per informare econdurre i pazienti attraver-so il difficile percorso delcambiamento di alcuni stili divita inadeguati.Nel dicembre 2013 è statopubblicato sulla rivista TheLancet un articolo dal titolo

emblematico “Ripensare laguerra al cancro” (Vol. 382Dec 21-28, 2013) nel qualeappare chiaro che bisogna ri-vedere i termini della que-stione. Negli ultimi 40 anni laricerca sul cancro è stata in-centrata principalmente sul-le nuove terapie e la diagnosiprecoce; nonostante ciò i nu-meri del cancro sono in co-stante ascesa, sia per quelloche riguarda la mortalità cheil numero dei nuovi casi. Ri-prendiamo da un articolo del-la dr.ssa Patrizia Gentilini,oncologa e medico ISDE (As-sociazione Medici per l’Am-biente) «se è vero che le mu-tazioni genetiche possono es-sere casuali, è altrettanto ve-ro che il genoma non èun’entità predefinita e immu-

tabile, ma si modifica entran-do in contatto con agenti fisi-ci e sostanze chimiche tossi-che». Parliamo quindi di fat-tori di rischio modificabili,già presi in considerazionenel 2010, nel Documentotecnico di indirizzo del Mini-stero della Salute per ridur-re il carico del cancro. Gliinterventi proposti per ridur-re l’incidenza dei tumori sidividono in:- Interventi a livello di popo-lazione;- Interventi a livello dei singo-li individui.In questo contributo affron-teremo solo i secondi essen-do gli interventi a livello dipopolazione al di fuori dellenostre competenze.Gli obiettivi di salute, cosaanch’essa ben nota, che han-no evidenze di efficacia sono:- Combattere il fumo;- Promuovere l’alimentazio-ne sana e l’attività fisica;- Combattere l’uso dell’alco-ol;- Combattere gli agenti infet-tivi oncogeni;- Combattere l’esposizione aoncogeni negli ambienti di vi-ta e di lavoro.Alla luce di questi obiettivi, ilruolo del MMG diventa fon-damentale, come detto pri-ma, perché è il professionistasanitario che sta costante-mente e direttamente in con-

Dagli screening agli stili di vita: il ruolo dei medici di basenella prevenzione oncologica primaria e secondaria

APPROFONDIMENTI TEMATICI

di Luciana Cacciotti *, Vera Allocati Maida **, Guido Sanna ***, Donatella Alesso *** e Ugo Montanari ****

Con un questionariola Fimmg ha indagatola percezioneche i Mmg hannodella propria funzioneper ridurrel’incidenza del cancroe promuoveregli obiettivi di salute

* Osservatorio; ** AIMaC; *** FIMMG Metis; **** FIMMG

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tatto con le persone. Premes-so che l’affermazione in basealla quale il medico di fami-glia “conosce tutto dei pro-pri pazienti” è, purtroppo, inmolti casi, una falsa convin-zione e un luogo comune, re-sta il fatto che noi MMG ve-niamo in possesso di un insie-me di informazioni relative ainostri assistiti che trascendeil singolo problema clinico eabbraccia il contesto socialee familiare in cui essi vivono.Questa situazione particolar-mente favorevole ci permet-te di stratificare i pazienti inbase ai loro oggettivi bisognidi salute e assistenza e di indi-viduare quelli maggiormentea rischio per le varie patolo-gie oncologiche.La prevenzione seconda-ria oncologica, cosa nota, èmirata alla diagnosi precocedi una malattia prima chequesta si manifesti clinica-mente; per raggiungere que-sto obiettivo viene utilizzatolo screening, che consiste nel-la ripetizione periodica di untest semplice che ci permet-te di individuare una patolo-gia mentre questa è ancorain fase asintomatica.Parliamo di screening indivi-duale od opportunisticoquando lo screening viene ri-

chiesto per lo più dal MMGsulla base di sintomi o fattoridi rischio legati alla storia delpaziente. Parliamo di scree-ning di popolazione, quandovengono allestiti e realizzatiprogrammi di screening dalleAziende Sanitarie per la pro-pria popolazione di riferimen-to. È quindi un interventopiù strutturato rispetto all’in-contro medico-paziente do-ve prevale la dimensione indi-viduale.L’intervento del MMG è an-che qui fondamentale, sia percontribuire attivamente ache questi programmi venga-no realizzati con successosia, proprio per la conoscen-za che ha dei propri assistiti,per la individuazione dellepersone a rischio.Attualmente i programmi discreening sono quelli per: iltumore del colon retto, dellamammella e della cervice uteri-na.Visto dalla parte dei cittadini,partecipare a uno screeningvuol dire anche esercitare undiritto: il proprio diritto allasalute. Ma quanti cittadini so-no correttamente informatisui programmi di screening, inche cosa consistono, perchésono importanti, come acce-dervi? Il loro MMG diventa an-

che qui fondamentale non so-lo per una corretta ed esausti-va informazione ma anche perun incitamento e sostegno al-l’adesione.Il contributo FIMMG di que-st’anno centra l’attenzioneproprio sulla percezione diruolo dei MMG nella preven-zione oncologica. È stato co-struito un questionario adhoc e inviato via mail agliiscritti alla FIMMG. Ormai èil terzo anno consecutivoche gli iscritti alla FIMMG so-no invitati a rispondere a unquestionario sul tema delcancro e qualche risultato,come sensibilizzazione alle te-matiche, si comincia a riscon-trare.

I datiDescrizione del campioneHanno risposto al questiona-rio 1.082 MMG ma, per cor-rettezza d’indagine, sono sta-te prese in considerazione so-lo le schede compilate in tut-te le loro parti. Quindi il cam-pione esaminato è di 986MMG. Il numero è indub-biamente ancora troppobasso, ma è da sottolinea-re che, relativamente alleindagini svolte dalla FIM-MG presso i propri iscrit-ti, è invece un numeromolto elevato.

1. Secondo te, la prevenzione oncologi-ca è un compito del medico di famiglia?La domanda è stata fatta perché avevamo pen-sato non fosse scontato considerare la preven-zione oncologica uno dei compiti dei medici difamiglia, invece la risposta è stata unanime: il97% degli intervistati è d’accordo con questaaffermazione e in tutte le aree geografiche.

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2. La tua Asl ti ha coinvolto in manieraattiva nei programmi di prevenzione on-cologica secondaria (screening)?Si rileva che il campione si divide pressoché ametà tra i medici coinvolti dalle rispettive Asle quelli che non lo sono (grafico 2). Relativa-mente alla distribuzione geografica, vengonomeno coinvolti i medici appartenenti alle re-gioni meridionali e al centro.

3. In caso affermativo, in che modo la tuaAsl ti coinvolge?La parte dei colleghi che ha risposto affermativa-mente viene coinvolta con lo scopo di incorag-giare le adesioni dei pazienti alle iniziative(36%); oppure viene chiesto loro di redigerel’elenco delle persone oggetto dell’indagine(6%); o di sollecitare la partecipazione di coloroche non hanno aderito in prima battuta (8%).

4. La familiarità per tumore viene conside-rata nella tua Asl per la realizzazione diprogrammi di prevenzione oncologica se-condaria?Relativamente alla realizzazione di iniziative per laprevenzione secondaria, abbiamo chiesto se laAsl di appartenenza considera la familiarità pertumore: la risposta è stata negativa nel 65% deicasi, con percentuali pressoché omogenee alNord Ovest, Centro, Sud e Isole.

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5. Nella tua pratica clinica quotidianaorganizzi del tempo per la prevenzioneoncologica primaria (stile di vita dei pa-zienti ed eventuali modifiche)?La risposta nettamente affermativa (69%) con-ferma la risposta data alla prima domanda sulruolo del MMG nella prevenzione oncologica.

6. In caso affermativo, come ti occupidella prevenzione primaria?Questi grafici pongono alcune riflessioni, laprincipale delle quali è che la prevenzioneprimaria viene fatta dal MMG in modo struttu-rato solo nel 10% delle risposte; nella maggiorparte dei casi, invece, è legato all’occasione eal tempo disponibile (59%) o all’iniziativa delmedico che propone al paziente di affrontareun problema anche se questo non lo percepi-sce come tale (27%).

7. Durante l’anamnesi chiedi abitual-mente informazioni sulla abitudine alfumo?La quasi totalità dei MMG risponde affermati-vamente, senza differenze nella distribuzionegeografica.

Ora iniziano le domande proprie della prevenzione primaria relative alle abitudini di vita

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8. Durante l’anamnesi chiedi abitual-mente informazioni sulla abitudine al-l’alcol?Relativamente all’alcol, pur se le risposte affer-mative sono una percentuale elevatissima(90%), c’è un 10% che non affronta questotema.

9. Durante l’anamnesi chiedi abitual-mente informazioni sulle abitudini e lescelte alimentari?Nel grafico 9 vediamo che anche relativamen-te alle scelte alimentari la percentuale di rispo-ste affermative è elevata (79%), rimane il fattoche ben il 21% dei MMG non indaga su questoargomento (25% nel Nord Est e nel NordOvest).

10. Durante l’anamnesi chiedi abitual-mente informazioni sul tipo di lavorodegli assistiti e sui fattori di rischio aesso collegati?L’82% degli intervistati chiede abitualmenteinformazioni sul tipo di lavoro degli assistiti esui rischi a esso connessi, ma rimane un 18%dei MMG che non chiede nessuna informazio-ne in merito.

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11. Durante l’anamnesi chiedi abitual-mente informazioni sulle patologie neo-plastiche avute in famiglia?Relativamente alle malattie oncologiche dellafamiglia, ben il 95% chiede informazioni senzadifferenza nella distribuzione geografica.

12. Una volta individuati i fattori di ri-schio, intervieni per modificarli?Alla domanda emerge un dato incoraggiante:il 99% dei medici, individuati dall’anamnesi fat-tori di rischio, dice di intervenire per modifi-carli, senza differenze in ambito geografico.

13. In caso negativo:Nonostante l’unanimità delle risposte alla do-manda 12, il numero di ostacoli che emergo-no dalle risposte a questa domanda è alto. Èpossibile che la risposta affermativa, sull’af-frontare o meno i fattori di rischio, sia statadata in modo frettoloso. Gli ostacoli cheemergono sono di vario genere: a parte il21% che non sembra avere risposte, circa unterzo degli intervistati (29%) è convinto chenon si ottengano risultati, altrettanti non af-frontano l’argomento per mancanza di tempo(29%), mentre il 21% non ritiene di avere glistrumenti comunicativi adeguati.

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14. Utilizzi i codici ICD-9 per le diagnosidi tumore dei tuoi pazienti?Solo il 48% degli intervistati registra le diagno-si di tumore dei propri pazienti utilizzando ilcodice ICD-9, senza significative differenze ge-ografiche, salvo il Nord-Ovest.

15. Registri le diagnosi di tumore deituoi pazienti?Il 97% dei MMG registra le diagnosi di tumorenella cartella clinica, con distribuzione geogra-fica omogenea; in sostanza tuttavia, nel mo-mento in cui non si utilizza un codice comune,l’accuratezza delle registrazioni non rendefruibile questa enorme mole di dati.

16. Ritieni utile una formazione specifi-ca (è possibile una riposta multipla) su:- la relazione col paziente nel trattare i temi

inerenti al suo stile di vita;- conoscenza delle linee guida sulla prevenzio-

ne oncologica;- altro.L’ultima domanda è incentrata sul bisognoformativo specifico dei MMG; tra le due op-zioni prese in considerazione, la conoscenzadelle linee guida sulla prevenzione oncologicaè quella maggiormente espressa, in particola-re dai MMG del Sud e delle Isole; ma anche ilbisogno di formazione specifica relativo allarelazione con il paziente, nel trattare i temidella prevenzione, ottiene una percentualemolto alta senza differenziazione geografica.

Abbiamo pensato alle due domande successive per rilevare un dato circa l'aspetto,a no-stro avviso rilevante, riguardo la registrazione delle diagnosi di tumore

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Conclusioni

Ribadiamo con soddisfazioneil crescente interesse deiMMG per i temi dell’oncolo-gia.Sottolineiamo invece conrammarico la scarsa percen-tuale di risposte da parte deimedici donna.In merito alla distribuzionedel campione per Regione:- le Regioni maggiormenterappresentate sono la Lom-bardia, il Piemonte e il Vene-to;- scarsamente rappresentatesono l’Abruzzo, la Sardegnae la Basilicata;- per niente rappresentatesono la Valle d’Aosta, il Tren-tino e il Molise.Rileviamo la scarsa presenzadei giovani medici.Sottolineiamo invece positi-vamente che la maggior par-te degli intervistati lavora informe associative.Per quanto riguarda la pre-venzione secondaria, appa-re evidente che i programmidi screening, nel momento incui non coinvolgono in ma-niera attiva i MMG, difficil-mente raggiungono l’interapopolazione oggetto dellostudio mancando il sostegnofattivo dei medici di famiglia.È auspicabile la creazione diuna rete formata dalle istitu-zioni e dalle figure professio-nali presenti nel territorio,che ne favorisca la collabora-zione e l’integrazione. In que-sto modo si otterranno duerisultati: da una parte il citta-dino sarà assistito nella ma-niera migliore, dall’altra le ri-sorse economiche impiegatesaranno utilizzate congrua-mente.L’altro aspetto di questo scol-lamento tra istituzioni e pro-

fessionisti sanitari è il rilievoche le Asl non prendono inconsiderazione la famigliaritàper tumore, dato che inveceviene costantemente rilevatodai MMG.L’archivio dei medici di fami-glia rappresenta senz’altrouna fonte preziosa di dati,che difficilmente possono es-sere reperiti altrove, ma vo-gliamo ribadire in questo am-bito il notevole divario esi-stente tra il numero di MMGche registrano le diagnosi ditumore nella cartella clinicadel paziente e quelli che lofanno utilizzando il codiceICD-9.

L’uso della codifica internazio-nale permette di ottenereuna enorme quantità di daticonfrontabili e quindi utilizza-bili a scopi statistici, con fina-lità sia epidemiologiche chedi prevenzione oncologica: èquindi un aspetto/problemada prendere in seria conside-razione con i colleghi MMG.Spesso il MMG incontra diffi-coltà nell’interpretare e tra-scrivere nella cartella clinicala diagnosi oncologica, nonriuscendo a classificarla in ba-se al sistema ICD-9, in quan-to l’oncologo non usa questotipo di classificazione.Tale problema determina

una impossibilità a estrarre ea elaborare correttamente idati epidemiologici sui tumo-ri nei database dei MMG, cau-sando quindi una sottostimadei casi realmente assistiti.Per quanto riguarda la pre-venzione primaria, in baseal nostro campione, non vie-ne fatta in modo costante esistematico seguendo un pro-tocollo o linee guida.Da sottolineare che, relativa-mente agli ostacoli manifesta-ti per gli interventi sulla mo-difica dello stile di vita, le per-centuali più alte riguardanola mancanza di tempo e, aparer nostro, soprattutto laconvinzione che non si otten-gano risultati.Ben consapevoli della fonda-mentale importanza degli sti-li di vita nella prevenzioneprimaria, la Scuola Nazionaledi Medicina degli Stili di VitaFimmg-Metis e la Società Ita-liana Di Medicina degli Stili diVita di Fimmg (Società Scien-tifica S.I.M.P.eS.V.) organizza-no corsi di approfondimentosu tale tematica.Alla luce di quanto esposto,emerge l’importanza di atti-vare, lì dove non sono pre-senti, e di estendere, lì dovelo sono, al più presto pro-prio quel sistema delle cureprimarie che prevede le Ag-gregazioni Funzionali Territo-riali (AFT) tra medici di fami-glia per migliorare l’organiz-zazione del loro lavoro e leUnità Complesse di Cure Pri-marie (UCCP) attraverso cuidiventi possibile attivare effi-cacemente i PDTA, gestire iflussi informativi, in cui pos-sano trovare esatta e utilecollocazione sinergica le va-rie figure professionali dedi-cate a una assistenza olisticae continuativa del pazientenel territorio. ●

Quando l’Asl non coinvolgei medici di famigliai programmi di screeningdifficilmente raggiungonol’intera popolazione«bersaglio»

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È stato ampiamentedimostrato comeesista, tra i malatidi cancro, una ele-vata prevalenza di

disagio emozionale inquadrabi-le come distress. Con tale ter-mine si è concordi oggi nel defi-nire «una esperienza emoziona-le spiacevole, multifattoriale,psicologica, sociale e/o spiritua-le, che può interferire negativa-mente con la capacità di affron-tare il cancro, i suoi sintomifisici, il suo trattamento. Inol-tre il distress si estende lungoun continuum che va da norma-li sentimenti di vulnerabilità, tri-stezza e paura, a problemi chepossono diventare disabilitanti,come depressione, ansia, pani-co, isolamento sociale, crisi esi-stenziale e spirituale».I principali studi effettuati inquesti anni a livello internazio-nale dimostrano infatti che il30-35% delle persone affetteda cancro presenta sintomi didistress e sofferenza psicologi-ca (quale ansia, depressione)[Mitchell et al., 2011; Walkeret al., 2013].Un punto chiave, ampiamentedibattuto, riguarda la necessitàche tale sofferenza sia coltaprecocemente e che per talescopo diventi prassi comunenei centri oncologici inserirestrumenti semplici nelle cartel-le cliniche. Il Termometro del

Distress (DT) è risultato esse-re, internazionalmente, uno deipiù pratici metodi per uno scre-ening rapido del disagio emo-zionale e per individuare i pro-blemi più significativi che il pa-ziente presenta [Donovan etal. 2014].In Italia, i dati raccolti in 38centri oncologici e coinvolgen-ti oltre mille pazienti all’inter-no dello Studio sul Distress del-la Società Italiana di Psico-On-cologia (SIPO) [Grassi et al.,2013], confermano le stime so-pramenzionate. Il 45% dei pa-zienti ha infatti presentato unacondizione di distress clinica-mente significativo, di cui il22% di grado lieve, il 18% digrado moderato e il 15% di gra-do severo.

Analizzando con maggior atten-zione questi dati emergono al-cuni importanti elementi:- i pazienti di sesso femminilehanno presentato maggiori li-velli di distress (52%) rispettoai maschi (34%);- i pazienti con patologie neo-plastiche della mammella, delpolmone e urogenitale hannopresentato maggiore prevalen-za di distress (50-52%) rispettoa pazienti con patologie di altresedi, in particolare gastrointe-stinali (40%);- i pazienti di età compresa trai 30 e i 50 anni hanno manifesta-to maggiore distress (65%) ri-spetto ai pazienti di età anziana(> 65 anni) (43%);- i pazienti della macro-areaSud Italia hanno presentatouna prevalenza di distress piùelevata (60%) rispetto al Cen-tro Italia (43%) e al Nord Italia(43%).Infine, in un follow-up a tre me-si, il 15% dei pazienti che nonpresentavano disagio hanno svi-luppato sintomi di distress signi-ficativo, e che l’85% dei pazien-ti con distress ha mantenutolivelli di disagio nel corso deltempo, indicando la necessitàdi monitoraggio costante e con-tinuo del fenomeno, in manieraprospettica.Tale dato è in linea con dati difollow-up anche più elevati, in-clusivi anche di persone che

Paradosso psiconcologia: aumentano i bisogni dei malatima per contenere le spese si riducono servizi e risorse

APPROFONDIMENTI TEMATICI

di Luigi Grassi *, Anna Costantini *, Diana Lucchini * e Susanna Busco **

Il 45% dei pazientiin Italia presentauna condizionedi disagio psicologicoclinicamentesignificativo:più a rischio sonole donne, i giovanie i residenti al Sud

* Società Italiana di Psico-Oncologia, SIPO** Associazione Italiana Registri Tumori, AIRTUM

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hanno sviluppato cancro in etàinfantile o lungo-sopravviventiche presentano livelli di di-stress emozionale persistenteanche a distanza di 2-10 annidalla diagnosi, con una preva-lenza marcata di sintomi ansio-si e depressivi.Tutto ciò implica come estre-mamente necessario, anche inItalia, che sia effettuato unoscreening regolare e continuati-vo per cogliere precocementetale sofferenza e mettere in at-to tempestivi interventi psicon-cologici.Di fatto a livello internazionaleciò risulta già essere un puntoconsolidato. Le linee guida in-ternazionali più accreditate, inparticolare quelle Australiane[National Health and MedicalResearch Council, 2003] e Ca-nadesi [CAPO, 2009; Howellet al., 2009; Howell et al.,2010; Howell et al., 2011].Queste di fatto indicano comelo screening sia il primo passoverso una valutazione di colo-ro che risultano in una condi-zione clinica di disagio e verso,di conseguenza, un interventoterapeutico specialistico all’in-terno di servizi psiconcologici.Le caratteristiche di tali servizi,in termini di personale e tipolo-gia di interventi possibili devo-no seguire specifici standard.In Italia le Linee Guida sviluppa-te da SIPO (SIPO, 2011) e dallapartnership tra AIOM e SIPO[AIOM, 2013]hanno ripresoquesti punti, sottolineando l’esi-genza di affrontare tale soffe-renza con programmi di scree-ning del distress e l’attuazionedi percorsi integrati di cura chetengano conto del ruolo delsupporto psicologico al pazien-te, ai familiari e all’équipe curan-te. Infatti interventi psicologicispecifici di provata efficacia so-no oggi disponibili per quanto

riguarda diverse fasi di malattiaoncologica e diversi obiettivi te-rapeutici, da quelli educativo/in-formativi a quelli più stretta-mente psicoterapeutici [Wat-son e Kissane, 2012]. È stataaltresì dimostrata l’efficacia diinterventi educazionali e di sup-porto psicologico che, se con-dotti da psiconcologi esperti,hanno un impatto positivo sulbenessere del paziente e sul de-cremento di burn-out nel per-sonale curante. Tali interventieducazionali, inclusivi di percor-si formativi sull’insegnamentodi abilità comunicative e relazio-nali rivolti al personale curan-te, si avvalgono di metodi stan-

dardizzati che sono stati valida-ti anche nella realtà italiana[Grassi et al., 2005; Costantiniet al., 2009; Lenzi et al.,2011].Nonostante questa vastissimaserie di dati, in Italia la situazio-ne risulta precaria. La proposi-zione condivisa a livello interna-zionale da oltre settanta socie-tà scientifiche, inclusa SIPO, ri-sulta in Italia un’ipotesi di lavo-ro, non sostanziato da una pra-tica clinica condivisa e omoge-nea nelle diverse regioni italia-ne. Per quanto il Piano Oncolo-gico Nazionale 2010-2012 li-cenziato dal Ministero della Sa-lute ed il conseguente Docu-mento Tecnico di Indirizzo perridurre il carico di malattia del

cancro - Anno 2011-2013 ab-bia inserito la Psiconcologia trale aree programmatiche e trale discipline appartenenti allanecessaria formazione deglioperatori, tutto ciò resta tutto-ra scritto sulla carta ma nonsostanziato dall’impiego di ri-sorse specifiche nell’area psi-concologica. Sono evidenti nelterritorio nazionale una marca-ta disomogeneità di servizi dipsiconcologia sul territorio na-zionale, una carenza di regola-mentazione, una evidente as-senza di regolamentazione deiprocessi di accreditamento deiservizi di psiconcologia, quan-do presenti, inclusa la disattesaformazione da parte delle istitu-zioni pubbliche del proprio per-sonale rispetto alla disciplinapsiconcologica. La stessa forma-zione più specialistica della figu-ra dello psiconcologo, a partequanto SIPO ha cercato di farein questi anni attraverso molte-plici proposizioni e proposte,resta in Italia fondamentalmen-te un miraggio.

La realtà dell’assistenzapsiconcologica in Italia

Di fatto rispetto al primo censi-mento effettuato nel 2005 inItalia da SIPO e FAVO, in colla-borazione con l’Istituto Supe-riore di Sanità, la realtà in Italiaè in parte migliorata con unincremento delle attività psi-concologiche e dei relativi ser-vizi, ma la realtà resta assai dif-forme e certamente non in li-nea con gli obiettivi da raggiun-gere.Nel più recente censimentoche SIPO ha operato attraver-so uno specifico questionariocoinvolgente le sezioni regiona-li di SIPO, nonché CIPOMO,risultano infatti oltre 300 i cen-tri in cui è disponibile un’assi-stenza in senso psiconcologico

Sul territorio offertadi psiconcologiadisomogenea,regolamentazionecarente e formazionepubblica assente

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nelle diverse regioni italiane (ta-bella 1).Quanto emerge rappresenta lafotografia della situazione piùrecente nel nostro Paese e indi-ca che:- la maggior parte dei servizispecificamente dedicati alla psi-concologia sono per oltre lametà (56%) al Nord Italia;- circa la metà risultano attivi instrutture non pubbliche;- nel servizio pubblico una esi-gua minoranza (8,7%) risulta es-sere definita come struttura oUnità di Psico-oncologia sempli-ce, dipartimentale aziendale o,eccezionalmente complessa,mentre nel 22,8% dei casi lapsiconcologia è inserita in strut-ture semplici, dipartimentali ocomplesse di psicologia. Nellamaggioranza dei casi (71,3%)l’assistenza psiconcologica vie-ne svolta da gruppi di lavoro o

singole figure professionali al-l’interno di Unità di OncologiaMedica, Ematologia, Radiotera-pia, o alle dipendenze di Dire-zioni Sanitarie, in assenza di for-malizzazione che assicuri unacontinuità assistenziale;- il rapporto tra personalestrutturato e precario è infattiin favore di quest’ultimo (62%);- un terzo (30%) del personaleimpiegato è costituito di specia-lizzandi in tirocinio e frequenta-tori volontari e un ulterioreterzo (34%) è formato da per-sonale a contratto (ad es. bor-se di studio, contratti a proget-to specifico);- la maggior parte del lavoroassistenziale (57%) ricade suuna singola figura professionalepiuttosto che in un’équipe dilavoro.Ulteriori criticità emerse ri-guardano in particolare la scar-

sezza di risorse economiche de-dicate all’area, la mancanza dispazi adeguati, la precarietà del-la figura dello Psiconcologo, siain termini di lavoro precariosia di profilo professionale.

La prevalenza del cancroin Italia: la dimensionedel problema

Secondo i dati dell’Associazio-ne Italiana Registri Tumori,che raccoglie dati da 42 regi-stri tumore di popolazioneche interessano quasi il 50%dei residenti nel nostro paese,si stimano circa 366.000 nuovicasi di tumore maligno nel2013, il 55% negli uomini e il45% nelle donne. Nelle primedecadi della vita la frequenzadei tumori è di qualche decinadi casi ogni 100.000, ma au-menta con l’avanzare dell’etàfino a superare il migliaio di

Sintesi del censimento SIPO sulla Psiconcologiain Italia 2012

Questionari presenti 306Servizio che svolge esclusivamente o prevalente-mente attività dedicate alla Psiconcologia 124

di cui:Nord 70Centro 27Sud 27

Altri servizi non esclusivamente o prevalente-mente di Psiconcologia 181

- Strutture pubbliche 195di cui:

ASL 66IRCCS 23Az. Ospedaliera 76Az. Ospedaliera Universitaria 30

- Strutture non pubbliche 125di cui:

Istituto Privato 21Org. non Profit 17Associazione 87

Figure professionaliPsicologo Dirigente 65Psicologo a Contratto 108

Specializzando in Psichiatria 4Personale impiegatoStrutturati a tempo indeterminato UNIVERSITARIO 61Strutturati a tempo indeterminato OSPEDALIERO 99Strutturati a tempo parziale 63A contratto (co.co.co. o a progetto) 102Con altro incarico retribuito 120Specializzandi in tirocinio 102Psicologi frequentatori volontari 98Profilo organizzativoStruttura semplice di Psicologia 17Struttura semplice di Psiconcologia 13Struttura complessa di Psicologia 6Struttura complessa di Psiconcologia 2Struttura dipartimentale di Psicologia/Psicologia Clinica 9Struttura dipartimentale di Psicologia 9Struttura dipartimentale di Psiconcologia 3Gruppo di lavoro stabile con funzioni di “Servizio” 63Singola figura professionale 84Criticità- Risorse economiche insufficienti- Precarietà della figura dello Psiconcologo- Mancanza di spazi adeguati- Difficoltà a riconoscere la figura dello Psiconcologo come parte

integrante dell’équipe e come traduttore dei bisogni del pazien-te all’équipe curante

Tabella 1

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casi ogni 100.000 persone do-po i 60 anni di età. Ma la di-mensione del problema assi-stenziale nella patologia onco-logica ci viene fornita dai datidi prevalenza, che rappresenta-no il numero di persone viven-ti con una diagnosi di tumore.Considerando un incrementocostante del numero dei casiprevalenti di circa 3% per an-no, si può stimare che nel2013 le persone che convivo-no con la diagnosi di tumoresiano circa 2.800.000.La distinzione per fasce di etàci permette di cogliere le diffe-renze dei bisogni assistenzialidi tipo psicologico per le diver-se esigenze legate all’età.Di fondamentale importanza èanche la valutazione del nume-ro dei soggetti con diagnosi ditumore rispetto al tempo tra-scorso dalla diagnosi. Infatti èverosimile che la domanda assi-stenziale sia maggiore nella fasedi completamento della diagno-si e dei successivi trattamentispecifici.I dati della SIPO indicano chealmeno l’85% delle persone chenei primi anni dalla diagnosi ditumore presenta un distress si-gnificativo, mantiene negli annia seguire la necessità di un sup-porto psicologico, rendendoconto del carico assistenzialedei lungo sopravviventi.I bisogni assistenziali variano inrapporto al tipo di neoplasie equesto è vero anche per l’assi-stenza psicologica.Sulla base di questi dati, consi-derando la percentuale di di-stress evidenziato nelle pazien-ti con tumore della mammellapossiamo considerare che inItalia almeno 250.000 donnecon questa diagnosi necessiti-no di supporto psicologico. Vo-lendo analizzare i bisogni assi-stenziali per aree geografiche

italiane, una maggior proporzio-ne di pazienti oncologici risie-de nelle aree del Centro Nord(4-5% della popolazione resi-dente) rispetto al Sud (2-3%).Questa differenza è particolar-mente evidente per il tumoredella mammella (femminile),per il tumore del colon retto eper il tumore della prostata. Sipuò stimare che circa 697.000persone convivano con una dia-gnosi di tumore nel NordOvest, 490.000 circa nel NordEst, poco più di 463.000 nelCentro, poco più di 591.000nel Sud e isole.Questi dati ci offrono indicazio-ni per cercare di rappresentare

quelli che possono essere i bi-sogni assistenziali psicologicidei pazienti con diagnosi di can-cro.Sulla base dei dati sopra citati,possiamo ipotizzare che vi siain Italia un numero di almeno1.000.000 persone che convivo-no con diagnosi di cancro(700.000 donne e 340.000 uo-mini) che necessitano di assi-stenza psicologica, di cui oltre500.000 al Nord, 200.000 alCentro e 354.000 al Sud.

Conclusioni

Nonostante lo sviluppo e la sto-ria ormai oltre trentennale del-la psiconcologia in molti Paesi,oltre che in Italia (la SIPO è

stata fondata nel 1985), caren-te e inappropriato è il bilanciotra bisogni psicosociali dei pa-zienti e dei loro familiari e ade-guatezza delle risorse assisten-ziali specifiche. Infatti non esi-ste corrispondenza tra preva-lenza di una condizione di di-stress emozionale significativo(35-40% dei pazienti con can-cro) e conseguente necessitàdi un invio per una valutazionee un’assistenza specialistica psi-concologica, e risposta che iservizi offrono.Tale considerazione è sostenu-ta altresì da dati di un’indagineCensis 2012 su pazienti oncolo-gici italiani che indica come an-che se il piano psicologico (sfi-ducia, perdita di interesse, diffi-coltà ad accettare gli effetti col-laterali delle cure ecc.) è statol’ambito in cui sono emersi imaggiori problemi a seguitodella patologia oncologica, ilsupporto psicologico da partedi personale specializzato (psi-concologi) è stato carente nelSSN rappresentando uno deimaggiori bisogni non corrispo-sti e una delle principali causedi insoddisfazione nell’assisten-za sanitaria pubblica [Collicelliet al 2012].Possiamo in altre parole con-cludere che nel nostro Paese lamaggior parte dei pazienti chepresentano livelli clinicamentesignificativi di sofferenza emo-zionale (sia questa rappresenta-ta da ansia, demoralizzazione,depressione, problematichedella sessualità, con-flittualitàinterpersonali al livello familia-re e lavorativo secondarie alcancro), non trovano adeguaterisposte in contrasto con le di-rettive delle Linee Guida nazio-nali e internazionali sull’assi-stenza ai malati di cancro e conle indicazioni del piano oncolo-gico Nazionale. ●

Nella maggior partedei casi la rispostaai pazientipiù bisognosinon è adeguataalle linee guida

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G li infermieri chelavorano in on-cologia sonochiamati a forni-re cure per le

quali sono necessarie compe-tenze peculiari. È quindi impor-tante individuare la natura dellaspecificità degli infermieri in on-cologia, iniziando a delineare lecompetenze di base richieste ele competenze specifiche ne-cessarie per soddisfare le ne-cessità fisiologiche e i bisognipsicologici dei pazienti in tuttoil continuum di cura, dalle fasidella prevenzione alla diagnosie cura, alla riabilitazione, allecure di fine vita. Di tutto ciòdovrà tener conto anche il cor-so di laurea che preparerà ifuturi infermieri di oncologia.Sono due gli aspetti fondamen-tali da tener presente:1. La necessità di una prepara-zione dell’infermiere completa,tale da poter fornire una assi-stenza adeguata in tutte le fasidi malattia, dalla diagnosi al trat-tamento, alle cure palliative,non tralasciando le fasi di pre-venzione (primaria, seconda-ria). Infatti, anche se general-mente i singoli infermieri con-centrano il loro lavoro solo suun particolare e specifico mo-mento della storia di malattiaoncologica, tutti debbono esse-re preparati per poter assiste-re il malato in fasi diverse;2. il fatto che può essere diver-

sa la sede lavorativa dell’infer-miere e questo può comporta-re la necessità di competenzedifferenziate. Un infermierepuò trovarsi a fornire assisten-za in una varietà molto ampia evariegata di strutture: da centridi alta specializzazione oncologi-ca agli ospedali di comunità ur-bane e rurali, dagli ambulatori ecliniche mobili agli studi medi-co-infermieristici privati, dai ser-vizi di assistenza domiciliare aicentri di cure palliative, dagli ho-spice ai centri di riabilitazione.Inoltre, per delineare la specifi-cità e la rilevanza dell’apportodel personale infermieristiconel processo di assistenza aimalati oncologici, bisogna com-prendere quale sia la richiesta,ossia quali siano i bisogni delpaziente affetto da questa pato-

logia e cosa possa offrire l’infer-miere. In questi ultimi decennisi è assistito a un aumento del-la incidenza dei tumori, legataanche all’aumentata sopravvi-venza e al progressivo invec-chiamento della popolazione.Inoltre, considerando i dati diprevalenza al 2010, vengono sti-mate in Italia circa 2.250.000persone che vivono (oltre il 4%della popolazione con una pre-gressa diagnosi di tumore). Diquesti, circa 1.300.000 (2,2%della popolazione italiana) sono icosiddetti lungo-sopravviventi,ossia hanno avuto la diagnosida più di 5 anni. Queste perso-ne che sopravvivono al cancropossono aver necessità anchedi cure per patologie legate al-l’invecchiamento o cure legatea tossicità derivanti dai tratta-menti eseguiti.L’operatore sanitario si deveconfrontare con pazienti porta-tori di diverse aspettative lega-te a fattori personali, culturali,sociali nonché all’evoluzionedelle tecniche e opportunitàdiagnostico-terapeutiche. Qua-li siano i fattori che influenzanole caratteristiche delle aspetta-tive dei pazienti, essi ci ricondu-cono tutti a un concetto dicompetenza del mondo sanita-rio e quindi anche del profes-sionista sanitario infermiere.Il concetto di competenza,stressato da vari autori e stu-diosi della materia, esprime in

Strategico l’apporto del personale infermieristico:il bagaglio teorico e pratico per un’assistenza Doc

APPROFONDIMENTI TEMATICI

di Giovanni Micallo * e Beniamino Micheloni *

Sono necessarieuna preparazionecompleta per assisterei malati dalla diagnosialle cure palliativee competenzedifferenziate per poteroperare in strutturemolto diverse

* WG INFERMIERI AIOM

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termini di responsabilità profes-sionale la padronanza di un baga-glio teorico-pratico, la capacità diassumere decisioni, di trasferirele conoscenze teoriche nella prati-ca clinica contestualizzandole inmodo flessibile nei diversi ambitioperativi per rispondere tempe-stivamente, appropriatamente esistematicamente ai bisogni di assi-stenza infermieristica delle perso-ne assistite [MOISET, 2006]. Lacompetenza si può definire comeun comportamento osservabile eripetibile dato dalla combinazionedi conoscenze teoriche, abilità, at-titudini e motivazioni applicatenel contesto reale [SPENCER1993]. Da queste definizioni, deri-va che il contesto gioca un ruolofondamentale in questo processosu quale siano le competenze ri-chieste e/o necessarie. Essendo ilpaziente uno dei principali attoridel contesto, essendo l’oggetto eil fine dell’intervento assistenzialee di cura, anche il paziente contri-buisce in maniera significativa allacostruzione del concetto di com-petenza del professionista sanita-rio (sia esso medico, infermiere,psicologo).Oltre alle competenze infermieri-stiche di base, dall’analisi della let-teratura, le competenze infer-mieristiche specifiche del nur-sing oncologico possono esserecosì riassunte:- conoscenza della storia naturaledelle neoplasie, dei trattamenti edegli effetti collaterali;- conoscenza della graduazione edella gestione degli effetti collate-rali;- capacità di gestire la propriaemotività nelle diverse realtà assi-stenziali;- capacità di collaborazione con idiversi stakeholder in tutte le fasidella prevenzione;- capacità di curare la comunica-zione e l’informazione del pazien-te e del care giver;

- capacità di prendersi carico del-le diverse fasi della cura sia delpaziente che dei familiari;- capacità di favorire il recupero ela riabilitazione del paziente facili-tando i processi di continuità dicura sul territorio;- capacità di operare avendo sem-pre presenti gli aspetti etici dellapratica assistenziale e di cura;- capacità di svolgere attività dimentoring continuo e tutoringnei confronti di colleghi giovanie/o studenti;- capacità di partecipazione allaricerca e di promozione dellastessa;- capacità di collaborare nella ge-stione dei sistemi qualità per mi-

gliorare il servizio erogato;- attitudine all’aggiornamento con-tinuo.Il Codice Deontologico Infermie-ristico (2009) esplicita in manieramolto chiara i concetti di promo-zione e tutela della salute, preven-zione e trattamento della malat-tia. Su questi aspetti rivestonoparticolare rilievo l’articolo 2“L’assistenza infermieristica è servi-zio alla persona, alla famiglia e allacollettività. Si realizza attraverso in-terventi specifici, autonomi e comple-mentari di natura intellettuale, tecni-co-scientifica, gestionale, relazionaleed educativa”, l’articolo 3 “La re-sponsabilità dell’infermiere consistenell’assistere, nel curare e nel pren-dersi cura della persona nel rispetto

della vita, della salute, della libertà edella dignità dell’individuo”, l’artico-lo 6 “L’infermiere riconosce la salutecome bene fondamentale della per-sona e interesse della collettività e siimpegna a tutelarla con attività diprevenzione, cura, riabilitazione epalliazione”, l’articolo 19“L’infermiere promuove stili di vitasani, la diffusione del valore dellacultura della salute e della tutela am-bientale, anche attraverso l’informa-zione e l’educazione. A tal fine attivae sostiene la rete di rapporti tra servi-zi e operatori”.Configurando il malato di cancrocome malato cronico, nel PianoSanitario Nazionale 2011/2013l’infermiere (oncologico) è defini-to “figura centrale nella gestione delmalato cronico”.Molti studi, in diverse maniere,riportano l’importanza di una figu-ra di riferimento infermieristicoper il malato oncologico. In altriambiti operativi una figura di que-sto tipo può essere individuatacome il Case Manager, l’Infermie-re di Comunità. In una relazionedi Katia Prati tenuta a Meldola nel2011 sul ruolo degli infermieri on-cologici secondo l’associazionedelle infermiere canadesi, è statapresentata e approfondita la figu-ra dell’Infermiere Pivot in oncolo-gia, pensato per rispondere al bi-sogno del paziente di stabilire unlegame duraturo con una perso-na stabile, che abbia la responsabi-lità di assicurare il coordinamen-to e la continuità della cura, dirispondere alle domande, di so-stenere e aiutare il paziente e lasua famiglia in tutte le tappe del-l’assistenza. Questa competenzadell’infermiere oncologico haavuto, nello studio di Fillion [FIL-LION, 2004], come esito per ipazienti, un miglioramento dellaqualità della vita dal punto di vi-sta emotivo, miglioramento del-l’adattamento alla malattia, au-mento della soddisfazione della

Per il nursingoncologico crucialeè anche la capacitàdi curare l’informazionedel pazientee del care giver

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cura; per gli operatori la presen-za di questa figura nel gruppo dilavoro favorisce una migliore pre-sa in carico globale del paziente ecaregiver.In queste riflessioni si può intra-vedere un fil-rouge che si concre-tizza nella relazione terapeuticatra paziente e operatore sanita-rio. In questa relazione entranoprepotentemente in gioco la ne-cessità della preparazione teori-ca-tecnica a tutto tondo e dellavicinanza anche fisica dell’infer-miere al malato.Fabio Gaudio [2005]identifica l’in-tervento di Nursing come una re-lazione che viene iniziata con unproposito ben preciso, quindicontinuata e terminata in funzio-ne dei bisogni del paziente e del-l’evoluzione della malattia. In que-sta relazione atteggiamenti ade-guati o meno possono provocaredelle conseguenze positive o ne-gative per le persone coinvoltenella relazione stessa.Moiset e Vanzetta [2006]ricono-scono nove criteri con i quali ilmalato valuta la qualità perce-pita dell’assistenza:

1. aspetti tangibili (es. risorsestrutturali);2. affidabilità;3. capacità di risposta;4. atteggiamenti;5. credibilità, affidabilità, attendibi-lità;6. sicurezza;7. accessibilità e facilità del contat-to;8. comunicazione;9. comprensione della persona as-sistita/famiglia.Analizzando nel dettaglio i varipunti, si può evincere come lamaggior parte di essi richiaminopesantemente sul ruolo fonda-mentale della relazione con la per-sona assistita.In questi anni di profonda crisieconomica e quindi dello statosociale, sia a livello nazionale cheinternazionale, si assiste e si subi-scono sempre più decisioni chesembra vogliano assimilare ilmondo della sanità al mondo del-l’economia in termini di bilanci. Icosti sanitari sono in continuoaumento sia a seguito dell’invec-chiamento della popolazione chedel progressivo incremento dei

costi delle tecnologie e delle stru-mentazioni sanitarie. Per dareuna risposta adeguata al crescen-te bisogno di assistenza, nel pre-detto contesto di crisi economi-ca globale, è fondamentale perse-guire il miglioramento dell’effi-cienza del sistema sanitario in ter-mini di appropriatezza delle pre-stazioni. L’articolo 47 del CodiceDeontologico degli Infermieri(2009) recita: «L’infermiere, ai di-versi livelli di responsabilità, contribu-isce ad orientare le politiche e losviluppo del sistema sanitario, al fi-ne di garantire il rispetto dei dirittidegli assistiti, l’utilizzo equo ed ap-propriato delle risorse...».Per definire le pratiche assistenzia-li di qualità intrinsecamente eleva-te, in cui non solo gli outcomesclinici ma anche il giudizio del pa-ziente riveste un ruolo fondamen-tale, la grande sfida che si deveaffrontare si traduce nella corret-ta presa in carico dei pazienti siadal punto di vista strettamentediagnostico-terapeutico che dalpunto di vista assistenziale anchein termini di continuità di cure traospedale e territorio. ●

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Il 5 aprile 2014 è entrato invigore il decreto legislativon. 38/2014 con il quale èstata recepita la direttiva2011/24/UE sull’Assistenza

Sanitaria Transfrontaliera. L’ado-zione della normativa italiana inmateria di cure all’estero interes-sa tutte le persone malate, tantopiù quelle affette da gravi patolo-gie come quella oncologica, lequali desiderano certamente chesia loro garantito l’accesso al mi-glior trattamento sanitario dispo-nibile in qualunque luogo sia essoerogabile.La direttiva 2011/24/UE sull’Assi-stenza Sanitaria Transfrontaliera,è stata emanata il 9 marzo 2011con l’obiettivo di fare chiarezzasul diritto dei cittadini europei adaccedere a un trattamento medi-co sicuro e di qualità in tutti ipaesi UE, e a essere rimborsatidal paese di provenienza. Fino aoggi, questo diritto era stato affer-mato dalla giurisprudenza dellaCorte di Giustizia Europea, sullabase dei princìpi di libera circola-zione dei servizi e delle persone -nella sua declinazione di libertà dicircolazione dei pazienti - sancitidai Trattati Fondativi dell’UE. IlDiritto all’assistenza sanitaria tran-sfrontaliera, peraltro, era già sta-to formalizzato nell’ambito deiRegolamenti comunitari883/2004 e 987/2009 che, tutta-via, tutelano in senso generale icittadini che si spostano all’inter-no dell’Unione per ragioni diffe-

renti dalla mobilità sanitaria (turi-smo, studio, lavoro). Da un pun-to di vista di normativa sanitaria,questi regolamenti stabilivanoche la possibilità di ricevere curein un altro Stato membro fossesottoposta ad autorizzazione pre-ventiva, da concedersi nel caso incui detta prestazione non potes-se essere erogata nello Stato diappartenenza in modo adeguatoe tempestivo. Prima del recepi-mento della direttiva UE sull’Assi-stenza Sanitaria Transfrontaliera,il nostro Ssn (Dm Sanità 3 novem-bre 1989) assicurava l’assistenzasanitaria all’estero solo pressocentri di altissima specializzazioneper prestazioni di diagnosi, cura eriabilitazione non ottenibili in Ita-lia in modo adeguato o tempesti-vo. L’assistenza sanitaria dovevaessere preventivamente autoriz-

zata dalla ASL di appartenenzaterritoriale in tempi rapidi (circa15 giorni dalla domanda) e i relati-vi costi erano sostenuti in formadiretta (oneri direttamente a cari-co dalla ASL) o indiretta (median-te rimborso delle spese anticipa-te dal paziente).In questo panorama, la direttiva2011/24/UE si è inserita come ele-mento integrativo in senso miglio-rativo, perché elimina la necessitàtout court di un’autorizzazionepreventiva, e afferma il pieno dirit-to di ogni cittadino a scegliere li-beramente il luogo di cura in unaltro paese dell’UE, garantendo ilrimborso delle spese sanitarie inmisura corrispondente alla coper-tura economica assicurata dalloStato di provenienza per analogaprestazione: si potrebbe afferma-re che la direttiva abbia creato unvero e proprio statuto giuridicodel paziente europeo.Tuttavia va detto che, attualmen-te, le dimensioni dell’assistenza sa-nitaria transfrontaliera sono piut-tosto contenute: soltanto l’1%della spesa pubblica per la sanità èrappresentato dalla spesa per l’as-sistenza oltre confine. Occorreinoltre tenere presente che que-sta misura si riferisce sia all’assi-stenza programmata, sia a quellanon programmata costituita adesempio dalle cure urgenti richie-ste dai turisti (Commissione Eu-ropea, Memo/13/918, 22 ottobre2013). Ciò riduce ancora di più laquota di spesa che, a oggi, è effet-

Cure transfrontaliere: poche luci e molte ombrenel decreto di recepimento della direttiva europea

APPROFONDIMENTI TEMATICI

di Elisabetta Iannelli *, Davide De Persis ** e Maurizio Campagna ***

Lo scorso apriledopo un lungo ritardoe un iter tortuosoè entrato in vigoreil Dlgs 38/2014in materiadi assistenza all’estero:ogni anno interessal’1% della spesa sanitaria

* AIMAC; ** FAVO; *** Università Roma Tre

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tivamente destinata all’assistenzatransfrontaliera propriamente in-tesa, vale a dire alle prestazioniprogrammate erogate in favoredi cittadini residenti in altri Stati.Con questi presupposti, dunque,la direttiva potrebbe agire anchecome rilancio di un diritto fino aora poco conosciuto e poco valo-rizzato nel vecchio continente.La direttiva nasce per affermare erilanciare il diritto a un’assistenzasanitaria transfrontaliera sicura edi qualità, favorendo la coopera-zione fra gli Stati membri, e valo-rizzando nel contempo le eccel-lenze nazionali in ambito sanita-rio.

Cosa prevedela direttiva 2011/24/UE

Entrando nello specifico di que-sto nuovo strumento normativo,i vantaggi previsti sono così sinte-tizzabili:- Maggiore possibilità di scelta (infor-mata): i cittadini europei potran-no scegliere dove farsi curare fratutti i prestatori di assistenza sani-taria dell’Unione. Allo scopo digarantire una scelta il più possibi-le informata e consapevole, cia-scuno Stato membro deve istitui-re un Punto di Contatto Naziona-le, cui il cittadino può rivolgersiper ottenere tutte le informazio-ni, comprese quelle di qualità suicentri di cura esistenti, sui dirittidei pazienti garantiti dallo Stato, esulle eventuali modalità di ricor-so. La direttiva UE indica la neces-saria consulenza da parte delle or-ganizzazioni dei pazienti, delle assi-curazioni sanitarie e dei prestato-ri di assistenza sanitaria per l’at-tendibilità e l’aggiornamento delleinformazioni fornite dal punto dicontatto nazionale;- Minore burocrazia: la previsionedi un’autorizzazione preventivada parte dello Stato di apparte-nenza dovrebbe costituire l’ecce-zione piuttosto che la regola. La

direttiva infatti prevede, esplicita-mente, che solo in via eventualelo Stato richieda un’autorizzazio-ne preventiva per motivi imperati-vi di interesse generale e solamen-te per quelle cure che dovesserocomportare particolari rischi peril paziente o per quei luoghi dicura che dovessero destare pre-occupazione da un punto di vistadi qualità e sicurezza della presta-zione;- Maggiori garanzie procedurali: tut-ti i pazienti hanno diritto a decisio-ni debitamente motivate e a pre-sentare ricorso se ritengono chei loro diritti non siano stati rispet-tati.Il costo della prestazione sanitaria

ricevuta all’estero è anticipato dalpaziente al quale verrà rimborsa-to l’importo corrispondente aquello garantito per la prestazio-ne dal SSN. Il rimborso non com-prende le spese di viaggio e allog-gio, o i costi supplementari even-tualmente sostenuti per esigenzedi assistenza specifiche connesseallo stato di persona disabile, fer-mo restando che lo Stato di ap-partenenza può decidere di rim-borsare anche questi ultimi.

Il tortuoso percorsodi recepimento in Italia

Pur essendo fissata al 25 ottobre2013 la data ultima per l’adozionedella Direttiva 2011/24/UE da par-te degli Stati membri, il Governo

italiano ha emanato il 3 settem-bre 2013 una legge delega chefissava in 3 mesi il termine per ilrecepimento, allungando di fatto itempi fino al 3 dicembre, data incui è stata finalmente presentatala bozza del relativo decreto legi-slativo.Tuttavia, nonostante il ritardo, labozza di Dlgs elaborata nel dicem-bre 2013 dal Governo e inviataalla Conferenza Stato-Regioniper un parere, aveva suscitatomolti dubbi sulla corretta tradu-zione dei diritti sanciti dalla diretti-va nel nostro ordinamento. Scor-rendo il testo governativo, cosìcome il parere della ConferenzaStato-Regioni emesso il 16 genna-io 2014, risultava infatti evidentecome fosse prevalsa un’interpre-tazione restrittiva del diritto discelta del luogo di cura sancitodalla direttiva, pesantemente limi-tato da un inasprimento delle pro-cedure burocratiche per acceder-vi.Nel dettaglio, i passaggi della boz-za di decreto che destavano mag-giore preoccupazione:● Rischio di disparità territo-riale del rimborso della pre-stazione sanitaria transfron-taliera: la direttiva EU assicura ildiritto al rimborso per tutti i citta-dini che ottengano assistenza sani-taria fuori confine, in misura corri-spondente al costo della presta-zione nello Stato di appartenen-za. La bozza di decreto italianoprevedeva che i costi venisserorimborsati secondo le tariffe re-gionali vigenti, o addirittura che ilrimborso potesse essere negatopersino su richiesta di singoleaziende sanitarie, con il conseguen-te rischio di forti disparità di tratta-mento su base territoriale. Infine,l’art. 8 prevedeva che potesseroessere rimborsate solo le presta-zioni comprese nei LEA, introdu-cendo di fatto un nuovo livello diproblematicità, legato all’aggiorna-

La direttiva prevedetre vantaggi:più possibilità di scelta,meno burocraziae maggiori garanzieprocedurali

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mento dei Livelli Essenziali di Assi-stenza, nonché al fatto che questaparticolare categoria non è pre-sente in altri ordinamenti euro-pei;● Rischio di disparità territo-riale del rimborso delle spe-se extra: secondo la direttivaEU, il rimborso non comprendele spese di viaggio e alloggio, o icosti supplementari eventualmen-te sostenuti a causa della disabili-tà della persona malata e bisogno-sa di cure, fermo restando che loStato di affiliazione può decideredi rimborsare anche quelle. Nel-la bozza di decreto, questafacoltà di rimborso veniva af-fidata alla discrezionalità diogni singola regione;● Autorizzazione preventi-va: la direttiva EU prevede menoburocrazia per i pazienti. Ai sensidei regolamenti precedentemen-te in vigore, infatti, i pazienti era-no solitamente tenuti a richiede-re un’autorizzazione preventivaper usufruire di tutti i trattamen-ti, mentre secondo la direttival’autorizzazione dovrebbe es-sere l’eccezione piuttostoche la regola. Nella bozza didecreto lo Stato italiano, in-vece, rendeva obbligatorial’autorizzazione preventivaper tutte le prestazioni sog-gette a esigenze di pianifica-zione riguardanti l’obiettivodi assicurare, nel territorionazionale, la possibilità di unaccesso sufficiente e perma-nente a una gamma equili-brata di cure di elevata quali-tà o la volontà di garantire ilcontrollo dei costi e di evita-re, per quanto possibile, ognispreco di risorse finanziarie,tecniche e umane. L’individua-zione di tali prestazioni veniva affi-data a un regolamento governati-vo da adottarsi entro 60 giornidall’entrata in vigore del decretolegislativo;

● Procedure amministrati-ve: la bozza di decreto del Gover-no italiano prevedeva un doppiopassaggio burocratico per la ri-chiesta di autorizzazione. Dappri-ma il paziente avrebbe dovutopresentare istanza alla ASL terri-torialmente competente, che sisarebbe dovuta pronunciare en-tro 10 giorni sulla necessità o me-no di autorizzazione preventiva.In caso di risposta affermativa, laASL avrebbe avuto ulteriori 30giorni per concedere o meno det-ta autorizzazione (15 in caso diurgenza). La Conferenza Sta-to-Regioni, nel suo pareredel 16 gennaio 2014, è inter-venuta triplicando o addirit-

tura quadruplicando i tempi:30 giorni il termine per la primapronuncia della ASL, 120 giorni(60 in caso di urgenza) per la se-conda. Stessa sorte per i tempi dirisposta nel caso di ricorso al di-rettore della ASL per eventualenon concessione dell’autorizzazio-ne: 15 giorni secondo il decreto,portati a 60 dalla Conferenza Sta-to-Regioni.A seguito di questi primi passaggi,il decreto di recepimento che siandava definendo risultava netta-mente peggiorativo della discipli-na precedentemente in vigore,che concedeva alla ASL compe-tente un termine di 15 giorni perl’autorizzazione della prestazionesanitaria all’estero.

Il 30 gennaio 2014, la bozza didecreto legislativo è stata esami-nata dalla Commissione Igiene eSanità del Senato che si è espres-sa introducendo alcuni elementicorrettivi, in particolare richieden-do al Governo di emanare delle“linee guida interpretative” al finedi garantire l’omogenea e univocaapplicazione della emananda nor-mativa su tutto il territorio nazio-nale, mostrando di fatto preoccu-pazione rispetto alla potenzialeframmentazione regionale delladisciplina dei rimborsi. La Com-missione ha inoltre richiesto, incaso di diniego dell’autorizzazio-ne da parte della ASL motivatodalla disponibilità sul territorio na-zionale della medesima prestazio-ne sanitaria in tempi ragionevoli,che la stessa ASL indicasse conte-stualmente i riferimenti specificidella struttura sanitaria nazionaleidonea. Infine, la Commissionedel Senato ha sottolineato la ne-cessità di coinvolgere le associa-zioni di cittadini e pazienti nel mo-nitoraggio sull’applicazione del de-creto legislativo.Salutando con favore questi primisegnali di apertura istituzionale aun recupero della ratio originariadella direttiva, FAVO ha deciso diprendere posizione nell’acceso di-battito tra le diverse rappresen-tanze della Società Civile.Il 4 febbraio 2014, Giornata Mon-diale contro il Cancro, la Federa-zione delle Associazioni di Volon-tariato in Oncologia ha inviatouna memoria sintetica al Presiden-te della Commissione Affari Socia-li della Camera dei Deputati, chedi lì a poco avrebbe esaminato labozza di decreto legislativo. La FA-VO, con detto documento, haespresso preoccupazione rispettoad alcuni punti della bozza di Dlgs,avanzando nel contempo delleproposte - sintetizzate di seguito -volte a garantire i diritti sanciti inorigine dalla direttiva UE:

Lungo il lavorosulla bozza di decretoche favorivail rischio di disparitàterritoriale del rimborsodelle prestazioni

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- Introduzione di criteri nazionalidi interpretazione delle normecontenute nel decreto, in partico-lare con riferimento al rimborsoe alla concessione/diniego dell’au-torizzazione preventiva, al fine dievitare inaccettabili disparità re-gionali;- Coinvolgimento attivo delle as-sociazioni dei pazienti per unacorretta ed efficace campagna diinformazione riguardo ai dirittidei malati riconosciuti dalla diretti-va EU;- Garanzia del rimborso delle spe-se extrasanitarie, quantomenoper quelle connesse a condizionidi disabilità del paziente che ricor-re ad assistenza transfrontaliera;- Semplificazione dell’iter burocra-tico, con l’eliminazione del primopassaggio di autorizzazione pre-ventiva;- Riduzione dei tempi delle proce-dure amministrative, consideran-do come limite massimo le tempi-stiche previste dal decreto nellaversione antecedente al pareredella Conferenza Stato-Regioni.Pochi giorni dopo, l’11 febbraio2014, la Commissione Affari So-ciali della Camera ha emanato unparere sostanzialmente in lineacon quello della CommissioneIgiene e Sanità del Senato, e conle osservazioni e le proposte se-gnalate da FAVO.In sintesi, la Commissione ha ac-colto favorevolmente la bozza didecreto elaborata dal Governo,sottolineando però la necessità diintrodurre alcuni correttivi laddo-ve risulti limitato il diritto dei pa-zienti all’accesso alle cure o al rim-borso delle spese sostenute.Il 28 febbraio 2014, dopo averrecepito i suddetti pareri, con unritardo di 4 mesi rispetto alla sca-denza fissata dall’UE - che ha cau-sato l’apertura di due procedured’infrazione ai danni dell’Italia - ilConsiglio dei Ministri ha finalmen-te approvato il decreto legislativodi recepimento della direttiva.

Il testo emanato lascia ancoramolto perplessi. Se infatti da unlato viene accolto l’invito (art.19.1) al coinvolgimento delle asso-ciazioni dei pazienti avanzato daFAVO, e viene respinto l’allunga-mento dei tempi amministrativiproposto dalla Conferenza Stato-Regioni (art. 10, commi 7 e 9),dall’altro sono rimasti intatti: ladisciplina dell’autorizzazione pre-ventiva - per la quale bisogneràattendere l’emanazione del rego-lamento governativo che dirà, sul-la base di un’analisi prettamenteeconomica, quali prestazioni sa-ranno sottoposte ad autorizzazio-ne - e il doppio passaggio ammini-

strativo “pre-richiesta - richiestaeffettiva” con le ASL. Permane an-che la sostanziale disparità di rim-borso, legata alle differenti tarifferegionali, nonché la discrezionali-tà delle Regioni, finanche delle sin-gole ASL, nel richiedere la limita-zione dei rimborsi per ragioni im-perative di interesse generale (fracui la volontà di garantire il con-trollo dei costi ed evitare sprechidi risorse finanziarie, tecniche eumane). Quest’ultimo principioviene parzialmente mitigato dal-l’art. 19 ove è previsto che talirichieste possano essere avanzatedalle regioni soltanto sulla base dicriticità documentate medianteun’azione di monitoraggio costan-te da svolgersi a livello territoriale.

Il decreto legislativo 38/2014, pub-blicato in Gazzetta Ufficiale il 21marzo 2014, è entrato ufficial-mente in vigore il 5 aprile 2014.

Conclusioni

L’Osservatorio non può cheesprimere forti perplessità riguar-do al decreto approvato in Consi-glio dei Ministri, che recepisce so-lo in parte i pareri espressi dalleCommissioni del Senato e dellaCamera, i quali rendevano in buo-na parte giustizia al rispetto deidiritti dei malati. Al contrario, ladisciplina dettata dal Dlgs38/2014 comporta innanzituttoun peggioramento delle condizio-ni per i cittadini italiani malati chevolessero usufruire di una presta-zione sanitaria in un altro Statodell’UE. Rispetto alla situazionepreesistente, infatti, il decreto de-termina un allungamento dei tem-pi di rilascio dell’autorizzazionepreventiva da circa 15 giorni finoa un massimo di 45 giorni tra ilprimo e il secondo passaggio pres-so la ASL di competenza.Gli elementi di novità che la diret-tiva introduceva, e che avrebberopotuto migliorare la condizionedei malati nell’ampliare le chancedi cura a livello europeo, vengo-no sostanzialmente resi vani dallanormativa italiana. La disciplinadell’autorizzazione preventiva è,in tal senso, paradigmatica: da inci-dente eventuale nella direttiva, di-venta passaggio obbligato nel no-stro ordinamento. Bisogneràaspettare l’emanazione del regola-mento del Ministero della Salute,di concerto con la ConferenzaStato-Regioni, per capire quantostrette saranno le maglie del siste-ma autorizzativo. Questo comealtri punti nodali del decreto legi-slativo rivelano come, nell’attua-zione nazionale della direttiva eu-ropea, abbiano prevalso logicheche appaiono “difensive”, legatecioè al timore di un aumento del-

La versione definitivadel provvedimentoè migliorata ma i tempidi rilascio del via liberapreventivo sono passatida 15 a 45 giorni

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la spesa sanitaria per cure all’este-ro ovvero di un bilancio “in perdi-ta” fra pazienti italiani che scelgo-no di farsi curare oltre confine eammalati stranieri che preferisco-no migrare per usufruire di pre-stazioni erogate dal nostro SSN.L’effetto immediato di questa scel-ta normativa mortifica la portata

innovativa della direttiva UE. Il Dl-gs appena entrato in vigore, lungidal semplificare l’accesso all’assi-stenza transfrontaliera, definisceun sistema complesso, burocratiz-zato, potenzialmente discrimina-torio anche perché basato più suesigenze di tipo economico chedi tutela della salute.

Nonostante i proclami, il decretolegislativo non coglie la grande op-portunità offerta dalla direttivaUE al Sistema Sanitario Naziona-le: la valorizzazione delle nostrestrutture d’eccellenza punta didiamante del SSN italiano che tut-ta l’Europa ci invidia e potrebbediventare un vero e proprio riferi-mento per i cittadini europei. ●

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Idati epidemiologici piùaggiornati relativi ai tu-mori in Italia sono statipresentati nel volume “Inumeri del cancro in Ita-

lia 2013” pubblicato da AIR-TUM in collaborazione conAIOM. Il seguente contribu-to è tratto da tale volume, incui vengono riportate le sti-me al 2013 di incidenza emortalità, con i relativi trendtemporali e le stime di preva-lenza, per le principali seditumorali. Questo ultimo indi-catore è molto importanteper la programmazione dellasanità pubblica, in quanto per-mette di stimare la domandacomplessiva rivolta al siste-ma sanitario da parte di pa-zienti in fasi diverse della sto-ria di malattia.

Incidenza

Si stima che nel 2013, in Ita-lia, siano stati diagnosticaticirca 366.000 nuovi casi di tu-more maligno, di cui circa il55% negli uomini e circa il45% nelle donne. Il tumorepiù frequente in entrambi isessi, risulta essere quello delcolon-retto (14%), con oltre54.000 nuovi casi stimati nel2013, seguito dal tumore del-la mammella (13%) con circa46.000 nuovi casi, e poi daltumore del polmone (11%)con circa 38.000 nuovi casi.Tra gli uomini prevale il tumo-

re della prostata che ha rap-presentato il 20% di tutti itumori diagnosticati; seguonoil tumore del polmone (15%,con tendenza alla riduzionenel tempo), il tumore del co-lon-retto (14%), il tumore del-la vescica (10%) e il tumoredello stomaco (5%). Tra ledonne, il tumore della mam-mella è il più frequente, harappresentato il 29% di tutti itumori, seguito dai tumoridel colon-retto (14%), del pol-mone (6%), del corpo dell’ute-ro (5%) e della tiroide (5%).I confronti geografici in Italia(dati Airtum 2006-2009) mo-strano come l’Italia sia ancoraattraversata da rilevanti diffe-renze geografiche per i princi-pali indicatori epidemiologici.Per quanto riguarda il tasso

di incidenza standardizzato èstato, per tutti i tumori, del26% più alto al Nord rispettoal Sud e del 7% più alto alCentro rispetto al Sud.

Mortalità

Si stima che nel 2013 in Italiai decessi causati da tumoresiano stati circa 173.000(98.000 fra gli uomini e75.000 fra le donne). I tumorisono la seconda causa di mor-te (30% di tutti i decessi) do-po le malattie cardio-circola-torie (38%). La frequenza deidecessi causati dai tumori nel-le aree italiane coperte da Re-gistri Tumori è stata, in me-dia, ogni anno, di circa 3,5decessi ogni 1.000 uomini edi circa 2,6 decessi ogni 1.000donne. Pertanto, si può affer-mare che mediamente ognigiorno oltre 470 persone so-no morte in Italia a causa diun tumore. Tra gli uomini, ilcarcinoma del polmone è ri-sultato essere la prima causadi morte oncologica in tuttele fasce di età, rappresentan-do il 16% dei decessi tra igiovani (0-49 anni), il 30% tragli adulti (50-69 anni) e il 25%tra gli ultrasettantenni. Tra ledonne, il tumore della mam-mella si è collocato al primoposto in tutte le fasce di età:ha rappresentato il 28% deidecessi tra le giovani, il 21%tra le adulte e, infine, il 14%

Oggi in Italia 2,25 milioni convivono con un tumore:l’anno scorso sono stati registrati 366mila nuovi casi

RAPPORTO SULLA CONDIZIONE ASSISTENZIALE DEI MALATI ONCOLOGICI

di Luigino Dal Maso * e Paolo Baili **

Oggi sono la secondacausa di mortedopo le malattiecardio-circolatorie:i più frequentiin entrambi i sessisono colon-retto (14%),mammella (13%)e polmone (11%)

* AIRTUM; ** Istituto Nazionale dei Tumori, Milano

68 Ottobre 2014

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tra le donne in età superiorea 70 anni.

Prevalenza

In Italia vi sono circa2.250.000 persone, che vivo-no avendo avuto una prece-dente diagnosi di tumore. Ditali soggetti, il 44% sono disesso maschile e il 56% sono

di sesso femminile. Nel detta-glio, il 21% dei casi prevalentiha avuto la diagnosi di tumo-re negli ultimi due anni, unaltro 22% ha ricevuto la dia-gnosi di tumore da 2 a 5 anni,il 57% dei casi è rappresenta-to dai cosiddetti lungo-so-pravviventi, cioè da personeche hanno avuto una diagnosi

di tumore oltre 5 anni prima.Il 9% degli Italiani che convi-vono con la precedente dia-gnosi di tumore ha un’etàcompresa tra 0 e 44 anni, il19% un’età compresa tra 45e 59 anni, il 39% un’età com-presa tra 60 e 74 anni e infi-ne il 34% un’età superiore a75 anni. ●

Grafico 1

Ottobre 2014 69

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Come nei prece-denti Rapporti idati che seguonorappresentano lasituazione delle

dotazioni e delle attività dispie-gate dal sistema sanitario perrispondere alla domanda di tu-tela delle perso ne con espe-rienza di tumore, illustrata nelparagrafo precedente.Si è sottolineato nei preceden-ti Rapporti - e l’osservazionevale anche per quello presen-te - che nell’esaminare i datidelle tabelle nazionali relativialle singole situazioni regiona-li occorre tenere presenteche i modelli organizzativi del-le Regioni differiscono tra lo-ro a seconda delle strategielocalmente perseguite. Può,pertanto, verificarsi che le dif-formità rilevate per un singo-lo fattore strutturale o di atti-vità siano compensate da diffe-renze di ordine inverso in al-tri fattori, assicurando in ognicaso una sufficiente coperturaassistenziale.Per questo motivo, anche nelpresente Rapporto, al terminedelle sinossi nazionali, vengo-no pubblicate le “Finestre re-gionali” che, in due grafici“radar” relativi alle dotazionie alle attività, offrono il pano-rama di tutti gli aspetti signifi-cativi dello specifico sistemaorganizzativo di ogni singolaRegione confrontato con il va-

lore medio nazionale per cia-scun elemento rappresentato.Mentre le tabelle nazionali con-sentono una visione e una valu-tazione d’assieme della rispo-sta offerta dal sistema Paese asingoli aspetti della domandaespressa dalle persone conesperienza di tumore e dalleloro famiglie, le Finestre regio-nali permettono di vedere e divalutare come ogni singola Re-gione, nella sua autonomia, haritenuto di provvedere global-mente alla specifica domandalocale dei malati oncologici nelproprio ambito territoriale dicompetenza.

Posti letto e servizi areeoncologia e radioterapia

Come rilevato anche lo scor-so anno, appare decisamente

fuori media la dotazione di po-sti letto di oncologia della Re-gione Molise (2,33 posti lettoper 10.000 abitanti, controuna media nazionale di 1,10). Ildato va correlato alla presen-za nella Regione di un Istitutodi cura e ricovero a caratterescientifico, dotato di un cen-tro di eccellenza per la chirur-gia oncologica cerebrale, il cuibacino di affluenza comprendebuona parte delle Regioni cen-tro-meridionali.Fuori media, ma in difetto dioltre il 50% rispetto alla me-dia nazionale, seguitano a esse-re la Provincia autonoma diBolzano (0,16) e quella diTrento (0,44). Nel caso di que-st’ultima, però, va rilevato chela carenza di posti lettoespressamente riservati allaoncologia medica è compensa-ta da un elevato numero dipresidi con “servizio di onco-logia medica”. Non così per lalimitrofa Provincia autonomadi Bolzano.Va tenuto presente, però,che le differenze sopra indi-cate sono in parte compensa-te dalla presenza di servizi dioncologia medica, che utiliz-zano, in caso di necessità, iposti letto di altre disciplinemediche. I dati che seguonoforniscono una rappresenta-zione della distribuzione deiservizi di oncologia nelle Re-gioni. La situazione non diffe-

Dai posti letto agli hospice fino alle apparecchiature:ecco le risorse e i servizi messi in campo dalle Regioni

RAPPORTO SULLA CONDIZIONE ASSISTENZIALE DEI MALATI ONCOLOGICI/L’OFFERTA DEL SISTEMA PAESE

di Rosaria Boldrini * e Miriam Di Cesare *

Nell’analizzarele situazioni regionalibisogna valutarel’impatto che hannoi diversi modelliorganizzativiche sono statiscelti a livello localeper i servizi sanitari

* Ministero della Salute

70 Ottobre 2014

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risce sostanzialmente daquella dell’anno precedente.Vengono ora presentati i datiche riguardano la Radioterapiaoncologica, sia in termini di do-tazioni di posti letto, sia in ter-mini di servizi di radioterapia(tabella 1).Sotto il profilo dei posti lettodedicati alla radioterapia, l’Ita-lia risulta divisa in quattro fa-sce: Regioni con un numero diposti letto dedicati nettamen-te superiore alla media nazio-nale (P.A. di Trento, Toscana,Veneto, Friuli Venezia Giulia e

Umbria); Regioni con un nume-ro di posti letto dedicati attor-no a valori medi (Sicilia, Sarde-gna, Calabria, Piemonte, EmiliaRomagna e, Lombardia); Regio-ni con un numero di posti let-to dedicati nettamente inferio-re alla media nazionale (Abruz-zi, Puglia, Lazio, Liguria e Cam-pania); Regioni che continua-no a non avere posti letto de-dicati alla radioterapia (Valled’Aosta, P.A. di Bolzano, Mar-che e Basilicata). Inspiegabile ildato del Molise (dovuto forsea un errore nelle comunicazio-

ni statistiche) che da una posi-zione sempre presente tra leRegioni con il maggior nume-ro di posti letto dedicati allaradioterapia oncologica, risul-ta nel 2012 totalmente sprov-visto di posti letto per questadestinazione (grafico 1).

Posti in Hospice

Nell’affrontare il tema delledotazioni di strutture per lecure palliative-hospice, da de-stinare ai malati in fase termi-nale, si ricorda sempre che lalegge 39/1999 ha messo a di-

Distribuzione regionale dei posti letto in discipline oncologiche mediche - Anno 2012

RegioneOncologia Oncoematologia

pediatrica OncoematologiaTotale

posti lettoarea

oncologiamedica

Posti lettooncologiamedica

per10.000 Ab.

Regimeordinario

Regimediurno

Regimeordinario

Regimediurno

Regimeordinario

Regimediurno

Piemonte 234 359 44 38 - - 675 1,55

Valle d'Aosta 11 8 - - - - 19 1,50

Lombardia 750 124 17 8 10 - 909 0,94

P. A. Bolzano - 8 - - - - 8 0,16

P. A. Trento 18 5 - - - - 23 0,44

Veneto 154 154 33 12 - - 353 0,73

F.V. Giulia 79 48 4 3 - - 134 1,10

Liguria 40 114 23 10 - - 187 1,19

Emilia Romagna 226 239 30 18 - 11 524 1,21

Toscana 95 281 17 10 - - 403 1,10

Umbria 32 54 7 2 1 9 105 1,19

Marche 32 143 10 3 - - 188 1,22

Lazio 408 332 11 5 52 8 816 1,48

Abruzzo 46 111 - - - 5 162 1,24

Molise 38 12 - - 16 7 73 2,33

Campania 312 224 25 12 43 12 628 1,09

Puglia 178 103 30 4 - - 315 0,78

Basilicata 31 20 - - - - 51 0,88

Calabria 61 88 6 8 - - 163 0,83

Sicilia 432 164 20 14 13 11 654 1,31

Sardegna 79 84 5 3 - - 171 1,04

Italia 3.256 2.675 282 150 135 63 6.561 1,10

Tabella 1

Ottobre 2014 71

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Distribuzione posti letto nelle discipline di radioterapia e radioterapia oncologica - Anno 2012

RegioneRadioterapia Radioterapia

oncologica TotaleTotale

complessivo

%sul totale

deiposti letti

Posti lettoper

1.000.000Ab.

Regimeordinario

Regimediurno

Regimeordinario

Regimediurno

Regimeordinario

Regimediurno

Piemonte 23 8 - - 23 8 31 0,15 7,11Valle d'Aosta - - - - - - - - -Lombardia 61 2 - - 61 2 63 0,16 6,49P. A. Bolzano - - - - - - - - -P. A. Trento - - 20 - 20 - 20 0,83 38,10Veneto 61 23 - - 61 23 84 0,44 17,31F. V. Giulia - - 9 11 9 11 20 0,39 16,42Liguria - 2 - - - 2 2 0,03 1,28Emilia Romagna 6 1 17 6 23 7 30 0,15 6,91Toscana 45 37 - - 45 37 82 0,59 22,36Umbria 4 9 - 1 4 10 14 0,44 15,85Marche - - - - - - - - -Lazio - 8 - - - 8 8 0,03 1,45Abruzzo 2 2 - - 2 2 4 0,08 3,06Molise - - - - - - - - -Campania 2 4 - - 2 4 6 0,03 1,04Puglia 6 - - - 6 - 6 0,04 1,48Basilicata - - - - - - - - -Calabria 5 4 7 3 12 7 19 0,27 9,70Sicilia 16 1 34 6 50 7 57 0,33 11,40Sardegna 16 - - - 16 - 16 0,25 9,77Italia 247 101 87 27 334 128 462 0,20 7,78

Grafico 1

Tabella 2

72 Ottobre 2014

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sposizione delle Regioni oltre200 milioni di euro per la rea-lizzazione di 188 Centri resi-denziali di questo tipo, conuna dotazione di 2.025 postiletto, da attivare in stretta in-tegrazione operativa con larete delle cure palliative domi-ciliari.La situazione rilevata a fine2012, indicata nei prospetti al-l’interno del testo, dimostrache l’obiettivo iniziale è statoraggiunto e superato. Alla fi-ne del 2012 sono state realiz-zate 221 strutture residenzia-li, cioè 33 in più di quelle ini-

zialmente ipotizzate, con2.396 posti, a fronte dei2.025 indicati nel provvedi-mento di finanziamento, valea dire che i posti attuali ecce-dono di 371 il numero di quel-li inizialmente previsti. D’al-tra parte va considerato chela popolazione continua a in-vecchiare e che il fabbisognodi cure palliative in hospiceespressamente dedicati ai ma-lati terminali è tuttora insod-disfatto (tabella 3). Valutandola situazione che emerge daidati, si deve constatare che iposti in strutture residenziali

dedicate alle cure palliative ri-sultano essere dislocati in mo-do non omogeneo sul territo-rio nazionale.

Attrezzaturetecnologiche

I dati che vengono di seguitoriportati (tabella 4) sono statirilevati dai flussi informativiche le ASL e le Regioni tra-smettono alla Direzione gene-rale del Sistema informativodel Ministero della salute. Essirappresentano il dato ufficialesecondo le rilevazioni del Ser-vizio sanitario nazionale. ●

Distribuzione hospice territoriali e in strutture ospedaliere

Regione2011 2012 Posti per 100.000 Ab.

Numerostrutture

Numeroposti

Numerostrutture

Numeroposti 2011 2012

Piemonte 11 109 12 122 2,4 2,8

Valle d’Aosta 1 7 2 14 5,5 11,1

Lombardia 53 615 61 685 6,2 7,1

P. A. Bolzano 1 12 1 12 2,4 2,4

P. A. Trento 1 7 2 16 1,3 3,0

Veneto 15 106 21 157 2,1 3,2

F. V. Giulia 7 59 8 73 4,8 6,0

Liguria 6 65 7 77 4,0 4,9

Emilia Romagna 20 248 21 273 5,6 6,3

Toscana 14 55 17 104 1,5 2,8

Umbria 2 17 2 17 1,9 1,9

Marche 7 61 6 58 3,9 3,8

Lazio 25 386 19 274 6,7 5,0

Abruzzo 1 12 1 12 0,9 0,9

Molise 1 10 1 16 3,1 5,1

Campania 4 25 4 36 0,4 0,6

Puglia 5 96 6 114 2,3 2,8

Basilicata 4 32 4 32 5,4 5,5

Calabria 1 7 2 27 0,3 1,4

Sicilia 11 93 13 106 1,8 2,1

Sardegna 15 272 11 171 16,2 10,4

Italia 205 2.294 221 2.396 3,8 4,0

Tabella 3

Ottobre 2014 73

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Grandi apparecchiature presenti nelle strutture di ricovero e nelle strutture territoriali - Anno 2012

Regione

AcceleratoreLineare

Gamma CameraComputerizzatae Sistema TAC

Gamma Cameraintegrato

PET e Sistema CT/PET integrato

Tomografoa RisonanzaMagnetica

Mammografo

v.a.per

1.000.000Ab.

v.a.per

1.000.000Ab.

v.a.per

1.000.000Ab.

v.a.per

1.000.000Ab.

v.a.

per1.000.000

donne45 - 69 anni

Piemonte 37 8,49 38 8,72 9 2,07 97 22,26 136 179,08

Valle d’Aosta 1 7,90 1 7,90 - - 6 47,39 5 233,00

Lombardia 76 7,83 76 7,83 35 3,61 241 24,84 289 176,71

P. A. Bolzano 2 3,96 3 5,94 1 1,98 11 21,79 9 114,32

P. A. Trento 3 5,72 3 5,72 1 1,91 7 13,34 13 150,16

Veneto 26 5,36 37 7,62 10 2,06 134 27,61 124 151,31

F. V. Giulia 12 9,85 9 7,39 3 2,46 31 25,46 35 162,71

Liguria 15 9,57 14 8,93 5 3,19 55 35,09 66 230,74

Emilia Romagna 28 6,45 36 8,29 11 2,53 77 17,74 120 162,66

Toscana 36 9,82 53 14,45 14 3,82 93 25,36 97 151,47

Umbria 7 7,93 10 11,32 2 2,26 17 19,25 27 179,38

Marche 11 7,14 15 9,74 5 3,25 36 23,37 48 187,67

Lazio 45 8,18 72 13,09 9 1,64 162 29,45 256 267,92

Abruzzo 7 5,36 12 9,19 1 0,77 27 20,67 37 168,88

Molise 2 6,39 6 19,16 2 6,39 15 47,90 14 271,49

Campania 35 6,07 105 18,22 21 3,64 131 22,73 227 246,57

Puglia 16 3,95 44 10,86 6 1,48 73 18,02 108 161,20

Basilicata 2 3,46 16 27,70 3 5,19 14 24,24 17 180,42

Calabria 8 4,08 27 13,79 4 2,04 35 17,87 69 218,37

Sicilia 37 7,40 88 17,60 16 3,20 148 29,60 207 253,56

Sardegna 14 8,55 39 23,81 3 1,83 39 23,81 55 189,20

Italia 420 7,07 704 11,85 161 2,71 1.449 24,40 1.959 195,49

Tabella 4

74 Ottobre 2014

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Attualmente in Ita-lia esistono 186centri di radiote-rapia con unamedia nazionale

di circa 3 Centri per milionedi abitanti. Questa risulta esse-re più bassa al Sud (2,7) e piùalta al Centro (3,7). Per quan-to riguarda le macchine dispo-nibili esistono 377 accelerato-ri lineari (linac) che, come èstato specificato in un prece-dente Rapporto, rappresenta-no le apparecchiature principa-li per eseguire la radioterapia.Esistono poi 38 apparecchiatu-re di radioterapia in grado dieseguire tecniche speciali cosìsuddivise: 21 apparecchi di To-moterapia, 8 Cyberknife, 6Gammaknife, 3 Vero a cui van-no aggiunti un centro di Adro-terapia già funzionante e unoin procinto di iniziare la suaattività, entrambi situati nelNord dell’Italia. La media na-zionale è di circa 6 linac permilione di abitanti ma la lorodistribuzione sul territorio va-ria sensibilmente da regione eregione. È evidente pertantouna disomogeneità territorialecon alcune regioni che raggiun-gono, a volte superandoli, glistandard europei che prevedo-no dalle 7 alle 8 macchine dialta energia per milione di abi-tanti e altre che sono molto aldi sotto. Pur se è opportunorilevare che la situazione sta

progressivamente miglioran-do, come dimostra l’incremen-to di 16 linac rispetto al censi-mento dello scorso anno, dicui però soltanto 5 installatinelle regioni del Sud, è indub-bio che in alcune regioni esistauna carenza di apparecchiatu-re. In particolare, prendendocome riferimento il numero di450 pazienti trattati per annoper macchina, come propostodalla Directory RadiotherapyCenters, e considerando i366.000 casi di neoplasie l’an-no previsti dal sito “Tumori inItalia” di cui 228.000 bisognosidi un trattamento radioterapi-co sarebbero necessarie 506unità di radioterapia a frontedelle 415 esistenti, tra linac edapparecchi per le tecniche spe-ciali, e quindi esisterebbe una

carenza di 91 macchine. Indi-pendentemente dal metodoutilizzato per calcolare il nu-mero di pazienti/anno per mac-china vi sono comunque ele-menti per ritenere che il nume-ro dei trattamenti di maggiorecomplessità stia progressiva-mente aumentando ed è per-tanto raccomandabile tenereconto di questa tendenza inuna programmazione di lungoperiodo. Va inoltre considera-to che, su 353 linac dei 377 incui è stato possibile rilevare ildato, ben 124 sono stati instal-lati da più di 10 anni e solo100 sono stati installati negliultimi 5 anni. Considerandoche la vita media di un linac èdi circa 10 anni è evidente co-me sia raccomandabile la sosti-tuzione di queste 124 macchi-ne. È raccomandabile inoltreche un centro per essere ac-creditato in questa categoriaesegua un numero minimo diprestazioni per ciascuna tipolo-gia. Nel definire i propri obiet-tivi ogni centro dovrà specifica-re di minima:- risorse disponibili (persona-le, attrezzature, infrastruttu-re);- numero delle prestazioni ero-gabili (documentate sulla basedell’attività svolta nell’ultimoanno);- categoria tecnica massimadelle prestazioni che è in gra-do di fornire, in rapporto alle

Per la radioterapia si contano 377 acceleratori linearima le differenze tra Nord, Centro e Sud restano alte

RAPPORTO SULLA CONDIZIONE ASSISTENZIALE DEI MALATI ONCOLOGICI/L’OFFERTA DEL SISTEMA PAESE

di Riccardo Maurizi Enrici *

Si stima in tuttouna carenzadi 91 macchine,mentre per altre 124sarebberaccomandabilela sostituzioneperché hanno piùdi 10 anni di età

* AIRO

Ottobre 2014 75

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risorse disponibili, stabilita se-condo criteri ben definiti;- eventuali specifiche compe-tenze disponibili e i program-mi di ricerca in corso.In generale si può affermareche il personale dedicato allaradioterapia in Italia non rag-giunge i livelli raccomandatinel nostro paese per nessunadelle principali figure profes-sionali. Dovrà pertanto essere

programmato nel medio perio-do un adeguamento che dovràtener conto anche delle solu-zioni organizzative che si ver-ranno a determinare. Inoltre èauspicale che le dotazioni orga-niche siano programmate perconsentire orari di lavoro dialmeno 12 ore per consentireil pieno utilizzo di attrezzaturead alto costo e a relativamen-te rapida obsolescenza quali

sono quelle per la radiotera-pia.Poiché, d’altro canto, la ra-dioterapia è una terapia dialta specialità che necessitadi attrezzature ad alto conte-nuto tecnologico e di intera-zioni con altre discipline alivello ultraspecialistico, lasua collocazione naturale ènei presidi ospedalieri ad altaspecializzazione. ●

76 Ottobre 2014

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Nella tabella 1che segue ven-gono riportati idati dei ricoveriin strutture on-

cologiche per 1.000 residenti.Il dato serve come indicatorespecifico dell’incidenza delle pa-tologie tumorali all’interno del-l’assistenza ospedaliera assicu-rata nell’ambito della regionedi residenza.Vengono, altresì, riportati gli in-dici di fuga e di attrazione chele strutture ospedaliere eserci-tano sui malati della propria odi altre regioni. L’indicazione èrappresentativa del gradimentoo meno che ciascun luogo dicura riesce a conquistarsi nelgiudizio dei malati e dei cittadi-ni in generale.

Ricoveri nei repartidi oncologia per tumorie chemioterapia e mobilitàospedaliera interregionale

Esaminando gli indici di fuga edi attrazione presenti nella ta-bella 1 e nei grafici 1e 2 si os-serva che la situazione ricalcasostanzialmente quella dell’an-no precedente. Tale situazioneè un effetto della crisi economi-ca che sta attraversando il Pae-se e che ha coinvolto anche, inmisura sensibile, il compartosanitario. Pertanto, anche i pro-positi di migliorare le strutturee di ammodernarne le attrezza-

ture o di procedere a interven-ti sul personale per accrescer-ne la quantità e/o migliorarnela formazione, hanno trovatoun ostacolo insormontabile nel-la indisponibilità di risorse ag-giuntive. Donde la continuazio-ne dello stato di fatto, che siprotrarrà presumibilmente an-che per il 2013 e il 2014.

Prestazioni specialisticheambulatoriali

Riguardo alle tabelle e ai grafi-ci che seguono è doverosauna precisazione: mentre peri dati relativi alle visite speciali-stiche e alle prestazioni radio-terapiche essi riguardano spe-cificamente e solo malati on-cologici, i dati relativi alle pre-stazioni di terapia fisica e riabi-

litazione riguardano una mol-teplicità di patologie, tra lequali anche quelle oncologi-che (grafico 3).Le prestazioni specialistiche dioncologia si riferiscono preva-lentemente a visite, territoria-li o in sedi ospedaliere, di ac-certamento diagnostico o aicontrolli contemporanei osuccessivi ai trattamenti tera-peutici. Come risulta dai datipresentati - e come si era giàfatto notare nel precedenteRapporto - l’attenzione perqueste modalità di accerta-mento preventivo e/o di con-trollo post terapeutico è piùsviluppata nelle Regioni setten-trionali che in quelle meridio-nali (grafico 4).

Assistenza domiciliareintegrata(ospedalizzazionedomiciliare)

Va precisato, come già riferitoanche nei precedenti Rapporti,che i dati rilevati si riferisconoai malati terminali di tutte lepatologie, tra le quali, comun-que, quelle tumorali presenta-no un rilievo notevole.Pur con questa particolarità, siritiene utile continuare a forni-re l’informazione in quanto l’in-dicatore esprime il grado di at-tenzione che le Regioni riserva-no alle questioni riguardanti laqualità dell’assistenza alle per-sone che, superata la fase acuta

La crisi si fa sentire anche nei reparti di oncologia:i numeri su ricoveri e mobilità restano come prima

RAPPORTO SULLA CONDIZIONE ASSISTENZIALE DEI MALATI ONCOLOGICI/L’OFFERTA DEL SISTEMA PAESE

di Rosaria Boldrini * e Miriam Di Cesare *

Un dato confortanteè l’aumentodell’assistenza a casaper i malati terminaliin quasi tutte le Regionia testimonianzadi una accresciutasensibilitàdelle istituzioni

* Ministero della Salute

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Distribuzione regionale dei dimessi per tutti i tumori in regime ordinario - Anno 2012

Regione Ricoveri effettuatinella Regione per tumore

% Ricoveri per tumoresul totale dei ricoveri

Ricoveridi cittadini residentiper 1.000 residenti

Indicedi fuga

Indicedi attrazione

Piemonte 46.951 9,90 10,92 8,06 6,04Valle d’Aosta 1.502 10,22 13,34 20,71 7,59Lombardia 130.309 10,99 11,79 2,71 14,32P.A. Bolzano 4.911 7,16 9,53 5,40 6,90P.A. Trento 4.422 8,57 9,67 21,55 5,97Veneto 50.798 10,65 9,97 6,95 11,24Friuli V.G. 18.063 12,59 13,56 4,88 12,92Liguria 19.911 11,11 13,43 15,50 8,78Emilia Romagna 63.453 11,09 13,32 4,88 12,96Toscana 46.991 10,82 12,13 6,08 10,59Umbria 11.708 9,90 12,74 11,65 14,86Marche 18.996 10,72 12,96 13,74 8,18Lazio 73.721 11,13 12,57 6,06 11,73Abruzzo 13.169 8,80 11,56 25,40 10,60Molise 3.577 8,81 11,26 30,95 31,90Campania 55.123 8,89 10,81 16,09 2,52Puglia 49.213 9,77 12,98 12,36 5,02Basilicata 6.174 10,92 11,19 30,14 25,35Calabria 13.160 7,14 10,02 51,31 1,75Sicilia 48.130 9,18 10,62 12,55 1,98Sardegna 18.021 9,28 11,90 9,22 0,90Italia 698.303 10,22 11,69 - -

Grafico 1 Grafico 2

Tabella 1

78 Ottobre 2014

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Grafico 3

Grafico 4

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Assistenza domiciliare integrata a pazienti terminali - Anno 2012

Regione Casi trattatiterminali

Ore per caso TrattatoInfermiere Terapista Altro operatore Totali

Piemonte 4.048 14,21 0,30 2,47 16,99Valle d’Aosta 62 17,56 0,85 0,02 18,44Lombardia 7.784 19,58 0,69 5,01 25,28P.A. Bolzano 291 0,00 0,00 0,00 0,00P.A. Trento 928 16,90 0,00 0,00 16,90Veneto 6.847 13,94 0,28 2,69 16,92F. V. Giulia 1.090 11,29 0,52 0,42 12,23Liguria 1.369 20,87 3,24 4,80 28,92Emilia Romagna 1.815 14,15 0,20 13,01 27,36Toscana 3.680 12,19 1,00 3,94 17,12Umbria 1.267 19,84 1,18 8,23 29,25Marche 2.212 22,90 0,78 2,97 26,65Lazio 4.886 14,74 2,86 3,32 20,92Abruzzo 2.776 18,81 6,77 0,53 26,11Molise 230 82,43 19,77 3,62 105,82Campania 5.078 17,46 2,31 3,35 23,13Puglia 3.388 26,33 2,25 4,21 32,78Basilicata 1.053 30,29 9,45 0,47 40,21Calabria 2.006 24,12 2,03 1,16 27,32Sicilia 5.230 23,30 6,78 8,95 39,03Sardegna 1.543 24,63 3,77 0,67 29,07Italia 57.583 18,59 2,31 3,99 24,89

Grafico 5

Tabella 2

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della malattia, affrontano perio-di di degenza al proprio domici-lio e/o si avviano alla conclusio-ne della propria esistenza.Una nota confortante è chequesto tipo di assistenza sta au-mentando in modo significativo

in quasi tutte le Regioni, a testi-monianza di una accresciutasensibilità delle istituzioni ver-so le persone in condizioni dibisogno. Tra le cause di questoaccrescimento di attenzione èda annoverare l’azione costan-

te di pressione e di sensibilizza-zione che viene svolta dal vo-lontariato, attraverso le perso-ne singole dei volontari e quel-la, parimenti rimarchevole, del-le Associazioni locali e naziona-li del volontariato oncologico(tabella 2 e grafico 5). ●

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Negli ultimi anni,molti farmacianti-tumoralihanno comple-tato l’iter speri-

mentale che ha portato all’au-torizzazione e all’impiego clini-co. Queste innovazioni, chehanno consentito l’aumentodelle possibilità terapeuticheper molte neoplasie che primapotevano essere trattate conla sola chemioterapia, hannoaddirittura stravolto lo scena-rio terapeutico per alcuni tu-mori come il carcinoma rena-le. Inoltre, in questi anni, stia-mo assistendo alla messa apunto di modalità di sommini-strazione innovative di alcunifarmaci già impiegati, conl’obiettivo di aumentarne l’atti-vità, ridurne la tossicità o ren-dere più agevole la sommini-strazione e/o la gestione. A dif-ferenza del passato, in cui lagrande maggioranza dei farma-ci anti-tumorali immessi incommercio erano agenti che-mioterapici da somministrareper via endovenosa, molti deifarmaci recentemente appro-vati sono farmaci cosiddetti “abersaglio molecolare”, spessocaratterizzati dall’assunzionequotidiana a domicilio e dallavia di somministrazione orale.L’aumento delle terapie oraliè certamente una sfida rilevan-te, anche a livello logistico,per gli oncologi medici: il pa-

ziente assume il farmaco a ca-sa, e questo comporta una se-rie di vantaggi, ma anche dirischi, quali possibili errori diassunzione, necessità di moni-toraggio “a distanza” deglieventuali effetti collaterali enecessità di gestire riduzionidi dose ed eventuali interruzio-ni della somministrazione.Naturalmente, l’introduzionedi questi nuovi farmaci nellapratica clinica segue regoleben precise, che si basano surigorose sperimentazioni clini-che. Quando una sperimenta-zione ha dimostrato l’efficaciadel farmaco, questo viene valu-tato dalle autorità regolatorie.Nel caso dell’Italia, come pergli altri Stati della ComunitàEuropea, il processo prevedeuna prima “tappa” da parte del-

l’EMA, la European MedicinesAgency. A valle, le autorità na-zionali (in Italia, l’Agenzia Italia-na del Farmaco, AIFA) recepi-scono l’autorizzazione all’im-piego e valutano la rimborsabi-lità del farmaco. Ancora più avalle, in Italia esistono, a livellodelle singole Regioni, i Pron-tuari Terapeutici Regionali(PTR) nei quali il farmaco deveessere inserito per poter esse-re utilizzato. È del tutto evi-dente che, nell’interesse deipazienti, per evitare inaccetta-bili disparità, questo processo“a scalini” non deve subire ec-cessivi rallentamenti o arresti.Il 18 novembre 2010, nell’am-bito della Conferenza Stato-Regioni, è stato siglato l’accor-do sull’accesso ai farmaci inno-vativi (pubblicato poi nella Gaz-zetta Ufficiale del 10 gennaio2011). Tale accordo aveval’obiettivo di eliminare le dispa-rità di accesso nelle varie Re-gioni: da novembre 2010 in poitutti i farmaci autorizzati da AI-FA e considerati da AIFA ave-re il requisito della innovativitàterapeutica “importante”, odella innovatività terapeutica“potenziale” avrebbero dovu-to essere disponibili, immedia-tamente, su tutto il territorionazionale italiano, anche senzail formale inserimento dei pro-dotti nei PTR ospedalieri. Talifarmaci, e quindi anche i farma-ci oncologici innovativi, devo-

Le terapie innovative prendono sempre più piedema resistono gli ostacoli che ne frenano l’accesso

RAPPORTO SULLA CONDIZIONE ASSISTENZIALE DEI MALATI ONCOLOGICI/L’OFFERTA DEL SISTEMA PAESE

di Stefania Gori * e Massimo Di Maio *

L’ingresso di un farmacoin Italia prevedediversi passaggi:dal via libera dell’Emafino all’inserimentonei prontuari regionali,un percorso “a scalini”che ancora subiscerallentamenti

* AIOM

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no essere inseriti in un elencoaggiornato periodicamente dal-l’AIFA.Nonostante questi progressilegislativi, continuano a persi-stere a oggi rilevanti problema-tiche.1. Non uniforme inserimento

in tutti i PTR regionali dei far-maci antitumorali ad alto co-sto autorizzati da AIFA senzail requisito dell’innovatività;2. problematiche relative all’ef-fettiva disponibilità dei farmaciautorizzati all’impiego nella prati-ca clinica, legata alla negoziazio-

ne del prezzo di rimborso traazienda farmaceutica e AIFA;3. problematiche relative aicriteri con i quali, in ogni singo-la Regione, sono stati identifi-cati i centri autorizzati alla pre-scrizione dei farmaci ad altocosto. ●

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RAPPORTO SULLA CONDIZIONE ASSISTENZIALE DEI MALATI ONCOLOGICI

Le finestre regionali

Piemonte

Valle d’Aosta

Lombardia

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P.A. Bolzano

P.A. Trento

Veneto

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Emilia Romagna

Friuli Venezia Giulia

Liguria

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Toscana

Umbria

Marche

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Abruzzo

Molise

Lazio

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Puglia

Basilicata

Campania

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Calabria

Sardegna

Sicilia

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Le malattie cronico-degenerative rappre-sentano la principa-le causa di invaliditàe morte nei paesi

sviluppati. Esse comprendonoprincipalmente le patologieneoplastiche, cardio-vascolari,broncopolmonari, epatiche eneuromuscolari. In generale siconnotano per evoluzione sfa-vorevole nel medio-lungo peri-odo e inguaribilità, per cui iltrattamento di tali condizioni èfinalizzato a rallentarne la pro-gressione, ridurne gli episodi diriacutizzazione e il numero dicomplicanze prevedibili.Nel loro insieme determinanoelevatissimi costi umani e socia-li e l’inguaribilità associata aprognosi sfavorevole entro no-vanta giorni dalla conoscenzadella persona configura un qua-dro di terminalità (cfr SocietàItaliana Cure Palliative).La fase terminale di malattia èspesso caratterizzata da impor-tanti necessità sanitarie eun’elevata dipendenza da sog-getti terzi per le normali attivi-tà quotidiane e, in molti casi,accentuazione dei bisogni socia-li. Durante tale fase della vita,nell’impossibilità di rallentare ildecorso di malattia, sul pianosanitario si rende imperativa lagestione dei sintomi maggior-mente invalidanti e delle com-plicanze eventualmente inter-

correnti. A questo scopo è de-stinato il complesso delle curepalliative che si rivolgono, inmaniera attiva e totale, alla ge-stione clinica delle persone col-pite da una malattia inguaribilee che avrà come diretta evolu-zione la morte del pazienti(OMS). Il concetto di cure pal-liative sposta, necessariamente,l’asse dell’intervento dall’inten-to di curare l’assistito a quellodi prendersene cura.Il presente testo ha quindi loscopo di descrivere e formaliz-zare il percorso diagnostico, te-rapeutico-assistenziale (PDTA)relativo alla presa in carico deisoggetti in condizione di termi-nalità oncologica e non, limita-tamente all’utenza in età adultao anziana. In particolare vengo-

no di seguito descritte le com-petenze e responsabilità deiservizi sanitari territoriali, le in-terconnessioni tra le diverseparti del sistema, le modalità dicomunicazione e collaborazio-ne con le realtà ospedaliera eresidenziale esistenti in un com-plessivo concerto di funzioniche vanno quindi a costituire lalocale Rete Territoriale per leCure Palliative.

Considerazioni preliminarie generali

Lo scopo principale della ReteTerritoriale per le Cure Palliati-ve (di seguito nel testo: Rete) èquello di garantire al cittadinoche si trova in condizioni diterminalità la certezza del so-stegno sanitario e di welfareterritoriale. Attraverso un per-corso dotato di valenza diagno-stica, terapeutica e assistenzia-le, gli operatori coinvolti nellagestione del singolo caso pro-cederanno a una presa in cari-co globale dell’assistito.L’organizzazione complessivadella Rete vede nella domicilia-rità uno dei valori fondanti delproprio intervento. In altri ter-mini si intende l’ospedale gene-rale come sede di gestione del-l’acuzie di malattia, mentre lefasi finali della vita hanno comeluogo elettivo di cura il territo-rio.Allorquando, per ragioni socia-li o cliniche, la domiciliarità fos-

Pdta per pazienti terminali: percorso personalizzatodall’«intento di cura» al «prendersi cura» del malato

RAPPORTO SULLA CONDIZIONE ASSISTENZIALE DEI MALATI ONCOLOGICI

di Lino Del Favero *, Nicola Delli Quadri * e Francesco Cobello *

La fase terminaledella malattia necessitadella completa gestionedei sintomi invalidantie delle complicanze:il cittadino ha dirittoalla certezza delle curee del pieno sostegnodel welfare territoriale

* Federsanità ANCI

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se impossibile da praticare èlecito il ricovero dell’assistitopresso la residenza dedicatatra quelle disponibili nella reteterritoriale (Hospice in caso dineoplasia avanzata, malattianeurologica o AIDS, RSA inpresenza di scompenso cardia-co terminale ecc.).Si conviene quindi che il deces-so di un assistito debba e possaavere luogo lontano dall’am-biente ospedaliero.Nell’odierna cornice organizza-tiva di coincidenza con gli Am-biti Territoriali comunali, il Di-stretto Sanitario è anche l’ele-mento di raccordo con i Servi-zi Sociali Comunali (SSC) pertutti quei casi di malattia aggra-vata o resa ingestibile da pro-blemi di assistenza di base, red-dito, habitat.

Équipe di lavoroper le cure palliative

La complessità dello scenariodomiciliare di fine vita derivada un insieme di variabili clini-che, psicologiche, assistenziali,economiche e abitative, taleper cui la possibilità di un ap-proccio monoprofessionale èsolo saltuariamente possibile.L’inevitabile coinvolgimento dimolteplici operatori, afferenti adiversi servizi, deriva pertantoda un insieme di bisogni com-plesso, articolato e intrecciato.Medici, infermieri, psicologi, fi-sioterapisti, assistenti sociali,sono esempi di professionalitàche devono spesso collaborarenella progettazione condivisa esostenibile di un percorso so-cio-sanitario personalizzato la-vorando in un assetto d’équipemultiprofessionale per le curepalliative (di seguito: équipe).

Il percorsodiagnostico-terapeutico-assistenziale

Il percorso di cura relativo allaterminalità prevede le fasi disegnalazione, valutazione, pre-sa in carico sanitaria o, se indi-cato, socio-sanitaria integrata.Di seguito i dettagli relativi aidiversi momenti del PDTA.Segnalazione, valutazionee requisiti dell’assistitoLa notizia di un cittadino cheversa in condizioni di terminali-tà con necessità di cure palliati-ve è di per sé un’idonea segna-lazione. Se proveniente da sog-getti o enti non sanitari (asso-ciazioni, cittadinanza, persona-le SSC ecc.), la segnalazione vasuffragata da parte del persona-

le ASS che accerterà la presen-za di tutti i requisiti che concor-rono a definire la condizione diterminalità.In presenza di una segnalazionecorrettamente suffragata, perpoter attuare un PDTA in ambi-to di cure palliative domiciliari,devono essere soddisfatte alcu-ne pre-condizioni:- la volontà dell’assistito e deifamiliari, mediante esplicitoconsenso a proseguire a domi-cilio il percorso di cure;- la sostenibilità clinica da partedella Rete e la sostenibilità assi-stenziale domiciliare del nucleofamiliare che circonda l’assistito;- la compatibilità dell’ambientedomestico (igiene, impianti, spa-

zi, accessibilità, sicurezza) conle condizioni cliniche dell’assi-stito e con il programma previ-sto di cure palliative.La presain carico dell’assistitoL’approccio proposto nel pre-sente documento prevede quin-di una Rete con i caratteri dellaflessibilità: tenendo come pun-to fermo il Nucleo speciale perle cure palliative (NSCP), sovra-distrettuale, gli operatori pro-fessionalmente e territorial-mente competenti (a partiredal MMG) si costituirannospontaneamente a formarel’Équipe che procederà alla pre-sa in carico e alla nomina delcase manager. In presenza dibisogni e requisiti idonei, l’Équi-pe svolgerà un lavoro integratocon l’assistente sociale di zona.Diversamente dalla semplicesomma di interventi dei singolioperatori, il lavoro di Équipepresuppone:- discussione e confronto aper-to nell’analisi dei bisogni e delleaspirazioni della persona;- definizione e consenso circagli obiettivi da perseguire e per-corsi da intraprendere;- formalizzazione e verbalizza-zione di ogni decisione collegia-le in forma di Progetto Perso-nalizzato (di seguito: Progetto);- ripartizione di compiti e re-sponsabilità all’interno del-l’Équipe, tempistiche di attua-zione;- realizzazione di incontri perio-dici tra operatori per l’aggiorna-mento reciproco e la rivaluta-zione del Progetto;- costante comunicazione tramembri della Équipe;- nomina di un operatore lea-der nella gestione del caso, se-condo il modello del case mana-gement.- Il Progetto di cure palliati-ve è il risultato di una valutazio-

Il Pdta domiciliaredeve soddisfare alcuneprecondizioni: consensodell’assistito, sostenibilitàdi territorio e famiglia,condizioni igieniche

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ne multidimensionale e multi-professionale operata dall’Équi-pe, cui consegue l’insieme delleiniziative volte a garantire la mi-glior qualità di vita possibile,prevenire o ridurre i ricoveriospedalieri impropri ed evitabi-li, corrispondere all’assistitotutti i diritti che le attuali nor-me prevedono.Il Progetto deve contenere l’in-tera attività programmata, ov-vero una precisa descrizionedei bisogni emersi e degli obiet-

tivi proposti; tradotto in prati-ca, dovranno essere acclaratifinalità e numero di accessi do-miciliari previsti su base setti-manale (o altro intervallo tem-porale) da parte di ciascunaprofessionalità. Oltre agli acces-si domiciliari, troveranno spa-zio nell’attività programmataanche tutte le iniziative in cuinon sia previsto il contatto di-retto con l’assistito. Rientranoin tale novero, ad esempio, lecertificazioni, l’organizzazione

dei trasporti e di visite e proce-dure ambulatoriali, le già citateforniture di protesi e ausili, losvolgimento di riunioni di Équi-pe ecc.A fronte di un bisogno intercor-rente e imprevisto, insorto nel-le fasce orarie notturne e festi-ve, devono essere disponibili ilpersonale infermieristico (se-condo modalità e canali di co-municazione già in essere) e ilSistema 118, ivi compreso ilpersonale medico di Continui-tà Assistenziale. ●

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Anche per il 2013l’impegno del-l’Istituto Naziona-le di PrevidenzaSociale è stato fi-

nalizzato a garantire ai lavorato-ri-assicurati e a tutti i cittadiniche si vengano a trovare in si-tuazione di bisogno a causa dipatologie invalidanti, certezzadel diritto, trasparenza, celeri-tà, equità e omogeneità valutati-ve, affinché sempre più adegua-to e tempestivo possa risultareil sostegno solidaristico sancitodall’art. 38 della Carta Costitu-zionale in materia di previden-za e assistenza sociale.

Il settore previdenziale(assegno ordinario di invalidità epensione ordinaria di inabilità peri lavoratori assicurati INPS)

Nell’ambito della propria tradi-zionale attività previdenzialel’INPS, ormai da più di 15 anni,gestisce con modalità telemati-ca l’intero flusso amministrati-vo e sanitario delle domandeproposte dai propri assicuratiper il riconoscimento del dirit-to all’assegno di invalidità e allapensione di inabilità. In partico-lare l’accertamento medico le-gale, compresa la maggior par-te degli eventuali esami comple-mentari (effettuati perlopiù daspecialisti interni), è svolto,presso i Centri Medico Legaliprovinciali dell’Istituto, da par-te di un singolo medico valuta-tore e poi verificato e definitiva-mente validato dal medico lega-

le con funzioni di responsabiledell’Unità Operativa interessa-ta. L’intera attività, peraltro, ècostantemente monitorata, sot-to il profilo della tempistica edella corrispondenza delle valu-tazioni a criteri uniformi su tut-to il territorio nazionale, dalCoordinamento Generale Me-dico Legale INPS.Tale impostazione ha permes-so di conseguire in tale ambitorisultati confortanti sia sottol’aspetto della tempestività del-le risposte, essendo attualmen-te il tempo medio nazionale trala domanda e la conclusionedell’iter sanitario pari a 50 gior-ni (tabella 1), sia sotto il profilodell’equità e omogeneità valuta-tiva.Anche nel 2013 le patologieneoplastiche hanno rappresen-tato la principale causa di rico-noscimento del diritto tanto

per l’assegno ordinario di invali-dità (“permanente riduzione del-la capacità lavorativa in occupa-zioni confacenti alle attitudini ameno di un terzo”), che soprat-tutto, per la pensione di inabili-tà (“assoluta e permanente im-possibilità di svolgere qualsiasi at-tività lavorativa”) con un trend,peraltro, in costante crescitanel corso degli ultimi anni.Tra le patologie oncologiche, ilcarcinoma mammario, in corre-lazione con la sua alta frequen-za, continua a costituire la prin-cipale causa di riconoscimentodel diritto all’assegno per invali-dità parziale mentre il carcino-ma polmonare, pur meno fre-quente ma a prognosi sicura-mente più severa, è la principa-le patologia neoplastica correla-ta alla concessione della pensio-ne per inabilità assoluta e per-manente.

Il settore assistenziale(invalidità civile, handicap, colloca-mento mirato, cecità, sordità)

L’intero processo in materia as-sistenziale (certificazione intro-duttiva, domanda, calendarizza-zione delle visite, redazione delverbale da parte delle Commis-sioni Mediche Integrate pressole ASL, giudizio definitivo INPS,eventuale visita diretta INPS,comunicazioni con il cittadino,eventuale fase concessoria) èstato progettato secondo unmodello totalmente informatiz-zato, adeguato, se opportuna-mente utilizzato anche dalle

Il ruolo dell’Inps tra la necessità di semplificazionee le nuove esigenze assistenziali per gli oncologici

RAPPORTO SULLA CONDIZIONE ASSISTENZIALE DEI MALATI ONCOLOGICI

a cura del Coordinamento generale medico legale Inps

In quindici annidi passaggioai procedimenti digitalii tempi medi nazionalidell’iter burocraticoe sanitarioper il riconoscimentoall’assegno di invaliditàsono scesi a 50 giorni

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ASL, a garantire quanto previ-sto per i pazienti neoplasticidall’art. 6, comma 3, della L. 9marzo 2006, n. 80 in materia ditempestività (invito a visita en-tro i 15 giorni dalla domanda)ed efficacia provvisoria per i ri-conoscimenti di invalidità civilee handicap.In tale modello operativo unavariabile indipendente dal con-trollo dell’Istituto è costituitadalla durata della fase ASL, siaper ciò che riguarda il tempo diattesa per la convocazione avisita che per quel che riguardail successivo tempo di trasmis-sione all’INPS dei verbali allor-ché questi siano redatti in for-ma cartacea e non telematica.Sotto tale ultimo profilo va ri-marcato come nel corso del2013 risulti confermato iltrend positivo già registrato

nel 2012 e in virtù del quale,per la crescente adesione daparte delle ASL alla modalitàtelematica di verbalizzazione(attraverso l’adozione dellaprocedura INPS o mediante co-operazione applicativa tra il si-stema INPS ed eventuali preesi-stenti programmi informaticiASL) e l’impegno dell’Istitutonella dematerializzazione deiverbali ancora trasmessi in for-ma cartacea, la percentuale deiverbali informatizzati è ormaiprossima alla totalità (97% nel2012 e 96% nel 2013 controsolo il 68% del 2011).Tutto ciò ha consentito nel2013 un ulteriore lieve conteni-mento dei tempi medi di rispo-sta al cittadino anche per i ver-bali ancora redatti in forma car-tacea dalle commissioni ASL(106 giorni nel 2013, 110 nel

2012) con una conferma so-stanziale della maggior celeritàdei verbali telematici (93 giorninel 2013, 92 nel 2012).Il flusso è sostanzialmente piùrapido nel caso delle visite ef-fettuate per patologie neoplasti-che ex lege 80/2006, risultandopari a 79 giorni per i verbalioncologici cartacei e a 61 perquelli telematizzati.È doveroso rilevare come il nu-mero di istanze per patologianeoplastica correttamente con-trassegnate, da parte del medi-co che ne ha redatto il certifica-to introduttivo, con l’indicazio-ne dell’applicabilità dell’art. 6comma 3 della L. 80, sia sensi-bilmente cresciuto passandoda 61.467 del 2011 a 199.613nel 2012 e a 205.422 nel 2013.L’obiettivo dell’equità e del-l’omogeneità delle valutazionisu tutto il territorio nazionaleè stato perseguito attraversol’istituzione di un organo tecni-co scientifico, la CommissioneMedica Superiore, cui sono at-tribuiti compiti di verifica, digestione dell’autotutela, quan-do ne ricorrano i presupposti,di consulenza tecnico-profes-sionale, di studio e promozio-ne scientifica, anche attraversol’emanazione di linee-guida me-dico legali atte a colmare, spe-cie in una materia come quellaoncologica in costante e rapidaevoluzione, le crescenti caren-ze e inadeguatezze delle vigen-ti tabelle indicative per l’invali-dità civile, risalenti, com’è no-to, al febbraio 1992 e mai revi-sionate.

L’unificazionedel procedimentomedico-legale in INPS

Il 2013 ha visto l’avvio di unnuovo modello proceduraleche, attuato in applicazione deldettato dell’art. 18, comma 22

Settore previdenziale: tempi medi di definizione 2013(dati regionali e nazionale)

RegioneTempi medi di definizione (in giorni)

Totale Faseamministrativa

Fasesanitaria

Abruzzo 55 19 36Basilicata 50 24 26Calabria 57 35 22Campania 55 29 26Emilia Romagna 44 17 27F.V. Giulia 49 34 15Lazio 82 38 44Liguria 43 16 27Lombardia 36 15 21Marche 42 16 26Molise 75 42 33Piemonte 38 17 21Puglia 55 21 34Sardegna 57 22 35Sicilia 37 12 25Toscana 49 24 25Trentino A. A. 58 36 22Umbria 37 21 16Valle d’Aosta 36 26 10Veneto 39 19 20Media nazionale 50 24 26

Tabella 1

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della Legge 15 luglio 2011, n.111, può costituire un ulterio-re strumento di semplificazio-ne e garanzia per i cittadini. Lanorma citata, infatti, prevedeche “ai fini della razionalizzazio-ne e dell’unificazione del procedi-mento relativo al riconoscimentodell’invalidità civile, della cecitàcivile, della sordità, dell’handicape della disabilità, le regioni, an-che in deroga alla normativa vi-gente, possono affidare all’Istitu-to nazionale della previdenza so-ciale, attraverso la stipula di spe-cifiche convenzioni, le funzioni re-lative all’accertamento dei requi-siti sanitari”.La prima convenzione stipula-ta in tal senso è stata quellatra Regione Campania e INPSe ha previsto il progressivoaffidamento dell’accertamen-to sanitario all’Istituto attra-verso l’avvio di una prima fasesperimentale limitata alla solacittà di Avellino. In forza ditale convenzione, a partire dal1˚ luglio 2013, il Centro medi-co legale INPS di Avellino svol-ge l’intero accertamento (visi-ta e giudizio medico legale de-finitivo) in materia di invaliditàcivile, cecità, sordità, handicape disabilità per i cittadini iviresidenti.Nell’ambito della medesimaconvenzione con la RegioneCampania ha avuto luogo, nei

primi mesi dell’anno in corso,l’affidamento a INPS delle fun-zioni relative all’accertamentodei requisiti sanitari anche perle province di Caserta, Bene-vento e Salerno.Per analoghe successive con-venzioni con la Regione Siciliae la Regione Veneto, si è recen-temente avviata anche in taliregioni una fase sperimentaledi affidamento a INPS dell’inte-ro procedimento sanitario nel-l’ambito delle province di Tra-pani, Venezia e Verona. È at-tualmente in fase di perfeziona-mento la convenzione con laRegione Lazio e con la RegioneBasilicata.Tale nuova procedura ha com-portato e comporterà, per tut-ti i cittadini richiedenti, una ri-duzione dei tempi d’attesa,scongiurando, peraltro, la pos-sibilità che si rendano necessa-rie due visite ravvicinate (unaASL e una successiva INPS) perla formulazione del giudizio me-dico legale definitivo.Per i cittadini con patologia on-cologica, in particolare, l’INPS,gestendo direttamente l’interafase sanitaria, è nelle condizio-ni di garantire l’avvio preferen-ziale a visita secondo il dispo-sto della Legge 80/2006, non-ché una valutazione più omoge-nea ed equa attraverso la siste-matica applicazione delle linee-

guida valutative promulgate dalCoordinamento Generale Me-dico Legale nel novembre2012, alla cui osservanza i medi-ci INPS, a differenza dei compo-nenti delle commissioni ASL,sono vincolati.

Il certificato oncologicointroduttivo:stato dell’applicazione

Come preannunciato nel prece-dente rapporto, al fine di garan-tire la più corretta valutazionedelle patologie neoplastiche,l’INPS ha ritenuto necessarioprevedere per i pazienti onco-logici uno specifico certificatotelematico introduttivo che, re-datto dall’oncologo curante,possa fornire ai medici valutato-ri tutte le informazioni clinichee prognostiche necessarie allaformulazione del giudizio medi-co legale. Tale certificato, ela-borato con la fondamentale col-laborazione di AIOM, è statodefinitivamente rilasciato inprocedura nel mese di settem-bre 2013.

Il numero delle domandee dei beneficidi invalidità civileper patologie neoplastiche

Il numero complessivo dei ver-bali informatizzati definiti perpatologia oncologica nel 2013è risultato pari a 172.185(224.080 nel 2012 e 94.726 nel2011) a dimostrazione di un ef-ficace smaltimento, nel corsodell’anno precedente, degli ar-retrati.Le neoplasie (tabella 2) costi-tuiscono il 24% del totale del-le domande definite (25% nel2012), con un indice di accogli-mento (misurato dal rapportotra i verbali definiti con rico-noscimento di diritto a presta-zioni e il totale dei definiti)pari al 76%.

Grupponosologico Definite Accolte con prestazione

economica

Neoplasie 172.185 24% 130.045 76%

Disturbi psichici 154.284 22% 121.427 79%

M. del sistema nervoso e sensi 128.770 18% 94.161 73%

M. del sistema circolatorio 77.592 11% 32.911 42%

M. ossa e tessuto connettivo 58.073 8% 21.701 37%

Altre malattie 126.010 18% 69.097 55%

Totale 716.914 100% 469.342 65%

Tabella 2

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Il riconoscimentodell’handicap gravenelle patologie neoplastiche,con particolare riguardoall’età pediatrica

Com’è noto, l’accertamentodella condizione di handicap haper oggetto non la menomazio-ne in sé ma lo svantaggio socia-le che da essa derivi, tenendoconto delle interazioni tra l’og-gettiva condizione biologica emolteplici fattori extrabiologi-ci, soggettivi, ambientali, familia-ri e sociali; l’handicap, inoltre,si connota come grave allorchécomporti una riduzione della“autonomia personale, correlataall’età” tale “da rendere necessa-rio un intervento assistenziale per-manente, continuativo e globalenella sfera individuale o in quelladi relazione” (Legge 104/92, art.3, comma 3).In considerazione della gravitàdelle patologie neoplastiche pe-diatriche, delle particolari esi-genze terapeutiche a esse con-nesse, ma anche e soprattuttoin forza della considerazioneche “la diagnosi di cancro in unminore costituisce inevitabilmen-te un evento devastante per i fa-miliari del piccolo paziente indu-cendo nell’intera famiglia di ap-partenenza e non solo nello stret-to nucleo genitoriale, dinamichepsico-relazionali che finiscono persovvertirne l’assetto pre-patolo-gia”, la Commissione MedicaSuperiore INPS, con messag-gio del 26 luglio 2012, indirizza-to a tutti i medici dell’Istituto,ha stabilito che “per i minoriaffetti da patologia neoplastica sidebba riconoscere, in ogni caso,la sussistenza della condizione dihandicap con connotazione digravità, almeno per il periodo incui necessitano di trattamento te-rapeutico e/o di controlli cliniciravvicinati”.

Conclusioni,criticità e prospettive

Il 2013 ha indubbiamente fattoregistrare significativi passiavanti tanto nella informatizza-zione dei verbali di invalidità ci-vile che nella percentuale di do-mande per patologia neoplasti-ca correttamente avviate (daparte del medico che redige ilcertificato introduttivo) secon-do le previsioni dell’art. 6, com-ma 3 della Legge 80/2006.Peraltro, allo scopo di rendereeffettive, in tutti i casi di primaistanza, le garanzie previste dal-la norma citata, nel corso del2012 l’INPS aveva formalmente

dichiarato la propria disponibili-tà, a oggi non recepita nellesedi competenti, a intervenirecon immediata visita diretta, invia sussidiaria, per i cittadiniche vedano trascorrere il ter-mine dei 15 giorni dalla doman-da senza che le ASL abbianoesperito l’accertamento.Inoltre per le visite di revisionedi benefìci già concessi, laddo-ve la ASL non provveda neitempi previsti alla convocazio-ne a visita, l’INPS, allo scopo digarantire tempestività nell’ac-certamento e continuità del-l’eventuale diritto, ha provvedu-to ad avocarle a sé, inserendo-le nell’ambito del piano di verifi-che annuali disposto dal legisla-

tore. Va sottolineato con soddi-sfazione come nel 2013, grazieal perfezionamento di specifi-che convenzioni tra Regioni eINPS, si sia avviata in alcuneregioni (Campania, Sicilia e Ve-neto) una nuova modalità di ac-certamento delle condizioni diinvalidità civile, handicap, ceci-tà, sordità e disabilità, che vedel’affidamento ad INPS dell’inte-ra fase sanitaria. Ciò non potràche portare a maggior semplici-tà, equità e celerità della valuta-zione medico legale.Criticità e prospettivein ambito assistenzialeLa fondamentale criticità ri-scontrabile nella valutazionedell’invalidità civile per le pato-logie neoplastiche è senza dub-bio costituita dalla disomoge-neità rilevabile non solo traaree geografiche e regioni di-verse ma talora anche tra pro-vincie di una stessa regione oterritori Asl di una medesimaprovincia. Ciò dipende essen-zialmente dal fatto che: 1) lavalutazione dell’invalidità civilenelle patologie neoplastiche èimpostata, in base alle vigentitabelle del 1992, su un criterioessenzialmente prognostico; 2)le vigenti tabelle prendono inconsiderazione solo le condi-zioni prognostiche estreme(cod. 9322: “Neoplasie a progno-si favorevole con modesta com-promissione funzionale: fisso 11”;cod. 9325 “neoplasie a prognosiinfausta o probabilmente sfavore-vole..: fisso 100%”) imponendo,per i casi a prognosi più incer-ta, una valutazione per analogiaproporzionale; la reale progno-si dei casi concreti, differendoda neoplasia a neoplasia e trastadio e stadio della stessa pa-tologia ed essendo in costanteevoluzione parallelamente al-l’evolversi delle terapie, spesso

La collaborazionecon le Regioni porteràa una sempre maggioresemplicità, celerità,equità della valutazionemedico-legale

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eccede le competenze dellecommissioni valutatrici.Per far fronte a tale situa-zione, l’INPS, in attesa cheil Legislatore dia l’avvio al-l’auspicato aggiornamentodelle tabelle, ha fornito (lu-glio 2012) a tutti i proprimedici specifiche linee-gui-da, attuali sotto il profilodei criteri classificativi econ indicazioni valutativeorientative tali da garanti-re un riferimento analogi-co omogeneo su tutto ilterritorio nazionale, pur incostanza del riferimento al-le tabelle del 1992. Recen-temente (15 maggio 2014)si è insediato presso il Mini-stero della Salute un“Gruppo di lavoro ristret-to” con la partecipazionedi un rappresentante INPSper tradurre tali linee-gui-da in “nuove tabelle indica-

tive per l’invalidità civile”.Inoltre, al fine di assicurare aimedici valutatori un’agevole di-sponibilità delle informazionicliniche e prognostiche neces-sarie, l’Istituto, in collaborazio-ne con l’AIOM e grazie al rac-cordo operativo garantito dallaFAVO, ha realizzato, rilascian-dolo in procedura nel settem-bre 2013, un certificato intro-duttivo oncologico la cui reda-zione è affidata all’oncologo cu-rante. Tuttavia i dati relativi aiprimi 5 mesi dal rilascio di taleprocedura non sono particolar-mente incoraggianti indicandocome essa sia stata utilizzata inmeno dell’1% delle domande diinvalidità civile presentate nel-lo stesso periodo per pazienticon neoplasia. Per rendere ef-fettiva la valenza del certificatooncologico introduttivo si im-pone quindi ulteriore sforzocollaborativo tra AIOM, FAVO

e INPS finalizzato a una capilla-re informazione degli oncologiclinici sulla disponibilità e sul-l’importanza, per la tutela delpaziente/cittadino, di tale pro-cedura. A tal proposito va sot-tolineato come l’AIOM, confer-mando la già nota sensibilità al-le problematiche sociali deipropri pazienti, abbia inteso ri-servare all’argomento una spe-cifica sessione nell’ambito delprossimo congresso annualedegli oncologi medici italiani.Criticità e prospettivein ambito previdenzialeIn tale ambito permangono in-solute le criticità già rilevatenel precedente rapporto circala difformità dei criteri definito-ri e accertativi dell’invaliditàper i lavoratori privati e pubbli-ci. È auspicabile in tal senso unintervento uniformatore daparte del Legislatore. ●

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Intervenire per ottenere che i farmaci oncologici essenziali vengano immediata-mente resi disponibili ai malati dalla data di approvazione da parte dell’AIFA.

L’allarme lanciato dalle associazioni dei malati e degli oncologi medici ha portato all’approvazio-ne dell’accordo sull’accesso ai farmaci innovativi siglato nell’ambito della Conferenza Stato-Re-gioni il 18 novembre 2010. Il monitoraggio FAVO-AIOM del 2012 sulla effettiva applicazionedell’accordo Stato-Ragioni, evidenziava il permanere di criticità nella reale disponibilità delfarmaco per i pazienti.FAVO presterà particolare attenzione a monitorare la corretta applicazione della legge e nonmancherà di denunciare ogni eventuale comportamento scorretto e lesivo dei diritti dei pazientioncologici nei prossimi Rapporti.

LE RASSEGNE DELL’OSSERVATORIO

Modificare i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) ricomprendendovi la riabilitazio-ne oncologica. Nel Rapporto 2012, veniva sottolineata con forza la necessità di ampliare ilconcetto di appropriatezza dei LEA, finora orientata solamente all’offerta di risposta assistenzia-le piuttosto che ai bisogni dei pazienti. Proprio in questa logica, l’Osservatorio formulavaespressamente una triplice richiesta: definire con sollecitudine uno specifico Livello essenziale diassistenza per le patologie oncologiche, inserire i malati oncologici nell’elenco delle situazionidifferenziali previste, in calce alle tre macroaree dei LEA dal provvedimento del 2001, promuo-vere una sperimentazione per la realizzazione di uno specifico LEA oncologico interistituzionale,che soddisfasse le esigenze dei malati nel quadro dell’impostazione olistica prima accennata.A oggi, come lo scorso anno, il provvedimento di revisione dei LEA è fermo al Ministerodell’Economia, stante il mancato accordo in Conferenza Stato-Regioni. Sarà cura dell’Osservato-rio portare avanti un’azione di advocacy volta a sbloccare questa situazione di immobilità.

I semafori dell’Osservatorio sulle risposte ai bisognioncologici: un semaforo per sollecitare le istituzionidi Davide De Persis *

* FAVO

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Emanare indirizzi alle Regioni sulla riabilitazione oncologica. Quando la richiesta èstata formulata nel corso della 3a Giornata del malato oncologico, il Ministero della salute haistituito una Commissione ministeriale sul tema della riabilitazione. La Commissione ha elabora-to un documento specifico che è stato approvato dalla Conferenza Stato-Regioni. Allo statoattuale, a tre anni dall’approvazione del documento, la sua attuazione è ancora lontana, stante lamancata convocazione da parte del Ministero della Salute delle commissioni previste. In meritoallo sviluppo di questa situazione verrà riferito nel prossimo Rapporto.

Sollecitare dagli enti locali e dalla sussidiarietà territoriale una risposta efficace aicrescenti bisogni socio-assistenziali dei pazienti oncologici. Il bisogno di assistenza nonriguarda solo accertamenti diagnostici e terapie efficaci, ma concerne una molteplicità di misuresuscettibili di incidere sulla qualità della vita residua e sul reinserimento nella vita lavorativa informe compatibili con la patologia latente sottostante. I contatti avviati al riguardo non sonorisultati conclusivi, stante anche le difficoltà economiche degli enti locali, legate alla difficilecontingenza attuale.Questo fa ben sperare che, a misura che la crisi economica cesserà di incidere sull’uso dellerisorse degli enti locali, sarà possibile riprendere il discorso ed elaborare linee strategiche diintegrazione degli impegni delle ASL, dei Comuni e dell’INPS. L’attenzione dell’Osservatorio alriguardo sarà costante e l’argomento verrà ripreso nei Rapporti futuri.

Differenziare i periodi di comporto in rapporto a determinate tipologie di patolo-gia, secondo una richiesta avanzata dalla FAVO al fine di ridurre il rischio della perdita delposto di lavoro per patologie gravi come i tumori. La questione è stata sottoposta all’attenzionedel Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, evidenziando anche gli aspetti riguardanti ledifformi soluzioni pattizie che vengono recepite nei contratti nazionali di lavoro di differentisettori lavorativi. L’intervento è in corso di esame da parte del Ministero del Lavoro e dellePolitiche Sociali e delle Confederazioni Sindacali.L’Osservatorio si riserva di riferire sugli sviluppi dell’iniziativa.

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L’impegno del volontariato oncologico in Europa: De Lorenzo a capo della Europe-an cancer Patients Coalition (ECPC) e la Carta Europea dei Diritti del Malato. Per laprima volta un italiano alla guida della Coalizione europea dei malati di cancro. Il prof. FrancescoDe Lorenzo, presidente della FAVO (Federazione italiana delle Associazioni di Volontariato inOncologia), è stato eletto, a partire da giugno 2013, presidente della European Cancer PatientCoalition, che riunisce oltre 300 associazioni di malati di cancro in tutta l’Unione europea, il cuimotto è: “Niente per noi, senza noi”.Uno dei risultati più eclatanti di questi primi mesi di lavoro è stata la presentazione della CartaEuropea dei Diritti del Malato di Cancro. La Carta è una vera e propria chiamata alle armi delleistituzioni europee e nazionali per un impegno concreto nell’affrontare l’epidemia di cancro checolpisce l’Europa. L’Italia ha contribuito concretamente alla redazione della Carta Europea deiDiritti del Malato di Cancro grazie al lavoro della FAVO e di AIMaC.

Da ECPC una chiamata all’azione contro il cancro per le istituzioni europee. In vistadelle prossime elezioni europee, la Coalizione Europea dei malati oncologici (ECPC), di cuiFAVO e molte associazioni federate fanno parte, ha lanciato una Call to Action, rivolta a coloroche saranno eletti nel nuovo Parlamento Europeo e alla Commissione stessa.Lo scorso 20 marzo la Call to Action è stata presentata al parlamento Europeo, dove haricevuto un forte supporto da numerosi europarlamentari, che hanno apposto la loro firma suldocumento.

Verificare la definizione a livello europeo di indicatori di esito per valutare laqualità e l’efficacia dei trattamenti sanitari. Al riguardo, si segnala l’avvio di una nuovaforma di cooperazione europea nella forma di una Joint Action tra Ministeri della Salutedell’Unione; all’interno del programma il Ministero della Salute italiano ha ottenuto la leadershipdell’area sulla “health information”. Alla direzione dell’area è stata preposta la FondazioneIRCCS “Istituto Nazionale dei Tumori”, in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità.L’Osservatorio si riserva di monitorare l’evoluzione dell’iniziativa, sulla quale riferire nel prossi-mo Rapporto.

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Verificare lo stato di attuazione del Piano Oncologico Nazionale. Il 22 maggio 2012 tutti isenatori sia di maggioranza che di opposizione della Commissione Sanità del Senato hanno presentatouna mozione che impegnava il Governo a intervenire perché le concrete indicazioni del Piano Oncologi-co Nazionale trovassero effettiva e sollecita applicazione in tutto il territorio nazionale. A seguito diquesto sollecito, il 12 giugno 2012, con decreto del Ministero della Salute, sono stati istituiti, presso laDirezione Generale per la Prevenzione, i Gruppi di Lavoro per l’attuazione del PON.Nonostante questo passaggio, i Gruppi di Lavoro non si sono mai riuniti, e il Piano OncologicoNazionale è stato lasciato cadere, per evidente trascuratezza, con la fine della precedente legislatura.Sarà compito dell’Osservatorio sollecitare affinché quello che era nato come un vero e proprio“manifesto” per l’oncologia non rimanga lettera morta.

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LE RASSEGNE DELL’OSSERVATORIO

Gli atti normativi dell’anno 2013 a cura delle Regioni:dal Piano salute toscano alla riorganizzazione venetadi Emanuela Lista * e Davide De Persis **

* Conferenza Stato Regioni; ** FAVO

Atto Numero Data Oggetto

Regione Abruzzo

Non sono stati approvati atti di rilievo.

Regione Lazio

Decretodel Commissarioad acta

U000461 15/11/13

Ricezione dell’Intesa, ai sensi dell’art. 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n.131, tra il Governo, le Regioni, e le Province autonome di Trento e Bolzanosulla proposta del Ministero della Salute, di cui all’art. 5 della legge 15 marzo2010 n. 38, di definizione dei requisiti minimi e delle modalità organizzativenecessari per l’accreditamento delle strutture di assistenza ai malati in faseterminale e delle unità di cure palliative e della terapia del dolore.

Regione Lombardia

DGR X/1185 20/12/13Determinazioni in ordine alla gestione del servizio socio-sanitario regionaleper l’esercizio 2014 - Deliberazione annuale che definisce le regole di gestionedel Sistema Sanitario Regionale.

Regione Marche

Legge regionale 1 22/01/13 Disposizioni organizzative relative all’utilizzo di talune tipologie di farmacinell’ambito del Servizio Sanitario Regionale.

DGR 645 06/05/13

Richiesta di parere alla competente commissione consiliare sullo schema dideliberazione concernente: «Recepimento Intesa del 25 luglio 2012, ai sensidell’articolo 8 della legge 5 giugno 2003 n. 131, tra il Governo, le Regioni e leProvince Autonome di Trento e di Bolzano sulla proposta del Ministero dellasalute, di cui all’art. 5 della legge 15 marzo 2010 n. 38, di definizione deirequisiti minimi e delle modalità organizzative necessari per l’accreditamentodelle strutture di assistenza ai malati in fase terminale e delle unità di curepalliative e della terapia del dolore - Indicazioni operative».

DGR 769 28/05/13

Approvazione del documento “Linee guida sull’appropriatezza delle prestazio-ni di medicina di laboratorio. Introduzione dei test riflessi” e conseguenteaggiornamento del nomenclatore tariffario regionale delle prestazioni speciali-stiche ambulatoriali di cui alla DGR 1552 del 14 dicembre 04 ed s.m.i.

DGR 30/09/13Riordino delle reti cliniche della Regione Marche.(Rete n. 22 “Area oncologia/Ematologia medica”, Rete n. 42 Rete del dolore,Rete n. 43 Rete delle cure palliative).

Regione Sicilia

D.A 26/07/13

Recepimento dell’intesa 25 luglio 2012 di definizione dei requisiti minimi edelle modalità organizzative necessari per l’accreditamento delle strutture diassistenza ai malati in fase terminale e delle unità di cura palliative e dellaterapia del dolore, stipulata tra il Governo, le Regioni, e le Province Autono-me di Trento e Bolzano.

D.A 14/10/13 Approvazione del programma regionale per la sicurezza, appropriatezza egestione complessiva della terapia antitumorale.

DGR Rideterminazione della composizione del Coordinamento regionale per lecure palliative e terapia del dolore.

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Nota circolare as-sessoriale 95162 18/12/13

Rivisitazione modalità di accesso al sistema erogativo delle prestazioni perl’assistenza domiciliare alle persone in fase terminale che necessitano di curepalliative.

Il Piano Sanitario Regionale “Piano della Salute 2011-2013” ha previsto tra le aree prioritarie di intervento l’AreaOncologica. Per l’attuazione dello stesso sono stati avviati dei “Piani attuativi aziendali”. Nel corso del 2013, in ognuno diquesti piani sono riportate azioni dedicate alla realizzazione degli obiettivi mirati al miglioramento dell’assistenza alpaziente oncologico. Questi piani sono costantemente monitorati e verificati dall’Assessorato con la consulenza e ilsupporto di AGENAS.

Regione Toscana

DGR 21 14/01/13Piano Generale della Comunicazione degli Organi di Governo della RegioneToscana per l’anno 2013 - destina fra l’altro i fondi per l’organizzazione delleconferenze scientifica e organizzativa ITT.

DGR 31 21/01/13

Progetti per la realizzazione degli obiettivi di carattere prioritario e di rilievonazionale del Piano Sanitario Nazionale 2006-2008 ai fini dell’utilizzo dellerisorse vincolate ai sensi dell’art. 1, commi 34 e 34 bis, L. 662/1996, per l’anno2012.

DGR 32 21/01/13Istituto Toscano Tumori - Approvazione criteri per la definizione di unsistema di competenze specifiche per patologie oncologiche rare, infrequentie/o complesse.

DGR 36 21/01/13 Malattie rare: approvazione percorsi assistenziali.

DD 773 06/03/13 Core Research Laboratory (CRL) ITT - Assegnazione finanziamento AOUPisana per Unità di Ricerca “Oncogenomica”.

DGR 177 18/03/13 Core Research Laboratory dell’Istituto Toscano Tumori (CRL-ITT). Destina-zione risorse all’AOU Careggi per il triennio 2013-2015.

DGR 384 27/05/13

Piano Regionale della Prevenzione 2010-2012. Recepimento dell’Accordo53/CSR/2013 e riprogrammazione del PRP per l’anno 2013 - L’allegatocontiene le schede relative a test HPV (pag. 94) e prevenzione tumoreprostatico (pag. 115).

DGR 429 03/06/13Approvazione di uno schema di convenzione tra Regione Toscana, ISPO,aziende sanitarie e fondazione monasterio per le attività connesse alla gestio-ne del registro tumori di cui alla LR 3/2008, articolo 2.

DGR 444 10/06/13 Promozione del Polo Oncologico di Careggi: implementazione del percorso didiagnosi e cura nella logica dell’unitarietà del percorso assistenziale.

DGR 512 25/06/13 Istituto Toscano Tumori - Destinazione fondi per la promozione di stagesformativi per il personale afferente all’ITT.

DD 2803 09/07/13 Istituto Toscano Tumori - Attivazione stages formativi presso strutturenazionali e internazionali per personale afferente le strutture ITT.

DD 3062 24/07/13 Istituto Toscano Tumori - Assegnazione risorse all’AOU Careggi per ilfunzionamento del Core Research Laboratory.

DD 3254 31/07/13 Core Research Laboratory (CRL) ITT - Assegnazione finanziamento AOUPisana per Unità di Ricerca “Oncogenomica”.

DGR 907 04/11/13 Destinazione fondi all’AOU Careggi per l’organizzazione di una bibliotecavirtuale condivisa fra tutti gli attori della rete dell’Istituto Toscano Tumori.

DGR 917 04/11/13 Istituto Toscano Tumori - Bando 2013 per il finanziamento di Progetti diRicerca in campo oncologico.

DD 5090 25/11/13 ITT - Destinazione fondi all’AOU Careggi per l’organizzazione di una bibliote-ca virtuale condivisa all’interno della rete dell’Istituto Toscano Tumori.

DD 5254 04/12/13ITT - Approvazione “Bando per l’assegnazione di fondi per il finanziamento diprogetti di ricerca in campo oncologico - anno 2013 - e della relativamodulistica”.

DD 5338 04/12/13 ITT - Bando 2010 per il finanziamento di progetti in campo oncologico -Impegno delle risorse per il terzo anno dei progetti.

DGR 1058 09/12/13Sviluppo sistemi avanzati di accesso tramite Carta Sanitaria Nazionale arisorse elettroniche biomediche per l’Istituto Toscano Tumori. Destinazionerisorse anno 2014 e 2015.

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DGR 1128 16/12/13

Programma CCM 2013. Approvazione schemi Accordo di collaborazione traMinistero della Salute e Regione Toscana per disciplina degli aspetti operativie finanziari di n. 2 progetti approvati dal CCM nell’ambito del Programma2013. Assegnazione di risorse.

DGR 1163 23/12/13

Programma CCM 2013 - Area Azioni Centrali ex D.M. dell’1.3.2013. Approva-zione schema Accordo di Collaborazione tra Ministero della Salute e RegioneToscana per disciplina degli aspetti operativi e finanziari di un progettoapprovato dal CCM.

P.A. Trento

Non sono stati approvati atti di rilievo.

Regione Piemonte

DGR 34-5663 16/04/13Approvazione del piano di attività per l’anno 2013 del Dipartimento funziona-le interaziendale e interregionale “Rete Oncologica del Piemonte e della Valled’Aosta”, a norma della DGR n. 31-4960 del 28/11/12.

DGR 41-5670 16/04/13Approvazione dello schema di convenzione fra la Regione Piemonte e laRegione Autonoma Valle d’Aosta per la riorganizzazione ed il prosieguo delleattività della Rete interregionale di oncolgia e oncoematologia pediatrica.

DGR 23-5707 23/04/13

Approvazione del prosieguo nell’anno 2013 del programma regionale dierogazione del contributo per l’acquisto di parrucche, a favore di bambini,adolescenti e donne, residenti in Piemonte, affette da alopecia a seguito dichemioterapia.

Regione Valle d’Aosta

DGR 793 10/05/13Approvazione del piano di attività per l’anno 2013 del Dipartimento funziona-le interaziendale e interregionale “Rete Oncologica del Piemonte e della Valled’Aosta”.

DGR 794 10/05/13Approvazione della bozza di convenzione tra la Regione Piemonte e laRegione Autonoma Valle d’Aosta per la riorganizzazione ed il prosieguo delleattività della Rete Interregionale di oncologia e oncoematologia pediatrica.

Regione Veneto

DGR 2067 19/11/13 Istituzione della Rete Oncologica Veneta.

DGR 2122 19/11/13 Riorganizzazione della rete ospedaliera e territoriale veneta nel rispetto delPSSR 2012-2016.

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