Soluzioni Es Bottacin algebra lineare

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  • 8/9/2019 Soluzioni Es Bottacin algebra lineare

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    Università degli Studi di Bergamo

    Esercizi di Matematica II

    Francesco Bottacin

    A.A. 2002/03

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    Capitolo 1

    Spazi Vettoriali 

    1. Richiami di teoria

    1.1. Spazi vettoriali

    Sia C  un campo fissato (usualmente  C   è il campo dei numeri reali R oppureil campo dei numeri complessi  C).

    Definizione 1.1.  Uno spazio vettoriale su  C   è un insieme V  dotato di unaoperazione +V  , detta somma,

    +V   : V  × V  → V ,   (v1, v2) → v1 +V   v2,e di una operazione

     ·V 

    ·V   : C  × V  → V,   (λ, v) → λ ·V   v,detta prodotto per uno scalare, che soddisfano le seguenti proprietà: perogni  λ, λ1, λ2 ∈ C  e ogni v, v1, v2 ∈ V   si ha

    (1) (v1 +V   v2) +V   v3  =  v1 +V   (v2 +V   v3);(2)   v1 +V   v2 = v2 +V   v1;(3) esiste un elemento 0V  ∈ V   tale che  v +V   0V   = 0V   +V   v = v;(4) per ogni v ∈ V  esiste un elemento v ∈ V  tale che v+V v  =  v +V v =

    0V  . Tale elemento  v  viene indicato con −v  e detto l’opposto di  v;

    (5)   λ·V 

      (v1 +

    V   v

    2) = (λ

    ·V   v

    1) +

    V   (λ

    ·V   v

    2);

    (6) (λ1 + λ2) ·V   v = (λ1 ·V   v) +V   (λ2 ·V   v);(7) (λ1λ2) ·V   v = λ1 ·V   (λ2 ·V   v);(8) 1 ·V   v =  v.

    Gli elementi di uno spazio vettoriale  V   sono detti  vettori . Gli elementidel campo  C  sono detti  scalari .

    D’ora in poi, qualora non vi sia pericolo di confusione, l’operazione disomma in uno spazio vettoriale V   sarà indicata semplicemente con + mentreil simbolo del prodotto per uno scalare sarà omesso: si scriverà quindi v1+v2al posto di v1 +V   v2  e  λv  al posto di  λ ·V   v.

    Consideriamo ora uno spazio vettoriale  V , definito sul campo  C .

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    2 1. Spazi Vettoriali  

    Definizione 1.2.  Un sottospazio vettoriale  W   di V   è un sottoinsieme  W 

     ⊂V  tale che la restrizione a  W  delle operazioni di somma e di prodotto peruno scalare definite su  V   rende  W  uno spazio vettoriale sul campo  C .

    Dalla definizione si deduce quindi che affinché un sottoinsieme W  di V   siaun sottospazio vettoriale è necessario e sufficiente che, per ogni w1, w2 ∈ W ,si abbia w1 + w2 ∈ W ; che per ogni  w ∈ W   anche −w ∈ W ; che 0V  ∈ W ; eche, per ogni λ ∈ C  e ogni w ∈ W , anche λw ∈ W . Tutte queste condizionisi possono riassumere nella seguente:

    Proposizione 1.3.  Un sottoinsieme  W  di uno spazio vettoriale  V   sul cam-po C   è un sottospazio vettoriale se e solo se 

    λ1w1 + λ2w2

     ∈ W,

    per ogni  λ1, λ2 ∈ C  e ogni  w1, w2 ∈ W .Si noti che, se (W i)i∈I   è una famiglia di sottospazi vettoriali di  V , allora

    anche l’intersezione di tutti i  W i i∈I 

    W i

    è un sottospazio vettoriale di  V .L’analoga propriet̀a non vale invece per l’unione: se  W 1   e  W 2  sono due

    sottospazi vettoriali di V , l’unione W 1∪W 2 non è, in generale, un sottospaziovettoriale di V .

    1.2. Combinazioni lineari e basi

    Sia  V  uno spazio vettoriale su un campo  C  e siano  v1, v2, . . . , vn  dei vettoridi  V .

    Definizione 1.4.  Una combinazione lineare dei vettori  v1, v2, . . . , vn   è l’e-spressione

    λ1v1 + λ2v2 + · · · + λnvn,per  λ1, λ2, . . . , λn ∈ C .Definizione 1.5.  I vettori v1, v2, . . . , vn  si dicono linearmente indipendenti

    se l’equazioneλ1v1 + λ2v2 + · · · + λnvn  = 0V 

    ha come unica soluzione  λ1  =  λ2  = · · ·  =  λn  = 0. I vettori  v1, v2, . . . , vn   sidicono linearmente dipendenti se non sono linearmente indipendenti, cioèse esistono degli scalari  λ1, λ2, . . . , λn  non tutti nulli tali che  λ1v1 + λ2v2 +· · · + λnvn = 0V  .

    Ricordiamo il seguente risultato:

    Proposizione 1.6.   Se  v1, v2, . . . , vn  sono linearmente indipendenti e se   vsi può scrivere come loro combinazione lineare,

    v = λ1v1 + λ2v2 +

    · · ·+ λnvn,

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    1. Richiami di teoria 3  

    allora gli scalari  λ1, λ2, . . . , λn  sono determinati in modo unico.

    Sia S  un sottoinsieme dello spazio vettoriale V . Definiamo il sottospaziovettoriale generato da  S , indicato con  L(S ), come il più piccolo (per la re-lazione d’ordine data dall’inclusione) sottospazio vettoriale di  V   contenenteS   (se  S   è vuoto poniamo  L(S ) = {0}). Dato che l’intersezione di una fa-miglia di sottospazi vettoriali di   V   è un sottospazio vettoriale, si verificaimmediatamente che si ha:

    L(S ) =

    S ⊂U U,

    cioè  L(S ) è l’intersezione di tutti i sottospazi vettoriali di  V   contenenti  S .Un’altra descrizione, ancora più esplicita, di  L(S ) è la seguente:

    L(S ) =

      ni=1

    λivi | n ∈ N, λi ∈ C, vi ∈ S 

    ,

    cioè gli elementi di  L(S ) sono quei vettori di  V   che si possono esprimerecome combinazione lineare di un numero finito di elementi di  S .

    Se  S  = {v1, v2, . . . , vm}, il sottospazio vettoriale  L(S ) verrà spesso indi-cato con la notazione v1, v2, . . . , vn.

    Dato che, come abbiamo già visto, nel contesto degli spazi vettoriali l’o-perazione di unione di due sottospazi non ha delle buone proprietà (l’unionedi due sottospazi vettoriali non è un sottospazio vettoriale), tale operazione

    viene sostituita dall’operazione di somma:Definizione 1.7.   Se  W 1   e   W 2   sono sottospazi vettoriali di  V , la sommaW 1 + W 2   è il sottospazio vettoriale  L(W 1 ∪ W 2) generato da  W 1 ∪ W 2.

    Da quanto detto prima si ha che

    W 1 + W 2 = {λ1w1 + λ2w2 | λ1, λ2 ∈ C, w1 ∈ W 1, w2 ∈ W 2}.Definizione 1.8.   La somma di due sottospazi vettoriali  W 1   e  W 2  di  V   sidice diretta, e si indica con  W 1 ⊕ W 2, se si ha  W 1 ∩ W 2  = 0.

    Si verifica facilmente che se  v ∈  W 1 ⊕ W 2  allora  v  si può scrivere in ununico modo nella forma  v = w1 + w2, con  w1

     ∈ W 1  e  w2

     ∈ W 2.

    Definizione 1.9.  Un insieme di vettori {v1, v2, . . . , vm}  è detto un insiemedi generatori di  V   se  L{v1, v2, . . . , vm} =  V . In tal caso si dice anche che ivettori v1, v2, . . . , vm   generano  V .

    Definizione 1.10.  Uno spazio vettoriale V   è detto finitamente generato seesiste un insieme finito di generatori di  V .

    La relazione fondamentale tra vettori linearmente indipendenti e insiemidi generatori è contenuta nel risultato seguente:

    Proposizione 1.11.   Sia  V   uno spazio vettoriale. Sia  {v1, v2, . . . , vm}  un insieme di generatori di  V   e  {w1, w2, . . . , wr}  un insieme di vettori linear-mente indipendenti. Allora  r

     ≤ m.

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    2. Esercizi 5  

    Per terminare, la seguente formula mette in relazione le dimensioni di

    due sottospazi vettoriali di   V   con le dimensioni della loro somma e dellaloro intersezione:

    Proposizione 1.21.   Siano  U   e  W   due sottospazi vettoriali di uno spaziovettoriale  V . Allora si ha:

    dim(U  + W ) = dim U  + dim W  − dim(U  ∩ W ).

    2. Esercizi

    2.1. Definizioni

    Esercizio 1.  Si dica se gli insiemi seguenti sono degli spazi vettoriali:

    (1) L’insieme delle funzioni reali definite nell’intervallo [0, 1], continue,positive o nulle, per le operazioni di addizione e di prodotto per unnumero reale.

    (2) L’insieme delle funzioni reali  f  definite in  R, tali che

    limx→+∞

    f (x) = 0,

    per le operazioni di addizione e di prodotto per un numero reale.(3) L’insieme  A  = {x ∈  R | x >  0}, per le operazioni di somma e di

    prodotto per uno scalare definite rispettivamente da

    x ⊕ y = xy,   ∀ x, y ∈ Aλ · x =  xλ,   ∀ x ∈ A, λ ∈R.

    (4) L’insieme delle funzioni da  R   in  R  che si annullano in 1 oppure in4.

    (5) L’insieme dei polinomi di grado uguale a  n  (n   intero positivo).(6) L’insieme delle funzioni da  R  in  R, di classe  C 2, tali che

    f  + ω2f  = 0,

    con  ω ∈ R.(7) L’insieme delle funzioni reali f (x) definite nell’intervallo [0, 1], con-

    tinue, tali che    10

    f (x)sin x dx = 0.

    2.2. Basi

    Esercizio 2. Sia  V   lo spazio vettoriale dei polinomi, a coefficienti reali nellavariabile  x, di grado ≤ 3. Si verifichi che gli insiemi seguenti sono delle basidi  V :

    (1)

     {1, x , x2, x3

    };

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    6 1. Spazi Vettoriali  

    (2)

     {1, 1

    −x, x

    −x2, x2

    −x3

    };

    (3) {1, 1 + x, 1 + x + x2, 1 + x + x2 + x3}.Esercizio 3.  Nello spazio vettoriale  V   dei polinomi di grado ≤ 2 si consi-derino i polinomi

     p1(x) = x2 + x(1 − x) + (1 − x)2

     p2(x) = x2 + (1 − x)2

     p3(x) = x2 + 1 + (1 − x)2

     p4(x) = x(1 − x).`E possibile estrarre da { p1(x), p2(x), p3(x), p4(x)}  delle basi di  V ? In casoaffermativo, trovarle tutte.Esercizio 4.  Nello spazio vettoriale delle funzioni continue da  R   in  R, siconsiderino le funzioni   f 1(x) = sin x,   f 2(x) = sin2x   e   f 3(x) = sin3x. Sidica se queste funzioni sono linearmente indipendenti.

    Esercizio 5.  Si dica se, nei casi seguenti, i vettori v1, v2  e  v3   costituisconouna base di  R3. In caso negativo si descriva il sottospazio da essi generato.

    (1)   v1  = (1, 1, 1),  v2  = (3, 0, −1),  v3  = (−1, 1, −1);(2)   v1  = (1, 2, 3),  v2  = (3, 0, −1),  v3  = (1, 8, 13);(3)   v1  = (1, 2, −3),  v2 = (1, 0, −1),  v3 = (1, 10, −11).

    Esercizio 6.   In  R4 i vettori seguenti formano:(i ) un insieme libero (cioè un insieme di vettori linearmente indipendenti)?In caso affermativo, completarlo per ottenere una base di  R4, altrimentideterminare le relazioni di dipendenza lineare tra di loro ed estrarre daquesto insieme di vettori almeno un insieme libero.(ii ) un insieme di generatori? In caso affermativo, estrarne almeno una basedi R4, altrimenti determinare la dimensione del sottospazio da essi generato.

    (1)   v1  = (1, 1, 1, 1),  v2  = (0, 1, 2, −1),  v3  = (1, 0, −2, 3),v4  = (2, 1, 0,

    −1),  v5 = (4, 3, 2, 1);

    (2)   v1  = (1, 2, 3, 4),  v2  = (0, 1, 2, −1),  v3  = (3, 4, 5, 16);(3)   v1  = (1, 2, 3, 4),  v2  = (0, 1, 2, −1),  v3  = (2, 1, 0, 11),

    v4  = (3, 4, 5, 14).

    Esercizio 7.  Si determini una base del sottospazio vettoriale  V   di  R5 co-stituito dai vettori (x1, . . . , x5) che sono soluzioni del seguente sistema diequazioni lineari:

    x1 − 3x2 + x4 = 0x2 + 3x3 − x5 = 0x1 + 2x2 + x3 − x4 = 0.

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    2. Esercizi 7  

    Esercizio 8.   In  R4 siano  v1  = (1, 2, 3, 4) e  v2  = (1,

    −2, 3,

    −4).   È possibile

    determinare due numeri reali x  e  y  in modo tale che (x, 1, y, 1) ∈ L{v1, v2}?(Ricordiamo che L{v1, v2} indica il sottospazio generato dai vettori v1 e  v2.)Esercizio 9. Sia  V   uno spazio vettoriale. Si dica se le affermazioni seguentisono vere o false.

    (1) Se i vettori v1, v2  e v3  sono a due a due non proporzionali allora lafamiglia {v1, v2, v3}  è libera.

    (2) Se nessuno fra i vettori v1, . . . , vr  è combinazione lineare dei vettoririmanenti allora la famiglia {v1, . . . , vr}  è libera.

    Esercizio 10.   In   R4 siano   v1   = (0, 1, −2, 1),   v2   = (1, 0, 2, −1),   v3   =(3, 2, 2, −1),   v4   = (0, 0, 1, 0),   v5   = (0, 0, 0, 1). Si dica se le affermazioniseguenti sono vere o false.

    (1)   L{v1, v2, v3} =  L{(1, 1, 0, 0), (−1, 1, −4, 2)};(2) (1, 1, 0, 0) ∈ L{v1, v2} ∩ L{v2, v3, v4};(3) dim(L{v1, v2} ∩ L{v2, v3, v4}) = 1;(4)   L{v1, v2} + L{v2, v3, v4} = R4;(5)   L{v1, v2, v3} + L{v4, v5} = R4.

    Esercizio 11.   Si studi la dipendenza o l’indipendenza lineare dei vetto-ri seguenti, e si determini in ogni caso una base del sottospazio da essigenerato.

    (1) (1, 0, 1), (0, 2, 2), (3, 7, 1), in  R3

    ;(2) (1, 0, 0), (0, 1, 1), (1, 1, 1), in  R3;(3) (1, 2, 1, 2, 1), (2, 1, 2, 1, 2), (1, 0, 1, 1, 0), (0, 1, 0, 0, 1), in  R5.

    Esercizio 12.  Sia  V   lo spazio vettoriale dei polinomi in  x, a coefficienti inR, di grado ≤  n, con  n   intero positivo. Si dimostri che, per ogni a ∈  R,l’insieme

    {1, x − a, (x − a)2, . . . , (x − a)n}è una base di   V . Sia poi  f (x) ∈   V ; si esprima   f (x) come combinazionelineare dei precedenti polinomi. Chi sono i coefficienti di tale combinazionelineare?

    Esercizio 13.  Siano  U t  = L{u1, u2}  e  V t  = L{v1, v2}  due sottospazi di  R4,con u1 = (1, t, 2t, 0), u2 = (t,t,t,t), v1  = (t−2, −t, −3t, t) e v2 = (2, t, 2t, 0).

    (1) Si dica se esiste  t ∈ R  tale che  U t + V t  = R4.(2) Per quali t ∈ R  si ha dim(U t ∩ V t) = 1?(3) Si determini una base di  U 1 ∩ V 1  e la si estenda ad una base di  R4.

    Esercizio 14.   In  R4 si considerino i sottospazi   U   =   L{v1, v2, v3}   e  V   =L{v4, v5}, dove   v1   = (1, 2, 3, 4),   v2   = (2, 2, 2, 6),   v3   = (0, 2, 4, 4),   v4   =(1, 0, −1, 2) e v5 = (2, 3, 0, 1). Si determinino delle basi dei sottospazi U ∩V ,U , V   e  U  + V .

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    8 1. Spazi Vettoriali  

    2.3. Sottospazi Vettoriali

    Esercizio 15. Siano U  e W  due sottospazi vettoriali di uno spazio vettorialeV . Dimostrare che U ∪W   è un sottospazio vettoriale di V  se e solo se U  ⊂ W oppure  W  ⊂  U .Esercizio 16. Siano U , V   e W  tre sottospazi di uno stesso spazio vettoriale.Si dica se è vero o falso che

    U  ∩ (V   + W ) = (U  ∩ V ) + (U  ∩ W ).Esercizio 17.  Si dica se è diretta la somma dei due seguenti sottospazi diR4:   U  = L{(1, 0, 1, 0), (1, 2, 3, 4)}  e  V   = L{(0, 1, 1, 1), (0, 0, 0, 1)}.Esercizio 18.  Si considerino i seguenti sottospazi di  R4:

    U  = L{(1, 0, 1, 0), (0, 1, 1, 1), (0, 0, 0, 1)}e

    V   = L{(1, 0, 1, 0), (0, 1, 1, 0)}.Si determini un sottospazio  W  ⊂  R4 tale che  U  = V  ⊕ W , e si dica se taleW   è unico.

    Esercizio 19.  Dati i seguenti sottospazi di  R4,

    U  = L{(1, 0, 1, 0), (0, 0, 0, 1)}e

    V   = L{(1, 0, 2, 0), (0, 0, 1, 1)},esiste un sottospazio  W  ⊂ R4 tale che  U  ⊕ W   = V  ⊕ W  = R4?

    In caso affermativo si determini  W  e si dica se è unico.

    Esercizio 20.   Nello spazio vettoriale   V   dei polinomi, nella variabile   x  acoefficienti reali, di grado ≤ 5, si considerino i sottospazi seguenti:

    U 1 =

     { p(x)

     ∈ V 

     | p(0) = 0

    },

    U 2 = { p(x) ∈ V  | p(1) = 0},U 3 = { p(x) ∈ V  | x2 + 1 divide  p(x)},U 4 = { p(x) ∈ V  | p(−x) = p(x), ∀x},U 5 = { p(x) ∈ V  | p(x) = xp(x), ∀x}.

    1) Si determinino delle basi dei seguenti sottospazi:   U 1,   U 2,   U 3,   U 4,   U 5,U 1 ∩ U 2, U 1 ∩ U 3, U 1 ∩ U 2 ∩ U 3, U 1 ∩ U 2 ∩ U 3 ∩ U 4.2) Si determinino dei sottospazi  W 1   e  W 2   di  V   tali che  W 1 ⊕ U 4   =  W 2 ⊕(U 1 ∩ U 3) = V .

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    3. Soluzioni 9  

    3. Soluzioni

    3.1. Definizioni

    Svolgimento esercizio 1.  Si tratta solo di verificare, caso per caso, setutte le condizioni necessarie alla definizione di uno spazio vettoriale sonosoddisfatte.

    (1) In questo caso l’insieme in questione non è uno spazio vettoriale. Ineffetti non è neppure un gruppo abeliano rispetto all’operazione di somma,in quanto non contiene gli opposti dei suoi elementi: se  f   è una funzionecontinua   positiva   o nulla, la funzione opposta −f   sarà allora   negativa   onulla, e non apparterrà dunque all’insieme in questione.(2) Si verifica facilmente che l’insieme in questione è uno spazio vettoriale,ricordando che, se limx→+∞ f (x) e limx→+∞ g(x) esistono, allora

    limx→+∞

    (f  + g)(x) = limx→+∞

    f (x) + limx→+∞

    g(x)

    e

    limx→+∞

    (f g)(x) =

      limx→+∞

    f (x)

      limx→+∞

    g(x)

    .

    (3) Anche in questo caso l’insieme in questione è uno spazio vettoriale.Si consiglia di verificare con cura tutte le proprietà richieste. A titolo di

    esempio, verifichiamo che, dati due elementi x, y ∈ A  ed uno scalare  λ ∈ R,si haλ · (x ⊕ y) = (λ · x) ⊕ (λ · y).

    In base alle definizioni date, si ha:  λ·(x⊕y) = (xy)λ, mentre (λ·x)⊕(λ·y) =xλyλ. L’uguaglianza deriva allora dalle note proprietà delle potenze.

    (4) L’insieme in questione non è uno spazio vettoriale, non essendo chiusorispetto all’operazione di somma: infatti, sia ad esempio   f   una funzionetale che  f (1) = 0 e  f (4) = 1, e  g  una funzione tale che  g(1) = 2 e  g(4) =0. Queste due funzioni appartengono all’insieme in questione, ma la lorosomma non appartiene all’insieme dato, in quanto non si annulla né in 1 né

    in 4.

    (5) Anche questo insieme non è uno spazio vettoriale, non essendo chiusorispetto all’operazione di somma: infatti, siano ad esempio  p(x) = 2xn + 1 eq (x) = −2xn + 3 due polinomi di grado n. La loro somma è p(x) + q (x) = 4che non ha più grado  n  (almeno se  n = 0).Osservazione:   è invece uno spazio vettoriale l’insieme dei polinomi digrado minore o uguale a  n.

    (6) Questo insieme è uno spazio vettoriale (ciò è dovuto al fatto che l’equa-zione differenziale è lineare). Verifichiamo solo, a titolo di esempio, che essoè chiuso rispetto all’operazione di somma: siano dunque  f   e  g  due funzioni

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    10 1. Spazi Vettoriali  

    che soddisfano l’equazione differenziale in questione. Si ha allora:

    (f  + g) + ω2(f  + g) = f  + g + ω2f  + ω2g

    = (f  + ω2f ) + (g + ω2g) = 0 + 0 = 0.

    (7) Anche questo insieme è uno spazio vettoriale (ciò è dovuto al fatto chel’operazione di integrazione è lineare). Verifichiamo solo, a titolo di esempio,che esso è chiuso rispetto all’operazione di somma: siano dunque  f   e  g  duefunzioni che soddisfano l’equazione integrale in questione. Si ha allora:   1

    0

    (f  + g)(x)sin x dx =

       10

    f (x)sin x dx +

       10

    g(x)sin x dx = 0 + 0 = 0.

    3.2. Basi

    Svolgimento esercizio 2.   (1) Ogni polinomio   f (x) ∈   V   si scrive nellaforma

    f (x) = a0 · 1 + a1x + a2x2 + a3x3,ciò significa che i polinomi 1, x , x2, x3 sono un insieme di generatori di  V .Vediamo se sono anche linearmente indipendenti: se  a0 · 1 +  a1x + a2x2 +a3x

    3 = 0V    (0V    indica lo zero dello spazio vettoriale   V , cioè il polinomionullo), allora, per il principio di identità dei polinomi, si deve avere  a0   =a1

     =  a2

     =  a3

     = 0. Quindi {

    1, x , x2, x3

    }  è una base di  V , da cui si deduce,

    tra l’altro che  V  ha dimensione 4.

    (2) Anche in questo caso bisognerebbe dimostrare che i polinomi in que-stione sono un insieme di generatori e che sono linearmente indipendenti.Tuttavia sapendo che dim V   = 4, che è anche il numero dei polinomi dellaipotetica base, è sufficiente effettuare una sola delle due verifiche (perché?).Verifichiamo allora, ad esempio, che questi sono un insieme di generatori, ecioè che ogni polinomio  f (x) = a0 + a1x + a2x

    2 + a3x3 si può scrivere nella

    forma  λ0 · 1 + λ1(1 − x) + λ2(x − x2) + λ3(x2 − x3). Sviluppando i calcoli eduguagliando i coefficienti delle successive potenze di  x, si ottiene il sistema

    λ0 + λ

    1 = a

    0λ2 − λ1 = a1λ3 − λ2 = a2− λ3  =  a3

    che ha come soluzione

    λ3  = −a3λ2  = −a2 − a3λ1  = −a1 − a2 − a3λ0  =  a0 + a1 + a2 + a3

  • 8/9/2019 Soluzioni Es Bottacin algebra lineare

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    3. Soluzioni 11

    Si conclude che i polinomi in questione sono un insieme di generatori, e

    dunque, essendo nel numero giusto, sono una base di  V .(3) In base alle osservazioni fatte nel punto (2) è sufficiente dimostrare chei polinomi in questione sono linearmente indipendenti (oppure che sono uninsieme di generatori): sia dunque

    λ0 · 1 + λ1(1 + x) + λ2(1 + x + x2) + λ3(1 + x + x2 + x3) = 0.Sviluppando i calcoli ed uguagliando a zero i coefficienti, si ottiene il sistema

    λ0 + λ1 + λ2 + λ3  = 0

    λ1 + λ2 + λ3  = 0

    λ2 + λ3  = 0

    λ3 = 0

    che ha come unica soluzione  λ0  = λ1  = λ2  = λ3  = 0. Si conclude cos̀ı che ipolinomi in questione sono linearmente indipendenti, e dunque, essendo nelnumero giusto, sono una base di  V .

    Svolgimento esercizio 3. Lo spazio vettoriale V   dei polinomi di grado ≤ 2ha dimensione 3. Infatti una sua base è costituita dai tre polinomi {1, x , x2}(ogni polinomio di grado ≤ 2 si scrive, in modo unico, come combinazionelineare  a01 + a1x + a2x

    2 di questi tre polinomi).Con un semplice calcolo si verifica che p3(x) = 2 p1(x), quindi, se da quei

    quattro polinomi si può estrarre una base, tale base deve essere data da{ p1(x), p2(x), p4(x)}  (o, equivalentemente, da { p2(x), p3(x), p4(x)}). Tutta-via si verifica che  p4(x) =  p2(x) − p1(x), quindi i polinomi  p1(x),   p2(x) e p4(x) sono linearmente dipendenti e non costituiscono pertanto una base diV . In conclusione, dai quattro polinomi dati non è possibile estrarre unabase di V .

    Svolgimento esercizio 4.  Consideriamo una combinazione lineare a1f 1 +a2f 2 +  a3f 3  delle funzioni  f 1,   f 2   e  f 3. Supponiamo che tale combinazionelineare sia nulla (cioè sia la  funzione  nulla). Si ha dunque:

    a1 sin x + a2 sin 2x + a3 sin 3x = 0,

      ∀x

     ∈R.

    Dato che l’espressione precedente deve essere nulla per ogni valore di   x,attribuendo ad x dei valori particolari otteniamo (ad esempio):

    x =  π/2 :   a1 − a3 = 0,

    x =  π/3 :

    √ 3

    2  a1 +

    √ 3

    2  a2 = 0,

    x =  π/4 :

    √ 2

    2  a1 + a2 +

    √ 2

    2  a3 = 0.

    L’unica soluzione di tali equazioni è:   a1  =  a2 = a3 = 0. Ciò dimostra che letre funzioni date sono linearmente indipendenti.

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    12 1. Spazi Vettoriali  

    Svolgimento esercizio 5.  Eseguiamo, a titolo di esempio, la verifica solo

    nel caso (1). Dato che i vettori sono tre, e cioè il numero giusto per poteressere una base di  R3, basterà solo controllare se sono linearmente indipen-denti (oppure se sono un insieme di generatori). Posto λ1v1+λ2v2+λ3v3 = 0,si ottiene il sistema

    λ1 + 3λ2 − λ3 = 0λ1 + λ3 = 0

    λ1 − λ2 − λ3 = 0che, risolto, fornisce  λ1  = λ2  = λ3  = 0. Ciò dimostra che questi tre vettorisono linearmente indipendenti e, di conseguenza, sono una base di  R3.

    Svolgimento esercizio 6.   (1) I cinque vettori dati sono sicuramenti li-nearmente dipendenti, dato che il numero massimo di vettori linearmenteindipendenti in R4 (che coincide con la dimensione dello spazio vettoriale) è4. Infatti si vede immediatamente che  v5 = 2v1 + v4. Si verifica inoltre, conun facile calcolo, che i vettori  v1, v2, v3  e v4   sono linearmente indipendenti,e quindi costituiscono una base di  R4.

    (2) I tre vettori dati sicuramente non sono dei generatori di  R4 (che ha di-mensione 4). Si verifica comunque che essi sono linearmente indipendenti.Se introduciamo un quarto vettore   v4   = (0, 0, 1, 0) (ad esempio), si veri-fica facilmente che  v1,  v2,  v3   e  v4   sono linearmente indipendenti, e quindicostituiscono una base di  R4.

    (3) Si verifica che i quattro vettori dati sono linearmente dipendenti, infattiv4  =  v1 + v2 + v3. Pertanto essi non costituiscono una base di  R

    4. Si scoprepoi che anche v1 è combinazione lineare di v2 e  v3, si ha infatti v1 =

      32

    v2+12

    v3.In conclusione i vettori  v1  e  v4  appartengono al sottospazio generato da  v2e  v3. Infine si verifica facilmente che  v2  e  v3  sono linearmente indipendenti.In conclusione, i quattro vettori dati generano un sottospazio di dimensione2 di  R4, una cui base è data, ad esempio, dai vettori  v2   e  v3. Per ottenereuna base di R4 si possono considerare i vettori v2, v3, (0, 0, 1, 0) e (0, 0, 0, 1),che sono, come si verifica facilmente, linearmente indipendenti.

    Svolgimento esercizio 7.   Risolvendo il sistema si ottiene (ad esempioesplicitando  x1, x4  e  x5   in funzione di  x2  e  x3):

    x1  = 1

    2x2 − 1

    2x3

    x5  =  x2 + 3x3

    x4  = 5

    2x2 +

     1

    2x3

    Tale sistema ha dunque infinite soluzioni, dipendenti da due parametri. Inaltre parole, lo spazio V   delle soluzioni ha dimensione 2. Per trovare una ba-se di V   è allora sufficiente trovare due vettori, linearmente indipendenti, che

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    3. Soluzioni 13  

    siano soluzioni del sistema precedente. Tali vettori si trovano semplicemen-

    te attribuendo dei valori “qualunque” alle variabili libere  x2   e  x3   (facendoattenzione a che i vettori trovati siano linearmente indipendenti!). In prati-ca sarà sufficiente attribuire alle variabili libere alternativamente i valori 0e 1; saremo cosı̀ sicuri di ottenere dei vettori linearmente indipendenti (per-ché?). Ponendo dunque  x2  = 1 e  x3  = 0, si ottiene il vettore (

    12

    , 1, 0,  52

    , 1),

    mentre per  x2   = 0 e  x3  = 1 si ha (−12 , 0, 1,  12 , 3). Questi due vettori sonouna base di V .

    Svolgimento esercizio 8.   Il vettore (x, 1, y, 1) appartiene al sottospaziogenerato da  v1   e  v2   se e solo se esso si può esprimere come combinazionelineare di  v1  e  v2:

    (x, 1, y, 1) = λ1v1 + λ2v2.La seconda e la quarta equazione del sistema ottenuto sono, rispettivamente:2λ1 −  2λ2   = 1 e 4λ1 −  4λ2   = 1, che non hanno soluzioni comuni. Diconseguenza (x, 1, y, 1) ∈ L{v1, v2}.Svolgimento esercizio 9.   (1) L’affermazione è falsa. Per dimostrarne lafalsità basta fornire un controesempio: sia  V   =  R2,  v1  = (1, 0),  v2  = (0, 1),

    v3  = (1, 1).  È evidente che tali vettori sono a due a due non proporzionali,ma non possono essere linearmente indipendenti, dato che la dimensione diR2 è 2.

    (2) L’affermazione in questione è vera. Infatti se fosse falsa, cioè se i vettoriv1, . . . , vr  fossero linearmente dipendenti, si avrebbe

    λ1v1 + λ2v2 + · · · + λrvr  = 0,con i coefficienti  λi  non tutti nulli. Supponiamo allora che  λ j = 0. Si hadunque

    v j  = − 1λ j

    i= j

    λivi,

    e quindi il vettore   v j   sarebbe combinazione lineare dei rimanenti, control’ipotesi.

    Svolgimento esercizio 10.   Per semplicità di notazione poniamo   u1   =(1, 1, 0, 0) e  u2 = (−1, 1, −4, 2).(1) Si ha:   v1   =

      12

    (u1  + u2),   v2   =  12

    (u1 − u2),   v3   =   12(5u1 − u2), quindiL{v1, v2, v3} ⊂ L{u1, u2}. Viceversa, si ha anche:  u1 = v1+v2 e  u2  =  v1−v2,quindi   L{u1, u2} ⊂   L{v1, v2, v3}. Quindi si conclude che   L{v1, v2, v3}   =L{u1, u2}.(2) Abbiamo visto al punto (1) che u1 ∈ L{v1, v2}. Dato che u1  =   12(v3−v2),si ha anche  u1 ∈ L{v2, v3, v4}, e quindi u1 ∈ L{v1, v2} ∩ L{v2, v3, v4}.(3) Dato che  v2 ∈ L{v1, v2} ∩ L{v2, v3, v4}, si ha

    dim(L

    {v1, v2

    } ∩L

    {v2, v3, v4

    })

     ≥ 1.

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    14 1. Spazi Vettoriali  

    Ma abbiamo visto al punto (1) che anche  u1

     ∈ L

    {v1, v2

    } ∩L

    {v2, v3, v4

    }, e i

    vettori u1  e  v2  sono linearmente indipendenti, quindi

    dim(L{v1, v2} ∩ L{v2, v3, v4}) ≥ 2.D’altra parte  L{v1, v2} ∩ L{v2, v3, v4} ⊂ L{v1, v2}, quindi

    dim(L{v1, v2} ∩ L{v2, v3, v4}) ≤ 2.Si conclude quindi che dim(L{v1, v2} ∩ L{v2, v3, v4}) = 2.(4) L{v1, v2}+L{v2, v3, v4} = R4 se e solo se {v1, v2, v3, v4} è una base di R4.Si ha però v3  = 2v1 + 3v2, quindi i vettori v1, v2, v3, v4 non sono linearmenteindipendenti.

    (5)  L{v1, v2, v3} +  L{v4, v5}   =  R4 se e solo se i vettori  v1,   v2,   v3,   v4   e  v5generano  R4. Si verifica facilmente che i vettori  v1,  v2,  v4,  v5   sono linear-mente indipendenti e quindi sono una base di R4. A maggior ragione quindii vettori v1, v2, v3, v4  e  v5  generano tutto  R

    4.

    Svolgimento esercizio 11.  (1) Si verifica facilmente che i tre vettori datisono linearmente indipendenti, e quindi sono una base di  R3.

    (2) Dato che il terzo vettore è la somma dei due precedenti, i tre vettoridati non sono una base di  R3. Una base del sottospazio da essi generato ècostituita da due qualunque vettori scelti tra i tre dati.

    (3) I primi tre vettori sono linearmente indipendenti, mentre il quarto ècombinazione lineare dei primi tre. Il sottospazio da essi generato ha per-tanto dimensione tre, ed una sua base è data, ad esempio, dai primi trevettori.

    Svolgimento esercizio 12. Lo spazio vettoriale V  ha dimensione n+1 (unasua base è {1, x , x2, . . . , xn}). Per dimostrare che {1, x−a, (x−a)2, . . . , (x−a)n}   è una base di  V   è allora sufficiente dimostrare che tali polinomi sonolinearmente indipendenti. Sia

    λ0 · 1 + λ1(x − a) + λ2(x − a)2 + · · · + λn(x − a)n = 0.Osserviamo che nell’espressione precedente il termine di grado massimo è

    λnxn, da cui si deduce che  λn = 0. Si ottiene allora

    λ0 · 1 + λ1(x − a) + λ2(x − a)2 + · · · + λn−1(x − a)n−1 = 0.In questa espressione il termine di grado massimo è   λn−1xn−1, da cui sideduce che  λn−1 = 0.

    Continuando in questo modo si dimostra che tutti i coefficienti  λi   sononulli, e quindi i vettori in questione sono linearmente indipendenti, e sonodunque una base di  V .

    Sia ora  f (x) ∈ V   e poniamof (x) = λ0 + λ1(x

    −a) + λ2(x

    −a)2 +

    · · ·+ λn(x

    −a)n.

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    3. Soluzioni 15  

    Valutando l’espressione precedente per   x   =   a, si ottiene   f (a) =   λ0. Per

    determinare poi λ1   è sufficiente derivare tale espressione, ottenendo

    f (x) = λ1 + 2λ2(x − a) + 3λ3(x − a)2 + · · · + nλn(x − a)n−1,e poi valutarla per   x   =   a, ottenendo   λ1   =   f 

    (a). Derivando ancora unavolta, e valutando sempre per  x =  a, si ottiene  λ2 = f 

    (a)/2. Continuandoin questo modo si dimostra che λi  =  f 

    (i)(a)/i!, per 0 ≤ i ≤ n. In conclusionesi è dimostrato che, rispetto alla base {1, x − a, (x − a)2, . . . , (x − a)n}, ognipolinomio di grado ≤ n  si può scrivere nella forma

    f (x) =n

    i=0

    f (i)(a)

    i!

      (x

    −a)i.

    Questa non è altro che la formula di Taylor!.

    Svolgimento esercizio 13.  (1) Innanzitutto si ha

    U t + V t  =  L{u1, u2, v1, v2}.Notiamo che  u2 − 2u1 = v1, ciò prova che i vettori  u1, u2, v1, v2  sono linear-mente dipendenti, quindi non sono una base di  R4. Di conseguenza  U t + V tnon è mai uguale a  R4.

    (2) Per quanto visto nel punto (1), si ha   v1 ∈

      U t ∩

     V t, per ogni   t. Di

    conseguenza è dim(U t ∩ V t) ≥ 1, per ogni  t. Tuttavia si ha anche dim(U t ∩V t) ≤ 2, dato che U t e  V t hanno al più dimensione 2, inoltre dim(U t ∩V t) = 2se e solo se  U t   =  V t   e dim U t   = 2. Cerchiamo dunque per quali valori dit   è   U t   =   V t. Dato che   v1 ∈   U t ∩ V t, per ogni   t, basta vedere per qualivalori di  t  si può scrivere  v2  come combinazione lineare dei vettori  u1  e  u2:v2  =  λ1u1 + λ2u2. Si ottiene cos̀ı il sistema

    λ1 + tλ2  = 2

    tλ1 + tλ2  =  t

    2tλ1 + tλ2  = 2t

    tλ2  = 0

    che ha soluzione se e solo se  t  = 0. Quindi, per   t  = 0, si ha  U t  =  V t, soloche ora è dim U t  = dim V t = 1, e quindi anche in questo caso la dimensionedi  U t ∩ V t   è 1. In conclusione, dim(U t ∩ V t) = 1 per ogni t ∈ R.(3) Per quanto visto nei punti precedenti,  v1  è una base di  U t ∩ V t, per ognit. Ponendo   t  = 1 si ottiene dunque  v1   = (−1, −1, −3, 1). Per completarequesta base ad una base di  R4 è sufficiente trovare altri tre vettori  w1,  w2e  w3   in modo che  v1, w1, w2, w3   siano linearmente indipendenti. Si verificafacilmente che   w1   = (1, 0, 0, 0),   w2   = (0, 1, 0, 0) e   w3   = (0, 0, 1, 0) vannobene.

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    16 1. Spazi Vettoriali  

    Svolgimento esercizio 14.   Un vettore  w

     ∈  U 

     ∩ V   si può scrivere nella

    forma seguente:

    w =  λ1v1 + λ2v2 + λ3v3 = λ4v4 + λ5v5.

    Risolvendo il sistema cos̀ı ottenuto si trova che:

    λ1 = 2λ4

    λ2 = −12

    λ4

    λ3 = 3

    2λ4

    λ5 = 0.

    Pertanto lo spazio vettoriale  U  ∩ V   ha dimensione 1 ed una sua base è datadal vettore  w  che si ottiene ponendo, ad esempio,   λ4  = 2, nella soluzioneprecedentemente trovata:   w = 4v1 − v2 − 3v3 = (2, 0, −2, −2).

    Una base di U   è data dai vettori  v1, v2 e v3, dato che essi sono linearmenteindipendenti (la verifica è immediata).

    Anche i vettori  v4   e  v5  sono linearmente indipendenti, quindi sono unabase di V .

    Infine, si vede facilmente che i vettori  v1,   v2,   v3   e  v5  sono linearmenteindipendenti (mentre   v4   è combinazione lineare di   v1,   v2   e   v3). Pertan-

    to lo spazio vettoriale   U  + V    coincide con  R4 e una sua base è data da{v1, v2, v3, v5}  (oppure si prenda la base canonica di  R4).

    3.3. Sottospazi Vettoriali

    Svolgimento esercizio 15.  Se  U  ⊂  W   (risp.  W  ⊂  U ) allora  U  ∪ W   = W (risp.  U  ∪ W   = U ) ed è dunque un sottospazio vettoriale.

    Viceversa, supponiamo che  U ∪ W  sia un sottospazio vettoriale, ma  U  ⊂W   e   W  ⊂   U . Ciò significa che esiste un vettore   u ∈   U   con   u ∈   W   edun vettore  w

     ∈  W   con  w

     ∈ U . Dato che  u, w

     ∈  U 

     ∪ W , e questo è uno

    spazio vettoriale, si deve avere   u +  w  ∈   U  ∪  W , e dunque   u +  w ∈   U oppure   u +  w  ∈   W . Se   u +  w  ∈   U , si ha   u +  w   =   u  ∈   U   e dunquew   =   u −  u ∈   U , contro l’ipotesi che   w  ∈   U . Analogamente se fosseu  +  w  ∈   W   si concluderebbe che   u ∈   W , contro l’ipotesi. Da questaconclusione assurda si deduce allora che l’ipotesi è falsa, ossia che U  ∪ W non può essere un sottospazio vettoriale se  U  ⊂ W   e  W  ⊂ U .Svolgimento esercizio 16.  Tale uguaglianza è falsa. Per provarlo bastafornire un controesempio: in  R2 si considerino i sottospazi  U   =  L{(1, 1)},V   = L{(1, 0)}  e  W   = L{(0, 1)}. Si ha allora  U  ∩ (V   + W ) = U  ∩ R2 = U ,mentre (U 

     ∩V ) + (U 

     ∩W ) =

     {0

    }+

    {0

    } =

     {0

    }.

  • 8/9/2019 Soluzioni Es Bottacin algebra lineare

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    3. Soluzioni 17  

    Svolgimento esercizio 17.  Dire che la somma di due sottospazi vettoriali

    è diretta equivale a dire che la loro intersezione è nulla (cioè ridotta alvettore nullo). Un vettore appartiene all’intersezione di  U   di V  se e solo sesi può scrivere nel modo seguente:

    w =  λ1(1, 0, 1, 0) + λ2(1, 2, 3, 4) = µ1(0, 1, 1, 1) + µ2(0, 0, 0, 1).

    Risolvendo il sistema cos̀ı ottenuto si scopre che, ad esempio, il vettorew  = (−1, 1, 2, 2) appartiene a  U  ∩ V . Da ciò si deduce che la somma di  U e  V   non è diretta.

    Svolgimento esercizio 18. Poniamo u1 = (1, 0, 1, 0), u2 = (0, 1, 1, 1), u3 =(0, 0, 0, 1),  v = (0, 1, 1, 0), in modo che  U  = L{u1, u2, u3}  e  V   = L{u1, v}. Ivettori u1, u2  e u3  sono linearmente indipendenti, quindi dim U  = 3. Ancheu1 e  v  sono linearmente indipendenti, quindi dim V   = 2. Inoltre v  =  u2−u3,quindi  V  ⊂ U .

    Per ragioni di dimensione un sottospazio  W   tale che  V  ⊕ W   =  U   deveavere dimensione 1, sia quindi w  una sua base. Il vettore  w  deve soddisfarele seguenti condizioni: (i) w ∈ V , e (ii) u1, v  e  w  devono generare U . Si vedeallora facilmente che  w   =  u3   soddisfa le condizioni richieste. Altrettantofacilmente si vede che anche la scelta w  =  u2 soddisfa le condizioni richieste;si deduce pertanto che il sottospazio  W   richiesto esiste ma non è unico.

    Svolgimento esercizio 19. Poniamo u1  = (1, 0, 1, 0), u2  = (0, 0, 0, 1), v1 =

    (1, 0, 2, 0),  v2  = (0, 0, 1, 1). I sottospazi  U   e  V  hanno entrambi dimensione2 (la verifica è immediata), pertanto un sottospazio   W   con le proprietàrichieste, se esiste, deve avere dimensione 2: poniamo allora W   = L{w1, w2}.Il problema si riduce allora a determinare due vettori   w1   e   w2   tali che{u1, u2, w1, w2}  e {v1, v2, w1, w2}  siano entrambe delle basi di  R4. Si scoprefacilmente che i vettori   w1   = (1, 0, 0, 0) e   w2   = (0, 1, 0, 0) soddisfano leproprietà richieste, quindi un tale sottospazio  W   esiste. Tuttavia anche lascelta  w1  = (1, 0, 0, 0) e  w2  = (0, 1, 1, 0) fornisce un sottospazio  W   (diversodal precedente) che soddisfa le condizioni richieste. Si conclude quindi che,come nell’esercizio precedente, tale sottospazio  W  non è unico.

    Svolgimento esercizio 20.  (1) Ogni polinomio di grado ≤  5 si scrive inmodo unico come segue: p(x) = a0 + a1x + a2x

    2 + a3x3 + a4x

    4 + a5x5.

    Da ciò si deduce che lo spazio vettoriale  V  ha dimensione 6, ed una sua baseè data dai polinomi 1,  x, x2, x3, x4,  x5.

    La condizione   p(0) = 0 equivale a  a0   = 0. Il sottospazio   U 1   è quindicostituito dai polinomi della forma

     p(x) = a1x + a2x2 + a3x

    3 + a4x4 + a5x

    5.

    Si deduce che  U 1  ha dimensione 5 ed una sua base è

     {x, x2, x3, x4, x5

    }.

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    19/286

    18 1. Spazi Vettoriali  

    La condizione   p(1) = 0 equivale a   a1   =

     −2a2

     − 3a3

     − 4a4

     − 5a5. Il

    sottospazio  U 2   è quindi costituito dai polinomi della forma p(x) = a0 + (−2a2 − 3a3 − 4a4 − 5a5)x + a2x2 + a3x3 + a4x4 + a5x5.

    Si deduce che U 2 ha dimensione 5 ed una sua base è {1, x2−2x, x3−3x, x4−4x, x5 − 5x}.

    La condizione che  p(x) sia divisibile per  x2 + 1 equivale a dire che  p(x)si scrive come segue:

     p(x) = (x2 + 1)(b0 + b1x + b2x2 + b3x

    3).

    Si deduce che U 3 ha dimensione 4 ed una sua base è {(x2+1), (x2+1)x, (x2+1)x2, (x2 + 1)x3

    }.

    La condizione  p(−x) = p(x) equivale a  a1  = a3  = a5  = 0. Il sottospazioU 4   è quindi costituito dai polinomi della forma

     p(x) = a0 + a2x2 + a4x

    4.

    Si deduce che  U 4  ha dimensione 3 ed una sua base è {1, x2, x4}.La condizione  p(x) =  xp(x) equivale a  a0  =  a2  =  a3  =  a4  =  a5  = 0. Il

    sottospazio  U 5   è quindi costituito dai polinomi della forma

     p(x) = a1x.

    Si deduce che  U 5  ha dimensione 1 ed una sua base è {x}.I polinomi in  U 1

     ∩U 2  devono soddisfare contemporaneamente le condi-

    zioni  a0  = 0 e a1 = −2a2 − 3a3 − 4a4 − 5a5. Il sottospazio  U 1 ∩ U 2   è quindicostituito dai polinomi della forma

     p(x) = (−2a2 − 3a3 − 4a4 − 5a5)x + a2x2 + a3x3 + a4x4 + a5x5.Si deduce che  U 1 ∩ U 2  ha dimensione 4 ed una sua base è {x2 − 2x, x3 −3x, x4 − 4x, x5 − 5x}.

    U 1 ∩ U 3   è costituito dai polinomi della forma p(x) = (x2 + 1)(b0 + b1x + b2x

    2 + b3x3),

    tali che p(0) = 0, che equivale a b0 = 0. Si deduce che U 1∩U 3 ha dimensione3 ed una sua base è

     {(x2 + 1)x, (x2 + 1)x2, (x2 + 1)x3

    }.

    Imponendo ai polinomi in U 1∩U 3 di soddisfare alla condizione che defini-sce U 2, si scopre che deve essere  b1  =

      32

    b2−2b3. Il sottospazio U 1∩U 2∩U 3 haquindi dimensione 2 ed una sua base è {(x2+1)(2x2−3x), (x2+1)(x3−2x)}.

    Per terminare, si vede ora facilmente che  U 1 ∩ U 2 ∩ U 3 ∩ U 4  = 0.(2) Ricordando che la base di   U 4   trovata precedentemente è {1, x2, x4},si deduce che un sottospazio  W 1   che soddisfa le condizioni richieste è, adesempio,  W 1  =  L{x, x3, x5}.

    Analogamente, osservando che il sottospazio  U 1 ∩ U 3  ha dimensione 3 enon contiene polinomi di grado ≤ 2, si deduce che il sottospazio W 2 generatodai polinomi 1,  x e  x2 soddisfa le condizioni richieste.

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    Capitolo 2

    Applicazioni Lineari e Matrici 

    1. Richiami di teoria

    1.1. Applicazioni lineari

    Siano  V   e  W  due spazi vettoriali sul corpo  C .

    Definizione 1.1.  Una funzione  f   : V  → W   è detta lineare sef (v1 + v2) = f (v1) + f (v2)

    e

    f (λv) = λf (v),

    per ogni  v, v1, v2 ∈

     V   e per ogni  λ ∈

     C .

    Osservazione 1.2.   Nella letteratura matematica si incontra spesso la se-guente terminologia. Una funzione lineare   f   :  V  →   W   è anche detta unomomorfismo. Se  f   è iniettiva è chiamata monomorfismo, se è suriettivaè chiamata epimorfismo, mentre se è biiettiva è detta isomorfismo. Unafunzione lineare  f   : V  → V   è chiamata endomorfismo. Se essa è biiettiva èdetta automorfismo.

    Le due proprietà che caratterizzano un’applicazione lineare si possonoriunire nella seguente uguaglianza:

    f (λ1v1 + λ2v2) = λ1f (v1) + λ2f (v2),

    per ogni  v1, v2 ∈ V   e per ogni λ1, λ2 ∈ C .Fissiamo ora una base {v1, . . . , vn}  di V  e una base {w1, . . . , wm}  di  W .

    Se  v ∈ V  si scrive comev = λ1v1 + · · · + λnvn,

    dalla linearità di  f  segue che

    f (v) = λ1f (v1) + · · · + λnf (vn).Quindi per conoscere f (v), per ogni v ∈ V , è sufficiente conoscere le imma-gini dei vettori di base,  f (v j), per  j  = 1, . . . , n.

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    20 2. Applicazioni Lineari e Matrici  

    D’altra parte  f (v j)

     ∈ W , quindi si può scrivere

    f (v j) = a1 jw1 + a2 jw2 + · · · + amjwm =m

    i=1

    aijwi.

    Si conclude quindi che la funzione  f   è unicamente determinata dai coeffi-cienti aij ∈ C , per  i = 1, . . . , m, j  = 1, . . . , n.Definizione 1.3.  La matrice  A  dell’applicazione lineare  f   :  V  →  W , ri-spetto alle basi di  V   e  W  fissate, è l’insieme dei coefficienti  aij, organizzatiin uno schema rettangolare come segue:

    A =

    a11   a12   · · ·   a1na21   a22

      · · ·  a2n

    ...   ...   . . .   ...am1   am2   · · ·   amn

    .Osservazione 1.4.  Si noti che la matrice di una applicazione lineare  f   :V  → W   è definita solo quando sono state fissate delle basi degli spazi vet-toriali V   e W , e che tale matrice dipende dalla scelta delle basi. Una stessaapplicazione lineare f  avrà in generale matrici diverse rispetto a basi diverseper gli stessi spazi vettoriali (vedremo in seguito quali relazioni esistono tramatrici diverse che rappresentano la stessa applicazione lineare rispetto abasi diverse).

    1.2. Matrici

    Richiamiamo ora le definizioni e i principali risultati della teoria delle matriciche ci serviranno in seguito.

    Definizione 1.5.  Una matrice  A, a coefficienti nel campo C , è uno schemarettangolare di numeri  aij ∈ C , organizzati come segue:

    A =

    a11   a12   · · ·   a1na21   a22   · · ·   a2n

    ...  ...

      . . .  ...

    am1   am2   · · ·   amn

    .

    Sia M C (m, n) l’insieme delle matrici con m righe e n colonne a coefficientiin  C . In questo insieme si definisce un’operazione di somma come segue:se   A   = (aij) e   B   = (bij) sono due matrici in   M C (m, n), la loro sommaC  = A + B   è la matrice  C  = (cij ) i cui coefficienti sono

    cij  = aij + bij.

    Si definisce anche il prodotto di una matrice  A = (aij) ∈ M C (m, n) peruno scalare  λ ∈ C  come segue:

    λA = (λaij).

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    1. Richiami di teoria 21

    Si verifica senza difficoltà che l’insieme  M C (m, n), con le operazioni di som-

    ma e prodotto per uno scalare appena introdotte, è uno spazio vettoriale suC  di dimensione mn. Una sua base naturale è costituita dalle matrici  E ij   icui elementi sono tutti nulli, tranne l’elemento di posto  ij  che è uguale a 1.

    Sia ora A ∈ M C (m, n) e B ∈ M C (n, r) (cioè il numero di  colonne  di A   èuguale al numero di righe  di  B . Si definisce il prodotto (righe per colonne)delle matrici A  e  B  come segue:   C  = AB   è la matrice C  = (cij) ∈ M C (m, r)i cui elementi sono dati dalla seguente espressione:

    cij  =n

    l=1

    ailblj .

    Si noti che il prodotto fra due matrici  A  e  B  non è sempre definito, bisognainfatti che il numero di colonne di  A  sia uguale al numero di righe di  B . Inparticolare può essere definito il prodotto  AB  ma non il prodotto  BA.

    Proposizione 1.6.  Il prodotto di matrici gode delle seguenti propriet à:

    (1)   Siano  A, B ∈ M C (m, n)  e  C  ∈ M C (n, r). Allora (A + B)C  = AC  + BC ;

    (2)   Siano  A ∈ M C (m, n)  e  B, C  ∈ M C (n, r). Allora A(B + C ) = AB  + AC ;

    (3)   Siano  A ∈ M C (m, n),  B ∈ M C (n, r)  e  C  ∈ M C (r, s). Allora A(BC ) = (AB)C ;

    (4)   Siano  A, B ∈ M C (n, n). Allora in generale sarà AB = BA;

    (5)   Esiste una matrice  I  ∈ M C (n, n)  tale che A I  = I A =  A

    per ogni  A ∈ M C (n, n). Tale matrice è 

    I  =

    1 0   · · ·   00 1   · · ·   0...

      ...  . . .

      ...0 0   · · ·   1

    ed è l’elemento neutro per il prodotto di matrici.

    Osservazione 1.7.   Il prodotto di matrici appena definito presenta dellepeculiarità che lo rendono molto diverso dal solito prodotto tra numeri:non è sempre definito; non è commutativo, cioè  AB =  BA   in generale; èpossibile che  AB  = 0 con  A = 0 e  B = 0 (esistono divisori dello zero); èpossibile che  An = 0 con  A

     = 0 (esistono elementi nilpotenti). Particolare

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    22 2. Applicazioni Lineari e Matrici  

    cura va quindi esercitata nella manipolazione di prodotti di matrici. Diamo

    solo un esempio:

    (A + B)2 = (A + B)(A + B) = A2 + AB + BA + B2 = A2 + 2AB + B2.Definizione 1.8.  Sia A una matrice quadrata di ordine n. Si chiama inversadi  A, e si indica con  A−1, una matrice tale che  AA−1 =  A−1A  =   I . Unamatrice  A  è detta invertibile se esiste la sua matrice inversa.

    Se la matrice inversa di  A   esiste, è facile vedere che essa è unica. Tut-tavia non tutte le matrici sono invertibili. Vedremo in seguito quali sono lecondizioni che assicurano che una matrice sia invertibile.

    Definizione 1.9.   Sia   A   = (aij) ∈

      M C (m, n) una matrice. La matricetrasposta di  A, indicata con  AT , è la matrice in cui si sono scambiate traloro le righe con le colonne di  A, cioè  AT  = (a ji) ∈ M C (n, m).Definizione 1.10.   Sia  A  una matrice quadrata di ordine  n. La traccia diA, indicata con tr(A), è la somma degli elementi sulla diagonale principaledi  A,

    tr(A) =n

    i=1

    aii.

    Le seguenti proprietà della traccia si verificano immediatamente:

    Proposizione 1.11.   Siano  A  e  B  matrici quadrate di ordine  n. Si ha:(1) tr(A) = tr(AT );(2) tr(A + B) = tr(A) + tr(B);(3) tr(AB) = tr(BA).

    Ritorniamo ora a parlare delle applicazioni lineari tra spazi vettoriali.Consideriamo un’applicazione lineare  f   : V  → W  e indichiamo con  A  la

    sua matrice rispetto alle basi {v1, . . . , vn}  di  V   e {w1, . . . , wm}  di  W . Siav ∈ V   e scriviamo

    v =  x1v1 + · · · + xnvn.Il vettore   v   è unicamente determinato dai coefficienti   x

    1, . . . , x

    n. Questi

    coefficienti sono detti le componenti di  v  rispetto alla base fissata. In questomodo è possibile identificare il vettore v ∈ V  con il vettore (x1, . . . , xn) ∈ C n(ovviamente questa identificazione dipende dalla scelta della base di   V ).Allo stesso modo possiamo scrivere il vettore  f (v) ∈ W   come combinazionelineare dei vettori della base di  W   fissata:

    f (v) = y1w1 + · · · + ymwm,e identificare quindi il vettore  f (v) ∈  W   con il vettore (y1, . . . , ym) ∈  C m(anche questa identificazione dipende dalla scelta della base di  W ).

    Si dimostra ora facilmente il seguente risultato:

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    1. Richiami di teoria 23  

    Teorema 1.12.  Con le notazioni precedenti, si ha:

    y1y2...

    ym

    = A

    x1x2...

    xn

    ,

    dove il prodotto è il prodotto righe per colonne.

    1.3. Nucleo e immagine

    Definizione 1.13.   Sia  f   : V 

     → W  un’applicazione lineare. Il nucleo di  f ,

    indicato con Ker f   è definito come segue:

    Ker f  = {v ∈ V  | f (v) = 0}.Si verifica facilmente che il nucleo di  f   è un sottospazio vettoriale di  V 

    e che  f   è iniettiva se e solo se Ker f  = {0}.Definizione 1.14.   Sia  f   : V  → W  un’applicazione lineare. L’immagine dif , indicata con Im f   è definita come segue:

    Im f  = {w ∈ W  |w =  f (v),  per qualche  v ∈ V }.Si verifica facilmente che l’immagine di  f   è un sottospazio vettoriale di

    W . Ovviamente la funzione  f   è suriettiva se e solo se Im f  = W .Il nucleo di   f   e l’immagine di   f   sono quindi sottospazi di due spazi

    vettoriali diversi. Tuttavia le loro dimensioni sono legate dalla seguenterelazione.

    Teorema 1.15.   Sia  f   : V  → W   un’applicazione lineare. Si ha:dim(Ker f ) + dim(Im f ) = dim V.

    La dimensione del nucleo di   f   è anche nota con il nome di  nullità   dif , mentre la dimensione dell’immagine di  f   è detta  rango   di  f . Se  A  è lamatrice di f  rispetto a delle basi fissate di  V   e di W   si parla anche di nullitàe rango di A per indicare la nullità e il rango di  f .

    La nullità di una matrice   A   è quindi la dimensione dello spazio dellesoluzioni del sistema lineare omogeneo

    A

    x1...

    xn

    = 0.

    Si dimostra che il rango di una matrice  A coincide con il massimo numero dirighe linearmente indipendenti, che coincide anche con il massimo numerodi colonne linearmente indipendenti.

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    24 2. Applicazioni Lineari e Matrici  

    1.4. Cambiamento di base

    In questa sezione ricordiamo le relazioni esistenti tra matrici che rappresen-tano la stessa applicazione lineare  f   :  V  →  W  rispetto alla scelta di basidiverse per  V   e  W .

    Sia quindi  f   : V  → W  un’applicazione lineare, sia {v1, . . . vn}  una basedi   V , sia {w1, . . . wm}   una base di   W   e sia   A   la matrice di   f   rispetto aqueste basi. Fissiamo ora una nuova base {v1, . . . vn}   di   V , e una nuovabase {w1, . . . wm}   di   W , e sia   A   la matrice di   f   rispetto a queste nuovebasi. Possiamo dunque scrivere

    f (v j) =m

    i=1

    aijwi

    e

    f (v j) =m

    i=1

    aijwi

    dove gli aij  e gli  aij  sono i coefficienti delle matrici  A e  A

     rispettivamente.Ricordando ora che ogni vettore di uno spazio vettoriale si può scrivere

    come combinazione lineare dei vettori di una qualunque base, si ha:

    v j  =n

    l=1

     plj vl

    ove i plj  sono gli elementi di una matrice quadrata  P  di ordine  n. Con unanotazione più compatta, possiamo scrivere:

    (v1, . . . , vn) = (v1, . . . v

    n)P,

    ove il prodotto è il solito prodotto righe per colonne.Dato che il ruolo delle due basi di   V   è perfettamente simmetrico, si

    deduce che si deve avere

    (v1, . . . , vn) = (v1, . . . vn)P 

    −1,

    e quindi la matrice  P   deve essere invertibile.Un discorso analogo si può fare per lo spazio vettoriale  W . Si conclude

    quindi che deve esistere una matrice invertibile  Q, quadrata di ordine  m,tale che

    (w1, . . . , wm) = (w1, . . . w

    m)Q,

    e quindi

    (w1, . . . , wm) = (w1, . . . wm)Q

    −1.

    Le matrici P   e Q  sono dette, per ovvi motivi, le matrici di cambiamento dibase (in  V   e  W   rispettivamente).

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    2. Esercizi 25  

    Mettendo assieme le varie formule trovate finora, possiamo scrivere:

    f (v j) =n

    l=1

     plj f (vl) =

    nl=1

     plj

    mh=1

    ahlwh

    =n

    l=1

     plj

    mh=1

    ahl

    mk=1

    q̃ khwk  =m

    k=1

    l,h

     plj ahlq̃ kh

    wk,

    ove q̃ kh  sono i coefficienti della matrice  Q−1.

    D’altra parte si ha anche

    f (v j) =m

    k=1

    akj wk.

    Dal confronto delle due espressioni trovate si deduce che

    akj  =

    l,h

     plj ahlq̃ kh,

    ovvero, con notazione matriciale, che

    A =  Q−1AP,

    o, equivalentemente, che

    A  = QAP −1

    .Questa è la relazione che lega tra loro matrici che rappresentano la stessaapplicazione lineare rispetto a basi diverse.

    Notiamo in particolare che se W   = V , cioè se f   è una applicazione lineareda  V   in sé, allora le matrici di cambiamento di base  P   e  Q   coincidono. Inquesto caso la formula precedente diventa:

    A = P AP −1.

    Definizione 1.16.   Due matrici   A   e   A   si dicono simili se rappresentanola stessa applicazione lineare rispetto a basi diverse, cioè se esistono due

    matrici invertibili P   e  Q  tali che  A = QAP −1

    .

    2. Esercizi

    2.1. Definizioni

    Esercizio 1.  Si dica se sono lineari le seguenti funzioni:

    (1)   f   : R2 → R3, (x, y) → (x − y, x + y + 1, 0);(2)   f   : R2 → R2, (x, y) → (2x, x + y);(3)   f   : R2

    →R, (x, y)

     → sin(x

    −y).

  • 8/9/2019 Soluzioni Es Bottacin algebra lineare

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    26 2. Applicazioni Lineari e Matrici  

    Esercizio 2.  Si dica per quali valori di  t

     ∈R è lineare la seguente funzione:

    f   : R3 → R2,   (x,y,z ) → (x + ty,tyz ).Esercizio 3. Si consideri la funzione tra C-spazi vettoriali f   : C2 → C datada  f ((x, y)) =  x + ȳ, ove ȳ   indica il numero complesso coniugato di  y. Sidica se  f   è lineare (cioè  C-lineare).

    Esercizio 4.   Sia  f   :  V  →  W   un’applicazione tra due spazi vettoriali. Sidimostri che f   è lineare se e solo se il suo grafico è un sottospazio vettorialedi  V  × W .

    2.2. Applicazioni Lineari e MatriciEsercizio 5. Sia f   : V  → W  un’applicazione lineare tra due spazi vettoriali.Siano {v1, v2, v3}  una base di  V   e {w1, w2, w3, w4}  una base di  W , e  f   siadata da   f (v1) = 2w1 −  3w2  +  w4,   f (v2) =   w2 −  2w3  + 3w4   e   f (v3) =w1 + w2 + w3 − 3w4. Si scriva la matrice di  f  nelle basi date.Esercizio 6.   Siano   V   e   W   due spazi vettoriali di basi rispettivamente{v1, v2, v3}  e {w1, w2}, e sia  f   : V  → W  un’applicazione lineare di matrice(rispetto alle basi date)

    A = 2   −1 13 2

      −3 .

    (1) Si prenda per  V   la nuova base  v1  = v2 + v3,  v2  = v1 + v3, v

    3  = v1 + v2.

    Qual è la nuova matrice  A  di f  rispetto alle basi {v1, v2, v3}  e {w1, w2}?(2) Si prenda per  W   la nuova base  w1   =

      12

    (w1 +  w2) e  w2   =

      12

    (w1 − w2).Qual è la matrice  A  di  f  rispetto alle basi {v1, v2, v3}  e {w1, w2}?Esercizio 7.  Si consideri il sottospazio  V   di  C 0(R) generato dalle funzionif 1(x) =  e

    2x + cos x,  f 2(x) = cos x + sin x  e  f 3(x) = sin x. Si dimostri chef 1, f 2  e f 3  sono linearmente indipendenti e si determini la matrice (rispettoalla base {f 1, f 2, f 3}) dell’endomorfismo di  V   che ad una funzione associala sua derivata.

    Esercizio 8.   Si determinino le matrici, rispetto alle basi canoniche, ditutte le applicazioni lineari  f   :  R3 →  R4 tali che  f ((1, 2, −1)) = (0, 1, 0, 1),f ((3, −1, 2)) = (1, 2, 0, −1) e  f ((−1, 5, −4)) = (2, 0, 3, 2).Esercizio 9.   Si determinino le matrici, rispetto alle basi canoniche, ditutte le applicazioni lineari  f   :  R3 →  R2 tali che  f ((0, −2, 1)) = (3, −1),f ((1, 1, −2)) = (1, 2) e  f ((2, −4, −1)) = (11, 1).Esercizio 10.  Sia  V  l’insieme delle funzioni polinomiali a coefficienti realidi grado ≤   4 che si annullano in 0 e 1, e sia   W   l’insieme delle funzionipolinomiali a coefficienti reali di grado ≤ 3 tali che il loro integrale tra 0 e1 è nullo.

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    2. Esercizi 27  

    (1) Si dimostri che V   e W   sono due spazi vettoriali e se ne determinino delle

    basi.(2) Sia D  :  V  → W  l’applicazione lineare che associa ad una funzione la suaderivata. Si dimostri che  D   è ben definita e si determini una sua matricerispetto alle basi precedentemente trovate.

    Esercizio 11.   Sia  φλ   :  R3 →  R4 l’omomorfismo di matrice (rispetto alle

    basi canoniche)

    Aλ =

    1   λ   00   λ   01 0 10 0 0

    (1)  È vero o falso che, per ogni  λ ∈R, esiste un omomorfismo  ψ  : R4 → R3tale che  ψ ◦ φλ   sia suriettivo?(2) Per quali valori di λ  esistono  x, y,z  ∈ R  tali che, posto

    B  =

    1   x   0 00   y   0 0

    −1   z    1 0

    si abbia  BAλ = I ?

    2.3. Nucleo e ImmagineEsercizio 12.   Siano  V   e  W  due spazi vettoriali, con basi rispettivamentedate da {v1, v2, v3, v4}  e {w1, w2, w3}. Si determini la matrice, rispetto allebasi date, dell’applicazione lineare φ  :  V  → W  definita da  φ(v1) = w1 − w2,φ(v2) = 2w2 − 6w3,   φ(v3) = −2w1 + 2w2,  φ(v4) =  w2 − 3w3. Si determi-nino inoltre le dimensioni di Ker φ  e di Im φ  e si scrivano delle basi di talisottospazi. Si dica inoltre se  w1 + w2 + w3 ∈ Im φ.Esercizio 13.  Si dica se l’endomorfismo di  R3 definito da

    f ((x,y,z )) = (x + 2y, y + z, 2z − x)

    è iniettivo o suriettivo. Si determinino delle basi di Ker f  e di Im f  e si dicase la somma del nucleo e dell’immagine di f   è diretta.

    Esercizio 14.  Sia  f   : R3 → R3 l’endomorfismo definito ponendof ((1, 0, 0)) = (2, −1, 0)f ((0, 1, 0)) = (1, −1, 1)

    f ((0, 1, −1)) = (0, 2, 2).Si determini la matrice di f  rispetto alla base canonica di R3. Si determininoinoltre le dimensioni del nucleo e dell’immagine di   f   e delle basi di talisottospazi.

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    28 2. Applicazioni Lineari e Matrici  

    Esercizio 15.  Sia  f   : R3

    →R3 l’endomorfismo di matrice

    A =

    1 2 31 1 1

    1 1 1

    rispetto alla base canonica. Si determini il rango di  f  e delle basi di Ker f e di Im f .

    Esercizio 16.   Sia   V   uno spazio vettoriale di dimensione finita. Si dicasotto quali condizioni su   V   esiste un endomorfismo   φ   :   V  →   V   tale cheKer φ = Im φ.

    2.4. Rango di una MatriceEsercizio 17.  Si determini il rango della matrice

    A =

    0 1 2 11 1 1 00   −1 1 11 1 4 2

    Esercizio 18.  Si determini, al variare di a ∈ R, il rango della matrice

    A =

    0 1 2 1 01 2 2 1 1

    1 1   a   0 10   a   2a a2 0

    3. Soluzioni

    3.1. Applicazioni Lineari

    Svolgimento esercizio 1.   Ricordando la definizione di funzione lineare,si tratta solo di controllare se  f (v + w) = f (v) + f (w) e se  f (λv) = λf (v),per ogni scelta di vettori   v   e   w   e per ogni scalare   λ. Si verifica cos̀ı

    immediatamente che solo la funzione al punto (2) è lineare.Svolgimento esercizio 2.   Procedendo come nell’esercizio precedente siscopre che l’unico valore di  t  che rende lineare questa funzione è  t = 0.

    Svolgimento esercizio 3.  Si verifica immediatamente che

    f ((x1, y1) + (x2, y2)) = f ((x1, y1)) + f ((x2, y2)),

    quindi  f   è additiva. Tuttavia

    f (λ(x, y)) = λx + λy =  λx + λ̄ȳ,

    mentreλf ((x, y)) = λx + λȳ,

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    3. Soluzioni 29  

    e  λ

     = λ̄  per  λ

     ∈C. Quindi  f  non è lineare.

    Svolgimento esercizio 4.  Ricordiamo che il grafico di  f   è il sottoinsiemeΓf   di V  × W  definito da

    Γf  = {(v, w) | w =  f (v)}.Dire che Γf   è un sottospazio vettoriale equivale a dire che è chiuso rispet-to alle operazioni di somma e di prodotto scalare, cioè, per ogni (v1, w1),(v2, w2) ∈  Γf   e per ogni scalare  λ, si deve avere (v1, w1) + (v2, w2) ∈  Γf   eλ(v1, w1) ∈   Γf . Ma (v1, w1) + (v2, w2) = (v1  + v2, w1 + w2) e questo ele-mento appartiene a Γf   se e solo se   w1  + w2   =   f (v1  + v2) cioè se e solose  f (v1) + f (v2) =  f (v1 +  v2), dato che, per definizione, si ha  w1  =  f (v1)

    e   w2   =   f (v2). Analogamente si scopre che   λ(v1, w1) ∈   Γf   se e solo seλw1  =  f (λv1), cioè se e solo se  λf (v1) = f (λv1).Svolgimento esercizio 5.   Indichiamo con  A  la matrice di f . Ricordiamoche se  v  = λ1v1 +  λ2v2 +  λ3v3  (cioè se  v  ha coordinate (λ1, λ2, λ3) rispettoalla base di  V ) e se  f (v) =  µ1w1 + · · · + µ4w4  (cioè se  f (v) ha coordinate(µ1, . . . , µ4) rispetto alla base di  W ), si deve avere

    µ1...µ4

    = A

    λ1λ2

    λ3

    .

    Dalle ipotesi sappiamo che l’immagine   f (v1) del vettore   v1, che ha evi-dentemente coordinate (1, 0, 0), ha coordinate (2, −3, 0, 1). Si deve quindiavere

    2

    −301

    = A

    10

    0

    ,

    da cui si deduce che le coordinate dell’immagine del primo vettore di basecostituiscono la prima colonna della matrice  A. Lo stesso discorso si puòripetere per i rimanenti vettori di base, concludendo che le colonne della

    matrice  A  sono costituite dalla coordinate delle immagini dei vettori dellabase di V . Si ha dunque

    A =

    2 0 1−3 1 10   −2 11 3   −3

    .

    Svolgimento esercizio 6.  Dalle ipotesi sappiamo che  f (v1) = 2w1 + 3w2,f (v2) = −w1 + 2w2,  f (v3) = w1 − 3w2.(1) Sappiamo che le colonne della matrice A sono costituite dalle coordinate,rispetto alla base

     {w1, w2

    }, delle immagini dei vettori della base

     {v1, v

    2, v

    3

    }.

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    30 2. Applicazioni Lineari e Matrici  

    Basta allora calcolare  f (v1),  f (v2) e  f (v

    3). Per la linearità di f  si ha:

    f (v1) = f (v2) + f (v3) = −w2,f (v2) = f (v1) + f (v3) = 3w1,

    f (v3) = f (v1) + f (v2) = w1 + 5w2,

    da cui si deduce che

    A  =

     0 3 1−1 0 5

    .

    (2) In modo del tutto analogo, le colonne della matrice  A  sono costituitedalle coordinate, rispetto alla base {w1, w2}, delle immagini dei vettori dellabase {v1, v2, v3}. Si tratta dunque di esprimere i vettori  f (v1), f (v2) e f (v3)in funzione dei vettori  w1   e  w2. Bisognerà pertanto esprimere i vettori  w1e  w2  come combinazione lineare dei vettori della nuova base. Risolvendo ilsistema  

    1

    2(w1 + w2) = w

    1

    1

    2(w1 − w2) = w 2

    si ottiene   w1 = w

    1 + w

    2

    w2 = w1 − w2

    da cui si ricavaf (v1) = −w2  = −w1 + w2,f (v2) = 3w1 = 3w

    1 + 3w

    2,

    f (v3) = w1 + 5w2 = 6w1 − 4w2.

    La matrice  A   è quindi data da

    A  =−1 3 6

    1 3   −4

    .

    Svolgimento esercizio 7.   Supponiamo che sia   λ1f 1  +  λ2f 2 + λ3f 3   = 0.Ciò equivale a dire che la funzione

    λ1e2x

    + (λ1 + λ2)cos x + (λ2 + λ3)sin xè identicamente nulla. Considerando allora il limite per  x → +∞, e ricor-dando che sin x e cos x sono due funzioni limitate, si deduce che deve essereλ1 = 0. Si rimane allora con la funzione

    λ2 cos x + (λ2 + λ3)sin x,

    che deve essere identicamente nulla. Se poniamo, ad esempio,   x   = 0 siottiene allora   λ2   = 0, da cui segue che anche   λ3   = 0, dovendo essere lafunzione  λ3 sin x identicamente nulla. In conclusione, le tre funzioni in que-stione sono linearmente indipendenti e quindi sono una base del sottospazioV .

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    3. Soluzioni 31

    Sia ora  D :  V 

     → V   l’endomorfismo dato da  D(f ) = f . Si ha:

    D(f 1) = 2e2x − sin x = 2f 1 − 2f 2 + f 3,

    D(f 2) = − sin x + cos x =  f 2 − 2f 3,D(f 3) = cos x =  f 2 − f 3.

    Da ciò si deduce che la matrice di  D  rispetto alla base {f 1, f 2, f 3}  è

    A =

    2 0 0−2 1 1

    1   −2   −1

    .

    Svolgimento esercizio 8.  Iniziamo ponendov1  = (1, 2, −1), v2 = (3, −1, 2), v3 = (−1, 5, −4),

    w1 = (0, 1, 0, 1), w2 = (1, 2, 0, −1), w3  = (2, 0, 3, 2).Dato che una applicazione lineare è determinata, in modo unico, dalle im-magini dei vettori di una base, si deduce che, se i tre vettori   v1,   v2   e   v3sono una base di  R3 allora tale applicazione esiste ed è unica. Controlliamoallora se questi tre vettori sono linearmente indipendenti:

    λ1v1 + λ2v2 + λ3v3 = 0

    equivale a

    λ1 + 3λ2 − λ3  = 02λ1 − λ2 + 5λ3  = 0− λ1 + 2λ2 − 4λ3  = 0

    che, risolto, fornisce

    λ1  = −3λ2 + λ3λ2  =  λ3

    0 = 0.

    Si scopre cos̀ı che esistono soluzioni non nulle e, di conseguenza, i tre vettorisono linearmente dipendenti. Ponendo, ad esempio, λ3  = 1, si ottiene λ2  = 1e λ1  = −2, e quindi una relazione di dipendenza lineare fra i tre vettori è laseguente

    −2v1 + v2 + v3  = 0.Se una tale  f  esiste, per linearità si deve avere

    0 = f (−2v1 + v2 + v3) = −2f (v1) + f (v2) + f (v3) = −2w1 + w2 + w3,ma tale relazione non è soddisfatta dai vettori w1, w2  e w3. Si conclude cos̀ıche non esiste nessuna applicazione lineare con le proprietà richieste.

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    32 2. Applicazioni Lineari e Matrici  

    Svolgimento esercizio 9.  Iniziamo ponendo

    v1 = (0, −2, 1), v2  = (1, 1, −2), v3  = (2, −4, −1),w1  = (3, −1), w2  = (1, 2), w3  = (11, 1).

    Dato che una applicazione lineare è determinata, in modo unico, dalle im-magini dei vettori di una base, si deduce che, se i tre vettori   v1,   v2   e   v3sono una base di  R3 allora tale applicazione esiste ed è unica. Controlliamoallora se questi tre vettori sono linearmente indipendenti:

    λ1v1 + λ2v2 + λ3v3 = 0

    equivale a

    λ2 + 2λ3 = 0

    − 2λ1 + λ2 − 4λ3  = 0λ1 − 2λ2 − λ3 = 0

    che, risolto, fornisce

    λ2 = −2λ3λ1 = −3λ3

    0 = 0.

    Si scopre cos̀ı che esistono soluzioni non nulle e, di conseguenza, i tre vettorisono linearmente dipendenti. Ponendo, ad esempio,  λ3 = 1, si ottiene  λ1 =

    −3 e λ2  =

     −2, e quindi una relazione di dipendenza lineare fra i tre vettori

    è la seguente −3v1 − 2v2 + v3  = 0.Se una tale  f  esiste, per linearità si deve avere

    0 = f (−3v1 − 2v2 + v3) = −3f (v1) − 2f (v2) + f (v3) = −3w1 − 2w2 + w3,e tale relazione è effettivamente soddisfatta.

    Consideriamo allora v1   e  v2  e completiamoli ad una base di  R3 aggiun-

    gendo, ad esempio, il vettore  e3  = (0, 0, 1) (si controlli che  v1, v2  ed  e3  sonolinearmente indipendenti). Dato che  f   è determinata dalle immagini deivettori di una base, basta dire chi sono le immagini di   v1,   v2   ed   e3. Mamentre le immagini di  v1  e  v2  sono fissate, l’immagine di  e3  non è soggetta

    ad alcuna condizione ed è dunque arbitraria, poniamo allora  f (e3) = (a, b).Da quanto detto si deduce allora che esistono infinite applicazioni lineariche soddisfano alle condizioni richieste, ed inoltre che tali applicazioni li-neari dipendono da due parametri reali (che noi abbiamo indicato con   ae   b). Per determinare le matrici di tali applicazioni rispetto alle basi ca-noniche dobbiamo conoscere le immagini dei vettori di base   e1,   e2   ed   e3.Dobbiamo quindi determinare i vettori della base canonica in funzione deivettori della base {v1, v2, e3}. Dalle equazioni

    v1 = −2e2 + e3v2 = e1 + e2

    −2e3

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    3. Soluzioni 33  

    si ricava  

    e1 = 12

    v1 + v2 + 32

    e3

    e2 = −12

    v1 + 1

    2e3

    e si ha quindi

    f (e1) = 1

    2f (v1) + f (v2) +

     3

    2f (e3) =

    5

    2 +

     3

    2a,

     3

    2 +

     3

    2b

    ,

    f (e2) = −12

    f (v1) + 1

    2f (e3) =

    − 3

    2 +

     1

    2a,

     1

    2 +

     1

    2b

    .

    Le matrici richieste sono dunque tutte le matrici

    A =

    52

     +   32

    a   −32

     +   12

    a a32

     +   32

    b   12

     +   12

    b b

    al variare di  a, b ∈R.Osservazione:   un altro modo per risolvere questo esercizio consiste nelconsiderare una matrice incognita

    A =

    a11   a12   a13a21   a22   a23

    e nell’imporre le condizioni  Av1 = w1  e  Av2 = w2  (si noti che la condizioneAv3 = w3   è allora automaticamente soddisfatta). Si ottengono cos̀ı 4 equa-zioni nelle 6 incognite  aij  che, una volta risolte, forniranno tutte le matricirichieste.

    Svolgimento esercizio 10.   (1) Gli elementi di   V   sono i polinomi dellaforma  f (x) = a0 + a1x + a2x

    2 + a3x3 + a4x

    4 tali che f (0) = f (1) = 0, il cheequivale a richiedere che  a0   = 0 e  a0 +  a1 +  a2 +  a3 +  a4   = 0. Si ottienequindi

    V   = {−(a2 + a3 + a4)x + a2x2 + a3x3 + a4x4 | a2, a3, a4 ∈ R},che si verifica subito essere uno spazio vettoriale (cioè chiuso rispetto alleoperazioni di somma e di prodotto per uno scalare). Inoltre, attribuendo

    ad  a2, a3, a4  i valori successivamente 1, 0, 0, poi 0, 1, 0, etc., si ottengono ipolinomi  f 1(x) = x

    2 − x,  f 2(x) = x3 − x,  f 3(x) = x4 − x, che sono dunqueuna base di V .

    Gli elementi di  W  sono invece i polinomi della forma  g(x) = b0 + b1x +b2x

    2 + b3x3 tali che    1

    0

    (b0 + b1x + b2x2 + b3x

    3) dx = 0,

    che equivale a richiedere che

    b0 + 1

    2b1 +

     1

    3b2 +

     1

    4b3  = 0.

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    34 2. Applicazioni Lineari e Matrici  

    Si ha dunque

    W   =

    12

    b1 + 13

    b2 + 14

    b3

    + b1x + b2x

    2 + b3x3 | b1, b2, b3 ∈ R

    ,

    che si verifica facilmente essere uno spazio vettoriale. Ancora, attribuendoa  b1,  b2,  b3  i valori successivamente 1, 0, 0, poi 0, 1, 0, etc., si ottengono ipolinomi  g1(x) =  x −   12 ,  g2(x) =  x2 −   13 ,  g3(x) =  x3 −   14 , che sono dunqueuna base di W .

    (2) Se  f (x) ∈ V , si ha   10

    D(f (x)) dx = [f (x)]10 = f (1) − f (0) = 0,

    quindi D(f (x)) ∈ W , e dunque D è ben definita. Per determinare la matricedi  D  basta calcolare le immagini dei vettori della base di  V :

    D(f 1(x)) = 2x − 1 = 2g1(x),D(f 2(x)) = 3x

    2 − 1 = 3g2(x),D(f 3(x)) = 4x

    3 − 1 = 4g3(x),da cui si deduce che la matrice cercata è

    A =

    2 0 00 3 00 0 4

    .

    Svolgimento esercizio 11.  (1) Se  ψ ◦ φλ   :  R3 →  R3 è suriettivo, allora èanche iniettivo (e viceversa), ma questo implica che anche  φλ   è iniettivo, eciò deve valere per ogni λ. Osserviamo però che l’immagine di φλ  è generatadai vettori (1, 0, 1, 0), (λ,λ, 0, 0) e (0, 0, 1, 0), e quindi ha dimensione 2 seλ = 0. Di conseguenza, almeno nel caso  λ  = 0, φλ  non è iniettivo, quindi sene deduce che non esiste un omomorfismo ψ  con le caratteristiche richieste.

    (2) Calcolando il prodotto, si ottiene:

    BAλ =

    1   λ(1 + x) 00   λy   0

    0   λ(z − 1) 1

    che è la matrice identità se e solo se

    λ(1 + x) = 0

    λy = 1

    λ(z − 1) = 0che ammette soluzioni se e solo se  λ = 0. (Si noti che  B   è la matrice diun omomorfismo   ψ   :   R4 →   R3 e che   BAλ   è la matrice dell’applicazionecomposta  ψ ◦ φλ. Da quanto appena visto si deduce allora che, se  λ = 0,esiste  ψ  tale che  ψ ◦ φλ  sia l’identità).

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    3. Soluzioni 35  

    3.2. Nucleo e Immagine

    Svolgimento esercizio 12.  Ricordando che le colonne della matrice di  φsono costituite dalle coordinate, rispetto alla base {w1, w2, w3}, delle im-magini dei vettori della base  {v1, v2, v3, v4}, si deduce che la matrice inquestione è

    A =

    1 0   −2 0−1 2 2 1

    0   −6 0   −3

    .

    Im φ  è il sottospazio di  W  generato dai vettori  φ(v1),  φ(v2),  φ(v3) e  φ(v4).Tra questi si troverà dunque una base. In effetti, basta osservare cheφ(v3) =

     −2φ(v1) e  φ(v2) = 2φ(v4), mentre  φ(v1) e  φ(v4) sono linearmente

    indipendenti, per concludere che una base di Im φ  è costituita, ad esempio,dai vettori  φ(v1) e  φ(v4). Si ha dunque dim(Im φ) = 2 e, di conseguenza,dim(Ker φ) = dim(V ) − dim(Im φ) = 2. Per determinare una base di Ker φbasta allora trovare due vettori linearmente indipendenti che appartenganoal nucleo di φ. Dalle relazioni tra i vettori φ(vi) trovate precedentemente, edalla linearità di φ, si deduce che  φ(2v1 + v3) = 0 e  φ(v2 −2v4) = 0, quindi idue vettori 2v1 + v3  e v2 − 2v4  appartengono a Ker φ, ed essendo linearmen-te indipendenti, ne costituiscono una base. Infine il vettore  w1 +  w2 +  w3appartiene all’immagine di  φ se e solo se è combinazione lineare dei vettoriche costituiscono una base di Im φ. Si tratta allora di vedere se esistono due

    scalari  λ1  e  λ2  tali chew1 + w2 + w3  =  λ1φ(v1) + λ2φ(v4) = λ1(w1 − w2) + λ2(w2 − 3w3).

    Si ottiene cos̀ı il sistema  

    λ1  = 1

    − λ1 + λ2 = 1− 3λ2  = 1,

    che non ammette soluzioni. Si può dunque concludere che  w1 + w2 + w3 ∈Im φ.

    Svolgimento esercizio 13.  Si noti che  f   è un endomorfismo di  R3, ciòe

    un’applicazione lineare di  R3 in sé. Da ciò segue che  f   è iniettivo se e solose è suriettivo e cioè, per esempio, se e solo se Ker f  = {0}. Determiniamodunque il nucleo di  f :   f ((x,y,z )) = 0 se e solo se

    x + 2y = 0

    y + z  = 0

    2z − x = 0da cui si ottiene

    x = −2yz  =

     −y.

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    36 2. Applicazioni Lineari e Matrici  

    Si scopre cos̀ı che il nucleo di f  contiene dei vettori non nulli, che ha dimen-

    sione 1 (nel sistema precedente c’è una sola variabile libera) e che il vettore(−2, 1, −1) (corrispondente alla scelta y  = 1) ne è una base (f  non è dunquené iniettivo né suriettivo). La dimensione dell’immagine di  f   è allora datada

    dim(Im f ) = dim(R3) − dim(Ker f ) = 2,e dato che Im f   è generato dall’immagine dei vettori di un base di  R3, peresempio la base canonica, per trovare una base di Im f   basterà trovare,fra questi, due vettori linearmente indipendenti. Calcolando  f ((1, 0, 0)) =(1, 0, −1) e  f ((0, 1, 0)) = (2, 1, 0) ci accorgiamo che questi sono linearmenteindipendenti; possiamo dunque concludere che i vettori (1, 0,

    −1) e (2, 1, 0)

    sono una base di Im f . Finalmente, ricordiamo che richiedere che la sommadi due sottospazi sia diretta equivale a richiedere che la loro intersezionesia nulla (nel senso di {0}, non di ∅!). Basta allora controllare se il vettore(−2, 1, −1), che genera Ker f , si può scrivere come combinazione lineare deivettori che costituiscono una base di Im f :

    (−2, 1, −1) = λ1(1, 0, −1) + λ2(2, 1, 0).Si ottiene cos̀ı un sistema lineare che non ha soluzioni. Di conseguenza lasomma di Ker f   e Im f   è diretta e, dal computo delle dimensioni, si deduceche Ker f  ⊕ Im f  = R3.Svolgimento esercizio 14.  Le immagini dei vettori (1, 0, 0) e (0, 1, 0) co-stituiscono rispettivamente la prima e seconda colonna della matrice cerca-ta. La terza colonna è data dall’immagine del vettore (0, 0, 1). Dato che(0, 0, 1) = (0, 1, 0) − (0, 1, −1), dalla linearità di  f   segue che  f ((0, 0, 1)) =(1, −1, 1) − (0, 2, 2) = (1, −3, −1). La matrice cercata è quindi

    A =

    2 1 1−1   −1   −3

    0 1   −1

    .

    Si vede ora facilmente che Ker f  = 0, e pertanto Im f  =  R3. Come base di

    Im f  si può allora prendere la base canonica di  R3.

    Svolgimento esercizio 15.   Osservando la matrice   A   si vede immedia-tamente che rango(f ) = dimIm(f ) = rango(A) = 2. Di conseguenza, siha dimKer(f ) = 1. Una base del nucleo di   f   è allora data dal vettore(−1, 2, −1), mentre come base dell’immagine di  f  si possono prendere, adesempio, i vettori che costituiscono le prime due colonne della matrice  A.

    Svolgimento esercizio 16.   Ricordiamo che le dimensioni del nucleo edell’immagine di una applicazione lineare sono legate dalla formula

    dim V  = dim(Ker φ) + dim(Im φ).

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    3. Soluzioni 37  

    Pertanto, se esiste   φ   :   V 

      →  V   tale che Ker φ   = Im φ   si deve avere ne-

    cessariamente dim V   = 2 dim(Ker φ), cioè la dimensione di  V   deve esserepari.

    Viceversa, ci chiediamo se il fatto che V  abbia dimensione pari sia anchesufficiente a garantire l’esistenza di un endomorfismo   φ   con le caratteri-stiche richieste. Sia dunque   V   uno spazio vettoriale di dimensione 2n   efissiamo una sua base {v1, v2, . . . , v2n}. Cerchiamo ora di costruire un’ap-plicazione lineare φ tale che Ker φ = Im φ. Ricordiamo che un’applicazionelineare è determinata dalle immagini degli elementi di una base quindi,per costruire φ, basta dire chi sono  φ(v1), φ(v2), . . . , φ(v2n). Poniamo alloraφ(v1) =  φ(v2) = · · ·  =  φ(vn) = 0, in modo da ottenere che il nucleo sia ilsottospazio di  V  generato dai primi n vettori della base. Ora che conoscia-mo il nucleo basterà fare in modo che anche l’immagine di  φ  sia generatadai vettori v1, v2, . . . , vn. Dato che l’immagine è generata dall’immagine deivettori della base di  V , e dato che l’immagine dei primi  n  vettori è zero,basterà allora porre   φ(vn+1) =  v1, φ(vn+2) =  v2, . . . , φ(v2n) =  vn. Questoprova che un tale φ  esiste e quindi che la condizione che  V   abbia dimensionepari è anche sufficiente.

    3.3. Rango di una Matrice

    Svolgimento esercizio 17.  Ricordando che il rango di una matrice è ilnumero di righe (o colonne) linearmente indipendenti, è chiaro che somman-do ad una riga (o colonna) una combinazione lineare delle righe (colonne)rimanenti, oppure scambiando fra loro due righe (o colonne), il rango noncambia. Effettuando quindi questo tipo di operazioni (dette operazioni ele-mentari) sulle righe (o sulle colonne), possiamo ridurre la matrice  A  ad unaforma più semplice, in cui la determinazione del rango risulti immediata.In dettaglio, le operazioni da fare sono, ad esempio, le seguenti: scambiamola prima con la seconda riga di  A, ottenendo

    1 1 1 00 1 2 10   −1 1 11 1 4 2

    Ora sottraiamo alla quarta riga la prima, ottenendo

    1 1 1 00 1 2 10   −1 1 10 0 3 2

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    38 2. Applicazioni Lineari e Matrici  

    Ora aggiungiamo alla terza riga la seconda, ottenendo

    1 1 1 00 1 2 10 0 3 20 0 3 2

    Infine sottraiamo alla quarta riga la terza, ottenendo

    1 1 1 00 1 2 10 0 3 20 0 0 0

    Si noti come l’obiettivo da raggiungere sia quello di fare in modo che tuttigli elementi situati al di sotto della diagonale principale siano 0. A questopunto è immediato contare quante sono le righe linearmente indipendenti:nel nostro caso 3. Questo è dunque il rango di  A.

    Osservazione:  In modo del tutto analogo si possono effettuare delle ope-razioni elementari sulle colonne in modo da ottenere alla fine una matricein cui tutti gli elementi situati a destra della diagonale principale sianonulli. Tuttavia è bene non mescolare operazioni elementari sulle righe conoperazioni elementari sulle colonne.

    Presentiamo qui un altro metodo per calcolare il rango di una matrice(anche se gli argomenti necessari, e cioè i determinanti, saranno trattati soloin seguito). Ricordiamo che il rango di una matrice è il massimo ordine deiminori non nulli estratti dalla matrice. Dato che  A   è una matrice quadratadi ordine 4, esiste un solo minore di ordine 4, il determinante di   A. Percalcolare det A utilizziamo la regola di Laplace, sviluppando il determinantesecondo la prima colonna:

    det

    0 1 2 11 1 1 00   −1 1 11 1 4 2

    = − det

    1 2 1

    −1 1 11 4 2

    − det

    1 2 11 1 0

    −1 1 1

    = −

    det

    1 14 2

    − 2det

    −1 11 2

    + det

    −1 11 4

    det

     1 1−1 1

    + det

    1 21 1

    = 1 − 1 = 0.

    Abbiamo cos̀ı visto che det A = 0 quindi il rango di  A  non è 4. Dobbiamoora considerare i minori di ordine 3 estratti dalla matrice  A. Dato che ci sonoquattro modi diversi di scegliere tre righe tra le quattro della matrice  A, elo stesso vale per le colonne, ci sono 16 minori di ordine 3. Fortunatamente,

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    3. Soluzioni 39  

    se calcoliamo il minore corrispondente alle prime tre righe e tre colonne di

    A, troviamo:

    det

    0 1 21 1 1

    0   −1 1

    = − det  1 2−1 1

    = −3 = 0,

    quindi possiamo concludere che il rango di  A  è 3.Notiamo che, se calcolando questo primo minore di ordine tre avessimo

    trovato 0, avremmo dovuto considerare un altro minore di ordine tre, finoa trovarne uno diverso da zero. Se però la matrice  A avesse avuto rango 2,allora calcolando tutti i 16 possibili minori di ordine tre, avremmo sempretrovato 0. A questo punto avremmo dovuto iniziare a calcolare i minori di

    ordine due, fino a trovarne uno diverso da zero. Dato che il calcolo di undeterminante è, in generale, un calcolo piuttosto lungo, si capisce da questoesempio come, in generale, il calcolo dei minori estratti da una matrice nonsia un metodo molto efficace per la determinazione del rango.

    Svolgimento esercizio 18.  Con operazioni elementari sulle righe (vediesercizio precedente) si ottiene, alla fine, la matrice

    1 2 2 1 10 1 2 1 00 0   a   0 00 0 0   a2

    −a   0

    Si vede allora che, se  a  = 0 si ha rango(A) = 2, se a  = 1 si ha rango(A) = 3,mentre per tutti gli altri valori di  a si ha rango(A) = 4.

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    Capitolo 3

    Determinanti 

    1. Richiami di teoria

    1.1. Determinanti

    Sia A  = (aij) una matrice quadrata di ordine n  a coefficienti in un corpo C .

    Definizione 1.1.  Il determinante di  A, indicato con det A, è definito comesegue:

    det A =

    σ

    (