soluna-giveaway Web viewgenitore consegnò nelle mani del reggente Petitio Nicolassi, come...

204
Prima di ogni altra cosa, è la Fantasia che ci rende umani. 1

Transcript of soluna-giveaway Web viewgenitore consegnò nelle mani del reggente Petitio Nicolassi, come...

Prima di ogni altra cosa,

la Fantasia

che ci rende umani.

Marco Perrone

I sovrani di Pietragrezza

Marco Perrone

.Capitolo I

La terra di Sole e Luna

Soluna unimmensa distesa, accarezzata dai monti l dove il giorno sorge, e bagnata nei mari salati, sul versante opposto.

Dalle lussureggianti regioni occidentali ai malsani acquitrini doriente, valli o altopiani ospitano ogni sorta di creatura ed ambiente.

Numerose sono le genti che ne abitano le verdi pianure, tutte poste sotto la guida della citt reale Volipendra.

Re Domitio, prescelto dai divini nove, amministra le sue terre affidandosi alla saggezza degli antichi baroni.

Diversamente non potrebbe essere, data la grandezza del regno.

Soluna, unico continente conosciuto da noi uomini, deve difatti il proprio nome a questa singolare caratteristica:

i suoi territori sono talmente vasti da far s che in essi Sole e Luna si tocchino, stringendosi dentro un eterno abbraccio.

Il maestro si interruppe bruscamente, esortato dal testo verso uninaspettata riflessione che lo port a notare qualcosa di strano.

> comment con tono possente Joimy Labret, insegnante di materie borghesi l allapprenditorio.

Mersio sussult al suono della voce, colorando in un rosso tenue le guance, solitamente pallide.

Presa alla sprovvista, la sua mano rest immobile attorno al frammento di calcare grigio che stringeva tra le dita:

il ragazzo stava utilizzando loggetto per annerire i bordi della fiamma, disegnata sopra una pergamena dalla superficie ocra.

Tutti i compagni si voltarono contemporaneamente ad osservarlo, sorrisetti maliziosi giunsero dalle file di fondo e a questi si aggiunsero i ghigni, malamente occultati, del solito Romindo Guiso.

La timidezza improvvisa avvicin il volto del povero Mersio al colorito caratteristico delle grosse zucche invernali, coltivate abbondantemente nei campi limitrofi al borgo.

La distrazione laveva colto nel mezzo della lunga lettura argomentata dal maestro, il pensiero era istintivamente corso a Lucritia e a quello che gli aveva fatto vedere, appena un giorno prima.

> rincar severo Labret, ormai sul punto di perdere le staffe.

> si scus lalunno, sinceramente dispiaciuto.

Il viso di Labret era scurito dalla rabbia, rughe pronunciate scavavano le sue gote scarne fino a perdersi sotto i folti baffi castani.

>.

Quelle parole scavarono uno squarcio di paura nella mente gi turbata di Mersio, il ragazzo riusc appena ad annuire senza che la bocca pronunciasse altro.

Lira dellinsegnante aveva azzittito anche tutti gli altri, solo Guiso continu a ridacchiare sommessamente.

Il rintocco del campanaccio bronzeo, che la sentinella del borgo utilizzava per indicare la pausa pomeridiana, giunse dalla finestra come una desiderata liberazione, diverso tempo pi tardi.

Labret, unico precettore in servizio durante quella mattinata, invit i suoi tredici allievi ad incolonnarsi ed uscire ordinatamente dallapprenditorio, proseguendo adagio.

Il pavimento in pietra ruvida emetteva animati echi sotto la percussione ritmica degli stivali, indossati dai ragazzi.

Mersio accolse quel rumorio con piacere, pregustando i momenti che sarebbero seguiti; osserv le strette mura dei corridoi interni allargarsi tramite un ampio arco, lasciando agli occhi la gioia di nubi candide perse dentro un cielo azzurro e terso.

Il Sole splendeva con vigore sopra i tetti bassi e bruni della borgata, quel calore spinse il ragazzo ad affrettarsi e portare la gamba destra pi in l del consueto passo.

Un ostacolo improvviso gli blocc il piede, lasciandolo cadere al suolo.

Mentre la terra polverosa gi si depositava sui bordi della divisa color smeraldo, irrimediabilmente macchiata, Mersio ruot la testa per scrutare lorigine di quellincidente.

Occhi grossi e guance lentigginose si strinsero, schiacciate da un ampio sorriso sottostante.

> parl maliziosamente Romindo, concludendo attraverso una rumorosa quanto spregevole risata.

Il bullo trotterell saltellando fino allimbocco del viale che dallistituto conduceva al foro centrale di Viglio; anche gli altri compagni si erano ormai dispersi, eccezion fatta per il maestro Labret, solitamente impegnato a sigillare le varie finestre, prima di rincasare.

Mersio valut come sarebbe stato meglio non farsi trovare dallinsegnante in quello stato, si alz senza badare alle ginocchia doloranti e corse verso casa.

Mentre il vento gli accarezzava i lisci capelli scuri, i pensieri si rasserenarono nuovamente, incentivati dalla vista delle varie botteghe locali, coi diversi venditori e manovali impegnati a chiudere per il pranzo.

Amava a suo modo Viglio, nonostante la propria indole introversa.

Una parte dentro s percepiva sintonia verso la sicura tranquillit di quel piccolo mondo chiuso e profondamente arretrato, se paragonato ai fasti delle grandi comunit nordiche.

La serie di prospetti in legno di quercia e pietra lo avviarono verso lestesa apertura centrale, nucleo del borgo e luogo di raduno per ambulanti o circensi.

Doveva necessariamente passare di l per raggiungere la propria casa, una grande tenuta nella periferia occidentale.

Un tratto sconnesso nel sentiero gli riaccese parziale bruciore sulle ginocchia, limmagine di Romindo che lo umiliava apparve momentaneamente ma fu abile nel mandarla via.

Durante i solitari momenti di riflessione, Mersio si interrogava spesso sul motivo per cui la gente si divertisse a fare istintivamente del male, il terzogenito della ricca famiglia Guiso era un valido sprono verso simili ragionamenti.

Non lo odiava per in fondo, nel proprio intimo Mersio era consapevole di essere diverso dai coetanei presenti nellapprenditorio, e proprio questa sua condizione esortava gli altri a scansarlo o prenderlo di mira.

Ricevere degli insegnamenti in una borgata sperduta di Soluna era pur sempre un privilegio, questo lo aveva bene a mente dal giorno in cui suo padre lo condusse per mano a conoscere i propri precettori.

Era un bimbetto di appena nove primavere, eppure non manc di notare i tre sacchi di costosa polvere nera che il genitore consegn nelle mani del reggente Petitio Nicolassi, come caparra delle future lezioni.

Da allora il ciclo delle stagioni era ruotato per ben cinque volte, solo adesso che lattestato era vicino riusciva a rendersene conto.

Vedere il verdeggiante sentiero dingresso alla sua abitazione interruppe quei pensieri.

Lestate iniziava a squarciare con prepotenza il lungo inverno, le corolle variopinte ne fornivano la prova tempestando di tenui fragranze il largo giardino interno.

Fu dai petali sgargianti che emersero i primi guaiti, il tono divenne progressivamente pi giocoso prima di scomparire:

la vegetazione allora si apr fragorosamente, lasciando emergere la sagoma robusta e pelosa di Veto.

Mersio fece appena in tempo a sorridergli, lanimale domestico gli balz addosso in un lampo e quasi lo port a cadere nuovamente.

Immergere le mani dentro la folta pelliccia era sempre appagante, notare laffetto racchiuso nello sguardo amorevole della bestia accarezzava il cuore.

Vetoben, nome spesso diminuito per pura praticit, era un simpatico esemplare di orso nano, rara razza montana molto difficile da reperire.

Originale dono spontaneo da parte di un cliente del proprio padre, se ne era innamorato fin da subito e la simpatia manifestata da quel grosso cucciolo aveva pian piano conquistato anche gli altri membri della famiglia.

Il ragazzo concesse un ultimo prolungato massaggio alla macchia chiara che Veto recava sulla fronte, dopodich si conged dallanimale scostandolo a lato e spingendo la pesante porta esterna.

Il profumo accogliente emanato dai calderoni non tard ad invadere le narici, sua madre Doule era realmente una brava cuoca.

Avanzando nella spaziosa stanza antistante, Mersio not la sorella Noela seduta ai margini della lunga tavolata:

la bimba gustava piccoli bocconi di pane cotto, accompagnandoli con della carne secca.

Maori, orgoglioso esponente della famiglia Norrep nonch suo padre, rifletteva poco pi in l, intento a sfogliare alcuni documenti; i corti capelli scuri, ondulati alla radice, si posavano numerosi sopra la lente tonda dei suoi occhiali.

Poter leggere, diceva lui, costituiva un privilegio concesso a pochi, da utilizzare ogni volta che lo si poteva, riempiendo anche le pause prima dei pasti.

Doule fu la prima, come di consueto, a rivolgergli la parola:

>.

Mamma era cos, una tempesta di domande a cui Mersio rispondeva alla meglio, limitandosi a ripetere il termine Tutto bene per le volte necessarie.

Fece lo stesso anche in quelloccasione.

> esord Maori, distogliendo lo sguardo dai fogli di resina essiccata per posarlo sulla figura esile del proprio primogenito:

>.

Il ragazzo trattenne il fiato, pensoso sul da farsi.

Amava ciascuno dei suoi familiari, avrebbe dato una mano per il bene di ognuno e si sentiva in debito anche verso i progetti che il padre nutriva, coltivati dietro anni di sforzi e sacrifici.

Debiti e responsabilit differivano per dalla parola passione, questo concetto lo indusse ad aprire sommessamente bocca:

>.

Mersio intraprese la stretta scalinata per i piani superiori senza che nessuno potesse obiettarne le parole, gli occhi attenti del padre notarono di sfuggita le macchie sui bordi della sua tunica.

Doule avrebbe voluto trattenerlo, ma decise di non intromettersi; sospir preoccupata, scostandosi dal volto alcune ciocche della lunga chioma nera.

La pi composta fu s