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1 Lo sport come veicolo di supporto alle politiche di long-term care: il caso della Maratona Alzheimer Chiara Francesconi * Sessione 5 (b) - Politiche di long-term care e non-autosufficienza Paper per la IX Conferenza ESPAnet Italia “Modelli di welfare e modelli di capitalismo. Le sfide per lo sviluppo socio-economico in Italia e in Europa” Macerata, 22-24 settembre 2016 *Dipartimento di Scienze della Formazione, dei Beni Culturali e del Turismo – Università degli Studi di Macerata / [email protected]

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Lo sport come veicolo di supporto alle politiche di long-term care: il caso della Maratona Alzheimer

Chiara Francesconi *

Sessione 5 (b) - Politiche di long-term care e non-autosufficienza

Paper per la IX Conferenza ESPAnet Italia

“Modelli di welfare e modelli di capitalismo.

Le sfide per lo sviluppo socio-economico in Italia e in Europa”

Macerata, 22-24 settembre 2016

*Dipartimento di Scienze della Formazione, dei Beni Culturali e del Turismo – Università degli Studi di Macerata / [email protected]

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1) Introduzione

L’ invecchiamento della popolazione, in virtù della costante crescita delle aspettative di vita,

sta negli ultimi decenni comportando l’inevitabile aumento di malattie cronico degenerative, quali

l’Alzheimer, con le annesse forme di disabilità e non autosufficienza che nei soggetti colpiti si

insinuano silenziose già nelle prime fasi di sviluppo della patologia per poi intensificarsi lungo il

decorso fino al decesso. Sull’Alzheimer sono significative la nascita e le esperienze di alcune

associazioni che di recente focalizzano il proprio lavoro sulla costruzione di politiche di long-term

care dedicandosi in particolare alla assistenza e al rallentamento del decorso della malattia attraverso

un’offerta di servizi e attività culturali, di convivialità, sportive e formative finalizzate ad influire

positivamente sullo stile di vita dei malati e delle loro famiglie. Nel contributo qui proposto si

analizza, a tal proposito, il lavoro che negli ultimi cinque anni ha sviluppato sul territorio Romagnolo

l’associazione “Amici di casa insieme”, una realtà nata nell’ area cesenate nel 2001 a sostegno delle

attività dell’Ipab “Casa insieme”, che dal 2009 ha proseguito il suo inter autonomamente dedicandosi

in particolare a progetti tesi a ritardare il più possibile l’allontanamento dei malati da contesti sociali

allargati e da forme di partecipazione sociale. Attività di eccellenza della associazione è diventata la

Maratona Alzheimer, giunta alla sua quinta edizione, pensata per promuovere l’attività fisica come

risposta efficace contro la malattia e come veicolo d’integrazione sociale per le persone affette da

demenza. In specifico tale “grande evento”, che lo scorso anno ha varcato la soglia di 5000

partecipanti, è nato dall’idea di cogliere un aspetto comune tra i malati di Alzheimer e i maratoneti: i

malati che presentano “wandering” camminano senza una meta precisa alla ricerca di un luogo dal

quale trarre benessere, viceversa, i maratoneti trovano il loro benessere in modo consapevole

attraverso la corsa. Gli obiettivi della manifestazione, che negli anni si sono sommati a quello

iniziale sopra citato, risultano oggi molteplici: dar vita ad un evento sportivo che sensibilizzi il

territorio cesenate da Mercato Saraceno a Cesenatico (partenza e arrivo della corsa); offrire alla

comunità un importante momento informativo sulla malattia di Alzheimer; realizzare nuove azioni

per contrastare le problematiche connesse alla demenza e sostenere chi le vive in prima persona,

contribuendo, nel tempo, alla costituzione di un fondo permanente.

Come cercheremo di mettere in luce a conclusione di questa sintesi dell’analisi effettuata, il

caso studiato è un esempio di come l’evento sportivo di forte richiamo può essere di supporto alle

politiche pubbliche e di terzo settore non solo quale veicolo di raccolta fondi, ma come strumento

indiretto per captare, attraverso una visione più ampia, la complessità delle dimensioni della

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problematica sostenuta. In virtù di questo può essere modificato e differenziato funzionalmente il

lavoro delle stesse realtà associative e al contempo può essere creato un network significativo che da

prospettive differenti affronta il medesimo problema.

Prima di entrare nel merito dell’analisi è opportuno sottolineare che il lavoro di ricerca

sociologica ha ruotato intorno all’applicazione di mixed methods, prevalentemente di tipo qualitativo,

in previsione di una possibile e proficua integrazione al fine di investigare l’evento da più punti di

vista con incrementi conoscitivi di diversa natura. Sono state incrociate informazioni ricavate

dall’analisi di tutta la documentazione prodotta dall’associazione Amici di Casa Insieme dal 2012 al

2015 con la rassegna stampa, con l’osservazione partecipante del ricercatore, con l’effettuazione di

interviste in profondità ai fondatori e organizzatori anche sulla base dello stimolo prodotto dalle

fotografie di archivio. Il fine ultimo è stato poi quello di individuare sia i cambiamenti che l’evento

sportivo ha prodotto direttamente o indirettamente in seno al lavoro dell’associazione, sia di

interpretarli e declinarli in forme riproducibili per tutte quelle realtà associazionistiche che – sulla

scorta di questo esempio innovativo – vogliano coniugare il proprio ambito di interesse a eventi

sportivi a scopo benefico.

2) Invecchiamento e stile di vita

In Italia negli ultimi cento anni la percentuale degli ultrasessantacinquenni è passata dal 6% a

oltre il 20% e nell’arco dei prossimi cinquant’anni arriverà presumibilmente a rappresentare oltre il

34% della popolazione totale. L’allungarsi della vita degli abitanti del nostro Paese (così come di

molti altri ad economia avanzata) va ovviamente di pari passo con l’innalzamento della speranza di

vita media alla nascita, la quale negli anni trenta del secolo scorso si attestava attorno a 54 anni per

gli uomini e 56 per le donne, mentre oggi è di circa 79 anni per i primi e oltre 84 per le seconde.

Questa “silenziosa rivoluzione demografica” [Scabini 1995], lungi dall’arrestarsi, solo negli

ultimi anni ha prodotto spostamenti significativi del focus della attenzione della comunità scientifica,

delle politiche pubbliche e di quelle sociali verso le persone anziane e vecchie. In ambito

sociologico, ad esempio, sono ancora poche le ricerche che relazionano i cambiamenti dovuti alla

senilizzazione della popolazione con i caratteri assunti dalla attuale società per lo più correlati –

come brevemente illustreremo in seguito – al concetto di “rischio” [Piccoli, 2012]. Tuttavia da

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diversi decenni è stato messo in luce come questo trend abbia a poco a poco condotto all’emergere di

un fenomeno sociologico di ampia portata: quello della pluralizzazione dei processi di

invecchiamento. Con tale espressione si intende rivolgere la riflessione non tanto sulla numerosità

della popolazione anziana, ma sulla differenziazione in termini di capacità, di interessi, di forme di

inclusione che la medesima esprime modificando di conseguenza significativamente il proprio

profilo sociale [Porcu 1991]. Infatti, da un lato crescono i così detti “nuovi anziani”, ovvero persone

già pensionate “over 65”, ancora totalmente attive socialmente, che riescono per lungo tempo a

mantenere il proprio livello di inclusione sociale [Porcu 2008]. Dall’altro lato, però, aumentano al

contempo anche i soggetti in età avanzata con patologie croniche invalidanti che inesorabilmente

portano alla perdita della propria autonomia.

Per questi ultimi alcuni caratteri che la società contemporanea esprime, già difficili da

affrontare anche per i “nuovi anziani”, diventano “moltiplicatori” di difficoltà estremamente

profonde. Il riferimento è alla crescita del numero di persone sole, alla riduzione dell’ampiezza del

nucleo famigliare e delle conseguenti reti di sostegno, alla crescita dell’individualismo e al contempo

a quella dell’indebolimento del legame sociale1. Tali persone, in relazione non solo allo stato di

anzianità ma alle difficoltà che vivono, richiedono la costruzione di realtà, spazi, luoghi in cui ancora

si possano “nutrire” di legami significativi e d’ispirazione “comunitaria” in termini antropologici e

sociali [Piccoli 2012]. I loro bisogni dipendono, oltre che dal contesto famigliare e ristretto, da un

territorio che li accolga con una forte rete di servizi, sia sanitari e sociali, che anche culturali,

sportivi, di svago nonché di una forte rete di associazionismo.

Riferendoci e limitandoci alle sole patologie relative la demenza senile le stime del Rapporto

Mondiale Alzheimer 2015 evidenziano la presenza di 46,8 milioni di persone che convivono con una

forma di demenza, dato destinato a raddoppiare circa ogni venti anni. La ricerca realizzata nello

stesso anno dal Censis in collaborazione con Aima (Associazione Italiana Malattia di Alzheimer) ci

dice che sono oltre 600.000 i malati di Alzheimer italiani, la cui età media è di circa 78 anni. I costi

per la loro assistenza superano gli 11 milioni di euro, di cui oltre il 70% è a carico delle famiglie2.

Pur essendo sempre i figli dei malati a prevalere fra i caregiver, negli ultimi anni nell’assistenza al

1 Come ben evidenzia U. Beck, infatti, la nostra società è di per sé “rischiosa” poiché sottoposta ad un continuo processo di individualizzazione che caratterizzerebbe l’agire dell’individuo del nostro tempo sempre più svincolato da forme di “destino collettivo” e sempre più rivolto alla costruzione del proprio percorso di vita in base ad una progettazione più rischiosa ma autonoma e personale, quale ricomposizione creativa di una pluralità di opzioni, esperienze e abilità. Secondo lo studioso la “novità storica” della società contemporanea sta proprio nel fatto che mentre in periodi precedenti questo iter era una possibile opzione, richiesto a pochi o scelto personalmente, oggi viene imposto a sempre più soggetti in una sorta di istituzionalizzazione dell’individualizzazione: emancipazione, responsabilità e iniziativa sono le capacità sulle quali il singolo deve contare per costruire la propria biografia [Beck 2000].

2 Il costo medio annuo di ogni malato è di 70.587 euro comprensivo dei costi a carico del Servizio Sanitario Nazionale, di quelli che ricadono direttamente sulle famiglie e dei costi indiretti (assistenza, caregiver, ecc.).

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malato sono aumentati i partner (dal 25% del 2006 al 37% nel 2015), soprattutto se il malato è

maschio, così come sono cresciuti i malati che vivono nella propria casa. La badante rimane una

figura chiave dell’assistenza a cui attualmente fa ricorso circa il 38% delle famiglie, tant’è che

nell’ultimo decennio sono diminuiti di dieci punti percentuali il numero di pazienti seguiti dal settore

pubblico.

Determinante ai fini del nostro ragionamento è, infine, sottolineare il dato relativo al tempo

medio per arrivare alla diagnosi, che resta elevato, pur essendo diminuito da 2,5 anni nel 2009 a 1,8

anni nel 2015. Accanto al 4% circa di casi che riconoscono cause genetiche, nella maggior parte dei

casi (96%), la malattia si sviluppa senza cause conosciute (forme sporadiche a esordio tardivo).

Come noto, progredisce con una lunga fase preclinica, che può durare molti anni (anche decenni),

seguita da una fase con iniziali sintomi cognitivi, fino alla malattia conclamata.

Non esistono terapie per la malattia di Alzheimer. La farmacopea registra alcuni farmaci con

questa specifica indicazione, che mirano a migliorare un sintomo caratteristico (il difetto precoce di

memoria di lavoro e memoria a breve termine), ma che non modificano la storia della malattia. Negli

anni più recenti si è registrata inoltre un’impressionante serie di fallimenti degli studi clinici a fronte

dei quali e nell’intento di avere una visione meno riduzionistica di questa patologia che sempre più

appare “multifattoriale”, di recente è iniziato a ricercare e verificare possibili concause, o fattori di

rischio. Vista la lunga scansione temporale della malattia, in particolare nella sua fase preclinica, la

ricerca sta esplorando non solo possibili interventi causali, ma anche la possibilità di agire nella fase

iniziale con l’obiettivo di ritardare la comparsa dei sintomi, contrastando l’insorgenza dell’evidenza

clinica e la sua progressione.

A rendere il quadro ancora più complesso sul versante dell’opinione pubblica sussiste una

grande confusione: da un lato si sottovaluta spesso il problema, attribuendo alla senilità mutamenti

che dovrebbero allarmare quali potenziali segnali di malattia; dall’altro lato si comincia al contempo

a sopravvalutare il problema confondendo il normale indebolimento di alcune funzioni mentali con i

sintomi propri della patologia: senilità non è sinonimo di demenza e invecchiare non costituisce di

per sé una malattia, tuttavia esistono dei “fattori di rischio” che concorrono a rendere più probabile la

trasformazione del normale invecchiamento in patologia, così come esistono “stili di vita” che – a

prescindere – rallentano il declino delle funzioni intellettive.

Grande rilevanza deve pertanto assumere la prevenzione, la quale deve intervenire sui fattori

di rischio e potenziare quelli protettivi. Questi ultimi – che a prescindere dalla malattia di Alzheimer

– concorrono comunque ad un invecchiamento sano, sono per la maggior parte di ampia portata e

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interagiscono fra loro: sono le abitudini alimentari, l’attività fisica ma anche la bontà dell’ambiente

quale aspetto determinante che influenza le capacità degli anziani di rimanere attivi e di partecipare

alla vita sociale. Dunque i fattori genetici hanno la loro importanza ma non sono assolutamente

sufficienti: essi sempre si relazionano con altri fattori che sono invece modificabili attraverso uno

“stile di vita sano”. Quest’ultimo prevede un corretto equilibrio tra i vari ambiti descritti nella fig. 1:

non è possibile pensare a meccanismi di compensazione tra le varie attività, poiché tutte devono

procedere nella stessa direzione che è quella della conservazione dello stato di salute mentale e della

qualità della vita, per vivere meglio e più a lungo. In ciò si identifica la “geragogia”, intesa come

educazione alla salute dell’invecchiamento e ad uno stile di vita ottimale, che ciascuno dovrebbe

adottare sin dalla giovane età.

Fig. 1 – Modificazione dell’invecchiamento celebrale in relazione

ai principali fattori di rischio e protettivi

È a partire dalla presa di coscienza di queste fondamentali considerazioni - come vedremo

nell’ultima parte del contributo – che da cinque anni è nato e si è realizzato il progetto Maratona

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Alzheimer, ideato dall’associazione di terzo settore “Amici di casa insieme” che nel territorio

romagnolo del Comune di Cesena/Forlì opera fin dal 2001 nell’ambito dell’assistenza ai malati di

Alzheimer, ma che grazie anche a questo evento sportivo ha attualmente modificato in modo

significativo il suo approccio operativo e progettuale.

3) Il caso di studio: la Maratona Alzheimer

Inizialmente l’associazione Amici di Casa Insieme viene creata per sostenere le attività

dell’Ipab “Casa Insieme” di Mercato Saraceno, ma dalla primavera del 2009, in seguito alla fusione

dell’Ipab con l’ASP Cesena Valle Savio, prosegue il suo cammino autonomamente. Per diversi anni

il suo operato è stato indirizzato principalmente a realizzare attività e progetti che possano influire

positivamente sulla vita delle persone ammalate con finalità specifiche che variano da progetto a

progetto. Denominatore comune delle varie iniziative è la centralità del soggetto in difficoltà e di chi

se ne prende cura, il rispetto dei bisogni di entrambi, dei limiti e delle potenzialità. Pur essendo già

ampio il settore di intervento vedremo come – grazie allo sviluppo di un grande evento sportivo

benefico a forte impatto comunicativo quale la Maratona Alzheimer – l’associazione non ha solo

ampliato i suoi interventi ma ha modificato e articolato i suoi obiettivi creando un sistema di aiuti

che agisce a “tutto tondo”.

I principali progetti sui quali fin dall’inizio ha impostato il proprio lavoro riguardavano due

aree problematiche: la demenza e la disabilità. Nella prima area dal 2009 in seno all’associazione

sono nate diverse iniziative a sostegno di malati di demenza e di chi si occupa di loro, portate avanti

interamente con l’aiuto di volontari. Fra queste rientrano le attività di socializzazione del “Caffè

Dolcini”, luogo di incontro e sostegno per malati e familiari, gli “Atelier di arte terapia” e il progetto

“Convivium”, un’esperienza di condivisione della quotidianità che ruota attorno alla cucina e al

mangiare insieme. Nella seconda area di intervento una delle principali iniziative – conclusa nel

2011 – ha riguardato la raccolta di fondi per la realizzazione del Centro Socio Riabilitativo per

Disabili di Mercato Saraceno, che ha permesso di destinare una somma di 25.000 euro.

Uno dei progetti entrato in cantiere alla fine del 2014, ed oggi in via di sviluppo, è infine

quello di creare un “nuovo intervento di accompagnamento” personalizzato e flessibile che si integri

alla rete di supporto oggi disponibile per chi assiste un malato di Alzheimer presso il proprio

domicilio. Tale progetto, denominato “Pronto intervento Alzheimer”, ha rappresentato una delle

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“cause solidali” dell’edizione 2014 della maratona ed è stato finanziato in parte dalla lotteria

abbinata alla medesima ed in parte dal Fondo Regionale per la Non Autosufficienza. Quest’ultimo

esempio ci fornisce una delle chiavi di lettura fondamentali attraverso le quali l’evento sportivo è

venuto ad incidere sulle modalità di agire dell’associazione, ovvero la creazione naturale indiretta e

diretta di network significativi con altre realtà che si occupano della problematica, ma soprattutto con

quelle alle quali la dimensione patologica e sociale della malattia può essere anche totalmente

sconosciuta. Per meglio comprendere il ragionamento occorre riferirci alla stessa ideazione della

Maratona Alzheimer, la quale scaturisce dalla “mente” della associazione stessa ma fin dalla prima

edizione ha necessitato del coinvolgimento di altri gruppi più o meno formalizzati legati, ad esempio,

al mondo sportivo e a quello dell’organizzazione di eventi.

In particolare la manifestazione esordisce nel 2012 con la creazione di una rete fra Amici di

Casa Insieme, l’Associazione Malati Alzheimer e sette società sportive. Fra queste spicca Trail

Romagna, che da quell’anno a tutt’oggi si occupa dell’organizzazione tecnica, dei percorsi, del

coordinamento dei volontari. In particolare la storia di quest’ultima può essere più di ogni altra

esemplificativa di come l’evento sportivo ha convogliato l’interesse verso le problematiche e le

patologie legate all’invecchiamento di realtà avulse fino a quel momento da tali dimensioni.

Trail Romagna, infatti, nasce a Ravenna nel 2008 dalla passione comune di due amici: correre

in luoghi naturali, lungo sentieri e strade non asfaltate, alla ricerca di scorci unici durante le albe e i

tramonti. L’obbiettivo dell’associazione da subito è quello di porsi come punto di riferimento e di

aggregazione di tutti coloro che amano la natura, ma anche di creare o migliorare alcuni siti sul

territorio romagnolo attraverso l’organizzazione di eventi e circuiti trekking in pineta, sugli argini dei

fiumi, sulle dune sabbiose, lungo le spiagge così come in parte dei centri storici delle cittadine,

soprattutto tramite la realizzazione di eventi che stimolino uno stile di vita più salubre. L’ipotesi è

che un movimento sportivo così fatto, sostenibile, possa arricchire il territorio attraverso un

“cammino di miglioramento della qualità della vita”. Per fare questo dentro l’associazione si lavora

costantemente con un team di volontari in crescita costituito dagli stessi appassionati delle attività

all’aria aperta. Enti ed associazioni iniziano ad affidarsi a Trail Romagna dimostrando, oltre ad una

iniziale comunione di intenti, anche la voglia di concretizzare sinergie per lo sviluppo di questa

attività da subito individuata come un potenziale grande bacino di richiamo delle persone e di turisti

[Francesconi 2015].

Il lavoro che l’associazione fa dall’anno della sua fondazione inizia presto ad essere

conosciuto e percepito positivamente anche per le sue capacità di conservare, riqualificare e fare

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conoscere i luoghi. Alcune realtà locali e alcuni imprenditori della zona, infatti, decidono di

affiancarsi ad essa per sviluppare proposte ed eventi che si coniughino alla peculiare cultura e alla

natura presente nel territorio. Fra queste spicca proprio la richiesta di coinvolgimento di Amici di

Casa Insieme a contribuire allo sforzo organizzativo per l’edizione iniziale della Maratona

Alzheimer. Trail Romagna per la prima volta collega così lo sport ed un evento ad una chiara

connotazione solidale. La manifestazione, in cui si propone fin da subito anche una 30 chilometri, nel

2012 accoglie 2000 runners; nel 2013 viene riconosciuta a livello regionale e ciò porta ad un

considerevole aumento degli iscritti e alla raccolta conseguente di ben 30.000 euro devoluti e

ulteriori 9.000 euro destinati alla popolazione della zona emiliana modenese pochi mesi prima

colpita dal terremoto. Da sottolineare che per ben due volte consecutive (nel 2013 e nel 2014)

l’allora Capo dello Stato Giorgio Napolitano ha conferito alla Maratona Alzheimer la medaglia di

rappresentanza a riconoscimento del valore dell’iniziativa.

Nel 2014 la Maratona Alzheimer diventa gara nazionale Fidal (Federazione Italiana di

Atletica Leggera) con oltre 4000 partecipanti: Trail Romagna decide di sviluppare e consolidare

questo percorso con la prima edizione a Forlì della Diabeties Marathon, in realtà una corsa su strada

di 13 chilometri alla quale si abbina una passeggiata più breve in un Parco della città, i cui introiti –

anche in questo caso nella prima edizione sono stati raccolti fondi per 30.000 euro - vanno alla

ricerca collegata alla patologia diabetica in età pediatrica. Nella programmazione del 2015, infine,

l’associazione indirizza ben quattro eventi, raggruppati nella sezione di iniziative “La Romagna si

muove solidale”, che all’Alzheimer e al Diabete associano una attenzione anche alla lotta ai tumori e

alle famiglie con a carico figli con gravi handicap. Trail Romagna è andata pertanto via via

identificandosi come una realtà in grado di rispondere al bisogno dello sportivo amante dell’outdoor

come di tutti quelli che amano un movimento in natura che propone esperienze coinvolgenti,

gratificanti e culturalmente stimolanti. Ma a questo aspetto, come a quelli rilevati in precedenza, va

sicuramente affiancata anche l’attenzione che grazie all’incontro con Amici di Casa Insieme pone

nell’abbinare gli eventi, dove possibile, al concetto di salute e benessere e attribuendo loro una

connotazione solidale.

Dal 2012 ad oggi l’evento Maratona Alzheimer si è notevolmente arricchito di iniziative. Al

percorso di 42,195 chilometri che parte da Mercato Saraceno, attraversa Roncofreddo, Sogliano al

Rubicone e Cesena, per concludersi a Cesenatico e a quello di 30 con partenza da Borello si sono via

via affiancati i 16 chilometri in corsa e camminata con partenza da Cesena e quelli non competitivi,

tra cui la 8 chilometri in Nordic Walking nel cuore di Cesenatico, ed un breve circuito interno al

Parco di Levante, sempre nella stessa località, per favorire la partecipazione di malati, anziani e

disabili: una passeggiata aperta a tutti coloro che intendono esprimere la propria vicinanza, non solo

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fisica, alla problematica. Infine a partire dall’edizione 2015, alla quale hanno partecipato oltre 5000

persone, l’insieme delle iniziative di cammino hanno costituito una vera e propria 3 giorni

all’insegna del benessere, corredata da appuntamenti di natura scientifica e informativa che insieme

alle gare di punta hanno spinto l’associazione ad effettuare la richiesta di passaggio della maratona

dal circuito nazionale a quello internazionale con il fine di incrementare sia il numero di partecipanti

che quello di donatori.

Gli obiettivi dell’evento, citati nella parte introduttiva del presente contributo, si sono

allargati esponenzialmente. Dalle parole del Presidente dell’Associazione Amici di Casa Insieme,

particolare sottolineatura viene data al fatto che uno degli scopi della manifestazione è oggi quello di

accrescere un “senso di appartenenza alla causa” allargandolo alla comunità: il tentativo in buona

parte riuscito è di realizzare un incontro sempre più stretto fra sportivi, camminatori, volontari,

malati ma anche anziani attivi che all’arrivo a Cesenatico sono i principali organizzatori della festa

finale, dell’area accoglienza e pranzo e dell’estrazione della lotteria ideata nel 2014 a integrazione

della raccolta fondi.

Sempre dalle parole del Presidente lo spostamento dal puro intervento sociale

all’organizzazione di una maratona è un «veicolo virtuoso per attraversare il muro attraverso un

semplice gesto: “mettersi in moto”. Ognuno a seconda delle proprie possibilità fisico-mentali

contribuisce alla rottura delle barriere e risponde positivamente ad una “chiamata al dono” pressoché

impensabile attualmente se l’associazione fosse rimasta dentro i soli confini dell’intervento e

dell’assistenza».

Non di minor interesse – ai fini della riflessione sulla creazione di significativi e inediti

network fra realtà associative – è il protocollo d’intesa appena siglato che formalizza l’esistenza della

rete che oggi conta cinquantotto associazioni di volontariato, sportive e di promozione sociale,

guidata da Amci di Casa Insieme per l’organizzazione della maratona rafforzandone così il legame e

i valori: fra queste – limitandone in numero la citazione – non compaiono solo quelle

manifestamente sportive o scopo solidale ma la Banda della Città di Sarsina, il Palio del Saraceno, il

Gruppo musicale “Noi 6”, ecc.

4) Note conclusive: dall’assistenza alla prevenzione e alla ricerca

Riprendendo quanto sommariamente anticipato nella parte introduttiva l’analisi effettuata ha

messo in luce come un evento sportivo di grandi dimensioni possa concorrere allo sviluppo e al

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supporto di politiche sociali e di terzo settore non solo in quanto veicolo di raccolta fondi, ma come

mezzo per meglio intuire - attraverso un quadro più allargato e un lavoro di rete – le differenti

sfaccettature della problematica sostenuta, nel nostro caso la malattia di Alzheimer. Grazie a ciò può

mutare, anche sostanzialmente, il lavoro delle realtà associative che se ne occupano così come quello

delle politiche sociali e sanitarie ad esso indirizzato. Nel caso di Amici di Casa Insieme, la nascita, la

crescita e la realizzazione della Maratona Alzheimer ha portato l’associazione a differenziare ed

estendere il proprio lavoro di intervento, passando da una sola dimensione di azione – quella

dell’assistenza – a tre, ove parallelamente alla prima si sviluppano anche la prevenzione e la ricerca.

Più in specifico lo sviluppo del principale progetto di intervento in termini di prevenzione è

stato avviato in seguito alla edizione 2013 della Maratona Alzheimer e consiste nella proposta di

percorsi psicoeducativi di promozione della salute per la terza età, chiamati “laboratori benessere”,

dedicati a persone con più di sessanta anni, senza deterioramento cognitivo, disponibili a prendersi

cura del proprio benessere3. Dal 2013 ad oggi sono state coinvolte oltre 350 persone all’interno di 23

laboratori che si sviluppano in incontri pensati su tre moduli: la memoria, l’alimentazione, l’attività

fisica. Il metodo di lavoro mira a valorizzare le conoscenze e le esperienze dei partecipanti; ad

attribuire loro un ruolo attivo nella ricerca e nello sviluppo di nuove conoscenze e competenze; a

coinvolgere gli stessi in attività esperienziali; ad approfondire atteggiamenti ed emozioni di ostacolo

ai cambiamenti; a supportare, infine, l’assunzione di responsabilità da parte di questi rispetto ai

propri comportamenti. Nell’ultimo periodo – per comprenderne il livello di soddisfazione - sono stati

utilizzati dagli operatori volontari un questionario di gradimento contenente domande a risposta

chiusa e domande a risposta aperta e per ogni laboratorio un focus group in cui si è chiesto di

esprimere osservazioni, commenti sul laboratorio in termini di efficacia e utilità percepita4.

Dall’analisi dei dati raccolti è emerso un generale apprezzamento per il progetto: la maggioranza si è

detta molto soddisfatta del percorso fatto, riferendo di aver trovato interessanti gli argomenti trattati,

tanto da richiedere in diversi casi l’avvio di un nuovo laboratorio per procedere con ulteriori

approfondimenti e affrontare nuove tematiche rilevanti per un buon invecchiamento. Il percorso è

stato percepito utile da tutti coloro che hanno frequentato perché ha fornito stimoli e suggestioni per

uno stile di vita più attento e consapevole. Buona parte dei partecipanti ha riferito, infatti, quali esiti

della partecipazione al laboratorio una maggiore consapevolezza dell’importanza di prendersi cura di

sé per stare bene, in funzione di una migliore qualità di vita e anche di un migliore rapporto con gli

3 Gli ambiti territoriali in cui si realizzano sono i Comuni di Cesena, di Montiano, di Cesenatico, di Gatteo, di Longiano, di Bagno di Romagna del Verghereto. I principali partners sono l’AUSL Romagna, l’Unione Comuni Valle Savio, il Centro Risorse Anziani di Cesena. 4 Si ringrazia a questo proposito la Dott.ssa Bonasso Mariagiovanna, psicologa e coordinatrice del progetto per avere messo a disposizione i dati emersi.

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altri; un rinnovato desiderio di migliorarsi e di mettere in pratica le indicazioni ricevute; un maggiore

impegno nel fare attività fisica. Molti, ad esempio, sostengono a fine corso di camminare di più e con

più regolarità rispetto a prima; di avere una maggiore consapevolezza dei cambiamenti a carico della

memoria associata ad un recupero di fiducia nelle proprie capacità, grazie alle strategie apprese; di

porre una maggiore attenzione alla propria alimentazione, accompagnata dall’introduzione di piccole

modifiche. Da gran parte degli iscritti, inoltre, è stata molto apprezzata la possibilità di socializzare e,

quindi, di stare in relazione con altre persone per conoscersi meglio, confrontarsi e condividere le

proprie esperienze. Considerati i riscontri raccolti, e a fronte delle azioni di miglioramento possibili, i

“Laboratori Benessere” appaiono comunque percorsi validi nel sollecitare le persone a prendersi cura

di sé e ad impegnarsi attivamente in uno stile di vita più salutare.

La terza dimensione di azione, quella della ricerca, invece, è di recentissima introduzione e

nasce principalmente a seguito del successo dell’edizione 2015 della Maratona Alzheimer. In tal caso

l’associazione Amici di Casa Insieme ha avviato con il supporto di Unicredit il “Progetto 360°

Alzheimer”, che ha come obbiettivo l’acquisto di una specifica attrezzatura scientifica utile nella

ricerca sulla fase in cui la malattia, pur presente nel cervello, ancora non mostra evidenti sintomi

distruttivi per la mente e la vita del malato, e il sostegno di un ricercatore ad essa dedicato in un

progetto triennale. Per la realizzazione di questa indagine la realtà associativa ha costituito un fondo

permanente, salvadanaio di donazioni singole o di rete, destinate alla Fondazione Iret di Ozzano

Emilia con cui ha intrapreso una solida partnership. Il fondo si alimenta attraverso il Circuito dei

Runners Solidali, un gruppo di maratoneti che già nel 2015 hanno raccolto circa tre mila euro, e

Unicredit, che nelle 54 filiali della Romagna in procinto della maratona apre uno sportello di

raccolta. La ricerca, come anticipato nella prima parte di questo contributo appare, infatti, oggi

essere l’aspetto più emergente, attraverso la quale Amici di Casa Insieme grazie a Maratona

Alzheimer potrebbe contribuire a quella incertezza che ancora la caratterizza purtroppo

significativamente poiché come sottolineato dalla Dott.ssa Calzati – Responsabile Iret del progetto -

«non abbiamo certezza su cosa dobbiamo colpire né su quando dobbiamo colpire... La ricerca lancia

la lenza sperando di “catturare” la causa. Accanto a questo sforzo la ricerca deve però sforzarsi verso

l’assistenza della malattia... Non specificatamente per l’assistenza del paziente ma soprattutto in

termini di diagnosi precoce, tesa all’ottimizzazione fin da subito di uno stile di vita che modifichi la

storia naturale della malattia, individuando e curando anche quelle malattie parallele che si possono

insinuare e peggiorare la storia della patologia stessa».

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Riferimenti bibliografici

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Documenti consultabili di riferimento

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della salute di Firenze, 2008.

Cervello e stili di vita. Come invecchiare con successo, Comune di Milano e Associazione per la

ricerca sulle demenze Onlus, 2007.

Cofattori nella demenza di Alzheimer: focus su alterazioni età dipendenti dal microcircolo,

Fondazione Iret, 2016.

Laboratorio benessere: percorsi psicoeducativi di prevenzione e promozione della salute per la terza

età, Amici di Casa Insieme, 2016.

Rapporto Mondiale Alzheimer 2015, Alzheimer’s Desease International, 2016.