Sociobiologia

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Traduzione di < http://plato.stanford.edu/entries/sociobiology/ > Sociobiologia Prima pubblicazione: Lunedì 21 novembre, 2005 Il termine “sociobiologia” è stato introdotto nel libro di E.O. Wilson: Sociobiologia: la nuova sintesi (1975) per definire l’applicazione della teoria evoluzionista darwiniana ai comportamenti sociali. I sociobiologi affermano che molti comportamenti sociali si sono formati attraverso una selezione naturale dovuta al successo riproduttivo e hanno provato a ricostruire la storia evolutiva di particolari comportamenti o di strategie comportamentali. Per esempio, i biologi evoluzionisti, per un lungo periodo, sono stati spiazzati dai casi di altruismo apparente in particolari società animali: i lavoratori sterili nelle colonie di insetti, i vari richiami d’allarme, la compartecipazione alla ricerca di cibo, e molte altre (vedi Darwin, 1859, pp. 235-242; 1871; 1872). Questi comportamenti sembrano includere un costo di cooperazione o dei sistemi altruistici, che vogliono far sembrare una cosa impossibile la loro evoluzione per selezione naturale. Per spiegare l’esistenza dell’altruismo, i primi sociobiologi distinsero le condizioni sotto cui un comportamento altruistico può essere vantaggioso. Tra gli anni ‘60 e ’70, in una serie di scritti teorici, i biologi evoluzionisti hanno abilmente mostrato come la selezione naturale può effettivamente favorire comportamenti che diminuiscono l’idoneità riproduttiva dei soggetti, a condizione che i parenti stretti [discendenti diretti] ne siano 1

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La traduzione amatoriale della voce "Sociobiology" della Stanford Encyclopedia of Philosophy

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Traduzione di < http://plato.stanford.edu/entries/sociobiology/ >

Sociobiologia

Prima pubblicazione: Lunedì 21 novembre, 2005

Il termine “sociobiologia” è stato introdotto nel libro di E.O. Wilson:

Sociobiologia: la nuova sintesi (1975) per definire l’applicazione della teoria

evoluzionista darwiniana ai comportamenti sociali. I sociobiologi affermano che

molti comportamenti sociali si sono formati attraverso una selezione naturale

dovuta al successo riproduttivo e hanno provato a ricostruire la storia evolutiva

di particolari comportamenti o di strategie comportamentali.

Per esempio, i biologi evoluzionisti, per un lungo periodo, sono stati spiazzati

dai casi di altruismo apparente in particolari società animali: i lavoratori sterili

nelle colonie di insetti, i vari richiami d’allarme, la compartecipazione alla

ricerca di cibo, e molte altre (vedi Darwin, 1859, pp. 235-242; 1871; 1872).

Questi comportamenti sembrano includere un costo di cooperazione o dei

sistemi altruistici, che vogliono far sembrare una cosa impossibile la loro

evoluzione per selezione naturale. Per spiegare l’esistenza dell’altruismo, i

primi sociobiologi distinsero le condizioni sotto cui un comportamento

altruistico può essere vantaggioso. Tra gli anni ‘60 e ’70, in una serie di scritti

teorici, i biologi evoluzionisti hanno abilmente mostrato come la selezione

naturale può effettivamente favorire comportamenti che diminuiscono

l’idoneità riproduttiva dei soggetti, a condizione che i parenti stretti

[discendenti diretti] ne siano sufficientemente beneficiati (Hamilton, 1964; vedi

anche Trivers, 1974). Questi esempi sono stati successivamente ampliati per

mostrare come i comportamenti altruistici possono evolvere tra gli individui

non apparentati con il gruppo sociale d’origine (Trivers, 1971; Hamilton, 1972;

Maynard Smith, 1974). Ulteriori sviluppi negli anni ’80 permisero ai biologi

evoluzionisti di mettere insieme un maggior numero di dinamiche sociali anche

più complesse (vedi, Axelrod and Hamilton, 1981; Maynard Smith, 1982; per un

esempio, vedere l’introduzione di altruismo biologico). I sociobiologi, allora,

testarono l’adeguatezza esplicativa di particolari modelli per dare una

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collocazione attraverso test indipendenti ad alcuni dei loro parametri valutativi

e alle assunzioni fondamentali.

Come l’esempio riportato dimostra i sociobiologi sono impegnati nella

costruzione e valutazione di modelli teorici dei cambiamenti evolutivi, e anche

in test empirici di aspetti particolari, e di particolari casi, di questi modelli. Il

risultato è una espansione degli standard della teoria dell’evoluzione di Darwin

(la quale tradizionalmente spiega l’adattamento morfologico) in un nuovo

campo: chiamato, socialità animale.

La sociobiologia ha avuto meno successo nella sua applicazione ai

comportamenti umani che nella sua applicazione a sistemi non-umani. A

quanto affermano molti critici della sociobiologia umana, i modelli

sociobiologici standard sono inadeguati per rispondere ai comportamenti

umani, perché essi ignorano il contributo della mente umana e della cultura.

Una seconda critica al determinismo genetico, riguarda il fatto che molti

comportamenti sociali sono genericamente stabiliti. I critici della sociobiologia

spesso si lamentano che la sua dipendenza dal determinismo genetico,

specialmente per i comportamenti umani, fornisce una tacita approvazione allo

status quo. I critici discutono sul fatto che, se l’aggressività maschile è

genericamente stabilita e vantaggiosa dal punto di vista riproduttivo, allora

l’aggressività maschile sembra essere una realtà biologica (e, forse,

biologicamente “buona”) sulla quale noi abbiamo un controllo minimo. Questi

sembrano essere entrambe politicamente dannose e scientificamente

implausibili.

La domanda, ora, è questa: La teoria darwiniana ha una struttura inappropriata

a comprendere la socialità umana? O dovremmo adottare una specie di

“disconnetismo”, la visione che il comportamento umano sarebbe meglio

studiato all’infuori dell’evoluzione? I sostenitori della sociobiologia tendono a

vedere gli uomini semplicemente come un’altra specie animale e di

conseguenza parte della natura, invece quelli che la criticano tendono a vedere

gli esseri umani come differenti in modo radicale dagli animali e a separarli

dalla natura. Questa concezione competitiva della natura, della ragione, della

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moralità e della cultura ovviamente estende molto al di là la “Guerra della

Sociobiologia” (per un esempio, vedere l’introduzione di epistemologia

evoluzionistica), ma qui i disaccordi sono specialmente acuti (vedi Holcomb,

1993).

Questa indagine tenta di chiarificare e valutare l’intenzione dei sociobiologi di

costruire una spiegazione evolutiva della socialità umana. Fornire un resoconto

neutrale è impossibile, questa introduzione è la migliore alternativa possibile.

Prende la sociobiologia così come quelli che la criticano seriamente. Da una

parte, per dimostrare che gli studi correnti sull’evoluzione e sul comportamento

umano sono basati sugli argomenti darwiniani dell’evoluzione (propriamente

aggiornati), bisogna acquisire una forte razionalità per pensare che qualcosa di

più vicino alla sociobiologia del disconnettismo sia necessario per capire,

propriamente, la socialità umana. Ciononostante, questa rivelazione ricolloca la

sociobiologia nella sua miglior luce, in accordo con i suoi scopi.

Conseguentemente, la critica alla sociobiologia come è attualmente praticata

non è stata ignorata o messa da parte. Questo approccio rileva qual è il meglio

della sociobiologia, benché resti sensibile agli altri innumerevoli problemi che

ha generato.

1. Assunzioni fondamentali della Sociobiologia

La sociobiologia può essere vista come l’applicazione della teoria

dell’evoluzione al comportamento umano. La teoria dell’evoluzione tramite

selezione naturale di Darwin spiega l’adattabilità, l’ “adattamento” funzionale

della forma organica alle sue condizioni di vita, collegando differenti

adattamenti a differenti successi riproduttivi. I tratti che si adattano meno a

particolari condizioni di vita non rimarranno nella popolazione, perché gli

organismi con questi tratti tenderanno ad avere un più basso tasso di

sopravvivenza e di capacità riproduttiva. I sociobiologi modellano l’evoluzione

dei comportamenti umani in molti modi simili, usando varie “strategie

comportamentali” come tratti rilevanti. Comunque, in aggiunta all’assunzione

della teoria dell’evoluzione standard, la sociobiologia contribuisce con molti

elementi teorici. Per esempio, i sociobiologi assumono che gli uomini, come gli

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altri organismi, hanno un sistema di controllo del comportamento con funzioni

particolari delle quali la storia evolutiva non potrebbe individuarne traccia.

Questo presupposto comporta certe idee sulla modularità dei sistemi cognitivi,

psicologici e neuropsicologici. Ed altri, più generali impegni inclusi i seguenti:

L’evoluzione include, non solo geni e corpi, ma anche caratteristiche

psicologiche, sociali e culturali.

Quando gli uomini si riproducono, la discendenza eredita i geni dei

genitori e, quando gli ambienti dello sviluppo, genetici, fisici e sociali

dei genitori sono condivisi con la prole, i discendenti ereditano gli effetti

del gene dei loro procreatori.

Una differenza del successo riproduttivo è relativa, in molte culture, a

differente ricchezza, stato sociale e potenza nella cultura.

Nella loro forma più cruda, le spiegazioni sociobiologiche sembrano oltremodo

semplicistiche: il comportamento umano X esiste perché massimizza l’idoneità

biologica (fitness biologica). Perfino dentro la biologia evoluzionistica, i più

rilevanti fattori di spiegazione includono moltissimi vantaggi adattivi medi. Tali

spiegazioni semplificate confinano con il diventare non-falsificabili, anche,

perché si può immaginare una fitness benefit per quasi tutti i comportamenti.

Tuttavia, un più illuminato resoconto del comportamento umano è possibile se

distinguiamo tra spiegazioni prossimali (proximate) e distali (distal) riguardo

particolari comportamenti. I processi più difficili comprendenti la mente e la

cultura sono coinvolti nelle cause “prossimali” di comportamenti umani, i quali,

probabilmente, sono troppo piccoli per produrre successo riproduttivo

(perlomeno direttamente). I sociobiologi sono invece interessati nel dare le

spiegazioni “distali” del perché esistano delle relazioni tra comportamenti e

fattori prossimali.

Per illustrare la differenza tra spiegazioni imminenti e distali, facendo uso di un

comportamento non-sociale, teneniamo conto del fatto che c’è una forte

disposizione di molte persone a preferire il cibo dolce. Noi diciamo che lo

zucchero ha un sapore dolce, perché abbiamo dei recettori del gusto dolce e

questo rinforza il comportamento (spiegazione imminente). Altresì, diciamo che

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cerchiamo il cibo per scatenare le nostre papille gustative, perché i nostri

antenati massimizzavano la loro fitness mangiando frutti dolci (spiegazione

distale). Il risultato: siamo obbiettivi facili per le catene di fast food, che ci

offrono cibi molto zuccherati, salati e molto grassi, i quali scarseggiavano negli

ambienti in cui vivevano i nostri antenati, e abbiano quindi ereditato la loro

predisposizione a mangiarne quando sono disponibili. La sociobiologia intende

spiegare la funzione del comportamento, non le sue cause imminenti.

L’assunzione è che molti atteggiamenti hanno la funzione di accrescere il

successo riproduttivo nel ‘gruppo dei comportamenti’ dove si sono evoluti. Per

evitare di diventare eccessivamente semplicistici o non-falsificabili, le

spiegazioni sociobiologiche devono descrivere l’explanandum precisamente e

connettere il suo ruolo funzionale a una plausibile storia evolutiva.

Considerando un altro esempio, i sociobiologi hanno studiato in maggior

dettaglio il caso della dolcezza. Perché gli esseri umani hanno il ruolo sessuale

stereotipato che hanno? La scienza sociale tradizionale assume che gli esseri

umani sono nati senza predisposizioni innate o contenuti mentali. La differenza

di sesso nel comportamento del bambino è stata spiegata da diversi

comportamenti dei genitori i quali hanno tenuto stereotipato il loro ruolo

sessuale. Tuttavia, una ricerca ha mostrato indistinti collegamenti causali tra

questi stereotipi, il comportamento dei genitori e il successivo comportamento

del bambino.

I sociobiologi spiegano che questo comportamento innato, differenziato nei

neonati, scatena la reazione dei genitori a trattare i ragazzi in una maniera e le

ragazze in un’altra. Loro applicano agli esseri umani la “ipotesi di Trivers-

Willard” riguardo agli animali: le femmine con un basso status e un minore

accesso alle risorse tendono ad avere più femmine nella prole, e, le donne con

un alto status e un maggiore accesso alle risorse tendono ad avere una prole

maschile (Trivers e Willard, 1973).

Valerie Grant (1990) ha combinato l’ipotesi Trivers-Willard con una differente

ipotesi sul ruolo sessuale, questa pone altre variabili “prossimali” (il livello di

testosterone materno). Nel suo modello, la fisiologia femminile si adatta al suo

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status sociale in una maniera che riguarda sia il sesso di suo figlio sia il suo

stile genitoriale. Nei termini di meccanismi “prossimali”, Grant suggerisce (a) le

donne socialmente dominanti producono maggior testosterone rispetto alle

altre (b) la loro fisiochimica rende queste più attive, assertive e indipendenti

delle altre donne e (c) queste differenze di comportamento nella donna

influiscono sullo stile che usa in gravidanza. In termini di meccanismi ‘distali’

per la massimizzazione dell’idoneità biologica, Grant propone che: i ragazzi

ottengono alte fitness dallo stile genitoriale che tendono ad usare le donne

dominanti e le ragazze ottengono alte fitness dallo stile genitoriale che tendono

ad usare le donne sotto-dominanti (vedi anche Mealey, 2000). A dispetto del

fatto che il modello di Grant possa o no superare test empirici, l’esempio

dimostra che i sociobiologi si sforzano di integrare dimensioni fisiologiche,

psicologiche e evoluzioniste del fenomeno comportamentale concentrandosi

sulle “primissime” funzioni sensibili al contesto delle strategie

comportamentali.

Le valutazioni del successo della sociobiologia non dipendono meramente dal

contesto delle spiegazioni. Dipendono pure dalla struttura teoretica in cui

l’explanandum è stato concepito. Il fenomeno comportamentale è spiegato solo

relativamente alla descrizione, e la descrizione di comportamenti specifici

(specialmente i comportamenti umani) è soventemente contestata. Tuttavia, il

dominio del fenomeno comportamentale che rimane dopo la scienza sociale

tradizionale spiega come possa essere così ampio. In particolare, i

comportamenti descritti in termini funzionali sono stati lasciati inspiegati

dall’approccio tradizionale. Le descrizioni funzionali di molti comportamenti

umani, allora, sono soggetti legittimati nelle spiegazioni sociobiologiche.

Inoltre, se il modello di Grant è pienamente corretto, a volte, anche le

spiegazioni sociobiologiche possono chiarire le cause, culturali, fisiologiche e

psicologiche “prossimali” dei comportamenti.

Le passate considerazioni sono significative per legittimare la sociobiologia solo

in un modo stabilito. Esse sono tese a dimostrare che le spiegazioni

sociobiologiche sono, almeno potenzialmente, utili per capire noi stessi.

Naturalmente, mostrando che possono essere vere, in linea di principio, le

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spiegazioni sociobiologiche non viene detto che qualsiasi spiegazione è

effettivamente vera. Per questo, dobbiamo prendere in considerazione gli

elementi di prova. Nella sezione seguente, prenderemo come esempio una

ricerca sociobiologica e valuteremo la sua adeguatezza empirica.

2. La ricerca sociobiologica nell’Egoismo e nell’Altruismo

Tenuto conto delle considerazioni precedenti, supponiamo che ci siano alcuni

aspetti riguardo al comportamento sociale umano che possono essere spiegati

dalla sociologia. Come gli spieghiamo?

Al fine di comprendere “l’egoismo genetico,” inizieremo con un coinciso

riassunto del nocciolo neo-darwiniano del programma delle ricerche

sociobiologiche. Dato che questo nocciolo è stato reso popolare usando

l’infame metafora del “gene egoista”, noi individuiamo le questioni filosofiche

che questa metafora solleva. Analizziamo, allora, il modello sociobiologico

della sociopatia in cui la selezione naturale, dipendente dalla frequenza,

mantiene una strategia di comportamento “egoista opportunista” ad una

frequenza bassa e strategie “non-egoiste cooperative” in frequenza elevata. Il

comportamento riproduttivo altruistico e quello egoistico evolvono, ognuno,

tramite selezione naturale, in condizioni diverse, questo dipende dal giusto

rapporto benefici-costi e da altri fattori. Dato che siamo adatti alla vita di

gruppo, la cooperazione tra due o più individui per un mutuo vantaggio è un

comportamento normale in molte, ma non tutte, le interazioni sociali, questa

cooperazione da più opportunità di imbrogliare se occorre.

Accade di imbrogliare quando una persona accetta l’aiuto di un’altra ma non lo

ricambia del tutto (imbroglio grezzo) o quando una persona accetta l’aiuto di

un’altra ma ricambia meno dell’altro (imbroglio subdolo). Robert Trivers (1971)

sostiene questo a causa del fatto che la reciprocità comprende molti anni e

numerose interazioni, valutare i rapporti benefici-costi che mantengono la

reciprocità richiede una memoria subdola e complessa. Per far si che il sistema

dell’altruismo reciproco lavori al meglio, i sentimenti e le emozioni – includendo

la colpa, la decenza, l’aggressione moralistica, la gratitudine e la simpatia –

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devono essere parte del normale repertorio di risposte umane e sono evocati in

una situazione prevedibile (Crawford, 2004). Per esempio, i sociobiologi

affermano che noi ci sentiamo colpevoli quando ci aspettiamo di essere

ricambiati ma invece subiamo una truffa. Il nostro senso della giustizia è

associato con una estrema sensibilità, se lo scambio sociale bilancia i costi e i

benefici per uno e per gli altri nell’esatto ammontare. Un gruppo può dare

sanzioni e punizioni contro gli imbroglioni. Ci sentiamo giustificati moralmente

per l’aggressione nei confronti di chi impone i costi dell’idoneità [fitness] su noi

stessi. Si può provare gratitudine quando riceviamo un beneficio da un’altra

parte senza aver prima donato un beneficio a quella parte. La comprensione è

espressa verso coloro che sono stati presi in giro dai truffatori. Secondo la

sociobiologia, le persone “normali” sono reciprocamente altruiste in

circostanze appropriate, ma sentono la tentazione di imbrogliare. Tuttavia,

alcune persone adottano l’imbroglio come loro prima strategia quando credono

di poterla fare franca. Queste due generalizzazioni empiriche sono prese come

fatti bruti nella scienza sociale tradizionale, ma possono essere spiegate da una

sociobiologia “per il sociale” e per un comportamento anti-sociale. Il lavoro

empirico, discusso qui, intende spiegare nel dettaglio perché un certo numero

limitato di persone adotta delle strategie comportamentali antisociali.

2.1 La metafora del Gene Egoista

I sociopatici sono per definizione persone egoiste. Il fenomeno di

comportamenti egoistici ed altruistici è di particolare interesse per chiarire il

programma di ricerca sociobiologica, perché una prima impressione di come la

selezione naturale operi è quella che: “essa aiuti coloro che aiutano se stessi”.

Richard Dawkins (1976) ha introdotto la sociobiologia con la sua metafora

infamante del “Gene Egoista”, che appariva come una patina genetica nell’

“Individuo Egoista” (vedi anche Williams, 1966, per un primo sviluppo del

‘selezionismo genetico’). Questo concetto ha continuato ad essere una pietra

angolare in questo campo. Molti hanno presupposto che Dawkins volesse

spiegare l’egoismo psicologico con un egoismo ‘genetico’. Cioè, molti hanno

citato Dawkins per argomentare questo: se il comportamento umano è stato

connesso con la selezione naturale, saremmo tutti egoisti. Di conseguenza, sia

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i cooperatori normali sia i truffatori egoisti (es: sociopatici) sarebbero in

definitiva ‘egoisti’; essi semplicemente descrivono strategie differenti dell’agire

egoista per massimizzare il proprio successo riproduttivo in diversi ambienti

socioculturali. Inoltre, i critici come Mary Midgley (1978) prendono il punto di

vista di Dawkins per coinvolgere brutalmente il ragionamento circolare. In

particolare, essi sostengono che lui sia partito prendendo un comportamento

umano (altruismo/egoismo), e generalizzandolo descrivere le basi genetiche

del processo evolutivo in tutti gli organismi, e usando questo spiegare il

comportamento umano originale (altruismo/egoismo autentico), come un caso

speciale.

Gli argomenti di Darwin per la selezione naturale, tuttavia, non caratterizzano il

processo evolutivo in se stesso come egoistico o altruistico. Egli suppone,

invece, tratti che sono funzionali per un individuo, nel senso che questi sono

tratti adattivi che aiutano gli organismi a risolvere i problemi posti loro dalla

limitatezza delle risorse. Egli fornisce un meccanismo che spiega l’evoluzione

dei tratti adattivi, nominato, selezione naturale. E’ falso che “la selezione aiuta

quegli individui che aiutano se stessi”. Invece, la selezione aumenta la

frequenza dei tratti adattivi, i tratti che danno al loro organismo ospitante un

vantaggio nella competizione per il successo riproduttivo relativamente agli

altri individui. Questo vantaggio può verificarsi attraverso tratti altruistici (che,

compiendo incarichi, aiuta gli altri ma ostruisce se stesso, comportamento

distruttivo per se stesso) o tratti egoisti (che, compiendo incarichi, aiuta se

stesso ma ostruisce gli altri, comportamento distruttivo per gli altri).

Anche se il processo di evoluzione per selezione naturale non è, a quanto pare,

letteralmente egoista o altruista, il “Gene Egoista” individua il processo come

egoista in senso metaforico, cioè che in una competizione riproduttiva gli

individui vincitori o i geni vincitori sono quelli che sopraffanno gli altri nella

soluzione di problemi adattivi. Tuttavia, in una competizione (come lo sforzo

per esistere), compiere i compiti pertinenti meglio di un avversario, e quindi

vincere, non è egoismo in senso spregiativo o immorale. E’ solo quando un

giocatore cerca di vincere a tutti i costi sugli altri che noi chiamiamo questa

persona ‘egoista’ o ‘immorale’. Ma questa caraterizzazione è applicata a come

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qualcuno fa il suo gioco, non alla natura del gioco, e applicata a livello di

organismo individuale, non del processo di evoluzione attraverso selezione

naturale come un processo di cambiamento della popolazione nel corso del

tempo. La teoria darwiniana stessa non dice niente su come questi tratti

evolveranno, cioè, niente sul fatto se animali e persone siano ‘egoisti’ o

‘altruisti’ in varie condizioni, nel senso psicologico e moralmente rilevante del

termine. Perciò, lo scopo della sociobiologia è mostrare quanto genuini

(psicologicamente e moralmente rilevanti) l’altruismo e la moralità possano

essere e se si siano evoluti per selezione naturale.

Un travisazione comune è che la sociobiologia sostituisca l’altruismo biologico

con l’altruismo puro. Per superare questo problema, dobbiamo distinguere, il

concetto evoluzionistico di ‘bio-altruismo’ e di ‘bio-egoismo’, dai suoi concetti

pre-analitici di ‘altruismo’ e di ‘egoismo’. Quando non facciamo questa

distinzione, le nuove teorie ‘prendi l’altruismo fuori dall’altruismo’ e ‘giustifica

ogni comportamento, non importa quanto immorale’, alla lunga questo può

essere solo una delle vie create dai nostri geni atta a ottenere il successo

riproduttivo.

Cosa sia la moralità e perché essa viene favorita dalla selezione naturale sono

due concetti distinti. Perciò, frasi come ‘noi siamo manipolatori sociali quando è

nel nostro interesse genetico fare ciò’ e ‘noi siamo onesti cooperatori sociali

quando è nel nostro interesse fare quest’altro’ sono fuorvianti. Il ‘mio interesse

genetico’ non è veramente il ‘mio interesse’. Il ‘mio interesse genetico’ è

ellittico parlando per quanto riguarda la pressione selettiva, essa agisce sugli

alleli che andranno ad aumentare la frequenza dei geni in una determinata

popolazione e nelle susseguenti generazioni, mentre il ‘mio interesse’

coinvolge i miei stati psicologici, qui e ora, solo nella mia generazione. Nella

sociobiologia animale, molti studi identificano le situazioni in cui segnalazioni

oneste massimizzano la fitness e altre situazioni in cui le segnalazioni

ingannevoli massimizzano la fitness. Entrambe le situazioni pervadono la

socialità umana.

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La metafora del gene egoista, quindi, si applica solamente all’ ‘interesse

genetico’ e non può essere letta come una pretesa di capire l’evoluzione di un

“genuino” altruismo. Noi dobbiamo tenere a mente questa distinzione se

vogliamo prendere ad esempio una ricerca sociobiologica che usi la metafora

del gene egoista.

2.2 Una spiegazione sociobiologica per la sociopatia

Perché la sociopatia è così diffusa e perché persiste? Sappiamo che

l’evoluzione spiega l’altruismo biologico: siamo carini con i nostri figli per la

selezione tradizionale darwiniana, gentili con i nostri compagni di vita per

selezione sessuale, cordiali con i parenti per la selezione parentale, gentili con

gli estranei per reciprocità, e così via, e nel caso in cui, in un’altra occasione, i

nostri ‘buoni comportamenti’ ci hanno condotto in una situazione di relativo

successo riproduttivo. Ci sono molte formule matematiche che prendono in

considerazione l’analisi benefici-costi nelle condizioni esatte in cui l’altruismo è

favorito o non favorito dalla selezione. Data questa visione buonista e gentile

della natura umana, ci spostiamo verso una domanda importante: Perché non

siamo tutti buoni, cooperativi e premurosi nei confronti degli altri, come i nostri

ideali morali richiederebbero? La combinazione di evoluzione e sviluppo

individuale permette a una piccola parte di persone di adottare una strategia di

‘Truffatore Egoista’ come indicato:

Le spiegazioni “prossimali” delle genetiche comportamentali: lo

sviluppo dei bambini, la teoria della personalità, la teoria

dell’apprendimento e la psicologia sociale descrivono una

interazione complessa tra fattori di rischio genetici e fisiologici e le

variabili demografiche e del micro-ambiente, che predispongono

una parte della popolazione a un comportamento antisociale

cronico. Più recentemente, modelli evoluzionistici e della teoria dei

giochi hanno provato a presentare una spiegazione distale per la

sociopatia, come l’espressione di una strategia dipendente-dalla-

frequenza vita-storia [frequency-dependent life-history strategy] selezionata,

con equilibrio dinamico, in risposta a indubbi e mutevoli circostanze

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Page 12: Sociobiologia

ambientali. Questo scritto cerca di integrare i modelli “prossimali” di

sviluppo con i modelli evoluzionistici “distali”, suggerendo che due

differenti eziologie di sviluppo della sociopatia emergono da due

differenti meccanismi evolutivi. Le strategie sociali per minimizzare

l’incidenza del comportamento sociopatico nella società moderna

dovrebbero prendere in considerazione due diverse etiologie e i

fattori che contribuiscono a queste.(Mealey, 1995)

John Maynard Smith (1982) ha sviluppato un modello di gioco teorico che

permette il variare di una fitness optima in accordo con i comportamenti degli

altri individui (vedi l’introduzione alla Teoria dei giochi sull’evoluzione). Si ricordi

che Darwin concepiva l’evoluzione come un gioco degli organismi contro le loro

condizioni di vita. Perché ci sono vincitori e vinti in base al criterio che “ognuno

sopravvive per riprodursi”, ogni organismo ha un rischio di morire e un rischio di

fallimento riproduttivo in ogni momento della sua vita. Il modello di Mealey è un

modello di gioco-teorico in cui il comportamento anti-sociale esiste accanto ai

comportamenti sociali come le strategie stabili dell’evoluzione (vale a dire, una

strategia come questa se fosse stata fissata in una popolazione, un’eventuale

invasione della strategia rivale non la soppianterebbe). Nella metafora della

teoria dei giochi, un ‘giocatore’ è un organismo, un ‘atto’ è un comportamento,

una ‘tattica’ è uno schema comportamentale, una ‘strategia’ è uno stile di vita e

la ‘resa dei conti’ di una strategia è il semplice effetto dell’uso di una strategia

nella fitness (i geni passano nella generazione seguente).

Linda Mealey (1995) identifica le ipotetiche condizioni ancestrali che avrebbero

dovuto rendere la sociopatia adattiva, vale a dire le condizioni in cui si sono

evolute le reciprocità sociali nelle popolazioni umane; questa è una spiegazione

distale del comportamento. Lei, inoltre, ha identificato i meccanismi che

potrebbero produrre il comportamento sociopatico nell’ambiente attuale, cioè i

meccanismi che coinvolgono le strategie di life-history che attraversano le

variabili biologiche, psicologiche e socioculturali; questa è una spiegazione

‘prossimale’ del comportamento. La spiegazione di Mealey ha tentato di dare un

senso alla enorme mole di letteratura sulla sociopatia. Il suo lavoro esemplifica

chiaramente il modo principale in cui si provano le teorie sociobiologiche, cioè,

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vedere se esse consolidano, per usare termini darwiniani, ‘grandi e indipendenti

classi di fatti’. Naturalmente, i parametri specifici valutati dalle teorie

sociobiologiche dovrebbero, nella misura in cui ciò sia possibile, essere testate

indipendentemente. I dati antropologici, per esempio, potrebbero gettare luce

sulle pratiche sociali delle antiche popolazioni umane. Questi dati potrebbero

essere usati per testare la plausibilità degli ambienti ipotetici postulati dalla

teoria sociobiologica.

Proprio come dei biologi cellulari che esaminano la patologia per capire la

funzione normale, la comprensione della sociopatia potrebbe fare luce, non

solamente nel rintracciare la fonte del comportamento antisociale, ma, nel

migliorare la conoscenza del funzionamento sociale normale. I sociopatici

differiscono dal resto di noi per il fatto che adottano una strategia per

l’evoluzione truffaldina, questo in relazione al loro ‘anormale’ sentiero di

sviluppo, mentre noi adottiamo una strategia per l’evoluzione cooperativa in

relazione al nostro ‘normale’ sentiero di sviluppo.

La nostra dettagliata analisi generalizza la spiegazione di Mealey in un unico

metodo che può essere applicato ad altri argomenti, questo incorpora una sorta

di spiegazione dei fattori critici, le obiezioni che erano state smarrite nella prima

sociobiologia. In primo luogo, ipotizzare funzioni adattive del comportamento.

Secondo, identificare i tipi di modelli evolutivi importanti per l’evoluzione di

queste funzioni adattive del comportamento. Terzo, connettere questi modelli ai

tratti distintivi attribuiti al comportamento. Quarto, esporre una o più strategie

‘life-history’. Quinto, raccogliere le evidenze multi-disciplina. Il metodo di

Mealey implica l’identificazione di fattori biologici, psicologici e socioculturali

della sociopatia, collegare questi fattori, distinguendo i collegamenti causali dai

correlativi e mostrare come differenti sentieri di sviluppo siano stati trovati in

due tipi di sociopatia (da qui il termine ‘modello a due sentieri’ della sociopatia).

Questa integrazione sottostà a un ‘modello evolutivo biopsicosociale’. Per

ulteriori dettagli, vedere il documento supplementare: Costruzione di

spiegazioni sociobiologiche.

3. Implicazioni filosofiche dei modelli sociobiologici

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Il modello di Mealey è stato valutato da molti commentatori. Il suo modello

riguardo la sociopatia, detto “imbroglione su due sentieri”, ha diverse

implicazioni interessanti per le questioni che sorgono continuamente nella

valutazione sociobiologica. Le seguenti osservazioni servono a identificare

questi problemi e ad andare al di là delle solite dicotomie. Se la prima ipotesi è

che la mente umana e la cultura creano il comportamento umano

indipendentemente dalla biologia, allora, questo, induce a spiegare il

comportamento nei termini delle loro funzioni distali (successo riproduttivo) e di

meccanismi “prossimali” (evoluti meccanismi psicologici che eseguono

strategie evolute per il successo riproduttivo), questi saranno visti come

irrazionali. Questa sezione cerca di chiarire le varie assunzioni, tra loro in

competizione, sostenute dai sociobiologi.

3.1 Determinismo Biologico

Fin dai suoi esordi, la sociobiologia umana si è confrontata con l’accusa di

adesione al determinismo biologico. Il determinismo biologico afferma che:

praticamente qualsiasi cosa significativa che riguarda la condizione umana è

spiegata, solo, da fattori biologici. Mentre il determinismo biologico espande il

dominio dei fenomeni che possono essere spiegati andando a includere

qualsiasi cosa che riguarda il comportamento umano, la sociobiologia limita il

dominio a nulla che non sia evoluzione e comportamento umano, es. fatti

significativi dal punto di vista evoluzionistico. La morale è che nel metodo è più

efficace tentare di spiegare il poco con il tanto che tentare di spiegare il molto

con il poco. Questa lezione ci consiglia di abbandonare la ‘ambizione sfrenata’

della sociobiologia di E.O Wilson (Kitcher, 1985) e di intraprendere, invece,

un’impresa più modesta. La sociobiologia della sociopatia di Mealey esemplifica

questo, più modesto, approccio. Il suo ‘modello di causa integrata’ integra i fatti

evolutivi con condizioni “prossimali” (locali, biologiche, psicologiche,

socioculturali).

3.2 Il significato evolutivo del comportamento

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Page 15: Sociobiologia

La sociobiologia studia il significato evolutivo del comportamento; questo, è la

sua limitata sfera di competenza. Questa specificità di predominio determina

alle spiegazioni circa il comportamento umano il suo potere e i suoi limiti. Esso,

il dominio, stabilisce in quali modi la sociobiologia è rilevante o irrilevante su

quanto noi già pensiamo della natura umana.

Data l’immensa scala di tempo in cui la vita sulla terra è cambiata, un

comportamento del significato evolutivo implica similitudini e differenze

all’interno delle specie e tra le specie. Per esempio, ‘montare una Cadillac’ è un

comportamento che manca di significato evolutivo. Nessuna altra specie monta

una Cadillac. I nostri antenati non sono montati sulle Cadillac. ‘Montare una

Cadillac’ non ha un passato evolutivo: da questo, non è un soggetto di

spiegazione evolutiva, eccetto come qualcosa che è stata possibile grazie

all’evoluzione nello stesso senso insignificante in cui qualsiasi cosa noi facciamo

è resa possibile dall’evoluzione. Eppure i nostri antenati usavano la loro mobilità

per sfruttare ambienti diversi, e differenti mobilità conducono a differenti

successi riproduttivi, che a sua volta rappresentano differenze e similitudini

all’interno delle specie e tra di esse. Se noi ridescrivessimo ‘montare una

Cadillac’ come ‘una forma di aumento di mobilità, che conferisce l’aumento di

abilità in modo tale di ottenere risorse e aiuti, conferendo, in tal modo, uno

status più alto’, allora il comportamento riscritto ha un passato evolutivo. Il

comportamento così rivisto è un significato evolutivo più particolare rispetto ad

altri, in base a questa teoria, ‘montare in una Cadillac’, ora, cade in un

particolare dominio della teoria evolutiva.

Adesso siamo in una posizione che ci permette di rispondere ad una domanda

importante che è stata per molto tempo trascurata e ha portato ad una fase di

stallo nella sociobiologia: Qual è l’apporto alla riscrizione in base evoluzionista

della sociobiologia? I critici sono sicuri che i comportamenti a cui hanno pensato

– vale a dire comportamenti pensati in termini di codici culturali e decisioni

individuali, che portano i comportamenti presi in considerazione ad una

disconnessione dal nostro passato evolutivo – non possono essere spiegati in

termini evoluzionistici. I sostenitori della sociobiologia sono sicuri che molti

comportamenti umani posso essere riconcettualizzati in maniera tale da

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Page 16: Sociobiologia

rendere espliciti i significati evolutivi. Sia gli approcci tradizionali non-evolutivi

sia gli approcci sociobiologici che spiegano la natura umana sono legittimati e

compatibili, in questo modo non c’è bisogno, allo scopo di difendere gli approcci

non-evolutivi, di approvare la disconnessione tra strategie evolute e

comportamento umano. Una grande fonte di dibattito è perciò stata eliminata

allorchè sia riconosciuto che la spiegazione evoluzionista implichi normalmente:

ridescrizione, riclassificazione e riconcetualizzazione.

Anche, le spiegazioni evoluzionistiche dei comportamenti sono cariche di teoria,

cioè, l’oggetto che deve essere studiato e definito è riconcettualizzato con l’uso

della teoria evoluzionistica. “Riteniamo, tuttavia, che una considerazione del

significato evolutivo di un comportamento – le condizioni ancestrali che possono

averlo reso adattivo, i meccanismi che possiamo aver sviluppato per produrre

questo comportamento, e quanti di questi meccanismi putativamente evoluti

potrebbero funzionare negli ambienti attuali – potranno spesso fornire delle

visioni che non sono state fornite da nessun altra teoria comportamentale”

(Crawford e Anderson, 1989, p. 1458). Lo studio sulla sociopatia di Mealey è,

solamente in questo senso, uno studio del significato evoluzionistico della

sociopatia.

Il punto del modello ‘Imbroglione a due-sentieri’ è quello di integrare i fattori

biologici, psicologici e socioculturali e di organizzarli usando un approccio

evoluzionistico. Il modello si adatta facilmente ad un punto chiave della

controversia natura-educazione sollevata da Mark Ridley (2004). Ridley

identifica una serie di connessioni natura-educazione, da cui egli conclude che

nel dibattito tra gli innatisti e gli “ambientalisti”, gli ambientalisti vincono: la

soluzione di Ridley è che noi siamo prodotti dell’educazione, ma “l’educazione

lavora per via della natura”. L’apprendimento, la socializzazione,

l’inculturazione e così via sono efficaci solo perché geni specifici si esprimono in

risposta, diretta o indiretta, agli eventi che avvengono fuori dal corpo; in ogni

momento lo schema dei geni si palesa nei vostri cambiamenti celebrali. I geni

estraggono informazione dall’ambiente circostante, costituendo un meccanismo

di esperienze; “i geni” e “l’ambiente” non sono due meccanismi, ma sono

componenti di un meccanismo tale che, quando le connessioni mutano per un

cambiamento dei geni o dell’ambiente, l’esito del comportamento differisce.

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Page 17: Sociobiologia

Tutte le storie di vita sono geneticamente “determinate”, ma il grado di

influenza genetica varia da caso a caso secondo la sua relazione con fattori

causali. I geni di ‘sociopatie primarie’ danno ai loro portatori una probabilità di

comportamento in vari ambienti che è relativamente costante, nonostante le

variazioni di sviluppo e di ambiente sociale. I geni di ‘sociopatie secondarie’

danno ai loro portatori una probabilità di comportamento in vari ambienti, che è

relativamente mutevole, alle variazioni negli ambienti sociali e di sviluppo. In

entrambi i tipi di sociopatia e nelle persone normali, questo comportamento è il

prodotto, sia dei geni, sia dell’ambiente, ma i due tipi si differenziano in quanto i

meccanismi “prossimali” del comportamento lavorano diversamente. L’altra

parte della storia è che gli esempi di Ridley possono, anche, essere descritti

usando una via opposta di fraseggio, la soluzione di Ridley per il dibattito

natura-educazione: Noi siamo il prodotto della natura, ma “la natura lavora

tramite l’educazione”. Così, i sociopatici sono prodotti dalla selezione naturale

per un’alta frequenza di Cooperatori e una bassa frequenza di Imbroglioni, ma

queste strategie evolute lavorano attraverso meccanismi “prossimali”

inglobando differenti condizioni psicologiche, familiari, sociali e culturali. Il

termine ‘modello evoluzionistico bio-psicologico’ è destinato ad abbracciare la

connessione life-history tra specifici componenti della natura e specifici

componenti dell’educazione che possono essere espressi teleologicamente sia

come “la natura opera tramite l’educazione” sia come “l’educazione opera

tramite la natura”.

4. Conclusione

La sociobiologia umana mira a comprendere l’evoluzione della socialità umana.

I sociobiologi provano a tracciare le storie evolutive di particolari strategie

comportamentali nei termini del loro ruolo funzionale in ambienti ancestrali e

attuali. La ricerca sociobiologica mostra, peraltro, sfide straordinarie. La prima

tra queste è la nostra ignoranza dei fatti cruciali: la cronologia della pressione

selettiva negli ambienti umani ancestrali e attuali, in che modo strategie

particolari sono attivate e controllate, la possibilità di transizioni radicali

dell’organizzazione sociale umana, il rapporto tra evoluzione biologica ed

evoluzione culturale e molti altri ancora. Il risultato è una struttura esplicativa

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necessariamente speculativa. Tuttavia, sembra ragionevole credere che la

sociobiologia offra un quadro di riferimento potenzialmente illuminante per

comprendere il comportamento umano, che ha già conseguito importanti

obbiettivi.

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