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SINTESI REPORT 2018 1

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ObiArt-Unionbirrai Firenze marzo 2019

ISBN – 978-88-941523-1-9

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Birra Artigianale Filiera italiana e mercati

Report 2018

1 Introduzione ____________________________________________________

1 Lo Scenario Internazionale _________________________________ 1

2 Le imprese brassicole in Italia ______________________________ 2

3 I birrifici artigianali: l’indagine diretta _____________________ 3

4 La birra nei consumi delle famiglie italiane ________________ 10

5 Le tendenze di mercato nella GDO _________________________ 11

6 Il consumatore: l’indagine diretta _________________________ 12

1 Conclusioni ________________________________________________ 20

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Il presente lavoro è il frutto di una collaborazione tra il Laboratorio ObiArt dell’Università degli Studi di Firenze e l’Associazione UNIONBIRRAI. Hanno contribuito alle attività di ricerca e alla stesura del seguente rapporto finale:

- Prof. Silvio Menghini, coordinatore scientifico dell’Osservatorio - Dott.ssa Veronica Alampi Sottini (PhD), responsabile sezione Mercati dell’Osservatorio - Dott. Bruno Fabbri, responsabile della sezione Filiera dell’Osservatorio - Dott.ssa Sara Fabbrizzi (PhD), responsabile delle analisi del consumate

OBIArt è il Laboratorio dell’Università degli Studi di Firenze dedicato allo studio del settore brassicolo artigianale italiano con particolare riferimento alle tematiche economiche relative alla organizzazione e gestione delle imprese e dell’intera filiera rispetto alle criticità e le opportunità di successo sui mercati.

www.obiart.unifi.it

ISBN – 978-88-941523-1-9 Copyright © 2019 by Unionbirrai-ObiArt L’opera, comprese tutte le sue parti, è tutelata dalla legge sui diritti d’autore ed è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Italia.

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INTRODUZIONE

Unionbirrai, l'Associazione di Categoria dei Piccoli

Produttori Indipendenti di Birra Artigianale, taglia un importante traguardo: compie, nel 2019, vent'anni.

Un periodo in cui abbiamo visto il comparto nascere, in

modo quantomai pionieristico, crescere e consolidarsi fin dai primi giorni grazie alla naturale propensione dei birrai artigianali di condividere informazioni ed esperienze utili a intraprendere un rinnovato concetto di impresa e di prodotto, una birra di qualità realizzata con una forte componente di inventiva e di propensione alla ricerca e alla sperimentazione.

Ora ci troviamo a osservare il nostro giovane comparto in grado di affermarsi non solo sul

mercato interno, ma anche di imporsi all'attenzione degli addetti ai lavori di tutto il mondo, grazie alla indiscussa capacità dei nostri birrai di creare birre di altissima qualità, innovative e sempre capaci di stimolare la curiosità di appassionati consumatori in tutto il pianeta.

La strada percorsa è stata lunga, ma anche tortuosa. Fare impresa nel nostro Paese può essere

estremamente complesso, farlo in campo birrario ha significato confrontarsi con normative inadeguate e una scarsa attenzione da parte delle istituzioni alle legittime esigenze di questo “nuovo” comparto produttivo.

Tanto rimane da fare, ma nel frattempo possiamo di certo affermare che negli ultimissimi anni

alcuni importanti traguardi, a sostegno e tutela dei piccoli produttori indipendenti di birra artigianale siano stati raggiunti: - l'Italia è l'unico paese al mondo ad avere adottato una definizione legale di “Birra Artigianale”,

strumento indispensabile di comunicazione verso consumatori e di forte identità di prodotto; - in deroga alla normativa europea relativa alla etichettatura degli alimenti, il nostro paese ha

reintrodotto l'obbligo di indicare in etichetta la sede dello stabilimento di produzione. Possiamo pertanto affermare che l'Italia sia oggi tra i paesi più avanzati, sicuramente in campo

birrario, in termini di trasparenza e correttezza delle informazioni a vantaggio dei consumatori, che sono in grado di sapere se la birra che stanno bevendo sia realmente Artigianale, prodotta da un Piccolo Produttore Indipendente, e dove.

A supporto di tali fondamentali informazioni Unionbirrai ha recentemente lanciato il marchio

“Indipendente Artigianale Una Garanzia Unionbirrai” che appare già sulle etichette di oltre 100 produttori, una iniziativa che accomuna molte altre associazioni europee e mondiali nella giusta comunicazione delle caratteristiche delle aziende e delle birre proposte sul mercato.

Infine il 2019 ha portato, finalmente, il tanto agognato sostegno economico ai piccoli produttori

indipendenti di birra anche in Italia, tramite una riduzione delle accise, in funzione delle direttive europee a sostegno del comparto, che quasi tutti i paesi dell'Unione Europea hanno adottato, fornendo di certo una aumentata e meritata competitività ai nostri birrifici artigianali sul mercato.

Quali le principali sfide che ci attendono in futuro?

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Trasmettere nel modo più efficace possibile i valori di una produzione birraria di qualità, realizzata da piccoli birrifici che fanno dell'indipendenza da grossi gruppi industriali un motivo di orgoglio e di vanto, allo scopo di fornire al crescente numero di consumatori di birra artigianale la massima varietà di birre accattivanti, stimolanti e trasparenti nella provenienza e nelle metodologie produttive, in un ambito di consumo sempre più consapevole.

Tutelare i Piccoli Produttori Indipendenti di Birra Artigianale, rimuovendo il più possibile le ancora presenti frizioni a livello normativo, garantendo nel contempo il corretto accesso al mercato e alla disponibilità di materie prime di qualità.

Informare, coinvolgere e lavorare sempre più efficacemente con l'intera filiera, dal mondo

agricolo delle materie prime ai gestori di locali e pub, affinché sempre più persone si avvicinino a questo entusiasmante prodotto, la Birra Artigianale Italiana.

20 anni sono passati dalla fondazione di Unionbirrai: era tempo di fornire il giusto strumento di

studio e analisi di un comparto in forte e rapida evoluzione, che permettesse di restituire una valutazione approfondita e autorevole sulle caratteristiche del fenomeno e proiettare tali considerazioni sull'immediato futuro.

Ecco dunque il report realizzato da Unionbirrai in collaborazione con l’Università degli studi

di Firenze che, assieme alla partenza ufficiale dei rapporti con ObiArt, Osservatorio permanente sulla birra artigianale, certamente risulterà una fonte preziosa di informazioni per tutti coloro i quali, a vario titolo, si approcceranno al comparto birrario artigianale italiano.

Vittorio Ferraris Presidente Unionbirrai

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1 Lo scenario internazionale Il numero totale di birrifici attivi sul territorio europeo UE-28 (BoE - Brewers of Europe, 2017) ammontava nel 2016 ad un totale di 8.490 unità, ricomprendendo in tale numero le imprese appartenenti a grandi gruppi multinazionali fino a giungere ai più piccoli microbirrifici locali. Il paese con il maggior numero totale di birrifici è il Regno Unito (2.250 unità), seguito da Germania (1.408), Francia (950), con l’Italia (757) che si colloca in quarta posizione prima della Spagna (483). Analoga è la graduatoria che potremmo tracciare considerando la sola diffusione dei microbirrifici:

Dal 2010 al 2016 nella maggior parte dei paesi europei il numero dei birrifici attivi è andato crescendo un po’ ovunque in modo rilevantissimo, ad eccezione della Germania:

Per quanto riguarda la produzione totale di birra in Europa, nel 2016 si stima che essa abbia raggiunto i 400,2 mln di ettolitri (BoE, 2017). Tali livelli produttivi portano l’Europa ad essere il secondo maggiore produttore mondiale, subito dopo la Cina (497,8 mln di ettolitri), superando di gran lunga le produzioni di Stati Uniti (226 mln di ettolitri) e Brasile (140 mln di ettolitri) (Fonte: FAOSTAT 2014).

Analizzando i dati produttivi dell’Unione in serie storica, nel periodo 2009-2016 l’andamento produttivo risulta complessivamente positivo, soprattutto grazie agli ultimi due anni (il 2015 e il 2016), con i quali si sono recuperate le contrazioni del 2010 del 2013 e del 2014:

(migliaia di hl)

L’Italia (BoE 2017) ha contribuito nel 2016 a tale

produzione europea con 14,5 mln di ettolitri, posizionandosi al decimo posto tra tutti i paesi europei.

0

500

1.000

1.500

2.000

2.500

Regno Unito Francia Germania Italia Spagna

Microbirrifici

Birrifici

380.000

385.000

390.000

395.000

400.000

405.000

2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016

produzione annuale Lineare (produzione annuale)

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In termini di scambi commerciali, c’è da rilevare che complessivamente sono 86,5 mln gli ettolitri di birra oggetto di esportazione (tra i paesi della UE e dalla UE verso altri paesi). Le importazioni si attestano invece a livelli prossimi ai 52 mln di ettolitri. Nel periodo 2009-2016 sia il volume delle importazioni che quello delle esportazioni è progressivamente aumentato, con l’export che ha avuto una performance più significativa. Riferendosi agli scambi registrati per il 2016 (BoE, 2017) il principale Paese esportatore risulta la Germania con 16,5 mln di ettolitri, seguita dall’Olanda (14,5 mln di ettolitri), dal Belgio (14,1 mln di ettolitri), dalla Francia (7 mln di ettolitri) e dal Regno Unito (6 mln di ettolitri). Per quanto riguarda le importazioni, nell’anno di riferimento, il Regno Unito è al primo posto con 10,6 mln di ettolitri, seguito dalla Francia (7,6 mln di ettolitri), dalla Germania (7,3 mln di ettolitri), dall’Italia (6,9 mln di ettolitri) e dalla Spagna (4,5 mln di ettolitri).

Relativamente ai consumi, nel 2016 la domanda interna europea di birra ha superato i 359 mln di ettolitri, con un andamento altalenate ma nel complesso in lieve crescita rispetto al 2010:

(migliaia di hl)

Tra i paesi europei il primato assoluto dei consumi totali è detenuto dalla Germania con 85,5 mln di ettolitri, seguita dal Regno Unito (43,7 mln di ettolitri), dalla Spagna (38,6 mln di ettolitri), dalla Polonia (37,9 mln di ettolitri), dalla Francia (21,3 mln di ettolitri), dall’Italia (al sesto posto con 18,9 mln di ettolitri), dalla Repubblica Ceca (15,9 mln di ettolitri) e dalla Romania (15,8 mln di ettolitri).

Rispetto ai dati assoluti, osservando il consumo procapite, la Repubblica Ceca, che occupa il settimo posto come paese consumatore di birra, si trova al primo posto nel consumo annuo pro capite con 143 litri, seguita dalla Germania (104 litri/pro capite), dall’Austria (103 litri/pro capite), dalla Polonia (98 litri/pro capite), dalla Lituania (88 litri/ pro capite) e dall’Irlanda e dalla Romania (entrambe 80 litri pro capite). L’Italia si attesta al trentesimo posto con 31 litri/pro capite.

2 Le imprese brassicole in Italia In Italia il sistema produttivo brassicolo nazionale nel 2017 risultava articolarsi in 1.008 imprese con 9.128 addetti diretti (fonte: Registro delle imprese CCIAA). Rispetto al 2015, il settore è cresciuto in modo eclatante in termini di numerosità di opifici (+55%) e in forma significativa in termini di addetti (+16%):

Nel 78% delle imprese la produzione di birra rappresenta l’attività principale, mentre nel restante 22% rappresenta una attività secondaria, spesso inquadrata nella più ampia attività della produzione delle bevande, della ristorazione, del commercio al dettaglio e dell’attività agricola. A livello di distribuzione regionale, rilevante è la consistenza delle imprese nel nord Italia, mentre minore è la numerosità degli opifici nel Centro Sud, anche se è proprio in queste regioni che si registrano negli ultimi tre anni gli incrementi più consistenti.

350.000

351.000

352.000

353.000

354.000

355.000

356.000

357.000

358.000

359.000

360.000

2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016

consumi UE-28 Lineare (consumi UE-28)

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Pur mancando ai dati camerali esaminati una indicazione esplicita dei birrifici artigianali, un’informazione indiretta su di essi è desumibile dalla dimensione delle imprese in base alla numerosità di addetti. Attraverso questa lettura è possibile porre in evidenza le due “anime” del sistema produttivo italiano, considerando la coesistenza nello stesso comparto di un ristretto numero di grandi realtà produttive industriali, associato ad una sempre più significativa quantità di piccole realtà produttive, con addirittura il 51% del totale nazionale dei birrifici costituito da imprese individuali.

Distribuzione del numero di imprese per classi di ampiezza di numero di addetti

Distribuzione del numero di addetti per classi di

ampiezza di numero di addetti

Confrontando i dati del 2017 con quelli del 2015 è possibile osservare come la complessiva crescita del settore sia in larga misura imputabile all’aumento del

numero delle realtà produttive più piccole, sia in ragione della costituzione di nuove imprese, sia per la crescita di altre, con l’acquisizione di nuovo personale:

3 I birrifici artigianali: l’indagine diretta L’indagine diretta è stata svolta nel mese di maggio 2018, attraverso un questionario inviato a 350 imprese aderenti ad UnionBirrai. Hanno risposto al questionario in 134 ma sono stati 109 i questionari sui quali è stato possibile svolgere le analisi, anche se per taluni dati (come ad esempio quelli relativi alle produzioni) si è prudenzialmente operato su 97 questionari.

Nel complesso, le imprese ricadenti nel campione contano su di una forza lavoro di 403 addetti, con una produzione che nel 2017 ha superato i 72.000 ettolitri, pari a circa 730 ettolitri di mosto per opificio. Se si considera il potenziale produttivo degli stabilimenti, pari ad un volume annuo di circa 130.000 hl, risulta che gli opifici operano con una produzione che di poco supera il 50% il potenziale operativo annuo totale, denunciando un livello di sottoutilizzazione degli impianti estremamamente diffuso. Tale problematica si lega direttamente sia alla stagionalità della domanda sia ad altri fattori produttivi limitanti. Solo il 28% degli

da 1 a 5

addetti

84%

da 6 a 9

addetti

7%

da 10 a 50

addetti

8%

con più di 50

addetti

1%

da 1 a 5 addetti

16%da 6 a 9 addetti

6%

da 10 a 50 addetti

16%

con più di 50 addetti

62%

imprese addetti imprese addetti imprese addetti

da 1 a 5 addetti 847 1.468 539 917 57% 60%

da 6 a 9 addetti 70 495 35 261 100% 90%

da 10 a 50 addetti 76 1.478 64 1.234 19% 20%

con più di 50 addetti 15 5.687 11 5.481 36% 4%

1.008 9.128 649 7.893 55% 16%

2017 2015 var. 2015-2017

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opifici opera con continuità tutto l’anno, senza mai arrivare ai massimi potenziali produttivi; nel 51% dei casi, invece, oltre ad avere una continuità produttiva durante tutto l’anno si assiste anche a momenti di maggiori attività che portano al massimo sffrattamento degli impianti; nel restante 21% delle imprese l’attivita produttiva è caratterizzata da una evidente stagionalità, con periodi di intensa attività intervallati da periodi di bassa operatività. Nei birrifici intervistati è prevalente l’attività di sola produzione della birra (nel 57% dei casi); rilevante è comunque anche il numero dei brewpub, ossia degli opifici che, oltre a produrre, somministrano direttamente il prodotto (24%). Significativa, soprattutto se riferita alla recente normativa del 2010, è anche la compagine delle imprese brassicole associate alla attività agricola (19%).

Il profilo tipico del mastro birraio è quello di un uomo di 40 anni con istruzione superiore- universitaria che ha iniziato l’attività in epoca più o meno recente, spesso provenendo da altra attività professionale. Nel 46% dei casi esaminati l’attività viene avviata in forma di società pluripersonale, seguita per ricorrenza (22% dei casi) in forma di ditta individuale.

L’attività produttiva viene svolta in larga misura con materie prime di provenienza esterna: solo il 9% delle imprese dichiara di procedere autonomamente per la maltazione, come è ancora limitata all’8% delle realtà intervistate la produzione di luppolo. Relativamente più frequente, interessando il 14 degli opifici, è la produzione di ingredienti speciali aggiunti nella ricetta:

Per quanto riguarda i risultati economici, riferendosi a 44 casi aziendali per i quali è stato possibile elaborare con attendibilità questo dato, si rileva un fatturato in continua crescita: tale aumento ha superato gli otto punti percentuali dal 2015 al 2016, mentre è stato di oltre 36 punti percentuali l’aumento del fatturato dichiarato dal 2016 al 2017. Mediamente, per azienda il fatturato medio è di € 380.000, per un valore medio di poco superiore ai 450 euro per ettolitro di birra prodotta.

Andamento del fatturato nel periodo 2015 – 2017

I dati della produzione artigianale, seppure in modo ben più marcato, sono coerenti con il generale

Prima del 2000

2%

2000 - 20055%

2006 - 201016%

2011 - 201548%

dal 201629%

2015 2016 2017

+8,3%

+36,3%

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momento positivo che sta attraversando l’intero settore birrario italiano, con una produzione nazionale che nel 2017 è aumentata nel complesso di oltre 7 punti percentuali, con importanti segnali anche a livello di export. Relativamente alle tipologie di prodotti, nelle imprese del campione esaminato le birre realizzate sono per oltre il 73% ad alta fermentazione e per il 25% a bassa fermentazione; in oltre il 92% dei casi è dichiarata una media il gradi Plato superiore a 12 e nel 14% dei casi superiore ai 14:

Particolarmente ampio anche nelle realtà più piccole è l’assortimento di etichette nelle quali si articola la produzione aziendale. Nel 78% dei casi gli opifici giungono sul mercato con più di sei etichette e in oltre il 18% dei casi si superano le 16 referenze:

Distribuzione delle imprese per assortimento

produttivo (n.ro di etichette)

In merito alla commercializzazione, nel 32% dei casi le imprese artigianali intervistate hanno dichiarato di svolgere non solo attività di produzione ma anche di somministrazione diretta del prodotto, sia presso il luogo stesso di produzione (nel caso dei brew pub) sia in occasione di eventi e fiere, svolgendo quindi una operazione che unisce gli scopi della promozione aziendale a quelli di una immediata vendita del prodotto. Attraverso queste due forme di vendita diretta, i birrifici hanno dichiarato di allocare sul mercato quasi il 20% dell’intera loro produzione. E’

invece ancora limitata (ancora al di sotto dell’1%) la vendita diretta tramite Internet. Il 31% dell’intera produzione viene invece veicolato attraverso birrerie, ristoranti e bar (24%), liberi servizi (6%) e GDO (1%). Infine, ma non certo per importanza, è il volume che viene venduto ai distributori: attraverso questi soggetti trova sbocco quasi il 48% della produzione artigianale, con il 28% veicolato attraverso operatori specializzati nella commercializzazione delle birre artigianali ed un 20% invece attraverso commercianti che operano nel più ampio spettro delle bevande. Relativamente al confezionamento, non considerando un 8% di prodotto servito direttamente nei brewpub, il restante volume di prodotto viene per il 51% confezionato in fusti e per il restante 41% in bottiglia.

Nella scelta del tipo di confezionamento del prodotto recitano un ruolo determinante diversi fattori tecnici sia strettamente connessi alla natura del prodotto artigianale, sia riconducibili ad evidenti differenze logistiche, nonché legati alle esigenze di armonizzare il “packaging” con le altre leve del marketing, facendo in modo che la confezione sia “coerente” con l’immagine di un prodotto di qualità superiore. Per quanto riguarda gli aspetti tecnici, non neutrali allo stesso condizionamento del prodotto, per le birre a bassa fermentazione risulta confermata più idonea una commercializzazione in fusti, per la spillatura diretta o per una commercializzazione immediata: l’assenza delle pratiche di microfiltrarzione e pastorizzazione nel prodotto lager artigianale, nel garantire una birra sensorialmente più fresca, determina una sua minore conservabilità nel tempo e, quindi, la necessità di un confezionamento (appunto in fusti) che offra la massima efficienza sia in termini di conservazione (con il raffreddamento del fusto) sia in termini logistici, dovendo veicolare il prodotto con estrema rapidità, preferibilmente non andando oltre le due settimane

22,4%

32,9%

27,6%

10,5%

5,3% 1,3%

< =5 6 - 10 11 - 15 16 - 20 21 - 25 > 25

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dalla sua realizzazione. Per questo motivo le birre a bassa fermentazione trovano una prioritaria veicolazione in fusti, laddove invece il prodotto ad alta fermentazione ha un apprezzabile posizionamento sul mercato finale anche in bottiglie, andando ad alimentare quei canali nei quali è indispensabile giungere su di uno scaffale con formati del genere. In termini di destinazione geografica, il 38% del prodotto ha una distribuzione limitata ad ambiti territoriali prossimi allo stabilimento di produzione così come il 29% non supera i confini regionali. Un altro 30% della produzione viene commercializzato in altre regioni, ma comunque entro i confini nazionali. Il restante 3% è destinato all’esportazione, con l’1,7% intra Europa e l’1,3% extra Europa:

Passando ad esaminare la comunicazione attraverso la quale le imprese artigianali “dialogano” con l’ambiente esterno si rileva che in tutte le realtà intervistate è nei fatti sviluppato un mix comunicativo fondato sul ricorso ai social media e alle manifestazioni di settore, con una strategia attraverso la quale “… la forza del gruppo si trasforma così in uno strumento di grande potere contrattuale attraverso cui il birrificio può accorciare le distanze temporali per il raggiungimento degli obiettivi. In questi casi, in cui è riconoscibile soggetto plurale, quasi un partito della birra, l’eco di un determinato brand arriva al consumatore per il tramite della condivisione esperienziale e del passa parola, grammatica sociale che va a comporre il messaggio pubblicitario al posto delle parole.” (Salvato S. 2016). Altrettanto ricorrente nel mix comunicativo degli opifici artigianali è la presenza di un sito web. Anche se nella quasi totalità dei casi i siti risultano ben curati tanto in termini di immagine che di funzionalità, oltre il 36% degli operatori dichiara di non vedere ancora in essi uno strumento fondante per i loro rapporti con l’ambiente esterno. Segue, ma ben distanziato, il ricorso a sponsorizzazioni, mentre sono decisamente meno rilevanti le forme di comunicazione veicolate attraverso soggetti esterni (altri siti web, Associazioni di produttori, ecc.):

Ricorso ai mezzi di comunicazione in ordine di rilevanza

Per quanto riguarda la formazione professionale tutti gli operatori del settore dichiarano di avere competenze che in taluni casi derivano da specifici studi scolastici superiori e universitari. Per il 50% degli operatori le competenze derivano dalla frequenza di corsi specifici dedicati agli operatori del settore: pressoché in tutti questi casi viene dichiarata la partecipazione a corsi organizzati da UnionBirrai, da CERB e DIEFFE. Ricorrenti, anche se meno frequenti, i casi in cui gli operatori dichiarano di avere elevato la propria professionalità confrontandosi con altre realtà imprenditoriali, più affermate e ritenute più competenti. In merito all’assistenza tecnica, il ricorso alle consulenze esterne è relativamente modesto, ad eccezione di quelle legate ad aspetti amministrativi. Significativa anche se sporadica è la frequenza con la quale le imprese ricorrono ad una consulenza esterna sia per la progettazione e l’allestimento degli impianti, sia per la tutela legale e le scelte di marketing, soprattutto in relazione alla comunicazione: Ricorso all’assistenza tecnica

no

po

co

abb

asta

nz

mo

lto

TOTA

LE

Social 1,4% 7,0% 26,8% 64,8% 100%

Manifestazioni 1,4% 21,4% 58,6% 18,6% 100%

sito web personale 7,0% 36,6% 47,9% 8,5% 100%

sponsorizzazioni 22,4% 40,3% 35,8% 1,5% 100%

Ass.produttori 39,4% 45,5% 15,2% 0,0% 100%

altri siti web 48,3% 40,0% 10,0% 1,7% 100%

Volantini 73,1% 17,9% 7,5% 1,5% 100%

Stampa 39,1% 57,8% 3,1% 0,0% 100%

Tv e radio 73,4% 25,0% 1,6% 0,0% 100%

Imp

ian

ti

Pro

cess

o

Am

min

istr

azi

one

Tu

tela

Le

ga

le

Ma

rket

ing

mai 12,7% 83,1% 25,4% 23,9% 31,0%

qualche volta 66,2% 11,3% 35,2% 62,0% 59,2%

spesso 16,9% 2,8% 22,5% 7,0% 7,0%

sempre 4,2% 2,8% 16,9% 7,0% 2,8%

Totale dichiarazioni100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0%

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L’analisi SWOT: i punti di forza, di debolezza delle imprese e i rischi e le opportunità del mercato Al termine dei questionari è stato chiesto agli imprenditori di esprimere un parere in merito a quelli che credono essere i punti di forza e i punti di debolezza che le loro realtà imprenditoriali detengono rispetto alle opportunità e minacce che si trovano a dover affrontare andando sul mercato. Partendo dalle risposte ottenute con domande a risposta, ricorrendo alle tecniche di free word associations, abbinate ad una rappresentazione in “nuvole di parole”, sono state evidenziate le seguenti problematiche.

I punti di forza che gli imprenditori dichiarano sono direttamente riconducibili al prodotto e alla loro organizzazione d’impresa. A livello di prodotto, nell’unanimità dei casi, gli imprenditori reputano come punto di forza primario la qualità delle birre prodotte: in questi casi l’eccellenza produttiva viene associata a vari aspetti fra loro correlati quali: - il carattere artigianale del prodotto - lo standard qualitativo raggiunto - l’elevata differenziazione della gamma dei prodotti - il rapporto con la realtà locale. A livello di impresa molteplici sono le caratteristiche nelle quali gli imprenditori pensano di avere un punto di forza. Tra queste dichiarano la flessibilità (versatilità) con la quale le imprese si adattano agli scenari e alle sollecitazioni esterne, ciò soprattutto per quanto riguarda l’impiego della manodopera che può essere fornita direttamente dall’imprenditore o da personale dall’azienda pluriattiva, generalmente impegnato in altre attività. Altrettanto comune tra gli imprenditori è la convinzione di potere vantare una relativa forza per le strategie di marketing già implementate, spesso nella convinzione di avere un brand aziendale sufficientemente affermato. Particolare attenzione è dedicata all’empatia con la quale gli imprenditori si relazionano con i propri clienti, stabilendo un rapporto con essi che si avvicina in modo rilevante a spontanee forme di marketing esperienziale. Ricorrente anche l’idea che la competenza acquisita nel tempo abbia raggiunto livelli apprezzabili tanto da divenire un punto di forza per il successo dell’azienda.

Nuvola di parole relativa ai punti di forza dei birrifici artigianali

Relativamente ai punti di debolezza spiccano due ordini primari di fragilità: uno a livello di rapporti con il mercato e l’altro a livello di organizzazione interna dell’impresa. Nell’ambito dei rapporti con il mercato prevale in maniera rilevante la criticità che le imprese incontrano a livello di commercializzazione del loro prodotto, aspetto che viene spesso acuito dal desiderio-opportunità di rispondere ad una domanda in forte crescita, uscendo così dalla la nicchia di mercato acquisendo nuovi clienti. Sempre direttamente legate alle difficoltà di dialogo con il mercato sono le debolezze che taluni imprenditori dichiarano di avere a livello di comunicazione e di stagionalità della produzione. A livello di organizzazione interna emerge innanzi tutto la complessità degli aspetti legati alla natura artigianale (dimensione) delle imprese: di fronte alle potenzialità di crescita del comparto, risultano in modo sempre più marcato le problematiche relative all’organizzazione, alla qualificazione del personale, e all’adeguamento strutturale dell’opificio. Ricorrente, e per vari motivi espressione di sintesi delle stesse criticità sopra esposte, è la fragilità che talune imprese iniziano a provare in termini di costi di produzione: prevedendo che la crescente saturazione dei mercati imporrà confronti più serrati sul piano dei prezzi di vendita, gli imprenditori temono che la una organizzazione di impresa di tipo artigianale possa divenire, sul piano dei costi di produzione, uno dei principali punti di debolezza del settore.

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Nuvola di parole relativa ai punti di debolezza dei birrifici

artigianali

Passando ad esaminare le opportunità che gli operatori del settore avvertono in questo momento, risalta su di tutte il sensibile aumento della domanda di birre, sul piano sia quantitativo sia, soprattutto, qualitativo. La tendenza del mercato vesto birre di maggiore qualità viene direttamente correlata all’emergere di un certo tipo di consumatore che, in possesso di un livello di cultura superiore si orienta ad un consumo maggiormente consapevole, avendo anche una migliore capacità di giudizio e, di conseguenza, disponibilità di spesa verso certi prodotti. Tale percezione qualitativa delle birre artigianali da parte del consumatore viene associata, ancor prima che alle materie prime, alla figura del “mastro birraio”, per la cura costante con la quale egli segue tutto il processo produttivo: a ciò fanno eccezione gli opifici agricoli, dove le materie prime recitano un ruolo di maggior rilevo. Tali aspetti concorrono alla definizione di nicchie di

mercato dove il prodotto artigianale può differenziarsi dal prodotto industriale, dove gli imprenditori possono operare secondo una leadership di prodotto, contenendo per quanto possibile il confronto sul piano dei prezzi. Gli operatori ritengono come concrete opportunità quelle legate al sapere accedere a tutte le forme di distribuzione già oggi disponibili, così come avere la capacità di partecipare alle sempre più frequenti iniziative (fiere ed eventi) dedicate al settore.

Nuvola di parole relativa alle opportunità da “cogliere”

In merito alle minacce è corale l’opinione che il principale pericolo sia rappresentato dalla concorrenza delle birre “crafty” di produzione industriale. Sebbene il prodotto industriale abbia un posizionamento ben preciso a partire dai prezzi praticati (come a livello di GDO), i piccoli produttori temono la minaccia del confronto, sia per la potenza commerciale dei grandi gruppi multinazionali (sul piano della comunicazione e della distribuzione), sia per la sensibile differenza di prezzo tra il prodotto “crafty” e il prodotto artigianale. Altra minaccia particolarmente sentita è legata al timore che l’eclatante espansione del mercato sia accompagnata da pericolose euforie, con effetti di saturazione e, cosa ancor più temuta, dal crescente ingresso di nuovi opifici che operino con eccessiva improvvisazione. Altra preoccupazione è rappresentata dal fatto che i piccoli opifici devono continuamente confrontarsi in un ambiente competitivo caratterizzato da una complessità crescente: chi vuole crescere deve avere il coraggio e la forza di uscire dalla propria “nicchia”, sapendosi muovere in una filiera sempre più articolata e in un mercato sempre più ampio, nel quale si accentuano le problematiche di economie di scala e di “shelf life”. Altra preoccupazione ricorrente è relativa al livello di educazione dei consumatori, in primis per quanto riguarda la limitata consapevolezza che essi hanno in merito al significato stesso di “artigianale”, con tutto ciò che consegue a livello di scelta d’acquisto..

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SINTESI REPORT 2018 9

Nuvola di parole relativa alle minacce dalle quali doversi “difendere”

Di fronte a tale scenario gli imprenditori reputano fondamentale, per sostenere il loro futuro competitivo, investire elevando le loro competenze professionali nonché ricorrendo in misura maggiore a consulenze professionali esterne. Tra gli operatori è comunque ricorrente l’dea che la dimensione artigianale abbia fisiologicamente bisogno di essere sostenuta anche dall’esterno: in tale senso è particolarmente apprezzato il ruolo che può svolgere l’associazionismo a supporto delle imprese in termini di tutela e di sviluppo del comparto. Altrettanto importante è l’attenzione rivolta alle pubbliche istituzioni, nell’attesa di più attente politiche di tutela e di valorizzazione delle piccole imprese, in particolare in tema di fiscalità applicata al settore, con riferimento alle accise:

AZIONI nessunaminima media alta

A livello aziendale, elevando le

competenze degli addetti0,0% 0,0% 24,2% 75,8% 100%

A livello aziendale con maggiore

ricorso a consulenze esterne9,1% 22,7% 50,0% 18,2% 100%

A livello di Associazioni, ricorrendo al

loro supporto1,5% 25,8% 31,8% 40,9% 100%

A livello di provvedimenti

istituzionali (leggi e fiscalità)1,5% 13,6% 22,7% 62,1% 100%

rilevanza

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4 La birra nei consumi delle famiglie italiane Nel 2017 (ISTAT) la spesa media di una famiglia italiana è stata di 2.564 €. Oltre l’82 % di tale spesa (2.107 €) è rivolta all’acquisto di beni e servizi non alimentari. In tale spesa sono ricompresi gli acquisti per le bevande alcoliche che, complessivamente pari a 22,20 € per mese, sono per 6,11 € imputabili all’acquisto di birra, rappresentando così circa un terzo della spesa totale che si sostiene per l’acquisto di bevande alcoliche. Significativa, anche se però non esaminabile con necessario dettaglio, è la spesa relativa alla ristorazione, attraverso la quale trova sbocco una considerevole quantità di birra.

Considerando tale base informativa per macroaree geografiche è possibile per il 2017 rilevare un consumo medio annuo per famiglia che oscilla dai 70 euro spesi dalle famiglie che vivono nelle Isole, sino ai 76 euro spesi invece nel Nord-Est. Considerando invece l’incidenza della spesa sostenuta per l’acquisto della birra sulla spesa totale che le famiglie sostengono per bevande alcoliche, si rilevano consistenze opposte, con le Isole che fanno registrare i valori più alti (38%) e il nord-ovest quelli più bassi (24%). In termini di penetrazione del prodotto, si rileva che mediamente in Italia 5 individui su 100 consumano birra quotidianamente con il massimo della penetrazione tra le famiglie che risiedono nelle isole (5,4) e il minimo in quelle del Sud (4,4):

Significativo anche il dato relativo all’evoluzione nel tempo della frequenza con la quale si consumano le diverse bevande alcoliche. Prendendo come base di partenza i livelli del 2010, è possibile rilevare che in questi ultimi sette anni, mentre calano, salvo casi particolari, tutti i consumi delle altre bevande alcoliche, il consumo della birra è in costante crescita:

Rispetto a questi andamenti generali i dati statistici nazionali riferiti con dettaglio alle diverse fasce d’età dei consumatori fanno emergere diversi modelli di consumo:

- uno giovanile, in cui l’alcol è assunto in varie forme (birra, superalcolici, vino) e in situazioni ricreazionali, generalmente al di fuori dei pasti;

- uno adulto, ancorato al modello mediterraneo-tradizionale, con un consumo prevalente di vino associato ai pasti.

Tuttavia, è probabile che con il progressivo ricambio generazionale tale marcata distinzione andrà riducendosi, con le future categorie di consumatori più maturi che manterranno più elevati livelli di consumo di tale prodotto, presente nelle loro abitudini di consumo sin dalla giovane età.

vini 61%

birra27%

alcolici12%

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5 Le tendenze di mercato nella GDO La moderna distribuzione rappresenta il canale attraverso il quale viene soddisfatta la quasi totalità della domanda di birre destinate ai consumi domestici: in essa trovano da sempre uno sbocco fondamentale tutte le birre economiche, quelle standard (mainstream) e le premium, anche se è in continua crescita la presenza di birre di livello qualitativo superiore. Tale evoluzione inizialmente si è manifestata con un incremento delle quote di vendita delle birre premium, sia grazie ad un aumento assoluto dei consumi, sia per erosione delle quote di mercato delle categorie più economiche. Più recentemente, l’ulteriore crescita qualitativa si è avuta con l’ingresso nella GDO delle birre speciali, con una serie di prodotti che in precedenza erano destinati ad alimentare i consumi extra domestici, risultando reperibili quasi esclusivamente in locali pubblici. Osservando i dati del 2017 relativi alle vendite di birra nella Grande Distribuzione Organizzata italiana (IRI-Infoscan) si registra per tale prodotto un fatturato totale pari a 1,3 miliardi di euro. Le vendite riguardano per il 75,8%, pari a 992 milioni di euro, le birre industriali, principalmente di tipo standard. Il restante 24,2% delle vendite totali, pari a 316,2 milioni di euro, deriva dalla commercializzazione di birre speciali. È importante considerare che per la fonte informativa utilizzata, i prodotti “craft” inseriti nella categoria delle birre speciali, ricomprendono tanto le birre di effettiva provenienza artigianale che quei prodotti che seppure di provenienza industriale hanno un posizionamento strategico prossimo a quello artigianale.

Ns. elaborazione su dai Iri-Infoscan

Relativamente alle varietà di prodotto, nel 2017 domina le vendite del comparto craft il prodotto “blond”: esso è il leader assoluto con oltre 24 milioni di fatturato sui totali 32,6. Ed è nell’ambito di questa

categoria generica di prodotto che si riscontra il più diretto confronto tra l’offerta delle craft di provenienza industriale e il prodotto artigianale, con le categorie Lager quasi totalmente ad appannaggio dei grandi produttori industriali e le Ale, ad alta fermentazione, invece per la quasi totalità offerte dai piccoli produttori artigianali. Esaminando le dinamiche in questi ultimi quattro anni, è possibile verificare come la crescita dei consumi domestici della birra evidenziata in precedenza attraverso i dati ISTAT si lega direttamente al generale aumento delle vendite del prodotto nella GDO nazionale. Dal 2014 al 2017, attraverso la moderna distribuzione le vendite aumentano complessivamente del 19,9% in valori e del 17,6% in volumi:

Il dettaglio dei segmenti qualitativi ci consente di porre in evidenza come la crescita, seppure generalizzata, si sia avuta soprattutto grazie alle birre speciali e, in questo ambito alle “craft”. Infatti, mentre per le birre industriali l’aumento in valore nei quattro anni si attesta a poco più del 10%, per i prodotti “craft” si registra nello stesso periodo un aumento di oltre il 203% in valore e di addirittura di un + 355% in volume: in termini di valori assoluti le vendite delle birre craft sono passate dai 10, 7 milioni di euro del 2014 ai 32,6 milioni del 2017, con un aumento in volume dato dagli 1,6 milioni di litri venduti nel 2014, ai 7,2 milioni commercializzati nel 2017.

Dietro questa generale crescita delle vendite nel segmento delle “craft” è opportuno considerare distintamente il contributo a tale performance delle birre “craft artigianali” da quelle di provenienza industriale. Attraverso tale analisi è possibile evidenziare come la notevole crescita dei volumi di vendite di prodotti “craft”, seppure significativa anche per i prodotti artigianali, è comunque da attribuirsi in larga misura alle birre di provenienza industriale,

B. in

dustriali

B. sp

eciali (altre)

B. sp

eciali (craft)

Totale Birra

10,6%

54,7%

203,0%

19,9%

12,6%

58,2%

355,4%

17,6%

valori

volumi

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confermando la politica commerciale molto aggressiva dei grandi produttori che, in soli quattro anni sono penetrati in tale segmento, passando da un volume di vendite di poco superiore ai 320 mila euro del 2014 (pari al 3,1% del totale vendite craft nella GDO), ai circa 15 milioni di euro del 2017, arrivando a rappresentare il 46% del totale vendite craft in tale canale.

6 Il consumatore: l’indagine diretta L’indagine diretta, volta a conoscere il consumatore sia di birra artigianale e industriale che il consumatore di sola birra industriale, si è avvalsa del supporto di Toluna, una digital market research e technology company, specializzata, proprio, nelle ricerche di mercato online. Su un totale di 5008 rispondenti entrati nelle survey, dopo la ripulitura da risposte incomplete e uno screen out costituito da una domanda filtro che escludesse chi non fosse consumatore di birra né industriale né artigianale, 1.000 sono risultati i questionari completati con successo, sui quali sono state effettuate le relative elaborazioni. Tale domanda filtro ha consentito di scindere la survey in due parti: una per coloro che bevono solo birra industriale, cioè coloro che hanno dato come risposta al consumo della birra artigianale “mai” o “molto raramente”, e una per coloro che consumano sia la birra industriale che artigianale, esprimendo il loro consumo di birra artigianale con le residuali categorie di frequenza (almeno una volta al mese, almeno una volta alla settimana, anche più volte durante la settimana). Ben 697 su 1000 intervistati sono entrati nella survey dedicata ai consumatori sia di birra industriale che artigianale, a testimonianza di quanto sia alto l’indice di penetrazione della birra artigianale sul mercato. I restanti 303 intervistati sono entrati nel panel dei consumatori di sola birra industriale, rappresentando per le piccole imprese di birra artigianale un mercato potenziale da analizzare per aumentare la loro quota di mercato. I consumatori di sola birra industriale Al fine di conoscere tale mercato potenziale, tra i consumatori che sono rientrati in tale categoria sono state rilevate le motivazioni per il non consumo di birra artigianale. Le prime tre motivazioni per il non consumo di birra artigianale sono date dal costo elevato, dalla non reperibilità in negozio e dalla piena soddisfazione del prodotto birra industriale attualmente consumato. Segue la non conoscenza, alla quale il 40% del campione attribuisce importanza medio alta. Tale dato costituisce uno spazio di sviluppo della conoscenza significativo che dovrà essere di stimolo ai produttori di birra artigianale per implementare un adeguato piano

di comunicazione ai fini di avvicinare il consumatore al prodotto.

Di contrappasso, sempre ai consumatori di solo birra industriale è stato chiesto quali fossero gli elementi che potessero spingerli verso il consumo di birra artigianale. Il fattore principale che emerge in tal senso è la riduzione del prezzo, a cui viene attribuita un’importanza medio-alta dal 77% del campione. Un’altra determinante elicitata dal consumatore è la maggior presenza e visibilità nei punti vendita (68%), seguita da eventi di degustazione a fiere e manifestazioni (66%). E’ possibile, quindi, sintetizzare, osservando anche le altre determinanti quali sagre, assaggi presso la GDO e serate a tema, come le azioni che i produttori possono intraprendere per tentare di raggiungere il mercato potenziale dei non consumatori di birra artigianale riguardino, principalmente, interventi sul prezzo, sulla distribuzione e sulla promozione. Infine, un ulteriore elemento al quale è stata data importanza medio-alta dal 60% del campione è l’introduzione di un marchio che certifichi l'artigianalità del prodotto, elemento che è in linea con le richieste dei consumatori, sempre più desiderosi di trasparenza e di strumenti di garanzia e riconoscimento della qualità.

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I consumatori di birra industriale e artigianale Passando quindi all’altro target di 697 individui, che consumano sia birra industriale che artigianale, osserviamo come la birra artigianale sia entrata a far parte delle abitudini di consumo, per la maggior parte del campione (42,5%), più di 5 anni fa, con soltanto il 7,2% che la consuma da meno di un anno.

Similarmente al target dei consumatori di sola birra industriale, è stato chiesto ai consumatori di entrambe le tipologie di birra quali fossero gli elementi che in qualche modo li limitassero nel bere ancora di più una birra artigianale. Come per l’altro panel di consumatori, anche in questo dei consumatori di birra artigianale il prezzo assurge a fattore limitante nel consumo del prodotto, rappresentando per il 72% del campione una determinante con un grado medio-alto di importanza. Seguono poi le difficoltà legate alla reperibilità del prodotto sia nei punti vendita per il consumo in-door che nei locali per il consumo out-door. Parallelamente, gli elementi che il consumatore di birra artigianale suggerisce per incrementare la diffusione della cultura e del consumo di birra artigianale sono la maggior presenza e visibilità nei punti vendita, seguita dall’introduzione di un marchio che certifichi l’artigianalità e dalla promozione di eventi di degustazione a fiere e manifestazioni. Visti gli elementi di criticità della birra artigianale, sono stati rilevati, specularmente, anche gli elementi di pregio che, secondo il consumatore di birra sia industriale che artigianale, quest’ultima può vantare. Le categorie di risposta alle quali oltre l’80% degli intervistati ha attribuito importanza medio-alta possono ricondursi a caratteristiche intrinseche, quali aver un gusto più ricco e diversificato, essere più aromatica e più buona, e a caratteristiche estrinseche quali essere considerata più genuina, naturale, di maggior qualità e adottare materie prime di qualità. Emergono, infine, gli elementi legati sia ad una visione etica e culturale del prodotto, il cui consumo sostiene i piccoli produttori locali, sia all’identità territoriale.

La rilevanza dell’aspetto locale per la birra artigianale viene riconfermato dai dati di provenienza delle birre acquistate, che mostrano come i produttori locali e altri produttori dell’Italia siano i canali di provenienza con il maggior numero di risposte a frequenza medio-alta. Il confronto tra i due panel di intervistati consente di profilare il consumatore di birra artigianale nelle sue caratteristiche socio-demografiche. I dati mostrano come per quanto riguarda il genere non ci sia un gran scostamento fra i due panel di intervistati, così come per la composizione del nucleo familiare e la professione. Si nota, invece, la differenza nell’età media e nelle fasce di età dei due panel, con i consumatori di birra artigianale che sono più giovani rispetto a coloro che bevono solo birra industriale. Da notare, inoltre, una leggera preponderanza di laureati nel panel dei consumatori di birra artigianale, rispetto a quello dei consumatori di sola birra industriale, e, infine, una riduzione dell’incidenza dei consumatori di birra artigianale al Sud e nelle Isole, a differenza dell’incremento spalmato nelle due macro-aree del Nord. Per quanto concerne le abitudini comportamentali, si rileva come all’interno del panel di consumatori di birra artigianale e industriale, la birra artigianale sia consumata leggermente meno della birra industriale, in termini di frequenza, soprattutto nel consumo in-door. La birra artigianale non presenta sostanziali differenze tra le frequenze di consumo in casa e fuori casa. L’osservazione dei momenti di consumo, evidenzia come le frequenze di consumo per entrambe le tipologie di birra non presentino sostanziali differenze. Per entrambi i prodotti, i principali momenti di consumo sono rappresentati dalle uscite serali e dalle occasioni speciali (feste, party, ecc.), a testimonianza del carattere socializzante e giovanile che viene attribuito alla birra in generale.

meno di un anno7%

1-2 anni26%

3-5 anni24%

più di 5 anni43%

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Per quanto riguarda i luoghi di acquisto è possibile rilevare come i luoghi principali di acquisto siano il supermercato (con frequenza medio-alta pari al 54%), il ristorante /pizzeria (51%) e i locali (48%). Il confronto fra le frequenze medio-alte di acquisto per la birra industriale e artigianale evidenzia come quelle del canale del supermercato si riducano notevolmente, passando dal 79% per la birra industriale al 54% per la birra artigianale. Dinamica opposta, invece, per i canali del beershop, del brewpub e dell’enoteca, luoghi, maggiormente preferiti dai consumatori con alto grado di product involvment nei confronti della birra artigianale.

L’analisi delle abitudini di consumo della birra è stata condotta anche per quanto riguarda il volume medio mensile consumato e la relativa spesa. I dati mostrano come per i consumatori di entrambi i prodotti il volume medio mensile dei consumi della birra industriale sia maggiore di quello della birra artigianale, dinamica opposta, invece, per quanto riguarda la spesa, ovviamente, attribuibile al fatto che la birra artigianale abbia prezzi più elevati.

Confrontando i due panel di consumatori, rileviamo come chi beve solo birra industriale eliciti valori nettamente inferiori, rispetto ai consumatori di entrambi i prodotti, per quanto riguarda i consumi medi sia in termini di volumi (4,64 Lt.) che di spesa (10,75 €), con una differenza, quest’ultima di quasi 4 euro. E’ ben evidente come le maggiori pretese del consumatore artigianale lo portino a sostenere spese maggiori anche per la birra industriale stessa. Focalizzandosi solo sulla birra artigianale, sono stati incrociati i dati dei consumi in termini di volume e di spesa con le fasce di età potendo riscontrare come la fascia di età compresa tra i 35 e i 44 anni sia quella nella quale si concentrano i maggiori consumi di birra artigianale, tanto in termini di volumi (6,28 Lt./mese) che di spesa (21,57 €/mese). Per quanto riguarda il trend relativo ai consumi, sia in volumi che in termini di spesa, rispetto all’anno passato, spiccano notevolmente i dati relativi ai consumi della birra artigianale, dichiarati in aumento da oltre il 40% del campione, per quanto riguarda sia il volume medio che la spesa media. Tale tendenza incrementale viene confermata per quanto concerne il trend futuro dei consumi, con circa il 40% degli intervistati che dichiara l’intenzione di aumentare oltremodo i consumi del prodotto artigianale. Per approfondire l’analisi sulla spesa per la birra, sono stati selezionati tre formati di consumo abituale, abbinati a situazioni di consumo fuori casa e in casa: il tutto è stato esaminato considerando tanto l’attuale spesa media (effettivamente sostenuta) e quella che potenzialmente sarebbero propensi a sostenere in termini di prezzo massimo (prezzo di riserva).

I dati mostrano come per la birra artigianale la spesa media per tutti i casi presi in considerazione sia superiore rispetto alla spesa per la birra industriale. I dati maggiormente rilevanti sono quelli relativi al

4% 2% 1% 3%

18%16%

6%12%

38% 43%

30%

41%

36% 37%

52%

41%

4% 2%11%

4%

0%

20%

40%

60%

80%

100%

a casa fuori casa a casa fuori casa

artigianale industriale

mai molto raramente qualche volta al mese qualche volta a settimana tutti i giorni

consumi medi

mensili (Lt.)

spesa media

mensile (€)

birra artigianale 4,98 17,85

birra industriale 6,07 14,62

totale 11,05 32,47

boccale

0,40 l.

consumato

in un locale

bottiglia

0,66 l. da

consumare

in casa

confezione

0,33 l. da

consumare

in casa

birra artigianale 4,94 4,12 3,83

birra industriale 3,43 2,55 3,07

birra artigianale 5,32 5,03 4,29

birra industriale 3,74 2,91 3,13

prezzo di riserva (€)

prezzo (€)

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prezzo massimo (pezzo di riserva) che il consumatore è disposto a pagare per la birra artigianale, soprattutto per il consumo domestico, con un gap di 91 e 46 centesimi, rispettivamente per una bottiglia da 0,66 l. e una confezione da 0,33l. L’indagine ha, inoltre, rilevato quali fossero gli elementi informativi che influenzassero la decisione di acquisto del consumatore. L’elemento informativo che maggiormente influenza la decisione di acquisto è rappresentato per entrambe le tipologie di prodotto dalle precedenti esperienze di consumo, seguito dalla conoscenza del produttore e dal passaparola. All’interno del panel di consumatori di entrambe le tipologie di birra non si rilevano apprezzabili differenze nella distribuzione delle frequenze tra questi diversi elementi informativi, tranne che per i consigli del gestore, canale informativo maggiormente utilizzato dai consumatori di birra artigianale e, ovviamente, direttamente correlato al contesto dove viene prevalentemente effettuato l’acquisto del prodotto artigianale nel quale è più ricorrente la vendita assistita. Conclusa la sezione relativa alle abitudini comportamentali, il questionario è andato ad esplorare le preferenze, le motivazioni, le opinioni e gli atteggiamenti del consumatore in riferimento alla birra. Per quanto concerne le preferenze, si rileva come nel panel dei consumatori di birra industriale e artigianale la birra con la scala di gradimento più alta sia la birra chiara. Entrambe le tipologie di birra (industriale e artigianale) hanno una scala di preferenze similare, con valutazioni medio-alte per tutti gli stili date da una gran percentuale di intervistati; infatti, si registra, nella tipologia artigianale, per le birre speciali una valutazione medio-alta del 79%, così come per le ambrate e per le birra scura del 65%.

Il panel di consumatori di sola birra industriale ha una netta preferenza per la birra chiara ed esprime per tutti gli altri stili valori di importanza medio-alti inferiori al panel dei consumatori di entrambe le birre, in modo particolare per le birre speciali che registrano una riduzione di ben 34 punti percentuali.

Continuando ad analizzare le preferenze del consumatore, il questionario ha rilevato il grado di importanza di alcuni elementi nella scelta del prodotto. Nel panel consumatori birra industriale e artigianale, si rileva come per entrambi i prodotti non ci siano sostanziali differenze nella valutazione del grado di importanza, se non per la provenienza locale e la notorietà della marca, la prima maggiormente importante per la birra artigianale, la seconda per la birra industriale. Per entrambe le tipologie l’elemento principale di scelta è lo stile, seguito, per la birra artigianale dalla provenienza locale (81% di valutazione medio-alta), dal prezzo (77%) e dal grado alcolico (74%) e per la birra industriale dal prezzo (83%), dal grado alcolico (75%) e dalla notorietà della marca (72%).

L’analisi delle motivazioni di consumo della birra mostra come per entrambe le tipologie di birra le determinanti “gusto”, “piacere” e “convivialità” siano fortemente rilevanti, così come lo “sperimentare nuovi ingredienti e sapori” e la curiosità”, in particolar modo per la birra artigianale. Anche il “rilassamento” e il “divertimento” risultano essere spinte motivazionali importanti per il consumo sia della birra industriale che artigianale. Il grado di importanza medio-alto è molto similare fra le due tipologie di birra, uniche eccezioni, come già detto, per le spinte motivazionali dello “sperimentare nuovi ingredienti e sapori” e della curiosità”.

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A tutte le motivazioni sopra riportate è stato attribuito un grado medio-alto di importanza da ben oltre il 50% del campione, tranne che per l’immagine, il senso di appartenenza a un gruppo, che comunque trovano riscontro, entrambe, in poco più del 40% degli intervistati, e, infine, lo sballo (26%). Il paniere di consumatori di sola birra industriale si esprime con valori di importanza inferiori per tutte le determinanti, tranne che per il gusto, il piacere. Il gap principale fra i due panel di consumatori si registra nel “senso di appartenenza a un gruppo” e nell’ “immagine”, determinanti che appartengono soprattutto ai più giovani e, come abbiamo notato precedentemente, il panel dei consumatori di sola birra industriale è un più maturo di età rispetto all’altro. Un’altra motivazione dove emerge una differenza rilevante dell’ordine di importanza medio-alto fra i due panel è “sperimentare nuovi ingredienti e sapori”, tipico atteggiamento che, invece, caratterizza il consumatore di birra artigianale. Per approfondire il grado di coinvolgimento del consumatore nei confronti del prodotto birra sono state poste tre affermazioni alle quali, attraverso una scala di Likert a cinque posizioni, l’intervistato ha espresso il suo grado d’accordo. Il product involvement è stato misurato attraverso queste tre affermazioni: ho un grande interesse per la birra; non ho bisogno di occasioni speciali per bere birra; seleziono le birre che compro con molta attenzione. I risultati per il panel di consumatori di entrambe le birre mostrano come per la birra artigianale vi sia un interesse nettamente superiore ed anche una maggior attenzione per la selezione delle birre. Invece, per quanto riguarda il fatto di dissociare il consumo della birra da un’occasione speciale, entrambe le tipologie mostrano risultati pressoché uguali, a testimonianza del fatto che la birra è entrata, ormai, nelle abitudini di consumo degli italiani e il suo consumo non è legato ad eventi particolari. Il panel dei consumatori di sola birra industriale mostra un minor grado di coinvolgimento nel prodotto birra. Il coinvolgimento maggiore nel prodotto birra del panel consumatori birra industriale e birra artigianale si riflette anche nel maggior grado di conoscenza, dichiarato da loro stessi, rispetto ai consumatori di sola birra industriale. Da segnalare, comunque, che quasi un quinto del paniere (18%) afferma di avere conoscenza scarsa (17%) o nulla (1%) nei confronti della birra artigianale, rappresentando uno spazio di sviluppo della conoscenza che le imprese dovranno intercettare attraverso un’adeguata strategia comunicativa per avvicinare il consumatore al prodotto.

A tal proposito, nell’ambito della comunicazione, è stato chiesto al consumatore di esprimere un parere su quanto fosse pubblicizzata la birra. I risultati mostrano come il consumatore consideri la birra artigianale poco (55%) o per niente pubblicizzata (15%), a differenza di quella industriale, ben pubblicizzata, invece, per la maggior parte del campione. Riferendosi a tale aspetto, all’intero panel di intervistati è stato presentato il marchio di garanzia studiato e promosso nel 2018 da UnionBirrai, con l’intento di elevare l’evidenza del prodotto artigianale sui mercati finali, ponendosi al tempo stesso a garanzia dello stesso:

Tale marchio ha trovato ampio consenso in entrambi i target di studio. Il 66% dei consumatori di sola birra industriale sarebbe incuriosito e stimolato all’acquisto, con un 34% che rimarrebbe comunque indifferente. Anche nell’altro target d’intervistati, vale a dire i consumatori di birra sia industriale che artigianale, il marchio induce una reazione positiva nell’87% dei casi, con il 65% del campione che lo considera uno stimolo in più per comprare la birra artigianale, ma a parità di prezzo, e il 22% disposto a pagare anche un prezzo superiore. In questo caso, soltanto il 13% degli intervistati resta indifferente. Per esplorare gli atteggiamenti che i consumatori hanno nei confronti dei due prodotti, birra industriale e birra artigianale, è stato fatto uso dello strumento del differenziale semantico. Tale metodologia prevede la selezione di una serie di coppie di aggettivi antitetici separati da una scala a sette posizioni, nella quale l’intervistato dovrà posizionare la sua percezione del prodotto. Le diadi che presentano maggior differenza di percezione tra i due prodotti vanno a delineare come si compone la birra artigianale nell’immaginario del consumatore, sostanziandosi, quindi, come un prodotto locale, costoso, originale, sofisticato, naturale, profumato, intimo, di qualità, salutare e occasionale:

birra industriale

birra artigianale birra industriale

nulla 1% 1% 1%

scarsa 17% 9% 32%

sufficiente 45% 47% 51%

buona 31% 34% 14%

ottima 7% 7% 2%

birra artigianale e industriale

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Tali aggettivi sono quelli che hanno registrato la maggior differenziazione percettiva tra i due prodotti e sono ordinati in modo decrescente. L’utilizzo del differenziale semantico ha consentito di rilevare, così, gli aggettivi connotativi della birra artigianale per il consumatore, potendoli ordinare per grado d’importanza, evidenziando una serie di elementi di “elevato” livello di differenziazione percettiva, da altri che invece hanno una rilevanza “intermedia” ed altri ancora invece “bassa”. Tale esame offre una utile base conoscitiva per poter elaborare un messaggio comunicativo, che sarà tanto più efficace quanto più sarà in linea con l’immaginario del consumatore stesso.

Per approfondire l’analisi percettiva del consumatore per la birra sia artigianale che industriale, è stato, infine, fatto ricorso alla free word associations, chiedendo ai due panel di consumatori di esprimere le prime parole (sostantivi, aggettivi, verbi, associazioni, sentimenti, ecc.) che gli fossero venute in mente, pensando alla birra industriale e alla birra artigianale. Tale metodologia, analogamente alle analisi del differenziale semantico, fornisce informazioni utili per costruire strategie di marketing per lo sviluppo del prodotto e dei piani comunicativi. Per il panel dei bevitori di sola birra industriale, vediamo come questa sia percepita come fresca, buona, dissetante e gustosa. Il prodotto viene associato, inoltre, alla pizza e a situazioni amicali assumendo il ruolo di una bevanda conviviale, adatta a tutte le occasioni e da bere in compagnia. Lo stesso panel di consumatori immagina la birra artigianale come un prodotto gustoso, costoso, buono, particolare e di qualità, esplicitando, comunque, tutta una serie di aggettivi legati a caratteristiche estrinseche quali l’essere genuina, ricercata, unica e originale. Nuvola di parole della percezione della birra industriale per i consumatori di sola birra industriale

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Nuvola di parole della percezione della birra artigianale per i consumatori di sola birra industriale

Per quanto riguarda il panel dei consumatori che bevono anche birra artigianale, è rilevabile come le primi quattro parole, per numerosità, relative alla birra industriale siano identiche a quelle del panel dei consumatori di sola birra industriale, anche se con ordine diverso (buona, dissetante, fresca, gustosa). Da rilevare come l’aggettivo “economica” risulti molto più in alto nella scala delle prime venti parole, per odine ripetuto, rispetto all’altro panel, presumibilmente per il confronto immediato che il consumatore di entrambe le birre è portato a fare su tale determinante. Inoltre, anche la parola “standard”, assente nell’altro panel, emerge proprio per il confronto immediato che il consumatore di entrambe le birre tende a fare tra i due prodotti, valutando, quindi la birra industriale come un prodotto standard e comune, in antitesi all’unicità e alla particolarità espresse per la birra artigianale. Anche qui, seppur con un gradiente di importanza inferiore, appare la parola pizza, assente, invece, nelle associazioni mentali di entrambi i panel di consumatori per la birra artigianale.

Nuvola di parole della percezione della birra industriale per i consumatori di entrambe le tipologie di birra

Infine, per quanto riguarda la percezione semantica della birra artigianale per i consumatori che bevono entrambi i prodotti, vediamo come questa si differenzi rispetto a quella dell’altro panel di consumatori (consumatori di sola birra industriale) per parole quali “locale”, “territorio” “aromatica” e “profumo”, vale a dire parole legate sia a caratteristiche avulse dall’oggettiva percezione sensoriale che a caratteristiche intrinseche organolettiche: tutti elementi valoriali che hanno la connotazione di “caratteristiche di credence” che necessitano di opportune attestazioni. Da rilevare come in questo panel di consumatori l’aggettivo “costosa” abbia un ordine di importanza molto minore rispetto all’altro, presumibilmente, per il fatto che caratteristiche come l’essere gustosa, buona, di qualità, saporita e particolare rendono pienamente soddisfatto il consumatore, che valuta, così, di minor rilevanza il prezzo elevato del prodotto, ovvero lo giustificano in ragione delle maggiori soddisfazioni che sanno di poter ritrarre dal prodotto artigianale. In sintesi, gli attributi più significativi sono quelli legati alle caratteristiche organolettiche, alla “naturalness”, quali “genuina” e “naturale” e alle caratteristiche estrinseche che vanno a delineare la birra artigianale come un prodotto “particolare”, “ricercato” e “unico”,

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in grado di esprimere una propria identità “locale” e un maggior legame con il “territorio”. Nuvola di parole della percezione della birra artigianale per i consumatori di entrambe le tipologie di birra

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Conclusioni I dati ufficiali pubblicamente disponibili e quelli

rilevati con le specifiche indagini dirette condotte per

realizzare il presente Report, confermano e

quantificano puntualmente la straordinaria crescita

della filiera di produzione e l’altrettanto notevole

sviluppo della domanda: lo scenario che si giunge a

descrivere con il Report pone l’accento sulle grandi

opportunità del momento, ma al tempo stesso ci

mette in guardia su quelli che possono essere i possibili

rischi riconducibili a dinamiche evolutive così rapide e

mutevoli.

Le opportunità del momento pongono i piccoli

birrifici artigianali di fronte alla necessità-opportunità

di crescere uscendo dalla propria “nicchia” non solo

continuando a migliorarsi sul piano tecnologico, ma

anche acquisendo crescenti competenze e capacità di

controllo delle fasi commerciali. Pertanto, le sfide del

futuro si giocheranno sempre di più sulle capacità dei

piccoli birrifici di relazionarsi con il mercato, avendo un

chiaro quadro di riferimento in merito alle preferenze

dei consumatori e alla posizione dei diretti

concorrenti.

Il presente Report intende offrire una prima

risposta a questa necessaria esigenza che le imprese

hanno di potere effettuare le loro scelte organizzative

e gestionali avendo il più possibile chiare le idee su

quello che è lo scenario in cui devono operare.

La scelta di Unionbirrai, nel contribuire alla

realizzazione del presente Report e nel partecipare, in

collaborazione con l’Università di Firenze, alla

costituzione di un Osservatorio permanente, vuole

rappresentare non solo una puntuale risposta a

esigenze di supporto diretto ai piccoli produttori, ma

anche il mezzo per dotare l’Associazione di una

dettagliata base informativa del settore economico

che è chiamata a rappresentare e tutelare nei vari

ambiti politici e amministrativi: la conoscenza della

consistenza dell’articolazione tecnica ed economica

della filiera è indispensabile per potere operare scelte

consapevoli, potendo sia dare peso alla propria forza

rappresentativa nonché, nelle analisi reiterate nel

tempo, potere verificare e misurare le scelte di

indirizzo operate alla luce dei risultati riportati.

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