Sinisteritas

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IL CONCETTO DI SINISTRA testi di: Massimo Cacciari, Elvio Fachinelli, Paolo Flores d'Arcais, Giulio Ginrello, Giacomo Marrzmao, Marco Mondadori, Michele Salvati, Federico Stame, Gianni Vattimo, Salvatore Veca, Fernando Vianello Bompiani

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Celebre saggio cacciariano di qualche tempo fa, tornato attuale.M. Cacciari “Sinisteritas”, in Aa. Vv., “Il concetto di sinistra”, Bompiani, Milano 1982, poi anche in «Trasgressioni», 5, 1987A rileggerlo torna la domanda: ma Cacciari è da sempre la punta ipercritica della sinistra italiana oppure di sinistra non è mai stato?E “migliorismo” ovvero "riformismo" è sinonimo di rivoluzione moderata, progressiva, graduale o, piuttosto, non è che il profilo di sinistra del conservatorismo?Ma, soprattutto, teoreticamente è più rigoroso chi assume la realtà storico-fattuale come dato da riformare oppure chi non riconosce valore di realtà e legittimità ai fatti, all'esistente, alla "sostanza" per dirla con Hegel?Buona lettura.P.S.... che "il pensiero concresca al linguaggio" (come si legge in apertura) non mi trova d’accordo.Semmai il contrario: l'intelligibilità del linguaggio è pensiero ovvero "concetto", il resto (che è già da sempre linguaggio, anche non linguisticamente espresso) è "cultura" pur con tutta la risonanza che può esibire, ma teoreticamente irrilevante, un divertissement al più.Si pensa mediante il linguaggio, non in virtù di esso, direi.

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IL CONCETTO DI SINISTRAtesti di: Massimo Cacciari, Elvio Fachinelli,Paolo Flores d'Arcais, Giulio Ginrello,Giacomo Marrzmao, Marco Mondadori,Michele Salvati, Federico Stame, Gianni Vattimo,Salvatore Veca, Fernando Vianello

Bompiani

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AvvrntpruzA Dnrr,'EnrronB

I1 progetto di questo libro è nato in occasíone del conve-gno su "fl concetto di sinistra" tenuto a Roma iI20,2I e22ottobre, per iniziativa dell'Assessorato alla Cultura di quelComune. Non era possibile raccogliere in volume tutti icontributi al convegno, e neppure i molti interessanti: si èdovuta fare una scelta. La decisione di interpellare soltantogli autori che figurano nel libro è imputabile esclusivamenteall'Editore. I loro testi sono, in gran parte, una rielaborazio-ne o un rifacimento degli interventi pronunciati al convegno.

MASSIMO CACCIARISINISTERITAS

1. Mario Tronti inizia il suo recente saggio Sinistra chie-dendosi se la sinistra si sia finalmente emancipata dagli origi-nati connotati negativi del termine. Se è vero che il pensieroconcresce al linguaggio e che il linguaggio ci parla,l'interro-gativo non appare afÍatto estravagante. 11 termine "sinistra"patisce dawero una stotia Íatale,la sua vicenda, anzi, è meta-storica, appartiene ai simbolismi-chiave della nostra civil-tà, al nosro inconscio collettivo. Difficile districarsene - ep-però non vi è dubbio che questi originari, mitici connotatisi siano andati spegnendo progressivamente nelle lingue eu-ropee moderne. fn realtà, essi permangono in modo evidentesolo nell'italiano. Link non ha alcun senso negativo-spre-giativo, e così pure left o gauche. Per indicare qualcosa dimalvagio, nemico o anche semplicemente inquietante non siuserà mai, in queste lingue, il termine usato ad indicarela sinistra.,L'antica accezione si conserva solo in locuzioniparticolari: left-handner.r per dire inettitudine, goffaggine,ihe traduce alla lettera il latino sinisteritas; oppure linksanzieben, indossare qualcosa a roaescio. Si può perciò affer-mare che, pur con I'importante "caso" italiano, le sinistreeuropee si siano già di fatto emancipate da quel pesante arra-tema che gîavava sulla mano sinistra, sinistra - spiegavaOvidio - perché studiosa sinistri: natae ad furta sinistrae.

Le sinistte europee non soffrono complessi della manosinistra, né manifestano nostalgie della mano destra (fuor-ché in Italia? ancora un "caso"?), ma si sono sempre raffi'gurate come rette. La sinistra, in realtà, non si è mai conce-pita come sinistra, bensì come quella patte dello schieramen-

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to politico che insiste sulla posizione rerta. A guardar bene,già qui minaccia di fuanarc una geografia politica basatasullo schema destra-sinistra. Un tale schema non opera nellaimmagine che ogni parte politica tende a darc di sé, poichéognuna si considera come veîa detenrice della posizioneretta (né desta, né sinistra) . Rectus viene da regere: indicala funzione di gouerno cui ogni forza politica si sente vo-cata. Non però un governo qualsiasi, ma un govetno retto,non un governo che si afiicola in leggi qualsiasi, ma che siesprime sulla base di un Diritto retto. Se si intende, come siintende, e in particolarissimo modo da parte della sinistrain tutta la sua storia, la funzione di governo in quantoregere, allora necessariamente la si esprime in quanto fonda-ta su un richtige Recht. Poiché, come Benveniste ci ha spie-gato, rex-regere viene dal greco orégo, stendere-tracciate, rec-tus signlfica allora diritto conze la linea tracciata dal rex;regere significa ttacciare confini perfetti, assegnare stabilitòpoi, assoggettare ad essi. In opposizione a tutto ciò cheapparc storto, contorto, labirintico, e perciò infido, perfido,mentitore... sinistro. È nella Íamiglia semantica del orégo-tegere-rex che rinraccerei alcune delle figure mitiche dellasinistra, piuttosto che in quella indicata dal suo nome. Lasinistra è la f.orza del ricbtige Recht, della "linea" diritta,bene ttacciata. Essa, semmai, irrompe da una parte, da sini-stra, ma per giungere alla posizione retta, dove l'ordine èrístabilito, i confini segnati secondo verità. Essa ri-volge lasituazione malata, contorta, mentitrice, la situazione " sini-stra", in nome di uî retto régere da stabilire o ri-stabilire.Per la sinistra, la desffa è costituzionalmente inadatta a ciò,incapace di esprimere un richtige Recht - e dunque incapa-ce di autentica ti-voluzione (rottura, salto che si impongonosoltanto laddove i rapporti sociali e culturali appaiono de-rugliati). Infatti, la sinistra non ha mai riconosciuto rivo-luzioni di desma, ma soltanto contro-rivoluzioni; per la si-nistra, la desta impedisce sistematicamente che la situazio-ne malata si ri-voluzioni. Speculare rappîesentazione ha ladestra della sinistra.

Un modello politico costuito sui termini destra-sinisuaappate, perciò, altamente paradossale , 91à alla luce di questebrevi considerazioni "linguistiche". Da un lato, infatri, essosembra strutturarsi secondo un massimo di dicotomicità, men-tte, dall'altro, è in realtà tutto gravitante, in ogni luogo della

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sua geografia, verso la posizione giusta-retta, verso la posí-zione centrale ptopúa àeI régere-rex - e così costtetto, ma-gari per le vie più impervie e con I'immaginazione più au-dace, a far propria l'animistica superstizione di poter fonda-re i propri " giudizi" su Diritti fondamentali.

L'irnpostazione del problema politico in termini destra-sinistra

^pp^re tipica di un messaggio che intende indune

a scelte operative nette, tese a includere o a escludere rapi-damente e efficacemente da1 goaerno interi gruppi, interes-si, culture. È inevitabile che un tale messaggio assuma anchetonalità moralistiche: ciò fa parte della necessità di fat ap-parire I'avversario come storto, contorto, sordo, sinistro. In-somma, la rappresentazione del sistema politico in questitermini vuole indurre decisioni drastiche, impore scelte dischieramento: amico-nemico (con buona pace di chi usa taleschema, ma respinge pregiudízialmente Carl Schmitt).

Ma, d'altta parte, e vicevefsa, l'intero sistema, che cosìsi rappresenta, all'interno di ognuna delle sue articolazioni,non privilegia affatto né destra né sinisra; anzi, si puòquasi affermare che vi è proporzionalità, diretta tra il setta-rismo dicotomico della rappresentazione generale e la posi-zione di ptivilegio di cui godono, all'interno di ognuna delleforze che compongono il sistema, di ognuno dei suoi sotto-insiemi, le posizioni centrali, in quanto elementi retti, por-tatori del díkaion. 11 modello destra-sinistra è in realtà tuttoarticolato intorno alle posizioni di mezzo. Sono gli "assi chenon vacillano" dei diversi schieramenti, dove soltanto si èdawero "in linea", si dispone dell'arte, tipica del rex, distendere-tracciare linee davvero diritte e perciò giuste. Ilmezzo denota, d'altronde, fortissime, originarie affinità colrégere. Quelle del mezzo sono le posizioni che hanno rnisu-ra, le posizioni che sanno, cioè, rnediare, e che, mediando,guariscono la comunità dai mali da cui è afÍLitta. Il mezzo è1l tópos del ruedicu.s: arte della mediazione in quanto gua-rire. E Benveniste continua awertendoci che nell'antico oscomediss era lo stesso iudex, colui che diceva lo ius.

Questa rappresentazione del sistema politico è perciò unarappresentazione lineare-assiale. In essa, ogni posizione haun proprio tópos ben definito, è soggetta a unNomos infles-sibile. Questi diversi tópoi vengono, però, contemporanea'mente, gerutchizzati in base alla prepotenza del centro, delmezzo, dove si colloca 1l medicus-rex. L'inteto sistema è in-

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to politico che insiste sulla posizione rerta. A guardar bene,già qui minaccia di fuanarc una geografia politica basatasullo schema destra-sinistra. Un tale schema non opera nellaimmagine che ogni parte politica tende a darc di sé, poichéognuna si considera come veîa detenrice della posizioneretta (né desta, né sinistra) . Rectus viene da regere: indicala funzione di gouerno cui ogni forza politica si sente vo-cata. Non però un governo qualsiasi, ma un govetno retto,non un governo che si afiicola in leggi qualsiasi, ma che siesprime sulla base di un Diritto retto. Se si intende, come siintende, e in particolarissimo modo da parte della sinistrain tutta la sua storia, la funzione di governo in quantoregere, allora necessariamente la si esprime in quanto fonda-ta su un richtige Recht. Poiché, come Benveniste ci ha spie-gato, rex-regere viene dal greco orégo, stendere-tracciate, rec-tus signlfica allora diritto conze la linea tracciata dal rex;regere significa ttacciare confini perfetti, assegnare stabilitòpoi, assoggettare ad essi. In opposizione a tutto ciò cheapparc storto, contorto, labirintico, e perciò infido, perfido,mentitore... sinistro. È nella Íamiglia semantica del orégo-tegere-rex che rinraccerei alcune delle figure mitiche dellasinistra, piuttosto che in quella indicata dal suo nome. Lasinistra è la f.orza del ricbtige Recht, della "linea" diritta,bene ttacciata. Essa, semmai, irrompe da una parte, da sini-stra, ma per giungere alla posizione retta, dove l'ordine èrístabilito, i confini segnati secondo verità. Essa ri-volge lasituazione malata, contorta, mentitrice, la situazione " sini-stra", in nome di uî retto régere da stabilire o ri-stabilire.Per la sinistra, la desffa è costituzionalmente inadatta a ciò,incapace di esprimere un richtige Recht - e dunque incapa-ce di autentica ti-voluzione (rottura, salto che si impongonosoltanto laddove i rapporti sociali e culturali appaiono de-rugliati). Infatti, la sinistra non ha mai riconosciuto rivo-luzioni di desma, ma soltanto contro-rivoluzioni; per la si-nistra, la desta impedisce sistematicamente che la situazio-ne malata si ri-voluzioni. Speculare rappîesentazione ha ladestra della sinistra.

Un modello politico costuito sui termini destra-sinisuaappate, perciò, altamente paradossale , 91à alla luce di questebrevi considerazioni "linguistiche". Da un lato, infatri, essosembra strutturarsi secondo un massimo di dicotomicità, men-tte, dall'altro, è in realtà tutto gravitante, in ogni luogo della

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sua geografia, verso la posizione giusta-retta, verso la posí-zione centrale ptopúa àeI régere-rex - e così costtetto, ma-gari per le vie più impervie e con I'immaginazione più au-dace, a far propria l'animistica superstizione di poter fonda-re i propri " giudizi" su Diritti fondamentali.

L'irnpostazione del problema politico in termini destra-sinistra

^pp^re tipica di un messaggio che intende indune

a scelte operative nette, tese a includere o a escludere rapi-damente e efficacemente da1 goaerno interi gruppi, interes-si, culture. È inevitabile che un tale messaggio assuma anchetonalità moralistiche: ciò fa parte della necessità di fat ap-parire I'avversario come storto, contorto, sordo, sinistro. In-somma, la rappresentazione del sistema politico in questitermini vuole indurre decisioni drastiche, impore scelte dischieramento: amico-nemico (con buona pace di chi usa taleschema, ma respinge pregiudízialmente Carl Schmitt).

Ma, d'altta parte, e vicevefsa, l'intero sistema, che cosìsi rappresenta, all'interno di ognuna delle sue articolazioni,non privilegia affatto né destra né sinisra; anzi, si puòquasi affermare che vi è proporzionalità, diretta tra il setta-rismo dicotomico della rappresentazione generale e la posi-zione di ptivilegio di cui godono, all'interno di ognuna delleforze che compongono il sistema, di ognuno dei suoi sotto-insiemi, le posizioni centrali, in quanto elementi retti, por-tatori del díkaion. 11 modello destra-sinistra è in realtà tuttoarticolato intorno alle posizioni di mezzo. Sono gli "assi chenon vacillano" dei diversi schieramenti, dove soltanto si èdawero "in linea", si dispone dell'arte, tipica del rex, distendere-tracciare linee davvero diritte e perciò giuste. Ilmezzo denota, d'altronde, fortissime, originarie affinità colrégere. Quelle del mezzo sono le posizioni che hanno rnisu-ra, le posizioni che sanno, cioè, rnediare, e che, mediando,guariscono la comunità dai mali da cui è afÍLitta. Il mezzo è1l tópos del ruedicu.s: arte della mediazione in quanto gua-rire. E Benveniste continua awertendoci che nell'antico oscomediss era lo stesso iudex, colui che diceva lo ius.

Questa rappresentazione del sistema politico è perciò unarappresentazione lineare-assiale. In essa, ogni posizione haun proprio tópos ben definito, è soggetta a unNomos infles-sibile. Questi diversi tópoi vengono, però, contemporanea'mente, gerutchizzati in base alla prepotenza del centro, delmezzo, dove si colloca 1l medicus-rex. L'inteto sistema è in-

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terpretato misurando, di volta in volta, 7a distanza che sepa-ra le diverse forze da questo centro, Il tutto presuppone pie-na stabilità e trasparenza nei valori che caratterizzano i di-versi tópoi. Tali valori sono, per così dire, obbiettivati inquesti luoghi, così che i diversi soggetti in movimento lungoI'asse del sistema si trovano ad assumedi, a seconda dellapropria collocazione. Per riassumere, questa rapptesentazio-ne è formata dalla combinazione di questi tre fattori: a)unidimensionalità assiale del sistema politico; b) gravitazio-ne al "centto medico" delle diverse posizioni; c) obbiettiva-zione dei valori ai diversi tópoi politici sistemati sull'assedestra-sinistra (sono di sinistra poiché qui mi colloco, e cessodi essetlo quando mi colloco altroue).

2. La fotza, il carattere "convíncente" di questa rappre-sentazione consiste nella sua normalità. Normale è la situa-zione in cui vigono effettivamente le norme: situazione ec-cezionale olre ogni dire! Laddove il dio Termine di erasmia-na memoria stia ancora ben confitto sul terreno a indi-care i confini (e la sua auctoritas veng riconosciuta), laddo-ve ogni soggetto si dia nella forma di un chiaro assoggetta-mento a tópoi definiti - questa ra'ppresentazione sembrabrillantemente teneîe. Ma quando si accende una situazionecritica? quando mutamenti repentini abbrevino di colpo ledistanze, diano luogo a corto-circuiti ffa tópos e tópos, neconfondano la natura? Una rappresentazione planare è con-cepibile dove i valori in conflitto appaiono stabili, "e-ducati"da magmatici intrecci - ma quando questa stabilità vienmeno, come vien sempre meno in pfesenza del Cattivo Nuo-vo? Anzi - ben più radicalmente - quando vien meno lastessa descrivibilità di uno stato in assenza di linguaggi atti aticonoscetne i fenomeni di discontinuità, di rottura? La rzrp-presentazione assiale del sistema politico è fisiologicamenteinadatta a render conto delle situazioni critiche, del produr-si di discontinuità nei processi, di descrivere situazioni in-trinsecamente instabili. Quando la possibilità di desuiveresecondo "cerchi sociali" definiti viene stabilmente meno,decade 7a f.orza della rappresentazione unidimensionale-assia-le Íinalizzata al "cenÚo medico". Questo centro tiene finchéf instabilità è concepibile come semplice patologia, da gua-rire. Quando il sistema appaîe descrivibile (e governabile)

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rrIrrriri soltanto secondo equazioni di instabilità, assistiamo;rll'ínevitabile tîamonto del "centro,,.

Nc'I1"'inquietudine geologíca" della nostra epoca (e lascia_rrr. che i Bouvard e Pecuchet vi si scaglino .oiúo, chiaman-.l.lrr decadenza, tîamonto o semplicemùt. transizione, padarrrrrgica che serve ad esprimere tlaicam.nte" la fede pÀgres-sista del perenne oltre-passare) il determinismo assiare éevet'eclcre_ il posto a paradigmi che permertano chiare descri-zi.rri dei meccanismi corto-circuitaÀti, delle repentine rottu-rc tra posizione e_ posizione: paradigmi che permettano lalrrl)presentazione di quell'antagonismo catastùfico che ap_1r,u'c. la regola del rapporto sociale contemporaneo. Nei prà-t'cssi che lo interessano, le valiabili di controllo tendonó adrrssLrrìere valori tra loro incompatibili. I soggetti sono spintírrrl agire secondo direzioni reìiprocam.nte" conradditàrie.Quanto.-più _i conflitti sono collettiae-oriente,/, tanto piùI'i'rstabilità che ne deriva si fa evidente e la possibilità^ditliscontinuità nel processo, di bruschí passaggi da posizionerr 1-rosizione, si fa attuale e pressante. Ltantagònismd che nonsi sviluppa più tra posizioni economicamentf ideologicamen-tc o politicamente definibili in termini ,.sostanziali",,, è unirrrtagonismo che sconta come proprio elemento costitutivo lalxrssibilità di rotture catastrofiche (dovrebbe risultare evi-rlcnte dal contesto del discorso che qui il termine non ha nes-sLrn significato "sinistro", di anarchica esplosione, disastro,ccc.). La fine della spiegazione unidimensionale (o il ,rro ,rrolimitatamente a "isole" di determinismo) non comporta così:rffatto una sorta di sterllizzazione del conflitto, bàsì il suomutare di forma. Esso va descritto secondo equazioni diinstabilità, qualitativamente incomparibili con lo sèhema clas-sÌco, ma non per questo meno formalmente risolvibili, menoclotate di forza rappresentativa.

Anzi, si può affermare che la crisi del determinismo as-siale è spia di una aporia più generale delle teorie del po-litico in__quanto razionalizzazioné progressiva del conflitto invista della sua riduzione a "gioco'l oiemplice ,,mefcato con-correnziale" (cioè, a guatdat bene, a conflitto tra alternativepositive). È intrinseco a considerazioni neuftalizzanti del-l'antagonismo politico il non poter affrontare il problemadella forrna delle situazioni critiche. Le varíe futuroiogie tec-nocratiche- non possono che considerarle, organicisticinente,secondo il vecchio modello "medico", che* come effimeré

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terpîetato rnisurando, di volta in volta, \a àistanza che sepa-ra le diverse f.orze da questo centro. Il tutto presuppone pie-na stabilità e trasparenza nei valori che caratterizzano i di-versi tópoi. Tali valori sono, per così dire, obbiettivati inquesti luoghi, così che i diversi soggetti in movimento lungoI'asse del sistema si ttovano ad assumerli, a seconda dellapropria collocazione. Per riassumere, questa rappresenlazio-ne è formata dalla combinazione di questi re fattori: a)unidimensionalità assiale del sistema politico; b) gravitazio-ne al "centro medico" delle diverse posizioni; c) obbiettiva-zione dei valori ai diversi tópoi politici sistemati sull'assedestra-sinisma (sono di sinistra poiché qui mi colloco, e cessodi esserlo quando mi colloco altroue).

2. La fotza, il carattere "convincente" di questa rappre-sentazione consiste nella sua normalità. Normale è la situa-zione in cui vigono effettivamente le norme: situazione ec-cezionale olre ogni dire! Laddove il dio Termine di erasmia-na memoria stia ancora ben confitto sul tetreno a indi-care i confini (e la sua auctoritas venga riconosciuta), laddo-'.re ogni soggetto si dia nella forma di un chiaro assoggetta-mento a tópoi definiti - questa rappresentazione sembrabrillantemente tenere. Ma quando si accende una situazionecritica? quando mutamenti repentini abbrevino di colpo ledistanze, diano luogo a corto-circuiti tra tópos e tópos, neconfondano 7a natura? Una rappresentazione planare è con-cepibile dove i valori in conflitto appaiono stabili, "e-ducati"da magmatici intrecci - ma quando questa stabilità vienmeno, come vien sempre meno in presenza del Cattivo Nuo-vo? Anzi - ben più radicalmente - quando vien meno lastessa descrivibilità di uno stato in assenza di linguaggi atti ariconoscerne i fenomeni di discontinuità, di rottura? La rzrp-presentazione assiale del sistema politico è fisiologicamenteinadatta a render conto delle situazioni critiche, del produr-si di discontinuità nei processi, di descrivere situazioni in-trinsecamente instabili. Quando la possibilità di descriveresecondo "cerchi socíali" definiti viene stabilmente meno,decade 7a forza della rappresentazione unidimensionale-assia-le finalizzata al "centro medico". Questo centro tiene finchél'instabilità è concepibile come semplice patologia, da gua-rire. Quando il sistema appaîe desuivibile (e governabile)

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,r|rrrrri soltanto secondo equazioni di instabilità, assistiamo;rll'irrcvitabile ffamonto del "centro".

Ncll"'inquietudine geologica" della nostra epoca (e lascia-rrr.r clrc i Bouvard e Pecuchet vi si scaglino contro, chiaman-,lol,r clccadenza, tîamonto o semplicemente ffansizione, patr/rarrr;rgica che serve ad esprimere "laicamente" la fede piogres-sistrr clcl ,perenne olre-passare) il determinismo assiale devet't'tlcrc il posto a parudigmi che permeuano chiare descri-zioni dei meccanismi corto-circuitanti, delle repentine rottu-rr' fra posizione e posizione: paradigmi che permettano \al'rrl)l)rcsentazione di quelT'antagonisrno catastrofico che ap-l)iuc la regola del rapporto sociale contemporaneo. Nei pró-t'r'ssi che lo interessano, le variabili di conrollo tendonó adrrssumere valori tra loro incompatibili. I soggetti sono spinti:r.l agire secondo direzioni r..iprocam.ntà contraddittorie.()rranto_più i conflitti sono collettiae-oriented, tanto piùI'irrstabilità che ne deriva si fa evidente e la possibilità^dirliscontinuità nel processo, di bruschi passaggi

-da posizione

:r posizione, si fa attuale e pressante. L'antagonismo che nonsi sviluppa pirì tra posizioni economicamenté, ideologicamen-tc o politicamente definibili in termini "sostanziali-", è unrrrrtagonismo che sconta come proprio elemento costitutivo la1'ossibilità dí rotture catasuofiche (dovrebbe risultare evi-,lcLrte dal contesto del discorso che qui il termine non ha nes-srrrr significato "sinistro", di anarchica esplosione, disastro,ccc.). La fine della spiegazione unidimensioiale (o il suo usolirnitatamente a "isole" di determinismo) non comporta cosìrrlfatto una sorta di stetilizzazione del conflitto, bensì il suorrìutare di forma. Esso va descritto secondo equazioni diinstabilità, qualitativamente incomparibili con lo sèhema clas-sico, ma non pet questo meno formalmente risolvibili, menotlotate di forza rappresentativa.

Anzi, si può affermare che la crisi del determinismo as-siale è spía di una apotia più generale delle teorie del Po-litico in quanto ruzionalizzazione progressiva del conflitto invista della sua riduzione a "gioco" o semplice "mercato con-correnziale" (cioè, a guatdat bene, a conflitto tra altetnativelrositive), È intrinseco a consideruzioni neuÚalizzanti del-l'antagonismo politico il non poter affrontare il problematlclla forma delle situazioni critiche. Le varie fututologie tec-nocratiche non possono che considerarle, organicisticamente,sccondo il vecchio modello "medico", che come effimere

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patologie. La fotza del loro apparato previsionale consisteper intero nella fede progressiva sul venir meno, sul deperi-mento dei caratteri specificatamente "catastrofici" dell'anta-gonismo a f.avore di una comune cultura scientífico-tecnolo-gica. Si tratta di versioni secolaúzzate del sogno del filoso{o-re.E per quanto sia sempre preferibile qlresto Re tecnotronicoal sacerdote-iudex, entrambi non potranno che ftovarsi co-stantemente spiazzati-sotpresi di fronte ai catatteri di unconflitto che ha perduto ogni connotato "sostanzialistico".

3. È già possibile tracciare una fenomenolo gia abbastanzaampia di tali caratteri. Potremmo, anzi, dire che la riflessionestorica si muove, ormai da tempo, lungo una prospettiva me-todologica di tipo "catastrofico" o, almeno, di sistematicade-costruzione dei macro-soggetti che ne hanno retto lattamatradizionale: grandi appúati di potere, costruzioni ideo-logiche universali. Ed è molto significativo come, nei suoirisultati più importanti, questo lavoro non si sia arenato insabbie impressionistico-relativistiche, ma abbia anzi permes-so coerenti ricostruzioni di "onde lunghe", l'osservazione piùappropriata di elementi di continuità o regolarità. L'approcciocatastrofico non è, infatti, per nulla rizomatico-disseminati-vo, bensì è attento a cogliere le forme della discontinuità eperciò a ricostruire la struttura sulla base dei fattori critici alsuo intetno, delie forme dell'attuale antagonismo.

fl processo, che Mosse in patticolare ha studiato, di "na-zionalizzazione delle masse", ovvero la "scoperta", pet ilmovimento operaio, del ruolo per nulla in sé democratico-progressivo della determinante partecipazione delle massenella vita politica contemporanea, si presenta come un luogodi eccezionale rilievo per esemplificate il discorso fin quisvolto. Ad un'analisi attenta, tale processo ci appare comeun intricatissimo nodo di antagonismi catastroÍici tra attivi-smo di sinistra e decisionismo di destra, ra organicismo didestra e giacobinismo di sinistra - antagonismi che percor-revano I'intera società e della cui natura pressoché nullaera recepito dai partiti tradizionali, in gran parte eredi dellaforma politica guglielmína. La grande catasrofe bellica scon-volge le forme dell'antagonismo e mette fuori gioco tutti ipartiti della costituzione weimariana. La cosiddetta "crisi"di Weimar tîova in ciò la sua veta radice: nell'insanabile

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(:ontrasto ffa partiti che si organizzano intofno a stabili opzio-ni ideologiche e rappresentativi di consolidati interessi po-litico-economici e la rottura sistematica di questi stessi "cer-chi sociali".

Questa lezione di \X/eimar ci porta alle aporie più comples-sive del moderno partito di massa. Con i partiti di "integra-zione sociale" ogni funzione "lineare" di rappresentanza vie-nc meno. Ma viene ptogressivamente meno anche I'ancorag-gio del partito a chiari fondamenti dotrinari o ideologici.l,a stessa tradizionale evidenza nella distinzione tîa paîtitiirlcologici e partiti come agenzie per la conquista di "offici"tcnde a confondersi. Ciò che emerge è la compiessità e va-rictà crescente dei motivi che condizionano l'azione di ognipartito, rendendo così ancora più apertt> e competitivo ilsistema. La varietà dei motivi, la spinta complementare e('ontemporanea in diverse direzioni, anche opposte, spieganolrr rapidità nella trasformazione degli inditizzí, la mobilità"sperimentale" delle suategie. Ai rischi di tale mobilità('ercano di opporsi i meccanismi burocratici di selezione ec<roptazione - ma anch'essi inceppati dal fatto che \a "fe-tlcltà" all'otganizzazione può sempre meno essere richiestasLrlla base di definiti tiferimenti dottrinali o di interessesrrcio-economico. Da qui il potenziale catasttofico, I'alta pos-sibilità di pervenire a situazioni critiche, di rottura, dove sisl)czzano le forme che gatantivano il "continuismo" del-l'organizzazione. Possibilità, queste, a stento oscurate dalletlcfinizioni accademiche del sistema dei pattiti, quale sem-lrlice interazione tra organizzazioni elettorali significative inlegimi rappresentativi. Qualsiasi trattazione di tale sistemasrrlla base di modelli desunti da teorie dei giochi, peî quantosofisticate, impedisce di apprezzare in pieno il potenzialecrrtastrofico che si sprigiona dal suo apparentemente inesau-ribile " trasformismo ".

Ma più che come esempio, addirittura come quadro diinsieme della natura dell'antagonismo contem'poraneo - peril cluale, ripetiamo, îappresentazioni deterministiche possonovirlere soltanto per "isole" ristrettissime, per Utopie -, Po-trcbbeto essere indicate le ffasformazioni subite dai rapportiintcrnazionalí in questo secondo dopoguema: il passaggio, so-stirnzialmente, àa uno schema onni-ordinante di tipo bipolate,rrl una situazione " apeîta" catatterizzata dalTa proliferazio-rrc di potenza. Sommamente istruttiva è la "sorpresa" dei

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patologie. La fotza del loro apparato previsionale consisteper intero nella fede progressiva sul venir meno, sul deperi-mento dei caratteri specificatamente "catastrofici" dell'anta-gonismo a f.avore di una comune cultura scientífico-tecnolo-gica. Si tratta di versioni secolaúzzate del sogno del filoso{o-re.E per quanto sia sempre preferibile qlresto Re tecnotronicoal sacerdote-iudex, entrambi non potranno che ftovarsi co-stantemente spiazzati-sotpresi di fronte ai catatteri di unconflitto che ha perduto ogni connotato "sostanzialistico".

3. È già possibile tracciare una fenomenolo gia abbastanzaampia di tali caratteri. Potremmo, anzi, dire che la riflessionestorica si muove, ormai da tempo, lungo una prospettiva me-todologica di tipo "catastrofico" o, almeno, di sistematicade-costruzione dei macro-soggetti che ne hanno retto lattamatradizionale: grandi appúati di potere, costruzioni ideo-logiche universali. Ed è molto significativo come, nei suoirisultati più importanti, questo lavoro non si sia arenato insabbie impressionistico-relativistiche, ma abbia anzi permes-so coerenti ricostruzioni di "onde lunghe", l'osservazione piùappropriata di elementi di continuità o regolarità. L'approcciocatastrofico non è, infatti, per nulla rizomatico-disseminati-vo, bensì è attento a cogliere le forme della discontinuità eperciò a ricostruire la struttura sulla base dei fattori critici alsuo intetno, delie forme dell'attuale antagonismo.

fl processo, che Mosse in patticolare ha studiato, di "na-zionalizzazione delle masse", ovvero la "scoperta", pet ilmovimento operaio, del ruolo per nulla in sé democratico-progressivo della determinante partecipazione delle massenella vita politica contemporanea, si presenta come un luogodi eccezionale rilievo per esemplificate il discorso fin quisvolto. Ad un'analisi attenta, tale processo ci appare comeun intricatissimo nodo di antagonismi catastroÍici tra attivi-smo di sinistra e decisionismo di destra, ra organicismo didestra e giacobinismo di sinistra - antagonismi che percor-revano I'intera società e della cui natura pressoché nullaera recepito dai partiti tradizionali, in gran parte eredi dellaforma politica guglielmína. La grande catasrofe bellica scon-volge le forme dell'antagonismo e mette fuori gioco tutti ipartiti della costituzione weimariana. La cosiddetta "crisi"di Weimar tîova in ciò la sua veta radice: nell'insanabile

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(:ontrasto ffa partiti che si organizzano intofno a stabili opzio-ni ideologiche e rappresentativi di consolidati interessi po-litico-economici e la rottura sistematica di questi stessi "cer-chi sociali".

Questa lezione di \X/eimar ci porta alle aporie più comples-sive del moderno partito di massa. Con i partiti di "integra-zione sociale" ogni funzione "lineare" di rappresentanza vie-nc meno. Ma viene ptogressivamente meno anche I'ancorag-gio del partito a chiari fondamenti dotrinari o ideologici.l,a stessa tradizionale evidenza nella distinzione tîa paîtitiirlcologici e partiti come agenzie per la conquista di "offici"tcnde a confondersi. Ciò che emerge è la compiessità e va-rictà crescente dei motivi che condizionano l'azione di ognipartito, rendendo così ancora più apertt> e competitivo ilsistema. La varietà dei motivi, la spinta complementare e('ontemporanea in diverse direzioni, anche opposte, spieganolrr rapidità nella trasformazione degli inditizzí, la mobilità"sperimentale" delle suategie. Ai rischi di tale mobilità('ercano di opporsi i meccanismi burocratici di selezione ec<roptazione - ma anch'essi inceppati dal fatto che \a "fe-tlcltà" all'otganizzazione può sempre meno essere richiestasLrlla base di definiti tiferimenti dottrinali o di interessesrrcio-economico. Da qui il potenziale catasttofico, I'alta pos-sibilità di pervenire a situazioni critiche, di rottura, dove sisl)czzano le forme che gatantivano il "continuismo" del-l'organizzazione. Possibilità, queste, a stento oscurate dalletlcfinizioni accademiche del sistema dei pattiti, quale sem-lrlice interazione tra organizzazioni elettorali significative inlegimi rappresentativi. Qualsiasi trattazione di tale sistemasrrlla base di modelli desunti da teorie dei giochi, peî quantosofisticate, impedisce di apprezzare in pieno il potenzialecrrtastrofico che si sprigiona dal suo apparentemente inesau-ribile " trasformismo ".

Ma più che come esempio, addirittura come quadro diinsieme della natura dell'antagonismo contem'poraneo - peril cluale, ripetiamo, îappresentazioni deterministiche possonovirlere soltanto per "isole" ristrettissime, per Utopie -, Po-trcbbeto essere indicate le ffasformazioni subite dai rapportiintcrnazionalí in questo secondo dopoguema: il passaggio, so-stirnzialmente, àa uno schema onni-ordinante di tipo bipolate,rrl una situazione " apeîta" catatterizzata dalTa proliferazio-rrc di potenza. Sommamente istruttiva è la "sorpresa" dei

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tradizionali esegeti di fronte a " casi" come quello iranianoo quello polacco. Poiché la loro " noîma" non esiste più senon nei loro cervelli, essi vivono in uno straordinario mondodi "casi", di miracolose eccezioni. Qualsiasi schema assialeuni-dimensionale (lo schema bipolare è l'esatto equívalentedi schemi di politica interna retti dall'affrontamento destra-sinistra) non potrà spiegare I'affermarsi di "nuovi soggetti",né all'interno, né sul piano internazionale. Perciò quelloschema, da cbiunque usato, è divenuto oggi, molto concreta-mente, un'arma di conservazione o di "semplificazione" del-le nuove domande di potere, le quali, al più, per sperare ri-conoscimento, dovrebbero allearsi subordinatamente a unoo all'altro dei poli tradizionali.

Ovunque, insomma, dal sistema dei partiti, in quanto uni-che funzioni in grado di provvedere una effettiva base diautorità in regime democratico, a quello dei rapporti inter-nazionali, da quella dimensione che un tempo si sarebbedetta "lotta delle idee" al confronto-concorrenza ta inte-tessi economico-politici diversi, rappresentazioni sistemico-catastrofiche subentrano a rappresentazioni semplicementeplanari. I diversi sotto-sistemi slittano continuamente I'unosull'altro, tentando di conservare l'equilibrio delf insieme difronte a chocs esterni la cui frequenza, più che intensità, è in"normale" aumento, fino a perveníre ad autentici turning-points, a discontinuità evidenti, repentini passaggi dall'unaall'altra condizione. È davvero arduo concepire che si possaoggi "fare politica" senza riconoscere o cercando di rimuo-vere o, il che è, se possibiie ) ancora peggio, credendo di dover"guafire", tale realtà.

4. Sarebbe, però, scioccamente riduttivo anche il non af-frontare direct i problemi che una simile impostazione com-poîta. Dobbiamo chiederci: in che cosa essa si distingue daquel mondo romantico della confusio, da quel tipo delTa"politica romantica" in quanto scientificizzazione della "pe-rifrasi lirica della vita" , che Cartr Schmitt tentò di demolirein una sua opera famosa? Che il metodo della rappresenta-zione catasuofica sia opposto alle regolarità e r-rniformitàdel "classico", che esso, nei confronti di quest'ultimo, siaoccasionalistico nella sostanza (riconosca, cioè, la sostanziaieimprevediL,ilità - e, dunque, improgrammabilità - delle azio'

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ni e dei rapporti politici), significa necessariamente che essocomporta la dissolvenza estetizzante delle distinzioni, delledecisioni, del prender-paîte " eroico " ? La risposta non puòessere univoca. Nel metodo proposto l'antagonismo perma-ne, e petmane in tutta la sua serietà. A differenza che nellapolitica romantica, la dissolvenza di ogni forma di epistémepolitica qui non è estetica: non pone, cioè, capo ad una ri-duzione del Politico alle categorie estetico-economiche dellaproduzione, del consumo, della soddisfazione. Anche I'oppo-sizione più radicale e pura è necessariamente compresa Úa leforme possibili dei conflitto. Si potrebbe dire che questometodo ripensa radicalmente I'occasionalismo della politicaromantica: poiché "occasionale" è la nostta politica, nullanei suoi limiti, nei limiti del suo linguaggio, può escluderel"'occasione" dello stesso antagonismo massimamente ta-dicale. Volerlo escludere può far parte delle opzioni politi-che o deile assunzioni di valore che sempre intervengono,che costituiscono certamente fattori decisivi del sistema edelle sue tasformazioni, ma non conta ad illustrarne la lo-gica. Per queste ragioni, un occasionalismo catastrolico si dif-Íercnzia da7la riduzione estetica romantica.

Eppure, anch'esso è amletico nell'essenza. Ultimo, forseestîemo, certamente sofisticatissimo prodotto di quella ir-reversibile vicenda di amTetizzazione della politica, che segnaIa storia europea. E in Amleto la natura della catastrofecomprende anche, come è ben noto, il più serio conflitto. Nelsuo segno, I'antagonismo più puro e violento non si accom-pagna a nessuna pura decisione, a nessuna dimensione dicpistemica certezza, né culturaie, né economica, né politicaslricto sensu. In ciò consiste I'autentico valore epocale delromanticismo politico, più che nei suoi tenrativi di estetiz-zazione (i quali corrispondono piuttosto a un "punto di vista"storicamente molto circoscritto). È probabile che Schmittstesso lo avrebbe più facilmente riconosciuto se avesse com-posto la sua opera sul romanticismo dopo il grande affrescodel Nomos, dopo, cioè, iI definitivo chiarimento della pro-gressiva scomparsa del Nomos dal ius publicum europaeurn.

Se voler tornare ai Terminalia, alle feste in onore del dioTermine, è ormai teazionaria nostalgia (di sinistra e di de-stra), I'impostazione qui tratteggiata si distingue perciò an-che, nettarnente, da ogni riduzione del Politico all'arnbitocli quella che potremmo definire -. con tanti autori di questo

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tradizionali esegeti di fronte a " casi" come quello iranianoo quello polacco. Poiché la loro " noîma" non esiste più senon nei loro cervelli, essi vivono in uno straordinario mondodi "casi", di miracolose eccezioni. Qualsiasi schema assialeuni-dimensionale (lo schema bipolare è l'esatto equívalentedi schemi di politica interna retti dall'affrontamento destra-sinistra) non potrà spiegare I'affermarsi di "nuovi soggetti",né all'interno, né sul piano internazionale. Perciò quelloschema, da cbiunque usato, è divenuto oggi, molto concreta-mente, un'arma di conservazione o di "semplificazione" del-le nuove domande di potere, le quali, al più, per sperare ri-conoscimento, dovrebbero allearsi subordinatamente a unoo all'altro dei poli tradizionali.

Ovunque, insomma, dal sistema dei partiti, in quanto uni-che funzioni in grado di provvedere una effettiva base diautorità in regime democratico, a quello dei rapporti inter-nazionali, da quella dimensione che un tempo si sarebbedetta "lotta delle idee" al confronto-concorrenza ta inte-tessi economico-politici diversi, rappresentazioni sistemico-catastrofiche subentrano a rappresentazioni semplicementeplanari. I diversi sotto-sistemi slittano continuamente I'unosull'altro, tentando di conservare l'equilibrio delf insieme difronte a chocs esterni la cui frequenza, più che intensità, è in"normale" aumento, fino a perveníre ad autentici turning-points, a discontinuità evidenti, repentini passaggi dall'unaall'altra condizione. È davvero arduo concepire che si possaoggi "fare politica" senza riconoscere o cercando di rimuo-vere o, il che è, se possibiie ) ancora peggio, credendo di dover"guafire", tale realtà.

4. Sarebbe, però, scioccamente riduttivo anche il non af-frontare direct i problemi che una simile impostazione com-poîta. Dobbiamo chiederci: in che cosa essa si distingue daquel mondo romantico della confusio, da quel tipo delTa"politica romantica" in quanto scientificizzazione della "pe-rifrasi lirica della vita" , che Cartr Schmitt tentò di demolirein una sua opera famosa? Che il metodo della rappresenta-zione catasuofica sia opposto alle regolarità e r-rniformitàdel "classico", che esso, nei confronti di quest'ultimo, siaoccasionalistico nella sostanza (riconosca, cioè, la sostanziaieimprevediL,ilità - e, dunque, improgrammabilità - delle azio'

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ni e dei rapporti politici), significa necessariamente che essocomporta la dissolvenza estetizzante delle distinzioni, delledecisioni, del prender-paîte " eroico " ? La risposta non puòessere univoca. Nel metodo proposto l'antagonismo perma-ne, e petmane in tutta la sua serietà. A differenza che nellapolitica romantica, la dissolvenza di ogni forma di epistémepolitica qui non è estetica: non pone, cioè, capo ad una ri-duzione del Politico alle categorie estetico-economiche dellaproduzione, del consumo, della soddisfazione. Anche I'oppo-sizione più radicale e pura è necessariamente compresa Úa leforme possibili dei conflitto. Si potrebbe dire che questometodo ripensa radicalmente I'occasionalismo della politicaromantica: poiché "occasionale" è la nostta politica, nullanei suoi limiti, nei limiti del suo linguaggio, può escluderel"'occasione" dello stesso antagonismo massimamente ta-dicale. Volerlo escludere può far parte delle opzioni politi-che o deile assunzioni di valore che sempre intervengono,che costituiscono certamente fattori decisivi del sistema edelle sue tasformazioni, ma non conta ad illustrarne la lo-gica. Per queste ragioni, un occasionalismo catastrolico si dif-Íercnzia da7la riduzione estetica romantica.

Eppure, anch'esso è amletico nell'essenza. Ultimo, forseestîemo, certamente sofisticatissimo prodotto di quella ir-reversibile vicenda di amTetizzazione della politica, che segnaIa storia europea. E in Amleto la natura della catastrofecomprende anche, come è ben noto, il più serio conflitto. Nelsuo segno, I'antagonismo più puro e violento non si accom-pagna a nessuna pura decisione, a nessuna dimensione dicpistemica certezza, né culturaie, né economica, né politicaslricto sensu. In ciò consiste I'autentico valore epocale delromanticismo politico, più che nei suoi tenrativi di estetiz-zazione (i quali corrispondono piuttosto a un "punto di vista"storicamente molto circoscritto). È probabile che Schmittstesso lo avrebbe più facilmente riconosciuto se avesse com-posto la sua opera sul romanticismo dopo il grande affrescodel Nomos, dopo, cioè, iI definitivo chiarimento della pro-gressiva scomparsa del Nomos dal ius publicum europaeurn.

Se voler tornare ai Terminalia, alle feste in onore del dioTermine, è ormai teazionaria nostalgia (di sinistra e di de-stra), I'impostazione qui tratteggiata si distingue perciò an-che, nettarnente, da ogni riduzione del Politico all'arnbitocli quella che potremmo definire -. con tanti autori di questo

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secolo, e tra questi Schmitt - "cultura.estetica"' Non solo

;'";i:'r"*i."i1"aa";;' ;; per il suo.sforzo di rappresenta-

t.i,; ;.ri;il;-J;# ;;;,'l.i'.""ni"o e delle situazioni

critiche. Il suo metodo è esattamente opposto a'quello della

conÍusio. Erro p"'*Ji"l i"u"tt' di seguire analiticamente r

";r':l[:'; d"ilil;;i;n", 'tittu'*nto' ctisi' e se non è cer-

tamente in grado dì"|'"utd"te Pio$rlmmare tempi o mo-

#il;:#fi?'h. a"]l; "àt'ot''

dèl "salto" nure ne conosce

le forme fondr-.r,rlii'#;;;È-i itit"i"i''rL di quelle della

tomantica "r,^titita,"';; i;ii;i'e e li-litate' Inoltre' esso'

come si è già accennato' non comporta alcuna volgare "ra-

zionalizzazion." a"i"ioifritt" -p"tiìico' nella' quale se-mpre

i;::î*r;;;'d "i""-'i ttu'fó'ta surrettiziamente ln de-

scrizione der sistema, ma neppure comporta. però, I'elimina-

zione neu tr ^',,t^n'J' ii';'i;";;";'ione' È' inf atti' implicito

nel "tipo" .u,u"'oiià iJit-'untugonismo il momento a-Iogico

dell'impegno - d"i'i"' ;;;;^;;;i;' li'"'"'oonsabilizza indi-

vidualmente . to,'i"ítni"' cfn'1"-"1?' pace di quei moderni

Amleti .t'," uo""uitì;';d;'- or"tiu e farla felicemente

convivere con la suoceÎa"'

5. Come ridefinire il termine "sinistra" in questo conte-

sto? Ha ancora ;';;;;;;ilo fa"? Si dovrà concludere

che esso uppu,ti""l L.J*"t ttiìil 31 piano a-losico dell'im-

pesno rerponsabiliz#; 1; .ttJtri", rispetto' all'effettua'le

àislocarsi d"l contlil"tJ'totiltoi È- molto sisnificativo che da

più parti - e ngî *#tti"iil';;"iitil" - si cerihi un salvataggio

meramente ,""ouui""&J';t;it": sinistra ha da essere ttn-

ché qualcuno 'i dìit di d"t"u-o opera "a destra"' Il ragio-

namento a p"'t"tiii.'"iì" tittoturei poiché vale identico per

la destra' c'n r^"iiii;;;";; the' iè"t'" la sinistra tende. a

dilatare i propri ;;f-iffi"itiili' it numero di coloro che

;i';;ilJ;"'attit"""tttte di J,e-stra ^DD'.Îe in costante re-

nr.rro' come di'i":i;:';9; Ji"tto di' quella ' gravitaztone

?i "..";r"";;; i;;;;^ ^Iyi"Lio' i- tentativi di def inizione resl-

duale del tetmine, o dei termini' upp"iot'o abbastanza dt-

'o'i?li,,, alla fine del saggio cilato' ;-l]j:-'":*"11?"lt*ter^ pars desftu;n;;1il uolt' tipÀporre con torza

-'i1

termine "sini'tral'1n "thiuut

rni.tica' in chiave' più proprta-

mente, di una 'a*i"iu* .politica

del mito' 11 ragionamento

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sembra derivare da due presupposti, I'uno, per così dire, iin-guistico, e l'altro propriamente politico. Il linguaggio, sap-piamo, non si inventa. Il termine "sínistra" fa parte di unnormale bagaglio di comunicazioni e inÍormazioni. I terminisi usurano lentamente - i termini delle nostre lingue mortali,e non sacre - e continuamente usiamo, per intenderci, ditermini usurati, tanto è vero che ci meravigliamo allorché nescopriamo un etimo e una storia ormai invisibili nel loro at-tuale sígnificato. Proibirci tali termini, significherebbe tace-re. Ciò che possiamo esigere è soltanto che venga chiarito ilsignificato del termine, contesto ,per conresto. Questa indi-cazione sarebbe certamente di enorme utilità per la sinisffa,poiché essa compota: a) finirla con la fede nella propria"ontologica" diversità, riconoscere che in sé e per sé "siní-stta" non significa nulla, ma indica qualcosa solo per diffe-renze relative ad alfte forze, scelte, programmi; b) finirlacon la declamazione di obiettivi che in realtà si presentanocome Fini al di là dell'orizzonte, e perciò inverificabili e in-controllabili; c) affermarc la propria panialità, e proprio inuno con il riconoscimento che la propria otganizzazione fun-ziona ad " inlegrazione sociale ": un rovescíamento rispettoal Buon Antico, dove I'organizzazione sta ontologicamenteancofata alla Classe e i suoi obiettivi, invece, valgono ecu-menicamente.

Come si vede, non si tratterebbe soltanto di una opera-zione di igiene linguistica. Una ridefinizione, per così dire,conaenzionale del termine " sinistra" può ottenere effettistrutturali nella sua forma otganizzativa e nella sua azioneconcreta. Ma non basta. L'altto pfesupposto del tentativodi ridefinizione di Tronti sembra consistere nel semplicemattel ol lact che nai s'è data nella storia politica di radicaletrasformazione "nuda" di elementi mitici. Questo è unosso duro per denti liberal-neutnlizzanti. Ammettiamo, oîa,che la sinistra si sia definita secondo i criteri appena indicati; non vi è dubbio che il tratto differenziale rispetto allealtre "panialità" del sistema politico dovrà essere individua-to nel tasso di innovatività del suo .programma. Ma innova-zione reale senza mito è impossibile, Occorre il linguaggiolriblico, occorre la tespublica îomana, occorrono le diversegnosi della contemporanea "rivoluzione". Quale mito è pos-sibile oggi? Potrà la sinisra in tutto il proprio peso storico,in tutta la sua ormai secolare ptegnaLnza ideologica, costi-

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tuire questo mito? Potranno i valori della sinistra costituireii Àir,i della sinistra? Si ha ragione da vendere nel ric6iama-;-ì ;;"t.*potanei ested delia politica 1.g.Yttt: domande'che riflettonio regolarità storiche irremovibilí; alua cosa è,però, la plausibilità delle risposte che ad esse vengono t€n-iri..'rip-bl.-" può essere espresso anche molto semplice-*.1r". Ún mito iolitico dichiàrato tale non funziona più.ÀÀ. -ito. Un ririto di cui si scopta immediatamente la;;; ilirti"itri.o-frrrrrion"l" si rasform^. ip!.o..facto in àe-

bolissima ideologia. Un mito non- è- producibtle a volonta';econd; esigenzJ astîattamente stabiliie' O è o non è' O la;i;i; è olgi mito, lo costituisce, o non 1o è, e non pottàcostituirlo. 1'Í Principe sarà anche perfettamente ateo' ma

"on to dichiara nelÀezzo della messa. Lo "sciopero.gene-rale" funzionava come mito dichiarato tale - e, infatti' nonr;t *ui affermato nel movimento operaio' I1 marxismo baurr,rro, al suo int"rrro, il ruolo decisivò che tutti sanno,perchéha combattuto una politica del mito - ovvero, perché i suoiÀiti non enno aff.itto dichiarati tali, perché, anzi, non eraiffnuo 'ateo" rispetto ai suoi miti' Cóme dire, che il mito;i-;fi;t-; ;'involóntatiamente", o, meglio, che il suo. "'iqo"è imorevedibile-catasrofico. Potremmo giungere ad atler-mare'la esigenza di un mito, non certo a programmarne lacostruzione.

Dobbiamo limitarci al presupposto "linguistico" che ,ciconsente una, assai "borghese" in verità, ridetintzrone delia;i;i;;;;t i" indit*i.abilí aporie cui conduce un approcciolÀiri.o" al tema sembrano^obbligarci a una tale conclusio-,;:^ ù; luaiu-o b.ne ,llu straúdinaria--complessità .degli.Ìf"rii.lr. ne derivano. Anzitutto, agli effetti che derivanoaulfà-t"ai."le lintitazione del tempo dèl Politico che si operai-o.dendon.-.riticanione riformul azioni mitiche. Si -può dav-;;il;;-;"tit. ii uut.o " ^

t)na politica che sappia finalmen-t. intàrptétare i1 potenziale libentorio racchiuso nella per-

aìr" a.iS.nso delia Storia" (Maramao)' Quella .mitica nonJ clre la forma ordinante-sensificante di ultirna istanza del'ir;;; i.ri,i*; i"_.ortr"irla, de-srrurturarla è liberare la

,-f*pU.ìA àei'teÀpi dal dominio del Tempo del Politico.ó;r;;;;if"tto" dÉl dis.otto fin qui svolto deborda già'.;;;; .uid"n,., dall'ambito srfettaÀente convenzíonalisticodella ridefinizione J.l t"t.ine "sinistra",.P€r affrontare la

dimensione culturale, nel senso antropologrco' del problema'

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In altri termini: diremmo, anzitatto, sinistra quella parte delsistema politico che opera efficacemente per rappresentareil potenziale liberatorio racchiuso nella perdita del Sensodella Storia, nella perdita dei suoi "ordinatori" mitici.

Questa definizione minima ci consente di concludete, ri-capitolando in questa chiave, i temi fin qui affrontati. Di-ciamo sinistra la critica in atto di ogni dogmatismo organi-cistico-teleologico, di ogni impostazione meccanicistico-assialenella rappresentazione dell'antagonismo culturale e politico.Diciamo sinistra quella parte che si organizza al proprio in-terno e opera sulla base del riconoscimento della natuta ca-tasrofica dell'antagonismo. Manca in tutto ciò ogni sicuraepistéme? manca ogni príncipio-díttatura? manca ogni an-coraggio a filosofie della stotia o a sociologie dualistiche?manca il mito (la Classe e la Promessa che essa incarna)? Pernegativo, si sarebbe tentati di dire che proprio il senso acu-to di queste perdite è di sinisma. La sinisma è parte del tem-po benjaminiano della povertà. In questo tempo tramonta ladimensione della Grande Politica? Può essere - certamentenon tramonta la possibilità di un Grande Opportunismo:attenzione al catasrofico, duttilità programmatica, capacità"plastica", Neraenlebez intellettuale. L'opportunismo "idio-ta" non ha nulla a che vedere con tutto ciò - se non ilfatto di esset nato dallo stesso grembo, di esser figlio dellestesse perdite. Come ho cercato altrove di dire, le dimensio-ni "terribilmente" serie della decisione assolutamente discri-minante, del Politico puro, sembrano oggi ritirarsi nell'Im-politico, nella individualità non "giocabile". In questo ri-tiro, forse esse si consefvano - come le cose rilkiane nelf in-dicibile. E tta i meriti non minori di un approccio grande-opportunistico alla politica sta il riconoscere la possibilitàdi questo ritiro, sta il sapersi, da parte del Politico, tutto-limitato dai luoghi indiaidui, nel senso etimologico del ter-mine, dove la Decisione si consetva. Questo approccio nondetta condizioni, non proibisce, sulla base dell'hybris di unottocentesco, ormai, disincanto secolatizzante, altti linguag-gi rispetto a quello della secolaizzazione. È troppo poaeroper tutto ciò - e in questa povertà dobbiamo sforzarci di ri-trovare la sua fotza e la sua spennza.

b-.

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