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Sindrome di Down e invecchiamento: percezioni e rappresentazioni riguardanti la sindrome, il durante noi e il dopo di noi. Venusia Covelli Palacongressi di Rimini 02-03 Dicembre 2016

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Sindrome di Down e invecchiamento: percezioni e rappresentazioni riguardanti la

sindrome, il durante noi e il dopo di noi.

Venusia Covelli

Palacongressi di Rimini 02-03 Dicembre 2016

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aumento della popolazione anziana

aumento delle persone con disabilità

relazione tra disabilità e invecchiamento

tale relazione riguarda anche le persone con Sindrome di Down

quando invecchiano

Disabilità, invecchiamento e Sindrome di Down: uno studio nazionale

Nella SD si considera con le caratteristiche di anziano chi supera i 45 anni.

In Italia, mancano dati certi ma la stima di persone con SD più recente risale al 2007 ed è 5.500 oltre i 44 anni.

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Domande di partenza

Le persone con Sindrome di Down in Italia oggi, al

contrario di quanto accadeva sino a 20 anni fa,

invecchiano, e cioè passano i 45 anni, e come tutti

gli italiani diventano anziani. Siamo pronti ad

affrontare l’oggi e il futuro di questi nuovi anziani?”

Attraverso quali strumenti è possibile raccogliere

informazioni utili alla progettazione di interventi per

diminuire la disabilità nell’invecchiamento delle

persone con SD?

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Modello biopsicosociale dell’ICF, World Health

Organization (WHO)

The United Nations Convention on the Rights of Persons

with Disabilities

The Toronto Declaration on Bridging, Knowledge, Policy

and Practice in Aging and Disability

La cornice teorica di riferimento

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Il modello biopsicosociale di disabilità

ogni condizione di salute o di malattia

è la conseguenza dell’interazione tra

fattori biologici, psicologici e sociali.

Si basa sulla base della concezione

multidimensionale della salute descritta

nel 1947 dal WHO (World Health

Organization).

ICF

Classificazione

Internazionale

del funzionamento

della salute

e della disabilità

La cornice teorica di riferimento

Cambiamento culturale: la rivoluzione dell’ICF

Qualunque persona in qualunque momento della vita può avere una

condizione di salute che in un ambiente sfavorevole diventa

disabilità

La cornice teorica di riferimento

IL MODELLO BIO-PSICO-SOCIALE NELL’ICF Condizione di salute

(malattia/disturbo)

Fattori ambientali Fattori

personali

Funzioni & Strutture

corporee

(menomazione)

Attività (limitazione)

Partecipazione (restrizione)

La cornice teorica di riferimento

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Programma di azione biennale per la

promozione dei diritti e l'integrazione delle

persone con disabilità Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali

Decreto del Presidente della Repubblica 4 ottobre 2013

The United Nations Convention on the Rights

of Persons with Disabilities. December 2006

Article 31 - Statistics and data collection:

“States Parties undertake to collect appropriate information, including statistical

and research data, to enable them to formulate and implement policies to give

effect to the present Convention”.

La cornice teorica di riferimento

9

The Toronto Declaration on Bridging

Knowledge, Policy and Practice in Aging

and Disability. June 2011

National and International bridging of ageing and disability knowledge,

policy and practice must be actively promoted. Ageing with and ageing

into disability are global population trends. The Toronto Declaration

supports cross-national and international collaborations to facilitate

information exchange among persons with disabilities and their

families.

La cornice teorica di riferimento

L’invecchiamento delle persone con SD è inevitabile:

• Quali dati e risorse disponibili

• Quali problemi

• Quali sfide

• Quali ricerche

• Quali risposte

PROGETTO DOSAGE Coordinato da Fondazione IRCCS Istituto Neurologico C.Besta

In collaborazione con ANFFAS e AIPD Grant biennale finanziato dalla Fondazione Lejeune di Parigi

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costruzione di uno strumento specifico

basato sul modello biopsicosociale dell’ICF

per valutare il funzionamento e la disabilità di persone con

Sindrome di Down anziane

come meglio progettare

gli interventi necessari per diminuire la disabilità

nell’invecchiamento delle persone con Sindrome di Down

Obiettivo del progetto nazionale DOSAGE

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Le fasi di ricerca DOSAGE

FASE 1 QUALITATIVA

a) Analisi della letteratura

b) Focus group c) Costruzione del

questionario DOSAGE

FASE 2 QUANTITATIVA

Somministrazione del Questionario DOSAGE sul territorio nazionale

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PERCEZIONI E RAPPRESENTAZIONI

Revisione sistematica della letteratura

La letteratura internazionale quali termini utilizza?

Tabella 1. Termini utilizzati per descrivere il campione delle persone anziane con SD negli articoli analizzati

Definizione del campione N (%) Traduzione

people* with DS 9 (30,0) Persona con la SD

adults people* with DS 7 (23,3) Persone adulte con la SD

aging/ageing people* with DS 3 (10,0) Persona che sta invecchiando con la SD

elderly people* with DS 2 (6,7) Persone anziane con la SD

older adults* with DS 5 (16,7) Adulti più vecchi/anziani con la SD

older adults with ID 1 (3,3) Adulti più vecchi/anziani con DI

women with DS 3 (10,0) Donne con la SD

Totale 30 (100)

Note: *or persons or individuals; DS= Down Syndrome; SD (Sindrome di Down);

ID (Intellectual Disabilities); DI (Disabilità Intellettive).

• La Tabella 1 evidenzia l’eterogeneità dei termini utilizzati: da aging/ageing people (persone che stanno invecchiando) o elderly people (persone anziane), a older adults (adulti più vecchi/anziani) e adults people (persone adulte).

• Negli articoli viene utilizzata maggiormente l’espressione “adult people (women) with Down Syndrome” e solamente 11 articoli su 30 ne parlano in termini di aging, elderly e older adult (people, person, individuals) with DS.

• Non esiste quindi uniformità nel definire la fase di invecchiamento delle persone anziane con SD.

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PERCEZIONI E RAPPRESENTAZIONI

Fase qualitativa focus group

Di chi stiamo parlando? Le descrizioni fornite dai familiari e operatori

• “ragazzo” è il termine utilizzato in maggior misura da familiari e operatori per riferirsi ai loro cari o assistiti;

• l’anzianità è associata maggiormente alla condizione fisica della persona, inteso come decadimento psicofisico, e non riguarda la persona in termini di atteggiamento o “spirito”;

• la ruotine e la ripetizione nel tempo delle stesse attività determinano l’appiattimento temporale e ciò rende difficile percepire l’invecchiamento.

• A esempio una mamma, rispondendo alla domanda iniziale di raccontarci la vita quotidiana di suo figlio, lo definisce spontaneamente come un “ragazzo di 58 anni”: “sono la mamma di diciamo un ragazzo che ha 58, prossimissimo 59, il mio figlio primogenito, nato quando avevo 28 anni, viviamo da soli ormai, anche se abbiamo intorno una grande famiglia, ho altri figli e parecchi nipoti”.

• Anche una sorella definisce spontaneamente suo fratello di 46 anni con il termine “ragazzo”: “sono sorella di un ragazzo SD di 46 anni e mezzo, che dire, si chiama Luigi, ha vissuto con me e ora sta facendo la prova diciamo penso riuscita abbastanza bene nella casa famiglia”. I nomi delle persone, per ragioni di privacy, sono stati opportunamente modificati.

• L’invecchiamento sembra inoltre più una questione legata all’aspetto esteriore. Ad esempio, una sorella afferma “devo dire una cosa Marco, quando va in palestra e vede Antonio che ha 2 anni in più di lui, dice Antonio è vecchietto! Perché ha fattezze da anziano, i capelli bianchi appesantito e si veste molto da vecchio, da persona anziana”.

• Un fratello associa l’anzianità soprattutto agli aspetti fisici piuttosto che personali o legati alla personalità: “Forse l’anzianità è più legata a un aspetto fisico più che emotivo perché per esempio Laura è quasi una bambina, e se penso all’anzianità, se penso a Laura, nonostante gli acciacchi della salute, è più un aspetto del fisico”, mentre una mamma ne parla in questi termini: “sono un misto di bambini e adulti il cui fisico a un certo punto declina”.

• Secondo i familiari e gli operatori coinvolti, la persona con SD è in parte “consapevole” della propria condizione di salute (“avere la sindrome di Down”), ma a loro avviso non percepiscono di stare invecchiando.

• Ad esempio, una sorella racconta: “Lui dice che è grande, non è vecchio!”, dice anche riferendosi ad un altro signore con SD che frequenta l’associazione, che “lui è vecchio, perché ha i capelli bianchi e si veste da vecchio…”.

• A questo proposito, relativamente alla percezione di non invecchiare da parte delle persone con SD, dai focus group emerge una riflessione che tocca la dimensione temporale della vita di queste persone, espressa in termini statici o poco cadenzati.

• quando una persona con SD raggiunge la maggiore età consolida una serie di abitudini che vengono portate avanti nel lungo periodo, con il conseguente appiattimento degli anni che passano e il rimanere in una “fase dilatata” di vita.

• Un’operatrice ripensando alla loro condizione attuale afferma: “…una volta entrati in un servizio queste persone si ritrovano a fare le stesse cose per anni, una ruotine consolidata, che non lascia loro una scansione temporale come potrebbero essere la scuola, il lavoro, a differenza invece dei giovani di oggi con SD…”.

• “Loro hanno la percezione del sé che è immutata in termini temporali, loro sono quelli, da quando hanno percezione di sé fino alla fine, loro si percepiscono cosi, non c’è una variabile. Noi gli diamo l’etichetta anziano perché cos’è il concetto di anziano? Ce l’hanno? Per me hanno un concetto di immutabilità della loro vita, con delle variazioni” (un operatore)

• Un altro operatore afferma: “La variabilità.. non l’hanno mai avuto! Noi sì, studio, lavoro, mi stacco da casa, una concezione di vita non ce l’hanno, restano in una fase dilatata e li rimangono. La normativa dice che a 55 anni tu sei una donna anziana, tu non ti percepisci anziana, è un limite che abbiamo noi, rimangono in una sorta di tempo ampio, immutato”.

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PERCEZIONI E RAPPRESENTAZIONI

Fase quantitativa Questionario Dosage

136 questionari

• Compilati da familiari e operatori i quali hanno fatto riferimento alla vita di 136 persone con SD di età superiore ai 45 anni.

• Dal punto di vista sociodemografico, il campione di persone con SD ha in media 53,3 anni (range 45-67), di cui 61 femmine (44,9%) e 75 maschi (55,1%).

Dati sociodemografici dei 68 familiari

• L’età media dei familiari è 64,7 anni (range 39-92).

• 42 sono fratelli o sorelle di età media di 59,9 anni (range 39-82); i genitori sono 19 di cui 16 madri e 3 padri, e la loro età media è di 78,6 anni (range 67-92); 7 sono altri parenti (cognati/zie/nipoti) di età media di 59,8 anni (range 39- 78).

• I 68 familiari hanno conseguito per lo più un diploma di scuola media superiore (N=23; 33,8%) e sono in misura maggiore sposati (N=44; 64,7%) e pensionati (N=35; 51,5%)

Dati sociodemografici dei 68 operatori

• L’età media è di 45,6 anni (range 23-63), di cui 13 maschi e 55 femmine.

• Si tratta per lo più di educatori professionali (N=52; 76,5%), con laurea triennale o diploma universitario (N=34; 50,1%) e sposati (N=42; 61,8%)

• Sulla base delle descrizioni fornite dai familiari e operatori che hanno preso parte ai focus group, è stata costruita una domanda apposita nel Questionario Dosage per indagare i termini utilizzati quando si rivolgono ai loro cari o assistiti.

Tabella 2. Come è definita la persona con Sindrome di Down

N (%)

E’ un/una ragazzo/a 5 (3,7)

E’ un/una giovane 5 (3,7)

E’ un/una eterno/a ragazzo/a 24 (17,6)

E’ un adulto 18 (13,2)

E’ un adulto semplice 16 (11,8)

E’ un/una adulto/a un po’ anziano/a 7 (5,1)

E’ un/una adulto/a che sta invecchiando 47 (34,6)

E’ un/una anziano/a 10 (7,4)

Altro 4 (2,9)

Tabella 3. Avete mai parlato della sindrome insieme?

N (%)

Sì, senza alcun problema 8 (5,9)

Sì, qualche volta e in specifiche situazioni 13 (9,6)

Sì, ma non l’abbiamo più fatto, lui/lei preferisce non parlarne 5 (3,7)

Sì, ma non l’abbiamo più fatto, io preferisco non parlarne 2 (1,5)

Sì, ma con scarsa comprensione da parte sua 20 (14,8)

No, non ho mai affrontato l’argomento e lui/lei non mi ha mai chiesto nulla 83 (61,5)

No, ma credo che prima o poi lo farò 4 (3,0)

Non risponde 1 (0,7)

Tabella 4. Per quale ragione non ne avete mai parlato?

N (%)

Non ho mai ritenuto necessario farlo 15 (18,1)

Perché volevo si considerasse o si vedesse come un ragazzo senza SD 0

Perché non è in grado di comprendere cosa significa avere la SD 56 (67,5)

Perché il sapere di avere o non avere la SD non gli avrebbe cambiato la vita 5 (6,0)

Perché è solamente una etichetta e non desideravo etichettarlo 3 (3,6)

Perché per me è una persona come tutte le altre, senza SD 4 (4,8)

• Infine, abbiamo domandato ai partecipanti se, a loro avviso, la persona con SD sa di avere la Sindrome di Down.

• È emerso che per il 64% dei 136 rispondenti la persona con SD non sa di avere la sindrome. Si tratta tuttavia di una domanda relativa al parere riferito dai familiari e operatori.

Ricerche future potranno indagare, interpellando direttamente le persone con SD, le percezioni e i significati associati alla sindrome.

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Il dopo di noi

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Campione totale % Familiari % Operatori %

Sì 91,9 86,8 97,1

No 8,1 13,2 2,9

Lei ha mai sentito parlare del “dopo di noi”?

Esiste / è prevista una pianificazione del suo futuro?

N %

Sì 89 (65,4)

No 34 (25,0)

Non saprei 13 (9,6)

Vive a casa

N=90

Non vive a casa

N=46

Sì 53,3% 89,1%

No 32,2% 10,9%

Non saprei 14,4% 0,0%

41

Chi si è occupato di pensare alla progettazione del

futuro (il “dopo di noi”)?

%

I genitori o un genitore oggi ancora in vita 25,0

I genitori o un genitore prima di mancare 6,6

I fratelli/sorelle quando sono mancati i genitori 44,1

Il rappresentante legale 4,4

Gli operatori del centro 2,9

Nessuna pianificazione 6,6

Non saprei 8,8

Altro 1,6

42

Quali azioni sono state compiute per pianificare il suo

futuro?

%

Sono stati presi contatti con case famiglia o altre strutture 24,3

Sono state chieste informazioni presso Associazioni 11,8

Sono state chieste informazioni a persone che avevano già affrontato

la stessa problematica

2,2

Nessuna, quando è arrivato il momento di pianificare il futuro si

è affrontata la problematica

37,5

Non saprei 16,9

Rimarrà a casa/in famiglia del fratello/sorella 5,1

Altro 2,2

43

La persona ha mai espresso particolari desideri o

aspettative riguardanti il suo futuro, a come o dove gli

piacerebbe vivere?

%

No, mai 53,7

Sì, vorrebbe poter continuare a vivere con la propria famiglia 25,7

Sì, vorrebbe poter vivere insieme ad amici (non necessariamente in

una casa famiglia)

4,4

Sì, vorrebbe poter vivere da solo 4,4

Sì, vorrebbe poter vivere con il partner 3,7

Non saprei 3,7

Altro 4,4

44

Domanda rivolta solo i familiari

Ha mai pensato di raccogliere in una sorta di diario tutte le informazioni personali

riguardanti suo figlio/a (dalla condizione di salute, al nome di amici e conoscenti o

le attività che ama svolgere) affinché possa essere trasmesso ad altri che in futuro

si occuperanno di lui/lei?

%

Sì, ma non l’ho mai fatto 10,3

Sì, ho sempre tenuto traccia di tutto quello che

riguarda mio figlio/a

14,7

No, non ci ho mai pensato 61,8

No, non credo sia utile 5,9

Non saprei 5,9

Altro 1,5

45

Domande rivolte solo agli operatori

%

Completamente 61,1

Abbastanza 29,9

Poco 7,5

Per niente 1,5

In quale misura la famiglia del suo assistito è disponibile/è stata disponibile

a fornire informazioni circa il suo assistito?

È difficile affrontare il tema “dopo di noi”

“nel corso del tempo abbiamo proposto un sacco di incontri con le famiglie legate al dopo di noi, molte hanno aderito quindi stanno facendo un appartamento, due di queste famiglie non

ne vogliono sentire parlare del dopo di noi, 50 e 48 anni, frequentano il diurno, ci sono delle

grosse difficoltà” (un operatore)

Fatica anche un pò nella comunicazione, per cui non ha così tante.. ha delle autonomie collaborative nel centro, anche per l’igiene personale è abbastanza autonomo, va supervisionato.

Dal punto di vista comunicativo si fa più fatica, in lui la cosa che esce di più è l’aspetto emotivo, ha una storia un pò particolare,

ha subito due lutti grossi, la madre e il fratello nel giro di un mese, la sua vita è stata completamente stravolta nel giro di un mese è passato dal fratello alla comunità e dal centro in cui ci vive da 20 anni, s’è trasferito da noi dove vive da 7 anni, tutto

questo aspetto si sente, fa fatica, il corpo lo manifesta un po’ con la psoriasi, però è tutta una parte un po’ ombra.. momenti di

rabbia, devo dire un pò isolati, lui è bisognoso di avere dei momenti in cui magari un pò a voce alta si arrabbia e poi passa

(un operatore)

Grazie per l’attenzione